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- 1 - Fondazione Giangiacomo Feltrinelli Viale Pasubio 5, Milano | www.scuoladicittadinanzaeuropea.it “Oltre il confine. La propaganda e la società di massa nel 900” Kit didattico PRESENTAZIONE DELL’ATTIVITÀ: UNA RIVOLUZIONE SUI MANIFESTI L’attività laboratoriale si concentra su un gruppo di manifesti, scelti tra quelli esposti nel terzo percorso della mostra, che furono prodotti nell’arco circa di un ventennio, dal 1960 agli anni ‘80. Fanno parte di una raccolta della produzione cartellonistica sovietica, che si colloca nel contesto degli anni della destalinizzazione, la cui funzione propagandistico-pedagogica, attraverso immagini, slogan e simboli, si esercita principalmente in due direzioni, da una parte nella celebrazione della gloriosa storia sovietica e delle sue grandi conquiste come potenza mondiale in vari campi (letterario, economico, sportivo, aerospaziale), dall’altra in una campagna moralizzatrice per educare la popolazione a superare vizi sociali diffusi e radicati , come per esempio quello dell’alcolismo, dell’assenteismo, dei furti sul luogo di lavoro, della disaffezione al lavoro che rallentavano ancora in quegli anni la costruzione del comunismo. L’esercizio di analisi e di interpretazione (vedi schede di analisi e di sintesi nella sezione ARCHIVIO DEL LABORATORIO) di queste fonti iconografiche consentirà agli studenti di sperimentare l’importante apporto che i documenti iconografici possono assicurare alla conoscenza di fatti, eventi, ideali, e della storia sociale e della mentalità. Il percorso laboratoriale propone la metodologia del lavoro dello storico che interroga fonti e documenti che veicolano informazioni dirette, dalle quali è inoltre possibile inferire le intenzioni e gli scopi degli autori. La proposta di lavoro organizzato per gruppi di studenti favorisce una prassi basata sul confronto, sulla co- produzione e sull’apprendimento condiviso. Al termine delle attività di interrogazione e interpretazione dei documenti è richiesta ai ragazzi un’attività di produzione scritta: la creazione di un testo (un articolo di giornale/un testo argomentativo), con riferimento alle informazioni tratte dai documenti disponibili nel dossier, che può diventare anche testo di preparazione di un saggio breve. ATTIVITA’ DI LABORATORIO Materiale: scheda pdf e materiali di approfondimento

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“Oltre il confine. La propaganda e la società

di massa nel 900”

Kit didattico

PRESENTAZIONE DELL’ATTIVITÀ: UNA RIVOLUZIONE SUI MANIFESTI L’attività laboratoriale si concentra su un gruppo di manifesti, scelti tra quelli esposti nel terzo percorso

della mostra, che furono prodotti nell’arco circa di un ventennio, dal 1960 agli anni ‘80. Fanno parte di una

raccolta della produzione cartellonistica sovietica, che si colloca nel contesto degli anni della

destalinizzazione, la cui funzione propagandistico-pedagogica, attraverso immagini, slogan e simboli, si

esercita principalmente in due direzioni, da una parte nella celebrazione della gloriosa storia sovietica e

delle sue grandi conquiste come potenza mondiale in vari campi (letterario, economico, sportivo,

aerospaziale), dall’altra in una campagna moralizzatrice per educare la popolazione a superare vizi sociali

diffusi e radicati , come per esempio quello dell’alcolismo, dell’assenteismo, dei furti sul luogo di lavoro, della

disaffezione al lavoro che rallentavano ancora in quegli anni la costruzione del comunismo.

L’esercizio di analisi e di interpretazione (vedi schede di analisi e di sintesi nella sezione ARCHIVIO DEL

LABORATORIO) di queste fonti iconografiche consentirà agli studenti di sperimentare l’importante apporto

che i documenti iconografici possono assicurare alla conoscenza di fatti, eventi, ideali, e della storia sociale e

della mentalità.

Il percorso laboratoriale propone la metodologia del lavoro dello storico che interroga fonti e documenti che

veicolano informazioni dirette, dalle quali è inoltre possibile inferire le intenzioni e gli scopi degli autori. La

proposta di lavoro organizzato per gruppi di studenti favorisce una prassi basata sul confronto, sulla co-

produzione e sull’apprendimento condiviso.

Al termine delle attività di interrogazione e interpretazione dei documenti è richiesta ai ragazzi un’attività di

produzione scritta: la creazione di un testo (un articolo di giornale/un testo argomentativo), con riferimento

alle informazioni tratte dai documenti disponibili nel dossier, che può diventare anche testo di preparazione

di un saggio breve.

ATTIVITA’ DI LABORATORIO Materiale: scheda pdf e materiali di approfondimento

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FASI DELL’ATTIVITA’

PREREQUISITI: conoscenza manualistica della geo-storia russo-sovietica nel XX secolo;

conoscenza del concetto di Stato totalitario e del significato di comunismo e socialismo.

1. Si suddivide la classe in gruppi eterogenei di 4/5 studenti e si distribuisce a ciascun gruppo il dossier di

documenti iconografici raccolti nella sezione finale ARCHIVIO PER IL LABORATORIO del kit didattico. (10

min)

2. I gruppi procedono con l’analisi e la comprensione dei documenti guidati da schede didattiche

predisposte, raccolte sempre nella sezione ARCHIVIO PER IL LABORATORIO. (40 min)

3. L’insegnante apre la fase di restituzione collettiva del lavoro di gruppo mettendo la classe in condizioni

di recepire e confrontare i diversi contenuti emersi: con l’utilizzo di un PC o di una Lim l’insegnante

proietta l’immagine dei manifesti e, per ciascuno, chiede ai gruppi, di esporre i dati evidenziati durante

il lavoro di gruppo.

Si crea in questo modo un dibattito di classe di confronto delle chiavi di lettura e interpretazione dei

documenti. (40 m)

4. Al contempo, ciascun componente dei gruppi annota in sintesi gli elementi più significativi della

discussione che saranno utili nella fase finale di rielaborazione scritta del lavoro.

5. Riflessione sul percorso di lavoro: si propone ad ogni gruppo di scrivere un testo nella forma di un

articolo di giornale/breve saggio su propaganda e comunicazione politica nella Russia sovietica (30 m).

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ARCHIVIO PER IL LABORATORIO I contenuti, riportati di seguito, sono il lavoro svolto dalla fondazione Giangiacomo Feltrinelli per l’esposizione dei manifesti in una mostra sulla propaganda sovietica. È possibile avere una chiave di lettura delle opere grazie all’introduzione dei diversi temi a cui si riferiscono; in questo modo è comprendere meglio le motivazioni e le finalità di queste seguendo un percorso ben strutturato. LA PROPAGANDA La scena della propaganda è la proposta di un futuro in cui far crescere la generazione dei più

giovani, alla quale affidare un paese in crescita, un paese in cui i soggetti economicamente e

socialmente più svantaggiati sono insieme i protagonisti del linguaggio visuale e i destinatari del

suo messaggio.

Lo Stato, attraverso la propaganda, non parla solo della condizione materiale, ma anche della

condizione morale. Perché il futuro migliore non è solo quello con più risorse, ma anche quello in

cui si realizza la condizione di equilibrio tra benessere materiale e felicità. Una condizione, questa,

che fa da sfondo a un lungo processo maturato nel corso del Novecento: la progressiva urgenza

del problema del limite alle risorse come inquietante limite alla felicità. Un processo che conosce

un primo punto di svolta con la crisi energetica dei primi anni Settanta, quando inizia la sfida per

pensare a un altro sviluppo e dotarsi di un’altra immagine utopistica di futuro.

La nuova élite politica sovietica mobilita, orienta ed educa un’opinione pubblica ormai “di massa”.

Funzionale a questo scopo è l’arte di regime, che con le sue opere deve far apparire l’URSS come

“il paese più felice del mondo”. Le immagini di famiglie sorridenti, di donne che si fanno forti dei

loro nuovi diritti acquisiti, di un popolo che guarda fiducioso al proprio futuro, sono gli snodi della

costruzione di un’utopia che ingloba i connotati dei destinatari di quelle immagini in un più grande

universo collettivo, indirizzando il nuovo uomo e la nuova donna dell’Unione Sovietica verso

comportamenti idonei allo sviluppo della macchina statale.

La propaganda, dunque, si configura da un lato come strumento di abnegazione dell’individuo al

progetto di sviluppo collettivo progettato dallo Stato sovietico; dall’altro essa è però anche un

mezzo per denigrare ogni possibile alternativa a questo progetto, e dunque ogni altra ipotesi che

si discosti dall’ambientazione socialista.

Nel frattempo, l’immagine del benessere che si costruisce oltre cortina fa leva su codici del tutto

diversi, che hanno al centro l’individuo, la sua possibilità di autodeterminarsi, di perseguire una

realizzazione personale che può anche prescindere dall’inserimento in un quadro collettivo.

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N. Lisogorsky, Verso il congresso del Partito con passo trionfante!

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A. Lemeshenko, Le manifestazioni per il Primo maggio

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D. Piatkin, La nostra gioventù si tempra con il lavoro e lo sport, e sogna di volare in una navicella spaziale.

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IL MONDO DIVISO Con l’avvicendarsi della Guerra Fredda, ben presto è chiaro che la competizione tra Est e Ovest non è solo la contrapposizione tra due diversi modelli di sviluppo, ma è una lotta molto più pervasiva, che si fa spazio nelle coscienze delle persone e si pone come spartiacque sociale tra chi crede in una società dove tutti sono uguali e chi supporta gli ideali occidentali di libertà e democrazia. Anche fuori dalle mura domestiche e dai confini nazionali, non esiste luogo esente da questo scontro ideologico che travolge tutti coloro che lo osservano. L’immagine che l’URSS promuove di sé è quella di un paese dove i bisogni essenziali dell’individuo hanno trovato risposta in una società tutta orientata alla costruzione di un mondo più giusto ed equo. Vivere in Unione Sovietica vuol dire impegnarsi quotidianamente per raggiungere risultati sempre più ambiziosi per il bene collettivo: ogni cittadino sovietico viene spronato a sviluppare le proprie capacità individuali in nome della crescita del proprio paese, un paese che ha bisogno di dimostrare al mondo che il socialismo produce società floride che eccellono in ogni campo. Gli Stati Uniti, con le loro aggressioni imperialiste ai danni degli altri popoli, il loro regime di sfruttamento permeato di razzismo ed emarginazione, sono il “nemico numero uno” di questo paese che riconosce la forza economica e il potere persuasivo del modello americano e ne teme il sopravvento. “Noi comprendiamo il bisogno della Russia di essere sicura alle sue frontiere occidentali di fronte a qualsiasi ripetersi dell’aggressione tedesca. Noi le diamo il benvenuto al giusto posto tra le più importanti nazioni del mondo. [...] È tuttavia mio dovere porre davanti a voi certi fatti al riguardo dell’attuale situazione in Europa [...]. Da Stettino sul Baltico a Trieste sull’Adriatico, è scesa sul continente europeo una cortina di ferro. Dietro quella linea ci sono tutte le capitali degli antichi Stati dell’Europa centrale e orientale. [Esse] si trovano nella sfera sovietica e sono soggette, in una forza o nell’altra, non soltanto all’influenza sovietica, ma a un’altissima e crescente misura di controllo da Mosca.”

Winston Churchill

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Bor. Efimov, Il mondo libero è fatto di banditismo, razzismo e povertà

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ABBIAMO RAGGIUNTO LE STELLE La corsa allo spazio è uno dei territori su cui si misura la competizione della Guerra fredda. La posta in gioco non è solo il successo in termini tecnologici, ma la dimostrazione di essere una superpotenza a tutti gli effetti, capace di raggiungere territori mai esplorati prima. A dare il via a questo nuovo fronte di competizione è il lancio del primo Sputnik nello spazio nel 1957: un successo per i sovietici, una disfatta per gli americani, che vedono messi in discussione i loro primati tecnologici e missilistici. A questa prima conquista seguiranno una serie di contromisure americane, ma sarà comunque un sovietico il primo cosmonauta della storia: Jurij Gagarin. Figlio di un carpentiere e di un’allevatrice, Gagarin incarna il perfetto sogno sovietico: quello di un paese dove anche gli uomini di origine modesta possono fare la storia. La sua immagine viene ripresa da tutti i giornali, viene insignito del titolo di Eroe dell’Unione Sovietica e comincia a viaggiare per raccontare la sua storia al mondo. Nel 1963, un altro primato tutto sovietico: la prima donna nello spazio, Valentina Vladimirovna Tereškova. L’“entusiasmo cosmico” made in URSS, durato oltre un decennio, ha una battuta di arresto con il primo allunaggio di un essere umano: nel 1969 sarà Neil Armstrong, un astronauta americano, a compiere questo grande passo per l’umanità. “In principio Dio creò il cielo e la terra, poi nel suo giorno esatto mise i luminari in cielo e al settimo giorno si riposò. Dopo miliardi di anni l’uomo, fatto a sua immagine e somiglianza, senza mai riposare, con la sua intelligenza laica, senza timore, nel cielo sereno d’una notte d’ottobre, mise altri luminari uguali a quelli che giravano dalla creazione del mondo. Amen.”

Alla nuova luna, Salvatore Quasimodo, 1958.

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O. Savostyuk, B. Uspenskij, I cosmonauti del campo socialista

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LO SPORT Lo sport è fin da subito al centro dell’educazione del nuovo cittadino sovietico, materia obbligatoria nell’educazione scolastica e favorito dalla nascita di moltissime istituzioni di dopolavoro dedite all’esercizio fisico. Gli studenti più dotati vengono indirizzati alla pratica sportiva professionale, e lo stato investe moltissimo nella formazione di atleti destinati a primeggiare nelle competizioni internazionali. Da elemento di svago e aggregazione nei centri cittadini, nella scena internazionale ben presto quindi lo sport diventa un ulteriore palcoscenico della Guerra fredda, dove la posta in gioco sono il medagliere olimpico e l’attenzione di migliaia di spettatori. Ecco perché tutte le tensioni internazionali finiscono per riflettersi nello sport: come nella famosa partita di pallanuoto tra URSS e Ungheria nel 1956 poco dopo la rivoluzione ungherese - nella quale la violenza in campo fu un riflesso diretto di quella della repressione sovietica a Budapest - o l’“incontro del secolo” a scacchi tra l’americano Bobby Fisher e il russo Boris Spassky, o il gol del calciatore Sparwasser che segna il trionfo della Germania Est sull’Ovest nel mondiale di calcio del 1974. Le competizioni internazionali si caricano di significati politici e diventa anche lo scenario dove manifestare il proprio dissenso. Gli anni ‘80 vedono un boicottaggio reciproco nelle gare internazionali da parte dei due blocchi: dopo l’intervento dell’URSS in Afghanistan nel 1979, le Olimpiadi di Mosca del 1980 sono boicottate da 65 paesi, così come quelle di Los Angeles del 1984 vedranno l’assenza dei paesi del blocco sovietico. Crediamo che lo sport sia il più importante ed efficace mezzo di propaganda internazionale. Per comprendere pienamente il potenziale della propaganda relativa allo sport si consideri il fatto seguente: i giochi olimpici del 1972 e del 1976 sono stati trasmessi in televisione dall’inizio alla fine e visti da circa due miliardi di persone nel mondo. Gli eventi sportivi vengono trasmessi in televisione regolarmente in molti paesi e occupano un posto importante nei programmi televisivi. che magnifica opportunità! Quale evento, oltre alle maggiori vittorie sportive internazionali, può provocare - anche se nel breve periodo - così tanta ammirazione per un personaggio sovietico come una vittoria sul campo sportivo?

Baruch Hazan

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E. Vertogradov, Il festival di Mosca occasione di incontri sportivi

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O. Ohrimez, l'efficienza e la partecipazione di massa nello sport

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N. Lisogorsky, Bisogna essere pronti alle nuove sfide olimpiche

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LA GIOVENTÙ SOVIETICA

I cittadini sovietici conoscono fin da giovanissimi i dettami del comunismo. Supportati da un solido sistema scolastico e inseriti in diverse forme di associazionismo, le nuove generazioni crescono e si formano secondo un percorso molto strutturato: il Partito riconosce nei giovani il futuro del socialismo, e investe moltissime risorse nella costruzione di una nuova cittadinanza di stampo socialista. Il Komsomol, l’Unione della gioventù comunista leninista, è l’organo di riferimento di questo processo e ispira altre forme di associazionismo giovanile di stampo socialista che nascono nel resto d’Europa. Nel 1945 a Londra viene fondata la Federazione mondiale della gioventù democratica, un’organizzazione giovanile di sinistra che animerà festival in giro per il mondo ispirati ai valori della pace e dell’antifascismo. Nel 1957, si tiene a Mosca il Festival mondiale della Gioventù e degli studenti dove partecipano circa 34.000 persone da 130 paesi: si tratta della prima volta che l’URSS apre le sue porte ad eventi di questo tipo. La condizione giovanile cambia significativamente durante gli anni ‘60, quando la potenza simbolica delle controculture e il messaggio politico del 1968 raggiungono i territori sovietici e il sistema mostra i primi segni tangibili della sua crisi. Tutti i soggetti debbono pensare in "collettivo", affrontando con severa disciplina il conflitto (la vita è lotta, l’educazione è lotta, bisogna abituarsi anche al sacrificio personale) e organizzando la vita in comune, che può autoregolarsi solo con un alto senso di responsabilità che può svilupparsi da una prospettiva sociale di liberazione collettiva.

Anton Semenovyč Makarenko

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E. Vertogradov, I giovani cantano una canzone d'amicizia

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IL SISTEMA IN CRISI L’utopia del mondo sovietico non coincide con lo stato di eccezione perenne in cui l’URSS versa durante la sua esistenza. Gli anni del Terrore staliniano segnano profondamente la società, così come lo sforzo bellico nella Seconda guerra mondiale. Questo stato repressivo e totalitario ha generato un degrado sociale e morale senza precedenti: fenomeni come l’alcolismo, l’assenteismo e i furti sul posto del lavoro sono talmente diffusi da meritare campagne di comunicazione ad hoc dai toni moralizzanti. Negli anni ‘60, la progressiva apertura dell’economia porta nelle case sovietiche delle attese e richieste che difficilmente possono essere soddisfatte: le mode occidentali, la richiesta di una maggiore libertà individuale e l’affermarsi di una cultura di stampo popolare minano il percorso culturale socialista svolto fino a quel momento, diventando i primi segni di un sistema sempre più incapace di rispondere ai bisogni di chi lo abita. La fiducia nel sistema viene sostituita da obiettivi e valori privati, mentre l’inerzia e la demotivazione generale finiscono per depotenziare moltissimo l’ideologia sovietica. La propaganda contro la classe politica - sempre più vecchia e distante dai problemi reali - è il simbolo di un sistema che finisce per rivolgersi contro se stesso mentre matura internamente alcune cause del suo declino. Sotto Breznev si forma la cosiddetta Nomenklatura, ovvero la gerarchia dei grandi burocrati e funzionari politici che gode di uno status privilegiato rispetto al resto del paese. Questa burocratizzazione totale degli apparati produce un immobilismo generale e elimina ogni forma di dibattito interno: il mantenimento dello status quo e degli interessi privati sono gli unici obiettivi perseguibili da questa classe politica indifferente e opportunista. Il destino ha voluto che, nel momento in cui accedevo alle più alte cariche dello Stato, era già chiaro che il paese andava male. [...] Noi viviamo molto peggio che nei paesi sviluppati, e accumuliamo sempre più ritardi nei loro confronti. La ragione di tale situazione era già chiara: la società soffocava nella prigione di un sistema amministrativo troppo burocratico, condannato a servire l’ideologia e a portare il terribile fardello della militarizzazione a oltranza.

Michail Gorbačëv

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K. Ivanov, Gli hanno tolto l'incarico ma l'hanno condannato alla dacia e ai benefìci

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V. Suryaninov, Attaccati al potere

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TRA MITO E REALTÀ Nello Stato sovietico, tutto deve tendere alla realizzazione del socialismo, che deve essere il fine di ogni attività individuale e collettiva. L’arte e la letteratura non si sottraggono a questa logica, anzi: le direttive del Comitato centrale del partito in questo senso sono molto chiare, artisti e scrittori devono intendere la loro opera nel senso di impegnarsi a diffondere e innalzare nella società sovietica gli ideali del socialismo, veicolando un immaginario capace di legittimare il sistema e rinsaldare il consenso. In linea con la visione solidaristica del comunismo, gli artisti sono chiamati ad associarsi e a definire collettivamente le direttrici del loro lavoro. Organismi come la Rapp (Associazione russa degli scrittori proletari) e la Rapm (Associazione russa dei musicisti proletari) definiscono una cerchia di “intellettuali di regime”, depositari dei canoni etici ed estetici a cui ogni manifestazione artistica deve attenersi e che guida anche una rilettura dei classici della storia russa. Una rilettura che conduce ad assimilare alcuni grandi facendone dei precursori (Tolstoj, Čechov) e a rinnegarne altri (Dostoevskji) non considerati degni di far parte della tradizione sovietica. È un vincolo sui contenuti che si traduce in una rigidità di forme, incompatibile con la natura profonda di ogni creazione artistica. Anche negli anni del disgelo post-staliniano le aperture che consentono a molti intellettuali di rientrare dal confino o dall’esilio non coincidono con il riconoscimento dell’importanza di una piena libertà creativa individuale. Come dimostrano i casi di Pasternak e Solženicyn, il problema non è soltanto di tenuta del sistema di valori interno, ma anche - e forse soprattutto - di costruzione del mito verso l’esterno. Che l’arte, nella sua complessità, restituisca oltre il confine l’immagine di un mondo controverso e contraddittorio, non è per il regime, neanche dopo Stalin, tollerabile. Ho appreso che lo scrittore B. Pasternak ha fatto prevenire all’editore italiano Feltrinelli una copia manoscritta del suo romanzo Il dottor Živago e ha inoltre ceduto al suddetto editore i diritti di pubblicazione, autorizzandolo a trasmettere il manoscritto a terze parti in vista della pubblicazione in francese e inglese. Il romanzo di Pasternak costituisce un’infame calunnia nei confronti dell’Urss. Il dipartimento del Comitato centrale del Pcus che si occupa di tenere i rapporti con i partiti comunisti stranieri sta prendendo provvedimenti [...] onde impedire che questo libro antisovietico venga pubblicato in un paese straniero [...]

D. Šepilov

[ministro degli Esteri]

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N. Denisovsky, Il settantacinquesimo compleanno di Majakovskij

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INNAMORARSI DELL’OCCIDENTE All’inizio degli anni Ottanta, non è più possibile nascondere le crisi che affliggono la realtà sovietica: crisi economica, crisi nella coesione sociale, risveglio dei separatismi su base etnica e nazionalistica, sfiducia diffusa verso la dirigenza, corruzione crescente, affaticamento per il lungo confronto con l’Occidente, divisioni all’interno del partito e del gruppo dirigente sulla strada da intraprendere per riformare il sistema sovietico. Questa è la situazione che si trova a dover fronteggiare Michail Gorbacëv, giunto alla carica di segretario del PCUS nel 1985. Nello sforzo di salvare quello che per lui resta in ogni caso un modello politico positivo, improntato a un supremo senso di giustizia al quale il liberismo capitalista non può rispondere, Gorbacëv promuove una serie di riforme che cercano, da un lato, di rivitalizzare l’economia, introducendo una cauta liberalizzazione, dall’altro di garantire un clima di apertura e pluralismo nel dibattito pubblico all’interno del paese all’insegna della trasparenza. Sul piano internazionale Gorbacëv punta sulla distensione con gli Stati Uniti e sul disarmo con l’obiettivo di costruire insieme all’Occidente una casa comune, sul terreno dove prima albergava la sfiducia e lo scontro tra modelli contrapposti. Il paese si divide tra i sostenitori delle riforme e gli oppositori al nuovo corso. L’Occidente non è mai stato così vicino, il miraggio della opportunità che promette non è mai stato così tangibile. Nell’agosto del 1991 un colpo di stato tenta di escludere Gorbacëv dalle sue funzioni per fermare il nuovo corso. Il tentativo fallisce, ma dopo pochi giorni Gorbacëv si dimette. Nel dicembre del 1991 le repubbliche che compongono l’URSS diventano indipendenti e l’Unione Sovietica implode. È la fine di un’era, la fine di un mondo. L’Occidente e i suoi modelli penetrano facilmente in ciò che resta del sistema sovietico, consentendo a una ristretta cerchia di oligarchi di approfittare delle privatizzazioni e liberalizzazioni per fondare una nuova casta di ricchi e spregiudicati imprenditori. Verso la fine degli anni Ottanta, e specialmente nel 1991, divenne chiaro che la situazione stava evolvendo verso uno scenario completamente diverso da quello che avevamo immaginato[...]. Divenne chiaro che la forza principale che guidava la trasformazione non erano le riforme economiche pianificate [...] ma un rapido processo di destabilizzazione politica e il collasso del regime, che poteva continuare a funzionare soltanto con la minaccia di un uso illimitato del potere per consolidare le riforme. [...] Poiché tutto stava crollando sotto i nostri occhi, c’era il bisogno di pensare a passi fermi, decisivi, pericolosi e difficili verso la creazione immediata di una produzione di mercato alternativa, in un paese che non ne aveva avuta una per 75 anni.

Egor Gajdar

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Bor. Efimov, Contro il colpo di stato antidemocratico

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UTOPIA DISTOPIA

Il crollo definitivo del progetto politico fondato con la Rivoluzione d’Ottobre del 1917, e più generalmente la crisi del comunismo a partire dagli anni Ottanta, hanno segnato profondamente l’immaginario del tempo storico che si è aperto allora e che riguarda anche il nostro presente. È stata una crisi capace di mettere in discussione l’idea stessa di trasformazione: qualcuno ha anche presunto che ciò che si stava per inaugurare era la fine della possibilità della storia di subire svolte e trasformazioni radicali e che il destino collettivo fosse ormai segnato da un lento, progressivo processo di miglioramento. La storia non è finita, in questi trent’anni non abbiamo smesso di sognare il cambiamento, ma spesso il sogno si è offerto sotto le vesti di un presente inaspettato, spesso inquieto e preoccupante. È importante tornare a riflettere sulla storia del Novecento e provare a ripercorrere un secolo nei suoi momenti di entusiasmo e di crisi, di rilettura critica e di confronto, anche acceso, ma dove il presente era colto sempre come una sfida in cui provare a superare le proprie inadeguatezze. Nelle tre diverse tappe del nostro percorso, dedicato alle idee, all’economia e alla propaganda del mondo sovietico, abbiamo proposto un insieme di immagini, di sogni, di preoccupazioni, ma anche e soprattutto di parole che hanno definito il linguaggio collettivo del Novecento, e che almeno in parte gli sono sopravvissute. Concetti che toccano le sensibilità di quel tempo e del nostro, ancora caratterizzate da quello sguardo che reciprocamente si volge “oltre il confine”, che prova a costruire e a dare forma a un dialogo e a uno scambio che non sono mai stati quieti, ma sempre turbolenti, contratti, tesi, ma in cui nessuna delle due parti ha cercato la rottura definitiva. Un dialogo e uno scambio che chiedevano di trovare forme di coabitazione, di compromesso, di confronto. Quando la sensazione era quella di essere prossimi alla rottura, si riprendeva il discorso in modo da tenere sempre una porta aperta, scommettendo su un margine di interesse comune, per provare, magari in un momento successivo, a riannodare ciò che nel frattempo si era perduto. Perché vi è una possibilità di futuro laddove si prova a dare una chance diversa al presente, e a non assumerlo come dato e immodificabile.

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R. Suryaninov, Il rischio di remare ognuno per proprio conto

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I pericoli che corre l’economia sovietica: estremismo, nazionalismo, separatismo

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Inno alle mamme (La nascita della Russia nuova)

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SCHEDA DI ANALISI DEL DOCUMENTO

▪ Cosa vedi? Descrivi dettagliatamente il soggetto rappresentato nel manifesto

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▪ A che evento/problema della storia della Russia sovietica fa riferimento il documento? Quali gruppi sociali vengono rappresentati? A quale contesto storico rimanda?

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▪ Che cosa vuole farci capire il manifesto? In che modo? (Analizza il tipo di immagine; il punto di vista

da cui è ripresa l’immagine; la dimensione e la posizione delle figure, il colore, le scritte)

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▪ A quale dei due filoni (trionfalistico-celebrativo o moralizzatore) appartiene il manifesto? Da che

cosa lo hai dedotto?

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SCHEDA DI SINTESI DEL DOCUMENTO

Questo è un documento di propaganda perché:

▪ Ci mostra:

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▪ ma nasconde o non mette in chiaro:

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▪ e per nascondere utilizza:

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▪ vuole far comprendere che:

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