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giornalino dinformazione scolastica dellISTITUTO DISTRUZIONE SUPERIORE GIUSEPPE BONFANTINIdi Novara numero 4 anno 2 FEBBRAIO 2011 Prof. ha corretto i compiti ?! “Prof. ha corretto i compiti?!”. Eh… in effetti il programma era quello ma sarà che 188 studenti e relative verifiche tutte d’un botto, qualche ritardino lo posson o tranquillamente giustificare!. E se la consegna non è immediata il giorno dopo lo svolgimento, lo sarà due giorni dopo, ancora “puntuale”, ancora “in tempoper recuperare e per rispiegare ciò che non è stato troppo chiaro. Mai troppo tardi e mai troppo presto! Ma come spiegare a uno studente che anche un prof. ha una vita privata, quando anche il sottoscritto rivendicava la stessa immediatezza ai propri insegnanti? Beh, la risposta è semplice, basta passare dall’altra parte della cattedra e saper sorridere senza prendersela troppo quando uno studente rivendica la stessa celerità. Ma sono ancora un pivellino per rispondere prontamente alle loro battute: “il tempo per comprarsi le scarpe nuove lo ha avuto”, “lei è sempre collegato a Facebook”, o anche “l’ho vista in giro con una persona in città ieri pomeriggio”. Ora, non è il luogo adatto per fornire le “dovute” spiegazioni, ma anche un insegnante ha diritto a mettere dei calzari ai piedi e, se quelli meno nuovi hanno avuto problemi di resistenza, allora dovrà andare alla ricerca di un contenitore per pieditaglia 45, per permettere di deambulare e raggiungere i destinatari dei compiti da correggere! E se qualcuno continua a dire “lei è sempre su Facebook” evidentemente avrà modo di verificarlo spesso e di essere altrettanto frequentemente in rete, connesso al social network che, per il sottoscritto, resta attivo con il pc 24 ore su 24 sul tavolo di casa mentre casualmente qualcun altro mi individua per le strade della città. Ebbene ho anche il dono dell’ubiquità! Ma non ci si può arrabbiare, fa parte del “gioco del prof.”. Anche io non potevo immaginare i miei professori alle prese con le pulizie di casa, a fare la spesa al supermercato con il carrello strapieno con tutto da insaccare, caricare in macchina e sistemare a casa, la coda infinita alla cassa con l’immancabile problema del cliente precedente, a cui non funziona la carta di credito. È impensabile che il prof. sia in coda nell’ora di punta cittadina, di ritorno da un corso, i prof. non fanno prelievi del sangue e non vanno al bar a leggere il giornale, e neppure al cinema o in qualche locale, per carità lì ci si diverte e c’è gente giovane!!! Off-limits!!! Non immaginavo neppure io che un prof. intrattenesse rapporti cordiali con i conoscenti, andasse a trovare i familiari e gli amici, risolvesse qua e là piccole disfunzioni domestiche, portasse a spasso il cane, e facesse decine di riunioni per preparare, organizzare e gestire questo, quello e quell’altro… insomma non avevo mai realizzato che anche i miei insegnanti effettivamente avevano un lavoro… ma ora che anche io abbozzo il mestiere, devo necessariamente difendere e riscattare minimamente la categoria! Non la “faccio facile” scrivendo questo, anche perché i miei alunni mi guarderanno di sbieco come si guarda chi grida sempre “al lupo al lupo” e oramai non viene più creduto! Ma i vostri compiti sono stati corretti con un paio di scarpe, il computer acceso sul tavolo di casa e le commissioni cittadine fatte! Gu. Ro. 377-1992059 È DISPONIBILE LA VERSIONE on-line SUL SITO DELL’ISTITUTO www.bonfantini.it NELLA SEZIONE DEDICATA.

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ggiioorrnnaalliinnoo dd’’iinnffoorrmmaazziioonnee ssccoollaassttiiccaa

ddeellll’’IISSTTIITTUUTTOO DD’’IISSTTRRUUZZIIOONNEE SSUUPPEERRIIOORREE

““GGIIUUSSEEPPPPEE BBOONNFFAANNTTIINNII”” ddii NNoovvaarraa

nnuummeerroo 44 –– aannnnoo 22 FFEEBBBBRRAAIIOO 22001111

PPrrooff.. hhaa ccoorrrreettttoo

ii ccoommppiittii ??!!

“Prof. ha corretto i compiti?!”. Eh… in effetti il programma era quello ma sarà che 188 studenti e relative verifiche tutte d’un botto, qualche ritardino lo possono tranquillamente giustificare!. E se la consegna non è immediata il giorno dopo lo svolgimento, lo sarà due giorni dopo, ancora “puntuale”, ancora “in tempo” per recuperare e per rispiegare ciò che non è stato troppo chiaro. Mai troppo tardi e mai troppo presto! Ma come spiegare a uno studente che anche un prof. ha una vita privata, quando anche il sottoscritto rivendicava la stessa immediatezza ai propri insegnanti? Beh, la risposta è semplice, basta passare dall’altra parte della cattedra e saper sorridere senza prendersela troppo quando uno studente rivendica la stessa celerità. Ma sono ancora un pivellino per rispondere prontamente alle loro battute: “il tempo per comprarsi le scarpe nuove lo ha avuto”, “lei è sempre collegato a Facebook”, o anche “l’ho vista in giro con una persona in città ieri pomeriggio”. Ora, non è il luogo adatto per fornire le “dovute” spiegazioni, ma anche un insegnante ha diritto a mettere dei calzari ai piedi e, se quelli meno nuovi hanno avuto problemi di resistenza, allora dovrà andare alla ricerca di un “contenitore per piedi” taglia 45, per permettere di deambulare e raggiungere i destinatari dei compiti da correggere! E se qualcuno continua a dire “lei è sempre su Facebook” evidentemente avrà modo di verificarlo spesso e di essere altrettanto frequentemente in rete, connesso al social network che, per il sottoscritto, resta attivo con il pc 24 ore su 24 sul tavolo di casa mentre casualmente qualcun altro mi individua per le strade della città. Ebbene ho anche il dono dell’ubiquità! Ma non ci si può arrabbiare, fa parte del “gioco del prof.”. Anche io non potevo immaginare i miei professori alle prese con le pulizie di casa, a fare la spesa al supermercato con il carrello strapieno con tutto da insaccare, caricare in macchina e sistemare a casa, la coda infinita alla cassa con l’immancabile problema del cliente precedente, a cui non funziona la carta di credito. È impensabile che il prof. sia in coda nell’ora di punta cittadina, di ritorno da un corso, i prof. non fanno prelievi del sangue e non vanno al bar a leggere il giornale, e neppure al cinema o in qualche locale, per carità lì ci si diverte e c’è gente giovane!!! Off-limits!!! Non immaginavo neppure io che un prof. intrattenesse rapporti cordiali con i conoscenti, andasse a trovare i familiari e gli amici, risolvesse qua e là piccole disfunzioni domestiche, portasse a spasso il cane, e facesse decine di riunioni per preparare, organizzare e gestire questo, quello e quell’altro… insomma non avevo mai realizzato che anche i miei insegnanti effettivamente avevano un lavoro… ma ora che anche io abbozzo il mestiere, devo necessariamente difendere e riscattare minimamente la categoria! Non la “faccio facile” scrivendo questo, anche perché i miei alunni mi guarderanno di sbieco come si guarda chi grida sempre “al lupo al lupo” e oramai non viene più creduto! Ma i vostri compiti sono stati corretti con un paio di scarpe, il computer acceso sul tavolo di casa e le commissioni cittadine fatte!

Gu. Ro.

377-1992059

È DISPONIBILE LA VERSIONE on-line

SUL SITO DELL’ISTITUTO

www.bonfantini.it

NELLA SEZIONE DEDICATA.

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ll’’uullttiimmoo ssaalluuttoo aallllaa ““pprrooff.. sseennzzaa tteemmppoo”” il cordoglio per la morte della professoressa Daniela

Chiarelli, per oltre trent’anni insegnante presso il nostro

Istituto, scomparsa prematuramente pochi giorni fa.

Non avrei mai immaginato di ritrovarmi seduto davanti a uno

schermo a salutare virtualmente, con qualche riga, una

persona che è stata uno dei pilastri della mia formazione scolastica al Bonfa. Non avrei mai voluto dover scrivere

qualche riga per salutarla. Ma lei se ne è andata. Troppo presto… E ora il suo alunno “polemico”, come amava ripetermi, le scrive queste poche righe per ringraziarla e per salutarla. È una sera come tante ma un velo di nostalgia mi attanaglia a pensare che lei non c’è più, che non posso più incontrarla per caso in qualunque

posto. Sa, non è mai facile dire “grazie” alle persone che ti hanno insegnato molto di più della loro materia quando

erano in vita e sembra scontato tessere le lodi e sciorinare virtù quando qualcuno scompare… ma lei è un’eccezione… lei mancherà veramente alle decine di allievi che hanno avuto la fortuna di conoscerla. Al di la di valutazioni positive o negative sulle pagelle di trent’anni di vita bonfantiniana. Lei che della sua eleganza e della sua bellezza senza tempo ne faceva il miglior biglietto da visita, lei che con una preparazione impeccabile e la grande umanità sempre dimostrata formava culture e giovani “non

sempre facili”. Una professoressa “senza tempo”, di cui non si conosceva l’età, grande mistero anche per i colleghi, ma che si faceva amare per competenza, serietà, serenità, senso del dovere e amore infinito per il proprio lavoro. Quegli occhialini appesi al collo che lei cercava sempre e sorridendo ritrovava proprio lì e qualche volta portava sulla punta del naso guardando oltre, quell’andamento e quella postura sempre impeccabile con registri e libri al seguito. Lei, all’apparenza sempre sbadata, che mi sequestrò quelle mini carte da gioco mai più restituite, nonostante la

promessa di renderle dopo la maturità ma… “Sono sincera, le ho perse, scusami!”. Ci eravamo incontrati poco più di un anno fa, nonostante il male cominciasse a segnare il fisico, il suo sorriso mi ha accolto e ancora scuse per essersi dimenticata della cena di classe organizzata a

Ama la vita così com'è

amala pienamente, senza pretese.

Amala quando ti amano

o quando ti odiano.

Amala quando nessuno ti capisce,

o quando tutti ti comprendono.

Amala quando tutti ti abbandonano,

o quando ti esaltano come un re.

Amala quando ti rubano tutto,

o quando te lo regalano.

Amala quando ha senso

o quando sembra non averlo

nemmeno un po'.

Amala nella piena felicità,

o nella solitudine assoluta.

Amala quando sei forte,

o quando ti senti debole.

Amala quando hai paura,

o quando hai una montagna di coraggio.

Amala non soltanto per i grandi piaceri

e le enormi soddisfazioni;

amala anche per le piccolissime gioie.

Amala seppure non ti dà ciò che potrebbe,

amala anche se non è come la vorresti.

Amala ogni volta che nasci

ed ogni volta che stai per morire.

Ma non amare mai senza amore.

Non vivere mai senza vita!

Madre Teresa

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dieci anni dal diploma… sempre la solita, sempre lei, “la Chiarelli non si smentisce mai!”. Le gite assieme, le uscite al lago o a far prelievi di materiale biologico ai fontanili, le grandi e infinite camminate lungo il litorale toscano con quelle battute sempre pronte e sempre così eccezionalmente pungenti ed educate con chiaro accento romano. Ho contattato i miei compagni, chi stava accompagnando il figlio all’asilo, chi riordinava casa, chi entrava a lavoro… tutti uniti nel dispiacere di sapere che lei non c’era più. Abbiamo voluto salutarla ancora una volta, abbiamo sentito la necessità di

dirle “addio”. Ciascuno di noi ha ricordato un momento di vita con lei: chi ricorda quella patente mostrata in un’ora degli ultimi giorni della quinta, quel volto splendido e quella data di nascita che ci chiese di mantenere segreta e che stupì perché quegli anni proprio non li portava… davvero era una prof. “senza tempo”! Chi ricorda i racconti di vita vissuta da giovane studentessa e da mamma, le esperienze universitarie e le raccomandazioni di studiare sempre e sforzarsi di capire e ragionare, chi ricorda i suoi acronimi per memorizzare, chi la ricorda per l’estrema correttezza e quella severità di una mamma con i suoi figli interrogati e non sempre preparati e, infine, la sua tecnica del “segretario d’interrogazione”, pronto a verbalizzare le risposte corrette dei compagni e a cercare di nascondere quelle che proprio non stavano né in cielo né in terra. Ok, ok, sto sciorinando troppe parole! Sento ancora la sua voce che invita a riporre la lingua al proprio posto e non essere troppo mieloso! Prof. non so perché, ma ora che son qui anche io dalla parte opposta della cattedra, mi fa sentire più solo a sapere che lei non c’è più… in qualche aula di questo Istituto ogni mattina è come se lei fosse ancora lì, seduta alla cattedra, raccolta in se stessa per quel riscaldamento sempre troppo poco riscaldamento, sorridente per accogliere, rigorosa per far rispettare le regole. Quelle carte da gioco non può averle

perse… mi deve almeno una partita a burraco!!! Addio prof. e continui a sorridere anche da lassù, ci servirà per ricordarla e seguire tutto ciò che di buono e di bello ci ha lasciato.

il suo alunno “polemico” Gu.Ro.

ho cercato qualche suo scritto, ho cercato qualche foto migliore ma tutto è racchiuso in quello scatolone su cui ho scritto “SCUOLE SUPERIORI” e che ho riposto in soffitta. Scartabellandone il contenuto divento troppo malinconico… ma c’è un articolo scritto da lei, un articolo degli anni di quel sentito “braccio di ferro”, per la

nuova costruzione della nuova sede del Ravizza, duramente e lungamente contrastata dagli studenti del Bonfa dei tempi. Ecco le sue parole in un articolo apparso su “Giovani 2000” del marzo 2000.

[…] Dopo aver ascoltato entrambe le parti in causa, con esposizione da parte dei rappresentanti del

“Bonfantini” di dubbi circa l’insediamento del terzo anno del corso ad indirizzo alberghiero dell’Istituto Ravizza nella palazzina antistante il corpo centrale, ora sede della Biblioteca e delle aule

speciali, i rappresentanti della Provincia in toto si sono impegnati verbalmente (e hanno detto che presto presenteranno un documento stilato con l’approvazione di tutti), a eseguire prioritariamente

al Bonfantini tutte le opere necessarie affinché nulla venga a mancare all’attuale struttura. Quindi la biblioteca verrà spostata nell’Aula Magna per contro verrà spostata negli spazi adiacenti la palestra, ora occupata dal magazzino della segnaletica stradale della Provinvia. Verrà inoltre

ristrutturata, per uso aule speciali, la ex sala operatoria. Sono state inoltre date rassicurazioni che in caso d’aumento delle iscrizioni la Provincia si muoverà, in tempo utile, per evitare disagi. Per tutto questo noi del Bonfantini abbiamo le più assolute garanzie, verbali e non, della Provincia,

nella persona dell’Assessore Mattiuz. I lavori di ristrutturazione dovrebbero iniziare nel corrente anno scolastico e terminare prima del prossimo anno scolastico.

Con tempestività la Provincia mantenne le “promesse” fatte dalla delegazione di insegnanti e allievi e

dall’anno scolastico 2001/2002 il Bonfantini ebbe in consegna la nuova Aula Magna. La professoressa Daniela Chiarelli si congedò nel settembre 2003 per la meritata pensione.

Gu.Ro.

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UUNN’’AASSSSEEMMBBLLEEAA CCOONN IILL BBOONNFFAA IILL BBOONNFFAA

dopo l’assemblea di giovedì 27 gennaio tra i rappresentanti di classe, Andrea, uno dei rappresentanti di Istituto, riassume in pillole ciò che è emerso nella discussione tra i presenti.

’assemblea è iniziata, come ormai consuetudine bonfantiniana, con la solita dimenticanza da parte del personale di aprirci le porte dell’aula magna! Però poco importa, perché è servito per

aspettare gli ultimi “sbadati” ritardatari. Durante l’assemblea molti sono stati gli argomenti trattati e altrettanti sono stati i problemi che sono emersi, però perdersi d’animo non serve a niente ed è molto meglio rimboccarsi le maniche perché di carne sul fuoco ne è stata messa parecchia. Il problema che tutti i rappresentanti di classe

lamentano è una situazione di degrado della struttura della scuola stessa: molti hanno fatto notare che dalle finestre entrano spifferi d’aria paragonabili alla bora di Trieste, che alcune porte si staccano dai cardini e ondeggiano come onde del mare. Qualcuno racconta di

veneziane letali come assassini degni della serie di James Bond e addirittura di buchi (o per meglio dire trafori!) nei muri comunicanti

con i corridoi. Per non parlare dei servizi, dove mancano le luci e le porte non si chiudono dall’interno. In questa situazione sfido chiunque, anche il miglior cecchino, a non mancare il bersaglio!!! Un altro problema posto alla nostra

attenzione è stato quello del riscaldamento delle varie aule, tutti lamentano un freddo che non hanno mai provato negli anni precedenti, questo può essere dovuto solamente ad una cattiva gestione dell’impianto stesso che va risolta nel più breve tempo possibile. Ma ora tralasciamo i problemi di cui ci occuperemo io e Alberto (Paggi, altro rappresentante della Sede, ndr) e parliamo di alcune proposte che abbiamo discusso assieme. Finalmente abbiamo trovato le due

persone che si occuperanno di gestire il futuro forum che verrà aperto sul sito della scuola, dove finalmente tutti gli studenti potranno confrontarsi e scambiarsi opinioni e materiale utile. Per questo ci tengo a ringraziare il prof. Zurlo con Alessandro e Matteo che sono i due studenti che si occuperanno di

questa novità. Poi voglio parlarvi di una collaborazione che è nata con la discoteca Celebrità di Trecate, che dal mese di marzo organizzerà delle serate a tema il cui ingresso sarà riservato ai soli studenti, un’occasione per divertirsi e per conoscere gli altri studenti di Novara e chissà mai per trovare l’ anima gemella per la vita o solo per un’avventura insieme. Un’altra nostra futura proposta sarà quella di svolgere una giornata per l’ambiente la cui realizzazione però è ancora in alto mare ma che speriamo di organizzare

il più presto possibile. Vi è anche la volontà di presentare un piano per un’autogestione seria e con molte finalità didattiche ma che sappia anche far divertire e crescere tutti quanti: la proposta è stata accolta da un boato quasi unanime dell’assemblea e così abbiamo raccolto le proposte che vi verranno poi spiegate dai vostri rappresentanti durante le assemblee di classe che verranno svolte nei prossimi giorni. Le mie impressioni su questo momento di ritrovo sono molto positive e sono contento che tutti abbiano partecipato con le proprie idee e soprattutto che abbiano dimostrato ancora un forte interesse per la nostra scuola. Da parte nostra sappiate che avete il massimo impegno, che siamo sempre disponibili per ogni tipo di problema o di domanda e che se siamo tutti uniti… il Bonfa può migliorare e crescere assieme a noi! Vi lascio con una chicca che solo i “pazzi studenti” di questa scuola potevano pensare. Il 4 febbraio sarà

la prima giornata evento del Bonfa e tutti dovremo indossare un cappellino strano, non per dare qualche segnale importante ma semplicemente per cambiare la solita monotonia dell’andare a scuola e fare, per una volta, qualcosa di diverso.

L

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I diplomati del Bonfa che si raccontano al di fuori della

scuola: tra esperienze di vita e novità nel mondo del lavoro

I MIEI ANNI AL MITICO BONFA!

li anni passano e ancora non mi sembra vero… ora frequento il primo anno della Facoltà di Veterinaria a Milano, seguo un corso di Biotecnologie Veterinarie e devo dire che, tutto sommato, non è niente male! Mi capita spesso, quando viaggio in treno, di pensare al Bonfantini, o meglio agli

anni trascorsi, agli amici trovati, ai professori ed a tutti i momenti che mi hanno lasciato un

ricordo. Un ricordo che rimane impresso nella mente, credo per tutta la vita! Devo confessare che da un lato rimpiango quei momenti alle superiori: le verifiche... aaaah sì, sì le verifiche di Costruzioni e Topografia, non erano il mio forte e le tanto temute interrogazioni! La vita da ex-bonfantiniana direi che è stata eccezionale, non lo dico per scherzo: gli anni passati mi lamentavo e non vedevo l’ora che arrivasse il

momento di andare alla università ma ora che sono all’università, non so

che cosa darei per tornare indietro! La scuola superiore ora la

vedo come il mio vecchio “nido”, dove ho imparato a volare, dove ho trovato molti ostacoli ma dove, alla fine, tutto ciò che si crede difficile e “tremendo”, crescendo, lo si vede come una sciocchezza, perché le prove della vita sono sempre più dure e sempre diverse. “A tavolino” ho fatto qualche semplice raffronto tra il Bonfa e l’Università: al Bonfa mi svegliavo alle 7 di mattina, alle poco dopo mi attendeva un comodo e temperato pullman che si fermava esattamente davanti al cancello della scuola! Lo studio era al massimo di 150-200 pagine. All’università mi sveglio alle 5 del mattino, attualmente devo superare l’impatto con il freddo, treno o troppo caldo o troppo freddo, non sempre in orario (quasi mai!), metropolitana molto affollata e 1 km di strada a piedi per raggiungere la facoltà. Lo studio è rapportato a 500-1000 pagine di libri fotocopiati e altri libri ed appunti, affrontare le 8 ore di statistica filate in un giorno e le ore di chimica, matematica, informatica e biologia, prendere appunti a manetta... ma questa è una mia scelta! Mi mancano le ore trascorse nel giardino botanico, le canzoncine di Natale cantate in inglese, le gite scolastiche e anche le

feste fatte in classe. Ora ho solamente un ricordo bellissimo

di tutto ciò, non si può tornare indietro ma posso rivivere tutti quei momenti passati con la mia classe e gli amici con cui sono veramente cresciuta! Un grazie speciale al mitico Bonfa e tutti coloro che lo hanno saputo e lo sanno rendere unico.

vuoi saperne di più sulla Facoltà frequentata da Giulia?! Visita il sito internet

wwwwww..vveetteerriinnaarriiaa..uunniimmii..iitt il sito della Facoltà di Medicina Veterinaria di Milano, una delle più antiche scuole dedicate allo studio delle

malattie degli animali e del loro allevamento. Fu fondata nel 1791 con il nome di "Scuola Veterinaria Minore"

G

6

ffoorrzzaa ddii vvoolloonnttàà ee ppaassssiioonnee ddii EElliissaa GGoobbbbaattoo ((ddiipplloommaattaa nneellll’’aa..ss.. 11999999//22000000)) “Ely urgi! Perché non mi scrivi un articolo per il giornalino?!”.

osa scrivere e cosa raccontare di interessante: la mia esperienza al Bonfa! Sono sempre ricordi che rivivo con felicità e, a volte, scende una lacrimuccia. Mi ritrovo a parlarne con qualche compagno e mi sorprendo a dire: “Ah che bei tempi!”. Sembra passato

così poco ed invece sono già dieci, anzi undici anni, che ci siamo diplomati. Ho scelto il Bonfantini perché fin da piccola sognavo di fare la biologa e lo Scientifico mi spaventava: latino, fisica, matematica e poi pochissimi laboratori mentre all'Open Day dell'Agrario è stato amore a prima vista! Ho persino scelto lo sperimentle per avere i laboratori fin dal primo anno! Certo, a differenza di ciò che pensano quelli che sostengono che all'Agrario non si studia, noi studiavamo eccome! Si andava in azienda, si faceva l'asparagiaia (e il prof. Zumpano ben ricorda!), le gite e poi... il diploma. La fine di un corso, un cerchio che si chiude, si fa l'ultima cena tutti, o quasi, e si resta tutta la notte insieme nel piazzale del Bonfa con i sacchi a pelo sotto le stelle, chissà, per sentirsi grandi o forse per non ammettere di doverlo diventare a tutti i costi. Ci

si saluta con un “tanto ci vediamo, figurati!” e poi ci si riscopre ad una cena dieci anni dopo a raccontare dei propri bambini, del proprio lavoro e delle decine di esperienze personali. Mi rammarico quando sento di ragazzi che scelgono una scuola senza avere idea di che lavoro voler fare in futuro. Io mi ritengo fortunata. Avevo, e ho tuttora, un sogno. In realtà ne ho tanti ma uno era quello di diventare biologa e ce l'ho fatta!. Certo, non senza difficoltà: tre anni a Milano-Bicocca [www.unimib.it] a cavallo della nuova riforma, quindi l'organizzazione dei corsi era ancora un po'

approssimativa, l'ambiente nuovo, compagni nuovi, è stato difficile ingranare la marcia ma alla fine, qualche mese fuori corso, mi sono laureata. Avendo potuto scegliere se frequentare i canonici cinque anni della vecchia riforma oppure i “3+2” della nuova, ero convinta che, avendo scelto i “3+2”, una volta fatti i primi tre anni avrei potuto già lavorare come biologa in qualche laboratorio,

ed è qui che arrivano le prime delusioni. “Il mondo del lavoro non è ancora pronto ad accogliere i nuovi laureati delle triennali”: questa era la risposta che ricevevo ad ogni colloquio. In ospedale ho chiesto anche per fare la volontaria, almeno per i primi tempi ma il direttore del laboratorio di microbiologia mi ha spiegato che in ospedale senza la laurea quinquennale, e soprattutto senza il diploma di specializzazione, non si va da nessuna parte. Finito il mio anno sabbatico, durante il quale gli unici lavori che sono riuscita a trovare erano in call-center e il servizio civile, mi sono decisa a proseguire gli studi e frequentare i due anni della laurea specialistica in Biologia Applicata alla Ricerca Biomedica all'Università Insubria di Busto Arsizio. [www.uninsubria.it] Contemporaneamente mi è stato chiesto di lavorare presso un'erboristeria.

Verificata la compatibilità con l'Università ho accettato. Per conseguire la laurea si doveva svolgere

un tirocinio di un anno presso un laboratorio. Appassionata di microbiologia sono tornata dal direttore del laboratorio dell'ospedale che mi ha permesso di poter svolgere lì il mio progetto di tesi. Dopo essermi laureata ero ormai consapevole che quello era il lavoro che volevo fare e quindi ho partecipato al concorso per entrare nella Scuola di Specializzazione in Patologia Clinica. Ed ora sono al secondo anno, lavoro grazie ad una borsa di studio, nel'ambito della

batteriologia e come commessa part-time in erboristeria. Qualcos'altro? No, nient'altro...solo passione e forza di volontà!

C

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OOLLttRREE IILL BBOONNFFAA aa ccuurraa ddeellllaa rreeddaazziioonnee

alcuni dei diplomati 2009/2010 scrivono alla redazione de “Il Bonfa”… ecco cosa facciamo ora! C’è chi studia, chi lavora nell’impresa di famiglia, chi ha trovato altrove, chi ancora cerca e spera e chi è deluso dalle “promesse” ricevute in passato… l’impatto con il mondo fuori dal Bonfa non è sempre positivo ma per qualcuno inizia a realizzarsi qualche originale progetto.

MONICA G. (EX 5^ A)

studia Fisioterapia Equina a Pisa

SARA B. (EX 5^ A)

studentessa di Scienze Biotec. Agroambientali

ROBERTO B. (EX 5^ D)

sta per aprire un’azienda agricola

GIACOMO P. (EX 5^ C)

rilevatore 6° censimento ISTAT

ALESSANDRO P. (EX 5^ B)

in servizio presso Anpas nucleo cinofilo

e soccorritore 118

MARIANO F. (EX 5^ A)

operaio presso Florette di Casaleggio

RICCARDO B. (EX 5^ B)

addetto ricevimento Magazzini Generali dei

Trafori di Vercelli

CAMILLA C. (EX 5^ B)

studia Scienze Infermieristiche

a Milano

CHIARA C. (EX 5^ D)

cameriera presso gelateria Corradini

RICCARDO O. (EX 5^ A)

studente universitario

SARA P. (EX 5^ C)

studentessa P.R. e Comunicazioni

presso IULM

MARCO M. (EX 5^ C)

a Londra in cerca di occupazione

RICCARDO A. (EX 5^ C)

tecnico luci presso Non Solo Musica

CESARE B. (EX 5^ C)

studia Ingegneria Elettronica a Milano

MARTINA F. (EX 5^ C)

studia Biotecnologie a Novara

ANDREA T. (EX 5^ B)

in cerca di occupazione

VALENTINA G. (EX 5^ C)

studia Biotecnologie a Milano

MATTIA C. (EX 5^ A)

operaio presso Riseria Ceriotti

LUCA R. (EX 5^ B)

in cerca di occupazione

STEFANO B. (EX 5^ A)

in cerca di occupazione

MATTIA C. (EX 5^ C)

titolare al 30% dell’azienda agricola di

famiglia e commercio di legnami

CLAUDIO F. (EX 5^ A)

studente presso Enaip Milano

ROBERTA M. (EX 5^ A)

studentessa di Scienze Geologiche a Milano

GIACOMO C. (EX 5^ D)

coadiuvante presso Impresa Cerealicola

Battioli

PIER C. (EX 5^ A)

barista ma a breve animatore turistico

con Claps

DAVIDE F. (EX 5^ A) E

KATIA V. (EX 5^ B)

studenti Scienze Agrarie a Milano

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AAdai la tua opinione su TEMI DI ATTUALITA’ o PROBLEMATICHE

D’INTERESSE PUBBLICO

scrivi un SMS al numero 377-1992059 (si applica la tariffa telefonica del tuo gestore)

o scrivi una mail a [email protected] o inserisci un

messaggio nella scatola dell’OPINANGOLO in portineria

Dopo il Bonfa ancora a studiare o al lavoro?

Quale impiego e’ possibile trovare?

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ll’’iinnddaaggiinnee,, llaa ccoonnffeerreennzzaa ee iill ppaarreerree ddeeggllii ssttuuddeennttii ddeell BBoonnffaa

«Dietro il dialetto c'è la cultura di un popolo e le sue radici» ha detto l'assessore provinciale all'istruzione Mariani al liceo classico Carlo Alberto mercoledì 19 gennaio scorso. L'occasione è stata la presentazione dei risultati di un'indagine sugli adolescenti e il dialetto agli studenti del liceo e ad un nutrito pubblico. «Questi ragazzi si chiederanno perché il dialetto è così importante, visto che studiano già le lingue straniere moderne e il latino e il greco, le cosiddette lingue morte. Secondo me

Porteremo avanti come provincia di Novara delle iniziative affinché

anche i ragazzi si interessino al dialetto novarese attraverso ad esempio uno studio del passaggio tra latino e dialetto o, con la collaborazione dell'istituto alberghiero, potremmo riprodurre antiche ricette cittadine scritte in dialetto». Il preside del liceo classico prof. Paolo Fratta ha illustrato i risultati di questa indagine: «Tutte le scuole superiori e i licei di Novara, tranne tre, hanno aderito a questa iniziativa. Il risultato è stato di 693 questionari compilati dai ragazzi, che ci hanno fornito un campione importante dei giovani della città ». […] È emerso che solo

, mentre nel 28% dei casi

questo non accade mai e nel 55% delle famiglie accade solo raramente che si utilizzi il dialetto per comunicare. Un altro dato emerso è che nel 57% dei casi è il padre a parlare dialetto, mentre nel 43% sono le madri. Dall'indagine si evince anche che il 4% dei ragazzi ha imparato le prime parole proprio in dialetto novarese. Solo l'11% degli studenti utilizza il dialetto nelle situazioni di rabbia, quando spontaneamente vengono utilizzati espressioni imparate, mentre il 33% usa indifferentemente l'italiano o il novarese. […] Altro dato interessante è quello che riguarda il ragionamento e i calcoli a mente, che dal 97% degli intervistati vengono fatti in italiano. Per quanto riguarda l'espressione dei sentimenti il

, mentre per il 17% è

indifferente e il 5% ritiene che sia il dialetto il modo migliore per esternare le proprie emozioni. Il 18% dei ragazzi pensa anche che sarebbe possibile tradurre i grandi classici della letteratura in novarese, il 22% non è per niente d'accordo, il 33% ha invece scelto come risposta il forse mentre il 27% è completamente indeciso. Dall'inchiesta è emerso anche che il 54% dei ragazzi sente normalmente parlare in dialetto per strada, mentre il 40% al bar e solo il 6% a scuola. L'82% dei giovani sente parlare dialetto tra gli anziani, mentre il 12% ascolta conversazioni in novarese. […] La parte finale del questionario che i ragazzi hanno compilato sul finire dello scorso anno scolastico riguardava invece alcune domande di padronanza lessicale: veniva chiesto loro di tradurre alcune parole dal dialetto all'italiano. «In relazione alle risposte analizzate - ha spiegato Fratta - risulta che il dialetto non rappresenta per gli adolescenti e per le adolescenti una lingua meritevole di essere considerata con la dovuta attenzione ma soltanto una forma di comportamento comunicativo occasionale e meritevole, tutt'al più, di una benevola curiosità».

ffoonnttee:: NNoovvaarraa OOggggii ddii vveenneerrddìì 2211 ggeennnnaaiioo 22001111

aa ccuurraa ddii AAnnnnaalliissaa FFeelliissii

II NNUUMMEERRII DDEELL DDIIAALLEETTTTOO

693 studenti degli Istituti

Superiori hanno risposto al questionario proposto dalla Provincia di Novara

17% parla normalmente dialetto

in casa propria con i genitori

28% dei ragazzi non parla mai

in dialetto con i familiari

54% dei ragazzi sente parlare

dialetto solo per strada

40% degli studenti ascolta

conversazioni in novarese nei bar

82% degli intervistati sente

parlare in dialetto gli anziani

42% degli adolescenti è

incuriosito dal dialetto

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ffoonnttee WWiikkiippeeddiiaa

l novarese (nuares) è un dialetto appartenente al ramo occidentale o insubre della lingua lombarda; viene

parlato a Novara e provincia. Attualmente è scarsamente utilizzato a Novara, dove si predilige l'italiano anche a causa delle massicce migrazioni dal meridione d'Italia che hanno interessato in particolar modo la città, mentre è leggermente più utilizzato nei paesi della provincia, meno interessati della migrazione meridionale. Nel dialetto di Novara città è molto forte l'influenza della vicina Milano, tuttavia non mancano elementi riconducibili alle parlate piemontesi (es.: nel lessico; nella desinenza -uma per la prima persona plurale sul tipo di "mangiuma", mangiamo; nell'uscita del plurale femminile in -i come in "doni", "steli", donne, stelle tipica del Piemonte orientale etc.). Man mano che ci si sposta a ovest l'influenza piemontese diventa sempre più forte.

II pp òò rr tt ii cc hh dd ll aa mm èè cc ii tt àà ddii SSaannddrroo BBeerrmmaannii

La sera tardi, prima d‟andà a cà, fo ‟l gir di pòrtich ad la mè cità. Gh‟è un gran silensi, dorma già la gent, gira nissün, però mi ‟m‟na fa gnent.

I senti gnanca un pò ‟d malincunìa parchè i culoni ìn lì a fàm cumpagnìa: e se a la Tur dl‟Urlogg al suna al bot ghìn sémpar lur par dam la buna not.

A sméa ch‟im dìsan: «Sü! Fa mìa ‟l struson! L‟è ura d‟andà a cà int al tò licion!» M‟igh mandi da luntan prima un basin pö igh passi renta, ià sfiùri da visin,

vöri tucài, dasiòt dagh ‟na carèssa cumè l‟inamurà ch‟al gà mài prèssa. Cuminci a tucà sü cui dal Teàtar (certi pésan già i pum, rùnfan tre o quàtar!);

a cui dal Dom, alti da fa spavent, igh fo sul dal ghilit: lur séntan gnent! Cui dal fund ad la piassa ià lassi stà, inveci, parchè ìn tüti indurmentà,

ìn piculini, früsti, i gàn bisogn, as veda, cumè i vecc, da fa di sogn. Par la stèssa rason mi tuchi mìa cui dla piassa di Erbi, e i tiri via.

Ma quand i rivi, dopu, in Curs Cavour – int la nostra stra granda, al curs di sciur! – ècu m‟aspètan, lüstri mè ‟l velüt, i bèi culoni, e im dan l‟ültim salüt.

Son cusì a post. Podi c usì andà a cà: «Ciàu, mè culoni e pòrtich dla cità! Iv dò par duman sera apuntament, a l‟ura tarda, quand gh‟è pü da gent».

I PORTICI DELLA MIA CITTÀ – La sera tardi, prima di andare a casa, / faccio il giro dei portici della mia città. / C‟è un grande silenzio, dorme già la gente, / non gira nessuno, però a me non importa nulla. // Non sento neppure un po‟ di malinconia / perché le colonne sono lì a farmi compagnia: / e se la torre dell‟Orologio suona l‟una / ci sono sempre loro a darmi la buona notte. // Sembra che dicano: «Su! Non fare il perditempo! / È ora d‟andare a casa nel tuo lettone!» / Io mando loro da lontano prima un bacino / poi passo loro accanto, le sfioro da vicino, // voglio toccarle, dare loro adagio una carezza / come l‟innamorato che non ha mai fretta. / Comincio a toccare quelle del Teatro / (certi pesano già le mele [stanno per crollare dal sonno], russano tre o quattro!); // a quelle del Duomo, alte da fare spavento, / faccio solo del solletico: loro non sentono niente! / Quelle del fondo della piazza le lascio stare, / invece, perché sono tutte addormentate. // Sono piccoline, logore, hanno bisogno / si vede, come i vecchi, di dormire. / Per la stessa ragione io non tocco, / quelle di piazza delle Erbe e tiro via. // Ma quando arrivo, dopo, in corso Cavour / – nella nostra strada principale, il corso dei signori – / ecco che m‟aspettano, lucide come il velluto, / le belle colonne, e mi danno l‟ultimo saluto. // Sono così a posto. Posso così andare a casa: / «Ciao, mie colonne e portici della città! / Vi do per domani sera appuntamento, / a tarda ora, quando non c‟è più gente».

Io sono abbastanza capace di

parlare il dialetto novarese. In casa normalmente i miei genitori parlano abbastanza spesso in dialetto per cui l’ho imparato bene anche io.

(Simone 2^ A)

In casa si parla spesso anche

dialetto, io me la cavo abbastanza bene con il novarese. Lo capisco perfettamente, ho qualche difficoltà in più a parlarlo ma conosco molte espressioni.

(Matilde 2^ A)

Io ho il nonno di Novara e la

nonna di Recetto, quindi il dialetto cambia leggermente anche tra due zone così vicine. Io capisco entrambi i dialetti, ma li parlo poco.

(Nicolò 2^ A)

i

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Lavorando su testi classici di maestri e su racconti scritti dai ragazzi, si cercherà di far capire che scrivere dev’essere funzionale sia a chi scrive

che a chi legge.

, mettendole in

relazione tra loro favorendo la funzione catartica, di sfogo delle

tensioni e delle emozioni che pervadono il vissuto più profondo. Scrivere è però anche un atto di comunicazione con il lettore che deve essere messo in grado di capire i vari livelli di significato della fabula, traendo però anche piacere dalla sorpresa, dalla suspense, dai dialoghi, dalle descrizioni originali e soprattutto dallo stile che è la nostra voce e che insieme al finale costituisce il fulcro del racconto breve.

È la lettura della poesia che sta ritrovando ampio spazio anche tra i giovani attraverso la diffusione di reading e Poetry Slam*, sarabande poetiche che vedono in lizza autori impegnati in vere e proprie tenzoni nel solco della

tradizione toscana medievale e di quella americana,

Lo scopo di questa verità di esperienze è di far notare come gli autori leggano con grande spontaneità i loro versi “dando confidenza” alle proprie creazioni, mentre gli attori tendono a leggere con voce “impostata” che denota tale reverenza nei confronti della poesia da creare distanza tra interprete-testo e testo-ascoltatore.

QUALCHE REGOLA

le poesie possono essere su qualsiasi soggetto e stile;

ogni poeta deve presentare propri testi originali;

ogni testo dovrà avere una durata non superiore ai 3 minuti;

non è permesso utilizzare alcuno strumento musicale o costume o oggetti di scena;

è accettabile che un poeta usi campionature della propria voce e del proprio testo;

una poesia può essere usata una volta sola durante le varie fasi di gioco;

se la performance supererà i 3 minuti saranno conteggiate delle penalità calcolate nel modo seguente.

cchhee ccoossaa ee ’’‟‟ iill PPooeettrryy SSllaamm??

È una tenzone tra poeti, un gioco di società diretto da un Maestro di Cerimonie, sulla falsa riga degli happening rap. Nato negli U.S.A. dove i poeti gareggiano in tre manches duranti le quali dispongono di tre minuti ciascuno per leggere uno o più componimenti personali. Le poesie vengono votate da una giuria (una per ogni manche) composta da sei giurati sorteggiati tra il pubblico. Il voto più alto e quello più basso di ogni votazione verranno eliminati e si terrà conto solo dei quattro voti restanti. Tra una manche e l‟altra e alla fine dello slam sono previsti dei momenti musicali. I tre primi classificati verranno premiati con dei libri di poesie.

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OOggnnii pprroommeessssaa èè uunn ddeebbiittoo…… aa ccuurraa ddeellllaa rreeddaazziioonnee ee ddii CCllaauuddiiaa PPaavvaann ((eexx ccoorrssoo BB))

prometteva e scriveva ma non pubblicava! Ecco un assaggio di ciò che ha fatto per quasi due anni questa ragazza diplomata con il massimo dei voti nel luglio 2010. Promesse fatte alla prof.ssa Rossi e al prof. Rossi… finalmente mantenute! Claudia si è diplomata e si è trasferita dalla pianura dell‟hinterland milanese, tra i freddi monti valdostani. Ama camminare e scrivere, come in un diario, come in un libro di passeggiate e di itinerari ricchi di paesaggi, di particolari e di colori… e per chi ama la montagna non può che essere una lettura piacevole e paradisiaca.

come ha spedito parte dei suoi elaborati alla redazione?

Claudia ha scritto alla redazione: “Come promesso vi invio UN SOLO brano, per la gioia di entrambi i proff. Rossi! Vi allego gli ultimi quattro ma se non vi mando quelli precedenti non so se ci capite molto! Provvederò! Professoressa li modifichi pure se vuole anche perché ci sono dei “pezzi” con tanti nomi di persone e posti ai più sconosciuti oserei dire!”.

- ’tress pre-maturità, afa cittadina, tanto studio sulle spalle. “Cosa c’è di meglio che un po’ di relax tra i monti?”, penso. Ed è lì che torno o meglio, ritorno. Silenzio, concentrazione, tranquillità; sembra che tutto proceda come previsto

ma per fortuna, anche stavolta, qualcuno pensa a movimentare un po’ queste giornate che dovevano essere dedicate allo studio e, in questi casi, lo studio può aspettare! È il 6 giugno, una domenica piovosa che sembra non voler migliorare. Nemmeno un messaggio di Edo, l’elicotterista, che mi promette un giro in elicottero l’indomani, suscita in me la speranza di vedere il sole. Mi addormento, cullata dal tintinnio della pioggia che picchietta sulla persiana, ormai fradicia. La notte passa in fretta, quasi fosse il pisolino pomeridiano di un bimbo e l’indomani sorrido, perché sono proprio il sole e l’eco dell’elicottero a svegliarmi. Mi vesto in fretta e furia e scendo

all’Ecreaux, chiamando Elio che in verità era già lì da molto prima. Saluto l’equipaggio Icarus e attendo con Elio il nostro turno. Avevo proprio voglia di salire a Peroisa per vedere a che punto erano i lavori alle baite e a scattare qualche foto, utile per la mia tesina. Anche Elio voleva farsi un giro lassù. Ma Edo ci comunica che c’è un solo posto ed Elio, da bravo secondo papà quale è, mi lascia andare volentieri! Non avevo ben capito dove però! Poco prima di decollare mi avevano detto che non saremmo andati a Peroisa ma da tutt’altra parte. D’altronde ad un giro in elicottero non si dice mai di no, anche se non si conosce la destinazione e l’ora di ritorno. Con il privilegio si seder davanti, si parte. Questa volta si vola alto, come non avevo mai volato. Attraversiamo tutto

il vallone centrale, la Val d’Ayas, Platò Rosà, fino a Gressoney. Facciamo il cambio della

guardia alla diga del Gabiet e poi via di nuovo verso Cervinia. Certo che vedere i camosci dall’alto è tutta un’altra cosa!!! A 3000 metri forse non c’ero mai arrivata, nemmeno con le mie gambe fino ad allora! Sotto, sopra e tra le nuvole, col Cervino davanti che sembra di poterlo toccare

con un dito. Recuperiamo altre due persone in una specie di rifugio e con loro, andiamo a fare

colazione, per schiacciare il tempo dell’attesa prima del prossimo tiro. Poi è ora di tornare alla base a Chambave: superato e riuscito il giochino del freno a mano per fermare la pala davanti dritta, realizzo che non ricordavo nemmeno più i nomi di tutti i posti che avevo visto passarmi sotto i piedi e che probabilmente ero assai invidiata in quel momento. Una breve visita all’hangar e poi è ora di pulire l’elicottero da quello sterminio di bestiole impastate sul muso. Chiedo di poter rendermi utile ma non se ne parla. Che brutto stare a guardare la gente che lavora! Eppure anche se mi

sento così d’impaccio, sembro non esserlo, dato che mi invitano a rimanere a pranzo con loro. Nel pomeriggio l’ultimo tiro e poi Edo si offre gentilmente di riportarmi a casa, dopo aver sopportato per un giorno intero le mie domande e la mia curiosità; sono rimasti stupiti del mio interessamento per i motori e la meccanica dell’elicottero (non è roba da donne!). Dopo avermi fatta sentire a mio agio in un luogo dove non ero mai stata e con persone che avevo visto solo una volta prima di allora, pare strano sentirsi dire di essere dispiaciuti per il fatto che mi sia annoiata … annoiata? Se è così che ci si annoia, ben venga! Ed è ancora più bello vedere quel sorrisino malinconico di papà e di Elio alla voce dei miei racconti; quel sorrisino che nasconde sempre un po’ di invidia oltre

che di felicità per la sottoscritta! Insomma devo dire che è stato proprio un bel regalo di

compleanno in anticipo di due giorni!

S

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LL’’iinnccuurrssoorree nnaattaalliizziioo ddii IIvvaann PPeelliizzzzaarrii ((44^̂ CC)) ccoonn ll’’iinnttrroodduuzziioonnee ddii FFrraanncceessccaa MMaanntteelllliinnoo ee AAnnddrreeaa LLuucccchhii ((44^̂ CC)) ee ““ll’’iinntteerrvveennttoo ggrraammmmaattiiccaallee”” ddeellllaa pprrooffeessssoorreessssaa AAnnggeellaa PPaanniiggoonnii

Perché leggere un racconto comico?! Per le risate supponiamo… ma il racconto che vi stiamo presentando non è un normale racconto comico che alla fine della lettura ti lascia con il sorriso stampato in faccia. Questo racconto raggiunge l'inverosimile, anzi va oltre ogni logica pensabile ed immaginabile. Quando cervello e coscienza non sono d'accordo tra loro può accadere un autentico disastro! Ok, ok ammettiamo che è assurda come vicenda, ed è ancora più assurdo provare a pensare come questo folle scrittore sia riuscito a realizzare tutto questo. Non sappiamo come definire questo folle racconto tragicomico. Ivan è riuscito a scrivere questo testo sostanzialmente per mancanza di altro da fare. Probabilmente la sua amatissima X-Box l’ha lasciato a piedi e i suoi neuroni hanno preso un lungo periodo di ferie. Se sarete abbastanza

masochisti da leggerlo tutto c'è una “timidissima” possibilità che moriate dalle risate… a voi la lettura ora, vi abbiamo presentato uno dei testi più demenziali e ironici mai scritti da una delle migliori menti malate che abbiamo mai conosciuto (almeno nella nostra classe)! Quindi, studenti e professori, fatevi coraggio (e ce ne vuole!, ndr). Domani nulla sarà tremendo come le vicende capitate al nostro povero protagonista… buona lettura!

20 dicembre 2011: una data come un'altra per un comune essere umano, ma non per Antonio Cazzù. Lui, in realtà, era a

tutti gli effetti un comune essere umano, ma stava per accadergli qualcosa, qualcosa che gli avrebbe cambiato la vita. Il nostro protagonista, come tutti gli anni, aveva prenotato un viaggio per Strullù, un piccolo paese della Sardegna, immerso nel verde dei suoi pascoli. Era lì, che vent'anni prima, Gerri Cazzù e Marri Sastù avevano dato alla luce Antonio, all'interno della piccola stalla per le capre, proprio come Gesù bambino. La partenza era prevista per le ore 22:22 dall'aeroporto di Malpensa, destinazione Cagliari e poi 16 ore di corriera senza soste per la campagna. Antonio durante il check-in si sentiva sempre a disagio a causa forse del suo testicolo robotico o forse semplicemente per la fibbia a forma di Hello Kitty. Salito sull'aereo pensò: “Ma speriamo di aver chiuso il gas. A proposito, ma l'ho pagato almeno. Ma mi sa di no. Il giorno in cui dovevo farlo mi chiamò mia mamma dicendo di portargli una bella fetta di gorgonzola Santi, anzi adesso che ci penso a me il formaggio fa schifo, ma non mi piace neanche mia madre, ma quindi mia madre e formaggio... bah!”. Ad un certo punto un urlo interruppe i dotti pensieri del nostro eroe, irruppe infatti una hostess che sbraitando disse che il pilota aveva avuto un infarto, e che il copilota alla visione del compagno ebbe la stessa sorte, quindi cercava disperatamente un pilota, un uomo si alzò e disse “Io, io, ioognnn”, anche lui colpito da infarto, l'hostess allora disse: “Presto un dottorgnnnnn”, infarto, un uomo “Sono io un dottorgnnnnn”, infarto, a no, solo un balbuziente. Il dottore rianimò tutti felicemente consentendo al pilota di atterrare. Antonio mise piede in paese alle ore 1:38 tra gli abbracci dei cinque paesani, tre capre e sette pecore. Appena arrivato a casa sua mamma gli chiese: “Vuoi a pera?”, “No mamma, grazie, sono stanco”, “Vuoi un formaggino?”, “No grazie”, “Un poco di pecorino?”, “No, voglio andare solo a letto”, “Vuoi un pezzo di pane carasau?”, “Nooooo mamma!”, “Va bene Anto‟ buonanotte”. “Notte ma‟...!”. Il mattino seguente il nostro protagonista si svegliò, quel giorno il cielo era plumbeo, appena arrivato in cucina suo padre lo vide e gli disse: “Vuoi venire al pascolo con me oggi?”, “No pa‟, volevo andare a sud”, “Al pascolo?”, “No, a nord”, “Quindi al pascolo?”, “Senti papà non voglio venire con te in „sti pascoli, l'ultima volta che sono venuto mi scappava da urinare, sono andato dietro a un albero e un ariete per difendere il suo territorio mi ha mangiato un testicolo, e il dottor Prupù me ne ha costruito uno robotico ricordi?”. “Aaaaah già dimenticavo allora stai in casa e aiuta tua madre a pulire, ok?”, “Vaaaaaaaaaaa bene”. Appena il signor Gerry varcò la porta, sul tavolo da pranzo si formò un buco bidimensionale che si collegava ad un altro mondo. Antonio fu risucchiato da tale vortice finendo nel meraviglioso mondo di Christmapolis, un arcaico paese, tinto dei tipici colori natalizi, verde, rosso, bianco, ocra ecc.. Il nostro eroe non ebbe il tempo di capire cos'era accaduto, che il varco si richiuse alle sue spalle, si trovava in un luogo sconosciuto, sulla terra erano le nove di mattina del 22 dicembre 2010. Antonio fu travolto da mille elfi che correvano verso di lui, i piccoli omuncoli lo travolsero durante la fuga facendogli perdere i sensi. Dopo un paio d'ore circa si risvegliò all'interno di un letto con un panno bagnato sulla fronte e un termometro nel retto. La prima cosa che penso appena riaprì le palpebre fu: “Oddio dove sono finito? In che strana ubicazione cubica mi trovo? Ai lati della stanza palline di natale, sul soffitto tacchini spiumati e senza testa appesi e sul pavimento un tappeto di vero panda... come minimo sono finito in una casa di un elfo come diceva il mio manuale di “Dungeons & Dragons”, oppure a casa di mia nonna Gertrude a Sassari, bah!”. Ad un certo punto la porta della piccola stanza si aprì e un omuncolo si prostrò davanti ad Antonio, sbuffando così da sotto i suoi lunghi baffi a manubrio disse: “Weeee forestiero, allora come butta, c'è adesso, io non so cosa ti è successo però, sicuramente sarà colpa del consumismo per non parlare c'è della crisi che poi dai hai capito no?”. “Ehm in realtà no!”. “Ma si c'è va beh, dai, comunque come butta oh è, oh è, oh, è come stai, c'è sembri uno che è andato in botta oooooh, come ti sei conciato oh?”. “ Ma sto abbastanza bene ora, ma dove mi trovo?”. “ Ooooh ma chi sei, tu sei nuovo? Sei a Christmapolis, la città del vecchio...”. “Del vecchio?”. “Sì il babbo, noo? Ma si babbo Natale è lui il padrone di „sta baracca c'è, è tipo il dittatore no, c'è...”. Il nostro eroe preso da un forte spasmo, uscì dalla stanza, dando uno spintone al piccolo uomo, facendolo rotolare per terra. Appena fuori vide i piccoli elfi, schiavizzati e martoriati da Babbo Natale, anche se, da come si stava comportando, ricordava di più Hitler. Il suo piccolo amico uscì e gli intimò di rientrare, prima di essere visto, Antonio acconsentì. Gasp, così si chiamava quella strana creatura, gli raccontò che molti anni prima Babbo Natale insorse nel loro paese,

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schiavizzandoli e costringendoli a costruire giocattoli da spacciare una volta all'anno ai bambini della terra, sperando che con la magia elfica, sarebbero rimasti piccoli in eterno, così facendo aspirava a diventare sovrano del mondo. Gli elfi, però erano riusciti a immettere il minimo di energia nei balocchi incantati facendo così durare tale potere solo per il dì in cui si scartavano i giochi. Il vecchio aveva però scoperto il trucco e aveva somministrato droghe per incrementare il loro potere al massimo rendendolo cosi incontrollabile. Con l'arrivo del 25 dicembre la razza umana avrebbe cominciato la sua estinzione. Antonio rimase di stucco, e dopo essersi cosparso di acquaragia, tornò normale e chiese a Gasp perché non si erano ancora ribellati. L'elfo rispose che molti di loro erano riusciti a nascondersi, ma gli altri costretti a lavorare erano strettamente tenuti d'occhio da Babbo e dai Guardiani rossi, buffi soldati vestiti come Babbo Natale e con una spada fatta di carbone per punire gli elfi cattivi. Ad un certo punto la porta si spalancò ed entrò nella stanza una Guardia, Gasp si mise ad urlare, intimando ad Antonio di scappare con il suo jet pack e di avvisare i terrestri del disastro imminente. La guardia ordinò al nostro eroe di restare lì, se no l'avrebbero lapidato con palle natalizie. Appena si ebbe un momento di pace Antonio cercò di pensare velocemente ad un piano per scappare o per liberare il mondo elfico dal vecchio, optò per la seconda. Antonio si rifugiò così in cantina per non essere visto, qui prese penna e pergamena e cominciò a disegnare più o meno una mappa di Christmapolis. Al centro vi era una collina su cui era seduto Babbo Natale e tutto intorno era pieno di guardie che approssimativamente erano due per ogni cinquanta metri quadri. “Che schifo!!!” sbottò Antonio, gettando via il succo alla carruba trovato nella cantina. “Tornando al piano, penso, sia ancora peggio del succo, ci vorrebbe un mantello dell'invisibilità per non essere beccati in questo lager come minimo”. All'improvviso si sentirono nella casetta i passi del guardiano, il nostro astuto eroe prese allora un'accetta trovata casualmente, e con un pizzico di coraggio uscì dal sottosuolo, la guardia si spaventò all'inizio ma poi gli corse incontro, Antonio gli mollò cosi un destro, una ginocchiata e poi un'accettata nel basso ventre. Un'ora dopo si ritrovò rinchiuso nelle prigione per tentato omicidio di una guardia. Egli si trovava in una cella molto luminosa, dotata di una branda, un lavabo e un gabinetto “lindo e pinto”. Dopo pochi minuti con suo grande stupore si accorse che a lato della stanza vi era Gasp il piccolo elfo che l'aveva protetto precedentemente e che ora avrebbe dovuto aiutare, ne andava dell'orgoglio di un Sardo monotesticolato come lui. I due con i loro grandi cervelli pensarono a un piano di fuga. Dopo neanche 40 petosecondi i due lo misero in pratica. Fu così che Antonio con le mani al water cominciò a borbottare: “Con un TicTac fai una bomba e con una Vespa voli sui colli bolognesi appari o signore che tutto fa con tutto!”. Si sentì cosi un “pufff” con una piccola nuvoletta di fumo lilla dal quale apparve il mitico Mc Giver, il quale senza dir nulla prese un sassolino, lo unì con uno spago e lo tirò contro le sbarre, gettandosi all'indietro urlando: “Bomba in tanaaaaaa!”. Fu così che le sbarre esplosero senza far rumore, Mc Giver sparì salutandoli con un cenno del capo e i due scapparono a gambe levate. I nostri due eroi, usciti dal carcere, si trovarono alle spalle di Babbo Natale, il quale si dilettava a frustare i poveri elfi con un bastone di ciliegio secolare. Antonio dovette così pensare velocemente a un piano per distruggere la malvagità del vecchio e riportare la pace nel regno. Ad un tratto non si vide più nulla, un'alta cortina di fumo si presentò davanti ai due, e dallo stesso apparve uno strano individuo alto all'incirca su per giù, con capelli castani, pelato, occhi neri tendenti all'azzurro, grasso ma magro vestito interamente da Elvis Presley. Si trattava di uno sprugnaff, una creatura che attraversa le varie dimensioni e che può evocare anche altri esseri che disse: “Quest'anno ho visto la tirannia di questo mondo e ho pensato di fermare Babbo Natale, ma da solo non ce l'avrei mai potuta fare quindi, ho dovuto chiedere aiuto ad un'altra buon'anima, la tua è stata scelta per questa missione, e ora non potrai fuggire fino a quando non la porterai a termine”. “Quale missione?”. “Te l'ho appena spiegato, tu sei l'unico in grado di sopportare i temibili raggi esplosivi emanati dal vecchio senza perire, sei il prescelto”. Lo sprugnaff e Gasp guardavano il nostro eroe con area speranzosa, coraggiosa, un po' stupida e con un tocco di malizia sperando nella sua accettazione. Antonio nel mentre pensava dentro di sè: “Io sono il prescelto, lo scelto prima, quello preso con una scelta per questa missione, sì per compiere una missione, una vera avventura, di sicuro molto più bella di quando ho munto un gatto mentre preparavo la polenta stando sopra la pentola, con in braccio il mio aposcrofalo mentre pulivo il camino e stendevo il bucato...”. Antonio urlo: “Lo facccccioooooooo!!!”. I due emisero un grido di gaudio di e gioia. Fu così che lo sprugnaff rigurgitò un fucile d'assalto rosso e verde che sparava carbone, rimodellato a proiettili con chiusura a blocchetto oscillante comandato tramite leva e una tenera cometa disegnata sul calcio. Dal nulla apparì poi sul corpo del nostro eroe una bellissima armatura in laminato plastico, ornata in pizzi e merletti d'acciaio inox con punta di diamante ricoperta da astato brillante. I due guardarono Antonio e gli indicarono Babbo Natale come per dirgli: “Vai e distruggilo”, oppure “Guarda che bel tempo”, o forse “Guarda che dietro di te ci sono due guardiani che stanno per prenderci”. Antonio così si girò e sparò cinquantordici colpi ben assestati al petto facendo implodere gli ignari nemici. Fu così che il protagonista armato di grinta, ma soprattutto di fucile, si incammino sulla collina del dittatore con una graziosa biciclettina rosa. Ci mise nove ore. Appena arrivato, guardò Babbo Natale e lo finì. Non aveva però calcolato i suoi più temibili alleati le fantomatiche renne di Babbo Natale, Rudolph, Dixen, Vixen, Comet, Dazzle, Cupid, Donner, Prancer e Dasher tutte e otto molto arrabbiate stavano per investire Antonio rischiando di ucciderlo, fortunatamente egli riuscì ad abbassarsi in tempo, schivando il tremendo urto. Apparve cosi lo sprugnaff che battendo le mani fece perdere a loro la capacità del volo facendole cadere a terra. Si sentì un forte boato di gioia da tutti gli elfi che gridavano “BEVOOO, BEVOOO, MI UBRIACO E SON FELICE ANCHE SE POI VOMITOOOO !”. Inno in questo momento privo di alcun significato. Antonio decise di fermarsi in quel mondo per festeggiare Natale e anche lo sprugnaff acconsentì. Un anno dopo Gasp e Antonio si erano sposati costituendo la prima coppia omosessuale di Christmapolis; lo sprugnaff aveva ricominciato a girare per i mondi quando ad un certo punto ricomparì dagli elfi, per avvertire Antonio di una nuova missione, sgominare la guerra tra koala carnivori contro leoni erbivori d'acqua dolce, ma questa è un'altra storia. Alla prossima.

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Il concorso consisteva nello svolgimento di uno dei seguenti temi:

1) Nel 2011 ricorrono i centocinquant’anni dell’unità nazionale italiana. Questa unità, che

oggi si inserisce nel quadro più vasto, continentale, del processo di unificazione europea,

ha di fronte a sé sia nuove opportunità (una nuova forma di convivenza di tipo federale) sia

nuovi problemi e nuovi rischi (crescita delle differenze interne, minore coesione nazionale,

spinte disgregatrici). QUALI RAPPORTI VI SONO, A VOSTRO PARERE, FRA UNITÀ NAZIONALE

ITALIANA E UNIFICAZIONE EUROPEA, FRA PROSPETTIVE DI RIFORMA FEDERALE

DELL’ITALIA E PROSPETTIVE DI COSTRUZIONE DI UNA VERA E PROPRIA FEDERAZIONE

EUROPEA? Come si può valutare l’idea di una nuova unità federale italiana nel quadro di

una nuova unità federale europea?

2) Nella recente storia europea, accanto agli Stati, sono protagoniste del processo di

unificazione europea anche le istituzioni locali e regionali. Queste istituzioni sono

rappresentate, a livello europeo, nel Comitato delle Regioni, che è un importante

organismo dell’Unione. Di fatto la vita dei cittadini europei si svolge oggi nello stesso

tempo a diversi livelli: locale, regionale, nazionale, comunitario. Quale ruolo pensate

debbano avere le regioni nei confronti delle istituzioni europee a fronte anche delle

maggiori competenze che andranno ad avere grazie al processo di riforma federale dello

stato? E QUALE RUOLO SPECIFICO PENSATE POSSANO E DEBBANO SVOLGERE LE ISTITUZIONI

LOCALI E REGIONALI PER FARE FRONTE ALLE DIFFICOLTÀ E AI PROBLEMI DEL PERCORSO DI

UNIFICAZIONE EUROPEA?

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ccoonnccoorrssoo:: ““DDiivveennttiiaammoo cciittttaaddiinnii eeuurrooppeeii”” ccoooorrddiinnaattoo ddaallllaa pprrooff..ssssaa MMaaddddaalleennaa DDee NNeeggrrii ccoonn llee ccllaassssii 22^̂BB ee 33^̂BB

“La ricorrenza dei 150 anni dell’unità nazionale italiana è motivo di riflessione sulle origini della

nostra nazione ma anche sull’attuale riforma dello stato in senso federalista. Questo nel contesto

di un’Europa che da tempo ha in corso il processo di unificazione. La crescita dell’interdipendenza

internazionale è avanzata a tal punto che i problemi fondamentali dello sviluppo economico-

sociale possono essere affrontati solo da istituzioni sovranazionali che limitino in sostanza la

sovranità assoluta. La povertà nel mondo, l’esplosione demografica, le emigrazioni bibliche, il terrorismo internazionale sono problematiche che devono essere affrontate e

gestite in ambito internazionale e intercontinentale. La priorità è dunque creare, a livello

europeo dove l’interdipendenza è particolarmente avanzata, sistemi di governo sovranazionali di

tipo federale, in grado di gestire in modo democratico ed efficiente queste nuove problematiche,

rafforzando nel contempo l’insieme delle comunità regionali politicamente unificate”.

“Il tema che ho scelto proponeva di paragonare l’unità federale italiana a quella europea,

inserendo in questo contesto anche il 150esimo anniversario dell’unità d’Italia. Scrivendo questo

tema e leggendo svariati scritti che mi sono serviti per meglio documentarmi, mi sono accorto

che, pur tenendo presente i valori del Risorgimento, il federalismo e la confluenza nell’Unione Europea sono effettivamente dei mezzi efficaci per migliorare un sistema di governo ormai obsoleto non in grado di rispondere alle esigenze delle autonomie locali”.

hanno partecipato al concorso: Eleonora Segale (3^ B), Ivan Bernardi, Riccardo Lena, Mirko Gerosa e Michele Nominelli (2^ B) – i vincitori saranno individuati nella primavera 2011 da una commissione appositamente istituita.

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i Giorni della Merla nome deriverebbe da una leggenda secondo la quale, per ripararsi dal gran freddo, una merla e i suoi

pulcini, in origine bianchi, si rifugiarono dentro un comignolo, dal quale emersero il primo giorno di

febbraio, tutti neri a causa della fuliggine. Da quel giorno tutti i merli furono neri.

Secondo una versione più elaborata della leggenda una merla, con uno splendido candido piumaggio,

era regolarmente strapazzata da Gennaio, mese freddo e ombroso, che si divertiva ad aspettare che la merla

uscisse dal nido in cerca di cibo, per gettare sulla terra freddo e gelo. Stanca delle continue persecuzioni

la merla un anno decise di fare provviste sufficienti per un mese, e si rinchiuse nella sua tana, al riparo, per tutto

il mese di gennaio, che allora aveva solo 28 giorni. L'ultimo giorno del mese, la merla pensando di

aver ingannato il cattivo Gennaio, uscì dal nascondiglio e si mise a cantare per sbeffeggiarlo. Gennaio si

risentì talmente tanto che chiese in prestito tre giorni a Febbraio e si scatenò con bufere di neve, vento,

gelo, pioggia. La merla si rifugiò alla chetichella in un camino e lì restò

al riparo per tre giorni. Quando la merla uscì, era sì salva, ma il suo bel

piumaggio si era annerito a causa del fumo e così rimase per sempre con

le piume nere.

Come in tutte le leggende si nasconde un fondo di verità, anche in

questa versione possiamo trovarne un po', infatti nel calendario romano

il mese di gennaio aveva solo 29 giorni, che probabilmente con il

passare degli anni e del tramandarsi oralmente si tramutarono in 31.

Sempre secondo la leggenda, se i “giorni della merla” sono

freddi, la primavera sarà bella, se sono caldi la primavera arriverà in

ritardo. Per quanto la leggenda parli di una merla, nella realtà questi

uccelli presentano un forte dimorfismo sessuale nella livrea, che è bruna,

becco incluso, nelle femmine, mentre è nera brillante, con becco giallo-

arancione, nel maschio.

Sant’Antonio ant'Antonio è considerato anche il protettore degli animali domestici,

tanto da essere solitamente raffigurato con accanto un maiale che reca

al collo una campanella. Il 17 gennaio tradizionalmente la Chiesa

benedice gli animali e le stalle (nella foto accanto alcuni

studenti del Bonfantini per le vie di Galliate, ndr.) ponendoli sotto la

protezione del santo. La tradizione deriva dal fatto che l'ordine degli

Antoniani aveva ottenuto il permesso di allevare maiali all'interno dei centri

abitati, poiché il grasso di questi animali veniva usato per ungere gli

ammalati colpiti dal fuoco di Sant'Antonio. I maiali erano nutriti a spese della

comunità e circolavano liberamente nel paese con al collo una campanella.

Secondo una leggenda veneta, la notte del 17 gennaio gli animali

acquisiscono la facoltà di parlare. Durante questo evento i contadini si

tenevano lontani dalle stalle, perché udire gli animali conversare era segno

di cattivo auspicio.

il

S

17

SSaann GGiiuulliioo:: llaa ffeessttaa ddeellllaa BBaaddiiaa ddii DDuullzzaaggoo ssii èè rriinnnnoovvaattaa llaa ttrraaddiizziioonnee ddeell bboorrggoo aa ppoocchhii cchhiilloommeettrrii ddaa NNoovvaarraa

i sono ricorrenze che lasciano un segno indelebile,

anche con il passare dei secoli, delle usanze e dei

costumi. Una di queste feste, per la quale nella

gente della zona di Bellinzago mai si attenua il ricordo, è

quella dedicata al patrono della Badia di Dulzago, san

Giulio, la cui venuta sul Terdoppio è legata alla storia

stessa di Dulzago. Ritorna l’ultima domenica di gennaio la

festa patronale di san Giulio, una festa di famiglia, una

ricorrenza sentita e partecipata dai pochi abitanti della

Badia di Dulzago e dai fedeli del santo. Ben raccolta e

chiusa nei suoi cortili, la Badia sorge sopra un colle, come

una visione fantastica. Tanto pittoresche sono le vecchie

case screpolate che si aggrappano all'edificio medievale

del convento e difendono la chiesa: due costruzioni che

reggono abbastanza ai secoli, benché abbiano da tempo

compiuto gli ottocento anni. Bene scrisse il parroco, padre

Mario Airoldi: "Chissà come videro questo colle i primi

benedettini (lasciateci pensare che furon loro i primi),

quel primo drappello venuto a cercare, con occhio

sapiente di acque e di terre, di lune e di stagioni, di pietre

e di archi, venuto a cercare un luogo dove insediarsi: uno

sciame migrato da chissà quale alveare, per creare un

arnia alla loro vita laboriosa e pacifica"

Forse, a rendere più partecipata la festa di San Giulio, è

quell'intimo bisogno di raccogliersi un poco in quella

piccola chiesa, con le tre navate volte a Oriente, di

meditare, di pregare, e forse di veder affiorare da quel

volto di legno del santo un sorriso che infonderà coraggio

e speranza: "Sembra di vederlo, il santo costruttore,

intento a battezzare nel rozzo fonte di pietra i contadini

dei nostri antichi villaggi, i pagani appunto, strappati alla

radicata devozione dei vecchi numi protettori di campi e

raccolti e a costruire ruvide chiese e ad andare oltre, di

plaga in plaga, fino all'isola pietrosa, con il suo codazzo

di serpi e dragoncelli, dietro il mantello navigatore, come nella statua della nostra chiesa”. Così Padre

Mario nella presentazione del volumetto

“Dulzago e la Badia di San Giulio”, 1980. Forse,

a rendere più cara e diversa questa ricorrenza, è

quella gioiosa cornice esterna - di pietre e di archi

- è quel minestrone profumato che persone di

buona volontà preparano all'aperto; il pigia pigia

della gente attorno ai sette calderoni di rame; la

gioiosa attesa di un mestolo di fagiolata e di un

pezzo di pane benedetto. "L'ospitalità era, è un

cardine della vita monastica. Gli ospiti siano

accolti come Cristo in persona. L'accoglienza è il

pane spezzato e condiviso della pace”.

È un ricordo bello che vive tuttora nella fagiolata

annuale.

C la solennità

in 3 date significative

gennaio 1940: nella solennità di san Giulio, il 31 gennaio, una lunga processione di devoti si

portò all’Abbadia per onorare il Patrono di quella chiesa e per partecipare alla

distribuzione della minestra benedetta che libera i contadini dai morsi del serpente.

gennaio 1941: il 31 gennaio ha segnato una fervida giornata di pietà. I più coraggiosi non

curanti della forte nevicata si recarono armati di pentolini all’Abbadia per ricevere i

tradizionali fagioli benedetti per la festa di san Giulio; i più calmi rimasero a casa ed attorno

all’effige di san Bosco, esposto all’altare di Maria Bambina.

gennaio 1968: quest’anno una novità caratterizzerà la festa della Badia; infatti essa si svolgerà la domenica 28 gennaio. Questa

innovazione non è stata dettata dal caso, ma dal fatto che, essendo ora il Comune solo

parzialmente agricolo, alla Badia, nel giorno della festa che cade il 31 gennaio,

rimarrebbero solo i frazionisti, dovendo gli altri recarsi al normale lavoro.

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HHAAIITTII uunn aannnnoo ddooppoo

L’Agenzia Italiana per la Risposta alle Emergenze raggruppa le più importanti ed autorevoli organizzazioni non governative

presenti in Italia che un anno fa scelsero di unire le loro forze per rispondere in modo

tempestivo, efficace e trasparente alle gravissima emergenza umanitaria dopo il terremoto ad Haiti.

ggllii iinntteerrvveennttii aadd HHAAIITTII on i soli fondi donati dai cittadini italiani, le organizzazioni di AGIRE hanno portato aiuto a circa 250 mila persone. Oltre alla immediata distribuzione di cibo, acqua e beni di prima necessità, nelle fasi immediatamente successive al terremoto sono stati allestiti rifugi temporanei per oltre 5 mila persone.

In 41 campi sfollati, grazie alle donazioni raccolte è stato possibile realizzare più di 1.300 latrine e punti

d'acqua. Con 32 strutture educative temporanee, è stato possibile riportare a scuola e offrire supporto psico-sociale a circa 25 mila bambini. Tra gli ulteriori interventi della prima fase: l'estrazione di vittime dalle macerie, il ricongiungimento familiare dei minori non accompagnati, il sostegno alla produzione agricola di sussistenza, la rimozione delle macerie. A partire dall'estate, gli interventi sono entrati in una fase più avanzata. Le ONG di AGIRE si sono concentrare nei settori educativo e igienico sanitario e nel fornire supporto abitativo agli sfollati. I fondi hanno consentito tra l'altro di ricostruire 12 scuole, 2 orfanotrofi e 4 centri sanitari. Questo impegno a tutto campo non ha impedito alle organizzazioni di rispondere tempestivamente all'epidemia di colera scoppiata negli ultimi mesi del 2010. Gli interventi hanno previsto campagne di sensibilizzazione, distribuzione di acqua potabile e e kit igienico-sanitari, allestimento e gestione di centri di primo trattamento, realizzazione di strutture igieniche nelle zone più povere.

ii sseettttoorrii ddii IINNTTEERRVVEENNTTOO un aiuto immediato: le distribuzioni e la prima emergenza CIBO / CURE MEDICHE / ACQUA POTABILE / BENI DI PRIMA NECESSITA’

Nelle fasi immediatamente successive al terremoto, le ONG hanno cercato innanzitutto di rispondere ai bisogni essenziali delle popolazioni colpite prestando una particolare attenzione alle fasce vulnerabili.

un riparo sicuro: rifugi e costruzioni RIFUGI / RIABILITAZIONI / INFRASTRUTTURE

Le ONG lavorano all'interno di 40 campi sfollati fornendo tende, teli in plastiche e altre strutture temporanee. La ricostruzione sta riguardando non abitazioni private, ma edifici di cui possa beneficiare l’intera comunità: ospedali, scuole, centri comunitari e sociali

la salute prima di tutto: miglioramento delle condizioni sanitarie ASSISTENZA SANITARIA / PROGRAMMI NUTRIZIONALI / ACQUA POTABILE / LATRINE, DOCCE E LAVATOI

I programmi non riguardano solo la riattivazione delle strutture sanitarie esistenti, ma anche la gestione di cliniche mobili e il sostegno nutrizionale. Tra gli altri interventi prioritari: distribuzione acqua potabile, riabilitazione infrastrutture idriche di base, costruzione latrine e punti acqua, educazione igienico-sanitaria. Importanti gli sforzi per fronteggiare l'epidemia di colera scoppiata a ottobre 2010.

crescere sicuri: educazione e protezione dell'infanzia SPAZI A MISURA DI BAMBINO / SCUOLE / CENTRI DI ACCOGLIENZA / IDENTIFICAZIONE MINORI / DIRITTI DELL’INFANZIA

Per restituire un senso di "normalità" ai bambini, è innanzitutto indispensabile riattivare i percorsi scolastici integrandoli con programmi psico-sociali per superare lo stress post traumatico. Le ONG, accanto agli interventi educativi classici, hanno privilegiato la creazione di spazi sicuri per l’infanzia e la promozione dell’ambito ludico- ricreativo.

un aiuto per ricominciare: uscire dalla prima emergenza SOSTEGNO AD ATTIVITA’ PRODUTTRICI DI REDDITO / RIDUZIONE DEL RISCHIO

I programmi di Cash for Work (denaro in cambio di lavoro) e di generazione di reddito hanno contribuito a ridurre la dipendenza delle comunità dagli aiuti, spesso integrando componenti di mitigazione dei rischi e rafforzamento delle capacità di risposta alle emergenze.

C

ecco il

versamento con bollettino postale

effettuato l’8 febbraio 2010 a favore di AGIRE

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FFiieerree AAggrriiccoollee aa FFeebbbbrraaiioo ee mmaarrzzoo ttuuttttee llee FFiieerree AAggrriiccoollee ddeell mmeessee ddii ffeebbbbrraaiioo ee mmaarrzzoo iinn IIttaalliiaa ee iinn EEuurrooppaa

Cimag - prossima Edizione 03/Febbraio/2011 Salone Internazionale di Macchinari per il Settore Agricolo e l'Allevamento Silleda, Spagna

Fruyver - prossima Edizione 15/Febbraio/2011 Fruyver - Salone delle tecniche per il settore ortofrutticolo

Saragozza, Spagna

Tecnovid - prossima Edizione 15/Febbraio/2011 Tecnovid - Salone tecniche e attrezzature per la viticoltura Saragozza, Spagna

BioFach - prossima Edizione 16/Febbraio/2011 BioFach - Esposizione dedicata ai prodotti organici. A BioFach i visitanti trovano i seguenti

prodotti: alimenti ecologici, altri prodotti naturali (giocatoli, regali, tessuti) Norimberga, Germania

Agrifil - prossima Edizione 19/Febbraio/2011 Agrifil - Salone Biennale della Filiera Agroalimentare Rimini, Italia

Salon international de l’agriculture - prossima Ed. Febbraio/2011 Esposizione Agricola Internazionale

Parigi, Francia

SIMA - SIMAGENA - prossima Edizione Febbraio/2011 SIMA la Maggiore Esposizione Internazionale dell'Agricoltura Roissy, Francia

Artigiana Italiana - prossima Edizione Febbraio/2011 Artigiana Italiana - Salone della Qualità Artigiana Italiana

Milano, Italia

Spannabis - prossima Edizione Febbraio/2011 Spannabis - Salone della Canapa e derivati Cornella, Spagna

Farm Shop and Deli Show - prossima Edizione Febbraio/2011 Farm Shop & Deli Show - Gastronomia di prodotti locali e prelibatezze

Birmingham, Regno Unito

Qualicoop - prossima Edizione Marzo/2011 Qualicoop - Salone alimentare del prodotto di cooperativa Horeca, Saragozza, Spagna

Agrotech - prossima Edizione Marzo/2011 Agrotech - Fiera Internazionale Tecnica Agricola

Kielce, Polonia

IFE - prossima Edizione Marzo/2011 IFE Esposizione Internazionale Alimentari & Bevande London, Regno Unito

Fima Ganadera - prossima Edizione Marzo/2011 Fima Ganadera - fiera del settore dell'allevamento

Saragozza, Spagna

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!! !! !! BBoottttaa ee RRiissppoossttaa !! !! !!

M E M O R A B I L I I N T E R R O G A Z I O N I

Rifletti prima di rispondere. Prof., io ho riflesso veramente tanto!

PERCHÉ IL CANTO GREGORIANO ERA CANTATO DA SOLI UOMINI? PERCHÉ LE DONNE ANCORA NON ESISTEVANO.

La Russia era al secondo posto fra le potenze militari. Sai dirmi il perché? Perché il primo era occupato.

SE UN LAGO NON È NATURALE È…? FRIZZANTE!

Parlami di un argomento a piacere. No prof.! Troppo difficile come domanda!

QUAL È LA CAPITALE DELLA REPUBBLICA CECA? PRADA.

Prof. è suonata!!! Come ti permetti? Non lei prof.!!! La campanella! Ci sarebbe l’intervallo.

SE IN UN DOCUMENTO DI TRASPORTO IL PORTO NON È FRANCO, COME PUÒ ESSERE? UGO!

Professoressa oggi la vedo molto raggiosa! Non si dice raggiosa si dice radiante. (GASP!)

COMPLIMENTI AVETE PRESO NOVE!!! SUL SERIO PROF.! SI PERÒ L’AVETE PRESO IN 3!

Come si dice “quanto costa” in inglese? Wat’s cost!

COME SI SCRIVE D’ALTRONDE?! DAL APOSTROFO TRONDE!

llaa bbaaccOOccaa una sorta di bacheca che raccoglie tutte le stranezze e le frasi da ricordare che

rendono più allegre le lezioni e le “avventure” scolastiche è possibile segnalarle al n° 377.1992059 o nella scatola dell’OPINANGOLO o a [email protected]

PPaassssaaggggiioo ddii TTeessttiimmoonnee nneellllaa BB

ggllii ssttrraaffaallcciioonnii ttrraa ii bbaanncchhii ddii ssccuuoollaa ttrraa ccoommppaaggnnii ee ccoonn ii pprrooff.. cchhee ccoonnttrriibbuuiissccoonnoo aadd aalllleeggggeerriirree ii sseessssaannttaa mmiinnuuttii ccaannoonniiccii ddii lleezziioonnee……

Hai visto che nevica?! Uuuh! Siii! Spero che stanotte nevichi tutto il giorno!

Ire cosa sono quelli?! I fawer! I fawer?! Non sai cosa sono i fawer? Ma che infanzia triste hai avuto? (apre la confezione) Ma quelli sono i wafer!!!

Prof. la “a” di “venga a prendere” va con l’acca vero?! Ma ti pareeeeee?!? Ok, non sapevo se fosse lì o in “vengha”, ora lo so!

Prof. scusi per il ritardo ma c‟era giù il passaggio a livello! Igor tu devi passare quando il passaggio a livello è alzato non quando è abbassato!

Matteo sono indeciso tra 6/7 e 7. Sei partito bene e poi ti sei perso! Eh prof., lei si è sistemata i capelli e non ho capito più niente!

Prof. ho mal di stomaco. Hai fatto colazione? Si, ho bevuto il latte. Devi bere il latte HD! Uh, quello ad alta definizione?! Cretino, ad alta digeribilità!

Qual è la principale opera di Cervantes? Don Rodrigo! No, don Chisciotte

Fai un esempio di una cultivar di melo. La Melinda!

L’acqua ruscella.

Che fisico che ti è venuto! Fai bidi bolding!?

Il latte vaccino contiene i vaccini.

redazione de “Il Bonfa” – responsabile docenti (quello con cui prendersela se non andasse bene qualcosa) prof. Guido Rossi con il sostegno prof.ssa Mariarosa Bordino, prof.ssa Antonella Luini e prof.ssa Maria Grazia Cangemi; hanno collaborato a questo numero Andrea Lucchi, Francesca Mantellino, Giulia Peratello, Elisa Gobbato, prof.ssa Rosa Rossi, Irene Francese, Nicolò Tega, Matilde Mona, Simone Contartese, Claudia Pavan, Ivan Pelizzari, prof.ssa Maddalena De Negri, Eleonora Segale, Ivan Bernardi, Alessandro Minio, 27 ex studenti a.s. 2009/2010, “Una scuola per la vita” del prof. Carlo Garavaglia, mittenti vari, fonti bibliografiche e internet citate, sorrisi, consigli e critiche pertinenti e costruttive. E speriamo di non aver dimenticato nessuno!

STAMPATO IN PROPRIO – Vignale (Novara), trentunogennaioduemilaundici