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OPERE DI ORIGENE edizione greco/latino - italiana a cura di Manlio Simonetti e Lorenzo Perrone

Opere Di Origene (It)

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opere di origene

edizione greco/latino - italianaa cura di manlio simonetti e lorenzo perrone

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curavit Francesco Pieri

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opere di origene

xiV/4

origene

esegesi paolinai testi frammentari

introduzione, traduzione e notedi Francesco Pieri

prefazione di romano Penna

città nuova2009

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testi greci e latini© the oxford university press, oxford 1908-1909: c. Jenkins, Origen on I Co-rinthians, in Jths, 9 (1908), pp. 232-247; 353-372; 500-514; 10 (1909), pp. 29-51 [frammenti su 1 corinzi];© editions du cerf, paris 2002: pamphile et eusèbe de césarée, Apologie pour Origène suivi de rufin d'aquilée, Sur la falsification des livres d'Origène, par r. amacker et e. Junod, sc 464, pp. 174-178 [Excerpta 1 e 2 su galati]; pp. 194-195 [Excerptum su colossesi]; pp. 202-206 [Excerptum su filemone]; pp. 76-78, 80-90, 248-250 [Excerpta 1-5 su tito]; pp. 108, 164-166 [Excerpta 1-4 su ebrei];© Brepols, turnhout 2006, Hieronymus, Commentarii in epistulam Pauli ad Gala-tas, cura et studio g. raspanti, ccl 77a, pp. 169-175, [Excerptum 3 su galati];© città nuova editrice, roma 2009 [frammenti su efesini];© Verlag der Österreichischen akademie der Wissenschaften, Wien 1996, Sancti Eusebii Hieronymi Epitulae. Epistulae LXXI-CXX, edidit i. Hilberg, csel 55/2, pp. 460-467 [Excerptum su 1 tessalonicesi];© Hinrich’sche Buchhandlung, leipzig 1908, Eusebii Caesariensis Historia Ec-clesiastica, herausgegeben von e. schwartz, gcs 9/2, pp. 578-580 [Excerptum 1 su ebrei].

© 2008, città nuova editriceVia pieve torina, 55 - 00156 roma

tel. 063216212 - e-mail: [email protected]

isBn 978-88-311-9526-3

finito di stampare nel mese di maggio 2008dalla tipografia città nuova della p.a.m.o.m.

Via s. romano in garfagnana, 2300148 roma - tel. 066530467

e-mail: [email protected]

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prefaZione

Un noto storico tedesco del cristianesimo, Franz Overbeck, dichia-rava argutamente sul finire del secolo XIX che «Paolo ebbe un solo disce-polo che lo comprese, Marcione, il quale però lo fraintese». Il paradosso è intrigante e stuzzicante, poiché esprime la difficoltà di entrare a fondo nei meandri del pensiero del grande Apostolo e insieme suggerisce di ci-mentarsi comunque con un’impresa del genere. In ogni caso, quelle parole restano un paradosso che non può essere preso alla lettera.

È l’alessandrino Origene a dimostrare la fragilità di un simile pun-to di vista. Fu lui infatti il primo vero commentatore delle lettere paoline, in quanto si misurò direttamente con il testo di quegli scritti, senza accon-tentarsi di affermazioni generaliste. La sua opera di interprete, infatti, fu condotta a contatto immediato con i testi di san Paolo e quindi consistette in un lavoro di vera e propria esegesi. Una serie di studi più o meno recen-ti, anche italiani, hanno messo bene in luce la produzione dell’Alessandri-no sull’epistolario paolino, per quanto riguarda sia la sua metodologia sia le sue acquisizioni ermeneutiche. In particolare, è ormai ben noto il com-mentario di Origene alla Lettera ai Romani, giunto a noi in una versione latina ma comprendente sostanzialmente l’intero testo epistolare.

Meno noti, finora, erano invece i commenti alle altre lettere pao-line, purtroppo pervenuti a noi in modo sparso e frammentario, attestati in forme varie: o come excerpta, citazioni presenti in altri autori antichi; o inseriti in catenae, florilegi esegetici redatti a partire dal tardo-antico; o come traduzioni giunteci naturalmente in latino. In concreto, ciò che è pervenuto fino a noi e di cui possiamo effettivamente disporre si riduce a commenti parziali su 1 Corinzi, Efesini, Colossesi, 1 Tessalonicesi, Tito, Filemone, Ebrei. In quest’ultimo caso Origene fa un’interessante osserva-zione critica distinguendo tra i pensieri svolti, che sarebbero di Paolo, e il linguaggio impiegato, che sarebbe di qualcun altro.

Dobbiamo perciò essere molto grati a Francesco Pieri per avere fi-nalmente raccolto tutti questi frammenti, pubblicandoli nella loro lingua originale e offrendone una comoda traduzione a fronte con un pregevole commento in calce.

Dei commenti frammentari elencati sopra, il più ampio risulta es-sere quello a 1 Corinzi, che in questo volume occupa 179 pagine, seguito da quello a Efesini che ne ha 120. A scalare seguono gli altri, molto più ridotti, fino a Ebrei di cui ci è pervenuto soltanto il commento al sintagma ajpauvgasma th`~ dovxh~ in 1, 3. Ma anche i commenti più ampi a 1 Corinzi e a Efesini non riguardano il testo continuo, poiché si tratta di spiegazioni

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8 PreFazione

condotte su passi scelti (anche se Efesini è pressoché completa). In ogni caso essi rappresentano un contributo di notevole rilievo alla conoscenza della storia dell’ermeneutica, oltre che della produzione del Nostro.

L’esegesi origeniana spicca in questi commentari per una maggio-re aderenza al senso letterale del testo, almeno in rapporto ad analoghi commenti sull’Antico Testamento per quanto riguarda l’allegoresi. In più è evidente un particolare equilibrio ermeneutico, che allontana l’autore tanto dal marcionismo quanto dallo gnosticismo, sia pure mantenendo i due livelli di significato – letterale/carnale e spirituale – già propri della scuola alessandrina.

Il lavoro di Pieri, che prepone una valida introduzione generale, oltre poi a quelle particolari, è altamente professionale sul piano tecnico e insieme assai proficuo quanto alla sua utilità. Esso ci offre un materiale, di cui potranno giovarsi non solo i patrologi ma anche i neotestamentaristi, la cui fatica esegetica ha tutto da guadagnare se non si chiude nel solo testo originale ma si rende conto che già una lunga tradizione interpretativa si è chinata su di esso per ricavarne senso e stimolo. Come scrive Origene stesso su ef 6, 19, «è raro colui che fa conoscere il mistero con franchezza: perché è raro colui che ha franchezza nei confronti di Dio» (p. 363). Ovvia-mente ciò vale in primo luogo per l’apostolo Paolo, ma può valere anche per ogni suo commentatore da Origene fino a oggi.

romano Penna

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introduZione generale

1. origene e l’aPostolo

L’elenco degli scritti origeniani riportato da Girolamo presenta nove commentari, tecnicamente denominati tovmoi, e cinque (o sei) serie di omelie sulle lettere paoline 1. Una sola delle sue opere a noi trasmesse in forma sostanzialmente completa – il commentario su romani – è consacrata all’esegesi dell’Apostolo 2, mentre per tutte le rimanenti dobbiamo accontentarci di testi frammentari. Si tratta nel complesso di un corpus non indifferente per mole e interesse, per la prima volta riunito e tradotto nella sua integrità entro il presente volume 3.

Nonostante le considerevoli perdite, lo spazio occupato dalla figura e dal pensiero di Paolo nelle opere di Origene a noi note resta pur sempre im-ponente. L’Alessandrino non ha infatti dubbi nel riconoscere a ognuno degli scritti tradizionalmente attribuiti all’Apostolo – fatta salva solo qualche esi-tazione sull’autenticità paolina di Ebrei 4 – il carattere autoritativo proprio

1 si tratta di una lista delle opere origeniane, derivante con ogni verosimi-glianza dalla perduta Vita di Panfilo eusebiana e inserita da girolamo nella lettera a paola (Ep. 33, 4), comunemente datata al 385; stando a questa notizia origene avrebbe lasciato commentari su Rm, Gal, Ef, Fil, Col, 1 Ts, 2 Ts, Tt, Fm e omelie su 2 Cor, (1 e/o 2) Ts, Gal, Tt, Eb. nonostante le difficoltà interpretative solleva-te da questa testimonianza, le cui informazioni spesso non collimano con quelle fornite da altre fonti, il brano costituisce una fonte di precipua importanza per la conoscenza dell’opera origeniana: per una presentazione dei maggiori problemi critici cf. nautin 1977, pp. 227-260, anche se non sempre le soluzioni proposte dallo studioso francese saranno accolte nella presente esposizione.

2 per tale ragione alle molteplici testimonianze su CRm (cf. infra anche la nota 21) è dedicato un volume a parte nella presente collana.

3 le sole eccezioni a nostra conoscenza riguardano due versioni di FrEph: quella integrale in lingua inglese di r. Heine (in Heine 2002, su cui cf. infra anche le note 55 e 57) e quella italiana, molto ampia, curata da u. neri, entro un’antolo-gia di commentatori antichi e moderni a Ef (cf. neri, passim). simile al precedente nella concezione generale, il recente volume a cura di m.J. edwards - c. dell’os-so nella serie La Bibbia commentata dai Padri, nuovo testamento 8, sull’esegesi patristica di galati, efesini, filippesi, roma 2005, presenta in tutto una quindi-cina di brevi brani tratti da FrEph, insufficienti a rendere conto della ricchezza dell’esegesi origeniana conservata (cf. infra la nota 52).

4 in merito a ciò rimandiamo infra al paragrafo 3.9 dedicato ai frammenti su Eb. Va però precisato che origene discute (soltanto nel frammento conservato da HHeb) il dato dell’autenticità paolina, tradizionale presso alcune chiese, ma

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dei libri ispirati, e perciò non solo li tematizza in modo diretto entro specifici commentari e/o cicli omiletici, ma li utilizza diffusamente nell’argomenta-zione teologica e nella predicazione. Numerosi sono poi i riferimenti agli scritti, al pensiero e persino alla vicenda umana di Paolo ben visibili nelle opere origeniane a noi conservate, sia in quelle dedicate all’interpretazione della Scrittura (omelie e commentari) che in quelle a carattere dottrinale 5.

Nei limiti che questa Introduzione può consentire, è anzitutto op-portuno richiamare per grandi linee la vasta problematica della recezione dell’Apostolo nel cristianesimo antico 6.

La figura e la teologia di Paolo costituirono fin dall’epoca aposto-lica un’eredità particolarmente difficile, motivo di valutazioni discordi e di contrasto, già riconoscibili entro gli scritti neotestamentari. La posi-zione origeniana a riguardo si mostra caratterizzata da grande equilibrio, distanziandosi nei confronti delle varie interpretazioni radicali affacciatesi nel corso dei primi due secoli dell’era cristiana. Da una parte i seguaci di Marcione ne avevano enfatizzato il ridimensionamento della legge mo-saica, fino a fondare su tale critica paolina la propria teologia dualistica, che contrapponeva il dio vendicativo dell’Antico al Dio misericordioso del Nuovo Testamento, il Padre di Gesù, come due principi antagonisti. La complementarità dialettica dei due Testamenti, già insita nella stessa rilet-tura attualizzante dell’AT da parte degli scritti cristiani, si trovava così a essere in certo qual modo ipostatizzata dai marcioniti perché ricondotta a un’irriducibile diversità di origine, che solo per il NT (i cui singoli scritti erano accolti da Marcione in modo assai selettivo, riducendosi essenzial-mente al Vangelo di Luca e alle lettere paoline, a loro volta emendati con numerosi interventi di espunzione) poteva ritenersi propriamente divina 7. Altri – diremo semplificando: le varie correnti dello gnosticismo – aveva-

mai quello dell’ispirazione e canonicità del testo, che pure non sempre era stato pacificamente accolto. Basti a tale riguardo ricordare che ebrei è assente dal ca-none muratoriano (comunemente datato alla fine del ii sec.) e che eusebio, pur ritenendone personalmente l’autenticità (cf. HE, 3, 38, 1-3), attesta come proprio sulla base della sua dubbia attribuzione all’apostolo essa non fosse accolta come canonica dalla chiesa di roma (cf. HE, 3, 3, 5).

5 l’indagine “trasversale” sulla recezione ed elaborazione origeniana del pensiero di paolo è assai facilitata dal fondamentale instrumentum laboris di Bp 3: si noti come in esso le pagine relative a citazioni paoline coprono circa un quar-to di quelle complessive, dato che rimane considerevole anche sottraendo da tale insieme le opere specificamente rivolte all’esegesi dell’apostolo.

6 sulla recezione di paolo nell’antichità cristiana, cf. dassmann; utile anche la panoramica offerta da mara 1983. per un introduzione sintetica, cf. dei mede-simi autori la voce Paolo (2. Paolinismo, 3. Commenti all’epistolario paolino), in dpac, coll. 2618-2624. approfondisce i molteplici aspetti del paolinismo orige-niano cocchini 1992a, cui molto deve la presente introduzione; cf. inoltre ead., s. v. Paolo, in do, pp. 339-341.

7 l’opera classica sulle testimonianze superstiti e il pensiero di marcione resta quella di Harnack 1919b; utile la sintesi di B. aland, s. v. Marcione-Marcio-nismo, in dpac, coll. 2095-2098.

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no voluto fare di Paolo il prototipo dell’uomo pneumatico e perciò, sulla scorta della sua radicale critica alla legge mosaica, ne avevano adottato e spinto all’estremo il metodo della lettura allegorica del primo Testamento che essi, come i seguaci di Marcione, svuotavano di reale efficacia salvifi-ca. Infine, le comunità cristiane rimaste teologicamente più affini al giu-daismo lo avrebbero all’opposto escluso dal novero delle Scritture proprio in ragione della radicale svalutazione da lui compiuta degli aspetti più strettamente legalistici – in particolare: la circoncisione e le opere di pu-rità – propri dell’antica economia, il cui valore egli aveva mostrato essere definitivamente ridimensionato dall’avvento di Cristo.

Preoccupato di una corretta collocazione della figura di Paolo entro l’ortodossia, Origene ne rimarca a più riprese la piena appartenenza eccle-siale, che si esprime nella comunione con gli altri apostoli 8. Come già la tradizione precedente a lui, ma con maggiore ampiezza e coerenza, egli lo riconosce variamente prefigurato nell’AT a motivo dell’importanza decisi-va per il cristianesimo della sua missione 9. Nel rievocarne la conversione a Cristo e l’eccezionale apostolato, egli ravvisa poi in tale vicenda l’espressio-ne paradigmatica di un progresso spirituale attuato sotto la mozione della grazia, il che equivale a ricondurre la sua persona a una grandezza pur sempre umana e non mitica, in funzione essenzialmente antignostica 10.

L’influsso più profondo della teologia paolina su Origene si deve tutta-via ritrovare nell’ambito dell’ermeneutica biblica e della prassi esegetica che ne scaturisce 11. Infatti, proprio negli scritti dell’Apostolo Origene riconob-be costantemente la più esatta formulazione del presupposto fondamentale della lettura cristiana della Scrittura, come da lui intesa e praticata: che in essa cioè siano presenti due livelli di significato, indicabili in termini paolini come senso letterale – o carnale – e senso spirituale 12. Similmente a quanto

8 cf. cocchini 1992a, pp. 54-65. 9 Ibid., pp. 179-194.10 Ibid., pp. 38-53.11 Ibid., pp. 117-148. primo fra gli autori cristiani, origene espose in chiave

sistematica le proprie riflessioni sull’interpretazione della scrittura e i suoi pre-supposti in Prin 4, 1-3, comunemente considerato come il suo “trattato di erme-neutica biblica”. per un ampio bilancio critico, che integra gli enunciati metodo-logici con la prassi esegetica concretamente seguita da origene nelle omelie e nei commentari, cf. m. simonetti, s. v. Scrittura sacra, in do, pp. 424-437.

12 tali categorie si fondano nelle due coppie di opposti riscontrabili nelle let-tere dell’apostolo: da un lato quella (più frequente, con oltre venti occorrenze) di “carne”/“spirito” e aggettivi derivati, dall’altro quella affine di “lettera”/“spirito”, tematizzata in particolare in 2 Cor 3, 6-8 e del resto attestata solo in altri due passi (Rm 2, 29 e 7, 6). dall’identità del secondo membro (“spirito” o “spirituale”) di entrambe le coppie deriva la sovrapposizione concettuale e la pratica interscam-biabilità di “carne” e “lettera”. Questa ermeneutica bipartita si sviluppa negli autori alessandrini (già nell’ebreo filone prima ancora che nei cristiani clemente e origene) alla confluenza tra matrice scritturistica e un evidente influsso della mentalità platonica, che concepisce il cosmo sensibile come partecipazione e ri-flesso – necessariamente inadeguato – di quello ideale. origene stabilisce anche

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già riteneva Clemente Alessandrino, anche per Origene tale concezione dei sensi scritturistici si correla strettamente all’antropologia teologica: il senso spirituale può essere infatti percepito dall’anima razionale (cioè dotata di logos) a misura della sua crescita, ossia del grado raggiunto nei fedeli dall’in-tima presenza del medesimo Logos divino 13.

Esso coincide allora con la manifestazione di quel Logos divino che, in un crescendo di intensità, pervade il cosmo ordinato razionalmente, è presen-te in ogni parte della rivelazione – quand’anche non vi sia immediatamente riconoscibile a causa delle oscurità del linguaggio, ma anche di contenuti che possono destare difficoltà ovvero scandalo –, e soprattutto abita in tutta la sua pienezza nel Cristo, Logos incarnato 14. Va detto infine come sono parti-colarmente gli scritti paolini, nei quali la tonalità parenetica e didascalica è quella prevalente, a consentire al discorso origeniano di mantenersi su di un livello spirituale elevato, senza obbligarlo, come invece avviene nell’esegesi dei libri veterotestamentari, a ricorrere allo strumento allegorico per forzar-ne la letteralità: nell’Apostolo egli ritrova infatti un contenuto cristologico di norma già esplicito, che la sua interpretazione può senza troppe difficoltà amplificare e porre in ancor maggiore evidenza 15.

2. Fra tradizione greca e latina

Rimandando al paragrafo seguente e alle brevi introduzioni premesse ai singoli testi per informazioni più dettagliate, diamo anzitutto uno sguardo d’insieme sulle opere attinenti l’esegesi paolina dal punto di vista della loro

una strettissima analogia, al limite della coincidenza, tra il mistero teandrico di cristo e quello della scrittura: come il Logos divino abita e trascende la carne, cioè l’umanità, di cristo, così esso si trova insieme presente e nascosto nella parola biblica, che ne costituisce quasi un’altra incarnazione. anche per questa via si ritorna alla qualifica di “carnale”, “corporeo” per indicare l’interpretazione lette-ralistica in contrapposizione al senso spirituale. per i principali testi origeniani in proposito cf. cocchini 1992a, p. 429.

13 annotiamo come, sulla base dello schema antropologico tricotomico egualmente attestato, seppure in un caso isolato, da paolo in 1 Ts 5, 23 (spirito, anima e corpo), origene accenni talvolta anche a un significato intermedio tra “spirito” e “carne” della scrittura, che viene a corrispondere all’anima: a questi tre livelli di comprensione e fruizione della parola biblica si correlano i differenti gradi di maturità cristiana da parte dei fedeli, schematizzati nelle tre classi degli “incipienti”, dei “progredienti” e di “perfetti”. cf. ibid., pp. 430s.

14 “senso spirituale” equivale quindi in pratica, anche se sotto un differente aspetto (e con terminologia moderna), a “senso cristologico”. il primo aggettivo sottolinea come il presupposto dell’interpretazione cristiana risieda nel carattere ispirato della parola biblica e quindi nella sua fondamentale unità di significato, che istituisce un rapporto di continuità nella novità tra i due testamenti; il se-condo riguarda il contenuto di tale interpretazione, la quale termina sempre alla manifestazione di un particolare aspetto del mistero di cristo e della chiesa.

15 cf. simonetti 1985, pp. 84 (specie la nota 62) e 95.

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trasmissione testuale. Solo una minima parte del cospicuo patrimonio esege-tico origeniano su Paolo è stata a noi conservata dalla tradizione diretta: in lingua greca non vi è che un unico testo – corrispondente a una pur ampia sezione del commentario su romani – venuto alla luce soltanto nel secolo scorso tra i fortunati ritrovamenti papiracei del sito egiziano di Tura.

Quanto alla tradizione indiretta, le fonti che hanno conservato te-sti origeniani possono ricondursi essenzialmente a tre tipologie: excerpta nelle opere di altri autori, catene e traduzioni. Le testimonianze del primo tipo possono darsi in tradizione sia greca che latina, quelle del secondo ap-partengono alla letteratura greca d’età bizantina, mentre le traduzioni che interessano la ricostruzione dei nostri testi si danno solo in lingua latina.

Alle citazioni di Origene in altri autori 16 appartengono: per la let-teratura greca, un breve testo dal commentario su romani riportato nel trattato basiliano de spiritu sancto, altri due brani piuttosto ampi dal commentario su romani contenuti nella philocalia (l’antologia dell’Alessandrino attribuita a Gregorio di Nazianzo e al medesimo Basilio di Cesarea), nonché un testo dalle omelie su ebrei citato nell’Historia ecclesiastica di Eusebio. In lingua latina vi sono poi numerosi brani (su Romani, Galati, Colossesi, Tito, Ebrei) riportati nella versione rufiniana dell’apologia pro origene di Panfilo 17 e alcuni altri (dal decimo libro de-gli stromati 18, dal commentario sulla prima ai tessalonicesi e dal com-mentario su efesini) in varie opere di Girolamo.

Un posto rilevante nella tradizione indiretta in lingua greca occupa-no poi le compilazioni catenarie, ossia quelle peculiari antologie consisten-ti nel florilegio di estratti (eJrmhneivai, cioè citazioni esegetiche), tratte da diversi commentatori di un medesimo testo biblico ed elencati secondo la

16 già in gran parte estrapolati e posti in appendice all’edizione delarue (= pg 14, coll. 1293a-1310B) delle opere origeniane.

17 panfilo riorganizzò la biblioteca di cesarea, la città in cui origene aveva prevalentemente esercitato il suo magistero a partire dal 232, ove erano conservati i ricchi fondi librari da lui lasciati. durante la prigionia (307-310) che portò al suo martirio sotto massimino daia, compose l’Apologia per Origene in cinque libri, cui se ne aggiunse un sesto composto da eusebio, in difesa dell’ortodossia orige-niana. solo il primo libro di quest’opera è stato conservato, nella versione fattane da rufino attorno al 398, epoca della polemica antiorigenista. l’opera di panfilo si struttura essenzialmente sulla citazione di brani antologici più o meno ampi da opere origeniane (in tutto una settantina), con i quali egli si sforza di dimostrare l’estraneità dell’alessandrino alle accuse dottrinali che, in base alle più rigide esi-genze dell’ortodossia a lui posteriore, cominciavano a essere rivolte contro il suo pensiero; cf. le Fiches signalétiques in appendice all’edizione di amacker-Junod (= panfilo, Apol. pro Orig.), pp. 324-335. Quella di panfilo non fu l’unica composi-zione apologetica nata, fin dai secc. iii e iV, attorno alle molteplici problematiche teologiche lasciate aperte dalla complessa eredità origeniana: cf. l’ampio inqua-dramento di prinzivalli, pp. 9-31; più sinteticamente, ead., s. v. Origenismo (in Oriente, secc. III-IV), in do, pp. 322-329.

18 che era dedicato all’esegesi di Gal, secondo quanto attesta la lista di eu-sebio-girolamo; sugli Stromati in generale cf. infra la nota 48.

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successione dei suoi lemmi 19. Redatte a partire dai secc. V e VI con l’inten-to di tramandare, per l’utilizzo catechetico o liturgico, il meglio dell’esegesi patristica di epoca aurea, le catene ci hanno conservato porzioni discreta-mente ampie dell’interpretazione origeniana specialmente riguardo a tre lettere paoline: Romani, 1 Corinzi ed Efesini. Rispetto alla tipologia degli excerpta presenti in altre opere, i frammenti di provenienza catenaria pre-sentano però i brani dei vari autori in forma talvolta più riassuntiva e ad sensum, ponendo inoltre frequenti problemi di attribuzione. Di contro alle traduzioni (parziali o integrali) in altra lingua, offrono però l’evidente vantaggio di conservare alcuni dei tratti più caratteristici del lessico origi-nale delle opere così antologizzate 20.

Come per la maggior parte dell’opera origeniana, anche riguardo all’esegesi paolina il merito precipuo spetta comunque alla tradizione diretta e indiretta in lingua latina, giacché è a essa che dobbiamo non solo i già ricordati excerpta da Panfilo-Rufino e Girolamo, ma soprattutto la versione rufiniana del grande commentario su romani 21. La sua trasmissione può considerarsi sostanzialmente integra, anche se la stessa diversa estensione di soli 10 libri rispetto ai 15 dell’originale ne denota il carattere di adattamento e riduzione, del resto consueto nella prassi di traduzione degli antichi 22.

Al di fuori delle tre tipologie di cui si è fin qui detto, va infine ricor-data per completezza l’importante testimonianza costituita dal codice del Monte Athos laura 184 (X sec.), detto anche von der Goltz dal nome

19 si noti che, nel caso della letteratura catenaria, non si ha normalmente a che fare con brani originariamente composti in forma di scolii, di note esplicative riguardanti soprattutto luoghi difficili e controversi di un testo: un genere, questo, già diffuso fin dall’antichità ellenistica per i testi classici e che lo stesso origene praticò per svariati libri scritturistici. pur non potendosi escludere a priori la pro-venienza da letteratura scoliastica, il materiale catenario è invece normalmente ricavato da opere aventi nell’intentio auctoris carattere di commento sistematico: siamo quindi, per così dire, di fronte a un fenomeno di parcellizzazione seconda-ria anziché originaria del commento.

20 in merito all’utilità delle compilazioni catenarie per la conoscenza di ori-gene, mi permetto di rinviare all’esposizione sintetica di chi scrive s. v. Catene, in do, pp. 64-67; più ampiamente cf. curti-Barbàra.

21 se a questa traduzione si accostano non solo i già ricordati excerpta greci da Phil e dal trattato De Spiritu Sancto, quelli latini dalla Apol. pro Or. di panfilo, ma anche i testi frammentari conservati dal papiro di tura e dalle catene, appare evidente come la stessa varietà ed eterogeneità letteraria delle fonti che ci hanno trasmesso parti del CRm di origene denoti la grande circolazione e fortuna di quello che fu certo il suo lavoro di maggiore impegno sull’esegesi paolina.

22 lo stesso rufino indica, tra i fattori che condizionarono il suo intervento, da un lato l’incompletezza della Vorlage del testo origeniano da lui utilizzata (CRm, Praef. Rufini, 11-15), dall’altro la richiesta a lui espressa dal committente eraclio che la vasta opera origeniana fosse abbreviata di circa la metà (cf. ibid., 16-19; inoltre CRm, Epil. Rufini, 34 s.: si addere aliqua uideor et explere quae desunt, aut breuiare quae longa sunt). il codice Laura 184 ha conservato l’indicazione del punto di inizio nel testo paolino per ciascuno dei 15 libri del CRm; cf. goltz, pp. 52-61; 92-94.

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introduZione generale 15

del suo primo editore 23: esso, che doveva originariamente comprendere l’intero Nuovo Testamento, presenta allo stato attuale il testo dell’episto-lario paolino, con Atti e lettere cattoliche, arricchito da non sporadiche annotazioni marginali ritenute coeve all’archetipo (probabilmente della fine del IV sec.) da cui la copia athonense deriva. Il loro compilatore si interessa soprattutto ad alcune lezioni più caratteristiche delle quali pone in evidenza la facies comune con le opere origeniane, in particolare per ciò che riguarda il testo dell’Apostolo. Derivando con ogni verosimiglianza da un’edizione del Nuovo Testamento composta in ambiente palestinese, il codice laura 184 ci riporta quindi all’opera di un redattore filologica-mente assai accorto, che aveva potuto collazionare opere dell’Alessandrino e di altri autori conservate nella biblioteca di Panfilo e redigere in base a esse un apparato di varianti testuali. Faremo di volta in volta accenno nel seguito della trattazione alle principali informazioni sui commenti paolini di Origene e ad alcune delle numerose annotazioni sul testo di Paolo da lui seguito che si ricavano da questo singolare testimone.

3. le oPere dell’esegesi Paolina

La stesura di tutti gli scritti di argomento paolino si colloca con sicu-rezza nell’epoca successiva alla partenza definitiva di Origene dalla nativa Alessandria (probabilmente il 232-233), cui seguì il suo stabilirsi a Cesa-rea 24. Ulteriori considerazioni sulla cronologia possono farsi distintamen-te per commentari e omelie, i due grandi generi letterari in cui si articola la produzione esegetica dell’Alessandrino 25.

Riguardo ai primi, dal complesso degli indizi che si ricavano dalle opere origeniane il 243 risulta essere il più plausibile anno per la composi-zione dei commentari alle lettere dell’Apostolo che, secondo una fondata ipotesi ricostruttiva, verrebbero così a situarsi tra i commentari al Pen-

23 per la prima edizione del codice Athonensis cf. goltz, da integrare con le osservazioni di lake-new, pp. 141-219 (che lo indica di preferenza con la se-gnatura utilizzata dagli editori del nt: codice 1739). una sintesi degli studi in Bammel 1996, pp. 137s.

24 un’articolata messa a punto sui problemi della cronologia della vita e delle opere origeniane è fornita da e. norelli, s. v. Origene, in do, pp. 293-302, alle cui linee generali e conclusioni ci atteniamo.

25 in termini generali, i caratteri formali che permettono la reciproca distin-zione sul piano letterario delle omelie dai commentari sistematici alla scrittura possono ricondursi per le prime essenzialmente al contesto liturgico e a una più netta intenzione edificante, per i secondi ai tratti metodologici comuni nella prassi dei grammatici e degli interpreti delle opere letterarie e soprattutto filosofiche consacrate dalla tradizione scolastica. cf. simonetti 1985, pp. 74-76, e i contributi di Bendinelli, neuschäfer, Junod citati in Bibliografia; inoltre le voci sintetiche di a. le Boulluec, s. v. Generi letterari, in do, pp. 183-187 (in particolare le pp. 185s.); l. perrone, s. v. Metodo, ibid., pp. 276-281.

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tateuco e quelli ai Profeti 26. Tale delimitazione generale lascia sostan-zialmente impregiudicata la questione della successione interna, in merito alla quale gli elementi a nostra disposizione sono ben scarsi. Basti qui accennare alla proposta secondo la quale, basandosi sull’analogia con i commentari paolini di Girolamo (i quali, come meglio si vedrà nel seguito, hanno nei rispettivi modelli dell’Alessandrino le proprie fonti più dirette), si è recentemente suggerito che la sequenza dei commentari origeniani sia iniziata con quelli relativi a Filemone e a Efesini. Il primo di essi avrebbe a sua volta un terminus post quem nel trattato sulla preghiera (233-234), poiché in una citazione l’autore sembra voler correggerne un’esegesi, men-tre il commentario su efesini precederebbe il commentario su romani che si riferisce a esso come a un’opera precedente 27.

Quanto alle omelie, secondo una notizia eusebiana (eusebio, HE 6, 36, 1) Origene avrebbe iniziato a farle trascrivere dai tachigrafi solo dopo i sessant’anni d’età: ciò che porterebbe alla data del 245-246 per l’inizio della loro composizione. Se tale informazione non è sempre stata accolta unanimemente dalla critica, argomenti persuasivi suggeriscono ormai di accantonare i presupposti largamente congetturali delle ricostruzioni alter-native ad essa, a vantaggio di un sostanziale credito al dato eusebiano 28.

È stata infine motivo di ipotesi divergenti anche la questione se a Cesarea preesistesse all’epoca di Origene un ciclo liturgico strutturato di le-zioni bibliche o se, viceversa, proprio all’iniziativa dell’Alessandrino debba farsi risalire l’ordinamento delle letture rispecchiato dalla sua attività omi-letica 29. Entrambe le soluzioni eccedono probabilmente i limiti intrinseci

26 cf per i dettagli la voce succitata di norelli, in particolare p. 300; ma già nautin 1977, pp. 385s. e 409-412, propendeva per il 243 quale anno di stesura della maggior parte dei commentari paolini.

27 Bammel 1993 e 1995 (seguita da amacker-Junod in: panfilo, Apol. pro Or., p. 327, nota 1) ritiene che origene avrebbe iniziato i commentari all’apostolo già prima del 243, commentandone le lettere nella sequenza Fm, Ef, Fil, Col, Rm, Gal, Tt; per la congettura della posteriorità di CPh rispetto al trattato Orat cf. in partico-lare ead. 1995, pp. 504, nota 56, e 511, nota 87. la precedenza di CEph su CRm è affermata da r. Heine (= Heine 2000a; id. 2002, pp. 43-47) il quale, valorizzando un’annotazione a suo tempo già formulata da J. scherer, richiama l’attenzione sulla presenza di accenni origeniani a una propria precedente esegesi di Ef 5, 4 entro il frammento relativo a Rm 4, 23-25 di CRmT. entrambe le osservazioni intendono correggere l’opinione (seguita tra gli altri da nautin 1977, pp. 385s et passim) essere stato CRm a inaugurare la serie dei commenti paolini di origene.

28 l’indicazione di eusebio è ritenuta inattendibile da nautin 1977, p. 404, il quale (sottolineando ripetutamente i limiti documentari e i condizionamenti ideolo-gici ben riconoscibili nell’impianto generale dell’opera eusebiana) considera impro-babile che origene possa avere dettato le omelie simultaneamente o quasi alla re-dazione dei tovmoi, e propone perciò di retrodatare la stesura delle prime al periodo 238-242; cf. anche ibid., pp. 408s. il medesimo dato è, per contro, accettato come base per la ricostruzione della cronologia assoluta delle omelie da monaci castagno 1987, pp. 63s.; norelli, cit. (nota 21), p. 301, e grappone 2001a, pp. 51-58.

29 la prima ipotesi è formulata dal nautin 1977, pp. 389-401; per contro monaci castagno 1987, pp. 61s. (che non esclude, come si è visto, la possibilità

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della nostra documentazione, specie a causa dell’assenza di significativi ter-mini di confronto nell’omiletica coeva, che vieta di trarre conclusioni trop-po nette. Ciò non toglie che il personale e assiduo impegno di Origene nella predicazione a Cesarea debba aver dato a tale prassi un impulso notevole.

Stante tale impossibilità di precisare la cronologia relativa sia dei commentari che delle omelie, esponiamo le informazioni riguardanti l’una e l’altra serie di opere esegetiche attenendoci semplicemente all’ordine convenzionale del canone paolino, prescindendo – come si è detto – da Romani.

3.1 I (e II) CorInzI

Mentre nulla ci è giunto dell’esegesi origeniana su 2 Corinzi, sono considerevolmente estesi i frammenti esegetici su 1 Corinzi conservati dalle compilazioni catenarie. Il testo che qui si riproduce è quello stabilito dallo Jenkins, il quale consiste essenzialmente in una revisione della precedente edizione del Cramer, fondata sul solo manoscritto parigino greco 227 (del sec. XVI), tenuto però conto del vaticano greco 762 (sec. XI), che Jenkins identificò come l’antigrafo da cui il testimone parigino era stato derivato 30.

La densità dell’esegesi e il linguaggio spesso assai tecnico dei fram-menti su 1 Corinzi non sembrano discostarsi da quello consueto nei com-mentari 31: per un agevole accostamento si guardi agli affini frammenti

di una redazione sostanzialmente parallela di commentari e omelie), aveva cauta-mente proposto di riconoscere nel commento sistematico della scrittura un’inno-vazione liturgica introdotta nella chiesa di cesarea dallo stesso origene. da ulti-mo, grappone 2001a, pp. 28-47, ha riesaminato a fondo l’intera documentazione mostrando il carattere largamente congetturale della ricostruzione di nautin, per giungere a escludere l’esistenza di un simile ciclo triennale e strutturato di letture bibliche. il medesimo autore ha anche posto in evidenza come l’eccezionalità del-la presenza dei tachigrafi (verosimilmente assai costosa e resa possibile nel caso di origene dal mecenatismo di ambrogio) basti a giustificare la pressoché completa mancanza di omelie dei primi tre secoli giunte fino a noi, se si esclude l’unico precedente significativo di ippolito, vietando di attribuire a silentio a origene la pretesa introduzione dei cicli di predicazione; cf. grappone 2001b, pp. 346-348.

30 il più vistoso intervento dell’ultimo editore riguardava 15 excerpta erro-neamente attribuiti dal cramer a origene che egli restituiva alla paternità del crisostomo; il testo veniva inoltre emendato mediante la correzione di non pochi errori di trascrizione e l’introduzione di un certo numero di integrazioni e corre-zioni congetturali; infine egli provvedeva all’integrazione del testo pubblicando per la prima volta circa trenta nuovi frammenti origeniani, di lunghezza variabile da poche parole a molte linee di testo, che ricavava dalla nuova collazione del codice Pantokrator 28 (x sec.). segnaliamo anche come il codice Laura 184, f. 55v contiene sei annotazioni origeniane su questa lettera; cf. goltz, pp. 97s., e lake-new, pp. 202-206. per altre varianti testuali su 2 Cor conservate nel manoscritto del monte athos e riconducibili alla facies dell’epistola come attestata in origene, cf. goltz, pp. 69s.

31 come già notava c.H. turner, il testo di FrCor è particolarmente ricco di spunti esegetici originali, della più varia natura, e di accenni a interessanti realia

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su Efesini, qui presentati; malgrado ciò la loro natura omiletica è stata finora generalmente accolta dagli studiosi 32 senza un dibattito partico-larmente approfondito.

Va detto tuttavia che le informazioni in nostro possesso non offrono se non un riscontro parziale a tale ipotesi: nella ricordata ep. 33 Girolamo non nomina infatti nessuna delle due lettere ai Corinzi tra quelle oggetto di com-mentari origeniani, né parla di omelie su 1 Corinzi, mentre ne cita undici su 2 Corinzi. Chi sostiene, nonostante ciò, la provenienza omiletica dei fram-menti catenari cerca quindi di ricollegarsi al dato esterno di Eusebio-Giro-lamo ricorrendo – piuttosto artificiosamente – a due ipotetici meccanismi di natura storico-testuale: alla supposizione che la menzione entro la lista 33 si riferisse in realtà a 1 Corinzi (per mezzo della facile corruzione di ‘prima’ in ‘seconda’), oppure a quella della completa caduta della menzione di 1 Corinzi per salto da stesso a stesso 34. Sembra avere finora incontrato minore considerazione l’eventualità della semplice ignoranza da parte di Girolamo (o della fonte da cui egli dipende) dell’esistenza di scritti su 1 Corinzi, al-meno all’epoca in cui venne trascritta la lista delle opere origeniane: eppure non si tratterebbe certo dell’unico errore della lista di Panfilo-Girolamo e la

storici spesso privi di riscontro in altre fonti, quali: l’incompatibilità tra professio-ne militare e fede cristiana, la teologia liturgica, l’esistenza di commentari a 1 Cor precedenti quello origeniano, le dottrine degli ofiti e dei montanisti, l’utilizzazio-ne del credo da parte degli eretici, l’esclusione di alcune letture dell’at dall’uso liturgico cristiano, la derivazione del testo di una citazione paolina dalle versioni degli altri interpreti anziché dalla lxx, il fatto che apollo abbia esercitato l’uffi-cio episcopale a corinto. cf. turner 1909, p. 270.

32 il primo ad affermare il carattere omiletico di FrCor sembra essere stato c.g.a. von Harnack (Harnack 1904, p. 46 e nota 1), al cui giudizio si allinearono H. Koch, o. Bardenhewer, H. crouzel (cf. crouzel, p. 9, nota 3), p. nautin (cf. nautin 1977, p. 254). accogliendo a sua volta tale conclusione, monaci castagno ha classifi-cato nel modo seguente gli elementi sulla cui convergenza sembra lecito inferire che si tratti di omelie: rimandi a quanto precedentemente detto, appelli diretti in stile oratorio ai destinatari, metodo della rilettura chiosata del testo sacro, uso frequente della seconda persona singolare e plurale, tratti di parenesi, andamento diatribico; cf. monaci castagno 1987, p. 62, nota 57, cui rimandiamo per l’elenco dei passi origenia-ni ritenuti probanti a tale riguardo che l’autrice individua in FrCor.

33 si può intendere: della tradizione manoscritta dell’epistolario geronimia-no, seppure Hilberg (= girolamo, Ep.) non segnali in questo punto alcuna lezione alternativa, oppure già dello stesso testo eusebiano come noto a girolamo e non necessariamente coincidente con l’originale.

34 la prima ipotesi venne formulata da e. Klostermann, che identificava le omelie su 2 Cor elencate da eusebio-girolamo con FrCor. la seconda si deve a nautin 1977, p. 254, il quale postulava l’esistenza delle due distinte serie di omelie sulla base delle tre annotazioni origeniane relative a 2 Cor conservate nel codice Laura 184 (ignoto a Klostermann perché pubblicato solo nel 1899); l’argomento di nautin non convince tuttavia appieno, giacché è prassi dell’anonimo compila-tore dell’edizione del nt a noi trasmessa nel Laura 184 porre in evidenza le lezio-ni del testo paolino conosciute da origene ricavandole dalla collazione di opere origeniane anche non specificamente esegetiche, come ad esempio gli Stromati.

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nostra stessa presentazione dei testi relativi all’esegesi paolina basta a dimo-strarlo 35. Nel complesso sarebbe quindi più prudente tener conto della non completa affidabilità della testimonianza dell’ep. 33, piuttosto che far carico di tutti i suoi limiti alla tradizione manoscritta.

Dibattendo alcuni anni più tardi (393) sull’esegesi di 1 cor 7, Gi-rolamo nomina invece Origene tra coloro che si sono cimentati nel com-mento di questa lettera: «origenes, dionysius, pierius, eusebius caesa-riensis, didymus, apollinaris latissime hanc epistulam interpretati sunt» (ep. 48, 3). Tale breve testimonianza vale a integrare il completo silenzio della lista dell’ep. 33 sulle opere relative a 1 Corinzi, ma non a dirimere l’incertezza sul genere letterario della fonte da cui i nostri testi catenari provengono: il verbo interpretari è abbastanza generico da potersi riferire sia a un vero e proprio commentario, sia alla predicazione. Analogamente dicasi di un altrettanto rapido riferimento da parte di Origene a un suo precedente commento relativo a 1 cor 1, 2 che compare nelle omelie su luca, giunte a noi nella traduzione geronimiana: «memini, cum interpre-tarer illud quod ad corinthios scribitur ecclesiae Dei quae est Corinthi cum omnibus qui invocant eum, dixisse me diversitatem esse ecclesiae et eorum qui invocant nomen Domini» (Hlc 2, 33-38) 36.

Senza quindi potere qui ridiscutere a fondo l’ipotesi corrente, che dovrà essere verificata più attentamente in altra sede, diremo che, se di omelie si tratta, quelle su 1 Corinzi sarebbero di gran lunga le più signifi-cative testimonianze entro la vasta predicazione origeniana di argomento paolino a essersi conservate fino a noi 37, seppure attraverso il filtro della consueta antologizzazione catenaria.

3.2 GalatI

Dalla lista di Eusebio-Girolamo si desume che Origene trattò ripe-tutamente e in opere diverse della Lettera ai Galati: non solo in una serie di omelie e in un commentario, composto secondo ogni verosimiglianza di cinque libri, ma anche nel decimo libro degli stromati 38, per noi perduti.

35 Basti pensare a come, oltre ai frequenti errori di dettaglio sui numeri dei libri delle opere origeniane di cui diamo conto di volta in volta, essa ignori affatto l’esistenza del Commento su Ebrei da cui l’Apologia di panfilo-eusebio ricava ben quattro excerpta (cf. infra il par. 3.9).

36 goltz, p. 94, riteneva che l’accenno origeniano potesse riferirsi agli Stro-mati o ad altra opera origeniana contenente brani di esegesi; per contro nautin 1977, p. 254, riferiva senz’altro l’indicazione di HLc a FrCor – che contengono effettivamente questa esegesi al fr. 1 – e anche su tale base dichiarava doversi correggere il testo di girolamo nella Ep 33, come abbiamo detto supra alla nota 34. sul piano della cronologia, è difficile porre più precisamente in relazione con le altre opere origeniane tale scarna notizia; cf. monaci castagno 1987, p. 62.

37 l’unico altro caso è il ben più esiguo excerptum omiletico relativo a Eb e conservato dalla Storia Ecclesiastica di eusebio.

38 riguardo a CGal origeniano, la lista di eusebio-girolamo parla di 15 libri,

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Nel prologo al proprio commentario su galati, Girolamo accenna anche a una serie di scolii esegetici, in merito ai quali non disponiamo tuttavia di informazioni da altre fonti 39, né di testimonianze superstiti.

I soli testi del commentario origeniano a noi giunti provengono – si è detto – dall’apologia pro origene di Panfilo-Rufino: si tratta di due brani di interesse cristologico che prendono l’avvio da gal 1, 1 e 1, 11-12 per trarne argomenti polemici contro l’ebionismo, l’eresia consistente nella riduzione di Cristo alla semplice dimensione umana 40. Varie ragioni (contiguità redazionale e affinità tematica con i due excerpta precedenti, menzione sul finire del passo di gal 4, 4s.) hanno portato talvolta ad ascri-vere alla medesima provenienza anche un terzo più ampio brano di argo-mento antidocetista (Panfilo, apol. pro orig., 113) nonostante l’assenza di indicazioni più precise nel testo panfiliano; l’edizione di Amacker-Junod ha ora proposto di restituire la paternità di questo excerptum al trattato origeniano su la resurrezione 41.

Assieme a queste testimonianze indirette si deve poi ricordare come Girolamo abbia conservato molto dell’esegesi origeniana nel proprio

che sembrano essere una misura francamente debordante rispetto ai soli 6 capp. di Gal; ciò è inoltre contraddetto sia dallo stesso girolamo, che nel prologo al proprio CGal dichiara di conoscere e di utilizzare la precedente opera origeniana in cinque libri (girolamo, CGal, Praef. 35s.), sia dal codice Laura 184, in cui (analogamente che per CRm) sono indicati i versetti inziali dei singoli libri del commentario origeniano; cf. goltz, pp. 72-74 e 95. lasciando quindi da parte le improbabili soluzioni concordiste, tese a dimostrare la non contraddittorietà dei dati della tradizione geronimiana, propendiamo per supporre la, del resto facile, corruzione paleografica in “15” di un originario “5” del testo dell’Ep 33, ovvero già della fonte da cui girolamo dipende.

39 CGal., Praef. 38s.: Tractatus quoque varios et excerpta, quae vel sola possint sufficere, composuit. il termine di excerpta è la resa tecnica latina per scovlia. in assenza di altre fonti che possano confermare la notizia dell’esistenza di scolii ori-geniani su Gal, nautin ha addirittura ritenuto di escluderne l’esistenza: a suo dire la menzione si spiegherebbe a sufficienza con l’interferenza menmonica in giro-lamo della classificazione tripartita delle opere origeniane in excerpta, homiliae ovvero tractatus e volumina cui egli ripetutamente si richiama (cf. Ep 33, 4; HIerL, Praef. Hieronymi, 13-19); cf. nautin 1977, p. 238. la congettura dello studioso francese è, come in numerosi altri casi, insufficiente a invalidare l’attendibilità del-la notizia del prologo geronimiano, che proprio dalle altre affermazioni consimili dello stesso vede all’opposto corroborata la propria intrinseca plausibilità.

40 rimandiamo infra alla nota 83 per un’elencazione delle accuse rivolte a origene in materia cristologica riportate dall’Apologia di panfilo. per una presen-tazione complessiva della cristologia origeniana sono fondamentali i contributi di grillmeier, pp. 343-361, simonetti 1971, fedou; si vedano anche per una sintesi d. pazzini, s. v. Figlio, in do, pp. 161-169.

41 il brano antidocetista di panfilo, Apol. pro Orig., 113, viene ricollegato a CGal, ad esempio, dall’edizione delarue (riprodotta in pg 14) fino a Bp 3, p. 17, cpg 1, 1459 (cf. ibid. 1715); cf. però già la cautela di nautin 1977, p. 244. la discussione di tale attribuzione da parte di amaker-Junod si trova in panfilo, Apol. pro Orig., pp. 182-191 e 328s. (specie la nota 1), cui rimandiamo per l’argo-mentazione completa.

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commentario su galati (composto a Betlemme nel 386, come i restanti commentari paolini dello Stridonense, in epoca anteriore alla controversia origenista 42), ritornandovi anche in opere successive: ciò vale in partico-lare per il cosiddetto “incidente antiocheno” (gal 2, 11-14), che costituiva un nodo ineludibile e fortemente problematico dell’esegesi di questa lette-ra 43. È infatti lo stesso Girolamo ad attestare nel carteggio con Agostino di avere attinto da Origene, precisamente dal già ricordato decimo libro degli stromati, l’interpretazione in base alla quale il rimprovero mosso da Paolo a Cefa ad Antiochia costituiva in realtà una simulazione 44.

Sulla scia di questa attribuzione e di numerosi altri elementi di critica interna, non sono mancati da parte della critica i tentativi di identificare anche entro il commentario su galati altri aspetti del debito esegetico di Girolamo nei confronti di Origene 45, sicuramente assai cospicuo nono-stante l’altrettanto certa presenza di fonti secondarie 46. L’assenza di più

42 discute la datazione di questi commenti geronimiani nautin 1979. m.g. mara ne ha contestualizzato storiograficamente la stesura entro l’ampia fioritura di commenti all’apostolo cui si assiste nel iV secolo, sia in oriente che in occi-dente (mara 1984); per un’introduzione generale si vedano gli studi di Bammel 1993, milazzo, raspanti 2004 citati in Bibliografia.

43 i fatti sono ben noti: nel contesto dell’ampia sezione autobiografica di Gal 1, 11 - 2, 21, paolo rievoca una venuta di cefa ad antiochia in cui – contraddi-cendo la prassi da lui stesso precedentemente seguita in conformità agli accordi dell’assemblea di gerusalemme (Gal 2, 1-12) – egli aveva evitato la comunione di mensa (che forse comprendeva già il rito eucaristico) con alcuni cristiani di estrazione gentile, cioè non giudaica; questo per evitare di esporsi alle critiche dei giudeo-cristiani guidati da giacomo, i quali continuavano ad attenersi alle pre-scrizioni della legge mosaica in materia di purità alimentare. tale episodio aveva suscitato l’aperta e veemente reazione di paolo nei confronti di cefa, in quanto appariva come una smentita clamorosa dell’asserzione basilare nella predicazione paolina: quello della decadenza degli obblighi legali, in particolare della circonci-sione e delle norme alimentari, nella nuova economia cristiana.

44 così in girolamo, Ep 112, 6. il carteggio tra girolamo e agostino interessa gli anni dal 395 al 420, ma solo fino al 405 per quanto riguarda la nostra tematica; tra gli studi recenti: Hennings 1993a (in particolare le pp. 218-264 per una storia dell’esegesi sull’incidente antiocheno) e la sintesi id. 1993b; fürst 1999 (in par-ticolare le pp. 11-87). girolamo non fu il solo a fare propria tale interpretazione origeniana, ripresa in oriente anche da giovanni crisostomo ma già prima, a quanto sembra, da eusebio di emesa e non priva di influsso anche in occidente sui predecessori più prossimi di girolamo, mario Vittorino e ambrosiaster (cf. raspanti 2003, pp. 314-316). la contestazione da parte di agostino della tesi ori-geniana di una disputa simulata fra paolo e cefa, insieme alla più sfumata presa di distanza riconoscibile in teodoro di mopsuestia, ne determinò la decadenza.

45 cf. infra alla nota seguente quanto girolamo dichiara circa il proprio me-todo redazionale nel suo Commentario a Efesini e le nostre osservazioni nella presentazione dei frammenti del CEph origeniano.

46 raspanti 2004, p. 199, ritiene che proprio al più maturo grado di assimila-zione dell’esegesi origeniana girolamo attribuisse la fondamentale novità metodo-logica del suo commentario rispetto a quelli di suoi predecessori latini. tra coloro che, oltre a origene, si erano prima di lui cimentati nel commento a Gal girolamo

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sicuri indizi non permette tuttavia di superare la genericità delle conclu-sioni possibili 47: anche se è indubbio che costituiscano un’evidente eredità origeniana (del resto riscontrabile in tutta l’esegesi dello Stridonense) l’at-tenzione alle problematiche critico-testuali e alle possibili lezioni varianti, una polemica antiereticale più vicina alla situazione eresiologica del III che a quella del IV secolo, l’assai diffuso duplice livello – letterale e spiri-tuale – ricercato nell’ermeneutica del testo sacro 48.

Del tutto eccezionale è il fatto che Origene abbia dedicato all’interpre-tazione di una lettera paolina un intero libro all’interno di un’opera non prettamente esegetica quale gli stromati 49, così come eccezionale è la lun-

nomina: didimo il cieco, apollinare di laodicea, un non meglio identificato ales-sandro veterem haereticum, eusebio di emesa e teodoro di eraclea (cf. girolamo, CGal, Praef., 39-42). si noti come, di contro alla dettagliata informazione con cui è presentata l’opera di origene, gli altri autori presenti alla memoria di girolamo siano qui elencati in modo molto più sommario, racchiudendone genericamente le opere nella qualifica riduttiva di commentarioli: qui et ipsi nonnullos super hac re commentariolos reliquerunt. E quibus si uel pauca decerperem, fieret aliquid quod non penitus contemneretur (girolamo, CGal, Praef., 42-45). l’apporto esegetico delle fonti secondarie al commentario geronimiano è tuttavia di ancor più difficile individuazione, date non solo (come per lo stesso origene) la mancanza di indica-zioni da parte di girolamo nel corso dell’opera ma anche l’assoluta esiguità ai fini di un riscontro di testi esegetici degli autori suddetti a noi conservati.

47 cf. souter, pp. 116-124; schatkin, pp. 57s. naturalmente l’impossibili-tà metodologica di estrarre dal commentario geronimano altre porzioni di testo origeniano non esclude la possibilità di indagare sistematicamente ad mentem Origenis il testo di girolamo, alla ricerca dei paralleli di contenuto con le opere dell’alessandrino a noi conservate. la sola, limitata eccezione alla perdita del CGal di origene nella sua interezza è rappresentata, come abbiamo già visto, pro-prio dagli esigui frammenti conservati in traduzione latina da panfilo-rufino: un loro confronto con i brani corrispondenti nel Commentario a Galati di girolamo è stato compiuto da raspanti 2004, pp. 204-207.

48 il carattere arcaico dell’eresiologia geronimiana, con particolare riferimen-to ai commentari paolini, era stato a suo tempo evidenziato da Harnack 1919, pas-sim; l’osservazione è stata ripresa da ultimo, entro uno studio complessivo delle tematiche eresiologiche nell’intera opera dello stridonense, da Jeanjean, p. 125. per questi e altri aspetti di possibile riscontro tra l’esegesi di girolamo e la fonte origeniana, cf. raspanti 2004, pp. 201-204.

49 Stromati significa letteralmente “tappezzerie” e può accostarsi all’italiano “zibaldone”; il nome era già stato utilizzato da clemente alessandrino per indicare l’opera miscellanea nella quale egli aveva raccolto e più o meno organizzato propri scritti disomogenei, forse abbozzi di opere più ampie e organiche. l’esiguità dei testi rimasti e la pressoché completa assenza di vincoli formali nel genere rendono assai difficile precisare meglio il contenuto di quest’opera. una testimonianza ge-ronimiana (Ep. 70, 4) ci informa che nei propri Stromati origene istruiva un con-fronto fra dottrine cristiane e testi dei filosofi medioplatonici, confermando la verità delle prime con i secondi. non è difficile intravvedere un’analogia nel contenuto e nell’impianto generale con l’omonima opera di clemente alessandrino – a noi giunta –, tutta tesa a dimostrare come il cristianesimo costituisca la vera gnosi e la vera filosofia, sintesi compiuta tra rivelazione giudaica e ideale ellenico. per una presentazione complessiva dei problemi dell’opera, cf. nautin 1977, pp. 293-302.

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ghezza del brano (imperniato su gal 5, 13a) conservatone da Girolamo, che costituisce di gran lunga la più estesa fra le non molte testimonianze super-stiti degli stromati origeniani 50. Il testo, di prevalente contenuto ermeneu-tico, non presenta tuttavia tracce apprezzabili di quel confronto dialettico tra rivelazione biblica e filosofia pagana che doveva costituire la metodologia e il leitmotiv degli stromati: esso appare anzi in tutto analogo a un brano di commentario, e tali si sarebbe propensi a classificarlo, se non vi fosse la noti-zia geronimiana a permettere di ascriverlo all’altra opera perduta 51.

3.3 efesInI

Fatte nuovamente salve le generali cautele circa la qualità testuale delle testimonianze catenarie di cui si è detto sopra, una porzione quantitativamen-te e qualitativamente significativa 52 dei tre libri di cui doveva essere composto il commentario su efesini origeniano 53 ci è stata conservata in greco da una catena redatta, a quanto si ritiene, nel sec. VII. Essa contiene frammenti orige-niani di insolita estensione ed è stata trasmessa in due manoscritti (dei secc. X e XI), in altrettante recensioni, rispettivamente brevior e longior 54.

50 Quasi tutti conservati in opere di girolamo o ridotti a scolii da compila-zioni posteriori; cf. Bp 3, pp. 30s.; cpg 1, 1483.

51 lo stesso girolamo definisce la trattazione origeniana nel decimo libro degli Stromati in termini del tutto analoghi a quelli con cui è solito indicare il genere del commentario (girolamo, CGal., Praef., 36-38: decimum Stromatum suorum librum commatico super explanatione eius sermone complevit): l’aggettivo commaticus (riferito a termini quali sermo, genus) ha infatti per lo stridonense una precisa valenza tecnica, desunta dalla tradizione del commento scolastico latino, che si riferisce alla trattazione per commata, cioè effettuata suddividendo un testo in parcelle inferiori di senso compiuto, che vengono prese sistematicamente in esame. circa la teoria e la tecnica del commentario in girolamo, cf. le messe a punto di duval 1985, siniscalco, raspanti 2004.

52 neri, pp. xxxVi-xxxix, passa in rassegna la ricca tematica (eresiologica, ermeneutica, cristologica, antropologica e spirituale) di questo testo, concludendo en-tusiasticamente in questi termini: «non si tratta soltanto… di un grande bagaglio di idee e di dottrina, ma… del meglio di origene e di ciò che gli è più caratteristico» (p. xxxViii). l’autore sottolinea anche la fortunata conservazione e recezione di tale tesoro esegetico, non solo in oriente, tramite la tradizione catenaria, ma anche nel medioevo latino per il tramite dell’opera geronimiana che strettamente ne dipende.

53 che il CEph origeniano constasse di tre libri è attestato da girolamo, oltre che nel testo citato infra alla nota 56, anche in Apol. contra Ruf. 1, 21, e confer-mato dalla redazione della catena menzionata nel presente paragrafo, che ne ha conservato i punti di inizio. per le varianti testuali annotate dal codice Laura 184, cf. goltz, pp. 74-79 e 95.

54 pubblicata la prima volta dal gregg (che si basava soltanto sul Coislin 204 (o Parisiensis del sec. xi); l’estrema somiglianza del Pantokrator 28 (o Athonensis) con il tipo catenario rappresentato dal Parisiensis, in particolare per quanto ri-guarda le compilazioni esegetiche su Gal, Ef, Fil e Col, è stata rilevata nella descri-zione dei testimoni fornita da K. staab (staab, p. 255: «der Kommentar zu diesen vier Briefen ist im wesentlichen identisch mit dem typus parisinus»). data la sua

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Quanto alla tradizione indiretta in lingua latina, particolare impor-tanza riveste il commentario su efesini di Girolamo 55, per la cui stesu-ra lo stesso autore dichiara di essersi anzitutto servito del corrispondente commentario origeniano e solo in secondo luogo di alcuni altri 56. Se, come nei restanti commentari paolini, nessun brano di esegesi viene esplicita-mente ricondotto da Girolamo all’autorità di Origene, la possibilità di confrontare ampie sezioni del suo commentario con i non pochi resti ca-tenari dimostra in effetti come Girolamo abbia impiegato la sua fonte principale in modo assai disinvolto, muovendosi dalla rielaborazione al riassunto, ma non evitando di spingersi fino alla ripresa letterale di ampi passaggi 57. Come per l’affine commentario su galati dello Stridonense, un tale libero trattamento del materiale origeniano rende criticamente im-possibile determinare a priori, cioè per le parti non coperte da riscontro con la tradizione greca, quale sia l’esatta misura della dipendenza, certo assai ampia, di Girolamo da Origene.

stretta somiglianza, abbiamo preferito non registrare nella presente edizione le lezioni attestate anche della più scarna recensione dell’Athonensis.

55 chi scrive ne sta preparando l’edizione critica, già data in forma provvi-soria basata sui 9 mss. più antichi in sede di dissertazione dottorale: pieri 1997a, pp. 7-155, sulla quale è basata la traduzione inglese di Heine 2002. nel frattempo occorre riferirsi all’edizione di d. Vallarsi, Veronae 1734-17421 (ripubblicata in pl 26, coll. 439-554), facendo però attenzione ai numerosi errori materiali prodottisi nelle successive ristampe, giacché – al pari delle altre opere di girolamo – essa ha in tutto conosciuto due impressioni veronesi e due parigine: ne abbiamo segnalati una settantina in pieri 1997a, pp. 173s.

56 nella prefazione a CEph ricorda con precisione il lavoro origeniano e mol-to più sommariamente quelli di altri autori: Illud quoque in praefatione commo-neo, ut sciatis Origenem tria uolumina in hanc epistolam conscripsisse, quem et nos ex parte secuti sumus. Apollinarium etiam et Didymum quosdam commentariolos edidisse, e quibus licet pauca decerpsimus et nonnulla quae nobis uidebantur adieci-mus siue subtraximus, ut studiosus statim in principio lector agnoscat hoc opus uel alienum esse uel nostrum (CEph Praef., 442c, 9-d, 2).

57 il primo, a nostra conoscenza, a fornire una lista di paralleli tra il Commen-to a Efesini di girolamo e gli origeniani FrEph fu Zahn, che li leggeva nell’edi-zione di cramer (cf. Zahn); von Harnack concluse per l’impossibilità di separare l’origene retrostante dall’apporto di girolamo, a motivo della sua grande libertà nell’utilizzazione della fonte constatabile nelle zone di possibile confronto: «die fast vollständige Übereinstimmung wäre noch deutlicher, hätte nicht Hieronymus frei, öfters willkürlich und verkürzt übersetzt bzw. erweitert, umgegossen oder paraphrasiert» (Harnack, p. 155); egli prospettava quindi l’opportunità di pub-blicare almeno questo dei commentari paolini di girolamo in appendice a un’edi-zione completa delle opere di origene (ibid., p. 156, nota 3). saggi di confronto tra i due commentari, in nautin 1979, pp. 11s. (che collega il procedimento mar-catamente imitativo alla rapidità della redazione) e deniau. più recentemente si vedano in Bibliografia layton (per cui rimandiamo anche alla nostra segnalazione in adam 3 [1997], pp. 63-65) e il contributo di pace; un confronto sistematico, su colonne sinottiche, fra le due opere è dato ora infine nella doppia versione inglese di Heine 2002, preceduto dall’ampio studio preparatorio, id. 2000b.

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Un prezioso aiuto in tale senso ci viene dalle due apologiae di Ru-fino e Girolamo, i principali documenti della controversia che, accesasi a partire dal 392-393, oppose aspramente gli antichi sodali in merito all’ade-sione di Girolamo alle più discusse tesi teologiche di Origene 58. Fu infatti proprio dal geronimiano commentario su efesini che Rufino attinse gran parte del suo dossier polemico, sviluppando una linea di attacco consisten-te soprattutto nel mettere le opinioni dell’Alessandrino in conto all’avver-sario, il quale era stato in effetti molto generico – anche se meno acritico di quanto sommariamente addebitatogli da Rufino 59 – nel distinguere le proprie posizioni esegetiche da quelle riconducibili alla fonte origeniana. La risposta di Girolamo 60 si svolse contemporaneamente sul duplice piano della dottrina, prendendo cioè le distanze dall’accusa di eterodossia (fattasi bruciante soprattutto dopo la condanna da parte di Epifanio di Salamina di alcune delle ipotesi origeniane: preesistenza delle anime, stato dei corpi alla resurrezione, subordinazionismo cristologico), ma ancor più su quello della teoria del commentario come genere, il cui metodo egli fa essenzial-mente consistere in un collage di fonti 61. Egli replica pertanto alle accuse

58 per una presentazione degli eventi della prima controversia origenista, che oppose il fronte di epifanio di salamina, girolamo e teofilo di alessandria a quello di rufino e giovanni di gerusalemme, si deve a e. clark l’opera di riferi-mento (clark 1992); cf. simonetti 1986 e la sintesi di B. studer s. v. Origenismo (in Occidente, secc. IV-VI), in do, pp. 302-307, in particolare, p. 304.

59 si è già detto che girolamo passa sotto silenzio il nome di origene anche nel riferirne le opinioni, attenendosi alla sua normale prassi redazionale. ciò non toglie tuttavia che egli dimostri di prendere le distanze dalle opinioni origeniane più ardite già anteriormente allo scoppio della controversia origenista, come alcuni dei critici più attenti hanno rilevato: cf. Harnack 1919a, p. 155, nota 5: «dieser Vorwurf [rufins] trifft zu, aber nur teilweise; manche irrlere des origenes hat Hieronymus unterdrückt, andere sogar bekämpft»; clark 1987, p. 156: «Jerome was surely not as thoroughgoing an origenist even in the 380’s as rufinus suggests».

60 girolamo replica in realtà soltanto a sei delle sedici contestazioni rivol-tegli da rufino, componendo la propria Apologia prima di aver potuto visionare personalmente quella dell’avversario, sulla base delle informazioni fornitegli – a quanto pare sommariamente – dal fratello paoliniano (girolamo, Apol. contra Ruf., 1, 21, 1 e passim). si deve inoltre annotare come in uno dei sei passi del CEph ripresi da girolamo (si tratta di un’interpretazione angelologica relativa a Ef 1, 20b-21, su cui egli ritorna in Apol. contra Ruf. 1, 23) la sua autodifesa segua un metodo del tutto differente rispetto agli altri casi: senza attribuire ad alcuno le affermazioni riportate, respinge integralmente l’accusa di dipendere da origene, benché l’accusa di rufino dovesse certo cogliere almeno in parte nel segno; cf. lardet, pp. 111s.

61 non è poi infrequente che – anche laddove nel Commentario su Efesini si è servito del solo origene – lo stesso girolamo ne ricalchi spesso il metodo inter-pretativo con il suo caratteristico afflato di “interpretazione infinita”, proponen-do un’esegesi alla stregua di semplice ipotesi di ricerca, o addirittura più esegesi in intima tensione a uno stesso passo, senza prendere apertamente posizione in favo-re dell’una o dell’altra. si aggiunga a ciò che il carattere ampiamente compilativo, quasi centonario, del genere letterario del commentario che lo stesso girolamo teorizza (e che potrebbe risalire alla scuola grammaticale di donato, in cui egli

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di Rufino distinguendo retrospettivamente il proprio pensiero da quello origeniano, e così facendo ci fornisce per alcune delle esegesi presenti nel commentario su efesini quelle indicazioni sulla provenienza delle sin-gole interpretazioni (dall’Alessandrino o, più di rado, da altre fonti) che invano si cercherebbero nel testo.

Tra i passi del commentario su efesini geronimiano ripresi nell’apo-logia contra rufinum riveste singolare importanza un’interpretazione re-lativa a ef 5, 28b-29 che lo Stridonense riconosce come prestito ad verbum da Origene 62. Solo in questo caso Girolamo può considerarsi in senso stretto un testimone indiretto del testo del commentario origeniano: è que-sto pertanto l’unico brano che abbiamo posto nella presente edizione allo stesso livello di importanza dei resti catenari. In altri quattro casi Girola-mo si limita nell’apologia a identificare ad sensum un’opinione dell’Ales-sandrino. Per questi brani il testo tratto dal commentario su efesini è sta-to da noi inserito nella serie dei frammenti in corpo minore, considerando l’opera geronimiana quale testimonianza dell’esegesi, ma non parimenti del perduto testo origeniano retrostante, che giunge attraverso la trasposi-zione entro un’opera letterariamente originale, tale da comportare – come si è visto – margini di intervento anche assai ampi.

Le restanti parti del commentario di Girolamo potrebbero certo, an-che in assenza di indicazioni dell’apologia, essere sistematicamente com-mentate in modo da esplicitare la diffusa presenza origeniana, ponendo di volta in volta in evidenza le strette analogie linguistiche, contenutistiche e di metodo tra il testo geronimiano e il pensiero dell’Alessandrino, così com’è documentabile dalle altre opere a noi giunte 63. Stante però l’impos-sibilità di sceverare in modo rigoroso la fonte retrostante dal nuovo con-testo in cui il suo contenuto ci perviene, una tale operazione, per quanto di indubbia fondatezza e utilità, costituirebbe in definitiva un apporto alla conoscenza della fortuna del commentario origeniano piuttosto che a quel-la dell’opera in se stessa, esulando dai limiti di un corpus di testi quale in-tende essere il presente volume, e sarà quindi da rimandarsi ad altra sede.

si era formato), oltre alla stessa rapidità della redazione di CEph concorsero alla scarsa chiarezza nel distinguere tra opinioni personali e altrui.

62 girolamo, CEph 1, 533c, 15-d, 4; 534a, 2-b, 5 = id., Apol. contra Ruf. 1, 28, 15-32; cf. inoltre lardet, pp. 119s. (ampio commento).

63 come a suo tempo rilevato da p. Jay (cf. Jay, in particolare p. 380), il caso del CEph di girolamo è per molti aspetti analogo a quello dei suoi Tractatus in Psalmos. ricordiamo qui brevemente come, data la fondamentale matrice origeniana del ma-teriale esegetico ivi contenuto, V. peri aveva proposto di considerarne origene il vero autore e girolamo il traduttore-adattatore; tale tesi è stata contestata – oltre che dal succitato studioso francese – anche da a. monaci castagno, in base alla distinzione tra opera di traduzione (anche nel senso ampio di tale termine comune tra gli autori antichi) e quello di adattamento e riduzione per un differente pubblico e contesto, come sembra essere il caso dei Tractatus e, si può bene aggiungere, del CEph di girolamo; cf. monaci castagno 1987, pp. 59-61, nota 52.

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3.4 fIlIppesI

Nessun brano o frammento testuale è stato conservato del commentario origeniano a Filippesi, redatto in un unico libro, la cui esistenza è attestata dal-la lista di Eusebio-Girolamo e comprovata dal codice laura 184; il manoscrit-to del Monte Athos ci informa anche di come la sua esposizione si arrestasse in corrispondenza della fine del terzo capitolo dell’epistola paolina 64.

3.5 ColossesI

Del commentario origeniano in 3 tomi 65, la cui materia doveva com-prendere il testo dell’epistola paolina fino a col 4, 12, Panfilo (apol. pro orig. 120) ha trasmesso un brano di interesse cristologico, traendolo – a quanto dice egli stesso – dal terzo libro, che riguardava la materia da col 3, 16 a 4,13. Il testo è prodotto da Panfilo, tra vari altri (115-121), per controbattere l’accusa secondo cui Origene avrebbe insegnato l’esistenza di due Cristi, ponendo cioè una dicotomia tra il Logos preesistente e l’uo-mo Gesù nato da Maria. Lo schema cristologico che viene qui attribuito a Origene sembra corrispondere a quello di cui era stato accusato Paolo di Samosata (condannato nel sinodo di Antiochia del 268), secondo cui il Logos avrebbe preso dimora in Gesù elevandolo alla dignità di Figlio di Dio; questo titolo era da lui inteso come puramente estrinseco: eccellente rispetto alla dignità dei patriarchi e dei profeti, ma pur sempre inferiore a quella del Logos; sicché il Cristo non era se non un semplice uomo 66. Appare però difficile determinare con certezza a quale lemma di Colossesi si riferisse il brano di commento conservato, dal momento che nessuno dei loci scritturistici citati in esso è tratto dall’epistola paolina in questio-ne: riteniamo tuttavia plausibile supporre che l’avvio del commento fosse fornito dal testo di col 3, 17, ove l’Apostolo enuncia la necessità della mediazione di Gesù in ogni azione di grazie rivolta a Dio Padre.

3.6 I (e II) tessalonICesI

Quanto rimane dell’interpretazione origeniana sulla Prima lettera ai Tessalonicesi – uno scritto paolino al quale l’Alessandrino pare abbia de-dicato sia un commentario, sia probabilmente una serie di omelie 67 – non

64 cf. goltz, pp. 79-82 e 95.65 l’informazione non collima con quella della lista di eusebio-girolamo,

che parla di CCol come di un’opera in due libri. concordano invece con panfilo-rufino nel considerare questo commento come originariamente composto di tre libri le indicazioni del codice Laura 184; cf. goltz 82s. e 95; lake-new, p. 215; nautin 1977, p. 244.

66 cf. m. simonetti, s. v. Paolo di Samosata, in dpac 2, coll. 2633-2635.67 come si è già osservato (cf. supra la nota 1) la lista di eusebio-girolamo non

è a tale riguardo del tutto esplicita; cf. goltz, p. 84 e 96; lake-new, p. 215, per una variante del testo paolino utilizzato da origene, segnalata dal manoscritto Laura 184.

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è che un brano di significativa ampiezza relativo a 1 ts 4, 14-17, tratto dal terzo (e ultimo) libro del perduto commentario di Origene 68, riportato da Girolamo in ep. 119, 9, 8 - 10, 14. Caso non infrequente nell’epistolario geronimiano, la lettera 119 si presenta come risposta del monaco di Be-tlemme alla richiesta dei due confratelli tolosani Minervio e Alessandro, che erano ricorsi al suo aiuto in merito all’interpretazione di due passi pa-olini particolarmente oscuri: 1 cor 15, 51-53 69 e 1 ts 4, 15-17. Si tratta in effetti di brani accostabili non solo per il comune contenuto escatologico, ma ancor più per l’immaginario apocalittico utilizzato dall’Apostolo, che presentano punti di forte contatto a livello sia concettuale che lessicale 70. Spinto, a suo dire, dalla drastica mancanza di tempo dovuta alla partenza affrettata di Sisinnio, latore della risposta 71, Girolamo affronta l’interpre-tazione dei due testi paralleli nella forma di un centone di commentatori illustri del passato – tra i quali naturalmente Origene 72 – cui, a differenza dei suoi corrispondenti occidentali, egli poteva avere facile accesso in Pale-stina.

La data di composizione della ep. 119 è comunemente stabilita al 406. Spentasi ormai la fase più acuta della controversia sull’ortodossia origeniana (393-402), nondimeno Girolamo avverte ancora la necessità di ribadire i termini della consapevolezza metodologica che proprio lo svolgimento della controversia con Rufino gli ha consentito di mettere a fuoco: altro è l’indiscussa autorità esegetica di Origene, altro sono le sue opinioni teologiche. Per le medesime ragioni, vanno tenute in considera-zione le auctoritates degli antichi che si sono applicati all’interpretazione della Scrittura, quand’anche essi abbiano deviato dall’ortodossia su aspetti particolari, a condizione di saperne vagliare attentamente gli asserti alla luce della fede ecclesiale 73: parole di autogiustificazione che tradiscono

68 cf. Ep 119, 9-10; è proprio dall’esordio di questo testo che ricaviamo la notizia che il commentario origeniano dovesse essere composto di tre libri.

69 dal breve riassunto che girolamo ne fa in Ep 119, 2, parrebbe (anche se può trattarsi di semplificazione redazionale) che la richiesta dei suoi corrispon-denti vertesse in modo più circoscritto su 1 Cor 15, 51: la risposta geronimiana prende in esame l’intero contesto dell’affermazione paolina.

70 Questi, in sintesi, i più evidenti punti di contatto fra i due testi: in 1 Cor 15, 51 paolo dichiara che non tutti moriremo e in 1 Ts 4, 15 enuncia la propria speranza di trovarsi, insieme ad altri, ancora in vita per la venuta del Signore; in 1 Cor 15, 52 parla della resurrezione dei morti al suono dell’ultima tromba e in 1 Ts 4, 16 dice che, alla discesa del signore dal cielo, i morti risorgeranno alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio.

71 cf. Ep 119, 1 e 12.72 in merito a 1 Cor girolamo riporta brani di esegesi da teodoro di eraclea,

diodoro di tarso, apollinare di laodicea, didimo il cieco, acacio di cesarea; su 1 Ts attinge nuovamente ad acacio e diodoro, aggiungendovi origene. nessuna delle opere da cui provengono tali brani è stata a noi conservata.

73 cf. Ep. 119, 11. tra gli autori del passato da accogliere con prudenza, gi-rolamo unisce qui alla menzione di origene quella di eusebio di cesarea, il quale risentì dell’arianesimo, seppure non nelle sue espressioni estreme.

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non solo la consapevolezza di avere attribuito all’Alessandrino uno spazio prevalente entro questa antologia esegetica, ma una volta di più la tenace ammirazione di Girolamo per il genio di colui che resta la fonte primaria e il modello mai abbandonato della sua propria esegesi.

Pur ripetendo insistentemente l’avvertenza di sceverare negli scritti di Origene la genialità dell’interpres dalla pericolosità del dogmatistes, Girolamo, altre volte così acutamente sensibile alle opinioni origeniane ormai colpite da condanna ecclesiale, non sembra avere paventato (forse condizionato anche dalla redazione affrettata dell’ep. 119 che egli stes-so protesta) la presenza ben riconoscibile in queste righe della dottrina dell’apocatastasi, tra i classici capi d’accusa rivolti alla sua epoca contro il pensiero dell’Alessandrino.

Se nulla rimane dell’interpretazione origeniana di 2 Tessalonicesi, un’indicazione del codice laura 184, in cui sono conservati alcuni fram-menti tratti dal corrispondente commento, conferma comunque la notizia di Eusebio-Girolamo che questo fosse composto di un solo libro 74.

3.7 tIto

Tutti i cinque excerpta conservati del commentario su tito (che constava, in base all’ep. 33 di Girolamo, di un unico libro) riguardano tt 3, 10-11, il passo contenente la prescrizione apostolica di evitare l’eretico che sia già stato inutilmente richiamato per due volte. Essi provengono quindi verosimilmente da un unico contesto della perduta opera origenia-na, sebbene si trovino contenuti in due differenti sezioni dell’apologia di Panfilo-Rufino: i primi tre si collegano infatti alla dimostrazione (svolta in apol. pro orig., 29-37) che Origene fu coerente con la norma ecclesiastica nel condannare gli eretici e nell’opporsi a essi, gli ultimi due fanno parte della risposta al nono dei dieci capi d’accusa specifici rivolti contro il pen-siero dell’Alessandrino e discussi da Panfilo: quello inerente alla natura e all’origine dell’anima (ibid., 159-172).

Tra tutti si segnala per ricchezza di contenuto il secondo e più ampio dei cinque brani, in cui, passando per così dire dalla definizione formale a quella materiale dell’eresia, Origene elenca sistematicamente – secondo un impianto di tipo dossografico, riferito agli argomenti canonici dell’inse-gnamento – le deviazioni in materia dogmatica che costituiscono il costan-te e abituale bersaglio polemico della maggior parte delle sue trattazioni. Cinque sono i temi di fondo: Dio, Gesù Cristo, la relazione tra Padre e Figlio, lo Spirito Santo, le anime 75.

74 per le varianti notevoli del testo origeniano di tale lettera conservate nel medesimo codice, cf. goltz, pp. 84s. e 96; lake-new, p. 215.

75 cf. a. le Boulluec, s. v. Eresia, in do, pp. 133-138. l’importante testo eresiologico di CTt 2 può accostarsi strettamente in quasi ogni punto all’esposizone della regola di fede in Prin, Praef., 4-10, anche se qui non compaiono alcune delle tematiche là elencate (in particolare: il carattere creato e corruttibile del mondo,

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Contro la fede in Dio Padre sta il diteismo degli gnostici “classici” 76 (che Origene indica come di consueto nella triade: Marcione, Valentino e Basilide, qui uniti alla menzione dei Sethiani) e quello attenuato del di-scepolo di Marcione, Apelle. In argomento cristologico Origene contesta: la negazione della preesistenza e divinità del Figlio, il docetismo sull’in-carnazione e il parto dalla Vergine, il patripassianesimo che ammette una distinzione puramente nominale tra Padre e Figlio; riguardo allo Spirito Santo condanna la contrapposizione tra spirito operante nei profeti e spi-rito degli apostoli, che ripropone in forma differente il diteismo gnostico e marcionita già stigmatizzato nel dualismo tra economia della Legge ed economia del Vangelo. Nel seguito dell’esposizione Origene completa l’in-sieme delle deviazioni dogmatiche con quelle di interesse antropologico (la dottrina gnostica di più nature di uomini e la conseguente negazione del libero arbitrio), escatologico (la resurrezione finale e la retribuzione ul-traterrena), demonologico (l’influsso delle potestà diaboliche sulla libertà umana). Si tratta, come ben può vedersi, di un vero e proprio compendio dell’eresiologia origeniana che, passando in rassegna l’intera gamma degli errori correnti al suo tempo, consente all’Alessandrino di descrivere nel modo più organico quale sia il contenuto normativo o “canone” della fede ecclesiale – qui indicata con formule quali ecclesiasticus ordo, ecclesiasti-ca observantia o regula e simili – come formalizzato in ambito alessandri-no attorno alla metà del III secolo e da lui condiviso.

3.8 fIlemone

Secondo Eusebio-Girolamo, Origene compose un commentario an-che sulla Lettera a Filemone, oggi definita per lo più dagli esegeti “bigliet-to” a motivo dell’estensione assai ridotta dello scritto, ovviamente formato da un solo libro. L’apologia panfiliana conferma tale notizia, indicando come proveniente da tale opera, perduta nella sua interezza, un unico bra-no dalle dimensioni relativamente ampie 77.

Il contesto in cui l’excerptum viene ripresentato è quello della difesa di Origene in merito alla sesta delle dieci accuse puntuali respinte da Panfi-lo (apol. pro orig., 122-125), quella di avere negato la verità storica degli

l’ermeneutica spirituale della scrittura); cf. per una presentazione panoramica di tale testo r. Williams, s. v. Regola di fede, in do, pp. 398-401. altre affini esposi-zioni complessive dell’eresiologia origeniana sono anche in CMtS 33 (= Bendinelli-scognamiglio-danieli 1, pp. 220-230) e più sinteticamente in CIo 32, 186-193.

76 per le notizie sulle singole personalità e dottrine di seguito nominate, riman-diamo alle relative annotazioni in CTt 2. si tenga presente in generale che «per ori-gene gli eretici sono per lo più gli gnostici e… le due nozioni praticamente si identifi-cano, tenendo presente che [erroneamente]… include abitualmente marcione tra gli gnostici»; e. norelli, s. v. Gnosticismo, in do, pp. 209-216 (citazione da p. 209).

77 segnaliamo come il codice Laura 184 presenta su Fm due annotazioni di carattere testuale; cf. goltz, pp. 90 e 96.

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eventi narrati dalla Scrittura 78. Con tutta evidenza tale commento doveva riferirsi a fm 5 (“la fede che hai nel Signore Gesù e in tutti i suoi santi”), giacché esso enumera una nutrita serie di figure esemplari dell’Antico Testa-mento – dai protoplasti, ai patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe, a Mosè, ai giudici e ai profeti di Israele – ricordate attraverso i fatti salienti delle loro vite, per concludere sulla base di tale ampia esemplificazione che l’atto di fede non si rivolge solo a Cristo, bensì congiuntamente a lui e ai suoi santi.

L’accusa cui l’apologia intende replicare ha soprattutto di mira il me-todo allegorico praticato dall’Alessandrino, inteso come ricerca del senso spi-rituale al di là e a scapito del rispetto del testo sacro nella sua letteralità. Nel brano di cph è per contro ben riconoscibile la più volte ricordata preoccu-pazione origeniana di opporsi a ogni forma di contrapposizione e dualismo, di impronta gnostica e marcionita, tra antica e nuova economia, tra Legge e Vangelo 79, ribadendo come le vicende veterotestamentarie appartengano a pieno titolo all’unico piano di salvezza, che trova la propria unità nell’essere pervaso dalla presenza dell’unico Logos anche anteriormente all’incarna-zione. La scelta di questo excerptum appare comunque significativamente rappresentativa dell’intento apologetico di Panfilo, in riferimento all’accusa di avere abusato dell’allegoresi: in esso infatti è completamente assente qual-siasi sviluppo o accenno in tal senso, nonostante la presenza di tante figure veterotestamentarie spesso pienamente valorizzate in tale senso dall’Ales-sandrino nei cicli omiletici e nei commentari.

Ancora una volta è stato proposto di guardare al corrispondente com-mentario geronimiano come fonte per risalire al probabile contenuto della perduta opera origeniana, basandosi in particolare sul fatto che (a differenza di quanto egli stesso dichiara nei prologhi ai suoi commentari su efesini e galati, come abbiamo già ricordato sopra) qui Girolamo non nonimi né Ori-gene, né alcun altro commentatore alla cui opera abbia attinto: tale silenzio potrebbe, si è detto, essere interpretato come indizio di una dipendenza ancor più stretta e pressoché esclusiva da Origene 80. Un ulteriore indizio in tale sen-so si è voluto riconoscere anche nel fatto che, introducendo nel 398 la propria versione latina dei principi origeniani, Rufino accennasse ai commentari pa-olini di Girolamo qualificandoli come traduzioni dall’Alessandrino, senza che Girolamo abbia in seguito ritenuto di dover contestarne l’affermazione 81. Ma

78 con evidente esagerazione, tale accusa prende di mira il procedimento origeniano del defectus litterae, che costituisce talvolta (ma tutt’altro che di re-gola) il fondamento della sua allegorizzazione, soprattutto dei testi dell’antico testamento, allorché le difficoltà di vario genere presenti nel senso letterale siano intese da origene come spia della necessità di passare a un superiore significato spirituale; cf. simonetti 1985, pp. 102s. e nota 138. normalmente il senso spiri-tuale è inteso da origene sovrapporsi a quello letterale e storico, che ne costitui-sce il presupposto; cf. ibid., pp. 84-88 e passim.

79 cf supra il primo paragrafo della presente introduzione.80 così Heine 2000c, riprendendo le principali conclusioni di Bammel 1993.81 l’osservazione si deve ancora a Bammel 1993, p. 191; il passo cui l’autrice

fa riferimento è Prin, Praef. Rufini, 2.

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introduZione generale32

tanto la mancata dichiarazione delle proprie fonti quanto l’assenza di replica all’affermazione di Rufino costituiscono indizi di carattere puramente negati-vo, dai quali sarebbe improprio dedurre che lo Stridonense abbia seguito per questa opera un metodo redazionale sostanzialmente differente da quello che egli stesso presenta nei suoi più ampi commentari su efesini e galati, su cui ci siamo già soffermati.

3.9 ebreI

Come già visto nel caso delle omelie sulla prima ai corinzi, anche in merito alle opere origeniane relative a Ebrei la lista di Eusebio-Girolamo appare lacunosa rispetto a quanto ricavabile dalle altre fonti: vi leggiamo in-fatti solo la menzione di un ciclo di 17 omelie su ebrei, mentre nulla viene detto dell’esistenza di un commentario sul medesimo scritto.

Per contro, è proprio da tale commentario su ebrei, non noto a noi da altre fonti, che l’apologia dichiara di trarre quattro excerpta 82, stret-tamente affini tra loro nel comune interesse per le problematiche cristo-logiche. Il contesto in cui gli excerpta sono introdotti da Panfilo è quello della difesa dell’ortodossia di Origene su tale delicata e complessa materia, in particolare riguardo all’accusa di avere negato la generazione del Figlio, considerandolo ingenerato al pari di Dio Padre 83. I quattro brani sembrano potersi tutti in qualche modo riferire ai versetti iniziali della lettera, ove è contenuta la definizione del Figlio come “splendore della gloria e impronta della sostanza” di Dio. Il temine di splendor è da Origene posto in relazio-ne con le definizioni della Sapienza divina come “splendore della luce eter-na” (sap 7, 26) ed “effluvio purissimo della gloria dell’Onnipotente” (ibid. 7, 25), argomentando anche in base all’esegesi dei temini “emanazione” (vapor) ed “effluvio” (ajpovrroia) da un lato il carattere di connaturalità e coeternità con Dio del Figlio, dall’altro la sua derivazione e distinzione da

82 Basandosi sul fatto che si tratti di un’attestazione isolata, nautin 1977, p. 240, n. 63, ipotizzava un errore di panfilo-rufino nella menzione di un Com-mentario su Ebrei. per contro, recepiscono anche il dato dell’Apologia – insieme a quello della lista di eusebio-girolamo – tra gli altri Bp 3, p. 19 e cpg 1, 1467, che considerano come due differenti opere origeniane Commentario e Omelie su Ebrei. a tale distinzione si attiene anche la nostra presentazione dei frammenti.

83 l’affermazione compare una prima volta in panfilo, Apol. pro Orig., entro la sezione 44-64 (in cui è citato, tra brani di altre opere origeniane, CHeb 1) e ritorna nelle risposte alle dieci accuse particolari (ibid., 88-188), di cui quella di considerare il figlio ingenerato costituisce la prima (88-100) e al cui dossier appar-tengono CHeb 2-4. gli altri aspetti contestati della cristologia origeniana elencati da panfilo sono: l’esistenza del figlio per emissione (101-107), la riduzione della persona di cristo alla semplice dimensione umana (108-111, da cui i già ricordati brani di CGal), il carattere apparente delle azioni di cristo (112-114), l’esistenza di due cristi (115-121, da cui il brano di CCol). le sole tematiche cristologiche coprono nel complesso la metà delle criminationes evidenziate da panfilo nella seconda parte dell’Apologia. si veda inoltre la nota seguente.

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introduZione generale 33

lui 84. Anche il termine di substantia proprio del linguaggio di Ebrei concor-re, secondo l’interpretazione origeniana, nell’indicare l’eccellenza del Figlio sulla semplice natura umana (cHeb 1-3). Nell’affermare ciò, egli ha ben presente la preoccupazione che sia escluso dalla retta comprensione di tali termini ogni carattere di materialità e fisicità 85, e a tale scopo richiama con insistenza il carattere analogico del linguaggio biblico, il quale non può se non prendere l’avvio dall’esperienza sensibile (cHeb 4).

Delle omelie su ebrei, perdute quasi nella loro totalità, un solo testo è stato conservato da Eusebio all’interno della sua esposizione riguardante il canone biblico seguito da Origene (He, 6, 25). Il brano, di carattere introdut-tivo e dal tenore del tutto generale, affronta il tema dell’autenticità di Ebrei prendendo l’avvio dai dati interni e rilevando da un lato la qualità stilistica su-periore della lingua greca di questa lettera rispetto agli scritti certamente pao-lini, dall’altro la coerenza del suo pensiero con quello dell’Apostolo. Quanto all’autore, Origene propone di attribuirla a un redattore cronologicamente e biograficamente vicino alla predicazione di Paolo (citando espressamente a tale riguardo i possibili nomi di Clemente Romano e di Luca evangelista, tenuti da alcuni per validi), sembrandogli possibile conciliare in tal modo la tradizione al suo tempo accolta da molte Chiese, che vuole Ebrei inserita nell’elenco delle lettere paoline autentiche 86, con i dati risultanti dalla sua disamina critica.

84 «l’accusa di aver considerato ingenerato, come il padre, anche il figlio deriva dal non aver compreso che per origene il figlio viene generato dal padre con generazione eterna e continua» e bene esemplifica il carattere tendenzioso ed errato della maggior parte dei capi d’accusa registrati da panfilo; cf. simonetti 1993, pp. 11s. sottolinea il carattere innovativo della concezione origeniana di una generazione ab aeterno del figlio, anche alla luce della sua difficile recezione successiva, prinzivalli, pp. 17-19. per questo e altri aspetti connessi rimandiamo inoltre alle annotazioni ai testi di CHeb.

85 l’immagine biblica del vapor o ajpovrroia si prestava infatti a essere inter-pretata nel senso delle emissioni o prolazioni (probolaiv, prolationes) della gnosi valentiniana, che indicava tecnicamente con tale termine il modo della successiva suddivisione del pleroma divino in trenta eoni, tra cui il logos; cf. c. gianotto, s. v. Valentino gnostico, dpac 2, coll. 3542-3544. a questa specifica accusa i testi origeniani raccolti da panfilo ribattono più ampiamente poco oltre, nella risposta alla seconda criminatio (panfilo, Apol. pro Orig., 101-107).

86 nonostante quanto qui affermato, lo stesso origene rispetta tuttavia il dato tradizionale della paternità paolina, non solo nel seguito di questo excer-ptum, dichiarandosi rispettoso della convinzione vigente presso altre chiese, ma costantemente nei suoi scritti: «dalle prime alle ultime opere egli attribuisce sem-pre le citazioni che trae da Eb indifferentemente a paolo o all’apostolo, utilizzan-do cioè lo stesso frasario con cui introduce i riferimenti di tutte le altre epistole»; cocchini 1992a, p. 92 . in EpAfr 14 (databile agli ultimi anni della sua vita) orige-ne si dichiara perfino persuaso di poter confutare con altrettante prove contrarie gli argomenti di quanti si opponevano all’autenticità paolina.

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4. ePilogo e ringraziamenti

Una documentazione insieme ampia e disuguale com’è quella qui presentata sfugge evidentemente a qualsiasi tentativo di sistematizzazione e di sintesi. Si è visto come la sua trasmissione sia stata condizionata in modo determinante da un duplice interesse: quello degli obiettivi polemici o, all’opposto, apertamente apologetici. Le ostilità incontrate dalle opere di Origene e le controversie intorno alla sua eredità teologica non hanno tuttavia potuto impedirne completamente la sopravvivenza, contribuendo anzi paradossalmente a veicolarle proprio attraverso la polemica e l’inces-sante rilettura critica, come la questione origenista tra Girolamo e Rufi-no sta emblematicamente a dimostrare. Oltre al filtro “ideologico” anche quello più strettamente connesso alla tradizione letteraria – vale a dire l’antologizzazione e/o la traduzione latina – ha agito a sua volta sia come tramite che come condizionamento sulle opere origeniane, consentendoci oggi l’accesso alla sua esegesi paolina come a un lascito culturale inscindi-bilmente segnato dalla discussione intorno al suo valore.

Il presente volume si deve anche all’aiuto fornitomi a diverso titolo da persone e istituzioni che hanno contribuito, in maniera spesso determi-nante, a renderne possibile la stesura. Fra i tanti che non mi è qui possibile enumerare, mi sia consentito esprimere la mia gratitudine in primo luogo al prof. Manlio Simonetti, direttore della presente collana, il quale ha seguito con paziente attenzione tutte le fasi del lavoro, costantemente stimolandomi a migliorarlo con le sue puntuali osservazioni. Quindi a tutti i membri del Gruppo italiano di ricerca su Origene e la tradizione alessandrina, che con la sua molteplice attività e in particolare con la redazione della rivista ada-mantius, instancabilmente guidata dal condirettore della presente collana prof. Lorenzo Perrone, da oltre un decennio costituisce per me come per molti altri l’ambito del più stimolante confronto con numerosi cultori italia-ni e stranieri di studi origeniani. Molti altri nell’Università di Bologna sono stati generosi del proprio tempo nei miei riguardi con preziosi apporti legati alle loro rispettive competenze; tra tutti desidero ricordare almeno: France-sco Citti, Chiara Faraggiana, Camillo Neri, Carla Salvaterra, Rita Zanotto. Infine debbo molta riconoscenza all’Università degli Studi di Bologna, al Dipartimento di Filologia Classica e Medioevale e alla Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna per l’assegno di ricerca di cui ho potuto fruire negli anni accademici dal 2003 al 2007 senza il quale il progetto sarebbe certo rimasto ancora a lungo semplicemente tale.

Con gratitudine dedico queste pagine alla cara memoria di don Paolo Serra Zanetti e di Yves-Marie Duval.

Francesco Pieri

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INDICE GENERALE

Prefazione (Romano Penna) pag. 7

Introduzione generale » 9 1. Origene e l’Apostolo . . . . . . . . . . . . . . » 9

2. Fra tradizione greca e latina . . . . . . . . . . . » 12

3. Le opere dell’esegesi paolina . . . . . . . . . . . » 153.1 I (e II) Corinzi . . . . . . . . . . . . . . . » 173.2 Galati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 193.3 Efesini . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 233.4 Filippesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 273.5 Colossesi . . . . . . . . . . . . . . . . . » 273.6 I (e II) Tessalonicesi . . . . . . . . . . . . . » 27 3.7 Tito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 293.8 Filemone . . . . . . . . . . . . . . . . . » 30 3.9 Ebrei . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 32

4. Epilogo e ringraziamenti . . . . . . . . . . . . » 34

notA editoriALe . . . . . . . . . . . . . . . . . » 35

siGLe e AbbreviAzioni . . . . . . . . . . . . . . . » 36

siGLe dei Libri deLLA bibbiA (LAtino) . . . . . . . . . » 40

siGLe dei Libri deLLA bibbiA (itALiAno) . . . . . . . . » 41

bibLioGrAfiA . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 43

eXeGeticA in PAuLumeXcerPtA et frAGmentA

eseGesi PAoLinAi testi frAmmentAri

suLLA PrimA LetterA Ai corinzi . . . . . . . . . . » 51Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . » 51Ex homiliis (?) in Epistulam Primam ad Corinthios . » 52Dalle omelie (?) sulla Prima Lettera ai Corinzi . . . . » 53

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suLLA LetterA Ai GALAti . . . . . . . . . . . . . pag. 219Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . » 219Ex commentariis in Epistulam ad Galatas . . . . . » 220Dal commento alla Lettera ai Galati . . . . . . . » 221Ex Stromatum libro X . . . . . . . . . . . . . » 222Dal libro X degli Stromati . . . . . . . . . . . » 223

suLLA LetterA AGLi efesini . . . . . . . . . . . . » 229Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . » 229Ex commentariis in Epistulam ad Ephesios . . . . . » 230Dal commento alla Lettera agli Efesini . . . . . . » 231

suLLA LetterA Ai coLossesi . . . . . . . . . . . . » 369Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . » 369Ex commentariis in Epistulam ad Colossenses . . . . » 370Dal commento alla Lettera ai Colossesi . . . . . . » 371

suLLA PrimA LetterA Ai tessALonicesi . . . . . . . . » 373Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . » 373 Ex commentariis in Epistulam Primam ad Thessalonicenses » 374Dal commento alla Prima Lettera ai Tessalonicesi. . . » 375

suLLA LetterA A tito . . . . . . . . . . . . . . . » 387Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . » 387 Ex commentariis in Epistulam ad Titum . . . . . . » 388Dal commento alla Lettera a Tito . . . . . . . . . » 389

suLLA LetterA A fiLemone . . . . . . . . . . . . . » 399Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . » 399 Ex commentariis in Epistulam ad Philemonem . . . » 400Dal commento alla Lettera a Filemone . . . . . . . » 401

suLLA LetterA AGLi ebrei . . . . . . . . . . . . . » 405Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . » 405Ex homiliis in Epistulam ad Hebraeos . . . . . . . » 406Dalle omelie sulla Lettera agli Ebrei . . . . . . . » 407 Ex commentariis in Epistulam ad Hebraeos . . . . » 408Dal commento alla Lettera agli Ebrei . . . . . . . » 409

indice scritturistico . . . . . . . . . . . . . . . »

indice deLLe oPere oriGeniAne citAte . . . . . . . . »

indice deGLi Autori Antichi e moderni . . . . . . . »

indice AnALitico . . . . . . . . . . . . . . . . »

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