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Direttore ARTURO DIACONALE Fondato nel 1847 - Anno XVIII N.12 - Euro 1,00 DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 - DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale Mercoledì 16 Gennaio 2013 delle Libertà Il rischio di una foto Bersani-Vendola-Ingroia on è solo una minaccia quella di Nichi Vendola di aprire un confronto ed un dialogo con An- tonio Ingroia. Perché è vero che con questa sua mossa il leader di Sel ha voluto ribadire la sua oppo- sizione all’ipotesi di un Monti-bis post-elettorale fondato sull’allean- za tra centristi e sinistra ed ha fatto capire a Bersani di essere pronto alla rottura con il Pd pur di scon- giurare l’incubo dell’eterno badan- te per i post-comunisti. Ma è al- trettanto vero che oltre ad essere una minaccia quella di Vendola è anche una prospettiva niente af- fatto peregrina per lo schieramento guidato da Pierluigi Bersani. N La sortita compiuta dal gover- natore pugliese solleva una doman- da che non riguarda i possibili com- portamenti futuri dello stesso Vendola ma quelli del segretario del Pd. Come si comporterebbe Bersani, infatti, se una volta incaricato di formare il governo dovesse scoprire che l’accordo con i centristi di Monti è più difficile del previsto e che la strada per assumere la guida del paese può passare più tranquil- lamente attraverso una intesa con la galassia giustizialista di Rivolu- zione Civile? In pratica, che farebbe il segretario Pd di fronte all’alter- nativa tra un Monti che pretende la luna ed un Ingroia che si accon- tenta del ministero della Giustizia? Al momento la questione non si pone neppure. La distanza tra Pd e Rivoluzione Civile sembra incolma- bile. Ma la situazione può cambiare. E la mossa di Vendola sembra fatta apposta per dimostrare come anche l’ipotesi al momento più inverosi- mile, come quella di una alleanza tra sinistra e giustizialisti, possa di- ventare possibile in caso di necessità. Naturalmente si debbono verificare le condizioni adatte. Come un buon successo elettorale della coalizione guidata dall’ex pm di Palermo af- fiancato per l’occasione dall’ex pm di Milano Di Pietro e dall’ex pm di Potenza De Magistris ed un risultato non negativo per i centristi montiani tale da alimentare la pretesa di Monti di tornare a Palazzo Chigi con i voti della sinistra. E se queste condizioni si dovessero realizzare l’ipotesi posta da Vendola potrebbe diventare fin troppo concreta. Ed il futuro governo del paese potrebbe essere non di centro sinistra ma di sinistra-sinistra. Con buona pace di tutti i centristi convinti di poter can- cellare con la loro presenza il bipo- larismo e l’alternanza democratica e riesumare la vecchia centralità de- mocristiana nella versione riveduta e corretta della casta dei tecnici e dei notabili dei “poteri forti”. Continua a pagina 2 La rivincita della televisione. E del Cavaliere o you remember “casalinga di Voghera”, la leggendaria figura simbolica della donna italica che in- carna e mondializza il senso comu- ne appreso dalla tv? Sembrava es- sersi assopita, quasi dimenticata, se non eliminata dall’irruzione del po- polo del web guidato dalla coppia assassina Grillo&Casaleggio, ed in- vece rieccola di nuovo materializ- zarsi fra le cupe scenografie dell’al- tra coppia Santoro&Travaglio per sancire, quasi venti anni dopo, la supremazia del re del medium dal quale aveva derivato, lei pure casa- linga per di più vogherese, le stim- mate della vox populi. Grande riscossa della tv in quest D drole de guerre.The King ad I, il re dei re e l’io della vulgata televisiva, il king maker del consenso media- tico, cos’altro ancora per evocare al meglio il ritorno dell’eroe dato per morto, la riapparizione del suo im- pero mediatizzato (e politico) sui colli fatali italici. E cos’altro, ancora e di più, per insistere su una massi- ma che proprio lui, il Cavaliere ap- pena resuscitato, aveva consegnato, fin dalla lontana discesa in campo con tanto di luci soffuse e sondaggi alla mano, alla gauche incredula: mai sottovalutarmi, mai darmi per morto, mai archiviarmi Io sono colui che parla, sono il logos incarnato nell’elettrodomestico più sicuro e più ammirato, sono la voce di colui che grida nel deserto, un po’ profeta e un po’ imbonitore, un po’ Jesus Christ Superstar e un po’ gigione del palcoscenico. Sono l’immagine che il medium diffonde invadendoci non come il fuoco ma come l’acqua e perciò nessun inter- stizio è lasciato vuoto e immune dal liquido che si espande e tanto più cresce quanto più è provocato, chia- mato alle armi, costretto ad alzarsi in piedi e a lottare. Si dirà che non basta, non può bastare un clamoroso share su La 7 per sancire una vittoria ancora di là da venire. E certo, chi non è d’accordo sulla fluidità di un picco d’auditel che rischia, nel tempo, di scemare se non di ritorcersi contro poichè il 24 febbraio è di là da ve- nire. Ma, intanto, rieccolo il gladia- tore che sembrava smorto e silente, in preda a depressioni da Ruby, da condanne piombate su Villa Cer- netto e da minacce di morte poli- tica dietro ad ogni tradimento an- nunciato, ad ogni primaria promessa, ad ogni Samorì/Ciocorì inventati lì per lì. Continua a pagina 2 di PAOLO PILLITTERI Non basta un clamoroso share per sancire una vittoria ancora lontana. Ma, intanto, riecco il gladiatore che sembrava morto, in preda a depressioni da Ruby e da condanne piombate su Villa Cernetto di ARTURO DIACONALE Cosa farebbe il leader Pd se dovesse scoprire che l’accordo con i centristi di Monti è più difficile del previsto, e che la strada per governare può passare più tranquillamente attraverso i giustizialisti di Rivoluzione Civile? Colle: la Consulta boccia Ingroia K «Il Presidente della Repub- blica deve poter contare sulla riserva- tezza assoluta delle proprie comunicazioni, non in rapporto ad una specifica funzione, ma per l’efficace esercizio di tutte». Lo scrive la Con- sulta nella sentenza depositata ieri sul conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato che ha visto scontrarsi tra il Qui- rinale e la procura di Palermo sulla vi- cenda del presunto accordo stato-mafia. In pratica, i giudici confer- mano un uso «non corretto dei propri poteri» da parte dei magistrati di Pa- lermo, che ha «menomato le preroga- tive del ricorrente». All’origine del caso le quattro conversazioni tra Gior- gio Napolitano e l’ex ministro degli In- terni, Nicola Mancino, che i pm hanno sempre definito «irrilevanti» ai fini del procedimento. Ma la Corte ha stabilito che «non spettava ai pm» né valutare la rilevanza della documentazione né «omettere di chiederne al giudice l’im- mediata distruzione con modalità ido- nee ad assicurarne la segretezza del contenuto». Un duro colpo per Ingroia e il partito dei giudici.

"Napolitano (Andrew): «Armi, un diritto naturale»", in "L'Opinione delle Libertà", 16-01-2013

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Andrew P. Napolitano, conservatorismo, libertarianism, Costituzione federale (USA), armi da fuoco

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Page 1: "Napolitano (Andrew): «Armi, un diritto naturale»", in "L'Opinione delle Libertà", 16-01-2013

Direttore ARTURO DIACONALE Fondato nel 1847 - Anno XVIII N.12 - Euro 1,00

DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 - DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale

Mercoledì 16 Gennaio 2013

delle Libertà

Il rischio di una foto Bersani-Vendola-Ingroia on è solo una minaccia quella

di Nichi Vendola di aprire unconfronto ed un dialogo con An-tonio Ingroia. Perché è vero checon questa sua mossa il leader diSel ha voluto ribadire la sua oppo-sizione all’ipotesi di un Monti-bispost-elettorale fondato sull’allean-za tra centristi e sinistra ed ha fattocapire a Bersani di essere prontoalla rottura con il Pd pur di scon-giurare l’incubo dell’eterno badan-te per i post-comunisti. Ma è al-trettanto vero che oltre ad essereuna minaccia quella di Vendola èanche una prospettiva niente af-fatto peregrina per lo schieramentoguidato da Pierluigi Bersani.

N La sortita compiuta dal gover-natore pugliese solleva una doman-da che non riguarda i possibili com-portamenti futuri dello stessoVendola ma quelli del segretario delPd. Come si comporterebbe Bersani,infatti, se una volta incaricato diformare il governo dovesse scoprireche l’accordo con i centristi diMonti è più difficile del previsto eche la strada per assumere la guidadel paese può passare più tranquil-lamente attraverso una intesa conla galassia giustizialista di Rivolu-zione Civile? In pratica, che farebbeil segretario Pd di fronte all’alter-nativa tra un Monti che pretendela luna ed un Ingroia che si accon-

tenta del ministero della Giustizia?Al momento la questione non si

pone neppure. La distanza tra Pd eRivoluzione Civile sembra incolma-bile. Ma la situazione può cambiare.E la mossa di Vendola sembra fattaapposta per dimostrare come anchel’ipotesi al momento più inverosi-mile, come quella di una alleanzatra sinistra e giustizialisti, possa di-ventare possibile in caso di necessità.Naturalmente si debbono verificarele condizioni adatte. Come un buonsuccesso elettorale della coalizioneguidata dall’ex pm di Palermo af-fiancato per l’occasione dall’ex pmdi Milano Di Pietro e dall’ex pm diPotenza De Magistris ed un risultato

non negativo per i centristi montianitale da alimentare la pretesa diMonti di tornare a Palazzo Chigicon i voti della sinistra. E se questecondizioni si dovessero realizzarel’ipotesi posta da Vendola potrebbediventare fin troppo concreta. Ed ilfuturo governo del paese potrebbeessere non di centro sinistra ma disinistra-sinistra. Con buona pace ditutti i centristi convinti di poter can-cellare con la loro presenza il bipo-larismo e l’alternanza democraticae riesumare la vecchia centralità de-mocristiana nella versione rivedutae corretta della casta dei tecnici e deinotabili dei “poteri forti”.

Continua a pagina 2

La rivincita della televisione. E del Cavaliere o you remember “casalinga di

Voghera”, la leggendaria figurasimbolica della donna italica che in-carna e mondializza il senso comu-ne appreso dalla tv? Sembrava es-sersi assopita, quasi dimenticata, senon eliminata dall’irruzione del po-polo del web guidato dalla coppiaassassina Grillo&Casaleggio, ed in-vece rieccola di nuovo materializ-zarsi fra le cupe scenografie dell’al-tra coppia Santoro&Travaglio persancire, quasi venti anni dopo, lasupremazia del re del medium dalquale aveva derivato, lei pure casa-linga per di più vogherese, le stim-mate della vox populi.

Grande riscossa della tv in quest

D drole de guerre.The King ad I, il redei re e l’io della vulgata televisiva,il king maker del consenso media-tico, cos’altro ancora per evocare almeglio il ritorno dell’eroe dato permorto, la riapparizione del suo im-pero mediatizzato (e politico) suicolli fatali italici. E cos’altro, ancorae di più, per insistere su una massi-ma che proprio lui, il Cavaliere ap-pena resuscitato, aveva consegnato,fin dalla lontana discesa in campocon tanto di luci soffuse e sondaggialla mano, alla gauche incredula:mai sottovalutarmi, mai darmi permorto, mai archiviarmi

Io sono colui che parla, sono illogos incarnato nell’elettrodomestico

più sicuro e più ammirato, sono lavoce di colui che grida nel deserto,un po’ profeta e un po’ imbonitore,un po’ Jesus Christ Superstar e unpo’ gigione del palcoscenico. Sonol’immagine che il medium diffondeinvadendoci non come il fuoco macome l’acqua e perciò nessun inter-stizio è lasciato vuoto e immune dalliquido che si espande e tanto piùcresce quanto più è provocato, chia-mato alle armi, costretto ad alzarsiin piedi e a lottare.

Si dirà che non basta, non puòbastare un clamoroso share su La7 per sancire una vittoria ancoradi là da venire. E certo, chi non èd’accordo sulla fluidità di un picco

d’auditel che rischia, nel tempo, discemare se non di ritorcersi contropoichè il 24 febbraio è di là da ve-nire. Ma, intanto, rieccolo il gladia-tore che sembrava smorto e silente,in preda a depressioni da Ruby, dacondanne piombate su Villa Cer-netto e da minacce di morte poli-tica dietro ad ogni tradimento an-nunciato, ad ogni primariapromessa, ad ogni Samorì/Ciocorìinventati lì per lì.

Continua a pagina 2

di PAOLO PILLITTERI

Non basta un clamorososhare per sancireuna vittoria ancoralontana. Ma, intanto,riecco il gladiatoreche sembrava morto,in preda a depressionida Ruby e da condannepiombate su VillaCernetto

di ARTURO DIACONALE

Cosa farebbe il leader Pdse dovesse scoprireche l’accordocon i centristi di Monti èpiù difficile del previsto,e che la strada pergovernare può passarepiù tranquillamenteattraverso i giustizialistidi Rivoluzione Civile?

Colle: la Consulta boccia IngroiaK «Il Presidente della Repub-blica deve poter contare sulla riserva-tezza assoluta delle propriecomunicazioni, non in rapporto ad unaspecifica funzione, ma per l’efficaceesercizio di tutte». Lo scrive la Con-sulta nella sentenza depositata ieri sulconflitto di attribuzioni tra poteri delloStato che ha visto scontrarsi tra il Qui-rinale e la procura di Palermo sulla vi-cenda del presunto accordostato-mafia. In pratica, i giudici confer-mano un uso «non corretto dei propripoteri» da parte dei magistrati di Pa-lermo, che ha «menomato le preroga-tive del ricorrente». All’origine delcaso le quattro conversazioni tra Gior-gio Napolitano e l’ex ministro degli In-terni, Nicola Mancino, che i pm hannosempre definito «irrilevanti» ai fini delprocedimento. Ma la Corte ha stabilitoche «non spettava ai pm» né valutarela rilevanza della documentazione né«omettere di chiederne al giudice l’im-mediata distruzione con modalità ido-nee ad assicurarne la segretezza delcontenuto». Un duro colpo per Ingroiae il partito dei giudici.

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l governo Monti ha saputo evi-tare lo scoglio dello spread ma si

è schiantato contro quello dellaConcordia. Il recupero del relittodella nave affondata all’Isola delGiglio si è trasformato in una buc-cia di banana sulla quale l’esecutivotecnico, in carica fino a poche set-timane fa, è scivolato. Non è cer-tamente questo il motivo per cui ilProfessore è salito al Colle per ri-mettere il mandato nelle mani diNapolitano ma è certo che la ge-stione dell’emergenza è stata quan-tomeno farraginosa. Il naufragiodella nave da crociera contro loscoglio delle Scole del 13 gennaiodell’anno scorso, ha stravolto laskyline dell’Isola e questo è solol’aspetto esteriore della questioneperché lo stravolgimento ha riguar-dato l’ecosistema e l’economia stes-sa del piccolo arcipelago toscano.Il ministro dell’ambiente CorradoClini ha detto: «Il costo della rimo-zione della nave è a carico dell’im-presa e c’è anche un contributopubblico da quantificare: al mo-mento abbiamo messo a disposi-zione 5 milioni di euro. Sappiamoperò che questi costi sono le spesedirette. C’è poi tutto il costo del-l’apparato, della infrastruttura,dipersonale e di interventi, non quan-tificabile». Per Clini «le operazioniper la rimozione del relitto termi-neranno il prossimo autunno, conla previsione aggiornata per settem-bre. Il relitto deve essere portato nelporto più vicino per evitare danniambientali e lì deve essere smonta-to». Sincronizzato il commento delministro con quello del capo dellaprotezione civile, e commissariospeciale per l’emergenza Concordia,Franco Gabrielli che precisa: «È ra-gionevole immaginare che si pos-sano verificare delle sospensionidelle attività di cantiere dovute allecondizioni meteo-marine avverse o

I comunque a situazioni non preve-dibili. Per cui non si posso escludereeventuali slittamenti nel tempo».Le due dichiarazioni aprono scenarinon inquietanti ma preoccupanti.In primis la rimozione prevista persettembre implica un altro anno dilacrime e sangue per l’economiadell’Isola visto che la stessa vive diturismo estivo e la presenza di uncadavere galleggiante di quella staz-za non invoglia certo un bel tuffonelle sue vicinanze. Senza dimenti-care la questione ambientale, vistoche il fondale dove la nave è ada-giata è inserito all’interno del ParcoNazionale dell’Arcipelago Toscanoe anche lì va previsto un piano dibonifica. Terzo aspetto, non si saancora dove la Concordia verrà ri-morchiata e disarmata. Per Clinibisogna andare «nel porto più vi-cino» ossia a Piombino il cui scaloperò non è, ad oggi, pronto ad ac-

cogliere il relitto della Costa inquanto privo di bacino di smantel-lamento. Neanche Livorno al mo-mento ne è dotata (un cantiereadatto esiste solo a Palermo), il chevuol dire che un piano dalle partidi palazzo Chigi o in via CristoforoColombo non c’è. E peggio ancora,non sembra neanche previsto.

ALESSIO VALLERGA

aramente in una campagnaelettorale le accuse recipro-

che sono così azzeccate comequelle che si sono scambiati ilpremier uscente Monti e il suopredecessore Berlusconi. Di so-lito gli avversari ricorrono gliuni contro gli altri ad ogni tipodi esagerazioni e forzature, senon a vere e proprie mistifica-zioni. Stavolta, invece, c’è moltodi vero. Se Berlusconi ricorda un«pifferaio magico» per le pro-messe non mantenute, eppure di-sinvoltamente reiterate senzaanalizzare a fondo e con onestàle cause dei suoi precedenti fal-limenti, Monti si è senz’altro ri-velato un «bluff». L’abbiamoscritto prima di tutti su questogiornale e anche autorevoli os-servatori hanno espresso la lorodelusione per la sua precoce per-dita di slancio riformatore.

Berlusconi non può scaricaretutto su Monti. L’inasprimentofiscale e la lotta all’evasione con-dotta con metodi illiberali, am-pliando a dismisura i poteri re-pressivi di Equitalia, inparticolare l’inversione dell’oneredella prova a carico del contri-buente, erano già stati avviati,con esiti recessivi sull’economia,dal ministro Tremonti durante ilsuo ultimo governo. D’altra par-te, Monti non può cavarsela sca-ricando tutte le colpe sul suo pre-decessore. Se è vero che hagovernato solo un anno, tuttaviaera sostenuto da una maggioran-za parlamentare senza preceden-ti, letteralmente annichilita dalproprio discredito, e in ragionedell’emergenza ha potuto operarecon un potere pressoché assoluto,anch’esso senza precedenti nellastoria repubblicana, sulle sceltedi politica economica.

Ci si aspettava quindi che

R avrebbe rivoltato l’Italia comeun calzino, resistendo ai veti deipartiti e delle lobby. Poteva farlo,perché almeno nei primi sei mesinessuno si sarebbe potuto per-mettere di farlo cadere. E invece,dopo la riforma delle pensioni el’introduzione dell’Imu, nel no-vembre 2011, non ha portato acasa molto altro: liberalizzazionitimide, finte privatizzazioni euna riforma del mercato del la-voro addirittura controprodu-cente, come hanno riconosciutoosservatori internazionali nien-t’affatto ostili al professore. Lavia al risanamento di quasi solotasse non è stata una necessità,come Monti ripete oggi, ma unascelta deliberata. Persino il pre-sidente della Bce Draghi inun’intervista al Wall Street Jour-nal l’ha bocciata come «cattivoconsolidamento», in opposizionead una via «buona», perché me-no recessiva, basata principal-mente su tasse più basse e ridu-zioni di spesa.

Ma ammesso e non concessoche Monti non abbia potuto fa-re a meno di cedere ai veti con-trapposti delle forze politiche,dopo le sue dimissioni e la sua“salita” in campo ha avuto fi-nalmente l’occasione di presen-tare la sua “agenda”, senza con-dizionamenti di sorta, eppurenon ha saputo offrire che unprogramma generico, privo diproposte concrete, corredate dinumeri, che ci saremmo aspet-tati da chi conosce in profonditàla finanza pubblica.

Le marce indietro delle sue ul-time apparizioni televisive sonotardive e poco credibili. «Fosseper me non l’avrei messo, biso-gna valutare seriamente se to-glierlo», osserva sul redditome-tro, ideato sotto il governo

Berlusconi-Tremonti ma elabo-rato nel corso di tutto il 2012. In13 mesi Monti avrebbe potutobloccarlo con una telefonata, al-meno dire una parola, invece dimostrarsi pappa e ciccia con Be-fera. Guarda caso proprio incampagna elettorale, quando nonpuò più fermarlo, cambia idea.Adesso una riduzione delle tassesarebbe possibile addirittura in«molto poco tempo», e «voglioanch’io che l’Imu sia ridotta»,confessa Monti, quando nellaconferenza stampa del 23 dicem-bre era «da pazzi» solo pensaredi abolirla sulla prima casa. Dicedi non aver «mai pensato ad unapatrimoniale» e di voler evitareil punto in più di Iva previsto aluglio, mentre l’aumento del ca-rico fiscale sui «grandi patrimo-ni» e i consumi è scritto nero subianco sulla sua agenda. Dicevadi essere sceso in campo per «di-fendere il lavoro fatto», ma oggiammette che «molte cose devonoessere oggetto di una revisione».Non solo la politica fiscale, maanche la riforma delle pensioni:non ha «preclusioni» a modifi-carla, fa sapere al Pd.

Monti, infine, sostiene di nonaver accettato l’offerta di Berlu-sconi di federare i “moderati”«perché all’Italia serve unire i ri-formatori», ma poi ha imbarcatoFini e Casini (con famiglia al se-guito), non riuscendo quindi a ri-modulare l’offerta politica sul-l’asse riformatori/conservatorianziché sul logoro asse destra-si-nistra. E piacerà la sua nuova ve-ste di candidato combattivo, chelascia il fioretto e impugna laroncola contro Berlusconi, ai cit-tadini che ne avevano apprezzatolo stile sobrio e la distanza dallamischia politica?

FEDERICO PUNZI

IIPOLITICAII

Il ministro Cliniha promessola rimozionedella Concordiaentro settembrema non è stato decisoneanche il portonel quale disarmarla

segue dalla prima

La foto de-Vasto(...) Di qui la necessità di sollecitare Bersania pronunciare una parola chiara in campagnaelettorale sull’ipotesi vendoliana. Una parolache non può essere solo un’assicurazione madeve trasformarsi in un impegno preciso econcreto. Perché qualche dubbio in propositoè fin troppo fondato. Non è forse vero chele primarie hanno prodotto lo spostamentoa sinistra del Pd? E non è altrettanto certoche i “giovani turchi” bersaniani, quelli chenon hanno esitato a fare piazza pulita dei li-beral, dei renziani e di chiunque non fossesulla linea Fassina-Camusso, potrebbero ce-dere facilmente al richiamo della foresta pro-vocato dalla suggestione di dare vita ad ungoverno di sinistra-sinistra privo di qualsiasibadante o protettore di estrazione moderatae riformista?Non va dimenticato che la lunga marciadi Bersani per la conquista definitiva dellaleadership del Pd è partita con la famosafoto di Vasto. Quella che lo vedeva a fiancodi Vendola e Di Pietro. Non è affatto im-pensabile, quindi, che pur di concludere lamarcia a Palazzo Chigi lo stesso Bersanisia disposto a farsi fotografare a braccettocon Vendola ed Ingroia.

ARTURO DIACONALE

La rivincita del Cav(...) Eppure, insomma, il Cavaliere c’è... e dicolpo la campagna elettorale si è come im-pennata, ha cambiato strada e impresso unvento diverso, una direzione nuova.E gli altri sono di colpo sembrati inadatti,unfit. Cosicchè, le truppe stanche e smorterassegnate alla sconfitta senza neppurecombattere, hanno rialzato il capo, rimessouna marcia più veloce alla stanco declino,all’inarrestabile default. Certo, la imma-nente e perenne necessità di un un uomosolo al comando del Pdl (o di ciò che ne re-sta) è la prova provata che senza di lui nonci sarebbero neppure i resti del Pdl e nepurele liste d’appoggio. Ma neppure quella ob-bligatoria presenza, in una democrazia, diuna voce antagonista che non sia quelladello sbraitamento grillesco o della forcadel riverniciato partito delle toghe. C’eraun vuoto e c’erano gli astenuti, c’era e inparte c’è ancora una massa imponente didelusi e di illusi, anche, soprattutto da lui,dalla Lombardia alla Sicilia.

Un vuoto che la politica non tollera, esat-tamente come non fu tollerato in quel 1994quando scomparvero su azione giudiziario-giustizialista, i cinque partiti democratici, elui lasciò la “trincea del lavoro per scendere

in campo” in nome, allora del’antipolitica,della società civile (proprio così) del paeseche lavora e che produce. Usò lo strumentodi cui era ed è il re indiscusso ma sottovalu-tato perchè “di plastica” e vinse. Seppe col-mare un cratere svuotato dall’annientamentoaltrui con una proposta politica. La televi-sione come mezzo principe al servizio di unaprogetto che non si è realizzato,di un partitoliberale di massa che non c’è, di brandelli direalizzazioni che sono il bagaglio emblema-tico di un’esperienza che, pure, ha segnatoun vetennio. E adesso,è ancora questa tv chesi prende la rivincita ed è sempre lui che riem-pie un vuoto, ma questa volta il suo, un vuo-to a volte colpevole a volte costretto, un vuo-to dentro il quale i facili entusiasmibersaniani di una vittoria a portata di manosembrano oggi mortificati: perché ciò checonta è non darsi per vinto, ciò che vale èrialzarsi, l’eroe non può arrendersi.

A differenza del neanche quarantenne evincitore morale Renzi, un ultresettantennedato per missing, non si ritira nell’orticellodi casa, ma si veste dell’armatura fornitaglidall’avversario santoriano per battersi controtutto e contro tutti.

Perchè anche l’eroe può cadere. Ma inpiedi.

PAOLO PILLITTERI

Il pifferaio magico di Arcoree il grande bluff del Prof

Il governo Montinaufraga al Giglio

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L’OPINIONE delle Libertà MERCOLEDÌ 16 GENNAIO 20132

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IIPOLITICAII

Loghi elettorali e partiti politiciL’importante è rimanere a galladi GIUSEPPE MELE

ualcuno tra i 200 depositaridi loghi elettorali ha dichiarato

che in fondo la presentazione delleliste è un’arte. E lo è la capacità digalleggiare per le tante formazionipolitiche della cui esistenza si viene- o si torna - a conoscenza solo inoccasione delle elezioni. È un’acca-demia, sotto traccia, responsabiledella mancata diminuzione deglieletti, delle camere doppioni e, a ca-scata, del perdurare dei 7 miliardidi costo della politica. Un’arte faci-litata dal numero di mille dei par-lamentari, ognuno dei quali pesa45mila voti di rappresentativà teo-rica. Per effetto delle correzionimaggioritarie, 45mila elettori effet-tivi nel 2008 erano proprio rappre-sentati da ogni deputato Pdl, 55milada ogni Pd o Idv mentre il deputatoMpa (Movimento per l’autonomia,ndr) era voce di 51mila, quello Udcdi 57mila e il valdostano di menodi 30mila elettori. L’1% nei sondag-gi ha molti significati per un partito,o un piccolo gruppo di amici, chevogliano provarci. Inserito in unavasta coalizione, significa cinque de-putati sicuri oppure niente, se iso-lato. Può valere per 30mila come300mila voti, a seconda del conte-sto locale. Nascosto, come gruppodi candidati, in un altro partito, puòvalere un gruppo parlamentare.Moltissime formazioni oggi nelleprevisioni stanno all’1%, quandonon al mezzo punto. A sinistra, iVerdi, il Centro Democratico di Ta-bacci, dopo la cacciata dell’ultimoesponente superstite dipietrista Do-nadi, il Psi nenciniano. Al centro,scomparso l’Api rutelliano, maicomparsa l’Italia Futura monteze-moliana, è eclatante l’1,6% del Flifiniano. A destra la ridda dei piccoliarriva al complessivo 3%, ciascunofluttuando a seconda dei momentitra lo 0,2% e il 2%: Liberi da Equi-talia, Ldp di Maniaci, Mir di Samo-rì, Pensionati di Fatuzzo, Rinasci-mento di Artom, Basta tasse diGaratti, Ip di Catone e Sgarbi e Fer-miamo le banche, oltre al Pid siculodi Romano e al Pri calabro di Nu-cara. Nell’elenco c’è anche il 3L tre-montiano, fuso ma visibile nelle listee nel simbolo leghisti. A medesiminumeri cadono altri, più politica-mente pregnanti, come Grande Sud-Mpa o Fratelli d’Italia, in Lombar-dia rinunciataria anche sul nome.Vale la pena di esaminare le dolentinote suonanti per Fini, Meloni e

Q

Crosetto, ma anche per Fare diGiannino all’1,2% e, in discesa, iriformisti della Craxi, il PLI ed i ra-dicali. Il gioco dell’1%, gemello deltrasformismo, è molto godibile perchi, non avendo nulla da dire, ciprova, convinto di un possibile gua-dagno. Il bipolarismo 2008 avevaridotto al minimo questo gioco, poil’incapacità di organizzarsi dei par-titi e la lotta al massacro l’ha rigal-vanizzato, prima nella diaspora digruppi parlamentari e ora di liste.È invece un dramma l’1% di chiidentifica la vita con politica, l’im-pegno, la proposta, la politica po-liticata e la “politica politicans”.Comunque vada, il randagismo diFini, dal nostalgismo Msi al neo-angloconservatorismo, ha mostratoun vuoto di idee, pari solo al “par-tito dei carini”. La volontà di or-ganizzare seriamente il centrode-stra sopravviverà, malgrado lo stopa Giannino, Crosetto, Meloni, Ste-fania Craxi e a chi non è sceso incampo come rottamatori e TeaParty. Evidenti i rispettivi difetti disnobismo, personalismo, compo-nentismo, incapacità di organizzarequadri, tessere legami con le partisociali e comporre giovanilmenteliberalismo e intervento pubblico.Pure un Midas del centrodestra èreso ineluttabile dall’età di Berlu-

sconi. Scelta di campo fissa, impe-gno a lavorare dentro il conteni-tore più grande, riconoscere e so-stenere il grande popolo liberopopulista, senza credere ai mediastrumentali, sono necessari percambiare e soprattutto realizzarein un paese in stallo.

Diverso è invece il discorso peri radicali di Pannella, cui ogni liberalsi avvicina con reverenza, identifi-candoli nelle battaglie per i diritticivili. Non è una novità provaresimpatia e spirito di carità per i pan-nelliani che da anni a ogni elezionefanno una mortificante via crucispresso tutti i big, in cerca di ospi-talità e garanzia di elezione per ipropri candidati. Due volte corsa-ramente imposero il nome della Bo-nino quale papabile al Quirinale eal governo del Lazio. Storicamentedifensori degli ultimi della terra, car-cerati, drogati, clochard, dovrebberotrovare sufficienti numeri per rac-cogliere un congruo risultato. Inveceno, sono ai minimi termini di iscrittie voti. Lo spiegano per l’oscuramen-to dei media. Eppure senza molteapparizioni il partito dei giudici siè attestato subito al 5%, né tuttihanno nel partito giornalisti Rai.Infinite e di tutti i tipi le occasionicolte per fare notizia, ultime le ca-duta del centrodestra laziale e lom-

bardo con le campagne radicali sufirme e sprechi. Sarà irriconoscenteil Pd che ne ha tratto guadagno enon li ha voluti come alleati; eppureha garantito loro ad oggi nove elettinelle sue file ed una vicepresidenzasenatoriale. Può fare tristezzal’esclusione anche dalle altre coali-zioni. Meraviglia di più l’opportu-nismo di collocarsi dovunque a pre-scindere da politiche e programmi.Macchina partitica, di informazionee formazione politica per giovanifuturi leader di ogni schieramento,per i radicali la politica è ragione divita. Più think tank (serbatoio dipensiero, ndr) che partito. Tuonanosugli sprechi ma si fanno pagare 10milioni l’anno. Iperanticlericali epiù piagnoni della Caritas. Ogni ele-zione un loro leitmotiv diverso, dal-le staminali al carcere, dovrebbe es-sere misura per giudicare l’universomondo. Sanno che dietro l’impos-sibile amnistia, c’è il partito dei giu-dici, ma non gli vanno contro concoerenza come Mellini e Lehner.Condannano come illegali l’Italia ele sue complessità ma combattonole best practises del Nord e ostanoa qualunque saldezza e coerenzadello Stato. Amano i clochard mafanno lavorare di più le donne. Vo-gliono i diritti, anche se il loro pesoaffonda il paese. Nuovi diritti manon la rappresentanza organizzatadei lavoratori. Raccontano la storiadei diritti civili, ad usum delphini,epurandone l’impegno maggiore deilaicosocialisti. Sono l’altra facciadella moneta dove compare la Re-pubblica scalfariana, con cui divi-dono l’eredità dell’azionismo, checondusse alcuni laici soprattutto adaffondare il socialiberismo e i suoilink patriottici nazionali e locali.Non a caso, il nome dell’ultimo par-to pannelliano richiama i terzisti deldopoguerra e l’associazione fondatadal proprietario di Repubblica, giàprima tessera Pd. Sono queste con-traddizioni, e non altro, a condan-nare i radicali all’isolamento ed aiminimi termini. Malgrado la fasci-nazione, i laici se ne devono fareuna ragione: i radicali non sono lo-ro amici, ne è un caso se ogni atten-zione loro prestata mai viene ricam-biata. Dietro declino, stallo,irrisolutezza c’è il tradimento azio-nista del laicismo, ampiamente rap-presentato da Scalfari e non meno,in altro modo da Pannella. Piuttostoche garantire eletti non giustificati,si finanzi loro una fondazione e nonse ne parli più.

La presentazionedelle liste è stata definita dagli addettiai lavori un’arte,o meglio un’accademiaresponsabile della mancatadiminuzione degli eletti, delle camere doppionee del perdurare dei 7 miliardi di costo della politica.In una galassiafrastagliata e sempre di moda,l’agognato 1%fa gioco per un partitopoiché, inseritoin una coalizione,può significare cinque deputati oppure nientese isolato. Questo “teatro” è figlio legittimodel trasformismoche ancora regnanello Stivale.Moltissime formazioni oggi nelle previsioni stanno all’1%, quando non al mezzo punto

L’OPINIONE delle LibertàMERCOLEDÌ 16 GENNAIO 2013 3

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IIPOLITICAII

Una spesa contro la crisiCarrefour taglia l’Iva

Vendola come BertinottiLa palla al piede del Pd

L’errore di Monti?Presentare due liste scoltando Mario Monti nel

coro della sua partecipazionea “Porta a Porta”, ho trovato con-ferma in ciò che mesi addietro pen-savo fosse l’approccio più ragio-nevole - al di là di qualunquequestione di merito - di un premiertecnico sceso nell’agone elettorale.Ovvero, impostare la sua campa-gna elettorale spiegando al popoloche le cose realizzate dal suo go-verno hanno rappresentato unasorta di compromesso al ribassocon le forze politiche della sua stra-na maggioranza e che, pertanto,questa zavorra politica ha impeditoalla sua azione di dispiegarsi nelmodo più efficace.

Ora, che questo sia vero o no,che soprattutto sul fronte dei taglialla spesa vi sia stato un continuoesercizio dei veti incrociati, soprat-tutto da parte del Pd e del Pdl, taleda snaturare l’autentico indirizzomontiano, lo giudicheranno glielettori. Resta comunque il fattoche, soprattutto in una fase storicain cui la politica di professione haraggiunto in Italia un livello infimodi credibilità, presentarsi su una li-nea totalmente alternativa rispettoai partiti tradizionali, proponendouna sorta di referendum tra Montie la classe politica, appare senzadubbio una linea corretta e piut-tosto producente. L’ho scritto intempi non sospetti e lo ribadiscocon medesima convinzione.

A Tuttavia, per rendere veramenteefficace questa strategia elettorale,interpretando appieno il desideriodi rinnovamento della società, ilpremier uscente avrebbe dovuto se-guire il consiglio di Corrado Pas-sera, proponendo una sola lista siaalla Camera che al Senato. In que-sto modo, eventualmente imbar-cando qualche fedele alleato comeFini e Casini, avrebbe definito senzaequivoci la sua diversità rispetto alvecchio sistema. Ma così non sonoandate affatto le cose. L’apparen-tamento alla Camera con l’Udc econ Fli e, cosa ancor più grave, lapresenza dominante di Casini e deisuoi uomini nella lista “Monti” alSenato, hanno gravemente compro-messo l’immagine di rinnovatoredel bocconiano, dando ragione alladefinizione di capo di un centrinoespressa da Berlusconi. Ciò è con-fermato da un leader dell’Udc ca-polista in ben cinque regioni e dallaposizione del braccio destro Moa-vero nel Lazio: terzo dopo lo stessoCasini è l’esponente di Futuro e Li-bertà, Giulia Bongiorno. Tutto que-sto indebolisce presso l’opinionepubblica il peso specifico di Monti,a tutto vantaggio dei volponi dellavecchia politica che lo hanno finqui sostenuto ma che ora, a costodi rischiare di arrivare quarti nellacorsa elettorale, tendono a fagoci-tarlo. Staremo a vedere.

CLAUDIO ROMITI

di RUGGIERO CAPONE

a lista “Monti per l’Italia” nonpiace all’elettorato. Alcuni son-

daggi prevedono un taglio dellepreferenze anche per i suoi mag-giori alleati politici (Fini e Casini).Emerge che Casini e Fini potreb-bero risultare eletti sul filo di lana,perché il loro elettorato punirebbel’appoggio a Monti votando perGrillo, Storace, Berlusconi ed In-groia. Già passate consultazionihanno dimostrato che l’elettoratodi centrodestra difficilmente si spo-sta verso quelle sinistre che ancoraodorano di vecchio Pci. A questos’aggiunge l’inaspettata rimontaconsensuale di Silvio Berlusconi:dopo l’ospitata a “Servizio Pubbli-co”, il Cavaliere ha ricominciatoa macinare consensi e, come ha di-mostrato il sondaggista AntonioNoto, ormai il Pdl è nuovamentealla pari col Pd. Allora dove s’an-niderebbe la marcia in più per por-tare a casa politiche e regionali? Ilparere dei sondaggisti è unanime,tra l’elettorato del voto di protesta,che indubbiamente s’astiene o votaper Grillo o per Ingroia. In que-st’ottica il Cavaliere ha sguainatola candidatura di Francesco Sto-race a governatore del Lazio, certoche “epurator” potrebbe intercet-tare sia i delusi da Fini che gli ar-rabbiati indecisi tra Grillo e Ingro-ia. I sondaggisti parlano già

Ld’effetto Storace-Berlusconi nelCentro-sud, e lo considerano pariall’alleanza Lega-Pdl, ma con l’ef-fetto novità che il Carroccio ormainon ha più in serbo.

Intanto, secondo i sondaggi Eu-romedia (spesso risultati corretti)il centrodestra è al 34,2 % (il

Pdl al 23,1) ed il centrosinistraal 38,3. Il centrodestra è sotto disoli 4,1 punti, che certamente Ber-lusconi conta di riportare a casa

con l’effetto Storace: ovvero il Ca-valiere porta voti al La Destra eStorace trascina consensi verso l’al-leanza col Pdl. Un lavoro a quattromani che assorbirebbe voti soprat-tutto in casa dei centrini (la listaMonti): un 4% che verrebbe tuttorisucchiato in casa Fini e Casini.Considerando che l’Udc è al 4%e Fli all’1, è evidente che l’effetto

Cavaliere-Storace scombinerebbetotalmente i piani della lista Mon-ti. Il risultato potrebbe essere unaparità alla Camera tra Pd e Pdl,ma con il Cavaliere in netto van-taggio al Senato. E se il centrode-stra superasse quota 170 senatori(la parità è leggermente sopra i150), il Pd per governare l’Italiadovrebbe elemosinare l’aiuto diGrillo, Ingroia e Monti. Infatti ilsenatore a vita (Monti) sa di essereancora “bancariamente” determi-nante, sono di poche settimane fai rumors che vedrebbero il sistemabancario non garantito nel casodell’assenza di Mario Monti in po-sizione dominante nel prossimogoverno. Dichiarazioni che eviden-ziano come un governo senzaMonti difficilmente godrebbedell’assenso delle banche italianeed europee, anzi mondiali. È evi-dente che dopo gli ultimi strali delCavaliere difficilmente Monti ac-cetterebbe d’appoggiare (ed in su-bordine) un Pdl vincitore sul filodi lana. Di contro Berlusconi si sa-rebbe già dichiarato pronto a go-vernare senza il bene placet del si-stema bancario, quindi invocandouna sorta d’autarchia monetariaprodromica ad un ritorno alla lira.Invece il Pd non nasconde di potercucinare, ed in nome dell’Ue, l’in-tesa tra Vendola e Monti: un piat-to che servirebbe agli italiani ildoppio delle contraddizioni.

L’effetto Storace-Berlusconi scombina tutti i pronostici

La rimonta del Cavaliereè ormai una certezzae la squadra del Pdlha in pratica raggiunto la coalizione di Bersani.Adesso parte la cacciaal voto dei delusie alla fetta di indecisi

hissà se ai giorni nostri Humphrey Bo-gart, parafrasando un passaggio del

film “L’ultima minaccia”, si lascerebbe an-dare al commento: «È la crisi bellezza e tunon puoi farci niente». Eppure c’è chi daquesto assioma contemporaneo ha trovatolo spunto per un’iniziativa solidale e figliadel buon senso. La catena di supermercatiCarrefour, a partire da venerdì garantirà,per i clienti con oltre i 65 anni e per i nu-clei familiari composti da cinque o più per-sone, uno sconto pari al valore dell’Iva.

Il progetto andrà avanti sino al 31 mar-zo. In questo periodo gli interessati po-tranno chiedere la tessera direttamente aibanchi di accoglienza negli oltre mille pun-ti vendita Carrefour. Per la precisione, glianziani dovranno presentare la propriacarta d’identità per avere la “Senior Card”,invece lo stato di famiglia servirà per con-seguire la “Superfamily card”. Lo scontoriguarderà la merce dei reparti macelleriae pescheria, senza dimenticare che l’offertasarà allargata anche a frutta, verdura, sa-lumi, formaggi e pane fresco.

«Questa iniziativa - ha detto GiuseppeBrambilla di Civesio, l’amministratore de-legato di Carrefour Italia - nasce dalla vo-lontà di compiere uno sforzo per dare uncontributo concreto e permanente al so-stegno dei consumi. Per questa ragione,se la prima fase dell’iniziativa, che si con-cluderà il 31 marzo, evidenzierà il gradi-mento dei clienti, contiamo di prolungarlaper tutto il 2013, che - ha concluso - saràancora un anno difficile per i consumi ei bilanci delle famiglie».

L’idea del gruppo è emersa dopo

C un’analisi delle abitudini di acquisto deiclienti e grazie agli ultimi dati diffusi dal-l’Istat sulla condizione delle famiglie, se-condo i quali più del 28% dei nuclei nu-merosi è in condizioni di difficoltà e piùdel 40% degli over 65 vive con meno dimille euro al mese.

Per Giuseppe Brambilla di Civesio sitratta di «una forma di agevolazione si-gnificativa, che si traduce mediamente inun risparmio stimato di 150-200 euroall’anno per gli over 65 e di 300-500 euroall’anno per le famiglie numerose, cumu-labile con le altre promozioni in corso neipunti vendita».

A far eco all’ad di Carrefour Italia c’hapensato Roberto Messina, presidente diFederAnziani: «Ci impegneremo per dif-fondere capillarmente la conoscenza diquest’iniziativa poiché, di fronte al 77%di pensionati che percepiscono un assegnoinferiore ai mille euro mensili e di fronteai dati Inps secondo i quali il 17% dei pen-sionati percepisce un assegno di 500 euro,siamo obbligati a farlo. In Italia - ha rife-rito - gli anziani hanno visto distrutto ilproprio potere di acquisto e sono oramaistremati, come si può vedere dall’assaltoalle mense Caritas. Anche coloro che finoa qualche tempo fa riuscivano ad arrivare,sia pure faticosamente e tra molti sacrifici,alla fine del mese, oggi si trovano fiancoa fianco con i clochard per un pasto caldo.Per questo - ha chiosato - le nostre duemilasedi si attiveranno per invitare i cittadinia beneficiare di questo sconto importanteper la loro sopravvivenza».

CLAUDIO BELLUMORI

e la Storia si ripete - e si ripete, di tantoin tanto - Nichi Vendola rischia di tra-

sformarsi, per il Partito democratico di oggi,nella palla al piede che fu Fausto Bertinottinel 1997 quando fece cadere il governo dicentrosinistra capitanato dall’Ulivo di Ro-mano Prodi. E di nuovo, nel 2007, quandocollaborò a mandare in crisi il II esecutivodel professore bolognese, che poi nel 2008abdicò in modo definitivo.

Oggi, in piena campagna elettorale perle “politiche” del 24 e 25 febbraio, l’attualegovernatore della Puglia con il suo Sel (Si-nistra Ecologia Libertà) poco dopo aver san-cito l’alleanza già mette in crisi il Pd di PierLuigi Bersani, al momen-to partito di maggioranzarelativa del Paese. Le con-traddizioni vanno rapida-mente appalesandosi so-prattutto quando si parladei possibili accostamentiparlamentari che dovran-no necessariamente farseguito a un’eventualevittoria delle elezioni (se-condo il recente sondag-gio di Emg al momentola coalizione Pd/Sel è dataa circa il 36,4%, in calorispetto alla rimonta diPdl & company, arrivati al 27,9). La diffe-renza di vedute è a dir poco macroscopica:da una parte Bersani considera il braccio diMario Monti (Scelta civica con Monti,9,9%) - che fa squadra con L’Udc di Pier-ferdinando Casini (3,4), con Futuro e Libertàper l’Italia di Gianfranco Fini (0,9) e con

S Verso la Terza Repubblica di Luca Corderodi Montezemolo (3), totale 14,8%) - quellocui aggrapparsi per dare massima soliditàal proprio governo; dall’altra Vendola chespara il suo niet su tale eventualità perchépreferisce farsi amico Antonio Ingroia (Ri-voluzione Civile).

Per certi versi la ritrosia del riflessivo Ni-chi va capita: non si può proprio immagi-nare un ex comunista (quel Nichi è un no-mignolo-omaggio a Nikita Krusciov) cheriesca a far comunella in modo proficuo conil Centro opportunista che si delinea sullascia dell’attuale premier, condizionato da unCasini che, zitto zitto, sta coronando il sogno

di fare da ago della bilan-cia nei futuri equilibri digoverno. Ma resta il fattoche se Vendola e Bersaniiniziano a non sopportar-si a un mese e mezzo dal-la tornata elettorale, nonsi capisce come potrannoandare d’accordo unavolta installatisi alla gui-da del Paese, quando do-vranno cominciare a par-lare soprattutto dieconomia e di tassazione.

La confusione nelcentrosinistra, insomma,

regna sovrana con largo anticipo e meglionon sta il possibile, futuro alleato. QuelMario Monti che quando parla - e in que-sto la televisione è impietosa - genera sem-pre una noia mortale, aggravata dall’affa-stellarsi di contraddizioni.

STEFANO MARZETTI

L’OPINIONE delle Libertà MERCOLEDÌ 16 GENNAIO 20134

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IIESTERIII

Processo alle spie russe. Guerra Fredda nel 2013di STEFANO MAGNI

ermania, inizia il processo aAndreas e Heidrun Anschlag

(il cognome è fittizio), marito e mo-glie accusati di spionaggio a favoredella Russia. Una storia classica daGuerra Fredda. Ma quel conflitto,mai combattuto con le armi in pu-gno, non doveva essere finito nel1989? E l’Unione Sovietica non do-veva essere sciolta dal 1991? Aquanto pare no. Perché Andreas eHeidrun sono accusati di aver pas-sato dati al Kgb, poi all’Svr da 25anni. Dunque, se la matematica noninganna e le accuse sono vere, lavo-ravano per Mosca dal 1988. In pie-na distensione, ma ancora nel corsodella Guerra Fredda, avrebbero pas-sato informazioni alla Lubjanka, al-lora diretta da Krjuchkov, uno deitre golpisti che cercarono di rove-sciare Gorbaciov nel 1991 nell’ulti-mo spasmo vitale del vecchio impe-ro sovietico. Ma invece di andare inpensione, con una medaglia, una da-cia o un futuro nelle carceri tedesche(a seconda del finale), avrebberocontinuato a lavorare per la stessaistituzione, riverniciata e rinominataSvr (per l’estero) ed Fsb (per l’inter-no), ma con le stesse finalità delKgb. Fino all’ottobre del 2011,quando la polizia federale tedesca(non più quella della GermaniaOvest, ma quella di una Germaniaunita) li ha arrestati, cogliendoli inflagranza di reato, nel loro appar-tamento di Marburg. Quando icommandos di Berlino hanno fattoirruzione nella loro casa, li hanno

Gtrovati intenti a decrittare messaggiradio in codice. Stavano ascoltandouna delle “number stations”, le ra-dio segrete che trasmettono a ondecorte una serie di numeri. Privi disenso per chiunque, tranne per chiha i codici per saperli leggere e tra-durre in ordini, direttive, istruzioni.Gli Anschlag avevano il profilo ti-pico di chi vuol confondere le acque:residenza tedesca, cittadinanza au-striaca, luogo di nascita (secondoquanto si apprende dall’indagine)in America Latina. Tipico cosmopo-litismo da Kgb. Cosa avrebbero fat-to? Secondo il procuratore federaleWolfgang Siegmund, l’accusa sareb-be ancora più grave: avrebbero pas-sato segreti militari e politici dellaNato e dell’Unione Europea. All’Svrinteressava soprattutto avere piùdettagli riservati sulle relazioni fra

le due istituzioni sovranazionali oc-cidentali con i Paesi dell’ex Urss edell’ex Patto di Varsavia. Negli ul-timi tre anni avrebbero infatti pas-sato a Mosca documenti segreti pro-curati attraverso un funzionarioolandese nel Ministero degli Esteri.Una volta ottenute, queste centinaiadi pagine segrete sarebbero state tra-sformate in file da lasciare in “caselle

di posta” segrete, poi svuotate dafunzionari del consolato russo aBonn. Esattamente come avvenivaai tempi della Guerra Fredda. Usa-vano anche metodi più aggiornati,nascondendo messaggi in codice innormali video postati su YouTube.Solo gli utenti giusti avrebbero po-tuto capirne il vero significato.

Sarà il processo a stabilire unaverità. Intanto, però, viene da cre-dere alla frase scritta su tante ma-gliette in vendita nei Paesi dell’eximpero sovietico: “Kgb is still wat-ching you”, il Kgb ti sta ancoraspiando. Anche a venti anni e passadalla fine della Guerra Fredda. D’al-tra parte, il caso della “coppia diMarburg” non è affatto il primo, néil più famoso, negli ultimi anni. C’èanche quello della rossa AnnaChapman, arrestata assieme a un’in-tera rete di spie industriali negli StatiUniti, appena due anni fa, e poi rim-patriata in Russia in seguito a unoscambio di agenti. Anche quelle spie,che reclutavano agenti (persino mi-norenni) e postavano su Internet iloro messaggi criptati, nasconden-doli in normali foto, continuavanola loro guerra contro gli Stati Uniti,il “nemico principale”, anche ventianni dopo la fine della Guerra Fred-da. Ma il caso della “coppia di Mar-burg” è, se possibile, ancora più in-quietante. Perché i segreti rubati,secondo l’accusa, potrebbero esseremilitari, oltre che politici. E perchéerano in Germania. Nella secondametà degli anni ’80, quando i duesarebbero stati reclutati, a Dresda(che allora era nella Ddr) c’era Vla-

dimir Putin, attuale presidente russo.E se fosse stato proprio lui a reclu-tarli? Se avesse avuto contatti conloro, tramite l’Hva, l’ex servizio del-la Germania orientale? Non ci sonole prove per affermarlo. Ma è unatesi che non può essere del tuttoesclusa. E, inoltre, restano tutte leimplicazioni politiche del caso: Pu-tin, apertamente, premia le sue spie.Anna Chapman, una volta tornatain patria, è stata decorata ed è tut-tora una vera star nazionale. Lu-govoi, l’uomo accusato dagli inglesidi aver avvelenato col polonio laspia pentita Alexandr Litvinenko,è stato candidato per volontà diPutin. E di una sua possibile estra-dizione non se ne parla nemmeno.Gli agenti pentiti e passati dallaparte dell’Occidente ai tempi dellaGuerra Fredda, anche dopo la ca-

duta dell’Unione Sovietica, sonotuttora accusati di tradimento. SuOleg Gordievskij, ex colonnello delKgb fuggito in Gran Bretagna nel1985, pende ancora la condanna amorte. Anche Vladimir Rezun, exufficiale del Gru (il servizio segretomilitare), meglio noto al pubblicocon lo pseudonimo di Viktor Su-vorov, non può tornare in Russia,

perché l’attenderebbe la morte.Non è solo nel campo dello

spionaggio che la politica russa re-sta identica a quella dell’ex UnioneSovietica. Anche la politica militarecontinua ad essere orientata control’Occidente. Non contro le repub-bliche secessioniste caucasiche, nécontro la Cina. Ma contro l’Occi-dente e gli Stati Uniti in particolare.La settimana scorsa, il 10 gennaio,è entrato in linea il sottomarinolanciamissili balistico Jurij Dolgo-rukij. È silenzioso, veloce e in gradodi lanciare 96 testate nucleari (6 te-state per ognuno dei suoi 16 missilibalistici intercontinentali “Bulava”).Un’arma simile non è certo stataconcepita per combattere la guer-riglia in Cecenia e neppure unaguerra convenzionale contro la Ge-orgia. Sarebbe ridondante persinoin un conflitto contro la Cina. Èpalesemente un’arma rivolta controgli Stati Uniti. Oltre alla moderniz-zazione delle forze nucleari navali,Putin sta finanziando cospicuamen-te anche quella delle forze strategi-che di terra. La Russia, attualmente,è l’unica che aggiorna e modernizzasistematicamente la sua flotta dimissili balistici intercontinentali.Entro il 2018 dovrebbe entrare inlinea una nuova classe di ordigniin grado (teoricamente) anche i by-passare le migliori difese anti-mis-sile americane.

In altro modo non si può legge-re: la Guerra Fredda è finita solo daquesta parte della ex Cortina di Fer-ro. Dall’altra parte, evidentemente,credono che continui.

La “coppia di Marburg”arrestata in Germanianel 2011 lavoravaper Mosca dal 1988

Vladimir Putin potrebbenon essere coinvolto,ma la sua politica èdichiaratamente anti-Usa

Napolitano (Andrew): «Armi, un diritto naturale»di MARCO RESPINTI

è un Napolitano che ci piacemolto. Che ci piace molto

perché garantisce, tutela e difendela libertà in modo schietto e tetra-gono, maschio e irriducibile, senzapeli sulla lingua e con coraggio.Solo che sta dall’altra parte delmondo, vive negli Stati Uniti, ha63 anni, è un ex giudice della Cor-te Superiore del New Jersey (danon confondere con la Corte Su-prema) ed è autore tra gli altri dellibro “It Is Dangerous to Be RightWhen the Government Is Wrong:The Case for Personal Freedom”(Thomas Nelson, Nashville, Ten-nessee 2011), Traduzione: “È pe-ricoloso avere ragione quando ilgoverno ha torto: in difesa dellalibertà personale” (che bello, an-che gli statunitensi, e pure diorientamento libertarian, stannoimparando a usare bene il termi-ne “persona” al posto di “indivi-duo”, ché nella loro tradizioneanglosassone quello non è affattouna parolaccia epperò da noi vei-cola invece un vero e proprio tur-piloquio giacobino). En passant,quel Napolitano americano è cat-tolico, si definisce “tradizionali-sta”, adora il pre-Vaticano II e laMessa in latino.

Il 10 gennaio il giudice AndrewP. Napolitano ha pubblicato sulquotidiano conservatore della ca-pitale federale statunitense, TheWashington Times, un pezzoesplosivo già dal titolo The Rightto Shoot Tyrants, Not Deer, ovve-

C’ro “Il diritto di sparare ai despoti,non ai cervi”. Puntuale, a ognisparatoria, le anime belle statuni-tensi, poche ma vocianti, si strac-ciano le vesti invocando il bandodella libera circolazione delle armida fuoco; e lo stesso Barack Oba-ma, che prima però non ci ha maipensato, dopo gli ultimi episodi disangue, ha imbronciato serioso ilgrugno e ha promesso limiti e di-vieti. Ma tutti sanno benissimoche in un Paese dove il porto libe-ro di armi è vietato le armi le han-no solo i criminali e lo Stato. Al-cuni timidi difensori del dirittomagari limitato alle armi sosten-gono che esse servono per la cac-cia per esempio, ma il giudice Na-politano non ci sta. Riporta laquestione al suo vero nocciolo: learmi gli americani le comperano,le posseggono e le portano libera-mente con sé perché servono, allabisogna, per tutelare le cose piùimportanti che ci sono nella vita,quelle per esempio date all’uomosovranamente da Dio. Per difen-dersi, cioè, e per difendere, non so-lo per sport e per diletto.

Ora, ragiona il giudice Napo-litano, il «diritto delle persone apossedere e a trasportare armi èuna estensione del diritto naturaleall’autodifesa e un fondamentodella sovranità personale». Perquesto la Costituzione federale de-gli Stati Uniti protegge con unaprovvisione specifica quel dirittodella persona da qualsiasi interfe-renza governativa e storicamentein quel Paese (prosegue Napolita-

no) tale provvisione è stata il pi-lastro della resistenza a qualsiasiforma di dispotismo. Eppure c’èchi pensa che il diritto sovrano deicittadini rispettosi della legge deb-ba essere ora negato per colpa del-l’assurdo abuso che della libertàpersonale fa qualche folle.

«Quando Thomas Jefferson -argomenta il giudice - scrisse nellaDichiarazione d’indipendenza cheil Creatore ci ha donato determi-nati diritti inalienabili, nel momen-to stesso in cui esso nasceva eglisposò il Paese agli antichi princìpidel diritto naturale che hanno ani-mato la tradizione giudeo-cristianadell’Occidente»: ebbene sono pro-prio quei princìpi «che hanno te-nuto a freno tutti quei governi chedetti princìpi riconoscono quandoenunciano il concetto stesso di di-ritti naturali». Ne consegue, scriveNapolitano, che se siamo creati aimmagine e somiglianza di Dio Pa-dre, allora siamo perfettamente li-beri come Egli lo è. E che il dirittonaturale insegna che le libertàumane sono prepolitiche, ovveroprovengono dalla natura umanain quanto tale e non dai governio dalle loro concessioni. Dato chein origine la natura umana è divi-na, nessun governo, anche se conil favore della maggioranza poli-tica, può dunque lecitamente ne-gare i diritti che l’uomo possiedeper natura. La natura umana è ra-dicata nella libertà, e il governo èper definizione una limitazione ditale libertà. In casi numerosissimiesso è una limitazione coercitiva,

negativa, violenta, arbitraria e ti-rannica.

La storia degli Stati Uniti peròtestimonia un percorso diverso. Lacessione di alcune prerogative algoverno è da sempre volontaria.Il governo esiste per l’uomo, per

volere dell’uomo, per libera volon-tà dell’uomo e per servire l’uomo.Un governo che negli Stati Unitiagisca in modo diverso e contrarioè per definizione illegittimo e di-spotico. Perché si ribella alla leggefondamentale del Paese che garan-tisce il rispetto di quella naturaleinscritta nel cuore dell’uomo e diquella divina scritta nel Cielo.

Il fatto che gli americani girinoda sempre liberamente armati èdovuto alla loro storia e alla loroorigine, nati come Paese nuovo pergarantire una libertà antica e in-violabile quanto lo è la natura del-l’uomo. Cambiare in corso d’ope-ra questa regola suona alleorecchie degli americani come unainvoluzione pericolosa, come undietrofront inammissibile.

La libertà dell’uomo, dice Na-politano, non viene dall’uomo,ma da Dio. E nessun uomo, qualene è composto un governo, puòsostituirsi a Dio.

La questione della libera cir-colazione personale delle armi,per quanto si possa essere simpa-tetici con essa, è una questionemolto americana. Ma il ragiona-mento del giudice Napolitano chesta alla base della difesa a oltran-za di quel diritto naturale, storicoe costituzionale è universale, pro-fondo e va ben al di là della pureimportante vicenda delle armi. Lalibertà fa l’uomo simile a Dio: perquesto il nostro mondo che odiaDio fa strame quotidiano delle li-bertà dell’uomo.

da “Italia Domani”

K Andrew NAPOLITANO

L’ex giudice della CorteSuperiore del New Jerseydifende strenuamenteil II Emendamento su basi religiose. Il governo è al serviziodella persona, non hail diritto di disarmarla

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n Berlusconi sempre più in formarappresenta una delle poche note di

interesse di una campagna elettorale finqui piuttosto anonima. In un contesto nelquale tutti sono più o meno d’accordo ilCavaliere è davvero l’unico capace di an-dare in una tv come La7 e fare, nel verosenso della parola, 9 milioni di telespet-tatori ed uno share del 33%. Alla luce diquesti prevedibili risultati appare ancorpiù incomprensibile la scelta di Bersanidi presentarsi quasi in contemporanea daVespa: inevitabili i raffronti, i Bersani flopdel giorno dopo, con i quali alcuni organidi stampa hanno salutato la comparsatatv del segretario Pd.

(...) È chiaro come lavittoria di Pierluigi Ber-sani e della sinistra sia,a questo punto, certa-mente meno scontata ri-spetto a poche settimanefa. Il segretario Pd, chesoltanto nel dicembrescorso scandiva non-ve-do- l’ora-di-sfidare-Ber-lusconi, sembra oggimolto più cauto riguar-do al tema dei confrontitv; da qui la volontà diconsiderare solo i candi-dati premier e non i “semplici” capi coali-zione. Una scelta legittima, intendiamoci(...), ma che tradisce qualche preoccupa-zione di troppo, considerando l’ottima for-ma sfoderata dall’ormai anziano Cavaliere.Il quale, dal canto proprio, davvero si di-verte di fronte alle telecamere, anche quan-

U do gioca fuori casa, come avvenuto l’altrasera a Servizio Pubblico.

Sotto quest’ultimo aspetto non c’è dub-bio sul fatto che il duello abbia riguardatoesclusivamente Santoro e Berlusconi. Glialtri non sono nemmeno esistiti. Colpisce,in particolar modo, il flop di Travaglio.(...) L’allievo di Montanelli non è riuscitoa fare una sola domanda diretta al Cava-liere, da uomo a uomo, come si sarebbedetto un tempo, ovvero guardandolo negliocchi; anche i più focosi fans del giornali-sta sono rimasti chiaramente delusi. Para-digmatica è stata la scena nella quale Ber-lusconi, alzatosi dalla propria postazione,

si dirige verso Travagliointimandogli di sloggia-re, con quest’ultimo cheesegue l’ordine e se neva. Le telecamere e icommentatori hanno in-dugiato soprattutto sullagag successiva, Berlusco-ni che “pulisce” lo scran-no dov’era posizionatoTravaglio, ma il momen-to emblematico è il pre-cedente perché riassumeperfettamente chi sia sta-to il vincitore del con-fronto e, forse, la stessa

tempra dei protagonisti in gioco. (...) Insomma, a Berlusconi serve un

fiero, coerente, “nemico” per esaltarsi. Èper questo che la routine non fa per lui:al governo “si annoia”.

NICOLA VENTURAwww.thefrontpage.it

isto che Berlusconi regge ancora salda-mente il timone del Pdl, a Monti non re-

sta che vedere cosa avrà da dire Bersani, alquale non resta altro che dichiararsi prontoa collaborare, ed affermare che si tratta diun rapporto contro natura è quasi un’ovvietà,dato che il primo è “no alla patrimoniale”,mentre il secondo, giorni fa, raccontava diuna patrimoniale sugli immobili «fino a 1,5e mezzo catastale che significa a mercato 3milioni». Bersani vuole «eliminare l’Imu perchi sta pagando fino a 400-500 euro», MarioMonti si barrica con un «assolutamente nonpenso ad un’imposta patrimoniale». L’ex con-sulente di Goldman Sachs difende le sue ri-forme a Porta a Porta, ri-vendicando che «i partitimi hanno lasciato un pie-distallo di impopolarità»,mentre Bersani spiega alWashington Post che vuo-le «applicare o apportaredei correttivi alle sue ri-forme». L’agenda Montiprevede «un reddito di so-stentamento minimo, con-dizionato alla partecipa-zione a misure diformazione e di inseri-mento professionale»,mentre il Manifesto ripor-ta che «il segretario del Pd ieri ha aperto allapossibilità di un salario minimo imposto perlegge, mentre la segretaria della Cgil – se-guendo una tradizione più contrattualista delsindacato – ha chiuso le porte». Secondo B,«pensare che in fase di recessione possa di-minire il debito pubblico è impossibile», men-

V tre M. sostiene che «la crescita non nasce daldebito pubblico. Finanze pubbliche sane atutti i livelli». Pierluigi ritiene che priorità sia-no «una legge contro la corruzione, una leggesulla vita e il funzionamento dei partiti po-litici» e ancora «leggi sui diritti civili, le unionicivili per le coppie gay. Diritti di cittadinanzaper gli immigrati». Mario pensa che sia fon-damentale attuare «il principio del pareggiodi bilancio strutturale, ridurre lo stock deldebito pubblico a un ritmo sostenuto e suf-ficiente» e «ridurre a partire dal 2015, lostock del debito pubblico in misura pari aun ventesimo ogni anno, fino al raggiungi-mento dell’obiettivo del 60% del prodotto

interno lordo». E tuttovia così, come quando siallearono per governareProdi, D’Alema, France-schini, Mastella, Di Pietro,Bertinotti, Giorgio LaMalfa e Lamberto Dini.Sappiamo tutti come an-dò a finire. Infatti, pren-diamo atto che AlfredoBazoli, nipote del ban-chiere Giovanni Bazoli, exnumero uno di Banca In-tesa, è candidato col Pd esarà quasi sicuramenteeletto, dato che è ottavo

della lista in Lombardia, mentre GregorioGitti, genero di Bazoli senior e cognato delpresidente del Consiglio di sorveglianza diIntesa San Paolo, Fabio Coppola, puntaanch’egli al Parlamento, essendo terzo di lista,sempre in Lombardia, con Mario Monti.

demata.wordpress.com

Il gioco delle tre carte:Bersani, Monti e il Cav

I tre principalicontendenti alle elezionidiscutono, litiganoe si dividono sui temi.Ma alla fine le soluzionicontro la crisi sarannoobbligate. Si siederannoattorno al tavolo?

Berlusconi ha bisognodi avere un nemico

Il leader azzurroha mostrato la capacitàdi combattere la nuovabattaglia elettorale.Ma per farlo ha bisognodi costruirsi semprenuovi antagonistiper essere efficace

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IICULTURAII

“Cloud Atlas”, un incompiuto viaggio oltre la vitadi DIMITRI BUFFA

nizia idealmente dove finiva “Ba-bel”, questo bellissimo quanto

enigmatico “Cloud Atlas”. E finiscecon un’altra mezz’oretta di imma-gini aggiuntive fino a raggiungere i172 minuti.

All’insegna del tutto è connesso,un po’ come la storia di quello chepremendo un campanello in Italiauccideva un Mandarino in Cina,stavolta i legami vanno anche nelfuturo e nel passato e in altre galas-sie dove si creano coreane replicantiche lavorano ai grandi magazzini eche sembrano quelle che ci fa vede-re McDonald’s nel noto spot dei3mila posti di lavoro in Italia. Tuttoè suggestivo nella trama a patto diaccettare, un po’ come con “Babel”,di non capirci nulla. Il cervello si li-beri dalle gabbie di una trama, pe-raltro tratta da un libro, che ovvia-mente non ha né capo né coda.D’altronde quando si abbraccia lafantascienza allo stato puro questoè un rischio ben calcolato. Per lacronaca il film è scritto e diretto daLana Wachowski, Tom Tykwer eAndy Wachowski. I fratelli Wa-chowski hanno già lavorato comesceneggiatori/registi della rivoluzio-naria trilogia di “Matrix”, che haincassato più di 1,6 miliardi di dol-lari in tutto il mondo. Tom Tykwerha vinto un “Independent SpiritAward” e ha ottenuto una candida-tura ai Bafta come regista/sceneg-giatore di “Lola corre”, e più recen-temente ha diretto il pluripremiato“Profumo: Storia di un assassino”.

Basato sul celebre romanzo best-seller di David Mitchell, “CloudAtlas” è stato prodotto da GrantHill (due volte candidato agli Oscarper “La sottile linea rossa” e “TheTree of Life”), da Stefan Arndt (trevolte candidato ai Bafta Award per“Il nastro bianco”, “Goodbye Le-nin!” e “Lola corre”), da Lana Wa-chowski, Tom Tykwer e Andy Wa-chowski. Philip Lee, Uwe Schott eWilson Qiu sono i produttori ese-cutivi, con i co-produttori PeterLam, Tony Teo e Alexander vanDülmen, e Gigi Oeri come produt-tore associato.

Detto questo passiamo alla tra-ma, e qui viene il bello. O il brutto.Le note di regia suggeriscono que-sto: “storia ambiziosa e spettacolareche copre l’arco di cinque secoli eaffronta quelle domande sulla vitae sul suo senso che l’umanità si èposta fin dall’inizio del pensiero.Con una serie caleidoscopica di se-quenze d’azione, emozioni e rela-zioni umane che illuminano singolipunti lungo una linea temporale in-finita, il film suggerisce che ogni vitacontinua la sua traiettoria indivi-duale attraverso i secoli. Di volta involta le anime rinascono e rinnova-no i loro legami con altre anime.Gli errori possono essere corretti...o ripetuti. La libertà può essere gua-dagnata o persa, ma è sempre e co-munque oggetto di ricerca. E, sem-pre, l’amore sopravvive”.

Vi può bastare per andare al ci-nema? Forse no, ma andateci lostesso, non ve ne pentirete. Perchéil “Cloud Atlas” è un vero e pro-prio viaggio tra i timori dell’uma-nità di oggi, dalla clonazione allacensura passando per la moralitànella politica. Solo non cercate unlegame troppo profondo tra eventie personaggi, anche se i registi ve

Ilo suggeriscono come un assist aporta vuota. Nulla infatti è comeappare e comunque non avrete bi-sogno di una tazza di caffè per ri-manere svegli. Per prudenza evitategli spettacoli dopo pranzo e dopocena perché con la pancia piena po-treste scivolare in un sonno ipno-tico un po’ come quello che puòessere indotto da film del genereche qualcosa dei trattamenti psica-nalitici sotto ipnosi portano inevi-tabilmente dentro.

Ecco in proposito le parole diLana Wachowski, uno dei tre sce-neggiatori/registi che hanno adat-tato il romanzo di David Mitchelldal quale è stato tratto il film: «Dalpunto di vista del soggetto il filmtrascende i confini di razza e di ge-nere, geografici e temporali, perraccontare una storia che ci mostracome la natura dell’umanità vadaben oltre quei confini. È stato que-sto a incuriosirci quando abbiamoletto il romanzo e poi quando ab-biamo cominciato a lavorare allasceneggiatura».

Tom Hanks, che compare in seiruoli che rappresentano il viaggiodi una singola anima osservata indiversi punti del suo cammino, af-ferma: «Spesso i personaggi assisto-no a qualcosa che potrebbe cam-biare la loro vita per sempre edevono agire. Possono essere eroi ocodardi. La domanda è: che cos’èla storia se non una sequenza di in-numerevoli momenti come questo,legati insieme? Cos’è la condizioneumana, se non una serie di decisionida prendere?».

E anche Halle Berry, pure leiinterprete di sei personaggi, fa di-chiarazioni entusiastiche: «È stataun’esperienza unica, non credo cheavrò più la fortuna di parteciparea un film del genere. Adoro la suaoriginalità. Infrange tante di quellebarriere, presenta tanti di queiconcetti emozionanti, che sperospingerà le persone a riflettere sulloro modo di percepire il mondoe la vita».

In realtà film simili sembranofatti apposta per premiare la polie-dricità di attori come Hanks e laBerry. Per i registi e gli sceneggiatoriil lavoro sembra invece più difficile:come ridurre un romanzo da millee passa pagine a una sceneggiaturache qualche produttore avrà il co-raggio prima di leggere e poi di fi-nanziare? Ebbene, i fratelli Wa-chowski ci son riusciti e solo perquesto meriterebbero un Oscar aparte, al di là delle nomination chequesto film solo in parte hollywoo-diano inevitabilmente finirà per cu-mulare. Un’ultima notazione, unpersonaggio a un certo punto delfilm fa una citazione dei libri di Ca-staneda. Sì, questo film sembra amisura di una delle streghe di donJuan, e sembra anche volere sposta-re il punto di consapevolezza dellospettatore, che, come quello di ogniessere umano, secondo Castanedaera sito in mezzo alle scapole, perfarlo poi viaggiare nel cosmo. Unavolta si usava la forza propulsivadell’acido lisergico per esplorare ilnostro subconscio e in America finoall’avvento del proibizionismo lasostanza era maneggiata con cautelaanche dagli psicanalisti. Oggi ab-biamo questi film che possono svol-gere la stessa funzione senza i peri-coli collaterali di ogni tipo di droga,specie se allucinogena.

Basato sul celebreromanzo dell’ingleseDavid Mitchell“L’atlante delle nuvole”,scritto e diretto a seimani dai fratelli Lana eAndy Wachowski e daTom Tykwer, è un film prolissoe costoso (100 milioni di dollari) ma da vedere.Sei storie ambientate in sei differenti epocheche si vanno a interconnettere in un arco spazio-tempoinfinito attraverso temicome la reincarnazione,il destino e la ciclicitàdegli eventi.Troppo ambiziosol’obiettivo di condensareil senso della vita in 172minuti, nonostante nel cast figurino attoripluripremiati come Tom Hanks e Halle Berry. Sebbene l’atmosfera da fantascienza sia esageratamenteportata all’eccesso(trucco da Oscar), i registi di Matrix hanno realizzato un film(nelle sale italiane dal 10 gennaio) che riesce comunque a far “viaggiare” lo spettatore. Dalle vicende di un mercante di schiavi nel 1849 a un immaginario futurodal sapore tribale, sei episodi per raccontaregli indissolubili legami di una variegata umanità che esiste e resiste nel tempo

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