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novembre|dicembre 2013 pSommario

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Editoriale Stefano Laporta 2I satelliti aiutano, ma non ci salvano dall’abuso del territorio Bernardo De Bernardinis 4Le frane in Italia Alessandro Trigila 8Protezione Civile: non amministrazione unica, ma sistema Cristina Pacciani 10Sardegna, 18 novembre: 6 mesi di pioggia in 24 ore Cristina Pacciani 12Un evento eccezionale, tanti aiuti ma anche tanto da imparare Cristina Pacciani 14Bruciare i rifiuti diventa reato Cristina Pacciani 15La lunga strada verso la bonifica Giuliana Bevilacqua 16Gli interventi dell’ARPA Campania Cristina Pacciani 18Occuparsi del problema, senza ingiustificate penalizzazioni Filippo Pala 20Aggiornamento delle attività ISPRA presso l’ILVA Fabio Ferranti 22Nucleare sotto controllo Cristina Pacciani 24Rifiuti radioattivi: le attività dell’ENEA Filippo Pala 28La rappresentazione plastica del territorio tra Ottocento e Novecento Miriam D’Andrea 30Materie prime, il futuro tra occupazione e sostenibilità ambientale Giuliana Bevilacqua 33Criticità geologiche nella conservazione del patrimonio dell’umanità dell’UNESCO Claudio Margottini 34Green Economy? Solo se riparte lo sviluppo Giuliana Bevilacqua 38Riciclo: sette regioni oltre il 50% nel recupero dei rifiuti Filippo Pala 39Italia “leader naturale della green economy” Anna Rita Pescetelli 40Aeroporti di Roma, molto rumore per nulla Giuliana Bevilacqua 42Il Rischio al tempo dei social media Giuliana Bevilacqua 44Quando non vorresti mai immaginare simili avvenimenti Sabrina Arata Farris 46Linee Guida per la predisposizione dei Piani di Adattamento ai cambiamenti climatici a livello locale Francesca Giordano 48Amianto, i conti non tornano Giuliana Bevilacqua 49Quei tesori di foreste Cristina Pacciani 50Servizio geologico d’Italia: non perdiamo la memoria Filomena Severino 52Una mostra sui disastri nella foresta amazzonica dell’Ecuador Filippo Pala 54Laboratori ISPRA, infrastruttura per la ricerca e per il Paese Cristina Pacciani 55Recensioni 56Uomini e Ragioni: i 150 anni della Geologia Unitaria Myriam D’Andrea 57ARPA/APPA a cura di Mila Verboschi 58Calendario a cura di Daniela Nutarelli 60Prossimamente nel mondo a cura di Stefania Fusani

e Sandra Moscone 62Spazio Internazionale a cura di Stefania Fusani

e Sandra Moscone 64GAiA a cura di Chiara Bolognini 66DigitAmbiente a cura di Chiara Bolognini 68ISPRA TV a cura di Lorena Cecchini

e Chiara Bolognini 69

SommariopAnno 10 • numero 66novembre|dicembre 2013

Direttore ResponsabileRenata Montesanti

RedazioneCristina Pacciani (Caporedattore)

Giuliana Bevilacqua,Chiara Bolognini,Lorena Cecchini, Alessandra Lasco,Filippo Pala

ideAgendaDaniela NutarelliStefania Fusani, Sandra Moscone,Mila Verboschi

Segreteria di redazioneDaniela Nutarelli

Hanno collaborato a questo numeroFrancesco Andreotti, Alessio Capriolo,Alberto Compagnone, Fabiana Console, Rosa Anna Mascolo,Marco Pantaloni, Alfredo Pini,Roberta Rossi

Progetto graficoElena PorrazzoAlessia Marinelli

Documentazione fotograficaFranco Iozzoli

Registrazione Tribunale Civile di Roma n. 84/2004 del 5 marzo 2004

Immagini di copertina: per gentile concessione di Filippo La Rosa

1sommariop ideambiente N°66

nessi con lo sviluppo sociale ed eco-nomico del Paese.La pressione dell’uomo sull’ambientenegli ultimi decenni è aumentata,provocando un conseguente incre-mento della vulnerabilità del territo-rio, un numero sempre crescente diaree esposte e predisposte ad eventicalamitosi, nonché alla altrettantocrescente frequenza di questi ultimi.Tutto ciò impone una riflessioneseria, costruttiva ed efficacementefattiva sul valore economico e socialedelle politiche di prevenzione dei di-sastri, sostenute anche legislativa-mente in forma organica, ma maiadeguatamente finanziate e conse-guentemente pianificate e program-mate, a partire dalla storica leggequadro n. 183 del 10 maggio 1989.

Altresì le informazioni che abbiamovoluto ricordare, suggeriscono ulte-riori spunti di riflessione di grandeimportanza. I fenomeni franosi, evi-denziano una serie di molteplicità dicause ed impatti, non sempre chiara-mente identificabili e quantificabili:l'evoluzione del clima; la mancanzadi una manutenzione del territorio; ilrapporto tra le politiche di urbaniz-zazione degli ultimi 30-40 anni, chehanno generato – come già detto - uncrescente numero di insediamenti edinfrastrutture in aree soggette a feno-meni estremi, con un crescente con-sumo di suolo permeabile e prive diadeguati presidi di regimazionedelle acque e di salvaguardia dellastabilità dei versanti. Il vero salto di qualità, per conclu-

dere, sarebbe quello di ragionarenon in termini di “rimedio” aldanno subito, ovvero con la sola ge-stione dell’emergenza, il risarci-mento permanente dei danni e ilripristino della situazione ex-post(laddove possibile), bensì di arrivareall’azione che precede e mitiga lapossibilità di un evento disastroso erende possibile ed efficace lo stessointervento di protezione civile, oveancora necessario, in altre parole,alla cultura della prevenzione, conti-nuamente in divenire e in aggiorna-mento perché in divenire e incontinua evoluzione sono il nostroterritorio e le dinamiche ambientalia cui è esposto. n

Stefano LaportaDirettore Generale dell’ISPRA

Alluvionip ideambiente N°66

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I disastri naturali che purtroppocontinuano a flagellare il nostroPaese, rappresentano il classicoesempio di un’Italia che si sviluppaspesso in conflitto con il proprio am-biente naturale. Non è facile conci-liare utilizzo del territorio,pianificazione urbanistica e am-biente, ciò risulta tanto più evidentein occasione di calamità come quellaoccorsa in Sardegna lo scorso no-vembre. Da allora e ancora oggi, lanostra Penisola continua ad essereflagellata da piogge incessanti, mal-tempo che provoca, laddove del ter-ritorio si è fatto un uso nonpropriamente sostenibile, danni in-calcolabili, quando non provoca vit-time. Una gestione sbagliata delterritorio, infatti, unita alla scarsa

considerazione delle aree conside-rate ad elevato rischio idrogeolo-gico, un territorio che non è più ingrado di ricevere precipitazioni cosìintense, sono fattori che trasformanoun violento temporale in tragedia.In questo numero si parla del pe-sante scotto che la Regione Sardegnaha pagato, in termini di vite e didanni, all’evento alluvionale che l’haduramente colpita. Cercando di evi-tare l’inutile retorica del post-evento,si è cercato di fornire un quadro diquanto è accaduto e si sono interpel-late alcune Istituzioni a vario titolocoinvolte nella gestione dell’emer-genza. In più, si è voluto dar voce alcittadino, intervistando chi, in quellatragedia, ha perso tutto. È ormai noto che l’Italia, tra gli altri

Stati europei, è senza dubbio uno deiPaesi maggiormente soggetti a franeed alluvioni; a questa elevata perico-losità naturale - particolari condi-zioni geologiche e morfologiche - siaggiunge la presenza di infrastrut-ture e di un tessuto sociale ed econo-mico che si è sviluppato in manieradiffusa e disordinata, spesso abusiva.Dal 1918 ad oggi si sono verificateoltre 5.000 grandi alluvioni e 12.000frane, con una media di oltre 220 fe-nomeni all’anno, 1 ogni 36 ore. At-tualmente, il 9.8% del territorionazionale è classificato ad elevato ri-schio per alluvioni, frane e valanghe(29.517 Kmq), coinvolgendo 6.633 co-muni italiani (81.9%), con centri ur-bani ed importanti infrastrutture earee produttive, strettamente con-

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Quando un temporale si trasforma in tragediap

Alluvionip ideambiente N°66

Foto: per gentile concessione di Filippo La Rosa

contenuti e dei risultati raggiunti delprogetto ed il secondo, denominato“HSAF”, partecipato dal DPC anchefinanziariamente in modo significa-tivo, al fianco dell’Agenzia europeaper le applicazioni satellitari in me-teorologia (EUMETSAT), dell’ Aero-nautica Militare italiana, qualecapofila del progetto e rappresen-tante italiano in EUMETSAT e dialtri soggetti istituzionali di Statimembri europei, tutti raccolti in unconsorzio di scopo, anch’esso a li-vello europeo.In ambedue i progetti il principalepartner scientifico è stato l’ISAC delCNR.Il progetto “Prosa” è stato dichiaratocollaudato nel 2012; ha prodotto ri-sultati validati, ma solo pre-opera-tivi e sperimentali, comunquerimasto nella disponibilità solodell’ASI e non del DPC.

Il progetto “HSAF” ha superato laparte pre-operativa e sperimentale; èstato validato a livello europeo e lapiattaforma di prodotti resi disponi-bili ha raggiunto la certificazione diaffidabilità operativa già a partiredal 2009 e oggi è garantita da partedi EUMETSAT in distribuzione ope-rativa presso tutti gli Stati Membridella Comunità Europea con più di400 utenti.

Il progetto “HSAF” è una storia disuccesso italiano in Europa, a cui ilCNR - ma non solo - ha contribuitoinsieme ad altri in modo significa-tivo. La piattaforma di prodotti chene è scaturita nel tempo, è stata - edè quotidianamente - utilizzatapresso il Centro Funzionale Centrale(CFC) del DPC, ma, come già evi-denziato all’inizio, nel caso degli ul-timi eventi manifestatisi inSardegna, le informazioni fornite datale piattaforma nulla aggiungevanoa quanto già avevano preannunciatoi modelli previsionali meteorologici,sia su scala sinottica che locale e cheavevano portato il DPC stesso a lan-ciare la massima allerta sulle zonepoi colpite.La piattaforma è stata impiegata, as-sieme alle informazioni ottenute dairadar meteorologici, dalle reti plu-viometriche ed idrometriche, per laverifica di tali previsioni ed per lasorveglianza della loro evoluzione.

Diverso è il caso in cui l’evento nonpossa essere né previsto, né prean-nunciato con il necessario anticipo,oppure il caso in cui la realtà vengamanifestandosi in modo difforme daquanto previsto e preannunciato. Intal caso la piattaforma e analoghi si-stemi potrebbero – e sottolineo po-trebbero -dimostrarsi utilissimi.

In ogni caso i satelliti, così comequalsiasi sistema osservativo, previ-sionale e di preannuncio, così comelo stesso sistema di allertamento e laconseguente risposta di protezionecivile, possono solo concorrere adevitare le conseguenze degli eventi equindi i danni, in particolare in ter-mini di perdita di vite umane e soloper quanto viene loro concesso dalnostro scellerato e sconsiderato svi-luppo territoriale, dall’abuso delsuolo da noi fatto, dall’indifferente efatalistica nostra esposizione ai peri-coli, non solo naturali.

Nel 2004, gli strumenti a disposi-zione per il preannuncio e la sorve-glianza di eventi, quali quellitemporaleschi che colpirono violen-temente ancora una volta la parteorientale della Sardegna, di impossi-bile previsione se non nella loro pro-babilità di manifestarsi da qualcheparte e in un qualche momento in-definibili all’interno di tale vastaarea, erano ancor meno disponibilied efficaci di quanto lo siano oggi.Tuttavia, anche in quella circostanza,non fu l’allertamento a causare ledue vittime ed i danni che si manife-starono a Villagrande Strisaili, cosìcome negli altri centri colpiti, mal’intrinseca vulnerabilità dell’orga-nizzazione urbanistica e l’improv-

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I recenti episodi delcosì detto “maltempo” ele conseguenze, spessodrammatiche, che nesono derivate per ilPaese e per le suepopolazioni, mi hannoriportato alla mente unalettera che scrissi digetto ad un mio amicoqualche tempo fa aseguito di notizie distampa, i cui contenutimi piacerebbe riportarein questo articolo,rompendo il silenzio e il riserbo che negliultimi anni ho deciso e cercato di mantenere. Ciò non avviene per spirito di polemica, ma moltosemplicemente, sentoche è arrivato il miomomento, certamentetra molti, di offrire ciòche è di mia conoscenzae le mie esperienze a chi avrà voglia e pazienza di leggerle.

I satelliti non si evitano le alluvioni;affermare ciò, sarebbe un paradosso.Con i satelliti, al più, si può concor-rere a migliorare le capacità di aller-tamento, ma questo non è il casorecente della Sardegna, in cui i mo-delli previsionali meteorologici ave-vano già, ben oltre 24 ore prima,segnalato una severità degli eventiattesi, tale da portare al massimo li-vello di allertamento il sistema diprotezione civile per l’elevata criti-cità delle loro conseguenze, che sipreannunciava su di un territorio se-gnato da una significativa e notavulnerabilità.I satelliti possono rilevare il con-sumo e l’abuso del suolo ad operadell’uomo, effettuato espropriandomadre Natura ed esponendoci ai pe-ricoli che essa inevitabilmente cipropone.

La nostra arroganza sta nel fatto diritenere di essere in grado comun-que ed ovunque di contrastare talieventi, di ingabbiarli, di contenerlinel tempo e nello spazio senza as-secondare, prendere per il giustoverso, rispettandone le dinamiche.

Il Sistema di allertamento nazio-nale è forse uno degli ambiti in cuil’informazione satellitare vienemaggiormente utilizzata per svi-

luppare conoscenza e assumere de-cisioni operative, sia in materia dimeteorologia, di fenomeni franosi ealluvionali - come, tra i molti,quelli vulcanici e quelli legati agliincendi boschivi - ma anche, comegià ricordato, all’uso ed all’abusodel suolo, delle acque, in generaledelle risorse ambientali da partedello sviluppo del territorio e delleattività produttive.A partire dal 2003, il DPC ha contri-buito in modo più che significativoallo sviluppo di metodi e strumentioperativi per l’uso del dato e del-l’informazione satellitare, natural-mente in tempo reale ed in strettarelazione con dati strumentali insitu, ottenuti da strumenti meteo-idrologici, quali radar e pluviometri,altrimenti non sarebbe possibile loroalcun significato misurabile, néavrebbero alcuna utilità per la rispo-sta di protezione civile. In partico-lare, per quanto riguarda leprecipitazioni, il DPC ha promosso esostenuto due progetti: il primo, de-nominato “Prosa”, finanziato intera-mente dall’Agenzia Spaziale Italiana(ASI), sviluppato da un consorziomisto tra imprese e soggetti della ri-cerca, e partecipato dal DPC soloquale utente finale, cioè valutatoredella potenziale utilità ed applicabi-lità operativa, rispettivamente dei

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I satelliti aiutano, ma non ci salvano dall’abuso del territoriop

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vida inadeguatezza della regola-zione della portata delle acque, so-prattutto urbane, di fronteall’intensità e la magnitudo dell’e-vento meteorologico così come si eravenuto manifestandosi.Pochi giorni fa, Renato Soru, alloranominato da soli due mesi Presi-dente della Regione Sardegna, inter-vistato da a “Zapping 2.0”,ricordava quegli eventi e quellaemergenza con la lucidità di un te-stimone terzo, ma anche responsa-bile; ricordava come solo a seguitodi quegli eventi fu predisposto - enel 2007 adottato - il Piano di bacinostralcio per l’Assetto Idrogeologico(PAI), dettate le conseguenti normevincolistiche di salvaguardia e pre-disposto il conseguente programmadegli interventi di mitigazione dellapericolosità e del rischio, di cui, tut-tavia negli anni successivi poco si ètenuto conto e poco si è fatto; ricor-dava altresì gli eventi che nel 2008colpirono la Sardegna meridionale,in particolare il comune di Capo-terra e la furia punitiva del rio SanGirolamo contro un territorio chenella sua crescita ne aveva perso me-moria, causando tre delle quattrovittime che si dovettero registrare.Anche in quest’ultimo caso glieventi furono tempestivamente epuntualmente preannunciati e l’al-

lerta lanciata dal DPC più di 24 oraprima del manifestarsi degli eventi,ma ciò non ha impedito che anche inquel caso il rio S.Girolamo, un appa-rentemente tranquillo e pocoprofondo torrentello, si riprendesseil “suo” territorio, occupato e tra-sformato dal “nostro” territorio che,dimentico di tale “inezia” naturale,ne fu devastato.

Purtroppo, oggi il “nostro” territorioviene troppo spesso “ricostruito” talquale, già nuovamente dimentico ditale “inezia” e della sua forza fu-riosa e dirompente, solo tempora-neamente dormiente, che prima opoi tornerà a riprendersi il “suo” ter-ritorio.

Comunque ed ovunque, in partico-lare per le situazioni critiche segna-late, il DPC ha invitato i Sindaci adotare il proprio Comune, ove nonsi fosse già provveduto in tal senso,di una pianificazione d’emergenza edi porre in essere quanto era in loropotere e nelle loro possibilità perprevenire e fronteggiare gli scenaridi danno che avrebbero potuto ma-nifestarsi. Tuttavia i Sindaci più at-tenti e responsabili, desiderosi dirisolvere o quanto meno mitigare si-tuazioni pericolose ereditate neltempo anche dalle pr ecedenti am-

ministrazioni, spesso assieme alDPC, si sono trovate ad affrontaredelle problematiche insormontabiliper portare a realizzazione gli inter-venti da loro anche virtuosamenteed efficacemente pianificati, pro-grammati e progettati e ciò a partiredalla mancanza della disponibilitàreale dei finanziamenti necessari,quasi sempre promessi, mai trasfe-riti per arrivare, ove realmente e im-mediatamente disponibili, al vincolodi tali finanziamenti del patto di sta-bilità: in ambedue i casi, e quasisempre, tale problematica nascedopo gli impegni assunti e per ri-spondere a “superiori” necessità edimpegni del Paese.

La terribile, e sempre più frequente,conseguenza di ciò è che a seguito dieventi dannosi, ancor più se calami-tosi, la ricerca del soggetto colpe-vole, civilmente e/o penalmenteperseguibile, è immediatamente ri-volta a chi è responsabile della ca-tena d’allertamento (come se lui,accertata la diligenza e la compe-tenza, potesse comunque risponderedella quota di imprevedibilità deglieventi e di incertezza delle previ-sioni) e a chi è responsabile dellanon attuazione degli interventi di ri-pristino post emergenziali e/o dimitigazione del rischio conseguente

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ad abusi già pianificati e program-mati prima di tali eventi, senza do-mandarsi se tali soggetti siano statimessi in condizione di poterlo fare esoprattutto chi gli ha impedito mate-rialmente e fattivamente di farlo.

Se noi guardassimo attentamente atutto ciò, forse ci renderemmo contoche il colpevole è altrove e restaquasi sempre impunito e saccente.

Infine, mi piace ricordare la testimo-nianza di allevatore di pecore, inter-vistato durante la trasmissione“Terra”, che raccontava come gli ul-timi eventi gli avevano danneggiatograndemente gli impianti dell’alle-vamento, ma che era riuscito a sal-vare le greggi, in quanto il suoSindaco, di un Comune o dell’Oglia-stra o della Barbagia, ricevuta l’al-lerta dalla Regione, lo avevaavvertito di mettere al riparo legreggi, nonchè di badare a se stessoed alla sua famiglia, cosa che lui hafatto richiudendole per tempo neicapannoni che pur scoperchiati dalvento, le hanno bagnate ma salva-guardate da maggiori pericoli. n

Bernardo De Bernardinis

scala 1:10.000 e le informazioni adesse associate quali la tipologia dimovimento, i danni, ecc.(http://www.progettoiffi.isprambiente.it).I dati, grazie all'adozione di una me-todologia standardizzata di lavoro,sono confrontabili a scala nazionale.La raccolta delle informazioni sullefrane e la memoria storica deglieventi del passato sono fondamen-tali per la prevenzione del rischioidrogeologico in quanto gran partedei fenomeni franosi si riattivano neltempo anche dopo lunghi periodi diquiescenza pluriennale o secolare.Emblematico è il caso della frana diCorniglio in provincia di Parma che,dopo quasi un secolo di inattività, siè rimobilizzata nel novembre 1994,danneggiando edifici residenziali estabilimenti produttivi realizzatinegli anni ‘70. Conoscere la tipologia di movi-mento (es. crolli, colate rapide difango e detrito, colate lente) per cia-

scuna frana è inoltre fondamentaleanche ai fini della valutazione degliscenari di rischio, in quanto le franecon velocità più elevate sono quelleche causano il maggior numero divittime e danni.A circa sette anni dall’ultimo aggior-namento sistematico, sarebbe impor-tante rifinanziare l’Inventario IFFI,che è uno strumento tecnico di baseper la valutazione della pericolositàda frana, la pianificazione territo-riale, la programmazione degli inter-venti di difesa del suolo, la gestionedelle emergenze idrogeologiche e laprogettazione preliminare di reti in-frastrutturali, correntemente utiliz-zato da Amministrazioni Pubblichecentrali e locali, Autorità di Bacino,Università ed Enti di ricerca, profes-sionisti. n

Alessandro Trigila

Alluvionip ideambiente N°66

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L’Italia è uno dei paesi europeimaggiormente interessati da fe-nomeni franosi, insieme agli altristati della regione alpina, alla Nor-vegia e alla Turchia. Ogni anno siverificano oltre mille eventi di franadi cui un centinaio sono quelli piùgravi con vittime, feriti, evacuati eingenti danni a edifici e a infrastrut-ture primarie di comunicazione.Negli ultimi anni le regioni più col-pite sono state Liguria; Toscana, Sici-lia, Calabria, Campania, EmiliaRomagna, Lombardia e le provinceautonome di Trento e Bolzano con82 vittime dal 2009 al 2012. Com-plessivamente le frane in Italia sonooltre 487.000 e interessano un’area di20.800 km2, pari al 6,9% del territo-rio nazionale. Le frane sono statecensite dall’ISPRA e dalle Regioni eProvince Autonome nell’Inventariodei Fenomeni Franosi in Italia (Pro-getto IFFI). Il Progetto IFFI è labanca dati sulle frane più completaesistente in Italia, per il dettagliodella cartografia delle frane alla

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Le frane in Italiap

Alluvionip ideambiente N°66

Il suolo sacrificato

Il 5 dicembre scorso, è stata celebrata la giornata mondiale dei suoli e diversisono stati gli appelli lanciati alle Istituzioni per combattere, innanzitutto, illoro consumo, anche alla luce dei recenti avvenimenti calamitosi occorsi inSardegna. La continua ed incessante cementificazione del suolo, l’imper-meabilizzazione dei terreni - che riduce l’assorbimento di pioggia nel suolo,in casi estremi impedendolo completamente, con tutta una serie di effettidiretti sul ciclo idrogeologico - impediscono il naturale defluire delle acquee aumentano così il rischio e i pericoli legati alle alluvioni. Un coro unanimeche chiede una legge che arresti il consumo di suolo e incoraggi la riquali-ficazione edilizia, energetica e antisismica del patrimonio edilizio esistente.In Europa, nel periodo compreso tra il 2000 ed il 2006, è stata sacrificataun'area di 600 mila ettari ad una velocità di più di 100 mila ettari all'anno,il che significa che ogni anno, in Europa, è stata costruita una città comeBerlino. In Italia, i dati dell'Agenzia europea dell’ambiente valutano nel2,8% la percentuale di territorio cementificata, quindi al di sopra dellamedia europea, e l’ISPRA stima un consumo di suolo di 8 m2 al secondo. Ilfenomeno è stato più rapido negli anni 90 (in cui vennero sfiorati i 10 m2 alsecondo), ma il ritmo degli ultimi cinque anni si conferma con una velocitàsuperiore agli 8 m2 al secondo: sempre le stime dell’ISPRA ci informanoche ogni cinque mesi viene cementificata una superficie pari a quella delcomune di Napoli e ogni anno una pari alla somma di quella di Milano eFirenze. In termini assoluti, l’Italia è passata da poco più di 8 000 km2 diconsumo di suolo del 1956 ad oltre 20 500 km2 nel 2010. n

Cristina Pacciani

Carta Inventario dei Fenomeni Franosiin località Corniglio (PR).

CuriositàBarriere coralline: uno squalo le salveràBarriere coralline minacciate?Niente paura, arrivano gli squalia tutelarle. La scoperta arriva dauno studio dell’Istituto austra-liano di scienze marine (Aims); inparticolare, lo studio ha dimo-strato che dove il numero deglisquali è inferiore a causa dellapesca eccessiva, diminuisce anchela presenza dei pesci erbivori, im-portanti per la salute della bar-riera corallina. Ad esempio, ipesci pappagallo, sono pesci erbi-vori che mangiano le alghe chesoffocano i giovani coralli. Le bar-riere coralline che sono state stu-diate si trovano a circa 300chilometri al largo della costanord-ovest dell'Australia. n(Fonte: Adnkronos)

per far conoscere ai cittadini qualisono i possibili effetti che devonoaspettarsi sul proprio territorio, inrelazione a determinati eventi atmo-sferici.

I social network sembrano giocareun ruolo strategico nella gestionedelle emergenze e nella diffusionedelle informazioni al riguardo;quanto, a suo avviso, si possonoconsiderare affidabili? Può vera-mente bastare un clic o un hashtagper salvarci dalle catastrofi?Premetto di non essere un’espertadella materia. Il web, e in particolarei social network, sia per i cittadinisia per gli operatori di protezione ci-vile, potrebbero rivelarsi, se adegua-tamente usati, una miniera diinformazioni, sia in caso di eventiemergenziali che nel cosiddetto“tempo di pace”. Un eventuale ac-count twitter o facebook dell’Istitu-zione potrebbe risultare utile perveicolare informazioni certificate –in una sorta di modello unidirezio-nale - ma le migliori modalità perfarlo le stiamo ancora esplorando. Separliamo di feedback entriamo in uncampo veramente delicato. Alla finedello scorso anno, il Dipartimentodella protezione civile ha organiz-zato una giornata di studio dal titolo“Protezione civile e social media: co-municare il rischio e il rischio di co-municare”, che ha visto lapartecipazione di studiosi di comu-nicazione, di esperti di socialnetwork, di rappresentanti degli uf-fici comunicazione delle componentie delle strutture operative del si-stema di protezione civile proprioper discutere gli obiettivi, le moda-lità e le motivazioni per un utilizzoresponsabile e il più corretto possi-bile dei social media nell’informa-zione alla popolazione inemergenza. Ciò che non va mai di-menticato è che la protezione civilein Italia è una funzione, non un’am-

ministrazione unica, è un sistemapolicentrico. Sono protezione civile iComuni, le Province e le Regioni eanche questo tipo di comunicazione,a seconda della tipologia e dello sce-nario dell’emergenza, va pensato erealizzato secondo dei protocolli edegli obiettivi comuni in cui le ideee le volontà del sistema nella sua in-terezza siano rappresentate.

Lei si occupa da anni di emergenzeidrogeologiche: cosa si sente diconsigliare a noi cittadini che occu-piamo un suolo così fragile?Il primo consiglio è quello di consul-tare i piani di assetto idrogeologico,che per ogni comune sono stati re-datti dalle Autorità di bacino. Ri-cordo che queste ultime possonoessere di livello nazionale o regio-nale o interregionale, anche se nonva dimenticato il fatto che siamo infase di modifica della norma cheistituirà le nuove “Autorità di di-stretto”. Consiglio a tutti di infor-marsi sul livello di rischio al quale èesposta la propria abitazione. Infatti,sulla base degli indirizzi operativielaborati a seguito del decreto“Sarno” del 1998, sono individuati 4livelli di rischio nel piano di assettoidrogeologico: R1-R2-R3-R4. I livellidi rischio più significativi sono l’R3e l’R4, rischio elevato e molto ele-vato per fenomeni alluvionali e perfenomeni di frana. Una volta com-presi correttamente i livelli di rischiodella propria abitazione, è bene re-carsi presso gli uffici tecnici del pro-prio Comune e capire se esiste unpiano di emergenza che preveda pertali fenomeni delle azioni particolarie dei comportamenti specifici di au-totutela da adottare. n

Cristina Pacciani

l’Intervistap ideambiente N°66

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Intervista a Paola Pagliara,Responsabile serviziorischio idrogeologico -Dipartimento Protezione Civile

Emergenza Sardegna, può raccon-tarci in breve quali sono state leazioni immediatamente portateavanti dal DPC e quali sono stati imomenti di maggior difficoltà ocriticità? Le attività del DPC sono cominciatecon la previsione dell’evento, chegià in quella fase appariva significa-tivo, Infatti, in base alla procedurache discende dagli indirizzi opera-tivi nazionali e regionali della Diret-tiva del Presidente del Consiglio deiministri del febbraio del 2004, il 17novembre per il 18 – quindi 24 oreprima - è stato emanato un avviso dicondizioni meteorologiche avverseche prevedeva fenomeni significativisulla Sardegna. Poi, sulla base diquesto avviso, il Centro FunzionaleCentrale del Dipartimento – che so-stituisce il non ancora attivo CentroFunzionale Regionale – ha emessoun avviso di criticità elevata per ri-schio idrogeologico in quasi tutta l’i-sola, ad eccezione dell’area nordoccidentale indicata in criticità mo-derata. La criticità elevata è il mas-simo livello previsto dalla direttiva e

si verifica, sui singoli territori, inmedia due-tre volte l’anno. Nellagiornata di lunedì 18 novembre, poi,si sono osservati fenomeni pluvio-metrici continui, con picchi in alcuneore che hanno dato effetti in manieraprogressiva. Durante l’evento, comesuccede sempre, il flusso di comuni-cazioni tra il Centro Funzionale Cen-trale e la Sala Situazione Italia delnostro Dipartimento è stato inces-sante, così come sono stati costanti icontatti tra la Sala e il territorio inte-ressato dall’evento, tanto che alle 22di lunedì 18 dicembre il Capo delDipartimento ha convocato il Comi-tato Operativo della Protezione ci-vile – il massimo organo nazionaledi governo dell’emergenza – che èstato attivo fino alla sera del 20 di-cembre, quando il direttore generaledella Protezione civile della regioneSardegna è stato nominato Commis-sario delegato per la gestione dell’e-mergenza stessa.

Si è parlato molto del sistema di al-lerta che precede gli eventi alluvio-nali, così come tutti gli eventi che sipreannunciano importanti; qual èla sua opinione in merito? Ritienesufficiente quello che si fa, si po-trebbero incrementare o modificarele modalità di allertamento?In questo caso, non si poteva fare dipiù in termini previsionali in basealle procedure. Certamente tutti i si-stemi sono migliorabili. La direttiva

è stata emanata nel 2004, dopo 10anni si sta lavorando a modifiche ecorrezioni che tengano presente icambiamenti avvenuti in questianni. Una delle modifiche già con-cordate con le Regioni, è relativa alladenominazione delle criticità che at-tualmente si configurano su tre li-velli: ordinaria, moderata ed elevata.L’esperienza ha fatto comprendereche tali denominazioni, in origine ri-volte più che altro ai tecnici, pote-vano dare adito a equivocisoprattutto nei confronti dei media edelle componenti non tecniche delsistema di protezione civile. Pertutti questi motivi si è pensato difare ricorso ad un sistema di codicicolore. È stato già concordato chenella prossima revisione della diret-tiva si faccia riferimento ai colorigiallo, arancione e rosso. Una novitàche abbiamo introdotto da inizio2014, sempre indirizzata a una mag-giore diffusione delle informazionianche ai cittadini, riguarda la pub-blicazione giornaliera sul sito del Di-partimento del bollettino di criticitànazionale che recepisce le valuta-zioni riguardo, appunto, le criticitàidrogeologiche e idrauliche di tuttele Regioni che hanno il Centro Fun-zionale Decentrato (ad oggi 15 su20) e del Centro Funzionale del Di-partimento in sostituzione delle ri-manenti. Crediamo che lapubblicazione del bollettino possarappresentare uno strumento utile

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Protezione Civile: non amministrazione unica,ma sistema

l’IntervistaCuriosità

Gli italiani in crisi, ma più attenti all’ambienteLe imprese virtuose, nonostante lacrisi, continuano ad investire insostenibilità, ma lo sviluppo soste-nibile passa non solo attraversogoverno e imprese: ora anche i cit-tadini sono diventati più attenti al-l'ambiente: il 90% degli italiani,infatti, ritiene che ciascuno possa edebba dare il proprio contributoper ridurre l'inquinamento. E'quanto emerge da un'indaginecondotta da GfK Eurisko. In parti-colare, se e' vero che la responsabi-lità di favorire uno svilupposostenibile viene attribuita inprimo luogo al Governo, come af-ferma l'86% degli italiani e alleamministrazioni locali (82%), unalarga maggioranza di italiani ri-tiene che tale responsabilità siaanche dei cittadini (73%) e delleimprese (76%).Parallelamente, il 54% dei nostriconnazionali afferma che alla finedel periodo di crisi, il propriomodo di consumare sarà molto di-verso da quello precedente. E leimprese? Le aziende “virtuose” in-tervistate da GfK Eurisko, affer-mano nel 54% dei casi che la crisinon ha avuto effetti di rilievo sul-l'impegno a favore della sostenibi-lità: per 1/3 lo ha addiritturaaccresciuto e solo per il 10% lo haridotto. Inoltre, per l’88% di questeimprese la sostenibilità rappre-senta un valore primario di riferi-mento: la maggioranza di essedichiara di avere ottenuto, grazie atale impegno, un vantaggio di re-putazione (58%), nella relazionecon il territorio dove operano(59%) ed anche nella innovazionedi prodotto o di servizio (55%). n(Fonte: Adnkronos) Cristina Pacciani

censite in Sardegna (dato 2006, In-ventario Fenomeni Franosi in Italia,IFFI - ISPRA). L’eccezionalità del fenomeno è con-fermata anche considerando glieventi alluvionali più significativiche hanno colpito l’isola nell’ultimodecennio; in particolare, l’eventodell’ottobre 2008 che interessò prin-cipalmente il territorio di Capoterra,in cui si registrò una cumulata dipioggia pari a circa 370 mm in 6h el’evento del dicembre 2004, in cui lastazione di Oliena (NU) registrò unacumulata massima di 254 mm in12h. Nel Comune di Olbia, 42 sonostati gli eventi storici di piena e nelComune di Torpè, 6 eventi di piena.

Il quadro conoscitivo sul dissestoidrogeologico in Italia

È ormai noto che l’Italia è un paesead elevato rischio idrogeologico. Lefrane e le alluvioni sono le calamitànaturali che si ripetono con maggiorfrequenza e causano, dopo i terre-moti, il maggiore numero di vittimee di danni. Le frane verificatesi in Italia dal 1116al 2007 sono oltre 487.000 e interes-sano un’area di 20.800 km2, pari al6,9% del territorio nazionale (Inven-tario dei Fenomeni Franosi in Italia,ISPRA). I comuni italiani interessatida frane sono 5.708, pari al 70,5%del totale.Le aree ad alta criticità idraulicasono pari a 12.263 km2 (elaborazioneMATTM 2008). L’Italia è un paese fortemente antro-pizzato, con 59.459 nuclei urbani,una rete autostradale di 6487 km,una rete ferroviaria di circa 16.000km e una densità media di popola-zione di circa 200 abitanti/km2. Ilforte incremento delle aree urbaniz-zate, verificatosi a partire dagli anni

’50, 2,8% di aree artificiali nel 1956,6,9% nel 2010 (fonte: Annuario deiDati Ambientali, ISPRA), è avvenutospesso in assenza di una correttapianificazione territoriale con aree dinuova urbanizzazione spesso ubi-cate in zone inondabili o soggette afenomeni di instabilità.La popolazione esposta ad alluvioniin Italia, considerando lo scenariomassimo atteso (aree a criticitàidraulica con tempi di ritorno fino a500 anni e superficie pari a 23.903km2), ammonta a 6.153.860 abitanti equella esposta a fenomeni franosi èpari a 987.650 abitanti (Tematiche inPrimo Piano, Annuario dei Dati Am-bientali, ISPRA). n

Cristina Pacciani

Alluvione in Sardegnap ideambiente N°66

Foto: per gentile concessione di Filippo La Rosa 9

L’Evento

Lo scorso 18 novembre, la RegioneSardegna è stata investita da unaperturbazione caratterizzata da pre-cipitazioni molto intense, continue epersistenti, che hanno interessato,dalle prime ore della mattina, preva-lentemente i settori orientali, in par-ticolare le province di Olbia Tempioe Nuoro e successivamente la pro-vince di Oristano e Cagliari. L’e-vento che ha messo in ginocchiol’isola è stato del tutto eccezionale:

in sole 24 ore, è sceso un quantita-tivo di pioggia pari a sei mesi, conpunte di 450 millimetri nella zona diOrgosolo nelle ultime 12 ore. “Conqueste quantità non ci sono territorial riparo”, ha affermato il PrefettoFranco Gabrielli, Capo del Diparti-mento della Protezione Civile.Il dato è stato confermato dal mini-stro dell'Ambiente, Andrea Orlando,nel suo intervento alla Camera: “ivalori delle piogge sono da asso-ciarsi a valori plurisecolari. Questoha messo in crisi il sistema idrogra-

fico”. Il bilancio è stato di 16 vittime.Il Consiglio dei ministri, ha decre-tato lo stato di emergenza e ha stan-ziato 20 milioni di euro per i primiaiuti ed il presidente della Repub-blica Giorgio Napolitano ha seguitoda vicino l’evolversi della situa-zione, in contatto diretto con le pre-fetture. In 306 comuni sardi su 377, pari al81% del totale, ci sono porzioni diterritorio ad elevata criticità idro-geologica per alluvioni e frane (fonteMATTM, 2008) e sono 1523 le frane

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Sardegna, 18 novembre: 6 mesi di pioggia in 24 orep

Alluvione in Sardegnap ideambiente N°66

Il Ministro Orlando sull’alluvione in Sardegna: alla natura spetta l’ultima parola sull’uomo

“Investire sull’ambiente non è solo un modo di evitare disastri, come quelli che purtroppo stiamo vedendo, ma èanche un modo di riposizionare il nostro sistema economico, la nostra capacità di competere su un livello più avan-zato, perché quando le risorse ambientali, e purtroppo sarà molto presto, inizieranno a scarseggiare in modo dram-matico, chi avrà investito sulla capacità di realizzare un modello sostenibile si troverà avvantaggiato”.

“A Varsavia - alla Conferenza cambiamenti climatici, n.d.r - si è affrontata una contraddizione enorme: una crescitasenza riguardo per l'ambiente, uno sviluppo senza qualità che ha suscitato ormai una reazione degli elementi naturaliche è sotto gli occhi di tutti. Il documento di strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici deve poiessere supportato, anche economicamente, come la più grande vera opera infrastrutturale del paese; se la strategiadi adattamento fosse già stata applicata, in Sardegna sarebbe cambiato molto.

I cambiamenti climatici non sono più soltanto una cosa che riguarda i posteri, ma sono entrati prepotentemente nellanostra quotidianità come purtroppo ci ricorda anche la cronaca di queste ore. Qui si stanno assumendo delle decisionisu come affrontare una strategia dopo il 2020, ma contemporaneamente anche su come si arriva al 2020 perché il ri-schio è che per quella data alcuni cambiamenti avranno fatto un ulteriore salto di qualità rischiando di diventare ir-reversibili”.

“Sul dissesto idrogeologico stiamo ripetendo l’errore fatto in passato con la finanza pubblica. Si accumula un debitoche viene scaricato sulle generazioni future. A livello nazionale, dobbiamo far sì che la lotta al dissesto idrogeologicodiventi una priorità. In questo momento tra la realizzazione di una piazza e gli interventi di sistemazione di unfiume, sono più importanti quest’ultimi”.

“In Italia si è costruito più del necessario, senza ricordarsi che la natura avrà sempre l’ultima parola rispetto al-l’uomo”. n

CuriositàUn mare di plasticaIl 95% dei macro rifiuti galleg-gianti nel mar Tirreno è costituitoda plastica, di cui il 41% in buste eframmenti plastici e la maggioredensità superficiale di questi de-triti è stata riscontrata nel Tirrenocentro meridionale. Questi, in sin-tesi, i risultati del monitoraggioeseguito dalla Goletta Verde diLegambiente e dall’Accademiadel Leviatano nei mesi scorsi, se-condo il protocollo scientifico ela-borato dall’ISPRA e dalDipartimento di Biologia dell'Uni-versità di Pisa. L’uso della plasticae dei suoi derivati e' cresciuto no-tevolmente negli ultimi 40 anni,trend che si riflette sulla composi-zione del rifiuto marino. Ancheper l'Unep la plastica rappresentala frazione merceologica prepon-derante dei rifiuti rinvenuti inmare (dal 60 all'80% del totale,con punte del 90-95% in alcune re-gioni). Goletta Verde, durante l’ul-timo tour estivo, ha indagatol’entità del fenomeno del “marinelitter” nel Tirreno e i risultati sonostati presentati in occasione delconvegno organizzato dal KyotoClub lo scorso settembre presso ilministero dell'Ambiente. È statocosì possibile analizzare oltre3.000 km di tratte marine, conun’osservazione dei rifiuti in maredi 136 ore. L’Italia, fino al 2010, era il primoPaese europeo per consumo disacchetti di plastica usa e getta,con una percentuale di consumopari al 25% del totale commercia-lizzato in Europa; grazie all'en-trata in vigore del bando suglishopper non compostabili, la per-centuale si è ridotta. n (Fonte: Adnkronos) Cristina Pacciani

Franco Iozzoli ISPRA

In seguito alle dichiarazioni resedal collaboratore di giustizia Car-mine Schiavone alla CommissioneParlamentare sulle ecomafie, ri-guardo alle migliaia di tonnellate dirifiuti pericolosi stoccati in Campa-nia - la cui area interessata è statadefinita Terra dei Fuochi, il mini-stero dell'Ambiente ha dispostoun’attività di monitoraggio e ispe-zione da parte dell’ISPRA, dell’Eneae dell’ Istituto superiore della Sanità,in collaborazione con l'autorità giu-diziaria. Necessario, quindi, fin da subito,stabilire una mappa del rischio, unaperimetrazione delle aree effettiva-mente esposte, per classificare i ter-reni nella Terra dei Fuochi,distinguendo quelli a rischio daquelli che non lo sono e i terreni piùinquinati: “occorre”, sottolinea il Mi-nistro, “rassicurare con dati certi”. Lo scorso 3 dicembre, il Consigliodei Ministri ha varato il DecretoLegge 136/2013 Terra dei Fuochi,che il ministro delle Politiche agri-cole, Nunzia De Girolamo, definisce"non un punto di arrivo ma un ini-zio, un nuovo inizio per la Campa-nia". “Il DL afferma un principiofondamentale”, ha scritto in untweet il Ministro Orlando: “la tutelaambiente è tutt’uno con lotta alla cri-minalità organizzata. Lo Stato hainiziato il cammino per riconqui-stare la fiducia dei cittadini di queiterritori”. Il DL introduce nell’ordinamento na-zionale il reato di combustione deirifiuti: è previsto il carcere da 2 a 5

anni e nel caso l’incendio riguardi ri-fiuti pericolosi, la pena della reclu-sione sale da 3 a 6 anni. Inoltre lapena viene aumentata di un terzo sei delitti sono commessi nell'ambitodell'attività di un’impresa o comun-que di un’attività organizzata (è pre-vista la confisca dei mezzi ditrasporto e dell'area inquinata).Viene inoltre stabilita la perimetra-zione delle aree agricole interessate edella campagna ed entro 150 giornitutti i terreni saranno controllati. L’articolo 3, in particolare, si pro-pone di far fronte all’allarme sociale- con pesanti ricadute economiche -provocato dalla diffusione di notiziesullo stato di contaminazione deiterreni agricoli campani e su even-tuali pericoli per la salute umana dialcuni prodotti agroalimentari colti-vati e prodotti in quella regione. Aquesto proposito, il Consiglio per laricerca e la sperimentazione in agri-coltura, l’ISPRA, l’Istituto superioredi sanità e l’ARPA Campania svolge-ranno le indagini tecniche per lamappatura – da emanarsi entro 30giorni dalla data di entrata in vigoredel decreto - secondo indirizzi co-muni e priorità definiti con direttivadei ministri delle Politiche agricole,dell’Ambiente e della Salute, d’in-tesa con il Presidente della RegioneCampania.I risultati di tale mappatura contri-buiranno così a stabilire quali sono iprodotti della Campania contami-nati e quali i terreni pregiudicati dagravi fenomeni di inquinamento, inmodo da contenere ed eventual-

mente arginare i timori che condan-nano “in toto” l’agroalimentare cam-pano.Nella stessa sede, sono stati costi-tuiti un Comitato Interministeriale euna Commissione, con il compito diindividuare e potenziare azioni e in-terventi di monitoraggio e tutela darealizzarsi nell’area della regioneCampania. La Commissione, in par-ticolare, avrà il ruolo di semplificaree accelerare le procedure per l’attua-zione degli interventi di bonifica diquei territori. n

Cristina Pacciani

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Bruciare i rifiuti diventa reatoDalle dichiarazioni del pentito Schiavone al DL Terra dei Fuochi

Intervista ad un cittadino sardocolpito direttamentedall’alluvione

Se la sente di raccontarci come havissuto quei momenti di estremaemergenza?Perchè tutto ciò? Come è potuto ac-cadere? Mi domandavo incredulo esotto shock.Ho vissuto, insieme ai miei, dei mo-menti terribili e quasi assurdi, ren-dendomi conto che nella frazione dipochi minuti ho perso tutto ciò cheabbiamo costruito in oltre trent’anni,cioè tutto. Non c’è rimasto piùniente, rischiando oltretutto di per-dere anche la vita.Nei giorni successivi sembrava divivere in un brutto incubo, come seci fosse stata una guerra. Sembravadi essere a Beirut, impressione ac-centuata dalla costante presenza diun enorme elicottero dell’esercitoche pattugliava la zona. Insomma,non bastano poche righe per descri-vere veramente a fondo tutto ciò chemi passava per la mente in quei mo-menti terribili e quasi indescrivibili.Una cosa è certa, ogni qualvolta chesi verificheranno piogge e temporaliintensi, non si dormirà più tran-quilli.

Che tipo di aiuto ha ricevuto dallevarie Istituzioni preposte?

Non sono mancati di certo gli aiutidi numerosissimi volontari e di tuttele forze dell’ordine, nessuna esclusa,che si sono adoperati nel dare il pro-prio aiuto per ripulire le case dai de-triti e nel rifornire, in ogni momento,dai pasti caldi, ai generi alimentari,coperte, abbigliamento, stufe, pro-dotti igienizzanti e per la puliziapersonale e per la casa. Insomma, ditutto e di più.L’organizzazione da quel punto divista è stata più che soddisfacente.Tutt’ora, a distanza di circa due mesidall’alluvione, possiamo contare an-cora sugli aiuti umanitari.

Siete stati in qualche modo avvisatidell’imminenza dell’evento? Attra-verso quali strumenti?Purtroppo non siamo stati avvisatidell’imminenza di un evento straor-dinario di tali proporzioni.

Da cittadino e in base alla sua espe-rienza, può dirci cosa, a suo avviso,andrebbe migliorato nella gestionedel territorio? Posso solo dire che finchè tutto vabene, la vita procede tranquilla, maquando si verificano eventi straordi-nari del genere, invece ci si rendeconto che sono tante le cose che nonvanno bene e forse gli stessi eventiservono per poter valutare dove e sein qualche modo si è sbagliato.Come si dice? Sbagliando si impara.

Converrà che ognuno di noi puòfare qualcosa o dare una manonella corretta gestione del proprioterritorio. Trova che manchi o chescarseggi la “cultura” in tal senso?Quanto lo conoscete?Io personalmente, come tanti altri,non conosco il territorio e credo chescarseggi e in, tanti casi, manchi la“cultura“ in tal senso, ma credoanche che d’ora in poi la maggiorparte delle persone starà più attentae avrà un ottimo motivo per dareuna mano o per fare qualcosa per lacorretta gestione del territorio. n

Cristina Pacciani

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Un evento eccezionale,tanti aiuti ma anche tantoda imparare

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vuto principalmente a metalli pe-santi e solventi organici.

Il decreto sulle emergenze ambien-tali e industriali stabilisce che ilConsiglio per la ricerca e la speri-mentazione in agricoltura, l’Ispra,l’Istituto superiore di sanità el'Arpa Campania svolgano le inda-gini tecniche per la mappaturadelle aree interessate da fenomenidi inquinamento tali da rendere ne-cessaria la limitazione della coltiva-zione. Una volta individuati iterreni non coltivabili, è plausibileche in futuro possano ritornare adesserlo o, per quanto riguarda lecolture, si tratta di uno status irre-versibile?Sulla base dello stato attuale delleconoscenze non è facile fare delleprevisioni, perché sarà necessarioprima accertare caso percaso quale sia la situa-zione reale di contami-nazione e quali siano lematrici ambientali inte-ressate. In funzione diquesto dovranno esserescelte, caso per caso, letecnologie di bonificapiù idonee. In linea teo-rica, a bonifica avve-nuta, non dovrebbeessere impossibile pre-vedere la restituzionedel sito ai suoi usi natu-rali.

Tornando alle discari-che della camorra, è fa-cile vedere anche aocchio nudo come i ve-leni siano stati scaricatisenza alcuna precau-zione nei terreni agri-coli, nelle cave, neicorsi d’acqua. Ora ilmonitoraggio, domanila bonifica. Quanto co-sterà questa immensa

operazione e con quali fondi sipensa di realizzarla?I costi saranno sicuramente moltoelevati, ma la domanda sul reperi-mento dei fondi naturalmente nonpuò essere rivolta ad ARPAC .

Lei è appena stato nominato Com-missario Straordinario dell’ArpaCampania. Quali priorità caratte-rizzeranno il Suo mandato?Indubbiamente continuerò nell’o-pera di risanamento economico/fi-nanziario, compatibilmente con lerisorse assegnate dalla Regione, sirinnoverà il parco tecnologico, sirazionalizzerà la spesa per fitti,consulenze, autoparco. Si punteràsulla riqualificazione professionalecon espressa attenzione all’elimi-nazione dell’antica piaga del pre-cariato che negli anni ha,

comunque, contribuito al buonfunzionamento dell’Ente. Si pro-porrà alla Giunta Regionale e peril tramite di questa, al ConsiglioRegionale, un adeguamento dellaStruttura agenziale. Si porranno inessere politiche di decristallizza-zione di posizioni e ruoli; nel solcodelle leggi nazionali e regionali sirazionalizzeranno gli acquisti me-diante accordi con Centrali diCommittenza ex art. 33 TU163/2006 o anche mediante ac-cordi con altre Arpa. Quando pre-cede, naturalmente, in armoniacon le direttive Regionali sullamission che più dettagliatamentemi sarà affidata. Attivazione ditutte le procedure c.d. “anticorru-zione” e di massima trasparenzaamministrativa. n

Giuliana Bevilacqua

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Ecocidio, una parola chemeglio di qualunquealtra descrive quelloche sta accadendo nellaTerra dei Fuochi. I roghi dei rifiuti el’interramento disostanze altamentenocive in Campaniasuonano come unacondanna a morte per ilterritorio. L’interventodelle Istituzioni si èintensificato solo direcente: lo scorso luglio,con la firma del Pattoper la Terra dei Fuochie, a dicembre, con ildecreto sulleemergenze ambientali eindustriali, cheintroduce il reato dicombustione illecita deirifiuti. Con PietroVasaturo, Commissariostraordinario dell’ARPACampania, affrontiamoalcuni aspetti legati allatragedia ambientale chesi sta consumando inuna Regione tanto bellaquanto problematica

Nel Patto per la Terra dei Fuochi sidefiniscono le linee guida propostedall’Arpac come utile strumentooperativo per realizzare la rimo-zione tempestiva dei rifiuti abban-donati o interrati. Quali sono i suoiaspetti più significativi?ARPAC è uno degli Enti sottoscrit-tori del Patto per la Terra dei Fuochi.Le Linee Guida per la rimozione deirifiuti abbandonati o depositati inmodo incontrollato sono state predi-sposte da ARPAC nell’ambito delleattività della Cabina di Regia isti-tuita dall’ Incaricato del Ministrodegli Interni per il fenomeno deiroghi di rifiuti in Campania. LeLinee Guida forniscono gli indirizzitecnico-operativi per i Comuni inte-ressati, volti ad assicurare l’eserciziouniforme delle attività di rimozionedegli abbandoni incontrollati di ri-fiuti, nel rispetto della normativa vi-gente e della tutela delle matriciambientali interessate. Nel docu-mento sono contenute sia le indica-zioni per la corretta gestione deirifiuti abbandonati, sia quelle per laesecuzione degli accertamenti sullematrici ambientali a valle delle ope-razioni di rimozione.

Nel 2011 l’ARPA Campania, pre-sentò, nel corso delle audizioni da-vanti alle commissioni anticamorrae bonifiche della Regione, un dos-sier, in cui si denunciava una situa-zione ambientale particolarmente

compromessa, a causa della pre-senza contemporanea di più siti in-quinati e/o potenzialmenteinquinati. Quali sono le sostanzepiù pericolose individuate e quali ipossibili tempi di bonifica?I dati presentati da ARPAC sonoquelli attualmente riportati nelPiano Regionale di Bonifica dellaRegione Campania, di recente ap-provato dal Consiglio Regionale.Nel Piano sono presenti 183 siti in-quinati, per i quali cioè è stata giàaccertata la necessità di procedereall’esecuzione di interventi di boni-fica, e diverse centinaia di siti poten-zialmente inquinati, per i qualioccorre avviare o proseguire le inda-gini analitiche ed effettuare l’analisidi rischio, per accertare la necessitào meno di procedere alla esecuzionedi interventi di bonifica. Una parteconsiderevole di questi siti ricadononel territorio delle Province di Na-poli e Caserta. Tra di essi particolarerilievo da un punto di vista ambien-tale assumono le cosiddette “AreeVaste””, vale a dire quelle porzionidi territorio interessate dalla pre-senza contemporanea nella stessaarea di più siti inquinati o potenzial-mente tali. Le recenti indagini anali-tiche eseguite a supporto delCommissario di Governo nell’AreaVasta di Masseria del Pozzo, adesempio, testimoniano la presenzadi situazioni di inquinamento sia delsuolo che della falda acquifera, do-

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La lunga strada verso la bonifica

l’Intervista

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Campania, purtroppo, non signi-fica solo Terra dei Fuochi; qualisono gli altri siti contaminati e qualè lo stato di attuazione della lorobonifica?La Regione Campania ha di recenteapprovato l’edizione aggiornata delPiano Regionale di Bonifica, redattacon il supporto dell’ARPAC. NelPiano Regionale di Bonifica sonostati censiti 183 siti per i quali è statagià accertata, ai sensi della norma-tiva vigente, la necessità di inter-venti di bonifica. Di questi, almomento, solo 11 risultano già boni-ficati, con la certificazione rilasciatadalla Provincia competente. Si de-vono poi aggiungere più di 3000 siti,censiti nel Piano come potenzial-mente inquinati, molti dei quali rica-denti nel territorio degli ex Siti diInteresse Nazionale, di recente de-rubricati dal Ministero dell’Am-biente con il DM 11 gennaio 2013 esui quali sono ancora in corso o,nella maggior parte dei casi, devonoancora essere avviati, gli interventidi caratterizzazione. Per quanto riguarda gli interramentiilleciti di rifiuti , oltre alle situazionigià note, nel Piano sono state pru-denzialmente inserite sia le cave ab-bandonate o dismesse, sia le areeagricole immediatamente adiacentialle discariche autorizzate e/o abu-sive. n

Cristina Pacciani

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Intervista a MarinellaVito, Direttore TecnicoARPA Campania

Direttore, l’ARPA Campania, sindalla prima ora rispetto alle dichia-razioni di Schiavone, ha collabo-rato con la Magistratura e le Forzedell’Ordine. Qual è stato e qual ètuttora il ruolo dell’ARPA Campa-nia? Quali le sue attività nella ge-stione della vicenda relativa allacosiddetta Terra dei Fuochi?ARPAC sta operando pressochéquotidianamente, a supporto delleForze di Polizia delegate dalla Auto-rità Giudiziaria nella esecuzioni diinterventi che stanno portando allaluce diverse situazioni di interra-mento di rifiuti e di inquinamentodelle falde e dei suoli. Tale supportoriguarda sia le operazioni di“campo”, tramite l’esecuzione dicampionamenti di matrici ambien-tali, sia le successive attività labora-toristiche per le analisi sui campioniprelevati.In aggiunta alle attività di supportoalla Autorità Giudiziaria, ARPAC staoperando attivamente anche con glialtri Enti ed Istituzioni impegnati avario titolo sul problema della cosid-detta Terra dei Fuochi.Essendo tra i soggetti sottoscrittoridel “Patto per la Terra dei Fuochi”,promosso dal “Delegato del Mini-stro dell’Interno per i roghi di ri-

fiuti”, ARPAC ha predisposto un do-cumento di Linee Guida per la rimo-zione degli abbandoni incontrollatidi rifiuti, nel quale vengono forniteai Comuni ed agli altri soggetti pre-posti alle operazioni di rimozione leindicazioni tecnico operative percondurre gli interventi nel rispettodella normativa vigente ed ancheper effettuare le successive verifichesull’eventuale stato di contamina-zione delle matrici ambientali.ARPAC sta operando altresì a sup-porto della Regione Campania sianella raccolta e sistematizzazione ditutti i dati già esistenti sull’inquina-mento del suolo e delle falde acqui-fera dei territori interessati, sia nellapredisposizione di un ulteriorePiano di Monitoraggio della faldaacquifera, finalizzato all’approfondi-mento delle conoscenze già esistentied alla possibile delimitazione diaree agricole interessate da feno-meni di inquinamento.

Cosa si sente di dire – e cosa è pos-sibile riferire – rispetto a quantoavete riscontrato nei vostri controlliin loco?Fatti salvi i dati relativi agli inter-venti effettuati a supporto dell’Au-torità Giudiziaria, sui qualinaturalmente vige il segreto istrutto-rio, le attività fin qui condotte, su ri-chiesta di Enti Locali o a supportodel Commissario di Governo exlegge n.11/2013, hanno consentito

di evidenziare in alcune aree agri-cole situazioni di inquinamento siadella falda acquifera sia dei suoliascrivibili principalmente a solventie in qualche caso a metalli pesanti.

A suo avviso, il fenomeno dei roghitossici è imputabile alla sola mala-vita organizzata? Personalmente ritengo che, accantoai roghi criminali appiccati della ma-lavita organizzata, persista pur-troppo in Campania un malcostumediffuso da parte di alcuni cittadini,che bruciano cumuli di rifiuti, evi-dentemente senza preoccuparsi deipossibili risvolti che tale pratica inci-vile può avere sull’ambiente e sullasalute umana.

Può chiarirci nuovamente qualisono i rischi per l’ambiente e per lasalute?I rischi per l’ambiente sono dovutisoprattutto al pericolo delle rica-dute di inquinanti al suolo nel casodegli incendi ed al pericolo di in-quinamento di suolo, sottosuolo efalda acquifera nel caso di rifiutidepositati illecitamente nel suolo onel sottosuolo. È del tutto evidenteche l’inquinamento dell’ambientepuò determinare anche conse-guenze sulla salute delle popola-zioni esposte, sulle quali peròriterrei più opportuno rivolgere ledomande ai soggetti con compe-tenze sanitarie.

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Gli interventi dell’ARPA Campania

l’Intervista

CuriositàI terremoti e lo spazio

Contribuire a studiare e monitorare dallo spazio le attività sismiche dellaTerra dallo spazio: questo l’obiettivo per cui l'Agenzia Spaziale Italiana e laChina National Space Administration hanno firmato lo scorso 25 settembrea Pechino un importante Memorandum of Understanding (MoU). Lo ha an-nunciato l’Asi, spiegando che il protocollo d'intesa ha lo scopo di ospitareun payload italiano a bordo del satellite cinese Cses, China Seismo-Electro-magnetic Satellite, per effettuare ricerche su vari tipi di fenomeni di tipo elet-tromagnetico e la loro correlazione con fenomeni geofisici, contribuendo almonitoraggio dei terremoti dallo spazio. Diversi studi - ricorda l’Asi - hannoevidenziato la possibile esistenza di correlazioni temporali tra emissioni elet-tromagnetiche legate all'attività sismica della Terra da una parte e il verifi-carsi di perturbazioni nel plasma iono-magnetosferico. E l’Italia è semprestata all’avanguardia in questo settore.Le strade che stiamo aprendo - prosegue l’Asi - possono dare importantielementi di conoscenza. L’unione delle capacità scientifiche dell’Agenziaitaliana e cinese può portare a più di un risultato positivo. L’Italia fornirà ilsuo contributo al satellite cinese Cses con uno strumento innovativo, dedi-cato alla misura delle particelle energetiche che precipitano dalle fasce diVan Allen a seguito di disturbi elettromagnetici. Lo strumento Italiano saràchiamato Limadou, in onore del famoso esploratore italiano Matteo Ricci esarà realizzato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) nell’ambitodi una collaborazione che vede coinvolti lo stesso Infn e le Università diTrento, Roma Tor Vergata, Perugia e Bologna. n (Fonte: Adnkronos)

Cristina Pacciani

gioni principali?Personalmente non è mio compitoverificare se esistono o meno altrearee presenti in Italia con problemianaloghi a quelli esistenti nella terradei fuochi, la Magistratura sta sicu-ramente verificando questa ipotesi.Il solo commento che mi viene difare è che grazie ai tantissimi con-trolli che in Campania vengonosvolti dagli Enti preposti emergonosistematicamente anomalie, il pen-siero va alla mozzarella inquinatada diossine, tuttavia il problemaviene sempre presentato in manieraesagerata creando inutili allarmi-smi, sottacendo poi i risultati posi-tivi che in breve vengonoconseguiti, vedi le analisi indipen-denti svolte in Germania ma anchele tantissime analisi svolte dall’Isti-tuto Zooprofilattico che ha stabilitol’esistenza di solo quattro caseificipositivi a fronte di centinaia di opi-fici in regola. Certo lo stesso inte-resse della stampa non possorilevarlo per altri problemi similicome le mozzarelle blu o le sottiletteprodotte da formaggi avariati. n

Filippo Pala

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Intervista a Paolo Masi,Preside della facoltà diAgraria dell’UniversitàFederico II di Napoli

Lei lavora da tanto tempo nellearee della cosiddetta Terra dei fuo-chi. Quali sono ad oggi le attivitàche svolgete su questo territorio?Diciamo più correttamente che nelDipartimento di Agraria sono datempo in atto ricerche su questo ar-gomento, due fra tutte sono degne diessere menzionate poiché i tratta diprogetti europei che mirano alla ri-cerca di soluzioni adeguate alla boni-fica di suoli attraverso l’uso dimateriali biologici. Nel progetto Bioremediation si è esplorata, con suc-cesso, la possibilità di adoperaremicro organismi per eliminare inqui-nanti di natura organica (p.es idro-carburi) mentre nel progetto Life cheviene sviluppato in collaborazionecon altri Dipartimenti della FedericoII si sta studiando la possibilità diimpiego di piante non destinate alconsumo alimentare per far fronteall’inquinamento derivante da me-

talli pesanti ed altre specie chimiche.La tanta “pubblicità” negativa fattada questa vicenda alla Campaniaha condizionato sicuramente lavendita di prodotti tipici famosinel mondo. Pensa che le pauresiano giustificate o si è creata unapsicosi senza basi scientifiche?Che la reazione a questo problema,sicuramente non nuovo, sia pura-mente emotiva è un dato di fatto. Latrasmissione di specie inquinanti aifrutti per assorbimento attraversol’apparato radicale delle piante,segue leggi fisiche e biochimicheben note e ampiamente studiate. Pa-radossalmente potremmo dire cheper aversi livelli di inquinamentoderivanti da questo meccanismo, ri-levanti ai fini della salute umana,dovremmo avere una concentra-zione tale nel terreno che renderebbeimpossibile lo sviluppo di qualsivo-glia forma vegetale. Diverso è il di-scorso dell’inquinamento dacontatto per cui gli inquinanti sonopresenti sulla parte superficiale dellepiante. E’ giusto avere un livello diattenzione molto alto ed è giusto ini-bire la coltivazione sui terreni inqui-

nati, che rappresentano solo l’1% deiterritori agricoli coltivati in Campa-nia, ma da qui a generalizzare pena-lizzando un intero compartoinnescando meccanismi speculativi,ne corre. Si faccia attenzione, oggi siparla di Campania, ma sui mercatiesteri non si fa alcuna distinzione fraItalia e Campania e se non si fa inbreve chiarezza è tutto il compartoagroalimentare nazionale che verràpenalizzato ingiustamente.

Un vostro esperimento riguardal’utilizzo di particolari piante per labonifica del territorio: è un’ipotesirealistica e in che tempi?Come già detto in precedenza è giàda tempo che la sperimentazione re-lativa alle piante di uso non alimen-tare per disinquinare i terreni è inatto e già ci sono risultati evidenticon applicazioni in campo proprionelle aree della così detta terra deifuochi.

Pensa che un inquinamento comequello di cui si parla in Campaniaesista anche in altri territori ita-liani? Se sì, quali sono? Quali le ra-

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Occuparsi del problema,senza ingiustificate penalizzazioni

l’Intervista

CuriositàPiemonte: c’erano una volta tanti ghiacciaiDiminuisce il numero dei ghiacciai piemontesi, da 118 a 98 e la loro su-perficie totale si è addirittura dimezzata (-50,2%), passando da 56,4 kmq a28kmq. Recenti foto aeree a grande scala, unitamente ai dati del prece-dente catasto realizzato dal Comitato Glaciologico Italiano nel 1959-1962,ce lo dimostrano; evidenziando come si è andato modificato il glaciali-smo piemontese negli ultimi 50 anni.Obiettivo e' la realizzazione, entro il 2014, di un catasto nazionale, con lacollaborazione del Comitato Ev-K2-Cnr e del Comitato Glaciologico Ita-liano, che monitori lo stato di salute del cuore freddo delle nostre Alpi,principale indicatore dei cambiamenti climatici in atto. Il Piemonte ospitanumerosi ghiacciai del settore occidentale delle Alpi, distribuiti in conte-sti geografico-climatici molto diversi: si passa dai piccoli ghiacciai delleAlpi Marittime, quasi affacciati sul Mar Mediterraneo, a quelli di mag-giori dimensioni, situati ai piedi di montagne che superano i 4.000 m,come il Gran Paradiso e il Monte Rosa.Nei gruppi montuosi più elevati, ad esempio il Gran Paradiso e il MonteRosa, la riduzione e' stata relativamente ridotta (inferiore al -50% dellasuperficie di partenza); in particolare, il Monte Rosa presenta in assolutola riduzione più limitata (-37 %). Qui si trova il ghiacciaio più esteso del-l'intera regione, il Belvedere (4,5 kmq) che nel catasto del Comitato Gla-ciologico Italiano del 1959-1962 risultava suddiviso in 3 ghiacciai, mentreoggi viene classificato come un solo apparato.Nelle zone situate più a sud, la percentuale di riduzione è nettamente piùalta; caso emblematico, il gruppo del Monviso, dove il glacialismo appareormai molto ridotto: si è passati infatti da 11 apparati, tutti classificati“ghiacciai montani” a 7 apparati tutti classificati “glacionevati”.n(Fonte: Adnkronos) Cristina Pacciani

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un Comitato degli Esperti, istituitodalla medesima legge, che al ter-mine della procedura di consulta-zione potrà costituire modificadell’AIA.In data 16 luglio 2013 ISPRA ha noti-ficato all’ILVA di Taranto il secondoverbale di accertamento di viola-zioni dell’AIA, per le conseguentisanzioni amministrative ai sensidella legge 689/81 e, in data30/08/2013, è stato inoltrato allaPrefettura di Taranto il relativo rap-porto.Successivamente gli EC hanno effet-tuato il terzo sopralluogo nelle date10-11 settembre 2013, presso lo stabi-limento dell’ILVA di Taranto, sem-pre per la verifica dello stato diavanzamento degli interventi previ-sti dal decreto di riesame. In data 25settembre 2013 ISPRA, d’intesa conARPA Puglia, ha trasmesso alla Au-torità Competente un’ulteriore infor-mativa sull’esito del controllo e hainoltre proceduto, alla trasmissionea ILVA in data 24 ottobre 2013 di unterzo verbale di accertamento e con-testazione, per la mancata osser-vanza delle prescrizioni AIA relativesia ad interventi di adeguamentoimpiantistico e strutturale sia adaspetti correlati all’esercizio degliimpianti. In data 10 dicembre 2013 è stato in-fine inoltrato alla Prefettura di Ta-ranto il relativo rapporto.Nei primi giorni del mese di dicem-bre 2013, gli EC hanno effettuato ilquarto sopralluogo presso lo stabili-mento dell’ILVA di Taranto per la

verifica dello stato di avanzamentodegli interventi previsti dal decretodi riesame inviando il 20 dicembre2013 una comunicazione prelimi-nare sugli esiti del controllo; sonotuttora in corso le valutazioni tecni-che per la trasmissione dell’informa-tiva all’Autorità Competente. È necessario segnalare, infine, che indata 10 dicembre 2013 è stato ema-nato il nuovo decreto legge 136, at-tualmente in corso di conversione,con la finalità di rafforzare gli obiet-tivi ambientali dell’AIA dell’ILVA diTaranto e di garantire una duratacerta e limitata alla progressiva at-tuazione delle misure di adegua-mento previste in essa, tramitel’approvazione entro il 28 febbraio2014 del nuovo Piano delle misure edelle attività di tutela ambientale esanitaria che rimodulerà i terminioriginari del decreto di riesame del2012. Nel decreto 136, tra l'altro, vi èuna norma importante che subor-dina l'attivazione degli impianti allaverifica del mantenimento delle con-dizioni ambientali attuali; lo stabili-mento in sostanza potrà funzionarea pieno regime solo se il livello diemissioni si attesterà su prestazioniemissive non superiori a quelle at-tuali.Le speranze sono riposte in unPiano delle misure che dia certezzesul risanamento dell'Ilva e sulla bo-nifica del territorio, e in un Piano in-dustriale che, ottemperando alleprescrizioni dell’AIA, rilanci sulpiano produttivo, economico e so-ciale il polo di Taranto, quale fonda-

mentale e strategico centro siderur-gico italiano in Europa nel settoredei laminati piani, ovvero quei semi-lavorati fondamentali per l’approv-vigionamento di comparti strategicidell’industria italiana e internazio-nale. n

Fabio Ferranti

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Come noto, l’ISPRA ha il com-pito della vigilanza e del con-

trollo tecnico-amministrativo incampo ambientale nell’ambito deiprocedimenti statali di Autorizza-zione Integrata Ambientale (AIA),riguardanti talune tipologie di im-pianti di notevole complessità tecno-logica e i molteplici aspetti chepossono essere oggetto di un con-trollo integrato delle varie compo-nenti ambientali quali aria, acqua,suolo, rifiuti, inquinamento acustico,campi elettromagnetici. Tra questetipologie di impianti rientra lo stabi-limento siderurgico di Taranto delgruppo ILVA SpA.ISPRA svolge tali attività di vigi-lanza e controllo ambientale su im-pianti di competenza statale ancheavvalendosi delle Agenzie Regionalie Provinciali per la Protezione del-l’Ambiente (ARPA e APPA). Nell’anno 2013, a seguito dell’inter-venuto atto normativo della cosid-detta legge salva-ILVA del 2012, vi èstato un ulteriore incremento deicontrolli ambientali da parte degliispettori ambientali ISPRA presso lostabilimento siderurgico del gruppoILVA SpA ubicato nei Comuni di Ta-ranto e Statte, per verificare l’ottem-peranza alle prescrizioni contenutenel decreto di riesame dell’AIA ema-nato a ottobre 2012, rispetto alle giànumerose attività di controllo previ-ste prima e dopo la pubblicazionedell’AIA risalente ad agosto 2011.Infatti, il decreto legge 3 dicembre2012, n.207, convertito dalla legge231 del 24 dicembre 2012, ha regola-

mentato l’attuazione dell’AIA pertaluni stabilimenti definiti “di inte-resse strategico nazionale”, tra cui èstata individuata l’ILVA di Taranto,qualora vi sia un’assoluta necessitàdi salvaguardia dell’occupazione edella produzione. Per effetto del suddetto mandato, gliEnti di Controllo (EC) preposti, ov-vero ISPRA e ARPA Puglia, d’intesahanno effettuato, con periodicità tri-mestrale, quattro ispezioni nelledate del 5-6-7 marzo, 28-29-30 mag-gio, 10-11 settembre e 3-4 dicembre2013, svolgendo appositi sopralluo-ghi per accertare lo stato reale di at-tuazione degli interventi,comunicato anche attraverso l’ob-bligo di una relazione trimestrale daparte di ILVA, e riferendone all’Au-torità Competente (AC), ovvero ilMinistero dell’Ambiente e della Tu-tela del Territorio e del Mare. A conclusione della prima ispezionenelle date 5-6-7 marzo 2013, ISPRAha trasmesso in data 21 marzo all’Autorità Competente e al Garantedel Governo un’informativa sull’e-sito del controllo. La prima infor-mativa dell’ISPRA ha accertatotalune violazioni del decreto di AIAe contiene altresì proposte per l’ACdi diffida ad ILVA SpA. A seguito dell’informativa di ISPRA,il Ministero dell’Ambiente ha richie-sto a ILVA delle osservazioni, chesono state poi trasmesse a ISPRA percommenti. A seguito dell’interlocu-zione con ILVA SpA, l’Istituto haconfermato l’accertamento delle vio-lazioni riscontrate e in data 17 mag-

gio 2013 ha notificato all’ILVA di Ta-ranto il verbale di accertamento diviolazioni dell’AIA, per le conse-guenti sanzioni amministrative.La sanzione amministrativa, fino al10% del fatturato della Società ILVASpA risultante dall’ultimo bilancioapprovato, è in corso di irrogazioneai sensi della legge 689/81 da partedel Prefetto di Taranto, AutoritàCompetente ai sensi della legge689/81, al quale è stato inoltrato daISPRA in data 11 giugno 2013 il rap-porto previsto dalla legge. Gli EC hanno poi effettuato il se-condo sopralluogo nelle date 28-29-30 maggio 2013, presso lostabilimento dell’ILVA di Taranto,per la verifica dello stato di avanza-mento degli interventi previsti daldecreto di riesame e, in data 11 giu-gno 2013 ISPRA, d’intesa con ARPAPuglia, ha trasmesso all’AutoritàCompetente e al Garante del Go-verno un’informativa sull’esito delcontrollo. Nel mese di giugno 2013, è interve-nuto il decreto legge 61 del 4 giugno2013, poi convertito dalla legge 89del 3 agosto 2013, per definire unnuovo assetto gestionale ed organiz-zativo dell’ ILVA di Taranto, con lasoppressione della figura del Ga-rante del Governo e con l’introdu-zione del Commissario straordinarioe di un sub Commissario per l’ado-zione dei piani e delle azioni di bo-nifica previsti dall'AIA, e conl’introduzione di un nuovo Pianodelle misure e delle attività di tutelaambientale e sanitaria, elaborato da

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Aggiornamento delle attività ISPRApresso l’ILVAp

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CuriositàImprese sempre più verdiSecondo un’indagine Eurobaro-metro, nell’ultimo anno oltre il90% delle piccole e medie im-prese europee ha adottato almenouna misura per migliorare la pro-pria efficienza nell’utilizzo dellerisorse, contribuendo alla ridu-zione delle emissioni di CO2. Lemisure più comuni riguardano lariduzione al minimo dei rifiuti(67%), il risparmio energetico(67%) e il risparmio dei materiali(59%). Il 51% delle imprese, inol-tre, ricicla riutilizzando materialio rifiuti al suo interno o rispar-miando acqua. Più di un terzo diesse (35%) offre prodotti o servizinel settore dei materiali riciclati(il 6% in più rispetto al 2012). Co-struzioni, cibi, bevande, attrezza-ture, macchinari elettronici emeccanici costituiscono ancora iprodotti e i servizi ecologici piùvenduti. n (Fonte: AGI)

giungersi circa 30.000 m3, prevalen-temente di IIa categoria, derivantidalle operazioni di disattivazionedelle installazioni.Per quanto riguarda le operazionida svolgere va detto che i rifiuti im-magazzinati presso i rispettivi siti diproduzione sopra citati (i.e. centralinucleari, impianti sperimentali, cen-tri di ricerca) sono per la gran parteancora da sottoporre ad operazionidi trattamento e di condizionamentonecessarie per la loro trasformazionein manufatti durevoli, che assicurinoun idoneo isolamento della radioat-tività dall’ambiente, atti al trasporto,allo stoccaggio ed allo smaltimentodefinitivo. Lo svolgimento di talioperazioni, che sono di fatto prope-deutiche a quelle di smantellamentodell’impianto, deve essere accele-rato. Ciò con particolare riferimentoai rifiuti liquidi, presenti soprattuttonell’impianto EUREX di Saluggia(VC) e nell’impianto ITREC dellaTrisaia (MT), ai rifiuti da ricondizio-nare presso la Centrale di Caorso eai rifiuti collocati negli anni 60-70 instrutture interrate, come ad esempionella Centrale del Garigliano e nel-l’impianto ITREC della Trisaia. Alcune di queste attività sono giàautorizzate ed i relativi piani opera-tivi o progetti di dettaglio sono giàstati approvati dall’ISPRA (ad esem-pio la cementazione dei rifiuti li-quidi dell’impianto ITREC dellaTrisaia). Per alcune altre è prossimoil completamento degli iter istruttori(ad esempio il CEMEX per il condi-zionamento di rifiuti liquidi dell’im-

pianto EUREX e la bonifica delletrincee della centrale del Garigliano)e per altre operazioni le istruttoriesono in corso secondo le procedureda anni vigenti, in un quadro di at-tenzione prioritaria da parte dell’I-stituto.

Come è noto, non esiste in Italia undeposito centralizzato per lo smal-timento dei rifiuti radioattivi di IIacategoria e per lo stoccaggio a lungotermine di quelli di IIIa. I rifiuti ra-dioattivi già prodotti e quelli checontinuano ad essere prodotti nelleattività di mantenimento in sicu-rezza degli impianti, o propedeuti-che allo smantellamento, dovrannopertanto continuare ad essere stoc-cati presso gli stessi siti. La perdu-rante assenza di una chiaraprospettiva per la disponibilità di undeposito nazionale rende necessariala realizzazione di nuove strutturedi deposito temporaneo sui siti, ri-spondenti ai requisiti di sicurezzapiù avanzati, sia per far fronte all’e-sigenza di migliorare le attuali con-dizioni di stoccaggio dei rifiuti(collocati in strutture di immagazzi-namento in molti casi vetuste e a suotempo non progettate in conformitàai requisiti oggi richiesti per i depo-siti di medio e lungo termine), siaper rendere possibile la prosecu-zione delle attività di disattivazione,attraverso la disponibilità di idoneestrutture di stoccaggio dei rifiuti cheda queste sono tipicamente prodotti.

Per quanto riguarda il combustibile

nucleare irraggiato derivante dall’e-sercizio delle centrali nucleari, esso èstato in gran parte (circa 1630 t) tra-sferito negli anni passati nel RegnoUnito. Nel 2006 è stato stipulato unaccordo intergovernativo con laFrancia per il riprocessamento delle235 tonnellate restanti (190 t nellacentrale di Caorso e 45 t nel Depo-sito Avogadro e nella Centrale diTrino). Tale accordo prevede il com-pletamento delle operazioni di tra-sferimento entro il 2015 ed il rientrodei residui in Italia tra il 2020 ed il2025. Va detto che a seguito delleoperazioni di riprocessamento all’e-stero dovranno rientrare in Italia al-cune decine di m3 di rifiuticondizionati ad alta attività.

Nell’ambito del suddetto accordocon la Francia è stato completato nel2010 il trasferimento delle 190 ton-nellate di Caorso. Ad oggi risultanoancora da trasferire circa 30 t dai sitidel Deposito Avogadro (VC) e dellaCentrale di Trino (VC). Negli ultimianni il trasferimento del combusti-bile dai siti piemontesi, ripreso nelloscorso anno, è proceduto con note-voli difficoltà per le note vicendedella Val di Susa. Il programma è at-tualmente sospeso per il rifiutoespresso dalle autorità francesi altrasferimento dei rimanenti quanti-tativi in relazione, da un lato, all’as-senza di una specificaautorizzazione per l’impianto di ri-cezione di La Hague a trattare ilcombustibile ad ossidi misti pre-sente nel Deposito Avogadro, e

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Estratto dall’audizioneISPRA presso leCommissionipermanenti 10a e 13adel Senato dellaRepubblica sullagestione delcombustibile nucleareesaurito e dei rifiutiradioattivi

Dopo l’audizione del 30 ottobredello scorso anno, tenutasi

presso le Commissioni VIII e X dellaCamera dei Deputati, sul tema dellamessa in sicurezza dei rifiuti ra-dioattivi e sul processo di smantella-mento degli impianti nucleari, loscorso 9 gennaio l’ISPRA, rappre-sentato dal Direttore Generale Ste-fano Laporta, è stato ascoltatopresso la 10a Commissione (Indu-stria, Commercio, turismo) e la 13aCommissione (Territorio, Ambiente,Beni ambientali) del Senato, sulloschema di decreto legislativo recanteattuazione della Direttiva2011/70/Euratom, che istituisce unquadro comunitario per la gestioneresponsabile e sicura del combusti-bile nucleare esaurito e dei rifiuti ra-dioattivi.Il Dr Laporta ha ricordato che all’I-SPRA sono attribuiti i compiti di au-torità di regolamentazione econtrollo per la sicurezza nucleare ela radioprotezione delle installazioninucleari e delle attività d’impiegodelle sorgenti di radiazioni ioniz-

zanti, rientrando tra questi compitianche le funzioni di controllo sui ri-fiuti radioattivi presenti e generati inItalia, per la gran parte collocatinelle installazioni nucleari da anninon più in esercizio, delle quali èprevista la disattivazione. In tema di sicurezza nucleare, rife-rita ai rifiuti radioattivi ed al com-bustibile irraggiato presenti pressole installazioni nucleari, trova ap-plicazione la Direttiva 2009/71/Eu-ratom del 25 giugno 2009, la qualeistituisce un quadro comunitarioper la sicurezza nucleare degli im-pianti. In estrema sintesi, essa siapplica a qualsiasi impianto nu-cleare civile, ancorché in disattiva-zione, che nella definizionericomprende, non solo le centralinucleari, ma anche impianti di ar-ricchimento, di fabbricazione dicombustibile nucleare, di riproces-samento, i reattori di ricerca e lestrutture di stoccaggio del combu-stibile irraggiato, nonché le strut-ture di deposito dei rifiutiradioattivi ubicate nello stesso sitoe direttamente connesse agli im-pianti nucleari stessi. Tale Direttivaè stata recepita con il D.L.vo 19 ot-tobre 2011, n. 185, il quale indivi-duava nell’Agenzia per lasicurezza nucleare l’autorità nazio-nale per la regolamentazione tec-nica, il controllo e la vigilanza inmateria di sicurezza nucleare degliimpianti: il successivo D.L. 6 di-cembre 2011, n. 201, convertito conLegge n. 214/2011, ha stabilito ladefinitiva soppressione dell’Agen-

zia per la sicurezza nucleare, le cuifunzioni e compiti sono trasferitiall’ISPRA.

I rifiuti radioattivi attualmente pre-senti in Italia derivano, prevalente-mente, dal pregresso programmanucleare e si trovano nelle installa-zioni gestite dalla Sogin S.p.A. -Centrali nucleari di Trino, del Gari-gliano, di Latina e di Caorso, defini-tivamente spente negli anni ’80,degli impianti EUREX di Saluggiaed ITREC della Trisaia (MT) dell’exENEA, degli impianti Plutonio edOPEC presso il Centro della Casac-cia (Roma), nel Deposito Avogadrodi Saluggia (VC), della DepositoAvogadro S.p.A. - e nelle installa-zioni del Centro Comune di Ricer-che di Ispra (VA) della CommissioneEuropea. A questi, si aggiungono irifiuti di origine medica, indu-striale e di ricerca, per i quali si re-gistra una produzione di alcunecentinaia di metri cubi l’anno. Talirifiuti trovano collocazione presso leinstallazioni di alcuni operatori na-zionali, le più rilevanti delle qualisono le installazioni della Nucleco,presso il Centro ENEA della Casac-cia.I rifiuti radioattivi, classificati in re-lazione alla tipologia dei radionu-clidi presenti, ammontano, aldicembre 2012, secondo la bancadati dell’ISPRA predisposta sullabase dei dati forniti annualmentedagli esercenti, a circa 27.000 m3 perla Ia e IIa categoria e 1.700 m3 per laIIIa. A tali rifiuti andranno ad ag-

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Nucleare sotto controllop

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ternazionale da parte della IAEA.La versione della Guida Tecnicache recepisce i suggerimenti rice-vuti in sede internazionale, è statarecentemente trasmessa ai Mini-steri dello sviluppo economico edell’ambiente e viene ora sottopo-sta, prima della sua emanazionedefinitiva, ad una fase finale diconsultazione degli enti ed organi-smi interessati, come previsto dallanormativa vigente e dalle prassi in-ternazionali.

Non appare poi più procrastinabilel’avvio delle procedura per la loca-lizzazione e la realizzazione del de-posito nazionale. L’ISPRA hapredisposto i criteri tecnici per lalocalizzazione e ritiene che su diessi possa svolgersi un proficuoprocesso di consultazione che portialla loro definitiva emanazione. Vaevidenziato che la necessità per ilpaese di dotarsi di tale strutturanon scaturisce soltanto dall’esi-genza di assicurare un’idonea ge-stione in sicurezza dei rifiutiderivanti dal pregresso programmanucleare, anche a tutela delle futuregenerazioni, e ad assicurare il com-pletamento del processo di disatti-vazione delle installazioni con ilrilascio dei siti senza vincoli di na-tura radiologica, ma anche dall’og-gettiva necessità di assicurare unagestione di lungo termine dei rifiutiradioattivi di origine medica, indu-striale e di ricerca, la cui produ-zione proseguirà negli anni. n

Cristina Pacciani

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dall’altro alla necessità, sempre daparte francese, di avere evidenza diconcreti progressi in merito alla rea-lizzazione del Deposito Nazionale,destinato a ricevere i residui deri-vanti dalle operazioni di ritratta-mento.

Il processo di disattivazione delleinstallazioni nucleari consiste nel-l’insieme di tutte quelle azioni piani-ficate da effettuare, nel rispetto deirequisiti di sicurezza e di protezionedei lavoratori, della popolazione edell’ambiente, sino allo smantella-mento finale o, comunque, al rilasciodel sito senza vincoli di natura ra-diologica. Negli ultimi due anni è da registrareuna significativa accelerazione nelleprocedure autorizzative in quanto,nella seconda metà del 2012, sonostate rilasciate le autorizzazioni rela-tive alle Centrali di Trino e del Gari-gliano (rispettivamente nell’agosto esettembre 2012) e nello scorso mesedi dicembre è stato formulato al Mi-nistero dello sviluppo economico ilparere fiale dell’ISPRA per la cen-trale di Caorso. Nel 2008, con il De-creto Ministeriale del 27 novembre2008, era stata rilasciata l’autorizza-zione alla disattivazione dell’im-pianto di Bosco Marengo (AL). Per la centrale di Latina, nel 2009 laSogin aveva aggiornato la propriaistanza a causa del cambiamento distrategia temporale sulla gestionedella grafite, soprattutto in relazionealle incertezze sulla realizzazionedel Deposito Nazionale. L’istruttoria

è in corso e si prevede possa com-pletarsi nel 2014.Per tutte e quattro le centrali i de-creti di compatibilità ambientalesono stati emanati.

Come già detto, non esiste in Italiaun deposito centralizzato per losmaltimento dei rifiuti radioattividi IIa categoria e per lo stoccaggio alungo termine di quelli di IIIa. I ri-fiuti radioattivi già prodotti e quelliche continuano ad essere prodottiper le attività di mantenimento in si-curezza degli impianti, o propedeu-tiche allo smantellamento, dovrannocontinuare ad essere stoccati pressogli stessi siti. L’assenza di un depo-sito nazionale non rende di fattopraticabile la strategia di disattiva-zione delle installazioni fino al rila-scio dei siti senza vincoli di naturaradiologica. In assenza del deposito nazionale,tutti gli esercenti, grandi e piccoli,diventano direttamente responsabilidell’intera gestione a lungo terminedei rifiuti di loro pertinenza, do-vendo con ciò garantire, oltre al con-dizionamento dei rifiuti, la loroconservazione a lungo termine, rea-lizzando in ciascuno dei loro sitistrutture idonee per lo stoccaggiotemporaneo in attesa di una solu-zione di smaltimento definitivo. È da considerare al riguardo che al-cuni siti esistenti non possiedonocertamente le caratteristiche mi-nime richieste per ritenerli idoneiad ospitare rifiuti radioattivi a finidi smaltimento o, comunque, a

lungo termine. Gli impianti e/ocentri di ricerca sono stati indivi-duati a suo tempo, nei casi mi-gliori, con criteri sitologici e di“impatto ambientale” (ad es. carat-teristiche idrogeologiche e antropo-morfiche del territorio) persvolgere un’attività, anche se di ri-lievo dal punto di vista del rischioradiologico, limitata nel tempo,cioè per un periodo di 20-30 anni.Nel luglio 2012, il Ministero dellosviluppo economico, con una notatrasmessa al Ministero dell'ambientee all’ISPRA, ha considerato priorita-ria la definizione dei criteri tecniciper l’avvio delle procedure di loca-lizzazione del Deposito nazionale edell’annesso Parco Tecnologico, rav-visando l’opportunità che l’ISPRAavviasse entro l’anno le attività perla definizione dei criteri tecnici. L’ISPRA, ha predisposto nel dicem-bre 2012 una versione preliminaredella Guida Tecnica n. 29, “Criteriper la localizzazione di un depositosuperficiale di smaltimento dei ri-fiuti radioattivi a bassa e media atti-vità”. Successivamente, al fine diriflettere nei criteri le esperienze giàcondotte in tale ambito in Europa,ha ritenuto di dover svolgere unconfronto con le autorità di sicu-rezza nucleare di Paesi europei chegià eserciscono analoghe strutture -Francia (Deposito superficiale) eSvizzera (Deposito temporaneo dirifiuti ad alta attività) - o si stannoavviando a realizzarle (Slovenia eBelgio) e di sottoporre la Guida Tec-nica ad un processo di revisione in-

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CuriositàCommissione Europea:

Ridurre l’uso dei sacchetti di plastica

Lo scorso 4 novembre, la Commissione europea ha adottato una propostadi legge che obbliga gli Stati membri a ridurre l'uso delle borse di pla-stica. Saranno gli Stati a decidere come farlo: facendole pagare, stabi-lendo obiettivi nazionali di riduzione, vietandole a determinatecondizioni oppure in altri modi che riterranno più adatti. Per lo più uti-lizzate una volta sola, le borse di plastica leggere possono però resisterenell'ambiente centinaia di anni, spesso sotto forma di microparticelle icui effetti dannosi sono noti, soprattutto per l'ambiente marino. Janez Potočnik, Commissario per l'Ambiente, ha dichiarato: “Ci siamomossi per risolvere un gravissimo problema ambientale che è sotto gliocchi di tutti. Ogni anno in Europa sono più di 8 miliardi le borse di pla-stica che si trasformano in immondizia, con pesanti danni per l'ambiente.Alcuni Stati membri sono già riusciti a limitare di molto il loro uso e sealtri facessero altrettanto il consumo in tutta l’Unione europea potrebbeaddirittura ridursi dell’80%.”

Tecnicamente, la proposta modifica la direttiva sugli imballaggi e i rifiutidi imballaggio, introducendo l’obbligo per gli Stati membri ad adottaremisure che riducano il consumo di borse di plastica di spessore inferiorea 50 micron - meno riutilizzate rispetto a quelle di spessore superiore equindi più a rischio "usa e getta" - e lasciando agli Stati la scelta del tipodi misure, che possono consistere in strumenti economici, come impostee prelievi, obiettivi nazionali di riduzione e restrizioni alla commercia-lizzazione.

Si stima che nel 2010 siano stati immessi nel mercato dell'UE 98,6 miliardidi sacchetti di plastica, il che significa che ogni cittadino europeo ne hausati 198 e presumibilmente ne ha riutilizzate ben poche, poiché la mag-gior parte di questi sacchetti sono di materiale leggero e di fatto vengonoriutilizzate meno rispetto alle borse più robuste. Le cifre sul consumo disacchetti di plastica in materiale leggero indicano grandi differenze tragli Stati membri: si va dai 4 sacchetti annui pro capite di Danimarca eFinlandia, ai 466 di Polonia, Portogallo e Slovacchia. L’Italia è in una po-sizione intermedia, con 181 sacchetti annui pro capite. (Fonte: UfficioStampa Commissione Europea) n

durante le varie fasi di trasporto delmateriale quali ritardi nelle conse-gne, rifiuto totale di movimentare imateriali radioattivi da parte dioperatori del settore, aumento deitempi di sosta in caso di trasportomultimodale. In conseguenza di ciò,può verificarsi un aumento dei costidel trasporto e dei tempi di conse-gna al destinatario finale del mate-riale radioattivo, con fortiripercussioni nel suo impiego (inparticolare per quanto riguarda i ra-dioisotopi utilizzati in medicina nu-cleare). Al fine di risolvere taliinconvenienti nel modo più efficace,la IAEA ha istituito un Consiglio Di-rettivo, una serie di reti regionalicomposte da paesi geograficamenteomogenei e dei Punti di ContattoNazionali. Per l’Italia, il Ministeroper lo Sviluppo Economico ha desi-gnato un funzionario ENEA, aventeil compito di consigliare le autoritànazionali su tali aspetti, interfac-ciarsi fra i vari organi, assicurarsi

che le azioni siano documentate ecomunicate alla IAEA. Il supporto al trasporto di materialeradioattivo sul territorio viene effet-tuato inoltre in fase di redazione deirelativi piani di sicurezza nell’even-tualità di situazioni incidentali acura delle singole prefetture. Nessun treno adibito eventualmenteal trasporto di rifiuti è sotto il con-trollo dell’Agenzia ENEA. Trattan-dosi esclusivamente di rifiutiderivanti da attività elettronuclearisono sotto responsabilità di SOGIN.Se però il materiale nucleare è diproprietà dell’ENEA, Sogin è tenutaa richiedere l’autorizzazione al tra-sporto e fornire tutta l’informativanecessaria ad ENEA per quanto ri-guarda l’alienazione, nell’ambitodell’Atto di Affidamento in gestione.

Quanti sono i rifiuti non elettro-nucleari presenti nel nostro Paese?Quali le fonti più comuni? Qual èl’andamento della loro produ-

zione?I rifiuti di origine non elettronu-cleare sotto il controllo ENEA e pre-senti nel Centro Casacciaammontano a circa 7.500 metri cubi.Le fonti più comuni sono quelle me-dicali ed industriali. La loro produ-zione è mediamente poco sotto i 50metri cubi annui.

Da chi provengono le richieste dimisurazione di radioattività eradon che arrivano nei vostri labo-ratori? Possono richiedere questotipo di attività anche i cittadini?Le richieste provengonno da opera-tori del settore del ciclo del combu-stibile nucleare (Sogin, ENEL,Ansaldo ecc.), Gruppo G8-NPEGper la prevenzione e lotta al trafficoillecito di materiale nucleare, Sanitànell’ambito della medicina nucleare,Aziende farmaceutiche.Le richieste possono venire dachiunque. n

Filippo Pala

Rifiuti Radioattivip ideambiente N°66

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Intervista a Massimo Sepielli,Responsabile UnitàTecnica Tecnologie e Impianti Fissione e Gestione Materiale NucleareENEA CASACCIA

Quali sono le attività che svolgeteriguardo alla gestione dei rifiuti diorigine radioattiva?L’Agenzia ENEA ha la proprietàdegli impianti, del sito di stoccaggioprovvisorio dei rifiuti radioattivi inarea NUCLECO ed è titolare della li-cenza di esercizio rilasciata dal MiSEnell’Aprile del 2010. Attraverso uncontratto di Servizio con la parteci-pata NUCLECO dispone, supervi-siona l’attuazione della rimozione,del trattamento, condizionamento ecustodia temporanea in sicurezzadei rifiuti nucleari prodotti nel Cen-tro Casaccia per effetto delle attivitàdi impianti nucleari di ricerca(TRIGA, Tapiro, Calliope ecc.) Inriferimento all’art.17 punto 4 delD.Lgs. 52/2007 l’Agenzia è inoltre ilgestore del Servizio Integrato; que-sto si occupa attraverso la consociataNUCLECO del conferimento, delcondizionamento e del depositoprovvisorio di sorgenti e rifiuti nu-cleari non derivanti da produzionedi energia elettrica.

ENEA, attraverso la sua Unità Fis-sione e Gestione materiali radioat-tivi, effettua analisi di materialinucleari e radioattivi, caratterizza-zione di materiali nucleari e qualifi-cazione di processi che ne implicanola manipolazione oltre alla funzionedi laboratorio di riferimento nelcampo della caratterizzazione di ri-fiuti radioattivi sia condizionati cheoriginari.

L’Agenzia ENEA è consulente delMiSE, in seguito ad esplicito man-dato di questo Ministero per quelloche riguarda le attività dei Gruppi dilavoro internazionali ARIUS edERDO-WG tendenti ad effettuarecome primo passo studi di fattibilitàsulla implementazione di un depo-sito geologico profondo consortile inambito europeo, in attuazione dellaDirettiva Europea 2011/70 EURA-TOM del 19/07/2011 che prevedeulteriori adempimenti per la sotto-missione alla Commissione di pianiper la gestione in sicurezza dell’in-ventario dei singoli paesi della UEda attuarsi entro il 23/08/2015.

Sia ISPRA che ENEA si occupanodi queste tematiche: in che modo leattività si intrecciano e quali sonole forme di collaborazione tra i dueenti?ISPRA è l’organo “regolatorio” ita-liano ed ha funzioni ispettive. ENEAè tenuto a sottoporsi alle ispezioni

nei suoi impianti dei funzionariISPRA, oltre a quelli di EURATOM eIAEA. ISPRA produce un inventariorifiuti di tipo radiologico generale.ENEA redige annualmente un in-ventario fisico limitato ai rifiuti disua proprietà avente ulteriore va-lenza commerciale, dovendo super-visionare la Soc. NUCLECO nelleattività di custodia temporanea in si-curezza. La collaborazione fra i dueenti si attua essenzialmente in am-bito MiSE, in cui ISPRA è il soggettoche può avvalersi delle consolidatecompetenze tecniche di ENEA pergli adempimenti previsti da TrattatiInternazionali quali il trattato di nonProliferazione Nucleare, che pre-vede come strumenti di salvaguar-dia il cosiddetto ProtocolloAggiuntivo. Le attività si snodanoattraverso strumenti attuativi di parilivello fra ENEA ed ISPRA ossia ap-posite convenzioni pluriennali.Inoltre, ENEA ed ISPRA collaboranocome membri dell’ENTRAP (Euro-pean Network of Testing Facilitiesfor the Quality Checking of RA-dioactive Waste Packages)

In che maniera fornite supporto altrasporto di materiale radioattivosul territorio? I treni di cui si parlaspesso sulla stampa sono tutti sottoil vostro controllo?Nel 2003 l’Agenzia Internazionaleper l’Energia Atomica (IAEA) ha ri-conosciuto l’esistenza di problemi

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Rifiuti radioattivi: le attività dell’ENEA

l’Intervista

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gata all’avvio del progetto dellaCarta Geologica d’Italia presso il R.Ufficio Geologico; altre opere ven-gono progettate nell’intervallo tra idue conflitti mondiali, altre dopo laII Guerra mondiale, nell’arco tempo-rale che dagli anni ’50 arriva aigiorni nostri e vede impegnati nu-merosi istituti e musei.

I plastici realizzati acavallo tra ‘800 e ‘900

Fin dalla fine del 1800 i geologihanno sentito l’esigenza di espri-mere con un impatto visivo più im-mediato i risultatidell'interpretazione geologica. Larappresentazione plastica, conside-rata innanzitutto un indiscusso sup-porto didattico ed uno strumentoper la divulgazione dell’avanza-mento delle conoscenze geologiche,ha altresì reso più diretto e compren-sibile il dialogo con le strutture digoverno del territorio.Gli anni a cavallo fra i due secoli,che seguirono le guerre per l’unitàd’Italia, furono anni cruciali per lacrescita economica e industriale delPaese e per la costruzione di ununico mercato interno oltre che di

un’unità politico-amministrativa. Inquesta situazione era vitale per ilnuovo Stato conoscere a fondo il ter-ritorio e le sue risorse minerarie. Fuproprio questo a dare avvio alla fio-ritura di studi geologici, stratigraficie minerari. Uno dei prodotti di que-sto fermento fu la realizzazione inserie di piani-rilevo riguardanti ilterritorio italiano, con l’utilizzo dimateriali diversi, prevalentementegesso e legno o metallo (lega galva-nica) e dipinti ad olio. Molti di que-sti plastici “storici” sono andatidistrutti o dispersi nel corso deltempo, ma molti altri ancora sonoconservati in vari Istituti, da Nord aSud, in tutta Italia. Di questo periodo abbiamo a testi-monianza alcune prestigiose rac-colte, tra cui quella del MuseoCapellini di Bologna (1865-1916),con i maggiori vulcani italiani, ilMonte Bianco e alcuni plastici geolo-gici didattici; quella dell’Osservato-rio Vesuviano (1870-1917), con imaggiori vulcani italiani (Etna, Ve-suvio, Campi Flegrei, Stromboli) eSantorini; quella dell’ISPRA (realiz-zata dal R. Ufficio Geologico), con 17plastici, i rimanenti di un’originariaproduzione ben più ricca (datati dal1877 al 1920, anche questi manufatti

riguardano soprattutto i vulcani e learee vulcaniche italiane, inoltre al-cune principali zone minerarie (Isolad’Elba, le aree metallifere toscane, laSicilia), il Monte Bianco ed il MonteSoratte; quella del Museo “Gemma1786” di Modena (1883 al 1922), conle aree vulcaniche italiane (tra cuiVulcano e altre isole delle Eolie);quella del Dipartimento DiSSGeAdell’Università di Padova: 22 plastici(1898- 1916), che conta, tra gli altri,l’Anfiteatro morenico del Garda,l’Altopiano di Asiago-MonteGrappa e Montello, le Alpi occiden-tali, l’Italia fisico-politica, nonchèuna serie di opere relative alle isolevulcaniche; i 2 plastici in metallo delVesuvio e dell’Etna del Diparti-mento di Scienze della Terra di Fi-renze ed il plastico dell’Elba delMuseo di Mineralogia di Firenze(analogo a quello della Collezionedel R. Ufficio Geologico); altre sin-gole opere, sempre relative ad areevulcaniche sono conservate a Napolipresso l’Università Federico II ed aRoma presso l’Istituto nazionale diGeofisica e Vulcanologia (INGV) edil Consiglio per la Ricerca e la Speri-mentazione in Agricoltura (CRA-CMA).I soggetti più rappresentati nei pla-

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Il Servizio Geologico d’Italia (oggiin ISPRA), fin dalla sua costitu-zione, ha avuto il compito istituzio-nale di provvedere alla conoscenzadel territorio nazionale ed alla rea-lizzazione della Cartografia Geolo-gica ufficiale. Per lo studio erilevamento del territorio e per larealizzazione della cartografia geo-logica si è da sempre avvalso dellabase topografica realizzata dall’Isti-tuto Geografico Militare, supportoindispensabile per la corretta rap-presentazione cartografica. Lo sto-rico rapporto fra questi due Organicartografici ha suggerito ad ISPRA(attraverso il Servizio Attività Mu-seali) ed IGM (attraverso la Biblio-teca “Attilio Mori”), incollaborazione con il Centro Italianoper gli Studi Storico-Geografici(CISGE) e con il patrocinio dell’Or-dine Regionale dei Geologi della To-scana, di organizzarecongiuntamente una giornata di

studi dedicata alla rappresentazioneplastica del territorio italiano. Scopoprimario quello di comprendere edanalizzare le motivazioni che hannodato avvio a questa particolareforma d’arte, l’evoluzione della tec-nica di realizzazione dei manufatti ela loro “fortuna” nel tempo in ter-mini di produzione e diffusione, so-prattutto prima dell’avvento delletecniche di riproduzione fotografica.La giornata di lavori si è tenuta nellaprestigiosa Sala De Vecchi dell’IGM,appena restaurata, utilizzata grazieal notevole afflusso di richieste dipartecipazione, in sostituzione dellaSala Schmiedt inizialmente prevista.Hanno partecipato, oltre all’IstitutoGeografico Militare (IGM) e all’I-SPRA, l’Istituto Idrografico dellaMarina (I.I.M.), l’Ufficio Storicodello Stato Maggiore dell’Esercito,l’Istituto di Cultura dell’Arma delGenio e numerosi altri istituti emusei.Il Workshop ha rappresentato unaprima occasione ed uno start up perconfrontarsi sulla rappresentazionetridimensionale storica del territorio,che ha corredato lo studio e la carto-grafia di aree di particolare inte-resse, non solo topografico,geologico ed agronomico, ma anchestrategico per le infrastrutture e perle azioni di difesa del paese.La giornata si è articolata in due ses-sioni: la prima svoltasi nella matti-nata ha affrontato le tematichelegate alla rappresentazione plasticain ambito geografico, topografico emilitare; la seconda, svoltasi nel po-

meriggio, ha messo il focus sui pianirilievo geologici, sulle aree italianepiù rappresentate in questi manu-fatti, sulle epoche di produzione, sulcontesto storico e sullo sviluppodelle tecniche di realizzazione.

I piani-rilievo geologici

I piani-rilievo geologici, rappresen-tazioni tridimensionali di porzionidi territorio o modelli di particolaricontesti geologici, hanno seguito ecorredato la realizzazione della car-tografia geologica quale strumentodi supporto didattico e di divulga-zione della conoscenza geologica delterritorio.Per quanto riguarda in particolarel’Italia va posta in risalto innanzi-tutto la ricca produzione su scala na-zionale tra l’ultimo quarto dell’800ed il primo ventennio del ‘900, colle-

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La rappresentazione plastica del territorio tra Ottocento e NovecentoWorkshop IGM/ISPRA

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Progetto allestimento Collezione piani-rilievo dell’ISPRA (a cura di S. Fulloni e P. Moretti)

La prestigiosa Sala De Vecchi dell’Isti-tuto Topografico Militare (Firenze), cheha ospitato i lavori del workshop, ria-perta per l’occasione dopo il restauro

Non solo funzionali alla fabbrica-zione e produzione di beni: le

materie prime sono molto di più,vista la loro centralità per l’industriae l’economia. Secondo alcuni espertidi geopolitica, considerate le infinitepossibilità di utilizzo e il decre-mento delle riserve, le materie primesaranno il terreno sul quale, in fu-turo, i Paesi si daranno battaglia. Tratutte le risorse, particolarmente im-portanti sono le “terre rare”, inbuona parte sotto il diretto controllodella Cina, ed essenziali per la tec-nologia e i prodotti hi-tech. Per ridurre la dipendenza dei Paesidell’UE rispetto a quelli non comu-nitari, la Commissione europea, nel2008, ha approvato una strategia ba-sata su tre pilastri: accesso alle mate-rie prime a livello internazionale,sviluppo sostenibile delle risorse in-terne e riciclaggio innovativo. Ciò che tuttavia sfugge a tanti èl’ampio ventaglio di professioni le-gate alle materie prime. Per avvici-nare i giovani a questo settore ecreare un network europeo di stu-diosi e ricercatori interessati alle ap-plicazioni nel settore industriale, gliStati membri hanno promosso leGiornate Universitarie delle MateriePrime. Ad ospitare il primo evento,lo scorso 6 dicembre, l’Università“La Sapienza” di Roma. “L’innovazione su tutta la catena divalore nel settore delle materieprime (esplorazione, estrazione, tra-sformazione, riciclaggio e sostitu-zione) rappresenta una grandeopportunità di crescita e nuova oc-

cupazione “, ha commen-tato Antonio Tajani, vice-presidente dellaCommissione europea, re-sponsabile per l’Industria el’Imprenditoria. “Senza unaccesso adeguato e sosteni-bile alle materie prime stra-tegiche – ha spiegato -rischiamo di indebolire ulte-riormente la nostra base in-dustriale, creando lepremesse per una desertifica-zione produttiva. Per questo,l’Europa deve costruire unavera politica sulle materieprime che nessun Stato dasolo è in grado di portareavanti in modo effettivo. Ab-biamo bisogno di giovani ingrado di raccogliere la sfida”.Quali sono, pertanto, le profes-sioni possibili? Cresce la richie-sta di geologi specializzati inesplorazioni, geofisici offshore, inge-gneri minerari e meccanici (soprat-tutto esperti in robotica), ingegneriinformatici e chimici dei materiali. Altro che Picco di Hubbert, in-somma. Almeno metaforicamente,le materie prime, e in particolare gliidrocarburi, sembrano non cono-scere arresto. Lo dimostra quantoemerso nel corso di un convegnotenutosi lo stesso giorno, semprepresso La Sapienza: “La Geologiaper l’esplorazione petrolifera in Ita-lia”. Nelle intenzioni degli organiz-zatori, far conoscere lo status dellaricerca e della produzione di idro-carburi in Italia e rispondere alle

frequenti domande circa i rischi perl’ambiente legati alle attività estrat-tive ed esplorative. In barba ai fau-tori della Green Economy, pressochéunanime l’opinione dei presenti, so-stenitori della fattibilità di nuoveoperazioni estrattive sul territorionazionale. Le posizioni sono datempo contrastanti. Nel prossimo fu-turo, avranno la meglio gli espertiche temono che possibili trivellazioniviolentino un Paese geologicamenteproblematico come quello italiano ocoloro che non intravedono pericolisignificativi per la sicurezza nazio-nale ma solo benefici in termini eco-nomici e occupazionali? n

Giuliana Bevilacqua

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stici sono senz’altro le aree vulcani-che grazie all’interesse che rivestonoper il rischio geologico e quindicome oggetto di studio.Un’altra zona molto rappresentatanei plastici è quella delle AlpiApuane, importante, come è noto,per l’estrazione del marmo: di que-st’area esistono molti piani-rilievo,in massima parte realizzati dal pla-sticista Amedeo Aureli. Ad oggi siconoscono sette copie del plastico diAureli, delle quali ben quattro con-servate a Carrara. Un differente pla-stico geologico delle Apuane,realizzato da Domenico Locchi ascala 1:50.000, è invece conservato aZurigo presso il Politecnico Fede-rale (ETH).

I plastici realizzati dal1950 al nuovo secolo

La produzione di piani-rilievo è con-tinuata, nel corso del’900, anche sein modo più occasionale, soprattuttoper la didattica (alcuni perfino rea-lizzati come prova d’esame daglistessi studenti di geologia).

Tra questi ricordiamo i plastici delMuseo Civico di Storia Naturale diVerona, risalenti agli anni ‘50 e ’60,che raffigurano l’intera Penisola, l’I-sola d’Ischia, il Golfo di Napoli ed iColli Euganei (il più recente dellacollezione, del 1962); i plastici delMuseo Regionale di Scienze Natu-rali di Torino, appartenenti agli anni‘60 e ’70, raffiguranti il MonteBianco, il Fiume Tanaro, la Val Pa-scone, le Isole Hawaii e parecchi pla-stici geologici didattici; i plasticidegli anni ‘60 e ’80, del Museo Ci-vico di Scienze Naturali dell’Istitutodi Geologia e Paleontologia di Ber-gamo, raffiguranti le Alpi Meridio-nali (1963), le Alpi Centrali(1983-84), la Valle Imagna (in pro-vincia di Bergamo, 1984) e giaci-menti minerari in Lombardia (1989);infine i plastici degli anni ‘80, ’90 del‘900 e del 2000 conservati presso ilMuseo di Geologia dell’Universitàdi Roma “La Sapienza”, raffigurantiil Monte Vesuvio, il Monte Etna, ildelta del Tevere e due globi delmondo in rilievo.

Da citare tra i piani-rilievodel ‘900 anche il grandeplastico della Romagna,realizzato in varie fasi, fragli anni ’20 e i ’50, dal na-turalista Pietro Zangheri,ed oggi conservato a SantaSofia (Forlì-Cesena)presso la sede romagnoladel Parco Nazionale delleForeste Casentinesi. Più in particolare, ilMuseo Civico di StoriaNaturale di Verona con-serva 16 rappresentazionidi alcune emergenze delterritorio italiano. Questoprogetto prende formaalla fine della seconda

Guerra mondiale, nel 1945 (prose-guendo fino al 1965), sotto la guidadell’allora direttore Francesco Zorzi,affiancato da molti appassionati e

collaboratori, tra cui troviamo ancheil dottor Mario Strani (1907-2000),medico odontoiatra veronese, appas-sionato di scienze naturali, che rea-lizza materialmente le opere. Questeriproducono in dettaglio la provinciaveronese, i limitrofi territori trentini ebresciani, e - proseguendo in unideale tracciato est-ovest nell’Italiasettentrionale - gli Euganei, fino alGolfo di Albenga in Liguria. Partico-lare attenzione è rivolta, anche qui, aivulcani dell’Italia meridionale con lariproduzione dei principali apparati:Etna, Stromboli, Vesuvio ed Ischia.La collezione consta anche di altri133 elementi (tra positivi e negativi)non finiti, retaggio delle fasi di realiz-zazione dei plastici. Oggi parte del-l’opera di Strani è conservata anchepresso il Civico Museo Didattico diScienze Naturali “Mario Strani” diPinerolo, dove si trovano esposti altri8 plastici.

La realizzazione di piani-rilievo oggi

Oggi la produzione plasticistica,continua, con l’utilizzo di materialinuovi e più leggeri (materie plasti-che, resine), in ambito geografico etopografico.In ambito geologico la rappresenta-zione in tre dimensioni è diventatadominio delle più moderne applica-zioni informatiche, che sono attual-mente lo strumento più usato dagliistituti scientifici e di ricerca. Esseinfatti consentono non solo di rap-presentare il territorio in 3D, maanche di effettuare simulazioni diprocessi geologici e geomorfologici,come ad esempio fenomeni franosi,fluviali, vulcanici e tettonici, con iloro effetti ed evoluzioni nel tempo.Questo tipo di simulazioni si sonorivelate preziose in molti ambiti esoprattutto nel campo della Prote-zione civile. n

Miriam D’Andrea

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Copertina della monografia “I plastici storici del Servizio Geologicod’Italia” (Catalogo, Collezioni Museali,ISPRA 2012).

Materie prime, il futuro tra occupazione e sostenibilità ambientalep

tiche diverse che vanno dalla prote-zione dal degrado delle rocce, allacomprensione di flussi idraulici sot-terranei, alla valutazione di impattoambientale di opere ed interventi, alconsolidamento di siti instabili a ri-schio di crollo, anche per atti vanda-lici e guerre.

In Afghanistan, dal 2002, con la con-clusione delle attività belliche, èstata progettata e realizzata la messain sicurezza delle nicchie e delle pa-reti che contenevano le statue diBuddha distrutte dai Talebani nel2001. Le statue costituivano l’impor-tante reminiscenza del periodo Bud-dista che ha avuto il proprio apice aBamiyan tra il V-VI secolo d.C.Tale intervento ha rappresentato unadelle più efficaci azioni dell’UNE-SCO nel paese centro-asiatico ed i ri-sultati sono stati recentementepubblicati in un volume monogra-fico della Springer.

In Corea del Nord sono state investi-gate e studiate le relazioni tra acquedi falda ed infiltrazioni nelle tombedell’Impero di Koguryo (PyongYang), risalenti al I-VII sec. d.C., che

stavano minacciando la conserva-zione di splendidi affreschi murali.Questi ultimi, tutt’ora poco cono-sciuti, appartengono ad un regnoche, nell’epoca di massima espan-sione, si estendeva dalla Corea delSud alla Cina, con presenza domi-nante in Corea del Nord. Gli inter-venti, eseguiti su finanziamentidella Corea del Sud al’UNESCO, di-

mostrano anche la capacità di “avvi-cinamento politico” che possonooperare la scienza e la cultura.Un progetto analogo a quanto sopravisto è attualmente in corso di svol-gimento in Mongolia, dove, la primaed unica tomba dipinta del Paese,Bayannuur, corre il rischio di scom-parire per il degrado e l’alterazionedel bedrock su cui sono appoggiati

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Il Patrimonio Culturale rappre-senta l’identità di una regionegeografica in un determinato pe-riodo storico, dove la geologia e lageomorfologia giocano un ruolo es-senziale nella loro ideazione e realiz-zazione, come pure nellaconservazione (Bobrowski, 2004). Inparticolare, dai primi insediamentirupestri dove l’uomo si adatta al-l’ambiente naturale, alle costruzionimegalitiche, alla scelta delle pietreda costruzione, alla sitologia degliinsediamenti, sino ai grandi monu-menti storici, il legame tra le geolo-gia e le tracce del passaggiodell’uomo sul pianeta terra sono ri-maste intimamente connesse, costi-tuendo un connubio difficilmenteinscindibile. A questa positiva rela-zione iniziale tra scienze dalla terrae patrimonio si devono poi aggiun-gere tutte quelle perturbazioni geo-logiche che, nel corso del tempo,hanno invece minato la conserva-

zione dei beni culturali. Frane, allu-vioni, terremoti, subsidenza, ero-sione costiera, alterazione e degradodelle pietre e molto altro ancora,hanno infatti rappresentato feno-meni importanti di degrado, altresìdi distruzione totale, delle testimo-nianze prodotte dall’uomo, nella suaevoluzione storica, sociale ed archi-tettonica (fig. 1).

Le riflessioni di cui sopra, senza ov-viamente essere esaustive della pro-blematica, evidenziano moltochiaramente l’impatto che le Scienzedella Terra hanno avuto nello svi-luppo e nella conservazione dei beniculturali; ne consegue che le stessediscipline hanno assunto un ruolofondamentale in tutte le politiche ditutela che si rendono oggi necessarieper la protezione del patrimonio,specialmente nelle situazioni di ec-cellenza quale il Patrimonio dell’U-manità dell’UNESCO. Questo

passaggio non è stato mai moltochiaro in quanto, nel passato, l’ar-cheologia ed il restauro hanno avutouna forte centralità ed autonomiache è oggi completamente decaduta.In realtà è possibile affermare che latutela dei beni culturali rappresentaun percorso interdisciplinare (e nonmultidisciplinare) al confine tra arte,storia, scienza, politiche di gestionee fruizione.La figura 2 evidenzia l’articolazionedelle discipline e delle investiga-zioni necessarie alla risoluzione direali problemi di conservazione.

In questo contesto l’ISPRA (IstitutoSuperiore di Ricerca per la Prote-zione Ambientale) sta svolgendouna serie di interventi, in diversearee del mondo, su incarico princi-palmente dell’UNESCO, per la tu-tela di molti siti culturali a rischio edafferenti al Patrimonio dell’Umanità.Tali interventi riguardano problema-

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Criticità geologiche nella conservazione del patrimonio dell’umanità dell’UNESCOp

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Afghanistan

Machu Picchu

Petra - Giordania

minare sui beni culturali di LeptisMagna (Libia) e del suo territorio co-stiero, all’interno di un piano di pro-grammazione (master plan) in gradodi coniugare la tutela dei monu-menti con lo sviluppo sostenibile delterritorio. In particolare il piano disviluppo sostenibile prevedeva diintegrare il sistema dei Beni Cultu-rali con il sistema fisico-ambientaledove è collocato e con il sistema so-ciale e culturale peculiare delle po-polazioni locali.Il sito archeologico di Petra (Giorda-nia) rappresenta un caso di studiounico per l’applicazione di tecnolo-gie innovative a basso impatto am-bientale, nel monitoraggio deifenomeni di crollo che potrebberointeressare monumenti e addiritturacoinvolgere i turisti.Analogamente, nuove tecnologiecon l’uso di radar interferometriciterresti sono stati applicati per lostudio dei fenomeni di crollo deimonasteri bizantini di Vardzia(Georgia).

Le esperienze sommariamente de-scritte hanno evidenziato da un latola complessità dei problemi che af-

fliggono il patrimonio culturale edall’altro l’articolazione delle meto-dologie di indagine e di conserva-zione da adottare. L’UNESCO è benconsapevole di questa singolarità edavvia i propri progetti con spiritocollaborativo ed approccio interdi-sciplinare; infatti, le suddette inizia-

tive, seppur enfatizzate negli aspettigeologici, sono in realtà progettimultidisciplinari dove ogni materia,e quindi ogni esperto, trova giova-mento dal confronto con altre com-petenze ed altri professionisti.

Il contributo ISPRA verso l’UNE-SCO non si è comunque limitato agliaspetti tecnici di protezione del Pa-trimonio ma ha anche costituito unsupporto organizzativo e manage-riale nelle politiche di valorizza-zione e gestione del Beni Culturali.Esempio di tale approccio è stato ilrecente Workshop tenutosi ad Or-vieto nel Dicembre 2013 che, orga-nizzato da UNESCO, ISPRA eComune di Orvieto, ha consentito diporre le basi per le politiche di tuteladei prossimi anni. All’incontrohanno partecipato, tra gli altri, il Mi-nistro Afghano per l’Informazione ela Cultura Mr. Raheen, oltre al Diret-tore dell’Ufficio UNESCO di KabulDr. Paolo Fontani e molte autoritànazionali ed internazionali. n

Claudio Margottini

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gli affreschi.

In Etiopia, sono state studiate lecause di degrado delle rocce costi-tuenti le chiese rupestri di Lalibela lequali, risalenti al XII sec. d.C., rap-presentano una testimonianza unicadella presenza cristiana in Africa.Per la prima volta, è stata ricono-sciuta nella presenza di un mineraleargilloso fortemente igroscopico(Montmorillonite) la principalecausa dell’alterazione. In seguito aquesta scoperta è oggi possibile pia-nificare correttamente un progettodi restauro adeguato ai problemi dinatura geologico-ambientale. Le

chiese sono inoltre interessate da sci-volamenti di roccia e, per la primavolta è stato possibile studiare l’inte-grità strutturale di un monumentocon i metodi tradizionali della stabi-lità dei versanti in roccia.Nell’Isola di Pasqua sono state effet-tuate, in collaborazione con altri Entied Università, indagini geofisiche edi meccanica delle rocce per deter-minare l’integrità strutturale dellefamose statue MOAI; queste, comeben noto, rappresentano il simbolodell’isola ed il paradigma dello svi-luppo e del successivo declino diquesta.

In Afghanistan, al confine con ilTurkmenistan, sono state investigatele condizioni di stabilità del Mina-reto pendente di Jam. Tale minareto,risalente al XII sec. d.C. ed alto 64 m(più alto della torre di Pisa), rappre-senta l’unica testimonianza di unaantica città distrutta presumibil-mente da Gengis Kan e poi ricopertada alluvioni torrentizie. Gli studicondotti hanno evidenziato la possi-bilità che il cedimento possa esserestato causato dall’erosione spondaledel limitrofo fiume Hari Rud ilquale, durante lo scorso anno 2007, èstato debitamente rinforzato nelleprotezioni degli argini sulla basedelle indagini geologico-tecniche egeofisiche condotte nell’area.Dopo l’allarme generale suscitatonel 2001, in collaborazione con entied Università nazionali, è stato effet-tuato un monitoraggio, con tecnolo-gie innovative a basso impattoambientale, del sito INCA di MachuPicchu, dimostrando l’insussistenzadel rischio di crollo generalizzatodella cittadella. Le indagini stru-mentali sono state corredate da inve-stigazioni di campagna che oggivengono utilizzate per la manuten-zione dell’area archeologica da partedell’Istituto National de Cultura delPeru.Il ritorno dell’obelisco di Axum inEtiopia ha rappresentato un ulte-riore consolidamento dei rapportitra Italia ed Etiopia. Nel corso dei la-vori sono state investigate, per laprima volta all’interno dell’UNE-SCO, le problematiche di impattoambientale connesse con la cantie-rizzazione dell’intervento di riposi-zionamento dell’obelisco all’internodel famoso “Parco delle Steli”. Le in-dagini geofisiche eseguite hannoinoltre identificato aree archeologi-che sconosciute, contribuendo allaconoscenza e crescita culturale del-l’insediamento.È stato effettuato uno studio preli-

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!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!Figura 1: Fattori naturali ed antropici e relative velocità dei processi nella conser-vazione del patrimonio culturale

Lalibela

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Figura 2: Articolazione delle discipline e delle investigazioni necessarie alla riso-luzione di reali problemi di conservazione

Aksum - Etiopia

Migliora il riciclo in comuni e re-gioni italiani. Sono sette le re-

gioni che nel 2012 sono riuscite adandare oltre il 50% nel recupero deirifiuti, secondo i dati raccolti dal-l’Anci (Associazione nazionale co-muni italiani), raccolti nella terzaedizione del Rapporto sulla raccoltadifferenziata e il riciclo, appunto. Isette territori dove si sono ottenutiquesti lusinghieri risultati sono Pie-monte, Valle d’Aosta, Lombardia,Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Sardegna, quest'ul-tima unico territorio del Sud.A livello nazionale il riciclo si fermaal 38,6%, mentre la raccolta differen-ziata è pari al 39,9%. Percentuali an-cora lontane da quella soglia del50% in termini di peso che è l'obiet-tivo del riciclo al 2020, previsto dalCodice dell'ambiente. Il rap-porto evidenza la necessità chesi spinga molto sul riciclo, datoche nel 2012 la sua percentualeè cresciuta dell'1,3% rispetto al2011, contro un incrementodella differenziata del 4,4%.La banca dati su cui si basa ilrapporto è nata grazie agli ac-cordi sottoscritti dall'Anci con ilConai, il Centro di coordina-mento Raee, il Centro di coordi-namento nazionale pile eaccumulatori, il Consorzio na-zionale abiti usati e ha l’obiet-tivo di dare un ulteriorecontributo a sostegno della cre-scita e del miglioramento delquadro conoscitivo della rac-colta differenziata nel nostro

Paese, agevolando gli interventi deiComuni.Visto il “dominio”, tra le migliori,delle regioni del Nord Italia, gli or-ganizzatori hanno voluto segnalarequest’anno l’ottima performancedella Sardegna, che come detto è l’u-nica regione non settentrionale adaver riciclato più della metà dellasua spazzatura: in particolare, nell'i-sola si differenziano 209,19 chili dispazzatura pro capite, di cui oltre lametà viene realmente inserita nelciclo del riciclaggio e recuperata conaltri utilizzi. Molto bene anche i co-muni sardi, specie quelli sotto i10mila abitanti: infatti, se si va a ve-dere la classifica dei municipi piccolipiù "ricicloni" nel sud e isole, ben seisu dieci vengono dalla Sardegna. n

Filippo Pala

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Chiaro e deciso il messaggio lan-ciato a Ecomondo 2013: le sfide

della Green Economy sono possibili,ma solo se precedute dalla rivitaliz-zazione dell’economia. Una crescitache dovrebbe coinvolgere tutti ipaesi europei ed essere accompa-gnata da un significativo snellimentofiscale, dal taglio alle lungaggini bu-rocratiche, da incisive politiche occu-pazionali e investimenti nel settoredelle tecnologie. Tutt’altro che facileguardare a questi scogli da superaresenza preoccuparsi di cosa accadràrealmente, al di là degli auspici. La consapevolezza di chi visita Eco-mondo per la prima volta, infatti, è cheil volume di imprese e realtà istituzio-nali che si occupano di Green Eco-nomy e di valorizzazione e riuso deimateriali, sia enorme. La sola edizionedi quest’anno ha visto la partecipa-zione di oltre 1000 imprese espositricied è stata visitata da oltre 90.000 per-sone. Il futuro di queste aziende di-penderà quindi dalle politicheeconomiche che saranno messe in atto.“Le vere sfide ambientali – ha infattiricordato Andrea Orlando, ministrodell’Ambiente - non riguardanotanto la mera gestione delle emer-genze, ma sono soprattutto quelleche provano a dare una prospettiva”.Altro aspetto fondamentale è la Stra-tegia Energetica Nazionale (SEN),alla cui base c’è la volontà di ridurrei costi energetici, raggiungere e su-perare gli obiettivi europei in mate-ria ambientale, realizzare unosviluppo industriale del settoreenergia. Essa potrebbe consentire il

potenziamento delle reti, la raziona-lizzazione delle risorse e l’incre-mento del livello di efficienza. “In questo quadro la diversifica-zione delle fonti di approvvigiona-mento è essenziale”, ha commentatoil ministro dello Sviluppo Econo-mico, Flavio Zanonato, intervenutoa Ecomondo. “L’elevato costo dell’e-nergia impone la necessità di pun-tare sul risparmio energetico - haaggiunto – ed è da considerarsi in-sufficiente il ricorso esclusivo allefonti rinnovabili, che pesano nellasoddisfazione della richiesta di na-zionale per appena “92 terawatt/orasu circa 300 di fabbisogno”.Soddisfazione per i risultati del set-tore eolico arriva invece dal presi-dente onorario dell’ANEV(Associazione nazionale Energia delVento), Oreste Vigorito: “Il settoreeolico in venti anni ha portato risul-tati importanti in termini di occupa-zione, crescita economica e beneficiambientali, subendo tuttavia attac-chi ingiustificati da una minoranza edai media, a causa della disinforma-zione sulla fonte eolica. È necessariopuntare ancora sullo sviluppo del-l’eolico in Italia, soprattutto attra-verso il potenziamento di impiantigià esistenti e sfruttando il grandepotenziale eolico non ancora sfrut-tato e in grado di creare ulteriori be-nefici per il Paese”. Il dibattito èquindi aperto e acceso e gli attoricoinvolti sono pronti a mettersi ingioco, a sfruttare le occasioni cheuna svolta davvero “green” po-trebbe fornire.

Non solo di energia si è parlato a Ri-mini: nel programma dell’edizione2013 di Ecomondo oltre 100 conve-gni in 4 giorni, e l’attenzione è statarivolta anche alla gestione dei rifiuti,alle proposte delle aziende, alle poli-tiche sinora promosse e ai bilanci adesse collegati. Spazio alla bioecono-mia, all’ecoinnovation, alle azioni diprevenzione del rischio idrogeolo-gico e alla ricerca industriale. “Quest’anno gli Stati Generali dellaGreen Economy hanno fatto appro-dare in Italia il Green New Deal e misembra che sia molto significativoche ciò sia avvenuto a Rimini, nel-l’ambito di Ecomondo”, il com-mento di Edo Ronchi, Presidentefondazione Sviluppo Sostenibile. “È da questa vetrina che prendonomaggior forza le istanze che sonoemerse dal lavori degli Stati Gene-rali”. n

Giuliana Bevilacqua

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Green Economy? Solo se riparte lo sviluppo

Riciclo: sette regioni oltre il 50% nel recupero dei rifiuti

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CuriositàOrlando: “Parchi d’Ita-lia, riserva strategica”Più di 101 milioni i turisti nei par-chi italiani, con una crescita del 2%l'anno: questo ci ha riportato ilconvegno "Parchi come luogo diincontro tra green economy egreen society" svoltosi a Palermo afine ottobre, uno degli appunta-menti verso la conferenza nazio-nale di Roma degli scorsi 11 e 12dicembre. Da questa analisiemerge il ruolo del turismo-natura,che in Italia ha portato 10,9 mi-liardi di euro, con una crescita dicirca il 3% rispetto all'anno prece-dente (10,6 miliardi), come volanodi sviluppo sostenibile e rilanciodell'occupazione nell'economiadelle 871 aree protette italiane,come sottolineato anche dal Mini-stro Andrea Orlando: “I parchisono la nostra riserva strategica diaria, acqua, biodiversità: sono unvalore in sé e allo stesso temporappresentano un laboratorio perlo sviluppo di nuove forme di eco-nomia, di vita e di società. È moltopositivo che alcuni dati economicie soprattutto occupazionali parlinouna lingua diversa da quella dellacrisi che attanaglia il Paese”. Il maggior contributo del turismoall'economia delle aree parco sisegnala in Sicilia, dove le attivitàludico ricreative pesano per unapercentuale dell'89% sull'offertacomplessiva dei parchi; seguonola Puglia con il 78,1% e la Cala-bria con il 77,9%. n

Cristina Pacciani

Paolo Orlandi ISPRA

colari impegni europei per l’Italia,che dal 1 luglio assumerà la presi-denza del semestre. Occasione que-sta da sfruttare per accelerare latransizione verso la green economy,concetto espresso con forza dal com-missario europeo per l’ambienteJanez Potočnik, per il quale è ur-gente operare “un cambiamento diparadigma, da una protezione del-l’ambiente che si concentra soprat-tutto su se stessa ad una che vedel’ambiente e l’economia come duefacce della stessa medaglia”. Comeogni transizione economica anchequesta non sarà facile, ha ribaditoPotočnik citando John MaynardKeynes (la difficoltà non è nello svi-luppare nuove idee ma nell’uscireda quelle vecchie). “Sono certo l’Ita-lia è pronta ad affrontare la sfida. Ilcapitale naturale, il patrimonio cul-turale e le vostre tradizioni fannodel vostro Paese un leader naturalein questo processo”, ha aggiunto Po-tocnik con una nota di positivitàverso le potenzialità italiane.Un quadro forse meno positivo masicuramente a 360° sulle criticità am-bientali dell’Italia è stato fatto dalministro Andrea Orlando. La qualitàdell’ambiente urbano, oggetto di unodei principali report dell’ISPRA, èsecondo il ministro “la principaleemergenza ambientale e sanitaria inItalia, 30 delle nostre aree urbanesono tra le più inquinate d’Europa”,senza contare frane e alluvioni. Le

cifre fornite dal ministro Saccomanni(2 miliardi di euro sono stati spesinegli ultimi due anni per le allu-vioni) dicono quanto sia urgente in-vestire sul dissesto e Orlando haringraziato Letta per i fondi conte-nuti nel collegato ambientale allalegge di stabilità e l’annunciato de-creto sul consumo di suolo. Il quadrogenerale fornito da Orlando ha trat-tato anche il tema dei rifiuti, dell’ac-qua (“va rafforzata la naturapubblica”) e soprattutto delle pro-spettive offerte dalla green economy.Per green jobs si intendono tutti i la-vori in agricoltura, nell’industria enei servizi che contribuiscono a pre-servare o riqualificare la qualitàdell’ambiente e, secondo i dati pre-sentati alla conferenza, gli occupati“verdi” in Italia sono più di 3 milioni(52mila solo nel 2013). Ma se ne po-trebbero attivare più del doppio (ul-teriori 3,7 milioni) dando un profilopiù verde ad attività già esistenti. Ilritrovato interesse da parte dei gio-vani per la campagna potrebbe ap-portare molte novità in questosettore, come anche in quello turi-stico nelle aree protette dove si regi-stra una crescita del 2% nell’ultimoanno. Particolarmente apprezzatol’intervento di Fernando Spina dell’I-spra, che ha riportato come esempioefficace di green jobs il successo otte-nuto in Malesia dall’ecoturismo le-gato alle tartarughe marine. n

Anna Rita Pescetelli

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Si parla spesso del rilancio dell’e-conomia italiana a partire dal tu-

rismo. Da solo non potrà certo trai-nare la ripresa del Paese, eppure oc-corre ricordare che assieme alle cittàd’arte il nostro territorio variegato ebellissimo rappresenta una risorsada valorizzare. In questo senso laconferenza nazionale “La naturadell’Italia”, promossa dal Ministerodell’ambiente in collaborazione conFederparchi, Unioncamere e Fonda-zione per lo sviluppo sostenibile, hasottolineato quanto l’ambiente e labiodiversità possano essere volanodella tanto auspicata e necessaria ri-presa del motore Italia. Occorre prendere impegni concreti intale direzione e la scelta di invitare lepiù alte cariche dello Stato all’eventoè stata una richiesta di impegno na-zionale a fare della ‘green economy’un fattore di rilancio del paese. Tutta-via le annunciate contestazioni deglistudenti all’interno dell’Universitàhanno impedito l’arrivo di Napoli-tano e dei presidenti di Camera e Se-nato (in giornate già calde perl’ordine pubblico a seguito dei cosid-detti forconi), e il malessere dei gio-vani si è fatto sentire nell’aula magnadella Sapienza con petardi e fumo-geni lanciati davanti al rettorato.Il presidente Napolitano ha comun-que inviato un messaggio alla confe-renza e ha ricordato come “la difesadell’ambiente e della biodiversità, lagestione sostenibile delle risorse na-turali, la valorizzazione del paesag-

gio e del territorio rappresentanouna sfida cui vanno date risposte ur-genti nel nostro Paese, colpito anchedi recente da eventi calamitosi ricon-ducibili ad errori e carenze nella ge-stione di un territorio fragile eprezioso come quello italiano”.Assieme al ministro Orlando, hannoportato l’impegno del governo i mi-nistri dell’Economia, Lavoro e Sa-lute. Efficace il videomessaggio delpresidente del consiglio EnricoLetta. Ricordando come “la greeneconomy sia sempre stata sempre alcentro del programma dell’esecu-tivo” ha annunciato il disegno dilegge sul consumo di suolo in consi-glio dei ministri (approvato poi il 13dicembre scorso) e l’impegno a pre-disporre misure sul dissesto idro-geologico all’indomani dei disastridella Sardegna e dei ricorrenti danniper frane e smottamenti. Letta haquindi tributato un doveroso ringra-ziamento all’Europa per aver pro-mosso e sostenuto nel Paesel’applicazione di norme ambientali:“L’Italia è paese tradizionalmente ediffusamente pigro nell'applicare re-gole e tutele dell'ambiente e del pae-saggio ” - ha sottolineato Letta –“Tutte le norme che abbiamo in Ita-lia sono frutto di direttive Ue. Appli-carle è costoso e faticoso, masalvaguarda la forza e la bellezza delnostro Paese ". Il 2014 sarà, per altro, anno di parti-

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Italia “leader naturale della green economy”

Il Commissario EU all’ambiente lancia la sfida alla conferenza nazionale “La natura dell’Italia”, 11-12 dicembre 2013

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Biodiversità e areeprotette in numeri (ARP)

• 24 parchi nazionali, 134 parchiregionali, 30 aree marine pro-tette. Assieme alle riserve statali,regionali e le altre aree tutelatesi arriva a un totale di 871 areeprotette. • Circa l’11% del territorio ita-liano è tutelato da parchi nazio-nali e regionali, se siaggiungono i siti di interesse co-munitario (Rete Natura 2000) lapercentuale di estensione pro-tetta arriva al 22%.• I parchi nazionali coprono14.656 kmq, ovvero il 4,8% delterritorio nazionale.• La percentuale di boschi è cre-sciuta di quasi il 2% negli ultimi20 anni.• L’Italia ha il più alto tasso dibiodiversità in Europa. Ab-biamo 5.600 specie vegetali, parial 50% delle specie europee, eoltre 57.000 specie animali, ov-vero il 30% di quelle presentinell’intero continente.• Nelle aree parco si calcolano101 milioni di presenze turisti-che l’anno, fortemente destagio-nalizzate.

Quali vantaggi economici dalle aree protette? (ARP)

• In Italia sono attivabili 82.000 posti di lavoro green direttamente ispiratie promossi dalla presenza di un'area protetta.• Nel 2011 erano 98.585 (- 3,4% rispetto al 1991) gli occupati nei parchinazionali, 1.565.677 nei parchi regionali (+4,7% rispetto al 1991) e633.831 nei siti Natura 2000 (-1,9% rispetto al 1991).• La ricchezza complessiva prodotta nel 2011 ammonta a 34,6 mld dieuro ovvero il 3,2% di quella nazionale.• Le aree protette ospitano il 17% degli insediamenti produttivi nazionali

(dati Ministero dell’Ambiente e Federparchi)

Specie ed habitat diinteresse comunitarioin Italia. La fotografiaelaborata dall’ISPRA(ARP)

Il 69% dei 135 habitat di interessecomunitario e il 50% delle specievegetali e il 51% di quelle animaliè in uno stato di conservazionecattivo o inadeguato. Solo una mi-nima parte delle specie mostra unincremento (4% degli animali,1,4% dei vegetali) e il 5,3% deglihabitat è in espansione. Ci sono,tuttavia, ragioni per sperare in unmiglioramento: per il 30% dellespecie vegetali e degli habitat, eper il 44% delle specie animali leprospettive future appaiono in-fatti complessivamente favorevoli.Questi dati di sintesi sono statipresentati da Stefano Laporta, di-rettore generale dell’Ispra, nelcorso della Conferenza nazionale.Per la prima volta in Italia, il mo-nitoraggio della biodiversità èstato realizzato grazie alla collabo-razione tra Ispra, Ministero del-l’Ambiente, Regioni e Provinceautonome, Osservatori Regionaliper la biodiversità e le principalisocietà scientifiche nazionali, conil supporto di centinaia di esperti.Le 2926 mappe di distribuzioneinviate dalle regioni e le 3581schede sullo stato di conserva-zione di specie e habitat sono stateelaborate dall’Ispra e riportate in834 documenti di sintesi su specieanimali e vegetali e habitat di inte-resse comunitario, corredate dadecine di mappe e centinaia digrafici. I dati su distribuzione,stato di conservazione, pressioni eminacce relativi a tutte le specieanimali e vegetali e agli habitat diinteresse comunitario presenti inItalia sono contenuti nel 3° Rap-porto sull’attuazione della Diret-tiva Habitat ex Art.17.

mane ancora oggi una condizioned’inaccettabile inerzia da parte delgestore aeroportuale”. Meno di un mese dopo, l’ADR tra-smette il “Piano degli interventi dicontenimento e abbattimento del ru-more derivante da traffico di origineaeronautica” al Comune di Ciam-pino. Queste le proposte: una proce-dura di decollo che consenta dicontenere il superamento dei limitiacustici, la realizzazione di inter-venti di mitigazione del rumoresugli immobili già individuati nelcorso della Conferenza dei Servizi eil monitoraggio dei livelli di rumoreambientale dovuto al traffico aereo.

Intanto non si placano le polemicheseguite alla notizia dello sposta-mento di alcune linee dal Pastine diCiampino al Leonardo Da Vinci diFiumicino. “Se dovesse succedere -ha minacciato un cittadino nel corso

di un convegno sul tema recente-mente organizzato da ARPA Lazio -sarà guerra”. n

Giuliana Bevilacqua

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Ipertensione, disturbi del sonno esensazione di fastidio attribuibileal rumore (annoyance): queste sonoalcune delle problematiche riscon-trate in coloro che vivono in prossi-mità di aeroporti. Secondo un recente studio condottoda un team di ricercatori dell'Impe-rial College e del King College diLondra, pubblicato sul prestigiosoBritish Medical Journal, i rischi diictus e di malattie cardiache e circo-latorie sono maggiori nelle aree incui è più elevato il livello di emis-sioni sonore legate a velivoli a bassaquota. Questo dato allarmante èfrutto del monitoraggio di 3,6 mi-lioni di residenti nelle vicinanze del-l'aeroporto Heathrow di Londra.Secondo l’indagine, i rischi per la sa-lute sono del 10 - 20% più alti nellezone che totalizzano i livelli più altidi rumore degli aerei.Si stima che il 50% della popola-zione europea viva in aree in cui,durante il giorno, il limite massimodi 55 dBA viene abbondantementesuperato mentre il 20% dei cittadinieuropei è esposto a valori superioria 40 dBA durante le ore notturne. Un problema che interessa anchemolti italiani, tra cui gli abitanti diFiumicino e Ciampino. I disagi la-mentati dalla popolazione hanno co-stretto enti locali e Aeroporti diRoma (ADR) a impegnarsi per tro-vare soluzioni che possano coniu-gare le esigenze di entrambe le parti.Su tutti, l’attenta sorveglianza deicomitati cittadini, intenzionati a nonpermettere che gli eventuali interessi

in gioco penalizzino le comunitàsotto assedio del rumore. Le indagini locali, del resto, confer-mano le tesi dei ricercatori britan-nici: il progetto SERA (Studio sugliEffetti del Rumore Aeroportuale),coordinato dal Dipartimento di epi-demiologia del Servizio Sanitariodel Lazio in collaborazione conARPA e ISPRA, è stato effettuato suun campione di 589 ciampinesi, dietà compresa tra i 45 e i 70 anni,stratificati per livello di esposizioneal rumore aeroportuale. I risultatidello studio hanno evidenziato lapresenza di un’associazione traesposizione e livelli di pressione ar-teriosa. Il SERA, che è parte del più ampioprogetto nazionale, è stato finoracondotto anche su campioni di resi-denti nelle vicinanze di Torino - Ca-selle, Pisa - San Giusto, Venezia –Tessera, Milano – Linate, Milano –Malpensa ma non ancora a Fiumi-cino. Tuttavia, grazie al Centro re-gionale Sistema Trasporto Aereo delLazio (CRISTAL), l’ARPA Lazio mo-nitora costantemente sia l’aeroportodi Ciampino sia quello di Fiumicino.Nei dintorni di quest’ultimo, dal2010 sono attive 7 postazioni di mi-sura e ognuna di esse ha rilevato su-peramenti dei limiti dellazonizzazione acustica per le zone A,B e C ed espressi in LVA, l’indice divalutazione del rumore aeropor-tuale. La maggiore fonte di rumore è rap-presentata dal movimento degli ae-romobili, sia nelle fasi di rullaggio al

suolo, sia in quelle di decollo e atter-raggio, oltre che durante la provamotori.ADR ha pertanto avviato nuove pro-cedure per regolare e controllare leoperazioni di volo, assieme a lineeguida per una corretta gestione deisiti aeroportuali e strumenti di pre-visione capaci di valutare gli effettidegli interventi prima della loro ap-plicazione. Allo scopo di mitigare glieffetti acustici prodotti, sono staterealizzate dune artificiali di 4-6metri di altezza che limitano il ru-more durante la fase di rullaggio;una barriera vegetale, costituita damacchia mediterranea, arbusti e al-beri, lungo l'autostrada Roma - Fiu-micino, per contenere il rumoreall'interno del confine aeroportuale;"uscite veloci" sulla pista 1 per con-sentire agli aeromobili in atterraggiodi liberare la pista di volo senzal'uso del comando "reverse"; rifaci-mento della piazzola prova motori,con la realizzazione di barriere fo-noassorbenti e fono isolanti nonchéun sistema di monitoraggio con cen-traline fisse e mobili. “A distanza di tre anni dalla conclu-sione della conferenza di servizi conla quale è stata approvata la zoniz-zazione acustica del perimetro aero-portuale […] – si legge in una letterafirmata dall’Assessore all’Ambientedel Comune di Ciampino, Gu-glielmo Abbondati, e dal Presidentedel Consiglio Comunale di Marino,Stefano Cecchi, e inviata lo scorsonovembre all’Assessore Regionaleall’Ambiente Fabio Refrigeri - per-

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Aeroporti di Roma, molto rumore per nullap

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CuriositàGli ingombranti finiscono all’Ama

Da gennaio a luglio 2013, sono state circa 19.500 le tonnellate di rifiuti in-gombranti conferite gratuitamente dai romani nei 13 centri di raccoltaAma: lo comunica la stessa Ama, che fa sapere anche che, tra i rifiutimaggiormente conferiti, circa 5 mila tonnellate sono di legno, 3.500 dimateriali ingombranti (divani, letti, materassi, ecc), 3 mila tonnellate diRaee (frigoriferi, TV, computer e altra piccola e grande elettronica), 440 dimetalli, 250 di cartone, 100 di vernici e solventi.Il presidente di Ama, Piergiorgio Benvenuti, sottolinea che “il dato conse-guito, in crescita tendenziale rispetto al 2012 - quando a fine anno eranostate circa 33 mila le tonnellate di ingombranti conferite - dimostra comequesto servizio sia sempre più utilizzato e apprezzato dai cittadini. Sitratta di uno strumento che, oltre a consentire di intercettare maggioriquantitativi di raccolta differenziata, si sta rivelando un deterrente per iltriste fenomeno delle mini-discariche abusive che deturpano angoli estrade della nostra città”. n (Fonte: Adnkronos)

Roberto Daffinà ISPRA

per stabilire un rapporto di fiduciacol cittadino, non ancora abituato aun flusso di informazioni anche at-traverso questi nuovi mezzi di co-municazione. OgniAmministrazione dovrebbe investirerisorse dedicate e sono gli addettistampa gli unici in possesso dellecompetenze per gestire gli account”. Ogni luogo ha, infatti, le sue regole ele sue insidie e i social non fanno ec-cezione. Nel momento di emer-genza, la chiarezza, la coerenza e latempestività diventano elementi es-senziali per la buona riuscita delprocesso comunicativo. Abbondanoperò anche i male informati e coloroche volutamente diffondono infor-mazioni sbagliate e fuorvianti. Perquesto motivo, in occasione delloscatenarsi dell’uragano Sandy, nel

2012, la statunitense FEMA (FederalEmergency Management Agency)ha dovuto aprire online la paginaRumor Control e raccogliere tutte le

notizie in circolazione conferman-dole o confutandole. n

Giuliana Bevilacqua

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“FATE PRESTOper salvare chi èancora vivo, peraiutare chi non hapiù nulla”: cosìtitolava Il Mattino tre giorni dopo ilterremotodell’Irpinia

Erano da poco passate le 19quando, il 23 novembre 1980,

una scossa del X grado della scalaMercalli fece tremare un'area dioltre 17.000 km², causando circa280.000 sfollati, 8.848 feriti e 2.914morti. Il quotidiano partenopeolanciò così un disperato appello af-finché gli aiuti arrivassero più velo-cemente sul posto. “Non vi sono stati i soccorsi imme-diati che avrebbero dovuto esserci.Ancora dalle macerie si levavano ge-miti, grida di disperazione di sepoltivivi”, dichiarò Sandro Pertini alTG2, di ritorno dalle zone colpite.Non esisteva ancora un sistema diProtezione civile come quello attualee fu molto difficile, per chi allora in-tervenne, raggiungere i luoghi deldisastro e comunicare all’esternoquanto stava accadendo.Oggi, non tre giorni ma tre minuti civorrebbero per far arrivare ovunqueun’informazione. Potere dei socialnetwork, che diventano sempre piùfrequentemente importanti stru-menti di informazione nelle primefasi di emergenza.

2011,l’Emilia viene colpita da

un violento terremoto: nelle due oresuccessive furono 14.500 i tweet conl’hashtag #terremoto coi quali i citta-dini poterono scambiare informa-zioni e notizie; sulle pagine difacebook in breve tempo i volontari,poi intervenuti sul posto, si organiz-zarono. Tanti gli esempi recenti incui i social media hanno giocato unruolo importante nel trasferire ad unampio numero di persone dati einformazioni.“Non abbiamo ancora un account eprovvederemo presto. Siamo consa-pevoli dell’importanza rivestita oggidai social media”, ha dichiarato TittiPostiglione, responsabile dell’Ufficio

Volontariato, Formazione e co-municazione del Dipartimentodella Protezione civile, nelcorso di una recente giornatadi studio dedicata alla comu-nicazione del rischio. “Il no-stro ingresso nei socialdovrebbe servire non a rac-contare di noi quanto piutto-sto a continuare in unulteriore spazio la nostraattività di coordinamento.Una comunicazione chenon dovrebbe essere mo-nodirezionale perchéanche la comunità con-nessa può offrire infor-mazioni preziose. LaProtezione civile devecomunicare per far cre-scere la cultura dellacorretta reazione all’e-

mergenza”. In Italia, secondo Nexta, gli enti lo-cali che usano i social media sono1700 per facebook e 1400 per twitter.Ma non basta un profilo a far fun-zionare il processo comunicativo:prima di ogni cosa, affinché si in-stauri un rapporto di fiducia, l’Am-ministrazione che utilizza i socialmedia deve farlo in modo attendi-bile e qualificato. “Quando iniziammo ad utilizzare isocial media, chi leggeva online inostri aggiornamenti chiamava poiin Comune per avere conferma”, hacommentato Luca Biagioni, Asses-sore Protezione Civile del Comunedi Castelnuovo di Garfagnana, nelcorso dell’evento. “C’è voluto tempo

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Il Rischio al tempo dei social mediap

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CuriositàLa Commissione Europea investe

281,4 milioni di euro per ambiente e climaLa Commissione europea ha approvato il finanziamento di 248 nuoviprogetti a titolo del programma LIFE+, il fondo per l’ambiente dell’U-nione europea, progetti che riguardano in interventi sul fronte della con-servazione della natura, dei cambiamenti climatici, delle politicheambientali, nonché dell’informazione e della comunicazione su temi am-bientali in tutti gli Stati membri. Complessivamente, rappresentano uninvestimento di circa 556,4 milioni di euro e la somma di cui si farà caricol’Unione europea ammonta a 281,4 milioni. In Italia saranno 52 i progetti finanziati: 38 nella categoria Politica e go-vernance ambientali, 12 in Natura e biodiversità e 2 nella categoria Infor-mazione e comunicazione, per un totale di 106,2 milioni di euro. n(Fonte: Commissione Europea)

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SPRA

circostanza da prendere in esame siverifica durante la cosiddetta “fasemanifesta”; fase in cui l’emergenzasi esplicita in tutta la sua comples-sità e richiede una azione immediataattraverso la mobilitazione di risorsecon dichiarate capacità organizza-tive, applicando strumenti sia multi-disciplinari che interdisciplinari.

Per concludere questa breve rasse-gna sul tema affrontato, la psicolo-gia dell’emergenza oltre adoccuparsi di aspetti propriamente“clinici” si rivolge contemporanea-mente alle dimensioni psicosociali ecollettive, muovendosi in un otticapluri-sistemica appartenente all’e-mergenza stessa. Tale disciplinamette a disposizione la figura dello

psicologo in contesti critici con loscopo di contribuire all’assistenzadelle interazioni e alla gestione deglieventuali conflitti all’interno dellacomunità con l’obiettivo di suppor-tare la attivazione di servizi di assi-stenza e di educazione allapopolazione colpita.La natura latina del termine “emer-genza" ci è d’aiuto a comprendereun parallelo importante: ex mergereletteralmente significa “uscire dal-l’acqua” richiamando il senso posi-tivo di ciò che emerge o meglio chenasce. Questa interpretazione etimo-logica, si pone in analogia all’operadi sostegno e diffusione circa i pro-cessi di “empowerment”, ovveroquella rappresentazione mentale chesi basa sull’incremento della stima

di sé, dell’autoefficacia e dell’auto-determinazione che porta individuie/o gruppi alla consapevolezza delproprio potenziale di azione posi-tivo, sia psicosociale che collettivo.Attraverso questo tipo di approccio,si vanno ad agevolare le famiglie, igruppi e l’intera comunità affinchépossa ricostruire, in primis, il pro-prio "senso del futuro" e quindi, gra-dualmente, avviarsi verso unaprogettazione autonoma delle pro-prie attività, ricostituendo una pro-spettiva esistenziale significativa inun contesto, umano e materiale, ine-vitabilmente mutato dopo determi-nanti sconvolgimenti ambientali. n

Sabrina Arata Farris

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In questo numero diIdeAmbiente, che apreil nuovo anno, vorreioffrire uno spunto diriflessione circa unaprospettiva disciplinarenata dai contributi dellapsicologia militare edella psichiatriad’urgenza, ambiti diapprofondimentopsicologici sviluppatesida alcuni decenni, in termini di studio ed applicazione: la“psicologiadell’emergenza”

L’individuazione di tale filone dianalisi nasce dall’esigenza, siada parte delle istituzioni che degliamministratori locali, di riuscire adoffrire alle popolazioni colpite datraumi improvvisi, risposte ade-guate e supporti socio-psico-orga-nizzativi appropriati. In questesituazioni estreme, intervengonoequipe di personale specializzato ingrado di poter far fronte e gestire lenecessità psicologiche che si presen-tano immediatamente dopo eventitragici di portata sociale.L’alluvione verificatasi il 18 novem-bre scorso nel centro-sud della Sar-degna, per esempio, ci offrel’occasione per riflettere sulla l’im-portanza e la rilevanza del campo diricerca della “psicologia dell’emer-

genza”.Ricordo solo brevemente quanto ac-caduto quel giorno per l’inonda-zione provocata dal fenomenodenominato “flash-flood”, o “allu-vione lampo”: in meno di 24 ore, si èriversata sul territorio sardo, unaquantità d’acqua pari alla metà diquella registrata mediamente in unanno. Risultato: 16 vittime, 43 feriti,un disperso e 2700 sfollati.Una situazione di questo genere siva a collocare, senza ombra di dub-bio, in un quadro di “catastrofe am-bientale” richiamandoimmediatamente il concetto gene-rale di “emergenza”.In una cornice sia sociale che sogget-tiva, il termine “emergenza” vieneattribuito ad una particolare e speci-fica interazione tra dinamiche am-bientali, gruppi sociali e singoliindividui. Per maggior precisione, si può defi-nire “emergenza” un evento deter-minato da un agente fisico cheproduce un effetto distruttivo sulterritorio in cui si manifesta e la cuientità dipende sia dalle caratteristi-che fisiche dell’evento stesso, siadalla struttura socio-politico-orga-nizzativa preesistente sul territoriostesso.La risposta adeguata ad un eventofisico devastante, prevede quindil’attivazione di schemi comporta-mentali idonei, sostenuti da cono-scenze e atteggiamenti congruenti,conseguenti alla capacità revisionalee/o gestionale che una determinatacollettività ha sviluppato nei con-

fronti dell’ambiente geofisico che oc-cupa. A tal proposito risulta sostan-ziale la professionalità dello“psicologo dell’emergenza” il quale,oltre a mettere in campo le compe-tenze di base tipiche del “soccorri-tore” ed i tratti distintivi delladisciplina clinica nella gestione emo-tivo-relazionale delle situazioni dicrisi, deve possedere una spiccatainclinazione ad operare a strettocontatto con aspetti pragmatici edorganizzativi peculiari del contestodi crisi.In sincronia con le caratteristichecompetenze dello “psicologo dellaemergenza”, si colloca come parteintegrante nella lettura di situazionidi grave necessità, lo studio della“percezione del rischio” e della “co-municazione del rischio”; espres-sioni basilari per analizzare ecomprendere le rappresentazioniche le popolazioni colpite da untrauma naturale hanno del concettodi vulnerabilità, di pericolo e di ri-schio: l’obiettivo è di cercare dicreare ed orientare un’informazionemirata ed efficace soprattutto nellacosiddetta fase di latenza delleemergenze.Durante questa “fase latente” si puòinfatti stimolare la possibilità, attra-verso l’intervento di figure profes-sionalmente adeguate, di intervenirepreventivamente per attenuare il ri-schio relativo alle dimensioni di vul-nerabilità geofisica ed ambientale e,in maggior misura, circa la possibi-lità di azione sul sistema politico-or-ganizzativo del contesto. Un’altra

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Quando non vorresti mai immaginare simili avvenimenti p

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Archivio ISPRA

Trenta milioni di tonnellate dimateriali contenenti amianto

(MCA) e solo 23 siti di stoccaggio, dicui 3 chiusi perché sotto sequestro.Impianti insufficienti e, per giunta,mal distribuiti sul territorio nazio-nale: 9 regioni, tra cui Campania eLazio, ne sono infatti totalmentesprovviste. Al 30 giugno 2013, 6 le discariche inattesa di autorizzazione e 5 quelleche hanno richiesto l’ampliamentodella propria struttura mediantel’ingrandimento dei lotti esistentidestinati all’amianto o la realizza-zione di nuovi. Inevitabile che, no-nostante siano ben noti i pericoliconnessi all’esposizione all’amianto,la bonifica e lo smaltimento stentinoa ingranare. Nel 2012, il 90% di rifiuti contenenti

amianto è finito in discariche desti-nate a rifiuti non pericolosi (oltre201 mila tonnellate, di cui circa 92mila tonnellate al Nord, circa 63mila tonnellate al Centro e oltre 47mila al Sud) e il restante 10% in di-scariche per rifiuti pericolosi (oltre21 mila tonnellate). Nel 2012, la To-scana è stata la regione che ha smal-tito il quantitativo maggiore dirifiuti speciali contenenti amianto,con circa 52 mila tonnellate, seguitada Lombardia (51 mila) e Piemonte(circa 40 mila). Le regioni Abruzzo,Liguria, Lombardia, Piemonte e To-scana hanno incrementato gli RCAsmaltiti mentre nelle altre Regioni siè registrato un decremento. L’unica alternativa, per molte re-gioni, è rappresentata dal ricorso asiti stranieri ma le cifre in grado di

fotografare il fenomeno sono ancoraincerte.Questi dati e queste riflessioni sonoemerse lo scorso dicembre nel corsodi un convegno, organizzato dall’I-stituto Superiore di Sanità, dedicatoal Progetto Amianto: parte del piùampio Piano nazionale sull’Amiantoe non ancora adottato formalmentedal Governo, il Progetto prevede at-tività nel campo dell’epidemiologia,della diagnosi e della terapia dellepatologie connesse all’esposizionealle fibre di amianto oltre che l’a-spetto strettamente ambientale. “Siamo a buon punto e i primi risul-tati saranno disponibili nella prima-vera 2014”, ha annunciato LoredanaMusmeci, direttore del dipartimentoAmbiente dell’Istituto. n

Giuliana Bevilacqua

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Icambiamenti climatici sono ormairiconosciuti come una grave mi-naccia per il benessere e la sicurezzadelle nostre società e rappresentanouna delle più grandi sfide che do-vranno essere affrontate nei decennia venire, soprattutto a livello urbano.Pur trattandosi di una problematicaglobale, infatti, è a livello locale chese ne manifestano le principali con-seguenze: le città svolgono, pertanto,un ruolo cruciale sul tema dell’adat-tamento ai cambiamenti climatici,come sottolineato anche dalla Strate-gia europea sull’adattamento ai cam-biamenti climatici (EC, 2013)1. In Italia, situata in una delle aree piùvulnerabili in Europa - il bacino delMediterraneo - pur in assenza di unquadro politico specifico a livello na-zionale, ed in attesa dell’adozionedella Strategia Nazionale di Adatta-mento (SNA)2 quale indispensabileraccordo con il livello di programma-zione locale, alcune città hanno giàmosso i primi passi sul tema dell’a-dattamento, supportate perlopiù dafinanziamenti europei: prima fratutte, Ancona nell’ambito del pro-getto LIFE ACT, conclusosi nel Luglio2013.Il progetto ACT – Adapting to Climatechange in Time – a cui hanno parteci-pato i Comuni di Ancona (Italia),Bullas (Spagna) e Patrasso (Grecia),con il supporto tecnico di ISPRA e lacollaborazione del Forum delle Cittàdell’Adriatico e dello Ionio (FAIC),ha avuto come obiettivo principalequello di sviluppare, attraverso unpercorso metodologico integrato,

partecipato e condiviso dagli attorilocali, Piani di Adattamento ai cam-biamenti climatici a livello Locale(PAL), al fine di limitare gli effettiambientali, sociali ed economici edaccrescere la resilienza delle città alcambiamento3. L’esperienza maturata nel corso delprogetto ha consentito così di predi-sporre delle Linee Guida per i Piani diAdattamento a livello Locale - Plan-ning for adaptation to climate change -Guidelines for Municipalities 4, con l’o-biettivo di fornire un supporto praticoed operativo alle amministrazioni in-teressate ad avviare iniziative su que-sto tema (Figura 1). I nove capitoli delle Linee Guidapropongono, infatti, attraverso l’illu-strazione di concetti teorici edesempi pratici, un possibile approc-cio metodologico partecipato che, apartire dalla definizione degli sce-nari climatici, consenta di indivi-duare le vulnerabilità ed i rischiassociati ai cambiamenti climatici,

identificare le priorità di intervento edefinire gli elementi necessari per lapianificazione delle azioni finalizzatea ridurre la vulnerabilità del territo-rio. Utili indicazioni vengono inoltrefornite al fine di garantire che il per-corso possa essere effettivamentecondiviso dagli stakeholders interes-sati e che l’adattamento venga ade-guatamente integrato nelle politichesettoriali già esistenti. n

Francesca Giordano

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Linee Guida per la predisposizione deiPiani di Adattamento ai cambiamenticlimatici a livello localep Amianto, i conti non tornanop

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01. EC (European Commission), 2013. An EU Strategy on adaptation to climate

change. COM (2013), 216 final.02. Ulteriori informazioni sono disponibili sulsito del Ministero dell’Ambiente e della Tuteladel Territorio e del Mare (MATTM): www.mi-

nambiente.it. 03. Ulteriori informazioni sono disponibili sul

sito del Progetto ACT:http://www.actlife.eu/EN/index.xhtml.

04. Le Linee Guida del Progetto LIFE ACTsono state elaborate da F. Giordano, A. Caprioloe R.A. Mascolo (ISPRA) in lingua inglese edhanno come titolo: “Planning for adaptation toclimate change – Guidelines for Municipali-ties”. Il documento è disponibile sul sito:

http://www.actlife.eu/medias/306-guideline-sversionefinale20.pdf.

Figura 1: Struttura delle Linee Guida per i Piani di Adattamento ai cambiamenti climatici a livello Locale (PAL) – (ISPRA).

Paolo Orlandi ISPRA

boschi cedui, dalla raccolta dei resi-dui della cura e dei tagli delle fu-staie, dal taglio di legna e dai filari),si possono ottenere 3 milioni di ton-nellate di petrolio (TEP) equivalentil’anno, senza ferire le foreste e man-tenendo le necessarie misura di sal-vaguardia e protezione dellabiodiversità. Questa quantità è pariall’1,6 percento circa dei consumienergetici nazionali (che nel 2012 sisono attestati intorno a 178 milionidi TEP equivalenti, in lieve calo ri-spetto al 2011 per effetto della crisieconomica). Le foreste del Laziopossono produrre quasi 220 milaTEP, l’1,8 percento del consumo re-gionale di energia.

Lo studio ISPRA ha stimato ancheche nel Lazio siano stati realizzati

appena 80 ettari di piantagioni fore-stali di robinia, eucalipti e salici, contagli periodici a turno breve (pochianni), per produrre legna per ener-gia. In linea teorica, nel Lazio sareb-bero potenzialmente disponibilicirca 640 mila ettari di aree agricolee pascoli abbandonati e degradatiutilizzabili per questo genere dipiantagioni. Nell’ipotesi concreta -sostenibile dal punto di vista am-bientale ed economico - di realiz-zare, 10 mila ettari di nuove coltureforestali a ciclo breve, si potrebberoprodurre 85 mila tonnellate di legna,in grado di alimentare 4 centrali da 1megawatt.

Proforbiomed intende promuoverel'uso della biomassa come fonte rin-novabili di energia, attraverso lo svi-luppo di una strategia integrata diuso sostenibile della biomassa fore-stale nell’area mediterranea. Ele-menti chiave di questa strategia

sono il recupero e la valorizzazionedel potenziale di biomassa forestaleinutilizzato e il coinvolgimento degliattori in qualche modo coinvolti nel-l'intera filiera, che va dalla gestioneforestale all'uso finale dell'energia.Nell’ambito del consorzio, a cui par-tecipano 18 istituzioni, l’ISPRAsvolge azioni riguardanti il monito-raggio degli impatti che l’utilizzodelle biomasse forestali e delle pian-tagioni legno-energia possono arre-care alle biocenosi naturali.

In occasione della Conferenza“Quanta energia possiamo estrarredalle foreste italiane senza ferirle. Ilcaso del Lazio”, l’ISPRA presenta laseconda parte del video Foreste d’I-talia, realizzato nell’ambito del pro-getto UE Proforbiomed. Il video èscaricabile al sito http://www.you-tube.com/watch?v=ttqZAqnzsKUn

Cristina Pacciani

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Secondo i dati dell’Inventario Na-zionale delle Foreste e del Carbo-

nio e dalle immagini prese dasatellite, la superficie forestale ita-liana continua ad aumentare e hasuperato i 10,5 milioni di ettari; dallafine della seconda guerra mondialea oggi, le foreste sono pressoché rad-doppiate. Ormai oltre un terzo(34,7%) della superficie nazionale ècoperta da boschi, una percentualeparagonabile a quelle di altri Paesidel centro e nord Europa. Questatrasformazione è legata sia a inter-venti attivi di creazione di nuovi bo-schi (afforestazione e riforestazione),sia – soprattutto – a processi naturalidi espansione del bosco su coltivi epascoli abbandonati in zone di col-lina e montagna. Anche nel Lazio, ilbosco è in lenta ma continua espan-

sione e ha superato 600 mila ettari,una percentuale pari al 35,2 percentodel territorio laziale, sopra la medianazionale. Nel corso della Conferenza nazio-nale “Quanta energia possiamo sot-trarre dalle foreste senza ferirle? Ilcaso del Lazio”, tenutasi a Roma loscorso ottobre, sono stati presentati irisultati del progetto UE Proforbio-med, finanziato dal Fondo Europeodi Sviluppo Regionale (FESR) dellaCommissione Europea, a cui ISPRApartecipa come partner, in cui è statoribadito il ruolo delle foreste chesono alla base della ricchezza di bio-diversità del nostro Paese, e nonsolo: esse sono infatti ricettacolo diquasi metà del numero di specie ani-mali e vegetali dell’intera UE.Da millenni questa ricchezza di

geni, di specie e di habitat offre allecomunità che hanno abitato e abi-tano la penisola e le isole, una seriedi beni e servizi - ora conosciuti conl’espressione ‘servizi ecosistemici’ -che comprendono il contenimentodell'erosione, delle piene e dellefrane, l’infiltrazione delle acque e lafunzione di ritenzione, la regola-zione del clima locale, la mitiga-zione dei cambiamenti climatici, maanche la tutela di valori spirituali,storici, didattico-scientifici, ricreativie turistici.

L’Italia è il Paese UE con il minorrapporto tra legna prelevata e legnaprodotta. Uno studio dell’ISPRA,svolto nell’ambito del progetto UE‘Proforbiomed’, stima che dalle fore-ste nazionali (dal taglio di legna dei

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Quei tesori di forestep

logico e del R. Ufficio geologico apartire dal 1867, racchiuso in circa22 faldoni, talvolta sovraccarichi didocumenti.Il Progetto che si sta sviluppandonasce dalla consapevolezza del va-lore e dell’unicità di questo mate-riale e dalla volontà di condivisionedi questo patrimonio storico-scienti-fico con un pubblico di studiosi piùampio.La prima fase di studio, attualmentein corso, prevede la ricostruzione e ilripristino dell’ordine originario deidocumenti al fine di “indicizzarne”il contenuto, attraverso la letturadegli originali, spesso resa difficol-tosa a causa della scrittura moltofitta, dell’italiano aulico o delle con-tinue cancellazioni o sbavature di in-chiostro di china.Dopo la fase di schedatura – chia-

mata Regesto - verrà effettuato uncollegamento sincronico tra i docu-menti presenti nell’archivio e i lavoridefinitivi per la realizzazione dellaCarta Geologica d’Italia. Risulta in-fatti una stretta relazione tra i docu-menti d’archivio costituiti darelazioni, lettere, commenti, tele-grammi, e la pubblicazione degli ar-ticoli sul Bollettino del Comitatogeologico o nei contenuti monogra-fici delle Memorie dello stesso Co-mitato, nonché con la cartografiageologica manoscritta (costituita daoltre mille esemplari) conservata nelFondo Cartografico Antico.Ultima fase del lavoro sarà la reda-zione di un database con interfacciauser friendly, interrogabile anchedall’esterno, per poter entrare apieno titolo nel panorama scientificocon un prodotto omologo a quello

dei geological surveys esteri, con al-cuni dei quali si è già avviata unafase di cooperazione sul tema. n

Filomena Severino

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Dalla collaborazione tra il Di-partimento per le Attività

Bibliotecarie, Documentali e perl’Informazione e quello di Difesadel Suolo dell’ISPRA, nasce ilProgetto di valorizzazione del-l’Archivio del Servizio Geologicod’Italia, conservato presso la Bi-blioteca del nostro Istituto.E’ necessaria una premessa storica;risale al 1867 l’istituzione ufficialedel R. Comitato geologico, organotecnico di coordinamento scienti-fico per le attività di realizzazionedella cartografia, ma le sue originirisalgono al 1861 quando il Re, Vit-torio Emanuele II, emanò un decretocon il quale dava inizio al progettodi cartografia geologica del territorioitaliano.Per lo Stato italiano infatti, la neces-sità di dotarsi di una struttura tec-nica che studiasse gli aspettigeologici del territorio nacque con-temporaneamente alla sua fonda-zione. Lo scambio di corrispondenzatra il R. Comitato geologico e i piùillustri scienziati, geologi, ingegneriminerari e paleontologi risale al1867, come testimoniano le lettereoriginali conservate presso il fondostorico della Biblioteca. In esse, ac-canto alle firme di illustri scienziatiitaliani come Cocchi, Capellini, Me-neghini, Seguenza, appaiono quelledi personalità straniere, come Abich,Zittel, Hantken, Strobel, solo per ci-tare qualche nome famoso.L’archivio storico, conservato in Bi-blioteca, conserva parte degli archiviamministrativi del R. Comitato geo-

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Servizio geologico d’Italia: non perdiamo la memoriap

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Lettera autografa di Karl Alfred von Zittel, (geologo e paleontologo tedesco, 1839-1904), datata 3 aprile 1871, in cui lo stesso scrive al R. Comitato geologico dicendodi essere impossibilitato a inviare i cliché di legno per la stampa, usati in una pub-blicazione precedente, perché smarriti.

Sezioni geologiche realizzate da Giu-seppe Seguenza nel 1878 a supporto del

progetto di realizzazione di un tunnelferroviario sotto lo Stretto di Messina.

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Un nuovo polo di laboratori cheriunisce competenze ed attività

dei precedenti laboratori degli isti-tuti confluiti in ISPRA, che si svi-luppa su tutto il territorio nazionale,dove si svolge attività di ricerca, mo-nitoraggio, di controllo e di vigi-lanza ambientale, inaugurato aRoma, nel polo tecnologico di CastelRomano, lo scorso ottobre; circa 38laboratori con altrettante attività chespaziano dalla pesca, acquacoltura,biodiversità marina, alla meccanicadei terreni e delle rocce, all’elettro-magnetismo e rumore e all’ecotossi-cologia, solo per citarne alcune.Un percorso fortemente voluto sianell’ambito del Sistema nazionaledelle Agenzie per la Protezionedell’ambiente, sia dagli Enti pubblicidi ricerca, con un approccio inte-

grato tra le varie materie trattate,una vera e propria infrastruttura perla ricerca nazionale, supporto di ser-vizi tecnici e scientifici basilari per ilPaese. Queste le parole con cui ilPresidente dell’ISPRA De Bernardi-nis ha definito questo nuovo polo la-boratoriale, aggiungendo che siamosolo ”all’inizio di un percorso, noncerto alla fine”.Alla presentazione, è intervenutaanche la dr.ssa Rosanna De Nictolis,Capo di Gabinetto del Ministero del-l’Ambiente: “il tema della prote-zione ambientale sta diventandosempre più centrale nelle agendepolitiche europee, grazie anche allaforte spinta di una coscienza socialesempre più attenta e sensibile neiconfronti dei temi ambientali”. L’ISPRA accresce così il suo ruolo di

riferimento e di autorevolezza deldato nei confronti del Ministero, delPaese e dei cittadini, ha ribadito laDe Nictolis, sottolineando anchecome emergenze nazionali quali bo-nifiche, rifiuti, danno ambientale -che impegna ISPRA e Ministero Am-biente in oltre 200 processi in tuttaItalia) necessitano di tali autorevo-lezza e competenza.Un esempio, lo ha definito RobertoRavello, Assessore all’ambientedella Regione Piemonte, a dimostra-zione di come si possa, anche in unmomento difficile come quello chestiamo vivendo, razionalizzare spesee spazi a disposizione senza depau-perare, anzi migliorando l’efficienza,un modello per tutte le PubblicheAmministrazioni. n

Cristina Pacciani

Laboratori ISPRA, infrastruttura per la ricerca e per il PaesepUna mostra che è uno choc e una

denuncia sugli effetti causatidalla mano dell’uomo sull’ambiente,anche in zone sulla carta “intocca-bili” come la foresta amazzonica. Èquella che si è potuta vedere a Romanelle scorse settimane, organizzatadall’ambasciata dell’Ecuador per farconoscere e ricordare un disastroambientale tra i più rilevanti degliultimi decenni. In particolare, inquesto caso, la responsabilità è dellacompagnia petrolifera Texaco (poiacquistata dalla multinazionale Che-vron), che dal 1964 al 1990 ha inqui-nato pesantemente intere aree diforesta amazzonica nel paese centra-mericano, distruggendo l’ambiente emettendo a repentaglio la salute dimoltissime persone. Per questo,l'ambasciata del paese in Italia ha or-ganizzato un'esposizione fotograficadal titolo “De camino hacia la ver-dad” (In cammino verso la verità),con immagini della foresta contami-nata da versamenti di residui di pe-trolio durante le estrazioni ad operadella società statunitense. La mostraè completata da una serie di ritrattidei testimoni dell'inquinamento, che

successivamente hanno denunciatola compagnia in una vicenda legaleche ha portato alla condanna di que-st'ultima, ma che ancora non si puòconsiderare conclusa del tutto.Infatti, la reazione delle popolazionilocali, iniziata nel 1993 con la nascitadel Fronte di Difesa dell'Amazzoniaha portato a una richiesta di risarci-mento per il danno subito, con unacondanna definitiva di Chevron nel2011, ma la multinazionale ha fattoricorso davanti alla Corte Perma-nente di Arbitrato dell’Aia, invo-cando un accordo bilaterale Usa -Ecuador, che però è stato stipulatonel 1993, quindi a vicenda conclusa,col sapore di una giustificazione aposteriori per le devastazioni deglianni precedenti. Chevron - Texacovorrebbe quindi addossare allo statodell’Ecuador la responsabilità deidanni, che i giudici hanno quantifi-cato in 9mila 510 milioni di dollari.Secondo la sentenza, sarebbero statisversati in più di 2 milioni di ettaridi Amazzonia non meno di 71 mi-lioni di litri di residui e di 64 milionidi litri di greggio, inquinando l'ac-qua che le popolazioni bevono, dove

pescano e si lavano. L'esposizione di Roma fa parte diuna campagna internazionale che sichiama "La mano sporca di Che-vron”. Le testimonianze contro lacompagnia non arrivano solo dall'E-cuador, ma anche da zone della Po-lonia, dove è stata contaminatal'acqua durante un'esplorazione allaricerca di gas naturali, dal Perù,dove si sono creati tre veri e proprilaghi di rifiuti da petrolio, dall’An-gola, dagli stessi Stati Uniti e dallaNigeria, dove gli idrocarburi sono fi-niti in terreni, fiumi e ruscelli, dan-neggiando la pesca e l'agricoltura. Icontadini che vivono nella regionedi Orellana, quella maggiormentecolpita dal disastro in Ecuador, sonoandati anche all’ONU, dove ha par-lato il loro rappresentante José Me-dardo Shingre, chiedendo “ilrisanamento ambientale e sociale”,visto “non ci da più quello che cidava prima. Le nostre famiglie siammalano continuamente e fino aquando permane questa pratica scel-lerata di Chevron, che prima eraTexaco, nulla sarà buono”. n

Filippo Pala

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Una mostra sui disastri nella forestaamazzonica dell’Ecuadorp

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Paolo Orlandi ISPRA

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Anche la geologia ha celebrato i150 anni dell’Italia unita, riflet-

tendo sulla propria identità discienza profondamente legata allaconoscenza del territorio, delle suerisorse e della sua evoluzione. LaSessione “Uomini e ragioni: i 150anni della geologia unitaria”, orga-nizzata nell’ambito dell’VIII Forumitaliano di Scienze della Terra, èstata dedicata all’impegno ed alle in-tuizioni dei geologi italiani, attivigià da molto prima che il Paese, nel1861, raggiungesse l’unità politicaed amministrativa, con particolareattenzione alla loro opera per la co-noscenza del territorio italiano daprima della sua unificazione fino ainostri giorni, all’evoluzione delle di-scipline che in questo lasso di tempohanno consentito di conoscere e de-scrivere la struttura del Paese e dimodificare l’approccio alle dinami-che del territorio e ai dibattiti chehanno accompagnato e convivonocon l’evoluzione degli strumenti didiagnosi e con l’interpretazione e laprevisione dei fenomeni.La Sessione è stata anche un mo-mento di riflessione non solo sulruolo che la comunità geologica ita-liana ha avuto nel favorire l’unitàd’Italia, ma anche sulle ragioni percui non è stata tenuta in seguitonella giusta considerazione, spessocon grave danno per il Paese. Sonoevidenti del resto le conseguenzedella mancata programmazione uni-taria dell’uso del territorio ad ontadelle conoscenze acquisite, testimo-nianza tangibile e dolorosa del diffi-

cile dialogo trascienza e cono-scenza ed ammi-nistrazione delterritorio. La rac-colta di contributi”Uomini e ragioni:i 150 anni della geologia unitaria”,pubblicata negli Atti ISPRA 2013,segue il criterio cronologico degli ar-gomenti trattati, accogliendo anchealcuni preziosi contributi, fuori Ses-sione, che si è ritenuto non dover farmancare a questo panorama dei 150anni della geologia unitaria. La car-tografia geologica, sintesi delle co-noscenze sul territorio, è senza’altroil filo conduttore dai suoi esordi nel‘600 e ‘700 fino ai

nostri giorni. Gli autori ci guidanonella storia della geologia e dei pro-tagonisti che l’hanno vissuta: a do-cumentazione del percorso restanonon solo i documenti cartografici,ma anche l’esordio e l’affermazionedi nuove discipline afferenti allescienze della Terra, nonché la nuovapercezione e considerazione per gli“oggetti” del collezionismo geolo-gico e dell’arte legata alla geologiacome “beni culturali” del Paese. n

Myriam D’Andrea

pGeologia d’Italia

Uomini e Ragioni: i 150 anni della Geologia Unitaria

Com’è “biodiverso” il mio giardino“Vademecum per la biodiversitàquotidiana. Manuale per seedsavers: custodire semi e piantedimenticate sul balcone e nell’orto” di Chiara Spadaro (giornalistaambientale)

“Mangiare è un atto agricolo”(W. Berry)

Il nostro balcone o il nostro giardino possono diven-tare custodi della diversità di semi e piante. Ce lo in-segna il “Vademecum per la biodiversità quotidiana”,di Chiara Spadaro, un vero e proprio manuale di bio-diversità domestica, che spiega dove acquistare oscambiare i “semi dimenticati”, come coltivare piantedi varietà perdute sul proprio balcone o nell’orto dicasa, insomma come diventare seed savers, contadinicustodi di semi e di piante biodiverse. Una mappa deiseed savers in Italia, con decine di indirizzi utili di

coltivatori, eventi, ri-storatori, le norme chehanno contribuito allascomparsa di centinaiadi varietà, perché è es-senziale preservare labiodiversità e chi siadopera per creare unsistema sementiero al-ternativo: questo èquanto ci aiuta a capireil Vademecum, cheentra poi nel merito ditutte le tecniche baseper coltivare da séfrutta e verdura, daipomodori alle fave. n

Cristina Pacciani

Vivere e morire d’amianto“Pane e amianto. Girotondo di una cittàsopra un milione di vite”, di Giuseppe Armenise(giornalista de La Gazzetta del Mezzogiorno)

Il mito dell’amianto,minerale dalle caratteri-stiche indistruttibili, hapervaso per oltre 50anni il sogno industria-lista dell’Italia che risor-geva dalle ceneri dellaseconda guerra mon-diale. Dieci anni dopola fine dell’era “mitica”dell’amianto, nel 1995,uno studente in pro-cinto di laurearsi ingeologia scopre che laFibronit, la vecchia fab-brica di Bari, abbando-nata in mezzo alle casecolpevolmente costruite

tutt’intorno, è un’immensa discarica di rifiuti cancerogeni.Dalla denuncia del caso Fibronit nasce un lungo percorsodi riscatto civile, ma soprattutto di ricerca personale. Questo in poche righe, è quanto accade e quanto sco-priamo nel libro di Armenise “Pane e amianto”, che parteda un episodio di cronaca, da cui si sviluppa la storia diun percorso d’amore, di denuncia, di dolore, di morte, maalla fine di crescita e riscatto civile, capace di affermarsinonostante le vittime designate - perché esposte ai velenidi una vecchia fabbrica d’amianto - appaiano chi assente,chi addirittura ostile, preda di un misterioso ricatto chedetermina, apparentemente contro ogni logica, la soprav-vivenza per oltre vent’anni di una discarica di rifiuti can-cerogeni tra le case. n

Cristina Pacciani

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p Recensioni

Oggetto del meeting la verifica edaggiornamento delle attività pro-grammate e dei primi prodotti di-sponibili, tra i quali, in particolare, leprime cartografie tematiche riguar-danti le analisi delle temperature, abreve consultabili sul sito del pro-getto. A completamento delle atti-vità due riunioni tecniche diapprofondimento sul tema deighiacciai e della climatologia dei fe-nomeni temporaleschi, ambiti delprogetto in cui ARPAV, attraverso ilDipartimento Regionale per la Sicu-rezza del Territorio, è direttamenteimpegnata.In particolare ARPAV è Lead Partnerdell’attività di progetto “Ghiacciai”,ed il personale del Centro Valanghedi Arabba è impegnato nella compila-zione di un unico catasto dei ghiacciaidelle Alpi orientali e nell’elaborazionedi alcune analisi speciali tra cui, adesempio, lo studio dedicato ai bilancidi massa e delle variazioni dellafronte di alcuni ghiacciai. A tal fineARPAV ha avviato le procedure perpoter effettuare una nuova campagnadi rilievi glaciologici, che presumibil-mente potrà essere svolta nella tardaestate del 2014.ARPA Piemonte, in collaborazionecon ISAC-CNR, ha svolto nell’am-bito del progetto ACQWA uno stu-dio sull’impatto del cambiamentoclimatico sui ghiacciai alpini delnord ovest italiano. In tale studiosono stati considerati i dati di varia-zione annuale del fronte glaciale di

un gruppo di 14 grandi ghiacciaidelle Alpi nordoccidentali, nelle re-gioni di Piemonte e Valle d’Aosta. Idati sono stati reperiti sul sito webdel Comitato Glaciologico Italiano.Lo studio ha voluto innanzitutto in-dagare la risposta media dei ghiac-ciai alle variazioni climatiche nelcinquantennio 1958-2009. Osser-vando i valori delle medie delle flut-tuazioni glaciali relative al periodo1958-2009 si è notato come il com-portamento generale del campioneesaminato per il periodo in que-stione ha indicato un arretramentogeneralizzato, più o meno pronun-ciato a seconda della meteorologialocale e della morfologia del ghiac-ciaio stesso. In un solo caso (LexBlanche) c'è stato un leggero avan-zamento nel periodo 1958-2009.Considerando il comportamentomedio dei ghiacciai, si è dedotto chel’arretramento medio complessivorisultante per il cinquantennio 1958-2009 è di circa 200 metri.In generale si è constatato che in tuttigli scenari viene previsto un note-vole arretramento dei fronti glacialinelle Alpi occidentali, con una forteriduzione delle aree glacializzate e iconseguenti impatti sulle riserve diacqua dolce. Negli scenari di cambia-mento climatico attesi per i prossimidecenni, insomma, il futuro deighiacciai alpini piemontesi e valdo-stani non sembra affatto roseo.Per ARPA Valle d’Aosta monitorarele variazioni e comprenderne le di-

namiche, consente da un lato di do-cumentare l’impatto dei cambia-menti climatici e dall’altro divalutarne gli effetti sul territorio conparticolare attenzione agli elementidi fragilità che contraddistinguono lezone montane ed i suoi ecosistemi.Tali attività sono particolarmente im-portanti nell'area alpina poichè lostato di salute dei ghiacciai ha diretteripercussioni sull'approvvigiona-mento idrico dei settori di fondo-valle, sulla produzione di energiaidroelettrica e sulla produttività agri-cola della Pianura Padana. Proprioper questi aspetti le linee guida del-l'IPCC (Intergovernmental Panel onClimate Change) elencano le Alpi trale aree strategiche estremamente im-portanti in cui è fondamentale acqui-sire dati e conoscenze per elaborarein tempo efficaci strategie di adatta-mento ai cambiamenti climatici.In quest'ottica, ARPA Valle d’Aostaha avviato il programma di monito-raggio dei ghiacciai nel 2000 in colla-borazione con altri enti operanti sulterritorio regionale. Attualmente leattività principali comprendono ilcoordinamento delle attività di mo-nitoraggio dei bilanci di massa nel-l'ambito della Cabina di Regia deighiacciai valdostani, realizzazionedelle misure in campo ed elabora-zione dati per i bilanci di massa incollaborazione con la FondazioneMontagna Sicura e l’acquisizione diparametri meteorologici in settoriglacializzati. n

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Paesaggi sconfinati e colmi di bel-lezze indicibili, quelli che offrono

le nostre montagne. Un patrimonioche vorremmo rimanesse intattoanche per le generazioni future cherischiano però di non poterne piùusufruire. L’appuntamento del 10 di-cembre è particolare perché si cele-bra la giornata internazionalededicata alla Montagna. Il fine èquello di riaccendere i riflettori sullebellezze infinite che i suoi paesaggioffrono e anche di riflettere su ciòche rischia di distruggere questo no-stro patrimonio altimetrico. Semprepiù fragili e colpite da fenomenicome erosioni, frane e valanghe.Sempre più minate da una malattiaperversa che sta sconvolgendo l’in-tero ecosistema montano alpino.L’impatto, infatti, dell’aumento delletemperature causato dai cambia-menti climatici sta modificando l’as-setto dei territori nelle nostremontagne con il rischio di una possi-bile e progressiva scomparsa deighiacciai nei prossimi 80 anni.Questo è quanto emerso dai risultatidel progetto SHARE Stelvio presen-tati alla Statale di Milano. Dal 1954al 2007 c’è stata una riduzione arealedel 40% dei ghiacciai e sono scom-parsi circa 20 Km2 di ghiaccio. Negliultimi anni si è avuta un’accelera-zione impressionante della deglacia-zione: dal 1954 al 1981 -0,24km2/anno; dal 2003 al 2007 -0,7Km2/anno. Entro il 2100, il piùgrande ghiacciaio vallivo delle Alpi

italiane, il ghiacciaio dei Forni, si ri-durrebbe, secondo le proiezioni otte-nute dai ricercatori, al solo 5% delsuo attuale volume. E ancora: sareb-bero scomparsi 36 laghi alpini situatiin gran parte sotto i 2500 metri diquota e apparsi 22 nuovi laghi soprai 2900 metri. Il progetto di ricerca triennale - so-stenuto dal Comitato EvK2CNR conil contributo di Regione Lombardiaattraverso la Fondazione Lombardiaper l’Ambiente - ha coinvolto i ricer-catori di tre istituti del CNR (ISAC,ISE e IRSA) e dell’Università degliStudi di Milano, della Cattolica, del-l'Università dell’Insubria e del Poli-tecnico di Milano. SHARE Stelvio èun progetto pilota inserito nell’am-bito del progetto SHARE (pro-gramma internazionale dimonitoraggio ambientale in altaquota) promosso dal ComitatoEvK2CNR con l’obiettivo di analiz-zare e quantificare gli impatti delcambiamento climatico su ghiaccio eacqua del Parco Nazionale delloStelvio. Oggetto delle ricerche sonostati i ghiacciai, il permafrost (por-zione di terreno perennemente con-gelato), i torrenti e i laghi e lacomposizione dell’atmosfera allealte quote (misure di particolato at-mosferico e ozono) dell’area lom-barda del Parco Nazionale.«Date l’estensione e le caratteristichedei ghiacciai esaminati, gran partedei dati possono considerarsi esten-sibili ai ghiacciai alpini italiani» ha

dichiarato Guglielmina Diolaiuti, ri-cercatrice dell’Università di Milanoe di EvK2CNR e responsabile scien-tifica del progetto, che ha aggiunto:«Le Alpi possono venire consideratedelle “torri d’acqua” che svolgonoun ruolo cruciale per l’accumulo e ilrilascio di questa preziosa risorsa. Ighiacci e le nevi costituiscono unafondamentale riserva di questo beneprimario. I dati di riduzione glacialeottenuti nell’ambito di SHARE Stel-vio indicano chiaramente che le“torri d’acqua” (non solo quelle delParco Nazionale dello Stelvio)stanno modificandosi sempre piùrapidamente».

Approfondimenti che coinvolgonoclimatologia ed evoluzione dei no-stri ghiacciai sono stati offerti anchedalle ARPA impegnate sulle rispet-tive regioni, come il Veneto, il Pie-monte e la Valle d’Aosta.ARPAV ha organizzato, il 27 e 28 no-vembre scorsi a Verona, il secondomeeting annuale del progetto 3PClim,realizzato nell’ambito del ProgrammaInterreg IV Italia - Austria.Il progetto aveva come obiettivol’aggiornamento della climatologiadel Tirolo e delle regioni limitrofe,con la produzione di cartografie te-matiche, elaborazioni e proiezioniclimatiche e lo sviluppo di due ap-profondimenti dedicati alla climato-logia dei fenomeni temporaleschi(fenomeni convettivi) e all’evolu-zione dei ghiacciai.

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Come stanno le nostre Alpi?Dalla Giornata internazionale della “Montagna”, con la presentazione dei risultati del progetto pilota SHARE Stelvio, alle attività di approfondimento delle ARPA

ARPA/APPAa cura di Mila Verboschip

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Valle d’Aosta (E.Porrazzo ISPRA)

L’educazione ambientale tramite leattività motorie e gli sport specificidel contesto naturaleNello stupendo scenario del ParcoNazionale del Circeo, l’ANPEFSS(Ente nazionale per la formazione eaggiornamento dei docenti qualifi-cato dal ministero Istruzione Uni-versità e Ricerca) organizza un corsoNazionale di formazione sulle tema-tiche riguardanti l’educazione am-bientale,tramite attivitàtecnico-pratiche di trekking,moun-tain bike,vela, su derive, orientee-ring ed altri sport in ambientenaturale.

Ferrara, 6 febbraioSeminarioControllo delle emissioni vibroacustiche dei prodotti industrialiL’Associazione Italiana di Acusticainsieme all’Università di Ferrara, or-ganizzano un incontro di cono-scenza e di aggiornamentotecnico-scientifico per ridurre il ru-more di un prodotto industriale. In-fatti la scelta di un prodottoindustriale si basa sempre più sulrumore e sulle vibrazioni che lo ca-ratterizzano, ne consegue che gli in-terventi per attenuare le vibrazionipossono influenzare notevolmentela competitività dei manufatti sulmercato. Il Seminario, inoltre, in-tende favorire nuove collaborazionitra mondo industriale e mondo dellaricerca. L’evento è patrocinato dalCNR.

Verona, dal 14 febbraio al 14 marzoCorso di formazioneEnermanagementPromosso da ISNOVA in collabora-zione con ENEA, l’intento del corsoè proporre sul mercato del lavoro,professionisti ed esperti specializzatinel settore dell’energia, migliorandole loro competenze e ri-spondendo alla neces-sità di qualificazioneprofessionale di un set-tore in crescita. Infattil’energia rappresentasempre più un tema cen-trale a livello politico esociale, su cui si gioche-ranno le possibilità fu-ture di assicurare ilbenessere, la crescita e lacompetitività del Paese.

Febbraio-MarzoSide Event – XII Conferenza Nazionale del Sistema Nazionaleper la Protezione dell’AmbienteDue Side Event che anticiperanno eintrodurranno la Conferenza Nazio-nale delle Agenzie per la Protezionedell’Ambiente, che si terrà nel mesedi aprile a Roma.Temi portanti saranno la qualità del-

l’aria in Italia e il rapporto ambiente-salute nelle autorizzazioni ambien-tali. Le sedi dei due eventi sarannoMilano e Brindisi.

Cremona, dal 5 al 7 marzoFieraBioEnergy Italy

Salone delle tecnologie per le bio-masse e per le rinnovabili in agricol-tura. Punto d’incontro fra le aziendeche operano nel settore delle rinno-vabili e tutti gli operatori del settore.Attraverso stand, seminari e conve-gni verranno trattati temi quali; losfruttamento degli scarti dell’indu-stria alimentare, uso sostenibile dicolture dedicate, sfruttamento dellapollina per la produzione di energia,smart grid, news su normative e in-centivi, premio Best Practices in col-laborazione con Legambiente.Luogo dove incontrare i nuovi inve-stitori in impianti per la produzionedi energia da fonti rinnovabili.

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Roma, 14-21-28 gennaio e 4 febbraioCorso take awayPortati il risparmio a casaNell’ambito dell’iniziativa “I martedìdell’efficienza energetica” L’ISPRAin collaborazione con l’ENEA orga-nizza quattro giornate. Il corso dallaformula innovativa, fornirà suggeri-menti e semplici strumenti di facileutilizzo per agire sul consumo ener-getico quotidiano. A partire dal no-stro ufficio,saremo in grado diindividuare gli sprechi energetici,di-ventando consumatori consape-voli,migliorando così l’efficienzaenergetica e il comfort sia sul luogodi lavoro che nelle nostre abitazioni.

Trino Vercellese, 22 gennaio Workshop Le Risaie del Vercellese: i risultati del progetto ECORICE e le prospettive futurePresentazione dei risultati conse-guiti con il progetto ECORICE, pro-

gramma integrato per la riqualifica-zione ambientale e la gestione soste-nibile dell’agroecosistema risicolo. Sidiscuterà in questo evento conclu-sivo di quanto è stato fatto per labiodiversità nella zona risicola con ilprogetto e come affrontare il futuro.Anche L’ISPRA interverrà al Work-shop con il progetto fa.re.na.it: agri-coltura e aree protette.

Roma, 23-24 GennaioConvegnoGli impatti dell’inquinamento atmosferico sugli ecosistemi naturali e antropiciOrganizzato dall’ENEA, nell’ambitodel progetto LIFE FO3REST ,si pro-pone come momento di riflessionesulle varie attività portate avanti daigruppi di ricerca italiani. Un incon-tro sulle tematiche riguardanti gliimpatti dell’inquinamento atmosfe-rico sui vari ecosistemi sia naturaliche antropici, con particolare ri-guardo agli effetti sull’ambiente ur-bano e sulla salute umana.

Bologna, 29 GennaioWorkshopModellistica della qualità dell’aria:l’aerosol atmosfericoUna prima giornata di studio suimodelli di simulazione del partico-lare atmosferico, in particolare dellasua componente più fine, il PM2.5,di grande importanza per gli impattisulla salute soprattutto nella PianuraPadana. L’evento organizzato dall’E-NEA in collaborazione con la IAS(Società italiana di Aerosol) e patro-

cinato dal Ministero dell’Ambiente,riunisce un gruppo italiano di mo-dellisti provenienti da ARPA, Uni-versità e aziende di consulenza cherappresentano il Ministero nelForum for Air Quality Modelling inEurope, che ha come obiettivo di ar-monizzare gli approcci modellisticidei paesi dell’unione Europea nellafasi di applicazione della Direttivasulla qualità dell’aria.

Milano, 30 gennaioGiornata di StudioBIOCIDI: risvolti pratici della nuova normativaIl Gruppo Scientifico Italiano Studi eRicerche (GSISR) con il patrociniodel Ministero dell’Ambiente, orga-nizza un evento di confronto e di di-battito sul regolamento europeo inmateria di biocidi,infatti il nuovo re-golamento, applicato in Italia a par-tire dal 1° settembre 2013, stabiliscele norme per l’immissione dei bio-cidi sul mercato. Grazie alla pre-senza di autorità istituzionali(Ministero della Salute e Istituto Su-periore di Sanità) e di esperti del set-tore, verrà illustrata l’evoluzionedella normativa,con particolare at-tenzione all’applicazione nelleaziende di tale normativa,alla prepa-razione del dossier, ai rischi tossico-logici e alla vigilanza delle sostanzebiocidi.

San Felice Circeo, dal 28 febbraio al 3 marzo Corso Nazionale

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Calendarioa cura di Daniela Nutarellip

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Healthy Oceans - Productive Ecosystems 3-4 MARZO 2014BRUXELLES – BELGIO“Our thoughtlessway of living creates a throw-awaysociety where we transformbeautiful areas into deposit of waste”(Johan Bloom)Una conferenza per l’ambiente ma-rino organizzata dalla CommissioneEuropea per fornire l’opportunità atutti gli attori coinvolti, di discuterecirca i progressi fatti negli ultimi cin-que anni. Il 17 giugno 2008 il Parla-mento Europeo ed il Consigliodell’Unione Europea hanno ema-nato la Direttiva quadro2008/56/CE sulla strategia per l’am-biente marino con lo scopo di pro-teggere e gestire in modo sostenibilei mari e gli oceani ponendo agliStati membri l’ambizioso obiettivodi raggiungere entro il 2020 unostato ambientale buono (GES,“Good Environmental Status”) perle proprie acque marine. La confe-renza prevede un programma riccodi tavole rotonde e sessioni parallelesu temi come le pressioni indottedall’uomo sull’ambiente marino, ilmonitoraggio, i programmi di mi-sure da adottare o la prospettiva in-ternazionale. Perfino durante il

programma sociale con le brevis-sime sessioni “Speed-pitching, nonmancheranno momenti per presen-tare, lanciare progetti e idee che di-mostrano il contributo dato allaprotezione dell’ambiente marino el’uso sostenibile dei mari europei edegli oceani. Ci sarà anche l’arte atestimoniare l’importanza della ge-stione sostenibile dei nostri mari,durante tutti i lavori della confe-renza infatti nell’atrio dell’edificioCharlemagne della CommissioneEuropea sarà esposta l’opera sui ri-fiuti marini "Havsverket/ Sea Ulater”dello scultore Johan Bloom. http://ec.europa.eu/environment/ma-rine/hope-conference/index.htm

AfricaPVSEC 27-29 MARZO 2014DURBAN – SUD AFRICAL’elettricità solare fotovoltaica è unafonte d’energia chiave per far frontealla rapida e crescente richiesta d’e-nergia in Africa, la quale non puòessere soddisfatta soltanto dallefonti tradizionali. La prima confe-renza africana sull’energia solare fo-tovoltaica (Africa PVSEC) è unanuova iniziativa di partenariato perla promozione e lo scambio nel set-tore dell’energia solare fotovoltaicache riunisce esperti leader, ricerca-tori, autorità pubbliche, rappresen-tanti di organizzazioniinternazionali, donors e NGOs. L’o-biettivo principale è quello di mi-gliorare la posizione dell’Africa nel

fotovoltaico a livello mondiale, foca-lizzando tra i tanti temi sull’esten-sione e lo sviluppo del solarefotovoltaico, sull’aumento di energiapotenziale per lo sfruttamento e l’u-tilizzo e sul trasferimento di tecnolo-gie appropriate al contesto delpaese. Il programma della confe-renza è sostenuto e coordinato dallaCommissione Europea e il CentroComune di Ricerca. www.africapvsec.info/

7th Macao International Environmental Co-operation Forum & Exhibition 27-29 MARZO 2014MACAO - CINAIl settimo forum di cooperazioneambientale di Macao dal titolo“Energizzando la crescita del Busi-ness verde” è alla sua settima edi-zione e coprirà sei aree d’interesse:efficienza energetica, energia rinno-vabile, edilizia verde, mobilità soste-nibile e soluzioni di gestionedell’acqua e dei rifiuti. Un piat-taforma di alto profilo per i leaderdelle istituzioni, i dirigenti di im-prese, gli esperti e i ricercatori perpromuovere prodotti e soluzioni perun futuro a basso carbonio ed unosviluppo sostenibile delle città:“Thinking Green, Going Clean, Li-ving Cool”.http://www.macaomiecf.com/MIECF2014/intro.html

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European Unconventional Gas Summit28-30 GENNAIO 2014VIENNA – AUSTRIA Come possono gli operatori com-mercializzare il gas di scisto, aumen-tare la competitività e crearesicurezza energetica in un settore acosì alto rischio? Il Vertice europeosul gas non convenzionale (Euro-pean Unconventional Gas Summit)affronterà le questioni chiave checircondano l'utilizzo di questo gas.Il gas di scisto o gas da argille è unarisorsa energetica che potrebbe ri-voluzionare il panorama energeticoeuropeo ma per motivi di impattoambientale è oggetto di accesi dibat-titi. I governi locali e nazionali, leONG e i fornitori di servizi si riuni-ranno per capire insieme le sfidespecifiche di ciascun paese e identi-ficare i passi futuri verso la commer-cializzazione delle risorse di gas discisto.http://www.theenergyexchange.co.uk/event/european-unconventional-gas-sum-mit-2014

17ème Congrès de l’Association africaine de l’eau17 FEBBRAIO 2014ABIDJIAN - COSTA D’AVORIO Nell'ultimo ventennio l'Africa hafatto notevoli passi avanti nell'ac-cesso all'acqua potabile, ma rimanemolto da fare per i servizi igienicosanitari dei quali oltre il 40 percento degli africani non dispone.Un punto focale è quello dei finan-

ziamenti e degli investimenti. La di-ciassettesima edizione del congressointernazionale dell’Associazioneafricana dell’acqua (AfWA) infattisarà dedicata alla mobilizzazionedelle risorse e alla governance, perfinanziare e gestire correttamente ilbene acqua e i servizi sanitari nelContinente Nero, riducendo sprechie consentendo l’accesso alle risorseidriche per tutte le fasce della popo-lazione. Uno degli obiettivi princi-pali di AfWA è quello di svilupparele capacità professionali dei suoimembri attraverso workshop tec-nici, attività di cooperazione e con-gressi. Più di 1500 delegati evisitatori provenienti da tutto ilmondo tra cui rappresentanti di or-ganizzazioni internazionali, istitutidi ricerca, consulenti ed esperti siriuniranno per confrontarsi sui variaspetti della gestione delle risorseidriche in Africa. http://www.afwacongress2014.org/fr/index.php

MiaGreen Expo & Conference 27-28 FEBBRAIO 2014MIAMI – USA MiaGreen Expo & Conference è con-siderata la Convention verde delle“Americhe”. I temi d’interesse sono :l’edilizia verde, l’energia solare, letecnologie pulite e il risparmio ener-getico. Un’ occasione unica per for-nire l’accesso ai mercati verdi esostenibili sempre più emergenti diStati Uniti, America Latina e Caraibi.

Organizzata a Miami, Centro dire-zionale dell’America, MiaGreen èsostenuta da sponsor industriali diprestigio e partners e istituzioni ditutto il mondo. Una grande confe-renza in grado di unire un’ampiaesposizione dei maggiori marchi conuna larga piattaforma sociale e cul-turale. http://www.miagreen.com/

Smart Grids Smart Cities Forum27 FEBBRAIO 2014VARSAVIA – POLONIAIL Quarto forum annuale sulle reti ele città intelligenti, aggiornerà i par-tecipanti sulle più recenti cono-scenze in materia di tecnologie dellereti intelligenti e la loro integrazionenella progettazione di città intelli-genti. Esperti del settore pubblico eprivato ed urbanisti presenteranno iprogetti che stanno prendendoforma attualmente in tutta Europa, isistemi di gestione della distribu-zione e le migliori prassi per fron-teggiare la richiesta crescente dienergia e convogliare l’esperienza insoluzioni nuove più sostenibili e piùefficienti da un punto di vista ener-getico. Verranno esplorati gli ultimicasi di studio di città che portano ilmondo verso uno scenario sosteni-bile ed efficiente dal punto di vistaenergetico per capire come le im-prese di pubblici servizi e le cittàpossono contribuire attraverso l’edi-lizia alle smart cities. http://energy.flemingeurope.com/smart-

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Prossimamente nel mondoa cura di Sandra Moscone e Stefania Fusanip

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deforestazione o per la gestione so-stenibile delle foreste. Per il funzionamento del meccani-smo, i finanziamenti dovranno es-sere nuovi, addizionali, prevedibili eprovenienti da fonti diverse (pubbli-che e private), attribuendo un ruolochiave al Green Climate Fund. Perricevere i finanziamenti i Paesi in viadi sviluppo dovranno monitorare,riportare e verificare le riduzioni diemissioni rispetto agli scenari busi-ness as usual, e presentare un reso-conto sulle misure di tutela socioambientale, a garanzia della sosteni-bilità delle azioni.

Il Coordinamento del supporto fi-nanziario per il REDD+ e strumentiistituzionali è stato demandato adincontri su base annuale dei focalpoint nazionali, ai quali partecipe-ranno anche gli enti che finanzianoattività REDD+. Questo sistema sarà

sottoposto a revisione nel 2017quando si deciderà se continuare adutilizzare gli strumenti istituzionaliesistenti o istituire una nuova entitàad hoc per il REDD+. n

Stefania Fusani

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Nel mese di novembre, mentre idelegati dei 195 paesi erano im-

pegnati a Varsavia nei negoziatidella 19^ Conferenza ONU sulclima, gli effetti più nefasti dei cam-biamenti climatici strappavano leprime pagine alla scena politica: iltifone Haiyan nelle Filippine e il ci-clone Cleopatra in Sardegna semina-vano morte e distruzione. Laconferenza era già stata precedutadalla diffusione di dati preoccu-panti: sull’evidente influenza umanasul sistema climatico e la necessitàdi sostanziali e durature riduzioniall'aumento delle emissioni di gasserra; sul 2013, classificato tra iprimi dieci anni più caldi mai regi-strati, sul nuovo record dell’innalza-mento del livello globale del marecausato dallo scioglimento deighiacciai. All’apertura della confe-renza in questo quadro urgente edrammatico ci si sarebbe aspettati

una maggiore decisione nell’affron-tare i temi finanziari e di attuazione,invece, alla fine della riunione, que-ste sono state le decisioni più impor-tanti: • Il “Warsaw Framework for REDDPlus” per contrastare la deforesta-zione nei paesi in via di sviluppo.

• Il “Warsaw International Mecha-nism for Loss and Damage”, perfornire alle popolazioni più vulne-rabili una migliore protezionecontro le perdita e i danni causatida eventi meteorologici estremi.

• gli aspetti operativi del funziona-mento del Green Climate Fund.

Queste decisioni costituiscono iprimi passi del percorso verso unnuovo Protocollo o un accordo glo-bale sul clima da adottarsi alla COP21 di Parigi nel 2015, che sostituiràdi fatto il Protocollo di Kyoto. Ilcompito di sviluppare questo nuovoaccordo globale sarà il banco di

prova della effettiva capacità delUNFCCC di intraprendere le azioninecessarie per combattere il cambia-mento climatico.

L’approvazione del “pacchettoREDD+”, a conclusione di 8 anni diintense negoziazioni, è importanteperché si rende operativo il mecca-nismo di incentivazione alla dimi-nuzione delle emissioni delleforeste nei paesi in via di svilupposulla base di risultati misurabili everificati. Per quanto riguarda gliaspetti metodologici, è stato defi-nito il metodo con cui i risultatidelle attività REDD+ saranno misu-rati, riportati e verificati e come cal-colare lo scenario di riferimento sulquale si possano confrontare leperformance delle attività REDD+,in termini di aumento dell’anidridecarbonica assorbita dalle foreste onon emessa a causa dell’evitata

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COP 19 Varsavia: il clima cambia la politica no

Spazio internazionalea cura di Sandra Moscone e Stefania Fusanip

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CuriositàAnche il termometro può diventare intelligenteUtilizzare termometri intelligenti ad uso domestico? Perché no, oggi sipuò. I cosiddetti “termometri intelligenti, infatti, vengono connessi a Inter-net in casa, evitando sprechi energetici. Si tratta di un progetto a cui sta la-vorando Google; l'obiettivo è quello di rendere il più efficiente possibilel'approvvigionamento energetico domestico e aiutare le persone a control-lare i propri consumi.Energy Sense, questo il nome del programma, appare diverso da PowerMeter - un'applicazione web che mostrava quanta elettricità veniva consu-mata a casa, abbandonata nel 2011 per lo scarso interesse del pubblico. Il termometro si starebbe testando in alcune abitazioni di St. Louis, nelMissouri, ma non è ancora chiaro se e quando il dispositivo arriverà incommercio. (Fonte: ANSA)

Ghiacciaio del Monte Bianco, Valle D’Aosta (Elena Porrazzo ISPRA)

nerale di Ecolight. Vecchi elettrodomestici, parti mecca-niche di apparecchiature in disuso emateriali ricavati da scarti si trasfor-mano in robot, androidi e animalicapaci di fare sognare e di trasmet-tere emozioni.Come quelli esposti nell’ultima edi-zione di Ecomondo: qui il Museo delRiciclo ha preso vita all’interno diuno stand “fisico”, dove sono statemesse in mostra alcune sculture rea-lizzate con materiali di scarto. Tre gliartisti che sono stati selezionati:Gaetano Muratore, Paolo Lo Giudicee Davide Lazzarini. Ad essi dedi-chiamo il focus di questo numero.

Gaetano Muratore è un artista dallagrande manualità che, partito dallapittura, è approdato attraverso unasua naturale evoluzione alla sculturarealizzando curiosi e interessantirobot animati. Ha infatti raccoltovecchi elettrodomestici e li ha rein-terpretati all’interno di un progettodiverso, facendoli diventare teste,busti e braccia di “androidi so-gnanti”, così come lui stesso lichiama. In più ha dato loro vita, fa-cendoli muovere attraverso motori,a sua volta recuperati e aggiustati.Allo stand del Museo del Riciclo haesposto l’imponente “Direttore d’or-chestra” realizzato con un casco elet-trico degli anni ’30, il “Robot radioPhilips” creato con l’utilizzo di unaradio Philips degli anni ’60 in bache-lite e un vecchio amperometro, il“Robot Kyocera” realizzato con unamacchina digitale Kyocera, la “Balle-rina Esjot” fatta con un manometrodi saldatrice e il “Robot MarelliRM5” fatto appunto con un registra-tore a bobine Radiomarelli.Paolo Lo Giudice arriva da un back-ground completamente diverso: me-dico “prestato” all’arte, ha scopertola passione per la scultura solo pochi

anni fa. Ha sviluppato manualitàper dare concretezza alla propriacreatività: le sue sculture sono l’e-spressione di una grande capacità diosservazione e contengono tutteun’anima, che si trasforma in senti-mento. Nell’assemblare parti di elet-trodomestici e pezzi meccanici,riesce a dare personalità alle suesculture-animali, comunicando emo-zioni. Espone “Angolo re-moto” unadelicata rappresentazione di unacoppia seduta su una panchina fattacon telai, serbatoi e il faro di unamoto, “Blu artic”, pinguino realiz-zato con parti di frullatore e joystick,“Il calore di un amico” dove l’ele-mento di un termosifone diventa unsimpatico bassotto, il “Re Leone”con un rasoio elettrico e “Adal-Ghisa” fatta con raccordi di cateneauto e una vecchia piastra di ghisa.Il terzo artista selezionato è DavideLazzarini: un artista visionario, futu-rista, capace di reinterpretare la na-tura, ricollocandola in contesti deltutto nuovi. Nelle sue creazioni, pic-coli insetti cambiano aspetto e di-mensioni, identificando un mondodel tutto meccanico. Presenta dueinsetti futuristici come “Ape Re-gina” e “Dragon Fly” fatti con mo-tori elettrici, una lampada da tavolo,il meccanismo di una vecchi stufa eun ferro da stiro.«Come nelle edizioni passate, ab-biamo riservato uno spazio al pro-getto RAEE in Carcere, progetto cheEcolight sostiene e che è finalizzatoal reinserimento sociale di personein esecuzione penale», concludeDezio. «Accanto all’attività di disas-semblaggio di RAEE non pericolosi,il laboratorio di Forlì che è gestitodalla cooperativa sociale Gulliver dàspazio alla creatività. Nascono cosìsculture e installazioni dal grandevalore simbolico».Il progetto Museo del Riciclo è un

modo per stimolare e accrescere lasensibilità sul tema dei rifiuti, inparticolare sui rifiuti da apparec-chiature elettriche ed elettroniche. IRAEE, infatti, ancora oggi rappre-sentano una delle sfide più interes-santi per l’Europa e l’Italia. Partendodalla consapevolezza che gli oggettielettronici caratterizzano quasi ognimomento della nostra vita, diventaquindi necessario raccoglierli e rici-clarli non solamente per fornire im-portanti materie prime seconde, maanche limitare la dispersione di so-stanze inquinanti. n

Per saperne di più: www.museodelriciclo.it.

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Il progetto web di Ecolight raccoglie500 opere di artisti che hanno creato operecon vecchieapparecchiatureelettriche, elettroniche ealtri materiali di scarto

Per chi voglia incontrare tanti“green artists in action” in un

colpo solo esiste un posto speciale: èil Museo del Riciclo, il progetto webdi Ecolight (www.ecolight.it), con-sorzio per la gestione di RAEE, pilee accumulatori, che raccoglie più di

1000 aziende e rappresenta il 90%dei produttori di apparecchi di illu-minazione.Nato nel febbraio 2010, www.mu-seodelriciclo.it è una vetrina virtualededicata agli artisti che operano uti-lizzando materiali di scarto. Un ha-bitat virtuale per ricordare che fareattenzione ai rifiuti e conferirli inmodo corretto è una buona pratica,una forma d’arte alla portata di tuttie di rispetto per l’ambiente. Ad oggi sono pubblicati all’internodel Museo del Riciclo circa 500 opererealizzate da un centinaio di artisti.Nell’ultimo anno il portale ha regi-strato quasi 150mila visitatori unicicon oltre un milione 700mila visua-

lizzazioni. La provenienza dei visita-tori è estremamente variegata: oltreall’Europa, rappresentata da 30 na-zioni, ci sono visitatori che si colle-gano da ogni continente.Nella vetrina virtuale le opere sonosuddivise in sei categorie: arte, de-sign, moda, gioielli, architettura emusica. Clikkando su ognuna diqueste voci è possibile visionare uncatalogo di opere realizzate da artistiprovenienti da tutta Italia. «Il tema scelto è quello dei rifiuti cheprendono vita, ovvero oggetti desti-nati alla discarica che non solamentetrovano un secondo utilizzo, ma di-ventano “vivi” a tutti gli effetti»,spiega Giancarlo Dezio, direttore ge-

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Al Museo del Riciclo l’arte si fa elettrica

GAiA

a cura di Chiara Bolognini

“Robot Radio Philips” di Gaetano Muratore

“AdalGhisa” di Paolo Lo Giudice“Dragon Fly” di Davide Lazzarini

Cinema di periferieAl via la rassegnainteramente dedicata al documentario italiano

La direzione Generale per il cinemadel Ministero dei Beni e delle Atti-vità Culturali e del Turismo, in-sieme al CNR, il CentroSperimentale di Cinematografia-Ci-neteca Nazionale e Cinecittà Lucehanno realizzato un programma dieventi dedicato al cinema e ai suoipersonaggi. Il progetto, dal titolo‘Cinema di Periferie’ incentra la suaattenzione sul documentario: se daun lato sembra accentuarsi semprepiù lo spostamento del cinema di in-trattenimento verso l’animazione e ilfantasy virtuale, si assiste da alcunianni a una rinascita della forma deldocumentario, una delle forme ori-ginali del fare cinema sin dalle sueorigini.Tra gli eventi più significativi, lapresentazione del documentario rea-lizzato da Marco Spagnoli e dedi-cato a Giovanna Cau, avvocatessa di

grandi autori e attori come Fellini,Visconti, Mastroianni, Loren e il ca-polavoro prodotto da Ettore Scola‘Che strano chiamarsi Federico’ pre-sentato alla Mostra del Cinema diVenezia, edizione 2013: un omaggioche il Maestro Scola ha voluto dedi-care a Fellini e Alberto Sordi. Oltre aquesti, nell’ambito di questa rasse-gna è prevista la programmazione didocumentari legati alla nostra attua-lità, che raccontano mondi, storie epersone generalmente poco rappre-sentate: Sacro GRA di GianfrancoRosi, Terramatta di Costanza Quatri-glio, Fratelli d’Italia di Claudio Gio-vannesi, La strada di Raffael diAlessandro Falcom.Una programmazione, dunque,densa di contenuti che sicuramenteci aiutano a meglio comprendere leattuali dinamiche sociali, ambientalie culturali. n

Mila Verboschi

L’industria del recupero crescelo dice“L’Italia del riciclo”

Roma, 5/12/2013 – L’industria delriciclo rifiuti, nonostante l’impattodella crisi dei mercati internazionalie dei consumi, continua a crescere(nel 2012 +2% vs 2011 nel tasso di ri-ciclo imballaggi) e a sostenere settoriindustriali (siderurgia, tessile, mo-bili, carta, vetro) strategici per il no-stro Paese. Occorre peròpromuovere il riciclo dei rifiuti at-traverso misure omogenee sull’in-tero territorio nazionale e ridurresignificativamente l’attuale percen-tuale di smaltimento in discarica(43% dei rifiuti urbani), adeguandoil quadro normativo a quanto previ-

sto in sede europea (Direttiva qua-dro 98/2008/CE) con la reale appli-cazione della priorità del riciclo dimateria rispetto ad altre forme di ge-stione.Sono queste le principali indicazioniemerse dalla presentazione dellostudio annuale “L’Italia del Riciclo”,il Rapporto promosso da FISE Unire(l’Associazione di Confindustria cherappresenta le aziende del recuperorifiuti) e dalla Fondazione per lo Svi-luppo Sostenibile, tenutasi il 5 di-cembre nel corso di un convegno aRoma presso la Sala Conferenze diPiazza Montecitorio.Nel 2012, nonostante la drastica ri-duzione dei consumi delle famiglie edella produzione industriale (-6,3%),il riciclo degli imballaggi ha regi-strato una crescita complessiva(+0,5% in termini assoluti e +2% vs2011 nel rapporto riciclo/immesso aconsumo) che attesta la capacità ditenuta del settore, sia pur tra le milledifficoltà dell'attuale congiuntura:7,546 milioni di tonnellate contro le7,511 del 2011 e le 7,346 del 2010.L’incremento appare evidente intutte le filiere con punte d’eccellenzanei comparti tradizionali, quali carta(84%), acciaio (75%) e vetro (71%) edè ancora più significativo in quantoin molti di questi comparti è avve-nuto a fronte di una decisa contra-zione dell’immesso a consumo.Evidenziano un deciso sviluppoanche filiere del recupero diverse daquelle relative agli imballaggi, qualiil tessile (+20% vs 2010 con 96.700tonnellate di raccolta differenziata) ela frazione organica (4,5 milioni ditonnellate recuperate). Tra i risultatipositivi spicca anche il primato eu-ropeo del nostro Paese per il reim-piego dei materiali ottenuti dallademolizione dei veicoli a fine vita eil secondo posto per il loro riciclo.Nonostante questi dati incorag-gianti, l’Italia sconta ancora oggi ungrave ritardo rispetto alle altre na-

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by e-magazine

a cura di Lorena Cecchini e Chiara Bolognini

la TV per l’ambientewww.ispra.tv

Digitambiente inizia il nuovoanno con la segnalazione di un

sito davvero innovativo, coinvol-gente, creativo, che ha la semplicitàdel genio. È www.asknature.org, ovvero “ispira-zione on line”, trasmessa in un in-glese divulgativo, alla comunità dibiologi, studiosi, imprenditori e na-vigatori tout court, curiosi di sa-perne di più su una disciplinachiamata biomimetica. La biomimetica (Biomimetics o Bio-mimicry in inglese) è lo studio con-

sapevole dei processi biologici e bio-meccanici della natura, come fontedi ispirazione per il miglioramentodelle attività e tecnologie umane. Lanatura viene vista come Modello(Model), Misura (Measure) e comeGuida (Mentor) della progettazionedegli artefatti tecnici.Tutti i sistemi naturali rispettano al-cuni principi fondamentali:• funzionano secondo cicli chiusi:non esiste il concetto di rifiuto• si fondano su interdipendenza, in-terconnessione, cooperazione, pro-cessi che sono alla base di tutti isistemi viventi• funzionano ad energia solare• rispettano e moltiplicano la diver-sità.Il termine biomimicry, entrato neldizionario solo nel 1974, indica iltrasferimento di processi biologicidal mondo naturale a quello artifi-ciale: “mimando” i meccanismi chegovernano la natura, l'uomo può in-fatti trovare la soluzione ad innume-revoli problemi. Le applicazioni di questo principiosono molte ed affascinanti. Si può inun certo senso affermare che ilprimo ad applicare la biomimeticafu Leonardo, che nei suoi studi sullemacchine volanti prendeva ad esem-pio il volo degli uccelli. La prima vera applicazione dellabiomimetica fu il tetto del CrystalPalace di Londra, costruito su pro-getto dell'architetto e botanico Jo-seph Paxton a metà del XIX secoloed ispirato ad una pianta apparte-nente alla famiglia delle meravi-gliose ninfee, la Victoria Amazonica.L'edificio, purtroppo distrutto da un

incendio negli anni Trenta, vennedotato di una struttura estrema-mente leggera, che massimizzaval’esposizione al sole proprio grazieall'esempio delle foglie di ninfea. Un gran numero di applicazioniispirate alla natura è già stato tra-dotto in applicazioni tecniche ed ècommercialmente disponibile, comeil velcro, le superfici autopulentiispirate alle foglie di loto (Nelumbonucifera) e gli adesivi strutturali,sviluppati a partire dal geco e dallevalve di alcuni molluschi.L’ideatrice di www.asknature.com,sito no profit che si sostiene grazie alcontributo di sponsor privati, è lastudiosa Janine Benyus, che ha ap-profondito e divulgato efficace-mente questi temi.In pratica i biomedici sono degli imi-tatori della natura che, come affermala Benyus, ricordano che quello chenoi uomini abbiamo bisogno di dise-gnare, costruire, realizzare vienefatto quotidianamente e con graziada tanti organismi viventi. Un esem-pio? Nelle Galapagos esiste unosqualo che riesce a tenere lontani ibatteri grazie a una particolare di-sposizione architettonica di dentellisulla sua superficie esterna. Ebbene,l’architettura di questi dentelli è statariprodotta per rivestire le pareti degliospedali e tutelare i pazienti. Sul sito è possibile trovare un reper-torio di strategie per prodotti bioispi-rati a quanto fanno serpenti, farfalle,piante, cellule, batteri con immaginie una grafica che sorprende, catturae spinge a saperne di più.Un modo diverso per tuffarsi nel-l’Ambiente in cui viviamo. n

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Vuoi innovare? Chiedi alla natura!

dig i tAmbien te

Il velcro è uno straordinario fruttodella biomimetica. Fu inventato nel1941 dall’ingegnere svizzero Georgede Mestral, ispiratosi ai piccoli fioriche si attaccavano saldamente al pelodel suo cane ogni volta che lo portavaa passeggio. Analizzandoli al micro-scopio, de Mestral notò che ogni pe-talo presentava alla sommità unmicroscopico uncino, capace di inca-strarsi praticamente ovunque tro-vasse una appiglio naturale. Fu cosìche dall'osservazione di questo feno-meno nacquero le strisce di velcro chetutti noi conosciamo: semplici striscein nylon combinate, una in tessutopeloso e una munita di tanti piccoliuncini che si attaccano saldamenteall'asola, riproponendo il meccani-smo di “cattura” osservato in natura.

a cura di Chiara Bolognini

zioni UE: il Belpaese conferisce indiscarica circa il 43% dei rifiuti ur-bani, in diverse Regioni anche oltrel’80%, a fronte di altri Paesi europei(Austria, Belgio, Danimarca, Germa-nia, Paesi Bassi e Svezia) che, dopoaver portato il riciclo a livelli moltoelevati e destinato una quota signifi-cativa al recupero energetico, hannosuperato il ricorso allo smaltimentoin discarica.Lo studio evidenzia come ancoramolta strada resti da percorrere perla piena attuazione di una “societàdel riciclo” e come gli attuali purbuoni livelli e capacità di riciclo ab-biano margini di miglioramento, so-prattutto in alcuni comparti quali ilriciclaggio della gomma, dei rifiutielettronici e degli inerti da costru-zione e demolizione.Per raggiungere obiettivi più ambi-ziosi il settore necessita di regolechiare e applicabili e soprattutto diomogenee condizioni e tempi di rila-scio delle autorizzazioni ambientali.E’ necessario, affermano le Associa-zioni promotrici del Rapporto, che ilGoverno sostenga una seria politicadi supporto allo sviluppo del riciclodei rifiuti che lo renda effettiva-mente competitivo in tutte le filiere,sia sull’uso di materie prime vergini,sia sul recupero energetico; tale ri-sultato si può centrare prevedendoidonei strumenti economici, quandonecessari, valorizzando l’utilizzo diimpianti di recupero di prossimità(ove possibile), disincentivando losmaltimento in discarica rendendolopiù costoso e promuovendo al con-tempo la qualificazione delleaziende del settore e dei prodotti ot-tenuti con materiali riciclatiL’intero Rapporto è scaricabile dalsito www.associazione-unire.org(nella sezione “Pubblicazioni” del-l’area pubblica) e sul sito www.fon-dazionesvilupposostenibile.org. n

Fonte: Ufficio StampaFondazione per lo Sviluppo sostenibile

Università: come diventare“dottore” in Infrastrutture verdiUn nuovo Master per la gestione del“verde” Mediterraneo al DIBAF dell’Universitàdella Tuscia

In una Europa sempre più tesa a tin-gersi di verde, qualcuno, proiettan-dosi verso il futuro, ha pensato diformare una nuova generazione diingegneri e tecnici forestali, mana-ger, ricercatori e docenti interessatialla conservazione e al migliora-mento della più importante infra-struttura ambientale della regioneMediterranea.La sfida è nata all’interno del Dipar-timento per l’ Innovazione nei Si-stemi Biologici, Agroalimentari eForestali (DIBAF) dell’ Universitàdella Tuscia a Viterbo, che a partireda questo anno accademico,2013/14, ha attivato un corso in in-glese sulla gestione sostenibile degliecosistemi forestali della regione Me-diterranea, insieme ad alcune tra lepiù prestigiose Università mediterra-nee, come quelle di Valladolid eLleida in Spagna, le Università Tec-nica e Cattolica di Lisbona in Porto-gallo, l’Università Politecnica dellaTurchia e l’Università di Padova conil fine di formare una nuova genera-zione di ingegneri e tecnici forestali.E’ stato infatti avviato un pro-gramma di laurea magistrale in lin-gua inglese, congiunto tra questeUniversità, chiamato MEDfOR-Me-diterranean Forestry and Natural Re-sources Management, nell’ambitodel programma europeo Erasmus

Mundus che risponde all’esigenza diun approccio coordinato, per tutto ilbacino del Mediterraneo, con l’in-tento di sviluppare strumenti di for-mazione e informazione affidabili,basati su solide basi scientifiche e unapproccio multidisciplinare, per mi-gliorare la conoscenza sulle forestemediterranee e la gestione delle ri-sorse naturali di questa regione cer-niera tra aree geografiche, politiche eculturali di grande importanza nelmondo contemporaneo.“Una nuova sfida per l’Universitàitaliana –ha detto Giuseppe Scara-scia Mugnozza, Direttore delDIBAF- è rappresentata dalla neces-sità di aprirsi il più possibile ai rap-porti internazionali, nella ricercascientifica e nell’insegnamento. Que-sto corso costituisce un importantepasso verso l’internazionalizzazionedel nostro Dipartimento e vuole for-nire agli studenti una solida abilita-zione scientifica e le competenze peruna carriera in settori innovativi dilavoro all'interno della filiera fore-stale mediterranea. Stiamo già rice-vendo le prime iscrizioni di studentiprovenienti da Paesi come Spagna,Portogallo, Libano, Tunisia e Paki-stan”. Un Corso internazionale quindi,aperto anche ai giovani già laureati,con un programma scientifico che siconclude in due anni (120 creditiECTS). Tutto questo per prepararsi,grazie alla introduzione di questenuove figure specifiche, ad una verae qualificata cultura di salvaguardiadel nostro patrimonio territorialefatto anche di foreste, boschi, parchie cinture verdi urbane. n

Mila Verboschi

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