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TD n.1 Aprile 1993 23 La nascita delle Tecnologie Didat- tiche Le prime macchine per insegnare di cui si ha notizia sono nate alla Ohio University negli anni 20 ad opera dello psicologo Sidney Pressey (Pressey, 1960). Tuttavia se doves- simo stabilire qual è la data di nasci- ta delle tecnologie didattiche, po- tremmo ragionevolmente scegliere il 1954, data di pubblicazione del famoso articolo di Skinner “The science of learning and the art of teaching” (Skinner, 1954). L’artico- lo, che proponeva un parallelismo tra gli studi di laboratorio relativi alle modifiche del comportamento degli animali e le pratiche che avreb- bero potuto migliorare l’educazio- ne, segnò l’inizio di una fioritura di studi che inizialmente si concentra- rono sull’istruzione programmata e sull’impiego di macchine nei pro- cessi di apprendimento. A onor del vero va detto che forse Skinner non pensava di fare da padre fondatore di un nuovo settore disciplinare visto che affermava nelle conclusioni del- l’articolo: “il compito è semplice... le tecniche necessarie sono note”. Tuttavia il nuovo settore disciplina- re si sviluppò rapidamente, soprat- tutto nel mondo anglosassone, dove fu identificato col termine educatio- nal technology (talvolta con una di- versa sfumatura di significato instructional technology ). In Italia, come vedremo, l’interesse per que- sto settore si sviluppò solo molto più tardi e solo all’inizio degli anni 70 fece la sua timida comparsa il termi- ne tecnologie didattiche. In quarant’anni di vita questo set- tore è cresciuto e si è trasformato sia per dinamiche sue proprie che per l’influenza dell’innovazione tecno- logica e dei mutamenti sociali. Nel seguito, senza pretese di sistematicità o di completezza, prenderemo in considerazione l’evoluzione di al- cune componenti di questa trasfor- mazione: i modelli cognitivi alla base delle tecnologie didattiche, la con- cezione disciplinare di tecnologie didattiche e le tecnologie più signifi- cative in ambito didattico. L’evoluzione dei modelli cognitivi: da comportamentismo a costrut- tivismo “Il pensiero dell’uomo è il com- portamento dell’uomo” ... “quando studiamo il pensiero studiamo il com- portamento” e ancora, per esempli- ficare, “il pensiero di Giulio Cesare era semplicemente la somma totale delle sue risposte al complesso mon- do in cui viveva” (Hilgard e Bower, 1966). Queste poche affermazioni di Skinner sintetizzano efficacemente il nocciolo del comportamentismo, la prima teoria di riferimento della storia delle tecnologie didattiche. Il comportamentismo nasce dalle ri- cerche sul condizionamento del com- portamento animale, fatte anche da Skinner nella prima fase della sua vita scientifica. Anche l’apprendi- mento umano, inteso come induzio- ne di comportamenti desiderati, può essere favorito attraverso il rinforzo positivo; la molla principale dell’ap- prendimento è rappresentata cioè dalle conseguenze positive delle nostre azioni. A prima vista, può NASCITA E SVILUPPI DELLE TECNOLOGIE DIDATTICHE Giorgio Olimpo Isituto Tecnologie Didattiche del CNR - Genova L'evoluzione dei modelli cognitivi, l'approccio sistemistico ai problemi dell'educazione e le tecnologie per la didattica

NASCITA E SVILUPPI DELLE TECNOLOGIE DIDATTICHE · tra gli studi di laboratorio relativi alle modifiche del comportamento ... la prima teoria di riferimento della storia delle tecnologie

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TD n.1 Aprile 1993 23

La nascita delle Tecnologie Didat-tiche

Le prime macchine per insegnaredi cui si ha notizia sono nate allaOhio University negli anni 20 adopera dello psicologo Sidney Pressey(Pressey, 1960). Tuttavia se doves-simo stabilire qual è la data di nasci-ta delle tecnologie didattiche, po-tremmo ragionevolmente scegliereil 1954, data di pubblicazione delfamoso articolo di Skinner “Thescience of learning and the art ofteaching” (Skinner, 1954). L’artico-lo, che proponeva un parallelismotra gli studi di laboratorio relativialle modifiche del comportamentodegli animali e le pratiche che avreb-bero potuto migliorare l’educazio-ne, segnò l’inizio di una fioritura distudi che inizialmente si concentra-rono sull’istruzione programmata esull’impiego di macchine nei pro-cessi di apprendimento. A onor delvero va detto che forse Skinner nonpensava di fare da padre fondatore diun nuovo settore disciplinare vistoche affermava nelle conclusioni del-

l’articolo: “il compito è semplice...le tecniche necessarie sono note”.Tuttavia il nuovo settore disciplina-re si sviluppò rapidamente, soprat-tutto nel mondo anglosassone, dovefu identificato col termine educatio-nal technology (talvolta con una di-versa sfumatura di significatoinstructional technology). In Italia,come vedremo, l’interesse per que-sto settore si sviluppò solo molto piùtardi e solo all’inizio degli anni 70fece la sua timida comparsa il termi-ne tecnologie didattiche.

In quarant’anni di vita questo set-tore è cresciuto e si è trasformato siaper dinamiche sue proprie che perl’influenza dell’innovazione tecno-logica e dei mutamenti sociali. Nelseguito, senza pretese di sistematicitào di completezza, prenderemo inconsiderazione l’evoluzione di al-cune componenti di questa trasfor-mazione: i modelli cognitivi alla basedelle tecnologie didattiche, la con-cezione disciplinare di tecnologiedidattiche e le tecnologie più signifi-cative in ambito didattico.

L’evoluzione dei modelli cognitivi:da comportamentismo a costrut-tivismo

“Il pensiero dell’uomo è il com-portamento dell’uomo” ... “quandostudiamo il pensiero studiamo il com-portamento” e ancora, per esempli-ficare, “il pensiero di Giulio Cesareera semplicemente la somma totaledelle sue risposte al complesso mon-do in cui viveva” (Hilgard e Bower,1966). Queste poche affermazioni diSkinner sintetizzano efficacementeil nocciolo del comportamentismo,la prima teoria di riferimento dellastoria delle tecnologie didattiche. Ilcomportamentismo nasce dalle ri-cerche sul condizionamento del com-portamento animale, fatte anche daSkinner nella prima fase della suavita scientifica. Anche l’apprendi-mento umano, inteso come induzio-ne di comportamenti desiderati, puòessere favorito attraverso il rinforzopositivo; la molla principale dell’ap-prendimento è rappresentata cioèdalle conseguenze positive dellenostre azioni. A prima vista, può

NASCITA E SVILUPPIDELLE TECNOLOGIE

DIDATTICHEGiorgio Olimpo

Isituto Tecnologie Didattiche del CNR - Genova

L'evoluzione dei modelli cognitivi, l'approccio sistemistico ai problemi dell'educazionee le tecnologie per la didattica

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sembrare alquanto primitivo appli-care all’uomo le conclusioni trattedall’osservazione di piccioni e topibianchi. Ma in realtà la psicologiacomportamentista non è proprio cosìsuperficiale come potrebbe appari-re. Essa non sottovaluta affatto ladifferenza esistente tra processi diapprendimento elementari e attivitàintellettuali astratte e complesse; econsidera tuttavia il condizionamen-to come una componente della con-dotta umana che può interagire conl’attività intellettuale e che, quandovi sia la conoscenza delle condizioniche la determinano, può essere libe-ramente utilizzata dall’uomo per leproprie finalità (FontanaTomassucci, 1971).

Ben presto si manifestarono le pri-me critiche propositive al comporta-mentismo. Ben note sono le polemi-che fra Skinner e Crowder che ini-ziava a portare l’attenzione oltre cheai comportamenti anche ai processiinterni che portano a quei comporta-menti e alle cause che li determina-no: “...abbiamo l’impressione chel’apprendimento umano abbia luo-go in diversi modi e che questi cam-bino secondo le capacità e le cono-scenze dei diversi studenti, la naturadell’argomento, il numero diinterazioni fra queste cause di muta-mento e altre cause di variabilità cheneppure conosciamo” (Crowder,1960). Altrettanto noto è il lavoro diGagné sulle tassonomie e sulle ge-rarchie di apprendimento (Gagné,1970) che offrendo una rappresenta-zione strutturale del sapere ponevaanche le basi per individuare stadiprogressivi nel processo di appren-dimento.

Gradualmente si andò configuran-do un approccio alla psicologiadell’appredimento, detto cognitivi-sta, che è radicalmente opposto aquello skinneriano. Il cognitivismomette infatti con forza l’accento suiprocessi interni, sugli atteggiamenti

e sugli stati mentali e suggerisce alprogettista di non puntare soltanto alraggiungimento degli obiettivi di-dattici, ma di tener anche conto deifattori cognitivi che ne favorisconoil raggiungimento. L’attenzione vie-ne data sia alla quantità dell’appren-dimento che alla qualità(significatività, connessione, trasfe-ribilità, tipo di ricadute generate, etc.)

Un particolare aspetto del cogniti-vismo, quasi un corollario, fu ilcostruttivismo. Secondo il costrutti-vismo, l’apprendimento è visto comeun impegno attivo da parte deidiscenti a costruire la propria cono-scenza piuttosto che come travasodella conoscenza dalla mente deldocente (o dalla macchina) alla mentedello studente. Piaget, con il suolavoro sugli stadi dello sviluppocognitivo e sull’importanza dei con-flitti cognitivi per la costruzione/ristrutturazione della conoscenza ,può certamente essere consideratouno dei padri del costruttivismo. Valla pena di elencare brevemente iprincipali aspetti del costruttivismosecondo la sintesi proposta recente-mente da Merril (Merril, 1991):

- sapere come costruzione perso-nale

In qualche misura cessa di esistereun sapere obiettivo sovrapersonale,come teorizzato dal cosiddettooggettivismo, ed esistono invece isaperi che ciascuno si costruiscecome frutto di una interpretazionedella propria esperienza.

- apprendimento attivoL’apprendimento deve essere un

processo attivo in cui “il significatosi sviluppa sulla base dell’esperien-za” (Bednar , Cunningham , Duffy ePerry, 1991). Ne segue che insegna-re dovrebbe comportare meno dire epiù supportare, guidare e facilitaregli studenti. Questa visione sostitui-sce la figura dell’insegnante intesosoprattutto come esperto di un domi-nio di conoscenza che ha il compito

di trasmettere la sua competenza aglistudenti con quella dell’insegnateinteso come facilitatore di un pro-cesso.

- apprendimento collaborativoGià dagli anni settanta la scuola di

psicologia sovietica e in particolareVygotsky avevano sottolineato ilruolo e l’importanza dell’interazio-ne con gli altri e in particolare con gliaspetti culturali e sociali dell’am-biente per lo sviluppo cognitivo epsicomotorio (Vygotsky, 1978).

L’idea chiave è che il significatoviene costruito attraverso il confron-to fra prospettive differenti. “La cre-scita concettuale deriva dallacondivisione di prospettive differentie dal simultaneo cambiamento dellenostre rappresentazioni interne inrisposta a quelle prospettive ... l’edu-cazione ha il ruolo di promuovere lacollaborazione con gli altri e di met-tere così in evidenza le moltepliciprospettive che ci possono essere suuno stesso problema in modo taleche il discente possa arrivare a unasua propria posizione”(Cunningham, 1991)

Evidentemente l’apprendimentocollaborativo è un fattore essenzialedel costruttivismo, quello che scon-giura l’isolamento dei saperi indivi-duali e consente a questi saperi diinteragire in modo costruttivo.

- importanza del contestoNel 1989 ha fatto la sua comparsa

per la prima volta il termine situatedlearning (Brown, Collins e Duguid,1989). Esso fa riferimento ad unaconcezione della conoscenza checessa di essere una sorta di sostanzacontenuta in se stessa. La conoscen-za è invece intrinsecamente collega-ta all’ambiente; e non può quindiessere separata dal suo contesto; nonè oggettiva, ma soggettiva ed è im-mersa in una particolare cornice diriferimento (Sandberg e Wielinga,1992). Ne discende che l’apprendi-mento dovrebbe aver luogo in situa-

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zioni realistiche o quanto meno in uncontesto ricco, quanto più possibileprossimo ad un contesto reale. Que-sto punto ha stretti legami col puntoprecedente legato all’apprendimen-to collaborativo. L’apprendimentopuò essere infatti situato nel suo con-testo soltanto collegandosi ad unacomunità di pratica, alla comunitàcioè che pratica quella conoscenza oin cui quella conoscenza è inserita.Secondo questa concezione l’inse-gnamento scolastico tradizionale hail limite di offrire agli studenti unacultura (scolastica) che ha poco ache fare con le culture in cui sononaturalmente inseriti gli argomentioggetto dell’insegnamento.

- valutazione intrinsecaLa valutazione dovrebbe essere

integrata con il processo di costru-zione della propria conoscenzaanzichè essere una attività separata.“La misura dell’apprendimento do-vrebbe esser basata su quanto la rap-presentazione della conoscenza deldiscente sia utile per pensare ai con-tenuti oggetto dell’apprendimento”(Bednar, Cunningham, Duffy ePerry, 1991). Anche il testing, comel’apprendimento, non può essere de-contestualizzato.

Naturalmente alcune di questeposizioni teoriche del costruttivismo,soprattutto se portate alle estremeconseguenze, non sono ugualmentecondivise da tutti gli autori. Soprat-tutto nel settore della progettazionedidattica (instructional design), èmolto difficile implementare inte-gralmente i principi delcostruttivismo ed assumere che nonc’è una realtà condivisa e che l’ap-prendimento è una interpretazionepersonale del mondo; o che non cipossono essere categorie di obiettivididattici indipendentemente dal do-minio dei contenuti (Bednar, Cun-ningham, Duffy e Perry, 1991); oche il solo contenuto possibile ècostitutito da “autentic tasks” che, se

estratti dal contesto a cui apparten-gono, perdono automaticamente ilpotere di stimolare il discente nelsuo processo di costruzione dellaconoscenza; o infine che non ci pos-sa o debba essere apprendimento senon in termini cooperativi. Merril,solo per citare l’opinione di una del-le figure più carismatiche nel settoredella progettazione didattica, si di-chiara fautore di un cognitivismomoderato (Merril, 1991) in cui, peresempio, le strutture cognitive pos-sono essere comuni a più individuianche se la loro semantica è unicaper ciascun individuo; o in cui èpossibile rappresentare la conoscen-za in termini astratti e costruire basidi conoscenza superindividuali.

Oggi la ricerca è rivolta a imple-mentare, o meglio, a interpretare ilcostruttivismo in una molteplicità disituazioni, contesti e domini di con-tenuti. Ed esistono sviluppi concet-tuali del costruttivismo che tendonoa superare le semplificazioni e leinadeguatezze che ne limitanol’applicabilità alle situazioni di ap-prendimento reale. Ad esempio, nelsettore dell’apprendimento coope-rativo, numerose sperimentazionihanno rivelato una certa incompati-bilità con i modelli cognitivi domi-nanti, quelli Piagettiano basato sul-l’importanza dei conflitti cognitiviper la costruzione della conoscenzae quello Vygotskiano che sottolineainvece l’importanza dei processi alivello sociale (Mandl e Renkl, 1992).In pratica non si è riusciti a rendereconto dei processi responsabili di unefficace apprendimento collaborati-vo nei termini di queste teorie. Soloper citare un esempio, alcuni ricer-catori hanno evidenziato l’impor-tanza del ruolo della discussione edella negoziazione internamente algruppo mentre altri hanno dimostra-to la sua inessenzialità. In mancanzadi una teoria generale soddisfacentedell’apprendimento cooperativo

vengono auspicate e proposte da al-cuni ricercatori teorie più locali, le-gate cioè a fattori specifici (conte-sto, situazione, dominio dei conte-nuti...) che siano però in grado dimodellare in modo soddisfacentel’apprendimento cooperativo (Mandle Renkl, 1992).

Un ulteriore sviluppo del costrut-tivismo che val la pena di menziona-re è quella relativa alla suaapplicabilità a domini di conoscenzacomplessi e mal definiti. Ilsuperamento dei problemi di appren-dimento dovuti alla complessità eirregolarità dei contenuti ha portatoalla teoria della flessibilità cognitivadi Spiro (Spiro, Feltovich, Jacobsone Coulson, 1991) incentrata sullanecessità di accedere alla conoscen-za da prospettive concettuali e situa-zionali diverse. In questo modo sipotrà acquistare flessibilità sufficien-te per costruire di volta in volta larisposta a situazioni problematicheche si presentano in modo differen-te.Le Tecnologie Didattiche comeapproccio sistemistico ai proble-mi dell’educazione

Si è già osservato che le tecnologiedidattiche si svilupparono inizial-mente secondo due linee distinte,parallele, ma non sempre comuni-canti: scienza dei mezzi (all’epocaprevalentemente audiovisivi)utilizzabili nella didattica ed appli-cazione alla didattica dei principidell’istruzione programmata e più ingenerale delle già citate teorie com-portamentiste.

Riportiamo qui una breve sintesidelle tappe dello sviluppo di questedue linee come è stata proposta in(Ferraris e Olimpo, 1985).

Le tecnologie didattiche comescienza dei mezzi si concentraronoin un primo momento sullo studiodelle caratteristiche e delle possibi-lità dei vari mezzi audiovisivi. L’at-tenzione si focalizzò dapprima sul-

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l’audiovisivo inteso come strumen-to (hardware) e poi sul materialedidattico relativo (software) (Dale,1969). Un successivo allargamentodel campo di studio si ebbe con leprime formulazioni di modelli di co-municazione sorgente-ricevitore.L’attenzione, che era inizialmentecentrata sulla macchina, le sue carat-teristiche, il suo impatto nei processiformativi, il confronto fra l’istruzio-ne tradizionale e quella tecnologica,si estese così al processo di comuni-cazione uomo-macchina (Berlo,1968). In un terzo stadio di sviluppoci fu un ulteriore allargamento delcampo ed i modelli di comunicazio-ne sviluppati iniziarono ad essereconsiderati come componenti di unvero e proprio sistema didattico(Hoban, 1974).

La linea relativa al comportamen-tismo si sviluppò invece contempo-raneamente su due fronti. Da unaparte ci fu una fioritura di propostemetodologiche connesse alla produ-zione di corsi di istruzione program-mata (obiettivi comportamentali,task analysis, criterion referencedtesting, sistemi didattici adattivi...).E dall’altra ci si impegnò sullo svi-luppo di mezzi adatti a gestire nonsolo la presentazione della materia,ma anche il rinforzo . Qui le macchi-ne per insegnare lasciarono ben pre-sto il passo alla cosiddetta istruzioneassistita da calcolatore (CAI o Com-puter Assisted Instruction) ed ebbeinizio la lunga storia, tuttora in cor-so, della didattica interattiva.

Queste due linee iniziarono a con-vergere verso la fine degli anni ses-santa quando apparirono i primimodelli di progettazione di intericorsi non orientati soltanto all’istru-zione programmata (Gagné e Briggs,1979), (Merril, 1971). Gradualmen-te si arrivò dunque a una visionesistemica (che implica cioè un tuttoorganizzato) e sistematica (che pre-vede cioè procedure logiche orga-

portante del modello di Gagné è lasua globalità, la possibilità cioè diapplicarlo nella progettazione sia disistemi didattici, sia di corsi, sia disingole lezioni. Questo è emblema-tico di un graduale spostamento del-l’interesse che si era allargato daiproblemi microscopici legati a parti-colari aspetti del processo didattico,a quelli macroscopici legati alla pro-gettazione e valutazione di interi corsie curricula.

Verso la fine degli anni sessanta cifu quindi un primo assestamento deldominio delle tecnologie didattiche:non più soltanto scienza dei mezzi edistruzione programmata ma “appli-cazione sistematica di conoscenzescientifiche (mediate dal campo del-la psicologia, della teoria della co-municazione...) ai compiti pratici del-l’educazione” (Saettler , 1968). Nel1970 il direttore della CommissioneInstructional Technology istituita dalGoverno Federale USA scriveva nelsuo rapporto al Congresso: «...le tec-

nizzate in fasi) dell’istruzione e del-le tecnologie didattiche e si determi-nò il passaggio da istruzione pro-grammata a programmazione del-l’istruzione. In questa transizione,particolarmente significativo è il ruo-lo di Gagné. Secondo Gagné l’istru-zione è un insieme di eventi esterniche interagiscono con i processi diapprendimento interni dell’allievoassistendolo nell’acquisizione divarie capacità (learning outcomes).Il modello di Gagné (Gagné e Briggs,1979) propone una classificazione(taxonomy) per i tipi di apprendi-mento; fornisce un formato per co-municare ciò che ci si prefigge diimparare (performance objectives);suggerisce criteri di insegnamentoper ogni tipo di apprendimento(external conditions of learning);definisce le procedure istruzionali(events of instruction) e specifica illivello di prestazione richiesta perogni tipo di apprendimento (perfor-mance conditions). Un aspetto im-

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nologie diadattiche [sono una disci-plina che studia] l'approccio siste-matico al progetto, allo sviluppo,alla valutazione di processi di inse-gnamento/apprendimento in termi-ni di obiettivi specifici basato sia surisorse umane che tecnologiche efinalizzato ad una istruzione più ef-ficace.” Questo paradigma verràespanso e arricchito negli anni suc-cessivi senza tuttavia subire sostan-ziali modifiche. Val la pena di citarela definizione di tecnologie didatti-che fornita allinizio degli anni 80dalla Association for EducationalCommunication and Technology(USA):” Le tecnologie didattiche ...hanno come oggetto processi com-plessi ed integrati che coinvolgonopersone, procedure, idee, mezzi edorganizzazione per l'analisi di pro-blemi relativi all'apprendimento eper l'elaborazione, l'implementazio-ne, la valutazione e il controllo disoluzioni a quei problemi in situa-zioni in cui l'apprendimento è fina-lizzato e controllato”. Questo atteg-giamento ha condotto in tempi abba-stanza recenti alla nascita di unaterminologia di sapore ingegneristico(courseware engineering) (Ferraris,Midoro e Olimpo, 1984). Questa ter-minologia vuole sottolineare l’esi-genza di un approccio allo sviluppoe alla gestione di interventi formati-vi orientato all’integrazione e all’uti-lizzazione coordinata di conoscenzeesistenti e basato sul riconoscimentodelle diverse fasi in cui si articola losviluppo di un intervento formativoriconosciuto nella sua totalità. Nonsi tratta di voler ricondurre la forma-zione a un puro fatto tecnologico,bensì di sottolineare l’importanzaper l’autore-progettista di una strut-tura concettuale di riferimento al-l’interno della quale organizzare ilproprio lavoro e la propria creativi-tà.

Oggi, in ambito internazionale, leTecnologie Didattiche, intese come

approccio sistemistico emultidisciplinare ai problemi del-l’istruzione, sono un settore disci-plinare consolidato e ritenuto di im-portanza strategica per lo sviluppo.Già da molti anni sono attivi in nu-merosi paesi progetti specifici sulleapplicazioni delle tecnologie infor-matiche all’educazione ed organi-smi nazionali che coordinano attivi-tà e ricerche nel settore (si pensi alRegno Unito dove è attivo dall’ini-zio degli anni settanta il Council forEducational Technology). Esistononel mondo oltre 50 riviste interna-zionali di alto livello scientifico sul-le Tecnologie Didattiche. La Comu-nità Europea ha attivato dal 1988programmi di ricerca pluriennali nelsettore (COMETT, DELTA). Mol-tissime università offrono corsi epost graduate curricula inEducational Technology. Dal 1987,alla Indiana University, si svolgeogni anno il convegno dei professoridi Istructional Design and Techno-logy che si riuniscono con l’obietti-vo dichiarato di promuovere l’eccel-lenza dei programmi e di indirizzarela ricerca nel settore. Un cenno par-ticolare (de)merita l’Italia per la scar-sa attenzione che le tecnologie di-dattiche hanno ricevuto e tuttora ri-cevono in termini di formazioneuniversitaria e di politica della ricer-ca: basti pensare che l’Italia è unodei pochi paesi europei e l'unico deipaesi industrializzati in cui ancoraoggi le Università non offrono nonsolo curricula o corsi di laurea, maneppure singoli corsi in TecnologieDidattiche.Le tecnologie per la didattica

Il termine tecnologie per la didat-tica viene usato qui con un significa-to molto diverso da quello del termi-ne tecnologie didattiche. Esso si ri-ferisce infatti a quelle tecnologie uti-lizzate o utilizzabili nella didatticaed ha una connotazione prevalente-mente tecnologica, mentre il termi-

ne tecnologie didattiche identificaun settore interdisciplinare centratosui processi didattici. La storia delletecnologie per la didattica è, tranneche per un periodo iniziale relativa-mente breve, una storia di tecnolo-gie informatiche. Il computer ha in-fatti sostituito le macchine per inse-gnare rendendole infinitamente piùricche e flessibili; dopo i primi tenta-tivi di integrazione multimedialepreinformatica (Sanna, Bozzo eGemma, 1974) ha incorporato o staincorporando i mezzi audiovisivicome proprie periferiche; ed anche ilsettore della telematica si presentasempre più come un capitolo dell’in-formatica piuttosto che delle teleco-municazioni.

Qui ci si propone di esporre qual-che considerazione sul significatodei principali aspetti tecnologici del-l’informatica che, negli anni, hannoinfluenzato le tecnologie didattiche.

Le interfacce uomo macchina: daiterminali alfanumerici alla realtàvirtuale

Per molti anni le interfacce sonostate caratterizzate da una modalitàdi tipo puramente testuale, da lin-guaggi con sintassi rigide, da ele-menti di natura tecnica non del tuttonascosti all’utente. Gradualmente,attraverso tutta una serie di passag-gi, si è arrivati alle moderneinterfacce basate su finestre, menù atendina ed icone evocative. Oggi leinterfacce stanno diventando anchemultimediali. Il computer diventacosì naturale ed amichevole. Puòpresentare anche la realtà e non suerappresentazioni simboliche; l’utentenon deve più conoscere elaboratilinguaggi di comando; e le funziona-lità di una applicazione diventanofacilmente accessibili anche a chinon ha competenze tecniche.

Oltre alla natura delle interfacce sisono anche modificate le idee circa ilruolo giocato dalle interfacce nelleapplicazioni didattiche.

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delle tecnologie educative era atti-vamente alla ricerca della multime-dialità già molto tempo prima chequesta fosse praticabile dal punto divista tecnologico. E' significativo ri-cordare che, già all'inizio degli anni60, l'IBM aveva realizzato il sistema1500, un elaboratore dedicato ad ap-plicazioni didattiche che prevedevaun posto studente costituito da unterminale video integrato con un pro-iettore di immagini ad accesso ca-suale controllato da computer. Neglistessi anni Donald Bitzer allaUniversity of Illinois aveva realiz-zato il sistema PLATO, il più colos-sale progetto di sistema di elabora-zione dedicato alla didattica che siricordi, che prevedeva un terminalemultimediale ante litteram basatosull'uso di pannelli a plasma e pro-iettori di microfiches ad accesso ca-suale. Molti furono i progetti e leproposte di integrazione di mezziaudiovisivi con il computer, ma nes-suno ebbe un reale successo finoall'avvento delle memorie ottiche,che rappresentarono una vera e pro-pria svolta per quanto riguarda lapossibilità di realizzare applicazionididattiche multimediali. Oggi che lamultimedialità si appresta a diventa-re uno standard, già si inizia a parlaredi realtà virtuale e di sue possibiliapplicazioni didattiche. La realtàvirtuale può essere vista come losviluppo estremo dei concetti dimultimedialità e di interfaccia ami-chevole. La principale caratteristicadel mondo virtuale sintetizzato dalcomputer è infatti quella di essere,almeno in linea di principio,indistinguibile da quello reale, nonquanto a contenuti, ma quanto arichezza di possibilità e modalità diinterazione. A differenza di quantoavviene con la multimedialità, non èrealistico pensare che la realtà vir-tuale possa avere ricadute didattichesignificative in tempi brevi. E’ inte-ressante tuttavia osservare che nelle

E’ cresciuta in particolare la con-sapevolezza dell’importanza delleinterfacce uomo-macchina nella di-dattica interattiva. Inizialmente siriteneva che l’obiettivo principale diuna buona interfaccia fosse quello dinon costringere l’allievo a concen-trarsi sui formati e sui dettagli tecni-ci della comunicazione con il com-puter più che sui contenuti dell’ap-prendimento. Una buona interfacciapoteva inoltre abbattere, o meglioevitare la formazione di barriere psi-cologiche a volte insormontabili ecostituire un utile fattore di motiva-zione. Oggi tutte queste considera-zioni rimangono valide, ma la fun-zione che viene attribuitaall’interfaccia è estremamente piùattiva: essa può e deve partecipare alprocesso di apprendimento/costru-zione della conoscenza attraversouna pluralità di meccanismi (Nicol,1990): può prefigurare e suggerire lastruttura del sapere in territori anco-ra sconosciuti per l’allievo; può mo-dellare e facilitare il processo di riso-luzione di problemi; può usare accu-ratamente il movimento e l’anima-zione per rappresentare cambiamentidi stato; può facilitare il compito alneofita mettendogli a disposizioneun patrimonio di conoscenza sul do-minio dei contenuti sotto forma diun insieme di default. L’interfacciain un ambiente didattico interattivonon può quindi più essere indipen-dente dai contenuti, ma deve rical-carne intelligentemente struttura,processi e priorità e diventa quindiun elemento centrale della progetta-zione didattica.

Si è già accennato alla multime-dialità, un particolare aspetto delleinterfacce per cui esiste oggi un inte-resse in forte espansione. Ne parlia-mo qui perchè la multimedialità, dalpunto di vista delle funzionalità of-ferte all’utente, è soprattutto unaquestione di interfaccia, anche senon soltanto di interfaccia. Il mondo

applicazioni didattiche attuali e po-tenziali sia della multimedialità chedella realtà virtuale si avverte unostretto collegamento o per lo menouna affinità con i principi del co-struttivismo relativi all’importanzadel contesto nell’apprendimento,della sua ricchezza e significatività,della sua assimilabilità ad un conte-sto reale.

Intelligenza artificiale: le promes-se non mantenute degli ITS

Il primo ingresso dell’intelligenzaartificiale nel settore della didatticarisale al 1970 con un articolo diCarbonell (Carbonell, 1970) che in-dividuava alcuni limiti della tradi-zionale Istruzione Assistita da Cal-colatore (CAI) e proponeva un nuo-vo tipo di CAI cosiddetto intelligen-te, certamente già orientato in sensocognitivista. In questi vent’anni l’in-telligenza artificiale ha promessomolto al mondo della didattica, ma,da un punto di vista pratico, ha man-tenuto poco, proprio come è avvenu-to in altri settori di applicazionedell’IA.

Due sono i figli dell’IntelligenzaArtificiale di interesse per la didatti-ca: i sistemi esperti e soprattutto icosiddetti Intelligent TutoringSystems (ITS).

E’ stato dimostrato che i program-mi didattici basati su sistemi espertinon danno risultati particolarmentebrillanti (Alpay, 1989). Essi infattitendono ad adottare la prospettivadell’esperto e tendono semplicemen-te a riproporre a chi impara il mododi ragionare dell’esperto. Essi vannopiuttosto considerati come job aids,cioè come strumenti di supporto achi deve svolgere un determinatocompito professionale e come talipossono essere utilizzati in sede di-dattica. Ed è chiaro che in una logicacostruttivista essi possono facilmentetrasformarsi da job aids a learningaids.

Differente è il discorso sugli ITS.

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Essi nascono da uno dei miti delletecnologie didattiche più difficili amorire: quello della macchina chediventa precettore personale; e na-sce, in qualche misura, anche daldesiderio dei ricercatori in intelli-genza artificiale di trovare applica-zioni su cui esercitare la propria di-sciplina.

Scholar, il primo ITS noto dellastoria, fu proposto da Carbonell nel1970 (Carbonell, 1970). Fino da al-lora gli ITS si sono collocati salda-mente in una logica cognitivista. In-fatti, già in Scholar, uno dei moduliprincipali dell’ITS è il modello dellostudente con cui l’ITS tiene conto inmodo rigoroso e formale (anche senon sempre soddisfacente) di unamodellistica del processo di appren-dimento. Molti degli ITS esistentisono tuttavia oggettipre-costruttivisti e si pongono nellalogica (sulla quale non si vuole dareun giudizio totalmente negativo) ditrasferire una data conoscenza aldiscente. Trasferirla nel modo mi-gliore possibile, rispettando eassecondando le modalità individualidi apprendimento, ma pur sempretrasferirla emulando il rapportoprecettore-studente. Questo concet-to di ITS basato sull’emulazionemediante la tecnologia di una situa-zione pretecnologica risente di quel-lo che è uno dei naturali percorsidell’innovazione: i ritrovati tecno-logici vengono spesso utilizzati, inun primo momento, perautomatizzare o rendere più efficien-te un processo tradizionale rivolto alraggiungimento di certi obiettivi; e,solo successivamente, emergononuovi modi artificiali di raggiungerequegli obiettivi, più efficaci perchèpiù consoni alla natura delle tecno-logie utilizzate. Così, forse, tutto illavoro di ricerca sugli ITS potrebbeessere soltanto un primo passo nellascoperta delle potenzialità dell’in-telligenza artificiale per la didattica.

Per quanto riguarda le possibilitàpratiche di impiego degli ITS,Romiszowsky scriveva nel 1987“[Gli ITS] essendo super complessie super specializzati sono anche supercostosi da sviluppare. Questo fattoda solo li renderebbe inadatti a esse-re utilizzati in pratica nel mondodell’educazione. Ma oltre a questonon esiste in letteratura quasi nessu-na evidenza che gli alti costi di svi-luppo si traducano in qualche bene-ficio. Dei circa 15 ITS che, secondola letteratura, sembrano aver rag-giunto uno stadio di completo svi-luppo, solo 5 sono stati usati regolar-mente su scala sufficientementeampia e, di questi, sembra che nonuno sia stato sistematicamente valu-tato” (Romiszowsky, 1991). E anco-ra vale la pena di citare Cox: “nono-stante che l’intelligenza artificialesia importante ai fini dello sviluppodella nostra comprensione del modoin cui gli allievi imparano, essa ètuttavia troppo lontana dai curriculae dai problemi della scuola per poteressere usata per almeno un’altra ge-nerazione di insegnanti” (Cox,1992). Questa affermazione di Cox,se da un lato stabilisce la scarsaportata pratica degli ITS, almeno inun prossimo futuro, dall’altra rico-nosce l’importanza di tutto il lavorodi ricerca fatto sugli ITS in relazioneall’ampliamento delle nostre cono-scenze. Intelligenza artificiale e psi-cologia cognitiva si sono impegnateper oltre un ventennio e ancora sistanno impegnando per costruiremodelli dello studente e della cono-scenza sempre più evoluti relativa-mente a diverse tipologie di cono-scenza e a diversi contesti discipli-nari (Elsom Cook, 1989). E questaestensione della conoscenza nel set-tore dei processi cognitivi costitui-sce certamente il contributo più im-portante dell’intelligenza artificialealla didattica.

Per concludere questo punto, val

la pena di citare un ulteriore area diapplicazione dell’intelligenza artifi-ciale alla didattica a cui la ricerca stainiziando a dedicare attenzione. Sitratta dell’automatizzazione dellosviluppo, o meglio del supporto allosviluppo di courseware attraversol’uso di strumenti intelligenti(Spector, Gagné, Muraida eDimitroff, 1992). La motivazione diquesta categoria di applicazioni de-riva dai forti costi di sviluppo delmateriale didattico interattivo e dal-la mancanza di competenze nel set-tore della progettazione didattica daparte di molti esperti disciplinaripotenziali autori di courseware.Molta enfasi è stata messa in partico-lare per realizzare sistemi espertiche incorporassero competenzeevolute di progettazione didattica(Duchastel, 1990). Singolare è larecente presentazione di un sistemaesperto per aiutare nella scelta dellostrumento di authoring più confa-cente ai bisogni del progettista(MacKenzie, 1990).

La dimensione iper: dall’istruzio-ne programmata alla navigazionedella conoscenza.

Era il 1968 quando nei laboratoridella Brown University furono crea-ti i primi ipertesti ad opera di Andriesvan Dam. Tuttavia, per quasi vent’an-ni, il termine ipertesto rimase scono-sciuto ai più. Soltanto a partire dalbiennio 1986-87, quando divennerocommercialmente disponibili Gui-de e Hypercard, la nozione diipertesto e le applicazioni basate suipertesto iniziarono a diffondersi ra-pidamente.

L’ipertesto è un concetto di estre-ma semplicità. Tuttavia esso ha avu-to un impatto molto forte nel campodell’educazione e delle tecnologiedidattiche in particolare. Mentre nelmodo dell’educazione pochissimi sierano avventurati ad utilizzare i co-siddetti sistemi autore, in poco tem-po dalla comparsa dell’ipertesto si

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sono moliplicate le sperimentazionidi docenti, studenti ed autori cheproducevano ipertesti o, chiamandoanche in causa il multimediale,ipermedia. Questo è certamente do-vuto alla diffusione dei sistemiipertestuali, i vari hypercard, guide,toolbook..., che sono strumenti peruso generale (non orientati solo alladidattica), diffusi, standardizzati econosciuti come mai nessun sistemaautore lo è stato. Ma è anche, o forsesoprattutto, dovuto alla logicadell’ipertesto profondamente diver-sa da quella del sistema autore. Ilsistema autore consente all’autore diprogrammare il percorso dello stu-dente, che può anche essere fine-mente ramificato e ricco di possibi-lità; ma lo studente può comunquescegliere soltanto uno dei (pochi)percorsi programmati dall’autore;nella logica dell‘ipertesto è invece lostudente a costruire il percorso, ascegliere dove andare, cosa appro-fondire, dove ritornare. L’autore nelcaso dell’ipertesto non progetta piùun insieme di percorsi, ma progettauna rete di risorse per l’apprendi-mento; ed è l’utente (o studente) adefinire un percorso sulla rete. Que-sta possibilità corrisponde esatta-mente alla logica costruttivista delcostruire la propria conoscenza. Leconoscenze individuali saranno tut-te un po’ diverse anche perchè cia-scuno si sarà costruito percorsi di-versi ed avrà visitato nodi diversidella rete facendo esperienze diver-se in un diverso ordine. Alcuni ricer-catori, sostenitori di uncostruttivismo-ipertestismo estremo,propongono uno scenario tra il sug-gestivo e il provocatorio in cui conl’affermarsi dell’ipertesto, diventa-to lo strumento principe dell’appren-dimento, spariranno programmi diinsegnamento e curricula e ciascu-no, navigando di ipertesto inipertesto, si costruirà la propria edu-cazione e preparazione professiona-

le a seconda dei propri interessi,delle proprie caratteristiche indivi-duali e dei propri bisogni di cono-scenza. In realtà è stato dimostratoche una logica puramenteipertestuale ha il limite di lasciareabbandonato a se stesso chi non hamaturità sufficiente, conoscenze di-sciplinari sufficienti e metacapacitàcognitive sufficienti per costruirsiuna adeguata struttura concettualenel corso del processo di navigazio-ne (Frau, Midoro e Pedemonte,1992). A conferma di questo val lapena di citare il fatto che alcuni piùrecenti sviluppi del costruttivismo,come la già citata teoria della flessi-bilità cognitiva, quando fanno riferi-mento al processo di costruzionedella conoscenza attraverso la navi-gazione ipertestuale, dichiaranoesplicitamente di riferirsiall’acquisizione di conoscenza avan-zata (post introductory) (Spiro,Feltovich, Jacobson e Coulson,1991).La dimensione tele: dai sistemitimesharing alle reti di calcolatori

La telematica, vista nei suoi aspet-ti di accesso a informazioni e risorseremote e di interattività a distanza,viene considerata oggi uno dei setto-ri tecnologici potenzialmente più ri-levanti in relazione ai processi diapprendimento. La dimensione tele-matica fu, senza che all’epoca siparlasse ancora di telematica, unacomponente essenziale dei primiprimi sistemi di elaborazionetime-sharing. Nella seconda metàdegli anni settanta fece la sua com-parsa il personal computer e si rico-nobbero tutti i vantaggi per l’utentedi essere autonomo nel gestire leproprie risorse di calcolo e di nondover ricorrere alle telecomunica-zioni, all’epoca considerate costosee inaffidabili. Negli anni ottanta in-fine scoppiò il fenomeno della tele-matica e delle reti di calcolatori egradualmente si riconobbe tutta l’im-

portanza dell’essere in rete, locale egeografica, per condividere risorse,per comunicare e per collaborare. Inquesti ultimi anni le principali retigeografiche esistenti si sono svilup-pate fino a poter comunicare agevol-mente fra loro e formano ormai unatrama capillare sulla quale è distri-buito e reso accessibile un formida-bile potenziale di risorse umane einformative. Ed è disponibile tuttauna serie di servizi telematici di inte-resse didattico: posta elettronica, listserver, news, bullettin board systems,solo per citare gli strumenti di usonon specialistico. Studente e docentipossono impegnarsi in attività insie-me ad altri studenti remoti, nellostesso paese o in altri paesi; investi-gare fenomeni globali, accedere econdividere informazioni e risorseremote; costruire la propria cono-scenza in una dimensione non piùlocale ma virtualmente planetaria; escoprire che certi problemi possonoessere meglio risolti lavorando in-sieme.

Apprendimento a distanza, appren-dimento aperto, apprendimentocollaborativo sono concetti nati inepoche certamente pre-telematiche.Essi possono tuttavia trovare nellatelematica la base per arrichimenti esviluppi di tipo nuovo legati allapossibilità di avere a disposizionerisorse informative ed umane remo-te, e di operare nell’ambito di gruppivirtuali costituiti da individui, stu-denti o istruttori, che interagiscono adistanza.

Sono evidenti le affinità e i legami,fra queste possibilità tecnologiche egli aspetti del costruttivismo relativiall’apprendimento collaborativo.

Oggi l’interesse della didattica perla telematica è in una fase di fortecrescita. Le sperimentazioni si stan-no moltiplicando (Educational Te-chnology Anthology Series, 1991) ela ricerca è molto attiva ad indivi-duare paradigmi di cooperazione , a

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valutare strategie apprendimentocooperativo, ad evidenziare i valoricoinvolti in specifiche esperienze ead effettuare confronti su variabilicognitive e socio-affettive (Riel,1990). Il settore caratterizzato dauna maggiore dinamica e da un mag-giore contenuto di innovazione di-dattica è quello della telematica co-siddetta povera, quella cioè che ri-chiede soltanto un personal compu-ter e un modem, senza ambizioni ditrasmissione a larga banda o di mul-timedialità interattiva. Paradossal-mente, in ambito internazionale,molte delle ricerche tecnologicamen-te più impegnative basate su linee adalta velocità e uso di satelliti sonoquelle più povere da un punto divista didattico.Conclusioni

Abbiamo esaminato sia pure inmodo un po’ spiccio e schematicodiversi aspetti della dinamica tem-porale delle tecnologie didattiche:l’evoluzione dei modelli cognitivida comportamentismo a costruttivi-smo; l’affermarsi di una concezionedelle tecnologie didattiche orientatain senso multidisciplinare e sistemi-co; e la trasformazione del significa-to didattico di alcuni aspetti delletecnologie informatiche. Val la pena,sia pure brevemente di chiederciquanto tutto questo sia già praticacorrente e quanto si tratti ancora diun discorso accademico. Quando,dove e da chi sono praticate, o nonsono praticate, le Tecnologie Didat-tiche?

Nella scuola italiana, nonostantetardivi e poco incisivi Piani Nazio-nali per l’informatica nella scuola, enonstante alcune esperienze limitatee assai poco generalizzabili, di tec-nologie didattiche si sente soprattut-to parlare (Ferraris, 1993). Tuttaviaquesto non è soltanto un fatto nostroitaliano, anche se in Italia è partico-larmente marcato. In tutti i paesi, indiversa misura, esiste un forte diva-

rio tra teoria e pratica. Nonostante lericerche e gli sviluppi nel settoredelle tecnologie didattiche, la loroeffettiva utilizzazione scolastica nonsubisce un corrispondente processodi crescita per cause diverse(Hannafin, 1991): la tendenza a con-siderare gli aspetti tecnologici comeprioritari rispetto a quelli relativi alsupporto ai docenti; la difficoltà deigoverni ad investire in educazione;la naturale inerzia di molti docenti arimettersi in gioco in mancanza dicondizioni e di fattori di motivazio-ne adeguati; e infine il divario fra latecnologia che esiste fuori dalla scuo-la e quella dentro la scuola. Il trai-ning nelle aziende e negli organismipubblici, anche in Italia, fa un usocrescente di Tecnologie Didattiche.Tuttavia sono molto pochi gli effet-tivi cambiamenti concettuali che sisono potuti osservare negli ultimitrent’anni. Si sono cioè rivisitatimodelli e metodologie tradizionalidi progettazione di sistemi didatticiutilizzando le moderne tecnologie,ma non si sono rimessi in discussio-ne i fondamenti teorici di quei mo-delli.

Una parte della ricerca, non tuttafortunatamente, non affronta laproblematicità reale del mondo del-l’educazione e della formazione.Abbiamo già citato il caso dell’Intel-ligenza Artificiale che, pur nell’inte-resse scientifico di molte sue ricer-che, non promette risultati applicabilia breve o medio termine nell’educa-zione. Talvolta il campo delle tecno-logie didattiche è minacciato daivisionari delle high tech che pro-pongono scenari entusiasmanti (oinquietanti, a seconda dei punti divista), ma che fino ad oggi non solonon hanno dimostrato di potere o disaper risolvere i problemi dell’ap-prendimento, ma neppure hannopututo dimostrare da un punto divista sperimentale miglioramentinell’apprendimento.Qui val la pena

di citare anche i progetti di ricercacomunitari, DELTA in primo luogo,che ci propongono una ricerca orien-tata in senso eminentemente tecno-logico, ma poco consapevole o pocosensibile alla dimensione educativa.Il mercato del software didattico,almeno in alcuni paesi, è già decol-lato. Negli USA ci sono dodici com-pagnie con oltre mille addetti chesviluppano integrated learningsystems cioè sistemi di computer inrete che mettono a disposizionesoftware educativo completo per varisettori disciplinari (lettura, matema-tica, lingue straniere, arti per varilivelli scolari). In Italia, dopo la ven-tata di (moderato) entusiasmo deglieditori del 1985-86, e dopo il sostan-ziale fallimento del fenomenosoftware didattico nella scuola, ilmercato è sostanzialmente fermo. Inun anno ci sono più convegni italianisulla multimedialità che prodottimultimediali significativi sviluppatie commercializzati in Italia.

Con tutto questo non si voglionoin alcun modo disconoscere le molterealizzazioni che oggi esistono, al-cune delle quali estremamente si-gnificative. Si vuole invece sottoli-neare l’esistenza di una divaricazio-ne, più o meno profonda a secondadelle situazioni, tra teoria e sua ap-plicazione pratica, tra soluzioni tec-nologiche proposte e problematicheeducative esistenti, tra orientamentidella ricerca e reali esigenze dei varicontesti formativi. Sembrerebbequindi il momento buono per con-centrare gli sforzi sulla concretezzadei problemi didattici e su progettiche tengano conto della globalitàdelle situazioni di apprendimento, ilmomento cioè di dare risposte speci-fiche a problemi specifici della di-dattica utilizzando il vasto patrimo-nio di know how e di tecnologie oggidisponibili.

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