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Noemi Corlito - La magia è una scienz a? Un excursus

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Noemi Corlito - La magia è una scienza? Un excursus storico-sociale

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633).

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Indice

1.  LA SPIRITUALITÀ TRA MAGIA E RELIGIONE ........................................................................................... 3 

2.  LA TEORIA EVOLUZIONISTICA: DALLA MAGIA ALLA SCIENZA ........................................................... 8 

3.  IL CARATTERE SOCIALE DELLA MAGIA............................................................................................... 11 

4.  I PRINCÌPI DELLA MAGIA .................................................................................................................... 13 

BIBLIOGRAFIA .............................................................................................................................................. 18 

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1. La spiritualità tra magia e religione

La magia rientra a buon diritto nell’ambito del sacro ed è un tipo di esperienza spirituale e

religiosa1, a cui l’uomo si affida nei momenti di crisi, per ristabilire un equilibrio che è stato

danneggiato, nella sfera privata e in quella pubblica. Dunque, la magia è:

TESTO 1.

“un’arte pur sempre auxiliaris, nel miraggio tutto umano di poter modellare la realtà in

modo più consono alle proprie aspirazioni o di poter condizionare e addirittura vincere il complesso

di ‘accidenti’ che complicano l’esistenza”2.

Senza dubbio, tra la religione e la magia, oltre ai punti di contatto, ci sono altrettante

divergenze, che in particolare l’antropologia ha tentato di indagare, nella consapevolezza che in

entrambi i casi la spiritualità dell’uomo, ossia l’insieme di idee e di sentimenti, svolge un ruolo

cruciale.

Secondo la definizione di Luck, la magia è:

TESTO 2.

“una tecnica fondata sulla credenza in poteri che sono presenti nello spirito dell’uomo ed

esistono nell’universo al di fuori di noi: questa tecnica mira a imporre la volontà dell’uomo sulla

natura o sugli esseri umani attraverso l’esercizio di poteri sovrasensibili. In definitiva può essere una

credenza nei poteri illimitati dello spirito”.

1 Cfr. Fasce 1989, 9. 2 Masselli 2012, 7.

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Allo stesso modo, emerge la sua ‘natura’ tecnica nelle parole di Fasce, secondo cui la

magia può essere intesa come

“l’esecuzione di pratiche rituali, condotte secondo procedimenti e tecniche prescritti, che

ne garantiscono effetti automatici”3.

Tali pratiche magiche rientrano nel novero convenzionale dei riti “autonomi” e non

“cultuali”: mentre questi ultimi hanno come destinatari gli dèi, che nutrono la “volontà di

intervenire nelle vicende del mondo”4, i primi sono rivolti a forze invisibili e, per questo,

incontrollabili, che esercitano il loro potere sulla realtà. Non stupisce che talvolta il confine tra

queste due tipologie rituali risulti labile, a tal punto che nei riti cultuali ci si può imbattere in pratiche

autonome, vale a dire quegli atti rituali che sono inseriti, in nome della devozione alla divinità, nei

culti. La possibilità che queste diverse tipologie di riti si ‘incontrino’ è giustificabile alla luce della

comune base spirituale; d’altronde, entrambi consentono di mettere in contatto gli uomini e

l’elemento divino, pur avendo specifici fondamenti. A tal proposito, Luck sostiene, non senza

probanti dimostrazioni, che la magia nasce come una religione che non è stata compresa e,

pertanto, è stata condannata in ambienti ostili, fino a diventare una scienza al tempo di Cristo.

È pur vero che “la natura magica o religiosa di un medesimo rito dipende

dall’atteggiamento o dalla coscienza di chi lo pratica”5, un atteggiamento diverso che già il

filosofo greco Platone (V-IV sec. a.C.) ha colto:

TESTO 3

“Nelle Leggi, Platone distingue la magia dalla religione adducendo che la prima si sforza di

persuadere gli dèi, mentre il comportamento autenticamente religioso consiste nel lasciarli liberi di

scegliere, giacché gli dèi sanno meglio di noi che cosa è bene per noi”6.

3 Fasce 1989, 11. 4 Ivi, 12. 5 Ivi, 11.

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Coloro che praticano la magia, insomma, costringono le forze soprannaturali a piegarsi alla

loro volontà, utilizzando, come si legge nei papiri, “epánankoi (sott.: lógoi), ‘parole che

costringono’”7, talvolta anche minacciose.

A questa, si aggiungono altre differenze, individuate sulla base di alcuni criteri8 e che

possono essere così schematizzate:

magia religione

1) impiega strumenti per scopi precisi; 1) mette in risalto gli scopi per se

stessi;

2) si concentra su bisogni privati; 2) si occupa delle necessità

collettive;

3) prevede pratiche segrete, soprattutto 3) organizza riti pubblici,

di notte; all’aperto e di giorno;

4) è basata sul rapporto tra agente magico 4) è fondata sul legame tra la guida

e cliente; e i seguaci;

5) le formule sono recitate a voce basse 5) le preghiere sono pronunciate

(sussurrus magicus); a voce alta;

6) ammette la preghiera e il ringraziamento, 6) ammette il perdono.

ma non la richiesta di perdono9.

6 Graf 1995, 27. 7 Ivi, 195. 8 Cfr. Luck, nella traduzione di Tartaglini 1997, XV; al tal proposito, Luck prende le mosse da Goode 1949. A questi criteri ne sono stati aggiunti altri.

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Al di là delle caratteristiche proprie delle due pratiche - magica e religiosa - è chiaro, per

Luck, che la magia, “operando in una zona di penombra”10, abbia attinto dalla religione riti,

strumenti e appellativi, tentando di superare il modello e di raggiungere risultati migliori. Al

contempo, la magia greco-latina ha fatto proprie le pratiche magiche di altri popoli e tutti quegli

“aspetti veramente strani di una religione straniera”11 con la quale Greci e Romani sono entrati in

contatto, aspetti che, per la loro ‘stranezza’, vengono etichettati sotto la definizione di ‘magia’

[Plinio il Vecchio, Storia naturale XXX,3 riconduce alla pratica magica anche i sacrifici umani, che

al suo tempo (I sec. d.C.) risultano desueti e ormai privi dell’originale senso religioso].

Valgano come exempla di questa ‘eredità’ magica colta dai Greci prima, dai Romani poi, i

casi che seguono:

- al pari degli Ittiti, che consideravano la magia una tecnica di origine divina, trasmessa da

una generazione all’altra e riservata ad una casta, praticata da un mago paragonabile a

un dio, così il magus ha più personalità;

- gli amuleti, in uso presso i Romani, non già attestati nella tradizione magica sumero-

accadica;

- presso gli Egizi, i morti potevano predire il futuro, come “gli spiriti evocati dai negromanti

greci e latini”12, ed erano già in uso tavolette con maledizioni;

- la magia è spesso menzionata nella Bibbia, associata al culto demoniaco;

9 Luck 1997, 7, nel frangente, attinge da Smith 1978, cap. I. 10 Luck 1997, XIV. 11 Ivi, 9. 12 Luck 1997, XXIV.

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È evidente, allora, che la magia abbia origine nella preistoria13, un’origine alla quale

l’antropologia e la sociologia hanno rivolto la loro attenzione. Nel frangente, potrebbe essere utile

passare velocemente in rassegna le diverse teorie di carattere evoluzionistico e contenutistico

elaborate in particolare nel secolo scorso e che ruotano attorno al concetto di magia e al suo

rapporto con la religione e la scienza.

13 Cfr. ivi, 8.

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2. La teoria evoluzionistica: dalla magia alla scienza

Gli studi sulla magia antica vengono avviati dall’antropologo britannico Edward Tylor (1832-

1917) e dallo storico e antropologo scozzese James Frazer (1854-1941), teorici della concezione

evoluzionistica della magia:

- Tylor distingue tre fasi dell’evoluzione religiosa, quali l’animismo, il politeismo e il monoteismo.

La magia risale alla prima fase, vale a dire “il gradino più basso della civiltà”14, mentre quelle

successive prevedono uno sviluppo del concetto di anima; inoltre, essa si distingue dalla

religione e dalla scienza, configurandosi quasi come una loro degenerazione, in quanto la

magia:

è cattiva religione, dal momento che “non si era evoluta nella direzione del

Cristianesimo”15;

è cattiva scienza, perché “non si era sviluppata nella direzione della tecnologia

moderna”16.

Di fatto, la magia è intesa come un “mezzo per controllare e governare i fenomeni”17.

14 Fasce 1989, 15. 15 Luck 1997, XIII. 16 Ivi, XIII-XIV. 17 Graf 1995, 15.

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- Frazer, autore del Ramo d’oro, recuperando la teoria dell’esistenza di una primitiva fase

caratterizzata da un’errata associazione di idee, elaborata da Tylor, e la legge dei tre stadi

(teologico - metafisico - positivo), formulata da Auguste Comte (1798-1857), individua

altrettanti stadi evolutivi nella storia del genere umano, vale a dire la magia, la religione e la

scienza, distinti “secondo l’intenzione, la razionalità e l’autonomia dell’agente”; egli

chiarisce dunque i punti di contatto e di separazione tra questi stadi:

la magia e la religione presuppongono l’esistenza di forze soprannaturali; la religione, da

par suo, pur non essendo dotata di una componente razionale e non avendo uno

scopo pratico, interviene dopo il fallimento della magia;

la magia e la scienza, i cui agenti sono autonomi rispetto alle potenze soprannaturali,

tentano di modificare la realtà; eppure, la razionalità che le domina è ben diversa.

La magia, così concepita, si presenta quale stadio primitivo del pensiero e della spiritualità

dell’uomo, che, per ignoranza (la magia è legata alla realtà contadina precedente allo sviluppo

della città)18 e, dunque, per errore, ha creato una scienza falsa, priva, insomma, di leggi esatte:

TESTO 4.

“Le regole veritiere, o auree, formano il corpo della scienza applicata, quella che noi

chiamiamo le arti; quelle false, sono la magia”19.

Inoltre, la magia è intesa da Frazer quale fenomeno individuale, lungi dall’essere

applicabile all’intera collettività.

18 Ivi, 13. 19 Frazer, Il ramo d’oro (trad.it.), cap. IV, Magia e religione.

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La teoria è condivisa altresì da Bronislaw Malinowski (1884-1942), che si concentra in

particolare sulla funzione della magia: sostiene, infatti, che essa sia diversa rispetto alla religione, in

quanto la prima ha degli obiettivi pratici, al pari della scienza, e interviene in soccorso di

quest’ultima, quando essa è insufficiente a raggiungere tali obiettivi.

Per giunta, la teoria evoluzionistica (magia - religione - scienza) è alla base delle spiegazioni

preanimistiche, che credono nella presenza di forze soprannaturali, le quali subentrano nella vita

dell’uomo con eventi straordinari, suscitando meraviglia e agitazione: la prima reazione dell’essere

umano a tale potere incontrollabile è la magia.

Invero, ad avanzare la teoria del pre-animismo è Robert Ranulph Maret (1866-1943): il pre-

animismo, pur essendo precedente all’animismo tyloriano, non colloca la magia in una fase

precedente alla religione, ma la distingue in quanto, essendo basata sulle emozioni, porta alla

convinzione che l’azione esercitata sui simboli sia in grado di riflettersi poi sugli oggetti reali. Ad ogni

modo, esse “hanno radici comuni”20.

20 Così Luck 1997, 6 sintetizza la teoria di Maret.

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3. Il carattere sociale della magia

La scuola sociologica francese supera l’evoluzionismo frazeriano, orientato a individuare

l’origine cronologica della magia, analizzandola non più come una fase primitiva e precedente

alla religione, ma recuperando il concetto di mana (ciò che i Greci chiamano ‘dùnamis’):

TESTO 5.

“col termine mana si indica una categoria universale, rilevabile in diverse aree etniche ed

estensibile, con la dovuta prudenza, ad alcune civiltà antiche, che concepisce la potenza come

forza impersonale dinamica, automaticamente efficace, ambivalente in quanto produce bene e

male, comunicabile a persone o ad oggetti, equivalente all’idea ora di causa, ora di potere, ora

di qualità”21.

A partire da questa nozione, il concetto di magia è connotato sulla base della società,

come emerge dalla riflessione del fondatore di tale scuola sociologica, vale a dire Émile Durkheim

(1858-1917). A suo dire, la religione e la magia possono essere distinte avendo come punto di

riferimento la società: la religione è comune ad una intera collettività, la magia, invece, ha “una

componente individualistica, occasionale, utilitaria, infine antireligiosa”22, se non criminosa23.

Nonostante ciò, esse non si configurano come due campi opposti, in quanto la magia è una forma

della religione. Nello stesso solco, si colloca l’allievo di Durkheim, Marcel Mauss, secondo cui la

religione è legata all’astratto (metafisica), laddove la magia si occupa di aspetti concreti, ossia la

natura, ricorrendo a mezzi tradizionali e condivisi dalla società, pur essendo “esercitati

individualmente dal alcuni membri del gruppo”.

21 Fasce 1989, 18. 22 Ivi, 19. 23 Bianchi 1967, 29.

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La scuola storico-culturale viennese, allo stesso modo, supera la tripartizione frezeriana,

postulando un originario monoteismo, la cui degenerazione, causata dalla ripetitività dei riti, ha

determinato la nascita della magia. Se è vero che la magia è degenerazione della religione,

sostiene Adolf Ellegard Jensen (1899-1965), ciò è valido non solo per le civiltà antiche, dal

momento che questo fenomeno si manifesta anche nelle religioni moderne.

Parimenti, Lucien Lévy-Bruhl (1857-1939) sostiene che magia e religione non possono

coincidere con due fasi storiche diverse e non sono l’una successiva all’altra: esse sono due diversi

modi di approcciarsi alla medesima realtà, in quanto anche la magia è basata su “credenze

socialmente determinate e comuni ai membri del gruppo”24.

L’analisi della magia su base sociale porta a distinguere anche la magia patologica da

quella culturale: se quest’ultima è basata su comportamenti individuali e presuppone al contempo

che essi si inseriscano in una società, vale a dire in una tradizione, quella patologica, a cui si è

dedicato Jean Piaget (1896-1980), si basa su comportamenti esclusivamente individuali, per cui

l’individuo opera al di fuori della società.

24 Fasce 1989, 20.

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4. I princìpi della magia

La magia, sulla base delle cerimonie, delle finalità e degli operatori, potrà essere distinta in

varie tipologie.

Una prima di distinzione è operata sulla base dell’utilità25:

- la magia può avere utilità immediata o dirette, laddove pone rimedio alle urgenze (e.g.,

magia della pioggia, magia della pesca); essa prevede il ricorso ad amuleti, invocazioni,

incantesimi e varie misture26;

- può avere utilità indiretta, che mira a creare delle situazioni favorevoli (e.g., magia della

guerra, magia sessuale); essa sfocia in una seconda magia, a detta di Luck27.

In base alle finalità, c’è una contrapposizione tra:

- la magia di difesa o bianca, che ha lo scopo di proteggere dai mali e allontanare le

maledizioni; per la sua funzione apotropaica, spesso convive, senza entrare in contrasto,

con le religioni coesistenti;

- la magia di offesa o nera, invece, che provoca disgrazie alle persone, agli animali e alla

vegetazione; in generale essa porta con sé situazioni negative, se non catastrofi.

Quest’ultima, secondo l’antropologo Edmund Leach28 (1910-1989), coincide con la

stregoneria:

25 Cfr. Fasce 1989, 13 26 Questo chiarimento è fornito da Luck 1997, XIX. 27 Ibidem. 28 Leggo la traduzione di Leach 1985, 243 in Luck 1997, XIV.

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“Dapprima la scienza fu definita come la conoscenza e l’azione che si fonda sulla

‘corretta’ valutazione del rapporto causa-effetto; a sua volta la determinazione di ciò che è

corretto risultava individuata dai sillogismi della logica aristotelica e dal determinismo

meccanicistico della fisica di Newton. Il resto fu superstizione. Dalla superstizione fu poi distinta la

religione: la definizione minima di religione fu diversa da studioso a studioso...; il resto fu magia.

Successivamente la magia fu distinta da alcuni in magia bianca (buona) e magia nera (cattiva).

La magia nera, ribattezzata stregoneria, fu poi distinta dall’arte magica e così via…”.

Eppure, nella Roma antica, questa polarità tra magia bianca e magia nera non sempre è

così netta, “essendo la magia, per definizione, di segno negativo”29.

Tali pratiche magiche possono essere ulteriormente distinte a seconda dei princìpi che le

regolano, princìpi che coincidono con due diversi processi logico-mentali30: si avrà, da una parte la

magia imitativa o mimetica e la magia simbolica od omeopatica, dall’altra, la magia contagiosa

o simpatica:

magia imitativa o mimetica

magia simbolica od

omeopatica

è basata sull’imitazione: più

precisamente si imitano gli effetti

desiderati (e.g., le danze che

simulano la caccia)

ricorre all’uso di simboli, in

quanto gli effetti ottenuti su di essi si

riproducono sui soggetti e sugli

oggetti che tali simboli

rappresentano (e.g., per provocare

la morte di un individuo, si distrugge il

suo ritratto)

29 Fasce 1989, 87. 30 La classificazione è proposta da Fasce 1989, 14.

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Magia contagiosa o simpatica

Agisce positivamente o negativamente per mezzo degli oggetti

appartenuti alla persona a cui è indirizzato il rito, in quanto, pur essendo

separati fisicamente, essi continuano avere tra loro un contatto; pertanto,

è definita anche ‘simpatica’, dal momento che c’è un legame di affinità

tra la parte e il tutto (“si tocca una parte della persona per ferirla o

danneggiarla”31).

A tal proposito, Luck32, partendo dal presupposto che il concetto di

‘simpatia’ cosmica è stato introdotto dal filosofo stoico Posidonio di

Apamea (135 ca. - 50 ca. a.C.):

“Quella che è chiamata ‘magia simpatetica’ si fonda sui seguenti

principi: 1) somiglianza (il simile richiama il simile); 2.) contatto (cose che si

toccano l’una con l’altra si influenzeranno reciprocamente per lungo

tempo o tratterranno l’una le proprietà dell’altra); 3) contrasto (per

influenzare una cosa si può usare il suo antagonista dal momento che il

principio di contrasto agisce come quello di complementarità)”.

Invero, già Frazer adotta questa classificazione, non trascurando gli errori che essa

comporta:

31 Fasce 1989, 14. 32 Luck 1997,

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TESTO 6.

“L’errore della magia omeopatica è quello di partire dal presupposto che le cose simili fra

loro siano anche uguali fra loro; quello della magia di contatto, di partire dal presupposto che le

cose che una volta sono state in contatto fra loro, lo rimarranno per sempre”33.

Inoltre, la magia può essere praticata in vari contesti, a seconda dei quali muta il suo

carattere, diventando più o meno legittima: essa potrà essere privata o ufficiale; in

quest’ultimo caso, non è raro che riti, come la purificazione di una città o le pratiche per propiziare

la pioggia, in quanto pubblici, siano affini alla religione, a dimostrazione del labile confine che

separa le pratiche magiche e quelle religiose.

Detto in altre parole, non si possono intendere magia e religione come due stadi evolutivi

distinti e autonomi, in quanto essi coesistono nella medesima società e nel medesimo momento

storico e si configurano come due diversi modi di approcciarsi all’elemento ‘non umano’ (sia esso

potenza invisibile o divinità), due modi che partecipano alla stessa visione del mondo e, pertanto,

sono in contatto l’uno con l’altro:

TESTO 7.

“Un concetto ampio di religione abbraccia anche il campo della magia e, d’altra parte,

un concetto non ristretto di magia scorge nel senso di mistero che anima il mondo magico il senso

del sovra-umano e del sovra-naturale che alimenta la religione”34.

33 Frazer, Il ramo d’oro, cap. III, La magia simpatica. 34 Ivi, 10.

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Una prospettiva, questa, che trova spazio anche nella riflessione di Abersmann:

“A dire il vero, in molti atti rituali i due atteggiamenti coesistono e spesso si compenetrano

cosi a fondo l’uno nell’altro che diventa difficile, per non dire impossibile, stabilire quale dei due

atteggiamenti sia presente o prevalente. È anche vero che dei due modi di comportamento

quello che assume chi recita la formula magica è più grossolano. Questo non giustifica però la

conclusione che la formula magica sia più antica della preghiera e che la preghiera altro non sia

se non uno sviluppo della formula magica […]”35.

È bene ricordare che tale magia non è mai stata limitata al popolo rozzo e ignorante, ma

ha coinvolto altresì gli intellettuali, convinti che ci fossero forze soprannaturali che essi potevano

controllare con pratiche specifiche.

35 Cito Arbesmann 1967-89, 667, nella traduzione proposta in Luck 1997, XV.

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Bibliografia

Arbesmann 1967-1989 = R. Arbesmann, New Catholic Encyclopedia I-XVIII,

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Bianchi 1967 = U. Bianchi, Introduzione alle religioni dei primitivi, Roma 1967.

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