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Fabio Trimboli Nel tuo carissimo nome

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Fabio Trimboli Nel tuo carissimo nome

© Copyright Fabio Trimboli - 2016 “Nel tuo carissimo nome” di Fabio Trimboli Raccolta di versi e prose dedicate (2005-2015) L’indirizzo a cui scrivere è: Fabio Trimboli, Via Calpurnio Pisone, 96 - 00175 Roma Email: [email protected] Sito web: www.fabiotrimboli.it

Indice Anna Achmatova • Non somigliasti a nessuno • È altrove la mia terra Adonis (Ali Ahmad Sai‛īd Esber) • Vedo nascere l’amore Antonin Artaud • Ho visto camminare a passo svelto la mia testa Guillaume Apollinaire • Nei tuoi baci rubati Ingeborg Bachmann • L’anima bella • Principio dell’incandescenza Charles Baudelaire • Aspettando il nuovo William Blake • Nel bosco della smarritudine • Preludio • Innocenza Aleksandr Blok • Infierirà la neve, non cesserà la tempesta • Nell’oscurità dei giorni Jorge Luis Borges • L’invisibile trambusto d’un tardivo crepuscolo • Città

Charles Bukowski • Pagina 56 Paul Celan • Un fiore parla per tutti • Eminente utopia rasenta otropoli • Foto-grafia • E venne il giorno • Nella metamorfosi del sogno • Cantate pure il mio nome • Meraviglie arcane • Le controfigure lunari • Del vero e del falso • In un distratto coricarmi tuffato nell’ultimo verso • L’alterna lingua tra le lingue • Come il pane hanno spezzato il cielo di ottobre René Char • Allontanate vicinanze Velimir Chlebnikov • Preferisco poco (e non essere un governante) Marina Cvetaeva • Come tua ninna nanna Sophia De Mello Bryner Andresen • Il male quotidiano Robert Desnos • Il verbo al mocassino Emily Dickinson • Straripando amore

John Donne • Dopo il falò dell’uomo Selma Meerbaum-Eisinger • E tu, sai Paul Eluard • Voluttuosa armonia Sergej Esenin • Voi dormite, miei cari fratelli • Nel vuoto Ğabrā Ibrāhīm Ğabrā • Non lascerò memorie Mahatma Gandhi • O Rama! Federico Garcìa Lorca • Ho una spina ficcata nel cuore Hermann Hesse • Sovrastato dal blu Nazim Hikmet • Veloce più di una saetta • 12 Dicembre Friedrich Hölderlin • L’aurora è in fiore Peppino Impastato • Nel tuo carissimo nome

Juan Ramòn Jimenez • Notturno • Di una lacrima e di una luce • Nient’altro che azzurro caduto dai tuoi occhi Omar Khayyam • Gocciata d’estate Martin Luther King Jr • Luce bianca Issa Kobayashi • Bianca dimora Primo Levi • Se questo è un mondo Mario Luzi • In complessità di suono e onda Madre Teresa di Calcutta • Tra le mani del Signore Vladimir V. Majakovskij • Lettera Osip Mandel’Ŝtam • Nel canto delle Aonidi • Attaccato alla vita • Ero dentro ai tuoi occhi • L’anello prezioso • L’occhio che tutto vide • In un’alba sommersa di neve • Nell’apoteosi del silenzio

• In questa puntura di mondo • Bel tacere Alda Merini • Con far da usignolo Eugenio Montale • Ipotesi III Pier Paolo Pasolini • Alla mia Nazione • L’amore secondo all’amore Boris Pasternak • Alla radice dell’esistenza Fernando Pessoa • Dall’avviata gestione • Essere – astrazione d’esistere • Il viandante delle stelle Sylvia Plath • Come fiori di loto Antonia Pozzi • In un dileguarsi d’anima • D’accanto a me giardino • Per il sognar precipitato mi consumerei d’insonnia • Questo strano azzurro Clemente Rebora • La parola sorda nel canto muto • A nudo cuore

Artur Rimbaud • Il bambino che partorì l’alba d’oriente Jalal al Dyn Rumy • Il sé dell’universo Pedro Salinas • Oltre l’orizzonte io ti cerco Hans Sahl • Comunico con sempre William Shakespeare • Con onore Percy Bysshe Shelley • Come una donna sul prato assopita Wistawa Szymborska • Senza spada né bisaccia Dylan Thomas • Quando l’incedere del tempo • Chi - mano che scrive nell’altrui mano - Fjodor I. Tjutcev • Silentium! (Al di là dell’indicibile) Tomas Transtromer • Nei miei occhi penetrano mondi (con un cielo che va spegnendosi) • E sorrido al presagio • E questo tuo sorridermi

Giuseppe Ungaretti • Fanciullezza Paul Verlaine • Per carità Renée Vivien • I beneamati dalle stelle Sergio Zavoli • Improvvisa pace Visar Zhiti • Dove muoiono i cuori dei più bei sorrisi

~ ad Anna Achmatova ~ Non somigliasti a nessuno Non somigliasti a nessuno! Parole che si rincorrono e che sembrano fluire da uno spartito musicale per sigillarsi ai tuoi canti e ai tuoi fragili veli di donna, di mamma. Al pari dell’amata tua Terra e del fiero avanzare del Lete consentimi, teneramente, d’essere la tua calda coperta, la tua scomparsa Rusálka, e la tua casa, la tua culla, nella notte che brilla.

È altrove la mia terra Dinanzi a particolari testimoni mattino e sera si accoltellano dentro me. Non mi appartiene né sonno né risveglio ed è altrove la mia terra. Vivo nell’angusta sorte del distacco, affilatissima lama che spesso affonda nella mia rauca esistenza. Niente, nessuno sembrerebbe condividere questa scellerata cattiveria, eppure so con certezza che voci lontane ascoltano il mio lamento e accorrono piangendo.

~ ad Adonis ~ Vedo nascere l’amore Dalla terra il fiore s’eleva per incontrare il sole cinto ai fianchi da mille colori È così che al mattino all’orizzonte dei tuoi occhi ebbri d’universo vedo nascere l’amore

~ a Guillaume Apollinaire ~ Nei tuoi baci rubati Nei tuoi baci rubati suonavano campane felicemente a morte (Correva forte il tempo e senza darmi pace morso dal dolore piangevo tra le stelle)

~ ad Antonin Artaud ~

Ho visto camminare a passo svelto la mia testa

Ho visto camminare a passo svelto la mia testa

col sangue munto nei miei occhi dal tuo sogno

e me ne sono liberato in una dolorosa smorfia

nei languidi sentieri plastificati dalla notte

che ora mi percuote l’anima snellita senza sosta

col suo mistero artificiale fino alla morte

: ma l’odore dei fiori è sul mio capo da tempo

Dimmi

Puoi tu bere la rugiada con la quale mi disseto?

Allora sarà identica la sciabola che ci trapasserà

e nell’indifferenza corporea che manifesteremo

ci saranno altri numerosi nulla e da disgiungere

Dal sole pioverà finalmente candida la neve…

~ ad Ingeborg Bachmann ~ L’anima bella Risvegliarsi all’aurora col pugnale ficcato nei fianchi e prim’ancora di pensare morire del solito morire per amare nuovamente tutto compreso il gran dolore con la bava indipendente che copiosa e illuminata scrive ancora poesie come un fiume che scorre certo di trovare la via del mare L’anima bella,

Principio dell’incandescenza Amo nulla e tutto amo. Fino ad accendermi di stelle, tant’è che mia compagna è principio dell’incandescenza. Si, amo nulla e tutto amo. E soprattutto esisto, poco e troppo, da tempo estraneo al tempo, nel sudario di una vita che più non sento mia.

*

Lente, le mie dita, soffocano nel silenzio di un pugno chiuso, senz’avvertire il procurato male.

~ a Charles Baudelaire ~ Aspettando il Nuovo In un giorno precoce né vicino né lontano semplicemente precoce farò ergere una lapide e ai suoi piedi stanchi celesti e rosa fiori come una Maddalena carezzeranno l’aria E già la vedo sotto la quercia blu in un profumato giardino dove bimbi d’ogni razza si alimentano nei giochi Mi sembra di ascoltarla ... Qui giace e vive chi s’è saziato alla fonte pura del supremo amore e la cui lingua non aveva occhi tant’era la sete Solo e sempre cuore ...

Or dunque non è ancora tempo per un dì precoce e mai sconfitto ma segnato dalla noia attendo il Nuovo Si sono per il Nuovo Ho estratto ovunque dal bene e dal male pura la quintessenza e premio dei premi le nuvole rosse oggi mi dissetano Ecco gli aghi del cielo sono il mio contraltare Ed in terra non posso sedere e tu Aria d’un Eolo distratto talvolta mi culli e tant’altre m'assali Se vuoi darmi gioia o vuoi mostrarmi male rimani pure che vuoi Rimani

Tu fantasma dei soli sei vigna feconda tra fiamme funerarie Tu bandiera dei venti sei il sonno nei sonni e lo zenit reale Tu che osi saziarmi nel morso della notte e sui desii d’aurora ché nella tua onniscienza sai essere al tempo prima veggente e sommo tra i mali È a te fedele mia sete e domani? L'importante sia Nuovo con le porte dell’alba tra le mani di mani

~ a William Blake ~ Nel bosco della smarritudine Un dì mi addentrai nei viali dello smarrimento dove gli alberi erano diversi e i frutti tutti marci Ritrovata dopo un po’ la via del ritorno incontrai un anziano che esclamò queste parole: “Nel bosco della smarritudine non v’è tralcio che nasce né uva che tenga Solo confuso dolore per la condizione parziale di ritrovarsi orfani” Mi fece un cenno ed io pensieroso tornando nel bosco lo salutai nascendo La mia nuova casa in quella smarritudine fu più profonda dell’estremo pozzo

E verdi fiori nei laghi dell’incanto vidi sbocciare col mirto coperti da cieli artici Mi dissi convinto: “tornerò da dove sono quel dì venuto” e infine mi addormentai E rose nere in cerchi di mare il cuore mi cullavano profumate di sole

Preludio Quando ancor Bimbo mi persi nel volo netto del gabbiano non ebbi occhi ma solo Desiderio & Ragione a contendersi ciò che sarebbe diventato il futuro mio sogno, il brutto-bello, il Canto. E la Delizia rovistava senza pausa nell’Anima sguarnita dalla vaghezza dell’Istante sconosciuto quando m’impadronii della Oscura Scienza del Presagio prima di bere alla fonte Pura del Fiore nudo & Sacrificale. L’empietà dunque si allontanò da cotanta Volontà del Bene che subito divenne in me una impetuosa Fiamma graziosa & bella quanto una Donna dal sorriso appena partorito. Crebbi e con me anche il mio Albero che divenne Amore, ma quando Tutto m’apparì chiaro & (quasi) Perfetto, e Ammirazione & Stupore non furono più la linfa della mia Passione, allora la fortuna mi tentò per impossessarsi del Segreto dei Segreti: che banalità fu il credermi solo. Il cannone dei Fiori Onnipotenti sparò l’insegnamento nel mio spirito che fu provato dalla Giustizia nella Misericordia per giorni & mesi. Forse anni & anni. L’Universo sibilò in me ridestando i miei Occhi e fu solo così che il mio secondo Sonno divenne tanto maturo da scontrarsi con se stesso per dirigere l’orchestra magica della moribonda brutta-bella Realtà. Ad ogni modo, e ad ogni occorrenza, cominciai a proiettare ciò che in me restava dell’Infanzia con Ira & Violenza e soprattutto Rabbia & Bontà.

Innocenza Felice me ne andavo per il bosco volteggiando come un passero e niente & nessuno mi avrebbe potuto farmi presupporre che di lì a poco avrei finito di giocare, di sorridere alle montagne, di lavarmi del mondo. Sopraggiunta l’oscurità un brivido pervase la mia razionale incoscienza e cominciò la veglia della mia paura quando provai lo sfinimento dei sensi che, a spalancate porte, diede nuovo ordine ai fenomeni dell’infinito. Certo che qualcuno si sarebbe preoccupato di me, null’altro feci che aspettare la maturità & la saggezza, ma né il cupo cielo, né l’amore filiale fecero quanto mi sarei aspettato e, senza rendermene conto, fui assalito dalla terra. La crudeltà s’invaghì della mia innocenza e ciò che accadde nemmeno al mio istinto di chiarezza fu lecito saperlo, né all’intenzione più evoluta nella mia mente: s’invertirono piedi & mani e di lì a poco mi diradai col niente.

~ ad Aleksandr Blok ~

Infierirà la neve, non cesserà la tempesta

Infierirà la neve

non cesserà la tempesta

eppure quando il mio sguardo

vive nel canto delle stelle

ineffabile come sempre

docile sai sorprendermi

più di una carezza

Consolatrice sovrana

e mia futura Primavera

Nell’oscurità dei giorni

Come ben si cela l’inquietudine al crepuscolo dietro un vento furioso che batte sui miei pensieri

È un tormento replicante che nell’oscurità dei giorni purtroppo mai si placa e che più non trova tregua

~ a Jorge Luis Borges ~ L’invisibile trambusto d’un tardivo crepuscolo Agonizzante la città versa nei miei pensieri l’invisibile trambusto d’un tardivo crepuscolo E la rosa l’incomprensibile rosa risorta col mio giardino sarà l’attesa bandiera del mio ultimo canto

Città In viaggio, di notte, vedo sfiorire il cielo sopra la città. L’ombra del fallimento, le tenebre dell’umiliazione… Il rispetto, la dignità, la speranza, strappati sulla scia rossa dell’ennesimo tramonto, stentato, illividito, roso fino ai bordi del visibile, perimetro umano di un universo accecato dalla sua stessa velocità e che, da caos a caos, con moto sconosciuto prosegue nell’opera della sua espansione. Dolore che si accumula e che, desolato, ancor più ci unisce sul sospeso filo della paura, dell’emozione. Già, emozione. Con l’anima mia sempre più silente in questo mare che quasi stento a riconoscere, nel tutto sola.

~ a Charles Bukowski ~ Pagina 56 Vorrei dormire ma non ci riesco O forse non voglio Già perché in fondo tra tutte le passioni che ho baciato la notte è la più dolce Sul tavolino c’è un Bukowski ma nel frigo non c’è birra e la carne già che dorme Invece lui m’invita a nozze apre a orecchie la sua stanza e mi legge alcuni versi Accenderò una morte rossa saremo a trenta o forse oltre e non è ancora mezzanotte Lui si gira e poi scarteggia mentre m’urla: è lo Show la loro prima e ultima spiaggia Lo show “Vallejo che scrive sulla solitudine mentre muore

di fame; l’orecchio di Van Gogh rifiutato da una tr**a; Rimbaud che scappa in Africa a cercare oro e trova un caso incurabile di sifilide; ... Beethoven diventato sordo; ... il cervello di Hemingway che cade nel succo d’arancia; ... ... Pascal che si taglia i polsi nella vasca; ... Dostoevskiy messo al muro ... Lorca fucilato per strada dalla milizia spagnola ... Ecco cosa vogliono uno stramaledetto show un’insegna luminosa in mezzo all’inferno. ecco cosa vuole quel pugno di ottusi incapaci di esprimersi

prudenti tetri ammiratori delle carnevalate…” Vuoi fumare Charles Bukowski? “Non vedi come son ridotto sembro forse carta straccia?” E mentre s’alza dalla pagina per sedersi al pianoforte se l’accende e mi racconta: “Ricordati dei vecchi cani che hanno combattuto bene Hemingway, Céline, Dostoevskiy, Hamsun, se pensi che non siano diventati matti nelle loro stanzette proprio come sta succedendo a te adesso senza donne senza cibo senza speranza allora non sei pronto bevi altra birra c’è tempo e se non c’è va bene lo stesso”

Mentre siamo ormai in mutande chiede un piccolo favore “Quella pianta che hai di fuori cogli adesso un fiorellino e uniti chiudici per sempre a pagina 56”

E così con denti storti l’ho riposto nella borsa mentre in strada un cagnolino abbaiava questi versi:

“L’amore non è un Cane che viene dall’inferno…” (I versi in corsivo appartengono a C. Bukowski e sono parte delle poesie ‘Cosa vogliono’ e ‘Per essere un grande scrittore’)

~ a René Char ~ Allontanate vicinanze Il giorno si presenta in noi con la violenza dell’alba che ai nostri occhi appare come l’esplosione di un dono spuntato con pazienza. Alla materia slegato, intanto, c’è chi si addormenta con l’anima stravolta dagli affanni e col sorriso mangiato dall’esistenza. Una vita dal ritratto finito, un cuore oltrepassato dalla furia del silenzio, col respiro accolto dal cielo che offre tutto ciò alla vetrata del vento.

~ a Paul Celan ~ Un fiore parla per tutti

Rinunciando luce un fiore parla per tutti ma l’oscuro da solo in vibrazioni pre-terrestri raggiunge la destinazione S’accende la morte Sola si spegne Senza fiato È tempo di favole dove penzola il ceppo giocando col maestrale Parla un fiore per tutti Bisogna poterlo ascoltare oltre l’architettonico gelo Senza distrarsi e scavando alluvioni prima dei nostri passi

Eminente utopia rasenta otropoli (Euro) Emblematico crollo dell’emisfero lunatico Emerge la potenza solare Nell’ululo emorragico d’una lupa l’embrione notturno si deforma Emerito fino a decollarsi La luce spiattella emissioni mentre dal cosmo emigrano pianeti Embolia catatonica universale Un affinarsi ematico si coagula in emollienti prototerrestri Eminente utopia rasenta otropoli Contro l’istante dell’empirica infine si proietta l’embargo celeste

Foto-grafia

Lascia pure che nel mio cranio subentri la ruota coi suoi venti cardini dall’arrugginito ferro Infilzandosi a freddo ruoterà come un mulino quando spirerò vento e ripreso dall’obiettivo io resterò fermo Darò gli occhi ai miei versi ed un sorriso al mondo Giorno dopo giorno Per sempre

E venne il giorno

E venne il giorno che nei miei occhi ebbe libero accesso la percepita morte

Mi nascosi freddo nell’amato sguardo scontando la mia pena E dal tuo volto procedo al ricordo solamente adesso …a terminata sorte

Nella metamorfosi del sogno Ho sognato entrambi ma non ricordo quando Ali di colomba o di corvo? Sognavamo accanto nella metamorfosi del sogno

Cantate pure il mio nome Dicono che i nomi sono diventati innominabili e che la feroce mannaia si abbatterà sulle rapide mani lasciando al posto delle parole inguaribili piaghe Cantate pure il mio nome voi che avete coraggio nel cantare

Meraviglie arcane Meraviglie arcane confluiscono nelle visioni che vertono a spiccati sensi Nell’atipico spazio temeraria nidifica la follia dove la dignità sovrana riduce il suo campo d’azione lasciando in luogo del tabù lo sguardo solo ed ebbro dell’attorno pensieroso e buio La membrana temporale ingoia nel suo smarrito pozzo il non più sostenibile genio

Le controfigure lunari Le controfigure lunari tutte si addicono all’osso In breve forma e diseguale sostanza una vocale si spegne nel medesimo nome che tuo malgrado hai raccolto nel fuoco L’adolescenza di tenebræ forgia i traviati di cuore

Del vero e del falso Bisogna reprimere l’istinto enciclopedico del vero e del falso? Meglio frequentare le mura del dubbio che andar veloci tra i misteriosi viali delle insonni metafore

In un distratto coricarmi tuffato nell’ultimo verso Con qual fatica tutto questo brodo è da orecchio: persa un’interferenza mi ricompone l’altra E in antiche vesti a me venite lerci Ah - i miei aperti abissi se potessero iniettarsi mandorlati nelle vene con aghi ultravioletti sarebbero stillati d’epoca Circumnavigo il ricordo del mare che fu nostro Morire - morire alla notte tra dannazione e gloria fino all’ultima scissione insufflato nel definitivo e psicoineffabile Amplesso

L’alterna lingua tra le lingue Io, l’alterna lingua tra le lingue di un mondo che sproloquia il suo dolore, viandante dei vuoti e dei nulla, mi dissocio, con in volto la morte del cuore, per sopravvivere di nuovo, in questo estremo esistere, a quell’inutile sopportazione, paesaggio infero di un rovesciato sorriso. Così mi dissantifico, prima di depurarmi un’ultima volta, con l’anima mia obliata tutta nelle complesse profondità del mio (parlare-tacendo) spirito.

Come il pane hanno spezzato il cielo di ottobre Anche Lo show i sogni tuttavia migrano deve proseguire E allora si liberi l’incubo che a regnare ci penserà il numero. Dire con ipocrisia in un dire con falsità equivale alla faccenda del meglio non dire. Come il pane hanno spezzato il cielo di ottobre. Anche i sogni migrano. Lo show tuttavia deve proseguire. Quindi sovrano è meglio non dire. E allora si liberi dal numero l’incubo e sottraiamolo a tutte le morti che a mattino, mezzodì e sera piangiamo, piangemmo e piangeremo. Come il pane hanno spezzato il cielo di ottobre. Il chiasso delle nostre lacrime conoscerà la sua fine.

~ a Velimir Chlebnikov ~ Preferisco poco (e non essere un governante) Preferisco l’odore dei fiori che nei nostri prati fibrillano agli assassini fucili che ammazzano chi vuole ammazzare anche me Preferisco le ragazze che camminano coi loro stivali nei miei occhi alla vecchia stazione di poesia dove il governo si ricorda di me Preferisco il cielo maturo nel suo sguardo paterno all’ombra che attorno mi gira invece di seguirmi placidamente Preferisco morir di stanchezza e gettarmi nelle carezze del sole per rinascere fiume che sgorga con fare da gran combattente Preferisco davvero poco E non essere un governante

~ a Marina I. Cvetaeva ~ Come tua ninna nanna L’ago dei venti buca vene calde e zampillano versi - a fiotti sul tappeto dei tuoi anni affinché l’irriguardoso Eolo si tormenti - tra queste labbra per aver sciupato sui fili suoi l'essenza d’un diamante Amarci ai Tabernacoli E mentre lacrimi d’insonnia io - per te - mi distendo sui misteri del tempo ed io - per te - mi dissanguo come tua ninna nanna

~ a Sophia De Mello Breyner Andresen ~ Il male quotidiano “Colui che vede lo spaventoso splendore del mondo è logicamente portato a vedere la spaventosa sofferenza del mondo. Colui che vede il fenomeno vuol vedere tutto il fenomeno.”

(Sophia)

Inobbedisco, che quando guardo negli occhi di questa gente e vi ritrovo il servo ed il padrone, io mi batto, con semplici parole, contro la serpe ed il leone, poiché quando il fuoco acceso dai nostri bambini è oppresso pure dalla notte, allora è il momento di restituire valore, dignità, nel nome dei padri e dei figli, a chi crede ancora che nella Patria v’è il principio sano di ogni Nazione. E se per ogni cerimonia di addio dovessi trovare la sentenza di morte, o dell’ennesimo “castigo”, ebbene io sarei ugualmente soddisfatto, felice, perché ci sono parole che si leggono ancor meglio nel dolore. O al buio.

~ a Robert Desnos ~

Il verbo al mocassino Nel futuro, dove la mia parola cadde, non mormorerà. Nulla prenderà fine lì, come nulla per sempre svanisce. È così che io vivo, nella morte trascorsa, indissolubile. Sostenuto, ciononostante, dalla grande separazione, la sempre aperta distanza. rovesciata e Contraria.

~ a Emily Dickinson ~ Straripando amore Vestita di fiumi ti scorgevi - innocente - ad ogni orizzonte offrendoti al mare con vita nuda straripando amore Il mio - fraterno - coglie il tuo canto come sua sposa ed ora luna ed ora sole mentre limpide sulle degne labbra dei ruscelli d’aria due onde ad angeli stanno per riconoscersi

~ a John Donne ~ Dopo il falò dell’uomo Come una continua esplosione gli opposti convergono in te magnete ormai consumato dal sacro e dal profano e violentato d’infinità canti e preghi timoroso affinché diavolo e carne siano per sempre sconfitti dal tuo desiderato Amore Maturo è lo spirito e il sudario della notte cede il suo posto dopo il falò dell’uomo al tuo primo e perpetuo sole

~ a Selma Meerbaum-Eisinger ~

E tu, sai Tragedia è la città che non ho mai visto (tragicittà1). Il mio viaggio è finito poco prima. Ho conosciuto, però, il sorriso sgraziato, quella smorfia che mi ha costretto in ginocchio a piangere con la bocca il silenzio e la neve, luce ai miei occhi. Mi sono rialzata come un sogno nel grembo di una donna, nel supplizio del più amaro mattino. E tu, sai come si spegne per sempre una stella e come anche in cielo davvero si muore? 1. Auschwitz

~ a Paul Eluard ~

Voluttuosa armonia Come fiume che scorre sento piovermi dentro il tuo fertile amore Se potessi salire dove i cieli s’abbracciano nell’espanso silenzio governato dal suono canterei nel tuo nome Ed io salirò scisso anima e corpo e carezzato dal vento tra colline di carne saggerò il tuo sapore Si salirò voluttuosa armonia sinfonia del mio cuore

~ a Sergej Esenin ~ Voi dormite, miei cari fratelli Voi dormite miei cari fratelli quand’io già vedo all’orizzonte spietato l’urlo spezzato di tante mamme che non piangeranno di fronte alla rivoluzione

Nel vuoto E te ne vai attraversando il mio cuore desolata piazza vuota declinando un tramonto Potessi afferrare i pensieri per tingerli di un cieco azzurro e fare una collana color marzo coi tuoi capelli che sanno di miele Oh quale cappio più sobrio quale inizio più consistente dove intrecciare il mio corpo e fendere il capo per sempre

~ a Ğabrā Ibrāhīm Ğabrā ~ Non lascerò memorie Sono un uomo dal nome appeso a un chiodo di un’abbandonata croce che va prendendo fuoco Non lascerò memorie Mi duole solo per la croce che chiodo dopo chiodo è ormai persa in tanto fuoco

~ al Mahatma Gandhi ~ O Rama! Il mondo è percosso da un sussurro di Vita e da un urlo di Pace prima di sparire - vecchio - col suo servile bastone dinanzi all’uomo dell’uomo Il sepolcro degli oceani la sua anima accoglie per restare con essa schiaffeggiando la storia nell’Amore dei Popoli Fa giustizia una stella ed il mondo scoperto con i suoi perbenisti confessa il peccato: ‘il Satyagraha m’è amaro’ E dal cielo una Voce ricorda e una luce ammonisce: O Rama! O Rama! Basta un fiore al Giardino che il bastone si spezza

~ a Federico García Lorca ~ Ho una spina ficcata nel cuore Ho una spina ficcata nel cuore che quasi del suo dolore piango Oh Maria dalla rosa sul ramo che sarà mai? Come tu dici È una spina ficcata nel cuore Allora viva Maria la spina ficcata nel cuore e la rosa sul ramo

~ ad Hermann Hesse ~ Sovrastato dal blu Sovrastato dal blu penzolo coi miei pensieri con la fronte che suda nonostante il gelo Come un irrequieto è il mio cuore vagabondo: ha intravisto all’orizzonte la mia croce nel suo altare

~ a Nazim Hikmet ~ Veloce più di una saetta Il tempo avanza, veloce più di una saetta, che trova la sua dimora nel mio petto. Lì dove un cuore, troppe volte ferito, assieme alla stella più lontana batte. E batterà sempre più forte, con nostalgia di casa; lui, l’eterno amante della vita, veloce più di una saetta.

12 Dicembre A Parigi mi apparve il Natale. Candida e lieve la neve imbiancava la Torre, illuminata da un silenzio plumbeo ed arcano. Nei Campi Elisi la festa era cominciata da poco quando, come uno zaffiro color cielo, ebbi la soave sensazione d’incastonarmi nell’anello della Senna, al suo lungo piede, dove tutta intera giace da sempre la città. I bambini portavano fiori bianchi alle proprie madri che preparavano l’arcobaleno del sorriso di labbra in labbra. I loro sguardi sembravano vulcani tra i laghi di Versailles e con la natura sulle guance andai, mansueto e gioioso, ad assopirmi nei capelli già indorati del mattino, ad un salto, forse due, dalla tenera carezza della sorte, del destino. La gente cantava per l’orfano e la vedova, per l’innocenza e la povertà, con la melodia della fratellanza e dell’uguaglianza. I cieli stillavano giustizia e libertà in un tempo sconosciuto al dolore, al lamento. Anche l’anima mia cantava, coi suoi amici, con l’ugola del cuore, mentre la mia famiglia era sparsa in tutto il mondo a divertirsi, a festeggiare, a ringraziare. Sì, a Natale mi apparve Parigi. E mancano appena due settimane. Ah! Ho sempre amato, come la mia donna – bianco di latte come la neve – il mar Caspio. E non lo rivivrò. Presto. Qualcuno mi renda una mezz’ora d’aria.

~ a Friedrich Hölderlin ~ L’aurora è in fiore Non odo uccelli cantare né il fruscìo del vento muove dalla quercia i rami Tutto è dominato dalla quiete quand’ormai l'aurora è in fiore con il mattino che brioso m’appare Ed io ti rivedo - Uomo - che porti al petto una Croce e tra le mani una Spada

~ a Peppino Impastato ~

Nel tuo carissimo nome Avvolto da pensieri lo sguardo del sole perdo nel mio e in questi campi colorati dal grano sento pulsare vita con il cuore volto a dissipare le apparenze nel sorriso del giorno L’orizzonte ha una direzione come la sua luminosità che non è il solo particolare Porta l’amore in grembo e in quest’oggi senza nebbia lo fa nel tuo carissimo nome

~ a Juan Ramón Jiménez ~ Notturno Accade che libera d’aprirsi a sera l’anima mia vola e brillando nel firmamento si risveglia nell’alba

Di una lacrima e di una luce I Lacrima dolcissima e sola nuda ti stendi davanti a me su questa terra che t’ha resa pura e sotto un cuor di cielo che ti vuole eterna II Oh terra - cielo - mare una luce cara m’acceca e per null’affatto m’è nota È appena sera ma quasi pare che albeggi

Nient’altro che azzurro caduto dai tuoi occhi Come se dai tuoi occhi fosse caduta parte del cielo, ecco accendersi nudo e vasto il mare, acqua su acqua e niente, null’altro che immensità confusa con l’abisso. L’anima della libertà che, perenne, si riflette nel cuore dell’uomo fino a renderlo di vita nuova - nulla, perché possa manifestarsi ancora in tutta la sua potenza e in tutto il suo splendore sulla sua terra tenera, feconda. Nudo, nient’altro che azzurro caduto dai tuoi occhi, questo è il mare. Questa sei tu!

~ ad Omar Khayyam ~ Gocciata d’estate Sui petali d’alba sei gocciata d’estate Nell’arpa dei venti disciolta l’essenza tra fiori d’amanti divieni rugiada

~ a Martin Luther King Jr ~

Luce bianca Trovo nella pace i migliori geni dell’umana specie e nell’amore la libertà suprema di chi l’ha a cuore

~ a Kobayashi Issa ~ Bianca dimora Nere vedove tessono sulla neve l’insolita prigione Preparano la festa per le morti bianche

~ a Primo Levi ~ Se questo è un mondo

Pei singhiozzi teneri della più antica luna starnutisce il cielo sull’umano genocidio dei valori puri e influenzato da natura l’intero mondo trema nell’agonia della civiltà

~ a Mario Luzi ~ In complessità di suono e onda Un anno luce pervade la mia mente scossa dal tremendo focolare dello spazio buio e del tempo. Un minuto, l’ora, un secondo. L’avvenire dissigillato in complessità di suono e onda. Raggiunto dall’orfanezza del millennio, sono la sua futura mancanza, la percossa dell’assenza. Il minuto e l’ora in un secondo. Avanscoperta di una verità non ancora rivelata. Omessa per errore, oppure eterna? Plenitudine raggiunta in quel tempo che a me torna con l’anno luce dello spazio che presenzia nella mente. Acclamazione taciturna che trasalendo scende

nell’acclarato verbo.

~ a Madre Teresa di Calcutta ~

Tra le mani del Signore Ed io ti farò stella tra cielo terra e mare e per il mondo che avrà fame sarai del firmamento il sale

~ a Vladimir V. Majakovskij ~ Lettera Solamente tu Adagiati a me e lascia che sia Che sull’anima tua nella notte donna canterò al dipinto Lascia tu sia ch’io impazzirei col tuo semplice voluttuar di ciglia Tu sola e fa ch’io ti viva nel mantello stellato Vieni ora E la mia orchestra suonerà il concerto su due tele imperlate d’un sorriso colato e vi dipingerò con l’estro d’un pittore nell’umido profilo tuo vissuto solo dall’estate

Non vuoi? Resta lì allora e sia pure Parigi Che verrò vinto al bivio caldo delle tue colline per dissetare note sull’arreso pentagramma d’una mezza luna su Senna profumata solo di noi E ancora…

~ ad Osip Ėmil’evič Mandel’štam ~

Nel canto delle Aonidi Prima d’un dormire sporco mi son lavato d’un inghiottito mondo con la schiuma della notte ed ho steso puro nel canto delle Aonidi il bucato dell’anima tra le più tenere stelle Al risveglio il sole dell’acqua colava sulle mie labbra e non era più freddo

Attaccato alla vita

Attaccato alla vita come un frutto al suo albero spero di non fare un tonfo Sarebbe muto Sordo

Ero dentro ai tuoi occhi Cercavi gli uomini diretti al comune macello nonostante il tempo t’aveva perso col mondo Sotto la tua casa ben coperta era l’Alba Io ti fissai ero dentro ai tuoi occhi nonostante il mondo t’aveva perso da tempo

L’anello prezioso Dobbiamo nuotare attraverso le rapide che fanno dell’oblio una gola profonda nell’affare immenso delle profondità celesti Voi avanti ed io vi seguo senz’alcun respiro scavare e scavare per trovarsi davanti la sacra mano destra che un dì ci benedisse e da quell’aurora di carne trarne - dentro scavando - l’anello prezioso che ci riporterà a galla (a Paul Celan e a Mandel’Stam)

L’occhio che tutto vide L’occhio che tutto vide può definirsi occhio? Divenga quanto meno sepolcro e se uomo vi fu il suo masso gigante sposti e levandosi ogni benda esca esca per venirmi accanto in questo luogo angusto dove la mia libertà combatte innanzitutto perché ha fame E per quell’occhio…

In un’alba sommersa di neve La notte da tempo ha lo sguardo dei lupi, l’angoscia la stessa ferocia e, per il poeta di pietra1, l’ispirazione si è sformata in un’alba sommersa di neve dall’inverosimile luce che morde, coi suoi raggi affilati dal male. La poesia della sua libertà la si può leggere solo nel cielo. La libertà della sua poesia è come una lettera, pregna d’amore, dedicata alla vita e alla sua libertà. 1. La pietra (Камень – Kamen’), 1913 – Prima opera del poeta

Nell’apoteosi del silenzio Libero il pensiero che mai fu mio

La pietra e il vetro che oltrepassano violenti attraverso la mia bocca sono frutto della tua parola che vide sotterrarsi l’alba negli occhi estinti e cari di centinaia di persone e là dove amore più non fu accadde perché rincasò Si fece in tre - in quattro - in centinaia e poi migliaia per divenire tutto in te E migrano concetti con espressioni oscure frutto della tua memoria che rivive più che fedele nelle mie mediocri parole sempre più innamorate della poesia che indossi tra la pietra e il vetro che oltrepassano violenti attraverso la mia bocca stringendo forte quella rosa

che insanguinata vive in un’inenarrabile primavera nell’apoteosi del silenzio che fu principio del pensiero Libero e che mai fu mio

In questa puntura di mondo Spaventoso gelo dove i miei pensieri nascono già ghiacciati in questa puntura di mondo effondo rauca voce ai miei fratelli disperati Prossimo alla “baita” intravedo già le sue finestre E i vetri neri Tutti rotti…

Bel tacere Chi oggi ha per mezzo della parola di pietra la bocca tumefatta, ha la sua voce altrove. I suoi occhi brillano di qua e di là con il silenzio recitante sul palco della vita le richiestissime pagine della commedia d’ogni strazio. Ed ora chi ha udito si guardi nel paese del suo bel tacere…

~ ad Alda Merini ~ Con far da usignolo E così nel profondo silenzio che tanto amavi te ne sei andata con far da usignolo lasciando come dono il tuo prezioso canto a noi esseri così diversi che non lo meritiamo

~ ad Eugenio Montale ~ Ipotesi III Siamo allo sfascio Uomini o bestie ogni giorno è una battaglia che ci conduce al macello ficchiamocelo in testa Il mondo si è invecchiato e nonostante cerchi gloria non ha forse più il bisogno neppure di se stesso Siamo allo sfascio Nient’altro ci resta

- masticando un po’ di pace e digerendo l’altrui male - che vincerla ’sta “guerra”

~ a Pier Paolo Pasolini ~ Alla mia Nazione Una luce un amico che non conosco con le sue lacrime ti scrisse in viso “sprofonda in questo tuo bel mare e libera il mondo” Su quel cuore nobile ingoio le stesse lacrime nutrendo per te nonostante un pari amore poca pietà giacché chiunque vivendo quell’emozione infierirebbe il tuo nome mortificandoti nel disonore Sicché fa che io senza chiamarti per nome possa pregarti a piena voce di non sprofondare in mare sentendoti libera come vipera tra gli avvoltoi di putrefarti strisciando su questa tua terra infeconda

Ma il mare risparmialo Non lo inquinare

L’amore secondo all’amore

(Petalo mio) Quanto non sai

del mio silenzio nudo, giovane, mai perduto, e che

si avvita intorno a ciò che resta del tuo sorriso, dopo aver consumato

per l’ennesima volta e con il freddo agli occhi quest’esistenza scarna, ora che vai fuggendo, senza nemmeno salutarmi, mentre annegato

tra profumi umani, in me non lasci che la traccia di un angelico, quanto acerbo

tramonto, che il mio leso cuore ancora stenta, innamorato,

a ripararlo.

E mentre consapevolmente muoio, ancora amore, un’ultima volta, canto. Proprio in quel tuo venduto e trasandato sguardo. (Petalo mio).

~ a Boris Pasternak ~

Alla radice dell’esistenza Scavo nella fossa comune delle parole che tacciono per giungere fino all’origine nel midollo del discorso e succhiare linfa vitale nella sua essenza fisica o cosiddetta primordiale Il cuore è la mia sostanza e da essa traggo la strada Ardendo come una stella alla radice dell’esistenza da sempre bramo di arrivare

~ a Fernando Pessoa ~ Dall’avviata gestione Vendesi Amore d’un cuore già testato e dall’avviata gestione (Cantinola dei desideri e posto per i sognatori in parte da ristrutturare) Trattabile solo con delicatezza… (Attualmente solitudine inclusa)

Essere - astrazione d’esistere

Essere - astrazione d’esistere - fingendo sempre di vivere con le certezze del folle Tanto mi costa la verità fin quando anche il mio dolore comincerà - sognando - a illudersi E se sognare è vivere essere - astrazione d’esistere - preferisco le certezze del folle Così muore anche il mio dolore in cui m’illudo che sto morendo nell’astratto crepuscolo di settembre

Il viandante delle stelle

Il viandante delle stelle medita su ciò che non ha ed è tra le macerie che trova un mite giovamento In solitudine guarda il cielo e nelle notti luminose non è stanco della vita bensì stufo di se stesso

~ a Sylvia Plath ~ Come fiori di loto I tuoi sorrisi come fiori di loto volgono al cielo Chi potrebbe immaginare che sbocciano tra le fiamme?

~ ad Antonia Pozzi ~ In un dileguarsi d’anima Di carne vuota e del tutto immemore vorrei tornare a Te – origine intatta – di luce vestita e dall’amore abitata in un dileguarsi d’anima senza più avvertire quanto mi pesa il cielo e come candida neve finalmente sciogliermi da quest’esistenza ghiacciata E su di me l’estate si colmerà nel Domani

D’accanto a me giardino Mi fissò la meraviglia quando gli occhi miei si persero nell’estasi di un tempo che svanì d’accanto a me giardino E ricoprirsi d’umanità crudelmente

Per il sognar precipitato mi consumerei d’insonnia I pensieri sono come il tempo: scompaiono nelle feritoie aperte dal sonno che lascia l’acceso sentire dileguarsi nel nuovo nato ed inatteso vuoto. Castelli di vetro dalla fragilità del palpito vivo - trasparente.

Questo strano azzurro Né il giorno né la notte potranno consolarmi se non la fresca terra sopra la quale giacerò presto, troppo presto. Lì, dove tra loro si ossequieranno uno ad uno i tuoni e l’enorme, stravagante stormire del ricomporsi lauto e surreale di tanta beneamata sabbia nel concerto stratosferico della scrupolosa e indomabile pioggia. L’infinito mi allatterà di tempo e spazio e sui tuoi sogni finalmente veglierò al pari di una stella, finché ci raggiungerà il giorno in cui vivremo mano nella mano, come due fiumi che s’incontrano, proprio come sulla terra... Per ora sia la vita e siano i sogni a scolorire questo strano azzurro che abita sul mio snello e scarno, acerbo petto. E col sorriso di un fiore sulle mie livide labbra al vento lascerò l’unico invito per il mio futuro, quieto Domani. Non si ricorderà di me l’inverno.

~ a Clemente Rebora ~ La parola sorda nel canto muto Qui nasce prima di morire la parola sorda nel canto muto Chi da essa ne trae gaudio e giovamento è illuminato e libero

A nudo cuore Stendo, a nudo cuore, tra i legacci delle stelle, il drappo di quest’oggi, che in me tutto ricolma, e mi disintegro di eterno.

~ ad Artur Rimbaud ~ Il bambino che partorì l’alba d’oriente Un uomo s’affaccia sull’avanterrazza di madre Palestina e sospinto da poesia vive del momento la terrena santità Tuoni ed ombre dopo si seppe d’un bambino che danzando misteri di stella in stella tra visioni e frastuoni partorì l’alba d'oriente

~ a Jalal al Dyn Rumy ~ Il sé dell’universo Sono un esile goccia dell’amore ed essa essa è l’oceano in me Un dì mi chiese il cuore ed inseguo d’allora le sue tracce per giungere un giorno con il mondo del primo e ultimo orizzonte al sé

~ a Hans Sahl ~ Comunico con sempre Ho visto morire gente per conto di una risata. Ho ascoltato il pianto di una madre per suo figlio impiccato circa cento anni fa. Ho saggiato il veleno dell’odio chissà quante volte in questa vita e la lingua non ho mai scansato. Ho toccato mani sporche d’altrui sangue e il viso ancora caldo del condannato. Ho odorato il profumo della mia paura senza fargliene mai una colpa. Sono estraniato nell’estraneo e dall’esilio esiliato. Eppure detto senza la tregua necessaria la mia fine biografica. Io scrivo in quanto amo e non nascondo le mie sofferte rime. Uomo tra gli uomini, nel dolore di non aver avuto mai paese, ovunque perseguitato, lo affermo al ricco, al povero, al lettore, al fortunato disgraziato. Io, figlio del mare, fratello del vento e di me stesso troppo spesso padre, sono il mio “luogo” e la mia terrena casa. E l’“evento” dell’esistenza che non io ho scelto perché donata. Vivo nell’espressione che non si chiama solamente “poesia”. In me si fonde il presente. Oggi sono il mio tempo. Vecchio per chi conta tutti i petali del fiore, canto per l’uno e per l’altro. Perché sono avvenuto. Nessuno può tutto ciò reprimere, cancellare, nascondere, negare. Non sfido la terra che mi ha tradito perché non ho terre da tradire. Amo scrivere, per ciò che ne rimane e per quello che so fare,

anche se comporta farlo sempre con l’elemento della “condizionale”. Ed è per questi e per tanti altri buoni motivi, credo, che “mi rifiuto di scrivere un necrologio per l’uomo”. Io compongo e scompongo la mia storia ogni istante di ogni giorno. Perché oggi è il mio tempo. Io sto nell’accado. E “accado” nell’accado. Comunico con sempre.

~ a Pedro Salinas ~ Oltre l’orizzonte io ti cerco Oltre l’orizzonte io ti cerco Tu che sei per me il succo dolce che da sempre abita nel frutto del cielo sai vestirti di rose e di rosso corallo per essere al tempo creatura di terra e aroma del mare oltre l’orizzonte io ti cerco Ed oltre me e le mie parole banali poiché di te mi nutro senza stancarmi mai

~ a William Shakespeare ~ Con onore Assorto nel mio dramma indosso l’adeguata maschera e vivo la tragedia con onore

~ a Percy Bysshe Shelley ~ Come una donna sul prato assopita Si sveglierà, come una bambina sul prato assopita, la pena, ed il rimpianto farà del passato il vivo sepolcro delle speranze mai nate. Si desterà, poi, come una donna sul prato assopita, la gioia, e allatterà scrupolosa il nostro presente, foresta natìa di fiori bianchi e celesti.

~ a Wistawa Szymborska ~ Senza spada né bisaccia Uscire verso la via oltrepassando il vuoto alla ricerca dell’attimo che ti mantiene vivo senza spada né bisaccia coltivare il seme divino nell’attesa spasmodica di quel futuro aprile Attraversare frontiere che dell’infinito sono luminose finestre e ritrovarsi nel vero dove sorride la vita e scavalcare galassie facendone il gioco che non si chiama sogno Realtà è mentre ti cercano tra lacci e catene presenti alla presenza di chi ormai dietro non si volta più giacché nell’immenso tutto sa d’amore

Solo il prigioniero vuol tornare a casa…

~ a Dylan Thomas ~ Quando l’incedere del tempo Quando l’incedere del tempo succhia l’asfittico mio sangue che sale su dai polpastrelli non odo altro che vermi in quei maledetti momenti Ed urlano dei loro padri e dei loro figli gemelli mentre si schierano in fila come una truppa di militari quasi a voler fare la guerra all’azzurro cielo e all’uomo che come un folle indemoniato comincia la sua misera battaglia digrignando coi suoi pochi denti Sarà vittoria o morte l’uomo comparirà in giudizio e l’ombra del verme lo seguirà dentro l’ossuto sacco dell’estrema moltitudine di risorti minerali e bestie che saranno i savi testimoni della battaglia moderna

Per quanto possa concernere oggi l’asfissiante incedere del presente non chiedo altro a quei vermi di non succhiare più il mio sangue dopo aver benedetto il momento Sarà la fine soltanto tra carne depolverizzata e ossa a coniugare tra le scorie della terra il nostro ultimo e naturale evento

Chi - mano che scrive nell’altrui mano - Chi - mano che scrive nell’altrui mano - accuseremo se i nostri occhi quest’oggi fiatano nel flauto del cuore trapassato dal fratturato embrione dell’osso pronto per la mietitura dei più tetri eventi e dei misteriosi vigneti marciti negli avanzi del sabato? Non è un caso se qualcuno ha riservato alle nostre illividite labbra un bacio di polvere proprio quando cerchiamo nell’urna del giorno moderno il prisma dall’odore innocente rabboccato nel pensiero più insonne del mai decollato fragore di sangue. La donna che dorme nel contrario degli anni resterà stupita nell’ora del suo destarsi al nuovo mondo quando saprà che il verme che torturava lei e sua figlia è lo stesso che ha trovato riparo nel mio petto e che ininterrotto piange il nome di sua sorella. E di sua mamma. Chi - mano che scrive nell’altrui mano - accuseremo se il mare cancella ogni traccia delle nostre più care parole mentre continua il suo pellegrinaggio la nuvola che mugghia vento e cemento lasciando precipitare sulla riva dei depredati sogni sabbia contro sabbia

sabbia contro sabbia?...

~ a Fjodor I. Tjutcev ~ Silentium! (Al di là dell’indicibile) Tacere governando appieno della disperazione il peso e della sottile gioia il suo variegato essere Chi mai potrà comprendere ciò che in te splende? E con chi dividerai lo stupore indossato dai tuoi occhi? Non spargere ceneri d’astri sui piedi dello stolto: non tarderebbe il tempo cui te ne pentiresti E se ami davvero i tuoi sogni nel tuo cuore in segreto serbali: uno ad uno si sveleranno cielo nei cieli con l’alba Taci uomo e il tuo rifugio sia - nell’abbondante vendemmia o nella profonda carestia - tutto ciò che è vita nell’immenso tuo tacere

Per divenire infine al di qua di ogni parola e al di là dell’indicibile uniti esattamente in ciò che ci rende liberi

~ a Tomas Tranströmer ~ Nei miei occhi penetrano mondi (con un cielo che va spegnendosi) Solo - seduto su questo scomodo sedile dal vetro guardo un panorama immobile È l’attuale pensiero che ho dell’universo nella sua immagine riflessa - decomposta

E sorrido al presagio “Ho idea che la strada mi veda.

Il suo sguardo è così cupo che il sole stesso diviene un gomitolo grigio in uno spazio nero. Ma ora proprio mi illumino! La strada mi vede”. (Da ‘Punto di passaggio’ di Tomas Tranströmer) Uomini vedo - dove neri sono i fiori e ghiacciati quei prati - con la morte nel volto proiettati dal mio passato all’oltre In questo spazio temporale il giorno prosegue il suo giro tra favola e trappole È un’ininterrotta colazione alla quale sono anch’io invitato nel frastuono delle anime La stanza mi guarda sempre più buia e sorrido al presagio Sono io la stanza che illuminandosi va nei miei profondi silenzi ascoltandoli

E questo tuo sorridermi Ai miei pensieri si condensa ciò che più non serve. La via sembra essere stufa dei miei ricordi che passano come una processione che diviene sempre più lenta. E i pianti dei miei passi si confondono con i rumori di vecchie ruote che passeggiano. Mi posseggo per un viaggio del destino, ritengo, ed osservo la luna farsi sempre più tremenda. Emergono due stelle che non intendono altro che il discorso del silenzio. Esco per entrare sempre più spesso dentro le valli del mio sentire. I pianti dei miei passi sono forse più copiosi adesso, mentre mi avverto come un toro che arde presso i vecchi lampioni sul mare verde. Bramo la vita, eppure qualcuno mi spegne presso un pentagono formato solo da caserme. Mi sveglierai amore? Mi sveglierai? Che vitale speranza. E questo tuo sorridermi, che indomita sentenza.

~ a Giuseppe Ungaretti ~ Fanciullezza Fanciullezza nido della mia primavera dove cercarti ora se nella sciabola rossa che da te mi separa vinta sei dalla notte?

Il tuo ricordo mi è caro come ciò che indossavi: oh - incarnato stupore mi spetta d’amarti ancora pur se la vita che mordo è soffocata in un grido

~ a Paul Verlaine ~ Per carità Fate la carità fate la carità ad un povero pazzo e al suo lucido cuore No signore non chiedevo soldi sono proprio pazzo se mendico amore? Se saprò berlo vi donerò come gemma viva la sua passione e la quintessenza sarà la sua collana Per carità fate la carità signore ad un lucido pazzo e al suo povero cuore

~ a Renée Vivien ~ I beneamati dalle stelle Gli amanti degli umori della notte che vivono d’insonni panorami i beneamati dalle stelle quelli che parlano alla luna mentre si colorano di vento i figli dell’aurora silenziosa gli stessi che odono le rose le mute rose nascer sottoterra Ecco i solitari beniamini dei cieli neri che avvolti in mantelli funerari accarezzano la morte provando l’ebbrezza delle lacrime ancor prima di sorridere e facendo di tutto ciò e di tant’altro puro e immortale amore

~ a Sergio Zavoli ~

Improvvisa pace Improvvisa pace. Il tempo d’invecchiare qualche ora, pensare di pensare, migrare in altro sonno. Il giorno mostra il suo volto e l’idea paterna mi si stringe agli occhi. Settembre, il tempo d’invecchiare qualche ora, sfebbrando l’improvvisa pace già interdetta dal silenzio ed inghiottita dal tramonto.

~ a Visar Zhiti ~

Dove muoiono i cuori dei più bei sorrisi Chi ci lascia credere che la vera libertà è un luogo reale è un devoto della menzogna e dell’illusione, un mascherato dell’indifferenza che abusa quasi sempre dell’autorità, suo potere. Inconsapevoli, ci scambiamo pacche d’odio sulle spalle, traditi da noi stessi e da un aspro regime che segue da sempre i nostri atti e i nostri pensieri. Democrazia, i tuoi petali sono come sogni appassiti sulle nostre labbra, là dove muoiono i cuori dei più bei sorrisi. Ciononostante non lamentiamoci troppo dell’epoca, crocifissa tra cielo e terra e inchiodata da un mare di scogli e da mattutine stelle. Stiamo diventando i suoi dilettissimi attori, dal copione che stringe sui colli piegati dall’inganno e dal terrore. Una razza nuova di solitari e depredati. Possiamo quanto meno confessarlo nel silente abbraccio delle nostre anime. Siamo i suicidati vivi. Coloro che più fanno ridere ai vili. Quindi, quelli che più si temono.

(Raccolta di versi e prose dedicate aggiornata in Roma al 31 gennaio 2016)