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Presentiamo l’antolgia “L’altalena del tempo” dei nostri scrittori Pag24-25 La rianimazione che fa bene al cuore. Pag.18 Intelletuali, operatori e persone detenute insieme Pag.17 Succede in Lettonia e in Ucraina Pag.12-13 Solitudine e autoreclusione: catene dalle quali possiamo liberarci Pag.6-7 Festival di Anghiari Medicina Il progetto Trio Cronache di detenzione Inchiesta SOMMARIO Editoriale IN CORSO La nostra redazione Alg e Ordine giornalisti ci definiscono “Redattori diversamente liberi” Pagine 4-5 Il presidente dell’Ordine Giornalisti della Lombardia GABRIELE DOSSENA Il presidente della Associazione Lombarda Giornalisti PAOLO PERUCCHINI Riconoscono ai detenuti nella casa di reclusione di Milano - Opera impegnati volontari nel notiziario “In corso d’Opera” il ruolo culturale e sociale di informatori con l’indicazione di REDATTORI DIVERSAMENTE LIBERI Alg Alfredo Visconti e Fabio Presicci Sanita’ e Tossicodipendenze in carcere Giuseppe Catalano Cronaca i in carcere, Vignette, lettere Domenico Iamundo e Antonio Cesarano Spettacoli e manifestazioni Giuseppe Carnovale Poesie Boris Zubine Musicoterapia Ercole Manlia Cucina dietro le sbarre Rocco Zinghini Forneria Erjugen Meta Liuteria Christopher Santos Sport Albert Borsalino Nel mondo Giuseppe Di Matteo Storie e fiabe Armando Leba Carlo D’Elia Danilo Bisio Ignat Sorin Pietro Citterio Santo Romeo Catalin Condorache Filippo Cavaliere Gianfranco Grossi El Houssaine Khdairi Lino Lauriola Benito Maisto Maurizio Mancia Rino Buonsanto Editore CISPROJET LEGGERE LIBERA-MENTE Direttore editoriale BARBARA ROSSI Coordinamento Gruppo di lavoro PAOLO ROMAGNOLI Direttore responsabile RENZO MAGOSSO Grafica e impaginazione CARLO UBEZIO Supervisione Direttore di Opera GIACINTO SICILIANO Luigi Polizzi Recensione libri e informazioni sulla cultura Redazione Capiservizio Redattore capo Storico riconoscimento Il premio Vergani ci ha inseriti tra i cronisti dell’anno più prestigiosi Paginae 3 Expo Una Milano da bere e un ‘altra che continua ad avere fame Pagina 22 Opera Diventato scrittore in carcere ha incantato Hollywood Edward Bunker ribelle da premio Oscar E dward Bunker non si può propriamente de- finire un grande della storia finito in carcere, come Caravaggio o Tor- quato Tasso. Quello che senza remore si può però dire di lui è che sia stato un esempio di cri- minale comune che ha cer- cato la via della redenzione durante i suoi quasi 17 anni di carcere, scontati in più riprese, tramite la costanza nell’amore per la lettura e la scrittura e la perseveranza nell’inseguire una fonte di guadagno che gli permet- tesse di di vivere una vita che, secondo lui, valesse la pena di essere vissuta senza finire ciclicamente dietro le sbarre. Continua a pagina 2 di Albert Borsalino e Luigi Polizzi Periodico dal carcere di Opera Anno 2 N°2 Luglio 2015 Registrazione Tribunale di Milano N°67 del 17 marzo 2015 Al Circolo della Stampa di Mi- lano era in corso un evento di formazione dedicato ai giorna- listi (120 importanti presenze) con la partecipazione di un folto gruppo di persone detenute. Tutti impegnati nella redazione del nostro periodico. Era stato appena presentato (con diapo- sitive e successivo ampio dibat- tito) proprio il giornale che state leggendo. A un certo punto una bambina è entrata nel salone passando dalla porta riservata ai relatori e si è seduta sulle ginoc- chia del suo papà che aveva avu- to dalla direzione del carcere di Opera il permesso di presenza all’evento. Lui era seduto in prima fila, i microfoni dei relatori a pochissimi passi. Nell’attimo di collettivo stupore per l’insolita pre- senza si è sentita, ben amplificata dai microfoni, la voce della bimba: ”Papà, qualcuno mi ha detto che avevi fatto cose cattive, per questo non ti vedevo più a casa e non sapevo cosa dire a scuola, alla maestra, alle mie compa- gne. Ma ora ho capito: adesso non fai più cose cattive, anzi stai lavorando su cose buone, utili per te per aiutare tutti gli altri che, come te, non possono tornare a casa. Finalmente posso dirti con tutto il cuore che tutto è cambiato, ora mi sento orgogliosa del mio papà e racconterò che stai facendo cose belle e importanti”. Ecco: con poche e semplici parole, questa bambina ha riassunto con straordinaria efficacia quello che stiamo facendo, quello che il gruppo di “redattori diversamente liberi” sta riuscendo a realizzare. Am- piamente riconosciuto dai cronisti con i quali l’intero nostro gruppo è stato insignito del Premio Vergani, ottenen- do anche un significativo, e finora mai rilasciato a persone detenute, diploma di merito dall’Ordine dei Giornalisti e dell’Associazione Lombarda giornalisti. Ora cominciate a sfogliare questo nu- mero del nostro giornale. Le sorprese sui suoi contenuti, pensati e realizzati dentro le mura di Opera e destinati soprattutto alle persone libere, sono appena cominciate. Buona lettura.

Opera IN CORSO · Presentiamo l’antolgia “L’altalena del tempo” dei nostri scrittori Pag24-25 La rianimazione che fa bene al cuore. Pag.18 Intelletuali, operatori e persone

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Page 1: Opera IN CORSO · Presentiamo l’antolgia “L’altalena del tempo” dei nostri scrittori Pag24-25 La rianimazione che fa bene al cuore. Pag.18 Intelletuali, operatori e persone

Presentiamo l’antolgia “L’altalena del tempo” dei nostri scrittori Pag24-25

La rianimazione che fa bene al cuore. Pag.18

Intelletuali, operatori e persone detenute insieme Pag.17

Succede in Lettonia e in Ucraina Pag.12-13

Solitudine e autoreclusione: catene dalle quali possiamo liberarci Pag.6-7

Festival di Anghiari Medicina

Il progetto Trio Cronache di detenzione

Inchiesta

S O M M A R I O

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leIN CORSO

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one Alg e Ordine

giornalisti ci definiscono“Redattori diversamente liberi”

Pagine 4-5

Il presidente dell’OrdineGiornalisti della Lombardia

GABRIELE DOSSENA

Il presidente della Associazione Lombarda Giornalisti

PAOLO PERUCCHINI

Riconoscono ai detenuti nella casa di reclusione di Milano - Opera impegnati volontari nel notiziario “In corso d’Opera”

il ruolo culturale e sociale di informatori con l’indicazione di

REDATTORI DIVERSAMENTE LIBERI

associazione lombarda giornalistiAlgOrdine dei Giornalisti

della Lombardia

Alfredo Visconti e Fabio PresicciSanita’ e Tossicodipendenze in carcereGiuseppe CatalanoCronaca i in carcere,Vignette, lettere

Domenico Iamundo e Antonio CesaranoSpettacoli e manifestazioniGiuseppe CarnovalePoesieBoris ZubineMusicoterapia

Ercole ManliaCucina dietro le sbarreRocco ZinghiniForneriaErjugen MetaLiuteria

Christopher SantosSportAlbert BorsalinoNel mondoGiuseppe Di MatteoStorie e fiabe

Armando LebaCarlo D’EliaDanilo BisioIgnat SorinPietro CitterioSanto RomeoCatalin Condorache

Filippo CavaliereGianfranco GrossiEl Houssaine KhdairiLino LauriolaBenito MaistoMaurizio ManciaRino Buonsanto

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LIBERA-MENTE

Direttore editoriale

BARBARA ROSSI

CoordinamentoGruppo di lavoroPAOLO ROMAGNOLI

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Grafica e impaginazione

CARLO UBEZIO

SupervisioneDirettore di OperaGIACINTO SICILIANO

Luigi PolizziRecensione libri e informazioni sulla cultura

RedazioneCapiservizio

Redattore capo

Stor

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cono

scim

ento Il premio

Verganici ha inserititra i cronisti dell’annopiù prestigiosi

Paginae 3Ex

po

Una Milanoda bere e un ‘altra che continua ad avere fame

Pagina 22

OperaDiventato scrittore in carcere ha incantato Hollywood

Edward Bunker ribelleda premio OscarE

dward Bunker non si può propriamente de-finire un grande della storia finito in carcere,

come Caravaggio o Tor-quato Tasso.Quello che senza remore si può però dire di lui è che sia stato un esempio di cri-minale comune che ha cer-cato la via della redenzione durante i suoi quasi 17 anni di carcere, scontati in più riprese, tramite la costanza nell’amore per la lettura e la scrittura e la perseveranza nell’inseguire una fonte di guadagno che gli permet-tesse di di vivere una vita che, secondo lui, valesse la pena di essere vissuta senza finire ciclicamente dietro le sbarre.

Continua a pagina 2 di Albert Borsalino e Luigi Polizzi

Periodico dal carcere di Opera

Anno 2 N°2 Luglio 2015

Registrazione Tribunale di Milano N°67 del 17 marzo 2015

Al Circolo della Stampa di Mi-lano era in corso un evento di formazione dedicato ai giorna-listi (120 importanti presenze) con la partecipazione di un folto gruppo di persone detenute. Tutti impegnati nella redazione del nostro periodico. Era stato appena presentato (con diapo-sitive e successivo ampio dibat-tito) proprio il giornale che state leggendo. A un certo punto una bambina è entrata nel salone passando dalla porta riservata ai relatori e si è seduta sulle ginoc-chia del suo papà che aveva avu-

to dalla direzione del carcere di Opera il permesso di presenza all’evento. Lui era seduto in prima fila, i microfoni dei relatori a pochissimi passi. Nell’attimo di collettivo stupore per l’insolita pre-senza si è sentita, ben amplificata dai microfoni, la voce della bimba: ”Papà, qualcuno mi ha detto che avevi fatto cose cattive, per questo non ti vedevo più a casa e non sapevo cosa dire a scuola, alla maestra, alle mie compa-gne. Ma ora ho capito: adesso non fai più cose cattive, anzi stai lavorando su cose buone, utili per te per aiutare tutti gli altri che, come te, non possono tornare a casa. Finalmente posso dirti con tutto il cuore che tutto è cambiato, ora mi sento orgogliosa del mio papà e racconterò che stai facendo cose belle e importanti”. Ecco: con poche e semplici parole, questa bambina ha riassunto con straordinaria efficacia quello che stiamo facendo, quello che il gruppo di “redattori diversamente liberi” sta riuscendo a realizzare. Am-piamente riconosciuto dai cronisti con i quali l’intero nostro gruppo è stato insignito del Premio Vergani, ottenen-do anche un significativo, e finora mai rilasciato a persone detenute, diploma di merito dall’Ordine dei Giornalisti e dell’Associazione Lombarda giornalisti. Ora cominciate a sfogliare questo nu-mero del nostro giornale. Le sorprese sui suoi contenuti, pensati e realizzati dentro le mura di Opera e destinati soprattutto alle persone libere, sono appena cominciate. Buona lettura.

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Aprile 2015 Aprile 2015OperaIN CORSO OperaIN CORSO2 3

Un sabato sferzato da sottile brezza e da un timido sole. Sette uomini

“diversamente liberi” sono fermi nel cortile dell’Istituto dei Cie-chi, storica e stupenda costruzione del dician-novesimo secolo, nel cuore di Milano. Sono le 9, Milano si è appe-na svegliata, poche le macchine che transita-

no, poche le persone che a piedi si recano al lavoro; si ode il rumore delle saracinesche dei negozi che si riavvolgono, ma per quei sette uomini è stata una lunga notte insonne, loro sanno che da li a poco accadrà una sorta di miracolo. Il pre-mio per i giornalisti che si sono distinti per i loro articoli di cronaca inti-tolato a “ Guido Verga-ni.” A fare da cornice è l’Istituto dei ciechi di via Vivaio che ospita l’even-to. Tante le presenze, tanti i personaggi famosi nel campo giornalistico, tante le rappresentanze istituzionali e tra questi quei sette uomini che mai avrebbero pensato di po-tersi trovare in un posto simile. Ma erano lì e aveva-no titolo per esservi, erano anche loro tra i premiati. Non era mai accaduto nella

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Alfredo Visconti

Noi, tra i reportercronisti dell’anno

Prestigioso riconoscimento al nostro giornale

storia del giornalismo che alcuni detenuti venissero riconosciuti dall’Ordine dei giornalisti come loro “colleghi” e, soprattutto, non era mai accaduto che questi venissero insigniti di un premio così prestigio-so per aver dato vita ad un

giornale interamente “co-struito” all’interno della Casa di Reclusione di Mi-lano-Opera con la super-visione di Renzo Magosso, notissimo professionista del settore, coadiuvato dal-la Dott. ssa Barbara Rossi , psicologa, dalla Dott. ssa

Daniela Bianchini giorna-lista, Dal dott. Paolo Ro-magnoli coordinatore di redazione e dall’ impareg-giabile grafico Carlo Ube-zio. Un esperimento nato in sordina circa due anni orsono sul quale in pochi avrebbero scommesso, che invece si è evoluto ed ha raggiunto livelli ragguar-devoli. Segno tangibile dell’impegno e della serietà con cui è stato condotto da tutti coloro che gli hanno dato vita a dimostrazione che essere reclusi non vuol

dire necessariamente es-sere esclusi, non vuol dire essere incapaci di prova-re emozioni e tradurle in articoli giornalistici, non vuol dire essere disattenti e disinteressati a tutto ciò che di bello e di brutto ac-cade nel mondo... Anche attraverso quest’impresa passa la voglia sempre più prepotente di riscatto, il desiderio di essere parte collaborativa di una socie-tà che si evolve e che, si spera, si accorga di chi sta

cercando di risalire la china di un passato poco limpido. San Paolo diceva: “ Bisogna vagliare tutto e trattenerne il valore” per dire che in ogni essere umano vi è del buono ed è proprio que-sto che bisogna ricercare e trattenere per farne teso-ro...

Premio Vergani con i giornalisti più meritevoli per i loro articoli

Qui sopra e nelle foto in alto i momenti più toccanti della premiazione.

Segue da pag.1Edward Bunker nasce a Hollywood nel 1933 quan-do la Grande Depressione, scaturita dal crollo della Borsa di Wall Street, era una ferita ancora non ri-marginata che squarciava il tessuto sociale america-no. La situazione familiare in cui crebbe non lo aiutò a superare pacificamen-te i suoi disagi interiori, anzi ne accrebbe l’irruen-za e la rabbia nei confronti dell’autorità giudiziaria minorile, prima, e di quella vera e propria col seguitare degli anni.I suoi genitori erano di fatto una coppia non spo-sata che non visse mai sotto lo stesso tetto dopo la na-scita del piccolo Edward, facendo così mancare alle sue “nozioni ca-ratteriali” la pace familiare. Già all’età di quattro anni i genitori del giovane Bunker realizzano di non poter seguire il loro primogenito con le cure e l’amore di cui avrebbe biso-gno un bambino problema-tico come il loro e lasciano che il tribunale dei minori decida della sua educazio-ne, iniziando di fatto una sarabanda di affidamenti a diverse istituzioni.Qui Bunker inizia la vita violenta di strada che ca-ratterizzerà la sua esistenza per i futuri cinquant’anni, traghettandolo tra case di reclusione minorili, istituti di salute mentale, scuole militari per giovani scape-

strati fino alla prima vera reclusione della durata di cinque anni nella prigione di S.Quintino, a diciassette anni, e a quella più consi-stente tra il penitenziario di massima sicurezza di Fol-som, prima, e di S. Quen-tino, poi, iniziata nel 1967 e protrattasi per quasi dieci anni. Lo spirito di Bunker è quello di un ribelle nato sulla strada, fattosi le ossa nei riformatori e diventato uomo in regime di deten-zione, figlio della logica carceraria vigente nella pri-ma metà del secolo scorso e lontana da ogni parvenza di

rieducazione sociale.Le angherie a cui Bunker viene sottoposto o di cui è testimone da parte di cru-deli tutori governativi, la-sciano dentro di lui ferite sempre più insanabili, al-lontanando completamente la sua visione della vita da-gli standard delle persone comuni e facendo scaturire in lui un radicato e profon-do disprezzo nei confronti dell’autorità.La carriera criminale di Bunker è eclettica. Egli perpetra molti dei reati descritti nel codice di pro-cedura penale della Cali-

fornia. Il suo quoziente intellettivo è di 152 (certi-ficato in uno degli Istituti in cui è stato ricoverato), molto superiore alla media. Sicuramente è merito della sua intelligenza se riesce a non farsi consumare dai numerosi anni di prigionia a cui è sottoposto in anni e regimi sia culturali che carcerari che distano anni luce dalla realtà carceraria del 2015. La sua passio-ne per la lettura è vorace e precoce, egli inizia infatti a colmare i lunghi tempi di inattività detentiva già dai suoi primi anni di reclusio-

ne nelle case statali. Questa passione cresce con lui e viene incoraggiata da una persona, la signo-ra Wallis, che ha un ruolo fondamentale nel mostrar-gli che una vita differente esiste ma che solo con la perseveranza e la forza di volontà propria è possibile raggiungerla. L’impulso di scrivere matura in Bunker durante una carcerazione a S.Quentino e viene sti-molata dallo sforzo di un detenuto che Edward già conosce da una preceden-te carcerazione e che, dal braccio della morte, scrive

Da rapinatore a autore di best sellerHa collaborato con attori e registi come Quentin Tarantino e Robert De Niro

un libro che verrà pubblica-to, prima come estratto su un periodico e poi in ver-sione integrale. Lo sforzo di Bunker non verrà premiato se non mol-ti anni più tardi e dopo sei scritti giudicati interessan-ti ma non abbastanza ben scritti per essere pubblica-ti. Dovrà passare anche un altra carcerazione di quasi dieci anni prima che esca sul mercato il suo primo romanzo ‘’Cane mangia cane’’, nel 1999, confe-rendogli fama mondiale e fruttandogli gli elogi della

critica e di artisti molto noti come lo scrittore noir Ja-mes Ellroy e il re-gista Quentin Ta-rantino che di fatto lo assumerà come ‘’coordinatore di realismo’’ nel suo film ‘’Le iene’’, in-centrato sui risvolti sanguinosi di una rapina in una gio-ielleria. Bunker è

un criminale senza rimorsi per i reati commessi, delit-ti per altro realizzati quasi sempre senza ricorrere alla violenza privata; un uomo coerente che per tutta la propria esistenza ha trova-to il piatto della bilancia dei torti subiti dalla cosiddetta società più pesante di quel-lo con cui ha ripagato la medesima.Morto nel 2005, Edward Bunker lascia ai posteri cinque libri di un realismo tanto cinico quanto veritie-ro e diverse collaborazioni nelle sceneggiature di film noir.

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Aprile 2015 OperaIN CORSO5Aprile 2015OperaIN CORSO

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Il presidente dell’OrdineGiornalisti della Lombardia

GABRIELE DOSSENA

Il presidente della Associazione Lombarda Giornalisti

PAOLO PERUCCHINI

Riconoscono ai detenuti nella casa di reclusione di Milano - Opera impegnati volontari nel notiziario “In corso d’Opera”

il ruolo culturale e sociale di informatori con l’indicazione di

REDATTORI DIVERSAMENTE LIBERI

associazione lombarda giornalistiAlgOrdine dei Giornalisti

della Lombardia

Alfredo Visconti e Fabio PresicciSanita’ e Tossicodipendenze in carcereGiuseppe CatalanoCronaca i in carcere,Vignette, lettere

Domenico Iamundo e Antonio CesaranoSpettacoli e manifestazioniGiuseppe CarnovalePoesieBoris ZubineMusicoterapia

Ercole ManliaCucina dietro le sbarreRocco ZinghiniForneriaErjugen MetaLiuteria

Christopher SantosSportAlbert BorsalinoNel mondoGiuseppe Di MatteoStorie e fiabe

Armando LebaCarlo D’EliaDanilo BisioIgnat SorinPietro CitterioSanto RomeoCatalin Condorache

Filippo CavaliereGianfranco GrossiEl Houssaine KhdairiLino LauriolaBenito MaistoMaurizio ManciaRino Buonsanto

EditoreCISPROJET LEGGERE

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BARBARA ROSSI

CoordinamentoGruppo di lavoroPAOLO ROMAGNOLI

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RENZO MAGOSSO

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SupervisioneDirettore di OperaGIACINTO SICILIANO

Luigi PolizziRecensione libri e informazioni sulla cultura

RedazioneCapiservizio

Redattore capo

...Ed è in virtù dell’urgenza di educare il consenso sociale all’importanza del ruolo del lavoro nei penitenziari che va considerata una piccola breccia la recente nascita del periodico ‘In corso d’Opera’, nato nel carcere di massima sicurezza di Opera e a cui lavorano i detenuti.Quello di Opera è un carcere model-lo, certo, una di quelle realtà atipiche nel panorama italiano della detenzio-ne e perciò molto esposto ai rischi

dell’esercizio retorico buonista e pe-loso delle sciarade da parte delle isti-tuzioni. Una nuova rivista che vive all’interno delle mura penitenziarie, tuttavia, è sempre un’ottima notizia, un valido strumento per tener viva la progettua-lità dei detenuti, un’opportunità rie-ducativa e di accrescimento nell’am-bito del nostro disastroso sistema

penale che decenni di disattenzione legata allo scarso ritorno elettorale ha lasciato incardinato sulla costrizione e su una privazione della libertà degra-dante. Edita da Cisproject nell’ambito del progetto Leggere Libera-Mente, ‘In corso d’Opera’ si va ad aggiungere alle altre riviste già presenti in alcuni istituti di pena italiani ed è stata pre-sentata in occasione del convegno organizzato recentemente dall’Or-dine dei Giornalisti della Lombardia

al circolo della stampa di Milano “La carta di Milano, informazione oltre le sbarre”. Guidata dal giornalista Renzo Magos-so che ne è direttore responsabile, dal direttore editoriale, la psicologa Bar-

bara Rossi e dal coordinatore, Paolo Romagnoli, la rivista del carcere di Opera testimonia quanto si possa, si debba fare, per sradicare pregiudizi che inchiodano i penitenziari ad una funzione di mero accanimento e di vendetta e per offrire a chi sta pagan-do il proprio debito con la giustizia e la società, la possibilità di ripensarsi e riprogettarsi. In occasioni come questa si materializza in un attimo il rischio di scivolare nella mistica o nella retorica del buonismo d’accatto e a scongiurarlo serve solo la rifles-

Ecco sull’evento cosa hanno scritto...

...ma anche decine di siti

In corso d’Opera: la sfida carceri passa dall’Informazione

di Barbara Alessandrini

sione sul senso profondo di alcune iniziative. Consentire ai detenuti, a quelli di Opera, nel corso del convegno è sta-to loro consegnato ai un attestato che ne riconosce la qualifica di redattori, di creare più che una finestra, una porta scorrevole tra la realtà carcera-ria e il mondo esterno non può che costituire una prova sul campo di esercizio dei diritti. Un piccolo tassello che fa compiere al sistema carcere un piccolo passo avanti...

Per l’Ordine dei giornalisti siamo: “Redattori diversamente liberi”Al Circolo della Stampa di Milano, presenti oltre 100 giornalisti, magistrati,personaggi

della cultura, ci è stato consegnato dal presidente dell’Associazione Lombarda Paolo Perucchini questo diploma, primo evento nella storia dell’informazione in Italia

dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia e direttore del master di Giornalismo dell’Università Statale di Milano, Paolo Perrucchini, Presidente dell’Associa-zione Lombarda dei Gior-nalisti, Gabriele Dossena, Presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombar-

dia; e ancora Barbara Rossi, psicoterapeuta, ideatrice di Leggere liberamente e direttore editoriale di In corso d’Opera, e Franco Corleone, del coordina-mento nazionale dei Ga-ranti dei detenuti. Alla pre-sentazione, sedute in prima fila, anche due autorevoli

magistrati di sorveglianza, le dottoresse Giovanna Di Rosa e Beatrice Crosti. Nei loro interventi hanno sotto-lineato la realtà della non facile condizione di vita in carcere. Il giornale è nato per far circolare ogni tipo di informazioni dentro e fuori dal carcere, toccando tema-tiche sociali, di benessere e salute, di politica estera, cultura, sport e molto altro; i redattori oltre a trovare in questa attività giornalistica un motivo di riscatto, han-no modo di riflettere sulla propria vita e far uscire la propria voce verso il mondo esterno che non conosce il carcere e lo pensa come un luogo isolato e astratto. Ma come ripete sempre il nostro direttore Renzo Ma-gosso, le informazioni non hanno sbarre, né devono averle. La presentazione

del giornale era inserita all’interno di un corso di formazione per i gior-nalisti sul tema delle Carta di Milano per quanto ri-guarda il trattamento delle notizie relative alle persone detenute, al diritto d’oblio

dopo aver scontato il proprio debito con la Giustizia, al diritto di presunta innocenza e a tutto quanto riguar-

Al Circolo della Stampa di Mila-no, una giornata come tutte le al-

tre è diventata davvero molto sèpeciale per noi persone detenute nel carcere di massima sicurezza di Opera, e specialmente per il gruppo di redattori del corso “leggere libera-mente”. Con un permesso stra-

ordinario dei magistrati di sorveglianza, abbiamo potuto partecipare, alla presenza di oltre 100 gior-nalisti, alla presentazione ufficiale e pubblica del no-stro trimestrale “In corso d’Opera”. E alla consegna di un diploma messo a pun-to per la prima volta nella

storia della Repubblica con unan formula che, seppur virtualmente, inserisce noi persone recluse nel firmamento del giornali-smo italiano.Tra i relatori dell’evento Renzo Magos-so, Consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Mario Consani, Consigliere

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di Pietro Citterio e Christopher Santos

da un corret-to rapporto tra il mondo carcerario e l’informazio-ne. Dopo la

presentazione del trime-strale, ai detenuti che fanno parte della redazione è sta-to consegnato un Diploma rilasciato dall’Ordine dei Giornalisti della Lombardia con una motivazione davve-ro ‘storica’, cioè : “Redat-tori Diversamente Liberi”, titolo, appunto, finora mai

concesso prima agli autori di giornali scritti in carcere. Il momento della premia-zione e stato emotivamen-te coinvolgente sia per noi persone detenute sia per il pubblico che ha partecipato con calorosi applausi. Come nel più classico dei melodrammi c’è stata uno scambio di battute tra una bambina di otto anni e suo padre detenuto. La bambi-na ha detto al padre “fino adesso sapevo che avevi fatto qualcosa di cattivo ma adesso dopo questo sono contenta di quello che fai”, e le persone presenti in sala che hanno udito queste struggenti parole si sono commosse e hanno applau-dito.La sera presso la splen-dida Sala degli Specchi del Circolo della Stampa, si è tenuta una cena per i redat-tori “diversamente liberi”, le loro famiglie, un momen-to liberatorio per persone che da anni non cenano in-sieme e possono incontrar-si per solo sei ore al mese.

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Posso portare la mia testimonianza per quanto riguar-da il tema del-

l’”autoreclusione nella reclusione” che avvie-ne in carcere. Posso farlo perchè ho sconta-to parecchi anni di con-danna in vari Istituti e per questo sono stato a contatto con molte per-sone di tutte

le età e di tutte le razze e religioni, ogni individuo con le proprie proble-matiche e con i pro-pri comportamenti conseguenti alla restrizione forzata. Dobbiamo adden-trarci nei labirinti di storie, una differen-te dall’altra anche se simili sotto alcuni aspetti. Per prima cosa devo dire che è possibile dividere l’autoreclusione in due specie: una è quella che se si ve-rifica, si manifesta subito, all’ingresso in carcere. Può accadere per il rifiuto della condan-na nonchè delle regole che vigono all’interno dell’Isti-tuto ma anche e soprattutto il più delle volte a causa del distacco repentino dagli affetti famigliari: genito-ri, mogli, mariti e figli. Se poi è la prima volta che la persona entra in carcere l’autoreclusione è quasi scontata: il soggetto si tro-va solo, si isola da tutto e da tutti, vive in un suo mondo fatto di pensieri autodi-

struttivi, non socializza con i compagni, non frequenta i passeggi, le salette ricre-ative, i gruppi di studio, mangia in solitudine. Quasi sempre la terapia, cioè gli psicofarmaci la fanno da padrona. La conseguen-za è che per buona parte della giornata la persona

dorme o è ‘assente’, vive perennemente in uno stato di autoreclusione così da sottrarsi al dolore, da evi-tare dal fornire spiegazioni prima a sè stesso e poi agli altri. Questa, a mio parere, è la più pericolosa perchè più ci si isola da tutto e da tutti, più sarà faticoso ri-entrare nel meccanismo di accettazione da parte de-gli altri, meccanismo che vige in carcere: qui si vive di ‘gruppi’, di ‘amicizie’. Chi si isola viene lasciato

a sè stesso, da solo, tranne qualche raro caso. Quando poi si vive soli e abbando-nati nella propria autore-clusione, si è circondati dal pericolo di compiere atti di autolesionismo che posso-no a volte portare a conse-guenze estreme.La seconda ipotesi di “au-

toreclusione nella reclusio-ne” avviene, diciamo, dopo qualche anno di condanna. Sappiamo quanto sia diffi-cile la convivenza con varie culture, etnie, religioni in posti ristretti come le car-ceri: vogliamo aggiungerci altre variabili quali le età, le mentalità e il tipo di edu-cazione differente? Poi ci sono i problemi personali che affliggono un pò tutti, il tempo passa e i problemi aumentano. C’è chi deci-de, specialmente i giovani,

di fregarsene di tutto, di fare gruppo e vivere così come viene, ciò avviene soprattutto quando la pena è breve, mentre chi è più maturo, con una pena più elevata ricerca la tranquilli-tà, la calma, un sistema per trascorrere la giornata nel migliore dei modi. Allora si

isola, arrivando alla autoreclusione quasi senza volerlo. E’ un autoreclusione diffe-rente dalla preceden-te di cui possono ac-corgersene anche gli operatori peniten-ziari come educatori, psicologi, agenti ma non così rilevante da aver bisogno di una attenzione particola-re poichè la persona partecipa comunque ad alcune attivita per poi ritornare alla propria vita solitaria. La persona si auto-reclude per trovare un pò di pace, per meditare sul proprio vissuto, per leggere un libro o scrivere una poesia, tutto

quello ciò che lo rende fe-lice nella sua tranquillità quotidiana. Io mi conside-ro un partecipante del se-condo gruppo perchè amo la pace, apprezzo la lettura e la scrittura che mi aiutano ad imparare e a crescere nonostante l’età. Mi piace riflettere sul mio passato, progettare il futuro. Per questo motivo mi autore-cludo, per sentirmi libero in quell’esiguo spazio di tempo che dedico alla mia serenità.

Dall’autoreclusione ci si può liberareGiuseppe Di Matteo

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Come evitare di isolarsi e chiudersi in una micidiale gabbia della mente

Nel teatro della Casa di Reclusio-ne di Opera one: esperti di reclu-

sione si sono incontrati con studiosi come il prof. Gustavo Pietro-polli Charmet ed il prof Antonio Piotti, auto-re del libro “Il banco vuoto”.Uno spettacolo teatrale splendido e particolarmente toc-cante ha aperto le dan-

ze. Diego Violante con la regia di Sara Mignolli, ha dato voce a Enrico, perso-naggio immaginario de “Il banco vuoto”. Da ragazzi tutti ab-biamo subito, causa-to o visto episodi di bullismo, o di violen-za, o di imbarazzo o di vergogna, senza saper o voler inter-venire. E purtroppo non tutti sono stati in grado di superare questi momenti; alcuni si chiudo-no in se stessi arrivando a gesti estremi, altri ne re-stano toccati sperimentan-do forte disagio. Anche le persone adulte non sono estranee a esperienze di au-to-reclusione, a volte a cau-sa di episodi traumatici di mobbing, di violenza, o di forte dolore, soprattutto in momenti in cui non ci sono altri adulti cui chiedere aiu-to.Parlare in un carcere di auto-reclusione potrebbe sembrare ironico: il carcere è per definizione il luogo della reclusione!Il fatto è che ci si può auto-recludere anche nel luogo della reclusione: ciò appare assurdo per chi non ha co-

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noscenza del carcere, ep-pure accade anche questo. Il carcere è isolamento dal-la società, quindi si rimane isolati dagli amici, dalle persone a cui si vuol bene, dalla famiglia... Anche se si fanno colloqui, al massimo I familiari si possono vede-re una volta alla settimana; non puoi avere un abbrac-cio coi tuoi familiari senza sguardi indiscreti…il tem-po è sempre poco. Così ti senti inutile, non puoi fare niente per loro, se non far finta di stare bene, anche se

dentro di te provi un dolore grandissimo nel sapere che non puoi essergli utile, che spesso sei un peso… poi ti accorgi che il tempo vola e tu sei rimasto fermo al giorno in cui sei entrato nel carcere... a volte non fai in tempo a dire tutto ciò che vorresti. Tutto ciò è deva-stante per l’essere umano e ti può portare a isolarti nel luogo che per definizione è isolamento. Potremmo dire che l’auto-reclusione nasce dal rifiuto della de-tenzione: ci si chiude in se stessi per “proteggersi“ da una situazione devastante e si rimane chiusi nel pro-prio mondo con la speranza di uscire presto e ritornare alla nostra vita, che non esi-

ste più.Confrontarci con l’altro ci crea a volte paure e difficoltà in apparenza insuperabili, ma è vitale. Spesso nessuno se ne ac-corge se non quando si ar-riva a gesti estremi. La vita scorre velocemente, non prestiamo attenzione a chi c’è intorno a noi, mille sti-moli ci distraggono e finia-mo per non vedere le per-sone che ci stanno accanto, a cui potremmo dare un grande aiuto se vedessimo per tempo il loro disagio.Nella vita cosiddetta nor-

male, a mio avviso l’au-to reclusione è causata dall’immenso progresso tecnologico che porta con sè un grande regresso dei rapporti umani. Ci sono ra-gazzi sempre chiusi in casa con computer e marchinge-gni elettronici vari, che non apprezzano più una sana passeggiata, una parola con gli amici, una bella partita a tennis nei campi attrezzati cui preferiscono il gioco alla wii, come se fosse la stessa cosa, auto-recluden-dosi. Un po’ alla volta non sono più in grado di uscir-ne.Parlarne fa bene a se stessi, agli altri auto-reclusi e ai distratti, per facilitare il ritorno alla vita. Sentire le persone esterne

fare i complimenti all’ini-ziativa è particolarmente emozionante, vuol dire che siamo in grado di fare un buon lavoro.Uno stimolo a fare sempre di più coinvolgendo sem-pre di più la parte esterna della società. Questi i mes-saggi di alcuni partecipanti esterni.Ci ha detto Sara: “L’evento ha rappresentato un’occa-sione speciale, di scambio, condivisione e dai contenu-ti culturali e esperienziali unici. Ha vinto ancora una

volta tanti passi per non farci stare fermi e ciechi più” E Lucia ha aggiunto:“ Tutto quello che è stato detto mi è inte-ressato e mi ha coin-volto tantissimo... mi

piacerebbe sapere quan-

do e se sia possibile avere una raccolta di quelle poesie... ....mi hanno fatto riflettere; sono espressio-ne di pura e semplice sof-ferenza, che fa dimentica-re il motivo per cui certe persone possono trovarsi in determinate condizioni: personalmente, mi sento arricchita dopo aver sentito le intense parole pronun-ciate da persone consape-voli della loro situazione e dei motivi che l’hanno de-terminata. Anch’io in fon-do mi autorecludo perchè poche cose mi stupiscono e mi emozionano, e quindi spesso fuggo dalla realtà e mi sento distante.....ci vo-leva ques’esperienza per riuscire a spiegarmi il mio smarrimento!”

Rino BuonsantoEvadere dalla solitudine

Un libro e uno spettacolo per aiutare e capire

Antonio Piotti

Pietropolli Charmet

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Aprile 2015 Aprile 2015OperaIN CORSO OperaIN CORSO8 9

Affetto e valorinei momentidi difficoltàSpesso nella vita, diamo valore a tante cose, e pare che tutto il voluttuario sia in cima alla lista.Se pensiamo agli affetti, invece, diamo per scontato che è normale avere affetto per i nostri cari e quindi possano passare anche in secondo piano, proprio nel nome dell’affetto stesso.Ma quando sei in difficoltà, non c’è nulla che ti può sostenere come l’affetto, quel sentimento e quel valore che scaturisce anche dai piccoli gesti o pensieri, ove nulla è plateale, ma è sincero.Nulla può sostenerti come l’affetto dei tuoi cari o dei veri amici, quindi perché tenerlo in secondo piano?L’affetto che ci viene dato è speranza, ma noi stessi siamo speranza per i nostri cari.Questo è un buon momento per rivalutare la propria scala dei valori, dopo tutto in qualche modo, bisogna ricominciare… Lino Lauriola

Incontrare, ecco qual’è il verbo del reinserimento, nel rispetto dell’articolo

27 della Costituzione Italiana.Per difendere ogni di-ritto, a partire dal dirit-to di sognare per i bam-bini, citando le parole di Carlos Martinez, ar-tista della mimimica in-contrato ad Opera nel teatro del carcere, (io

da persona detenuta e lui da persona libera ma atten-to e degno rappresentante dell’UNICEF) si deve dia-logare e incontrarsi per ab-battere ciò che realmente nuoce ai diritti di ognuno: Il pregiudizio.Questa parola nella dialet-tica puo essere affrontata e combattuta in una miriade di possibilità. Filosofeg-giando la si può addirittura denigrare, ma nel profon-do dalla nostra coscienza rimane. Pragmaticamente, addirittura può non essere considerata, ma poi nelle nostre azioni si dimostra con tutta la sua asprezza.In un carcere il pergiudizio è disarmante, penetrante, velato ma evidente, un in-sormontabile ostacolo non solo per la dignità degli uomini e delle donne che convivono la realtà del-la struttura istituzionale, ma è il vero buco nero che non permette quello che i padri costituenti avevano riassunto nell’art. 27 della Costutuzione.Perchè il pregiudizio è trasversale!Ci vogliono le azioni, ci vuole la volontà, attraver-so l’agire, per dissolvere le lettere delle parole che ostacolano i propositi.Questo lo si ottiene met-tento in pratica ciò di cui l’essere umano è compo-sto: Intelligenza, volonta e sentimento.

Per citare le Parole di un altro amico libero che ho conosciuto io da ristretto sempre nel teatro del carce-re: Vito Mancuso, teologo. Nella relazione il pregiu-dizio diventa minuscolo e non assume più il suo ruolo maiuscolo grammatical-mente.Per metaforizzarne il senso, vi dirò cosa suc-

Abbattere il pregiudizioaiuta il reinserimento

L’incontro col mimo Carlos Martinez e Vito Mancuso

Alfonso Carlino

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cede da qualche anno a questa parte nel teatro del Carcere Di Massima Sicu-rezza milanese di Opera: io entro come ospite da libero e soprattutto scolaresche di scuole di secondo grado e studenti universitari entra-no per incontrasi fra loro e con le persone detenute e con gli agenti di polizia

penitenziaria e con gli ope-ratori sociali.Insomma, è un incontro speciale che abbatte con l’azione il pregiudizio, ne fa perdere il valore e permette a tutti, istituzioni comprese rappresentate dal Persona-le tutto intero del Carcere, di realizzare le prerogative dell’art. 27.Ciò rende credibili e auspi-cabili le aspettative per mi-gliorare la società futura...“spesso nelle situazioni peggiori nascono le oppor-tunità migliori”.Questo è successo il 4 feb-braio nel Teatro del Car-cere di Massima Sicurezza milanese di OperaUn Successo.sul pregiudizio. Grazie al lavoro di tutti i ragazzi di Leggere Libera-Mente, che hanno promos-so l’incontro.

Registrazione Tribunale di Milano N°67 del 17 marzo 2015

Periodico d’informazione carceraria di Opera pensato e scritto da persone detenute

REDAZIONEOperaIN CORSO

EditoreCisproject

Direttore EditorialeBarbara Rossi

Direttore responsabileRenzo Magosso

Coordinatore Paolo Romagnoli

Recensione libri e informazioni sulla cultura: Luigi Polizzi

Cronaca degli eventi che accadono in carcere: Giuseppe Catalano

Salute, tossicodipendenze Alfredo Visconti e Fabio Presicci

Nel mondo: Albert Borsalino

Musicoterapia: Boris Zubine

Inchieste: Rino BuonsantoCarlo D’Elia

Rubrica delle lettere: Giuseppe Catalano

Poesie: Giuseppe CarnovaleAlfredo ViscontiPietro Citterio

Spettacoli e manifestazioni: Luigi Polizzi

Cucina dietro le sbarre: Ercole MalliaSanto Romeo Forneria: Giuseppe Catalano

Strumenti musicali: Erjugen Meta

Sport: Christopher Santos Storie e fiabe: Giuseppe Di Matteo

Religione: Armando Leba

Redazione: Filippo CavaliereGianfranco GrossiEl Houssaine KhdairiLino LauriolaBenito MaistoMaurizio Mancia

Impostazione giornalistica e impaginazione: Carlo UbezioRenzo Magosso(Giornalisti Professionisti, volontari)

ProgettoLEGGERE

LIBERA-MENTE

Cross fit? Ma che cos’è? Senza neppure sapere a che cosa mi ero iscritto, sono andato lo stesso

incuriosito dalla parola “Cross fit”. Lo ammetto, sono un po’ ignorante con l’inglese e di at-tività sportive sono un grande appassionato visto che mi per-mette di arrivare la sera stanco.Nel primo allenamento vero e proprio l’istruttore ha comincia-to a farci fare il riscaldamento ma i nomi degli esercizi erano

strani: burpees, push-ups, sit-ups e tanti altri da fare una volta pronti, difficili pure ad scriverli, io dovevo aspettare che qualcuno cominciasse prima di me a farli, per vedere di che cosa si trattava, intanto pensavo:

Christopher Santos

“Cross fit”? Si sollevano pesiLe disavventure di un tipo maldestramente palestrato

“ma che c...o” , non poteva parlare in italiano. Poi ci ha fatto vedere le tecniche base per eseguire al me-glio ogni esercizio che a prima vista sembravano facili e molto leggeri, la prima impressione è stata: “ma cosa faccio con 10 kg nel bilancere?”A Opera quando uno scende in palestra tende a caricare molto il bilanciere, primo perchè vuole conoscere il suo limite, e secondo per dimostrare agli altri la sua forza ed essere cosi al centro dell’attenzione e con un aria spavalda sentirsi un super uomo; però non sempre si ha la consape-volezza di fare gli esercizi nel giusto modo e questo a volte può essere causa di dolori e traumi. Tornando al “Cross fit” che si basa soprattutto sulla composizione di esercizi diversi:

dalla pesistica ala corsa ali esesrcizi a corpo libero da eseguire nel minor tempo possibile. Ora che sono fra i “veteranos” e posso insegnarlo an-che ad altri voglio far sapere a tutti che questa disciplina è veramente utile ed efficace per tenersi in forma. Per tutti gli interessati gli allenamenti si svolgono il giovedì e venerdì, dalle ore 17.30/19:00, in palestra dove il nostro istruttore Massimo, un tipo molto simpatico, ci massacra con circuti ogni volta sempre più pesanti, spronandoci a fare sempre meglio; tra l’altro ho scoperto che prima di venire ad Opera si ferma al Beccaria (carcere minorile)e anche lì insegna il “Cross fit”.Beh! Se vi ritenete sportivi o per lo meno curiosi, la sfida è aperta.

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Aprile 2015 Aprile 2015OperaIN CORSO OperaIN CORSO10 11

Liberi al Festival della LetteraturaPresentati i nostri autori e il periodico a Milano nella biblioteca Chiesa Rossa

Rino Buonsanto La nostra società è malata di “auto-reclusione”.Sarà un’affermazio-ne forte, ma questo è

quanto si può dedurre cal-colando i milioni di perso-ne che ne sono in un qual-che modo “affette”.Possiamo infatti azzarzar-ci ad affermare che tutte le “malattie” del nostro tempo ne sono in qualche modo una conseguenza.Basti pensare ai milioni di depressi che si chiudono in casa, ai milioni di persone che soffrono di attacchi di panico e che giorno dopo giorno si auto-recludono sempre più, o ai dipenden-ti da internet, che possono arrivare a licenziarsi o a non andare a scuola per vivere in un mondo parallelo, o ai bambini che passano i gior-ni davanti ai video-giochi. E che dire poi dell’anores-sia o bulimia? Non sono forme di chiusura in sè, di non espressione della pro-pria vitalità? E che dire dei pensionati, soli e isolati,

loro malgrado?E che dire delle persone chiuse in carcere, che si auto-recludono, rinuncian-do a partecipare alle atti-vità che, benchè limitate, comunque sono presenti? Ebbene sì, anche in carcere ci si può auto-recludere. Non può essere una colpa auto-recludersi, nè serve giudicare.Solitudine, isolamento, a volte vengono cercate come forme di meditazio-ne e riflessione, ma a volte sono espressione di altro.Rabbia, paura, vergogna, indegnità, l’impossibilità di un perdono, il “sentirsi orso”, il desiderio di riscat-to...sono alcuni dei senti-menti di cui parla chi si è

raccontato.La biblioterapia e la scrit-tura possono svolgere un ruolo importante per evi-tare di rinchiudersi ‘in un mondo diverso, isolato’.Ed ecco allora come nasce questo bando letterario, che vuole essere non solo un bando ma anche l’avvio di una vera e propria cam-pagna di sensibilizzazione per dare voce e sostegno alla vita che è in ognuno di noi e alla sua libera espres-sione. Aiutaci anche tu a rompere questo tabù.

Partecipanti: il concorso è per tutti. Pos-sono partecipare minoren-ni e maggiorenni, studenti

e disoccupati, reclusi e liberi, ospedalizzati e non, pensionati e lavoratori.

Tema: Auto-reclusione. Chiuder-si in se stessi in qualsiasi ambiente ci si trovi a vivereSi articola in due sezioni: Sezione A. Prosa: Racconto breve a Tema, in lingua italiana, ineditoSezione B: Poesia a Tema, in lingua italiana o altra lingua con traduzione, inedita.La po-esia può essere anche in vernacolo, sempre a Tema, con traduzioneIscrizione: gratuita. Gli Au-tori possono allegare nella busta chiusa, contenente i dati personali, un con-tributo volontario di euro 5.00 (cinque), a copertura parziale delle spese di se-greteria.Scadenza: 31 luglio 2015Maggiori notizie su:www.leggereliberamente.it

Per partecipare al concorso “Adotta l’orso” ogni autore deve compilare il modulo sot-tostante. Si ricorda ai partecipanti che iscrivendosi al concorso vengono ceduti i diritti di sfruttamento commerciale delle loro opere in relazione alle vendite dell’antologia. Associazione Cisproject non potrà dunque cedere i diritti delle opere a terzi. L’Associazione Cisproject-Leggere Libera-Mente potrà inoltre utilizzare i racconti per fun-zioni promozionali in relazione agli eventi che saranno organizzati in futuro.Eventuali utilizzi ad uso commerciale avranno come obiettivo quello di sostenere il progetto Leggere Libera-Mente.NomeCognomeIndirizzoCAPCittàTelefonoEmailTitolo del raccontoSinossi

Scheda di partecipazioneConcorso “Adotta l’orso. Per uscire dall’“Auto-reclusione””

Bando di concorso letterarioTitolo: Adotta l’orso

per uscire dall’“Auto-reclusione”, intesa come il chiudersi

in se stessi in qualsiasi ambiente ci si trovi a vivere

Biografia dell’autore

Tutela dati personali: ai sensi della legge 31/12/96 n° 675, art. 10, la segreteria dichiara che il tratta-mento dei dati dei partecipanti al concorso è finalizzato unicamente alla gestione del premio; dichiara inoltre, ai sensi dell’art. 11 che con l’invio del materiale letterario partecipante al concorso l’interessato acconsente al trattamento dei dati personali. Gli autori autorizzano Associazione Cisproject alla pubblicazione editoriale dei contenuti dei lavori finalisti, sia su materiale stampato che su supporto digitale o nella rete web, sia a livello nazionale che internazionale, cedendo alla stessa Associazione Cisproject i diritti di sfruttamento commerciale delle loro opere in relazione alle vendite dell’antologia.

DataFirma

Spedire il modulo compilato all’indirizzo [email protected] met-tendo come oggetto della mail “Iscrizione Concorso Adotta l’orso – uscire dall’auto-reclusione” e nominando questo file: scheda_partecipazione_nome_cognome. Spedire assieme a questo modulo il racconto (in formato DOC oppure ODT) nominando il file titolo_autoreclusione_2015.

Il 13 giugno e il 14 luglio durante la manifestazione del Festival della Let-

teratura tenutasi in Milano presso la Bi-blioteca Chiesa Ros-sa, splendida cascina restaurata in modo esemplare in mezzo ad un parco, è stato presentato il giornale “In corso d’Opera”, e le autobiografie di Al-

fredo Visconti e Giuseppe Catalano.Il luogo era ideale: uno scorcio di natura in città unito alla cultura. Un insieme che dovrebbe fare da collante per una società unita e collaborati-va sui temi importanti per tutti: senza natura non esi-steremmo, e senza cultura (l’io di ogni persona ) sa-remmo ancora all’età della pietra.In corso d’Opera è un vero giornale d’informazione, scritto dai detenuti della casa di reclusione di Mi-lano Opera. Gli autori del nostro giornalino, come lo chiamiamo noi, sono i detenuti che seguono i la-boratori di lettura e scrit-tura del progetto “Leggere Libera-mente”, insieme a grandi giornalisti quali il nostro direttore, dott. Renzo Magosso e dott. Carlo Ubezio, grafico. Questo mix, ora diventato un gruppo molto affiata-to, ha permesso di fare un prodotto di vera e propria informazione: ebbene sì, i detenuti fanno informa-zione, apparirà strano ma è proprio così.

L’informazione è dare no-tizia. Informare dal carcere può portare a pensare che si parli sempre di informa-zioni legate alla detenzio-ne o alla giustizia: ma noi non faremo niente di tutto ciò, non è quanto trovate all’interno del giornale.Il primo numero ha in pri-ma pagina il “Manifesto di Ventotene”, redatto da al-cuni confinati sull’isola di Ventotene negli anni qua-ranta, riconosciuto oggi quale documento base da cui è nata l’Europa Unita. Molti grandi della sto-ria hanno avuto la tragica esperienza della deten-

zione, tra essi possiamo ricordare Carlo Levi, Nelson Mandela, Anto-nio Gramsci, Dostoevskij, Voltaire, Silvio Pellico, Oscar Wilde… ma la lista sarebbe lunga.Il loro esempio deve porta-re la persona alla riflessio-ne: tutti hanno il diritto di esprimersi, di manifestare i propri pensieri e racconta-re la notizia dal loro punto di vista; solo così possiamo cambiare la storia sia per-sonale, che la grande Sto-ria, impegnandoci ognuno nel suo piccolo per fare grandi cose insieme.Creare una società nuova,

libera da pregiudizi, che collabori insiemi, senza la-sciare nessuno indietro.Per fortuna di questi tem-pi si riconoscono i meriti anche di coloro che sono “confinati”, “ristretti”, “detenuti”, “reclusi” o semplicemente “diversi”, senza attendere i posteri per l’ardua sentenza.È con orgoglio e grande emozione informare altre-sì che il 13 aprile 2015 i redattori di In corso d’O-pera hanno ricevuto il premio “Guido Vergani”.Con grande impegno for-se scalfiamo un muro che permetterà di chiamarci “giornalisti” (?), “narrato-ri” (?), “informatori” (?), “scrittori” (?), “romanzie-ri” (?), sta ad altri dare un titolo al nostro impegno. Sicuramente quanto stia-mo facendo è già un gran-de percorso. L’informazione si dice sia il sale della democrazia, è cultura, conoscenza dei fatti per crearsi una pro-pria opinione; se libera e non invasa da pregiudizi ideologici , deve solo infor-mare sta poi al lettore trar-re da ciò il meglio e crearsi il proprio “bagaglio”. Questo è proprio il nostro intento: essere liberi e la-sciare una traccia del no-stro percorso e dele nostre esprienze ai lettori. Questa sarà la nostra ope-ra: goccia dopo goccia creare un “mare nuovo”. Più libero da pregiudizi e desideroso di conoscere le speranze e le aspettative di coloro che vogliono conse-gnare “una notizia”.

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Aprile 2015 Aprile 2015OperaIN CORSO OperaIN CORSO12 13

All’interno di questi pe-nitenziari si può reperire qualunque articolo proibi-to dal codice penale vigen-te in materia come telefoni cellulari, droga e macchi-nette per i tatuaggi.Diversamente da quanto accade in certi paesi euro-pei e centroamericani, dove questo contrabbando viene espletato da mulas donne, nei paesi dell’ex blocco so-vietico questi traffici sono gestiti dagli appuntati che vengono avvicinati all’e-sterno della struttura car-ceraria da amici o familiari dei detenuti e da loro retri-buiti per il servizio. L’unica ferrea regolamentazione riguarda il cibo.Non è pos-sibile infatti cucinare all’in-terno delle stanze detentive né portare ai detenuti pac-chi contenenti cibo che sia cotto o crudo.Gli unici generi alimentari che è concesso acquistare dallo spaccio del carcere sono quelli preconfeziona-ti, come salumi e formaggi.La vendita di alcool è per-messa dalle norme ministe-riali ma l’uso di zucchero è vietato per evitare la produ-zione artigianale di prodot-ti alcoolici di alta gradazio-ne. Alle sette e trenta vengono aperte le porte e non è con-sentito stare sdraiati fino alla chiusura dei cancelli che avviene alle otto di sera. Le perquisizioni sono molto blande, il contrario genererebbe un ovvio con-trasto di interessi per le guardie carcerarie, ma due volte all’anno avviene una sorta di perquisizione mi-nisteriale dalle temutissi-me guardie Omega, anche note come Spetnaz. Queste ultime si presen-tano su bus bianchi, fa-cilmente riconoscibili dai carcerati che oziano guar-dando dalle finestre e che contribuiscono immedia-

tamente a spargere la voce per tutto il carcere, crean-do un fragoroso parapiglia.All’arrivo di questi reparti speciali è pratica comune vestirsi a cipolla, cioè con più strati possibili, perché la ferocia e la fatalità con cui questi agenti operano è ben nota e temutissima.L’isolamento viene com-mutato come pena aggiun-tiva solo per assalti diretti alle guardie carcerarie e non per liti tra detenuti.Questa misura punitiva può durare da un mini-m o di due settimane

ad un massimo di sei mesi e le condizioni delle celle punitive sono proibitive.Queste si trovano sottoter-ra, sono prive di finestre e sono arredate unicamente di un materasso tirato sul pavimento.Un buco sul pa-vimento serve a raccogliere i bisogni dell’abitante di turno che condivide la cella con topi e scarafaggi.Dal punto di vista rieduca-tivo è possibile frequentare le scuole medie e superiori, corsi di inglese e la palestra che è libera nell’orario, come lo è anche la frequen-

Cronache di detenzione in Paesi lontani

Succede in Lettonia e in UcrainaAlbert Borsalino e Pietro Citterio

Una persona colta in fragranza di reato può perma-nere fino ad un

mese nella stazione di polizia di competenza per accertamenti.E’ in questo luogo e durante questo perio-do temporale che il de-tenuto può far valere le sue conoscenze per es-sere rilasciato fino alla data del processo vero

e proprio, solitamente fis-sato dal tribunale dopo un paio di mesi. In questi pae-si, tranne forse alla Lubjan-ka in Russia, le carceri sono simili tra loro senza distin-zioni cioè tra massima, me-dia e bassa sicurezza.Un circuito a parte è riser-vato ai detenuti che si sono macchiati di reati di pedofi-lia mentre non vi sono ca-nali di restrizione differenti per chi ha deciso di colla-borare o si è macchiato di reati a sfondo sessuale. Questa categoria di dete-nuti ha poche possibilità di superare il mese di vita

all’interno del carcere.Il numero dei detenuti pre-senti per cella varia molto.Sono presenti celle per due o quattro abitanti ma anche stanze che arrivano a rag-giungere una capienza da venti a cinquanta persone.In questi ‘’celloni’’ sono presenti letti a castello che

non superano mai i due li-velli. I sistemi giudiziari Lettoni e Ucraini non per-mettono sconti di pena o misure alternative a meno che il detenuto non lavori,

non tenga un comporta-mento impeccabile durante il periodo di detenzione o non riesca a corrompere i giudici della commissione per la liberazione antici-pata. I lavori disponibili all’interno del carcere sono prevalentemente riguar-danti la pulizia degli stabili,

sia internamente che ester-namente, e culinari, come cuochi o aiuti cuochi.La popolazione carceraria si distingue in due catego-rie. Da una parte vi sono i

Mugik dall’altra i Blatnoy.I primi sono criminali di sani principi delinquenziali ma che lavorano cercando così di attenuare la propria condizione di fronte alla legge. I Blatnoy sono invece una classe di detenuti a cui non interessa minimamente il reinserimento in società, persone che difficilmente vedono il proprio futuro fuori dalle patrie galere e per questo non sono inte-ressate al lavoro, anzi fanno un punto d’onore nel non praticarlo in una logica di non sottomissione all’auto-rità costituita.Quando un nuovo giunto si ritrova in una cella di media grandezza, dalle dieci alle cinquanta persone, gli altri abitanti sono già al corren-te del reato commesso da quest’ultimo, in caso con-trario viene chiesto di ‘’mo-strare le carte’’.Subito il più alto in grado della cella dispone la nuova ubicazione per dormire e dove mangiare.

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La dilagante corruzione che rende possibile a chiunque se lo possa permettere un certo margine di impunità anche nei casi dei reati più gravi. Il ventaglio di possibilità di usufruire dei vantaggi di un sistema corrotto si sviluppa dal momento dell’arresto fino alla fissazione del processo.In questo lasso di tempo agiscono gli agenti che operano nell’area grigia della giustizia, accettando denaro per fare scomparire prove compromettenti o per manomettere gli archivi dei procedimenti in corso.

tazione dell’’’aria’’.Una volta alla settimana è possibile lavarsi con acqua calda.Il sistema giuridico di molti di questi stati, ex satelliti sovietici, non con-templa la pena dell’ergasto-lo, pena invece vigente in Russia, ma un massimo di 25 anni di condanna.Non esistono percorsi pre-ferenziali per il reinseri-mento lavorativo una volta scontata la pena ma una fedina penale intonsa non è considerato un requisito primario per il consegui-mento di molti lavori.

Rino Buonsanto

Tra i vincitori il nostro ViscontiSesta Opera San Fedele, premio letterario Ricci

In una splendida sala della Sesta Opera San Fedele, in collaborazione con il Rotary e alla presenza di varie au-torità, è stato conferito il premio Ricci ai detenuti delle carceri Milanesi.Peccato che proprio I vincitori non abbiano potuto par-tecipare. Le autorità hanno parlato delle carceri e dei problemi connessi, facen-do notare che c’è una nuova apertura dovuta soprattutto alla sentenza Torreggiani, facendo nota-re l’importanza del lavoro svolto all’interno delle carceri dai volontari, un lavoro importante e parti-colarmente prezioso. Senza questo impegno molte iniziative, come quella di cui stiamo parlan-do, non potrebbero essere messe in atto e rimarrebbe il vuoto. Il prof. Onida ha ricordato come la Costituzio-ne prevede che attraverso la pena si debba prevedere la riabilitazione. Un carcere che funziona deve quindi produrre libertà. Purtroppo ci sono mancanze dovute a vari fattori, ma resta l’importanza di far conoscere queste iniziative che sono la dimostrazione che la persona detenuta può tra-sformarsi, per il bene comune.Ho visto sul volto di uno dei pochi vincitori presenti, l’e-mozione nel ricevere questo premio letterario: la cultura che è purtroppo tenuta in poca considerazione, in un paese che dovrebbe essere la culla della cultura. Questo

premio letterario ha la lungimiranza di comprendere che la cultura trasforma l’essere umano. La cultura, l’arte dello scrivere, permette altri sguardi, altri orizzonti, ti apre a un nuovo mondo, ad una riflessione generale sulla vita, sul passato e sul futuro, dove se non si è

lasciati soli c’è la speranza di riprendere un cammino nuovo. Tra I vincitori anche Alfredo Visconti, con una splendi-da poesia. Alfredo quando ha iniziato il percorso di Leggere Libera-Mente non sapeva di essere capace di scrivere. Oggi scrive poesie che la-sciano senza parole, giac-ché arriva dritto al cuore, mostrando una grande capacità di farci immagina-re, prendendoci per mano e facendoci immergere

nell’atmosfera del suo sogno in cui anche noi possiamo riconoscerci. Come solo un grande poeta sa fare. Un gran bel risultato!Penso che la cosiddetta riabilitazione della persona, per il ritorno nella società, di cui chi è recluso rimane parte, non possa che passare da percorsi di questo tipo.L’essere umano rimane sempre la parte più impor-tante della società.Quindi ci auguriamo che aumentino sempre di più iniziative di questo tipo, ringraziando i partecipanti al premio Ricci e tutti coloro che hanno permesso la sua realizzazione.

Il professorDott.Guido Chiaretti

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Aprile 2015 Aprile 2015OperaIN CORSO OperaIN CORSO14 15

Chi ha avuto modo di sperimentare la musicoterapia non può non esse-

re stato colpito da una peculiarità insita nella musica, e cioè le qualità spirituali dell’arte mu-sicale, in grado di ele-vare l’anima regalando contemporaneamente emozioni, passioni, gioia, divertimento.La musica è un’arte

estremamente fluida, mo-bile, in continuo divenire, che si affida alla nostra per-cezione, frutto del nostro essere, della nostra com-plessa struttura psichica legata alla storia del nostro vissuto e dei nostri ricordi.La ricezione della musica è quindi difficile, assai più di quelle delle altre arti che, fisse nella loro essenza, ci permettono una prolungata osservazione o una lettura lentissima.

1 La musica, e in particola-re la musicoterapia, contri-buisce a creare il clima più adatto alla nostra ricezione coinvolgendoci per rag-giungere l’inesprimibile tensione che coinvolgerà le nostre emozioni.La musicoterapia pensa, abita e modella il nostro

La Redazione de “In Corso d’ Opera Intervista Don An-tonio Loi, Cap-

pellano del carcere di Opera. (Ex Agente del-la Polizia Penitenziaria oggi Don Antonio Loi)

Papa Francesco dice che i sacerdoti devono stare tra la gente e tra i più bisognosi.

Io cerco di stare il più pos-sibile con i detenuti, ma non è colpa mia se le car-ceri hanno le loro regole che non mi consentono di entrare nelle sezioni.

Il suo passato da Agente Penitenziario ha mai influ-ito sulla sua scelta di fede?

La fede in me è nata come un fatto spontaneo gradua-tamente, a volte la mia fede ha vacillato, per esempio come nel caso in cui ho af-frontato la malattia di mia mamma.

Cosa ne pensa del carcere?

Non credo che il carcere possa risolvere il problema della sicurezza.

Ogni giorno lei ha contatti con la popolazione dete-nuta che non professa la stessa fede Religiosa, o ad-dirittura con chi la fede l’ha persa come si comporta.

Il mio approccio con i dete-nuti non è mai un rapporto Religioso, e molto spesso la fiducia si conquista nel tempo, oppure portando

Avevo un appuntamento per un matrimonio, sono felice e contento, ho preparato tutto quel che servi-rà al matrimonio.Poi ho avuto un problema: non ho pagato l’assicu-razione della macchina e mi è arrivata la multa che dovevo pagare subito (con il matrimonio mi ero dimenticato di pa-gare!).Nel frattempo, è morto mio zio e la famiglia era triste, non sapevano cosa fare, tutto rovinato.Le cose comprate lasciate a parte.Poi finalmente arriva lo stipendio, tanti soldi arretrati che salvano il pro-blema.Riprendiamo quindi la festa, chiamo i musicisti, loro arrivano e iniziano a suonare la fisarmonica. La gente balla è felice.La gioia è bella quando è condivisa.I problemi grossi fanno piangere, quelli piccoli fanno ridere.La gente che viene porta fiori e regali.

Che fatica fare festaEl-Houssein

sigarette e bolli Postali per chi non ha proprio niente, Ascolto ogni giorno storie di disperazione. Poi maga-ri quacuno si accorge che

sono anche un prete.Tra la confessione, quattro chiacchiere, o una confi-denza, c’è differenza?

Per me è uguale visto che sono vincolato dal segreto professionale.

Giornata tipo?

Ogni mattina visualizzo le domandine dei detenuti con le richieste di collo-quio. Il carcere di Opera ospita circa 1300 detenuti in vari reparti, tra cui un Centro Clinico, dove in casi particolari mi è per-messo di entrare nelle cel-le, Invece al 41 bis i miei colloqui si svolgono sotto l’ occhio vigile di Polizia e telecamere.

Don Antonio conclude:Sono stato Agente Peni-tenziario per il periodo del mio servizio militare. All’ora le carceri erano violente, una esperienza dura visto che all’ epoca spesso c’erano rivolte se-date con botte e soppres-sioni.Bisogna trovare un modo più efficace di aiutare i detenuti, bisogna trovare

un modo efficace di aiu-tare i detenuti riap-propriarsi del senso del tempo e del senso del sacrificio. Altri-

menti un uomo chiu-so in cella per lunghi

periodi ad oziare in spazi ristretti, dove si perde il senso delle cose, dove quella persona detenuta senza un serio percorso di reinserimento, tornerà

sicuramente a far parte del 70% di quelli che ritornano a delinquere

e che di conseguenza tor-nano in carcere.

Giuseppe Catalano

Qualcuno s’accorge che sono preteParla Don Antonio cappellano molto speciale a Opera

pensiero.Implacabile come non mai, respira in noi dalle segrete dei nostri ascolti, elaboran-do enigmi e proponendo domande senza risposte.Nel profondo delle nostre sotterranee realtà, la mu-sicoterapia plasma e rimo-della gli antri dove abita-no la nostra coscienza, la nostra memoria, le nostre emozioni.La musica pensa. Pensa anche se stessa. Ed è pla-smata dalla stessa sostanza del nostro pensiero. Si tratta di una sorta di reci-

proca, simmetrica attrazio-ne gravitazionale tra entità diverse, mai davvero sepa-rabili, anche se comunque interagenti.2 La musica è sempre affa-mata di musica, in quanto nata dalla stessa musica che ne alimenta l’essenza: una sublime tautologia a intrec-ciare entità che si cercano, si trovano, si penetrano, si confondono.Dalla musicoterapia pren-de corpo in noi una nuova identità che dovrà dare un primo segnale: sarà un in-cipit saturo di memoria,

Segnali e accordi che aiutano a stare bene

La musica pensa,la musicoterapiaemoziona la menteBoris Zubine

gravido di futuro.Questo innesto, questa nascita, saranno segnati dall’irradiarsi in noi di un nuovo respiro che catture-rà il nostro stesso respirare fino ad arrivare a domarlo, sedurlo, possederlo.Saremo invasi dall’irresisti-bile pulsione di un ascolto che darà corpo alla nostra stessa identità sagomando-ne le forme, il profilo, in un mai ultimato scolpire e plasmare, costruire e rico-struire.Ne nascerà così l’incom-piuta partitura del nostro essere.

3 E gli uragani emozio-nali che scateneranno gli ascolti musicali, grazie alla musicoterapia, saranno de-terminati dall’onda d’urto risultante dall’alimentare amorosamente il nostro testo-partitura di personale riferimento.Da questo metamorfico palinsesto, perverranno infine altri importanti se-gnali come, nel riascolto, il progressivo conforto dell’esserci, del continuo ritrovarci, del riconoscere la musica e la musicotera-pia come processo armoni-co capace di una costante e felice risalita.

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Aprile 2015 Aprile 2015OperaIN CORSO OperaIN CORSO16 17

Attivato il gruppo di auto-aiutoE’ il progetto Trio: punta a dare

più dignità alla reclusione

In collaborazione con la Direzione,psicologi, giuristi e una nostra rappresentanza

Carlo D’Elia

La Direzione del carcere di Opera ha attivato, in col-laborazione con

noi persone detenute, il progetto Trio che si propone di migliorare la qualità di vita negli Istituti di pena. Il pro-getto è finanziato dalla Regione Lombardia e affidato alla Coop. Soc. Officina lavoro Onlus. Un gruppo di per-

sone detenute sarà af-fiancato da un team di esperti per individua-re i problemi più fre-quenti e le eventuali difficoltà nell’appli-cazione delle regole carcerarie.Il progetto prevede nuove aree di ricrea-zione negli spazi ri-servati al verde, com-presa l’attuale area colloqui. E’ prevista anche una tessera prepagata per acqui-stare i prodotti a di-

sposizione nel chiosco già esistente. La persona de-tenuta potrà gestire la sua giornata in questi luoghi, a seconda che voglia passeg-giare o giocare a carte, op-pure leggere o scrivere. In queste aree si potrà incon-trare educatori, assistenti e volontari. E’ previsto anche uno sportello giuridico e altri servizi di supporto. La Direzione ha annunciato

che sono in progetto nuove possibilità lavorative.Oggi nell’animo di molte persone detenute serpeg-giano rabbia, frustrazione e delusione. In alcuni su-bentra la rassegnazione, attiva o passiva. Per fortuna c’è chi riesce a vincere la frustrazione partecipando ai gruppi culturali e ricre-ativi. Così il tempo scorre più veloce, si produce un

cambiamento interiore po-sitivo e si sviluppa un atteg-giamento più aperto verso il futuro. Chi vive passiva-mente la propria detenzio-ne non può che aumentare il suo malessere, spesso con l’esplosione di rabbia, paranoie, atti di violenza e autolesionismo, o con l’au-toreclusione. Quest’ultima conduce all’isolamento, con conseguenti crisi d’i-

dentità e gravi disagi psicologici.A mio parere la cura migliore è abbracciare un pensiero ottimista, condividendolo con i compagni di reclusio-ne. L’ottimismo dona serenità, restituisce dignità e apre nuove prospettive. Questo mio messaggio è rivol-to ad ogni persona de-tenuta di ogni struttu-ra carceraria italiana. Auspico che molti lo colgano.

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È emersa nel labora-torio di lettura ad alta voce e scrittu-ra creativa la paura

di esprimersi, vissuta come fonte di disagio.Vediamo le testimo-nianze di chi la vive e ha cercato di combatterla:

GianfrancoIo non ho paura di esprimermi, ho solo bisogno di una persona

che sappia ascoltare, che mi sappia capire, confor-tare senza mettermi in im-barazzo per il modo in cui mi esprimo.Mi rende più facile il dialogo e fa conoscere di me anche il lato buono, cosi non accumulo tensioni, rabbia, pau-ra e la persona con cui mi esprimo può valu-tarmi per quello che sono”.

Benito*Un tempo avevo paura di esprimere i miei pensieri e volevo intervenire ma non so cosa mi bloccava, for-se la paura di sbaglia-re o la timidezza che mi portavo dentro da tempo. Non avevo padro-nanza di me, ubbidivo agli ordini, eseguivo e basta. Adesso mi trovo a mio agio nel dialogare, o ad interve-nire nei dialoghi di gruppo perchè mi sento sicuro di me. Mi sono accorto che sbagliare è sempre un inse-gnamento per la prossima volta. Tacere è una barriera che prima o poi devi infran-gere.Io l’ho infranta ma bisogna

I pro

grss

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labo

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rio

Così si vince la paura di esprimersiI disagi, le esperienze i progressi fatti lavorando in gruppo

avere la propria personalità e tirarla fuori non imprigio-narla. Anche se hai paura di esprimerti o di sbagliare nel dialogare, non importa! Hai tirato fuori la tua per-sonalità, così solo puoi es-sere aiutato ad esprimerti e a non sbagliare.

Maurizio Si…all’inizio avevo paura di esprimermi. Ero convinto che i miei scritti venisse-ro analizzati come profilo criminale e altre fesserie. Questa è stata una fissa-zione che mi sono portato

avanti per parecchio tem-po. Ora non ho più queste fobie.L’esprimersi liberamente è un atto Liberatorio. Il mio ego mi suggerisce di tenere per me certi argomenti che potrebbero far del male a chi le ascolta. Per carità non ho schele-tri nel mio bagaglio di vita già vissuta (bekground); la paura di sbagliare a volte mi blocca nell’esprimermi, ma

molto palesemente la tiro fuori e la scrivo e la dico. Comunque la cosa più im-portante è non perdere mai la speranza.

FilippoLa mia paura di esprimer-mi la potrei allegare alla situazione sia detentiva, che psicologica relativa alla mia detenzione. Ho avuto vari problemi inerenti alla vita carceraria. È la men-talità delle persone che la occupano, e questo è mol-to difficile da spigare. Per varie situazioni ho paura di

esprimermi... non proprio paura, una psicosi da cui non potrò mai guarire se non quando sarò fuori da qui dentro. Se parliamo di sbagliare, sempre riguardo a un dialo-go collettivo, ho timore di essere criticato, ingiuriato. Voglio dire che quando ci incontriamo con il gruppo, migliora la parola che si può dire per capirci. Tutti o quasi tutti hanno una se-

conda identità. Forse io ho un carattere non idoneo al rapporto con il prossimo, o il mondo è cambiato ma io chiedo: l’amore per il tuo prossimo dove è andato a finire? Forse dovrò cambia-re il mio modo di fare, chie-do a voi, sia a Barbara che a Manuela come devo com-portarmi... forse c’è una via migliore che voi potete insegnarmi per alleviare la mia detenzione e la mia personalità. El – HusseinIo mi esprimo poco perchè

non conosco le parole. In verità anche i primi anni di scuola facevo fatica a esprimermi per timidezza. Preferivo lasciare la parola agli altri, pensavo che loro fossero più intelligen-ti di me. Quelli bravi rispondevano subito, comunque, mi piace anche ascoltare. Oggi cerco di scegliere le persone con cui parla-re.StelianQuando mia figlia mi accusa di non esserci stato quando aveva bi-sogno, non so che dir-

le. Non riesco a sfogarmi perchè ho paura di offen-dere o di essere frainteso. Così scrivo e strappo tut-to... vorrei farle capire del-le cose, ma ho paura che mi prenda in giro o che provi pietà.Col Sert ci ho prova-to. Sono venuti degli ope-ratori, ci ho parlato a cuore aperto e si sono spaventati. È ancor più brutto così. Hai paura e non sai come parla-re.

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Aprile 2015 Aprile 2015OperaIN CORSO OperaIN CORSO18 19

reflusso dei succhi gastrici che, quando si irradia ver-so l’alto provoca un senso di costrizione, bruciore alla gola e al torace, tosse e asma bronchiale.Questa patologia è molto diffusa, a soffrirne sembra siano almeno 10 milioni di italiani. Terapie mirate

e un adeguato stile di vita rappresentano il miglio modo per combattere il bruciore allo stomaco. Sarebbe, pertanto, oppor-tuno iniziare dalla dieta prediligendo cibi con in-gredienti naturali che ab-biano proprietà calmanti e lenitive. Fra questi, lo zenzero,la camomilla, la melissa, il finocchio, la malva e il carbone vegetale. Questi elementi, tuttavia, non sono sufficienti, da soli

Quante volte ci capita di ascolta-re alla tivù di un giovane sportivo

morto improvvisamen-te durante una compe-tizione?E, ancora, chi ricorda le immagini del malore del cantautore Mango? Si tratta di due casi em-blematici di “arresto cardiaco”. Di essi, in Italia si registrano circa

55mila episodi l’anno, ov-vero 200 al giorno. Si, è vero, i numeri sono impressionanti, ma pur-troppo veri. Inoltre, se pensiamo che l’80 per cento di essi av-viene fuori dall’ambiente ospedaliero, diventa fon-damentale allertare quanto più rapidamente possibile i soccorsi e, in attesa di essi, iniziare le manovre di riani-mazione cardio-polmonare (RCP).In Italia, ormai da dieci anni, grazie a una costante e sempre più capillare ope-ra di divulgazione, si sta cercando di sensibilizzare i cittadini alla conoscen-za delle suddette, facendo loro capire l’importanza dell’intervento nei primis-simi minuti dopo l’arresto cardiaco. Infatti, durante questi epi-sodi, le contrazioni del cuore, perdono la loro effi-cacia, con il risultato di non portare all’organo princi-pale, il cervello, il sangue ossigenato. Questa con-dizione, chiamata ipossia, determina nel giro di 5/6 minuti danni irreversibili al tessuto cerebrale e pro-

vocarne la morte. Pertanto, nell’attesa che giungano i soccorsi, e non si ha a di-sposizione un defibrillato-re, diventa fondamentale avviare la RCP che consiste in due fasi: 1) il massaggio cardiaco; 2) la respirazione artificiale, con prevalenza per il massaggio cardiaco. Ma come si riconosce un “arresto cardiaco”? La p e r s o n a perde im-p r o v v i s a -mente co-noscenza, cadendo a terra. Non r i s p o n d e agli sti-moli ver-bali, non si muove, non respira o inizia a rantolare.Q u a n d o ci si rende conto di ciò, bisogna subito allertare i soccorsi, chiedendo anche a qualcun altro di cercare aiuto. Nel contempo, biso-gna adagiare, se già non lo è, la persona in posizione

supina, su una superficie rigida (pavimento, asfalto), scoprire il torace ed inizia-re il massaggio cardiaco. Esso si effettua mettendosi inginocchiati accanto alla persona e posando il palmo della mano al centro del to-race, mettendovi sopra l’al-tra mano. Mantenendo le braccia verticali e le spalle

in linea al torace, sarà necessario effettuare 100 com-p r e s s i o n i al minuto, p e r t a n t o s a r e b b e meglio in questi casi essere in due a rea-lizzare tale m a n o v r a , mettendosi di fronte

l’uno all’altro e alternando-si ogni 3-4 minuti, poiché la manovra può risultare abbastanza faticosa. Infatti, se ci si trova da soli e i soc-corsi tardano ad arrivare, è anche comprensibile che

Alfredo Visconti e Fabio Presicci

La rianimazione che fa bene al cuoreLe manovre cardio-polmonari praticabili nei casi di assoluta urgen-

si debba sospendere per 2 minuti il massaggio. In merito alla ventilazione artificiale, essa va effettuata solo se si hanno i dovuti di-spositivi, come la maschera artificiale, mentre la cosid-detta respirazione “bocca a bocca” secondo le linee guida del 2010 non è più obbligatoria, in quanto è stato dimostrato che il solo massaggio cardiaco è suf-ficiente a mantenere ossi-genato il tessuto cerebrale fino all’arrivo dei soccorsi. In alcuni luoghi di lavoro o di grande affluenza di pub-blico (aeroporti, stazioni, centri commerciali eccete-ra) è possibile anche avva-lersi dell’uso del defibril-latore automatico, che può essere utilizzato anche da personale non sanitario che abbia comunque avuto una adeguata formazione. Due punti ricordati: 1) esso funziona in maniera semplice in quanto emette comandi vocali, eseguendo i quali l’operatore esegue il processo di rianimazione. Infatti il defibrillatore rico-nosce se vi è ancora attività cardiaca, in caso di assenza di segnali il comando vo-cale inviterà il soccorritore a continuare il massaggio cardiaco; 2) l’uso del defi-brillatore non sostituisce il massaggio cardiaco, ma va utilizzato in alternanza con esso. Con questi presidi di rianimazione precoce, è stato dimostrato che si po-trebbe passare dall’attuale 15 per cento fino al 35 per cento di sopravvivenza nel-le persone colpite da arre-sto cardiaco.

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La redazione

Diet

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esse

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Tutte le terapie che aiutano a raffreddar-

Quando in cellalo stomacova in fiammeAlfredo Visconti

a eliminare il problema e in carcere non è sempre pos-sibile averli a disposizio-ne, pertanto è necessario sfruttare anche l’efficacia di cure adeguate. Alcuni consigli utili per evitare o ridurre questa fastidiosa patologia. Eliminare cibi grassi, pic-canti, salati, insaccati e a lunga conservazione.Non assumere alcolici o bevande frizzanti, fredde o calde specialmente prima di coricarsi. Assumere mol-ti liquidi. Non fumareEvitare ansia e situazioni stressanti.Fare attività fisica Ricorrere a terapie mirate che che inibiscono la secre-zione acida.Fare pasti leggeri e fre-quenti masticando con cal-ma.

N. B. La gastrite è spesso collegata a un batterio detto “ELICOBACTER PILORI”pertanto si consigliano esami delle feci per la ricerca del suddetto batterio e , in ogni caso rivolgersi sempre al proprio medico curante

SPECIALE SALUTE SPECIALE

SALUTE

Una delle patologie più frequenti in carcere è il mal di stomaco.

Non si tratta certa-mente di una patologia banale, il suo manife-starsi, infatti,produce disturbi di entità note-vole che condizionano la qualità della vita. G e n e r a l -mente il bru-

ciore di stomaco è uno dei primi sintomi che si ma-nifesta quando vi sono disfunzioni a livello ga-strico, è un campanello d’allarme che deve in-durre chi ne è affetto a un accurato controllo medico. Esso dipende principal-mente da uno squilibrio della mucosa gastroduo-denale fra fattori aggressi-vi come l’acidità e fattori difensivi ed è una delle maggiori cause del reflus-so gastroesofageo. Tale squilibrio provoca danno alla mucosa e innesca una iniziale infiammazione più propriamente detta “Ga-strite”. Gli affetti da que-sta patologia avvertono un

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Aprile 2015 Aprile 2015OperaIN CORSO OperaIN CORSO20 21

L’alimentazione del corpo e della mentePotrebbe sembrare strano, ma l’alimen-

tazione del corpo e del-la mente viaggiano in parallelo.Un corpo sano va ali-mentato con cibi sani e, il cibo deve essere rece-pito con la consapevo-lezza di quanto lavoro ci sia dietro. Dalla cul-tura e dall’amore che

impegna l’uomo per la sua realizzazione; ma anche per ciò che può rappresen-tare per lo spirito. Ovvero, proviamo ad immaginare una persona dinanzi ad un piatto qualsiasi, intento a rimpinzarsi solo per non dover cadere spossato per la fame e, un uomo che vede in quello stesso piatto un dono scaturito da amo-re e solerzia di chi amore-volmente ha contribuito a che ciò si realizzasse. Inol-tre, a quanto studio ci sia stato dietro, per far si che il suddetto cibo non porti danno al fisico, a quante ricerche scientifiche sono state spese per il migliora-mento dello stesso. Ora, si scoprirà che nello spirito di quest’ultimo, nell’atto di mangiare, avrà maggior giovamento e soddisfazio-ne nel fisico e nella mente.Per arrivare a questi risul-tati, scienziati ed antropo-logi, hanno fatto ricerche sul come si alimentavano degli uomini primitivi, sino ai giorni nostri, an-dando a cercare conferme persino nei pozzi artesiani dei siti vicino le agglome-razioni urbane e nelle feci

che ivi trovavano. Quindi, comparando il tipo di ali-mentazione con i resti fisici delle persone e con la loro aspettativa di vita, non-ché sul loro stato di salute, sono riusciti a migliorare la qualità dei cibi, anche per quanto riguarda la diversa collocazione dell’uomo nel territorio mondiale.Oggi, le nuove aspettati-ve di vita, superiori quasi del 50% rispetto anche al periodo del 600, ha dato all’uomo maggior fiducia e rispetto per la Madre Ter-ra, nonché consapevolezza che tutto ciò che è prodotto con amore è cibo per l’ani-ma. Detto ciò, ed alimen-tandosi con parsimonia, si può arrivare ad una quasi cancellazione delle malat-tia che affliggono l’uomo.Pensa che Ippocrate curava le persone con la dieta oltre 2000 anni fa, avendo in-tuito quanto è importante l’armonia che può regnare

fra mente e corpo quan-do si ha un’alimentazione sana, e quanta è inutile la medicina, se si rispettano i valori attribuiti al vivere nel rispetto del cibo e della sua produzione naturale.Pere quanto riguarda la medicina, può essere con-templata qualora si veri-fichino patologie troppo avanzate e, forse per tra-scuratezza dell’uomo. Le malattie così dette interiori, causate da traumi psicolo-gici, l’alimentazione può si agire come cura ma solo marginalmente... ma è pur vero, che non può far nulla neanche la medicina tra-dizionale. Per questo tipo di patologie, si dovrebbe ricorrere a specialisti della mente. Ma, anche per co-storo la risoluzione potreb-be risultare come l’altra, solo marginalmente. Per curare mali come que-sti, deve essere l’individuo stesso, con una sua accu-

rata indagine riflessiva o anamnesi che dir si voglia sulla sua persona e sul suo passato, quindi trovarne la o le cause e... e, in automa-tico si ha la cura.Questo è a dimostrazione che ogni uomo e fautore e responsabile, nel bene e nel male dei suoi mali e dei suoi fallimenti.L’aver trovato i propri mali, è raggiungimento di sag-gezza e cura.Potrei citare ad esempio, la mia esperienza di vita, per avvalorare questa tesi. In diversi momenti della mia vita passata, mentre vivevo momenti di depressione, dovuti a separazione-di-vorzio o da situazioni sfa-vorevoli del quotidiano, lo stress manifestava in me tutte le malattie immagina-bili, al punto che ho dovuto ricorrere anche a ricoveri ospedalieri, rasentando addirittura il suicidio. Solo quando mi sono reso con-to che tutto era dovuto a si-tuazioni psicologiche, ho , con accurata auto-diagno-si, tornare ad uno stato di salute ottimale.Mi ha aiutato in questo, la lettura di alcuni libri che parlavano di medicina al-ternativa e dell’aiuto di al-cuni amici che mi hanno aperto gli occhi, su quanto può la serenità spiritua-le curare ogni male e, per citare un detto: il miglior dottore di me stesso sono io. E’ con queste certezze che oggi vivo una vita sana e senza mali eccessivamen-te gravi che richiedono l’intervento della medicina tradizionale.

La dieta alleata della menteOltre al cibo va ricercato un buon equilibrio spirituale

Carlo D’Elia

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Tanti anni fa..., in una regione bellis-sima dell’Africa vivevano tantissimi branchi di elefanti. Erano liberi di mangiare tutto quello che più piaceva

loro e avevano tanti amici tra gli animali selvatici. Un giorno, in una numerosa fa-miglia di elefanti, nacque un elefantino...azzurro. Aveva la pelle di un colore come il cielo d’estate, un azzurro bellissimo e intenso. Immaginatevi la curiosità di tutti gli al-tri elefanti: mai si era vista una cosa simile. Dalle montagne, dalle foreste e dalle pianure era un continuo via vai di animali, di uccelli, che si mettevano in viaggio per poter vedere il piccolo elefan-tino azzurro.Tutti lo ammiravano e lo coccolavano come se fosse un Dio. Sembrava che tutto andas-se bene, fino ad un giorno in cui un’acquila che volava alta in cielo, notò nella savana una lunga carovana di uomini armati. In-curiosita si abbassò volando fino a posarsi sul ramo di un grosso albero, sotto al quale

gli uomini si erano fermati per riposarsi. L’acquila potè così sentire i loro discorsi, gli uomini parlavano del famoso elefantino az-zurro e che, se fossero riusciti a catturarlo, avrebbero potuto venderlo per un bel gruz-zolo di monete d’oro.L’acquila volò subito verso il gruppo di ele-fanti che sapeva essere la famiglia dell’ele-

fantino azzurro. Quando giunse presso il folto

gruppo di elefanti, iniziò a rac-contare loro quello che aveva visto e udito dagli uomini. Su-bito ci fu un lungo momento fatto di paura e di incertezza sul da farsi, poi i vecchi maschi

che comandavano il branco iniziarono a pensare che cosa fare per nascondere il

piccolo elefantino azzurro alla vista degli uomini. Purtroppo,

data la stazza e il colore particolare dell’elefantino, nessuno riusciva a trovare una soluzione. Vennero tutti gli animali per dare un loro parere sul da farsi, ma fù tutto inutile. Un giorno, quando tutto sembrava perduto, arrivò un piccolo uccellino per dire la sua soluzione al problema. Aveva attira-to l’attenzione di tutti gli animali, perchè

aveva le piume di un colore azzurro come quello del piccolo elefante. Spiegò che, dove viveva lui, vi erano delle rocce magiche, che chiunque vi si appoggiasse veniva ricoperto da una polvere azzurra. I vecchi elefanti trovarono perfetta la soluzione e fu così che una mattina, radunati tutti gli elefan-ti di tutte le regioni africane, si diressero, guidati dall’uccellino azzurro, verso le rocce magiche.Quando arrivarono tutti incominciarono a sfregarsi contro le rocce e, piano piano tutti gli elefanti diventarono ...azzurri. Fu così che quando gli uomini giunsero alla radura popolata dagli elefanti, sperando di fare un grosso colpo, rimasero a bocca aperta ve-dendo tutti quei bestioni di un bell’azzurro cielo, tutti erano azzurri: maschi, femmine e piccoli.Insomma, in tutta l’Africa non c’era più un elefante grigio, ma tutti erano azzurri, e così gli uomini perdettero l’interesse verso un elefante azzurro, così che decisero di la-sciare perdere la caccia. Fu così che grazie ad un uccellino piccino ma con una furbizia enorme, il piccolo elefante azzurro crebbe e divenne un grosso maschio dalle lunghe zanne bianche e potè vivere a lungo con tutti gli animali del mondo.

L’elefantino azzurro

Nonno Giuseppe Di Matteo scrive dolci favole per i suoi nipoti. E non solo

SPECIALE SALUTE

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Aprile 2015 Aprile 2015OperaIN CORSO OperaIN CORSO22 23

Lotta alla fame e alla sbagliata alimen-tazione, garantire cibo alle genera-

zioni future, questa è la parola d’ordine di Expo 2015. Entran-do nella cittadella dell’ Expo si avrà la possi-bilità di conoscere usi e costumi, assaporare sapori e profumi di ben 145 paesi del mondo, tutto in poche ore e in

un milione di metri quadri. Questa Expo deve essere un inno alla vita, un invito alla solidarietà e alla pace, il mondo ha risposto a Mi-lano in maniera forte, ha ri-sposto a questa sfida come poche volte ha fatto.Questa è un’occasione for-te in cui le coscienze dei potenti devono finalmente

NGREDIENTI

1,2 kg di pancia di manzo prefiarta Osso 1 manzo 1 1/2 carote 1 rapa 2 radici di prezzemolo Thread 1 sedano 1 cucchiaio di pepe 2 foglie di alloro 1/2 peperone rosso 1 peperoncino 400 gr di crema 6 grossi spicchi d’aglio 4 cucchiai di sale marino 2 cucchiai di olio

Trippa ( tradotta dal rumeno) - Prepa-razione 1. In primo luo-

go ho tagliato i pezzi più piccolo di pancia è confezionato in sac-chi, in modo che siano facili da portare con un cucchiaio. Poi ho lava-to in 5 acqua in cui ho aggiunto un cucchia-io di aceto. Mi sono trasferito in un colino

collocato nel lavandino, ho aggiunto 2 cucchiai di sale marino e strofinato fra le mani bene. Mi lavo con acqua corrente poi sale. Mi sono trasferito e in una ciotola e ho coperto con acqua fredda e 2 cucchiai di aceto. Ho lasciato il suo

Trippa al peperoncinoCon pancia di manzo, osso e rapaOltre 100 persone detenute impegnate in lavori utili nella manifestazione

sedere così 1 ora andiamo scompaiono odore di cloro (? ... So puzzava). 2. Durante questo periodo ho messo 4 litri di acqua fredda in una pentola ca-piente, ho aggiunto le ver-dure (cavoli, prezzemolo, 1 carota e sedano) tagliare pezzi di grandi dimensioni, foglie di alloro, pepe e delle ossa di manzo. Ho portato ad ebollizione, poi bollire medio - piccole, circa 1 ora. I espansi di volta in volta. 3. Sono scivolato e ho lava-to ottenuto pentola in cui a

bollire. 4. Ho scaldato 2 cucchiai di olio nella padella e aggiun-to il restante 1/2 carota grattugiata e grattugiato 1/2 peperone rosso tutto. Cuciniamo fino ammorbi-dito, circa 5 minuti. 5. Abbiamo versando zup-pa 2 cucchiai di sale mari-no. Ho poi aggiunto pancia ben drenato e peperoni a fette. Ho lasciato a bollire a fuoco medio per 40 minuti (secondo le istruzioni del pacchetto). Ho controllato per essere cucinato pancia

e ha dato fuoco al minimo, quindi non mi ottenere zuppa bollire. 6. Ho versato la crema in una ciotola e ho sciolto una zuppa calda mestoli 5. Ho versato un piatto di mi-nestra e poi lentamente, mescolando con un cuc-chiaio in questo tempo, in modo da non zuppa bran-zeasca. 7. Chiodi di garofano schiacciato ho strofinato con sale e versai un mesto-lo su di loro. Ho versato la pentola con l’aglio otte-nuto attraverso un colino fitto (il tè), I e poi affondò un po’di minestra di aglio strofinato e devo lasciare tutto il sapore. 8. Controllare ora e aglio sale e aggiungere di più se avete bisogno. 9. Ho cinque minuti dalla fine sul fuoco (tutto Simmering) e poi ho messo il coperchio e lasciate raf-freddare. 10. Servire caldo con pe-peroncino di oliva e aceto, eventualmente, per coloro che vogliono inacidire.

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NGREDIENTI Impasto pomata

Farina 1000 grUova intere 07Burro 500 grZucchero 500 grLievito dolci 01

Preparazione

Mescolare uova e zuc-chero e burro, poi ag-giungere farina e lie-vito lasciare l’impasto come la consistenza di una pomata, metterla in un sacchetto di celo-fant in frigorifero per due ore, una volta so-lidificato stendetelo e potete fare sia crostate che biscotti.

Biscotti con uova e farina

Giovan Battista Della ChiaveSi mostra limpida, pulita quando vuole. Grandi grattacieli, palazzi storici, monumenti architet-tonici, grandi opere come l’immensità della galleria Vittorio Emanuele e la maestosità del Duomo.Milano città della moda nel mondo, di grandi sfilate e passerelle, di prestigiose firme e famosi modelli e attori. Città multietnica, accoglienza di miscugli di razze che sfociano le loro tradizioni negli angoli delle vie, città pe-rennemente in corsa da raffinata dama dell’ot-tocento a multiforme creatura tecnologica.Milano città di tante storie di un umanità così varia che talvolta ci mette a nostro agio.Oggi hanno scelto te per accogliere uno dei più grandi eventi al mondo: EXPO. Sono stati spesi per questo milioni e milioni di euro, per renderla oggi più accogliente del solito.Arriva-no turisti da tutto il mondo per l’evento che ci parla di nutrimento del pianeta. Molti vengono per curiosità, per esserci e poter dire: Io c’ero.

Molti altri usano EXPO come passerella e qualcu-no si interessa realmente al tema. Milioni di euro di incasso già fatti il primo mese e ci si aspetta già il secondo di arrivare a più di quindici milioni. Tutto va bene, tutto va secondo i piani. I media descrivono Milano e tutto quello che oggi vi gira intorno come per-fezione ma al di là di tutto ciò i problemi seri ci sono, li vediamo oggi come la stazione cen-trale è piena di migranti ammassati in un gro-viglio di corpi lungo i binari e fuori. Uomini che scappano dalla fame, dalle guerre e dalla po-vertà. Presidi di ospedali mobili accampati fuo-ri dalla stazione per visite generiche, scabbiosi fuoriescono da tutti gli angoli, donne incinta buttate come bestie che aspettano di partorire ed altre con neonati che allattano lungo i binari mentre la grande Milano prosegue lo spetta-

colo il grande teatro va avanti e non dimenti-chiamo i nostri barboni o come

dicono i francesi clochard che da anni alberga-no lungo i marciapiedi e nella stazione centrale e negli angoli oscuri della città, accartocciati sulle panchine e lungo la scia di vecchi binari. Ma Milano corre, va con lo sguardo immemore come assente fisicamente al reale.Anche in una comunità come quella milanese emblema oggi più che mai per la presenza di EXPO dell’occidente e del benessere sono ancora ben radicati sentimenti omofobi e razzi-sti, che sfociano in discriminazioni e violenze. Come vedete non vi sto raccontando nulla di nuovo, o per alcuni si, ma per far capire hai grandi del potere che stanno al sole e fanno finta che la società sta bene.

Il mondo a casa nostra

essere protagoniste, do-vranno lavorare per globa-lizzare la solidarietà.Per noi, questi sei mesi saranno l’occasione per responsabilizzarci al pro-blema sul cibo con più fermezza e consapevolez-za sulle nostre capacità di

sopravvivenza. Non dovrà essere sprecato lo sforzo economico e l’operoso im-pegno fatto da migliaia di tecnici, operai e un gran numero di volontari di tut-to il mondo che hanno fatto un lavoro straordinario, fra questi non possiamo di-

Giuseppe Di Matteo menticarci di un centinaio di nostri compagni dete-nuti, persone che hanno accettato la sfida con gioia e forza, afferrando al volo un’occasione per dare soli-darietà e una mano al com-pimento di questo grande evento. Alcune ammini-strazioni delle carceri della Lombardia,come Opera, Bollate, Monza e San Vitto-re hanno dato l’occasione ad un centinaio di persone detenute di potere uscire in art. 21 per potersi recare all’area Expo per svolgere lavori utili allo svolgimen-to della manifestazione, questo sarà uno sprone per rientrare a pieni voti nella società e sicuramente un motivo di crescita persona-le essendo un’opportunità unica e irripetibile.

Una Milano da beree un’ altra che ha fame

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Ad Anghiari con i nostri autoriAlla terza pesenza da protagonisti nel Festival dell’autobiografia

La prima volta che sono scappato da casa avevo sedici anni,... con i miei

amici decidemmo di partire da soli per le va-canze senza dire niente a nessuno. Com’è come non è venimmo scoperti subito, e la nostra fuga a Cogoleto, provincia di Genova, finì subito il primo giorno. I nostri genitori - dopo serrato

interrogatorio al nostro ami-co Stefano che si era svegliato troppo tardi per partire con noi e ci era venuto a cercare a casa ci fecero recuperare dal-lo zio di uno di noi, Jacopo-detto-due-dita (era l’unico di noi ad avere avuto esperienze approfondite con le ragazze), il quale zio aveva un campeg-gio in Liguria, proprio da quelle parti. Il quale zio non ci risparmiò una bella predica e soprattutto una penosa te-lefonata riparatrice a casa, ... Mia madre iniziò a sputarmi

addosso ogni tipo di rimpro-vero e poi passò alle minacce di punizione tipo “ti tolgo il motorino, la play station, il computer” ... terminò la telefonata con “ma almeno avete mangiato?”. Poi fu il turno di Jak che uscì dall’uf-ficio del campeggio meno sorridente del Solito... e disse “loro pensano che noi siamo di loro proprietà”...lui arrivò a promettere a i suoi che erano molto religiosi che

sarebbe diventato un prete se lo lasciavano in campeggio quell’estate, i suoi genitori furono i primi a cedere sotto la prospettiva che un giorno il loro figlio adorato dicesse Messa. I secondi a cedere furono i genitori del mio-mi-gliore-amico-Roberto-detto-becco, infine lo zio di Jacopo mi passò mio padre che per la prima volta mi parlò come ad un uomo e non a un bam-bino. Mio padre debuttò con

“io ti lascio restare ma ricor-dati che non hai fatto una bel-la cosa verso me e tua madre a scappare e un giorno se di-venterai genitore, e lo spero, capirai quello che ho appena detto. Per il resto divertiti, non bere troppo e non usare droghe, te lo dico non per romperti le palle ma solo che mi sembra una cazzata rovinarsi la vita per niente”. E poi aggiunse; “e se per caso vai a letto con qualcuna usa il preservativo” - io im-barazzato - “ma papà cosa dici” - e lui “uhee, pirla, non voglio mica diventare nonno cosi giovane, dai divertiti, fai il bravo, chiamami ogni sera, soldi ne hai?”. Quando attaccai per la prima volta mi sentii abbandonato e capii che il rapporto tra il bambino e il papà era finito ed era stato sostituito da un altro che si basava molto sulla fiducia e sulle mie scelte.

Pietro Citterio

Nell’ aria fluttuano le spore dei funghi e delle erbe selvatiche, . É tempo di cambiamento, tra gli animali c’è chi si prepara per il letargo, chi inizia un lungo viaggio migratorio, c’è chi come la trota entra nella stagione dell’ amore. la natura si veste di nuovi colori, sullo sfondo degli orizzonti primeggia il giallo, e il rosso in tutte le sue sfumature. Rade nebbioline toccano la terra, flebili pioggerelline silenziose risuonano nei boschi, lenti passi romantici sfiorano piccole pozzanghere dai paesaggi capovolti. I cercatori di funghi animano campagne ferme, umide di rugiada che sembrano gocce di pioggia. L’ olio verde smeraldo profuma nei frantoi, dentro ha l’essenza della primavera, e il calore dell’ estate. L’ odore del mosto versato nei tini emana nell’ aria fra-granze che richiamano l’ imminente inverno. Nel mio autunno attuale invece sono come un oliva dimenticata su un albero da dove mi godo un immenso panorama, non troppa matura che non sa se diventerà olio, oppure una conserva, o forse reiterò appeso al mio ramo ancora un po,

finché il mio picciolo mi sorregge e una folata di vento non mi farà prendere il volo verso la terra, all’ ora vedrò allontanarsi il cielo, e non vedrò più l’orizzonte. Chissà se sarò un buon seme che prima o poi germoglia, oppure sarò assorbito dalla terra e non resterà niente del mio passaggio. Comunque sia per adesso sono dentro un tempo dove ho ancora tanta

primavera dentro, molta estate addosso, e un pochino di autunno sui radi capelli. Ma i fatti della vita mi hanno fatto vivere i cambiamenti senza ansie quasi senza accorgermene . Tanto che” se ne il mio campo seminato viene devastato da una tempesta; sempli-cemente rimetto a posto la terra, semino di nuovo, e non ne faccio un dramma. Ricominciare per me è un evento naturale che mi da forza e non mi spaventa... Con questi auspici andrò incontro al mio inverno, cercherò ancora il senso seduto in riva ad un fiume, ascoltando il suono dell’ acqua, e alla melodia primordiale che abbiamo dentro.

Giuseppe Catalano

Il mio autunno

L’estateche diventai adultocon una telefonata

Nelle giornate di Anghiari presenteremo la nostra nuova antologia intitolata “L’altalena del Tempo”. Qui sotto due brani sugli anni avan-zano inesorabilmente, non è sempre così per la maturità personale. Quella arriva a volte molto presto, in altri casi può arrivare in ritardo e forse mai. Ecco gli stralci di due nostri autori, provate a leggeteli.

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Giovedì 3 Settembre16.30 Apertura Festival - Piaz-za Mameli, Stefania Bolletti, Riccardo La Ferla, Duccio De-metrioVenerdì 4 Settembre9.30 Esperienze di autonarra-zione in luoghi dell’accoglien-za11.30 Custodire memorie: quando la scrittura di sé è emancipazione17.30 La vita è un ballo fuo-ri tempo (Rizzoli) – Andrea Scanzi e Duccio DemetrioSabato 5 Settembre9.00- In Autobiografia- Con-fronti tra Pratiche Autobiogra-fia in carcere – Teatro Bar-bara Rossi, e i detenuti del carcere di Opera presentano L’altalena del tempo a cura di Duccio Demetrio e Barba-ra Rossi (Ed. La vita felice)10.30 Narrazione e cultura- Teatro di Anghiari Lectio Magi-stralis di Jens BrockmeierDomenica 6 SettembreOre 9.00- Autobiografia in carcere Grazia Grena e Carla Chiappini presentano Recluse. Lo sguardo della differenza femminile sul carcere, a cura di Susanna Ronconi e Grazia Zuffa (Ed. Ediesse 2014)Barbara Rossi presenta due autobiografie nate nel car-cere di Opera: Alfredo Vi-sconti, Il barone rompente, (ed. la meridiana)Giuseppe Catalano, Radici ViolateOre 12.30 Chiusura festival- Stefania Bolletti, Riccardo la Ferla, Duccio Demetrio

Per il terzo anno consecutivo i dete-nuti del carcere di Opera si appresta-

no a sbarcare in quel di Anghiari. Questo pitto-resco borgo medioeva-le, sede dell’università dell’autobiografia, ac-coglie durante i primi giorni di Settembre di ogni anno un turbinio di scrittori più o meno affermati per un evento

unico nel suo genere e dal sapore fantastico.Quest’anno il laboratorio ‘’Leggere Libera Mente’’ propone un lavoro autobio-grafico legato dal fil rouge delle proprie esperienze di vita in correlazione con la natura, dei ricordi che rie-voca e delle sensazioni pri-mordiali che nascono quan-do ci troviamo a contatto con essa. Il testo, che verrà presentato Sabato 5 Set-tembre alle ore 9.00 dalla curatrice Barbara Rossi e da uno dei fondatori della Libera Università dell’Au-tobiografia, nonché parte integrante del proget-to’’Leggere Libera Mente’’ Duccio Demetrio, e da al-cuni componenti del grup-po, si articola in diverse se-zioni che danno voce ad un caleidoscopico universo di emozioni: dalle libere me-ditazioni sulle stagioni del-la vita, raccontate in prosa e poesia, a racconti personali sulla natura in relazione alle diverse età fino ad uno scorcio dei ricordi degli au-tori in base ad odori, colori e sensazioni collegati alle emozioni che scaturiscono dal fruscio dell’erba o dalle

Gli appuntamentida non perdere

carezze della sabbia. Que-sto ennesimo capitolo del progetto ‘’Cisproject’’ non può deludere le aspettative degli amanti del genere. In-fatti vi sono narrati episodi reali che provengono da remoti anfratti della memo-ria a lungo pensati, a volte che si credevano perduti per sempre. Le cariche di emotività e di sincerità che scaturiscono da questo ma-noscritto toccano le corde vacue dei ricordi dando loro la forza necessaria per riemergere in tutta la pro-pria forza e, in alcune parti, condita di malinconia. Domenica 6 Settembre verranno invece pre-sentate due autobio-grafie scritte dai due dei più prolifici autori del progetto ‘’Leggere Libera Mente’’, Alfre-do Visconti, “Il barone Rompente”, e Giuseppe Catalano, il “Beddazzo”. Tra le righe di queste auto biografie si mescolano ai ricordi d’infanzia dal sapo-re agrodolce i gusti amari delle occasioni perdute, in un mix di pensieri e di emo-zioni che sono frutto di un autentica e sofferta autocri-

tica da parte degli autori e dalla quale ne escono co-munque a testa alta. Il testo del Visconti nasce dopo un periodo di gestazione ma-turato durante un percorso intrapreso quattro anni or sono con il Gruppo. E’ un autobiografia trattata in veste critica con l’intento di formulare una profonda ed attenta riflessione, con-dita con l’ironia propria dello stile dell’autore, sul proprio vissuto.Il libro di Giuseppe Catala-no, ‘’Radici violate’’, è in-dirizzato a chi ha toccato il fondo e ne è riemerso senza trovare radici a cui aggrap-parsi. Quelle radici, secon-do l’autore, sono alla base dell’esistenza di ciascuno di noi e vengono violate, spesso senza rendersene conto, con la semplicità con cui si calpesta un fiore.Questi due testi ci regalano una visione della vita dal punto di vista di due perso-ne detenute colte, spiritose e allo stesso tempo di un animo profondo e attento aimessaggi del cuore, pron-te al riscatto sociale e a ri-appropriarsi della propria vita.

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Albert Borsalino

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La società moderna con la sua frenesia e i suoi vuoti ideali ci ha reso un popolo

insensibile alle tema-tiche umanistiche tra-sformandoci in persone fredde che non riesco-no più a manifestare la propria empatia. Le persone detenute po-trebbero riscattare le proprie colpe nei con-fronti della società ed

accrescere il di loro senso civico e di umanità perso-nale in una corrispondenza biunivoca tramite utili la-vori nella sfera socialmente utile.Nel vigente sistema carcerario il detenuto è costretto all’ozio per una parte importante della sua giornata ma questa forma di espiazione della pena non comporta un effetto riedu-cativo sulla persona giuri-dicamente condannata. Si potrebbe cercare di instau-rare un canale istituzionale che metta in contatto da una parte le associazioni di volontariato e dall’altra i tribunali preposti alle mi-sure alternative che spesso non hanno il tempo mate-riale di iniziare un percorso

Il ruolo dei lavori socialmente utiliLa cultura della solidarietà è il primo passo del percorso di riabilitazione

Pietro Citterio Albert Borsalino

riabilitativo nei confronti di detenuti che debbono scontare brevi pene. Per chi invece si trova a scontare pene più consi-stenti, questo stesso canale potrebbe iniziare i detenuti in un percorso infra murario di servizi collettivi social-mente utili, tipo donazione di sangue, impacchetta-mento di generi alimenta-ri o raccolte di indumenti d e s t i n a t e alle fasce più debo-li, per poi, r a g g i u n t i i termini p r e s c r i t t i dalla legge, continuare questi ser-vizi alla co-munità anche fuori.Questa forma di espiazione della pena può portare a dei vantaggi rieducativi sia nei confronti del detenuto che verso le persone che sono state loro malgrado offese mettendo in contatto da un lato la parte migliore della società, quella cioè che sen-za interessi si presta ad aiu-tare il prossimo, e dall’altro la parte più bisognosa che

però, con estrema dignità preferisce rivolgersi a que-ste istituzioni per garantirsi una mera sopravvivenza ma rifiuta di commettere reati per migliorare le proprie condizioni di vita. Questa stessa soluzione potrebbe anche alleggerire la mole di lavoro della giu-stizia in generale, quella dei magistrati di sorveglianza in particolare prendendo

ad esem-pio altri paesi dove i lavori so-cialmente utili già soppian-tano le condanne a brevi periodi di

carcere. Secondo i sondag-gi dell’Istat oggi in Italia un cittadino su tre è a rischio povertà. Questa drammatica situa-zione vede come causa sca-tenante la crisi economica che si è abbattuta sulla no-stra nazione ed ha ridotto uomini e donne in condi-zioni sempre più precarie per via della diminuzione degli stipendi, se non dal

taglio netto causato dal li-cenziamento, e di pensioni inadeguate rispetto al costo della vita vigente.Credo che un uomo che patisca la fame in un paese civile e democratico sia una Vergogna. Credo che sia ingiusto che un pensiona-to, dopo aver vissuto un’e-sistenza di lavoro onesto, pagando le ingenti tasse ri-chieste dallo stato e osser-vando scrupolosamente la legge, non possa comprarsi il pane e altri viveri di prima Necessità. I magri salari e le inadegua-te pensioni rendono impos-sibile agli onesti cittadini provvedere ai loro necessa-ri bisogni che comprendo-no il pagamento dell’affitto, il sostentamento primario e le cure mediche. Basti pensare a quanti an-ziani vengano accantonati dalle proprie famiglie e la-sciati in balia della solitudi-ne e delle cure di estranee badanti straniere invece che dei propri cari, spesso impegnati nella rincorsa di futili traguardi.Sempre più spesso si mol-tiplicano per le strade spet-tacoli indecorosi di uomini

giovani ed anziani che rovi-stano tra i rifiuti dei mercati piuttosto che tra i cassonet-ti della spazzatura in cerca di viveri ed abiti.Sempre più spesso vediamo sciami di persone costrette a vivere in automobili o per la strada senza un tetto che li ripari. Questo fenomeno in au-mento non comprende più solo lo stereotipo di quello che fino a qualche anno fa era il clochard tradizionale ma a questa orda di persone che si riparano sotto am-massi di coperte e giornali si sono aggiunti impiegati, casalinghe, operai e pen-sionati spogliati delle loro vite, case, lavori e dignità.Molti di questi individui ri-escono a sopravvivere solo grazie ad associazioni no-profit, come il Pane quoti-diano, che elargisce pane, generi di prima necessità ai senzatetto e assistenza psicologica e generale o ai City Angels che ripartisco-no coperte e bevande calde a queste disagiate persone.La maggior parte di queste mansioni vengono svolte da volontari non retribuiti che con un intensa coscienza sociale riescono a ricama-re dei momenti liberi nella loro travagliata quotidiani-tà per adempiere a queste opere caritatevoli.Il numero di questi volon-tari è però esiguo e copre solo in parte le svariate ne-cessità del sempre più cre-scente esercito dei nuovi poveri.Crediamo che se ognuno di noi fosse più partecipe dei problemi del prossimo si potrebbero risolvere molti problemi. Tornare alla solidarietà che un tempo accomunava gli abitanti di uno stesso rione sembra un concetto anacronistico ma è di una attualità sconcertante.

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Un mercatino a km zerocosti bassi e alta qualità

I prodotti dei detenuti nella Loggia dei Mercanti

Rino Buonsanto

Torna il 26 settembre a Milano, Log-gia dei Mercanti, un mercatino a km 0 da non perdere per la varietà dei prodotti offerti di alta qualità:

pani dalle forme e dai sapori più sva-riati, borse anti-scippo del tutto originali e innovative, violini intagliati da sapienti mani artigiane… ma ciò che rende uni-co questo mercato è che la trasformazio-ne non riguarda solo “le cose”. Si potrà toccare con mano infatti la grande evoluzione che esseri umani considerati spesso come “feccia della società” hanno compiuto, diventando

artisti di grido, sarti d’eccezione, poeti ac-clamati, scrittori, ecc… Non stiamo esagerando, provare per credere!Nelle scorse edizioni, visitare il mercatino ha permesso a chi ha osato visitarlo, di vedere il la-voro svolto dalle persone detenute e che spesso re-sta invisibile alla società. Se siamo fortunati, potremo anche ascoltare nuovamente quella melodiosa musica che na-sce dai violini della liuteria reclusa.La trasformazione di un pezzo di legno, di un telo di stoffa o di pelle in prodotti di cui la società non sa più fare a meno, il vedere delle splendide piante cresciute rigogliose, o iI degustare quel delizioso pane dal sapore eccezionale, dimostrano che le persone dete-nute sono in grado di fare le stesse cose che fanno le altre persone nella società esterna. Talvolta meglio di loro, avendo tempo e pa-zienza, indotta dalla situazione.Un signore diceva che ”ora mangiava solo quel pane”, perché buonissimo, lievitato bene e di buona conservazione.È terribile apprezzare qualcosa quando lo si perde, ciò vale per la libertà ma anche per il lavoro, l’amore… Le persone detenute, per cui il lavoro è spes-

so a lungo sognato e agognato, dimostrano che è possibile avere cura di un prodotto, di un’attività, utilizzando il massimo della loro professionalità, per poter far arrivare a noi il frutto della loro opera con il garbo dovuto. Una riconciliazione? In verità, perché ricon-ciliazione ci sia, è necessario che ci sia la volontà di riconciliarsi da ambo I lati.Alcune persone detenute in questo mercatino si mettono in gioco, ci mettono la loro fac-cia. La società come si pone? I cittadini che fanno? Ci auguriamo che non restino a casa.Una società che funziona è in grado di valo-rizzare le diversità e le specificità delle perso-ne e questo dipende da ognuno di noi.

Consentire alle persone detenute di riscattarsi va a beneficio di tutti. Questo riscatto e quindi il ritorno nella società può avvenire proprio grazie alla possibilità di accede-re a percorsi culturali e al lavoro già durante la per-manenza in carcere.

I volontari fanno un lavoro all’interno delle carceri molto importante, ma è poi all’usci-ta dal carcere che ci vuole la collaborazione della società per reintegrarsi e andare oltre.In questo nuovo cammino che inizia con l’u-scita, la persona non deve essere lasciata sola, mai, altrimenti si sentirebbe abbando-nata, inutile, senza scampo e sarebbe facilis-simo ritornare sulla strada sbagliata. Quando non si riescono a trovare sbocchi alle varie difficoltà della vita, e per chi esce da un carcere sono davvero tante, si pensa sbagliando che l’unica strada che ci rimane sia quella vecchia. Ci vuole tanta forza e coraggio da parte di tutti, ma l’esperienza di chi c’è riuscito dimo-stra che si può uscirne solo assiemeGrazie a tutti coloro che permettono queste importanti iniziative.Venite a provare per credere!

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Aprile 2015 Aprile 2015OperaIN CORSO OperaIN CORSO28 29

Il copione è ricorren-te.Un uomo sulla qua-rantina spalleggiato

da una bandiera nera con caratteri arabi stampati in oro inizia il suo monologo attri-buendo ad atti di pura barbarie un significato religioso dalla persona-le interpretazione.Questa volta il sedi-cente Imam si sta sca-

gliando, verbalmente, con gravose parole, e concreta-mente, con pesanti martel-li, contro numerose statue appartenenti alla cultura Assiro Babilonese che sono sparse presso un noto ma ormai quasi completamen-te depredato, sito archeo-logico al Nord dell’Iraq.Mentre riprese artigiana-li filmano tutto, una folta barba rimarca il familiare concetto di come Allah sia il più grande e che gli idoli pagani precedenti alla fiori-tura della cultura Islamica debbano essere distrutti per non contaminare la pu-rezza di Dio. Tre o quattro ragazzi in-tanto, avvolti da una kefiah nera, fanno a pezzi, sullo sfondo, la statua di un leo-ne alato.Il presunto Imam rimarca come tutti questi dei, ap-partenuti a precedenti cul-ture, vadano disprezzati e immediatamente distrutti.La politica di distruzione di siti archeologici appar-tenuti ad altre culture in

Non è per niente eroico picconare la cultura

L’Isis e la distruzione di luoghi sacri

Albert Borsalino e Pietro Citterio

altre età storiche non è una prerogativa del nuovo mo-vimento radicale Jihadista, che imperversa nel nord dell’Iraq e nei paesi limitro-fi alla frontiera settentrio-nale e occidentale, come Kurdistan e Siria. Già nel 2001, al culmine di un aspro scontro con la comu-nità inter-nazionale, il governo afgano dei talebani, avviò la distruzione del patrimo-nio arti-stico del p a e s e estraneo alla tradizione islamica. In breve tempo vennero cancellate molte preziose testimonianze dell’antica presenza buddhista nella regione. Nel Maggio del-lo stesso anno i talebani abbatterono a cannonate due statue del Buddha di inestimabile valore nonché riconosciute come patri-monio dell’umanità da par-te dell’Unesco e risalenti al IX secolo, di 38 e 53 metri di altezza.Sembra però che il Calif-fato dell’Isis, acronimo si-gnificante Stato islamico, abbia preso questo suo lato distruttivo radicale molto più sul serio di quanto non avesse fatto Al Qaeida anni

addietro e con molta più poliedricità, non rispar-miando i retaggi di alcu-na religione e devastando indistintamente simboli Cristiani, Assiri, Sumeri e Babilonesi e di qualunque altra fede religiosa che ab-bia la sfortuna di attraversa-re il cammino di conquista di questa nuova, potente ed emergente realtà.La ricchezza di siti archeo-logici della regione è rino-

mata in tutto il mondo.L’attuale stato Iracheno e più in generale la zona su cui ha influenza il sedicente califfato dell’Isis coincide con quella florida zona ric-ca di storia che era la Meso-potamia, culla riconosciuta della civiltà occidentale e perciò disseminata di vec-chie rovine di templi, di antiche statue, di tombe millenarie e di reliquie di elevato interesse artistico.

La distruzione di idoli di culture differenti per eli-minarne le radici ricorda lontanamente e simbolica-mente il trapianto effettua-to dalla chiesa romana nei confronti dei domini con-quistati, con la sostituzio-ne della croce ai riti pagani dei celti e un susseguirsi di trasposizione di usanze e culture.Mentre ciò aveva un senso allora, cioè quello di tra-

piantare civiltà attive con importanti tradizioni, non sembra trovarsi un senso compiuto in questa nuova onda di rimpiazzo culturale se non l’intento, ben cela-to, di rivendere e non di-struggere questi incredibili pezzi d’antiquariato dal va-lore culturale incalcolabile ma da quello pecuniario ben quantificabile e molto remunerativo.Il Califfato infatti non pos-siede altre fonti di ingresso che non siano quelle ben foraggiate dell’oro nero e trova nel commercio di queste preziose reliquie dell’umanità una altrettan-to profittevole fonte di in-troiti.In seno alla stessa comuni-tà Islamica vi sono fratture insanabili generate dalla di-visione tra Sunniti e Sciiti, tra chi legge e studia il Co-rano in chiave di messaggio di pace e chi lo interpreta invece come strumento di propaganda per convince-re più persone possibili a

seguire i propri scopi con-torti.Dopo la caduta del regime dei Taliban alla fine del 2001 e la morte del fon-datore morale di Al Qae-da, Osama Bin Laden nel 2010(?), il califfato dell’I-sis ha rafforzato il suo ruolo di rete internazionale del terrore andando ad insi-nuarsi in quelle nicchie di malcontento, ignoranza e povertà per reclutare sol-dati da inserire nelle fila del suo esercito. A un so-stanziale fallimento della politica di Al Qaeda, è in-fatti corrisposta una diffu-sione a cerchi concentrici del suo ‘’marchio’’, sotto il quale operano, con diverse finalità, decine di sigle ter-roristiche, spesso del tutto prive di legami con l’orga-nizzazione. L’Isis ha trovato nuovo im-pulso in Iraq dopo la morte del re del terrore, Bin La-den, e figura oggi sia come la principale componente della resistenza alle truppe

governative del neonato governo in Iraq e a quello di Bashir al Assad in Siria, che come forza indipendente alla conquista di un proprio stato su cui innalzare la bandiera nera del califfato.La veloce escalation di de-capitazioni di ostaggi in tuta arancione, catturati senza alcuna logica tra tutte le etnie straniere presenti nei territori a rischio della penisola araba, e di azioni dimostrative di grande ef-fetto mediatico non posso-no che dare credito inter-nazionale a questa nuova Holding del terrore che sta muovendo i primi passi sul complicato e sempre incer-to scacchiere politico del Medio Oriente in maniera sicura e spregiudicata, gua-dagnandosi rapidamente con la forza un ruolo di in-terlocutore di prim’ordine.La distruzione dei templi e delle vestigia di antiche civiltà non è che uno de-gli aspetti estremistici di questa nuova fazione che è ardente sostenitrice dei matrimoni forzati a età pre-adolescenziali per garantire una continuità generazio-nale al movimento, a stupri collettivi degli ostaggi di sesso femminile, alla più radicale lettura del Corano in chiave di massacri e bar-barie ed a una totale pro-mulgazione delle proprie azioni estreme in funzione dialettica per nuovi recluta-menti.Non permetterci più di es-sere testimoni oculari di tante impronte lasciate dai nostri avi è un atto sconsi-derato e scellerato al tempo stesso, l’impoverimento culturale che ne deriva va ad aggiungersi alle tante crudeltà, in molti casi ben più gravi, che vengono per-petrate oggi giorno da fana-tici dell’ultima ora e invasa-ti religiosi manipolatori dei soggetti più deboli.

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Aprile 2015 Aprile 2015OperaIN CORSO OperaIN CORSO30 31

Luigi Polizzi

fanno due realtà differenti. Questo accade anche nella vita, attraverso la prospet-tiva con cui le guardi, esse cambiano. Diventa impro-

babile pensare che esista una “giusta” prospettiva, inoltre è necessario tener conto di come le cose cam-bino velocemente, indu-

Due fotografie che rappresentano lo stesso luogo.

Quando una realtà oggettiva si trasformain un altra apparentemente ben diversa

Due fotografie che rap-presentano lo stesso luogo. La realtà og-gettiva che si trasfor-

ma in un’altra ben diversa.Colori, luce, voglia di vi-vere sono pregnanti nella prima fotografia; grigiore, opacità, tristezza contrad-distinguono la seconda.Il luogo è il medesimo, di-versità di “luce e tempo” ne

cendo così visioni diverse indipendentemente dalla prospettiva da cui si osser-va. In questa folle corsa del-la vita, diventa sempre più difficile fermarsi a riflet-tere, cercando di captare anche angolazioni diverse rispetto alla propria.Grazie Margherita, con le tue fotografie, riesci a darci una pausa di riflessione.

Colori, luce, voglia di vivere sono pregnanti nella prima fotografia;

grigiore, opacità,ristezza contraddistinguono la seconda.

Il nostro OROSCOPO (Giuseppe Catalano Fatalmente creativo)

ARIETE

Gli astri consigliano; annunciate l’arrivo con una telefonata, eviterete porte chiuse

TORO

Marte nel vostro segno vi renderà nervosi. Riuscirete a irritarvi in un campo di papaveri.

GEMELLI

Siete figlio unico fatevene una ragione

CANCRO

Venere vi consiglia l’ uso di uno strumento musicale, e le nacchere fanno al vostro caso

LEONE

Saturno vi consiglia di presentarvi a una manifestazione equestre con un nuovo look i boccoli nella criniera sembrano eccessivi

VERGINE

Plutone vi sconsiglia di scegliere il lavoro di mondina o raccoglitrice di funghi

BILANCIA

Pesar le parole vi porterà a una sicura rottura

SCORPIONE

Porterete sulle spalle il peso della famiglia

SAGITTARIO

Il sole è dalla vostra parte per voi del segno non esistono ostacoli insormontabili

CAPRICORNO

Venere vi consiglia: in amore niente armi naturali, attirerete le attenzioni di un ariete

ACQUARIO

Nettuno e venere in trigono vi assicura un unione inscindibile con una pesci

PESCI

Provate con le bolle di sapone a forma di cuore, è più corretto

Insonni note dei no-stri violini svegliano l’attimo, gli alberi in infiorescenza colo-

rano le melodie.Nel nostro laborato-rio di liuteria la porta rimane sempre aperta grazie a tutti quelli che rappresentano la Casa di reclusione di Milano Opera.Spesso vengono visitatori che ci danno la possibilità di raccon-

tare dal vivo come si co-struisce un violino e come è nata la sua storia dalle mani d’oro dei grandi mae-stri liutai Cremonesi; dopo secoli e secoli ci nutrono ancora oggi con i loro se-greti dell’arte trasmettendo una rara magia armoniosa. Quasi tutte le settimane gli scolari delle scuole medie e gli studenti universitari di tutta la regione Lombardia visitano il nostro laborato-rio, ma anche le altre attivi-tà lavorative e culturali che si svolgono qui all’interno dell’istituto penitenziario, facendo così un confronto faccia a faccia tra il nostro passato e il nostro futuro, appeso all’equilibrio delle corde dei nostri strumen-ti. Dobbiamo dire chiara-mente che ci regalano tanta soddisfazione e ci incorag-giamo a vicenda, noi a loro per gli studi e le tesine, loro a noi che possiamo farcela a realizzare i nostri sogni nel percorso della nostra pena detentiva con piena digni-

tà, e per poter affrontare un giorno la società con un mestiere di alto livello che ci rende orgogliosi. Perché questo lavoro è tutta una m e l o d i a , o v u n q u e sei ti dai da fare ti lasci andare nel ritmo della sua straor-dinarietà, basta un pezzo di legno per renderti felice, ti perdi nelle giorna-te costruendo vari oggetti, dipende dall’ispirazione che incontri. Noi soprat-tutto costruiamo violini: ognuno di noi cura la rea-lizzazione del proprio vio-lino esprimendo il proprio amore, tanto che alcuni di noi lo hanno soprannomi-

nato “bambino”, dandogli anche un nome nel momen-to in cui incastravano la sua anima, perché la nostra l’a-vevamo persa. E visto che

a b b i a m o pronuncia-to la paro-la felicità che ricevi attraverso un pezzo di legno, ci teniamo tantissimo

a lavorare queste parole con massima precisione e tolleranza zero, per non sbagliare, scolpendo con la sensibilità questo nome Rotary Club in cui ringra-ziamo tutti noi che faccia-mo parte del laboratorio di liuteria per la donazione in abbondanza che ci hanno

Dal profondo dei nostri violiniescono note, segreti e magie

La visita degli studenti nel nostro laboratorio di liuteria

Erjugen Meta

fatto di vari set di legno di prima qualità. La cosa che ci sorprende di più è che il Rotary Club ha osservato e valorizzato il nostro lavo-ro dall’esterno attraverso i suoni dei nostri violini e sono riusciti ad entrare nel profondo della nostra pas-sione facendo in modo che i nostri sogni non rimanes-sero solo un desiderio ma che venissero realizzati.

*Erjugen Meta è anche un autore di brani di poesia. Che vengono spesso selezionati dalle giurie di premi letterari. La giuria di Varese del concorso intitolato “Il cibo e le storie” gli ha attribuito il prestigioso se-condo posto in classifica per la poesia in stile Haiku intitolata “Gusto Indimenticabile”.

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Il libro di Alfredo Visconti nasce all’interno di un per-corso formativo intrapreso quattro anni orsono con il Gruppo Leggere Libera-Mente. E’ l’autobiogra-fia dell’autore trattata in veste critica con l’in-tento di arrivare ad una riflessione profonda sul proprio vissuto.

La narrazione parte dal giorno in cui Alfredo è venuto al mondo e percorre la sua intera vita passando in maniera “soave” attraverso espe-rienze a volte anche drammatiche, di carattere psicologico, e di scelte non sempre ortodosse, ma comunque dettate dalle circostanze nelle quali è venuto a trovarsi.

Il Barone Rompente parla di se anche con un pizzico d’ironia, conscio della sua parte di responsabilità nella conduzione di una vita ai margini e di questo se ne

rammarica : “Forse aveva ragione mio padre a dirmi fai come dico io. Come sarebbe stata la mia vita se avessi

potuto parlare con lui o se lo avessi ascoltato incondizionatamente...”

Alfredo non sa e non può rispondere a queste domande, suo padre non c’è più, ma può valutare adesso che è approdato in un momento della sua vita in cui una rivisitazio-ne del proprio vissuto si impone; adesso che, sebbene non ancora libero, deve comunque fare i conti con il tempo che passa, e tirare le somme; adesso che è stanco d’apparire come un “buono a niente”; adesso che vorrebbe riappropiarsi della della sua vita. Il

Barone Rampante non è stato un angelo, ma non è neppure un demone...

L’autobiografia di Alfredo Visconti

Presentazione di Duccio Demetrio

Alfredo Visconti

edizioni la meridiana

IL BARONEROMPENTE

Non so definire a quale regione effettivamente appartenga per-ché sono figlio di un milanese e di una pugliese, concepito a Pordenone, nato a Bari e vivo a Milano da oltre cinquant’anni.A dire il vero ho rischiato di nascere per aria, in volo da Por-denone a Bari dove mio padre si stava trasferendo per lavoro proprio nei giorni della mia nascita. Sarà per questo che spes-so mi capita di avere la testa fra le nuvole? Ho sempre avuto passione per il volo ma non ho mai imparato a volare, tanto che, ogni volta che ci ho provato, sono sempre caduto...Le rotture hanno sempre caratterizzato la mia vita, una volta una gamba, un’altra la testa e... forse ho rotto anche dell’al-tro...Caduta dopo caduta sono finito così in basso che ora non è facile risollevarsi. Dipenderà dalla mia statura? Io però sono cocciuto e caparbio e ci provo nonostante il poco tempo ri-masto!

Alfredo Visconti, nato a Bari, imprenditore, da anni è temporane-amente detenuto nel carcere di massima sicurezza di Milano-Opera, dopo aver conosciuto Istituti penitenziari di varie città italiane.Nel 2000 ha partecipato al film “Nati Dentro” e dal 2011 frequenta il corso Leggere Libera-Mente; coautore di diversi libri è inoltre tra i redattori del giornale “In corso d’opera”, dal 2013 Capo servizio per la rubrica sulla salute.

edizioni la m

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Aprile 2015OperaIN CORSO32

L’angolo dei poeti

No excuses no lies no bro-ken promise (X2)

Bella fra ti scrivo da questo bucoPasso le mie giornate a menare il muro/ Ogni tanto scrivo un paio di barreRacconto lo schifo che c’è dietro le sbarre/ Non è riabilitazione è un campo di prigioniaCon molta ironia, un campo di concentrazioneAvrei preferito l’impiccagioneChe subirmi questa merda a tutte le ore Qui fa freddo piove sempre grandineIl mio umore è caduto a picco come AtlantideBevo solo le mie lacrime, ma da questi cani vieni sbranato come una mantideE sai questo dolore mi ha colpito ad impattoOltre a me c’è chi è dentro per uno scattoNessun riscatto, nessun pattoMi sento in mezzo ai gatti ed io sono un ratto

No excuses no lies no broken promise (X2)

Il sensoAcqua sono io... dentro ogni goccia Acqua disegnata... fluida nella sua essenza Plasmata... dentro ci sono io. Né gioia... né paura... sono acqua che bagna un fiore Né amarezze né sofferenze... sono dentro un fiocco di neve che si scioglie al soleNiente dolore... sono acqua viva Nebbia del mattino... oppure brina In una cascata, in un ruscello, in un lago calmo

Vita inutileCammino dentro il mio sonnonel vuoto della notteascoltando parole intirizzite.Lontano dai pensieri calpestatiscivolo nel buio di luci impazzite.Sento il richiamo di un piantoche calpesta il mio cuorecon sottile crudeltà.Sospiro, piango, fuggo,abbraccio la crudeltà di una vita inutile.

Boris Zubine

Consigli per la letturaIl vagabondo delle stelle di Jack London, ne ho tratto il concetto fondamentale: si può imprigionare il corpo, ma la mente no!Sono stato marinaio e soldato, viaggiatore ed eremita.Nella dotta quiete di monasteri sospesi su dirupiho meditato sui manoscritti di volumi immani e ricoperti di muffa mentre sui pendii sottostanticontadini si affaticavano fra vigneti e ulivetiriconducendo dal pascolo le capre belanti e le vacche muggenti.Assiso a vertiginose altezze su alberi maestri,sui ponti della navi ho scrutato i flutti battentidove banchi corallini emettevano da abissi color turchese, iridescenti bagliori.Ho combattuto in un tempo remoto su campi di battagliain cui la strage non si arrestava col calar del solema proseguiva nella notte quando le stelle brillavanoda distanti picchi innevati scendeva un vento freddoche non riusciva ad asciugare il sudore della paura.Sono tornato bambino, quando di domenica, ascoltavo prediche altisonanti sulla nuova Gerusalemmesulle pene del fuoco infernalepieno di meraviglia e di terrore di fronte allo splendore di Dio.Nulla si crea dal nulla non avrei potuto in cella d’isolamentoinventarmi tutte queste visioniche coprono tanto tempo e tanto spazio:esse erano nella mia menteora stavo apprendendo a percorrere i meandri.Per secoli e secoli percorsi lo spazio e il temposuperando il tetto della prigionelibero in mezzo alle stelle.Mentre attendo in una cella d’isolamentostretto in una camicia di forzache la mia vita terrena finisca con una corda al collola mia anima si ribella e niente e nessuno riuscirà a ucciderla.Perché Io sono il vagabondo della stelle!

Luigi Polizzi

Ode alla pizza Margherita

Dedicata a una reginaingredienti antichisapienti come lo scorrere del tempo.Farina, acqua, sale e lievitoinsieme creano vita.Rosso pomodoroper accendere il fuoco dell’amore.Bianca mozzarellala tua purezza scalda i cuori più duri.Cara pizza Margheritanella tua nobiltàdai delizia a ricchi e povericreata da l’uomocon sapienza e amoreper dare gioia al palato.Benvenuta pizza Margherita... benvenuta.

Pietro Citterio

Mai dimenticherò ciò che ho persoMai dimenticherò gli amici, che tante volte mi hanno accompagnatoMai dimenticherò le cipolle rosse, che mi fanno piangere quando le taglioMai dimenticherò il mangiare che ho lasciato a casa: ha più sapore!Mai dimenticherò la terra della farina, che è bruciata ed è piena di fumoMai dimenticherò la famiglia, che scherza attorno alla tavola imbanditaMai dimenticherò la vita che ho avuto in carcereMai dimenticherò che in passato, prima di venire in Italia, ero felicissimo.

El Houssaine khdairi

In una lacrima che scivola tra le dita scintillante… come fosse una cometa.

Ode all’affrescoTizia con occhiali ci fa la linguaccia.Qui si fuma roba forte!Lupo Alberto sghignazza:Libia all’orizzonte!Pensieri di fuga!

Il profilo di un Troll appare:un ferito disinfettato con betadine,c’è da aver paura: si salvi chi può!Ma non ditelo a nessuno!Bocca di fuoco da carro armato.Un karateka si sta allenando:arrivano i nostri!?Non ci contate,la speranza non abita qui.Una bimba con cappello si specchia

al sole Un mandolino e un benjo per le feste, un mariachi nella siesta...per fortuna ci restano i sogni, i pen-sieri, la fantasia...Il cavallo è pensierosoil maiale è pronto per i salamiun setter annusa l’odore rimasto,solo bucce di mandarino,sapore di amicizia!Laboratorio di lettura ad alta voce e scrittura creativa del CDTSiamo: Filippo, Gianfranco, Lino, El Houssaine, Emanuele, Stelian,

Max, Barbara, Manuela