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Anno VI N. 1 Inverno 2010 PERIODICO DI FORMAZIONE E DI AGGIORNAMENTO PER OPERATORI DELL’INFANZIA E LE FAMIGLIE Illustrazione da: Jean-Baptiste Baronian e Noris Kern, UN MONDO DI BENE, Edizioni C’era una volta..., 1998. In questo numero Gli sguardi che dicono più delle parole 2 Le stimolabili capacità di attenzione dei bambini 4 Quando i bambini si difendono inventando la realtà 6 Le prime esperienze modellano l’architettura del cervello 8 Non ci sono bambini irrimediabilmente difficili 12 I fantasmi nella stanza dei bambini 14 Far amare il libri ai bambini in 14 mosse 18 Libri in vetrina 20 Progetto “Leggere per Crescere”. Lo sviluppo in Italia 22 L’integrazione dei bambini stranieri nella Regione del Veneto oo INSERTO SPECIALE Bisogno di fratelli

o o Illustrazione da: Jean-Baptiste Baronian e Noris …...Anno VI N. 1 Inverno 2010 PERIODICO DI FORMAZIONE E DI AGGIORNAMENTO PER OPERATORI DELL’INFANZIA E LE FAMIGLIE Illustrazione

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Anno VI N. 1 Inverno 2010

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998.

In questo numeroGli sguardi che dicono più delle parole 2Le stimolabili capacità di attenzione dei bambini 4Quando i bambini si difendono inventando la realtà 6Le prime esperienze modellano l’architettura del cervello 8Non ci sono bambini irrimediabilmente difficili 12I fantasmi nella stanza dei bambini 14Far amare il libri ai bambini in 14 mosse 18Libri in vetrina 20Progetto “Leggere per Crescere”. Lo sviluppo in Italia 22L’integrazione dei bambini stranieri nella Regione del Veneto

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INSERTO SPECIALE

Bisogno di fratelli

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ENTRO LA FINE del primo an-no di vita, i bambini diven-tano capaci di attirare e di-rigere l’attenzione degli adul-

ti, di esprimere sentimenti ed emozio-ni, persino di formulare domande ri-correndo a varie modalità di comuni-cazione non verbali. Tra queste, la prin-

cipale di tali modalità è rappresentatadalla capacità di scambiare sguardi; ca-pacità che, d’altra parte, è consideratala base di ogni comunicazione umana.

Il neonato nelle prime tre-cinque setti-mane di vita guarda il viso della mam-ma, fissa lo sguardo nei suoi occhi e lo

fa per circa il venti per cento del tem-po in cui è sveglio; a sette settimane,per il novanta per cento. Lo sguardo ri-volto agli occhi della madre non è sti-molato dal loro movimento, come si po-trebbe pensare, ma soltanto dal fattoche sono occhi. Lo dimostra il fatto chese si mostra a un piccolo la figura di un

Visi materni inespressivi,bambini tristi

CAPITOLO 1

GLI INTRICATI SCAMBI tra madre e bambino negli incontri faccia afaccia sono stati paragonati a un valzer, nel quale i partner si muo-

vono in stretta sincronia sulla base di un programma condiviso e rispon-dono prontamente ai passi dell’altro. Ma cosa accade se uno dei duepartner non accetta “l’invito al ballo”?

Diversi ricercatori hanno chiesto alle mamme di modificare deliberata-mente il loro usuale comportamento assumendo una immobilità fac-ciale, ovvero rimanendo senza espressione e in silenzio mentre sedevanodi fronte al loro bambino. I resoconti descrittivi mostrano chiaramenteche i piccoli di 2 o 3 mesi sono disturbati e infastiditi da un tale com-portamento. Quando la madre non li saluta nel modo usuale essi laguardano facendole un breve sorriso e, se non sono ricambiati, distolgo-no lo sguardo.

I piccoli alterneranno quindi sguardi diversi alla mamma con sguardi adaltre componenti dell’ambiente, sorridendo di tanto in tanto e sempre piùcautamente. Gli sguardi a soggetti diversi dalla madre divengono via viapiù lunghi finché, alla fine, il bambino si allontana completamenteorientando faccia e corpo di lato e rimanendo girato rispetto alla madre.Alcuni bambini divengono manifestamente angosciati in queste situazio-ni, e sia l’angoscia sia la circospezione possono continuare fino a quandoalla madre viene suggerito di riassumere un comportamento normale.

Queste osservazioni consentono di comprendere gli effetti della depres-sione materna sui bambini. La mancanza di reattività della madre è inquel caso reale e, essendo continua, può avere notevoli conseguenze sulbambino. Le madri depresse hanno difficoltà a sintonizzarsi con i com-portamenti del figlio, a coglierne i segnali di comunicazione e a rispon-dervi in modo appropriato. Forse non forniscono più la quantità di rispo-ste di cui i bambini contingentemente necessitano per imparare gliscambi relativi all’interazione sociale, e perciò non è sorprendente sco-prire che essi svilupperanno diversi disturbi comportamentali: avrannomaggiori probabilità di piangere, di isolarsi e di mostrare una perditagenerale di energia.

Le emozioni che i bambini abitualmente mostrano tendono a esserenegative, come la tristezza o la rabbia, piuttosto che positive come nelcaso della gioia e dell’interesse. Quindi il loro comportamento rispecchiaquello della madre depressa e suggerisce che essi corrono il pericolo disviluppare uno stile di interazione sociale completamente distorto se nonvengono presi in tempo dei provvedimenti adeguati. È interessante nota-re il fatto che le madri depresse ma con un’occupazione fuori casahanno una relazione con il loro bambino molto più positiva rispetto aquella mostrata dalle madri depresse e senza occupazione.

Fonte: H. Rudolph Schaffer, Lo sviluppo sociale, Raffaello Cortina Editore, 1998.

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viso senza gli occhi, egli non reagisce,mentre dimostra grande interesse quan-do alla stessa vengono aggiunti.

Nello stesso tempo, quando un bam-bino viene preso in braccio, per esem-pio per allattarlo, spontaneamente lamamma lo guarda soprattutto fissan-dolo negli occhi, ricavandone un pro-fondo senso di un legame fortementeemotivo. È una condivisione dell’atten-zione che per lunghi minuti si realizzanel guardarsi negli occhi.

La condivisione dell’attenzione

“Nel corso del primo anno, la condivi-sione di attenzione è abituale: quandoil bambino guarda un oggetto, subitolo guarda anche la madre. In seguito,verso la fine del primo anno, lo scam-bio di sguardi diventa per il bambinouna guida preziosa: quando esploral’ambiente circostante, regolarmentecerca lo sguardo dell’adulto che è conlui, la madre o il padre, per sapere sepuò continuare l’esplorazione o se de-ve fermarsi”1. Lo sguardo della madreè il primo regolatore del comporta-mento del bambino. I sorrisi stessi, inprincipio, vengono innescati nel bam-bino esclusivamente dagli sguardi: tut-ti gli altri lineamenti del viso sono irri-levanti; diventeranno importanti nei suc-

cessivi stadi dello sviluppo.“Dai tre mesi in avanti, i bambini pre-stano attenzione al profilo della faccia;a 4 mesi percepiscono tutti i lineamentiinterni del viso; dopo i 5 mesi rispon-dono anche alla particolare espressio-ne emozionale delle persone e, ap-prossimativamente, dai 7 mesi in avan-ti ha luogo il cambiamento maggiorein quanto da quel momento in poi il sor-riso non è più provocato in modo indi-scriminato da tutte le facce, ma soltantoda quelle familiari”2.

Gli sguardi regolatoridei comportamenti

Perché lo scambio di sguardi assolva ef-ficacemente la funzione di regolatoredei comportamenti e degli stati emo-zionali del bambino, occorre la con-vergenza di almeno tre condizioni: unasufficiente vicinanza, un’adeguata ri-petizione, una coerenza di contenutofra sguardo ed espressione del visoguardato.

La vicinanza non è solo un elementospaziale (nei primi mesi, il bambino puòavere un contatto visivo a non più dimezzo metro di distanza; successiva-mente, a 4-5 mesi, lo sguardo può es-sere avvertito anche a distanza di qual-che metro), ma anche affettivo (vedi ri-quadro). Un’adeguata ripetizione è ov-

viamente necessaria perché lo scambiocomunicativo acquisisca senso e si fis-si nella mente del bambino. “Infine,questo insieme interattivo deve essereregolarmente coerente perché il sensoche il bambino ne ricava sia a sua vol-ta coerente; per esempio, se la madredice “no”, ma il volto è aperto e per-missivo, ossia il suo volto dice “sì” quan-do la parola è “no”, il bambino si fa gui-dare dal senso preliminare e implicitodella comunicazione, perché l’espres-sione del volto passa sopra la proibizioneformale. Al contrario, il volto può dire“no” perché è chiuso e preoccupato ele parole possono dire “sì”: il bambinoresta timoroso e inibito nonostante l’au-torizzazione apparente”1.Fin qui si è dato spazio alle interazionivisive prevalentemente fra bambino emadre; ma sarebbe una grande limita-zione non comprendere l’intero spaziofamiliare e quello sociale (per esempioall’asilo nido) nella guida del bambinoverso la maturazione. Gli spazi familia-ri e sociali, infatti, sono i luoghi in cuiil bambino trova altre persone a cui at-tribuisce importanza e senso e del cuisguardo egli ha bisogno, come unospecchio in cui riflettersi, per riconoscersie divenire se stesso.

1. Marcelli D., Il bambino sovrano, Raffael-lo Cortina Editore, 2004.

2. Schaffer H.R., Lo sviluppo sociale, Raf-faello Cortina Editore, 1998.

Fotografia da:

Elisabetta Fenwick,

Il libro completo

della mamma e del bambino.

Dal concepimento ai tre anni,

De Agostini, 2007.

I bambini sono capacidi comunicare in modomolto efficace ben primadi potersi esprimere con parole comprensibili.

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“Il mio bambino è terribilmente di-stratto: non riesco a trattenere la sua at-tenzione su niente e la cosa mi preoc-cupa non tanto per l’oggi, che è piccolo,quanto per quando comincerà ad an-dare a scuola e dovrà essere capace diconcentrarsi, se vorrà imparare”. È que-sta una preoccupazione spesso mani-festata da molte mamme e che indub-biamente merita di essere presa in con-siderazione almeno da tre punti di vi-sta: � cercare di capire che cosa si de-ve intendere per attenzione; � pren-dere atto che la capacità di attenzionevaria molto a seconda dell’età e dellecondizioni ambientali in cui i diversibambini crescono; � conoscere i mez-zi disponibili per stimolarla, a partire dal-la prima infanzia.

Che cos’è l’attenzione

La nozione di attenzione è relativamenterecente nella cultura occidentale; si puòdire infatti che la sua prima compiutadefinizione è stata data dal filosofo fran-cese Cartesio (1596-1650) che la inte-se come l’atto con cui la mente pren-de in considerazione un unico oggettoper un certo tempo. Immersi come sia-mo tutti in una gigantesca rete di sti-molazioni (visive, acustiche, tattili ecc.),l’attenzione consiste sostanzialmentenella capacità di selezionare, fra gli sti-moli che ci giungono dall’esterno e dalnostro stesso interno corporeo e psi-chico, quelli che più ci interessano o che

più possono rendere efficienti determi-nate nostre prestazioni. Considerata sot-to questi profili, l’attenzione entra neinostri stati mentali e nei nostri com-portamenti in modo selettivo, privile-giandone alcuni rispetto a una molti-tudine di altri possibili, che vengono po-sti in secondo piano. Si può fare l’e-sempio che si trova spesso nei manua-li: si pensi a un bambino seduto nel suobanco di scuola: è del tutto disattentorispetto alla lezione dell’insegnante, manello stesso tempo è attentissimo al gi-rovagare di una formica giunta chissàcome sul piano davanti a lui. L’atten-zione indubbiamente c’è, quello chemanca è la capacità di dirigerla verso unpreciso obiettivo.

La gradualità dello svi-luppo dell’attenzione

Nei bambini, la capacità di attenzionesi sviluppa gradualmente; da molto pic-coli, sono molto distraibili: qualsiasi sti-molo di una certa entità li fa reagire, tal-volta anche in modo che agli adulti ap-pare del tutto sproporzionato alla sti-molazione ricevuta; con l’avanzare del-l’età, i bambini a poco a poco svilup-pano la capacità di discriminare e di ade-guare il proprio comportamento rispettoa quello che vedono e ascoltano.Gli psicologi dell’età evolutiva hanno ri-scontrato che, in generale, fino a setteanni il bambino sviluppa una capacitàdi attenzione di tipo spontaneo, invo-

lontario, con scarsa capacità di applicarsiin modo consapevole in attività cherichiedono organizzazione e persisten-za. Dagli otto agli undici anni, i bam-bini sviluppano e portano a maturazio-ne la capacità di prestare attenzione inmodo volontario verso oggetti o si-tuazioni specifici sui quali orientare poiconsapevolmente le proprie attività.

La stimolazione dell’attenzione

Le possibilità di stimolare la capacità diattenzione sono numerose. Limitando-ci prevalentemente ai bambini in etàprescolare, fascia alla quale è dedicatoil Progetto “Leggere per Crescere”, èstato ben documentato il fatto che unodei modi migliori per stimolare la ca-pacità di attenzione dei bambini consi-ste nel raccontare e leggere loro ad al-ta voce, preferibilmente nella modalitàfaccia-a-faccia, e possibilmente ognigiorno, anche per pochi minuti.La capacità di attenzione nei bambini,soprattutto in età prescolare, può variaremoltissimo: ci sono bambini che pos-sono stare ad ascoltare anche per piùdi mezz’ora di seguito, altri che non cistanno per più di trenta secondi.

La valutazione dellacapacità di attenzione

La valutazione della capacità di atten-zione è molto importante quando si de-

CAPITOLO 2

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cide di stimolarla in quanto, a prescin-dere dai mezzi adottati, progressi si-gnificativi e permanenti sono ottenibi-li se gli interventi sono molto graduali:se, per esempio, la capacità di atten-zione alla lettura è inizialmente di un mi-nuto, passare a due minuti può richie-dere sedute anche di più giorni. È an-che importante ricordare che, a volte,i bambini più piccoli, a partire fin dai pri-mi mesi di vita, hanno capacità di con-centrazione maggiore rispetto a quellache possono dimostrare bambini dimaggiore età.

Nel praticare la narrazione e la letturaad alta voce allo scopo di stimolare lacapacità di attenzione (che implica an-che lo sviluppo delle capacità di me-moria e di apprendimento) i progressiche via via vengono ottenuti possonoessere indirettamente valutati sulla ba-se degli atteggiamenti e dei compor-tamenti che i bambini dimostrano neiconfronti dei racconti, dei libri, delle per-sone che parlano loro.

Un rilevante contributo all’aumento del-la capacità di attenzione nei bambini

può essere offerto anche dal conteni-mento del tempo di esposizione alla te-levisione a ai videogame. Numerose ri-cerche, infatti, hanno dimostrato che untempo eccessivo (oltre le due ore al gior-no) dedicato a queste attività può fa-vorire in modo non trascurabile l’insor-gere di problemi di attenzione nei bam-bini in età scolare. Infine, è opportuno incoraggiare l’atti-vità fisica all’aperto: la pratica di giochie di sport stimola prestazioni il cui suc-cesso è largamente basato all’attenzionecon cui vengono effettuate.

Lo sviluppo dell’interesse dei bambini verso le narrazioni

Dai 18 ai 23 mesi, il bambino di solito dimostra piacere a essere intrattenuto con il racconto o la lettura ad alta voce di piccole brevi storie, progressiva-

mente articolate, con un inizio e una fine, ripetute più e più volte per il piacere del piccolo che apprezza e pretende sentirsele raccontare.

Dai 2 ai 3 anni, è importante assecondare le capacità e le preferenze che il bambino matura in questo periodo in quanto:

■ ha imparato a maneggiare le pagine di carta;

■ ha imparato a sfogliare i libri avanti e indietro per trovare le immagini preferite;

■ dice intere frasi e talvolta intere storie;

■ coordina i testi con le immagini;

■ protesta quando l’adulto usa una parola diversa in una storia conosciuta;

■ si “legge” i libri che gli sono familiari.

Dai 3 ai 4 anni, il piccolo dimostra di preferire, dimostrando particolare attenzione, le pubblicazioni che raccontano storie riguardanti bambini che gli

assomigliano e che vivono come lui, ma anche quelle dedicate a luoghi e modi di vivere diversi da quelli che gli sono familiari, pubblicazioni con testi sem-

plici che possono essere memorizzati, pubblicazioni che riguardano i numeri, l’alfabeto, le parole.

Dai 4 ai 5 anni, matura rapidamente la capacità di capire e di prestare attenzione, di cogliere il senso delle storie che gli vengono raccontate per cui si pos-

sono proporre libri che aprono sul mondo pur mantenendo saldo il legame con le sue esperienze quotidiane; è spiccato il piacere di sentire storie e fiabe in

cui vi è una sorta di viaggio iniziatico del protagonista con prove da superare, sconfitta del cattivo, vittoria del buono ecc.; è notevole il senso del comico e

quindi apprezzati sono i racconti buffi e divertenti.

Oltre i 5 anni, i genitori vanno incitati a continuare a contribuire allo sviluppo dell’attenzione (e più in generale, a quello intellettivo) del loro bambino:

continuando a leggere ad alta voce ogni giorno, tenendo conto che a questa età può ascoltare storie anche lunghe; introducendo nuove parole in un conte-

sto significativo per i suoi interessi; conversando con lui, dandogli il tempo di rispondere a suo agio; evitando di completare le frasi sostituendosi a lui.

Genitori ed educatori spesso lamentano che i loro bambini

sono troppo distratti, non prestano abbastanza attenzione.

Il più delle volte, i bambini stanno attenti semplicemente

quanto possono a seconda dell’età: altre volte presentano

problemi di attenzione perché viene impedito loro di con-

centrarsi, mentre li si può aiutare riducendo il consumo di TV

e aumentando il tempo della narrazione e della lettura ad alta

voce e quello dedicato all’attività fisica.

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PIÙ DI SETTANTA ANNI FA, nel1936, Anna Freud (1895-1982), figlia di Sigmund fon-datore della psicanalisi, e lei

stessa grande psicanalista nota per i suoistudi sull’infanzia, pubblicò un opera suimeccanismi di difesa dei bambini con-tro realtà e sentimenti penosi o insop-portabili1. In quell’opera, un capitolo èdedicato alla possibilità che il bambinoha di “scacciare, negandolo, ciò che nel-la realtà non gli riesce gradito”. Di que-sta possibilità egli si serve in misura co-spicua, non solo rifugiandosi nella fan-tasia, in cui può eludere il dispiacere chelo affligge, ma anche operando rap-presentazioni che rovesciano le situa-zioni reali in cui egli vive con sofferen-za, sia che alberghino nel suo intimo siache appartengano al mondo esterno,come frequentemente avviene nei co-sì detti giochi di immaginazione, in par-ticolare nei giochi di ruolo.

Il rifugio nella fantasia, il sollievo nei giochi di immaginazioneIl bambino che soffre può alleviare lapropria sofferenza rifugiandosi nella fan-tasia, abbandonando il mondo reale. I giochi di ruolo sono giochi di imma-

ginazione in cui il bambino rappresen-ta per un certo tempo la parte di un al-tro diverso da sé, interpretandone pa-role e azioni. Può anche darsi che il bam-bino, in questi giochi, non rinunci allapropria identità, ma la conservi, asse-gnando ruoli diversi per esempio a unabambola, a un giocattolo, a un ogget-to qualunque su cui scaricare le proprietensioni.

Anna Freud pone in rilievo una impor-tante differenza fra il diniego delle cau-se di dispiacere mediante il ricorso allafantasia rispetto a quello mediato dal-la parola e dall’azione, come avviene nelgioco. Infatti, “il bambino nel fantasti-care è sovrano. Finché non comunica anessuno le sue fantasie, l’ambiente cir-costante non ha la possibilità di intral-ciarlo. Invece, la rappresentazione del-le fantasie attraverso la parola e l’azio-ne richiede spazio nel mondo esterno”1.La compiacenza del mondo esterno ver-so l’agire del bambino diventa allora unacondizione necessaria perché il mecca-nismo del diniego, mediante le rappre-sentazioni, funzioni.La compiacenza ambientale verso i gio-chi di immaginazione dei bambini è ge-neralmente assicurata, purché le rap-presentazioni rientrino entro determinatiargini socialmente accettati. Quando i

comportamenti eccedono i limiti con-siderati tollerabili dagli adulti, la com-piacenza viene meno e subentra la proi-bizione. Allora può accadere che il bam-bino riduca le sue manifestazioni a li-vello di accettabilità o ancora meno,adattando i suoi meccanismi di dinie-go fino a soddisfare gli adulti che si oc-cupano di lui, giungendo al limite di na-scondere i propri sentimenti e le proprieemozioni. Ciò naturalmente non cam-bia la sua situazione di sofferenza.

La compiacenza degli adulti utile se equilibrataQuesto significa che la compiacenza ver-so le manifestazioni di negazione delbambino, espresse mediante parole eazioni, è uno strumento da usare condelicatezza perché una eccessiva indul-genza verso manifestazioni eccessive oesageratamente eccentriche può esse-re controproducente rispetto a una ef-ficace difesa dalla sofferenza. AnnaFreud, nel suo scritto, attira l’attenzio-ne su un aspetto che in modo più o me-no rilevante entra nei meccanismi di di-fesa basati sul diniego delle realtà fon-te di dispiacere: la diffusa tendenza daparte degli adulti a trasmettere ai bam-bini messaggi che negano i fatti e le lo-

L’immaginazionenon si limita a risolveredispiaceri e insoddisfazioni ma contribuisce alla formazione della conoscenzadella realtà.

CAPITOLO 3

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ro esperienze reali (vedi riquadro). I giochi di immaginazione, nei quali ri-entrano quelli di ruolo, non hanno tut-tavia la sola funzione liberatoria rispettoad ansie, paure, angosce cui il bambi-no può essere esposto. Per lungo tem-po, i giochi di immaginazione sono sta-ti considerati anche espressione dimeccanismi messi in atto per soddisfaredesideri frustrati, e spesso tali da osta-colare o ritardare lo sviluppo della ca-pacità da parte del bambino di esami-nare e di comprendere la realtà. Inve-ro, l’immaginazione che si concretizzanei giochi di finzione non è né una dis-torsione né sempre una negazione del-la realtà, bensì, nel bambino, l’inizio diuna creatività mentale capace di con-siderare le molte alternative possibili del-la realtà, nonché un mezzo per proce-dere a poco a poco verso la conoscen-za del mondo.2

1.Freud A., “L’Io e i meccanismi di difesa”,

in Opere 1922-1943, volume 1., Borin-

ghieri, 1978.

2. Harris P.H., L’immaginazione nel bam-

bino, Raffaello Cortina Editore, 2008.

Il concorso dei grandi alla negazione della realtà

NELLA VITA QUOTIDIANA si assicura anche al bambino più piccolo che è già “tanto gran-de”, e si afferma, contro l’evidenza dei fatti, che egli è forte “come il papà”, abile “come

la mamma”, coraggioso “come un soldato”, o “tenace” come il “fratello più grande”.È comprensibile che per consolare il bambino ci si debba servire di questi rovesciamentidella realtà. Non appena il bambino si ferisce, l’adulto lo assicura che “non fa già piùmale”; i cibi che il bambino non gradisce “non hanno un sapore cattivo”; se qualcuno èandato via procurando al bambino un grosso dispiacere “torna subito”.Alcuni bambini accolgono realmente queste formule consolatorie e le applicano in manie-ra stereotipata, per descrivere ciò che è doloroso. Per esempio, una bimbetta di due anniprende atto della scomparsa della madre dalla sua stanza con un mormorio meccanico: “lamamma viene subito”. Un altro bambino, ogni volta che deve prendere una medicina dalgusto cattivo, è solito dire, con voce lamentevole, “mi piace, mi piace”, frammento che gliè rimasto di una frase usata dall’infermiera per incoraggiarlo a pensare che la sua medici-na è buona.Anche molti dei regali che gli adulti, magari più estranei ai bambini, portano loro, ali-mentano lo stesso tipo di illusioni. Una borsettina, un piccolo parasole o un ombrellinosono destinati a sostenere la finzione di una bambina dell’essere “una signora”. Un basto-ne da passeggio, un’uniforme e armi giocattolo d’ogni sorta servono, nel caso del maschiet-to, a rappresentare la virilità. Le bambole, oltre a tutti gli altri scopi, creano la finzione dellamaternità; i trenini e le ferrovie, le automobiline e i blocchi da costruzioni procurano lagradevole fantasia di poter dominare il mondo.

Anna Freud, Opere 1922-1943, volume 1., Boringhieri, 1978.

Nei giochi di ruolo i bambini trovano

spesso non solo la possibilità di

superare intime difficoltà e dispiaceri,

ma anche terreno per sviluppare

la propria creatività.

Illustrazione da:

Miriam Stoppard, Il Bambino da 0 a 5

anni, Idea Libri, 2002.

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MODELLANO L’ARCHITETTURA

CAPITOLO 4

Nello sviluppo delle capacità

ricettive dei bambini un ruolo

importante hanno le esperienze

visive, la possibilità di esplorare

immagini accompagnate

da parole che le spiegano.

Illustrazione da: Leo Lionni,

Piccolo blu e piccolo giallo,

Babalibri.

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GLI STUDIOSI DI NEURO-SCIENZE hanno da temposcoperto che specificheesperienze influenzano

particolari circuiti cerebrali, nel corso dispecifiche fasi dello sviluppo del cervello.Vale a dire, per esempio, che la quali-tà dell’ambiente in cui un bambino vie-ne fatto crescere e la possibilità di ave-re esperienze adatte nelle giuste fasi del-lo sviluppo sono cruciali nel determinarela forza o la debolezza dell’architettu-ra del suo cervello, condizioni da cui di-pende l’efficienza delle sue capacità dipensare e di controllare le proprie emo-zioni. Per questo complesso di ragioni,si può ben comprendere come sia di vi-tale importanza cogliere precocemen-te le opportunità per migliorare le strut-ture e le funzioni cerebrali durante le va-rie fasi critiche del loro sviluppo.

Le età e le condizionicritiche per lo sviluppodel cervelloSebbene il cervello mantenga la capa-cità di cambiare e di adattarsi lungo tut-ta la vita di una persona, questa capa-cità decresce con il passare degli anni.Per questa ragione, l’influenza ecce-zionalmente forte delle prime espe-rienze nel modellare l’architettura delcervello rende i primi anni di vita di ogniindividuo un periodo sia di grandi op-portunità sia di grande vulnerabilità. In-fatti, un ambiente precocemente sfa-vorevole, una nutrizione insufficiente,l’esposizione ad agenti tossici, la carenzadi adeguate stimolazioni sensoriali, so-ciali e affettive sono risultati causa di de-ficiente costruzione dei circuiti cerebrali.Inoltre, una volta stabilite, deboli fon-damenta cerebrali possono pregiudica-re ulteriori sviluppi del cervello, anche

se successivamente vengono ristabilitecondizioni ambientali favorevoli. In sostanza, su solide basi scientifichesi può dire che i caratteri critici dell’ar-chitettura cerebrale cominciano a esseremodellati dalle esperienze vissute giàprima e subito dopo la nascita e chemolti aspetti fondamentali di quell’ar-chitettura vengono sviluppati molto pri-

ma che il bambino cominci ad andarea scuola. Le principali esperienze stimolanti con-sistono nelle interazioni, negli scambiche un bambino vive nell’ambiente incui cresce, fin da quando è ancora nel

grembo materno. Le esperienze pre-natali contribuiscono a sviluppare i cir-cuiti cerebrali elementari; dopo la na-scita, le interazioni con il mondo ester-no assumono un’importanza via via cre-scente nel modellare l’architettura deicircuiti nervosi, adattandoli ai caratterispecifici dell’ambiente in cui il bambi-no vive. E per lo sviluppo di ogni circuitoc’è un periodo in cui l’ambiente e leesperienze individuali hanno maggioreinfluenza, terminato il quale modifi-carne disposizione e funzione divienedifficile. Questo significa che le espe-rienze precoci hanno una finestra tem-porale molto stretta, o addirittura chiu-sa, per attivare nuovi circuiti o per eser-citare la loro influenza sullo sviluppo dicircuiti già arrivati a maturazione.In altre parole, le differenti capacitàmentali maturano nel corso di differentifasi dello sviluppo del bambino, secon-do un andamento gerarchico per i va-ri circuiti che costituiscono l’architettu-ra del cervello. I circuiti nervosi che pre-siedono alla funzione visiva, per esem-pio, sono diversi e giungono a matura-zione in tempi differenti rispetto a quel-li dell’udito, del linguaggio, della me-moria, del controllo dei movimenti vo-lontari, delle reazioni emotive. Inoltre,nell’ambito di uno stesso complesso dicircuiti che presiedono a una determi-nata funzione, si possono riscontrare an-cora differenti fasi di maturazione. Nel-la funzione visiva, per esempio, i circuitiche analizzano la forma, il colore, i mo-vimenti di un oggetto giungono a ma-turazione molto prima di quelli che in-terpretano segnali molto più comples-si come le espressioni facciali. Detto molto semplicemente, tuttoquesto vuol dire che la capacità delbambino di interpretare ciò che vedecambia a mano a mano che i suoi cir-

Gli elementi fondamentali dell’architettura del

cervello si formano moltopresto nella vita di unapersona, attraverso una

serie continua di interazioni in cui

le condizioni ambientali e le esperienze personalihanno un determinanteimpatto sull’espressione

delle predisposizionigenetiche.

Le esperienze più stimolanti per lo sviluppo della struttura e delle funzioni cerebrali sono rappresentate dagli scambi sociali

cui un bambino viene esposto nei primi anni di vita.

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cuiti cerebrali maturano. Pertanto, èimportante che le esperienze cui ilbambino viene esposto nei primissimianni di vita siano adeguate al livello dimaturazione a cui il suo cervello è giun-to. Leggere un libro illustrato con unbambino che muove i primi passi e ap-pena comincia a imparare a parlare,per esempio, offre una vantaggiosa op-portunità per indicare le figure e par-larne, mentre non è utile focalizzare lasua attenzione sulle parole scritte, dalmomento che la capacità di decodifi-care la scrittura matura più tardiquando si saranno formati e sarannofunzionanti i circuiti nervosi di più al-to livello, specifici per l’interpretazio-ne delle parole scritte.

L’adeguamento delleesperienze al grado di maturazioneDal momento che i circuiti cerebrali dilivello elementare vengono modellatiprima, e spesso molto prima, di quellidi livello superiore, tentare di anticipa-re i tempi di esposizione a determina-te esperienze non solo è una inutile per-dita di tempo, ma può compromette-re l’equilibrato sviluppo del cervello inquanto le esperienze premature pos-sono esporre il bambino a stress ec-cessivi. Subito dopo la nascita, espe-rienze elementari – sensoriali, emotive,sociali – sono essenziali per ottimizza-re la maturazione dei circuiti elementari;successivamente esperienze più com-plesse saranno critiche per stimolare laformazione dei circuiti cerebrali supe-riori. Nei primi mesi di vita le esperien-ze da cui il bambino può ricavare i mag-giori vantaggi sono offerte dalla madreche provvede alla sua alimentazione, avezzeggiarlo, a infondergli fiducia, so-

prattutto amore, simpatia, calore, be-nessere. Verso i diciotto mesi-due an-ni fino ai cinque, quando il bambino apoco a poco si avvia verso la matura-zione della propria personalità e l’ac-quisizione del senso della propria au-tonomia, le esperienze più favorevoli so-no affidate alla mobilità; ai giochi so-prattutto di immaginazione; a presta-zioni che implicano una crescente ne-cessità di pensare prima di agire; allanarrazione e alla lettura ad alta voce,stimolanti la fantasia e l’arricchimentodel linguaggio; all’ampliamento dellerelazioni sociali in condizioni che raf-forzino la fiducia e la sicurezza di es-sere amato.

L’insostituibile ruolo delle esperienze socialiProcurare al bambino le giuste espe-rienze nelle fasi corrette del suo svi-luppo cerebrale è importante, ma an-cora più importante è evitargli espe-rienze negative perché queste, durantei periodi critici della maturazione, pos-sono alterare l’architettura e le fun-zioni di specifici circuiti cerebrali adat-tandoli alle negatività vissute in mo-do persistente e stabile fino all’etàadulta. Sebbene la plasticità cerebra-le possa mitigare questa evenienza, re-sta la possibilità che i circuiti cerebra-li compromessi da esperienze negati-ve continuino a funzionare negativa-mente per tutta la vita.

Nel quadro delle possibili esperienzeche possono influenzare in modo si-gnificativo lo sviluppo dell’architetturacerebrale dei bambini, un’importan-za particolare viene attribuita alle re-lazioni sociali. Come ha scritto uno

studioso noto per le sue ricerche sul-l’attaccamento precoce (l’ungheresePeter Fonagy), il cervello è un orga-no prettamente sociale e la psicana-lista inglese Sue Gerhardt (ricordataa pagina 12) aggiunge “La nostramente emerge e le nostre emozionisi organizzano attraverso il legamecon altre menti, non nell’isolamento.Questo significa che le forze invisibi-

Leggere un libro illu

no che muove

comincia a imparar

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lo sviluppo delle su

MODELLANO L’ARCHITETTURA

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li che strutturano le nostre risposteemotive nel corso della vita non so-no in primo luogo i nostri interni im-pulsi biologici, ma i modelli delle espe-rienze emotive con altre persone, chevengono costituiti in maniera più in-tensa nell’infanzia. Questo modellinon sono immutabili, ma come tuttele abitudini sono difficili da modificareuna volta costituiti”.

Le realistiche possibi-lità di ricupero delle carenze cerebraliI progressi nelle neuroscienze, vistosinegli ultimi anni, divulgati con variabile,ma spesso insoddisfacente competen-za, hanno alimentato nell’opinionepubblica diversi atteggiamenti. Mag-giori disponibilità a sfruttare le cono-scenze acquisite per migliorare le con-dizioni ambientali e promuovere com-portamenti degli adulti più favorevoliallo sviluppo mentale dei bambini. At-tese irrealistiche sulla possibilità di ot-tenere grandi risultati mediante l’ap-plicazione di metodi educativi disalli-neati rispetto ai vari stadi di matura-zione dei bambini oppure, al contra-rio, eccessive preoccupazioni circa l’ir-recuperabilità di carenze per depriva-zioni subite dai piccoli.

Vale la pena di distinguere tra i fattiscientificamente verificati e le creden-ze distorte, almeno su tre questioni. Laprima riguarda la durata della plastici-tà cerebrale. È vero che una gran par-te dell’architettura cerebrale viene mo-dellata nei primi tre anni di vita, ma nonè vero che dopo i tre anni vengano me-no le possibilità di favorirne ulterior-mente lo sviluppo. Parti rilevanti del cer-vello, responsabili di funzioni di alto li-vello (incluse le più elevate capacità co-gnitive, emotive e sociali) non arrivanoa maturazione nei primi tre anni o, sesono presenti, lo sono a un livello estre-mamente elementare. Pertanto, senzanulla togliere alla validità del principiodella maggiore plasticità cerebrale neiprimi anni di vita, per cui si dice spes-so, a proposito dei possibili interventifacilitatori, “prima è meglio che dopo”,resta il fatto che quello che importa è

che le esperienze più adatte e produt-tive si verifichino in armonia con i tem-pi propri di ogni funzione.Per la maggior parte delle funzioni ce-rebrali superiori, la finestra delle possi-bilità rimane aperta, come è esperien-za comune, ben oltre i tre anni. Infat-ti, l’impianto generale del cervello si mo-della soprattutto nei primi anni, per con-seguire lo sviluppo maggiore in quellisuccessivi fino ai venti, per declinare gra-dualmente, come possibilità di rimo-dellamento, con l’avanzare dell’età. Diqui l’importanza delle esperienze nel pe-riodo che va dalla primissima infanziafino alla fine dell’adolescenza.

Un altro aspetto riguarda la possibilitàdi ricuperare danni da deprivazioneesperienziale riscontrabili, per esempio,nei bambini allevati negli orfanotrofi piùarretrati: non vi è dimostrazione scien-tifica a sostegno dell’aspettativa chesuccessivi intensi arricchimenti di espe-rienze producano apprezzabili miglio-ramenti nell’architettura del cervello.

Infine, è da mettere in particolare rilievoil fatto che le neuroscienze hanno sfa-tato la credenza secondo cui video emusica registrata sarebbero di grandeefficacia positiva nel modellamento delcervello in sviluppo. In realtà, numero-se ricerche hanno dimostrato che nul-la può sostituire, nel modellamento ot-timale dell’architettura del cervello diun bambino, il rapporto diretto con lepersone che si occupano di lui, in pri-mo luogo i genitori.

Fonte principale: National Scientific Coun-cil on the Developing Child, Center on theDeveloping Child at Harvard University, TheTiming and Quality of Early ExperiencesCombine to Shape Brain Architecture,Working Paper 5, 2007.

ustrato con un bambi-

e i primi passi e

re a parlare offre una

rtunità per favorire

ue capacità mentali.

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un grande numero di mamme, per ne-cessità o per scelta, devono confrontarsicon un problema spesso causa di mol-ta sofferenza: la difficoltà di conciliare illavoro con l’accudimento del propriobambino nei tempi a lui più congenialie di durata adeguata alle sue esigenze.

Fin dalla nascita, il bambino ha bisognodi una persona che non solo lo curi, mache addirittura si identifichi con il pic-colo così strettamente da sentire i suoibisogni come propri e questa personanon può, naturalmente, che essere so-prattutto la madre.

La continuità del legame madre-bam-bino implica conseguenze di grande ri-levanza nella regolazione degli statiemotivi del piccolo; per esempio, quan-do una madre avverte un disagio nelsuo bambino, subito lo condivide pro-vando essa stessa uno stato di soffe-renza che la induce immediatamente aintervenire con atti consolatori, facen-do percepire al suo piccolo con tene-rezza il calore del suo affetto. Da unamamma così disponibile, il bambinonon solo riceve consolazione, ma ancheimpara ad ascoltare i propri stati d’ani-mo e a regolarli. Quando una mamma

CI SONO BAMBINI irrime-diabilmente difficili? Conuna certa sicurezza, sipuò rispondere di no.

Numerosi psicologi che si occupanodi infanzia hanno riscontrato, nel-le loro ricerche, che “persino il piùdifficile e irritabile dei bambini ri-sponde bene a dei genitori capacidi corrispondere ai suoi bisogni”1

specialmente nel primo anno di vita.Questo sostanzialmente vuol dire chei bambini difficili possono essere ingran parte il prodotto di genitoriemotivamente poco disponibili nei lo-

ro confronti, soprattutto, come è pre-vedibile, nel caso di bambini dotati diparticolare sensibilità.

Riconoscere e soddisfare i bisogni fon-damentali dei bambini nella prima in-fanzia non è impresa facilissima, anchese, fortunatamente, la maggior partedei genitori istintivamente ci riesce perquanto riguarda le esigenze fisiche co-me la nutrizione, la pulizia, le condizioniambientali; un po’ meno invece rispet-to alle attenzioni necessarie per assicu-rare uno sviluppo emotivo equilibrato.Il fatto è che non è facile (e l’istinto non

basta) riconoscere i segnali che il bam-bino piccolo invia a chi si occupa di luicirca i suoi stati emotivi; mentre non èdifficile creare le condizioni che li pos-sono influenzare positivamente.

Il pianto, gli sguardi, il sorriso, i movi-menti del corpo sono segnali solo ap-parentemente di facile interpretazione;in realtà, tutti possiedono una gammadi sfumature significanti che, per esse-re capite, richiedono molta attenzionee soprattutto molto tempo da dedicarviin modo quotidianamente continuo.Tutto questo confligge con il fatto che

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non può assicurare una piena disponi-bilità, il bambino può crescere nella con-vinzione che egli stesso non dovrebbeprovare sentimenti, dal momento chela propria mamma non si accorge o nonmostra di essere interessata a quello chelui prova.

I bambini sono molto sensibili a questotipo di messaggi impliciti e inizialmen-te tendono a reagire a ciò che i geni-tori fanno piuttosto che a ciò che di-cono. Quando i genitori riescono conl’esempio a condividere correttamentegli stati emotivi del bambino, allora isuoi sentimenti possono fluire ed emer-gere alla coscienza. In particolar modo,se chi si prende cura del bambino ri-sponde in maniera prevedibile, inizianoa costruirsi in lui dei modelli: il piccolopuò accorgersi che “quando piango lamamma mi prende sempre in bracciocon delicatezza” o “quando si mette ilcappotto, sentirò presto il profumo del-l’aria fresca”.

Questi modelli di aspettative non ver-bali acquisiti inconsciamente sono sta-ti descritti da vari autori secondo diver-se teorie. Indipendentemenete dalle teo-rie sostenute, tutti concordano sul fat-to che le aspettative sui comportamentidi altre persone sono registrate nel cer-vello al di fuori della consapevolezza, nelperiodo dell’infanzia, per sostenere ilcomportamento relazionale nel corso ditutta la vita. Non siamo consapevoli del-le nostre attese, ma esse esistono e sibasano sulle nostre esperienze precoci.

La più cruciale di tutte queste atteseè quella per cui gli altri sono emoti-vamente disponibili per aiutarci aprendere nota e a elaborare i nostrisentimenti, per dare conforto quandone abbiamo bisogno. I bambini checrescono senza questa aspettativa so-no caratterizzati da una insicura ca-pacità di attaccamento affettivo.Occorre quindi che i genitori siano una

specie di istruttori delle emozioni. C’èbisogno che siano presenti e che si met-tano in sintonia con gli stati emotivi ele-mentari continuamente mutevoli delbambino, ma occorre anche che essiaiutino il piccolo nel passaggio al livel-lo successivo. Per diventare pienamen-te umano, infatti, il bambino deve ela-borare le risposte elementari e svilup-parle in sentimenti più specifici e com-plessi.

Sotto la guida dei genitori, lo stato ele-mentare di “sentirsi a disagio” si dif-ferenzia in una serie di sentimenti piùcomplessi come irritazione, delusione,rabbia, fastidio, offesa. Ancora, il lat-tante o il bambino poco più grande nonpuò operare queste distinzioni senzal’aiuto di coloro che le conoscono. Il ge-nitore può aiutare il bambino a diveni-re consapevole dei propri sentimenti elo può fare per esempio parlandogli en-fatizzando ed esagerando le parole e igesti in modo che il bambino si rendaconto che mamma e papà non stannosemplicemente esprimendo se stessi,ma stanno “mostrandogli” i suoi sen-timenti 2.

Quanto detto fino ad ora, indubbia-mente acutizza il problema del tempodella donna divisa fra gli impegni di ma-dre e quelli di lavoratrice. Il problemaè certamente serio, ma non senza unamediazione possibile accettando il con-cetto di madre buona abbastanza”.

Il concetto di “madre buona abba-stanza” è stato formulato da Donald W.Winnicott, pediatra e psicoterapeuta in-glese (1896-1971), in contrasto conquello della “madre perfetta”. Sulla ba-se di una pluridecennale esperienza cli-nica, egli giunse alla conclusione che lamadre disponibile in ogni momento asoddisfare le necessità e le richieste delproprio bambino in realtà finisce per li-mitarne lo sviluppo. Al contrario la “ma-dre buona abbastanza” che, pur prov-

vedendo ai bisogni del proprio bambi-no, lascia intervalli di tempo crescentefra le sue richieste e la loro soddisfazionelo aiuta meglio a crescere.

Di fronte alle richieste non immediata-mente soddisfatte e alle reazioni di pro-testa del bambino, la “madre buona ab-bastanza” cerca di contenere queste ul-time in modo gentile, ma fermo, facendotuttavia in modo che il rapporto non per-da mai trasporto e calore. Il mancato sod-disfacimento immediato delle richiestedel bambino lo induce a compensare latemporanea deprivazione con una mag-giore attività mentale e un accrescimentodelle capacità di agire. In tal modo il bam-bino impara a controllare per crescentiperiodi di tempo sia le esigenze del pro-prio Io sia le tensioni istintuali, mentreemerge e si afferma il senso della real-tà e la madre viene via via sempre piùpercepita come una persona separata,contribuendo a sviluppare la capacità distare da solo.

La “madre buona abbastanza” comin-cia con un quasi completo adattamen-to ai bisogni del proprio bambino; poi,con il trascorrere del tempo, lo fa sem-pre meno, gradualmente, secondo le cre-scenti capacità dell’infante di affrontarele sue omissioni”3. Mediante sospensio-ni date in piccole dosi e nei tempi op-portuni, la madre aiuta dunque il bam-bino a sviluppare un proprio importan-te senso di indipendenza.Un’avvertenza è importante: dare sempreal bambino il senso di un delicato allen-tamento del rapporto, e non il trauma diessere bruscamente abbandonato.

1. Gerhardt S., Perché, si devono amare ibambini, Raffaello Cortina Editore,2006.

2. Gerhardt S., Ibidem.3. Winnicott D.W., Collected Papers:

Trough Paediatrics to Psycho-Analysis,London, Tavistock Publications, 1958.

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NELLA STANZA di ogni bam-bino ci sono spesso dei fan-tasmi: “sono i visitatori delpassato non ricordato dei

genitori... Nelle situazioni migliori que-sti visitatori, ostili e non invitati, ven-gono cacciati dalla stanza e ritornanoalla loro dimora sotterranea. Il bambi-no fa la sua imperativa richiesta di amo-re al genitore e, proprio come nelle fia-be, i legami d’amore proteggono ilbambino e i suoi genitori dagli intrusi,i fantasmi maligni”1.Ma non sempre questo accade: i fan-tasmi maligni del passato dei genitori siinsediano nella stanza dei bambini im-pedendo l’instaurarsi di un vero rap-porto d’amore, fondamento di uno svi-luppo emotivo armonico.

Selma Fraiberg, studiosa inglese cui si

deve l’espressione che regge il titolo diquesto capitolo, nel volume citato, ri-porta un caso che fa ben comprende-re come il passato infantile di un geni-tore possa compromettere il rapportocon il proprio figlio e come questo rap-porto possa rifiorire ricuperando alla co-scienza gli eventi del passato, passo es-senziale per arrivare ad annullarne gli ef-fetti negativi nel presente. Il caso è quello di Mary.

Il pianto di Mary

Mary ha cinque mesi e mezzo quan-do giunge all’osservazione della dot-toressa Fraiberg e del suo gruppo dilavoro presso l’Infant Mental HealthProgram (Programma per la salutementale dell’infante). La madre diMary, la signora March, viene descrit-

ta come una “madre rifiutante”.

“Fin dal primo incontro c’erano mo-tivi di forte preoccupazione per Mary.A cinque mesi e mezzo portava tuttele stigmate di un bambino che avevatrascorso la maggior parte della pro-pria vita in una culla ricevendo soltantole cure strettamente indispensabili. Eraadeguatamente nutrita e fisicamentecurata, ma la sua nuca era calva. Mo-strava poco interesse per ciò che la cir-condava, era indifferente, troppo si-lenziosa. Sembrava avere solo un te-nue collegamento con la madre. Sor-rideva raramente. Non si avvicinavaspontaneamente a sua madre attra-verso il contatto visivo o gesti di avvi-cinamento. C’erano poche vocalizza-zioni spontanee. In momenti di scon-forto e angoscia non si rivolgeva alla

CAPITOLO 6

Illustrazione da:

Valeri Gorbachev,

Tommaso e i cento lupi

cattivi,

Nord-Sud Edizioni, 2007.

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madre. Quando, durante la visita, unsuono inatteso infranse la sua sogliadi tollerabilità, Mary cadde in uno sta-to di terrore.Anche la madre sembrava chiusa in unterrore privato, remoto, rimosso, di-mostrandoci tuttavia rari sprazzi di unacapacità di accudimento. Per settima-ne ci siamo aggrappati a una minu-scola scena catturata dalla telecame-ra: la bambina faceva un goffo tenta-tivo di avvicinamento alla madre, e lamano della madre spontaneamente simuoveva verso la bambina. Le maninon si sono mai incontrate, ma il ge-sto simbolizzava per il terapeuta unaricerca reciproca, e ci siamo aggrappatia questa speranza simbolica.

Nel corso di una seduta registrata,Mary comincia a piangere, disperata-mente: è tra le braccia della madre, manon le si rivolge per essere consolata,come di solito fanno tutti i bambini.La madre sembra distante, assorta inse stessa. Compie un gesto assenteper consolare la bambina, poi smet-te. Allontana lo sguardo. Le urla del-la bambina continuano per cinquestrazianti minuti. Esaminando succes-sivamente il nastro della registrazioneSelma Fraiberg e i suoi collaboratori si

dicono: «È come se questa madre nonsentisse le urla della sua bambina».Questa riflessione ha fatto sorgere ladomanda diagnostica cruciale: «Per-ché questa madre non sente il pian-to della sua bambina?».

I fantasmi della madre di Mary

Da approfondite indagini successive, lamadre di Mary risultò essere stata unabambina abbandonata dalla madre ecresciuta emarginata in una famiglia asua volta socialmente e affettivamenteemarginata, una madre i cui pianti dibambina non erano mai stati ascoltati.La sua storia, inizialmente, l’aveva rac-contata come un succedersi di fatti, sen-za visibile sofferenza, senza lacrime. Tut-to ciò che era visibile era lo sguardo tri-ste, vuoto, disperato sul suo volto. Ave-va chiuso la porta alla bambina chepiangeva dentro di sé come sicura-mente aveva chiuso la porta alla suabambina che piangeva. Questo ci haportati – scrive Selma Fraiberg – alla pri-ma ipotesi clinica: «Quando i suoi pian-ti verranno ascoltati, questa madreascolterà i pianti di sua figlia?»”.

Mentre la storia della signora March si

muoveva avanti e indietro tra la suabambina – “Non posso amare Mary”– e la propria infanzia – “Nessuno mivoleva” – la terapeuta apriva dei sen-tieri all’espressione dei sentimenti…,dando alla signora March il permessodi sentire e di ricordare i propri senti-menti. Doveva forse essere stata la pri-ma volta nella vita della signora Marchche qualcuno le dava questo permes-so. E, lentamente, iniziarono a emergereil dolore, le lacrime e l’angoscia ine-sprimibile per se stessa, bambina rifiu-tata. Alla fine fu un sollievo riuscire apiangere, una consolazione sentire diessere capita dalla propria terapeuta. Eora, a ogni seduta, la terapeuta assistevaal verificarsi di qualcosa di veramenteincredibile tra madre e figlia.

La madreritrova Mary

All’inizio della terapia, se Mary richie-deva attenzione, la madre si alzava nelmezzo del colloquio per cambiarla oportarle il biberon. Più spesso la bam-bina veniva ignorata se non era lei arichiamare l’attenzione. Ma, appena lasignora March cominciò a ottenere ilpermesso di ricordare i propri senti-menti, di piangere, e di sentire il con-forto e la simpatia della terapeuta, laosservavamo avvicinarsi alla sua bam-bina nel bel mezzo dei suoi sfoghi.Prendeva in braccio Mary, inizialmen-te distaccata e assorta in se stessa, mala teneva. E poi, un giorno, ancora nelprimo mese di trattamento, la signo-ra March, nel mezzo di uno sfogo didolore, sollevò Mary, la tenne strettastretta, e le si rivolse canticchiano dol-cemente con voce commossa. E que-sto è poi accaduto di nuovo, diversevolte, negli incontri successivi. Dopo es-

È ormai divenuto un concetto comune che allastruttura portante della vita emotiva di ogni essere umano contribuiscono in mododeterminante le esperienze infantili. Di queste, spesso, si finisce per non ricordarepiù nulla; eppure esse non vengono dimenticate:rimangono impresse nel nostro intimo e danno in gran parte forma al nostro sentire e al nostro agire.

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sersi sfogata per i vecchi dolori acco-glieva la bambina fra le sue braccia. Ifantasmi cominciavano ad andarsenedalla stanza della bambina.Il legame tra la madre e la bambina eraemerso. E la bambina stessa stava raf-forzando questi legami. Ai gesti di af-fetto della madre ricambiava con ge-nerose risposte d’amore. Era la primavolta, così pensavamo, che la signoraMarch sentiva di essere adorata daqualcuno.

Non tutti i problemi della madre e del-la bambina erano risolti: quello rag-giunto non era il traguardo, bensì il pun-to di partenza verso una normalità cherichiedeva ancora molto lavoro tera-peutico; tuttavia, una volta formato il le-game, quasi tutto il resto poteva risol-versi. Quello che è stato importante, nelcaso della signora March, è stata la pos-sibilità di aiutarla a vedere i collegamentitra il passato e il presente e a mostrar-le come, senza rendersene conto, aves-se portato le sofferenze del suo passa-to nella relazione con la sua bambina.

I fantasmi nella stanza dei bambini nonsono sempre visitatori facilmente so-spettabili attraverso il riflesso di com-portamenti genitoriali vistosamente ge-neratori di sofferenza. Ve ne sono di par-ticolarmente subdoli, spesso paludati dibuone intenzioni e di finto amore.Dalle ricerche e dalle riflessioni di un’al-tra importante studiosa delle cause del-le sofferenze dei bambini, Alice Miller2,si possono ricordare due esemplari sto-rie di vita compromesse da legami (omancanza di legami) con genitori cari-chi di residui negativi ricevuti, a loro vol-ta, dai loro padri e dalle loro madri. Unastoria riguarda il grande poeta e dram-maturgo tedesco Friedrich von Schiller

(1759-1805), l’altra il non meno im-portante narratore francese MarcelProust (1871-1922).

Il fantasma della disciplina

Friedrich Schiller trascorse i primi deci-sivi tre anni di vita da solo accanto a unamadre amorevole con cui potè svilup-pare la propria personalità e i grandis-simi talenti di cui era dotato. Quandoebbe quattro anni, il padre tornò a ca-sa da una lunga guerra (era ufficiale me-dico). Uomo severo, impaziente, ira-condo, ottusamente caparbio, non èdifficile immaginare che nel fondo del-la sua memoria giacessero non ricordateesperienze di dura educazione, come al-lora si usava e come si può dedurre dal-la scelta della vita militare. “Educare si-

gnificava per lui sforzarsi di soffocare leespressioni spontanee, creative e la gioiadi vivere del figlioletto”, che, a tredicianni, spedì all’accademia militare. Quiil giovane Schiller per otto anni soffrìenormemente della ferrea quanto in-sensata e crudele disciplina tipica diquella nazione e di quell’epoca (e nonsolo). Divenne un giovane uomo mala-to: “Per dare espressione al suo statodi bisogno, egli non trovò altro rifugiose non nella lingua della malattia, la mu-ta lingua del corpo che nessuno per cen-tinaia di anni volle mai capire”. Nella suastanza di bambino prima, in quella al-l’accademia militare poi, il fantasma ma-ligno aveva assunto la subdola parven-za della “necessità” della disciplina, del-la sottomissione all’autorità.

“Schiller, in tutta la sua opera, da i Ma-snadieri al Guglielmo Tell, ha ininter-rottamente combattuto l’esercizio del-la violenza cieca esercitata dall’autori-tà, suscitando in molti cuori, grazie al-la potenza della lingua, la speranza chequella battaglia un giorno potesse es-sere vinta. Ma lui stesso non è mai con-sapevole, in nessuna delle sue opere, delfatto che la ribellione contro gli assur-di ordini impartiti dai potenti traevanoalimento dalle precoci esperienze delsuo corpo. La sofferenza provocata inlui dal padre che esercitava un potereincomprensibile e terrorizzante lo ave-va spinto a scrivere, ma egli non riuscìmai a riconoscere quella motivazione.Volle scrivere opere letterarie grandi ebelle, volle dire la verità attraverso per-sonaggi della storia, e ciò gli riuscì inmodo straordinario. Tacque soltanto laverità della propria sofferenza causata-gli dal padre, che rimase nascosta a luistesso fino alla morte precoce, un se-greto per lui e per la società che lo am-

CAPITOLO 6

Friedrich Schiller soffrì nell’infanzia

per un padre che gli soffocò

sentimenti e gioia di vivere

all’insegna delle necessità di una

rigida disciplina militare di cui egli

stesso era stato vittima.

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mira da secoli prendendolo a modellopoiché egli ha combattuto con le sueopere per la libertà e la verità”2.

L’inautenticità dei sentimenti

Marcel Proust, subito dopo la morte del-la madre, in una lettera a un amico scris-se: “Mi sa così incapace di vivere senzadi lei […]. La mia vita ha perduto ormaiil solo scopo, la sola dolcezza, il soloamore, la sola consolazione che avesse.Ho perduto colei che con la sua inces-sante vigilanza mi portava, con la pacee l’affetto, il solo miele della mia vita […].Ho bevuto alla fonte del dolore […]. Co-me diceva la suora che la curava, per leiio avevo sempre quattro anni.

“A suo modo, lei lo ‘amava’. Si preoc-

cupava molto per lui, ma voleva deci-dere fin nei minimi particolari tuttoquanto lo riguardava, voleva imporgli lerelazioni che riteneva giuste, poteva per-mettergli o proibirgli ciò che doveva fa-re quando già aveva diciotto anni, vo-leva che lui fosse il figlio di cui lei ave-va bisogno: dipendente e malleabile”2.

In realtà, quello che la madre dello scrit-tore continuamente riversava su di lui,era solo attenzione a che si comportassebene, come si conveniva nella societàdel tempo. Scrive Proust, che ha espres-so la sua sofferenza anche nell’asmadi cui pativa: “Inspiro troppa aria e nonposso espirarla, tutto ciò che lei mi dàdeve essere per me una buona cosa, an-che se mi soffoca”.

La madre di Proust apparteneva alla

buona borghesia e la sua principalepreoccupazione era quella di svolgerenel modo migliore “il ruolo di mogliedi un medico di buona reputazione, on-de godere la stima della società al cuigiudizio teneva molto. L’originalità e lavivacità del figlio costituivano una pro-vocazione che lei voleva a tutti i costitogliere di mezzo”. Dentro di lei ope-rava costantemente un’educazione chefin dall’infanzia imponeva che per es-sere accettati bisogna osservare le con-venienze e quelle della sua classe socialeerano particolarmente formali e senti-mentalmente inautentiche, lontane daquel vero amore che il piccolo Marcelcercava invano nelle pur assidue at-tenzioni della madre.

L’inautenticità dei sentimenti più pro-fondi è stato il fantasma che ha fre-quentato per lungo tempo la stanza delpiccolo Proust, inautenticità che egli nonha voluto riconoscere nella madre , mache ha colpito nella società che ha de-scritto in seguito, dopo la morte dellamadre, nella sua opera principale: La ri-cerca del tempo perduto, in cui si puòimmaginare una pervasiva domanda:“Mamma, perché tutte queste perso-ne sono più interessanti di me? Non ve-di come sono vacue, snob? Perché tudai così poca importanza alla mia vita,alla nostalgia che ho di te, all’amore cheti porto? Perché ti sono di peso?”.

1. Fraiberg S., Il sostegno allo sviluppo,

Raffaello Cortina Editore, 1999.

2. Miller A., La rivolta del corpo. I dan-

ni di un’educazione violenta, Raffaello

Cortina Editore, 2005.

Marcel Proust, ossessiva-

mente accudito da una

madre in cui ricercò sem-

pre, ma inutilmente, una

autenticità dei sentimenti

che ella non poteva dare

per l’educazione formale

e affettivamente inauten-

tica nella quale era stata a

sua volta allevata.

Illustrazione: Paolo Cajelli.

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TUTTI I GENITORI ormai san-no che per migliorare neibambini le capacità di com-prendere, di provare emo-

zioni e sentimenti, per stimolare la lo-ro creatività e la loro immaginazione, perinsegnar loro a vivere con gli altri, unmezzo di grande importanza è rappre-sentato da una frequente, se non ad-dirittura quotidiana, pratica di intratte-nimento con racconti e letture ad altavoce di storie, fiabe o altro di adatto se-condo l’età.

Molti genitori, più o meno esplicita-mente, con le letture condivise con i lo-ro bambini, mirano anche ad accelera-re l’apprendimento della lettura e del-la scrittura. È un obiettivo legittimo, pur-ché non sia il principale e neppure po-sto con eccessivo anticipo rispetto allereali possibilità dei piccoli. Si può direche gli si può dedicare una crescente at-tenzione a partire dalla fine della scuo-la dell’infanzia, nel passaggio verso lascuola primaria.

Imparare a leggere è un processo cherichiede fatica e tempo. Fin dalla primainfanzia i bambini amano, e traggonovantaggio, dall’ascolto di filastrocche,poesiole, fiabe e racconti di crescentelunghezza e complessità a mano a ma-no che il tempo passa, comprendendo,nelle letture ad alta voce, che le paro-le vanno insieme con dei segni stampatie che questi segni hanno un significa-

to; la comprensione del significato del-le parole ascoltate è facilitata dalle illu-strazioni che le accompagnano (oggetti,esseri animati, paesaggi) elementi chela mamma o il papà che legge nonmancherà di indicare e di spiegare av-viando a poco a poco il figlio verso larappresentazione astratta di quantoascolta. Lungo tale percorso, il bambi-no sarà facilitato a entrare nel primomondo dell’istruzione, la scuola prima-ria, dove l’apprendimento della letturadiventa obiettivo principale, affidato al-l’azione didattica di professionisti il cuicompito non è soltanto quello di ren-dere i bambini semplicemente capaci di

leggere, ma soprattutto capaci di leg-gere per imparare.Un effetto non secondario della prati-ca della narrazione e della lettura ad al-ta voce ai e con i bambini in età pre-scolare è rappresentato dall’incentiva-zione dell’amore per i libri che, se ali-mentato in questa fase della vita, duradi solito per sempre. Per rafforzare que-sto effetto, qui di seguito sono elenca-ti alcuni suggerimenti utili per far en-trare nell’intelligenza, nella sensibilità enelle abitudini dei bambini lo spirito diconservazione del libro come amico tan-gibile e sempre disponibile, un vero eproprio compagno di vita.

CAPITOLO 7

L’attenzione nel bam-

bino può essere

stimolata in vari

modi. Certamente

uno dei più efficaci è

la narrazione e la let-

tura ad alta voce.

Illustrazione da:

Klaas Verplancke,

Gigante, ZOOlibri,

2007.

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■ Assegnare al bambino una piccolalibreria in cui, fin da piccolissimo,possa trovare i “suoi” libri, prenderlie riporli con facilità.

■ Consentire ai bambini di riporre ipropri libri fra quelli dei genitori a cuinormalmente attribuiscono un va-lore particolare e che trasferisconoai propri.

■ Lasciare che sia il bambino a sce-gliere il libro che più desidera che glivenga letto, anche se per lungo tem-po è sempre lo stesso e di cui allafine l’adulto è naturalmente som-mamente annoiato.

■ Dare l’esempio che mamma e papàleggono abitualmente. Il bambino èun forte imitatore, specialmente deicomportamenti dei genitori.

■ Quando il bambino è già grandicelloe capisce il significato di un’even-tuale paghetta, e quindi il valore deldenaro, mettere in evidenza che unaparte del suo gruzzolo viene usataper acquistare libri per lui: in tal mo-do il valore si trasferisce dal denaroal libro.

■ Invitare amici e parenti a regalare albambino libri in occasione di festetradizionali e di anniversari, limitan-do il più possibile soprattutto i gio-cattoli elettronici e alla moda.

■ Incoraggiare e aiutare il bambino a“costruire” propri libri con i suoi di-segni e scarabocchi a imitazione del-la scrittura, collage di elementi rita-gliati da pubblicazioni e anche ma-teriali vari come stelline, granelli co-lorati, pezzettini di corda e quantodi non pericoloso gli è disponibilenell’ambiente in cui vive.

■ Molto stimolante risulta l’incorag-giamento e l’aiuto a fare dei se-gnalibri di vari colori da inserire neilibri che il bambino a mano a ma-no riceve.

■ Far frequentare librerie e bibliotechepubbliche instaurando così la co-noscenza che esiste un mondo di li-bri aperto a tutti, sia per acquistaresia per consultazioni e prestiti gra-tuiti.

■ Far partecipare il più possibile il bam-bino alle frequenti manifestazioniche si svolgono nelle librerie perbambini e ragazzi.

■ Collocare un dizionario a portata dimano, nel luogo dove si raccontae si legge al bambino, e consultar-lo frequentemente quando si in-contrano parole che il bambino nonconosce; è un’operazione che facomprendere al bambino che esi-ste un forziere in cui sono racchiu-se tutte le parole del mondo e a cui

tutti possono attingere, lui com-preso non appena imparerà a leg-gere.

■ Nell’ arricchire la bibliotechina delbambino inserire qualche volumet-to molto illustrato che guidi a sem-plici attività della vita quotidiana co-me cucinare, lavorare il legno, col-tivare i fiori e così via.

■ Raccogliere i libri che il bambino checresce non legge più, rimetterli in or-dine in modo che siano ancora pre-sentabili, farne una confezione di-gnitosa e, in sua compagnia, por-tarla, come un dono prezioso a fa-miglie amiche, alla biblioteca del-l’asilo o della scuola dell’infanzia, aun reparto pediatrico di un ospedale,all’oratorio della parrocchia od ovun-que si è sicuri che vi è interesse a ri-ceverli.

■ Incoraggiare il bambino e aiutarlo atenere un elenco dinamico, cioèpuntualmente aggiornato, dei libriche gli vengono letti; eventual-mente, per ogni titolo registrato, conun breve commento e un ricordo diquando è stato letto. Sarà uno stru-mento utile, quando sarà adulto peressere un genitore migliore ricor-dando la propria infanzia, i propri bi-sogni di allora, le parole e le imma-gini che hanno colorato le originidella propria personalità.

Senza libri propri è più difficile imparare a leggere per imparare.

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Libri in vetrinaA cura di WALTER FOCHESATO

I fantasmi nella stanza dei bambini

MAURICE SENDAKNel paese dei mostri selvaggiBabalibri,Pagg. 48, 12,50 euroUn grande e indubitabile classico, un’o-pera sapiente e intrigante, ricchissimadi echi e di occasioni. Mandato a lettosenza cena, Max vede la sua cameret-ta trasformarsi in una foresta, per lui ini-zia così un lungo viaggio alla ricerca dise stesso. Da quest’opera è stato trat-to, pochi mesi or sono, l’ottimo film Nelpaese delle creature selvagge di SpikeJonze, con la stretta collaborazione del-lo stesso Sendak.

PHILIPPE CORENTINPapàBabalibri, 1999Pagg. 32, euro 11,50Un cucciolo di mostro e un bambino sipreparano per andare a nanna, il fattoè che si ritrovano nello stesso letto e,per ognuno di loro, c’è un “diverso” percui aver paura e strillare. Alla fine si di-videranno in santa pace il sonno e il let-to. Pagina dopo pagina, un continuosusseguirsi di sorprese in un libro riccodi ironia e di dolcezza.

La mente dei bambini fra realtà e fantasia

STEFANO DISEGNIIllustrazioni di ALBERTO RUGGIERIL’erba voglioFranco Cosimo Panini, 2009Pagg. 36, euro 16Bell’album in gran formato con una di-vertente e fresca storia, assai ben illu-strata. È la storia di un bambino che,grazie alle virtù di una pianta, scopre di

poter realizzare tutti i suoi desideri, an-che quelli appena pensati. Naturalmentetutto ciò darà vita ad una serie di equi-voci e di guai finché capirà che “vole-re tutto subito e ottenerlo non è dettoche sia una cosa bella”.

HELEEN VAN ROSSUMIllustrazioni di TIJN SNOODIJKUn Buongiorno PerfettoZOOlibri, 2006Pagg. 26, 11,50 euro Quando al mattino Piùdiuno si svegliaprima di alzarsi deve rassettarsi, metterea posto tutti i suoi pezzi. Fatto l’inven-tario si accorge che manca qualcosa:aveva lasciato, proprio lì sul comodino,il suo ombelico. Caratterizzato da un se-gno sobrio ed efficace e graficamentemodernissimo, il volume riesce a co-niugare elementari informazioni sul co-me siamo fatti con un continuo scattofantastico venato di surrealismo.

TARO GOMIVai a fare il bagno!Kalandraka, 2009 Pagg. 32, 15 euroBen noto anche in Italia per la fortunataserie degli Scarabocchi, edita da Cor-raini, Taro Gomi ci regala un impaga-bile albo illustrato dedicato alla vita quo-tidiana del bimbo e alle sue faticoseconquiste. Ma tutto viene costruito congrande fantasia e capacità d’invenzio-ne. Il segno dell’autore, lineare e paca-to, si accende di divertiti lampi di iro-nia e vivida festosità.

Esperienze e memorie

ALFREDO STOPPAIllustrazioni di SONIA M.L. POSSENTINIGrande o piccolo?La Margherita Edizioni, 2009Pagg. 28, 16 euro

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in Grande o piccolo un testo essenzia-le ma raffinato e intenso accompagnale grandi e delicate tavole a colori del-la Possentini. “Lui” è un bambino chedi volta in volta, nel dialogo non sem-pre fruttuoso con mamma e papà, vie-ne considerato ora grande per certe co-se, ora decisamente piccolo per altre.“È tardi. E poi sei già troppo grande pergiocare con un pupazzo!”. “Mettiti adormire, che sei piccolo ancora e poi haipaura del lupo”.

GIUSI QUARENGHIBEATRICE MASINIIllustrazioni di ANTONGIONATA FERRARIManuale di buone maniereper bambine e bambiniRizzoli, 2009Pagg. 58, 12,50 euro Le vivacissime filastrocche della Qua-renghi e i pacati commenti in prosa del-la Masini danno vita ad un libro frescoe arguto, perfetto per essere letto in-sieme da adulti e bambini. Perfetti i nu-merosi disegni al tratto di Ferrari, in-calzanti e vivacissimi.

THIERRY ROBBERECHT Illustrazioni di PHILIPPE GOOSSENSPiccoli fantasmiZOOlibri, 2006Pagg. 26, 12,50 euroCaratterizzato dalle calde e tenere illu-strazioni di Goossens, l’albo ci raccon-ta di una piccola disavventura. Rimastasola in casa la piccola protagonista vuolgiocare con la collana della mamma (co-sa che le è stata vietata). La fa caderee tutte le perle rotolano per terra. È in-decisa se confessare o no quel che hacombinato ma ecco che dalla sua boc-ca esce “il fantasma delle parole maidette. Ripeto le parole che i bambininon hanno il coraggio di dire”.

Come far amare la lettura

BRIAN LIESPipistrelli in bibliotecaIl Castoro, 2009Pagg. 32, euro 13,50Basta una finestra lasciata aperta persbaglio e arriva la notte tanto attesa pertutti i pipistrelli: entrare in biblioteca escoprirne i tesori, leggere storie bellis-sime, guardare le figure, divertirsi e in-cantarsi. Fino all’arrivo dell’alba e nellasperanza che un giorno un’altra finestrarimanga socchiusa.

MONIQUE FELIXC’era una volta un topochiuso in un libro…Emme Edizioni, 2009Pagg. 28, euro 6,50Ritorna finalmente in libreria un picco-lo grande classico moderno, pubblica-to per la prima volta nel 1981. Un vo-lumetto rigorosamente senza parole. Unsimpaticissimo topolino che, rinchiusoin un libro, comincia a rosicchiarne i bor-di e man mano vede apparire un bel-lissimo paesaggio di campagna. Deci-de allora, per scoprire il mondo, di co-struirsi con la pagina un piccolo aero-plano di carta.

MONIQUE FELIXSeconda storia di un topochiuso in un libro…Emme Edizioni, 2009Pagg. 28, euro 6,50Questa volta il nostro piccolo eroe,nuovamente alle prese con un libro,scopre il mare ed è quindi obbligato arealizzare, in tutta fretta, una barchet-ta. Ho sempre pensato che questi duedeliziosi libretti fossero, nel loro invitoa scoprire il mondo, una perfetta me-tafora attorno ai tesori che si possonotrovare nei libri.

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Accoglienza Educazione Integrazione Un progettoGSK - Regione del Veneto

Nell’ambito di una conven-zione stipulata nel 2006 fral’Assessorato alle PoliticheSociali della Regione del Ve-

neto e GlaxoSmithKline, Progetto “Leg-gere per Crescere”, è stata promossanella Regione una serie di 21 corsi di for-mazione per 1.310 educatrici di asilo ni-do e insegnanti delle scuole dell’infan-zia, nei bienni 2006-2007 e 2007-2008,sul perché, come e che cosa leggere adalta voce ai bambini in età prescolare.I risultati ottenuti hanno stimolato leparti a proseguire nella collaborazionededicandola ai problemi di accoglienza,educazione e integrazione dei bambi-ni stranieri negli asili nido e nelle scuo-le dell’infanzia di otto comuni della Re-gione, puntando su corsi di formazio-ne prevalentemente rivolti alla promo-zione del linguaggio, a livello sia del-l’apprendimento dell’italiano sia dellavalorizzazione delle lingue maternedelle famiglie immigrate.

La scelta del tema principale dei corsidi formazione per il biennio 2008-2009è stata dettata dalla considerazione cheil passaggio fra rischio di esclusione eintegrazione può essere favorito neibambini stranieri in vari modi, ma unoappare fra i più efficaci: lo sviluppo diun linguaggio comune ai coetanei delPaese di accoglienza nei primi anni divita, possibile soprattutto nelle strut-ture maggiormente adatte alla socia-lizzazione quali sono tradizionalmen-te, al di fuori della famiglia, gli asili ni-

do e le scuole dell’infanzia.

Il linguaggio non è soltanto il mezzo percomunicare fra esseri umani; è anchelo strumento mediante il quale l’uomoelabora, rappresenta, condivide la real-tà che lo circonda, il proprio modo disentire, di pensare, di essere, di appar-tenere alla comunità in cui conduce lapropria esistenza.

Lo sviluppo di un linguaggio comunepuò dunque essere considerato un pre-supposto essenziale in ogni processo diintegrazione, presupposto tanto megliocostruibile nei bambini quanto più vie-ne fondato su attività educative speci-fiche, modulate secondo e in armoniacon i loro stadi di sviluppo.

Fra le possibili attività favorevoli ai pro-cessi di integrazione attraverso lo svi-luppo del linguaggio e l’apprendimen-to della lingua del Paese di accoglien-

za, un ruolo di grande efficacia è una-nimamente riconosciuto alle narrazio-ni e alle letture ad alta voce.

Infatti, un racconto, una lettura, un’il-lustrazione sono nello stesso tempo unospecchio, nel quale il bambino si puòguardare e riconoscersi, ma sono ancheuna finestra attraverso la quale egli ve-de il mondo e le persone con le qualideve interagire e possibilmente inte-grarsi.

Inoltre, la narrazione e la lettura ad al-ta voce, se opportunamente scelte, of-frono al bambino (naturalmente non so-lo al bambino straniero, ma anche aisuoi coetanei italiani) maggiori possibi-lità di costruire dentro di sé una visio-ne delle cose, della loro varietà e delleloro diversità, in larga misura sgombrada pregiudizi, presupposto di una qua-lità imprescindibile della convivenza: latolleranza, forte antiveleno contro ogni

Lo sviluppo in Italia

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forma di discriminazione. Considera-zione questa, tanto più importante inquanto l’integrazione è un processo bi-direzionale: il bambino straniero versoil bambino italiano e viceversa.

Nell’operazione prevista nella citataconvenzione è stato considerato conparticolare attenzione anche il feno-meno del bilinguismo e i problemi chevi sono sottesi. Parlare una lingua si-gnifica esprimere un modo di essere edi pensare di una particolare comuni-tà, quella che parla lo stesso idioma,condizionato dall’ambiente, dalla storiaattraverso la quale si è sviluppato nelcorso di secoli, ed è legato per ogni in-dividuo ai ricordi, alla convivenza congenitori, nonni, fratelli, amici.In tempi ben lontani, il filosofo tedescoGeorg Christoph Lichtenberg (1742-1799), attento ai valori umani e criticodi ogni forma di fanatismo, ha scritto:“conoscere una lingua a fondo signifi-ca conoscere a fondo il popolo che laparla”. Anche su questo assunto sonostati informati i corsi di formazione og-getto dell’intesa fra Regione del Vene-to e GlaxoSmithKline. Le ragioni di que-sta scelta possono essere riassunte inpoche righe.

Il bambino immigrato si trova sospesoal bivio fra due possibilità: essere emar-ginato, in quanto portatore di una lin-gua diversa da quella dominante; op-pure essere esposto al rischio-necessi-tà di abbandonare la lingua di origineper inserirsi nella società che lo accoglie,adottandone i caratteri che la distin-guono: in sostanza, a rinunciare alla pro-pria prima identità. Esiste una terza pos-sibilità: quella di rimanere senza nullae venire, da una parte, privato, con laperdita della lingua dei padri, dell’i-

dentità originaria, dall’altra non accet-tato nella società di accoglienza, inquanto ritenuto estraneo anche per l’in-sufficiente padronanza della secondalingua.

Appartenere a una cultura è fonda-mentale per la strutturazione dellapersonalità: è una caratteristica e unanecessità dell’essere umano quella dicondividere valori, tradizioni, costumi diuna definita società in cui vivere, pen-sare, venire pensato e accettato perquello che si è nei propri pensieri, nel-le credenze, nei sentimenti, nei com-portamenti.

Queste necessità vanno comprese daparte di educatrici e insegnanti ed è inquesta direzione che sono stati diretti icorsi di formazione, orientati a con-sentire ai bambini (soprattutto ai figli digenitori immigrati di prima generazio-ne) di costruire la propria identità fa-vorendone lo sviluppo mediante la va-lorizzazione delle due lingue, di origi-ne e di accoglienza, e delle rispettive cul-ture, a partire dal loro rispetto e dal-l’incentivazione a coltivarle ed even-tualmente condividerle con i coetaneiitaliani.

In questo quadro è stata anche inseri-ta la proposta di partecipazione rivoltaai familiari (i genitori, in primo luogo)dei bambini accolti negli asili nido e nel-le scuole dell’infanzia sedi delle opera-zioni descritte, nell’ottica di favorire unacontiguità se non proprio una continuitàfra le esperienze educative al di fuoridella famiglia (negli asili nido e nellescuole dell’infanzia) e i vissuti entro lemura domestiche. Il proposito è stato quello di mettere inatto situazioni che favorissero la cono-

scenza-ponte fra persone di diversa cul-tura (per lo più esposte a condizioni direciproca separatezza e di emargina-zione sociale) finalizzate al riconosci-mento dei loro valori quali sono espres-si dal loro patrimonio di favole, miti, leg-gende.

I metodi e i mezzi per conseguire tali fi-nalità non sono mai predittivamenteipotizzabili astrattamente, a prescinde-re dalle realtà locali, da cui è sempre ne-cessario partire per dar vita a specificheoccasioni di aggregazione multiculturalein cui promuovere i due principi chehanno ispirato tutta l’operazione postain opera dalla Regione del Veneto e daGlaxoSmithKline: 1. la valorizzazionedelle culture altre e l’arricchimento de-rivabile per tutti dalla loro conoscenza;2. il sostegno del bilinguismo famiglia-re (parallelamente all’apprendimentodell’italiano) come fattore importantenon solo per lo sviluppo dell’identitàpersonale, ma anche per il manteni-mento degli equilibri dei legami affet-tivi all’interno delle famiglie.La necessità di tener conto delle diver-se realtà locali ha suggerito di delinea-re e concretizzare alcune iniziative rivolteai familiari, successivamente ai corsi diformazione e sulla base delle indicazionifornite dalle educatrici e dalle insegnantiche vi hanno partecipato.

Nell’ambito dei corsi di formazione, al-le educatrici e alle insegnanti sono sta-ti illustrati metodi e mezzi per soste-nere, nei piccoli stranieri loro affida-ti, lo sviluppo del linguaggio e l’ac-quisizione dell’italiano, con il compi-to di registrarne le progressioni in fun-zione dei metodi utilizzati e delle ini-ziative individualmente e collettiva-mente intraprese.

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GlaxoSmithKline (GSK) è una multinazionale farmaceutica basata sulla ricerca presente in Italia dal 1932. Oggi nel Paese GSK comprende tutte le componenti industriali del ciclo economico aziendale: la ricerca, la produzione, il marketinge la vendita dei farmaci, dei prodotti da banco e di largo consumo.Nell’ambito delle proprie iniziative a favore della comunità, GSK sviluppa in Italia dal 2001 interventi a favore dei bambini e degli an-ziani con il programma di responsabilità sociale “Salute & Società”.

Tutti gli operatoripossono ricevere gratuitamente

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registrandosi al sito www.leggerepercrescere.it

Periodico del Progetto “Leggere per Crescere” - Registrazione del Tribunale di Verona n. 1602 del 17/6/2004 - Direttore responsabile Romolo Saccomani© GlaxoSmithKline 2010

■ Progetto editoriale e testi Garamond SAS, Milano ■ Grafica TypeDesign, Milano ■ Redazione Luciana Bozzotti ■ Stampa Cortella S.p.A., Verona Questa pubblicazione è stampata in 25.000 copie.LE

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