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Provincia Regionale di Agrigento Area Soprintendenza BB. CC. AA. di Agrigento Servizio per i Beni Storico-Artistici ed Etnoantropologici Dal folklore all’arte “Impressioni sulla Sagra del Mandorlo in Fiore” nella pittura del Novecento a cura di Gabriella Costantino Giuseppe Cipolla Rita Ferlisi Regione Siciliana Assessorato regionale beni culturali e dell’identità siciliana Dipartimento regionale beni culturali e dell’identità siciliana

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Provincia Regionale di Agrigento

Area Soprintendenza BB. CC. AA. di AgrigentoServizio per i Beni Storico-Artistici ed Etnoantropologici

Dal folklore all’arte“Impressioni sulla Sagra del Mandorlo in Fiore”

nella pittura del Novecento

a cura di Gabriella Costantino

Giuseppe Cipolla Rita Ferlisi

Regione SicilianaAssessorato regionale beni culturali e dell’identità siciliana

Dipartimento regionale beni culturali e dell’identità siciliana

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Regione SicilianaAssessorato regionale beni culturali e dell’identità sicilianaDipartimento regionale beni culturali e dell’identità siciliana

Area Soprintendenza BB. CC. AA. di AgrigentoServizio per i Beni Storico-Artistici ed Etnoantropologici

Provincia Regionale di Agrigento

Dal folklore all’arte“Impressioni sulla Sagra del Mandorlo in Fiore” nella pittura del Novecento

Agrigento, Scala Reale del Palazzo della Provincia

Coordinamento generaleEugenio D’Orsi

Coordinamento scientifico Gabriella Costantino

Autori dei saggiGiuseppe CipollaRita FerlisiLuigi Mula

FotografieAngelo PitroneManlio Nocito

Cura editoriale Giuseppe CipollaEvelina De Castro

Realizzazione editorialeLussografica editrice, Caltanissetta

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Sommario

Presentazioni5 Eugenio D’Orsi6 Gabriella Costantino7 Francesco Lupo

8 Il Palazzo della Provincia Regionale di AgrigentoVicende costruttive e notizie storico critichea cura di Luigi Mula

11 “Impressioni sulla Sagra del Mandorlo in Fiore”: storia di un premio di pittura dimenticatoGiuseppe Cipolla

23 Gli artisti della Collezione dell’Ente Provinciale del Turismo di AgrigentoRita Ferlisi

35 Bibliografia essenziale

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La presente mostra di dipinti del Novecento, realizzata in collaborazione con la Soprintendenza ai BeniCulturali e Ambientali di Agrigento nel percorso espositivo della Scala Reale del Palazzo dellaProvincia, si pone come un significativo evento culturale al quale si legano inevitabilmente finalità sto-

riche, artistiche, scientifiche, etnoantropologiche e sociali. In prima istanza è un atto dovuto di memoria storica nei confronti dell’attivismo culturale degli enti depu-tati al turismo della Provincia Regionale di Agrigento, l’Ente Provinciale per il Turismo (E.P.T.) e l’AziendaAutonoma di Turismo (A.A.T.), che negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento organizzavano annual-mente un prestigioso premio di pittura dedicato al tema “Impressioni sulla Sagra del Mandorlo in Fiore”, alquale partecipavano gli artisti più rinomati della Sicilia, tra i quali Pippo Rizzo, Raimondo Mirabella,Gianbecchina, Totò Bonanno e Michele Dixit. e i giovani artisti emergenti delle Accademie delle Belle Artiitaliane e straniere. Le opere premiate di ogni concorso, donate secondo il regolamento del premio stesso alla Provincia, veni-vano affidate temporaneamente in custodia nella “Sala delle Mostre” della Galleria d’Arte Moderna dell’exMuseo Civico, dove venivano esposte per tutto il periodo della Sagra del Mandorlo in Fiore. Un premio nato nel clima di rinnovamento culturale agrigentino dei primi anni Cinquanta, in sintonia conla ripresa della Sagra del Mandorlo in Fiore negli anni difficili del dopoguerra, con lo spirito di rinascitaeconomica, sociale e artistica che caratterizza ancora oggi i valori della sagra.La candida fioritura dei mandorli annuncia nella Valle dei Templi il ritorno della primavera. Agrigento cen-tro geografico e storico del Mediterraneo, diventa anche il fulcro della concordia e della cultura dei popo-li. Lo spirito di gioia, pace e fratellanza che aleggia nell’antica Akragas durante la Sagra del mandorlo infiore supera ogni barriera ideologica o razziale. Un appuntamento che si ripete da oltre mezzo secolo e che è diventato un punto di ritrovo tra i popoli dellaterra. Storia, folklore ed arte, si fondono armoniosamente durante una delle feste folkloristiche più famoseal mondo. Sono queste le tematiche che informano la collezione di dipinti del Novecento che oggi, signi-ficativamente in occasione della 65ª edizione della Sagra del Mandorlo in Fiore, ritorna alla fruizione pub-blica attraverso una mostra temporanea, in attesa di una prossima sistemazione permanente presso i localidel Palazzo della Provincia.

Prof. Eugenio D’OrsiPresidente della Provincia Regionale di Agrigento

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Tra le attività di tutela e conservazione, fruizione e valorizzazione dei Beni Culturali curate dallaSoprintendenza BB.CC.AA. - assieme ai restauri, alla fondazione di nuove realtà museali, alle acquisizio-ni e alle varie attività didattiche – un ruolo rilevante è affidato all’organizzazione di mostre scientifiche a

carattere storico-artistico, la cui funzione primaria è quella di valorizzare collezioni artistiche legate storicamen-te e istituzionalmente al territorio.L’idea di allestire questa mostra in collaborazione con la Provincia Regionale di Agrigento trae origine da unconcorso-premio storico di pittura che tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento gli Enti Turistici dellaCittà indicevano in occasione della Sagra del Mandorlo in Fiore.Si trattava, nello specifico, di un Concorso Internazionale di Pittura, organizzato annualmente di comune accor-do dall’Ente Provinciale per il Turismo e dall’Azienda Autonoma per il Turismo. La giuria era presieduta dalPresidente dell’Azienda autonoma turismo di Agrigento, da un rappresentante dell’Ente provinciale per il turi-smo, e da esperti e critici d’arte di rinomata fama. Gli artisti invitati venivano ospitati in Città per tutto il perio-do della sagra in quanto la natura del concorso era di carattere estemporaneo, ed, alla fine della manifestazio-ne, a tutti gli artisti veniva rilasciato un Diploma di partecipazione. Il concorso-premio aveva un tema obbliga-to: il paesaggio di Agrigento nei suoi rapporti con la Sagra. Le opere premiate di ogni concorso venivano dona-te all’ EPT, e affidate in custodia al Comune per essere esposte nella cosiddetta “Sala delle Mostre” della Galleriad’Arte Moderna dell’ex Museo Civico. In tal modo si era venuta a costituire, anno dopo anno, una raccolta didipinti che tematicamente e idealmente si configurava come ideale proseguimento della Collezione Sinatra.A partecipare a questo prestigioso premio convenivano importanti artisti italiani e stranieri, da Pippo Rizzo aGiambecchina, dall’austriaco Itzinger al tunisino Farhat, sottolineando quello che era il significato fondante delpremio, e cioè il ruolo di Agrigento e della Valle dei Templi come crocevia del Mediterraneo, che in occasionedel mandorlo diventa luogo ideale e fulcro della concordia e della cultura dei popoli.La collezione, caratterizzata quindi dall’uniformità tematica del paesaggio della Valle in relazione alla Sagra delMandorlo in Fiore, comprende opere di artisti siciliani e stranieri del Novecento, e si pone iconograficamentein continuità con la tradizione paesaggistica dell’Ottocento che ha conquistato gli eredi di Francesco Lojaconoche hanno dedicato le loro opere al paesaggio siciliano ed agrigentino in particolare. Laddove non siciliani leopere degli artisti sembrano far rivivere la grande tradizione dei viaggiatori stranieri che a partire dal XVIII seco-lo hanno ritratto affascinati i luoghi, i monumenti, i volti della città dei Templi (come l’omaggio al PaesaggioAgrigentino del pittore e incisore abruzzese Giulio Vito Poggiali) anche quando la loro produzione artisticaimbocca tendenze stilistiche tra di loro differenti.Riteniamo quindi che questa mostra allestita nella Scala Reale del Palazzo della Provincia di Agrigento, in occa-sione di questa 65ª Edizione della Sagra del Mandorlo in Fiore, oltre che assolvere al compito istituzionale dellafruizione pubblica di una collezione pittorica storica, si pone anche in linea con la tradizione del premio stes-so, fornendo, auspicabilmente, eventuale spunto agli organi provinciali per la riattivazione di questo storico pre-mio nelle prossime edizioni della Sagra anche al fine di implementare una raccolta che costituisce un primonucleo di un museo di arte contemporanea.

Gabriella CostantinoSoprintendente BB.CC.AA. di Agrigento

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La proficua sinergia tra due Istituzioni come la Soprintendenza e la Provincia Regionale di Agrigento hapermesso di riproporre con un accurato progetto di recupero, salvaguardia e fruibilità, un nucleo diopere pittoriche di artisti contemporanei quali Rizzo, Giambecchina, Barbieri, Nicosia , Mirabella e

altri, che nel corso della loro attività artistica hanno interpretato temi, soggetti e colori del territorio agri-gentino durante Mostre Nazionali ed Internazionali di pittura promosse in occasione delle varie Sagre dedi-cate al Mandorlo in Fiore a partire dal 1957 e protrattesi nel tempo fino agli anni sessanta. Tale Nucleo di proprietà della Provincia Regionale di Agrigento, custodito nel corso degli anni nei localidel Museo Civico di Agrigento, oggi ritorna a nuova vita grazie all’impegno, alla competenza del persona-le di questo servizio e alla sensibilità del Soprintendente e del Presidente della Provincia Regionale diAgrigento.Tale impegno ha permesso di rendere fruibile e godibile ad un pubblico ampio e interessato una piccolama significativa raccolta di opere di età contemporanea legate al territorio.E convinzione nostra che impegnando e coinvolgendo sempre più spesso la Comunità, le Istituzioni e leforze produttive del territorio ad una sempre più approfondita conoscenza e consapevolezza del propriopatrimonio storico-artistico possa svilupparsi in seno ad essa l’interesse nel custodirlo e valorizzarlo neltempo. Si coglie l’occasione per ringraziare il Dott. Giacomo Lipari, l’Arch. Calogero Licata e il Geometra GiacintoTarallo che fin dalle prime fasi si sono adoperati affinchè, con la collaborazione di tutto il personale delServizio, questa iniziativa potesse andare a buon fine restituendo alla città di Agrigento un altro importan-te segmento del suo ricco patrimonio artistico.

Francesco LupoDirigente del Servizio per i Beni

Storico-Artistici ed EtnoantropologiciSoprintendenza BB.CC.AA. di Agrigento

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Il Palazzo della Provincia fu uno dei primi edificiche, nell’Ottocento, vennero costruiti fuori dallacinta muraria, cambiando radicalmente l’aspettodella Città.Al Re Ferdinando II, in visita alla città di Girgenti,veniva esplicitamente chiesto «… che l’Istituto diBeneficenza si fondasse entro il Palazzo Gioe-nino…» (G. Picone, Memorie storiche Agrigentine– pag. 604). La costruzione doveva essere adibita alReale Ospizio di Beneficenza di Agrigento; con ilRegio Decreto del 16 Maggio 1853 ne era stataapprovata la spesa e nel 1858, alla presenza del Ve-scovo di Agrigento Domenico Lo Iacono edell’Intendente borbonico Salvatore Vanasco venneposata la prima pietra «… la Decuria ringraziava ilRe … e nello stesso anno furono demoliti gli staz-zoni, o le case dei figuli, che occupavano parte delpiano di Porta di Ponte, e deformavano l’ingressodella città ….. e nel corso dell’anno stesso (1858),alla presenza del Vescovo e del novello IntendenteVanisco, si gittava la prima pietra dell’Ospizio diBeneficenza il quale divenne Magnifico Palazzodella Provincia e della Prefettura …» (G. Picone,Memorie Storiche Agrigentine – pag. 630,631)”.Relativamente all’aspetto che doveva avere il largo«Porta di Ponte» prima della costruzione del realeOspizio, ne parla ancora, nell’anno 1860 il notabi-le agrigentino E. P. Diana «… il forestiero che veni-va a Girgenti …riceveva le prime brutte impressio-ni della Città. Luridi e mal costruiti erano i casola-

ri, detti stazzoni, dei vasellai o meglio di fabbrica-tori di brocche … Alcuni sul suolo sul quale orasorge maestoso il Palazzo della Provincia…». Di autore ignoto, venne progettato per ospitare iReali Ospizi di Beneficenza di Agrigento con loscopo di soccorrere ed educare gli infelici figlidello Stato, nonché tutti i giovani orfani indigenti.Nell’anno 1860, l’edificio, ancora in costruzione,cambia di destinazione d’uso per ospitare l’Archi-vio di Stato e successivamente venne adibito aduffici della Prefettura e della Provincia.Venne così modificato il progetto architettonico ini-ziale che aveva pianta rettangolare con corte cen-trale e scalone d’onore collocato alla destra dell’in-gresso principale e prevedeva al piano terra la siste-mazione della cucina, del magazzino del parlato-rio e di alcune sale molto grandi atte ad ospitare levarie scuole di mestiere.Al primo piano sarebbero state destinate le rima-nenti aule scolastiche, la cappella e gli alloggi delPrefetto degli studi; i dormitori invece sarebberostati destinati al secondo piano. Dalla sommità del-l’edificio avrebbe campeggiato lo stemma realeborbonico . Sul tetto sorgeva anche un osservatoriometeorologico «… dicembre 1870 … eclissi totaledi sole. A ben osservarlo vengono in Girgenti ilPrincipe di Lampedusa … mentre nell’osservatoriometeorologico, che sorge sulla sommità delPalazzo della Provincia …» ( Picone, Memorie sto-riche agrigentine – pag. 684).

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Il Palazzo della Provincia Regionale di Agrigento Vicende costruttive e notizie storico critiche

a cura di Luigi Mula

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Descrizione architettonica

L’edificio è a pianta centrale, quadratica con uncortile porticato (loggiato) a tre pilastri per lato. Siestende su cinque piani tutti fuori terra, l’ultimo deiquali è prospiciente l’atrio e occupa solo parzial-mente la superficie in pianta non affacciandosiverso l’esterno.Nei prospetti esterni si individuano solo i primi 4piani. Le coperture sono a tetto con capriate inlegno e tegole miste. I pavimenti sono in marmo ein mattoni rimaneggiati con ceramica, legno emateriali plastici. Il portale d’ingresso presenta duecolonne laterali. I finestroni si rivolgono sette perpiano sulle facciate a Sud, Est ed Ovest e due perpiano sulla facciata Nord, con motivi architettonicineoclassici che si evidenziano nei timpani, nei cor-nicioni marcapiano e di coronamento, nel portalee nel falso bugnato del prospetto esterno.Accedendo all’edificio dal portone centrale, ci siimmette nel loggiato la cui pianta ad anello disim-pegna le stanze adibite ad uffici. Di fronte all’entra-ta principale del Palazzo, la scala nobile o reale,ècaratterizzata da quattro rampe con otto colonneche sostengono le volte. Tali colonne al piano terra e al primo piano sonorivestite di gesso grigio ad imitazione marmo; anco-

ra al primo piano il soffitto è adornato con dipintiraffiguranti gli stemmi araldici di Agrigento, Sciaccae Bivona ed un putto che tiene in mano il tempio diGiunone.Suggestivo l’ultimo piano dove colonne in gessodecorato a finto bronzo sormontati da putti, incor-niciano un soffitto con affreschi rappresentanti illu-stri agrigentini: G.A.De Cosmi. F.Foderà, M. Foderàe T. Fazzello. Tornardo nel cortile centrale, alla sinistra dell’in-gresso principale, si accede alla scala di servizio adue rampe che conduce ai quattro piani superioriche ospitano rispettivamente l’alloggio prefettizio,gli uffici della Prefettura e quelli della Provincia. Dasegnalare al terzo piano la bellezza degli affreschidel soffitto dell’Aula Consiliare «Giglia», dove unasuggestiva metafora dello stemma della Provincia,capeggiato da un Italia dalle giunoniche fattezze,tende la mano a tre grazie che rappresentano Agri-gento e le sue sottoprefetture: Sciacca e Bivona.Infine, all’incrocio delle pareti con il soffitto, siimpongono alla vista le medaglie dei busti diAgatocle, Pileo, Cleone ed Empedocle.Di particolare attenzione è il soffitto della sala abiblioteca ubicata al piano terra del palazzo dove,un recente restauro evidenzia una spettacolarevolta a botte in pietra viva.

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La diffusione dell’arte contemporanea, nel ven-tennio postbellico, era affidato in Sicilia, oltre chealle mostre collettive e personali nelle principaligallerie d’arte, a un succedersi di iniziative voltea rinnovare i contatti tra pubblico e artisti d’ognitendenza figurativa.Già nel 1945 a Catania, dove l’ambiente è domi-nato da Lazzaro e da Milluzzo, si ordina alCircolo artistico la XVII Promotrice Regionale checonta oltre cento espositori di tutta l’Isola. Nel‘49 Nunzio Schiavarrello, che era stato allievo diMaccari a Roma, organizza insieme a RodolfoPalluchini un’esposizione di opere provenientidalla Biennale veneziana, dal futurismo alla pit-tura metafisica, dal “Novecento” all’astrattismo,di rilevante interesse per l’aggiornamento cultu-rale della Regione.Nel ‘55 a Palermo il rinnovato Sindacato regiona-le ordina a Villa Whitaker una vasta rassegnanella quale si ritrovano, accanto agli artisti giànoti, le nuove leve che andavano formandosi;nello stesso anno una “Mostra delle vetrine”, ani-mata da Pippo Rizzo e da Renzo Collura porta ilpiù vasto pubblico nel centro urbano a direttocontatto con l’opera degli artisti.Anche nelle zone interessate alla promozione delturismo cominciano a tenersi manifestazioni cheattirano artisti d’ogni parte d’Italia: a Siracusa nel‘49 il Premio Aretusa; nel ‘51 il Premio Acitrezzapromosso da Saro Mirabella; nel ‘55 il premio

“Vita e Paesaggio di Capo d’Orlando” ispirato daTono Zancanaro, infine il Premio Erice, doveemergeranno Ennio Calabria e Piero Guccione(cfr. F. Grasso 1981, pp. 167-257)A questo ambito di iniziative si deve la formazio-ne della collezione di dipinti del Novecento deglienti per il turismo della Provincia di Agrigento,che negli anni Cinquanta e Sessanta, grazieanche all’influenza della figura di GiovanniZirretta, allora direttore dell’ex Museo Civico,diedero vita a un premo di pittura, che si collocasulla scia dei premi finora citati.“Ogni anno, al fiorire dei mandorli, la Valle deiTempli di Agrigento si veste di un esaltante bian-core, che è preludio, quasi fuori dal tempo, del-l’ancora lontana primavera. Sono i mesi da metàdicembre a febbraio, forse i più belli che sia pos-sibile trascorrere in questa terra fascinosa, riccadi antiche memorie e bella di naturali bellezze,quanto non è facile trovare in altri luoghi. A feb-braio, riandando in spirito a remoti mitologici riti– la greca Akràgas fu cantata quale città diPersefone – si celebra qui la Sagra del mandorloin fiore. È festa folkloristica, a cui partecipanorappresentanze in costume di svariati paesi delmondo. E, davanti alla maestà dei templi, siintrecciano danze e si elevano cori osannanti allavita, all’amore, alle forze della natura” (G.Zirretta 1964). Il paesaggio archeologico di Agrigento nei suoi

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“Impressioni sulla Sagra del Mandorlo in Fiore”: storia di un premio di pittura dimenticato

Giuseppe Cipolla

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rapporti con la Sagra: questo era il tema di fondodel Concorso Internazionale di Pittura, organiz-zato annualmente dagli enti provinciali al turi-smo in occasione della Sagra del Mandorlo inFiore. A partecipare a questo premio convenivano ognianno rinomati artisti italiani e stranieri, da PippoRizzo a Gianbecchina, dall’austriaco Itzinger altunisino Farhat, sottolineando quello che era ilsignificato fondante del premio, e cioè il ruolo diAgrigento e della Valle archeologica come croce-via del Mediterraneo, che in occasione delMandorlo diventa luogo ideale e fulcro della con-cordia e della cultura dei popoli. La storia del Concorso Internazionale di Pittura diAgrigento dedicato annualmente alla Sagra delMandorlo in Fiore, affonda le sue radici nei primianni Cinquanta, nel clima di sincronica e fervidacollaborazione tra l’Assessorato Regionale al Tu-rismo, l’Ente Provinciale per il Turismo, l’AziendaAutonoma Turismo, il Comune di Agrigento e ildirettore del Museo Civico Giovanni Zirretta,nonché molti altri studiosi di arte contempora-nea, che andavano a impreziosire la commissio-ne giudicatrice del premio. Alla fine del premiole opere partecipanti venivano esposte nellacosiddetta “Sala delle Mostre” della Galleriad’Arte Moderna dell’ex Museo Civico, ponendo-si in continuità con le altre raccolte d’arte moder-na, e principalmente con la Collezione Sinatra.La giuria era solitamente presieduta dal presiden-te dell’Azienda Autonoma Turismo di Agrigento,da un rappresentante dell’Ente Provinciale per ilTurismo, e da esperti e critici d’arte di rinomatafama. Gli artisti invitati venivano ospitati nellaCittà per tutto il periodo della sagra, in quanto lanatura del concorso era di carattere estempora-neo, mentre, alla fine della premiazione, a tutti i

gli artisti veniva rilasciato un Diploma di parteci-pazione.La prima edizione del concorso, indetto nel 1952ed organizzata dall’Ente Provinciale per ilTurismo, era denominata “Premio Agrigento” edera dedicato precipuamente alla pittura paesisti-ca per artisti stranieri, in linea con lo spirito inter-nazionale della Sagra del Mandorlo in Fiore.A questa prima edizione parteciparono noti pitto-ri di Paesi Europei con un imponente numero diopere e vennero assegnati cospicui e meritatipremi. La manifestazione ebbe un notevole suc-cesso oltre che di pubblico, anche di risonanzanella stampa nazionale ed estera, motivi che por-tarono gli organizzatori a ripetere negli anni suc-cessivi l’iniziativa.Nelle edizioni successive, il premio si aprivaanche agli artisti italiani, e da un punto di vistatematico andava assumendo una connotazionesempre più circoscritta al tema della Sagra, comesi evince anche dalle parole di Zirretta: «altreMostre vennero allestite negli anni successivi conpartecipazione di numerosi artisti italiani e stra-nieri, intervenuti nella nostra Città, invitati a trar-re dal nostro paesaggio, dai vetusti templi e dalfolklore della Sagra motivi e colori per esprimereil Bello» (G. Zirretta 1965).Inoltre, nelle edizioni successive del premio, unanovità, che poi divenne parte fondante del pre-mio medesimo, fu rappresentata dalla “Mostradei Giovani Pittori Stranieri” provenienti dalleAccademie di Belle Arti di Roma, le cui opereerano frutto di estemporanee di pittura realizzatein loco e ispirate appunto alla Sagra e al paesag-gio agrigentino. Aspetto che contribuiva a rende-re più coinvolgente l’iniziativa, e per la “sponta-nea freschezza” delle opere, e per la ricchezza diespressioni pittoriche, di connotazioni stilistiche

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Raimondo MirabellaPaesaggio con ulivo

e Tempio di Giunoneolio su tela, cm 45x34

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Pippo RizzoGruppi folkloristici con mandorlo in fiore e Tempio della Concordiaolio su tela, cm 50x60

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GianbecchinaGruppi folkloristici con mandorli in fiore

e Tempio dei Dioscuritempera su cartone, cm 57x78

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e tecniche, aprendo così al pubblico una finestraprivilegiata sulle più aggiornate tendenze figura-tive. Dal 1957 il Premio assunse la denominazione diMostra-Concorso Internazionale di Pittura “Cittàdi Agrigento” con il sottotitolo “Impressioni sullaSagra del Mandorlo in Fiore”, e tra gli intenti cul-turali che i promotori del premio si prefiggevanovi erano quelli di “rendere attuale e vivo il rap-porto tra l’arte moderna e la nostra antica e seve-ra terra” e di “promuovere una più alacre e scam-bievole intesa fra i pittori isolani e quelli stranie-ri”. (Mario La Loggia 1961).Nella seconda edizione, nel 1958, il primo postova in ex aequo al milanese Contardo Barbieri e alsiciliano Angelo Marzullo; il secondo posto, sem-pre in ex aequo, va ai siciliani Pippo Rizzo,Raimondo Mirabella, Attilio Greco, al milaneseSavino Labò e alla veneta Luciana Sonda; mentreil terzo posto viene assegnato all’agrigentino Et-tore Castagnolo. Ai primi tre premi seguivano trepremi speciali messi a disposizione dal Comune(“Premio Città di Agrigento”), dall’Azienda delTurismo (“Premio Azienda Autonoma Turismo diAgrigento”) e un premio della critica (“PremioMenzione Onorevole”), assegnati nell’edizionedel ‘58 rispettivamente al catanese SebastianoMilluzzo, a Gianbecchina, e al saccense NicoNicosia.L’edizione del 1959 vede trionfare il messineseSalvatore Castagna, al quale fanno seguito inordine di classifica Gaetano Longo, IldebrandoMonaci, Egidio Armando Cotroneo, Emilio Avi-tabile, Agata Pistone, Luciana Sonda, GiuseppeMarino, Carmine Ronga, Salvatore Di Fede,Gaetano Accomando e M. Ammar Farhat; tra glialtri artisti partecipanti a questa edizione si anno-verano Andrea Carisi, Nico Nicosia, Francesco

Di Fede, Lucien Cahen Michel e Jakuba Janos.L’anno successivo, l’edizione del 1960 vede tra ipremiati del concorso, al primo posto il romanoGiulio Vito Poggiali, con la tela raffigurante unpaesaggio agrigentino sullo sfondo di degradanticolline e al centro un muro di cinta con arco deli-mitante un fondo di mandorli in fiore. Rino DiCoste e Attilio Vella si aggiudicavano ex aequo ilsecondo premio, mentre il terzo premio andòall’agrigentino Vincenzo Schembri. Gli altripremi, a seguire, furono assegnati alla romanaGemma D’Amico, che ottenne il premio specialedell’Ente Provinciale per il Turismo; alla spagnolaMaria Antonia Salomè, che si aggiudicò invece ilpremio speciale dell’Amministrazione Provincia-le di Agrigento; mentre a Nico Nicosia venneassegnato il premio speciale della Città di Agri-gento per il dipinto raffigurante un gruppo folklo-ristico con sullo sfondo il Tempio di Giunone.Di più ampio respiro fu l’edizione del 1961, nonsolo rispetto al livello degli artisti invitati, quantoper le personalità di spicco presenti nella com-missione giudicatrice e per l’apertura internazio-nale che assunse la manifestazione. Tra i compo-nenti della giuria spiccano infatti nomi qualiquelli di Salvatore Flaccovio, lo storico dell’arteEnzo Maganuco, il direttore del Museo Civico diAgrigento Giovanni Zirretta, e tanti altri; inoltre,alla fine del concorso, la mostra, che solitamenteera allestita in una sala del Museo Civico diAgrigento, veniva replicata successivamenteanche nella Galleria d’Arte “Flaccovio” di Paler-mo. Gli artisti siciliani più emergenti di quellaedizione furono Saro Mirabella, Pippo Bonannoe Nino Costa, mentre tra i giovani artisti stranie-ri frequentanti l’Accademia di Belle Arti di Roma,riscossero un certo successo il pakistano HamidBabar, lo scozzese Gordon Lawrence e la svizze-

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Ettore CastagnoloCarretto siciliano con mandorli in fiore

e Tempio di Ercoleolio su tela, cm 59x48

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Nico NicosiaFigure in costume folkloristico con il Tempio di Giunoneolio su compensato, cm 61x42

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Attilio GrecoGruppo folkloristico ai piedi

del Tempio Concordiaacquarello, cm 59x44

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ra Heide Widmer, allieva a Roma del maestro delFuturismo siciliano Pippo Rizzo.Il premio andò avanti fino al 1965, anno in cuioltre agli enti provinciali per il turismo, già citati,si aggiunse anche la Sezione Agrigentina delSindacato Nazionale Artisti Siciliani. Questa edi-zione, intitolata “Mostra di Arte Contempora-nea”, che fu forse l’ultima della serie della Sagradel Mandorlo in fiore, fu dedicata alla memoriadi Pippo Rizzo, massimo esponente del Futuri-smo siciliano scomparso nel 1964 e che anniprima aveva partecipato al premio agrigentino. Tra gli artisti che parteciparono a quest’ultimaedizione si ricordano Gianbecchina, MarioBardi, Nicolò D’Alessandro, Michele Dixit,Salvatore Bonanno, Renzo Collura, Vincenzo DiFede e Attilio Greco.Nomi che denotano il livello elevato ormai rag-giunto dal premio. Sono infatti alcuni tra i prota-gonisti della cultura figurativa della metà delNovecento in Sicilia. Da Gianbecchina, la cuivocazione per la campagna siciliana, tratta diret-tamente da Verga con la drammaticità umanainsita nel filone della “vita dei campi”, è espressacon un realismo essenziale e rude, che si fa poinel corso degli anni Sessanta “materia fluida chedilaga e ribolle o si condensa e cristallizza”(Franco Grasso 1981); a Dixit (Michele Dixitdo-mino, Palermo 1908-2003), pittore decoratore diascendenza liberty che approderà poi nel corsodella metà del secolo a una pittura meditativa,contraddistinta da un ideale di amorosa comu-nione con la natura, immergendo morbidamentela figura in uno spazio di luce e di colore, risol-vendo in sottili vibrazioni la visione del paesag-gio; fino poi a figure rilevanti come RenzoCollura (Grotte 1920-Palermo 1989), eminentefigura del panorama siciliano dell’arte contempo-

ranea dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta: erastato direttore della Galleria d’Arte ModernaEmpedocle Restivo di Palermo dal 1962 fino allamorte, ma nel contempo pittore di straordinariainventiva, pervenuto nella sua pittura a unadecantazione dei valori formali nell’ambito diuna dimensione costruita con elementi figurativi,con sfondi architettonici, con muri barocchi del-l’entroterra siciliano, quasi desertici e popolati avolte da pochi ed emblematici personaggi, inchiave squisitamente metafisica, e con scenaripaesistici sempre più rarefatti.L’idea ambiziosa che era maturato in merito aquesto premio da parte dei promotori fu quella dicostituire, partendo dalle opere che annualmentevenivano premiate e donate alla Provincia, una“Galleria d’Arte Moderna”, che illustrasse la Cittàdi Agrigento e la Valle dei Templi. In mancanza disedi opportune dove allestire la costituenda gal-leria, le opere venivano annualmente cedute inconsegna temporanea al Museo Civico, in attesadi una adeguata collocazione.L’attuale allestimento, a cura della Soprinten-denza ai Beni Culturali e Ambientali di Agrigento,intende ricontestualizzare questa raccolta attra-verso una mostra che vede l’allestimento di taliopere nella Scala Reale del Palazzo della Provin-cia, riportando alla luce lo spirito e la natura cul-turale per le quali furono realizzate. Il percorso espositivo, allestito secondo critericronologici e in relazione ai premi annuali da cuiprovengono le opere stesse, va dalla rivisitazionedella tradizione della pittura di paesaggio diFrancesco Lojacono e Antonino Leto insita nel-l’opera di Raimondo Mirabella, Paesaggio conulivo e Tempio di Giunone, dove il punto di vistaravvicinato e appena al di sotto della linea diorizzonte assieme al forte contrasto tra l’ombra

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Fritz ItzingerCarri Siciliani

china, cm 70x54

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del secolare ulivo che campeggia in primo pianoe la luce accecante che invade il paesaggio dellavalle, riporta lo spettatore in una dimensionequasi lirica e idilliaca del la natura e del passato,con toni anche nostalgici da neo-arcadia; allasuggestiva tela di Pippo Rizzo, dal titolo Gruppifolkloristici con mandorlo in fiore e tempio dellaConcordia, opera che pur appartenente al perio-do realista del maestro siciliano, denota nellelinee spezzate del mandorlo in primo piano e nelvivace cromatismo echi della cultura futuristadegli anni Trenta, di cui egli fu il massimo rappre-sentante in Sicilia. A queste fanno seguito unaserie di opere, aventi sempre come soggetto laSagra del Mandorlo in relazione al paesaggioagrigentino, di altri autori come Ettore Casta-gnolo, Egidio Armando Cotroneo, Nico Nicosia,Vito Giulio Poggiali, Salvino Labò, Carl BudtzMoller, che si muovono sulla scia della pittura dipaesaggio realistico, mentre chiudono il percorsoil Gruppo folkloristico di Sebastiano Milluzzo e ildipinto Viva Civiltà Greca di Gerlando Meli, lequali, pur mantenendo i riferimenti al soggetto

richiesto nel concorso, giungono se non proprioall’astrattismo puro, al limite del figurazione.Il tema della Valle dei Templi e dei gruppi folklo-ristici, che caratterizza questi dipinti novecente-schi, inoltre, assume un significato storico-cultu-rale che ci riporta alla fortuna iconografica diAgrigento in seno alla tradizione dei viaggiatoridel Settecento, ai quali si deve la riscoperta delsito archeologico della Valle dei Templi, a poetied artisti stranieri quali Von Riedesel, Swinburne,Denon, Houel, Munther e Goethe, che assiemeai loro compagni di viaggio, architetti, pittori eillustratori, hanno lasciato un repertorio icono-grafico, quali paesaggi e vedute con punti di vistaprivilegiati, al quale guardarono inevitabilmentele successive generazioni di artisti siciliani, ispi-rati alla natura e al fascino della classicità, dalPoliti al Lojacono e ai suoi allievi Marchesi,Camarda e Mirabella, fino ai numerosi epigoni diquest’ultima tradizione ben rappresentata dallaCollezione Sinatra, ai quali si deve la continua-zione di questa importante tradizione figurativadel paesaggio archeologico di Agrigento.

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Scorrendo i dipinti del Novecento appartenentialla collezione dell’Ente Provinciale del Turismodi Agrigento non si può fare a meno di sentirsiavvolti in atmosfere da Grand Tour, nell’evoca-zione costante del paesaggio agrigentino e del-l’immaginario figurativo siciliano che questi arti-sti rendono con sensibilità completamente diffe-renti.La collezione comprende artisti locali storici chemolto hanno contribuito allo sviluppo di alcunetendenze dell’arte contemporanea siciliana(Egidio Cotroneo, Attilio Greco), artisti stranieriprovenienti dalle situazioni biografiche e cultura-li più disparate, figure di prestigio storico nazio-nale e internazionale come Pippo Rizzo, Seba-stiano Milluzzo, Salvatore Castagna, Gianbec-china; artisti di generazioni successive, comeGerlando Meli. Molti di essi sono nati nel primoventennio del novecento, e rappresentano stilisti-camente e cronologicamente un legame direttocon la tradizione paesaggistica agrigentina,“eredi” di Francesco Lojacono. Altri sono outsi-ders della storia e del mercato.Laddove di artisti non agrigentini, le opere diquesta collezione ridanno vita alla grande tradi-zione dei viaggiatori che a partire dal XVIII seco-lo hanno ritratto affascinati i luoghi, i monumen-ti, i volti della città dei templi: e’ il caso del paler-mitano Raimondo Mirabella (1914- 1979) figliodi Mario Mirabella (1870 – 1931), allievo di

Francesco Lojacono a Napoli e capostipite di tregenerazioni di pittori, il cui linguaggio si collocain pieno nella tradizione della scuola paesaggisti-ca di derivazione napoletana. Raimondo feceproprio lo stile paterno interpretandolo in manie-ra più lirica ed impressionista, ritraendo piccolianimali, campi di grano, marine, nudi di donna.L’opera in mostra, Ulivo e tempio di Giunone, èconfrontabile con il realismo fotografico di alcu-ne tele Lojaconesche. Nel febbraio del 1958l’opera fu premiata con il secondo premio allaMostra della Sagra del Mandorlo in fiore patroci-nata dall’Ente Provinciale del Turismo insieme aldipinto di Pippo Rizzo qui in mostra.Ancora un omaggio ad Agrigento è il Paesaggioagrigentino di sapore postimpressionista del pitto-re e incisore abruzzese Giulio Vito Poggiali, natonel 1938, nelle cui incisioni si rintracciano influs-si tardo-simbolisti; i Costumi popolari e tempiodel pittore di Taormina Angelo Marzullo, erede,insieme a Dory Vasta, della cosiddetta “scuolataorminese” nata alla fine dell’ottocento, i cuiesponenti si raccolsero intorno al pittore tedescoOtto Geleng e al discusso fotografo Wilhelm vonGloeden; la Coppia a Cavallo dell’artista milaneseSalvino Labò (Milano 1899 – 1976), vissuto aLondra tra gli anni ‘50 e ‘60, dove ritrasse vedutenebbiose della città inglese in molti suoi aspetticon un linguaggio tardoimpressionista che emergeanche nel dipinto in mostra, in cui l’atmosfera nor-

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Gli artisti del Novecento nella Collezione dell’Ente Provinciale del Turismo di Agrigento

Rita Ferlisi

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dica cupa e sfocata conquista anche i templi e lacoppia che cavalca nel vento; infine il dipintoGruppi in costume di Contardo Barbieri (Broni(PV) 1900 - Milano 1966), insegnante pressol’Accademia di Belle Arti di Milano ed in seguitodirettore dell’Accademia Carrara di Bergamo. Pittore di paesaggi e ritratti, nel 1929 ha parteci-pato alla seconda mostra del Novecento Italianoa Milano, e a tutte le edizioni della Biennale diVenezia comprese tra il 1928 e il 1942. Dalla suaesperienza militare nell’Africa Orientale derivanoi disegni e i dipinti esposti nel 1937 presso laCasa degli Artisti di Milano. Le sue opere sonoconservate, oltre che in collezioni private, inmusei pubblici italiani e stranieri.La vocazione al paesaggismo emerge anche inartisti la cui produzione consueta imbocca dire-zioni completamente diverse. Pippo Rizzo(Corleone, 1897 – Palermo 1964) fu capofila edesponente storico del futurismo siciliano e instretto contatto con Giacomo Balla, ma anchemaestro di Renato Guttuso. Rizzo, artista polie-drico dalla complessa personalità e dal ruolo fon-damentale nello svecchiamento della cultura arti-stica siciliana a partire dagli anni venti, animato-re indiscusso delle mostre regionali sindacali,apre le porte all’avanguardia che continuerà conGiulio D’Anna, Vittorio Corona, GiovanniVarvaro, Mimì Lazzaro. Come molti artisti dellasua generazione parte da radici liberty per appro-dare al futurismo, ed essere poi risucchiato nelvortice del ritorno all’ordine figurativo degli annitrenta, complice la situazione politica e la nasci-ta di movimenti antiavanguardistici con riferi-menti classici, come il Novecento Italiano.L’opera esposta, Rondini e gruppi folkloristici,acquisita nel 1958, fa parte del periodo di “diver-tissement” folkloristico vissuto da Rizzo a partire

dalla fine degli anni quaranta, quasi un recuperodelle proprie radici siciliane dopo il rigetto futu-rista di tutto ciò che è tradizione.Dalle suggestioni futuriste di Rizzo parte il per-corso artistico di Sebastiano Milluzzo, (Catania,1915), protagonista dell’avanguardia catanesedella prima metà del novecento, pittore, scultore,scenografo e disegnatore, attivo nelle biennaliveneziane e nelle quadriennali di Roma neglianni ‘40 e ‘50 e direttore della rivista “SiciliaArte”; Milluzzo si distaccherà dal futurismo perapprodare ad un percorso figurativo espressioni-sta dovuto ad una profonda e motivata conoscen-za dell’arte europea. Più volte l’artista cataneseavrebbe voluto stabilirsi fuori dalla Sicilia, marimane nell’isola e vi fa conoscere Cezanne,Gauguin, la Scuola Romana e il Fauvismo.Un’artista apertissimo all’avanguardia internazio-nale, ammaliato dal celebralismo di Paul Klee maanche dal primitivismo picassiano ed africano,significativo in questa collezione per la sua estre-ma modernità. Espressionista è anche il suoGruppo Folkloristico, gioco di forme, colori emovimenti accompagnati da un grafismo velocememore ancora del dinamismo futurista. Della stessa generazione è il palermitanoSalvatore Castagna (Palermo 1912 – Roma 1988),figura di primo piano nella formazione di unaintera generazione di artisti siciliani degli anni‘50, in bilico tra astrattismo e figurazione. Hasoggiornato a Messina, Firenze e Roma. Il perio-do messinese, tra il 1954 e il 1967, è segnato dalsodalizio intellettuale con Salvatore Pugliatti, ani-matore della scena culturale della città delloStretto, e con gli amici del «Fondaco» (doveCastagna espone più volte a partire dal 1958).Nel 1960 e nel 1965 partecipa alla quadriennaledi Roma; espone nella storica galleria Numero a

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Gaetano AccomandoPaesaggio della Valle dei Templi

con alberi dipinto su tavola, cm 31x50

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Carl Budtz MollerPaesaggio con ulivo e Tempio Giunoneolio su tela, cm 50x34

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Ammar FarhatDue contadini

nella Valle dei Templiolio su cartone, cm 63x49

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Firenze (1961) e nella galleria romana Vantaggio(1965) che rappresentano una saldatura automa-tica con il clima di ricerca più avanzato oltre cheun valido riconoscimento critico. La prima attivi-tà di Castagna è orientata verso una esplorazionesapiente di tecniche e materiali della tradizionedecorativa italiana ricondotta sempre a una effi-cace dimensione moderna, sul filone di Giò Pontie Fausto Melotti, mentre contemporaneamente asperimentazioni figurative (come in Danze diGruppo Folkloristico) approderà ad un astratti-smo di derivazione surrealista ed espressionistariagganciandosi al grande Paul Klee.Giuseppe Marino, (Scilla 1916 – 1975) ha parte-cipato alla “Scuola di Scilla”, movimento pittori-co realista fondato tra il 1949 e il 1950 da RenatoGuttuso. Il movimento ebbe sede a Chianalea, edinsieme a Marino ne fecero parte Saro Mirabella,Giovanni Omiccioli, Giuseppe Mazzullo. Leopere della scuola di Scilla furono dedicate alpaesaggio marino della cittadina e ai volti dellasua gente.Documentato in Sicilia dal 1908 è il paesaggistadanese Carl Budtz Moller (1882-1953), che nelcorso della sua attività pittorica dedicò moltetele al paesaggio agrigentino, sulla scia dei pitto-ri nordici che agli inizi del ‘900 viaggiaronoall’estero. Oltre a Tempio di Giunone con Olivo,sono note le tele Fra Girgenti, Veduta dei Templi,Castore e Polluce, Tempio della Concordia, risa-lenti agli anni ‘20, dove il sole del paesaggio sici-liano appare singolarmente rischiarato in unluminismo freddo ispirato alla grande tradizionedel paesaggismo simbolista nordico del XX seco-lo, da Johan Christian Dahl a Edward Munch.Della stessa generazione è il paesaggista franceseLucien Cahen Michel (Parigi 1888 – La Ge-nevraye 1980); nel 1920, a Montigny-sur-Loing,

scopre la propria vocazione paesaggistica reinter-pretando la tradizione impressionista; nel 1959 èad Agrigento, dove dipinge l’acquerello Valle deiTempli e Danze per il concorso internazionale dipittura.Tra gli stranieri ancora il viennese Fritz Itzinger,(1923-1993), erede della tradizione austriaca emitteleuropea che va dalla secessione viennesedi fine ‘800 (Klimt, Schiele, Kokoschka) all’es-pressionismo e al surrealismo; l’ungherese JakubaJanos (Bekescsaba 1909 – Budapest 1974), pae-saggista molto noto nel suo paese, che ha espo-sto in vari musei e gallerie di Budapest e Pragaed in altri paesi dell’est, portando avanti un lin-guaggio pittorico dalle tinte evanescenti giocatosulle dissolvenze, che rimane la sua cifra esteticacostante; infine il tunisino Farhat Ammar (1911-1987).pittore appartenente alla cosiddetta École deTunis, una corrente avanguardista di artisti tunisi-ni fondata da Pierre Boucherle nel 1949, cheaffrontando i temi del ritratto e del paesaggiosotto l’influsso della pittura europea della primametà del Novecento (Matisse, i Fauves, Picasso)rifiuta i dettami della tradizione pittorica musul-mana che non ammette la rappresentazione dellafigura umana, lanciando un importante messag-gio di integrazione, di accettazione del diverso edi tolleranza. Tra i non siciliani è il toscano Antonio Barberi,(Forte dei Marmi, 1941), a cui è congeniale ladimensione dell’artista “totale”: pittore, scultore,ceramista, orafo, decoratore. La produzione diBarberi spazia dalla ceramica alla grafica, dallefusioni in bronzo ai vetri, dai gioielli alle case. Agli inizi degli anni sessanta fu in contatto con

Mino Maccari, Ernesto Treccani, Achille Funi,Carlo Carrà. Barberi e’ attento alle più significati-

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Luciana SondaGruppo folkloristico

nella Valle dei Templiolio su tela, cm 70x55

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Egidio CotroneoDanze folkloristiche nella Valle dei Templiolio su tela, cm 77x59

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ve istanze culturali del ‘900, e la sua pittura risen-te delle influenze del neo-espressionismo e dellanuova figurazione. Alla fine degli anni ‘70 sente l’esigenza di speri-mentare altre tecniche e passa alla xilografia ealla ceramica, conservando fantasia ed energiacreativa. Sono protagonisti di questo universoanimali onirici e fantastici, realizzati con una sin-golare mescolanza di colori, molto influenzatidalle visioni del “Giardino dei Tarocchi” realizza-to dall’artista francese Niki de Saint Phalle in pro-vincia di Grosseto. Il dipinto Marta è stato espo-sto nel 1982 in occasione del premio di pittura“Demetra d’oro” di Agrigento (8° edizione), risul-tando vincitore.Attiva dalla metà del Novecento è la pittricevicentina Luciana Sonda, allieva di Cadorin aVenezia e di Oscar Kokoschka all’Accademia diSalisburgo, partecipe a Vicenza all’attività dellaGalleria «Il Calibano»; “Luci” Sonda dipinseritratti con tratto di forte energia espressionistaispirandosi anche a soggetti presi dal mondodella musica, partecipando alla Quadriennale diRoma del 1955. Inconsueto nella sua attività pit-torica il tema del Trio in costume al Tempio diGiove, realizzato in occasione del concorsointernazionale di pittura di Agrigento del 1959.Dietro lo pseudonimo di Rowlia si cela il pittoreFranco Rivola, nato nel 1929 a Bologna, impe-gnato al recupero del mondo creativo metafisicoe visionario di pittori come Massimo Campigli eMarc Chagall. La cromia dei suoi dipinti è spessomonocorde, e sembra modularne l’architettura avolte ornamentale. Il dipinto Figura di Donna sicolloca nell’ambito della serie di opere deglianni ‘70 che ritraggono figure femminili immersein atmosfere surreali.Numerosi sono in questa collezione gli artisti di

Agrigento e della sua provincia.Gianbecchina (Sambuca Zabut 1909, Palermo2001) è un artista di notevole complessità e didifficile categorizzazione nel suo sentire umanoe poetico, capace di inserirsi a pieno titolo neldibattito artistico del suo tempo. Al soggiornomilanese e all’adesione a “Corrente” negli anni‘40 segue una crescente consapevolezza del pro-prio immaginario e del corrispondente linguaggioespressivo, come la sempre maggior popolarità,le esposizioni internazionali, la partecipazione ei riconoscimenti alla Biennale di Venezia. Se losguardo è rivolto in lontananza verso le avan-guardie storiche, la passione per la terra e l’uomofatti della stessa stoffa e lacerati dalla medesimasofferta esistenzialità, il colore forte, non decora-tivo, l’espressionismo neorealista che lo ha fattoaccostare ai contemporanei tedeschi KateKollwitz e August Permeke, ma anche a VanGogh e a Millet, lo stratificarsi di cicli di opereche abbracciano il ritmo e gli eventi della natura(di cui il più famoso è il Ciclo del pane), ne fannol’interprete più profondo di una Sicilia vista piùche mai come metafora della condizione umana.Attilio Greco (1920), che raccoglie l’eredità arti-stica del padre Manfredo, si fa interprete di unclassicismo di derivazione metafisica in cui pre-dominante è la componente onirica, anche quan-do come in Gruppo Folkloristico -Tempio dellaconcordia, rende omaggio alla città dei templi.Paesaggista per vocazione, costretto al lasciarel’amatissima Agrigento per mai più farvi ritorno,protagonista di un lunghissimo viaggio artisticoed esistenziale, Ettore Castagnolo (Agrigento1905 – Roma 2003) rimane folgorato in giovaneetà dalla visita alla collezione Sinatra, e svilup-perà una personalissima tecnica pittorica a sottilivelature di colore, che ne rende inconfondibile lo

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stile sempre fedele a se stesso e conferisce aidipinti una struggente malinconia. Castagnolo havissuto in Sardegna e poi a Roma, venendo incontatto con i pittori nuoresi Bernardino Palazzi eGiovanni Ciusa Romagna (allievi di FeliceCarena), visitando spesso Firenze e la Biennale diVenezia, e partecipando alle quadriennali diRoma negli anni ‘50. I suoi dipinti testimonianol’elaborazione personale di questi contatti intel-lettuali e ritraggono poeticamente la città natale,ma anche scorci di Venezia e persone care, in unpercorso artistico solitario e ancorato alla tradi-zione paesaggistica siciliana interpretata attraver-so una dimensione atemporale e silenziosa.Definito anch’egli ideale continuatore contempo-raneo della vocazione paesaggistica degli artistiagrigentini è Egidio Armando Cotroneo, nato nel1928. Pittore e poeta, ha vissuto a lungo adAgrigento, dove dal 1953 è stato responsabile deidisegni e rilievi relativi agli scavi archeologici perla Soprintendenza. Nel 1968 ha collaborato conla Scuola Archeologica di Atene. Il suo linguaggiopittorico, immediatamente riconoscibile per l’in-tenso espressionismo che lo pervade, moderniz-za alla luce delle avanguardie storiche la tradizio-ne del ritratto di luoghi. In Templi e danze ilmovimento è imprigionato in geometrie di coloreche conferiscono all’insieme un malinconicotono post-impressionista.Pressoché coetaneo di Cotroneo, Nico Nicosia(Sciacca 1931) è pittore, ceramista, incisore,mosaicista; nel corso della sua carriera ha ottenu-to numerosi riconoscimenti, e ha tenuto persona-li in diverse città italiane ed europee (Ginevra,Vienna, Parigi). Impegnato sul fronte di una spe-rimentazione artistica che lo ha condotto a un‘astrattismo segnico e materico, anche nelle sueopere figurative (come Figure in costume folklori-

stico) non abbandona l’intensità significantedella linea e del colore liberi nello spazio, intesicome modo di comunicare una visione emotivadell’esistenza in una poetica espressionista.Il più giovane artista della collezione è GerlandoMeli, nato ad Aragona nel 1962. E’ membro ono-rario di numerose accademie e associazioni cul-turali e d’arte nazionali e internazionali. Ha esordito nel mondo dell’arte contemporanea

nel 1981 imponendosi sempre all’attenzione delpubblico e della critica, ottenendo riconoscimen-ti in Italia e all’estero.Ha esposto con i maggiori nomi dell’arte contem-poranea e illustrato diversi libri. Pittore di sceno-grafica immediatezza e gestualità (è diplomato inscenografia), nelle sue opere prevale una sorta dispiritualità leggera e musicale, che lo ha condot-to a una interessante contaminazione tra astratti-smo espressionista e tracce di un linguaggio figu-rativo fortemente simbolico ed evocativo, comein Viva Civiltà Greca, in cui le rovine del tempiovengono attualizzate e rese vive dal trionfo deldripping multicolore in primo piano, che altempo stesso ce ne fa cogliere la lontananza tem-porale e culturale.Caleidoscopio di creatività differenti unite dallavocazione al paesaggio, questi artisti, molti deiquali appartenenti a contesti periferici, testimo-niano un fermento culturale di rinnovamento adAgrigento nel periodo tra gli anni ‘50 e 60, quan-do la maggior parte delle opere venne acquisitain seguito alla loro partecipazione al concorso dipittura bandito dall’Ente Provinciale del Turismo.L’importanza di questa raccolta va sicuramente aldi là del suo valore estetico configurandosi comeun tassello nella ricostruzione della memoria sto-rica della città e come recupero di un patrimonioculturale appartenente in pieno alla sua identità.

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Sebastiano MilluzzoGruppo folkloristico

tempera grassa, cm 60x50

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Bibliografia essenziale

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Finito di stampare nel mese di febbraio 2010dalla Edizioni Lussografica di Caltanissetta