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3 SUMMARY Hypercholesterolemia is a major risk factor for cardiovascular morbidity and mortality. There is a large body of evidence showing that LDL cholesterol reduction is associated with a significant reduction in the risk of cardiovascular events, both in primar y and secondar y prevention. Treatment strategies to achieve optimal LDL cholesterol levels include both interventions on lifestyle and pharmacological measures. The initial therapeutic approach to patients with hypercholesterolemia includes a low dietary intake of cholesterol, saturated and “trans” fats and an increase in dietary fiber, associated with physical activity. However, patients compliance to these recommendations is often inadequate, especially in the medium to long term. In addition, some dietary components with putative cholesterol-lowering activities are present in small or functionally insignificant amounts in food. Therefore, in recent years the use of “nutraceuticals” (i.e., nutrients and/or bioactive compounds with potential beneficial effects on human health) has become widespread. Such substances may be added to foods and beverages, or taken in the form of dietary supplements (liquid preparations, tablets, capsules). A growing number of nutraceuticals with some cholesterol-lowering activity have been proposed; however, scientific research regarding some of them has produced conflicting results and was flawed by relevant methodological limitations. The cholesterol-lowering activity of some nutraceuticals (i.e., fiber, phytosterols, soy products, policosanol, red yeast rice and berberine) will be discussed along with: 1) the level of evidence on the cholesterol-lowering effectiveness emerging from interventional studies in humans; 2) the possible side effects and risks associated with their use; 3) the categories of patients who would benefit from their use. Keywords: nutraceuticals, fiber, phytosterols, soy, policosanol, red yeast rice, berberine, cardiovascular risk, cholesterol. Giornale Italiano dell’Arteriosclerosi 2016; 7 (2): 3-29 POSITION STATEMENT DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI DIABETOLOGIA (SID) E DELLA SOCIETÀ ITALIANA PER LO STUDIO DELLA ARTERIOSCLEROSI (SISA) NUTRACEUTICI PER IL TRATTAMENTO DELL’IPERCOLESTEROLEMIA Nutraceuticals for the treatment of hypercholesterolemia Position statement of the Italian Society of Diabetology (SID) and the Italian Society for the Study of Atherosclerosis (SISA) ANGELA A. RIVELLESE 1 , MATTEO PIRRO 2 1 Delegato SID, Dipartimento di Medicina Clinica e Chirurgia, Università degli Studi di Napoli “Federico II”; 2 Delegato SISA, Unità di Medicina Interna, Dipartimento di Medicina, Università degli Studi di Perugia Con la collaborazione di: Cristina Bianchi (SID), Claudia Vetrani (SID), R. Mannarino (SISA), Franco Bernini (SISA)

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SUMMARYHypercholesterolemia is a major risk factor for cardiovascular morbidity and mortality. There is a large body of evidence showing that LDL cholesterol reduction is associated with a significant reduction in the risk of cardiovascular events, both in primary and secondary prevention.Treatment strategies to achieve optimal LDL cholesterol levels include both interventions on lifestyle and pharmacological measures. The initial therapeutic approach to patients with hypercholesterolemia includes a low dietary intake of cholesterol, saturated and “trans” fats and an increase in dietary fiber, associated with physical activity. However, patients compliance to these recommendations is often inadequate, especially in the medium to long term. In addition, some dietary components with putative cholesterol-lowering activities are present in small or functionally insignificant amounts in food. Therefore, in recent years the use of “nutraceuticals” (i.e., nutrients and/or bioactive compounds with potential beneficial effects on human health) has become widespread. Such substances may be added to foods and beverages, or taken in the form of dietary supplements (liquid preparations, tablets, capsules).A growing number of nutraceuticals with some cholesterol-lowering activity have been proposed; however, scientific research regarding some of them has produced conflicting results and was flawed by relevant methodological limitations. The cholesterol-lowering activity of some nutraceuticals (i.e., fiber, phytosterols, soy products, policosanol, red yeast rice and berberine) will be discussed along with: 1) the level of evidence on the cholesterol-lowering effectiveness emerging from interventional studies in humans; 2) the possible side effects and risks associated with their use; 3) the categories of patients who would benefit from their use.

Keywords: nutraceuticals, fiber, phytosterols, soy, policosanol, red yeast rice, berberine, cardiovascular risk, cholesterol.

Giornale Italiano dell’Arteriosclerosi 2016; 7 (2): 3-29

Position statement della società italiana di diabetologia (sid) e della società italiana Per lo studio della arteriosclerosi (sisa)

nutraceutici Per il trattamento dell’iPercolesterolemianutraceuticals for the treatment of hypercholesterolemiaPosition statement of the italian society of diabetology (sid) and the italian society for the study of atherosclerosis (sisa) angela a. rivellese1, matteo Pirro2

1Delegato SID, Dipartimento di Medicina Clinica e Chirurgia, Università degli Studi di Napoli “Federico II”;2Delegato SISA, Unità di Medicina Interna, Dipartimento di Medicina, Università degli Studi di Perugiacon la collaborazione di: cristina bianchi (sid), claudia vetrani (sid), r. mannarino (sisa), Franco bernini (sisa)

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Angela A. Rivellese, Matteo Pirro et al.

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introduzione

La presenza di elevati livelli plasmatici di colesterolo si accompagna ad un incremen-to significativo della morbilità e mortalità cardiovascolare, tanto che l’ipercolesterole-mia è annoverata tra i fattori di rischio car-diovascolare maggiori (1). Numerosi studi prospettici concordano nel documentare una relazione diretta ed indipendente tra colesterolemia e rischio cardiovascolare (2, 3). Tale relazione appare essere lineare, senza evidenza di un livello soglia al di so-pra o al disotto del quale si osservi una va-riazione rilevante della pendenza della retta che descrive la relazione tra colesterolemia e rischio cardiovascolare (1-3).

La riduzione del colesterolo LDL, sia in prevenzione primaria che secondaria, si associa ad una significativa riduzione del rischio di eventi cardiovascolari (4). Nu-merose evidenze dimostrano che l’entità della riduzione del rischio cardiovascolare associata alla riduzione dei livelli circolanti di colesterolo LDL è funzione diretta dei livelli di colesterolo LDL pre-trattamento, del livello di rischio globale del paziente e della precocità dell’intervento ipocoleste-rolemizzante (5-7). In aggiunta, i trials cli-nici di intervento con statine e, più recen-temente con ezetimibe, hanno avvalorato l’ipotesi secondo cui la riduzione del cole-sterolo LDL produce innegabili benefici in termini di prevenzione di eventi cardiova-scolari e che il beneficio più rilevante si ot-tiene nei pazienti che raggiungono valori più bassi di colesterolo LDL (8, 9).

Da quanto detto si evince che l’inten-sità dell’azione terapeutica ipocoleste-rolemizzante deve essere adeguata non solo rispetto al valore assoluto iniziale della colesterolemia, ma anche al livello di rischio cardiovascolare globale del pa-ziente, quest’ultimo stimato con specifici algoritmi o carte del rischio (1). Inoltre, maggiore è il livello di rischio del pazien-te, più ambizioso dovrà essere l’obiettivo terapeutico da raggiungere per il coleste-rolo LDL (1).

Se è vero che la calibrazione dell’inten-sità dell’intervento terapeutico ipocoleste-rolemizzante in funzione dell’obiettivo da raggiungere costituisce un elemento di utilità clinica, analogamente, tempestività e precocità di trattamento costituiscono elementi chiave dell’intervento ipocoleste-rolemizzante. Quest’ultima affermazione deriva da alcune considerazioni:1) il rischio cardiovascolare legato alla

colesterolemia è funzione dell’esposi-zione temporale cumulativa ai livelli circolanti di colesterolo (10);

2) esistono modelli genetici umani di ipo-colesterolemia (es. mutazioni con per-dita di funzione del gene che codifica per PCSK9) che si accompagnano a bassi livelli di colesterolo LDL sin dal-la nascita, che producono riduzioni del rischio di eventi cardiovascolari ecce-denti di gran lunga quelle attese in fun-zione del livello assoluto di colesterolo plasmatico (11);

3) la precocità della prescrizione farma-cologica ipocolesterolemizzante si ac-compagna ad una maggiore persisten-za terapeutica (12) e, soprattutto nei pazienti a maggior rischio, ad una più efficace prevenzione del rischio cardio-vascolare (7, 13).Le strategie terapeutiche per il rag-

giungimento di valori ottimali di coleste-rolo LDL prevedono sia interventi sullo

Indirizzo per la corrispondenzaMatteo PirroUnità di Medicina Interna, Dipartimento di MedicinaUniversità degli Studi di PerugiaOspedale “Santa Maria della Misericordia”Piazzale Menghini, 1 - 06156 PerugiaE-mail: [email protected]

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Nutraceutici per il trattamento dell’ipercolesterolemia

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stile di vita che interventi farmacologici. Infatti, l’approccio terapeutico iniziale al paziente con ipercolesterolemia prevede innanzitutto l’attuazione di misure di in-tervento non farmacologiche (1). Una die-ta corretta, che preveda un basso apporto di grassi saturi, di acidi grassi “trans” e di colesterolo ed un aumento dell’apporto di fibre alimentari, oltre che la prescrizione di un programma di esercizio fisico coe-rente alle possibilità di svolgimento dello stesso si accompagnano a riduzioni più o meno rilevanti del colesterolo LDL ed un effetto favorevole su altri fattori di rischio cardiovascolare. L’intervento sullo stile di vita è necessario non solo come approccio iniziale, ma anche allorquando si ravvisi l’opportunità di somministrare farmaci ipocolesterolemizzanti.

Per quanto riguarda l’intervento diete-tico, è doveroso sottolineare alcuni aspetti che spesso ne limitano l’efficacia: la com-pliance da parte dei pazienti è spesso insod-disfacente e gravata da un elevato tasso di ridotta persistenza a medio-lungo termine (14); in aggiunta, alcuni componenti della dieta con possibile o provata azione ipoco-lesterolemizzante sono presenti in quantità modesta o funzionalmente insignificante negli alimenti. Per tali motivi, negli ultimi anni si è diffusa la possibilità dell’utilizzo dei “nutraceutici”. I nutraceutici sono nu-trienti e/o composti bioattivi presenti talora in alcuni alimenti, spesso di origine vegeta-le o microbica, con possibili effetti benefici sulla salute dell’uomo, se assunti in quanti-tà nettamente superiore a quella presente negli alimenti stessi e che, quindi, devono essere addizionati a questi ultimi e/o as-sunti sotto forma di integratori alimentari (formulazioni liquide, compresse, capsule).

Ad oggi, si conta un numero sempre crescente di nutraceutici con presunta azione ipocolesterolemizzante e la ricerca scientifica a riguardo ha prodotto per alcu-

ni di essi dati contrastanti, non completa-mente chiari e spesso con limiti metodolo-gici di rilievo.

Questo documento si propone di valu-tare per i principali nutraceutici ad azione ipocolesterolemizzante (fibre, fitosteroli, derivati della soia, policosanoli, riso rosso fermentato e berberina):1) il livello di evidenza circa l’efficacia ipo-

colesterolemizzante dedotta da studi di intervento effettuati nell’uomo;

2) i possibili effetti collaterali ed i rischi legati al loro impiego;

3) le categorie di pazienti che potrebbero beneficiarne.

Fibra

La fibra alimentare è costituita dalle parti edibili dei vegetali che sfuggono alla digestione nell’intestino tenue dell’uomo e transitano integre nell’intestino crasso. Essa include i polisaccaridi non amilacei (cellulosa, emicellulosa, gomme, pectine), gli oligosaccaridi (inulina, frutto-oligosac-caridi) e la lignina.

Da un punto di vista funzionale, la fibra ali-mentare può essere suddivisa in 4 classi (15): 1) fibra insolubile, poco fermentescibile

(crusca). Fibra non solubile in acqua scarsamente fermentata a livello inte-stinale; può avere un effetto lassativo di tipo meccanico;

2) fibra solubile, non viscosa, che fermen-ta rapidamente (inulina, destrina, oligo-saccaridi). Fibra solubile in acqua che non determina nessun aumento di vi-scosità; rapidamente e completamente fermentata dal microbiota intestinale. Può avere un effetto prebiotico ma non ha effetto lassativo;

3) fibra solubile viscosa, che fermenta rapidamente (β-glucano, gomma guar, pectina). Forma un gel viscoso in ac-qua che aumenta la viscosità del chimo

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rallentando, di conseguenza, l’assorbi-mento dei nutrienti. Inoltre, viene fer-mentata rapidamente a livello intestina-le, perdendo cosi l’effetto lassativo;

4) fibra solubile viscosa non fermentescibi-le (psyllium, metilcellulosa). Riduce l’as-sorbimento dei nutrienti grazie alla sua viscosità e può avere un effetto lassativo.L’effetto ipocolesterolemizzante della

fibra è associato in primo luogo alla sua viscosità. Infatti, le fibre viscose solubili in acqua formano un gel che lega gli aci-di biliari nell’intestino tenue e aumenta la loro escrezione nelle feci. Il colesterolo è un componente importante della bile, e di conseguenza, l’aumentata escrezione di acidi biliari induce un maggiore utilizzo del colesterolo per la produzione epatica di bile. Più alta è la viscosità della fibra, maggiore è il suo potenziale ipocolestero-lemizzante (16, 17).

Inoltre, è stato suggerito un possibile meccanismo indiretto esercitato dai pro-dotti della fermentazione intestinale della fibra, noti come acidi grassi a corta catena (SCFA), che possono esercitare effetti fa-vorevoli sul metabolismo lipidico (18).

Studi osservazionali hanno mostrato che il consumo abituale di fibra alimenta-re si associa alla riduzione del rischio car-diovascolare (19, 20). In particolare, per ogni incremento di 10 g/die del consumo di fibra, specialmente da cereali integrali e frutta, è stata osservata una riduzione del 14% del rischio di eventi coronarici e del 27% di morte per malattia coronarica (21). Tale associazione può essere spiegata da-gli effetti metabolici delle fibre, in primis quello ipolipemizzante.

Numerosi studi di intervento hanno va-lutato l’effetto del consumo di fibra sulla riduzione delle concentrazioni dei lipidi plasmatici. È noto che una dieta ricca in fibre, derivate soprattutto da legumi, frut-ta e verdura, induce una riduzione sia del

colesterolo totale sia della frazione legata alle LDL (22-24).

Per quanto riguarda l’effetto dei cere-ali integrali, l’evidenza è ancora limitata e piuttosto controversa.

Sulla base delle evidenze riportate, da molti anni viene raccomandato un consumo di fibre di circa 35 g/die per la prevenzione delle malattie cardiovascolari. Tuttavia, in tutto il mondo l’assunzione di fibre è infe-riore alla dose giornaliera raccomandata (25-27); questo accade anche nei paesi del Mediterraneo, abituati almeno nel passato, ad un maggior consumo di fibre (26, 27).

Pertanto, negli ultimi anni sempre più interesse è stato rivolto allo studio dell’ef-fetto ipocolesterolemizzante del consumo di singole fibre aggiunte alla dieta abitua-le. Le principali evidenze derivanti da studi di intervento randomizzati e controllati e da metanalisi di questi studi sono riporta-te nella tabella 1. Nel complesso i risultati mostrano che la supplementazione dieteti-ca con fibre quali, β-glucano d’avena (28, 29), psyllium (28, 30, 31), pectine (28), gomma guar (28) chitosano (32), gluco-mannano (33) e idrossipropilmetilcellulo-sa (34, 35), riduce in maniera significativa le concentrazioni di colesterolo LDL in soggetti sani, in pazienti ipercolesterole-mici ed in quelli affetti da diabete mellito. Tale riduzione si osserva anche negli studi che hanno valutato l’effetto della supple-mentazione di fibra in aggiunta alla terapia farmacologica ipocolesterolemizzante con statine, alcuni dei quali sono stati effettuati per un periodo abbastanza lungo (6 mesi).

L’effetto ipocolesterolemizzante delle specifiche fibre si colloca in un range che va dal 4% (chitosano) al 14% (gomma guar) in relazione alle dosi medie utilizzate nei diver-si studi. È da sottolineare che questo effetto può essere maggiore se la dose di fibra uti-lizzata è più alta e che anche a dosi elevate non si osservano effetti collaterali di rilievo.

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Nutraceutici per il trattamento dell’ipercolesterolemia

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tabella 1 - Principali evidenze derivanti da studi di intervento randomizzati e controllati (rct) nell’uomo sull’effetto ipolipemizzante dei diversi tipi di fibra.

Fibra tipo di studio

soggetti(numero, tipo)

dose media(range)

durata media(range) effetti osservati ref.

β-glucano (avena)

Metanalisi di 25 RCT

n: 1600SaniIpercolesterolemia Diabete mellito

5,0 g/die (2-30 g/die)

6 settimane(2-12 settimane)

↓C-LDL: -6,2 mg/dlNo effetto su TG e C-HDL

(28)

Metanalisi di 28 RCT

n: 2529SaniIpercolesterolemia Diabete tipo 2

(3-12,4 g/die) 2-12 settimane ↓C-LDL: -9,6 mg/dlNo effetto su TG e C-HDL

(29)

Psillyum Metanalisi di17 RCT

n: 757SaniIpercolesterolemia

9,1 g/die (2-30 g/die)

7 settimane(2-56 settimane)

↓C-LDL: -10 mg/dlNo effetto su TG e C-HDL

(28)

Metanalisi di 21 RCT

n: 1717Ipercolesterolemia

(3-20 g/die) (2-26 settimane) ↓C-LDL: -11 mg/dlNo effetto su TG

(30)

RCT n: 187Ipercolesterolemia in terapia farmacologica

14 g/die 8 settimane ↓C-LDL: -11 mg/dl (-6%)↓TG: -20 mg/dl (-17%)No effetto su C-HDL

(31)

Pectina Metanalisi di 7 RCT

n: 277SaniIpercolesterolemia Diabete mellito

4,7 g/die (2-30 g/die)

5 settimane(4-6 settimane)

↓C-LDL: -9,9 mg/dlNo effetto su TG e C-HDL

(28)

Gomma guar

Metanalisi di 18 RCT

n: 356SaniIpercolesterolemia Diabete mellito

17,5 g/die (2-30 g/die)

66 giorni(4-24 settimane)

↓C-LDL: -22 mg/dlNo effetto su TG e C-HDL

(28)

Chitosano Metanalisi di 9 RCT

n: 1219Sani

3,7 g/die (0,24-15 g/die)

8.3 settimane (4-24 settimane)

↓C-LDL: -6,2 mg/dl↑C-HDL: 1,2 mg/dl↓TG: -11 mg/dl

(32)

Gluco-mannano

Metanalisi di 14 RCT

n: 531SaniIpercolesterolemia Diabete mellito

(1,2-15,1 g/die) (3-16 settimane) ↓C-LDL: -16 mg/dl↓TG: -11 mg/dlNo effetto su C-HDL

(33)

HPMC RCT n: 52Ipercolesterolemia

A: 5 g/dieB: 15 g/die

8 settimane A: ↓C-LDL: -14 mg/dl No effetto su TG

e C-HDLB: ↓C-LDL: -14 mg/dl No effetto su TG

e C-HDL

(34)

RCT n:13Ipercolesterolemia in terapia farmacologica

5 g/die 4 settimane ↓C-LDL: (-10%)No effetto su TG e C-HDL

(35)

↑: aumento, ↓: riduzione, C-HDL: colesterolo HDL, C-LDL: colesterolo LDL, HPMC idrossipropilmetilcellulosa, TG: trigliceridi.

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L’effetto delle fibre sui trigliceridi e sul-la frazione di colesterolo legata alle HDL è meno chiaro (Tabella 1), sebbene alcuni studi suggeriscano un loro possibile effet-to nel ridurre la trigliceridemia postpran-diale (36, 37); sono necessari ulteriori stu-di di intervento randomizzati, controllati e disegnati ad hoc per fornire una risposta chiara sull’efficacia della fibra alimentare nella variazione di questi due importanti parametri lipidici.

In aggiunta a quanto detto, è da sottoli-neare che le fibre hanno effetti favorevoli anche su altri parametri, quali la glicemia, l’insulinemia, la pressione arteriosa ed il peso corporeo (18).

Sulla base dei risultati di questi studi, le fibre riportate nella tabella 2 sono state og-getto di un claim da parte della Food and Drug Administration (FDA) (β-glucano e psyllium) e dell’Agenzia Europea per la Sicu-rezza Alimentare (EFSA) (β-glucano, chito-sano, glucomannano, gomma guar, idrossi-propilmetilcellulosa e pectine) per il mante-nimento di livelli ottimali di colesterolo.

In conclusione, il consumo abituale di fibra, soprattutto di tipo viscoso, riduce le concentrazioni di colesterolo LDL. In caso di difficoltà a raggiungere un apporto ade-guato di fibra con la sola dieta, l’utilizzo di fibra aggiunta agli alimenti (cibi addizio-nati in fibra) o di integratori contenenti

tabella 2 - claim approvati da eFsa e Fda sui principali nutraceutici con attività ipocolesterolemizzante.

nutraceutico dose efficace valutata nel claim eFsa Fda

Fibra:

β-glucano* ≥3 g/die Riduzione del C-LDL Riduzione del C-LDLRiduzione rischio CHD

Chitosano 3 g/die Mantenimento di livelli normali di C-LDL

-

Glucomannano 4 g/die Mantenimento di livelli normali di C-LDL

-

Gomma guar 10 g/die Mantenimento di livelli normali di C-LDL

-

HPMC 5 g/die Mantenimento di livelli normali di C-LDL

-

Pectine 6 g/die Mantenimento di livelli normali di C-LDL

-

Psyllium ≥7 g/die - Riduzione del C-LDL

Fitosteroli 3 g/die Riduzione del C-LDL Riduzione del C-LDL

Derivati della soia 25 g/die - Riduzione del rischio CV

Policosanoli - - -

Riso rosso fermentato 10 mg/die di monacolina K

Mantenimento di livelli normali di C-LDL

La monacolina K è soggetta alle restrizioni vigenti per la lovastatina

Berberina - - -

*da avena e orzo, CHD: malattia coronarica, C-LDL: colesterolo LDL, CV: cardiovascolare, HPMC: idrossipropilmetilcellulosa.

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Nutraceutici per il trattamento dell’ipercolesterolemia

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fibra (capsule, estratti) può rappresentare una valida strategia per ottenere un effetto ipocolesterolemizzante e, di conseguenza, una possibile riduzione del rischio cardio-vascolare. Non sono stati registrati effetti

collaterali di rilievo legati ad un eccessivo introito di fibra (38, 39), ad esclusione di sintomi da disconfort intestinale (gonfiore, flatulenza, meteorismo) (39). Pertanto, va-lutando i possibili vantaggi e svantaggi, e

tabella 3 - vantaggi, svantaggi e possibili indicazioni dei nutraceutici con azione ipocolesterolemizzante.

vantaggi svantaggi Possibili indicazioni

Fibra - Riduzione C-LDL 4-14%

- Effetti su altri fattori di rischio CV

- Costo relativamente basso

Disconfort intestinale per dosaggi eccessivi - Popolazione generale che non riesce ad aumentare l’apporto di fibra con la sola dieta

- Pazienti con ipercolesterolemia lieve e rischio CV non elevato*

- Pazienti con ipercolesterolemia lieve e sindrome metabolica

Fitosteroli - Riduzione C-LDL 8-10%

- Nessuna interazione con i farmaci ipolipemizzanti

- Acquisto autonomo da parte del paziente e rischio di mancata supervisione medica

- Possibile iperassunzione con conseguente rischio di ridotto assorbimento delle vitamine liposolubili

- Costo elevato

- Pazienti con ipercolesterolemia lieve e rischio CV non elevato*

- Pazienti intolleranti a più statine

- In aggiunta alla terapia farmacologica per pazienti che non raggiungono livelli ottimali di C-LDL

Derivati della soia

- Riduzione C-LDL 4-13%

- Acquisto autonomo da parte del paziente- Rischio allergie- Costo elevato

- Popolazione generale- Pazienti con ipercolesterolemia

lieve e rischio CV non elevato*

Riso rosso fermentato

- Riduzione C-LDL 16-25%

- Buon profilo di tollerabilità

- Riduzione del rischio CV

- Variabilità di composizione e purezza dei prodotti da banco

- Acquisto autonomo del paziente e rischio di mancata supervisione medica

- Costo superiore rispetto a statina generica

- Possibili effetti collaterali a dosi elevate

- Pazienti con ipercolesterolemia lieve-moderata e rischio CV non elevato**

Berberina§ - Riduzione C-LDL 20%- Maggiore profilo di

tollerabilità nel paziente intollerante a statine

- Effetto favorevole su TG, C-HDL e glicemia

- Variabilità di assorbimento intestinale- Acquisto autonomo del paziente

e rischio di mancata supervisione medica- Costo superiore rispetto a statina

generica

- Pazienti con ipercolesterolemia lieve-moderata e rischio CV non elevato***

- Pazienti con ipercolesterolemia lieve e sindrome metabolica†

- Pazienti intolleranti a più statine

- Pazienti che non raggiungono livelli ottimali di C-LDL con la terapia farmacologica

*pazienti in cui sia richiesta una riduzione del colesterolo LDL non superiore al 10-15%, **pazienti in cui sia richiesta una riduzione del colesterolo LDL non superiore al 20-25%, ***pazienti in cui sia richiesta una riduzione del colesterolo LDL non superiore al 20%, §studi effettuati pressoché esclusivamente solo nella popolazione asiatica e quindi, non facilmente trasferibili ad altre popolazioni, †Anche in associazione a statina in pazienti con modesto incremento della trigliceridemia e/o della glicemia, C-HDL: colesterolo HDL, C-LDL: colesterolo LDL, CV: cardiovascolare; TG: trigliceridi.

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considerando il costo non molto elevato, l’uso di tali componenti può essere utile (Tabella 3): - nella popolazione generale che non rie-

sce ad aumentare l’apporto di fibra con la sola dieta;

- nei pazienti con ipercolesterolemia lieve e rischio cardiovascolare non elevato;

- nei pazienti con ipercolesterolemia lie-ve e sindrome metabolica.

Fitosteroli

I fitosteroli e i loro derivati esterificati (stanoli) sono componenti bioattivi di ori-gine vegetale che presentano una struttura chimica molto simile a quella del colesterolo e che vengono assorbiti in quantità molto li-mitata (0,5-2% per gli steroli e 0,04-0,2% per gli stanoli). Si trovano in natura in piccole quantità in alimenti di origine vegetale (frut-ta, verdura, noci, semi, cereali, legumi e oli vegetali) e il loro consumo medio nella dieta è di circa 300 mg/die, ma può essere più alto nei soggetti vegetariani (600 mg/die) (40).

Il meccanismo alla base dell’effetto ipocolesterolemizzante dei fitosteroli è da ricondurre alla loro omologia di struttura con il colesterolo. Infatti, a livello intesti-nale, i fitosteroli competono con il coleste-rolo, sia quello di origine alimentare che quello di derivazione biliare, sostituendolo nelle micelle e limitandone, di conseguen-za, l’assorbimento. In seguito, vengono traghettati nuovamente nel lume intesti-nale ad opera dei trasportatori ABCG5 e ABCG8 ed escreti con le feci (41).

Studi trasversali hanno mostrato un’as-sociazione inversa tra consumo di fitoste-roli di origine naturale e livelli di coleste-rolo LDL (42-44).

In linea con questi risultati, le eviden-ze derivanti da diversi studi di intervento randomizzati e controllati e da metanalisi di tali studi mostrano che il consumo di

prodotti contenenti fitosteroli riduce in maniera significativa le concentrazioni di colesterolo totale e della frazione legata alle LDL di circa 12 mg/dl (~ 8-10%), sia in soggetti sani che in soggetti con ipercole-sterolemia (45-51) (Tabella 4). Tale entità di riduzione è stata rilevata anche in una metanalisi di studi di intervento condotti in pazienti diabetici (52) (Tabella 4).

Anche per i fitosteroli, l’effetto sui tri-gliceridi e sul colesterolo-HDL è poco chiaro. Infatti, gli studi clinici presenti in letteratura forniscono risultati contrastan-ti e le evidenze derivanti da metanalisi non mostrano effetti significativi della supple-mentazione di fitosteroli su questi parame-tri biochimici (47, 51-53) (Tabella 4).

L’effetto ipocolesterolemizzante dei fitosteroli sembra essere maggiore nei pazienti con livelli di colesterolo LDL pla-smatico >160 mg/dl (45-48). Nei pazienti affetti da ipercolesterolemia familiare, sembra che l’efficacia ipocolesterolemiz-zante dei fitosteroli sia maggiore nei sog-getti eterozigoti rispetto a quelli omozigoti (54). Non sono state descritte interazioni negative di questi composti bioattivi con i principali farmaci ipolipemizzanti (statine, ezetimibe, fibrati). Inoltre, sembra esserci un effetto ipocolesterolemizzante additivo quando i fitosteroli vengo assunti in asso-ciazione alle statine e all’ezetimibe (40).

L’efficacia del consumo di fitosteroli è dose dipendente per dosi somministrate <3 g/die; al di sopra di questa dose si osserva un effetto plateau, ovvero non sembra esser-ci un ulteriore effetto significativo sul cole-sterolo LDL. Inoltre, le evidenze scientifiche mostrano che non ci sono differenze di effi-cacia tra steroli e stanoli vegetali fino ad un consumo di 2 g/die (55), che rappresenta la dose di fitosteroli raccomandata dalle princi-pali società scientifiche (1, 56-58).

Difficilmente la dieta, anche se completa-mente vegetariana, garantisce un consumo

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soddisfacente di fitosteroli; pertanto, i fito-steroli vengono impiegati per arricchire ali-menti e bevande (più frequentemente mar-garine, yogurt da bere, formaggi spalmabili ma anche prodotti da forno) o entrano a fare parte dei costituenti di alcuni integratori.

Se i fitosteroli vengono utilizzati alle dosi raccomandate non presentano effetti collaterali di rilievo. Un eccessivo consumo di fitosteroli può associarsi, invece, ad un deficit di assorbimento delle vitamine lipo-solubili; pertanto, è necessario consigliare al paziente che consuma fitosteroli il con-sumo di una dieta ricca di questi composti.

È da sottolineare, inoltre, l’esistenza di una rara malattia autosomica recessi-va da accumulo di fitosteroli, nota come

β-sitosterolemia. Tale patologia, causa-ta da mutazioni dei geni codificanti per i trasportatori intestinali ABCG5 o ABCG8, induce un’alterata eliminazione dei fito-steroli ed un loro maggiore assorbimen-to. Tale condizione patologica è associata alla presenza di grave ipercolesterolemia, allo sviluppo precoce di placche ateroscle-rotiche e ad un aumento della morbilità e della mortalità cardiovascolare (59). La β-sitosterolemia può presentarsi in forma di omozigosi o eterozigosi. La forma omo-zigote si manifesta in età pediatrica ed è caratterizzata da un iperassorbimento di tutti gli steroli; l’eterozigosi, invece, non presenta alcuna sintomatologia e può tol-lerare l’introito di steroli con la dieta. Non

tabella 4 - Principali evidenze derivanti da studi di intervento randomizzati e controllati (rct) nell’uomo sull’effetto ipolipemizzante dei fitosteroli.

tipo di studio

soggetti(numero, tipo)

dose media(range)

durata media(range)

effetti osservati ref.

Metanalisi di 49 RCT

n: >4500SaniIpercolesterolemia

(0,3-9 g/die) (3-26 settimane) ↓C-LDL: -12 mg/dl (46)

Metanalisi di 20 RCT

n: 1273SaniIpercolesterolemia

2,08 g/die(0,45-3,2 g/die)

(2-52 settimane) ↓C-LDL: -14 mg/dl (6-15%)No effetto su TG e C-HDL

(47)

Metanalisi di 84 RCT

n: 6805SaniIpercolesterolemia

2,15 g/die (0,45–9 g/die)

(21-182 giorni) ↓C-LDL: -13 mg/dl (-8,8%) (48)

Metanalisi di 41 RCT

n: 2084SaniIpercolesterolemia

1,6 g/die(0,3-3,2 g/die)

28 giorni (21-315 giorni)

↓C-LDL: -13 mg/dl (- 8,5%)No effetto su C-HDL

(49)

Metanalisi di 124 RCT

SaniIpercolesterolemia

2,1 g/die (0,2-9 g/die)

almeno 2 settimane ↓C-LDL: -6-12% (50)

Metanalisi di 6 RCT*

n: 453Ipercolesterolemia fa-miliare

(1,6-2 g/die) (4-8 settimane) ↓C-LDL: -25 mg/dlNo effetto su TG e C-HDL

(51)

Metanalisi di 5 RCT

n: 148Diabete mellito

(1,8-3 g/die) (3-12 settimane) ↓C-LDL: -12 mg/dlNo effetto su TG e C-HDL

(52)

Metanalisi di 12 RCT

n: 935Ipercolesterolemia

(0,8-4 g/die) (3-4 settimane) ↓ TG: -11 mg/dl (-6%)No effetto su C-HDL

(53)

*2 studi con supplementazione di stanoli e 5 studi con supplementazione di steroli, ↑: aumento, ↓: riduzione, C-HDL: colesterolo HDL, C-LDL: colesterolo LDL, TG: trigliceridi.

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è nota la dose soglia oltre la quale il consu-mo di fitosteroli sia dannosa per i soggetti eterozigoti, ma è stato dimostrato che non ci sono effetti collaterali per un consumo abituale di 2 g/die.

Alla luce di queste evidenze, la FDA e l’EFSA hanno formulato un claim per la ri-duzione del colesterolo LDL mediato dai fi-tosteroli (Tabella 2). In particolare, l’EFSA raccomanda di non eccedere la dose di 3 g/die e suggerisce che i pazienti in tratta-mento farmacologico con ipolipemizzanti dovrebbero consumare il prodotto sotto la supervisione del medico. Inoltre, L’FDA ha formulato l’health claim per la riduzione del rischio di malattia coronarica per una dose di fitosteroli fino a 3,4 g/die.

In conclusione, in accordo con le prin-cipali società scientifiche internazionali (1, 56-58), il consumo abituale di 2 g/die di fitosteroli può essere utile al fine di ottene-re una riduzione del colesterolo LDL del 8-10% (Tabella 3): - nei pazienti con ipercolesterolemia lie-

ve e rischio cardiovascolare non eleva-to nei quali non sia ancora indicata una terapia farmacologica;

- nei pazienti già in terapia farmacologi-ca che non riescano a raggiungere livel-li adeguati di colesterolo LDL;

- nei pazienti intolleranti alle statine. Come per la maggior parte dei nutra-

ceutici bisogna considerare il costo eleva-to, soprattutto in considerazione del fatto che, per mantenere gli effetti sul coleste-rolo LDL, è necessario che tale supple-mentazione sia costante e continuativa nel tempo (Tabella 3).

soia

La soia (Glycine max) è una pianta le-guminosa originaria dell’Asia orientale, coltivata per i suoi semi ricchi di proprietà nutritive. Pur essendo un legume ricco di

proteine (36-46%, in relazione alla varie-tà), lipidi (18%), carboidrati solubili (15%) e fibre (15%), si distingue profondamente dagli altri legumi per le sue peculiarità ri-guardanti sopratutto la qualità delle pro-teine, ad elevato contenuto di aminoacidi essenziali. La soia contiene, inoltre, nume-rosi micronutrienti quali lecitina (0,5%), steroli (0,3%), isoflavoni (0,1%), tocoferoli (0,02%) e livelli molto bassi di tocotrienoli, sfingolipidi e lignani (60). I vantaggi nutri-zionali ed i benefici sulla salute della soia sono stati studiati per molti anni, parten-do da osservazioni epidemiologiche che suggeriscono una relazione inversa tra il consumo di soia e il rischio di malattie cardiovascolari. L’effetto ipocolesterole-mizzante della soia viene solitamente attri-buito agli isoflavoni, associati alla frazione proteica. Gli isoflavoni sono una classe di fitoestrogeni capaci di legare il recetto-re degli estrogeni ed avere attività simil-estrogenica, influenzando così il metabo-lismo lipidico direttamente attraverso la modulazione della lipogenesi e della lipo-lisi, o indirettamente modulando l’appetito e il bilancio energentico (61). La quantità di isoflavoni varia ampiamente in relazione alla varietà di soia, alle condizioni di coltu-ra e soprattutto in relazione alle modalità di processazione della soia stessa (62). La soia integra, poco utilizzata nei paesi occi-dentali, contiene la più alta concentrazione di isoflavoni, la cui presenza si riduce pro-gressivamente con l’aumentare del grado di processazione della soia (62).

La riduzione della colesterolemia as-sociata al consumo di soia (63) potrebbe essere, però, dovuta ad un’azione sinergi-ca dei suoi vari costituenti. Infatti, ad essa potrebbe contribuire la riduzione dell’as-sorbimento intestinale del colesterolo da parte della lecitina (una classe naturale di fosfolipidi) e degli steroli della soia (il più rappresentato è il beta-sitosterolo, 60-65%)

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(60), ma anche l’aumentata escrezione di acidi biliari favorita dal β-glucano, con conseguente aumento del metabolismo e riduzione dell’assorbimento di colesterolo (64). Inoltre, le proteine della soia, in par-ticolare la β-conglicinina (globulina 7S) e la glicinina (globulina 11S), e i loro peptidi ottenuti mediante idrolisi a livello intesti-nale, potrebbero svolgere un azione ipo-

colesterolemizzante, soprattutto a livello epatico, attivando il recettore LDL (LDLR) (65, 66).

Una metanalisi di 38 studi condotti fra il 1967 e il 1994, ha concluso che l’impiego di proteine della soia è in grado di ridurre i livelli di colesterolo LDL del 12,9% (67). Questa osservazione ha portato nel 1999 ad un claim della FDA (Tabella 2) che sug-

tabella 5 - Principali evidenze derivanti da studi di intervento randomizzati e controllati (rct) nell’uomo sull’effetto ipolipemizzante della soia.

tipo di studio

soggetti(numero, tipo)

dose media(range)

durata media(range)

effetti osservati ref.

Metanalisidi 38 RCT

n: 743SaniIpercolesterolemia

Proteine soia 47 g/die (18-124 g/die)

- ↓C-LDL: -12.9%↓TG: -10,5%↑C-HDL: 2,4%

(67)

Metanalisidi 10 RCT

n: 959SaniIpercolesterolemia

Proteine soia (19-60 g/die)Isoflavoni (1-95 mg/die)

Almeno 14 giorni ↓C-LDL: -6,56 mg/dl↑C-HDL: 1,16 mg/dl

(69)

Metanalisidi 8 RCT

n: 639SaniIpercolesterolemia

Proteine soia (25-100 g/die)Isoflavoni (3-132 mg/die)

- ↓C-LDL: -5,79 mg/dl (70)

Metanalisidi 23 RCT

n: 1833SaniIpercolesterolemia

Isoflavoni (3-185 mg/die) (4-26 settimane) ↓C-LDL: -5,25%↓TG: -7,27%↑C-HDL: 3,03%

(71)

Metanalisidi 41 RCT

n: 1756SaniIpercolesterolemia

Proteine soia (20-106,2 g/die)Isoflavoni (2-192.4 mg/die)

(3-52 settimane) ↓C-LDL: -4,25 mg/dl↓TG: -6,26 mg/dl ↑C-HDL: 0,77 mg/dl

(72)

Metanalisidi 11 RCT

n: 430SaniIpercolesterolemia

Proteine soia (25-133 g/die)Isoflavoni (0-317,9 mg/die)

(3-14 settimane) ↓C-LDL: -4,98%↓TG: 0,69%↑C-HDL: 3,00%

(73)

Metanalisidi 30 RCT

n: 2913SaniIpercolesterolemia

Proteine soia 26,9 g/die(15-40 g/die)

(4-52 settimane) ↓C-LDL: -8,88 mg/dl (~6%)↓TG: -7,70 mg/dl↑C-HDL: 2,74 mg/dl

(74)

Metanalisidi 43 RCT

SaniIpercolesterolemia

Proteine soia <65 g/die (4-18 settimane) ↓C-LDL: da -4,2 a -5,5%↓TG: -10,7% ↑C-HDL: 3,2%

(75)

Metanalisidi 8 RCT

n: 183Diabete mellito tipo 2

Proteine soia (30-111 g/die)Isoflavoni (0-132 mg/die)

(6-208 settimane) ↓C-LDL: -11,6 mg/dl↓TG: -19,5 mg/dl↑C-HDL: 1,9 mg/dl

(76)

Metanalisidi 14 RCT

Ipercolesterolemia familiare

- - ↓C-LDL: -4,6 mg/dl↓TG: -22 mg/dl↑C-HDL: 2,7 mg/dl

(51)

↑: aumento, ↓: riduzione, C-HDL: colesterolo HDL, C-LDL: colesterolo LDL, TG: trigliceridi.

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geriva il consumo alimentare di 25 g/die di proteine della soia per favorire la ridu-zione del rischio cardiovascolare, anche in assenza di studi di intervento su endpoints cardiovascolari (68). Tuttavia, numerose metanalisi successive (51, 69-76) hanno dimostrato che la riduzione del colestero-lo LDL associato al consumo di proteine della soia è compresa fra il 4% e il 6% (Ta-bella 5). Nel 2012 l’EFSA ha nuovamente respinto un claim in favore degli effetti be-nefici della soia per mancanza di evidenza di una relazione causa-effetto (77), ma una recente valutazione dell’Health Canada ha evidenziato che nel 33% degli studi di intervento con proteine isolate e proteine concentrate della soia, si osserva una ri-duzione significativa del colesterolo LDL (78). Gli studi che si sono susseguiti negli ultimi anni hanno fornito risultati contrad-dittori sugli effetti ipocolesterolemizzanti della soia (77-81).

L’incoerenza dei dati osservati può ave-re numerose spiegazioni: la soia contiene differenti componenti bioattivi capaci di influenzare i livelli di colesterolo LDL, sebbene non sia del tutto chiaro quale di questi sia maggiormente responsabile dell’effetto ipocolesterolemizzante; dif-ferenze nel tipo, nella dose e nella dura-ta dell’integrazione con soia e le diverse popolazioni studiate, non rappresentative della popolazione generale, rendono diffi-cile il confronto fra gli studi e l’interpre-tazione dei risultati. Infine, non si deve dimenticare che il riscontro di una ridu-zione statisticamente significativa, ma di modestà entità, dei livelli di colesterolo LDL potrebbe non associarsi necessaria-mente ad un beneficio clinico rilevante, soprattutto in mancanza di dati di outcome cardiovascolare. Pertanto, la soia resta di per sè un cibo salutare e il suo impiego nella dieta dovrebbe essere incoraggiato, in quanto fonte abbastanza completa di

proteine vegetali, fibre, grassi insaturi, vi-tamine, minerali e fitonutrienti. Inoltre, i prodotti della soia possono essere un utile sostituto di cibi di origine animale, ricchi in grassi saturi e colesterolo. Sebbene, le evidenze in supporto di una integrazione con derivati della soia siano attualmente contradditorie per poter dare indicazioni precise, tale supplementazione potrebbe essere presa in considerazione in alcune tipologie di soggetti (Tabella 3):- nella popolazione generale;- nei pazienti con ipercolesterolemia lieve

e rischio cardiovascolare non elevato.

Policosanoli

I policosanoli (PCS) sono una misce-la di alcoli alifatici lineari a lunga catena (octacosanolo, tetracosanolo, esacosano-lo, ed altri) presenti nella cera d’api, nelle patate, nella crusca di riso e nella canna da zucchero (82). Il meccanismo attraver-so cui i PCS potrebbero ridurre il coleste-rolo non è stato ancora completamente chiarito, ma si suppone sia legato ad una riduzione dell’espressione cellulare del-la HMGCoA reduttasi con conseguente ridotta sintesi del colesterolo (83, 84). I PCS sono stati utilizzati come agenti ipo-lipemizzanti a Cuba fin dal 1991 e fino al 2004 tutte le pubblicazioni su riviste me-diche relative all’effetto ipocolesterole-mizzante dei PCS sono state prodotte da ricercatori dell’Havana (85-99), supportati dal medesimo sponsor. Questi studi ini-ziali (100, 101) hanno mostrato che i PCS derivati dalla canna da zucchero avevano un capacità di ridurre il colesterolo LDL superiore a quella degli steroli vegetali, simile alle statine ed una maggiore capa-cità di aumentare i livelli di colesterolo HDL rispetto a queste ultime, in assenza di effetti collaterali (Tabella 6). L’effet-to ipocolesterolemizzante sembrerebbe

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dose dipendente in un range compreso tra 2 e 40 mg/die. Più recentemente, gli effetti benefici dei PCS sulla colesterole-mia sono stati messi in discussione dalla pubblicazione di diversi studi randomizza-ti, controllati, condotti in Europa e negli USA, che non hanno documentato effetti benefici dei PCS sulla colesterolemia nelle diverse popolazioni studiate; la mancanza di efficacia ipocolesterolemizzante è stata documentata tanto per i PCS derivati dalla canna da zucchero e prodotti a Cuba (102, 103), quanto per quelli di origine differen-te (104, 105). Nel 2011 l’EFSA ha respin-to un claim in favore degli effetti benefici dei PCS per mancanza di evidenza di una relazione causa-effetto (106). Pertanto, fin quando non ci sarà dimostrazione concor-de di efficacia dei PCS da parte di gruppi di studio indipendenti, non è opportuno raccomandarne l’integrazione.

riso rosso fermentato

Il riso rosso fermentato (RRF) è un pro-dotto fermentato di riso usato per secoli in Cina per la preparazione del vino di riso, come esaltatore di sapidità, come coloran-te alimentare ed a scopo terapeutico come “coadiuvante della digestione e della circo-lazione” (107).

La fermentazione del riso rosso da par-te del lievito Monascus purpureus produce, tra le tante, una sostanza denominata mo-nacolina K, capace di inibire la HMGCoA reduttasi e quindi la sintesi di colesterolo, strutturalmente e funzionalmente analoga alla lovastatina (107, 108).

L’effetto ipocolesterolemizzante del RRF potrebbe essere solo in parte attribui-bile all’azione della monacolina K. Infatti, il RRF contiene almeno 10 diverse monaco-line, molte con presunta attività inibitoria

tabella 6 - Principali evidenze derivanti da studi di intervento randomizzati e controllati (rct) nell’uomo sull’effetto ipolipemizzante dei policosanoli.

tipo di studio

soggetti(numero, tipo)

dose media(range)

durata media(range)

effetti osservati ref.

Metanalisidi 30 RCT

Sani; Ipertesi;IpercolesterolemiaDiabete tipo 2

12 mg (5-40 mg) 29,6 settimane(4-104 settimane)

↓C-LDL: -23,7%↓TG: -12,45%;↑C-HDL: 10,6%

(101)

RCT IpercolesterolemiaIpercolesterolemia familiare

20 mg 12 settimane IperC: ↓C-LDL: -6% ↓C-HDL: -5,5%↑TG: 9,6% FH:↑C-LDL: 3% ↑C-HDL: 2,5%↓TG: -9.8%

(102)

RCT n: 143 IpercolesterolemiaDislipidemia mista

10 - 80 mg 12 settimane ↓C-LDL: da -2% a -9%↓TG: da 10% a -20%↑C-HDL: da 0,6%

a 4,6%

(103)

RCT n:40Ipercolesterolemia

20 mg 8 settimane ↓C-LDL: -7,7%↓TG: -1,3%↓C-HDL: -3,3%

(105)

↑: aumento, ↓: riduzione, C-HDL: colesterolo HDL, C-LDL: colesterolo LDL, TG: trigliceridi, Iper C: ipercolesterolemia, FH: ipercolesterolemia familiare.

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sulla HMG-CoA reduttasi. Inoltre, il RRF contiene β-sitosterolo e campesterolo, so-stanze in grado di limitare l’assorbimento intestinale del colesterolo, nonché fibre e niacina, capaci di esercitare anch’esse un effetto ipocolesterolemizzante (108, 109).

Diversi studi hanno dimostrato che il RRF risulta efficace e sicuro nel trattamen-to di pazienti con ipercolesterolemia lieve-moderata. Studi controllati contro placebo, anche di durata superiore a 4 anni, hanno dimostrato un effetto ipocolesterolemiz-zante del RRF, con una riduzione variabi-le del colesterolo totale dal 16% al 31% e del colesterolo LDL dal 22% al 32% (110). Nei diversi trials condotti, la dose giorna-liera di RRF è risultata essere variabile e con essa anche il contenuto in monacolina K dei diversi supplementi a base di RRF (Tabella 7); in alcuni dei trials in questione sono state impiegate dosi di monacolina K superiori a 10 mg/die.

Il primo studio prospettico controllato con placebo in doppio cieco eseguito nel-la popolazione americana è stato condotto nel 1999 (111). Pazienti con iperlipidemia

non trattata sono stati randomizzati a rice-vere 2,4 g al giorno di RRF o placebo per 12 settimane. Al termine dello studio, i livelli di colesterolo LDL sono risultati significa-tivamente diversi (p<0,001) tra i due grup-pi: rispetto alla rilevazione basale, i livelli di colesterolo LDL si sono ridotti di 39±19 mg/dL (22%) nel gruppo trattato con RRF e di 5±22 mg/dL (5%) nel gruppo placebo. Non sono stati segnalati eventi avversi nei due bracci di intervento (111). Numerosi altri trials clinici con RRF, inclusi in alcu-ne metanalisi (112-115), hanno mostrato risultati sovrapponibili in diverse popola-zioni di studio (Tabella 7). Ad esempio, in una metanalisi di tredici studi randomiz-zati controllati contro placebo (113) con-dotta in oltre 800 pazienti dislipidemici, si è visto che il RRF è risultato capace di ri-durre significativamente i livelli di coleste-rolo LDL (-34 mg/dL, 95% CI -28/-40 mg/dl; p<0,001) rispetto al placebo. Un dato di estrema rilevanza emerso da questa meta-nalisi è che l’effetto ipocolesterolemizzan-te del RRF non è risultato essere correlato alla dose od alla durata dell’intervento con

tabella 7 - Principali evidenze derivanti da studi di intervento randomizzati e controllati (rct) nell’uomo sull’effetto ipolipemizzante del riso rosso fermentato.

tipo di studio

soggetti(numero, tipo)

contenuto di monacolina K

durata media(range) effetti osservati ref.

Metanalisi di 93 RCT

n: 9625Dislipidemia

3-12,4 mg/die 8 settimane(4-24 settimane)

↓C-LDL: -28 mg/dl↓TG: -36 mg/dl C-HDL: +5,8 mg/dl

(112)

Metanalisi di 13 RCT

n: 804Dislipidemia

2-11,4 mg/die 12 settimane(4-24 settimane)

↓C-LDL: -34 mg/dl↓TG: -20 mg/dlNo effetto su C-HDL

(113)

Metanalisi di 20 RCT

n: 2811Dislipidemia, diabete tipo 2, CHD, ipertensione

4,8-24 mg/die 23 settimane4-168 settimane

↓C-LDL: -39 mg/dl↓TG: -23 mg/dl C-HDL: +2,7 mg/dl

(114)

Metanalisi di 21 RCT

n: 4558Ipertensione

(RRF 1.200-1.800 mg/die) 4-234 settimane ↓C-LDL: -24 mg/dl No effetto su TG e C-HDL

(115)

↑: aumento, ↓: riduzione, C-HDL: colesterolo HDL, C-LDL: colesterolo LDL, CHD: malattia coronarica, RRF: riso rosso fermentato, TG: trigliceridi

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il nutraceutico né si è accompagnato ad ef-fetti collaterali di rilievo.

Risultati sovrapponibili sono stati do-cumentati in altre metanalisi (112, 114, 115), nelle quali si conferma l’efficacia ipocolesterolemizzante del RRF ed il buon profilo di tollerabilità del nutraceutico. In particolare, la metanalisi di Gerards et al. (114) ha mostrato che l’incidenza di eventi avversi muscolari, epatici e renali è risulta-ta sovrapponibile tra il RRF ed il placebo; inoltre, gli autori, pur riconoscendo che i dati sulla sicurezza del RRF nei diversi trials inclusi nella metanalisi sono parziali, ribadiscono quanto già noto circa il mo-desto rilievo clinico dei rari ma possibili eventi avversi del RRF (114).

Diversi studi randomizzati hanno esa-minato il profilo di tollerabilità del RRF in pazienti che hanno interrotto o rifiutato il trattamento con statine. La tollerabilità del RRF è stata confrontata con quella della pravastatina in pazienti con una storia di mialgia da statina (116). I due gruppi di trattamento, entrambi con bassa prevalen-za di mialgie (5% nel gruppo RRF e 9% nel gruppo pravastatina) hanno ottenuto una riduzione sovrapponibile del colesterolo LDL (30% nel gruppo RRF e 27% nel grup-po pravastatina). In pazienti con dimostata intolleranza a più statine, l’intervento con 3,6 g/die di RRF ha portato ad una riduzio-ne della colesterolemia LDL del 27% rispet-to al placebo, con un profilo di tollerabilità sovrapponibile tra RRF e placebo (117). In particolare, i livelli di CPK e transaminasi e la scala del dolore non sono risultati dif-ferenti nei due gruppi di intervento. I mec-canismi che giustificano la riportata miglio-re tollerabilità del RRF non sono del tutto chiari. Ad oggi è stato condotto un trial di prevenzione secondaria finalizzato a valuta-re l’efficacia del RRF sul rischio di eventi cardiovascolari. Il China Coronary Secon-dary Prevention Study (118) è stato con-

dotto in una popolazione di 4.870 pazienti cinesi con pregresso infarto del miocardio ed ipercolesterolemia moderata, randomiz-zati a ricevere per 5 anni un estratto puri-ficato di RRF (5-6,4 mg di monacolina K), lo Xuenzhikang, o il placebo. L’intervento con RRF, oltre a promuovere una riduzio-ne del 20% dei livelli di LDL colesterolo, ha determinato una riduzione significativa del rischio di eventi coronarici del 45% rispet-to al placebo. Il trattamento con RRF ha ri-dotto significativamente la mortalità totale del 33%, la mortalità cardiovascolare del 30%, e la necessità di interventi di rivasco-larizzazione coronarica del 33%, a fronte di un profilo di tollerabilità sovrapponibile al placebo. L’effetto protettivo cardiovascola-re del RRF sembra essere avvalorato dalla dimostrazione che la sua somministrazione si accompagna ad un miglioramento della funzione endoteliale (119).

A sostegno del possibile impiego del RRF nel paziente con ipercolesterolemia, le linee guida europee per il trattamento delle dislipidemie, annoverano il RRF tra gli integratori dietetici con attività ipocole-sterolemizzante (1).

L’EFSA, in un claim del 2011, ha avva-lorato la relazione causa-effetto tra consu-mo di RRF e mantenimento di un’adeguata concentrazione di colesterolo LDL nella popolazione generale adulta; tale effetto sarebbe in relazione con un consumo di 10 mg/die di monacolina K. Per la mona-colina K si applicano le restrizioni cui è soggetta la lovastatina. La FDA nel 2007 ha affermato in un claim i potenziali rischi derivanti dall’acquisto in rete di alcuni pro-dotti contenenti RRF (ad esempio prodotti non autorizzati); dal 2007, la FDA non ha espresso ulteriori pareri in merito (Tabel-la 2). La sicurezza dei diversi preparati commerciali contenenti RRF è oggetto di dibattito. È emersa un’ampia variabilità di composizione tra i prodotti commerciali

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contenenti RRF (120): preparazioni com-merciali che riportavano in etichetta un contenuto pari a 600 mg di RRF per capsu-la, contenevano una quantità di monacoli-na K variabile tra 0,31 e 11,15 mg/capsula. Inoltre, in alcuni prodotti contenenti RRF è stata rilevata la presenza di citrinina (121), una micotossina con possibile tossicità a li-vello renale. Ciò suggerisce la assoluta ne-cessità di avvalersi di preparati contenenti RRF che, oltre a godere di una letteratura scientifica che confermi l’efficacia ipocole-sterolemizzante, diano garanzie di purezza e sicurezza del prodotto commercializzato.

Sulla base di quanto è ad oggi noto, le categorie di pazienti che maggiormente potrebbero beneficiare dell’utilizzo di pre-parati a base di RRF contenenti dosi di mo-nacolina K ≤10 mg/die sono (Tabella 3):- pazienti a rischio cardiovascolare lieve-

moderato con livelli di colesterolo LDL superiori rispetto agli obiettivi terepeu-tici raccomandati di non oltre il 20-25%, nonosante siano state attuate misure di trattamento dietetico e modifiche dello stile di vita.

berberina

La berberina (BBR) è un alcaloide isochinolinico vegetale appartenente alla classe delle protoberberine presenti in diverse piante, quali Berberis vulgaris, Coptis chinensis, Berberis aristata (122). La BBR ha diverse proprietà farmacologi-che, anti-microbica, immuno-modulatoria, anti-tumorale e metabolica (122). Diversi studi hanno dimostrato che la BBR eser-cita numerose altre azioni favorevoli sul sistema cardiovascolare, promuovendo la vasodilatazione, riducendo il rischio di in-sufficienza cardiaca congestizia, ipertrofia cardiaca e di aritmie (123).

L’effetto ipocolesterolemizzante della BBR può essere ascritto a diversi meccani-

smi d’azione. È stato descritto che la BBR promuove un aumento dell’espressione e dell’emivita del LDLR sulla superficie degli epatociti (124); stimolando l’attivazione del-la via JNK/c-jun, aumenterebbe la attività trascrizionale del promotore LDLR e, mo-dulando ERK, stabilizzerebbe l’mRNA del LDLR (125). Il risultato netto è un aumen-to del espressione del LDLR. Studi in vitro hanno mostrato che la BBR riduce l’espres-sione di PCSK9; poiché PCSK9 promuove la degradazione lisosomiale di LDLR, l’ini-bizione di PCSK9 da parte della BBR au-menterebbe la disponibilità di LDLR (126). Sembra inoltre che la BBR possa ridurre i livelli di lipidi plasmatici inibendo la sintesi epatica di colesterolo e trigliceridi attraver-so l’attivazione di AMPK, che a sua volta inattiva l’HMGCoA reduttasi (127).

Il primo studio che ha valutato l’effetto della BBR in una popolazione di pazienti ipercolesterolemici cinesi ne ha registrato un significativo effetto ipocolesterolemiz-zante ed ipotrigliceridemizzante, con una ri-duzione del colesterolo LDL del 25% e dei tri-gliceridi del 35% (125); questi effetti si sono dimostrati più marcati nei soggetti che non assumevano altri farmaci ipolipemizzanti.

L’effetto ipolipemizzante della BBR è stato valutato in almeno tre metanalisi (128-130, tabella 8). Dong et al. (128,129) hanno condotto due metanalisi di trial clinici controllati in pazienti con ipercole-sterolemia e/o diabete mellito di tipo 2. La dose di BBR impiegata nei vari studi inclusi nelle due metanalisi era compresa tra 0,5 g e 1,5 g/die. Il risultati delle meta-nalisi hanno mostrato risultati sovrappo-nibili: la BBR ha favorito una diminuzione media del colesterolo LDL di 25 mg/dL; questa variazione si è accompagnata ad una riduzione significativa della triglice-ridemia ed un aumento modesto seppure significativo dei livelli di colesterolo HDL (Tabella 8).

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L’efficacia ipolipemizzante della BBR è stata confrontata con quella della simva-statina: una terapia di 2 mesi con BBR, simvastatina o entrambe in pazienti iper-colesterolemici ha portato a riduzioni si-gnificative dei livelli di colesterolo totale, LDL e trigliceridi (131). La terapia di com-binazione si è dimostrata capace di ridur-re la colesterolemia LDL in modo additivo rispetto ai singoli principi attivi; inoltre, l’aggiunta della BBR alla simvastatina ha amplificato in modo significativo il mode-sto effetto ipotrigliceridemizzante della statina (131).

Tra i possibili effetti collaterali della BBR, emersi per lo più nei trials che han-no impiegato dosi più elevate del nutra-ceutico, si ricordano stitichezza, diarrea, distensione addominale e sapore amaro in bocca (129). Dal momento che la som-ministrazione orale ripetuta di berberina riduce l’attività dei citocromi CYP2D6, CYP2D9 e CYP3A4 in soggetti sani (132), sono da considerare possibili interazioni tra BBR e farmaci che utilizzano le stesse vie di degradazione.

È doveroso segnalare che la quasi tota-lità dei trials di intervento con BBR sono stati condotti in popolazioni asiatiche, bias

che rende meno generalizzabili i risultati osservati.

Un ulteriore aspetto da meglio com-prendere è l’effettiva biodisponibilità dei diversi preparati a base di BBR. Se è vero che la supplementazione con BBR media-mente produce effetti favorevoli sul meta-bolismo lipidico, è altrettanto vero che l’as-sorbimento intestinale della BBR è spesso esiguo e con un’ampia variabilità interindi-viduale; questo aspetto potrebbe sottende-re una possibile variabilità di efficacia del nutraceutico.

Alla luce dei dati segnalati, bisogna ri-cordare che nè l’EFSA e neppure la FDA hanno ancora espresso claims specifici re-lativi alla efficacia ipocolesterolemizzante ed alla sicurezza dei preparati contenenti berberina.

Sulla base delle informazioni dispo-nibili, allorchè i risultati segnalati nelle popolazioni asiatiche fossero confermati in altre etnie, le categorie di pazienti che potrebbero beneficiare maggiormente del trattamento con BBR alla dose compresa tra 0,5 g e 1,5 g al giorno sono (Tabella 3):- pazienti a rischio cardiovascolare lieve-

moderato con livelli di colesterolo LDL superiori rispetto agli obiettivi terepeu-

tabella 8 - Principali evidenze derivanti da studi di intervento randomizzati e controllati (rct) nell’uomo sull’effetto ipolipemizzante della berberina.

tipo di studio

soggetti(numero, tipo)

dose media(range)

durata media(range) effetti osservati ref.

Metanalisidi 14 RCT

n: 1068Diabete tipo 2

0,5-1,5 g/die 12 settimane(8-24 settimane)

↓C-LDL: -13/-22 mg/dl↓TG: -19/-45 mg/dl C-HDL: +0,8/+2,7 mg/dl

(128)

Metanalisidi 11 RCT

n: 874Dislipidemia,diabete tipo 2

0,5-1,5 g/die 15 settimane (8-52 settimane)

↓C-LDL: -25 mg/dl↓TG: -44 mg/dl C-HDL: +1,9 mg/dl

(129)

Metanalisidi 6 RCT

n: 451Dislipidemia

0,6-1,5 g/die 11 settimane(8-17 settimane)

↓C-LDL: -25 mg/dl↓TG: -35 mg/dl C-HDL: +2,7 mg/dl

(130)

↑: aumento, ↓: riduzione, C-HDL: colesterolo HDL, C-LDL: colesterolo LDL, TG: trigliceridi.

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tici raccomandati di non oltre il 20%, nonosante siano state attuate misure di trattamento dietetico e modifiche dello stile di vita;

- pazienti con ipercolesterolemia lieve-moderata e sindrome metabolica, in particolare quelli con aumento mode-sto di trigliceridi o con disglicemia ini-ziale, eventualmente in associazione ad una statina;

- pazienti a diverso grado di rischio nei quali sia documentata una reale intolle-ranza a più statine o che rifiutano l’in-tervento con statina.

effetti della supplementazione combinata di nutraceutici

Le evidenze scientifiche che mostrano l’effetto ipocolesterolemizzante di alcuni nutraceutici ha destato un notevole inte-resse per l’argomento ed ha stimolato lo sviluppo di preparati (alimenti o integrato-ri) contenenti più composti bioattivi al fine di ottenere un maggiore riduzione della concentrazione di colesterolo totale e so-prattutto della frazione legata alle LDL.

La possibilità di combinare diversi nu-traceutici nasce, oltre che dall’esigenza di sfruttare possibili effetti complementari dei singoli nutraceutici, anche dalla esi-genza di impiegare dosi di nutraceutici quanto più basse possibili, al fine di garan-tire la migliore tollerabilità della combina-zione, pur conservando l’efficacia ipocole-sterolemizzante.

Gli studi di intervento randomizzati e controllati condotti per supportare scien-tificamente questa possibilità sono attual-mente poco numerosi.

Recentemente, l’effetto della combina-zione di fibra e fitosteroli è stato riassunto in una review di studi di intervento condot-ti in soggetti normolipidemici o con iper-colesterolemia moderata (133); i risultati

hanno mostrato una riduzione media del colesterolo totale e della frazione legata alle LDL dell’8 e dell’11%, rispettivamente. Tuttavia, risulta evidente che il tipo di fi-bra somministrato in combinazione con i fitosteroli sia di notevole importanza per incrementare l’effetto ipocolesterolemiz-zante. Inoltre, solo due studi hanno com-parato l’effetto del singolo componente contro la combinazione; i risultati sem-brano indicare un effetto ipocolesterole-mizzante leggermente più elevato con la combinazione di fitosteroli e fibra viscosa (134, 135).

La combinazione di fitosteroli e RRF non sembra comportare un beneficio ipocole-sterolemizzante aggiuntivo rispetto all’as-sunzione dei singoli nutraceutici (136).

Come già detto, il trattamento con BBR si è accompagnato ad una riduzione media della colesterolemia LDL di circa il 20%; l’aggiunta alla BBR di RRF, PCS, astaxan-tina (ASX), coenzima Q10 ed acido folico ha determinato una riduzione della cole-sterolemia LDL di circa il 25%, senza un aumento di effetti collaterali (137).

Tale combinazione si è dimostrata ca-pace di ridurre in modo significativo i li-velli di colesterolo totale, LDL e trigliceri-di in pazienti ipercolesterolemici (138); la stessa combinazione nutraceutica ha con-sentito di ridurre anche l’indice HOMA, a suggerire un possibile effetto positivo sul-la sensibilità insulinica.

Altri studi condotti in diverse categorie di pazienti, affetti da ipercolesterolemia poligenica, con malattia aterosclerotica coronarica documentata, con intolleranza alle statine, in bambini con ipercolestero-lemia familiare eterozigote o iperlipemia familiare combinata, hanno testato l’effi-cacia ipocolesterolemizzante e la sicurez-za della combinazione RRF/BBR/PCS/ASX (139-145). Nel complesso, questi studi hanno confermato che la combina-

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zione nutraceutica in esame è stata capa-ce di ridurre in modo significativo i livelli di colesterolo LDL (dal 15% al 32%), con un tendenza a ridurre la colesterolemia in modo più rilevante nei pazienti con più alti livelli pre-trattamento di colesterolo LDL. Infine, studi con casistica piuttosto conte-nuta hanno mostrato che la combinazione di RRF/BBR/PCS/ASX è in grado di mi-gliorare la funzione endoteliale e la rigidità della parete aortica (138, 139).

Sebbene l’impiego di formulazioni combinate di nutraceutici potrebbe pre-sentare vantaggi sul piano del profilo di efficacia del prodotto e, minimizzando la dose dei singoli componenti, sulla loro tollerabilità, è opportuno sottolineare che non vi sono al momento dati che sup-portano un effetto sinergico ipocoleste-rolemizzante dei componenti delle varie combinazioni nutraceutiche disponibili in commercio. Infine, il beneficio ipoco-lesterolemizzante offerto dall’aggiunta di PCS alle diverse combinazioni nutraceuti-che è discutibile.

Problematiche comuni

La possibilità di utilizzare nutraceutici ad attività ipocolesterolemizzante, sia sot-to forma di alimenti funzionali che di inte-gratori alimentari, può rappresentare una strategia di intervento importante ma po-trebbe comportare anche dei rischi, alcuni dei quali comuni a tutti i nutraceutici, altri legati al singolo composto.

In primo luogo, la durata limitata di gran parte dei trials che hanno testato l’efficacia ipocolesterolemizzante dei prin-cipali nutraceutici esaminati e la dimensio-ne contenuta delle popolazioni di studio, sebbene integrata da metanalisi, suggeri-scono l’opportunità di replicare i risultati in casistiche più estese e possibilmente multi-centriche.

Sul piano pratico, l’uso di tali preparati potrebbe stimolare i pazienti in trattamen-to farmacologico a ridurre o sospendere la terapia farmacologica senza consultare il proprio medico. In effetti, alcuni studi hanno mostrato la propensione all’auto-medicazione o alla scarsa compliance al trattamento farmacologico dei pazienti in terapia con statine che erano a conoscenza degli effetti benefici del consumo di fito-steroli (146, 147). In linea generale, inol-tre, l’impiego dei nutraceutici ad azione ipocolesterolemizzante non deve essere considerato sostitutivo di misure conso-lidate di intervento farmacologico nei pa-zienti con ipercolesterolemia genetica e nelle altre categorie di pazienti a rischio cardiovascolare alto o molto alto.

Un altro aspetto da considerare è che il costo degli alimenti funzionali è di gran lunga superiore rispetto a quello degli alimenti non arricchiti. Ad esempio, un report dell’EFSA del 2008 ha mostrato che il costo/kg dei prodotti arricchiti in steroli vegetali può essere fino a 4 volte superiore rispetto a quello dei prodotti tradizionali originari non arricchiti (148). Lo stesso fenomeno si verifica per il RRF e la BBR, il cui costo è superiore rispetto a quello di una statina generica. Pertan-to, considerando che sembra esserci un significativo rapporto tra il livello socio-economico e il profilo dei consumi dei prodotti alimentari (149, 150), il costo dei nutraceutici può potenzialmente costitu-ire un deterrente per l’acquisto regola-re di questi prodotti e, di conseguenza, per il loro consumo abituale. Questo è un punto importante da tenere presente perché per i nutraceutici, così come per i farmaci ipocolesterolemizzanti, l’effetto terapeutico è strettamente legato alla loro assunzione; di conseguenza, se si ritiene che sia utile assumere un nutraceutico, questo deve essere assunto in modo con-

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tinuativo o, almeno, fino a quando non si decida di modificare la strategia di inter-vento terapeutico.

Infine, la disponibilità dei prodotti nu-traceutici anche a livello della grande di-stribuzione (supermercati, e-commerce) senza un adeguato controllo, predispone al rischio di un consumo incontrollato di tali prodotti che, nel caso di assunzione di dosi superiori a quelle raccomandate, potrebbe avere ripercussioni sulla salute dei consumatori; questo è tanto più vero per alcuni nutraceutici con proprietà che potremmo definire “farmacologiche”.

Quanto riportato in questo documen-to sottolinea la assoluta necessità di uno stretto colloquio tra nutrizionisti, operato-ri sanitari e pazienti al fine di evitare il dila-gare di un uso improprio ed incontrollato di nutraceutici.

La attenta sorveglianza delle prescri-zioni e soprattutto delle auto-medicazioni, il controllo della adeguatezza delle dosi

assunte e della continuità della integra-zione alimentare, la verifica da parte delle autorità deputate ai controlli alimentari e dei farmaci sono elementi di assoluto ri-lievo che devono essere implementati per promuovere un uso sicuro e razionale dei nutraceutici più efficaci e che godono del migliore profilo di tollerabilità. Un ruolo centrale in molti di questi processi deve essere rivestito dal medico, consapevole dei rischi ma anche dei possibili benefici derivanti da un uso controllato di singoli nutraceutici o di combinazioni razionali di nutraceutici.

conclusioni

Sulla base dei dati della letteratura, si può concludere che per alcuni dei nu-traceutici (fibra, fitosteroli, RRF), la ri-duzione del colesterolo LDL è consisten-te nei vari studi ed il livello di evidenza scientifica per quanto riguarda l’effetto

tabella 9 - entità della riduzione del colesterolo-ldl, livelli di evidenza scientifica e forza della raccomandazione per i diversi nutraceutici.

riduzione delcolesterolo ldl

livello dell’evidenza

Forza della raccomandazione

Fibra + I A

Fitosteroli + I A

Derivati della soia +/- II C

Policosanoli VI D

Riso rosso fermentato ++ I A

Berberina ++ * *

Livelli di evidenza e forza della raccomandazione secondo gli standard italiani di cura per il diabete (151): Livelli di evidenza: I: dati derivanti da più studi di intervento/metanalisi; II: dati derivanti da un singolo studio o review; VI: consensus di esperti.Forza della raccomandazione:A: fortemente raccomandato;C: sostanziale incertezza;D: no raccomandazione.*Il livello di evidenza sarebbe I, in quanto sostenuto da metanalisi di studi di intervento, e la forza della raccomandazione A; tuttavia, poiché tali studi sono stati condotti pressoché esclusivamente nella popolazione asiatica, i dati non sono facilmente trasferibili ad altre etnie.

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ipocolesterolemizzante è buono (Tabella 9), per cui il loro utilizzo può essere rac-comandato in alcune particolari catego-rie di pazienti, come riportato in tabella 3. Per quanto riguarda la BBR, le eviden-ze sono discrete, anche se ottenute da studi di intervento effettuati pressoché esclusivamente nella popolazione asiati-ca, per cui risultano poco trasferibili ad altre popolazioni (Tabella 9). Per i de-rivati della soia i dati sono contrastanti e, infine, per i PCS, i dati scientifici non

sono conclusivi (Tabella 9). Per quanto riguarda le combinazioni di nutraceutici, quella che sembra godere del maggior numero di evidenze sull’efficacia ipoco-lesterolemizzante e sulla sicurezza è la combinazione costituita da basse dosi di RRF/BBR/PCS/ASX, anche se, sul-la base dei dati finora disponibili, non sembra esserci un effetto sinergico ipo-colesterolemizzante esercitato dai com-ponenti delle diverse combinazioni pre-costituite di nutraceutici.

RiASSUntoL’ipercolesterolemia rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio per morbilità e mortalità cardiovascolare. Numerose evidenze dimostrano che la riduzione del colesterolo LDL, sia in prevenzione primaria che secondaria, si associa ad una significativa riduzione del rischio di eventi cardiovascolari. Le strategie terapeutiche per il raggiungimento di valori ottimali di colesterolo LDL prevedono sia interventi sullo stile di vita che interventi farmacologici. L’approccio terapeutico iniziale al paziente con ipercolesterolemia prevede una dieta a basso apporto di colesterolo, grassi saturi e “trans” e un aumento di fibre alimentari, associata all’attività fisica. Tuttavia, la compliance da parte dei pazienti è spesso insoddisfacente, soprattutto nel medio-lungo termine. Inoltre, alcuni componenti della dieta con azione ipocolesterolemizzante sono presenti in quantità modesta o funzionalmente insignificante negli alimenti. Pertanto, negli ultimi anni si è diffusa la possibilità dell’utilizzo di “nutraceutici”, nutrienti e/o composti bioattivi con possibili effetti benefici sulla salute dell’uomo, che possono essere addizionati ad alimenti e bevande, o assunti sotto forma di integratori alimentari (formulazioni liquide, compresse, capsule). Ad oggi, si conta un numero sempre crescente di nutraceutici con presunta azione ipocolesterolemizzante e la ricerca scientifica a riguardo ha prodotto per alcuni di essi dati contrastanti, non completamente chiari e spesso con limiti metodologici di rilievo. Pertanto, in questo documento abbiamo valutato per i principali nutraceutici ad azione ipocoleste-rolemizzante (fibre, fitosteroli, derivati della soia, policosanoli, riso rosso fermentato e berberina): 1) il livello di evidenza circa l’efficacia ipocolesterolemizzante dedotta da studi di intervento effettuati nell’uomo; 2) i possibili effetti collaterali ed i rischi legati al loro impiego; 3) le categorie di pazienti che potrebbero beneficiarne.

Parole chiave: nutraceutici, fibre, fitosteroli, derivati della soia, policosanolo, riso rosso fermentato, berberina, rischio cardiovascolare, colesterolo.

ASX: astaxantina, BBR: berberina, EFSA: Agenzia Europea per la Sicurezza Ali-

mentare, FDA: Food and Drug Administration, HMGCoA: idrossimetilglutaril-CoenzimaA

reduttasi,

LDLR: recettore LDL,PCS: policosanoli, PCSK9: proproteina convertasi subtilisina/

Kexina tipo 9, RRF: riso rosso fermentato.

lista delle abbreviazioni

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