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PASSAGGI DI TERRE E IDENTITÀ L’identità nella Migrazione: gli Uruguaiani in Italia Evelyne van Heck

PASSAGGI DI TERRE E IDENTITÀ · L’Uruguay si contraddistingue per l’evidente macrocefalismo de-mografico dovuto all’alta concentrazione della popolazione nella zona urbana

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PASSAGGI DI TERREE IDENTITÀL’identità nella Migrazione: gli Uruguaiani in Italia

Evelyne van Heck

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Copyright © MMIXARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133 A/B00173 Roma

(06) 93781065

ISBN 978–88–548–2475–1

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: aprile 2009

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Indice Presentazione ................................................................................. 13 Premessa ........................................................................................ 15 Introduzione .................................................................................. 23

SEZIONE I TERRE

Capitolo 1. Il mondo-Uruguay .......................................................................... 29 1.1. Presentazione del quadro geografico, politico e

socioeconomico dell’Uruguay ............................................. 29 1.2 Storia dell’Uruguay 1830-2000. Processi economici,

socio-demografici e culturali nel quadro delle politiche interne e delle relazioni internazionali ................................. 38

SEZIONE II IDENTITÁ

Capitolo 1. Sul concetto di identità: ermeneutiche, pratiche, memorie……….59 1.1. Episteme e praxis del concetto di identità............................. 59 1.2. Narrazione e memoria, le porte di accesso all’identità ......... 67

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Capitolo 2. I pieni e i vuoti delle migrazioni .....................................................75 2.1 Identità ibridate .......................................................................75 2.2 Identità, nazionalismi, appartenenze.......................................79 2.3 L’identità sospesa tra l’esserci e il non esserci del

migrare. Uno sguardo critico sulla Doppia Assenza di Sayad ..................................................................................84

SEZIONE III PASSAGGI

Introduzione ....................................................................................93 Capitolo 1. Profili e orientamenti dei fenomeni migratori in Uruguay.............95 1.1 Per un quadro complessivo delle migrazioni

internazionali in Uruguay: l’Encuesta Nacional de Hogares Ampliada 2006 ....................................................95

1.2 L’inchiesta di Pellegrino del 2004. Le migrazioni latinoamericane in Europa e gli uruguaiani in Italia.............111

1.3 Il governo uruguaiano e l’emigrazione. La Ley de Migración del 2008..............................................113

Capitolo 2. Processi migratori a doppio senso: Uruguay-Italia A/R..............123 2.1 L’emigrazione italiana in Uruguay nei secoli XIX e XX ......123 2.2 L’immigrazione uruguaiana contemporanea in Italia............134

Indice

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SEZIONE IV PASSAGGI DI TERRE E IDENTITÁ

Introduzione ................................................................................. 145

Capitolo 1. Metodologia e orientamenti di inchiesta....................... 147 1.1 Premesse metodologiche........................................................... 147 1.2 Il questionario esplorativo......................................................... 150 1.3 Analisi dei dati delle sezioni I e II del questionario.................. 157

Capitolo 2. Storie di migrazioni narrate in prima persona. Resoconto di un ascolto .................................................................... 163 Introduzione ...................................................................................... 163 2.1 Metodologia di trascrizione e analisi delle interviste................ 164 2.2 Sguardi e parole degli uruguaiani su identità e migrazione ...... 166 2.3 Per un’analisi antropologica. Segni e sensi identitari rintracciati sul campo............................................................... 222 2.4 Nuclei tematici antropologici.................................................... 231 Riflessioni conclusive ....................................................................... 247 Riferimenti bibliografici ................................................................... 263 Sitografia........................................................................................... 269

ALLEGATI 1. Constitución de la Republica Oriental del Uruguay 1997,

Sezioni I e II................................................................................277 2. Testo integrale Ley de Migración n. 18.251...............................286 3. Tabelle estratte dall’Encuesta Nacional de Hogares

Ampliada 2006............................................................................304 4. Trascrizione delle interviste…………………………………….333 5. Altre interviste……………………………………………….....465

Indice

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Capitolo 1 Il mondo-Uruguay

1.1 Presentazione del quadro geografico, politico e socioeco-nomico dell’Uruguay

Figura 1. Cartina dell’Uruguay

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30 Capitolo 1

 

L’Uruguay in cifre1

Nome ufficiale: Republica Oriental del Uruguay Lingua ufficiale: Spagnolo Capitale: Montevideo (1.325.968 ab. nel 2004) Governo: Repubblica Presidenziale Presidente: Tabaré Vazquez Rosas Indipendenza: 25 agosto 1825 Ingresso all’ONU: 18 dicembre 1945

Ordinamento dello stato

L’Uruguay è una Repubblica Presidenziale come sancito dalla co-stituzione del 1967 poi modificata nel 1997. Il presidente a capo dell’esecutivo viene eletto dal popolo e rimane in carica per un man-dato di cinque anni. Il potere legislativo è detenuto dall’Asamblea Ge-neral suddivisa in due camere elette ogni cinque anni. Il Senato è composto da 31 membri, la Camera dei Deputati da 99 membri.

Suddivisione amministrativa

L’Uruguay è suddiviso in 19 Departamientos (venti considerando il Departamento Exterior che comprende la comunità uruguaiana resi-dente all’estero). I diciannove Departamientos sono: Artigas, Canelones, Dipartimento di Cerro Largo, Colonia, Durazno, Flores, Florida, Lavalleja, Maldonado, Montevideo, Paysandú, Río Negro, Rivera, Rocha, Salto, San José, Soriano, Tacuarembó, Treinta y Tres.

Territorio Area: 176.220 kmq % Acque: 1,5%

Popolazione Totale: 3.431.932 abitanti Densità: 19 abitanti/kmq

1 Fonti sitografiche: www.infoplease.com; www.wikipedia.org; www.alluruguay.com  

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Il mondo-Uruguay 31

 

 

Figura 2. Suddivisione dipartimentale dell’Uruguay

Economia Valuta: Peso uruguayo PIL: 34,305 milioni (in dollari, 2005) PIL pro capite: 10,720 (in dollari, 2005)

La Repubblica Orientale dell’Uruguay, situata nella conca del Río de la Plata nel continente sudamericano, sorge come paese indipen-dente il 25 agosto 1825 a seguito della proclamazione di autonomia dalla Corona Spagnola. Il nome del paese deriva da un’antica parola indigena della lingua Guarany che significa “il fiume degli uccelli di-pinti”, in riferimento al fiume che oggi separa l’Argentina dall’Uruguay. L’Uruguay si colloca in un territorio di mezzo tra la pianura argentina e le formazioni collinari brasiliane in un ampia con-ca alluvionale caratterizzata da pianure, zone paludose e numerosi

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32                                                           Capitolo 1

corsi d’acqua che si riversano nell’oceano Atlantico. Il territorio mor-fologicamente pianeggiante, dove i rilievi collinari non superano ge-neralmente i 200 metri e i tratti boschivi costituiscono appena il 5% dell’intero paese, risulta particolarmente adatto per coltivazioni agri-cole e allevamenti. Sono abbondanti i corsi d’acqua, che segnano poli-ticamente le frontiere territoriali con il Brasile e l’Argentina. I fiumi principali che si snodano nel territorio uruguaiano sono gli affluenti del Río Uruguay, il più importante dei quali è il Río Negro; i fiumi che sfociano verso l’est atlantico e nelle lagune della pianura costiera, infine i fiumi che si riversano in direzione sud verso il Río de la Plata. Le fasce climatiche principali sono quella subtropicale in corrispon-denza delle zone limitrofe al Brasile e quella temperata nel resto del paese. La temperatura media annua è di 17,5 %. Le precipitazioni an-nue variano dai 1000 mm per anno ai 1400 mm nella parte settentrio-nale. L’inverno è caratterizzato da freddi venti (Pamperos) provenien-ti da sud-ovest.

Demografia

Le popolazioni indigene (Charruas, Guanaes, Yaros, Chanaes) che abitavano il territorio furono sistematicamente distrutte nel genocidio perpetrato dagli Spagnoli nel corso del Sedicesimo secolo in funzione del progetto espansivo di colonizzazione. Il paese, scarsamente popo-lato fin dai suoi albori, conobbe incrementi demografici solo a partire dalla fine del XVIII secolo, grazie soprattutto agli ingenti apporti im-migratori europei. La quasi totalità della popolazione uruguaiana con-ta oggi ascendenze europee, principalmente spagnole e italiane (circa il 40% del totale). La popolazione stimata nel 2006 è di 3.431.932 abi-tanti distribuiti sul territorio con una densità di 19,7 abitanti per kmq. Di seguito riportiamo i principali trend demografici della popolazione uruguaiana:

Distribuzione per età della popolazione

0-14 anni: 22,9% (maschi 399.409/femmine 386.136)

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Il mondo-Uruguay 33

 

 

15-64 anni: 63,9% (maschi 1.087.180/femmine 1.104.465) oltre i 65 anni: 13,3% (maschi 185.251/femmine 269.491)

Età media della popolazione

Totale: 32,7 anni M: 31,3 anni F: 34,2 anni

Tasso di crescita della popolazione

0,46%

Natalità

13,91 nati/1.000 abitanti

Mortalità

9,05/1.000 abitanti

Tasso di migrazione netta

0,25 immigranti/1.000 abitanti

L’Uruguay si contraddistingue per l’evidente macrocefalismo de-mografico dovuto all’alta concentrazione della popolazione nella zona urbana di Montevideo, che conta circa un milione e mezzo di abitanti su un totale di tre milioni e mezzo. Nonostante la storica presenza di una classe di medio-alta estrazione socio-economica, il trend del paese negli ultimi anni si caratterizza per un crescente impoverimento socia-le ed economico, dovuto alla ricorrenza di crisi finanziarie ed econo-miche le cui conseguenze più evidenti si riscontrano nell’aumento di fasce di popolazione al di sotto della linea di povertà, principalmente localizzate nei dipartimenti periferici del paese.

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34 Capitolo 1

 

L’emigrazione crescente a partire dagli anni Settanta del Novecen-to, dovuta a ragioni politiche ed economiche, ha portato ad uno svuo-tamento demografico (circa 500.000 uruguaiani emigrati fino ad oggi) che ha costituito un fattore di freno allo sviluppo economico e alla perdita di ingenti risorse umane attive. L’emigrazione giovanile, il basso tasso di crescita demografico e l’alta aspettativa di vita sono tra i principali fattori che hanno portato il paese ad avere un profilo de-mografico caratterizzato dall’alta presenza di individui di età matura e avanzata. Alla luce dell’insieme dei dati finora riportati possiamo già notare -prima di addentrarci in una analisi più articolata nelle prossime sezioni- che l’Uruguay si connota, analogamente alla maggior parte dei paesi industrializzati, come paese a crescita demografica rasente lo zero. Tale dato risulta particolarmente rilevante se posto in relazione con il tasso di immigrazione netta che risulta negativo e con il tasso di emigrazione in netta crescita. L’analisi e l’interpretazione di tali dati socio-demografici costituiranno oggetto di trattazione nella Sezione III riguardante le migrazioni uruguaiane nel mondo e in Italia.

Composizione etnica

Latini (iberici, italiani) 88% Meticci 8% Afro-discendenti 4%

Religione

Cattolici 66% Protestanti 2% Ebrei 2% Atei e agnostici 30%

Lo sterminio delle popolazioni native quali Charruas e Guarany è tra le cause dell’odierna assenza di popolazione nativa. Meticci e afro-discendenti, presenti nel paese in basse proporzioni, si concentrano nella capitale e ai margini del territorio ai confini con il Brasile. La stragrande maggioranza della popolazione uruguaiana è dunque figlia

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Il mondo-Uruguay

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dell’immigrazione europea che colmò il vuoto demografico del paese dalla sua costituzione fino a metà del XX secolo. La confessione reli-giosa principale è quella cattolica, analogamente alla maggioranza dei paesi latinoamericani. Bisogna tuttavia distinguere tra il livello delle credenze religiose/spirituali della popolazione, da sempre considerate fatti intimi e privati in Uruguay, e l’ordinamento giuridico e politico dello Stato in materia di confessioni religiose. Con la costituzione del 1916 fu stabilita, in sintonia con i principi del laicismo di stampo libe-rale, la separazione totale tra stato e chiesa e promossa la libertà di culto, nonostante la confessione cattolica permanga oggi come netta-mente predominante tra le altre.

Economia

Alla caduta del regime dittatoriale nel 1985 l’Uruguay conobbe una graduale ripresa economica grazie all’attuazione di riforme di ampio respiro sul piano socioeconomico. Ciononostante, situazioni congiunturali e strutturali di precarietà e instabilità con punte parossi-stiche di crisi caratterizzano a tutt’oggi il sistema economico naziona-le. Nonostante infatti l’Uruguay presenti un equilibrio socio-economico più marcato rispetto a molti altri paesi sudamericani, la si-tuazione complessiva mostra un divario accentuato tra gli indicatori dell’Indice di Sviluppo Umano2, che si mostrano alti, e la grave situa-zione di disoccupazione e povertà che permane colpendo sempre più fasce di popolazione di media estrazione socioeconomica. Tale diver-genza può spiegarsi con la presenza di una distribuzione ineguale delle risorse e un divario accentuato tra gli strati poveri e ricchi della popo-lazione che in situazioni di accentuata instabilità tende ad acuirsi. Per quanto riguarda le risorse e gli investimenti produttivi di settore, l’Uruguay rimane dipendente dall’agricoltura, che insieme all’agro-business costituisce il 23% del Prodotto Nazionale ed è diretto in quo-ta consistente verso il business di esportazione. Gli altri settori produt-tivi del paese riguardano la produzione e il commercio di carni, lana, prodotti tessili e chimici. Sebbene costituisca un settore di nicchia,

2 Consulta sito web Wikipedia alla pagina:

http.//it..Wikipedia.org/wiki/Lista_di_stati_per_Indice_di_sviluppo_umano#Americhe

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Capitolo 1

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l’industria di software informatici ha negli ultimi anni registrato un tasso di crescita elevato. L’economia del paese si incentra oggi sempre sulle attività agricole, che occupano il 9,3% della forza lavoro, nono-stante si sia accelerato lo sviluppo dei settori secondario e terziario in-centivato dalle politiche di privatizzazione e liberalizzazione. Le col-tivazioni principali sono quelle di cereali, patate, agrumi, frutta, men-tre le esportazioni si fondano sulle produzioni di derivati dell’olio, canna da zucchero, tabacco e carni. L’allevamento bovino e ovino nonché la produzione della lana, tradizionali attività produttive uru-guaiane, costituiscono un’ampia e feconda risorsa garantita dall’abbondanza di prati e pascoli disseminati nelle vaste pianure del paese. Grazie allo sviluppo della rete idroelettrica nazionale, l’Uruguay può sopperire in gran parte alla carenza di materie prime energetiche, prima tra tutte il petrolio, che vengono per questo impor-tate. Il settore industriale, che conta diverse industrie di raffineria, tes-sili e chimiche, invece è concentrato a Montevideo, e occupa il 16% della forza lavoro. Il settore terziario, che occupa il 70% della popola-zione attiva, risente di un basso dinamismo. Gli sforzi del governo si sono recentemente focalizzati sul potenziamento delle infrastrutture, del settore turismo e delle tecnologie informatiche. Le debolezze strut-turali economiche dell’Uruguay risiedono principalmente negli orien-tamenti settoriali produttivi rivolti all’esportazione e nella dipendenza economica e politica dall’Argentina, Brasile e USA, che nel 2004 di-venne il principale paese importatore di carni. I fattori positivi del si-stema uruguaiano possono invece individuarsi negli investimenti pro-ficui, nel severo sistema legale e nei mercati finanziari aperti. Questi elementi hanno potuto garantire l’attuazione di eguali trattamenti ri-servati agli investitori nazionali e stranieri. Tuttavia la bilancia com-merciale estera dal 2006 è in passivo: le esportazioni agricole e di e-nergia elettrica non riescono a sopperire alle interne deficienze del si-stema economico che su molti fronti deve ricorrere alle importazioni. L’Uruguay ha tradizionalmente favorito la nazionalizzazione dell’economia, orientamento che spiega la scarsezza di grosse imprese e investimenti all’interno di un sistema privatizzato. Ciononostante, negli ultimi anni sono stati portati avanti programmi di liberalizzazio-ne economica analoghi a quelli effettuati da altri paesi latinoamerica-

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Il mondo-Uruguay

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ni. Essi si sono orientati verso le agevolazioni tariffarie, il controllo della spesa pubblica, la riduzione dell’inflazione e il graduale ingresso di un sistema misto di nazionalizzazione e privatizzazione. Sebbene negli ultimi anni questo sia stato l’atteggiamento politico prevalente, lo Stato continua a mantenere un ruolo preminente nell’economia, per quanto attenuato dalla presenza di imprese e multinazionali private. Ancora oggi lo Stato detiene il monopolio parziale o totale di compa-gnie di assicurazioni, servizi idrici, elettrici, telefonici, imprese di raf-finazione del petrolio, compagnie aeree, servizi postali, ferrovie e banche. L’insieme dei settori produttivi del paese ha subito un grave tracollo a seguito della crisi finanziaria argentina del 2001. I riflessi immediati della crisi sull’economia uruguaiana hanno confermato la presenza di una dipendenza economica evidente nei confronti della limitrofa nazione. La crescita del PIL dalla fine degli anni Novanta del Novecento ha avuto un netto rallentamento, fino al picco negativo di -10,5% agli inizi del 2003 coinciso con gli effetti della crisi finanziaria argentina. Già nel 1999, per effetto della svalutazione monetaria in Brasile, l’Uruguay ha dovuto confrontarsi con un netto calo della pro-duttività orientata all’esportazione, che costituisce la principale risorsa economica del paese. Il collasso dell’economia uruguaiana avvenuto a seguito della crisi argentina ha avuto riflessi importanti sia sul piano finanziario che su quello socioeconomico. A metà del 2002 l’Uruguay ha intrapreso un tentativo di rilancio per superare le dure congiunture interne ed internazionali, richiedendo massicci prestiti a istituzioni fi-nanziarie internazionali e aggravando così a lungo termine la precaria situazione di indebitamento estero. La parziale rimonta economica e finanziaria ha avuto l’effetto di arginare il tracollo, ridurre il livello di inflazione e indebitamento e infondere fiducia sociale in progetti strut-turali di ripresa a medio e lungo termine. Analizzando i trend del 2003 si nota già la parziale ripresa economica che fu posta in essere in con-comitanza con l’attuazione di piani di emergenza sociale nati per argi-nare gli effetti del precariato lavorativo, che aveva raggiunto quote al-larmanti. La ripresa è stata nel 2003 del 2,5%, ed in crescita anche nel 2004 e 2005 (12,3% e 6,6%), fino a raggiungere nel 2007 un picco del 7,2%. Grazie ai programmi di sviluppo del Frente Amplio, al governo dal 2005, si sono potute pianificare politiche economiche volte ad ar-

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Capitolo 1

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ginare il peso della disoccupazione e della recessione economica. L’inflazione galoppante del 2002-2003 è stata negli ultimi anni conte-nuta, attestandosi su quote intorno al 6,5%, mentre sono ancora pre-senti un alto debito estero e situazioni allarmanti di povertà negli strati di popolazione più disagiata (27%). Sul piano delle relazioni politiche e culturali internazionali, l’Uruguay ha da sempre mantenuto forti le-gami con l’Europa. Per effetto della globalizzazione e per questioni regionalistiche e politiche lo Stato ha rafforzato la partnership con gli USA. L’Uruguay ha inoltre una forte tradizione di democrazia costitu-zionale, di politica pluralistica e difesa delle libertà individuali. Le sue storiche relazioni internazionali sono state guidate dai principi di non-intervento, multilateralismo e rispetto della sovranità nazionale. Le re-lazioni economiche internazionali riflettono i programmi di sviluppo del mercato delle esportazioni e di investimenti all’estero. L’Uruguay è uno degli stati membri del MERCOSUR, il Mercato Comune Suda-mericano, insieme ad Argentina, Brasile e Paraguay e più di recente Venezuela, Cile, Bolivia, Colombia, Ecuador e Perù. Inoltre l’Uruguay è membro del Rio Group: tale organismo è nato per assicu-rare e promuovere la sicurezza multilaterale tra gli stati sudamericani membri, in accordo con il Trattato di Mutua Assistenza Inter-Americana. Per la sua localizzazione geografica, l’Uruguay è da sem-pre considerato paese neutrale cuscinetto, spesso chiamato a presiede-re nei corpi diplomatici internazionali. L’Uruguay è inoltre membro dell’ALADI (Associazione per l’Integrazione dei Paesi Sudamerica-ni), un’associazione con fini commerciali con base a Montevideo.

1.2 Storia dell’Uruguay 1830-2000. Processi economici, socio-demografici e culturali nel quadro delle politiche interne e delle relazioni internazionali3.

3 La fonte di riferimento principale adottata è Benjamin Nahum, Manual de Historia del

Uruguay, tomo II, Montevideo, Ediciones de la Banda Oriental, 2006

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Il mondo-Uruguay

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Prima della colonizzazione spagnola nel 1516 l’Uruguay era abita-to dalle popolazioni indigene Charruas e Guarany, che contavano cir-ca 10.000 persone. Lo sterminio perpetuato dagli spagnoli decimò gli Indios al punto che la popolazione nella conca platense risultò negli anni a seguire priva di presenze native. Le contese tra Spagnoli e Por-toghesi per il dominio del territorio furono aspre e continuative per tutto il XVI secolo, e portarono alla localizzazione di diversi insedia-menti permanenti da parte delle due potenze, fino alla presa di posses-so della Spagna di una porzione maggiormente estesa del territorio. Montevideo fu fondata il 24 dicembre 1726; nel 1776 la regione del Río de la Plata si distaccò dal Vicereame del Perù e fu annessa al Vi-cereame del Río de la Plata prendendo il nome di Banda Oriental.

L’allora territorio della Banda Oriental poi divenuto Uruguay si e-stende lungo le terre del Río de la Plata, delimitate a sud con l’Argentina dai fiumi Uruguay e de la Plata, e a nord con il Brasile le cui frontiere non sono geograficamente tracciate da barriere naturali. I campi, le pianure e l’abbondanza di acqua sono le principali risorse naturali del paese, cui si aggiunge il preminente ruolo svolto storica-mente dai porti di Montevideo, Maldonado e Colonia, favoriti dalla loro strategica posizione. Tali porti costituirono una risorsa estrema-mente importante da un punto di vista politico, commerciale e socio-culturale, in quanto snodi di scambi intensi fra la nazione e l’estero.

L’Uruguay conta una storica tradizione di allevamento di bestia-me, tanto che per vari decenni l’economia del paese si fondò quasi e-sclusivamente sull’esportazione di carni bovine. La terra fu da sempre oggetto di contese e conflitti sociali, a causa del sistema de facto di appropriazione libera di territori da cui si sviluppò la futura oligarchia latifondista. Fin dalla nascita dello Stato uruguaiano nel 1830, lo scar-so popolamento del territorio costituì una questione fondamentale, alla cui risoluzione contribuì l’atteggiamento dei governi che favorirono una massiccia immigrazione prevalentemente europea. Il flusso immi-gratorio si diresse in larga parte verso la città di Montevideo, accele-rando così un processo di urbanizzazione che acuì la distanza demo-grafica e di potere con le altre province.

Dall’epoca coloniale fino ad oggi l’Uruguay ha risentito, sotto di-verse forme, dell’influenza geopolitica di Argentina e Brasile, rive-

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Capitolo 1

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stendo il ruolo di stato cuscinetto e territorio di contese e rivendica-zioni politiche che da sempre hanno connotato le relazioni politiche tra Spagna e Portogallo. Nel 1776 fu creato il Vicereame del Río de la Plata in funzione di contenimento del dominio portoghese nell’area della Banda Oriental. Nel frattempo, a Montevideo si sviluppò un traffico consistente di commercianti, marinai e funzionari che diedero contributi rilevanti allo sviluppo di una vivace economia localizzata nel porto e sulle rotte fluviali, al punto che, con le concessioni e privi-legi elargiti dalla Spagna, la popolazione locale crebbe nei sentimenti di autonomismo e indipendenza dalla Corona. Una forza composta di caudillos di provenienza rurale, contrari all’autoritarismo filospagnolo di Montevideo e con a capo Artigas, mise in moto un processo di sol-levazione popolare, da cui si creò un vero e proprio esercito popolare. A seguito dell’armistizio del 1811 con il Portogallo, Artigas e il suo esercito fuoriuscirono dal territorio della Banda: è questo un capitolo importante della storia rivoluzionaria uruguaiana che prende il nome di Éxodo. Questo periodo segnò il definitivo distacco tra bonaerensi e orientali: nel Congreso de Abril del 1813 gli orientali stabilirono i principi fondamentali di indipendenza, repubblica, democrazia liberale e federazione. Nel 1815 Rivera, nella battaglia di Guayabo, sconfisse infine i bonaerensi a Montevideo, che fu ripresa dagli orientali durante il primo governo autonomo nel territorio della Provincia Oriental di-retto da Artigas, ed un Governo eletto dal popolo.

Nel territorio, devastato da anni di guerre, si attuarono riforme eco-nomiche (cercando di creare un sistema agrario scevro dal monopolio latifondista); politiche (sconfiggendo i nemici della rivoluzione e ga-rantendo un governo stabile e democratico); e infine sociali (creando una classe media rurale, sedentarizzando il gaucho, promuovendo il lavoro e rimuovendo le differenze sociali). Intanto il Brasile, resosi indipendente dal Portogallo nel 1822, entrò di lì a poco a governare formalmente Montevideo. Si formò nel frattempo un contingente di resistenza, conosciuto come i Treinta y Tres Orientales, comandato da Lavalleja, che nel 1825 proclamò l’indipendenza della Provincia e dell’Unione delle Province Unite del Río de la Plata. Approvata la Convenzione da Argentini e Brasiliani il 4 ottobre del 1828, si costituì l’Asamblea Legislativa y Costituente del Estado Oriental, incaricata di

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Il mondo-Uruguay

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redigere la Costituzione del nuovo Stato indipendente dell’Uruguay che fu stilata in forma definitiva il 18 luglio del 1830.

Le difficoltà del nascente Stato uruguaiano si resero immediata-mente evidenti: principalmente esso soffriva di un vuoto demografico; le comunicazioni terrestri erano difficili; l’allevamento era basato sul-la sola monocultura e sulla presenza di latifondi; persisteva una pro-fonda dicotomia città/campagna; il saldo della bilancia statale era ne-gativo; le finanze precarie; i danni sociali ed economici delle guerre erano ingenti, l’opposizione gaucho/caudillo sempre più aspra, l’assenza di una classe media produttiva asfissiante per l’economia, e per di più fiaccata dalle continue ingerenze straniere.

Nel 1829 l’Uruguay contava 17.000 abitanti a Montevideo; nel 1830 il totale della popolazione si aggirava intorno alle 74.000 unità; la maggioranza della popolazione era povera rispetto allo status dete-nuto dai latifondisti; il mercato interno si basava sull’allevamento, mentre il processo di industrializzazione tardava a decollare.

La figura del gaucho, allevatore libero nei campi, fu nel tempo co-struita e ingigantita miticamente in funzione delle strategie retoriche nazionali, ma è un fatto che i conflitti tra questa componente della po-polazione orientale e i caudillos latifondisti furono a lungo presenti. Anche la dicotomia tra Montevideo e le campagne si accentuò sempre di più, creando un divario politico, economico, socioculturale tra le due realtà che tardò a colmarsi. Le comunicazioni terrestri erano diffi-coltose: la circolazione di merci e prodotti era frenata dal mancato de-collo dell’economia incentrata sull’allevamento estensivo. La questio-ne della terra era inoltre oggetto di dispute e conflitti che bloccarono le successive politiche agrarie. L’economia statale si fondava pratica-mente sull’esportazione di beni commerciali stimolata dalla presenza strategica del porto di Montevideo.

Sotto il profilo politico, certamente la coscienza sviluppata negli animi degli orientali di un orientamento di unità nazionale (sebbene i confini con Argentina e Brasile fossero ancora più formali che sostan-ziali) costituì l’inizio di un percorso di riformismo e di ricerca di stabi-lità. Sotto la presidenza di Oribe nel 1830 si accentuò la divisione par-titica, aumentavano le sovversioni popolari e la situazione delle terre si mostrava confusa e anarchica. La mancata regolamentazione della

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divisione dei poderi consentì ai grandi latifondisti di accaparrarsi in-genti proprietà terriere. La situazione politica internazionale intanto si complicava per l’interventismo brasiliano e argentino, che non dimi-nuì nemmeno con il riconoscimento di indipendenza dell’Uruguay da parte della Spagna. Su un piano interno, l’opposizione tra caudillos generò divisioni negli orientamenti politici: i combattenti iniziarono perciò a sentirsi blancos o colorados prima che uruguaiani. Si apre con queste premesse il periodo della Guerra Grande (1839-1852), che scoppiò per diverse concause tra le quali: i conflitti politici interni e la frattura ideologica tra le fazioni blancos e colorados; l’alleanza inter-nazionale di tali formazioni con quadri argentini che appoggiarono l’uno o l’altro partito a seconda delle opportunità politiche; l’intromissione in questioni interne di potenze europee come Inghilter-ra e Francia, interessate a mantenere il predominio commerciale sulla zona. La combinazione di tali fattori ebbe un peso esplosivo generan-do ondate di rivoluzioni e sommosse, al punto che la Guerra mise in pericolo la stessa esistenza dello Stato Orientale. I blancos potevano contare sull’appoggio delle campagne, e promossero ideali conserva-tori e nazionalisti; i colorados, che potevano contare sull’appoggio di Montevideo, furono invece largamente influenzati da ideologie liberali di stampo europeo, grazie anche ai fermenti culturali e ideologici che nacquero nella città grazie alle ondate immigratorie.

Fructuoso Rivera, allora presidente della Republica, dichiarò infine guerra contro l’argentino Rosas nel 1839 per arginare il pericolo di in-gerenze esterne nelle questioni nazionali. Il conflitto tra Oribe, capo dell’esercito della Confederación Argentina, e Rivera, appoggiati da diverse fazioni orientali e argentine, terminò con la vittoria del primo. La Guerra Grande fu caratterizzata dal coinvolgimento internazionale di blancos e colorados, tra loro divisi, e ad un livello platense dalle divisioni tra blancos e federali contro unitarios e colorados. Giuseppe Garibaldi, insieme a molti altri esiliati mazziniani, ebbe un ruolo pre-minente nella difesa dall’assedio, distinguendosi in numerose battaglie come quella di San Antonio, che gli procurò la fama di abile stratega.

Montevideo si stava intanto caratterizzando in misura crescente come città dal profilo di alta internazionalizzazione. Gli immigrati raggiunsero la quota del 77% della popolazione, costituendo fra l’altro

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spesso il nucleo della classe commerciale dominante. Nel frattempo, nelle campagne si accentuò il tradizionale nomadismo del gaucho, che per gli effetti della guerra si dedicò principalmente al contrabbando. La situazione economica del paese nel complesso era disastrosa, così come lo fu nel periodo coloniale. La politica interna fu compromessa dalle accentuate divisioni interne, anche se nel 1855 si iniziò a prefi-gurare una politica di fusione, messa poi a tacere dalla politica dei pat-ti promossa dai caudillos che diede origine al Pacto de la Unión nel 1855 tra Oribe e Venancio Flores.

Negli anni Cinquanta dell’Ottocento l’economia uruguaiana final-mente stava decollando, grazie alla fase espansiva della produzione europea (1850-1873) e al periodo di pace e stabilità nazionale. Il se-condo Censo nazionale del 1860 confermò tale sviluppo, registrando un incremento demografico della popolazione che raggiunse le 221.000 unità, delle quali 58.000 residenti nella sola capitale. Le on-date immigratorie di europei, già in atto prima della Guerra Grande , crebbero ulteriormente negli anni successivi alla conclusione dei con-trasti, nonostante permanesse un vuoto demografico strutturale nelle campagne interne. Il flusso di commercio estero e interno promosse negli anni uno sviluppo generale dell’economia, ed ebbe particolari riflessi positivi sulla produzione e allevamento di bestiame, in forte fase espansiva. Tale sviluppo viene generalmente definito come “cre-scimiento hacia afuera”, per via del peso delle forti interconnessioni e scambi che l’Uruguay manteneva con il sistema capitalistico interna-zionale. L’Uruguay però non aveva modificato la sua struttura econo-mica tradizionale, che fu senz’altro all’origine delle dipendenze dall’economica e politica estera e della conseguente instabilità eco-nomica. Le debolezze dello stato uruguaiano possono sintetizzarsi in quattro punti: 1) a livello fiscale, presenza di imposte insufficienti, u-nilaterali e irregolari che acuirono le difficoltà strutturali di gestione dell’amministrazione pubblica; 2) ad un livello amministrativo, caren-za di risorse umane nelle funzioni pubbliche e mancanza di fondi eco-nomici in grado di sostenere lo sviluppo; 3) presenza latente di rivolu-zionari che minacciavano costantemente l’ordine e la stabilità statale; 4) assenza di una capillare rete di comunicazioni e trasporti. La guerra del Paraguay (1865-1870) portò all’instaurazione del governo di Flo-

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res (1865-1868) il quale diede impulso alla modernizzazione dell’apparato giuridico statale, processo che ebbe termine con l’assassinio di Flores da parte dei blancos. Ancora una volta fu legit-timato il potere dei caudillos con la conseguente destabilizzazione in-terna del paese.

Sotto il profilo demografico, nonostante le ingenti perdite della guerra, negli anni Sessanta dell’Ottocento si assistette ad una crescita di popolazione che per il 60% era costituita da immigrati stranieri. Gli anni Sessanta furono caratterizzati da cambiamenti sostanziali: il commercio era florido ed i commercianti acquisirono un potere socio-economico rilevante; fu promosso il rafforzamento economico e poli-tico, anche grazie agli apporti britannici. L’aumento del commercio di esportazione, specialmente di lana e carne, fece decollare la crescita di popolazione. L’incremento del commercio poteva realizzarsi solo gra-zie ad un governo forte capace di assicurare una necessaria pace inter-na e il rispetto del diritto di proprietà, di libertà e di commercio garan-tendo una moneta stabile. Il forte aumento delle esportazioni estere fu dovuto in primo luogo alla forte domanda europea. Da un punto di vi-sta sociale, lo sviluppo della produzione ovina contribuì al ripopola-mento del campo e alla crescita di offerta lavorativa, nonché alla se-dentarizzazione della popolazione rurale, dando impulso alla crescita della classe media rurale. La diversificazione dei paesi di esportazione fu un fattore di diminuzione di dipendenza relativa dai centri indu-striali europei. Negli anni Sessanta dell’Ottocento iniziarono i primi investimenti stranieri nel paese, incentivati dal periodo di stabilità po-litica interna, che portarono all’ingresso di capitali esteri nel paese.

Il governo successivo di Lorenzo Battle (1868-1872) dovette inve-ce fronteggiare una crisi finanziaria e politica molto grave, originata principalmente dalla regolamentazione dei poderi e dalla politica e-sclusivista del partito colorado al governo. La politica di partito e le sommosse di caudillos locali contro il potere centrale paralizzarono l’economia e i flussi commerciali. La crisi politica successiva acuì la crisi monetaria, finanziaria ed economica del paese, con il risultato che la bilancia dello stato accusò un saldo negativo: le esportazioni ca-lavano, a differenza delle importazioni che andavano ad incrementarsi. Si iniziò inoltre a percepire con chiarezza il considerevole divario nel-

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lo status socioeconomico tra le classi agiate e le classi rurali. Nel complesso, crollarono le feconde esportazioni uruguaiane, special-mente nel periodo successivo alla Revolución de las Lanzas.

La congiuntura interna sfavorevole era anche da relazionarsi alla crisi finanziaria ed economica europea che contribuì a far collassare la fragile economia uruguaiana. La crisi europea fece emergere le que-stioni irrisolte della terra e dell’immobilismo delle campagne. L’economia uruguaiana non aveva ancora iniziato il processo di mo-dernizzazione che le avrebbe permesso di assorbire le conseguenze nefaste della crisi. Fu sentita per questi motivi l’esigenza di un gover-no forte capace di ristabilire l’ordine: Latorre fu chiamato dai com-mercianti, banchieri e dagli stranieri residenti ad assumere nel 1876 il ruolo di capo dell’esecutivo.

La modernizzazione auspicata non investiva solo la sfera economi-ca e industriale, ma anche quella socioculturale. L’avvento di una po-litica militaristica accentratrice mise in un angolo il ruolo dei partiti tradizionali, incapaci di gestire la complessa situazione del paese. I-stanze intellettuali e positiviste si stavano intanto diffondendo nella società e cultura uruguaiana: tali impulsi filosofici e scientifici crearo-no un clima di maggior realismo politico e sancirono la definitiva se-parazione tra Stato e Chiesa. Lo stato andava attuando un processo di modernizzazione in molteplici sfere, dal livello amministrativo e bu-rocratico al campo dell’educazione. La Ley de Educación Común, promossa da Varela all’interno di un più ampio piano di riforma sco-lastica, stabiliva l’attuazione dei principi di gratuità, obbligatorietà e laicità nelle scuole. Per quanto riguarda le riforme in campo giuridico, furono approvati i Codici di Procedimento Civile e Penale nel 1878, il Codice Rurale poi riformato nel 1879, e si creò il registro di embargo e interdizione giuridica, che rivelava il forte legame del governo con la borghesia latifondista. Con l’approvazione del Codice Rurale si consolidò, grazie alle recinzioni, il regime vigente della proprietà della terra, con beneficio dei grandi proprietari terrieri. Si eliminò altresì la figura del piccolo proprietario di terra dedito all’allevamento. Le re-cinzioni garantirono perciò di fatto la perpetuazione dello status quo latifondista caratteristico della società tradizionale e significarono la sparizione del gaucho che si trasformò in lavoratore dipendente.

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Intanto l’onda depressiva della crisi finanziaria internazionale del 1890 mise in ginocchio l’economia di allevamento tradizionale uru-guaiana, che aveva raggiunto il suo limite di sfruttamento intensivo. La crisi del 1890 mise in luce la debolezza dell’intero apparato statale e del sistema sociale, e ebbe come riflesso quello di porre l’accento sulle questioni civili e politiche da troppo tempo trascurate. Il ribasso dei prezzi internazionali dei prodotti esportabili non fu compensata da un aumento della produzione. Andò in declino anche il commercio di transito, tanto che si affievolì il flusso di alto commercio e l’egemonia del porto di Montevideo.

Il censo del 1900 registrò una popolazione nel paese di 936.000 a-bitanti, con una percentuale di immigrati che sfiorava il 40%. Intanto cominciavano a sorgere la classe media urbana e la classe operaia. Montevideo conobbe in questo decennio l’epoca d’oro della Belle É-poque: le ricchezze derivate dall’alto commercio e la presenza di in-flussi europei nell’arte e in società fecero sì che la città conoscesse un periodo socialmente e culturalmente florido e vivace.

Tra il 1895 e il 1914 l’Uruguay conobbe un periodo di prosperità economica dovuta anche alle favorevoli congiunture del mercato in-ternazionale. Il settore di allevamento tradizionale si trasformò in un sistema di imprese, e la tecnicizzazione portò alla divisione del lavoro nelle campagne. Tuttavia, la presenza del sistema latifondiario e la di-pendenza dal mercato estero si mantennero come caratteristiche di fondo dell’economia nazionale. Il piano governativo del neopresidente della Repubblica Battle y Ordóñez fu articolato e riformista. Sul piano economico fu stimolata la costruzione di infrastrutture e la produttività delle campagne e delle industrie; sul piano finanziario si cercò di argi-nare il debito pubblico e la dipendenza dalla Gran Bretagna; sul piano dell’educazione si crearono scuole e strutture volte a diffondere cultu-ra, con lo scopo di fondare una più distinta classe media sociale e cul-turale; sul piano sociale, si fecero importanti riforme del lavoro che risentivano delle pressioni dei gruppi operai e anarchici; sul piano dot-trinario, le idee razionaliste e progressiste trovarono concretezza nel progetto di legge sul divorzio che ora poteva essere richiesto anche dalle donne, nella legge relativa al laicismo totale nelle scuole pubbli-che e nell’abolizione della pena di morte.

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I cambi introdotti nel sistema di allevamento portarono ad una forte disoccupazione nei campi, mentre le insoddisfazioni dei caudillos lati-fondisti e del partito di opposizione si fecero esasperate al punto da scatenare una rivoluzione nel 1904. Battle dispiegò le forze armate per uscire dall’esplosiva situazione e, passati nove mesi, diede una svolta autoritaria al governo per impedire il dualismo continuo dei poteri tra Montevideo e Él Cordobes.

Tra le conseguenze politiche della rivoluzione si segnala il consoli-damento dell’unità statale (finalizzazione della politica di comparteci-pazione a livello dei governi dipartimentali, consolidamento del potere centrale e unificazione politica e amministrativa del paese); la presen-za di un governo di partito e la riforma elettorale. Giunto nuovamente alla presidenza nel 1911, Battle y Ordóñez proseguì nel suo intento ri-formista, influenzato da uno spirito umanistico e dal razionalismo il-luminista e riformista. La sua visione dell’uomo era profondamente liberale: era convinto che l’uomo fosse libero di costruire la sua vita in accordo con le proprie idee e volontà una volta rimossi dal suo cam-mino gli ostacoli materiali. Tale affermazione delle libertà individuali si conciliava con la visione di una promozione della giustizia sociale. Battle negava la lotta di classe e l’identificazione di queste in un parti-to politico: egli sosteneva che le classi sociali possedessero una esi-stenza materiale ma anche spirituale, e che queste due dimensioni si potessero conciliare. Lo Stato aveva perciò il compito di sanare le in-giustizie attraverso uno progresso economico a beneficio di tutti, at-tuabile attraverso un fattivo interventismo. Le riforme varate tennero in considerazione le classi più deboli, e infatti investirono la sfera del lavoro operaio, gli anziani, i malati, i bambini e le donne. Battle era inoltre convinto che si dovesse attuare il suffragio universale, una di-visione dei poteri meno incentrata sulla figura del presidente e una se-parazione netta tra Stato e Chiesa. Le riforme nel secondo periodo del-la presidenza Battle (1911-1915) furono talmente avanzate e articolate che tale periodo fu chiamato Battlismo per via della ricerca del giusto equilibrio tra la difesa dell’ordine statale e politico e le istanze di giu-stizia ed equità sociale.

Negli anni 1919-1929 si perfezioneranno la legislazione elettorale e l’attuazione di una reale democrazia, grazie anche ad una politica di

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compromesso tra le collettività dei partiti che riguardò la sfera sociale (conflitti sociali con le classi più basse e debolezza del proletariato), la sfera politica (equivalenza sostanziale delle forze politiche; frattura tra le visioni riveriste conservatrici, battliste e vieriste). In questo decen-nio si attuarono riforme sociali importanti, come la legge sugli inden-nizzi per incidenti sul lavoro (1920); l’introduzione della giornata di riposo settimanale; salario minimo per il contadino rurale (1923). Le riforme non perseguite furono tra le altre il salario minimo al lavorato-re urbano e il sistema di previdenza sociale per il lavoro rurale.

Tutti gli anni compresi tra il 1905 e il 1929 possono considerarsi su un piano politico e sociale estremamente importanti per gli avanza-menti liberali e sociali. La crisi economica mondiale del 1929 causata dal crack della Borsa Valori di New York fece tuttavia collassare l’economia uruguaiana: prodotti come lana e carne ebbero un picco drastico facendo crollare il valore dei salari reali e della manodopera.

La crisi della seconda guerra mondiale fece assumere al governo di Terra (1934-1938) al suo secondo mandato orientamenti comuni alle altre politiche sudamericane, quali l’interventismo statale accentuato, una politica industriale di sostituzione delle importazioni attraverso sussidi, controlli del mercato e della moneta. Tutti i tentativi anarchici, rivoluzionari, operai, liberali e popolari non riuscirono a modificare la situazione politica. Solo quando il regime accusò gravi segni di debo-lezza dovuti alla mancata risoluzione della crisi generale del paese, si poté parlare di un cammino di nuova restaurazione democratica, i cui principi erano incardinati ormai nelle concezioni culturali uruguaiane. Lentamente, tra il 1930 e il 1938, si ebbe un miglioramento sul piano economico, anche se le risorse e il benessere della popolazione non potevano dirsi equamente distribuite. La politica seguita fu nel com-plesso rigida e pragmatica: essa produsse il congelamento della vita politica del paese legittimando di fatto il predominio di specifiche fra-zioni dei partiti tradizionali, ad esclusione di altre componenti politi-che altrettanto rilevanti.

Le elezioni del 1946 si svolsero in un clima di ritorno alla demo-crazia e alla comune opposizione al nazifascismo in sostegno dei paesi alleati. Esse marcarono il ritorno alla piena istituzionalizzazione de-mocratica e alla ricostituzione delle divisioni tradizionali. Il trionfo di

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Berreta segnalò il ritorno al potere del Battlismo e accrebbe le aspetta-tive di un nuovo periodo riformismo. Gli anni tra il 1947 e il 1958 fu-rono per questo battezzati come Neobattlismo.

La politica economica del Neobattlismo aveva come chiaro obietti-vo quello di creare ricchezza nazionale per ridistribuirla attraverso l’industria. Tuttavia gli errori nell’applicare tale politica e le difficoltà della penuria delle terre, la presenza di un piccolo mercato di consumo e la dipendenza commerciale e finanziaria con l’estero furono fattori che non permisero un decollo economico soddisfacente. La politica sociale del Neobattlismo fu coerente con la concezione umanista libe-rale, ma nella pratica carente, per la presenza di interessi politici ed elettorali divergenti dalle più rilevanti questioni sociali. Inoltre le atti-vità speculative, sommate all’inflazione accelerata, avevano modifica-to l’andamento del mercato dei crediti. I tassi di interesse crebbero a livelli sproporzionati rispetto al costo della vita: si favorivano prestiti a breve termine per intenti speculativi, invece di promuovere prestiti a lungo termine che sarebbero serviti per la costruzione di infrastrutture, industrie e per miglioramenti agricoli. Quando i depositi nazionali an-davano in rosso, si ricorreva alla pratica dell’indebitamento con l’estero che così si accresceva in un circolo vizioso.

Dalla costituzione del 1934 sorta dal colpo di stato, la cui giustifi-cazione si basava sulla necessità di porre fine al regime imposto dalla precedente costituzione del 1928, si effettuarono sette elezioni nazio-nali nelle quali furono posti in essere dieci progetti di riforma totale o parziale della Costituzione. La pratica parlamentare di modificare con-tinuamente la costituzione vigente alimentava l’illusione che i cam-biamenti del paese potessero ottenersi tramite tali modificazioni, che in realtà non operavano nessuna trasformazione sostanziale. Il gradua-le ampliamento del potere esecutivo sopra gli altri poteri (legittimato dalla Costituzione del 1967) rese l’amministrazione più efficiente e rapida, anche se si manteneva costante il pericolo di una deriva autori-taria dell’esecutivo.

Intanto su un piano economico internazionale si fecero sforzi per uscire dalla depressione seguita al conflitto mondiale attraverso piani di regolamentazione del mercato internazionale.

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Nacquero così il Banco Mondiale, si stipulò l’Accordo di Libero Commercio (GATT), si creò il Fondo Monetario Internazionale (FMI), organismi nati per finalità di gestione e risoluzione delle que-stioni monetarie e commerciali internazionali. Grazie ai prestiti del Banco Interamericano de Desarrollo (BID) e al Banco Internacional de Reconstrucción y Fomento (BIRF) si poterono finanziare progetti annuali stimolati dal ministero delle infrastrutture pubbliche. Gli effet-ti delle speculazioni e della scarsa produttività economica si fecero sentire con la crisi finanziaria del 1964, cui seguì una spinta recessiva ed inflazionistica. Si acuirono così anche le tensioni sociali che si ac-crebbero con la caduta del salario reale. Le risposte coercitive e re-pressive del governo di fronte alle manifestazioni sociali, il militari-smo e l’autoritarismo pian piano si insediarono nella percezione col-lettiva sociale come eventi e processi“normali”. Negli anni Sessanta del Novecento apparvero gruppi armati proliferati durante la crisi eco-nomica, i quali deteriorarono ancora di più il clima interno del paese. Il gruppo armato più importante fu il Movimiento de Liberación Na-cional (Tupamaros) di sinistra. Sorto nel 1965, il MLN si organizzò intorno alla confluenza di vari gruppi vincolati a partiti di sinistra e dalla organizzazione dei gruppi di lavoratori di canna da zucchero guidati da Raul Sendic. Gli obiettivi dei Tupamaros erano quelli di solidarietà, anti-imperialismo americano, socialismo e rivoluzione ar-mata. Giudicati prima negativamente dall’opinione pubblica per le proteste, le manifestazioni violente e per gli assalti a banche e istitu-zioni finanziarie, i Tupamaros ebbero poi, con la crescita della violen-za e della repressione istituzionale, un appoggio da una larga parte della cittadinanza.

Il governo di Bordaberry (1973-1976) si caratterizzò per l’accentuazione delle repressioni militari e per il non rispetto delle norme democratiche. Si inaugurò la lotta aperta al MLN, che dopo la tregua elettorale riprese la lotta armata. Dopo diverse rappresaglie tra l’esercito e i Tupamaros, il governo decise di dichiarare la sospensio-ne delle garanzie individuali e lo stato di guerra civile. Si creò così un clima di guerra dove i diritti individuali e le libertà fondamentali tra cui quella di stampa furono soppressi, e si inaugurarono sistemi di tor-tura per distruggere membri o simpatizzanti del MLN.

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Lo scontro con i Tupamaros costituì una giustificazione politica per le forze armate per assumere il controllo autoritario degli spazi politici e pubblici. Bordaberry assecondò tale clima allontanando ai margini della vita politica le correnti di sinistra più estremiste. Le forze armate fecero approvare delle leggi di “eccezione”ai principi democratici in-cludendo misure di guerra contro la sovversione e promuovendo la se-parazione tra militari e magistratura. Tali misure consentirono al pote-re militare di installarsi alla guida del governo e disporre di un potere totale, di fronte a un parlamento inerme le cui forze interne non riusci-rono a compattarsi in un fronte oppositivo unico.

Tutti gli studiosi che a posteriori analizzarono la situazione dello stato uruguaiano in questo periodo sono concordi nell’affermare che il colpo di stato del 27 giugno del 1973 fu il culmine di un lungo proces-so, che ebbe due picchi nel 1968 e nel 1971 quando le forze armate assunsero il comando della lotta sovversiva. La repressione del movi-mento studentesco e operaio, la messa in atto di meccanismi giuridici repressivi, il controllo e la manipolazione dei mezzi di comunicazione sociale furono alcuni tra gli indici più evidenti del crollo del sistema democratico. Così, le forze armate espansero e politicizzarono le loro funzioni. Quando nel 1971 si fecero più aspri i contrasti con i movi-menti sovversivi, il potere esecutivo lasciò il governo nelle mani dell’esercito e delle forze aereo-militari. Le forze armate iniziarono così a delineare la propria strategia politica, sempre più autonoma. A seguito della frattura definitiva tra il potere esecutivo e i militari si creò il Consejo de Seguridad Nacional (COSENA) i cui membri erano i ministri, i comandanti delle forze armate e il presidente della Repub-blica. Formalmente governato dai ministri civili, il nuovo governo a-veva tutti i caratteri del regime militare. I sovversivi e le forze politi-che e sindacali di opposizione furono immediatamente ostracizzati e perseguitati.

Le interpretazioni di storici, sociologi e politologi sulle concause che portarono all’instaurazione della dittatura variano dall’attribuire importanza ai fattori economici e sociologici piuttosto che a motiva-zioni politiche quali la debolezza partitica strutturale del parlamento uruguaiano, al contempo inserendo la dittatura uruguaiana nel quadro dei regimi diffusisi nei primi anni Settanta del Novecento in tutto il

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Sudamerica. Alcuni concordano sull’importanza da conferire, nell’analisi storica della formazione del regime, alle congiunture in-terne e internazionali quali la crisi economica, il malessere sociale, le agitazioni sindacali, lo sviluppo di ideologie estremiste, l’espansione del potere militare, l’apatia e le fratture dei partiti nella difesa dei va-lori democratici.

Tra il 1963 e il 1975 fuoriuscirono dal paese circa 200.000 uru-guaiani. Dal 1968, con l’accentuarsi delle repressioni e per l’andamento recessivo dell’economia il processo di espulsione si acce-lerò: solo tra il 1968 e il 1972 emigrarono quasi 68.000 persone, il 31% degli emigrati nel periodo preso in considerazione. Dal 1973 le cifre si moltiplicarono, per via dell’esasperato clima politico e sociale. Nel 1974 fuggirono dal paese quasi 65.000 persone e dal 1973 al 1975. La percentuale della popolazione fuoriuscita in questo periodo fu stimata intorno al 62%. Secondo lo studio di Nelly Niedworok4 in questi anni emigrarono all’incirca 218.000 persone, in maggioranza uomini. Il livello medio di istruzione posseduto dagli emigranti in fu-ga era mediamente superiore a quello della maggioranza della popola-zione rimasta nel paese. Il 75% degli emigranti apparteneva alla popo-lazione economicamente attiva, e contava principalmente operai e im-piegati dei settori privati, a differenza degli impiegati pubblici che parteciparono al flusso espulsivo in quota minore. L’emigrazione di elementi professionalmente qualificati (tecnici, scienziati e altri) au-mentò del 10% tra il 1963 e 1975, e tra il 1973 e il 1976 rappresentò il 53,5% del totale.

Gli effetti dell’emigrazione nel periodo 1963-1975 furono dunque gravissimi in termini di perdite di risorse umane per il paese, perché tale processo coinvolse in maggioranza persone giovani, istruite, pro-fessionalmente qualificate. A seguito del colpo di stato nel 1973 e alla decisione di Bordaberry di chiudere le camere, furono soppressi i par-titi di sinistra e sospese le attività politiche. Le manifestazioni di pro-testa e i movimenti studenteschi e sindacali furono repressi, i docenti destituiti. Nel 1974 fu approvata la Doctrina de Seguridad Nacional,

4 N.Niedworok, El crecimiento dela población y sus componentes. Uruguay 1963-1975 in

Benjamin Nahum, Manual de Historia del Uruguay, tomo II, Montevideo, Ediciones de la Banda Oriental, 2006

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principale documento teorico del Gollismo. In vista delle elezioni del 1976, i militari inaugurarono una campagna politica che promuoveva la creazione di una “nuova istituzionalità” di impronta neo-corporativista. Nel 1978 il regime conobbe una parziale apertura, e convocò il popolo per discutere dell’approvazione del nuovo sistema costituzionale. Nello stesso tempo fu nominato a capo della Coman-dancia General del Ejército il generale Alvarez, autore del piano poli-tico generale delle forze armate. Nel suo discorso di insediamento egli riaffermò la condotta seguita fino a quel momento, accennando ad una prudente apertura nei confronti dei partiti tradizionali purché epurati dalle sue componenti più pericolose. Si andavano nel frattempo for-mando movimenti clandestini di protesta nei quali figuravano membri dei partiti sciolti. A seguito delle opposizioni al nuovo progetto costi-tuzionale, i dittatori inasprirono l’atmosfera proponendo un candidato unico per le elezioni alla presidenza del 1981, il quale doveva contare l’approvazione delle forze armate. Si stabiliva perciò l’attuazione con-creta del Consejo de Seguridad Nacional (COSENA), organo a mag-gioranza militare.

A seguito del plebiscito del 1981 il governo si riunì per stilare un nuovo piano politico, comunicando a diversi dirigenti politici l’intenzione di creare una base per il dialogo che stabiliva una transi-zione di tre anni verso riforme costituzionali e elezioni nazionali. Si approvò l’Atto Istituzionale numero 11 che confermava il periodo di tre anni di transizione verso la democrazia, con la nomina di un nuovo presidente e l’ampliamento del Consejo de Estado. Alvarez fu nomi-nato presidente di tale governo nel 1981.

Nel 1983 furono installate le Convenzioni dei tre partiti: la conven-zione del Partido Nacional chiese di nuovo il ripristino della vecchia costituzione, la deroga degli Atti Istituzionale e la de-proscrizione di tutti i dirigenti, partiti e sindacati. Fu eletto Devoto come presidente del partito. Il presidente Alvarez fu chiamato a creare un Partido del Proceso che alimentava le sue ambizioni politiche personali e che non trovò approvazione popolare. Iniziò la fase del dialogo politico e mili-tare sui principi della futura costituzione. La durezza del dialogo fece procrastinare le conclusioni e si tradusse nella sospensione delle attivi-tà dei partiti politici per mano di Alvarez.

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Capitolo 1

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La risposta della società civile non si fece attendere: numerose fu-rono le manifestazioni di protesta nell’intera città. Si fecero mobilita-zioni sindacali e studentesche comprensive delle azioni del Servicio de Paz y Justicia in difesa dei diritti umani violati tramite le repressioni, le catture di dissidenti politici e le torture ed omicidi perpetuati dal re-gime. La parte politica della sinistra, che ancora non era ammessa a partecipare nel dialogo politico, si fece sentire attraverso la solleva-zione popolare.

Il 6 luglio 1984 si raggiunse una parziale liberalizzazione con la riabilitazione del Partido Democratico Cristiano e Socialista: era ini-ziata una nuova fase distensiva di dialogo. Furono stabilite nuove ele-zioni con le modifiche alla Costituzione, mentre caddero i richiami al rispetto dei diritti umani violati durante la dittatura. Nell’agosto dello stesso anno si firmò l’Atto Institucional numero 9 che decretava l’accordo tra civili e militari. Si elesse in novembre un’Assemblea ge-nerale che prese il carattere di costituente. Nelle campagne elettorali il cambio verso la pace propugnato dai colorados trovò molte adesioni: il risultato fu la vittoria delle elezioni da parte del Partido Colorado.

Sotto il piano economico, gli anni della dittatura furono segnati da un neoliberismo inconcludente e negativo che lasciò il segno di un e-norme debito estero pesante come un’ipoteca per il futuro della nazio-ne. Dal 1985 al 1990 Sanguinetti assunse la carica di presidente della Repubblica. Molte erano le difficoltà da affrontare sul piano politico nella fase di ripristino della democrazia: il potere esecutivo doveva riaffermare il suo ruolo sopra le forze armate, recuperare pienamente le sue funzioni e rispondere alle proteste per le violazioni dei diritti umani. A tali oneri si assommavano le problematiche economiche, tra cui l’indebitamento estero e le condizioni disastrose di molti settori produttivi. Furono richiamati in patria gli esiliati politici ed espunte le leggi vigenti nella dittatura, eliminando gli organi predisposti dai mili-tari. Si ristabilì il pieno potere e l’indipendenza del potere giuridico e della magistratura; si iniziò la riforma educativa con il recupero del corpo docente destituito dal regime. Si tentò nel complesso di ri-democratizzare il sistema, mentre il popolo chiedeva a gran voce giu-stizia contro i crimini efferati perpetrati dall’esercito.

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Il mondo-Uruguay

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Per evitare scontri tra potere civile e forze armate, il governo si de-cise infine ad attuare nell’1986 un progetto di amnistia dei delitti commessi tra il 1962 e il 1985 da funzionari militari e politici nelle a-zioni dirette o indirette legate alla lotta sovversiva. I colorados vota-rono contro, e Sanguinetti convocò una riunione con i dirigenti politici dove fu infine raggiunto l’accordo. Tutte le parti (militari, civili, parti-ti) non dovevano reclamare le responsabilità, per evitare contrattazioni con i militari e non compromettere la stabilità istituzionale.

Si mise in evidenza la debolezza del potere civile davanti a quello militare, e fatti come questo fecero parlare di una “democrazia tutela-ta” dagli stessi militari. In questo periodo di restaurazione della demo-crazia, possiamo sintetizzare i principali fatti e obiettivi politici: con-solidamento e legittimazione dei partiti; appoggio popolare ad essi; centralità della politica macroeconomica in relazione allo sviluppo dell’economia di settore (riduzione deficit, stabilità dei prezzi, ecc); direzione centralizzata della politica economica globale mediante pia-ni finanziari e commerciali. Ciononostante, la rapidità con cui avven-ne il recupero delle garanzie democratiche non fluì in misura parallela con i processi di sviluppo economico, che procedette con lentezza ot-tenendo risultati solo parziali.

Nel 1985 si realizzò un nuovo Censo della popolazione che con-fermò le caratteristiche demografiche delle precedenti rilevazioni: scarsa crescita e invecchiamento della popolazione, urbanizzazione. Invece di diminuire, negli anni successivi alla dittatura l’emigrazione continuò ad aumentare: tra il 1975 e il 1985 si stima che il numero di emigranti rientrasse tra le 90.000 e le 100.000 unità.

Dal 2004, dopo la presidenza del blanco Battle, si sarebbe aperta una fase nuova, con l’elezione di Tabaré Vazquez a capo del Frente Amplio di sinistra, che tuttora nel suo mandato sta attuando un rifor-mismo sociale profondo (ad esempio in Sudamerica l’Uruguay è l’unico stato ad aver riconosciuto nel 2007 i diritti delle unioni civili omosessuali). Tale coalizione sta fronteggiando l’aumento delle con-flittualità sociali e della depressione economica, assumendo una linea dura anche nei confronti dei crimini commessi durante la dittatura: il recente arresto di Alvarez, comandante in capo dell’esercito negli anni del regime, ne è stata una importante manifestazione.