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NOTIZIE 56 Maurizio Nobile Con questa mostra Maurizio Nobile, che lo scorso settembre ha inaugurato la sua gal- leria con un’esposizione dedicata a Jared French, intendeva rendere omaggio ai mae- stri ‘viaggiatori’ che, affascinati dall’Italia e dalla sua luminosità, nel corso di tre secoli hanno riportato sulla tela le immagini dei siti rimarchevoli che più li hanno colpiti. All’interno della galleria si potevano ammirare splendide opere di Gaspar van Vittel che magistralmente ha saputo interpre- tare Castel Sant’Angelo di Roma o la Grotta di Posillipo di Napoli, i capricci di Jean Barbault, di Sebastiano Ricci e Clemente Spera attratti dalle rovine di monumenti sto- rici, le vedute di Napoli e Paestum di Antonio Joli. E che dire delle sorprendenti Venezie di Grubacs con i suoi celebri nottur- ni, di Richter, di William James e di Bison che colpiscono per la nitidezza del disegno, la profondità del colore e la magia della luce. E non abbiamo fatto che citare solo alcuni dei nomi che contribuivano ad arricchire questa mostra di circa 25 opere di artisti dal XVII al XIX secolo. Per questo l’iniziativa di Maurizio Nobile assume particolare impor- tanza, perché intendeva offrire ai collezioni- sti di oggi l’opportunità di fruire dell’inaltera- ta seduzione di queste preziose opere, sug- gerendo nel contempo un tema pittorico il cui mercato vanta un’intramontabile attualità. Riflesso di gusto e di cultura raffinati, il pae- saggio è stato da sempre oggetto di grande interesse tra gli aristocratici e notabili fin dai secoli passati. E ancora oggi continua ad affascinare gli appassionati d’arte per l’impatto esercitato da queste opere dove colore, ricchezza ed eleganza riveleggiano tra loro. “Rêve d’Italie. Paysages et Caprices du XVIIe siècle au XIXe siècle ”, mostra presso Maurizio Nobile, Parigi, 45 rue de Penthièvre 75008, dal 31 marzo al 21 maggio 2011. Per informazio- ni: tel 0033.(0)1.45630775; mail:[email protected]. Fondazione Giovanni Pratesi Consolidando il profondo legame che lo unisce al suo paese di origine, Figline Valdarno, Giovanni Pratesi ha presentato in questo spazio fisico e spirituale a lui caro, i modelli in gesso della Via Crucis di Antonio Maraini, che nelle sue intenzioni vorrebbe destinare alla chiesa di San Francesco. L’evento è stato preceduto da una esposi- zione presso la Fondazione Giovanni Pratesi nell’ex Oratorio dello Spedale Serristori (piazza Marsilio Ficino) dal 16 aprile al 12 giugno 2011. I 14 rilievi in pietra d’Arezzo raffiguranti le Stazioni della Passione furono commissio- nati all’artista nel 1925, per decorare le pare- ti della Cattedrale di San Giovanni (o dell’Annunciazione) a Rodi, in quel Dodecanneso che dal 1912 al 1947 fu colo- nia italiana. Passati dalla Cattedrale alla chie- sa di San Francesco furono collocati all’ester- no subendo il degrado e l’erosione del tempo, che i modelli in gesso di notevoli proporzioni (cm 80x120) della collezione Pratesi non hanno mai conosciuto, divenen- do in tal modo una testimonianza particolar- mente significativa ed integra dell’arte sculto- rea di soggetto religioso di Antonio Maraini. Lo scultore nato a Roma da una colta e raffinata famiglia di origine ticinese, nella sua giovinezza assorbe voracemente gli stimoli che gli inizi del XX secolo gli offre, dalla Secessione germanica al Simbolismo, dalla pittura preraffaellita alle avanguardie di Boccioni, Balla, Severini e Sironi. Parallelamente all’attività artistica si distingue come critico d’arte informato e sagace. Si deve alla scrittrice inglese di origine ungherese Yoi Crosse Powlowsky, compa- gna e poi moglie dell’artista, la scelta di intra- prendere la carriera di scultore e nel 1912 di trasferirsi a Firenze, a contatto con l’ambiente cosmopolita che gravitava in città e che ebbe così tanta influenza sulla voca- zione internazionale della sua arte. Amico di Marcello Piacentini, icona del- l’architettura razionalista fin dai tempi del progetto del Teatro Savoia (ora cinema Odeon) del 1922, affianca una intima produ- zione sacra e profana di destinazione privata a commissioni pubbliche dove le proporzio- ni assurgono a valore simbolico e politico. La seconda metà degli anni Venti rappre- senta il momento di ascesa della sua fama, che gli permise di ottenere commissioni rile- vanti quali i due bassorilievi per la Tomba di Giacomo Puccini a Torre del Lago nel 1926, la Via Crucis a Rodi e la Tomba di Carlo Loeser per il cimitero degli Allori a Firenze nel 1929, dove la fantasia geometrica decò si stempera in una fluida contaminazione di sti- lemi arcaici. A questo proposito sono illumi- nanti le parole di Waldemar George negli Appels d’Italie del 1930, dove descrive il clas- sicismo non come un rifacimento passivo, ma come “un atteggiamento mentale, uno stato della sensibilità e dell’intelligenza”. L’importante ciclo della Via Crucis si inse- risce appunto in un momento particolarmen- te intenso della sua vita di intellettuale ed artista, ovvero alla vigilia della nomina a Segretario Generale della Biennale di Venezia del 1927, resa possibile da Ugo Ojetti che non più tardi dell’anno anteceden- te l’aveva introdotto nel Consiglio Direttivo. Un incarico di enorme prestigio che si aggiungeva alla sua già notevole fama di cri- tico e animatore culturale. Il tema della scultura religiosa faceva parte della ricerca di Antonio Maraini ormai da alcuni anni: più precisamente nei due gruppi in terracotta del Presepio e della Deposizione creati per i suoi figli tra il 1919 e il 1923, dove chiari appaiono i riferimenti alla plastica di Mestrovich, Maillol e Libero Andreotti. Francesca Bardazzi, studiosa dell’artista e curatrice della mostra, sottolinea con sottile acume come “la ricerca della sintesi architet- tonica e della chiarezza geometrica appare il primo obiettivo del Maraini anche in questa opera: in ogni rilievo sul fondo piatto e privo di riferimenti connotativi del paesaggio e dell’ambiente si stagliano due o tre figure armoniosamente dialoganti tra loro. Mentre la croce, elemento centrale, si volge ora a destra ora a sinistra, o si erge in verticale, alla ricerca di simmetrici equilibri”. Peculiarità di queste formelle in gesso della Via Crucis è un rilievo basso che dà la sensazione di un’opera pittorica accresciuta da raffinati accorgimenti tecnici, come la minuziosa lavorazione delle superfici fine- mente animate a tratteggio ad imitazione di una trama divisionista. Nel 1926 tre delle Stazioni in pietra furono Le notizie della Gazzetta Gaspar Van Wittel, Grotta di Posillipo Antonio Maraini, Stazione 5. Gesù aiuta- to dal Cireneo

NOTIZIE Le notizie della Gazzetta - antiquariditalia.it · la Via Crucis a Rodi e la Tomba di Carlo Loeser per il cimitero degli Allori a Firenze nel 1929, dove la fantasia geometrica

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Maurizio Nobile

Con questa mostra Maurizio Nobile, chelo scorso settembre ha inaugurato la sua gal-leria con un’esposizione dedicata a JaredFrench, intendeva rendere omaggio ai mae-stri ‘viaggiatori’ che, affascinati dall’Italia edalla sua luminosità, nel corso di tre secolihanno riportato sulla tela le immagini dei sitirimarchevoli che più li hanno colpiti.

All’interno della galleria si potevanoammirare splendide opere di Gaspar vanVittel che magistralmente ha saputo interpre-tare Castel Sant’Angelo di Roma o la Grottadi Posillipo di Napoli, i capricci di JeanBarbault, di Sebastiano Ricci e ClementeSpera attratti dalle rovine di monumenti sto-rici, le vedute di Napoli e Paestum diAntonio Joli. E che dire delle sorprendentiVenezie di Grubacs con i suoi celebri nottur-ni, di Richter, di William James e di Bisonche colpiscono per la nitidezza del disegno,la profondità del colore e la magia della luce.E non abbiamo fatto che citare solo alcunidei nomi che contribuivano ad arricchirequesta mostra di circa 25 opere di artisti dalXVII al XIX secolo. Per questo l’iniziativa diMaurizio Nobile assume particolare impor-tanza, perché intendeva offrire ai collezioni-sti di oggi l’opportunità di fruire dell’inaltera-ta seduzione di queste preziose opere, sug-gerendo nel contempo un tema pittorico ilcui mercato vanta un’intramontabile attualità.Riflesso di gusto e di cultura raffinati, il pae-saggio è stato da sempre oggetto di grandeinteresse tra gli aristocratici e notabili fin daisecoli passati. E ancora oggi continua adaffascinare gli appassionati d’arte perl’impatto esercitato da queste opere dovecolore, ricchezza ed eleganza riveleggianotra loro.

“Rêve d’Italie. Paysages et Caprices du XVIIesiècle au XIXe siècle ”, mostra presso Maurizio

Nobile, Parigi, 45 rue de Penthièvre 75008, dal31 marzo al 21 maggio 2011. Per informazio-ni: tel 0033.(0)1.45630775;mail:[email protected].

Fondazione Giovanni Pratesi

Consolidando il profondo legame che lounisce al suo paese di origine, FiglineValdarno, Giovanni Pratesi ha presentato inquesto spazio fisico e spirituale a lui caro, imodelli in gesso della Via Crucis di AntonioMaraini, che nelle sue intenzioni vorrebbedestinare alla chiesa di San Francesco.

L’evento è stato preceduto da una esposi-zione presso la Fondazione Giovanni Pratesinell’ex Oratorio dello Spedale Serristori(piazza Marsilio Ficino) dal 16 aprile al 12giugno 2011.

I 14 rilievi in pietra d’Arezzo raffigurantile Stazioni della Passione furono commissio-nati all’artista nel 1925, per decorare le pare-ti della Cattedrale di San Giovanni (odell’Annunciazione) a Rodi, in quelDodecanneso che dal 1912 al 1947 fu colo-nia italiana. Passati dalla Cattedrale alla chie-sa di San Francesco furono collocati all’ester-no subendo il degrado e l’erosione deltempo, che i modelli in gesso di notevoliproporzioni (cm 80x120) della collezionePratesi non hanno mai conosciuto, divenen-do in tal modo una testimonianza particolar-mente significativa ed integra dell’arte sculto-rea di soggetto religioso di Antonio Maraini.

Lo scultore nato a Roma da una colta eraffinata famiglia di origine ticinese, nella suagiovinezza assorbe voracemente gli stimoliche gli inizi del XX secolo gli offre, dallaSecessione germanica al Simbolismo, dallapittura preraffaellita alle avanguardie diBoccioni, Balla, Severini e Sironi.Parallelamente all’attività artistica si distinguecome critico d’arte informato e sagace.

Si deve alla scrittrice inglese di origineungherese Yoi Crosse Powlowsky, compa-gna e poi moglie dell’artista, la scelta di intra-prendere la carriera di scultore e nel 1912 ditrasferirsi a Firenze, a contatto conl’ambiente cosmopolita che gravitava in cittàe che ebbe così tanta influenza sulla voca-zione internazionale della sua arte.

Amico di Marcello Piacentini, icona del-l’architettura razionalista fin dai tempi delprogetto del Teatro Savoia (ora cinemaOdeon) del 1922, affianca una intima produ-zione sacra e profana di destinazione privataa commissioni pubbliche dove le proporzio-ni assurgono a valore simbolico e politico.

La seconda metà degli anni Venti rappre-senta il momento di ascesa della sua fama,che gli permise di ottenere commissioni rile-vanti quali i due bassorilievi per la Tomba diGiacomo Puccini a Torre del Lago nel 1926,la Via Crucis a Rodi e la Tomba di CarloLoeser per il cimitero degli Allori a Firenzenel 1929, dove la fantasia geometrica decò sistempera in una fluida contaminazione di sti-lemi arcaici. A questo proposito sono illumi-nanti le parole di Waldemar George negli

Appels d’Italie del 1930, dove descrive il clas-sicismo non come un rifacimento passivo,ma come “un atteggiamento mentale, unostato della sensibilità e dell’intelligenza”.

L’importante ciclo della Via Crucis si inse-risce appunto in un momento particolarmen-te intenso della sua vita di intellettuale edartista, ovvero alla vigilia della nomina aSegretario Generale della Biennale diVenezia del 1927, resa possibile da UgoOjetti che non più tardi dell’anno anteceden-te l’aveva introdotto nel Consiglio Direttivo.Un incarico di enorme prestigio che siaggiungeva alla sua già notevole fama di cri-tico e animatore culturale.

Il tema della scultura religiosa facevaparte della ricerca di Antonio Maraini ormaida alcuni anni: più precisamente nei duegruppi in terracotta del Presepio e dellaDeposizione creati per i suoi figli tra il 1919 eil 1923, dove chiari appaiono i riferimenti allaplastica di Mestrovich, Maillol e LiberoAndreotti.

Francesca Bardazzi, studiosa dell’artista ecuratrice della mostra, sottolinea con sottileacume come “la ricerca della sintesi architet-tonica e della chiarezza geometrica appare ilprimo obiettivo del Maraini anche in questaopera: in ogni rilievo sul fondo piatto e privodi riferimenti connotativi del paesaggio edell’ambiente si stagliano due o tre figurearmoniosamente dialoganti tra loro. Mentrela croce, elemento centrale, si volge ora adestra ora a sinistra, o si erge in verticale, allaricerca di simmetrici equilibri”.

Peculiarità di queste formelle in gessodella Via Crucis è un rilievo basso che dà lasensazione di un’opera pittorica accresciutada raffinati accorgimenti tecnici, come laminuziosa lavorazione delle superfici fine-mente animate a tratteggio ad imitazione diuna trama divisionista.

Nel 1926 tre delle Stazioni in pietra furono

Le notizie della Gazzetta

Gaspar Van Wittel, Grotta di Posillipo

Antonio Maraini, Stazione 5. Gesù aiuta-to dal Cireneo

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esposte alla I Mostra del Novecento Italianoalla Permanente di Milano, mentre l’interociclo fu presente all’inaugurazione dellaGalleria d’Arte Antica di Palazzo Feroni aFirenze nella mostra d’Arte Moderna dell’otto-bre del 1927.

Dopo un’iniziale ostilità agli assunti pro-grammatici di Margherita Sarfatti e la volon-tà della musa del movimento di mettere incompetizione il gruppo degli artisti fiorentinia quelli milanesi, le assonanze spirituali chelo avvicinano a pittori come Felice Casorati eMario Sironi oltrepassano l’artificiosa pole-mica e lo fanno compagno non schierato adun ritorno alla classicità, propugnato dagliartisti di Novecento.

Le affinità classiciste lo mettono in rela-zione con Gio Ponti, raffinato protagonistadella scena artistica milanese con il qualestabilì dalla metà degli anni Venti un rappor-to di intensa collaborazione che lo vede pro-tagonista con articoli e foto relativi all’arre-damento, gli arredi e le suppellettili dise-gnati insieme alla moglie Yoi, sulle presti-giose pagine di Domus.

Negli anni Trenta e Quaranta la scultura diMaraini si pone al servizio di un’integrazionedelle arti come critico e come artista, colla-borando a grandi opere pubbliche commis-sionate dal governo con pittori, architetti edecoratori che riscrivono con colori e pietral’iconografia del regime. A questo periodopossiamo ascrivere il Portale per il palazzodella Cassa Nazionale delle AssicurazioniSociali, le statue e il fregio per il palazzo dellaSocietà Montecatini e il grande bassorilievoLex del Palazzo di Giustizia di Milano, oltre alsevero Arengario a Brescia.

E pertanto oggi possiamo ammirare que-sti rari modelli in gesso della Via Crucis,opera iconica degli anni Venti, comeun’importante testimonianza dell’arte italia-na, dove alle temperie moderniste si privile-giava un ritorno alla misura e all’equilibriodella cultura umanistica, che in Firenze e laToscana tutta trovava la sua culla ideale.

La mostra di Maraini con la stanza dellePietre è stata segnalata dal curatore dellaBiennale di Venezia, Vittorio Sgarbi, comeuno dei 27 luoghi in Italia che compongonol’itinerario collaterale della esposizioneveneziana.

“La Via Crucis di Antonio Maraini”,Fondazione Giovanni Pratesi, ex Oratoriodello Spedale Serristori, Figline Valdarno,Piazza Marsilio Ficino, dal 15 aprile al 15giugno 2011. Catalogo: Nuova Arti Grafiche.Per informazioni: tel. 055 2396568;giovan-nipratesi@ inwind.it.

Savoia

Non finiscono di stupire le notizie e idocumenti inediti, di grande valore storico eartistico, riguardanti la grande mostra suBoldini che la Galleria Bottegantica di Milanosi appresta a preparare. Uno straordinario einedito album fotografico, rinvenuto durantele ricerche svolte da Enzo Savoia e StefanoBosi per l’organizzazione della mostra, svelale opere e l’allestimento della celebre retro-spettiva di Giovanni Boldini che ebbe luogopresso le sale ottocentesche del MuséeJacquemart-André di Parigi, tra il marzo el’aprile 1963, poi proseguita nella Casa Romei

di Ferrara tra il luglio e l’ottobre dello stessoanno. Le immagini costituiscono una testimo-nianza visiva unica e di alto profilo culturale,e ancora più straordinaria sarà la visione diqueste foto storiche poiché fra i capolavoriesposti a Parigi nel 1963 si riconoscono moltedelle opere che saranno esposte a Milano dal25 febbraio, fra cui il Ritratto della marchesaFranzoni, Il nudo di donna dai capelli rossi,Il paesaggio con cavalli, La lettera mattutinaoltre a una serie di disegni. Il pregio della sto-rica esposizione boldiniana nel museo parigi-no fu quello di aver fatto dialogare per laprima volta fra loro un gran numero di dipin-ti ad olio (ben duecentosettantasette opere),acquarelli, disegni e schizzi a matita del mae-stro ferrarese, riuscendo così a mettere in lucela poliedricità e il virtuosismo tecnico chefurono i tratti distintivi e indelebili del suolungo percorso creativo. Un aspetto in partetrascurato nelle successive rassegne dedicatea Boldini e che la Galleria Bottegantica hainvece voluto recuperare, facendone il pernodi questo attuale evento. Mostra e catalogo acura di Enzo Savoia. Saggio in catalogo diEnzo Savoia e Stefano Bosi.

“Giovanni Boldini. Capolavori e opere ine-dite dall’atelier dell’artista”, Milano, GalleriaBottegantica, Via Manzoni 45, dal 25 febbraioal 30 aprile 2011. Mostra e catalogo a cura diEnzo Savoia. Per informazioni: e-mail: [email protected];[email protected];web: www.bottegantica.com.

Carlo Virgilio & C.

Sono state presentate in galleria, dal 15febbraio fino all’8 aprile, 38 opere, tra dise-gni e incisioni, dei due fratelli Giovanni(Reggio Emilia, 1874 - Settignano/FI 1949) eRomeo Costetti (Reggio Emilia 1874-1976),provenienti dalla raccolta del filosofo ArrigoLevasti, al quale molti di essi sono dedicati.

I due straordinari autoritratti giovanili diGiovanni Costetti evocano la formazionesimbolista dell’artista, tra Torino e Parigi, e iprimi anni di attività a Firenze, in comunio-ne di intenti con gli amici e conterraneiBaccarini e Rambelli. Altri ritratti, che siaggiungono agli studi di figura e alle incisio-

ni, come quelli di Gabriele e GabriellinoD’annunzio, di Giovanni Papini, di EmileZoir e dello stesso Levasti, documentano irapporti intessuti da questo raffinato artistacon le figure centrali della cultura letteraria efilosofica del tempo.

Tra le opere di Romeo Costetti, artistaspecializzatosi nelle tecniche calcografiche,una serie di incisioni esemplifica il suo inte-resse costante per le tematiche del lavororurale e industriale secondo un’ottica forte-mente legata al verismo sociale di stampoottocentesco.

“Giovanni e Romeo Costetti disegni e inci-sioni”, Galleria Carlo Virgilio & C., Via dellaLupa, 10, Roma, dal 15 febbraio all’8 aprile2011. Per informazioni: www.carlovirgilio.it;[email protected].

Francesco Sensi e il convegnosulla proprietà dimezzata:l’istituto della notifica

Un convegno organizzato da ABI –Associazione Bancaria Italiana – e da BancaMonte dei Paschi di Siena, a Roma, PalazzoAltieri, il 24 marzo 2011.

Organizzato da Banca Monte dei Paschi diSiena, Ufficio Studi e Pianificazione Strategica,sotto gli auspici dell’ABI e con la collabora-zione dell’Università IULM, questo Convegnoè il primo esito pubblico di un gruppo dilavoro (CE.ST.ART.) che si è già espressoattraverso una serie di iniziative ed articoli (v.Il Sole 24 Ore del 12 e 24 marzo 2011) e larealizzazione di un questionario notifica (v.M.P.S. – Art weekly report, 28.02.2011) su gliimpatti economici della notifica nell’arte ita-liana. Illustrato al Convegno da Pietro Ripa,Dirigente Area Research e PianificazioneStrategica, M.P.S. e coautore, questa indagineè un vero e proprio sondaggio sull’argomen-to che si svolge attraverso un questionario di12 domande, che si propone di delineare leposizioni del pubblico intervistato a campio-ne riguardo: l’adeguatezza dell’Istituto per laTutela del Patrimonio Artistico, l’impatto sullaconoscenza dell’arte italiana all’estero,l’impatto economico della Notifica sulla valo-rizzazione delle opere, le ripercussioni chepuò avere su libera concorrenza e mercatoclandestino, l’eventuale miglioramentodell’Istituto di Notifica alla luce degli esempiadottati negli altri Paesi.

In particolare, tra gli esiti di questa inda-gine va segnalato che più del 90% degliintervistati considera le opere di fascia ele-vata particolarmente danneggiate daldeprezzamento derivante dalla notifica.Circa le problematiche di libera concorrenzainternazionale, che possono derivare da nor-mative diversamente agevolanti, troverebbe-ro una soluzione, per il 75% del campioneesaminato, nell’elaborazione di una leggeche regolamenti la questione nello stessomodo per tutti i Paesi europei. Altro effettocollaterale dell’Istituto, secondo il 78,6% deirispondenti, è la vendita clandestina di opered’arte italiane all’estero, mentre l’85,7% delcampione riterrebbe opportuno rendere frui-bile al pubblico un archivio generale deibeni notificati consultabile on line.

Infine, tra le possibili alternative all’attua-le normativa vigente in Italia, il modello este-ro al quale la maggioranza del campione

Giovanni Boldini, Giovane donna chescrive

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aspira (34,%) è quello inglese, che prevedein talune fattispecie l’obbligo d’acquisto daparte dello Stato ogni volta che scatta il vin-colo su un’opera, mentre un’altra fetta consi-derevole del campione (22,6%) sarebbefavorevole al modello tedesco. (fonte: M.P.S.– Area Research).

Centrale nell’economia dello svolgimentodel Convegno e molto seguito, è poi statol’intervento della Dott.ssa Daniela Porro,Direttore Tutela Patrimonio Storico, Artisticoed Etnoantropologico, Ministero per i Beni ele Attività Culturali, che, bisogna riconoscerlo,ha mostrato disponibilità ed ha aperto la portaad altri incontri per approfondire il confrontosull’argomento. Infatti, pur sottolineando chel’edificio normativo in vigore è quello che è, laDott.ssa Porro ha additato in regolamenti eprovvedimenti attuativi la via per cercare unammodernamento del sistema in essere inItalia. In particolare, un certo snellimentodovrebbe adesso manifestarsi con l’entrata aregime del c.d. SUE (Sistema TelematicoUfficio Esportazione) in via di implementazio-ne – pur tra talune vischiosità – presso tutte leSoprintendenze dislocate sul territorio nazio-nale. Altra questione che ci ha trovatod’accordo: l’auspicio di una entrata in cantie-re del progetto per un Catalogo Nazionaledelle opere sottoposte a notifica di decreto divincolo di privata proprietà – definito inambienti istituzionali, ormai unanimemente –“in linea con la politica di tutela”. Si tratta certodi un lavoro impegnativo, ma assolutamentenecessario e la nostra Associazione si è giàdetta “pronta a collaborare fin da subito,anche con nostro contributo”.

Successivamente, il Prof. Graziani, DocenteUniversità IULM, ha illustrato l’impatto deldanno economico derivante dall’apposizionedi vincoli alle opere osservando che, se è veroe legittimo che il controllo all’export è finaliz-zato a preservare l’integrità del patrimonio cul-turale nazionale in tutte le sue componenti (exD.L. 42/2004 e altri), occorre tuttavia constata-re che tale limitazione di trasferimento fa sìche queste opere vengano – di fatto – tagliatefuori dal mercato internazionale; proponendoinfine l’abolizione del limite temporale previ-sto dalla norma.

Dopo è seguito un interessante intervento

del Presidente della Associazione NazionaleCase d’Asta, Sonia Farsetti, che si è, in parti-colare, incentrato sulle problematiche propriedelle opere di arte moderna e contemporaneasottoposte a notifica di vincolo (opere aventipiù di 50 anni), ed ha esposto le difficoltàcreate dalla normativa che si riferisce anchealle opere contemporanee (finanche, sic!, cioèopere con meno di 50 anni) che richiedonoper l’export comunque l’adempimento del-l’obbligo burocratico dell’autocertificazione,ennesimo laccio e lacciolo con perdita ditempo presso gli Uffici competenti.

A sua volta l’AAI ha avuto modo di espri-mersi, attraverso il suo rappresentante alConvegno, Francesco Sensi Ginnasi, chedopo un’ampia panoramica sui limiti che que-sta Istituzione impone al mercato, ha illustra-to la posizione dell’Associazione su due tema-tiche, per noi di primario interesse: si trattadei già menzionati progetto SUE e del pro-getto per la realizzazione di un CatalogoGenerale delle opere sottoposte a notifica didecreto di vincolo e di privata proprietà. Inparticolare questo provvedimento ci sta moltoa cuore perché costituisce una vera e propriaradiografia completa dello stato dell’arte diquesto nostro Istituto di tutela (e dei singolibeni oggetto degli interventi), realizzati ancheattraverso epoche diverse, a partire dal 1909(primo intervento di tutela) e dal 1936 (la c.d.Legge Bottai) fino ad arrivare all’età odierna.

Ancora, si è voluto sottolineare comel’indagine M.P.S. e questo Convegno stessoabbiano evidenziato argomenti e tematiche chesono da anni cavallo di battaglia anchedell’Associazione che si è peraltro ripetutamen-te espressa sull’argomento, sia a mezzo stampa(v. articoli ne il Giornale dell’Arte e la GazzettaAntiquaria, varie uscite), sia attraverso incontripresso il Ministero ed altri interlocutori istitu-zionali, la partecipazione a Convegni, e conattente discussioni in seno al Consiglio stesso.Tuttavia non ci stancheremo mai di insistere sulfatto che la via maestra di garanzia per il mer-cato non può che passare attraverso una rivisi-tazione complessiva della attuale normazionedi settore; di qui la necessità, da parte nostra, diessere messi in condizione di contribuire nellesedi proprie d’istituto. Occorre cioè che quan-do verrà messo in cantiere un ammoderna-mento di questa normativa – che tutte le partiormai riconoscono necessario, Ministero com-preso – noi potessimo essere interpellati (cometutte le altre parti sociali interessate), nelle sediproprie che sono la Commissione Cultura diCamera e Senato, per le audizioni di rito, primadel passaggio in Aula di futuri provvedimenti dilegge in materia.

L’intervento è terminato con l’auspicio aproseguire in questo programma di lavori edun invito a rivedersi ancora, questa volta insede AAI a Firenze, magari in occasione delConvegno che tradizionalmente viene orga-nizzato durante lo svolgimento dellaBiennale Internazionale dell’Antiquariato.

La manifestazione si è chiusa con un inte-ressante discorso dell’Avv. Mario Bernardo suirisvolti penali sottesi dalla normazione pro-pria di questo Istituto della Notifica nel nostroordinamento giuridico. I lavori sono statiintrodotti dal Dott. Guido Palamenghi Crispi,già Direttore relazioni esterne, ABI; ha bril-lantemente moderato gli interventi MarilenaPirrelli, giornalista de Il Sole 24 Ore, che èanche autrice di vari articoli sull’argomento.

Francesco Sensi Ginnasi

Master Paintings Week

Attualmente nel suo terzo anno di vita eormai evento chiave del calendario estivo,Master Paintings Week è una collaborazionefra ventitré importanti gallerie e tre cased’asta e ha luogo fra il primo e l’8 luglio 2011.Questa settimana di mostre ed eventi offreuna meravigliosa selezione di dipinti preva-lentemente europei, che vanno dal XV al XIXsecolo e prevedono Old Masters Sales pres-so Bonhams (6 luglio), Christe’s (5-6 luglio)e Sotheby’s (6-7 luglio) e un’altra iniziativa diMaster Drawings London (dall’1 all’8 luglio).Ciascun espositore, nel cuore di Londra, pre-senta una esposizione o un evento nella suagalleria. Molti dei dipinti hanno una storiainedita, o nuove notizie sulla provenienza.Master Paintings Week richiama collezionisti,curatori e appassionati da tutto il mondo.Quest’anno partecipano per la prima voltaall’evento due nuove gallerie specializzate inarte italiana. I ben noti antiquari italianiRiccardo Bacarelli e Bruno Botticelli hannorecentemente aperto un nuovo spazio aLondra, in Bruton Street, che si occupa di pit-tura e scultura.

Le gallerie partecipanti nel 2011 sono:Agnew’s, Verner Åmell Ltd, RiccardoBacarelli, e Bruno Botticelli, CharlesBeddington Ltb, BNB Art Consulting Ltd,Colnaghi, Dickinson, Ben Elwes Fine Art,Deborah Gage (Works of Art) Ltd, RichardGreen, Johnny Van Haeften Ltd, Fergus HallMaster Paintings, Derek Johns Ltd, JohnMitchell Fine Paintings, Moretti Fine Art Ltd,Philip Mould Ltd, Piacenti Art Gallery (exhi-biting at Gallery 8), Robilant + Voena,Sphinx Fine Art (exhibiting at Frost &Reed), Stair Sainty, Rafael Valls, The WeissGallery and Whitfield Fine Art.

“Master Paintings Week”, Londra, dal 1°all’8 luglio 2011. Per informazioni:www.masterpaintingsweek.co.uk.

Daniela Porro, Direttore Tutela delPatrimonio Storico, Artistico eEtnoantropologico, Ministero per i Benie le Attività Culturali

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Genus BononiaeMusei nella città

Genus Bononiae. Musei nella città è unpercorso culturale, artistico e museale artico-lato in edifici nel centro storico di Bologna,restaurati e recuperati all’uso pubblico: laBiblioteca d’Arte e di Storia di San Giorgio inPoggiale, con un ricco patrimonio librario apartire dal 1500; San Colombano, con la col-lezione degli strumenti musicali antichi delMaestro Luigi Ferdinando Tagliavini; laChiesa di Santa Cristina, sede di concerti;Santa Maria della Vita, ove è collocato ilCompianto sul Cristo Morto di Niccolòdell’Arca; Palazzo Pepoli, museo innovativodedicato alla storia della città; Palazzo Fava.

Affrescato al piano nobile dai giovaniAnnibale, Agostino e Ludovico Carracci,Palazzo Fava fu definito da Roberto Longhi“un romanzo storico immaginato sulla gran-de pittura precedente” capace di oltrepassa-re le secche del manierismo e di “comunica-re direttamente ad apertura, non di libro, madi finestra”.

È il primo importante ciclo d’affreschidella loro carriera, il primo saggio della lororiforma pittorica. Nella sala dedicata aGiasone, capolavoro indiscusso della pitturaseicentesca, i tre artisti rivoluzionarono latradizionale concezione di partitura narrativarappresentando più azioni all’interno dellostesso riquadro e raggiungendo momenti diassoluta modernità stilistica. Sui diciottoriquadri di cui è composto il ciclo, spiccal’episodio degli Incanti notturni di Medeacon la maga in atto di purificarsi al ruscellosotto i raggi della luna. È “il primo nudomoderno della storia dell’arte”, ha scrittoAndrea Emiliani.

Con una superficie di oltre 2600 metri qua-drati, Palazzo Fava diverrà centro espositivod’eccellenza: nei suoi spazi saranno allestitemostre di opere appartenenti alla FondazioneCassa di Risparmio in Bologna e mostre diopere provenienti da altre collezioni.

Per informazioni: tel. 0571 19936305;[email protected].

Ercole il fondatore

Per la prima volta, un’esposizione rileggein maniera sistematica, dall’antichità paganaal Rinascimento, il mito dell’eroe greco, con-siderato il fondatore della città. Ercole tornanella città che la tradizione vuole abbia fon-dato.

A Brescia, dall’11 febbraio al 12 giugno2011, al Museo di Santa Giulia si è tenuta lamostra Ercole il fondatore. Dall’antichità alRinascimento che, per la prima volta nerilegge il mito, dalle fatiche agli amori, dal-l’antichità pagana al XVI secolo.L’esposizione, curata da Marco BonaCastellotti e Antonio Giuliano, coadiuvati daun comitato scientifico composto da MarcoBona Castellotti, Matilde de Angelis d’Ossat,Lucilla de Lachenal, Vincenzo Farinella,Paola Faroni, Irene Favaretto, AntonioGiuliano, Elena Lucchesi Ragni, Carla MariaMonti, Francesca Morandini, AngeloTartuferi, promossa dal Comune di Brescia,prodotta e organizzata da FondazioneBrescia Musei e Artematica, col patrocinio

della Regione Lombardia e del Ministerodegli Affari Esteri, ha presentato una prezio-sa selezione di opere archeologiche,medioevali e rinascimentali che rappresenta-no un’articolata e rara campionatura dei temilegati alla figura di Ercole. Era, ad esempio,la fronte del sarcofago conservata a PalazzoAltemps di Roma, tra gli esemplari più bellidell’avanzata età imperiale, a illustrare il mitodelle dodici fatiche erculee.

La rappresentazione della leggenda diuna tra le più conosciute figure della mitolo-gia greco-romana si trova anche su oggettid’uso, come la Coppa d’argento del MuseoNazionale di Napoli, mentre il suo ritratto afigura intera appare in uno dei pezzi più pre-ziosi fra quelli conservati in Italia, il bronzoritrovato nel santuario di Sulmona e oggi nelMuseo Nazionale Archeologico di Chieti.Altre opere che testimoniano le fatiche pro-vengono dai Musei Vaticani, come il fram-mento di lastra in terracotta raffiguranteErcole e l’Idra, conservato al MuseoGregoriano Etrusco. La mostra di Brescia,nuova nel suo genere e argomento, analizzail passaggio fra il mito pagano di Ercole e ilrecupero che avvenne in sede cristiana nelMedioevo, e poi nel Rinascimento. Per visua-lizzare questo capitolo, così complesso eprofondo dal punto di vista concettuale, si èricorsi ad apparati fotografici presenti nelcatalogo. Le raffigurazioni di Ercole di etàcristiana compaiono, infatti, essenzialmentesulle facciate di alcune cattedrali, come quel-la di San Marco a Venezia e del Duomo diFidenza. Si tratta di rilievi duecenteschi, neiquali l’eroe è ritratto come vincitore, capacedi superare ogni ostacolo. Tra i rarissimioggetti nostrani con rappresentazioni ercu-lee, si segnala il prezioso Cofanetto duecen-tesco con le Storie di Ercole sbalzate su lami-na d’argento, concesso in prestito dalDuomo di Anagni.Una sezione significativa èquella che esamina la persistenza del mito diErcole nel Rinascimento, specialmente inambito fiorentino. In questo caso, l’Ercole el’Idra di Antonio del Pollaiolo degli Uffizi,prestito che va considerato assolutamenteeccezionale nel panorama delle mostre inter-nazionali, rappresenta un’opera d’arte tra le

più eloquenti di tale ripresa culturale del-l’antico. Questo capolavoro è stato messo aconfronto con alcune placchette in bronzo diproprietà dei Musei di Brescia. Inoltre, eranoesposti la Stregoneria di Dosso Dossi degliUffizi, che si rifà a un mito di Ercole, e i dueeccezionali tondi di bronzo di Jacopo AlariBonacolsi detto l’Antico, prestati dal MuseoNazionale del Bargello di Firenze. È proprionel Quattrocento che a Brescia si innesta laquestione della celebrazione del mito diErcole, in ossequio a una tradizione che duraalmeno dal XIII secolo. Il racconto della fon-dazione della città verrà rilanciato in epocapiù tarda da alcuni eruditi e archeologi chesi apprestavano a scrivere le prime storie inlatino della città, in relazione con l’area delForo, dove si trovarono testimonianzearcheologiche di epoca romana.La seconda parte della mostra era dedicataquindi al fondatore di Brescia e mette al cen-tro l’area del Capitolium, entro la quale siscoprirono numerose vestigia erculee.Anche per quanto riguarda la decorazionepittorica, a partire dal Quattrocento la città diBrescia e alcune zone limitrofe vengonodecorate con scene che ritraggono Ercole;risalgono a questo periodo gli eccezionaliaffreschi della chiesa di Sant’Antonio diAnfo, in val Sabbia, con due scene erculee lacui presenza in una chiesa nei pressi dellago d’Idro è motivata dal fatto che l’eroe,secondo la tradizione, avrebbe sconfittol’Idra, il mostro a nove teste, proprio in quel-la zona. Più tarde sono le pitture di LattanzioGambara e di Romanino nel palazzo delCapitano in Broletto, oggi parzialmente per-dute dopo i bombardamenti della secondaguerra mondiale, ma documentate dalle fontiantiche di Brescia.

“Ercole il fondatore. Dall’antichità alRinascimento”, Brescia, Museo di SantaGiulia, dall’11 febbraio al 12 giugno 2011.Catalogo: Electa.

La città degli Uffizi

Fra 2010 e 2011 La città degli Uffizi, colla-na ideata dal direttore della Galleria, AntonioNatali, per promuovere realtà museali ‘mino-ri’ attraverso il prestito di opere d’arte conser-vate nelle riserve degli Uffizi, ha presentato inToscana tre mostre di grande importanza:

1 - Ghirlandaio. Una famiglia di pittoridel Rinascimento tra Firenze e Scandicci,Scandicci (Firenze).

Sempre declinato al singolare,Ghirlandaio è in realtà la griffe della dina-stia di artisti-imprenditori che, dalla secon-da metà del Quattrocento, dominò per unsecolo la scena del Rinascimento fiorentino.Ghirlandaio è dunque il capostipiteDomenico (1449-1494) e Ghirlandaio sono ifratelli David (1452-1525) e Benedetto(1458-1497), il fratellastro Giovambattista, ilcognato Bastiano, il figlio Ridolfo (1483-1561). Alla loro scuola si formarono decinedi artisti (Michelangelo e Granacci i piùcelebri) che contribuirono a diffonderne inItalia e in Europa la fama di magistrali illu-stratori di Firenze e della sua civitas.

Quello dei Ghirlandaio fu soprattutto unclan di straordinari professionisti, moltoproduttivo, modernamente strutturato percapacità e ruoli: Domenico e Ridolfo i vericreativi maestri del colore, altri di più che

Antonio Pollaiolo, Ercole e l’Idra; Firenze,Galleria degli Uffizi.

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ottimo pennello, altri ancora versati nellagestione dell’azienda.

Questo clan così quadrato, prolifico elongevo è ora al centro di una mostra dinon comune importanza, la prima dedicataalla famiglia nel suo complesso, che per dipiù abbraccia l’intero territorio da Firenze aScandicci e a varie località dell’hinterland.È la terra dove i Ghirlandaio vissero e ope-rarono, staccandosene raramente, mar-chiandola di capolavori, tanto da farne unmuseo diffuso. Da qui il titolo dell’evento:Ghirlandaio. Una famiglia di pittori delRinascimento tra Firenze e Scandicci, aper-ta al pubblico dal 21 novembre 2010 al 1maggio 2011. I luoghi: il Castellodell’Acciaiolo a Scandicci, con 15 opere. Daqui un doppio itinerario conduce il visitato-re per decine di tavole, pale e affreschi inmusei grandi e piccoli, palazzi e chiese,ville e abbazie. Opere per lo più a temareligioso, Madonne con Bambino, natività,annunciazioni, ma anche ritratti e figure chedocumentano la Firenze dell’epoca.

Ciò significa che l’esposizione era cucitada un filo di tante mostre e luoghi diversi,riconducibili a due noti progetti culturali:quello della Città degli Uffizi e quello diPiccoli Grandi Musei, organizzato dall’EnteCassa di Risparmio di Firenze con un comita-to scientifico presieduto da Antonio Paoluccie il compito di promuovere le ricchezze arti-stiche e monumentali della provincia.

In omaggio ai Ghirlandaio i due proget-ti si sono fusi: promotori la SoprintendenzaSpeciale per il Polo Museale fiorentino, laGalleria degli Uffizi e il Comune diScandicci, con Ente Cassa di Risparmio,Direzione Regionale per i Beni Culturali ePaesaggistici della Toscana, Soprintendenzadell’area metropolitana (Firenze - Pistoia -Prato), Provincia di Firenze, Comune diFirenze, la Fondazione Romualdo delBianco. Patrocina il Ministero per i Beni e leAttività Culturali, collaborano la RegioneToscana, l’Opificio delle Pietre Dure, icomuni di Calenzano, Campi Bisenzio,Sesto Fiorentino, Signa e Lastra a Signa. Ilcatalogo è dell’editore Polistampa.

Come noto, il vero cognome diDomenico Ghirlandaio era Bigordi e insie-me ai fratelli finì per esser identificato conil nomignolo del padre, un ottimo orafonoto per la particolare abilità nel realizzareghirlande. Da Scandicci, terra d’origine, lafamiglia si trasferì a Firenze nella prima

metà del Quattrocento e nell’allora capitalemondiale dell’arte la bottega si affermònella successiva metà del secolo.

Il percorso iniziava da Scandicci. Curatadalla storica dell’arte AnnamariaBernacchioni, la mostra al Castello dell’Ac-ciaiolo presentava un celebre dipinto diDomenico (I Santi Jacopo Stefano e Pietro),la bella Madonna di Ridolfo (dal Cenacolodi Fuligno) e altre 14 opere prestate daimusei fiorentini.

Da qui si sviluppano due diversi itineraridel Ghirlandaio. Quello di Firenze compren-de gli affreschi nella Sala dei Gigli in PalazzoVecchio, la Cappella Sassetti e la CappellaTornabuoni (rispettivamente nelle chiese diSanta Trinita e Santa Maria Novella),l’Adorazione dei Magi al Museo degliInnocenti. Molti altri capolavori si trovanoagli Uffizi, Accademia, Galleria Palatina e neicenacoli di Ognissanti e San Marco: sonovisite da non perdere anche se non previstein questo specifico programma.

L’altro itinerario procedeva invece allascoperta delle tante testimonianze artistichelasciate dai Ghirlandaio nel nord-ovest diFirenze, a cavallo dell’Arno: nelle case diloro proprietà a San Martino e Colleramole,nella millenaria Badia di Settimo, nellaChiesa di Sant’Andrea a Campi Bisenzio, nelMuseo d’arte sacra di San Donnino e SanMartino a Gangalandi. E poi Mosciano,Giogoli, San Martino alla Palma, SanColombano.

2 - Giovanni Martinelli pittore diMontevarchi. Maestro del Seicento fiorentinoche si è tenuta nella città natale dell’artista,dal 19 marzo al 19 giugno 2011. Curata daAndrea Baldinotti e Bruno Santi, con la col-laborazione di alcuni illustri studiosi, è statala prima esposizione monografica dedicata aquesto grande artista, una delle figure piùaffascinanti ed enigmatiche della pittura delSeicento, ma allo stesso tempo, se si escludela ristretta cerchia degli specialisti, una dellemeno conosciute.

Una sorte avversa sembra essersi accani-ta ingiustamente su Giovanni Martinelli con-dannandolo per lungo tempo all’oblio. Ilsilenzio dei biografi, a partire da FilippoBaldinucci che non gli dedica un profilo

nelle sue Vite. Pochi i dipinti datati e quelliricordati dalle fonti dispersi o distrutti. Unafama di uomo difficile, litigioso, spesso ina-dempiente nella consegna dei quadri, è ilritratto che emerge dai registridell’Accademia del Disegno a Firenze doveMartinelli compare coinvolto in più di venti-cinque cause, tra il 1621 e il 1659, anno dellasua morte. L’esposizione è stata dunquel’occasione per una grande riscoperta.

In mostra una selezione di trentacinquecapolavori, ventisette dipinti e otto disegni,provenienti sia da musei italiani che da pre-stigiose collezioni private, presentati secondoun ordine cronologico e tematico, intendevarestituire a questo importante artista il giustoriconoscimento. L’esposizione, come per leprecedenti della Città degli Uffizi, ruotavaattorno ad un’opera cardine conservata nellaGalleria fiorentina in grado di restituire inmaniera emblematica la personalità e la poe-tica dell’artista: il Convito di Baldassarre, con-siderato da molti il capolavoro del Martinelli.Un dipinto che rappresenta una vicenda bibli-ca dalle forti connotazioni morali, concepitacome una “favola teatrale in azione”, dove laresa straordinaria degli oggetti manifesta uninsopprimibile amore per la natura morta.

La mostra si apriva con le opere connes-se all’esperienza romana e al luminismocaravaggesco: dal Miracolo della Mula, ilprimo dipinto conosciuto dell’artista, firma-to e datato 1632, al San Leonardo diCaposelvi, scoperto recentemente.Seguivano le raffigurazioni allegoriche,alcune delle più affascinanti e misterioseopere del Martinelli, tra cui: Le Arti e il ten-tativo di corruzione operato dalla megeradella collezione Caripistoia e le quattroAllegorie della Galleria degli Uffizi.

A queste erano affiancati i soggetti trattidalla letteratura classica come la straordina-ria Olimpia abbandonata da Bireno. L’altrogrande filone del Martinelli, la pittura di sog-getto religioso, era rappresentato da operequali la straordinaria Samaritana al pozzo,l’Ecce Home della Galleria degli Uffizi, laMaddalena (collezione Cariprato),Sant’Agnese (collezione Luzzetti) o laMadonna con Bambino e San Giovannino(collezione Giovanni Pratesi). Il tema della

Giovanni Martinelli, Convito di Baldassarre; Firenze, Galleria degli Uffizi.

Ridolfo del Ghirlandaio e MicheleTosini, Matrimonio mistico di SantaCaterina; Firenze, Villa La Quiete alleMontalve.

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Natura morta, così caro al Martinelli, ha tra leopere in mostra Rose, asparagi, peonie egarofani dal Museo della Natura Morta aPoggio a Caiano e la stupenda Pala diPozzolatico.

Tra il nucleo di disegni in mostra, spicca-va un autoritratto del Martinelli, mai vistoprima d’ora, una copia settecentesca del pit-tore John Brown tratta dal perduto affrescodel Martinelli in Santa Cecilia a Firenze dovesi era ritratto. Scoperto da Giovanni Pagliarulonella collezione del Gabinetto di Disegni eStampe degli Uffizi, il disegno ci mostra unMartinelli con il volto semi nascosto da unmantello e da un grande cappello calato sullafronte.

La mostra rientrava tra le iniziative previ-ste per il Seicento nel Valdarno, a cura delSistema Museale, a cui si affianca unItinerario nel territorio alla scoperta delleopere del Seicento, circa cento, tra cuiun’inedita Annunciazione del Martinelli sco-perta a Terranuova Bracciolini.

Accompagnava la mostra un catalogo conprefazione di Antonio Natali e saggi diRiccardo Spinelli, Andrea Baldinotti, SandroBellesi e Ilaria Della Monica.

In occasione della mostra è stata pubbli-cata la prima monografia sull’artista, per Askaedizioni, curata da Luca Canonici GiovanniMartinelli da Montevarchi pittore in Firenze.

Chiarito definitivamente il luogo natale, alungo ritenuto Firenze, e il nome del padreLorenzo, rimane ancora incerta la data dinascita dell’artista che potrebbe collocarsi trail 1600 e il 1604. Formatosi a Firenze nellabottega del Ligozzi, dove è documentato finoal 1625, Martinelli non ebbe inizialmente, maforse mai, vita facile in città, dove mancò diogni appoggio e di importanti patroni. Anchese, tra le sue opere di esordio, andate perdu-te, compare un committente d’eccezione: fraFrancesco dell’Antella, lo stesso delCaravaggio a Malta. Dopo la rottura con ilLigozzi se ne perdono le tracce fino al 1636,quando lo troviamo iscritto all’Accademia delDisegno a Firenze e l’anno seguente divenu-to Accademico, apre una propria bottega invia degli Avelli. Dieci anni di silenzio duran-te i quali avrebbe soggiornato, per la maggiorparte del tempo, a Roma dove ebbe a vederedal vero la pittura del Caravaggio e fu in con-tatto con i caravaggeschi, guardando soprat-tutto ai francesi Vouet e Valentin. Questa tesiè supportata su base stilistica da opere comelo splendido Miracolo della Mula, il primodipinto conosciuto del Martinelli, firmato edatato 1632, oggi nella chiesa di SanFrancesco a Pescia (Pt) ma originariamente aMontevarchi, come scoperto recentemente.L’opera mostra un’adesione profonda delMartinelli alla lezione caravaggesca nell’aspet-to naturalistico e luministico, e una conoscen-za del prototipo del Cigoli a Cortona. IlMartinelli morirà nel 1659, ancora relativa-mente giovane, lasciandoci tuttavia un catalo-go di opere di grande livello che la storiogra-fia gli ha riconosciuto negli ultimo cinquan-t’anni. Un silenzio assordante calerà sulla suafigura fino alla riscoperta negli anni ’50 delNovecento con il fondamentale contributo diFiorella Scricchia Santoro e successivamentecon la grande mostra sul Seicento fiorentinodel 1986, in Palazzo Strozzi a Firenze, a curadi Piero Bigongiari e Mina Gregori, che lo tra-ghetterà tra i grandi dei Seicento; fino aglistudi più recenti di Chiara D’Afflitto, a cui, insuo ricordo, è dedicata la mostra.

3 - Benozzo Gozzoli Cosimo Rosselli nelleterre di Castelfiorentino, Castelfiorentino.La mostra, a cura di Serena Nocentini e AnnaPadoa Rizzo si incentra sui pittori presenti sulterritorio di Castelfiorentino ed in Valdelsanella seconda metà del Quattrocento, conparticolare attenzione a Benozzo Gozzoli eCosimo Rosselli.

L’evento – dal 1 maggio al 31 luglio 2011-prevede l’esposizione di quattordici presti-giose opere collegate storicamente e artisti-camente ai maestosi tabernacoli dellaVisitazione e della Madonna della Tosse,affrescati da Benozzo Gozzoli fra il 1484 edil 1491 e conservati nel Be.Go., il nuovomuseo dedicato all’artista. Così, accanto allatavola del Beato Angelico, proveniente daiMusei Vaticani, ai dipinti di Cosimo Rossellie di Benozzo Gozzoli da Assisi, Vicchio eCittà di Castello, fioriscono tesori d’artemeno conosciuti ma di grande interesse:pale appartenenti a oratori e pievi e dipinticonservati nei musei della Valdelsa senese,nella quale spicca il Benozzo Gozzoli di SanGimignano, e della Valdelsa fiorentina, dovesi incastona il gioiello del Museo d’Arte Sacradi Santa Verdiana a Castelfiorentino. Operecommissionate da conventi fondati daimportanti ordini religiosi, confraternite loca-li, piccole comunità di devoti e famigliefacoltose. La mostra è il fulcro intorno alquale tutta la comunità locale esprime, coniniziative di valorizzazione del patrimonioartistico e paesaggistico che le appartiene, lapropria forte condivisione del valore intrin-seco dell’iniziativa, volta a porgere al godi-mento del pubblico la bellezza presente inun mosaico di luoghi che identificano il pro-prio sigillo culturale nel concetto di ‘Museodiffuso’. Come afferma a buon dirittoAntonio Paolucci, Benozzo Gozzoli è il“genius loci” di una Valdelsa che fa recupe-rare al visitatore di oggi la suggestione diun’epoca e di un territorio caratterizzato daun intenso fervore artistico.

“Ghirlandaio. Una famiglia di pittori delRinascimento tra Firenze e Scandicci”,Castello dell’Acciaiolo a Scandicci, dal 21novembre 2010 al 10 maggio 2011. Catalogo:Polistampa; “Giovanni Martinelli diMontevarchi. Maestro del SeicentoFiorentino”, a cura di Andrea Baldinotti e

Bruno Santi, Auditorium Comunale diMontevarchi, Via Marzia 94, dal 19 marzo al19 giugno 2011; “Benozzo Gozzoli e CosimoRosselli nelle terre di Castelfiorentino”, Be.Go.,Museo Benozzo Gozzoli, via Testaferrata 31Castelfiorentino (FI), dal 1°maggio al 31luglio 2011. Per informazioni: tel. 0571 6448;www.museobenozzogozzoli.it.Catalogo: Maschietto Editore.

Boldini e la Belle Époque

Sette anni di successi e oltre 600.000 visi-tatori hanno fatto di Como uno dei centriespositivi più importanti d’Italia. Dopo gliappuntamenti dedicati, tra gli altri, a Miró,Picasso, Magritte, agli Impressionisti, a Klimte Schiele, e a Rubens, dal 26 marzo al 24luglio 2011, le sale della settecentesca VillaOlmo si aprono ai capolavori di GiovanniBoldini e di altri straordinari artisti italiani, daGiuseppe De Nittis, sublime interprete diun’eleganza raffinata e metropolitana, aFederico Zandomeneghi, le cui tensioniintrospettive sono vicine all’impressionismofrancese, a Vittorio Corcos, che porta sullatela il magnetismo senza tempo dell’univer-so femminile.

La mostra, curata da Sergio Gaddi, asses-sore alla cultura del Comune di Como, e daTiziano Panconi, fra i maggiori esperti dellapittura italiana dell’800, è ideata e prodottadall’Assessorato alla Cultura del Comune diComo, con il patrocinio del Ministero per iBeni e le Attività Culturali, della RegioneLombardia e con il sostegno di Unicredit inqualità di main sponsor.

Se da un lato i 60 capolavori di GiovanniBoldini, come Mademoiselle De Nemidoff(1908), Berthe che legge la dedica su un ven-taglio in piedi nel salotto, Nudo di donnasemisdraiata (1863), Femme au gants(1888), Ritratto di Emiliana Concha de Ossa(1901), permettono di gettare una luce sul-l’attività internazionale di uno degli indiscus-si protagonisti dell’arte italiana ed europeadifine ‘800 - inizi’900, dall’altro, le 60 opere deipiù importanti artisti di fine Ottocento italia-no, consentono di ripercorrere, a livello figu-rativo, l’evoluzione del gusto pittorico che sidiffuse in tutta Europa e che rappresentò icambiamenti di questo nuovo mondo, neisuoi aspetti estetici più peculiari, dall’eman-

Cosimo Rosselli, Madonna in gloria esanti; Vicchio, Museo Beato Angelico

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cipazione dell’individuo alla crescita dellaconsapevolezza femminile.

Tutta la parabola creativa di Boldini si svi-luppò negli ambiti temporali della Belle Épo-que, quella felice epoca della storia europea,tra la fine della guerra franco-prussiana del1870 e l’assassinio dell’Arciduca FrancescoFerdinando a Sarajevo nel 1914, in cui si assi-stette a un processo umano e sociale di gran-de importanza, e dove la società visse unmomenti esaltante, scoprendo le migliori ener-gie creative e il gusto del fare con spirito otti-mistico, apprezzando la bellezza e la gioia divivere, nutrita dalle spinte che gli provenivanodalla Rivoluzione industriale, dall’aumentodella produzione e della ricchezza e dallo svi-luppo delle varie discipline come la medicina,la chimica, la matematica e altro ancora.

Quello iniziato da Giovanni Boldini nel1864, lasciando Ferrara alla volta di Firenze,fu un viaggio artistico di sola andata che dalcapoluogo toscano lo condusse a Londra e,infine a Parigi, dove si trasferì e risiedettefino alla morte avvenuta nel 1931.

L’innata curiosità, ma soprattutto labrama di riscattarsi e di evadere dall’am-biente provinciale quale era ai suoi occhiFerrara degli anni Sessanta, lo indussero aemigrare alla ricerca di un confronto conti-nuo, di nuove occasioni di ispirazione e,soprattutto, alla scoperta della sua veradimensione di artista.

I modi innatamente aristocratici, la voca-zione alla mondanità e alla frequentazionedegli ambienti altolocati, ma anche le grandiprospettive di carriera e la voglia di ottenereun riconoscimento economico adeguato per ilsuo lavoro, fecero sì che il fascino dell’am-biente frizzante della Ville Lumière costituisseper Boldini un’attrazione fatale. Nella capitalefrancese conobbe la modella Berthe, con laquale avviò una lunga storia d’amore duratapiù di dieci anni e instaurò rapporti di lavorocon il mercante d’arte Goupil, il più impor-tante dell’epoca, con gallerie sparse in tutto ilmondo, entrando nella folta schiera degli arti-sti della sua cerchia, dei quali divenne benpresto il più apprezzato. Parigi fu per Boldinila vera mecca dell’arte e della vita dove entròin contatto con gli ambienti più esclusivi eottenne il tanto atteso benessere economico.

Insieme al pittore ferrarese, una foltaschiera di artisti italiani, come De Nittis,Corcos e Zandomeneghi, costellarono il fir-mamento del genere à la mode, determinan-do l’espansione di un gusto diffusosi in tuttaEuropa. Altri pittori quali Ettore Cercone,Gaetano Esposito, Ettore Tito, PompeoMariani, Lucio Rossi e altri, pur rimanendo inItalia, risentirono di quello stile ricercato, rac-contando la quotidianità di quella società cheprendeva pian piano le distanze dalla sua ori-gine contadina, manifestando con forza lostato di benessere ottenuto con il progresso.

“Boldini e la Belle Époque”, Como, VillaOlmo; via Cantoni 1, dal 26 marzo al 24 luglio2011. Per informazioni: tel. 031. 571979 - fax031 3385561; www.grandimostrecomo.it.Catalogo: Silvana Editoriale.

Lorenzo Bartoliniall’Accademia di Firenze

La Galleria dell’Accademia di Firenze hainaugurato la prima grande mostra monogra-

fica dedicata a Lorenzo Bartolini (1777-1850),artista la cui opera ebbe un ruolo centralenello sviluppo della scultura dell’Ottocento inItalia, in Europa e negli Stati Uniti.

L’esposizione, prendendo spunto dallostraordinario nucleo di modelli in gessocustoditi nella suggestiva Gipsoteca dellaGalleria dell’Accademia, fa finalmente emer-gere l’altissimo livello qualitativo della suaproduzione e ne mette in luce la ricchezzadegli interessi artistici, che spaziano sui gran-di temi portanti della sensibilità ottocentesca,quali il sentimento, la memoria, i valori eticie civili

Tre le sezioni della mostra: il periodoneoclassico e la committenza Bonaparte,l’affermazione dei nuovi valori del Purismo ela committenza internazionale, infinel’apertura sempre più decisa all’osservazionedel vero naturale, che fa di Bartolini non piùsoltanto un fermo punto di riferimento peraltri artisti suoi contemporanei, ma anchemaestro di generazioni future.

Attraverso le opere in mostra sono evi-denziate le più importanti commissioni disculture, a cui si affiancano quelle di artedecorativa, molto ricercate dall’ambientecosmopolita gravitante nel periodo dellaRestaurazione a Firenze, divenuta tappad’obbligo del Grand Tour.

Lo scultore inoltre, felice ritrattista, èricercato da tutte le più importanti persona-lità europee dell’epoca nel campo dellamusica, letteratura, politica, alta finanza dicui esegue il ritratto con sottile finezza psi-cologica (M.me de Staël, Byron, Liszt,Rossini, Lord e Lady Burgheresh, il Marchesedi Londerry, i Demidoff, Poniatowski). Diquesto raffinato ceto colto internazionale lamostra rende quindi un ritratto vario, vivo edemozionante.

Una notevole messe di nuove aggiunte alcatalogo, inedite o poco note, rende contodegli sviluppi della ricerca effettuata da ungruppo di lavoro che si avvale di contributiscientifici internazionali.

L’evoluzione stilistica di Bartolini è illu-strata con una settantina di opere che trova-no un contrappunto continuo con i modellidella Gipsoteca in un inedito confronto. Perla prima volta dall’Ottocento sono visibili aFirenze numerose importanti sculture, chetestimoniano le tappe fondamentali dell’af-

fermazione di Bartolini come il Napoleone Iin bronzo (Parigi, Museo del Louvre), ElisaNapoleona col cane (Rennes, Musée desBeaux Arts), l’Ammostatore e MariaNaryškina Gourieva (San Pietroburgo,Ermitage), Anne Lullin de ChateauvieuxEynard (Ginevra, Palazzo Eynard), LaFiducia in Dio (Milano, Museo PoldiPezzoli).

Alcune importanti tele di Jean DominiqueIngres attestano infine il lungo sodalizioamicale con Lorenzo Bartolini, iniziato fre-quentando l’atelier di David a Parigi e raffor-zatosi nel soggiorno fiorentino di Ingres

“Lorenzo Bartolini scultore del bello natu-rale”, Firenze, Galleria dell’Accademia, dal31 maggio al 6 novembre 2011.Per informazioni: www.unannoadarte.it.Catalogo: Giunti Editore

L’acqua, la pietra, il fuoco.Bartolomeo Ammannati scultore

Fino a settembre 2011 al Bargello si tienela prima mostra monografica dedicata aBartolomeo Ammannati, nel V centenariodella nascita dell’artista di cui il Bargello pos-siede buona parte delle opere scultoree. Iltitolo allude al tema centrale dell’esposizio-ne, ovvero alle tre importantissime Fontane,che l’Ammannati realizzò per commissionedel duca Cosimo I: quella destinata al Salonedei Cinquecento in Palazzo Vecchio; quellaper la Piazza della Signoria (ovvero “delBiancone”); e quella per il giardino dellaVilla medicea di Castello. La mostra prevedela spettacolare ricostruzione, nel cortile delBargello, della prima di esse: la fontana mar-morea che avrebbe dovuto essere installatanel Salone dei Cinquecento in PalazzoVecchio (e perciò detta “della Sala Grande”),composta di sei grandi statue di divinità, chenei secoli ha ornato i giardini granducali diPratolino e di Boboli, prima di giungere

Lorenzo Bartolini, Fiducia in Dio;Milano, Museo Poldi Pezzoli

Bartolomeo Ammannati, Genio Mediceo;Firenze, Galleria Palatina

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smembrata al Bargello. Infatti, il progettoiniziale, così suggestivo, di una fontanaall’interno della Sala Grande fu interrotto nel1560 per realizzare invece la più pubblica (epiù propagandistica) Fontana di Piazza - odel “Biancone”- pure affidata all’Ammannati,al quale il Duca commissionò pochi annidopo anche la Fontana della sua Villa diCastello, con il gigantesco Ercole e Anteo dibronzo al centro del giardino e vari animaliall’interno della grotta.

La mostra, in collaborazione con laFacoltà di Architettura dell’Università diFirenze, è dedicata a queste tre fontane, chebene illustrano la politica del Granduca nellavalorizzazione estetica e spettacolare dell’ac-qua – ma anche nella razionalizzazione enella innovazione tecnica davvero prodigio-sa – di questo bene essenziale al benesseredei sudditi. Altre opere scultoreedell’Ammannati (quali la celebre Leda e ilCigno, il Monumento Nari, il Genio Mediceo,il Marte gradivo, la Venere del Prado...), oltrea disegni, progetti, documenti, completanol’esposizione.

Complemento non irrilevante di questoprogetto è un breve documentario, cheviene proiettato nell’àmbito della mostrastessa: dove si illustrano in particolare le fasisalienti dell’esecuzione della copia - percalco, a resine e gesso - della grande scultu-ra marmorea di Giunone, che è stata poimontata nel cortile del Bargello nella posi-zione originale al culmine della Fontanadella Sala Grande.

“L’Acqua, la Pietra, il Fuoco.BartolomeoAmmannati scultore”, Museo Nazionale delBargello, Firenze, dall’11 maggio al 18 set-tembre 2011. Per informazioni:www.unannoadarte.it. Catalogo: GiuntiEditore.

Restituzioni 2011.Tesori d’arte restaurati

La mostra, curata da Carlo Bertelli e alle-stita nella Sala Bianca e nelle stanze adiacen-tidella Galleria Palatina di Palazzo Pitti aFirenze, espone più di ottanta opere, fraarcheologia, pittura, scultura, arti applicate,oreficeria, dall’antichità all’età neoclassica,che rivelano nel loro insieme la complessaarticolazione del patrimonio culturale italiano.

L’esposizione rende conto dei risultatiraggiunti dalla campagna di restauri condot-ta nel biennio 2009-2010 in collaborazionecon le Soprintendenze competenti sui terri-tori coinvolti. Suddivise in 38 nuclei, leopere presentano un’eccellente casistica diinterventi di restauro, che hanno chiaritoattribuzioni controverse, significati iconogra-fici, provenienze.

Una carrellata cronologica consente diincontrare un piccolissimo Bronzetto raffigu-rante una coppia abbracciata, dell’VIII -inizi VII sec. a.C., salvato dall’oblio grazieall’intuizione di archeologo; un magnificoCratere apulo del IV sec. a.C., dal MuseoNazionale Jatta di Ruvo di Puglia, con raffi-gurazioni del mito di Niobe e dei suoi figli, iNiobidi, sterminati a colpi di saetta dallacieca furia di Apollo e Artemide; un Busto diAtena, del II sec. d.C. proveniente dalla cele-bre Collezione Grimani, nel quale il bel voltofemminile antico si fonde con un busto

armato di corazza, frutto di un audacerestauro cinquecentesco; la Situla diGotofredo dal Tesoro del Duomo di Milano,capolavoro eburneo creato al servizio dellareligione e del potere; un Cucchiaio liturgi-co del VI sec. d.C., di produzione bizantina,unico ritrovamento di questo genere nel ter-ritorio veneto; il San Sebastiano dipinto daDosso Dossi, della Pinacoteca di Brera diMilano, le cui indagini hanno rivelato incre-dibili “pentimenti”; uno splendido arazzocinquecentesco del Palazzo Ducale diMantova, realizzato su disegno di RaffaelloSanzio, più fedele al modello del suo“gemello” destinato alla Cappella Sistina; eancora, il San Michele Arcangelo, capolavo-ro in argento e argento dorato del barocconapoletano, dalla Cappella del Tesoro di SanGennaro nel Duomo di Napoli.

Protagonista d’eccezione, il fregio in ter-racotta invetriata della Villa Medicea diPoggio a Caiano, testimonianza esemplaredella storia artistica e culturaledell’Umanesimo fiorentino.

Le opere in mostra rappresentano molteregioni italiane e provengono dal Nord alSud del nostro Paese: la coincidenza fra laquindicesima edizione di Restituzioni e lecelebrazioni in onore del 150esimo anniver-sario dell’Unità d’Italia diventa il felice indi-zio di un percorso che ha nell’identità la suacasella di arrivo.

Ricerca dell’eccellenza, collaborazionecon le Soprintendenze, esemplarità delleoperazioni e loro presentazione al pubblicoattraverso esposizioni temporanee e adesperti e studiosi con cataloghi critici digrande impegno scientifico: questo il contri-buto di Restituzioni alla consapevolezza sto-rica e al riconoscimento dell’identità nazio-nale, vivificati dalla conoscenza e dalla con-servazione de nostri monumenti.Il Tabernacolo dei Lanaioli del BeatoAngelico restaurato.

Un elegante tendaggio color oro, ripresoai lati, scopre la Vergine su un sedile coper-to da un ricco tessuto e da un cuscino rica-mato. In grembo il Bambino, in piedi e conil mondo in mano. Intorno una fascia incli-nata con dodici angeli musicanti e adoranti.La visione del Gruppo Sacro è regolata dal-l’apertura di due sportelli sui quali campeg-giano all’esterno, San Pietro e San Marco,protettore della corporazione, e, all’interno,San Marco e San Giovanni Battista, precur-sore di Cristo e patrono di Firenze.

Correva l’anno 1433 quando l’Arte deiRigattieri, Linaioli e Sarti commissionò alBeato Angelico un tabernacolo per la Salagrande della propria sede, piazzasant’Andrea.

Per il Beato Angelico fu la prima e unicacommittenza non ecclesiastica che si cono-sca. Forse si voleva rivaleggiare in pitturacon la mestosità delle statue del tempio delleArti di Orsanmichele, create da Ghiberti:quel che è certo è che il Tabernacolo deiLinaioli ha dimensioni eccezionali, accosta-bili nella pittura fiorentina solo ad alcuneopere di Cimabue, Duccio di Buoninsegna,Giotto. La pala è completata da una predel-la, divisa in tre pannelli con San Pietro dettail Vangelo a San Marco, Adorazione deiMagi e Martirio di San Marco con il miraco-lo della grandine.

Se i drappi dei tendaggi, sofisticati e ric-chissimi, sono un probabile richiamo all’atti-vità tessile della corporazione, la colombadello Spirito Santo vola al centro di un sof-fitto dipinto come un cielo stellato, citazio-ne dell’Annunciazione di Masolino. Tutte lefigure del tabernacolo dominano la scena inposizione centrale: la Vergine con ilBambino ha la stessa preziosa sospensionedelle icone; i santi sono dipinti con una cal-colata tridimensionalità: San GiovanniBattista tiene la croce in avanti rispetto alcorpo; San Marco protettore dei Linaioli, sullato interno, tiene il braccio destro e il librorivolti verso lo spettatore, in un dialogoimmaginario, mentre, sul lato esterno, tieneaperto il proprio Vangelo raffigurato conun’accentuata prospettiva; San Pietro con ilvolume delle Epistole ha la mano destraappena più avanti del corpo e la sinistraspinta fuori da sotto il mantello.Sorprendente il risultato degli angeli musi-canti della cornice, disegnati con libertà einsieme con attenzione minuziosa, tali dacatturare nel tempo l’attenzione di chiunqueli abbia guardati. Erede da un lato delleicone mariane del Duecento e Trecento, dal-l’altro, il Tabernacolo si pone come avam-posto del nuovo linguaggio figurativo, pie-namente rinascimentale.

Il progetto di restauro, condottodall’Opificio di Firenze, ha restituito nitidez-za, trasparenza e luminosità alla dedicatasuperficie pittorica, compromessa da impru-denti puliture, lacune e abrasioni, offuscata eferita da numerose fratture. Il restauro hariscontrato una tecnica di incredibile raffina-tezza caratterizzata da una pellicola pittoricamolto sottile. Fra gli elementi più particolari,la varietà di tecniche per la lavorazione del-l’oro mirate a restituire i differenti effetti dibrillantezza, e le diverse qualità materichedei tessuti. L’intervento, liberando la superfi-cie dai depositi incongrui e disomogenei, haconsentito un pieno recupero della fruibilitàestetica del prezioso dipinto.

La mostra, allestita nella bibliotecamonumentale di Michelozzo, consente unavisione ravvicinata dell’opera. Una radiogra-fia del capolavoro, a grandezza naturale,mostra i segreti della struttura lignea di que-sta architettura tridimensionale. In esposi-zione, accanto al Tabernacolo, rari fram-menti di tessuti coevi, preziosi documenticartacei e figurativi, in prestito dal Museodel Bargello, dall’Archivio di Stato, dalGabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi edalla collezione dell’Ente Cassa di Risparmiodi Firenze. Postazioni multimediali ricostrui-

Beato Angelico, Tabernacolo dei Linaioli(part. di un angelo musicante); Firenze,Museo di San Marco

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scono la storia dell’opera e del suo luogo diorigine (la Residenza dell’Arte dei Rigattieri,Linaioli e Sarti) e le fasi del suo restauro, ene consentono l’esplorazione virtuale neiminimi particolari.

Per il restauro del Tabernacolo, IntesaSan Paolo, con il proprio progettoRestituzioni, ha affiancato A.R.P.A.I. -Associazione per il Restauro del PatrimonioArtistico Italiano, in un felice incontro frasoggetti privati a sostegno delle istituzionipubbliche, confermando una alleanza giàsperimentata per il restauro del grandeArazzo con il Traviamento del figliol prodigodel Duomo di Vigevano esposto a PalazzoPitti.

La mostra, a cura di Magnolia Scudieri,Lia Brunori e Marco Ciatti, è promossa dallaSoprintendenza Speciale PSAE e per il PoloMuseale della Città di Firenze, dall’Opificiodelle Pietre Dure e Laboratori di RestauroFirenze, da Intesa Sanpaolo e Banca CRFirenze, a testimoniare la dimensione nazio-nale e territoriale del Gruppo IntesaSanpaolo e il profiquo rapporto di collabo-razione con gli Enti di Tutela.

“Restituzioni 2011. Tesori d’arte restaura-ti”, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina eAppartamenti Reali, Sala Bianca; dal 22marzo al 5 giugno 2011. Vicenza, Gallerie diPalazzo Leoni Montanari, Contrà SantaCorona 25; dal 17 giugno all’11 settembre2011. Per informazioni: tel. 800 578875, fax0444 991280; www.palazzomontanari.com. “Il Tabernacolo dei Linaioli del BeatoAngelico restaurato. Restituzioni 2011 eARPAI per un capolavoro”, Firenze, Museo diSan Marco, dal 22 marzo al 12 giugno 2011.

Figure, memorie, spazio.Disegni da Fra’ Angelicoa Leonardo

Cinquanta disegni del Gabinetto Disegnie Stampe degli Uffizi incontrano cinquantadisegni del British Museum. Sono questi inumeri della mostra che vede unite, in unapartnership simbolicamente giocata su unnumero uguale di prestiti, due tra le mag-giori collezioni di grafica esistenti al mondo.

L’occasione è unica – ma in realtà dellainiziativa si è avuta una edizione inglese,allestita nella Great Court del BritishMuseum, aperta fino alla fine di luglio 2010– per confrontare in sequenza capolavori daantologia mai prima d’ora esposti contempo-raneamente in una unica sede.

L’intento è di guardare ai decenni com-presi tra gli inizi del Quattrocento e i primianni del Cinquecento dal punto di vista deldisegno, affermatosi come espressione arti-stica dotata di una propria autonomia, inun’epoca così importante per la definizionedei pilastri portanti della modernità artisticae culturale.

Gli autori, di prima grandezza, rappre-sentano in termini numericamente prevalen-ti gli ambiti fiorentini e centroitaliani, artico-landosi fra le presenze di Lorenzo Monaco,Beato Angelico, Filippo e Filippino Lippi, iPollaiolo, Verrocchio, Botticelli, Perugino,Ghirlandaio per arrivare infine a Leonardo,Raffaello e Michelangelo; ma importantiapprofondimenti sono dedicati anche alle

aree dell’Italia del nord con Pisanello, AmicoAspertini, i ferraresi, Jacopo e Gentile Bellini,Mantegna e Tiziano.

Ognuno di loro offre una propria inter-pretazione dell’attività disegnativa, espressio-ne intima della propria progettualità ma cheè anche, di volta in volta, disciplina quoti-diana, elaborazione di uno stile, sperimenta-zione di una tecnica e riflessione sull’antico,sulla figura umana e sulla natura.

Un’ulteriore selezione di opere nella salaespositiva del Gabinetto Disegni e Stampeintende focalizzare il rapporto tra teoria eprassi nel disegno del Quattrocento, con-frontando tra loro, con uno sguardo compa-rativo, le più antiche fonti letterarie e storio-grafiche.

“Figure, memorie, spazio.Disegni da Fra’Angelico a Leonardo”, Firenze, Galleria degliUffizi,Gabinetto Disegni e stampe, dall’8marzo al 12 giugno 2011. Catalogo: GiuntiEditore.

Vasari, gli Uffizi e il Duca

Oggetto di questa mostra, nel quinto cen-tenario della nascita di Giorgio Vasari (1511-1574), è la fondazione degli Uffizi (1559-1560): più che un edificio, un sistema archi-tettonico a scala urbana, risultato di unastretta collaborazione tra il Duca, Cosimo Ide’ Medici, e Vasari, il suo artista prediletto.Il complesso edilizio sorge nel cuore dellacittà dove, rispecchiando la politica assoluti-stica e accentratrice di Cosimo I, accorpa leistituzioni amministrative di governo, lecosiddette Magistrature o Arti, sottometten-dole, logisticamente e simbolicamente, aldominio diretto del giovane Duca. A memo-ria di questa destinazione originaria resta ladenominazione di Uffizi, cioè Uffici.

La versatilità e l’ingegno dell’aretinoVasari si manifestano nella capacità di confe-rire forma spaziale e persuasività architetto-nica al programma politico e alla volontà diautorappresentazione del suo committente.L’edificio infatti è un vero e proprio fram-mento di città nuova, che salda in un unicoorganismo le due residenze ducali di palaz-zo Vecchio (sede del governo) e di palazzoPitti, al di là dell’Arno, imprimendo sulla città

la presenza fisica del Potere, sotto forma diarchitettura. La lunga piazza porticata degliUffizi si attesta poi come una vera e propriaanticamera a cielo aperto che introduce sia apiazza della Signoria, turbinante di statuecelebrative del Duca, sia a palazzo Vecchio,le cui sale, rinnovate da Vasari, celebranol’apoteosi di Cosimo e della sua dinastia. Lastruttura architettonica degli Uffizi, che nonha paragoni nel mondo cinquecentesco eche è destinata a divenire un modello, ècoronata all’ultimo piano da una lunga log-gia che, all’indomani della costruzione, acco-glie pregevoli statue antiche della collezionemedicea. Da questo uso sussidiario e quasiincidentale, si sviluppa, nei secoli, la funzio-ne collezionistica ed espositiva che oggi ècaratteristica esclusiva degli Uffizi, museod’arte per antonomasia. La mostra, che pren-de le mosse dalla personalità dei protagoni-sti-artefici: il Duca e il suo artista, mette inprimo luogo in scena l’assetto urbano trapalazzo Vecchio e l’Arno prima della costru-zione degli Uffizi; poi illustra le tappe dell’i-deazione e della costruzione del complesso,il cui cantiere si attesta come il più grande eimpegnativo del Cinquecento a Firenze. Delmonumento sono mostrate le specificità spa-ziali e figurative, tra cui spiccano le portelignee delle Magistrature; le ascendenze for-mali e tipologiche, che pescano nell’architet-tura romana antica, ben nota a Vasari e aglieruditi umanisti della sua cerchia, comePaolo Giovio e Vincenzo Borghini, ma anchenella coeva architettura di Venezia e diRoma, città dove l’artista aveva ripetutamen-te soggiornato. L’organizzatissimo cantiere,saldamente retto dall’architetto militareBernardo Puccini, è evocato da antichi stru-menti di lavoro, cui si affiancano reperti che,annegati da secoli nel riempimento dellevolte, sono stati da poco riscoperti. Ma gliUffizi sono anche frutto maturo di unambiente artistico esuberante, polarizzatodalla corte e su cui incombe la terribile gran-dezza del genio di Michelangelo. Intorno adesso ruotano protagonisti e comprimari: da

Giorgio Vasari il giovane, Modulo com-positivo della facciata degli Uffizi; dise-gno, Firenze, Gabinetto Disegni eStampe degli Uffizi

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Pierfrancesco Riccio, Maggiordomo delDuca, a Luca Martini, a Cosimo Bartoli, aBenedetto Varchi, le cui presenze sono evo-cate in mostra. Un ambiente competitivo, dacui Vasari, provinciale di Arezzo, è tenuto adistanza e combattuto, fino al suo trionfaleingresso (1554) al servizio del Duca. I duemomenti, del rifiuto e dell’affermazione,sono illustrati in mostra attraverso le operedegli artisti che contrastarono l’ingresso diVasari e di quelli che lo propiziarono, dis-piegando una densa trama artistica e cultu-rale che segnò l’apice del Rinascimentomaturo di Firenze, ben rappresentato dalfasto leggendario delle nozze del principeFrancesco con Giovanna d’Austria (1565),cerimonia inaugurale del sistema degli Uffizinon ancora completato. L’affermazione arti-stica di Vasari, che va di pari passo con lasua legittimazione politica, è sospinta, oltreche dalla sua attività artistica, dalla sua pro-duzione storiografica, potenziata dalla fon-dazione dell’Accademia del Disegno. Le dueedizioni delle Vite degli artisti (1550 e 1568),che conferiscono all’intraprendente provin-ciale una fama che travalica i confini delDucato, sono in mostra a fianco dei suoisonetti, delle lettere e dei disegni, oltre chedegli statuti dell’Accademia, di cui fu tenaceispiratore.

“Vasari, gli Uffizi e il Duca”, Firenze, Galleriadegli Uffizi, dal 14 giugno al 30 ottobre 2011.Per informazioni: www.unannoadarte.it.Catalogo: Giunti Editore.

Arcimboldo a Milano

Il 22 maggio 2011 si è conclusa a PalazzoReale la mostra milanese di GiuseppeArcimboldo, posta sotto l’Alto Patronato delPresidente della Repubblica italiana, forte-mente voluta dal Sindaco di Milano LetiziaMoratti, promossa da Massimiliano FinazzerFlory Assessore del Comune di Milano, pro-dotta da Palazzo Reale e Skira editore, incollaborazione con la Soprintendenza per iBeni Storici Artistici e Etnoantropologoci diMilano, la Soprintendenza Speciale per ilPolo Museale della città di Firenze -Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi e ilKunsthistorisches Museum di Vienna, con ilsostegno di Cariparma Crédit Agricole e ilsupporto media del Corriere della Sera.

Il principale obiettivo dell’esposizionemilanese era quello di “restituire”Arcimboldoal suo contesto d’origine, per capire le ragio-ni della sua chiamata alla corte degl Asburgo(gli studi naturalistici, le coreografie per cor-tei e feste, o ancora i ritratti), precisare leradici culturali delle sue teste composte, eapprofondire infineil ruolo giocato dall’arti-sta nello sviluppo dei generi della naturamorta e delle “pitture ridicole”.

La mostra, curata da Sylvia Ferino,Direttrice della Pinacoteca del Kunshistori-sches Museum di Vienna - che presentava ilnucleo più corposo di opere - in collaborazio-ne con un prestigioso Comitato Scientifico for-mato da Giacomo Berra, Giulio Bora, ChiaraBuss, Silvio Leydi, Robert Miller, GiuseppeOlmi, Caterina Pirina, Francesco Porzio, LuciaTommasi Tongiorgi, e divisa in nove sezioni,introdceva il visitatore nella Milano cinque-centesca, in un percorso affascinante tra dise-gni, pittura e preziosi oggetti usciti dalle offi-

cine artigianali milanesi, all’epoca rinomatissi-me per la qualità e l’eccellenza dei proprimanufatti artistici.

Le prime due sezioni si dedicavano all’a-nalisi dei poli principali attorno ai quali ruotala cultura artistica milanese del Cinquecento:da un lato il genio leonardesco, dall’altro legrandi officine artistiche milanesi. Una sceltadi disegni grotteschi di Leonardo provenientidalla Pinacoteca Ambrosiana, da Venezia aVienna, accompagnati da disegni e dipinti diseguaci come Girolamo Della Porta,Bernardino Luini, Giovanni Antonio DePredis, Cesare da Sesto, Francesco Melzi,Giovanni Paolo Lomazzo, GiovanniAmbrogio Figino, attestavano l’influenza diLeonardo nello studio della fisionomia cari-cata e della figura, della natura, dell’atmosfe-ra come della flora e della fauna. Milano fusenza dubbio, alla metà del Cinquecento, ilpiù importante centro per la produzione dioggetti di lusso realizzati in oro e argentocombinati con cristalli di rocca, pietre prezio-se e pietre dure e perfino conchiglie rare,destinati alle grandi corti europee. Nellaseconda sezione, dedicata alle arti suntuarie,l’occhio era catturato da stupendi cammei,vasi, scudi, preziose armi e armature, tessutiraffinati, codici miniati, medaglie, sculture,tutte opere di artisti e artigiani milanesi pro-venienti principalmente dal KunsthistorischesMuseum di Vienna.

Si entrava nel vivo della mostra con lasezione Arcimboldo a Milano, che presentavale opere giovanili di Arcimboldo e dei suoimaestri: il Ritratto di Biagio Arcimboldo diBernardo Luini; le vetrate per il Duomo diMilano, realizzate su disegni di Arcimboldo edel padre Biagio; i disegni per il Gonfalone diSant’Ambrogio attribuiti a GiuseppeArcimboldo e a Bernardino Campi o GiuseppeMeda, dal Metropolitan Museum di New Yorke dal Museo Diocesano di Milano; l’arazzo conil Transito della Vergine (1561-1562) diGiovanni Karcher su cartone di Arcimboldoproveniente dal Duomo di Como.

La sezione successiva era dedicata all’il-lustrazione naturalistica in Italia e inLombardia. Con la scoperta dell’America,specie rare di animali e vegetali furonoimportate in Europa e presentate ai principid’Europa. Di queste straordinarie rarità veni-va eseguito subito un “ritratto” dal vivo epoi copiato e inviato ad altri regnanti, ascienziati e appassionati collezionisti. Ilruolo di Arcimboldo come illustratore di ani-mali, uccelli e probabilmente anche di pian-te e fiori, viene correttamente collocato nel-l’ampio contesto delle scienze naturali: moltisuoi disegni furono infatti utilizzati per ivolumi pubblicati dal bolognese UlisseAldrovandi, il più famoso umanista dellescienze naturali.

Si entrava a questo punto nel cuore dellamostra con le più spettacolari Teste Compostedi Arcimboldo (Stagioni e Elementi), dipintein più varianti a partire dal 1563, provenientidal Kunsthistorisches Museum di Vienna, checustodisce la raccolta qualitativamente piùimportante di opere di Arcimboldo, dalla RealAcademia de San Fernando di Madrid e dalMuseo del Louvre. Tre Stagioni delleBayerische Staatgemäldesammlugen diMonaco erano presentate accanto alleStagioni di Vienna, Parigi e Madrid.

Seguiva la sezione sulla pittura ridicola,con disegni strepitosi di figure grottesche diFrancesco Melzi (copie di Leonardo),

Vincenzo Campi, Giovan Paolo Lomazzo,Camillo Procaccini e due dipinti diArcimboldo provenienti da Stoccolma: Ilbibliotecario e Il giurista. Arcimboldo è pro-fondamente innovativo e lancia anche in que-sto caso un nuovo genere di pittura in conso-nansa con gli intellettuali dell’Accademia dellaVal di Blenio.

Arcimboldo svolse inoltre un’intensa attivi-tà di inventore, animatore e regista di feste etornei contribuendo allo sviluppo della pittu-ra di corte con l’invenzione di prodigiosiattrezzi e strabilianti mascherate. Con questasettima sezione si entrava nel mondo sfavil-lante delle feste di corte con una straordinariaraccolta di cinquanta bellissimi disegni diArcimboldo provenienti dagli Uffizi, uno stu-dio di Giuliano Romano dal Louvre, e lacosiddetta “armatura milanese” forgiata dalfamosissimo artefice milanese GiovanniBattista Serrabaglio per l’arciduca FerdinandoII del Tirolo.

L’ottava sezione si concentrava sul ritornodi Arcimboldo a Milano e si apriva con unAutoritratto del maestro del 1587 provenienteda Palazzo Rosso a Genova. In questo dise-gno Arcimboldo si rafficura come “testa carta-cea”, come se si volesse presentare in veste diletterario e poeta. E infatti questa sezioneriunisce libricini e raccolte di poesia compostidagli amici poeti e letterati intorno alle pittu-re inviate a Rodolfo, fra le quali il celeberrimoVertumno (Ritratto di Rodolfo II) del Castellodi Skokloster. Fra questi testi figurano leopere in latino, in volgare e in dialetto diGherardini, Borgogni e di un poeta che(casualmente?) si firma “G.A. da Milano”.

Chiudeva la mostra la sezione sulle testereversibili e la natura morta, con alcunicapolavori assoluti di Arcimboldo comeL’ortolano e Testa reversibile con canestra difrutta, da cui Caravaggio avrebbe preso ispi-razione per la natura morta più celebre dellastoria dell’arte: La canestra di frutta dellaPinacoteca Ambrosiana. Tra i primi esempidi natura morta sono presentati: il Piattometallico con pesche e foglie di vite del Figinoe la Fruttiera di ceramica con uva, prugne epere di Fede Galizia.

Il dipinto scoperto durante la preparazio-ne della mostra di Parigi e Vienna (2007-2008) Le quattro stagioni in una testa, eacquistato in occasione della mostra diWashington della National Gallery of Art

Giuseppe Arcimboldo, L’Estate; Monaco,Bayerische Staatsgemäldesammlungen

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chiudeva festosamente la mostra.

“Arcimboldo”, Milano, Palazzo Reale,fino al 22 maggio 2011. Catalogo: Skira.

Gli occhi di Caravaggio

Vittorio Sgarbi torna nel capoluogo lom-bardo per presentare una nuova grandemostra che illustra la nascita di un genioquale è il Caravaggio. Ricostruendone la for-mazione artistica, da Simone Peterzano aimaestri veneti e lombardi, un entusiasmantepercorso documenta i precursori e gli artisticontemporanei a Michelangelo Merisi (1571-1610), mettendo in evidenza le opere chel’artista vede di persona negli anni giovanilie ciò che i suoi occhi assorbono nel climaartistico tra Venezia e Milano, prima delladefinitiva partenza per Roma, che verosimil-mente può datarsi intorno al 1595-96, comemettono in luce gli ultimi studi.

Curata da Vittorio Sgarbi, prodotta e orga-nizzata da Arthemisia Group in collaborazio-ne con il Museo Diocesano di Milano, lamostra Gli occhi di Caravaggio. Gli annidella formazione tra Venezia e Milano riuni-sce circa sessanta capolavori, realizzati daipiù grandi interpreti del tempo, che sarannoallestiti negli spazi espositivi del MuseoDiocesano, dall’11 marzo al 3 luglio 2011.

Le opere di Giorgione, Tiziano,Tintoretto, Lorenzo Lotto, Jacopo daBassano, Moretto da Brescia, Giovan BattistaMoroni, Gerolamo Savoldo, Vincenzo eAntonio Campi, Giovanni Ambrogio Figino eSimone Peterzano e molti altri ancora, inalcuni casi mai esposte prima, documentanoil delinearsi di un nuovo gusto e di unanuova concezione della figura, nel suo rap-porto con lo spazio e con la luce, che è fon-damentale per la crescita del giovane Merisi.

Naturalmente in mostra non poteva man-care la presenza del Caravaggio, documenta-to dalla presenza di un’opera altamentesignificativa: è la cosiddetta Murtola (chia-mata così dal nome del poeta che nel 1600ne scrisse un poema), ossia la prima versio-ne della celeberrima Medusa degli Uffizi.

Quest’opera, conservata da sempre incollezione privata, fu realizzata dalCaravaggio nel 1596 e può essere considera-ta come emblema della formazione giovani-le del Caravaggio, in particolare per il dise-gno preliminare, messo in evidenza dalleprecisissime indagini diagnostiche che sonostate eseguite sull’opera di recente. Le stesseindagini consentono di datare la “rotella” trail 1596 e il 1597, anni in cui Caravaggio sitrasferisce a Roma e quindi, idealmente, laMedusa Murtola chiude il ciclo lombardo eapre quello romano, quando, come ricordaVittorio Sgarbi: “lui improvvisamente scon-volge tutto al punto tale che il boato dellasua rivoluzione arriva in tutta Europa e nonc’è un solo grande pittore che non arrividalla Francia, dalla Spagna, dalla Germania,dai paesi bassi per vedere quello che ha fattoCaravaggio”.

Altro capolavoro da non perdere è laFlagellazione di Cristo del Caravaggio, cheper la prima volta si sposta dal Museo diCapodimonte (Napoli) e giunge a Milanonella sua struggente e sensuale bellezza.

Quanto alla ricostruzione della sua for-mazione, seguendo le parole del noto stori-

co dell’arte Roberto Longhi, “…non si pre-tende di segnare itinerari precisi ai suoi viag-gi (o siano pure vagabondaggi) di apprendi-sta; ma non si potrebbe porli mai in altrazona da quella che da Caravaggio porta aBergamo, vicinissima; a Brescia e aCremona, non distanti; e di lì, a Lodi e aMilano. Era questa la plaga dove un gruppodi pittori lombardi, o naturalizzati, tenevanoaperto da gran tempo il santuario dell’artesemplice”.

Sin dal saggio del 1917, Cose brescianedel 500, e poi negli ancora più famosiQuesiti caravaggeschi, del 1929, Longhiafferma che per gli anni giovanili è bene rin-tracciare le sue “strade di predestinazionefra il 1584 e il 1589 circa” nelle“strade diLombardia”, ovvero è proprio il mondo arti-stico tra Veneto e Lombardia che può averispirato e formato Caravaggio e la cui ecoriaffiora costantemente nelle sue opere.

La mostra, divisa in sei sezioni, illustra ilcontesto artistico in cui Caravaggio si trovaad operare nei primi anni della sua ricercaartistica.

Documentato, come noto, nella bottegamilanese di Simone Peterzano, allievo diTiziano, dal 1584 al 1590,

Michelangelo Merisi ha modo di lasciarsisuggestionare dalle opere di straordinari arti-sti, attivi tra Venezia e Milano.

Lo sguardo del visitatore si identifica dun-que con gli occhi del giovane genio, eimmergendosi nel suo affascinante mondo, ilpubblico può rivivere l’emozione provata dalmaestro al cospetto di quei sommi capola-vori.

Il percorso è corredato inoltre dalladescrizione delle città “caravaggesche”, conrelative piante storiche e, nelle didascaliedelle opere, da riproduzioni di dipinti diCaravaggio in cui si evidenziano le similitu-dini.

1 - Venezia: Giorgione, Tiziano,Tintoretto, Bassano. L’esposizione apre i bat-tenti con una prima sezione dedicata aVenezia, ambito che per Caravaggio ha unruolo determinante.

Il viaggio del pittore lombardo nella cittàlagunare è solo presunto ma certamente isuoi occhi si sono imbattuti nelle opere diGiorgione, Tiziano, Tintoretto e Bassano,capisaldi della tradizione veneta, di cui stu-dia lo spazio e la ricerca luministica. Inmostra si possono ammirare capolavori di

grande bellezza, alcuni dei quali mai espostia Milano, come il virile San GiovanniBattista di Tiziano dalle Galleriedell’Accademia di Venezia. Inoltre, diTintoretto sono esposti i due quadri pendantcon Caino e Abele e La tentazione di Adamoed Eva, provenienti dalle Galleriedell’Accademia di Venezia, e Gesù fra i dot-tori (o Disputa) (1542-43 c.), dal Museo delDuomo di Milano, mentre di Giorgione ilDoppio ritratto, dal Museo Nazionale diPalazzo Venezia, e il Cantore appassionato eil Cantore con flauto (1507), dalla GalleriaBorghese.

Trait d’union fra la cultura veneta equella lombarda è Lorenzo Lotto, del qualeè esposta la Natività a lume di notte (1512),un capolavoro proveniente dalla PinacotecaNazionale di Siena, dalla timbrica cromaticatanto cara a Caravaggio, così come sonodeterminanti per la sua formazione glisguardi lotteschi meditabondi e psicologica-mente intensi, come quelli del Ritratto digiovane (della Gemäldegalerie di Berlino) equello di Ludovico Grazioli di collezioneprivata.

2 - Cremona: Giulio Campi, BartolomeoPasserotti, Bernardino e Antonio Campi,Luca Cattapane. Girovago e desideroso diaguzzare il suo sguardo sulla realtà che locirconda, ogni dipinto e ogni personaincontrata è per Caravaggio motivo di medi-tazione e studio consapevole o inconscio.Egli è attento altresì alle soluzioni pittorichedei maestri cremonesi che si incontranonella seconda sezione del percorso esposi-tivo. In particolare, risulta rilevante il fasci-no che ha, sul giovane Merisi, AntonioCampi, primo sperimentatore di effetti lumi-nosi notturni in tele straordinarie come lostruggente Martirio di San Lorenzo(Parrocchia di Santa Eufemia, Milano) o ladeliziosa Adorazione dei Pastori (1575)dalla Basilica di Santa Maria della Croce diCrema.In questo contesto, straordinariavalenza pre-caravaggesca assume un capo-lavoro di Vincenzo Campi, San Matteo ispi-rato dall’Angelo (custodito nella Chiesa diSan Francesco a Pavia), opera che è statarestaurata in sede di mostra per l’occasione,che rappresenta una lente d’ingrandimentosulla formazione di Caravaggio per la resaincredibilmente “ispirata” dei dettagli, per lecromie, l’anatomia e un portato stilisticolombardo che scorrerà per tutta la vita nellesue vene.

3 - Brescia: Moretto da Brescia eGerolamo Savoldo. Non diversamente dovet-te colpirlo l’opera di Moretto da Brescia esoprattutto quella di Savoldo, attraverso ilquale Caravaggio intuisce anche quello chenon conosce di Giorgione e da cui assimilail forte sentimento della realtà. Nella terzasezione ecco allora che, oltre all’incantevoleSan Gerolamo in meditazione di Moretto daBrescia, proveniente dalla collezioneBorromeo (Isola Bella, Verbania), la mostrapresenta, di Savoldo, l’intenso Ritratto di gio-vane, della Galleria Borghese di Roma, laMaddalena (1533 c.) degli Uffizi ma anchel’incantevole Annunciazione, delle Galleriedell’Accademia di Venezia.

4 - Bergamo: Giovan Battista Moroni ePaolo Cavagna. La ritrattistica di Gian BattistaMoroni è, inoltre, motivo di ricerca fisiogno-mica, elemento di cui la poetica caravagge-sca è impregnata; egli infatti, come rammen-ta Vittorio Sgarbi, ci restituisce nei suoi capo-

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lavori una riproduzione “mimetica dellarealtà, nel senso letterale della parola, comefosse un calco di un corpo” e quindi i ritrattidi Moroni possono dirsi catalizzanti per gliocchi del giovane Merisi. Di notevole sugge-stione è il Battesimo di Cristo (prov - messoper la prima volta a confronto con il Devotoin contemplazione del Battesimo di Cristo(prov(, evoluzione composita del primo -,l’attraente Ritratto di dotto (1569 c.) degliUffizi e il bellissimo Ritratto di giovanedell’Accademia Carrara di Bergamo; splendi-de tele che costituiscono la quarta sezionedella mostra.

5 - Milano. Infine, la quinta sezione spa-lanca un’ampia quinta scenica sul clima pit-torico milanese, variegato, ricco di spunti, dirimandi, colto e aulico eppure prorompentee dinamico ma pur sempre legato alla realtàe ben attento ai mutamenti della natura. Gliocchi di Caravaggio si soffermano senzadubbio su Giovanni Agostino da Lodi,Ambrogio Figino, Giovanni Paolo Lomazzo,Fede Galizia e, soprattutto, SimonePeterzano, alla cui scuola ha iniziato a muo-vere i primi passi. Nella sua bottega il Merisiha modo di formarsi e macinare i primicolori, forse dinanzi a opere del maestroquali L’Adorazione nell’orto (del MuseoDiocesano di Milano) o alla mai espostaprima d’ora Sacra Famiglia con SanGiovannino e un angelo (CollezioneOlivetta Rason), insieme a una ricca messedi disegni preparatori che per Peterzanosono la radice di quell’importantissimomicrocosmo pittorico che è il ciclo di affre-schi alla Certosa di Garegnano. I disegni diFigino e di Peterzano, eccezionali prestitiesclusivi, provenienti da Venezia, Torino eMilano rendono conto anche di comeCaravaggio utilizzerà “i disegni di quegliautori - come ricorda Vittorio Sgarbi - cosìpotentemente analoghi a figure compiute daCaravaggio nelle sue opere romane, da farpensare che egli avesse quasi rubato e por-tato con se o ricalcato i disegni di questiautori incrociati a Milano”.

Un suggestivo video riproduce in mostrala spettacolarità dei dipinti della Certosa diGaregnano in cui si vedono continuamenterimandi alle opere caravaggesche.

6 - Caravaggio. Il percorso, in un conti-nuo crescendo, conduce lo sguardo dellospettatore fino a un’opera sublime delCaravaggio mai esposta a Milano. Grazieall’autorizzazione del FEC (Fondo EdificiCulto), si potrà infatti ammirare la straordi-naria e matura Flagellazione di Cristo, oggicustodita al Museo di Capodimonte Napoli.Una summa dell’arte caravaggesca che dimo-stra ancora una forza anatomica tutta lom-barda e il ricordo, anche in età matura, delsuo maestro, Simone Peterzano, tanto piùche, gli ultimi studi, dimostrano come labella Flagellazione della chiesa di SantaPrassede a Roma, considerata fino a oggi diSimone Peterzano, parrebbe eseguita dal“Laboratorio caravaggesco”, come proponeClaudio Strinati.

Dalla giovinezza alla maturità per tornareagli anni giovanili e concludere con Gliocchi di Caravaggio, quelli della MedusaMurtola di Caravaggio, straordinario capola-voro ad olio su tela applicato su uno scudodi pioppo, che conclude la mostra e ci fissa,lasciando lo spettatore senza fiato e travol-gendolo nel suo mondo, straordinario emisterioso ma affascinante.

Per concludere, l’evento ha il vanto diesporre per la prima volta i documenti delperiodo lombardo di Caravaggio; è possibileinfatti leggere e ritrovare il nome diMichelangelo Merisi nelle carte eccezional-mente prestate dall’Archivio di Stato diMilano, che tanta importanza hanno nelladefinizione della biografia del pittore.

“Gli occhi di Caravaggio. Gli anni dellaformazione tra Venezia e Milano”, Milano,Museo Diocesano, dall’11 marzo al 3 luglio2011. Per informazioni e prenotazioni tel.02 89420019. Catalogo: Silvana Editoriale.

La Mostra del tesorodi San Gennaro

Presentata nella sala Zuccari di PalazzoGiustiniani del Senato della Repubblica, laMostra Le Meraviglie del Tesoro di SanGennaro, i gioielli, ha avuto luogo a Napoli,in sette differenti strutture museali nel cen-tro storico della città, dall’8 aprile al 12 giu-gno. Per la prima volta nella storia, infatti,le opere più prestigiose del leggendarioTesoro di San Gennaro erano esposte alpubblico contemporaneamente nella splen-dida cornice di sette differenti siti musealidi Napoli.

Nel corso della presentazione sono statiresi noti anche i risultati di una minuziosaindagine compiuta da un’équipe di gemmo-logi e storici sui gioielli più preziosi fra tuttiquelli donati al Patrono di Napoli nell’arcodi sette secoli: il Tesoro di San Gennaro, èstata la clamorosa certificazione dei settericercatori che hanno indagato per quasi treanni sulle opere e le singole pietre (oltreduemila fra diamanti, rubini, smeraldi, zaffi-ri, perle), è tra i più importanti al mondoper valore artistico ed economico, superio-re al Tesoro della Corona d’Inghilterra e aquello dello Zar di Russia.

La Mostra, organizzata dal Museo delTesoro di San Gennaro con la collaborazio-ne della Sovrintendenza del Polo Museale diNapoli e con l’alto Patronato del Presidente

della Repubblica e della Presidenza delSenato, vuol essere anche un’occasione diriscatto per la città di Napoli, promuovendoe valorizzando il più importante patrimonioartistico e culturale del mondo e allo stessotempo “facendo sistema” sul territorio.

La Mostra si sviluppava infatti - casounico nelle esposizioni urbane - in sette sitimuseali diversi compresi nell’area del centrostorico cittadino. Con un biglietto unico inte-grato, quindi, il visitatore poteva ammirarenon solo le oltre 150 opere delle 21.610appartenenti al Tesoro (tra cui i dieci favolo-si gioielli, esposti nelle sale del Museo delTesoro di San Gennaro) ma anche capolavo-ri come Le Sette Opere di Misericordia delCaravaggio (Pio Monte della Misericordia) ole preziose tele di Luca Giordano (MuseoDiocesano) e luoghi dall’immenso valoreartistico che riapriranno per l’occasione,come il Complesso Monumentale deiGirolamini o l’antica Porta del Duomo.

“Le Meraviglie del Tesoro di San Gennaro,i gioielli”, Napoli, Museo del Tesoro di SanGennaro; “Le Sette Opere di Misericordia” delCaravaggio, Napoli, Pio Monte dellaMisericordia; “Le tele di Luca Giordano”,Napoli, Museo Diocesano; il ComplessoMonumentale dei Girolamini, Napoli;l’antica Porta del Duomo, Napoli, dall’8aprile al 12 giugno 2011.

Ligabue

Giusto 50 anni fa, Antonio Ligabue(Zurigo, 1899 - Gualtieri, Reggio Emilia,1965) viveva la sua consacrazione d’artistacon una mostra a Roma alla galleria LaBarcaccia, presentata da Giancarlo Vigorellie alla quale Ligabue partecipò a patto che ilgoverno gli desse una medaglia d’oro.Singhiozzava quando se la trovò tra le mani.Poco dopo, ad ascoltare “Dam un bes”(“Dammi un bacio”), la celebre canzone diAugusto Daolio dei Nomadi, lo si ritrova achiedere un “bacio per favore” alla Cesarina,la solare ostessa del paese. Era l’espressionedi “un bisogno d’amore che spacca il cuore”. Un sogno di normalità, dunque, che si con-cretizza nell’acquisto della Gilera. Ma El mattè ormai un artista se non consacrato almenoconsiderato.

Dopo la moto, ecco la macchina, altroinarrivabile sogno di una vita, con tanto diautista che si levasse il cappello aprendoglila portiera: una rivalsa su una esistenza terri-bile, fatta di rifiuto e marginalità, di abban-doni e di malattia. Presto arriva una paresi e,nel 1965, la morte.

Nel 1966 la Quadriennale di Roma ospi-ta le sue opere e lo sdogana definitivamen-te al mondo dell’arte, mentre la grandeantologica di Palazzo Reale a Milano e lapiù recente mostra alla Galleria d’artemoderna di Palazzo Pitti a Firenze lo hannoposto tra i grandi artisti del Novecento.Curata da Augusto Agosta Tota, per iniziati-va della Fondazione Magnani Rocca presie-duta da Manfredo Manfredi, in collabora-zione con Comune di Parma, Comune diTraversetolo e Centro Studi & ArchivioAntonio Ligabue, presieduto dallo stessoAugusto Agosta Tota, presentata da MarzioDall’Acqua e Vittorio Sgarbi, col coordina-mento di Stefano Roffi, una grande antolo-gica ha celebrato colui che semplicistica-

Mitra gemmata; Napoli, EccellentissimaDeputazione della Cappella di SanGennaro

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mente a lungo è stato definito “il buon sel-vaggio” della pittura italiana. La mostra, daltitolo Antonio Ligabue. La follia del genio,era visitabile dal 12 marzo al 26 giugno pro-prio nella Villa dei Capolavori, la raffinatadimora che fu di Luigi Magnani. Venivanopresentate circa centocinquanta opere, unesemplare excursus su tutte le diverseanime d’artista: una ampia selezione deisuoi celebri oli, un nucleo di disegni e diincisioni e alcune delle sue intense sculturerealizzate dall’originale in argilla del suoamato Po che l’artista masticava a lungo perrenderla duttile.

Ligabue è certamente uno dei protagoni-sti dell’arte del XX secolo, un grande espres-sionista, al pari di Van Gogh e Munch. Iltalento e le tensioni, infatti, sono quelli di unmaestro sicuro e ben si colgono dalla poten-za visionaria, dalla stesura pittorica e dairimandi continui - come contrappunti - nellosviluppo della sua opera. Dal primitivismoincerto della prima fase, più ingenua e con-clusasi con gli anni Trenta, all’esplosioneespressionista dal colore violento e dallapennellata convulsa. Una vita vissuta comeconflitto che non lascia tregua, un’esistenzatrascorsa fuori e dentro il manicomio, dovel’arte era puro e semplice mestiere di viveree andava a coincidere con la vita stessa, inun mondo a lui sempre ostile.

Una vita passata a contatto conl’universo animale che amava tanto, cheritraeva con studio anatomico rigoroso, imi-tando i versi delle bestie mentre le dipinge-va con colori frenetici, in una visionariaricerca identitaria. Dagli animali domesticidel primo periodo, alle tigri dalle fauci spa-lancate, i leoni mostruosi, i serpenti, i rapa-ci che ghermiscono la preda o lottano perla sopravvivenza: una vera e propria giun-gla che l’artista immagina con allucinatafantasia fra i boschi del Po.

È particolarmente negli autoritratti cheLigabue dipinge il proprio dolore esisten-ziale, gridandolo con l’urgenza di una sen-sibilità intensa e ferina; è il tormento diun’anima che grazie alla pittura trova lapropria voce e il proprio riscatto.

“Antonio Ligabue. La follia del genio”,Parma; Mamiano di Traversetolo,Fondazione Magnani Rocca, viaFondazione Magnani Rocca 4, dal 12 marzoal 26 giugno 2011.

Leonardeschi a PaviaUna nuova stagione artistica nel segno di

Leonardo (opere di idraulica, le amicizie,l’incontro con il Salai, l’impressione dellagrande statua equestre del Regisole, le operedei suoi seguaci per la Certosa, ecc.); dall’al-tra il desiderio di approfondire grazie alleimportantissime collezioni russe eccezional-mente esposte in Italia, in dialogo con quel-le pavesi, un aspetto quanto mai affascinan-te e intrigante della storia artistica lombardae del nostro Rinascimento.

Il fenomeno dei Leonardeschi, guardatocon sospetto dalla critica d’inizi Novecento -“creatori di cadaveri galvanizzati” li avevadefiniti Roberto Loghi con colorita veemenza- è stato valutato con grande interesse eattenzione a partire dagli ultimi decenni delXIX secolo. E’ evidente che le possibilitàcreative dei seguaci di Leonardo non si limi-tarono infatti ad una ripetizione stantia delletipologie e degli schemi leonardeschi ma svi-lupparono in modo molto dinamico l’artelombarda contribuendo al suo rinnovamentoe nel contempo permisero il diffondersi diuna nuova arte in tutta Italia.

E’ come se un fremito avesse scosso laterra, ma nel contempo fosse necessaria lapresa di coscienza, l’assimilazione e la riela-borazione di quel che di sconvolgente eraaccaduto: e questo in Lombardia fu possibi-le grazie all’opera - con esiti di assoluto livel-lo e spesso di grande poesia - di artisti comeMelzi, Cesare da Sesto, Luini, Boltraffi o ecc.“...straordinari artisti, - scrive MichailPiotrovskij, direttore dell’Ermitage, nella suapresentazione parlando dei Leonardeschi edella “scuola” di Rambrandt - che hannofatto dei grandi maestri non soltanto unevento, ma un vero e proprio fenomeno.”

Ai tempi in cui comparve Leonardo alla

corte di Ludovico il Moro, la Lombardia eraabbastanza arretrata dal punto di vista cultu-rale. A Milano si conservava lo stile goticointernazione molto amato dalla corti deigovernanti, che continuavano a seguire neipropri castelli, per molti aspetti, uno stile divita feudale.

La scena era allora dominata da VincenzoFoppa, il pittore sicuramente più importanteal tempo, e dagli inizi “argentei” della pittu-ra del suo seguace: Ambrogio Borgognone.

La mostra ne dà conto con alcune opereimportantissime prestate dall’Ermitage: i duepannelli con le figure di Santo Stefano el’Arcangelo San Michele, parte del politticorealizzato da Foppa nel 1461 su committen-za di Battista Spinola per la Chiesa di SanDomenico a Genova, e il San GiacomoMaggiore del Borgognone (dipinto che noncompariva nella mostra dedicata all’artista aPavia nel 1996), dai riccioli lucenti e dallesplendide rifiniture della veste.

A questi si aggiungono a Pavia due capo-lavori conservati nelle collezioni dei MuseiCivici che ribadiscono il ruolo di primopiano dei due pittori nel clima del rinasci-mento lombardo: il Cristo portacroce diBergognone, caratterizzato da grande raffi-natezza e delicati passaggi cromatici, stretta-mente legato al cantiere della Certosa (in cuiil pittore è impegnato a partire dal 1488) e laPala Bottigella di Foppa, realizzata tra il1477-78 e il 1485-87 per la cappellaBottigella della chiesa pavese di SanTommaso. La pala è da poche settimane tor-nata visibile nella Pinacoteca dopo un lungo,importante restauro.

Ma l’interesse per la luce di Foppa eBorgognone non ha nulla a che vedere conil modo in cui affronta il problema Leonardo,che propostosi a Ludovico il Moro soprattut-to come ingegnere e idraulico, inizierà vice-versa a imporsi a Milano proprio partendodalla pittura.

E dopo un’opera programmatica come laVergine delle rocce, il cartone con Sant’Anna,la Dama con l’Ermellino e l’Ultima Cena, nonsarà più possibile non confrontarsi con lui etornare alla vecchia arte.

In realtà già la copia di un pittore anoni-mo, qui esposta, tratta liberamente della gio-vanile Madonna Benois, realizzata daLeonardo ancora in Toscana - uno dei duecapolavori di mano del Maestro conservatiall’Ermitage insieme alla “Madonna Litta” -ben testimonia la capacità di presa dell’artedi Leonardo e lo scontarsi delle tendenzenuove e vecchie nell’arte italiana di fineQuattrocento.

Leonardo presso la corte degli Sforza,anche per far fronte ai tanti impegni, si con-torna di allievi, aiutanti, seguaci che in variomodo recepiranno la lezione leonardescatestimoniando la fortuna delle sue concezio-ni espressive e formali, in primis la tecnicadello sfumato, e la volontà di studiare e rap-presentare i moti dell’anima.

Prima di tutti c’è Francesco Melzi: unodegli allievi preferiti dal Maestro, tanto cheFrancesco seguirà il da Vinci in Francia ederediterà i suoi disegni e manoscritti. La pro-duzione certa di Melzi si basa su pochissimeopere, ma l’attribuzione della bellissima Floradell’Ermitage - che Tatiana Kustodieva collo-ca non prima del 1520 ca. - è condivisa dallapiù recente critica. In realtà la tela che svolgeil tema del grande mistero della natura, fon-damento di tutto l’universo, era stata acquista

Antonio Ligabue, Tigre assalita dal serpente

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all’asta dall’Ermitage, dopo la morte del re deiPaesi Bassi Guglielmo II, nel 1850, comeopera di Leonardo, ed era stata pagata 40.000franchi.

Il nome di Giampietrino (GiovanniPietro Rizzoli) viene menzionato in uno deimanoscritti di Leonardo del 1497 ma i suoiprimi lavori risalgono al 1508. Divenne pre-sto dotato di un’individualità abbastanzabrillante e di una riconoscibile maniera diesecuzione. Tra i lavori prestatidall’Ermitage vi sono il Cristo con il Simbolodella Trinità, originale dal quale deriva lacopia di Brera, l’Apostolo Giovanni, a luiattributo per la prima volta nel 1995 dallaKustodieva, grazie ai risultati delle indaginiad infrarossi che hanno rivelato un’altracomposizione sottostante, la bellissimaMadonna con il Bambino e - infine - laMaria Maddalena penitente, acquistata nelrecente 1977 da un privato. Sarà quanto maiinteressante confrontare la Madonna pietro-burghese con la splendida pala d’altare ese-guita nel 1521 per la Chiesa di San Marinoa Pavia: confronto che secondo i curatoripermetterebbe - per la grande unità dellacomposizione e l’originalità dell’idea conce-pita per il dipinto delle collezioni russe - didatare l’opera dell’Ermitage ad un periodopiù tardo.

Anche la Maria Maddalena penitente -tema determinante nella produzione diGiampietrino, che ne offre una interpreta-zione di grande dolcezza in diverse varianti- può essere messa in relazione diretta conl’esemplare dello stesso soggetto nelle colle-zioni pavesi, ove è stato riconosciuto il pro-totipo della Maddalena orante con le manigiunte. Indiscutibile maestro guida nellaLombardia del Cinquecento è BernardinoLuini la cui autonomia e le innovazioni otte-nute nel campo della forma e del ritmo nonhanno bisogno d’essere dimostrate.Purtuttavia anche lui fu attratto dalla magiadella pittura di Leonardo. Tra i suoi lavoripiù leonardeschi prestati dall’Ermitage vi èla Santa Caterina, intrisa di grande liricità,opera forse appartenuta nel XVII secolo -quale eccezionale Leonardo - al Duca diModena e acquistata dalla Zar Alessandro Inel 1815 dalla collezione Boharnais.Bernardino Luini sarà rappresentato inmostra anche con due porzioni di affreschiprovenienti dalla celebre Villa della Pelucca,appartenuta a Gerolamo Rabia e affrescatadal Luini intorno agli anni Venti delCinquecento, ora di proprietà dei MuseiCivici di Pavia, e da alcune repliche e provedi bottega - sempre pavesi - che attestano lafortuna delle sue soluzioni vicine agli esem-pi del maestro.

La Sacra famiglia con Santa Caterina diCesare da Sesto, una delle figure più signifi-cative della pittura lombarda del XVI secolo,è un gioiello dell’esposizione permanentedella pittura italiana dell’Ermitage. JacobStaëhlin nel compliare l’elenco dei quadripervenuti all’Ermitage negli anni Sessantadel Settecento scriveva: “Leonardo da Vinci.Una delle cose più sublimi di questo mae-stro…. acquistata nel 1769 per 5.000 rubli” e,come abbiamo visto, anche Stendahl nerimase affascinato.

Il tuffo nella grande arte lombarda, all’in-segna del da Vinci, continua con il Sodoma(Giovanni Antonio Bazzi), che trova inLeonardo un’importante fonte di ricercacreativa, tanto che nel suo Cupido in pae-

saggio sembra cogliere l’esito degli studicondotti da Leonardo sui fanciulli nell’atto digiocare; e ancora con Giovanni FrancescoCaroto - veronese, presente sulla scena mila-nese intorno ai primi decenni delCinquecento - che oggi è considerato moltopiù “leonardesco” di quanto non apparissein precedenza: la scoperta del mondo inte-riore introdotta da Leonardo è evidente nel-l’opera dell’Ermitage Madonna con i SantiFrancesco e Caterina.

Altre opere del grande museo russo inmostra, riconducibili alla scuola leonardesca,sono ancora di difficile attribuzione, ma nonmeno interessanti. In particolare l’Angeloche, anche se in cattive condizioni, è l’unicareplica della celeberrima opera di Leonardodescritta dal Vasari - mai pervenuta in etàmoderna - raffigurante effettivamente unangelo e non il Giovanni Battista ed è anchela versione più vicina alla descrizione delVasari; o ancora il dipinto raffigurante unaDonna nuda, acquistato alla fine delSettecento presso Robert Walpole - già mini-stro sotto i due re inglesi Giorgio I e GiorgioII - che potrebbe forse essere ascritto al tantoenigmatico Salai: fin dall’età di dieci anni abottega dal Maestro e per il quale egli avevaun debole, perdonandogli ogni malefatta.Nel percorso, tra le opere pavesi, interessan-ti sono anche il Ritratto di dama in veste disanta, già attribuito al Boltraffi o comunqueda ricondurre a un artista a lui vicino, piena-mente inserito nel leonardismo milanese delprimo decennio del Cinquecento, e ilRitratto del medico Cesare De Milio, al servi-zio del re d’Ungheria, contraddistinto daltaglio numismatico di profilo e dall’inusualeinserto della natura morta.

“Leonardeschi. Da Foppa a Giampietrino:dipinti dal Museo Statale Ermitage di SanPietroburgo e dai Musei Civici di Pavia”,Castello Visconteo, dal 20 marzo al 10 luglio2011. Per informazioni: tel. 0382 33853;www.comune.pv.it. Catalogo: Skira.

Roma, Cappella Contarelli

Nell’ambito delle celebrazioni del IV cen-tenario della morte di Caravaggio, dal 10marzo 2011 la Soprintendenza Speciale per ilPatrimonio Storico Artistico edEntnoantropologico e per il Polo Musealedella città di Roma, diretta da RossellaVodret, presenta nell’ex-Refettorio di PalazzoVenezia una mostra didattica per illustrare glistraordinari dipinti che Caravaggio eseguìnella cappella Contarelli in San Luigi deiFrancesi a Roma.

La mostra, dal titolo Caravaggio. LaCappella Contarelli, presenta gli esiti dellanuova campagna diagnostica eseguita sui tredipinti, Martirio di San Matteo, Chiamata diSan Matteo, San Matteo e l’angelo, promossadal Comitato Nazionale per le celebrazionidel IV centenario della morte di Caravaggioed è inserita in un più ampio progetto diricerca finalizzato alla pubblicazione di unvolume dedicato alla tecnica delle opere delgrande maestro conservate a Roma.

Le prime radiografie dei dipinti, già effet-tuate dall’Istituto Centrale del Restauro nel1951 svelarono, sul Martirio di San Matteo, lapresenza di una prima versione completa-mente differente, che mostrava le scelte e ledifficoltà compositive di Caravaggio alle prese

con la sua prima opera pubblica nel 1599. Le nuove ricerche hanno affrontato i tre

dipinti esaminandoli con tecnologie innova-tive di Radiografia su supporto digitale,Riflettografia infrarossa e Analisi delle fluo-rescenza dei raggi X (XRF). Nell’occasionel’Istituto Superiore per la Conservazione e ilRestauro (ISCR) diretta da Gisella Capponiha provveduto alla verifica dello stato diconservazione – rivelatosi ottimale - e allaspolveratura dei dipinti, consentendo unapreziosa nuova campagna di documentazio-ne fotografica.

I risultati hanno straordinariamente arric-chito le conoscenze della tecnica esecutiva ecompositiva del Merisi, che si rivela pittorecapace di trasporre idee prospettiche delrepertorio rinascimentale e di organizzare“geometricamente” lo spazio delle sue tele. L’Incisione Prevedari (1481), tratta da undisegno prospettico di Donato Bramante,viene utilizzata per la realizzazione dell’ar-chitettura nella prima versione del Martiriodi San Matteo.

Le inedite tracce di compasso rilevatenello sfondo della Chiamata di San Matteosegnano i punti di misura per una partizio-ne della superficie e fissano la linead’orizzonte e le scansioni verticali dellascena, secondo equilibri che rispecchiano iproporzionamenti regolati dalla sezioneaurea.

La qualità e l’alta risoluzione delle imma-gini multispettrali hanno permesso unafedele e precisa ricostruzione del travagliatopercorso che ha condotto Caravaggio a ela-borare compiutamente una prima redazionedel Martirio, per poi abbandonarla in favoredel racconto drammatico e incalzante dellaversione ora sulla parete destra della cap-pella. La pala d’altare, dipinta circa due annidopo (1602), ha rivelato il fare pittorico diun maestro già maturo che riprende “davan-ti del naturale” i suoi modelli, incidendotutto intorno i loro profili sulla mestica,anche in corrispondenza delle parti che nonverranno dipinte, come la gamba destra del-l’angelo. Per tale ragione si è voluto presen-tare ad un vasto pubblico questi risultatiancora inediti, costituiti di immagini straor-dinarie e generalmente accessibili solo a unpubblico di specialisti.

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La mostra – ideata da Rossella Vodret ecurata da Marco Cardinali e Maria BeatriceDe Ruggieri – ricostruisce nell’ex Refettorioun ambiente reso suggestivo dalle grandiriproduzioni fotografiche dei dipinti, cheoffrono l’occasione di osservare da vicino idettagli normalmente non leggibili nellapenombra della cappella. Una postazioneinterattiva conduce i visitatori nel viaggioimpossibile attraverso gli strati della pittura ei tempi della creazione. E’ possibile navigarenei dettagli delle superfici dipinte e di sfo-gliarle attraverso le riflettografie all’infrarossoe le radiografie. Un video di circa 30 minuti,proiettato su un ampio schermo largo 5metri, racconta attraverso le voci dei prota-gonisti del passato e del presente, le vicende– anch’esse speciali – che accompagnaronola storia della cappella fin dai suoi inizi.

“Caravaggio. La cappella Contarelli”,Roma, Palazzo Venezia, Ex Refettorio, dal10 marzo al 15 ottobre 2011. Per informa-zioni: 06 88522480; 06 69994218.

Piero della Francesca:Madonna di Senigallia dopo il restauro

La Madonna di Senigallia di Piero dellaFrancesca è tornata al suo antico splendore aseguito di un intervento di restauro effettuatodall’Istituto Superiore per la Conservazione eil Restauro di Roma, per volere dellaSoprintendenza per il Patrimonio Storico,Artistico ed Etnoantropologico delleMarche, per tutelare l’opera dai rischi legatiall’esposizione nella mostra Melozzo daForlì. L’umana bellezza tra Piero dellaFrancesca e Raffaello, allestita a Forlì neiMusei di San Domenico dal 29 gennaio al12 giugno.

Il dipinto, che risale agli ultimi trent’an-ni del Quattrocento ed è conservato nellaGalleria Nazionale delle Marche a Urbino sidistingue per la mirabile composizione,costruita seguendo una rigorosa e semplicecostruzione geometrica dei volumi dei corpie nella prospettiva della stanza, e resa affa-scinante dall’ingresso della luce che provie-ne sia da sinistra che da una finestra.

L’opera, che presenta una monumentaleMadonna col Bambino con accanto dueangeli, è un tassello di fondamentale impor-tanza per ricostruire le vicende artistichedel suo autore, poiché attesta un momentodi sperimentazione che ha determinato ilpassaggio dalla pittura a tempera a quellaad olio, su ispirazione dei pittori fiammin-ghi, come Jan Van Eyck, all’epoca noti nellecorti di Ferrara, poi ad Urbino.

Su richiesta della Soprintendenza Psaedelle Marche, la Madonna di Senigallia,prima dell’esposizione nella mostra forlive-se dedicata a Melozzo, è tornata dopo cin-quant’anni nell’Istituto Superiore per laConservazione e il Restauro, per sottopor-la a un nuovo intervento di recupero.

Già restaurato da Paolo e Laura Mora nel1953, con la direzione di Cesare Brandi, ildipinto allo stato attuale non presentava,nonostante gli anni trascorsi, uno stato diconservazione precario. Nel 1953 è statosottoposto a indagini conoscitive, effettuateattraverso fotografie alla fluorescenza degli

ultravioletti, radiografie e sezioni stratigrafi-che. Fra le operazioni più complesse ildipinto fu sottoposto a raddrizzamento del-l’unico supporto in noce che compone lasua tavola. A riguardo furono effettuatialcuni tagli nella parte più curva el’inserimento di sverzature, ovvero cunei dilegno triangolari che venivano utilizzate perfar assumere ad una tavola una posizionepiana. Fu effettuato un intervento di pulitu-ra, che permise la rimozione dei vecchirestauri in vernice, che avevano prodottouna “fioritura” in superficie, e le stuccatureche riempivano i solchi che il colore,restringendosi, aveva prodotto.

Fra gli aspetti rilevanti emersero la qua-lità della tecnica esecutiva, ovvero l’estremacura nella preparazione della tavola e deicolori, con l’utilizzo dell’olio di lino nellamestica, una miscela di materiali differenti.

Con l’attuale intervento di restauro èstato effettuato uno studio preliminare per ilriconoscimento e la caratterizzazione deimateriali costitutivi, attraverso una docu-mentazione fotografica, sia a luce normaleche a luce radente, e indagini multi-spettra-li non distruttive come l’indagine radiografi-ca, la fluorescenza x, l’indagine fotograficain luce UV, la colorimetria e la riflettografiaIR.; infine sono state eseguite indagini ana-litiche sui tamponi di pulitura e il control-lo dell’adesione e coesione della pellicolapittorica e degli strati preparatori e sullostato di conservazione del supporto.

Dopo queste premesse gli strati superfi-ciali dell’opera sono stati sottoposti a puli-tura, che è avvenuta tramite un attento con-trollo e una selezione delle superfici daasportare. Tale operazione è avvenuta attra-verso l’ausilio di uno stereomicroscopio.L’ultimo intervento ha garantito la reinte-grazione pittorica delle piccole lacune, pre-cedentemente pulite e la verniciatura dellatavola a protezione della superficie dipinta.

Lorenzo Lotto alle Scuderiedel Quirinale

Le Scuderie del Quirinale - dopo le gran-di esposizioni monografiche dedicate aLorenzo Lotto nel 1953 a Venezia e nel 1998a Bergamo, Parigi e Washington – presenta-

vano a Roma, per la prima volta, unamostra che attraversa tutta la produzioneartistica di questo straordinario e solitariomaestro del Rinascimento italiano che,lasciata alle spalle la tranquilla provinciaveneta e marchigiana, visse, fra l’altro, bre-vemente a Roma, città dalla quale, all’epo-ca, non fu mai pienamente compreso.“Solo, senza fedel governo e molto inquie-to nella mente”, come lui stesso ebbe adescriversi, riprese il suo vagabondare e sispense, da oblato, nella Santa Casa diLoreto, nelle Marche.

Lorenzo Lotto, nato nel Quattrocento,riuscì, in modo del tutto autonomo e origi-nale, a conciliare gli elementi tradizionalidella grande pittura della sua epoca con ele-menti già anticipatori dell’età barocca.Partendo dalle suggestioni compositive diGiovanni Bellini, imparò da Antonello daMessina a guardare l’animo umano e a nar-rarlo sulla tela, in una messa in scena doveè il grande artista tedesco Albrecht Dürer afare da riferimento primo. La mostra LorenzoLotto si inserisce pienamente nella tradizionedelle Scuderie del Quirinale che, anno dopoanno, dedicano grandi monografie ai prota-gonisti della storia dell’arte italiana. Dalleopere devozionali a quelle profane, dallegrandi pale d’altare ai ritratti: 57 opere fon-damentali per comprendere pienamente ilpercorso artistico e biografico di LorenzoLotto ed esaltarne la visione e la poetica. Ilvisitatore poteva cogliere i suoi sprazzi diluce fredda, i piani prospettici mirabilmentee insolitamente tagliati, i ritmi serrati dellesue composizioni, sottolineati dall’intrecciar-si di sguardi e gesti dei personaggi immersiin una natura misteriosa e inquietante.Questo, e molto altro ancora, era LorenzoLotto alle Scuderie del Quirinale: dal Politticodi San Domenico di Recanati (che è statorestaurato in un cantiere aperto apposita-mente allestito in mostra), alla Deposizionedi Jesi, dall’indimenticabile Annunciazionedi Recanati, con il gattino terrorizzato dal-l’apparizione dell’Angelo, alla sontuosaMadonna del Rosario di Cingoli fino a quel-la struggente e misteriosa ultimaPresentazione al Tempio di Loreto. Nellesale, inoltre, celebri e rarissime opere profa-ne come La Castità mette in fuga Cupido e laLussuria della collezione Pallavicini o i suoiritratti più famosi come il Triplice ritratto diorefice da Vienna o il Ritratto d’uomo con ilcappello di feltro da Ottawa. Un allestimentooriginale delle sale espositive consentiva unalettura pacata e suggestiva delle opere chia-ve provenienti dai luoghi dove Lorenzo

Lorenzo Lotto, Ritratto di AndreaOdoni; Hampton Court, Collezioni reali.

Piero della Francesca, Madonna di

Senigallia; Urbino, Galleria Nazionale

delle Marche

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Lotto visse e operò: Bergamo, le Marche e ilVeneto, con il concorso di prestiti prove-nienti dai musei di tutto il mondo, dalLouvre alla National Gallery di Londra, dallaGemäldegalerie di Berlino al MetropolitanMuseum di New York e alla National Gallerydi Washington. Un progetto espositivo com-plesso, dunque, documentato da un catalogoraffinato, a cura della Silvana Editoriale.

“Lorenzo Lotto”, Roma, Scuderie delQuirinale, dal 2 marzo al 12 giugno 2011.Catalogo: Silvana Editoriale.

Alle radici dell’identitànazionale al Vittoriano

In occasione delle celebrazioni per il150° anniversario dell’Unità d’Italia, ilComplesso Monumentale del Vittoriano haospitato fino al 2 giugno 2011 la grandemostra Alle radici dell’identità nazionale.Italia Nazione Culturale promossa da Romacapitale in collaborazione con BNL –Gruppo BNP Paribas, UniCredit Banca diRoma, Monte dei Paschi di Siena.

La rassegna, a cura di Marcello Venezianicon il coordinamento scientifico di MarcoPizzo, è organizzata e realizzata daComunicare Organizzando di AlessandroNicosia.

Attraverso oltre duecento opere tradipinti, sculture, documenti, libri antichi,fotografie, manufatti, mappe, cartine geo-grafiche e video, la mostra nasce conl’obiettivo di ricercare le radici della nostranazione o, meglio ancora, della nostra“civiltà nazionale” intesa come sintesi mille-naria di istanze culturali diverse.

La mostraQuali sono le tracce dell’Italia, intesa

come nazione culturale ? Quali sono letappe che ne hanno segnato il percorso cul-turale contribuendo a tracciare il suo carat-teristico profilo e le sue specificità?

Italia Nazione CulturaleL’Unità d’Italia, ancor prima di essere

realizzata dalle vicende risorgimentali, checontribuirono a formare lo Stato italiano,era di fatto unita sul piano culturale: una“Nazione delle Lettere”. Una nazione cheaveva i suoi padri spirituali in Dante,Petrarca, Boccaccio per proseguire conMachiavelli, Ariosto, Tasso fino ad arrivaread Alfieri, Foscolo, Leopardi e Manzoni.Questa Italia “delle Lettere” era rappresen-tata nella mostra utilizzando tipologie docu-mentarie diverse: manoscritti e documentiautografi, libri a stampa - rare edizioni spes-so recanti annotazioni a margine o raffinateillustrazioni - e dipinti che evocano i gran-di uomini della cultura letteraria italiana delpassato. Non tanto però con l’intento di sof-fermarsi sulla storia della lingua quanto perpassare in rassegna due diverse funzionidella scrittura, intesa come modo di tra-smettere le idee e come modo per docu-mentare i fatti; la letteratura come docu-mento e i documenti per la storia della let-teratura. Il percorso espositivo voleva esse-re uno strumento di riflessione sui varimodi in cui la nostra letteratura si è interro-gata sulle proprie radici che affondano nel-l’eredità del classico e che in un secondomomento ha visto nella religione e nella

Chiesa un momento di diffusione e di con-servazione del sapere.

Le opere che sono state selezionate pro-venivano da quel tessuto connettivo, estre-mamente variegato ed esteso su tutta lapenisola, costituito dagli archivi, dallebiblioteche e dai musei.

Si intrecciava così un percorso legatoalla storia della tradizione letteraria italianain cui si presentano le immagini che con-sentono di vedere come, poco dopo l‘unitàd’Italia, si iniziarono a costruire questi “luo-ghi della memoria”. Scorrevano così leimmagini degli allestimenti ottocenteschi dialcuni musei italiani e quelle della nascitadelle biblioteche nazionali. Si trattava inmolti casi di materiali documentari ineditiche vogliono tentare di far vedere l’estremavarietà dei materiali documentari che è pos-sibile utilizzare per “fare storia”, una sortadi antologia delle fonti oggi utilizzabili perfar affiorare il profilo del nostro ritratto cul-turale. E’ questa complessità che costituisceun’altra anima della cultura italiana in cui lacircolazione del pensiero superava agevol-mente le divisioni territoriali e la frammen-tazione politica, nutrendosi al contrario diquesta eterogeneità scaturita da un senti-mento comune.

Arte e Identità nazionaleL’arte italiana rappresenta l’altro grande

aspetto in cui l’Italia trova un suo momentodi coesione nazionale: i grandi artisti italia-ni – da Michelangelo a Raffaello, da Tizianoal Bernini – costituiscono con le loro opereun tratto del tutto specifico e caratteristico.La loro fama e fortuna critica fa sì che inizi-no a circolare in vari parti della penisolacopie di opere famose in grado di diffon-dere e tramandare la lezione dei Maestri.Ancor prima della nascita dei musei, sonoproprio queste “copie” – spesso non dialtissimo pregio artistico ma di altissimovalore documentario – che formano latrama connettiva della maniera italiana, chevedeva nei grandi artisti una declinazionedella particolare lezione dell’arte italiana:dalla scuola veneta a quella toscana; dallatrazione emiliana alla maniera lombarda.

I celebri artisti dell’Italia dal XIII al XXsecolo, diventano una sorta di ideale galle-

ria degli uomini illustri che recupera lalezione della tradizione classica che inveraattraverso le grandi opere, i capolavori del-l’arte. Uno stile che troverà anche nell’etàcontemporanea la sua modalità espressivanel design e nella moda.

“Fare gli italiani”: la scuola nell’Italiaunita

Ma se la lingua letteraria era un patri-monio ormai acquisito, molto si doveva fareper estenderne l’uso e la comprensionemediante la scuola. L’estensione dell’istru-zione obbligatoria e la riforma del sistemascolastico, da Casati a Coppino, preparò unnuovo modo di utilizzare l’Italiano, una lin-gua che con l’avvento del Novecento trovònella radio prima e nella televisione poi,straordinari strumenti di diffusione. Lalezione “alta” della letteratura prende unaforma e declinazione diversa nei testi scola-stici e nella letteratura dell’infanzia. E‘ lascuola che contribuisce a “fare gli italiani”,che fa circolare una cultura unitaria, cer-cando di levigare le differenze reali tra lesingole varietà regionali e la diversità delle“cento città” all’interno di una cultura unita-ria e nazionale. Passare in rassegna leimmagini di aule scolastiche affollate egruppi di scolari, tra la fine del XIX secoloe la metà del XX secolo, era forse la manie-ra più chiara ad evidente per riuscire a capi-re il mutamento reale che subì l’Italia unita.

L’Italia espressione geograficaTra i caratteri della identità italiana un

tratto distintivo è rappresentato dal suoinconfondibile paesaggio, che, non a caso èdiventato un “bene culturale”. La maniera dirappresentare il territorio attraverso i secoliha conosciuto evoluzioni e varianti – daidisegni alle mappe, dalla cartografia geo-grafica alle vedute pittoriche – ma uno deimomenti che sicuramente hanno contribui-to a diffondere la conoscenza del territoriofurono gli studi e gli elaborati preparatoriper la redazione della prima carta geologi-ca italiana, fortemente voluta da QuintinoSella. La presenza in mostra della serie com-pleta dei plastici tridimensionali che costi-tuiva il perno delle collezioni dell’anticomuseo di mineralogia voleva esserel’espressione sintetica di un modo di inten-

Francesco Podesti, Torquato Tasso alla corte di Ferrara; Brescia, Museo SantaGiulia.

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dere la scienza a cavallo tra conoscenza earte.

D’altra parte fu proprio il sapere scienti-fico che prendendo le mosse dalla lezionedi Galileo Galilei gettò le basi per queiCongressi degli scienziati italiani che agliinizi dell’Ottocento posero le basi per unaItalia unita anche dal punto di vista dellacultura scientifica.

Le IconeAd aprire il percorso espositivo, una

sezione arricchita da foto, filmati e oggetti,dedicata a diciotto grandi personaggi dellanostra storia nazionale dal 1861 ad oggi,simboli e vere e proprie “icone” dell’Italia:Giuseppe Garibaldi, Alessandro Manzoni,Giuseppe Verdi, Gabriele D’Annunzio, LuigiPirandello, Eleonora Duse, Il Futurismo,Benedetto Croce, Giosuè Carducci, EnricoCaruso, Arturo Toscanini, Padre Pio,Guglielmo Marconi, Enrico Fermi, IlNeorealismo (Rossellini, De Sica, Visconti,Fellini), Fausto Coppi, Totò, La nazionale dicalcio.

L’arte del saper fare bene italianoIl made in Italy viene da molto lontano:

è il frutto di una lunga e fertile cooperazio-ne tra cultura, arte, artigianato, abilità mani-fatturiera, territorio, memorie storiche.Questa sezione della mostra voleva esseretestimonianza del “saper fare bene” in Italianei tanti settori in cui il nostro Paese si è dasempre contraddistinto: moda, artigianato,cinema, design, cucina.

“Alle radici dell’identità nazionale.Italia Nazione Culturale”, Roma,Complesso del Vittoriano, PiazzaD’Aracoeli, dal 17 marzo al 2 giugno 2011.Catalogo: Gangemi Editore

I ritratti del potereIl ritratto è uno dei modi per tramanda-

re la memoria di sé nel tempo. Attraverso lenumerose tecniche artistiche adottate – pit-tura, scultura, fotografia e infine la piùsconvolgente di tutte, la cinematografia,perché non congela la figura in un momen-to eterno, ma le dà una parvenza di mobili-tà e di vita – non muta il desiderio degliuomini di esorcizzare la morte lasciando aiposteri un’immagine di sé capace di soprav-vivere nei secoli. La comparsa di un ogget-to, non solo artistico, come sostituto dell’in-dividuo è stata una delle prime azioni com-piute dagli uomini, sia lasciando l’improntadelle proprie mani sulle pareti delle grotte,sia rivestendo i teschi degli antenati conargilla fino a dare loro un aspetto umano siaancora erigendo sulle tombe segnacoli chene dichiarino la presenza oltre la morte.

Partendo da questa riflessione, la mostraa cura di Eugenio La Rocca e Claudio ParisiPresicce Ritratti. Le tante facce del potere -Roma, Musei Capitolini dal 10 marzo al 25settembre 2011 - rappresenta una dupliceoccasione per il visitatore.

Da un lato, attraverso una ricchissimascelta di ritratti di altissimo livello artistico -oltre 150 pezzi tra teste, busti e statue afigura intera provenienti dai maggiori museieuropei - si conoscerà meglio quali furonole origini del ritratto romano, e quali i modidi rappresentazione dei romani in un arcodi tempo che va dalla città repubblicanaall’età tardo-antica. Si parte dai primi ritratti

in terracotta e in bronzo e si attraversa lavasta produzione in marmo e in bronzo dietà imperiale.

Oltre all’indiscutibile bellezza ed impor-tanza dei tanti pezzi esposti, la mostra sipresta a molteplici riflessioni. Ad esempio,nella sezione Dalla maschera al ritratto sisegue il percorso che dai calchi realizzatisul volto dei defunti o di personaggi viven-ti portò alle prime elaborazioni ritrattistiche.In Egitto, Grecia, Roma si illustra il dipa-narsi di due differenti modi di rappresenta-zione: a carattere ideale, con un decisomiglioramento dei tratti facciali secondo icanoni di bellezza vigenti, ed a carattereindividuale, o realistico, nel quale, al con-trario, si privilegia la riproduzione dei linea-menti specifici dell’individuo. Nella sezionePrincipi e uomini come dei sono illustrati imodi dell’assimilazione dell’immagine del-l’imperatore a quella degli dei. In Lo sche-ma delle immagini si offre una panoramicaquanto più completa possibile delle tipolo-gie di modelli statuari utilizzati (statue inlorica, statue in toga, statue in nudità eroi-ca, ritratti entro scudo) e si propone con-temporaneamente uno zoom sul senso e sulvalore della gestualità quale strumento dicomunicazione. Nella sezione Il volto deipotenti una galleria dei volti dei principalipersonaggi della storia romana, dallaRepubblica all’Impero, mostra come le loroimmagini siano state costruite anche inchiave di comunicazione politica. E l’ultimasezione Le acconciature femminili offrel’estro di riflettere su come anche i cambia-menti di moda e gusto non siano fenomeniesclusivamente estetici, ma riflettano pro-fonde trasformazioni in atto all’interno dellasocietà.

La mostra offre la straordinaria occasio-ne di riflettere su uno dei principali mezzidi comunicazione del mondo antico. A par-tire dalla tarda repubblica, Roma e le cittàromane risultano affollate da una straordi-naria quantità di immagini: i monumentipubblici e celebrativi, i monumenti funerarie le stesse case trasmettono senza soluzio-ne di continuità i volti di personaggi onora-ti o degli antenati illustri. È naturalmenteuna esigenza di comunicazione tesa alla sta-

bilizzazione del proprio prestigio personale.Non si tratta infatti di riprodurre semplice-mente le fattezze fisionomiche dell’indivi-duo secondo precisi intenti naturalistici,quanto di comunicare un messaggio diauto-rappresentazione.

Di qui nascono differenti tipi di ritrattiche, pur conservando intatta la loro capaci-tà di riprodurre i tratti fisionomici di uomi-ni illustri, ne interpreta le fattezze per offrir-ne ora un’immagine eroica, dell’energicouomo d’azione, ora dell’uomo politicoormai maturo e pacato.

É un fenomeno comunicativo già pre-sente in ambiente greco, ad esempio neiritratti dei sovrani, nei quali si passa in con-tinuazione da ritratti realistici, che trasmet-tono un forte senso di energia, a ritratti cheidealizzano l’immagine per renderla simile aquella di un dio. I Romani seppero ade-guarlo alla loro società in modo ecceziona-le, come mostrano i ritratti di Augusto, dagiovane rappresentato come un novelloAlessandro Magno, da uomo maturo comeriflessivo e attento al bene comune, conso-no all’esaltazione dei valori religiosi e mora-li del pontefice massimo e dell’uomo digoverno.

D’altronde, quasi ogni imperatore hatentato di farsi raffigurare secondo un codi-ce distintivo che ne esaltasse figurativa-mente le diversità caratteriali e politicherispetto agli imperatori che lo avevano pre-ceduto: dai lineamenti quasi “barocchi”dell’ultimo ritratto di Nerone, alle formerealistiche e austere dei volti dei primi dueimperatori flavi, Vespasiano e Tito, chesembrano echeggiare in qualche modo lesoluzioni della ritrattistica repubblicana, aivolti ellenizzanti di Adriano e AntoninoPio, al volto austero e severo di MarcoAurelio, che volle come modelli probabil-mente i ritratti dei filosofi greci, ai ritrattipotenti ed energici degli imperatori soldatidi III secolo.

I ritratti sono dunque ben lontani dal-l’essere delle semplici “fotografie”, ma sonocostruiti secondo un linguaggio program-matico che, nel caso degli imperatori, tra-smette un forte messaggio legato alle lorodifferenti concezioni del potere.

In età imperiale, nell’elaborazione deiritratti, un ruolo centrale fu giocato anchedal tentativo da parte di privati di adeguarela propria immagine a quella del loro impe-ratore. E’ un fenomeno ben conosciuto che,se da un lato permette di stabilire una cor-retta cronologia dei ritratti, dall’altro mostracon grande evidenza i mutamenti del gustoe i differenti modi di autorappresentazionedelle classi dirigenti.

Il catalogo della mostra si pregia di testidi Klaus Fittschen, Paul Zanker, Annalisa LoMonaco, Matteo Cadario, Laura Buccino,Massimiliano Papini e dei curatori EugenioLa Rocca e Claudio Parisi Presicce.

La mostra è la seconda tappa del pro-getto I Giorni di Roma, 5 mostre concadenza annuale. Tre di queste presentanoun taglio cronologico (L’età della conquista- già realizzata ai capitolini da marzo a set-tembre 2010, ha riscosso grande successo -dalla seconda guerra punica fino a GiulioCesare; L’età dell’equilibrio da Traiano finoa Marco Aurelio; L’età dell’angoscia dalladinastia dei Severi fino a Diocleziano),intervallate da due con un taglio tematico(Ritratti. Le tante facce del potere che è

Ritratto femminile (Testa Fonseca);Roma, Musei Capitolini.

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quella del 2011 e Costruire un Impero), chesi presentano come zoom di approfondi-mento sul complesso fenomeno della cultu-ra artistica romana già impostato con laprima esposizione.

La mostra Ritratti. Le tante facce delpotere a cura di Eugenio La Rocca e ClaudioParisi Presicce ai Musei Capitolini dal 10marzo al 25 settembre 2011 è un’iniziativapromossa da Roma Capitale, Assessoratoalle Politiche Culturali e Centro Storico -Sovraintendenza ai Beni Culturali e dalMinistero per i Beni e le Attività Culturali,organizzata da Zètema Progetto Cultura eMondoMostre.

“Ritratti. Le tante facce del potere”,Roma, Musei Capitolini, dal 10 marzo al 25settembre 2011. Per informazioni: tel.060608; www.mondomostre.it. Catalogo:mondomostre.

L’anima e la musica

Una mostra che vuole raccontare attra-verso dipinti, documenti, manoscritti e sug-gestioni multimediali uno spaccato di quel-la che è stata la realtà storica e culturaledell’Europa dell’Ottocento.

Il Romanticismo è stato una rivoluzionenella sensibilità e nel gusto che ha trasfor-mato e modificato in modo irreversibiletutta la cultura europea, attraverso una dif-fusione geografica internazionale pur sesegnata da forte peculiarità nazionali,abbracciando contemporaneamente i tregrandi campi della vita artistica (letteratura,musica, arti figurative) ma influenzando inmodo fondamentale anche le diverse disci-pline del pensiero (filosofia, economia,archeologia, psicologia) e più in generale lavita pubblica (politica, religione) e i rap-porti privati (amore, amicizia, passione,famiglia).

Proprio per il suo intreccio tra arte,musica e letteratura L’anima e la musica,promossa dal Comune di Siena e dallaFondazione Monte dei Paschi di Siena si èproposta in modo innovativo al pubblico eparlare anche a chi del Romanticismo hauna memoria che risale agli anni della scuo-la, rinnovando curiosità e suggerendo nuovipercorsi ed interpretazioni.

L’idea guida della mostra era quella diprovare a rileggere il Romanticismo attra-verso il prisma dei generi musicali propridell’epoca (notturni, mazurche, ballate,polacche, valzer, preludi, concerti) e delloro intreccio con i temi propri della cultu-ra e sensibilità romantica che hanno costi-tuito i momenti più innovativi della ricchis-sima stagione culturale del Romanticismo (ilcontrasto tra classico e moderno, tra inge-nuo e sentimentale, la scoperta del folklore,dei miti, di fiabe e leggende, il ruolo delsogno, il gusto per il frammento, il grotte-sco, il sublime, l’uso dell’allegoria e del sim-bolo, il senso della patria, della nazione,l’impeto rivoluzionario e solidaristico,l’amore rinnovato e trasformato in mododefinitivo accogliendo insieme passione esentimento, amore spirituale e fisico, emo-zioni e struggimento, il perdersi nell’altro/a,intimità e complicità, trasgressione indivi-duale e vita familiare).

La mostra teneva insieme, in una propo-

sta unitaria e con un progetto coerente, lapittura, la musica, la letteratura, attraversouna narrazione multimediale che si svilup-pava lungo le sale in modo originale e for-temente innovativo anche dal punto di vistatecnologico. Il viaggio nel mondo romanti-co e risorgimentale avviene attraverso unagrande esperienza virtuale il cui sfondo econtesto saranno le sale di una casa otto-centesca e che permetteva di rivivere i per-sonaggi, i quadri, le musiche, le parolelegate insieme attorno ai temi del Viaggio,del Popolo, della Nazione, dei Notturni,dell’Amore.

Il Romanticismo europeo è il contestoculturale e politico entro cui si innestaanche il Risorgimento italiano. La rivoluzio-ne europea del 1848, la «primavera deipopoli», è il momento più emblematico diquesta profonda spinta alla trasformazioneche abbraccia tutta l’Europa. Le grandi figu-re della cultura romantica (da Schubert aMendelsshon, da Schumann a Liszt, daWagner a Verdi per quanto riguarda lamusica; da Byron s Stendhal, da Novalis aManzoni, da Pushkin a Mickiewicz per laletteratura, solo per citarne alcuni) anime-ranno con la loro presenza una mostra incui la musica avrà un ruolo particolarmenteimportante e l’uso di tecnologie multime-diali servirà a creare un percorso coerenteed integrato con gli altri materiali dellamostra (i quadri innanzitutto, tra cui Fusslie Ingres, Blechen e Friedrich, Constable eVernet, Caffi e Boldini). Il Risorgimento ita-liano ha un debito sia culturale, sia politiconei confronti del Romanticismo. L’arrivo diVerdi a Milano all’indomani delle Cinquegiornate o la visita che Garibaldi fece aManzoni sono due momenti di questointreccio, che arrivano dopo il lungo sog-giorno italiano di Shelley e Byron in Italia(e il coinvolgimento di quest’ultimo neimoti carbonari prima di andare a morire perl’indipendenza della Grecia) e di un altrosoggiorno significativo, quello di Stendhal aMilano, dove lo scrittore francese iniziò ilsuo celebre De l’Amour.

“L’anima e la musica”, Siena, Complessomuseale Santa Maria della Scala, dal 12marzo al 19 giugno 2011.

La bella Italia a Venaria

Torino, Firenze, Roma, Milano, Venezia,Genova, Bologna, Parma, Modena, Napoli ePalermo: ognuna delle principali “capitaliculturali” preunitarie è stata ed è in diversomodo rappresentativa dei differenti destinie delle particolari identità delle corti e dellecittà italiane. Chiunque abbia anche solosfogliato un manuale di storia o di storiadell’arte sa che tali città hanno conosciutovicende antiche e gloriose, ognuna segnatada specifici caratteri distintivi che hanno poicontribuito alla formazione culturale e arti-stica nazionale. Alla vigilia del 1861 si eranodate un’auto-rappresentazione che univavicende storiche, fenomeni letterari ed arti-stici, temperamenti dei popoli, destini, atte-se e speranze che sarebbero poi scaturitiall’appuntamento dell’Unità nazionale.

La mostra, allestita alle ScuderieJuvarriane della Reggia di Venaria, vuoledare immagine alle Italie che la Storia chi-amò a diventare Italia. Il nostro è il Paesedelle “differenze”. Oggi, nel tempo dellaglobalizzazione, ci accorgiamo che le “dif-ferenze” sono una ricchezza, un moltiplica-tore di energie, di suggestioni, di risorse. Lamostra ci porterà indietro nel tempo a rap-presentare l’orgogliosa consapevolezzadelle “differenze” che i popoli d’Italia ave-vano di se stessi alla vigilia del 1861.

Oltre 350 opere d’arte provenienti daimusei d’Italia, del mondo nonché da colle-zioni private raccontano alla Venaria Realel’identità delle principali “capitali culturali”italiane. Ogni capitale è rappresentata daopere d’arte, documenti ed oggetti in uncerto senso identitari, in grado cioè di signi-ficare e di ricostruire il profilo storico e itermini delle auto-rappresentazioni.

Torino è l’Armata, la Metallurgia, la Corte. Firenze è la fondatrice della lingua e

delle arti con Dante, Giotto, Donatello,Botticelli, Michelangelo.

Roma è la gloria dell’Antichità classica edell’Autorità religiosa: due elementi unifi-canti destinati a tenere insieme la nuovaItalia.

Milano è Leonardo da Vinci, è la religio-sità dei Borromeo, è l’Illuminismo, è il dia-logo costante e fecondo con l’Europa.

Venezia è la grande pittura di Tiziano e diVeronese, è il profumo d’Oriente, è il mitodel Buongoverno e della città inimitabile.

C’è poi Genova, ricchissima e bellissima,capitale finanziaria nell’Europa dellaControriforma e degli Assolutismi, la cittàche ha saputo trasformare il profitto banca-rio nei Rubens, nei Van Dyck, nei palazzipiù belli della Cristianità.

Bologna, la seconda città dello StatoPontificio, è il prestigio della sua Universitàed è l’ideale classico che da Raffaello arrivaa Guido Reni.

Parma e Modena sono l’arte e il colle-zionismo dei principi mecenati.

E infine ci sono le due capitali delRegno: Napoli e Palermo. C’è la Napolidegli Aragona e dei Borbone, di Caravaggioe di San Gennaro, dei Lazzari e diMasaniello; la Palermo di FedericoImperatore, del Feudo, dei Baroni riottosi,dell’autonomia continuamente affermata econtinuamente contrastata.

La sezione dedicata a Roma, curata daAntonio Paolucci con Alessandra Rodolfo,

Johann Heinrich Füssli, Amleto e il fan-tasma del padre; Traversetolo (Parma),Fondazione Magnani Rocca, Mamiano

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porta in dote una cinquantina di opere araccontare i venticinque secoli della cittàeterna, pagana e cristiana, attraverso i temidell’antichità e dell’autorità religiosa. Daimiti della Roma arcaica, simboleggiati dalcelebre dipinto di Rubens con Romolo eRemo allattati dalla Lupa, ai protagonistidella Roma classica con i ritratti e i bustidegli imperatori e i rilievi della ColonnaTraiana, alle nitide vedute della Città eternanei quadri di Wan Vittel e nelle incisioni diPiranesi. La Roma cattolica, rappresentatadai Triregni papali, dai busti del Bernini diPaolo V e dell’Algardi di Innocenzo XPamphilj, ritrae nella serie dei pontefici lastagione del grande barocco, per chiuderecon il gesso ottocentesco della ReligioneCattolica del neoclassico Antonio Canova.

Firenze è la lingua italiana di Dante,Petrarca e Boccaccio, è il collezionismo deiMedici, la Corte illuminata di Lorenzo ilMagnifico (in mostra nel celebre ritratto delFiammingo), è la culla del Rinascimentocon Brunelleschi, Masaccio e Donatello, lanuova scienza astronomica di Galileo e,ancora, fra Sette e Ottocento, la città d’arteper eccellenza, cantata in tutta Europa neidiari dei favolosi Grand Tour. La sezione,curata da Cristina Acidini e Maria Sframeli,ricostruisce il cammino verso l’Unità italianapartendo dal patrimonio lasciato dai grandipoeti fiorentini del Trecento, per chiudersisu un’immagine simbolo del Risorgimento,La ragazza che cuce il tricolore di OdoardoBorrani.

Da capitale del ducato sabaudo a primacapitale italiana, la Torino che ospita ifesteggiamenti per il Centocinquantenarioincarna in mostra lo spirito risorgimentaleche portò il Paese all’Unità. Per la cura diCarla Enrica Spantigati, la sezione ripercor-re nel segno delle arti la lunga epopea dina-stica dei Savoia, la religiosità, la politicad’immagine, le imprese editoriali e il colle-zionismo, fino alle grandi architetture checelebrarono, nella regìa di Juvarra, il pas-saggio da ducato a regno nel 1713. IlPiemonte, immortalato nelle evocativeimmagini pittoriche delle Alpi, rammentaanche le innovazioni conferite all’Italia dal-l’antica tradizione scientifica e militare dellesue accademie. Le ultime tele di Bossoli eTetar van Elven riportano Torino protago-nista del Risorgimento.

Genova, ricchissima e bellissima, evoca-ta nei diari di celebri viaggiatori tra cuiGustave Flaubert che nel 1845 paragonò ilsuo fascino a quello di Costantinopoli,ripercorre in mostra, a cura di PieroBoccardo, la sua età d’oro come capitalefinanziaria e dell’arte, nell’Europa dellaControriforma e degli Assolutismi.

Una trentina di opere scelte, tra cui pre-ziose tele di Rubens, Strozzi, Van Dyck,Veronese, danno immagine alla storia dellacittà, dalla nascita della Repubblica, con ilRitratto di Andrea Doria nelle vesti diNettuno del Bronzino, fino all’epopea gari-baldina.

Testimonianze artistiche delle molte cul-ture di Palermo, tra il Medioevo e l’etàmoderna, scandiscono il cammino dellacittà, in bilico tra l’autonomia rivendicata econtrastata. Con riferimento agli studi com-piuti durante il Risorgimento dallo storicopalermitano Michele Amari, la sezione cura-ta da Vincenzo Abbate apre sul mito dell’e-tà normanno-sveva, nel segno della convi-

venza dei popoli, con preziosi manufattiautoctoni e d’importazione islamica e la telaottocentesca di Giacomo Conti raffigurantela corte di Federico II. In chiusura il temadei Vespri siciliani (nel dipinto di MicheleRapisardi) è collegato direttamente all’epo-pea garibaldina: la rivolta del popolo alsopruso angioino nel 1282 rappresentereb-be la prima presa di coscienza del senti-mento indipendentista.

L’identità di Napoli, capitale storicadell’Italia meridionale, sede di una grandecorte regale, emerge sfaccettata in mostranelle raffigurazioni del potere sovrano, coni molteplici modelli di autorapprentazionee, per contrasto, nelle vivide immagini dellasua plebe nei dipinti di Cerquozzi,Giordano, Traversi, Miola. A cura diPierluigi Leone De Castris, attraverso circacinquanta opere, la città, i colori, i Santi, lastoria rivelano tutte le contaminazioni arti-stiche di un porto mediterraneo apertoall’Europa e all’Oriente, quanto mai amato,come meta privilegiata del Grand Tour eraffigurato in brillanti vedute tra Sette eOttocento.

Seconda città dello Stato Pontificio,Bologna, celebre per il prestigio della suaUniversità, porta in mostra la ricca tradizio-ne pittorica delle corti padane nelle tele delCorreggio e del Dossi, illustrando la ricon-quista vaticana di Giulio II nel 1506, conopere di Guercino, Fontana, Bagnocavallo,Ludovico e Annibale Carracci.

L’esposizione, curata da Andrea Emilianie Michela Scolaro, riconosce nell’idealeclassico che attinge alla memoria rinasci-mentale di Raffaello fino alle espressionineoplatoniche di Guido Reni, un modello diunificazione della pittura italiana.

Nell’ambito dei territori emiliani, unasezione specifica della mostra è dedicata adalcune importanti opere d’arte esemplifica-tive delle prestigiose collezioni degli antichiducati di Parma e Modena.

Internazionale e moderna, Milano ritro-va nell’immagine dell’Italia preunitaria ilruolo sancito dalla storia di grande centropropulsore dell’arte, del pensiero politico edell’economia.

Una selezione di opere importanti, acura di Pietro Marani, illustra i momentisalienti dell’epopea lombarda, mettendonein luce la doppia vocazione intellettuale eimprenditoriale. Dai cantieri rinascimentalidel Duomo e della Certosa di Pavia, con letestimonianze lasciate alla Corte Sforzescada Leonardo da Vinci e Donato Bramante,la mostra racconta la spiritualità spagnolanella Milano dei Borromeo e il nuovo fer-vore illuminista nella Milano austriaca enapoleonica. Il celebre Bacio di FrancescoHayez simboleggia, infine, l’eroismo delleCinque Giornate che diedero avvio alRisorgimento.

Venezia si rappresenta in mostra nell’im-magine riflessa del proprio mito, celebratodall’arte attraverso i secoli, fin quasi a fon-dere la proiezione simbolica della città coni momenti più gloriosi e drammatici dellasua storia.

La sezione, curata da GiandomenicoRomanelli, rappresenta alcuni momenti cru-ciali nella lunga storia di autonomia politicae istituzionale di Venezia e della suaRepubblica e ricompone le diverse anime diun luogo non luogo, tra immagini pittoricheevocative e realistiche. Le icone dellaRepubblica, con i ritratti di Tiziano e ilLeone marciano di Carpaccio, si alternanoalle celebri raffigurazioni della città delCanaletto e alle visuali nostalgiche delGuardi, per riemergere nei colori delTiepolo e nelle sculture del Canova.

La mostra sarà ospitata a Palazzo Pitti diFirenze dall’autunno 2011

“La bella Italia”, Scuderie Juvarrianedella Reggia di Venaria (Torino), dal 17marzo all’11 settembre 2011. Per informa-zioni: tel. 011 4992333; www.italia150.it ewww.lavenariareale.itCatalogo: Silvana Editoriale.

Bosch a Venezia

Dopo il grande successo della mostradedicata alle celebri opere di Giorgione, LaVecchia, La Tempesta e la Nuda, che hannoinaugurato l’apertura di Palazzo Grimani,come spazio espositivo permanente aVenezia, in questa magnifica sede, sono statiesposti altri tre capolavori assoluti che daanni non si vedevano in pubblico.

Protagonista, questa volta, il pittore fiam-mingo più noto e intrigante della storia del-l’arte: Hieronymus Bosch (‘s Hertogenbosch,Olanda 1450 – 1516), di cui si potevanoammirare la Visione dell’Aldilà (1500 – 1503),il Trittico di santa Liberata (1505) e il Tritticodegli eremiti (1510), provenienti da PalazzoDucale di Venezia.

Promossa dalla Soprintendenza Specialeper i Musei e le Gallerie Statali di Venezia,organizzata e prodotta da Arthemisia Group,la mostra è stata aperta a Palazzo Grimanidal 19 dicembre 2010 al 20 marzo 2011.

Il Soprintendente Vittorio Sgarbi ha scel-to di rendere accessibili al pubblico trestraordinarie opere di Bosch, due delle qualiin deposito da anni a Palazzo Ducale, ren-dendo omaggio alle opere del sublime arti-sta conservate a Venezia, dove soggiornòcon molta probabilità tra il 1499 e il 1502.Per mantenere una linea di continuità tra lecollezioni periodicamente esposte a Palazzo

Francesco Hayez, Il bacio; Parigi, colle-zione privata.

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Grimani, restava inoltre allestita la bellissimaNuda (1508) di Giorgione, dalle Galleriedell’Accademia, e contestualmente, per gen-naio, si prepara l’esposizione del BreviarioGrimani, volume capolavoro appartente allaBiblioteca Marciana.

Figura molto discussa per la forte caricaespressiva nonché per la bizzaria e inquietu-dine dei suoi dipinti, Jeroen Anthoniszoonvan Aken, che si firmava e divenne notocome Bosch, proviene da una famiglia di pit-tori olandesi e si distingue per i suoi lavorifantastici, nati per illustrare la morale e i con-cetti religiosi dell’epoca. Il suo fantasiosoimmaginario, non sempre di facile interpre-tazione, si avvale dei Bestiari medioevali eprotagonista costante dei suoi dipinti èl’umanità condannata all’inferno per via delpeccato. La meditazione sulla vita dei Santi esulla Passione di Cristo sembrano le unichevie per riscattare il genere umano dal pecca-to universale.

Le tre opere esposte a Palazzo Grimanifacevano parte della collezione del cardinaleDomenico Grimani e giunsero nelle collezio-ni di Palazzo Ducale dopo la morte del prela-to, grazie al suo lascito testamentario allaSerenissima. Il Trittico di santa Liberata e ilTrittico degli eremiti passarono per un perio-do a Vienna, prima nelle collezioni imperialifra il 1838 e il 1893, poi al KunsthistorischesMuseum fino al 1919, e fecero poi ritorno aPalazzo Ducale, dove sono attualmente con-servate.

La Visione dell’Aldilà si compone di quat-tro pannelli realizzati ad olio su tavola, forseali di un trittico, raffiguranti il Paradiso ter-restre, l’Ascesa all’Empireo, la Caduta deidannati e l’Inferno.

L’opera è assegnata al medio periodo(1500-3) della produzione di Bosch, per viadella grande libertà di impaginazione spazia-le e per la sofisticata e misteriosa trama dirimandi sapienzali che sostituisce la tessituraallegorica più calata nell’aneddoto delleopere precedenti.

Probabilmente l’artista fu influenzato dalpensiero mistico brabantino dei secoli XIV eXV e in particolare dal clima di tensionerigoristica dovuto all’opera di Jean vanRuysbroeck e al movimento della Devotiomoderna. Un testo di Ruysbroeck,l’Ornamento delle nozze spirituali, sembrapotersi leggere dietro alle soluzioni icono-grafiche dei dipinti perché vi si trova la con-nessione Dio-abisso di luce, qui identificabi-le nel magnetico risucchio luminoso del tun-nel verso cui tendono i beati accompagnatidagli angeli nell’Ascesa all’Empireo.

Un’immagine che lascia ampie interpreta-zioni in chiave gnostica ma che è altresìl’immagine frequentemente richiamata neiricordi di chi esce dal coma o per conversonella regressione onirica che arriva a rievoca-re l’evento della nascita. Il conflitto tra chiarie scuri, fra raffinata crudeltà e felicità estaticasi traduce in queste tavole in una grafia rapi-da e graffiante; ma anche l’orchestrazionetonale si arricchisce rialzandosi di inaspettatibalzi luministici, bagliori improvvisi nei cieli eguizzi nell’atmosfera infernale, densa e cupa,che preannuncia gli sviluppi inquietanti deisuccessivi Trittico delle Delizie (Madrid,Prado) e Tentazioni di sant’Antonio (Lisbona,museu de Arte Antiga).

Il Trittico di santa Liberata si componedei tre dipinti su tavola Sant’Antonio,Martirio di santa Liberata e I viandanti e il

porto (1505).L’opera non presenta problemi attributi-

vi né di ricostruzione, ma ha destato nonpoche difficoltà di interpretazione iconogra-fica. L’opinione più condivisa è quella cherappresenti la Liberata, Virgo Fortis, secon-do la leggenda condannata al suppliziodella croce proprio da suo padre, un re delPortogallo. Anche quest’opera è stilistica-mente vicina alle Tentazioni disant’Antonio di Lisbona e quindi riferibile alperiodo di mezzo della carrirera del mae-stro.

Nella tavola con Sant’Antonio, la bellissi-ma veduta della città nordica sullo sfondo èilluminata, ma non devastata dall’incendio; latentazione della carne è rappresentata da unpiccolo grillo che potrebbe alludere all’omo-sessualità conventuale.

Nel pannello di destra un monaco pelle-grino si accompagna a un soldato dall’a-spetto poco raccomandabile. Alle loro spal-le si svolgono piccole scene di violenza esullo sfondo una nave mostruosa, simbolodella Chiesa, corazzata con un aculeo discorpione e le chele di un granchio, sembraaver massacrato tutte le altre imbarcazioniche le stavano intorno nelle acque di unporto tranquillo. Il monaco, indicando lascena centrale con il martirio della santa,sembra esortare il viator ad abbandonareuna vita di violenza e a intraprendere la viadella virtù.

Il Trittico degli eremiti, infine, si compo-ne dei tre dipinti su tavola raffigurantiSant’Antonio, San Girolamo e Sant’Egidio. Iltrittico subì importanti ridipinture che neoffuscarono a lungo i meriti. La datazione sicolloca nel terzo periodo maturo, vale a direverso il 1510, data la grande importanza delpaesaggio, così straordinariamente lirico incontrasto con i turbamenti dei santi eremiti,personificati in piccoli indizi di violenza e dimostruosità, come nelle coeve Epifania oSan Giovanni Battista, entrambi a Madrid(Prado e Museo Làzaro Galdiano).

Le piccole dimensioni e la tematica fannopensare ad un altarolo per devozione priva-ta. Il crocefisso a cui tende il santo sta accan-to a una stele in cui la vergine ha conquista-to l’unicorno, mentre Giuditta fa riporre latesta di Oloferne sul rilievo architettonicoaccanto. Sant’Egidio, nel pannello di destra,forse consolato della sua solitudine dallatimida apparizione di una cerva, viene trafit-to da una freccia. Probabile artefice ilDiavolo, il misterioso personaggio che loosserva da una fenditura della roccia.

Nella scena del romitaggio disant’Antonio, il suo desiderio ha preso laforma di un nudino femminile dall’apparen-za dolce e rassicurante ma che si trovaaccanto ad un albero secco, secondo lacabala simbolo di Lilith, l’anti-Eva. Al di sottosi apre infatti una sfilata della haute couturedell’Inferno, con “grilli” dagli stivati affusola-ti e vesti ornate di piume di struzzo, o cari-chi di raffinati gioielli.

Il pensiero dell’effimero che gli eremititentano di scacciare dalla loro anima, cer-cando la salvezza, prende forma all’esterno,in un mondo di incantevole preziosità enefandezza, fra dirute architetture e idolimisteriosi, fra scheletri e spini.

“Bosch a Palazzo Grimani”, Venezia,Palazzo Grimani a Santa Maria Formosa,dal 19 dicembre 2010 al 20 marzo 2011.

Garibaldi a Viareggio

Una mostra intorno ad un capolavoro. Laproponeva dal 22 gennaio al 13 marzo ilCentro Matteucci per l’Arte Moderna nellasede di Viareggio. Il capolavoro è il celebra-to Garibaldi a Palermo dipinto intorno al1860, quindi quasi in presa diretta conl’evento raccontato da Giovanni Fattori. Ilgrande olio è una delle raffigurazioni piùfamose sul tema dell’Epopea dei Mille e dicerto è la più “cinematografica” fra esse.E’ del resto documentato come grandi regi-sti quali Blasetti e Visconti si siano rifatti alleinquadrature di Fattori e a questa specificaopera per grandi film, da 1860 a Senso a IlGattopardo, opere cult della cinematografiarisorgimentale. Per entrambi si è rivelatodeterminante lo studio del linguaggio figu-rativo, oltre che narrativo di Fattori, l’artista,tra i Macchiaioli, più dotato di vena creativae insuperabile nel trasfondere nelle scenemilitari lo spirito e le attese di un’Italia pros-sima a divenire Nazione. La scelta dei cura-tori - Giuliano Matteucci, Francesca Panconie Roberto Viale - non si è risolta in una sem-plice e scontata mostra sul Risorgimento,bensì in quello che, data l’unicità dell‘opera,potrebbe esse definito un vero e propriodossier storico-pittorico. È il caso di parlare,

Hieronymus Bosch, Ascesa dei Beatiall’Empireo; Venezia, Palazzo Ducale

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insomma, di un capolavoro che, dopo esse-re stato recentemente esposto al Muséed’Orsay di Parigi in occasione della grandemostra Voir l’Italie et mourir (2009), è statoora messo sotto la lente per essere da cia-scuno interpretato secondo la propria otticae sensibilità. Contestualizzato nel susseguir-si dei principali fatti d’arme e episodi artisti-ci all’origine dell’idea: l’arrivo delle truppedi Napoleone III a Firenze, fissate da Fattorinei primi studi dal vero, il sentimento popo-lare che animò i fiorentini nei giorni dellacacciata del Granduca Leopoldo, il fervorepatriottico dei Macchiaioli nello schierarsitra le file dei volontari, le grandi battagliedella Madonna della Scoperta e di Palestroe gli scontri dei Mille in Sicilia. Il Garibaldiè affiancato, nella mostra viareggina, da unaserie di opere di Borrani, Buonamici, Bechie dello stesso Fattori. Opere che, stretta-mente correlate e scaturite da una comunecultura figurativa, invitano a riflettere sucome la strada verso la modernità battuta daquella generazione d’artisti sia tratteggiata dispaccati di profonda umanità. Il rapportocinema-pittura è cosa nota. Ripetutamentecitato dalla critica come esempio paradig-matico di trasposizione pittorico-filmica è,come si accennava, proprio il Garibaldi aPalermo, dipinto dal livornese quandoandava esemplando il lessico su un perso-nalissimo archetipo iconografico. Riscopertoalla metà del secolo scorso dopo anni dioblio, lo si può considerare punto crucialedella maturazione dell’artista, un’icona inquel genere di rappresentazioni emotiveove, prendendo a pretesto i grandi eventibellici nei quali “il grido di dolore” dei sol-dati italiani si era elevato più alto e più forte,egli, a suo modo, se ne fa portavoce, tra-mandandone la memoria in immagini distraordinaria intensità. Incentrato su unodegli episodi cruenti della campagna diGaribaldi in Sicilia, al di là di ogni retorica,documenta il momento in cui le truppe conle camicie rosse sono impegnate il 27 mag-gio negli scontri all’ingresso di Palermo neipressi Porta Termini, oggi Porta Nuova.Tagliata sullo sfondo, se ne riconosce lamassiccia linea architettonica avvolta neifumi degli spari e circondata dalle macerie,mentre, alla destra, si distingue netta la

sagoma del Generale, attorniata, probabil-mente, da quelle dei collaboratori Bixio, LaMasa, Turr e Nullo. Ed è stato con l’intentodi far conoscere questa pietra miliare dellapartecipazione emotiva dei Macchiaioli allacausa italiana e del sentimento intimo e pro-fondo che ha corroborato l’opera di uno deisuoi maggiori protagonisti espresso, in que-sto caso, oltre che con la nuova tecnicadella “macchia”, attraverso inquadrature diun dinamismo e di un taglio, si potrebbedire, cinematografico, che il CentroMatteucci per l’Arte Moderna ha presentatonei propri spazi espositivi Garibaldi aPalermo. Una memorabile pagina delRisorgimento nel capolavoro di Fattori.

“Garibaldi a Palermo. Una memorabilepagina del Risorgimento nel capolavoro diFattori”, Viareggio, Centro Matteucci perl’Arte Moderna, via D’Annunzio 28, dal 22gennaio al 13 marzo 2011.

Gérome a Madrid

Dal 15 febbraio al 22 maggio 2011, ilmuseo Thyssen-Bornemisza di Madrid haospitato una importante mostra su Jean LéonGérome (1824-1904) organizzata con il J.Paul Getty Museum e il Musèe d’Orsay. E’stata la prima grande mostra monograficadedicata al pittore e scultore francesce ecostituisce una selezione dei dipinti e dellesculture dell’esposizione tenutasi a LosAngeles e Parigi nel corso del 2010. Circasessanta opere erano ospitate nel museospagnolo, incluse alcune delle più famose eimportanti creazioni.

La mostra era basata sulle ricerche stori-che artistiche e la catalogazione dell’opera diGerome realizzate negli ultimi anni, con loscopo di presentare e analizzare l’opera del-l’artista da un nuovo punto di vista; non solocome uno dei più famosi pittoridell’Accademia di Francia, ma anche comeuno dei più grandi creatori di immagini nelXIX secolo. Questa nuova visuale è stata uti-lizzata per esplorare l’approccio teatrale del-l’artista alla pittura di storia, la sua comples-sa relazione con l’Oriente, l’uso della poli-cromia nelle sculture, la posizione combatti-

va contro l’arte anti-accademica del XIXsecolo e il fatto interessante che la maggiorparte delle sue opere si trovano negli StatiUniti. Il catalogo analizza anche la particola-re sintassi visuale che a volte porta Géromeverso un ossessivo illusionismo, ma anche ilsuo rapporto con le arti visuali, incisione,fotografia e perfino cinema, che era appenaapparso come nuova forma d’arte.

“Jean Léon Gérome (1824-1904)”,Madrid, museo Thyssen-Bornemisza, dal 15febbraio al 22 maggio 2011.

HeroinesLa storia dell’arte occidentale è pieno di

immagini di donne seducenti, indulgenti,remissive, sconfitte e ridotte in schiavitù.Ma le donne su cui questa mostra si con-centrava sono donne forti: attive, indipen-denti, ribelli, ispirate, creative, prepotenti etrionfanti. Gli elenchi delle eroine hannouna lunga storia, a partire da Esiodo eOmero, dove le donne appaiono solo come‘accessori’ per i maschi - madri e figlie,mogli e amanti di dei ed eroi. Il primo com-pendio di donne che erano illustri per pro-pri meriti è nel De Claris Mulieribus diBoccaccio, che ha seguito le orme del Deviris illustribus di Petrarca. Ispirato dal lavo-ro di Boccaccio, ma intento a correggere ilsuo punto di vista, nel 1405 Christine dePizan ha scritto la prima difesa delle donnescritta da una donna: Il Libro della Cittàdella donna. Christine de Pizan è stata laprima femminista, perché lei attribuì glisvantaggi di essere una donna non a MadreNatura, ma alla forza dell’abitudine. Il suolibro ha provocato una lunga Querelle desFemmes, che è durata per sette secoli ed èancora molto viva. Questa mostra era ancheuna sorta di “città delle dame”, centratasoprattutto sul ciclo della modernità, dal XIXsecolo ai giorni nostri. Seguendo un ordinenon cronologico ma tematico, esplorava glisfondi e le aspirazioni delle eroine:l’iconografia della solitudine, il lavoro, ildelirio, lo sport, la guerra, la magia, la reli-gione, la lettura e la pittura. In ogni “capito-lo” opere d’arte di diverse epoche, linguag-gi e ambienti artistici erano giustapposti, for-

Jean Léon Gérome, Padre e figlio dell’ar-tista sulla porta; Rouen, Museé desBeaux Arts

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nendo spunti di riflessione su ciò che è cam-biato e quanto è rimasto lo stesso. E in ognicapitolo, una o più voci di artiste donne,soprattutto donne contemporanee, rispon-devano alle immagini create dai loro colle-ghi maschi.

“Heroines”, Madrid, museo Thyssen-Bornemisza, dall’8 marzo al 5 giugno 2011.

Sull’arte del XX-XXI secolo

si segnalano inoltre le

seguenti mostre:

Matisse. La seduzione diMichelangelo

Al Museo di Santa Giulia è stata ospitata,dall’11 febbraio al 12 giugno, l’esposizioneMatisse. La seduzione di Michelangelo chedimostrava quanto profondo sia stato il lega-me intercorso tra l’artista francese e il genioitaliano del Cinquecento, che portò Matissealla formulazione di un’arte che fosse unasemplificazione assoluta della pittura, allaluce del suo studio giovanile e poi maturo,proprio della scultura di Michelangelo.

L’arte di Michelangelo costituì per Matisseun riferimento e una continua fonte di rifles-sione che gli permise di lavorare sul perpe-tuo rapporto tra linea e volume, disegnandoe dipingendo in maniera sculturale.

La mostra, curata da Claudia BeltramoCeppi, coadiuvata da un comitato scientificocomposto dai maggiori esperti di Matisse,promossa dal Comune di Brescia, prodotta eorganizzata da Fondazione Brescia Musei eArtematica, col patrocinio della RegioneLombardia-Cultura e del Ministero degliAffari Esteri, presentava 180 opere del mae-stro francese - dipinti, disegni, incisioni,gouaches découpées - in grado di seguiretutto il suo itinerario creativo, dalle primeopere fauve a quelle realizzate tra il 1908 eil 1914, a quelle del periodo di Nizza (dal1918 in poi), fino alla parte finale della suavita, dedicata alla scoperta poetica delle illu-strazioni dei libri e della rivista Verve e all’in-venzione rivoluzionaria delle gouachesdécoupées. A esse, si affiancavano diversicalchi di alcune delle più importanti scultu-re di Michelangelo tra cui quelle delleCappelle Medicee, oltre a un importantedisegno originale raffigurante due Veneri.

Il percorso espositivo proponeva capola-vori di Matisse, difficilmente concessi in pre-stito, come la grande scultura Lo Schiavo(Musée Matisse di Nizza), il piccolo gioiellodel Brooklyn Museum di New York, un oliosu tavola, Nudo nel bosco, cui si affiancava ilbronzo Piccolo busto accovacciato (Pierreand Tana Matisse Foundation di New York)che rappresenta quasi una citazione lettera-le di Michelangelo, ma ridotta alle stessedimensioni della figura del dipinto, attraver-so quel procedimento ‘a togliere’ cheMatisse aveva ben studiato nel suo grandeantesignano.

Dalla National Gallery of Australia diCanberra è giunto il grande dipinto Il rattod’Europa, mentre dal MASP di San Paolo delBrasile è arrivato il magnifico Busto in gesso,bouquet di fiori.

Sono state inoltre esposte le serie delleOdalische (tra cui il magnifico Nudo sedutosu sfondo rosso di proprietà del CentrePompidou di Parigi), esemplari di quellaricerca spasmodica tra tensione ed equilibrioche turbava Matisse, e Natura morta. Internorosso a Venezia dei Musées Royaux desBeaux-Arts de Belgique di Bruxelles, o laserie di nudi provenienti dal Musée Matissedi Nizza.

Dal Musée Matisse di Le CateauCambrésis proveniva il Grande nudo seduto,la più grande scultura mai realizzata daMatisse, e gli straordinari ed enormi pannel-li di Oceania, mare e Oceania, cielo, rispet-tivamente di 176x395 cm e 177x370 cm.

Il percorso continuava con la famosaserie di Jazz, dai colori raggianti di un albumaperto per la prima volta in occasione dellamostra, o un frammento autentico dellavetrata della Cappella di Santa Maria delRosario di Vence e, tra le gouaches décou-pées, alcuni importanti esemplari mai espostiin precedenza per il timore che la lucepotesse danneggiare i fragilissimi colori.

Particolarmente suggestivo era il con-fronto tra due delle opere più importanti diMatisse, provenienti dalla National Gallerydi Washington, come il grande dipintoPianista e giocatori di dama e la grandissi-ma gouache découpée intitolata Venere cheera affiancata da un disegno originale diMichelangelo raffigurante, per l’appunto,due Veneri.

Il ricordo e la presenza di Michelangeloaccompagnavano il visitatore per tutta lamostra, attraverso alcuni suggestivi calchiottocenteschi delle opere di Michelangelo, tracui soprattutto la statua di Ecate-Notte delleCappelle Medicee, a grandezza naturale.

È proprio il rapporto tra scultura e pittu-ra a esprimere al massimo l’urgenza diMatisse di superare continuamente i proprilimiti, ed è la scultura il momento in cui eglisi riallaccia più apertamente alla tradizioneche lo ha preceduto.

Michelangelo è in questo il suo maestrosupremo: “Si potrebbe far rotolare una sta-tua di Michelangelo - affermava - dall’alto diuna collina fino a far scomparire la maggiorparte degli elementi di superficie: la formarimarrebbe comunque intatta”, e ancora:“Sono ritornato studente... Disegno la Notte,studio il Lorenzo de’ Medici: cerco di impa-dronirmi della concezione chiara e comples-sa che è alla base della costruzione diMichelangelo.”

Del genio italiano condivise la passionesempre insoddisfatta per l’opera, mentre neammirò la capacità di sperimentare, finoall’equilibrio estremo, la forza e la tensione

che distorcono i corpi.Al capolavoro michelangiolesco L’Aurora

- conservato nella chiesa di San Lorenzo aFirenze - Matisse si rifà esplicitamente nelrealizzare quella statuetta del Nudo distesoche ricomparirà in tanti dipinti contempora-nei. A Michelangelo tornerà per trovarenuove soluzioni spaziali nei tormentati anniVenti.

E non a caso, la sua più sofferta sculturasarà proprio quel meraviglioso Grande nudoseduto che si riferisce esplicitamente aMichelangelo e che Matisse trascorrerà bensei anni a modellare e rimodellare, fino aconsiderarla la sua opera più importante.

Successivamente, altri saranno i problemiche lo coinvolgeranno, ma ancora, nellaserie di dipinti dal 1921 al 1940, la figuracentrale, a volte dipinta, a volte solo abboz-zata, assumerà una profondità spaziale emonumentale di michelangiolesca memoria.

La conseguenza del suo intenso interro-garsi sulla plasticità dei corpi in rapporto conil loro sfondo decorativo, troverà infine unasoluzione inattesa nella geniale invenzionedelle gouaches découpées, che riconcilieran-no finalmente l’elemento pittorico e quelloscultoreo dell’opera in un procedimento difusione di cui Matisse stesso dirà: “Ritagliarea vivo nel colore mi ricorda il procedimentodiretto della scultura”.

Egli giunse così al definitivo superamen-to dell’aspetto bidimensionale e di quello tri-dimensionale dell’opera fino a creare unnuovo universo di forme colorate che dientrambe hanno mantenuto la capacità disintesi e la tensione.

Accompagna la mostra, un catalogoGAmm Giunti.

“Matisse. La seduzione di Michelangelo”,Brescia, Museo di Santa Giulia, dall’11 feb-braio al 12 giugno 2011. Catalogo: GAmmGiunti.

Enzo Faraoni a FirenzeLa mostra, conclusasi il 30 aprile, era a

carattere antologico e includeva circa ses-santa dipinti relativi a tutto l’arco dell’attivi-tà pittorica di Enzo Faraoni, nato a SantoStefano Magra il 29 dicembre 1920, a partiredal periodo giovanile, nella seconda metàdegli anni trenta del Novecento, negli annidella formazione presso l’Istituto d’arte diPorta Romana, con l’apprendistato presso

Enzo Faraoni, Ragazza addormentata;Firenze, Galleria d’arte moderna diPalazzo Pitti

Henry Matisse, Il lanciatore di coltelli; LeCateau Cambrésis, Musée DepartementalMatisse

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Francesco Chiappelli e Pietro Parigi, di par-ticolare rilievo per la sua importante attivitànel settore dell’incisione.

Quindi i contatti con Ottone Rosai e lafrequentazione dell’ambiente storico-lettera-rio che gravitava intorno al Caffè delleGiubbe Rosse, al tempo della prima perso-nale al “Fiore” nel 1942, quando l’opera del-l’artista era guardata con estremo interesseda letterati e storici del calibro di AlessandroParronchi, Mario Luzi, AntonelloTrombadori.

La mostra, a cura di Mirella Branca,includeva opere significative relative aglianni cinquanta e sessanta del novecento,quando il pittore ha partecipato a numero-se biennali veneziane fin dalla prima edi-zione del dopoguerra nel 1948, mentre incontemporanea si svolgeva la sua attività diincisore.

Era esposto in questa occasione il dipin-to della Galleria d’Arte Moderna di PalazzoPitti Ragazza addormentata, primo premioalla dodicesima mostra nazionale “Premiodel Fiorino”, nel 1961.

A corollario dell’opera pittorica, era espo-sta una decina di disegni facenti parte delnucleo degli oltre settanta donati dall’artistaal Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi.

Si prevedeva inoltre la proiezione di unvideo espressamente realizzato per lamostra con un’intervista a Faraoni, tra le ulti-me figure ancora in vita rispetto a una gene-razione di artisti che hanno attraversato tuttele vicende del Novecento in Toscana.

Catalogo: Edizioni Polistampa Firenze

“Natura e verità nella pittura di EnzoFaraoni”, Firenze, Galleria d’Arte Modernadi Palazzo Pitti, fino al 30 aprile 2011.Catalogo: Polistampa.

Novecento sedotto

Nella splendida cornice di Villa Bardini,presso il Museo Annigoni, la mostra, a curadi Lucia Mannini, Valentina Gensini, AnnaMazzanti con il coordinamento scientificodel prof. Carlo Sisi, affronta un tema ineditodi grande rilievo per l’arte del XX secolo: lariscoperta del Seicento da parte di critici eartisti in Italia negli anni tra le due guerre.Dagli anni Venti, con la grandiosa Mostra

del Sei e Settecento tenutasi a Palazzo Pittinel 1922, contro la quale si scagliò DeChirico inaugurando la querelle sulla maniadel Seicento, fino agli anni Quaranta, con leinchieste sul Barocco, cui contribuironointellettuali filosofi e artisti, il fascino delSeicento influenzò la ricerca di un nuovorapporto con la Realtà. Lo testimoniano tele,tavole, affreschi staccati, esposti accanto adopere significative del Seicento, traCaravaggio e Velàzquez, con le quali intrec-ciano un intrigante dialogo. Il percorsoindagava il tema del sacro, la pittura di figu-ra e “generi” magistrali come la natura mortae il paesaggio. Il contesto artistico dell’epo-ca è testimoniato da opere significative diPrimo Conti, Felice Carena, Baccio MariaBacci, Achille Funi, Cipriano Efisio Oppo,Carlo Socrate, Armando Spadini, Giorgio DeChirico, Gregorio Sciltian, Antonio Bueno ePietro Annigoni.

“Novecento sedotto. Il fascino del Seicentotra le due guerre da Velázquez ad Annigoni”,Firenze, Museo Annigoni di Villa Bardini,dal 16 dicembre 2010 al 1 maggio 2011.

Picasso, Mirò, Dalì a PalazzoStrozzi

Dopo il grande successo della primagrande rassegna mondiale su Bronzino, laFondazione Palazzo Strozzi riportal’attenzione sull’arte moderna, con un nuovoimportante evento dedicato ai tre più grandiartisti spagnoli del Novecento.

Dal 12 marzo fino al 17 luglio 2011 sitiene a Palazzo Strozzi a Firenze la mostraPicasso, Miró, Dalí. Giovani e arrabbiati: lanascita della modernità che presenta più disessanta opere della produzione giovanile diPicasso, Miró e Dalí e oltre cento schizzipicassiani provenienti dai più importantimusei spagnoli, dal Metropolitan Museum ofArt e da collezioni private. Promossa e orga-nizzata dall’Ente Cassa di Risparmio diFirenze e dalla Fondazione Palazzo Strozzicon il supporto della Soprintendenza per ilPolo museale fiorentino, la mostra è conce-pita in modo assolutamente innovativo perfar vivere al visitatore un’esperienza di com-pleta immedesimazione nella straordinariaatmosfera artistica dei primi anni delNovecento. Una rassegna strutturata comeun film composto da flashback che rinvianoa una serie di incontri e incroci tematici eformali tra i tre grandi pittori spagnoli,“ripresi” all’inizio della loro avventura di arti-sti “giovani e arrabbiati”.

La mostra indaga sulle radici comuni diuno stile che ha in seguito reso celebri inomi dei tre artisti e sulla loro comunevoglia di ribellarsi alle convenzioni dell’epo-ca. L’arte giovanile di Picasso rifletteva spes-so le sue forti convinzioni politiche. Nel1901, con il suo amico anarchico Franciscode Asís Soler fondò a Madrid la rivista ArteJoven (Arte Giovane) con vignette firmate daPicasso che rappresentavano la condizionedei poveri, con la quale solidarizzava. AncheMiró intese l’arte come un aspetto della poli-tica, come attesta la sua affermazione che«l’assassinio della pittura» deriva daun’avversione per l’arte borghese, soprattut-to se usata per promuovere un’identità cul-turale tra i ricchi. Allo stesso tempo nel 1926,Dalí, che era molto più giovane di Picasso e

Miró essendo nato nel 1904, fu espulsodall’Accademia poco prima degli esami fina-li, poiché sosteneva che nessuno all’internodella facoltà era abbastanza competente perpoterlo esaminare.

Curata da Eugenio Carmona (professoredi Storia dell’arte all’Università di Malaga,membro del Consiglio del Museo PatioHerreriano di Valladolid, del MuseoNacional de Arte Reina Sofía e membro dellaComisión Andaluza de Museos) e daChristoph Vitali (già direttore della SchirnKunsthalle di Francoforte, del Haus derKunst di Monaco, della Fondation Beyeler diBasilea e della Kunst-und Ausstellungshalleder Bundesrepublik Deutschland di Bonn) larassegna esplora i percorsi dei tre grandi pit-tori alla ricerca della propria strada in uncammino a ritroso nel tempo.

Cresciuti in Catalogna, Picasso, Miró eDalí raggiunsero la fama in Francia, dove iprimi due scelsero di vivere e costruire lapropria carriera, mentre Dalí decise di rima-nere in Spagna. Riannodando le fila di unracconto che ha cambiato per sempre la sto-ria dell’arte il visitatore è condotto attraversospazi organizzati come “pensieri”, o riflessio-ni, che indagano le radici comuni di unostile che ha in seguito reso celebri i nomi deitre artisti. A fare da trait-d’union tra le varieopere il Cahier n. 7 (proveniente dal Museodella casa natale di Picasso a Malaga) espo-sto integralmente per la prima volta fuoridalla Spagna nella rassegna di PalazzoStrozzi.

Nell’esposizione, secondo un lessico“cinematografico”, appariranno continuirichiami visivi al Cahier, che contiene i primischizzi per il rivoluzionario Les Demoisellesd’Avignon, che ha rappresentato sollecita-zioni fortissime per Dalí e Miró e segnatol’inizio del linguaggio dell’arte moderna.

Organizzata in 5 sezioni che coprono aritroso un arco di trent’anni, la rassegna ini-zia con una serie di opere che rimandanoalla presunta visita di Dalí a Picasso a Pariginel 1926, per attraversare la nascita dellamodernità con le risposte di Dalí a Miró.Evidenzia poi l’incrocio avvenuto fra Miró ePicasso (1917) e termina ancor prima del-l’arrivo del giovanissimo Picasso a Parigi nel1900, all’inizio del nuovo secolo.

Pablo Picasso, I due saltimbanchi(Arlecchino e la sua compagna) ; Mosca,The State Pushkin Museum of Fine Arts

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Il percorso si chiude con opere dei treartisti che, ricollegandosi alla straordinariarivoluzione di Picasso di inizio secolo,mostrano il persistere dell’influsso di Cahiern. 7: il capolavoro cubista di Picasso Donnache piange del 1937, la Composizione geo-metrica di Miró del 1933 e l’Arlecchino diDalí, risalente al 1926.

“Picasso, Miró, Dalí. Giovani e arrabbia-ti: la nascita della modernità”, Firenze,Palazzo Strozzi, dal 12 marzo al 17 luglio2011. Per informazioni: tel. 055 2645155;Sito web: www.palazzostrozzi.orgCatalogo: Skira Editore.

Talenti emergenti alla Strozzina

Dopo il successo del 2009, il CCCS -Centro di Cultura Contemporanea Strozzina- Fondazione Palazzo Strozzi di Firenze hapresentato la seconda edizione di TalentiEmergenti: un premio e una mostra peroffrire a giovani artisti italiani l’opportunitàdi prpmuovere il loro lavoro e per fornire apubblico e critica la possibilità di monitora-re il panorama artistico contemporaneo ita-liano.

Il vincitore ha ricevuto in premio il finan-ziamento dalla Fondazione Palazzo Strozziper una monografia dedicata la suo lavoro,pubblicata da Silvana editoriale.

Gli spazi della Strozzina, dal 19 febbraioal 1° maggio 2011, ospitavano le opere ditutti i 16 candidati, fornendo l’occasione peril pubblico di conoscere nuove ricerche etendenze dell’arte contemporanea italiana.

La selezione dei partecipanti che, secon-do il regolamento dell’iniziativa, devonoessere italiani e con un’età compresa tra i 25e i 35 anni, è stata affidata a un comitatoscientifico composto da Luca MassimoBarbero (direttore del MACRO di Roma),Chiara Bertola (diretttore dell’Han-garBicocca di Milano), Andrea Bruciati(direttore della Galleria Civica d’ArteContemporanea di Monfalcone) e GiacintoDi Pietrantonio (direttore della GAMEC diBergamo), ognuno dei quali ha selezionatoquattro artisti.

Il vincitore di Talenti Emergenti 2011 èstato individuato da una giuria internaziona-le composta da Achim Borchardt-Hume(Whitechapel Gallery, Londra), BarbaraGordon (Hirshhorn Museum, SmithsonianInstitution, Washington D.C.) e AdamSzymczyk (direttore della Kunsthalle Basel).

Accompagnava la mostra un catalogobilingue (italiano/inglese) Silvana Editoriale.

Durante il periodo di apertura, era previ-sto un calendario di lecture tenute da esper-ti di vari settori che apriranno spazi di con-fronto diretto con il pubblico.

“Il CCCS - sottolinea Franziska Nori,direttore della Strozzina - coerentementecon la sua politica, vuole essere un punto diriferimento per lo stato dell’arte italiano einternazionale, non solo organizzandomostre ed eventi, quanto promuovendo illavoro di giovani artisti.

In quest’ottica si inserisce il premiobiennale Talenti emergenti che vogliamoriproporre dopo il successo della prima edi-zione”.

In un panorama artistico così ricco diriconoscimenti, Talenti emergenti si distin-gue per la sua formula innovativa chegarantisce serietà e qualità della scelta, attra-verso una doppia selezione fatta, in primabattuta, da una giuria italiana, e in seguitoda una internazionale, coinvolgendo perso-nalità di primo piano del panorama artisticoeuropeo e mondiale.

La novità di quest’anno risiedeva nellapossibilità che veniva data al premiato dipoter pubblicare una propria monografia,che permetterà al pubblico e alla critica diconoscere e apprezzare la sua ricerca.

“Talenti emergenti 2011”, Firenze, CCCS- Centro Cultura Contemporanea Strozzina,Palazzo Strozzi, dal 19 febbraio al 1° mag-gio 2011.

Galleria Otto di Olivia Toscani

Ha aperto il 15 marzo 2011 a Firenze inVia Maggio, rinomata strada di antiquari,Otto luogo dell’arte di Olivia Toscani, artdirector Mauro Lovi.

Otto luogo dell’arte inaugura Radura: unapersonale di Mauro Lovi, artista e architettopoliedrico. Gli spazi della galleria vengonointerpretati dall’artista proprio come unapossibile radura, tramite la pittura, il disegnoe l’istallazione architettonica. Il percorso ini-ziava con un grande quadro ad olio di oltre5 metri per 2 metri e 50 di altezza, proseguecon una installazione di piccoli disegni didiverse misure che occupano tutta una pare-te, e una casa in pino di circa cm 120x50x200 con sorpresa interna.

“Tutto è cominciato con l’alluvione nell’Oltreserchio nel natale del 2009, dovel’acqua ha invaso le zone dei giochi dellamia infanzia: le case, i campi, le pioppete, icapanni dei cacciatori, presenti nella golenadel fiume Serchio.... - scrive l’artista nellepostille su questo lavoro, in catalogo - Homeditato su due piccoli quadri ad olio cherappresentano, l’uno un paesaggio con casaalluvionata e l’altro un brano di foresta,dipinti alcuni anni fa..... Fa sempre comodouna radura, quando hai percorso boschiforeste e pioppete, immerso fino agli occhinegli umori, nei colori, nei ritmi, nelle tra-sparenze, nelle smerlettature della luce, negliodori, nei muschi, nella semioscurità.Andavo avanti pensando sentendo e dipin-gendo il bosco dentro di me con tutte le sug-gestioni, le implicazioni evocative e metafo-riche che il percorso suggeriva. Ho incontra-to gli abitanti reali e simbolici del bosco:Pan, le ninfe, il cinghiale, il lupo, gli orchi ei vari personaggi delle fiabe ...Tutte questeriflessioni in varia forma sono presenti nella

radura che ho ricreato negli spazi di Ottoluogo dell’arte a Firenze.”

Otto luogo dell’arte di Olivia Toscani,vuole essere un punto di riferimento e unametaforica radura dove ritrovarsi per gliamanti dell’arte, viaggiatori curiosi e colle-zionisti, soprattutto un laboratorio di produ-zione d’idee, di progetti e oggetti dove il lin-guaggio dell’arte si confronta con la quoti-dianità. Un’occasione di collaborazione tragli artisti e i maestri artigiani depositari diesperienze antiche, curiosi di nuove speri-mentazioni.

Olivia Toscani è figlia d’arte. Il padre è ilfotografo Oliviero Toscani. La madre AgnetaHolst svedese ormai italianizzata, è statal’anima di Megalopoli, storico studio milane-se di arte e design aperto a Milano nel 1978.È stato uno dei primi atelier a coinvolgereartisti italiani di fama internazionale, su pro-getti di oggetti d’uso quotidiano: tra i qualiEttore Sottsass, Enrico Castellani, PietroConsagra, Alik Cavalieri, Carla Accardi, GiòPomodoro Michelangelo Pistoletto, PieroDorazio e Mimmo Paladino nella progetta-zione e realizzazione di oggetti e mobili didesign e d’arte ad uso quotidiano, esposti alSalone del Mobile a Milano per oltre diecianni e ormai da collezione.

Olivia era molto piccola quando entra incontatto con il mondo dell’arte grazie a suamadre che collabora prima con la Galleriadell’Ariete a Milano, poi con lo StudioMarconi e infine con Ariete Grafica. Nel 1978Agneta decide di aprire Megalopoli e Oliviaaccompagna silenziosamente la madredurante questa esperienza creativa e all’a-vanguardia. L’aiuta nella fase di realizzazio-ne di alcuni oggetti e mobili progettati daquegli stessi artisti che ha conosciuto e cheormai sono amici di famiglia.

Con l’apertura di questo nuovo spazioOlivia vuole riprendere e continuare il pro-getto iniziato da sua madre, immergendolonella quotidianità del nostro tempo, confron-tarsi per la produzione di oggetti conl’artigianato locale sperimentando sinergiepossibili tra il mondo progettuale dell’artistae le capacità creative e manuali dei maestriartigiani, un tesoro unico al mondo.

È grazie a Megalopoli che nasce Otto

Mauro Lovi, A Pioppi

Giorgio Andreotta Calò, Monumento aiCaduti, 2010. Immagine dall'interventoperformativo presso la nuova sede delComune di Bologna

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luogo dell’arte: per continuare a far viverel’arte nel quotidiano.

Mauro Lovi - lucchese laurea in architet-tura a Firenze con Adolfo Natalini - nei suoiprogetti ha sempre lavorato come artista.Dipinge quadri, disegna grafiche e oggetti escrive testi cercando di renderli tutti poeti-ci. Ha esposto le sue opere in molte cittàitaliane ed europee. Ha esordito nel mondodel design con Megalopoli di Agneta Holstalla metà degli anni ottanta, collaborazioneche è proseguita negli anni. Ha lavorato nelmondo della grafica, dove è stato premiatocon il premio nazionale Fedrigoni editoriadella comunicazione nel 2005 con il libroLa casa nella scatola realizzato perComieco. Le sue sculture sono inserite invarie piazze italiane. E’ un artista a cui piacelavorare con molti linguaggi: sculture,dipinti, oggetti e mobili di design. Nel 2009ha organizzato Arte del quotidiano, unamostra alla Fondazione Ragghianti di Luccaa cura di Isa Tutino Vercelloni, AntoniaJannone e Mauro Lovi, un percorso tra artee design dagli anni ’70 al 2000. Una sezio-ne della mostra curata da lui era dedicataalle opere di Megalopoli di Agneta Holst diMilano. Dal 2008 Mauro Lovi fa parte delComitato Scientifico della Fondazione Liciae Carlo Ragghianti a Lucca.

“Radura. Mauro Lovi”, Firenze, Ottoluogo dell’arte , Via Maggio 43 rosso, dal 16marzo all’ 11 maggio 2011. Per informazio-ni: tel. 055 288977, www.ottoluogodellarte.it.

Via Nuova arte contemporanea

Via Nuova arte contemporanea ha inau-gurato il 19 novembre 2010 la sua nuovasede espositiva con la mostra personale diFederico Pietrella dal titolo Una Storia. Il pro-getto, che dava inizio alla nuova stagioneespositiva, segna il passaggio dallo spazioprecedente alla nuova sede e nasce conl’intento di voler condividere con il pubblicoil momento stesso della formazione delleopere esposte mettendole a confronto con lospazio in cui si inseriscono. Dal mese di gen-naio 2011 ha avuto inizio il nuovo ciclo didoppie personali, a cura di Lorenzo Bruni,nel quale artisti che hanno esposto nelle col-lettive del ciclo La distanza è una finzioneerano messi a confronto con artisti inediti chesi cimentevano per la prima volta con i temi

del ciclo di mostre realizzate precedentemen-te a Via Nuova dal 2005 al 2008.

Il progetto Una Storia nasceva con lavolontà di far emergere ‘il vissuto’ del luogoche diventerà il nuovo spazio espositivo diVia Nuova. Le tracce del luogo tenuto chiu-so per molto tempo entrerano in dialogocon le opere dell’artista e sviluppano trediversi concetti di “traccia”: traccia comework in progress della pittura, traccia allimite tra segno trovato e segno voluto, trac-cia come immagine della memoria colletti-va. La mostra era costituita daun’installazione con cui una pasticca diacquerello sprigiona il potere del colore suuna risma di carta a terra per mezzo dellasgocciolatura dell’acqua da una bottigliaancorata a un cavalletto da macchina foto-grafica; meccanismo che scandiva la tempo-ralità stessa dell’esposizione. Questa “pre-senza” è come contenuta da una particola-re atmosfera evocata dall’intervento realiz-zato su una parete dello spazio, in cui deisemplici buchi nel muro, solo per la loro“ripetizione differente”, rimandano allestelle del cosmo. Era presente inoltre ungrande quadro in bianco e nero realizzatocon la tecnica dei timbri che ha come sog-getto un paesaggio urbano: una scena delku’damm, dove il duomo diroccato è unatestimonianza del passato recente che con-vive con nuovi cantieri di futuri edifici.Questi tre nuovi interventi/opere diFederico Pietrella permettono di fare ilpunto sugli elementi cardine della sua ricer-ca attorno “al fare della pittura”. L’artista ènoto per la particolare tecnica di usarel’impronta del datario per dare vita a “scenedi genere” come paesaggi e ritratti. Questascelta gli permette di mettere in discussionelo scopo della pittura di rappresentare lospazio per prediligere la concretizzazionedel tempo stesso con cui l’immagine simanifesta allo sguardo dello spettatore.Infatti, i numeri dei datari coincidono con igiorni in cui l’artista lavora alla realizzazio-ne del quadro. In questo progetto per ViaNuova la sua riflessione sul tempo dellafruizione dell’opera e della sua rappresen-tazione ottiene differenti materializzazionicon i due nuovi lavori sul colore da acque-rello, vera novità rispetto ai suoi quadririgorosamente in bianco e nero, el’intervento con buchi sulla parete, che nor-malmente accoglie le opere, e che invecequi si trasforma da semplice supporto in

spazio astratto e favolistico che rimandaall’immensità del cielo stellato di una nottedi mezza estate.

Federico Pietrella (Roma, 1973; vive elavora a Berlino) ha esposto in numerosisedi in Italia e all’estero tra cui ricordiamo:CIAC, Genazzano (RM), 2010; Paolo MariaDeanesi Gallery, 2009; ZKM Museum fürNeue Kunst, Karlsruhe, 2009; Assab One,Milano, 2008; Fondazione Sandretto ReRebaudengo, Guarene d’Alba/Torino,2008; MART, Rovereto (TN), 2007; VillaManin, Passariano di Codroipo (UD),2005; Quadriennale, Galleria Nazionaled’Arte Moderna, Roma, 2005; Galleria Civicad’Arte Contemporanea di Trento, 2004; IBiennale di Praga, 2004; Fondazione AdrianoOlivetti, Roma, 2002.

Via Nuova arte contemporanea apre aFirenze nel maggio del 2005 con un approc-cio inedito per una galleria poiché punta aripensare alle attuali modalità espositive e ariflettere sulla natura del contenitore d’artee sul suo ruolo di mediazione con il pub-blico. La distanza e’ una finzione è unciclo di mostre che parte dalla riflessionesull’ipotetica eredità del moderno (codici,linguaggi, usi attuali, memorie), e su cosaintendiamo adesso per spazio pittorico.Tutte le mostre hanno indagato le modalitàche gli artisti usano, dalla fine anni novan-ta, per definire narrazioni e storie intimecondivisibili con lo spettatore, il quale èstato chiamato direttamente in causa dallospazio/sensazione messo in atto dall’opera.Più che mostre a tema sono state mostrecollettive che volevano materializzareun’atmosfera e una sensazione ben precisain cui ritrovare e stabilire con gesti minimicosa è il mondo e come può manifestarsi inesso il singolo individuo (artista/spettatore).Tra i trenta artisti di fama internazionali chesono stati coinvolti nel progetto La distan-za è una finzione possiamo citare nomicome Martin Creed, Mark Manders, NedkoSolakov, Rossella Biscotti, Ian Kiaer, PaoloParisi, Carsten Nicolai, Christian Jankowski,Roman Ondak, Luca Francesconi, MarioAirò, Pawel Althamer e Dmitry Gutov.L’ideatore del ciclo di mostre è il curatore ecritico Lorenzo Bruni. I fondatori di ViaNuova sono Roberto Gazulli e FabrizioGuidi Bruscoli.

“Una Storia”, progetto di FedericoPietrella, a cura di Lorenzo Bruni, Firenze,Via nuova Srl, Via del Porcellana 1R - già vianuova, dal 19 novembre 2010 al 7 gennaio2011. Per informazioni: tel./fax 0552396468; tel. 329 8316887, 335 6470394,328 6927778; [email protected] -www.vianuova.org; [email protected], [email protected],[email protected].

Museo del Novecento, MilanoIl 6 dicembre 2010 ha riaperto il Museo

del Novecento negli storici ambienti delPalazzo dell’Arengario, trasformati dal pro-getto del Gruppo Rota, composto da ItaloRota (capogruppo), Emmanuele Auxilia,Fabio Fornasari, Paolo Montanari conAlessandro Perdetti (consulente InteriorDesign) in un luogo che coniuga tradizionee contemporaneità, razionalità e bellezza. Ilnuovo spazio museale del Comune diFederico Pietrella, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 19 novembre 2010.

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Milano, situato nel cuore della città, è dedi-cato all’esposizione di oltre 400 opere d’artedel XX secolo.

Il percorso espositivo, sviluppato in suc-cessione cronologica, attraversa i maggiorimovimenti e correnti dell’arte italiana e pre-senta una sezione iniziale dedicata alleAvanguardie internazionali con dipinti diPicasso, Braque, Klee e Kandinskij, Laurense Modigliani, cui seguono la sala di Boccionie del Futurismo, quelle dell’arte degli anniVenti e Trenta (De Chirico, Morandi, Martinie Melotti), il salone della torre con l’enormeopera ambientale di Lucio Fontana. Si pro-segue poi con la sala dedicata a Burri eall’Informale segnino e materico (Vedova,Capogrossi, Novelli, Tancredi, Accardi). Untunnel aereo collega l’Arengario con PalazzoReale che ospita la sezione conclusiva delmuseo dedicata agli anni Sessanta: dall’ArteCinetica e Programmata con una serie diambienti del Gruppo T, alla Pop Art italianae alla Pittura Analitica, fino alle operedell’Arte Povera, tra cui quelle di LucianoFabro e, nella stessa ala, tutte le opere pro-venienti dal Museo Marino Marini. Questospazio comprende anche gli Archivi delNovecento (documenti, disegni, fotografie,pubblicazioni, recentemente arricchiti dalladonazione dell’archivio e della bibliotecadella Galleria Gian Ferrari).

La selezione delle opere che fanno partedell’esposizione permanente è stata definitadal comitato scientifico coordinato da MarinaPugliese e composto da Massimo Accarisi,Claudio Salsi, Piergiovanni Castagnoli, FlavioFergonzi, Lucia Matino, Antonello Negri, eVicente Todolì.

L’intento del nuovo Museo delNovecento di porsi come un museo sempreaperto e proiettato verso la città si realizzaattraverso la fruizione costante di alcunispazi: le vetrine al piano terreno di viaMarconi consentono di vedere dall’esternogli allestimenti e le opere, esposti a rotazio-ne, delle parti non esibite delle collezioni; iservizi del museo, ristorante e bookshop, col-locati nella torre dell’Arengario, sono pensa-ti come luogo d’incontro da cui è semprevisibile il Quarto Stato di Pellizza daVolpedo; il grande Neon di Fontana all’ulti-mo piano è un segno luminoso visibile gior-no e notte in piazza Duomo.

Electa pubblica il catalogo delle operedel Museo, la guida breve, la guida per bam-bini e gestisce il bookshop.

Museo del Novecento, Milano, riaperto dal6 dicembre 2010. Per informazioni: tel. 0288444061.

Novantesimo Venini a Murano

I novant’anni di una delle ditte piùfamose di Murano, la Venini, vengono ricor-dati con una mostra antologica - parte di unprogetto espositivo itinerante comprenden-te alcune tra le più importanti città delmondo - che ripercorre le fasi più rilevantidella sua produzione, legata e collegata afamosi designer.

Allestita negli spazi al primo piano delMuseo del Vetro di Murano, presenta, attra-verso un percorso espositivo organizzatocronologicamente in nove decenni, dal1921 al 2011, un centinaio di opere di arti-sti che hanno dato al celebre marchio,famoso in tutto il mondo, il segno della lorogenialità.

Secondo un intento che mira a proporreuna sorta di “galleria dell’eccellenza”, perogni decennio è stata scelta un’opera-simbo-lo che ne “sintetizza” e identifica gli stilemi.Si tratta di capolavori di celebri artisti comeVittorio Zecchin (1921-30), Carlo Scarpa(1931-40), Fulvio Bianconi (1941-50), TobiaScarpa e Ludovico Diaz de Santillana (1951-60), Tapio Wirkkala (1961-70), Toni Zuccheri(1971-1980), Alessandro Mendini (1981-90),Gae Aulenti (1990-2000) e Fernando eHumberto Campana (2001-10).

Alla mostra, che si realizza con ilpatrocinio del Ministero degli Affari Esteri, incollaborazione con Venini ed è a cura diChiara Squarcina, Giulia Chimento e RobertoGasparotto, è abbinata una guida breve(Fondazione Musei Civici di Venezia).

1921 – 2011, ovvero novant’anni di pas-sione nel vetro che portano riflessi nel mar-chio le sue più pure caratteristiche: ricerca,innovazione, qualità.

Fin dal suo nascere Venini si è rivelataun’assoluta protagonista nell’opera di rinno-vamento e riqualificazione dell’arte del vetroveneziano, sinonimo di altissimo prestigio edi immutato fascino.

La sua creatività, e il saper gestire il patri-monio nella lavorazione di questo particola-re materiale, si sono consolidate nel tempo eper questo motivo le più importanti collezio-ni artistiche pubbliche e private di tutto ilmondo, tra cui lo stesso Museo del Vetro diMurano, hanno al loro interno opere ideatein Venini.

Per celebrare l’importante traguardo deinovant’anni di vita, Murano e il suo Museonon potevano che rappresentare il capitoloespositivo iniziale, quasi a rappresentare

“l’alfa e l’omega” di un’avventura comincia-ta tanti anni fa con la fornace CappellinVenini & C., nata dall’unione di due perso-naggi piuttosto “atipici” nel panorama vetra-rio dell’epoca: Giacomo Cappellin, antiqua-rio veneziano con bottega in piazzetta deiLeoncini, in piazza San Marco e PaoloVenini, avvocato milanese.

I primi successi, conseguiti alla Biennaledel 1922 e alla Prima EsposizioneInternazionale di Arti Decorative di Monza,l’anno dopo, danno un’idea ben precisa delrinnovamento che stava per smuovere ilmondo produttivo muranese: dal 1923 nonci fu manifestazione italiana all’estero allaquale manchi l’apporto sempre pronto, fer-vido, creativo ed impeccabile di PaoloVenini. Una vivacità operativa e una corag-giosa tenacia che si sono identificati in un“nome” riconosciuto in tutto il mondo.

Stile, creatività e tradizione, unite a prog-ettualità, innovazione e sperimentazione,rappresenteranno il liet motiv dell’aziendaanche in futuro, sotto la guida di LudovicoDiaz de Santillana, succeduto allo scompar-so Venini, o durante le proprietà Gardini eFerruzzi (1985-1998), del Gruppo RoyalScandinavia (1998-2001), o, dal 2001 a oggi,di Italian Luxury Industries (gruppo italianoche fa capo agli imprenditori GiancarloChimento, Gabriella Berti, Giuliano eGuglielmo Tabacchi).

Nella ricostruzione della vicenda storicadi Venini, in quell’articolato percorsoespositivo organizzato in decenni che bensi relaziona alle avanguardie artistiche cheritrovano nel vetro una materia ad altaespressività, non possono certo mancarequelle “personalità” - in alcuni casi, vere eproprie icone delle arti del Novecento - cheattraverso il marchio Venini si sono adop-erate per dare nuova vitalità, originalità ebellezza a una tradizione unica al mondo.

Il tutto si evidenzia in nove opere “sim-bolo” di altrettanti decenni, scelte per motivilegati a design, tecnica e colori: si va dalvaso Veronese di Vittorio Zecchin (direttoreartistico di Venini dal 1921 al 1925), fino adoggi logo dell’azienda, ispirato all’Annunciazione di Paolo Veronese allaMurrina del serpente con la quale CarloScarpa sbanca alla Biennale di Venezia e allaTriennale di Milano nel 1940; dal celeberri-mo Fazzoletto capovolto che FulvioBianconi plasma nel 1945 alle Bolle(1966/68) del finlandese Tapio Wirkkala,una delle più fortunate serie del secondodopoguerra, giungendo via via fino ad oggi,al vaso perfettamente sferico Geacolor (’95)di Gae Aulenti ed alla collezione Esperança(2010) dei brasiliani Fernando e HumbertoCampana, che ripropone bambole in vetroda applicare a vasi e lampadari.

Riproporre i momenti salenti e le decli-nazioni assolutamente moderne di unavisione anticipatrice del gusto, com’è quel-la di Venini, significa ricordare che questaazienda, così come tutte le altre fabbrichedi Murano, è in grado di conservare e tra-smettere quel patrimonio che si riconoscenell’unicità creativa capace di trasformaremirabilmente un’informe massa incande-scente in una straordinaria opera d’arte.

“Novantesimo Venini 1921-2011”, Murano,Museo del Vetro, dal 26 febbraio al 10 luglio 2011.Per informazioni: www.museiciviciveneziani.it;[email protected] Aulenti, Geacolor

Sala delle Colonne; Milano, Museo delNovecento

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Tamara de LempickaLa regina del moderno

Inizia con la mostra Tamara deLempicka. La regina del moderno il nuovoanno espositivo del Complesso Monumen-tale del Vittoriano di Roma. Dall’11 marzo al3 luglio, Tamara de Lempicka l’artista piu’nota e amata del periodo Deco, simbolodelle istanze moderniste degli anni Venti eTrenta, viene presentata per la prima voltain questa mostra, a cura di Gioia Mori, attra-verso un confronto diretto tra le sue operee quelle dei suoi contemporanei.

Abituata a conversare in lingue diverse,la Lempicka ‘parla’ con la stessa disinvoltu-ra un esperanto artistico, mischiando lin-guaggi figurativi di varie correnti e radici:cubo-futurismo russo e francese, ‘’ritornoall’ordine’’ italiano, ‘’realismo magico’’ tede-sco, ‘’realismo’’ polacco. Una babele di ele-menti rielaborati in modo geniale fino acreare una ‘’lingua’’ nuova, autonoma eindividuale, dai caratteri accattivanti. Pittricecosmopolita e icona dell’Art déco, Tamarade Lempicka ha creato immagini che sonodiventate il simbolo di un’epoca, ‘i folli’anni Venti e Trenta di cui diventa la più bril-lante interprete, introducendo nei suoidipinti i simboli della modernità e rappre-sentando la donna emancipata, libera, indi-pendente e trasgressiva. Considerando lavita come un’opera d’arte e sostenuta dauna volontà ferrea di affermazione, Tamaracoltiva il suo talento artistico, ma anchecostruisce con cura la propria immagine didonna elegante e sofisticata, divenendopresto la protagonista stravagante dellamondanità europea.

“Tamara De Lempicka. La regina del moder-no”, Roma, Complesso del Vittoriano, Via SanPietro in Carcere, dal 10 marzo al 3 luglio2011. Per informazioni: tel. 06 3225380.

La Biennale di Venezia 54a

Dal 3 giugno al 27 novembre 2011 èaperta al pubblico ai Giardini e all’Arsenalela 54 Biennale. Esposizione Internazionaled’Arte dal titolo Illuminazioni –Illuminations, diretta da Bice Curiger e orga-

nizzata dalla Biennale di Venezia presiedutada Paolo Baratta.

Bice Curiger è storica dell’arte, critica ecuratrice di mostre a livello internazionale.All’attività curatoriale alla Kunsthaus diZurigo affianca un importante lavoro nelcampo editoriale. Nel 1984 ha co-fondato laprestigiosa rivista d’arte “Parkett”, di cui ècapo redattrice. Dal 2004 è direttrice edito-riale della rivista “Tate etc” della Tate Gallerydi Londra.

La mostra Illuminazioni –Illuminations èallestita al Padiglione Centrale ai Giardini eall’Arsenale formando un unico percorsoespositivo, con 82 artisti da tutto il mondo.Tra questi, 32 sono giovani nati dopo il 1975e 32 sono le presenze femminili. A quattroartisti partecipanti la Direttrice ha chiesto dicreare dei “parapadiglioni”, strutture architet-toniche e scultoree allestite ai Giardini eall’Arsenale, realizzate per ospitare il lavorodi altri artisti.

La Mostra è affiancata, come di consueto,negli storici Padiglioni ai Giardini,all’Arsenale e nel centro storico di Venezia,da 88 Partecipazioni nazionali, numerorecord per la Biennale Arte (erano 77 nel2009). Il Padiglione Italia all’Arsenale, orga-nizzato dal Ministero per i Beni e le AttivitàCulturali con il PaBAAC - Direzione Generaleper il paesaggio, le belle arti, l’architettura el’arte contemporanee, è curato da VittorioSgarbi. Le nazioni presenti per la prima voltasono Andorra, Arabia Saudita, Bangladesh,Haiti. Altri paesi partecipano quest’annodopo una lunga assenza: India (1982), Congo(1968), Iraq (1990), Zimbabwe (1990),Sudafrica (1995), Costa Rica (1993, poi conl’IILA), Cuba (1995, poi con l’IILA). Più di 40Eventi collaterali sono proposti da enti e isti-tuzioni internazionali, che allestiscono le loromostre e le loro iniziative in vari luoghi dellacittà in concomitanza con la Biennale.

“La Biennale di Venezia è uno dei forumpiù importanti per la diffusione e la riflessio-ne sugli sviluppi attuali dell’arte – ha dichia-rato Bice Curiger. Il titolo della 54.Esposizione Internazionale d’Arte,Illuminazioni, pone letteralmente l’accentosull’importanza di questa funzione e capaci-tà della Biennale, anche in un mondo globa-lizzato. La più prestigiosa nonché la proge-nitrice di tutte le biennali d’arte internazio-nali è animata oggi da uno spirito che tra-

scende i confini nazionali, in un’epoca in cuigli artisti stessi hanno un’identità poliedrica esono diventati migranti consapevoli e turistidella cultura”.

“Illuminazioni vuole inoltre celebrare ilpotere dell’intuizione, la possibilità dell’e-sperire attraverso il pensiero favorita dall’in-contro con l’arte e con la sua capacità di affi-nare gli strumenti di percezione – ha sottoli-neato la Direttrice. Illuminazioni si concen-trerà sulla “luce” generata dall’incontro conl’arte, sull’esperienza illuminante, sulle epifa-nie derivanti dalla comunicazione reciprocae dalla comprensione intellettuale. Nel titolorisuona anche l’eco dell’età dell’Illuminismo,attestandone la vitale e fondamentale ereditàche ci ha lasciato”.

“La Biennale è come una macchina delvento - rivela Paolo Baratta. Ogni due anni,scuote la foresta, scopre verità nascoste, dàforza e luce a nuovi virgulti, mentre pone indiversa prospettiva i rami conosciuti e itronchi antichi (e quest’anno i tronchisaranno davvero antichi vista l’intenzionedella curatrice di aprire con Tintoretto). LaBiennale è un grande pellegrinaggio dovenelle opere degli artisti e nel lavoro deicuratori si incontrano le voci del mondoche ci parlano del loro e del nostro futuro.L’arte è qui intesa come attività in continuaevoluzione”.

“In un’epoca nella quale l’arte ha datempo cessato l’enfasi sulla provocazionedell’anti-arte - aggiunge il Presidente Baratta- cerchiamo le vie del colloquio tra l’operadell’artista e il nostro sguardo e il nostro spi-rito, vogliamo capire e sentire quel di piùche l’arte con generosità ci dona e ci sussur-ra, desideriamo illuminazione come visitato-ri, come amanti dell’arte, come individui ecome membri della comunità umana”.

Due i progetti di punta previsti dallaBiennale per la 54. Esposizione: Biennalesessions e Meetings on Art.

Biennale sessions è un progetto rivolto aUniversità, Accademie di Belle Arti, istituzio-ni di ricerca e formazione nel settore dellearti visive e nei campi affini. L’obiettivo èfavorire la visita della mostra per gruppi dialmeno 50 studenti e docenti che sarannoassistiti nell’organizzazione del viaggio e nelsoggiorno. Potranno inoltre organizzareseminari in uno spazio messo a disposizionegratuitamente dalla Biennale. Ad oggi sono

L’Arsenale di Venezia, una delle sedi della Biennale

NOTIZIE

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state contattate più di 2.000 istituzioni inter-nazionali, invitate a partecipare all’iniziativa.

Meetings on Art designa una seried’incontri e seminari con artisti, curatori,filosofi e teologi previsti nel mese di giugnoe alla ripresa autunnale.

Come spiega Paolo Baratta, lo scopo diqueste due iniziative è “confermare il ruolodella Biennale di Venezia quale istituzioneaperta alla conoscenza e allo spirito di ricerca”.

In occasione della 54. Esposizione, sonobanditi tre concorsi online attraverso il sitorelazionale www.labiennalechannel.org,ovvero: Illuminations – Fotografia: lamiglior foto della Mostra (concorso apertoesclusivamente ai fotografi accreditati)

Illuminations – Saggio: il miglior testocritico sulla Mostra

Illuminations – Videoclip: il migliorvideo sul tema della Mostra

Il catalogo è realizzato da Marsilio Editoricon un’offerta editoriale quest’anno partico-larmente strutturata. Il Catalogo ufficialededicato alla 54. Esposizione, allePartecipazioni nazionali e agli Eventi collat-erali è un vero e proprio libro ricco di spun-ti e contenuti. Il Catalogo Breve, anch’essodedicato alle tre sezioni di Mostra, ècorredato da un ampio inserto di fotografiescattate durante le giornate di Vernice ed èla versione ridotta del catalogo ufficiale. LaGuida Breve è corredata di mappe e infor-

mazioni pratiche e diventa uno strumentoutile per muoversi all’interno degli spaziespositivi. Il design dell’intera produzione èa firma dello studio svizzero Gavillet & Rust.Le immagini di mostra sono realizzate daBruno Mancia e Franziska Bodmer.

“La Biennale di Venezia”, Venezia,Padiglione Centrale ai Giardini eall’Arsenale, dal 3 giugno al 27 novembre2011. Per informazioni: [email protected]; www.labiennale.orgwww.labiennalechannel.org.Catalogo: Marsilio Editore.

Invitiamo gli editori e gli uffici stampa a far pervenire i testi presso l’Associazione Antiquari (via del Parione,11 - 50123 Firenze) entro aprile per il numero di giugno e entro settembre per l’edizione di dicembre della“Gazzetta Antiquaria”

Corrado Cagli e il suo magistero.Mezzo secolo di arte italianadalla Scuola Romana all’astratti-smo, catalogo della mostra,Milano, Skira, 2010.

Teotihuacan. La città degli Dei,catalogo della mostra a cura diFelipe Solìs, Milano, Skira, 2010.

Giorgione a Padova. L’enigmadel carro, catalogo della mostra a

cura di Davide Banzato, FrancaPellegrini, Ugo Soragni, Milano,Skira, 2010.

Anna Banti, Lorenzo Lotto,Milano, Skira, 2011.

Arcimboldo. Artista milanese traLeonardo e Caravaggio, catalogodella mostra a cura di SilviaFerino-Pagden, Milano, Skira,2011.

Angelo Maria RipellinoArcimboldo e il re malinconico,Milano, Skira, 2011.

Gli Etruschi dall’Arno al Tevere.Le collezioni del Louvre aCortona, a cura di PaoloBruschetti, Françoise Gaultier,Paolo Giulierini e LaurentHaumesser, Milano, Skira, 2011.

Alla redazione della “Gazzetta Antiquaria” sono pervenuti i volumi, che di seguito

segnaliamo ai nostri associati come pubblicazioni di particolare interesse: