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Carolyn Keene
IL PASSAGGIO SEGRETO
Arnoldo Mondadori Editore
1
Nancy Drew si liberò dei guanti da giardinaggio, mentre
saliva di corsa i gradini della veranda per rispondere al tele-
fono che squillava nell'ingresso. Staccò il ricevitore e disse:
– Chi parla?
– Ciao, Nancy! Sono Helen. – Sebbene Helen Corning
avesse tre anni più di Nancy, le due ragazze erano intime a-
miche. – Sei impegnata in qualche indagine, Nancy?
– No, che c'è? Un caso misterioso?
– Sì… una casa stregata.
Nancy si accomodò sulla sedia accanto al telefono.
– Dimmi di più, ti prego! – supplicò tutta eccitata.
– Devo averti parlato qualche volta di mia zia Rosemary
– cominciò Helen. – Da quando è rimasta vedova, vive con
sua madre a Villa degli Olmi, l'antica residenza di famiglia
nella campagna di Cliffwood. Ebbene, ieri sono andata a tro-
varle. Mi hanno raccontato che da un po' di tempo stanno
succedendo fatti strani, misteriosi, nella loro casa. Io ho par-
lato loro della tua abilità nel risolvere casi del genere e loro
vorrebbero che tu venissi con me a Villa degli Olmi per aiu-
tarle. – Helen s'interruppe, completamente senza fiato.
– Sembra davvero interessante – disse Nancy con gli
occhi che le brillavano.
– Se non sei occupata, zia Rosemary ed io avremmo in-
tenzione di venire da te, diciamo fra un'ora, per parlarti del
fantasma.
– Fate presto! Non sto più nella pelle.
Dopo che Helen ebbe riattaccato, Nancy rimase seduta
un bel po' immersa in piacevoli pensieri. Da un pezzo aspet-
tava con ansia che le si presentasse un nuovo caso. Ed ecco
che l'attesa era finita!
Il suono del campanello alla porta la distolse dai suoi
pensieri. In quello stesso istante Hannah Gruen, la governan-
te di casa Drew, stava scendendo dalle scale.
– Vado io ad aprire – si offrì gentilmente.
Non appena la signora Gruen aprì la porta, un uomo
s'infilò dentro senza tanti complimenti. Era basso di statura,
mingherlino e un po' curvo. Nancy giudicò che fosse sulla
quarantina.
– È in casa il signor Drew? – chiese bruscamente. – Mi
chiamo Gomber, Nathan Gomber.
– In questo momento non c'è – rispose la governante.
Il visitatore guardò oltre la spalla di Hannah e fissò gli
occhi su Nancy.
– Siete voi Nancy Drew?
– Sono io. Posso fare qualcosa per voi?
Lo sguardo sfuggente dell'uomo si spostò da Nancy ad
Hannah.
– È per puro altruismo che ho deciso di venire a metter-
vi in guardia, voi e vostro padre – proclamò con enfasi.
– Metterci in guardia? Da che cosa? – domandò subito
Nancy.
Nathan Gomber si rizzò in tutta la sua statura assumen-
do un'aria importante.
– Vostro padre corre un grave pericolo, signorina Drew!
Nancy ed Hannah rimasero senza fiato.
– Intendete dire… in questo preciso momento? – do-
mandò la governante.
– In ogni momento – fu la sconcertante risposta. – So
che siete una ragazza in gamba, signorina Drew… che risol-
vete complicati misteri. Bene, vi consiglio di stare vicina a
vostro padre, d'ora in poi. Non lasciatelo un solo istante.
Hannah pareva sul punto di svenire da un momento all'altro e
suggerì di passare tutti e tre in salotto per discutere la cosa a
fondo. Quando furono seduti, Nancy invitò Nathan Gomber
a spiegare di cosa si trattasse.
È presto detto – cominciò questi. – Voi sapete che vo-
stro padre fu chiamato a svolgere consulenza legale per con-
to della Compagnia Ferroviaria quando furono acquistate le
proprietà qui intorno per la costruzione del nuovo ponte.
Nancy accennò di sì e Gomber continuò:
– Bene, buona parte di quelli che a suo tempo vendette-
ro le loro proprietà, ritengono di essere stati truffati.
Nancy si fece rossa in viso.
– Io so che sono stati pagati tutti molto bene.
– Niente affatto! – disse Gomber. – Ma a parte questo,
quelli della Compagnia Ferroviaria si trovano in un bel pa-
sticcio, adesso. Essi sostengono di essere in possesso dell'at-
to di vendita di uno dei proprietari, il quale però nega di aver
firmato il contratto.
– Come si chiama? – chiese Nancy.
– Willie Wharton.
Nancy non ricordava che suo padre le avesse mai fatto
questo nome e invitò Gomber a proseguire.
– Io agisco per conto di Willie Wharton e di parecchi al-
tri proprietari della stessa zona – questi continuò – e vi assi-
curo che potrebbero procurare guai grossi alla Compagnia.
La firma di Willie Wharton non è confermata da testimoni e
il relativo atto di cessione non è stato legalizzato. Questi so-
no elementi sufficienti per sostenere che si tratta di un falso.
Ebbene, se la Compagnia Ferroviaria crede di passarla liscia,
si sbaglia!
Nancy aggrottò le sopracciglia. Un'azione legale da par-
te dei proprietari avrebbe significato gravi fastidi per suo pa-
dre! Tuttavia disse con calma:
– Ma per risolvere la questione basta che Willie Whar-
ton giuri davanti a un notaio di aver effettivamente firmato il
contratto di vendita.
Gomber sogghignò.
– Non è così facile, signorina Drew. Willie Wharton si è
reso irreperibile. Qualcuno di noi ha un'idea abbastanza pre-
cisa di dove possa essere, e al momento giusto lo faremo sal-
tar fuori. Ma questo momento non verrà finché la Compa-
gnia Ferroviaria non si deciderà a versare dell'altro denaro a
quelli che hanno venduto. Solo allora lui firmerà. Vedete,
Willie è un uomo molto generoso e gli piace aiutare gli ami-
ci, quando può. Adesso gli è capitata questa occasione. L'av-
versione istintiva che fin dall'inizio Nancy aveva provato per
Gomber, adesso era almeno quadruplicata. Lo giudicò una di
quelle persone che, pur agendo nell'ambito della legalità, non
hanno alcun principio morale. Il problema si prospettava ar-
duo per il signor Drew!
– Chi sono le persone che potrebbero far del male a mio
padre? – domandò Nancy.
– Non sono certo qui per dirvelo – ribatté Nathan Gom-
ber. – Mi pare che non apprezziate molto il fatto che mi sia
preso la briga di venire ad avvertirvi. Bel tipo di figlia siete!
A voi non importa niente di quel che può succedere a vostro
padre! Disgustate dall'insolenza dell'uomo, sia Nancy che la
signora Gruen si alzarono sdegnate. La governante puntò
l'indice verso la porta e disse:
– Buongiorno, signor Gomber!
Il visitatore si strinse nelle spalle, mentre si alzava.
– Fate come volete, ma non dite poi che non vi avevo
avvertito!
Si avviò alla porta, l'aprì e, non appena fu uscito, la ri-
chiuse con un colpo violento.
– Che razza di villano! – sbuffò Hannah. Nancy annuì.
– Ma questo è il meno, cara Hannah. Io sono convinta
che nel suo avvertimento si nasconda molto più di quel che
non abbia detto. Più che un avvertimento, a me è sembrata
una minaccia. E devo dire che mi ha quasi convinto. Forse
sarà davvero meglio che io stia vicina al babbo, finché lui e
gli altri legali non avranno sistemato questo pasticcio della
Compagnia Ferroviaria. – Aggiunse che ciò significava ri-
nunciare al caso che le si era presentato e in poche parole
mise al corrente Hannah della conversazione avuta con He-
len a proposito della casa stregata.
– Helen e sua zia tra poco verranno qui per raccontarci
tutta la storia.
– Forse la situazione non è così allarmante per tuo padre
come ha voluto far credere quell'orribile individuo – disse
Hannah incoraggiante. – Se fossi in te, aspetterei di sentire i
particolari di questa storia della casa stregata, e poi decide-
rei.
Poco dopo una vettura sportiva imboccò il tortuoso viale
che conduceva alla casa dei Drew. Il grande edificio in mat-
toni sorgeva infatti ad una certa distanza dalla strada. Al vo-
lante c'era Helen, che venne a fermarsi poco discosto dall'en-
trata principale. Aiutò la zia a scendere dalla macchina e sa-
lirono insieme la gradinata. La signora Rosemary Hayes era
alta e slanciata, con qualche traccia di grigio fra i capelli. Il
suo viso aveva un'espressione nobile e mite, ma appariva af-
faticata.
Helen presentò la zia a Nancy e ad Hannah, quindi pas-
sarono in salotto. Hannah si offrì di preparare il tè e uscì dal-
la stanza.
– Oh, Nancy – disse Helen. – Spero proprio che tu possa
occuparti del caso di zia Rosemary e della Signorina Flora.
– Spiegò brevemente che la Signorina Flora era la ma-
dre di sua zia.
– In realtà zia Rosemary è mia prozia e la Signorina
Flora è mia bisnonna. Tutti l'hanno sempre chiamata Signo-
rina Flora fin da quando era bambina.
– Questo nome può sembrare strano alla gente che lo
sente per la prima volta – osservò la signora Hayes – ma noi
vi siamo talmente abituati che non vi facciamo alcun caso.
– Parlatemi della vostra casa, vi prego – la invitò Nancy
con un sorriso.
– Mia madre ed io siamo ridotte con i nervi a pezzi – ri-
spose la signora Hayes. – Ho cercato di persuaderla ad ab-
bandonare
Villa degli Olmi, ma lei non vuole. Vedete, mamma è
sempre vissuta là, da quando sposò mio padre, Everett Tur-
nbull. La signora Hayes venne quindi a parlare di tutte le
strane cose che erano avvenute nelle due settimane preceden-
ti. Avevano udito musiche d'inspiegabile provenienza, tonfi e
cigolii durante la notte, e avevano visto ombre misteriose e
indescrivibili sulle pareti.
– Avete avvertito la polizia? – domandò Nancy.
– Oh, certo – rispose la signora Hayes. – Ma dopo aver
parlato con mia madre sono giunti alla conclusione che la
maggior parte delle cose che lei aveva visto e sentito poteva-
no attribuirsi a cause naturali. Il resto, hanno detto, è proba-
bilmente frutto della sua immaginazione. Mamma, vedete, ha
più di ottant'anni. Posso assicurarvi che è ancora perfetta-
mente sana e lucida di mente, ma temo che la polizia non la
pensi allo stesso modo.
Dopo una breve pausa la signora Hayes continuò:
– Ero quasi riuscita a convincermi che per quei miste-
riosi rumori vi fosse una spiegazione naturale, quando si ve-
rificò un fatto nuovo.
– Cioè? – chiese Nancy impaziente.
– Un furto! Durante la notte furono rubati vari gioielli e
oggetti preziosi che erano in casa nostra da tanto tempo. Av-
vertii la polizia e gli agenti vennero immediatamente per la
descrizione degli oggetti rubati. Tuttavia non accettarono
neanche per un momento l'ipotesi che il ladro potesse essere
un "fantasma".
Nancy rifletté alcuni secondi prima di parlare. Poi disse:
– La polizia ha idea di chi possa essere il ladro? Zia Rose-
mary scosse il capo.
– No. E io vivo nel timore che avvengano altri furti. Va-
rie considerazioni si affollavano alla mente di Nancy. Una
era che il ladro non sembrava aver intenzione di nuocere alle
persone: il suo unico scopo pareva essere il furto. Era o non
era la stessa persona che stava "stregando" la casa? O forse
gli strani fenomeni avevano una spiegazione naturale,
come aveva suggerito la polizia?
In quel momento Hannah tornò con un grande vassoio
d'argento carico di tazze e di piattini, lo posò sul tavolo e
pregò Nancy di versare il tè. Lei s'incaricò di passare alle
ospiti le tazze e i pasticcini. Mentre si servivano, Helen dis-
se:
– Zia Rosemary non ti ha raccontato neanche la metà di
quel che è successo. Una volta la Signorina Flora ha avuto
l'impressione di vedere qualcuno sgusciar fuori dal caminet-
to, e un'altra volta una poltrona si spostò da una parte all'altra
della stanza alle sue spalle. Lei si voltò di scatto e non c'era
nessuno!
– Ma è incredibile! – esclamò Hannah. – Mi è capitato
qualche volta di leggere cose simili, ma non avrei mai pensa-
to d'incontrare qualcuno che abitasse in una casa stregata.
Helen si rivolse a Nancy con espressione supplichevole.
– Vedi quanto bisogno abbiamo di te a Villa degli Ol-
mi? Non saresti disposta a trasferirti là insieme a me per ri-
solvere il mistero del fantasma?
2
Helen Corning e la zia aspettavano con ansia la decisio-
ne di Nancy. La giovane investigatrice si trovava di fronte a
un dilemma. Avrebbe voluto cominciare subito le indagini
sul misterioso fantasma di Villa degli Olmi, ma le risuonava
all'orecchio l'avvertimento di Nathan Gomber, e sentiva che
il suo primo dovere era di stare accanto al padre. Infine si
decise a parlare.
– Signora Hayes… – cominciò.
– Chiamatemi pure zia Rosemary – disse la signora. –
Tutti gli amici di Helen mi chiamano così.
Nancy sorrise.
– Con piacere, zia Rosemary. Vi spiacerebbe aspettare
fino a stasera, o domani? Vorrei prima parlarne con mio pa-
dre. Inoltre questo pomeriggio è successo un fatto imprevi-
sto, per cui potrei essere costretta a non lasciare casa mia per
un certo tempo.
– Capisco – rispose la signora Hayes, cercando di na-
scondere la propria delusione.
Helen Corning non la prese con altrettanta calma.
– Nancy, devi assolutamente venire. Tuo padre sarà
d'accordo, ne sono certa. Non puoi rimandare l'altro impegno
a quando tornerai a casa?
– Temo di no – disse Nancy. – Non posso scendere in
particolari ora, ma il fatto è che il babbo ha ricevuto delle
minacce, e io sento che il mio posto è vicino a lui.
Hannah espresse i suoi timori in modo più drammatico.
– Dio solo sa cosa può capitare al signor Drew – disse. –
Potrebbero assalirlo e colpirlo alla testa, o avvelenarlo men-
tre pranza al ristorante, oppure…
Helen e sua zia rimasero senza fiato.
– A questo punto? – fece Helen spalancando tanto d'oc-
chi. Nancy spiegò che avrebbe parlato col padre quando fos-
se rincasato.
– Non immaginate quanto mi dispiaccia deludervi – dis-
se – ma vedete bene in che situazione mi trovo.
– Povera piccola! – disse la signora Hayes vivamente
commossa. – Non state in pensiero per noi, ora.
Nancy sorrise.
– Che decida o no di venire, starò comunque in pensie-
ro. Ad ogni modo, questa sera sentirò il babbo.
Helen e sua zia se ne andarono quasi subito. Quando la
porta si fu richiusa dietro di loro, Hannah passò un braccio
intorno alle spalle di Nancy.
– Tutto si aggiusterà nel migliore dei modi, vedrai – dis-
se. – Mi dispiace di aver fatto quegli orribili discorsi su ciò
che potrebbe accadere a tuo padre. Mi lascio trasportare
dall'immaginazione, a volte, proprio come dicono della Si-
gnorina Flora.
– Hannah cara, tu sei un gran conforto per me – disse
Nancy. – Se devo essere sincera, anch'io ho pensato a una
quantità di cose spaventose. – Prese a passeggiare nervosa-
mente per la stanza. – Non vedo l'ora che il babbo arrivi.
Nell'ora che seguì, andò alla finestra almeno una dozzi-
na di volte, nella speranza di veder arrivare la macchina di
suo padre. Ma soltanto alle sei in punto udì il rumore delle
ruote che mordevano la ghiaia del viale, e vide la berlina del
signor Drew entrare nel garage.
– Eccolo! – gridò subito ad Hannah che stava traffican-
do in cucina. Quindi si precipitò fuori dalla porta che dava
sul retro della casa e corse incontro a suo padre.
– Oh, babbo, come sono felice di vederti! – esclamò.
Lo abbracciò con irrefrenabile slancio e gli scoccò un
sonoro bacio sulla guancia. Egli ricambiò affettuosamente,
ma non poté trattenere una risatina.
– Che cosa ho fatto per meritare un'accoglienza tanto
calorosa? – scherzò. – Ho capito – aggiunse con una strizza-
tina d'occhi. – Il tuo appuntamento di stasera è andato in fu-
mo e io devo fare da sostituto.
– Oh, babbo – replicò Nancy. – Certo che no! Purtroppo
però dovrò disdire quell'appuntamento.
– Come mai? – domandò il signor Drew. – Qualcuno
non gode più delle tue simpatie?
– Non si tratta di questo – rispose Nancy. – È perché…
perché tu sei in grave pericolo, babbo. Mi hanno consigliato
di starti vicino.
Invece di mostrarsi preoccupato, l'avvocato scoppiò a
ridere.
– In grave pericolo, eh? Hai in mente una rapina ai dan-
ni del mio portafoglio, per caso?
– Non ridere, papà! Sto parlando seriamente. Nathan
Gomber è stato qui e mi ha detto che la tua vita è in pericolo
e che non devo lasciarti neanche per un momento. L'avvoca-
to si fece subito serio.
– Di nuovo quella canaglia! – esclamò. – Avrei una gran
voglia di dargli una bella lezione!
Il signor Drew propose di rinviare il discorso su Nathan
Gomber a dopo cena. Avrebbe spiegato più tardi alla figlia
come stavano realmente le cose. Quando ebbero finito di ce-
nare, Hannah insistette per lavare i piatti da sola, mentre pa-
dre e figlia discutevano.
– Effettivamente c'è stata un po' di confusione in questo
affare del ponte della ferrovia – cominciò il signor Drew. – Il
legale che andò da Willie Wharton per concordare la vendita
del terreno, era molto malato a quel tempo. Sfortunatamente
trascurò di far convalidare la firma da testimoni, o di legaliz-
zare l'atto di cessione. Il poveretto morì poche ore dopo.
– Ma gli altri legali della Compagnia Ferroviaria non si
accorsero che alla firma mancava la convalida e che il do-
cumento non era legalizzato? – chiese Nancy.
– Non subito. Ci si accorse di questa irregolarità solo
quando la vedova dell'avvocato provvide a far pervenire alla
Compagnia la borsa di suo marito con tutti i documenti. Fra
questi c'era anche il vecchio certificato relativo alla proprietà
di Wharton e, lì per lì, si pensò che la firma sul contratto fos-
se autentica. Intanto fu concesso l'appalto per la costruzione
del ponte e i lavori ebbero inizio. Ed ecco entrare in scena
Nathan Gomber, dicendo di rappresentare Willie Wharton ed
altri ex-proprietari di terreni acquistati dalla Compagnia sulle
due rive del fiume Muskoka.
– Se ho ben capito ciò che ha detto il signor Gomber –
disse Nancy – l'idea di Wharton sarebbe di ottenere altro de-
naro per i suoi vicini di proprietà, chiedendo un prezzo più
alto per il suo terreno.
– Così sembrerebbe. Personalmente io credo che si tratti
di un'abile speculazione da parte di Gomber. Quanto mag-
giore è il numero di quelli a cui riesce a procurar denaro, tan-
to più alta è la sua percentuale.
– Che pasticcio! – esclamò Nancy. – E cosa si può fare?
– Per la verità, non è che si possa far molto finché non si
riesce a rintracciare Willie Wharton. Gomber naturalmente
lo sa bene, e con ogni probabilità ha consigliato a Wharton di
starsene nascosto finché la Compagnia non accondiscende a
pagare altro denaro a ciascuno dei proprietari.
Nancy aveva osservato attentamente suo padre durante
tutta la conversazione. Ora vide il suo volto assumere un'e-
spressione combattiva. Egli si protese in avanti e disse:
– Ma io credo di riuscire a mandare all'aria i piani del
signor Gomber. Stando a un'informazione che ho avuto, Wil-
lie Wharton si trova a Chicago, e lunedì mattina farò un salto
fin là per vedere di scovarlo.
Il signor Drew continuò:
– Sono certo che Wharton riconoscerà di aver firmato il
contratto di vendita che è in possesso della Compagnia Fer-
roviaria, e che acconsentirà a far convalidare dal notaio l'atto
di cessione. Dopo di che, naturalmente, la Compagnia non
avrà da pagare un centesimo di più né a lui, né a nessun altro
dei proprietari.
– Però non sei riuscito a convincermi di non essere in
pericolo, babbo!
– Nancy cara – rispose suo padre – non corro alcun pe-
ricolo, stai tranquilla. Gomber non è che uno sbruffone. Non
credo che lui, o Willie Wharton, o qualcun altro dei proprie-
tari, intenda ricorrere alla violenza per impedirmi di risolvere
questa faccenda. Sta solo cercando di mettermi paura perché
io persuada la Compagnia Ferroviaria ad accedere alle sue
richieste.
Nancy parve poco convinta.
– Ma ti rendi conto che stai per andare a Chicago pro-
prio per rintracciare la persona che Gomber e gli altri non
vogliono avere tra i piedi in questo momento?
– Certo – ammise il signor Drew – ma non credo affatto
che intendano impedirmelo con la forza. Perciò – aggiunse
ridendo l'avvocato – non avrò bisogno di te come guardia del
corpo, Nancy.
Sua figlia sospirò rassegnata.
– Va bene, babbo. Tu sei in grado di valutare la situa-
zione molto meglio di me. – Quindi gli parlò del mistero di
Villa degli Olmi, per il quale era stato richiesto il suo inter-
vento.
– Se tu sei d'accordo – disse Nancy alla fine – vorrei an-
dare laggiù con Helen.
Il signor Drew aveva ascoltato con grande interesse. Ri-
fletté per qualche istante, poi sorrise.
– Certo che sono d'accordo, Nancy. Lo so che aspettavi
da un pezzo un caso interessante… e questo sembra una vera
e propria provocazione. Però, ti raccomando, sii prudente!
– Oh, lo sarò, babbo – promise Nancy illuminandosi tut-
ta. – Ti sono tanto grata.
Si alzò dalla sedia con un balzo, diede un bacio a suo
padre e poi corse al telefono per comunicare a Helen la buo-
na notizia. Stabilirono di recarsi a Villa degli Olmi lunedì
mattina. Nancy ritornò in salotto per continuare il discorso
sulla casa stregata, ma suo padre diede un'occhiata all'orolo-
gio.
– Di', signorina, non sarebbe bene che cominciassi a
prepararti per quell'appuntamento? – disse ammiccando. – Se
non sbaglio, Ned non è precisamente il tipo a cui piace aspet-
tare.
– Specialmente se c'è di mezzo qualcuno dei miei casi
misteriosi…
Nancy rise allegramente e salì di corsa le scale per in-
dossare il vestito da ballo.
Ned Nickerson arrivò di lì a mezz'ora. Nancy e il giova-
notto non persero tempo in convenevoli e ripartirono con
allegra furia. Dovevano passare a prendere un'altra coppia
per recarsi poi insieme a uno spettacolo di attori dilettanti e a
una festa danzante organizzata dal Club del Piccolo Teatro.
Nancy si divertì moltissimo e fu molto dispiaciuta
quando la festa finì. Con la promessa di un altro incontro,
non appena fosse tornata da Villa degli Olmi, Nancy si con-
gedò dal giovane e lo salutò con la mano dalla soglia di casa
mentre partiva. Prima di coricarsi ripensò allo spettacolo,
all'eccellente orchestra e alla fortuna di avere un ragazzo
come Ned. Era stata una serata davvero meravigliosa. Ben
presto però il suo pensiero tornò a Helen Corning e alle due
anziane signore nella casa stregata, Villa degli Olmi.
– Non vedo l'ora che venga lunedì – mormorò fra sé,
mentre si addormentava.
La mattina seguente Nancy e suo padre si recarono in-
sieme in chiesa. Hannah asserì che intendeva assistere a una
funzione speciale nel pomeriggio e quindi sarebbe rimasta a
casa durante la mattinata.
– Vi preparerò un buon pranzetto – promise, mentre i
Drew si avviavano.
Quando uscirono di chiesa, il signor Drew disse di voler
scendere fino all'argine del fiume per vedere a che punto era
la costruzione del nuovo ponte.
– La Compagnia sta procedendo con i lavori sull'altra
sponda del fiume – spiegò alla figlia.
– La proprietà di Wharton è da questa parte? – domandò
Nancy.
– Appunto. E io devo cercar di risolvere questa compli-
cata faccenda, in modo che si possa dare inizio ai lavori an-
che qui.
Il signor Drew guidò la macchina attraverso l'intrico di
strade che conducevano al fiume Muskoka, poi attraversò il
ponte riservato ai veicoli, proseguì in direzione del cantiere e
qui si fermò. Non appena scesero dalla macchina, egli guar-
dò perplesso i tacchi alti di Nancy.
– Sarà un problema percorrere l'argine con quelle scarpe
– dichiarò. – Forse è meglio che mi aspetti qui.
– Oh, ce la farò benissimo – assicurò Nancy. – M'inte-
ressa vedere i lavori.
Gigantesche macchine da cantiere, una gru, un argano e
spalatrici idrauliche, s'innalzavano sul terrapieno. Scendendo
verso il fiume, i Drew passarono accanto a un pesante auto-
carro. Aveva il cofano rivolto verso il basso e si trovava
all'inizio di un ripido pendio, proprio in direzione di due de-
gli imponenti piloni che erano già stati costruiti.
– Immagino che sull'altra sponda sorgeranno altri piloni
uguali a questi – osservò Nancy, mentre raggiungeva la riva
del fiume a fianco del padre.
Sostarono nello spazio delimitato da due degli enormi
pilastri. Il signor Drew girò gli occhi a destra e a sinistra,
come se avesse udito qualcosa. All'improvviso Nancy avvertì
un rumore alle loro spalle.
Voltandosi indietro, vide con terrore che il grosso auto-
carro si muoveva verso di loro. Al volante non c'era nessuno
e il pesante automezzo guadagnava velocità di momento in
momento.
– Babbo! – gridò.
Quasi nello stesso istante l'autocarro sembrò staccarsi
dal suolo e spiccare un balzo verso di loro. Bloccati dai due
pilastri, Nancy e suo padre non avevano via di scampo.
– Tuffati! – ordinò il signor Drew.
Senza esitare, tanto lui che Nancy presero lo slancio e si
tuffarono a pesce nel fiume. Quindi, frustando furiosamente
l'acqua con braccia e gambe, si allontanarono a nuoto dal
punto pericoloso.
Il camion precipitò in acqua con un tonfo tremendo e
s'immerse immediatamente fino alla cabina. I Drew inverti-
rono la rotta e tornarono a riva.
– Accidenti! Ce la siamo cavata per un pelo! – esclamò
l'avvocato, mentre aiutava la figlia a recuperare le scarpe che
le erano volate via ed erano finite nel fango.
– E come siamo ridotti! – gli fece notare Nancy.
– Siamo conciati proprio male – convenne suo padre,
mentre risalivano faticosamente il pendio. – Vorrei poter
mettere le mani sull'incosciente che ha lasciato quel camion
in cima alla discesa, senza innestare il freno come si deve.
Nancy non era altrettanto sicura che quell'incidente fosse do-
vuto alla distrazione di qualche operaio. Nathan Gomber l'a-
veva avvertita che la vita del signor Drew era in pericolo.
Forse la minaccia era già stata messa in atto!
3
– Ci conviene andare subito a casa a cambiarci – disse il
signor Drew. – Telefonerò alla direzione dei lavori per in-
formarli di quanto è accaduto.
– Non pensi di avvertire la polizia? – suggerì Nancy.
Quindi rimase indietro di qualche passo e scrutò il terreno
circostante alla ricerca di eventuali impronte. Subito ne scor-
se parecchie proprio vicino al punto dov'era stato parcheg-
giato l'autocarro.
– Babbo! – chiamò a gran voce la giovane. – Credo di
aver trovato un indizio che potrebbe spiegare come ha fatto a
partire quel camion.
Suo padre tornò indietro e osservò le impronte. Era evi-
dente che non erano state lasciate da stivali del tipo usato
dagli operai del cantiere.
– Tu dirai che io lavoro di fantasia, babbo – affermò
Nancy
– ma la presenza di queste impronte, lasciate da comuni
scarpe da uomo, mi convince che qualcuno ha tentato delibe-
ratamente di travolgerci.
L'avvocato guardò sua figlia con aria sbalordita. Poi
tornò a studiare il terreno. A giudicare dalle dimensioni delle
impronte e dalla lunghezza del passo, il possessore di quelle
scarpe non doveva essere un uomo alto. Nancy domandò a
suo padre se era possibile che si trattasse di uno degli operai
addetti ai lavori.
– Non riesco davvero a credere che qualcuno dei dipen-
denti della compagnia costruttrice abbia voluto attentare alla
nostra vita.
Nancy ricordò a suo padre l'avvertimento di Nathan
Gomber.
– Potrebbe essere stato uno dei proprietari, o Willie
Wharton in persona.
– Wharton è basso di statura e ha il piede piccolo – con-
cesse l'avvocato. – E devo ammettere che queste impronte
sono recenti. È chiaro che la persona che è stata qui, chiun-
que essa sia, se n'è andata via in gran fretta. Deve aver disin-
nestato il freno a mano del camion, poi è saltato giù e se l'è
filata.
– Esattamente – disse Nancy. – E ciò significa che l'at-
tentato è stato intenzionale.
Il signor Drew non rispose. Continuò a camminare su
per la salita, immerso nei suoi pensieri. Nancy lo seguì e
montarono in macchina. Il tragitto fino a casa si svolse in
silenzio: nessuno dei due riusciva a distogliere la mente dal
misterioso incidente. Non appena arrivarono, furono accolti
da un'acuta esclamazione di stupore.
– Bontà divina! – gridò Hannah Gruen. – Cosa vi è suc-
cesso?
Le spiegarono in fretta l'accaduto e salirono di corsa al
piano superiore per fare un bagno e indossare vestiti asciutti.
Quando scesero, trovarono ad attenderli la tavola imbandita.
Per tutta la durata del delizioso pranzetto la conversazione si
svolse intorno all'incidente del ponte della ferrovia e ai fan-
tasmi di Villa degli Olmi.
– Lo sentivo che le cose non sarebbero rimaste tranquil-
le per molto tempo in questa casa – commentò Hannah con
un sorriso. – Da domani grandi avventure vi aspettano. Io vi
auguro senz'altro il miglior successo.
– Grazie, Hannah – disse Nancy, e aggiunse ridendo: –
Sarà meglio che cerchi di fare una buona dormita, stanotte.
Chissà se i fantasmi mi lasceranno riposare d'ora in avanti!
– Questa tua partenza per Villa degli Olmi mi mette un
po' in ansia – le disse la governante. – Prometti che sarai
prudente!
– Naturalmente – rispose Nancy. Quindi si rivolse a suo
padre. – Fa' conto che io abbia detto la stessa cosa a te. L'av-
vocato fece una risatina e si batté il petto col pugno.
– Tu mi conosci. So essere un osso duro quando occor-
re.
Il giorno seguente, di mattina presto, Nancy accompa-
gnò il padre all'aeroporto con la sua spider azzurra. Al can-
celletto d'ingresso, prima del bacio di saluto, egli le disse:
– Penso di essere di ritorno mercoledì, Nancy. Che ne
diresti se passassi da Cliffwood per vedere come te la cavi?
– Ma è un'idea meravigliosa, babbo! Ti aspetto senz'al-
tro. Non appena suo padre fu partito, Nancy andò diretta-
mente a casa di Helen Corning. La ragazza, bruna, graziosa,
uscì dalla porta del bianco villino dondolando una borsa con
aria scanzonata. La sistemò nel baule dell'auto di Nancy e
saltò dentro.
– Dovrei essere spaventata – disse Helen. – Dio solo sa
che cosa ci aspetta! Ma oggi sono così felice che nulla al
mondo potrebbe turbarmi.
– Cosa ti è successo? – domandò Nancy avviando la
macchina. – Hai ereditato un milione di dollari?
– Di più. Di più – rispose Helen. – Nancy, voglio confi-
darti un grande, grandissimo segreto. Mi sposo!
Nancy rallentò e fermò la macchina a lato della strada.
Abbracciò affettuosamente l'amica e disse:
– Caspita, Helen, è meraviglioso! Chi è lui? Voglio che
mi racconti tutto. È una notizia piuttosto sconvolgente, così,
all'improvviso…
– Sì, è vero – ammise Helen. – Lui si chiama Jim Ar-
cher, ed è semplicemente fantastico. Sono davvero una ra-
gazza fortunata. L'ho conosciuto un paio di mesi fa, quando
venne a casa per un breve periodo di vacanza. Lavora per la
Tristan Oil Company ed è stato all'estero per due anni. Jim
dovrà star via ancora un po' di tempo e poi avrà un posto qui,
negli Stati Uniti.
Nancy ammiccò maliziosamente, mentre riaccendeva il
motore.
– Helen Corning, sei stata fidanzata due mesi e non mi
hai detto niente?
Helen negò col capo.
– Jim e io abbiamo continuato a scriverci da quando lui
è partito. Ieri sera mi ha telefonato da oltreoceano per chie-
dermi di sposarlo. – Helen si lasciò sfuggire una risatina. –
Io ho detto subito di sì. Allora ha chiesto di parlare con papà.
Mio padre ha dato il suo consenso, ma ha insistito perché il
fidanzamento non venga annunciato finché Jim non sarà tor-
nato in patria.
Le due ragazze s'infervorarono a discutere ogni sorta di
progetti per le nozze di Helen, e giunsero a Cliffwood quasi
senza accorgersene.
– La tenuta della mia bisnonna è a circa due miglia dalla
città
– disse Helen. – Seguì la via principale e volta a destra
quando arriviamo al bivio.
Dieci minuti dopo, Helen indicò Villa degli Olmi. Dalla
strada non si vedeva gran che. Un alto muro delimitava la
parte anteriore della tenuta, e al di là di questo s'innalzava
una fitta cortina di alberi. Nancy imboccò il viale d'accesso
che si snodava fra olmi, querce e aceri.
Di lì a poco apparve ai loro occhi l'antica villa coloniale.
Helen disse che era stata costruita nel 1785 e che il nome le
veniva dai due olmi che sorgevano all'una e all'altra estremi-
tà del lungo edificio. Questi erano cresciuti fino ad assumere
proporzioni gigantesche e le loro chiome erano bellissime.
La costruzione era in mattoni rossi e quasi tutti i muri erano
coperti d'edera. Il grande portone d'ingresso si apriva al cen-
tro di un portico sostenuto da alti pilastri bianchi.
– È incantevole! – esclamò Nancy, andando ad arrestar-
si presso il portico.
– Aspetta di vedere il parco – disse Helen. – Vi sono pa-
recchie costruzioni molto antiche. Una dispensa, un affumi-
catoio, una cucina e i quartieri dei domestici.
– Non ha niente di spettrale, vista dal di fuori, almeno –
osservò Nancy.
In quella la grande porta si aprì e ne uscì zia Rosemary.
– Salve, ragazze! – le salutò. – Non sapete quanto sia fe-
lice che siate venute!
Nonostante tutto il calore di quel benvenuto, Nancy cre-
dette di avvertirvi un'ombra d'inquietudine. Si domandò se
per caso il fantasma non si fosse fatto vivo un'altra volta. Le
ragazze scaricarono le valigie e seguirono la signora Hayes
all'interno. L'arredamento faceva ancora un'ottima impres-
sione, sebbene apparisse un po' sciupato dal tempo. Ampie
stanze dai soffitti alti si aprivano sull'atrio centrale, e in un
rapido sguardo Nancy notò bellissimi tendaggi damascati,
poltrone e divani con rivestimenti di raso e, sulle pareti, ri-
tratti di famiglia entro grandi cornici dorate con decorazioni
a volute. Zia Rosemary andò fino ai piedi dello scalone, ri-
coperto da un tappeto piuttosto logoro, si afferrò all'elegante
balaustra di mogano e chiamò:
– Mamma, le ragazze sono arrivate!
Un attimo dopo una vecchietta esile, dai capelli bian-
chissimi, cominciò a scendere i gradini. Il suo viso, nono-
stante l'evidente differenza di età, aveva lo stesso sorriso mi-
te di zia Rosemary. Quando fu giunta in fondo allo scalone,
tese entrambe le mani verso le due ragazze.
– Ti presento Nancy Drew, Signorina Flora – si affrettò
a dire Helen.
– Sono così felice che siate potuta venire, mia cara –
disse l'anziana signora. – So che cercherete di chiarire il mi-
stero che da un po' di tempo tiene tanto in ansia Rosemary e
me.
Mi dispiace che l'accoglienza non sia festosa come vor-
rei, ma è difficile essere allegri in una casa infestata dagli
spettri. La Signorina Flora, fragile e minuta, ma non priva di
una sua dignitosa fierezza, si diresse verso una stanza che si
rivelò essere il salotto. Dalla parte opposta si trovava la bi-
blioteca. Ella prese posto su una sedia dall'alto schienale e
invitò ciascuna a sedersi.
– Mamma – intervenne zia Rosemary – non è necessario
essere così formali con Nancy ed Helen. Sono sicura che ca-
piranno che ci siamo appena riprese da un terribile spavento.
Si rivolse alle ragazze. – Poco fa è successo qualcosa che ci
ha messo in grande agitazione.
– Sì – disse la Signorina Flora. – Uno dei miei gioielli
più belli è stato rubato.
– Non vorrai dire quella preziosa collana di perle che è
in casa da tanti anni! – Helen esclamò.
Le due donne fecero un cenno affermativo. Poi, la Si-
gnorina Flora disse:
– Oh, probabilmente ho commesso una sciocchezza. La
colpa è tutta mia. Mentre ero nella mia camera ho tirato fuori
la collana dal ripostiglio segreto dove la tengo abitualmente.
L'ultima volta che l'avevo messa, il fermaglio non chiudeva
bene, e volevo dargli un'occhiata. Mentre lo stavo esaminan-
do, Rosemary mi ha chiamato perché scendessi. Era venuto
il giardiniere per parlarmi di certi lavori. Allora ho riposto la
collana in un cassetto del comò. Dieci minuti dopo, quando
sono tornata, la collana non c'era più!
– Che peccato! – disse Nancy con sincero rammarico. –
E non è entrato in casa nessuno in quei dieci minuti?
– No, che noi si sappia – rispose zia Rosemary. – Da
quando il fantasma ha cominciato le sue visite, porte e fine-
stre del pianterreno sono sempre chiuse.
Nancy s'informò se le due donne erano uscite in giardi-
no per parlare col lavorante.
– Mamma è uscita – disse la signora Hayes. – Ma io so-
no
rimasta sempre in cucina. Se qualcuno fosse entrato dal-
la porta posteriore, lo avrei visto sicuramente.
– Sul retro della casa c'è per caso una scala che porta al
primo piano?
– Sì – rispose la Signorina Flora. – Ma ci sono due por-
te, una all'inizio e una in cima alla scala, e noi le teniamo
sprangate. Non è possibile entrare da quella parte.
– Sicché, se qualcuno fosse entrato in casa, avrebbe do-
vuto servirsi della scala principale per salire di sopra?
– Sì – disse zia Rosemary, sorridendo un poco. – Ma in
tal caso io me ne sarei accorta. Non so se abbiate notato co-
me scricchiolava quella scala quando mia madre è scesa. C'è
un modo per evitare tale inconveniente, ed è di tenersi ad-
dossati al muro, ma questo non lo sa praticamente nessuno.
– Potrei salire a dare un'occhiata? – domandò Nancy.
– Naturalmente, cara. Così vi mostrerò la vostra camera
– disse zia Rosemary.
Le ragazze presero le loro valigie e seguirono le due an-
ziane signore al primo piano. La camera di Nancy ed Helen,
ampia e arredata in modo piuttosto bizzarro, guardava sul
davanti della vecchia casa, e si trovava sopra la biblioteca.
Depositarono in fretta i loro bagagli, quindi la Signorina Flo-
ra le guidò attraverso l'anticamera fino alla sua stanza, situata
in corrispondenza del salotto. Anche questa era ampia e mol-
to caratteristica con il suo letto in mogano sormontato dal
baldacchino. Il comò, il mobile da toletta e le sedie erano
pure in mogano. Lunghi tendaggi pendevano alle finestre.
Nancy si sentì invadere da una sensazione strana, come se
avvertisse in quel luogo una misteriosa presenza. Tentò di
liberarsi da questa impressione, ma senza riuscirvi. Alla fine
si disse che il ladro poteva essere ancora lì. Se era così, do-
veva essersi nascosto.
Appoggiato a una parete vi era un grande armadio. He-
len vide Nancy guardare fissamente in quella direzione. Le si
avvicinò e bisbigliò:
– Pensi che ci possa essere dentro qualcuno?
– Non si sa mai – rispose Nancy a bassa voce. – Ora ve-
dremo! Attraversò la stanza e, afferrando i pomi dei due bat-
tenti, li spalancò.
4
Il gruppetto trepidante scrutò l'interno dell'armadio. Non
c'era nessuno. Vestiti, soprabiti e cappotti pendevano allinea-
ti in perfetto ordine.
Nancy avanzò d'un passo e cominciò a spostarli con le
mani. Qualcuno, pensava, poteva essere nascosto dietro i ve-
stiti. Le altre nella stanza trattenevano il fiato, mentre ella
portava a termine la sua scrupolosa ricerca.
– Qui non c'è nessuno – annunciò alla fine, e un sospiro
di sollievo uscì dalle labbra della Signorina Flora e di zia
Rosemary. La giovane investigatrice disse che desiderava
procedere a un'accurata ispezione di tutti i possibili nascon-
digli al primo piano. Insieme ad Helen passò da una stanza
all'altra, guardarono negli armadi e sotto i letti, ma non tro-
varono traccia del ladro.
Nancy consigliò alla Signorina Flora e a zia Rosemary
di denunciare il furto alla polizia, ma la vecchia signora
scosse la testa. La signora Hayes, benché condividesse l'idea
di Nancy, aggiunse sommessamente:
– Mamma potrebbe veramente sbagliarsi. Le capita ab-
bastanza spesso di non ricordare dove ha messo questa o
quella cosa. Con questa nuova possibilità in mente, lei e le
ragazze guardarono in tutti i cassetti della stanza, sotto i ma-
terassi e i guanciali e persino nelle tasche dei vestiti della
Signorina Flora. La collana di perle comunque non fu trova-
ta. Nancy propose ad Helen di tentar di scoprire come avesse
fatto il ladro ad entrare.
Helen l'accompagnò fuori della casa e Nancy cominciò
subito a cercare impronte. Non vi era alcuna traccia nei por-
tici, né in quello anteriore, né in quello posteriore dell'edifi-
cio, e neppure sui vialetti, che erano ricoperti di ghiaino fi-
nissimo.
– Dobbiamo ispezionare il terreno molle sotto le finestre
– disse Nancy. – Può darsi che il ladro si sia arrampicato.
– Ma zia Rosemary ha detto che tutte le finestre del
pianterreno sono sprangate – obiettò Helen.
– Certo – disse Nancy – ma io penso che ci convenga
guardare lo stesso.
Le ragazze esaminarono il terreno, passando da una fi-
nestra all'altra, ma non vi erano impronte. Alla fine Nancy si
fermò e guardò pensosamente l'edera che ricopriva il muro.
– Pensi che il ladro si sia arrampicato al piano superiore
per di lì? – domandò Helen. – Ma ci sarebbero ugualmente le
impronte sul terreno.
Nancy disse che era possibile che il ladro si fosse porta-
to un'asse e l'avesse posata per terra, in modo da passare dal
vialetto al muro della casa.
– Quindi potrebbe essersi arrampicato aggrappandosi
all'edera, essere disceso con lo stesso sistema per poi rag-
giungere il vialetto e andarsene senza lasciare tracce.
Nancy fece un'altra volta il giro dell'intero edificio esa-
minando attentamente in ogni punto l'edera, che dalla base
dei muri s'avvolgeva verso l'alto in un fitto intreccio. Final-
mente disse:
– No, il ladro non è entrato in casa per questa via.
– Non ci sarà entrato volando! – disse Helen. – Dunque,
come avrà fatto?
Nancy scoppiò a ridere.
– Se fossi in grado di dirtelo, il mistero sarebbe già
mezzo risolto.
Aggiunse che le sarebbe piaciuto visitare i dintorni della
villa.
– Potremmo trovare qualche indizio di come il ladro si è
introdotto nella casa.
Mentre passeggiavano, Nancy teneva gli occhi bene a-
perti, ma non notò nulla di sospetto. Infine raggiunsero un
viottolo lastricato di mattoni mezzo sgretolati. Esso prose-
guiva con un percorso stranamente intricato.
– Dove conduce questo viottolo? – domandò Nancy.
– Be', credo che un tempo arrivasse fino a Riverview
Manor, la proprietà confinante – rispose Helen. – Un giorno
ti porterò a visitarla. Il primo proprietario era fratello dell'ar-
chitetto che costruì Villa degli Olmi. Anzi la residenza di
Riverview Manor ne è la copia esatta. – Helen continuò rac-
contando che i due fratelli erano vissuti sempre in perfetto
accordo, ma i loro figli, dopo aver ereditato le due proprietà,
avevano avuto una violenta lite ed erano diventati irriducibili
nemici. – Riverview Manor è stata venduta parecchie volte
nel corso degli anni, ma poi è rimasta disabitata per molto
tempo.
– Vuoi dire che ora non ci vive nessuno? – domandò
Nancy. Alla risposta affermativa di Helen, aggiunse ridendo:
– Allora può darsi che sia quella la casa del fantasma!
– In tal caso deve trattarsi veramente di un fantasma –
disse Helen. – Non c'è un solo mobile in quella casa.
Le due ragazze ritornarono alla Villa degli Olmi e rac-
contarono come le loro ricerche non avessero portato ad al-
cun risultato. Nancy, ricordando che molte case coloniali a-
vevano entrate e passaggi segreti, domandò alla Signorina
Flora:
– Sapete se vi sia qualche entrata segreta di cui il ladro
potrebbe essersi servito per introdursi in casa?
La signora Turnbull rispose di no, e spiegò che suo ma-
rito era un uomo molto riservato e che era morto quando Ro-
semary era ancora in fasce.
– È anche possibile che fosse a conoscenza di un'entrata
segreta, ma che abbia preferito non parlarmene per timore
d'impressionarmi – aggiunse infine.
Zia Rosemary, vedendo che sua madre cominciava ad
essere turbata da questi discorsi, ricordò che era ora di cola-
zione. Le due ragazze la seguirono in cucina e l'aiutarono a
preparare un appetitoso pranzetto: pollo freddo con maione-
se, biscotti e macedonia di frutta.
A tavola la conversazione toccò vari argomenti, ma ogni
volta finiva col tornare al mistero del fantasma. Avevano ap-
pena finito di mangiare, quando all'improvviso Nancy s'irri-
gidì sulla sedia.
– Che ti succede? – domandò Helen.
Nancy guardava immobile attraverso la porta della sala
da pranzo, in direzione delle scale. Tosto si rivolse alla Si-
gnorina Flora.
– Avete lasciato la radio accesa in camera vostra?
– No, non mi pare.
– E voi, zia Rosemary?
– No. Né mamma né io abbiamo acceso la radio stama-
ne. Ma perché… – Non terminò la frase, perché tutte ora po-
tevano udire distintamente una musica proveniente dal piano
superiore.
Helen e Nancy si alzarono di scatto dalle loro sedie, si
precipitarono nell'atrio e su per le scale. La musica proveniva
dalla camera della Signorina Flora, e quando vi entrarono
tutte affannate, videro che si trattava proprio della radio.
Nancy si avvicinò all'apparecchio e lo esaminò. Era di vec-
chio modello e non aveva nessun congegno per il funziona-
mento automatico. – Qualcuno è entrato in questa stanza ed
ha acceso la radio! – affermò.
Un'espressione allarmata si dipinse sulla faccia di He-
len, ma la ragazza si sforzò di dominare il suo nervosismo e
domandò:
– Nancy, non credi che la radio possa essere stata messa
in funzione con un dispositivo di telecomando? Ho sentito
parlare di cose del genere.
Nancy disse che era improbabile.
– Secondo me, Helen, il ladro non è mai uscito dalla ca-
sa. Lui e il fantasma sono la stessa persona. Oh, se prima a-
vessimo guardato anche nella cantina e in soffitta! Forse
siamo ancora in tempo. Vieni!
Helen, invece di uscire, rimase a fissare il caminetto.
– Nancy – disse. – Non potrebbe essersi nascosto lì?
Senza indugiare oltre, attraversò la stanza e, inginocchiando-
si sul pavimento, cercò di guardare su per la cappa. Lo sfia-
tatoio era chiuso. Helen allungò un braccio e tirò la maniglia
per aprirlo.
Un istante dopo strillò:
– Ohi!
– Oh, povera Helen! – esclamò Nancy accorrendo.
Una valanga di fuliggine era venuta giù dal camino, im-
brattando Helen dalla testa ai piedi.
– Portami un asciugamano, Nancy, ti dispiace? – suppli-
cò la ragazza in tono sconsolato.
Nancy corse nella stanza da bagno e prese due grandi
asciugamani, li avvolse intorno all'amica e tornò in bagno
con lei per aiutarla a fare uno shampoo e a ripulirsi comple-
tamente. Infine le portò un altro vestito.
– La mia idea del camino non è stata molto geniale, ve-
ro? – disse Helen mortificata. – E ora probabilmente è troppo
tardi per prendere il ladro.
Nonostante ciò lei e Nancy salirono ugualmente in sof-
fitta e guardarono dietro casse e bauli, per vedere se c'era
qualcuno nascosto. Poi scesero nella cantina e ispezionarono
i vari locali che la componevano. Ma neppure qui vi era trac-
cia del ladro che si era introdotto nella villa.
Quando la Signorina Flora ebbe udito il loro racconto,
sospirò angosciata.
– È il fantasma… Non c'è altra spiegazione.
– Ma perché questa improvvisa comparsa di un fanta-
sma qui da noi? – intervenne zia Rosemary. – La casa è stata
abitata fin dal 1785 e nessuno spettro ha mai disturbato i suoi
occupanti.
– Be', il movente sembrerebbe essere il furto – replicò
Nancy.
– Quello che non riesco a capire è perché il ladro stia
cercando di spaventarvi.
– Ciò che importa – interloquì Helen – è riuscire a met-
tergli le mani addosso.
– Oh, magari vi riuscissimo! – disse la Signorina Flora,
con un leggero tremito nella voce.
Le ragazze stavano togliendo i piatti dalla tavola per
portarli in cucina, quando si udì bussare forte alla porta d'in-
gresso.
– Dio mio! – disse la Signorina Flora. – Chi sarà mai?
Forse è il ladro che è venuto per farcì del male!
Zia Rosemary le cinse le spalle con un braccio.
– Via, non ti agitare così! – disse dolcemente. – Proba-
bilmente è quel signore che vuole acquistare Villa degli Ol-
mi. – Si rivolse a Nancy e ad Helen. – Mamma però non è
disposta a vendere al basso prezzo che le offre costui.
Nancy disse che sarebbe andata lei ad aprire, posò i
piatti e attraversò l'atrio. Giunta davanti alla porta, l'aprì con
decisione.
Davanti a lei c'era Nathan Gomber!
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Per alcuni secondi Nathan Gomber fissò Nancy con oc-
chi increduli.
– Voi! – proruppe alla fine.
– Non vi aspettavate d'incontrarmi qui, non è vero? –
disse Nancy freddamente.
– No di certo. Pensavo che avreste seguito il mio consi-
glio di stare accanto a vostro padre. I giovani d'oggi non
hanno un briciolo di cuore! – disse Gomber scuotendo la te-
sta disgustato.
Nancy ignorò il rimprovero.
Con un'alzata di spalle l'uomo avanzò nella sala.
– Una cosa è certa. Se succede qualcosa a vostro padre
non ve lo perdonerete mai. Ma non potrete dare la colpa a
me. Io vi ho avvertito!
Neppure questa volta Nancy rispose, ma continuò a os-
servarlo attentamente, cercando di indovinare quali fossero
le sue vere intenzioni. Era sicura che non si trattava di solle-
citudine per suo padre.
Nathan Gomber cambiò bruscamente argomento.
– Desidero parlare con la signora Turnbull e la signora
Hayes – disse. – Andate a chiamarle!
Nancy fu urtata dal tono aspro di Gomber, ma fece die-
trofront e attraversò l'atrio verso la sala da pranzo.
– Abbiamo sentito tutto – disse la Signorina Flora in un
bisbiglio. – Non riceverò il signor Gomber. Io non voglio
vendere questa casa.
Nancy rimase sbalordita nell'udire queste parole.
– Volete dire che è lui la persona che vuole acquistarla?
– Sì.
Nancy fu subito sul chi vive. Ricordando la natura
dell'altro affare in cui Nathan Gomber era implicato, era
molto diffidente riguardo ai motivi che lo spingevano ad ac-
quistare Villa degli Olmi. Le balenò l'idea che stesse cercan-
do di ottenere la proprietà a bassissimo prezzo, per poi ri-
venderla in lotti edificabili con enorme guadagno.
– Penserò io a dirgli che non intendete vendere – disse
Nancy a bassa voce.
La sua precauzione però era stata inutile. Sentendo ru-
mor di passi alle sue spalle, si girò e vide Gomber ritto sulla
soglia.
– Salve a tutti quanti! – disse.
La Signorina Flora, zia Rosemary ed Helen si mostraro-
no infastidite. Era evidente che trovavano decisamente sco-
stanti i modi di quell'individuo.
Zia Rosemary aveva serrato le mascelle in un atteggia-
mento alquanto duro. Tuttavia disse cortesemente:
– Helen, questi è il signor Gomber. Signor Gomber, la
signorina Corning, mia nipote.
– Piacere di conoscervi – disse l'ospite stringendo la
mano ad Helen.
– Nancy, penso che abbiate già incontrato il signor
Gomber
– disse zia Rosemary.
– Sicuro! – disse Nathan Gomber con una risata un po'
rauca. – Sicuro che ci siamo incontrati, Nancy ed io!
– Solo una volta – precisò Nancy. Ignorando la stoccata,
egli continuò:
– Nancy Drew è una ragazza molto strana. Suo padre è
in grave pericolo e io ho cercato di persuaderla a stare al suo
fianco, e invece lei ha pensato bene di venire in visita qui da
voialtri.
– Suo padre è in pericolo? – chiese preoccupata la Si-
gnorina Flora.
– Il babbo dice di no – ribatté Nancy. – E inoltre sono
sicura che mio padre sa cavarsela benissimo da solo. – La
ragazza guardò fieramente negli occhi Nathan Gomber, co-
me per fargli capire che i Drew non si lasciavano intimorire
tanto facilmente.
– Bene – disse l'ospite. – Veniamo agli affari. – Tirò
fuori di tasca una busta piena di carte. – Ecco qua, tutto
pronto e in regola. Non avete che da firmare, signora Tur-
nbull.
– Io non sono disposta a vendere per una cifra così bas-
sa – disse la Signorina Flora. – Per essere più precisa, non ho
intenzione di vendere affatto.
Nathan Gomber scrollò il capo.
– E invece venderete – profetizzò. – Ho parlato con pa-
recchia gente, in città. Tutti sanno che questa vecchia casa è
infestata da spettri, e nessuno sarebbe disposto a pagarvela
cinque centesimi… nessuno, eccetto me, s'intende.
Mentre attendeva l'effetto delle sue parole, Nancy s'in-
tromise.
– Dal momento che la casa è stregata, perché volete
comprarla?
– Be' – rispose Gomber – io credo di aver l'animo del
giocatore. Mi piacerebbe investire qui un po' di denaro, an-
che se c'è un fantasma che si esibisce nei paraggi. – Scoppiò
in una risata fragorosa e continuò: – Io sono anche del parere
che potrebbe essere molto divertente imbattersi in un fanta-
sma e dargli il fatto suo!
Nancy pensò con disgusto: "Nathan Gomber, credo che
tu sia la persona più presuntuosa e detestabile che io abbia
mai conosciuto".
Tutto d'un tratto il volto dell'uomo mutò completamen-
te. L'espressione furbesca di poco prima svanì, e uno sguardo
assorto, quasi malinconico, apparve nei suoi occhi. Egli se-
dette su una delle seggiole della sala da pranzo e appoggiò il
mento su una mano.
– Voi penserete, suppongo, che io non sia che un uomo
d'affari, duro e senza cuore – disse. – La verità è che sono un
sentimentale. Ora vi dirò perché desidero tanto questa vec-
chia casa. Io ho sempre sognato di possedere un luogo così,
un'antica villa coloniale, per sentirmi in qualche modo legato
alla vecchia America. Vedete, i miei erano povera gente,
laggiù, in Europa. Ora che ho fatto un po' di soldi, mi piace-
rebbe poter disporre di una casa come questa, ritirarmi qui di
tanto in tanto, godermi la sua tranquillità, le sue tradizioni…
La Signorina Flora sembrò commossa dalle parole di
Gomber.
– Non immaginavo che desideraste tanto questa casa –
disse gentilmente. – Dopo tutto penso che farei bene a ceder-
la. Ormai è davvero troppo grande per noi.
Vedendo che sua madre stava per lasciarsi convincere,
zia Rosemary intervenne prontamente.
– Non devi vendere questa casa, mamma. Io so che le
sei affezionata. Quanto al fantasma, sono certa che il mistero
sarà presto chiarito, ed allora ti spiacerà di aver lasciato Villa
degli Olmi. Non accettare, ti prego!
Gomber lanciò un'occhiata torva alla signora Hayes.
– Perché non comperate Riverview Manor? – gli do-
mandò Nancy. – La villa è uguale a questa ed è in vendita.
Probabilmente potreste anche averla a un prezzo più basso.
– Sono stato a vederla – replicò Gomber. – È in pessime
condizioni. Dovrei spendere un patrimonio per rimetterla a
posto. Niente da fare! È questa che voglio, e l'avrò! Tanta
arroganza fu troppo per zia Rosemary. Con occhi che face-
vano fiamme, disse:
– Signor Gomber! Questo colloquio è chiuso. Addio!
Con viva soddisfazione, e anche con un pizzico di diver-
timento da parte di Nancy, Nathan Gomber obbedì
all'"ordine" di andarsene. Aveva una strana aria da agnello
mansueto, mentre attraversava la sala d'ingresso e scivolava
fuori dal portone.
– Che sfacciataggine! – sbottò Helen.
– Forse non avremmo dovuto essere così dure con lui –
disse timidamente la Signorina Flora. – La sua storia è com-
movente, e in fondo io posso comprendere questa ambizione
di far credere a una sua discendenza da un'antica famiglia
americana.
– Sono pronta a scommettere che non c'è una parola di
vero in ciò che ha detto il signor Gomber – replicò Helen.
– Mio Dio, mi sento così confusa – disse la Signorina
Flora con la voce che le tremava. – Andiamo a sederci in sa-
lotto e parliamo un po' con calma.
Le due ragazze si fecero da parte per lasciare passare la
Signorina Flora e zia Rosemary. Le seguirono nel salotto e
presero posto l'una accanto all'altra sul divano vicino al ca-
minetto. Nancy, obbedendo a un impulso improvviso, corse
alla finestra per vedere che direzione avesse preso Gomber.
Fu molto sorpresa di notare che si stava allontanando a piedi
lungo il tortuoso viale d'accesso.
– Strano! Non è venuto in macchina – disse Nancy fra
sé.
– C'è un bel po' di strada per arrivare in città e prendere
il treno o l'autobus per River Heights.
Mentre si arrovellava a cercare una risposta ai suoi dub-
bi, Nancy credette di udire uno strano cigolio. Tutto d'un
tratto Helen emise uno strillo acuto. Nancy si voltò di scatto.
– Là! gridò Helen indicando il soffitto, e tutte guardaro-
no in alto.
Il lampadario di cristallo si era messo improvvisamente
ad oscillare avanti e indietro!
– Ancora il fantasma! – gridò la Signorina Flora. Pareva
sul punto di svenire per lo spavento.
Nancy si guardò rapidamente attorno. Nessun altro og-
getto si muoveva nella stanza, perciò non poteva trattarsi di
vibrazioni dell'edificio. Che fosse qualcuno di sopra, nella
stanza della Signorina Flora, a provocare l'oscillazione?
– Io salgo a vedere – disse Nancy.
Correndo in punta di piedi per non far rumore, uscì dalla
stanza, attraversò l'atrio e cominciò a salire la scala, appog-
giandosi al muro per non far scricchiolare i gradini. Era arri-
vata quasi in cima, quando udì distintamente il rumore di una
porta che si chiudeva. Allora si lanciò di corsa attraverso
l'anticamera e irruppe nella stanza della Signorina Flora.
Nessuno!
– Forse questa volta il fantasma non ha avuto il tempo
di scappare ed è nascosto nell'armadio! – pensò Nancy. An-
che Helen e le due signore erano salite nel frattempo. Entra-
rono nella camera proprio mentre Nancy spalancava le porte
dell'armadio. Ma per la seconda volta non vi trovò nessuno.
Nancy si morse le labbra per il disappunto. Bisognava
ammettere che quel fantasma era molto scaltro. Dove si era
cacciato? Non gli aveva lasciato il tempo di scendere al pian-
terreno, né di rifugiarsi in un'altra stanza.
Eppure non v'era dubbio che fosse stato nella camera
della Signorina Flora!
– Vuoi spiegarci perché sei salita? – la pregò Helen.
Nancy espose la sua teoria, ma, proprio mentre ne parlava, le
venne il dubbio che si trattasse di una fantasticheria senza
fondamento. In fondo non si poteva escludere che il movi-
mento del lampadario fosse stato provocato da qualche altra
causa.
– C'è un solo modo di accertarsene – disse. – Fare una
prova.
Nancy pregò Helen di tornare giù in salotto e di tener
d'occhio il lampadario. Lei, da sopra, avrebbe cercato di farlo
muovere dondolandosi sulle gambe nel punto corrisponden-
te.
– Se funziona, avremo finalmente un indizio – disse
piena di speranza.
Helen eseguì prontamente e abbandonò la stanza. Nancy
le lasciò il tempo di raggiungere il salotto, quindi cominciò a
dondolarsi energicamente, ora in questa ora in quella dire-
zione, nel punto del pavimento al di sopra del lampadario.
L'esperimento era appena cominciato, allorché dal piano di
sotto Helen Corning emise un urlo acutissimo.
6
– È successo qualcosa ad Helen! – gridò zia Rosemary
spaventata. Nancy attraversò correndo l'anticamera, raggiun-
se le scale e scese a volo facendo due scalini per volta. Helen
si era accasciata in una poltrona del salotto e si copriva il
volto con le mani.
– Helen! Cos'è successo? – disse Nancy, accorrendo al
suo fianco.
– Là! Là fuori! A quella finestra! – Helen indicò la fine-
stra che guardava sulla facciata, dalla parte della sala d'in-
gresso.
– Il più orribile ceffo che abbia mai visto!
– Una faccia d'uomo?
– Oh, non lo so. Sembrava il muso di un gorilla.
Helen chiuse gli occhi, come per scacciare dalla memo-
ria quella spaventosa visione.
Nancy non aspettò di sapere di più. In un secondo fu al-
la porta d'ingresso e la spalancò. Si precipitò fuori e guardò
bene tutt'intorno. Non vide nessun animale nei pressi della
casa, e sotto la finestra non vi era alcuna impronta.
Sconcertata, la giovane investigatrice scese di corsa i
gradini del portico e cominciò a perlustrare i dintorni. Intanto
Helen si era ripresa ed era uscita per unirsi a Nancy. Insieme
ispezionarono tutti gli edifici esterni e guardarono dietro o-
gni cespuglio del parco di Villa degli Olmi. Non trovarono
una sola impronta, né alcun altro segno che indicasse la pre-
senza di un gorilla o di un altro essere nel parco della tenuta.
– Eppure l'ho visto! Sono certa di averlo visto! – insi-
stette Helen.
– Non ne dubito affatto – Nancy rispose.
– E allora? Come si spiega tutto ciò? – domandò Helen.
– Io non ho mai creduto agli spiriti, lo sai bene. Ma se doves-
sero succedere altri fatti del genere, ti assicuro che finirò col
crederci.
Nancy rise.
– Non ti agitare, Helen – disse. – Ci sarà sicuramente
una spiegazione logica per quell'apparizione alla finestra.
Le ragazze tornarono verso l'ingresso della villa. La Si-
gnorina Flora e zia Rosemary erano sulla porta ad attenderle
e insistettero per sapere cos'era accaduto. Mentre Helen rac-
contava il fatto, Nancy esaminò ancora una volta l'esterno
della finestra dove era avvenuta la terrificante apparizione.
– Credo di aver trovato! – disse inaspettatamente. – Il
nostro fantasma non ha fatto altro che sporgersi dall'estremi-
tà del portico reggendo una maschera davanti alla finestra. –
Nancy allungò il braccio per dimostrare come ciò era possi-
bile.
– Ecco perché non ha lasciato impronte sotto la finestra!
– esclamò Helen. – Certo che è stato svelto a svignarsela.
Deve trattarsi di un fantasma velocista! – aggiunse con un'al-
legra risata.
Il suo buonumore, con soddisfazione di Nancy, attenuò
la tensione generale. Aveva notato infatti che la Signorina
Flora si appoggiava stancamente al braccio di sua figlia.
– Faresti bene a riposarti un poco, mamma – le consi-
gliò la signora Hayes.
– Forse hai ragione – rispose la Signorina Flora.
Fu deciso che l'anziana signora andasse nella camera di
zia Rosemary, mentre le altre avrebbero continuato l'esperi-
mento del lampadario.
Helen e zia Rosemary andarono nel salotto e aspettaro-
no che Nancy salisse lo scalone e raggiungesse la camera da
letto della Signorina Flora. Per la seconda volta Nancy co-
minciò a dondolarsi da una parte e dall'altra. Al piano di sot-
to, zia Rosemary e la nipote avevano gli occhi fissi al soffit-
to.
– Guarda! – esclamò Helen, indicando il lampadario di
cristallo. – Si muove!
Un attimo dopo il lampadario compì una mezza oscilla-
zione a sinistra, quindi una completa a destra.
– Nancy ha dimostrato che il fantasma era nella camera
di mia madre! – disse zia Rosemary vivamente eccitata.
Dopo alcuni minuti il movimento oscillatorio cominciò
a diminuire, e infine cessò del tutto. Nancy scese dalle scale
di corsa.
– Ha funzionato?
– Sì, sì! – rispose zia Rosemary. – Oh, Nancy, abbiamo
due fantasmi nella casa!
– Come sarebbe a dire? – domandò Nancy.
– Uno di sopra a far oscillare il lampadario, e l'altro fuo-
ri ad agitare quella spaventosa maschera davanti alla finestra.
Nessuno sarebbe riuscito a passare dalla camera della Signo-
rina Flora al portico in un tempo così breve. Oh, questo
complica tutto!
– È vero – convenne Nancy. – Il problema adesso è que-
sto: o i fantasmi sono due e agiscono d'accordo, oppure si
tratta sempre dello stesso. Non è affatto impossibile. Potreb-
be aver lasciato la camera della Signorina Flora senza farsi
vedere, aver raggiunto in qualche modo il pianterreno ed es-
sere uscito mentre eravamo di sopra. Io sono convinta che ci
sia un'entrata segreta in questa casa, e forse più d'una. Credo
che la prima cosa da fare sia scoprire dov'è, o dove sono.
– Comunque prima sarà bene lavare i piatti – suggerì zia
Rosemary.
Mentre erano alle prese con le stoviglie, lei e le ragazze
continuarono a discutere di quanto stava accadendo, e la si-
gnora Hayes disse tra l'altro che aveva proposto a sua madre
di lasciare la casa, anche senza venderla.
– Pensavo che avremmo potuto andarcene via almeno
per un breve periodo di vacanza, ma mamma rifiuta di parti-
re. Dice che è decisa a restare qui, finché questo mistero non
sarà stato chiarito.
Helen sorrise.
– La mia bisnonna è una donna meravigliosa, Nancy.
Ho imparato molto da lei in fatto di tenacia e forza d'animo.
Se mai dovessi arrivare all'età che ha lei, mi accontenterei di
averne la metà.
– Sì, è un esempio per noi tutte – confermò zia Rose-
mary. Nancy accennò col capo.
– È proprio vero. Io non conosco vostra madre da molto
tempo, zia Rosemary, ma trovo che sia una delle più care
persone che abbia mai incontrato.
– Se la Signorina Flora ha deciso di non lasciare la casa
– disse Helen – suppongo che resteremo anche noi.
– Su questo non ci sono dubbi – disse Nancy con un sor-
riso. Non appena ebbero rimesso i piatti al loro posto, le ra-
gazze furono pronte per iniziare le ricerche di un'entrata se-
greta nella villa.
– Direi di cominciare dalla stanza della Signorina Flora
– suggerì Helen.
– Più che logico – approvò Nancy e s'avviò per prima su
per lo scalone.
Ogni centimetro quadrato delle pareti, che erano rivesti-
te per metà dell'altezza con pannelli d'acero, fu saggiato con
piccoli colpi. Il muro però si rivelò ovunque compatto e non
fu possibile individuare alcuno spazio vuoto. Lo scrittoio, il
comò e il letto furono spostati, e Nancy controllò minuzio-
samente il rivestimento ligneo alla ricerca di crepe o com-
messure più larghe del normale, che indicassero l'esistenza di
una porta segreta.
– Niente finora – annunciò, e quindi decise di ispeziona-
re il caminetto.
Sui lati esterni, anch'essi a pannelli, non notò nulla di
sospetto, e neppure sulla parte frontale, che era in mattoni.
Nancy passò allora ad esaminare l'interno, ma anche qui tutto
appariva perfettamente normale. Nessun segno indicava che
le pietre annerite del fondo fossero state smosse. Nancy
chiuse il portello di tiraggio del camino che Helen aveva la-
sciato aperto e suggerì di proseguire le ricerche in un'altra
stanza al pianterreno. Così fecero, ma alla fine non si trovò
alcuna traccia di un'entrata segreta.
– Mi pare che per oggi possa bastare – fece notare zia
Rosemary a questo punto.
Nancy stava per obiettare che non era affatto stanca e
che avrebbe desiderato continuare, ma subito si rese conto
che il suggerimento della signora Hayes era dovuto al fatto
che sua madre appariva nuovamente tesa e affaticata. Anche
Helen se n'era accorta e suggerì:
– Che ne direste di anticipare la cena? Ho una fame da
lupo.
– Anch'io – fece eco Nancy, ridendo allegramente.
Il suo buonumore contagiò un po' tutte, e ben presto an-
che la Signorina Flora parve dimenticare l'incubo che grava-
va sulla casa.
Andò a sedersi in cucina, mentre zia Rosemary e le ra-
gazze preparavano la cena.
– Uhm, bistecca con patatine, piselli freschi e una deli-
ziosa torta di gelato con le meringhe per dessert – disse He-
len. – Non ce la faccio a resistere…
– Prima un po' di frutta – annunciò zia Rosemary, to-
gliendo dal frigorifero un vaso di frutta sciroppata.
Un momento dopo il gruppetto era a tavola. Nancy, per
evitare che la conversazione toccasse temi poco piacevoli,
chiese alla Signorina Flora di parlare dei ricevimenti e delle
feste che si erano svolte in passato nella villa. L'anziana si-
gnora sorrise nel rievocare memorie tanto lontane.
– Ricordo sempre una storia buffa che soleva raccontare
mio marito, un fatto accadutogli quando era ancora un ragaz-
zino
– cominciò la Signorina Flora. – Una sera i suoi genitori
davano una festa mascherata e per quell'ora lui doveva essere
già a letto da un pezzo, profondamente addormentato. La sua
governante era scesa per parlare con alcuni domestici. Ebbe-
ne, la musica svegliò mio marito e lui pensò di fare un bello
scherzo e di unirsi agli ospiti.
– "Mi metterò un costume anch'io" si disse. Sapeva che
su in soffitta ce n'erano alcuni dentro a un baule. – La Signo-
rina Flora s'interruppe un momento. – A proposito, ragazze,
credo proprio che dovreste vederli, prima che ve ne andiate
di qui. Sono bellissimi. Dunque, Everett andò nella soffitta,
aprì il baule e si mise a frugare finché trovò un completo da
soldato. Era un costume molto chiassoso: giubba rossa e pan-
taloni bianchi. Ebbe un bel da fare per infilarselo, e quando
finalmente vi riuscì, dovette rimboccare le maniche di una
buona metà. Le brache alla zuava gli arrivavano alle caviglie
e il cappello era così largo che gli copriva le orecchie. Tutte
erano scoppiate a ridere a questo punto e zia Rosemary os-
servò:
– Dev'essere stato proprio buffo, mio padre! Continua,
mamma, ti prego!
– Il piccolo Everett scese pian piano le scale e si confu-
se in mezzo alle altre maschere durante il ballo. Per un po'
nessuno si accorse di lui, poi all'improvviso sua madre notò
lo strano personaggio.
– E così – intervenne zia Rosemary – lo mandò dritto a
letto.
– È qui che ti sbagli! – disse ridendo la Signorina Flora.
– Gli ospiti trovarono la cosa tanto spassosa, che insistettero
perché Everett rimanesse. Alcune delle signore presenti bal-
larono con lui. Everett frequentava la scuola di danza, ed era
un ottimo ballerino. Poi gli offrirono fragole, panna e una
fetta di torta.
– E poi lo misero a letto – concluse Nancy. La Signorina
Flora rise di nuovo.
– Povero piccolo! Si addormentò mentre stava man-
giando, e suo padre dovette prenderlo in braccio e portarlo di
sopra. Lo misero nel suo lettino col costume ancora indosso.
Naturalmente la governante ne fu sconvolta, e credo che per
il resto della notte non riuscisse a dormire al pensiero che
sarebbe stata licenziata. Ma non fu così. Anzi, rimase presso
la famiglia ancora molti anni, e poté vedere i bambini diven-
tare uomini.
– Davvero divertente! – disse Nancy.
Stava per pregare la Signorina Flora di raccontare anco-
ra qualcosa, allorché il telefono squillò. Zia Rosemary andò
a rispondere e subito dopo chiamò:
– È per voi, Nancy!
Nancy raggiunse in fretta l'atrio, sollevò il ricevitore e
subito lanciò un grido di gioia.
– Babbo! Che bella sorpresa!
Il signor Drew disse che non era riuscito a rintracciare
Willie Wharton. Pareva, anzi, da certi indizi, che non si tro-
vasse a Chicago, ma in qualche altra città.
– Ho qualche altra faccenda da sbrigare quaggiù e dovrò
trattenermi fino a tutto domani. Come vanno le cose lì da te?
– Non sono ancora riuscita a risolvere il mistero – lo in-
formò Nancy. – Nel frattempo si sono verificati nuovi fatti
strani. Non vedo l'ora che venga anche tu qui a Cliffwood.
Sono certa che mi sarai di grande aiuto.
– D'accordo, verrò. Ma non venirmi incontro alla sta-
zione, perché non so esattamente quando arriverò. Tra l'altro
non è escluso che debba rimanere a Chicago più del previsto.
Il signor Drew disse che a Cliffwood avrebbe preso un
taxi.
Nancy gli raccontò in breve le sue recenti esperienze a
Villa degli Olmi, si trattenne a parlare d'altro per qualche
minuto ancora e infine riagganciò. Quando tornò a sedersi a
tavola con le altre, le informò dell'imminente visita del si-
gnor Drew. – Oh, sarà un vero piacere conoscere vostro pa-
dre – disse la Signorina Flora. – Come avvocato potrà darci
qualche consiglio prezioso.
Vi fu una pausa dopo questa osservazione. Passarono
alcuni secondi nel silenzio più assoluto. Improvvisamente le
quattro donne trasalirono, guardandosi allarmate l'un l'altra.
Da qualche parte, al piano superiore, giungevano le note la-
mentose di un violino.
Che il fantasma avesse acceso di nuovo la radio?
Nancy s'alzò di scatto dalla tavola e partì di corsa, deci-
sa a scoprirlo.
7
Nel giro di cinque secondi Nancy aveva raggiunto il pi-
ano superiore. La musica cessò all'istante. Si precipitò nella
camera della Signorina Flora, da dove le era sembrato che
provenisse il suono di violino. La radio era spenta. Nancy
toccò immediatamente l'apparecchio per sentire se era caldo,
anche minimamente. Ciò avrebbe provato che era stato in
funzione.
– La musica non veniva di qui – disse fra sé, sentendolo
freddo.
Nell'uscire in gran fretta dalla stanza, per poco non si
scontrò con Helen.
– Cos'hai trovato? – chiese l'amica ansimando.
– Nulla, per il momento – rispose Nancy, e corse nella
camera di zia Rosemary per controllare l'altra radio, che si
trovava sul comodino.
Anche questa era fredda.
Le due ragazze indugiarono al centro della stanza, acci-
gliate e perplesse.
– La musica c'è stata, vero, Nancy? – domandò Helen
con fare un po' incerto.
– Io l'ho udita distintamente – rispose Nancy. – Ma dove
può essere la persona che ha suonato il violino? O che ha
messo un disco su un grammofono, o che ha acceso una ra-
dio nascosta da qualche parte? Helen, io sono sempre più
convinta che ci sia un'entrata segreta. Qualcuno se ne serve
per penetrare in questa casa e poi cerca di spaventarci.
– Ci sta riuscendo, se è per questo – disse Helen. – Tutto
ciò è davvero impressionante.
– E pericoloso, anche – pensò Nancy fra sé.
– Domani riprenderemo le ricerche subito dopo colazio-
ne – propose Helen.
– Senz'altro – Nancy rispose. – Ma intanto penso sia
prudente chiedere la protezione della polizia per la Signorina
Flora e zia Rosemary… e anche per noi.
– Lo penso anch'io – approvò Helen. – Scendiamo a
parlargliene subito!
Le ragazze tornarono al pianterreno e Nancy, dopo aver
informato la signora Hayes e sua madre del loro recente in-
successo, disse ciò che aveva in mente.
– Ahimè! La polizia non ci prenderà sul serio, ragazza
mia!
– gemette la Signorina Flora.
– Mamma cara – intervenne sua figlia – il capitano e i
suoi uomini non ci hanno creduto, perché hanno pensato che
ci fossimo lasciate suggestionare. Ma Nancy ed Helen hanno
udito la musica per ben due volte e hanno visto con i loro
occhi il lampadario oscillare. Sono certa che il capitano Ros-
sland darà ascolto a Nancy e acconsentirà a mandare una
guardia. Nancy sorrise alla Signorina Flora.
– Non chiederò al capitano di credere al fantasma o di
dargli la caccia. Intendo semplicemente pregarlo di far sor-
vegliare la villa da qualcuno dei suoi agenti. Non credo che
corriamo alcun pericolo finché siamo sveglie, ma vi confesso
che l'idea di andare a dormire col pensiero di ciò che il fanta-
sma potrebbe combinare, mi procura una certa inquietudine.
La signora Turnbull finalmente si lasciò convincere e Nancy
andò a telefonare alla polizia. Il capitano Rossland promise
che avrebbe mandato uno dei suoi uomini quella sera stessa.
– Tornerà ogni notte finché ne avrete bisogno – aggiun-
se il funzionario. – Gli dirò di non suonare alla porta per av-
vertirvi del suo arrivo. Se qualcuno ha intenzione di insi-
nuarsi nella villa, sarà meglio non fargli sapere che c'è un
agente di guardia.
– Capisco – disse Nancy.
Quando la Signorina Flora, sua figlia e le due ragazze
andarono a letto, erano tutte fiduciose che le aspettasse una
notte tranquilla. Nancy pensò che se il fantasma non si fosse
fatto vivo, ciò avrebbe significato che il passaggio segreto di
cui si serviva per penetrare nella villa doveva trovarsi in
qualche punto del parco.
– Nel qua! caso – pensò – si sarà accorto della guardia e
non avrà osato entrare.
La giovane investigatrice non poté appagare il suo vivo
desiderio di un buon sonno ristoratore, perché verso mezza-
notte si svegliò di soprassalto. Nancy era sicura di aver udito
un rumore da qualche parte, ma ora tutto era silenzio nella
casa. Nancy rimase immobile ad ascoltare, infine scivolò
fuori dal letto.
– Forse il rumore che ho sentito veniva da fuori – si dis-
se. Camminando in punta di piedi per non svegliare Helen,
Nancy andò alla finestra e stette a guardare il parco rischiara-
to dalla luna. Le ombre proiettate dai rami degli alberi, culla-
ti da una leggera brezza, si muovevano avanti e indietro sul
prato. Dal giardino saliva fino a lei il profumo delle rose in
pieno fiore.
– Che notte incantevole! – pensò Nancy. Improvvisa-
mente trasalì. Un'ombra furtiva si era spostata, veloce e si-
lenziosa, da dietro il tronco di un albero a una macchia di
arbusti. Era la guardia o il fantasma? Mentre scrutava atten-
tamente i cespugli nel tentativo di individuare la misteriosa
figura, percepì nell'anticamera un rumore di passi smorzati.
Un attimo dopo sentì bussare forte alla sua porta.
– Nancy! Svegliatevi! Nancy, presto, correte!
Era la voce della Signorina Flora e sembrava in preda al
panico. Nancy attraversò frettolosamente la stanza, girò la
chiave ed aprì. A questo punto Helen si svegliò e balzò giù
dal letto.
– Cos'è successo? – domandò con voce assonnata.
Nel frattempo anche zia Rosemary era venuta nell'anti-
camera. Senza dire una sola parola, la Signorina Flora si av-
viò in direzione della sua camera da letto, mentre le altre la
seguivano chiedendosi cosa avrebbero trovato. Il chiarore
della luna penetrava attraverso le persiane, diffondendo nella
stanza una pallida luce. Solo la parte verso l'anticamera ri-
maneva immersa nell'oscurità.
– Là! Là sopra! – La Signorina Flora puntò l'indice in
alto verso uno degli angoli bui.
Due occhi di fuoco fissavano il gruppetto sbigottito!
Nancy fece scattare l'interruttore della lampada a muro e da-
vanti ai loro occhi apparve un grosso gufo dal piumaggio
marrone scuro. Se ne stava appollaiato sulla sporgenza dello
stucco ornamentale che correva lungo la parte superiore delle
pareti.
– Santo cielo! – esclamò zia Rosemary. – Com'è arriva-
to qua dentro quell'uccello?
Passarono alcuni secondi senza che nessuna di loro si
decidesse a parlare. Allora Nancy, per non spaventare ancora
di più la Signorina Flora, disse con tutta l'indifferenza di cui
fu capace:
– Sarà entrato per il camino.
– Ma… – cominciò Helen.
Nancy le lanciò un'occhiata significativa ed Helen non
completò la frase. Voleva certamente dire che il portello era
stato chiuso e che quindi il gufo non poteva esser sceso at-
traverso il camino. Nancy si rivolse alla Signorina Flora e le
chiese se la porta della sua stanza era stata chiusa a chiave.
– Oh, certamente! – protestò l'anziana signora. – Chiudo
sempre a chiave prima di coricarmi. Mi guarderei bene dal
lasciare la porta aperta.
Nancy non fece alcun commento. Sapendo che la Signo-
rina Flora era un po' distratta, pensò che poteva benissimo
essersene dimenticata. Qualcuno ne aveva approfittato per
entrare nella stanza, aveva fatto volare l'uccello là sopra, e
poi se n'era andato facendo quel tanto di rumore sufficiente a
svegliare la donna.
Per esser sicura che la memoria non le giocasse qualche
scherzo, Nancy si avvicinò al caminetto e vi gettò una rapida
occhiata all'interno. Il portello di tiraggio era chiuso.
– Dunque – rifletté – se la porta era chiusa a chiave, il
fantasma deve conoscere qualche altro modo di entrare in
questa stanza. E un modo che gli ha permesso di sfuggire
alla vigilanza della guardia.
– Io non voglio quel gufo in camera per tutta la notte! –
disse la Signorina Flora interrompendo bruscamente i ragio-
namenti di Nancy. – Bisognerà farlo uscire.
– Non sarà una cosa facile – osservò zia Rosemary. – I
gufi hanno il becco e gli artigli aguzzi e sanno servirsene fe-
rocemente contro chi cerca di disturbarli. Per il resto della
notte è meglio che tu venga a dormire in camera mia, mam-
ma. Il gufo lo faremo uscire domattina.
Nancy pregò la Signorina Flora di fare come diceva sua
figlia.
– M'incaricherò io di far sloggiare il signor gufo. Avete
un paio di guanti pesanti?
– Ne ho un paio in camera mia – rispose zia Rosemary.
– Sono di pelle molto robusta. Li adopero per lavorare in
giardino.
Li portò a Nancy, la quale se li infilò immediatamente.
Quindi invitò gentilmente zia Rosemary e sua madre a la-
sciare la stanza.
– Helen ed io daremo subito inizio all'Operazione Gufo
– disse sorridendo.
Non appena le due donne furono uscite, sistemò una se-
dia nell'angolo dove c'era il gufo. Nancy contava sul fatto
che la forte luce della lampada doveva aver abbagliato l'ani-
male, il che ne avrebbe facilitato la cattura.
– Apri una delle finestre, Helen, per favore – disse
Nancy. – E augurami buona fortuna!
– Stai attenta a non fartelo scappare, quel coso! – l'am-
monì Helen mentre toglieva il chiavistello e spalancava le
persiane. Nancy salì sulla sedia, si tirò su piano piano e di-
stese le braccia verso il grosso uccello. Quando fu alla di-
stanza giusta, lo agguantò con un movimento fulmineo, te-
nendolo ben stretto fra le mani e imprigionandogli gli artigli.
Subito il gufo prese a dar di becco, muovendo la testa con
piccoli scatti repentini e arrivando a colpire le braccia di
Nancy anche al di sopra dei guanti. Stringendo i denti per il
dolore, la ragazza scese dalla sedia e attraversò la stanza di
corsa. L'uccello si divincolava e beccava furiosamente in tut-
te le direzioni, ma Nancy cercava di tenerlo in modo che la
maggior parte dei colpi andassero a vuoto. Infine allungò le
braccia fuori della finestra, mollò la presa e saltò indietro.
Helen fu svelta a richiudere le imposte.
– Oh! – fece Nancy, guardando con aria afflitta i suoi
polsi che sanguinavano in più punti. – Meno male che è fini-
ta!
– A chi lo dici! – sospirò l'amica. – Ora chiuderemo a
chiave dal di fuori per impedire al fantasma di farcì qualche
altro omaggio del genere.
All'improvviso Helen afferrò Nancy per un braccio.
– Mi è venuta in mente una cosa – disse. – Ci dovrebbe
essere un poliziotto di guardia qui fuori, eppure il fantasma è
entrato senza che quello si accorgesse di nulla.
– Può darsi che gli sia sfuggito. Altrimenti vuol dire che
esiste un passaggio sotterraneo che conduce alla villa, pro-
babilmente da una delle costruzioni che sorgono sul terreno
della tenuta.
Nancy parlò all'amica della figura furtiva che aveva
scorto nel parco.
– Devo scoprire subito se si trattava del fantasma o del
poliziotto. Andrò a fare un giretto d'ispezione qui attorno.
Chissà… Può anche darsi che il poliziotto non sia venuto –
disse Nancy – ma se c'è, e se è buono a qualcosa, mi troverà!
– D'accordo – disse Helen. – Ma sii prudente, Nancy! Ti
stai esponendo a rischi tremendi per risolvere il mistero di
Villa degli Olmi.
Nancy rise sommessamente, mentre tornavano insieme
nella loro camera. Si vestì in fretta e raggiunse il pianterreno,
quindi si mise in tasca la chiave della porta che dava sul retro
e uscì. Scese di soppiatto i gradini esterni e scivolò verso al-
cuni cespugli. Si guardò intorno e, vedendo che non c'era
nessuno, attraversò il prato e andò ad appostarsi dietro il
grosso tronco di un acero. Rimase nell'ombra per alcuni se-
condi, poi spiccò una corsa in direzione dell'edificio che nel
periodo coloniale era servito da cucina.
A metà percorso avvertì un fruscio alle sue spalle e si
voltò. Una figura d'uomo era emersa dall'ombra e le stava di
fronte a non più di cinque passi. Rapida come un batter di
ciglio una mano corse alla fondina che gli pendeva al fianco.
– Alto là! – intimò.
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Nancy obbedì e rimase immobile fronteggiando l'uomo.
– Chi siete? – domandò.
– Un agente di polizia, signorina – l'uomo rispose. – Po-
tete chiamarmi Patrick. E voi?
Nancy lo ragguagliò brevemente e quindi chiese di ve-
dere il tesserino di riconoscimento. Egli sbottonò la giacca,
tirò fuori una custodia in pelle ed esibì la sua placca, da cui
risultava che era un agente in borghese. Il suo nome era Tom
Patrick.
– Avete visto nessuno aggirarsi nei paraggi? – gli
domandò Nancy.
– Neanche un'anima, signorina. Questo posto è sta-
to più tranquillo di un cimitero, stanotte.
Quando la giovane gli disse della figura furtiva che
aveva intravisto dalla finestra, il poliziotto scoppiò a
ridere.
– Penso di essere stato io quello che avete visto –
disse. Evidentemente non sono così bravo a nascon-
dermi come credevo.
Nancy rise a sua volta.
– Comunque non ci avete messo molto ad acchiap-
parmi. I due rimasero a chiacchierare alcuni minuti.
Tom Patrick disse a Nancy che a Cliffwood l'opi-
nione generale era che la signora Turnbull fosse una
donna un tantino originale. Dicevano che quelli che
avevano abitato la villa negli ultimi cent'anni o giù di
lì erano sempre state persone bizzarre, e che l'idea del-
la signora di aver la casa infestata da spettri si accor-
dava perfettamente con tutte le strane storie che si rac-
contavano di loro.
– Secondo voi queste dicerie potrebbero rendere
difficile la vendita della proprietà? – domandò Nancy.
– È naturale.
Nancy disse che era una vergogna.
– La signora Turnbull è una delle persone più a-
mabili che abbia conosciuto e non vi è assolutamente
nulla di strano in lei, a parte che qualche volta è un po'
distratta.
– Voi non pensate che alcuni di questi misteriosi
avvenimenti di cui si parla siano soltanto frutto d'im-
maginazione?
– No!
Nancy gli disse del gufo trovato nella stanza della
Signorina Flora.
– La porta era chiusa a chiave, le persiane fissate
col chiavistello, e anche il portello del camino era
chiuso. Ditemi voi come ha fatto a entrare quel gufo!
Tom Patrick sgranò tanto d'occhi.
– Intendete dire che tutto questo è successo poco fa? –
domandò incredulo.
Al cenno affermativo di Nancy, soggiunse:
– Be', non è possibile essere dappertutto in ogni mo-
mento… ma io non ho fatto che girare intorno alla casa. Ho
continuato senza mai fermarmi da quando sono arrivato. Non
vedo come qualcuno sia potuto entrare senza che me ne ac-
corgessi.
– Vi dirò la mia teoria – disse Nancy. – Credo che vi sia
un passaggio sotterraneo che conduce alla villa, da qualche
parte del parco. Potrebbe essere in qualcuno degli edifici qua
intorno. Ad ogni modo domattina inizierò le ricerche.
– Bene, vi auguro di scoprirlo – disse Tom Patrick. – E
se dovesse succedere qualcosa durante la notte, ve lo farò
sapere. Nancy indicò una finestra al primo piano.
– La mia stanza è quella – disse. – Nel caso lo riteneste
più opportuno, anziché battere al portone, potete tirare un
sasso contro le persiane per avvisarmi. Mi sveglierò imme-
diatamente, ho il sonno leggero.
La guardia approvò l'idea di Nancy, e la ragazza rientrò
nella villa. Salì le scale e, per la seconda volta quella notte, si
svestì. Helen era già tornata a letto e dormiva, sicché Nancy
s'infilò sotto le coperte il più silenziosamente possibile. La
mattina seguente le due ragazze si svegliarono quasi nello
stesso momento e subito Helen volle che l'amica le riferisse
nei minimi particolari i risultati della sua ispezione notturna.
Quando Nancy le raccontò com'era avvenuto l'incontro con
la guardia, Helen si sentì venire la pelle d'oca.
– Ma ti rendi conto del pericolo che hai corso, Nancy?
Senza sapere chi era! Devi essere più prudente. E se invece
della guardia fosse stato il fantasma?
Nancy rise, ma evitò di rispondere. Le ragazze scesero
al piano di sotto e si accinsero a preparare la colazione. Po-
chi minuti dopo arrivarono anche zia Rosemary e sua madre.
– Avete scoperto qualcosa questa notte? – chiese a
Nancy la signora Hayes.
– Solo che c'è un agente di guardia alla villa e che si
chiama Tom Patrick – rispose Nancy.
Appena finito di far colazione, la giovane investigatrice
annunciò che sarebbe andata a ispezionare tutti gli edifici
della tenuta.
– Quello che spero di trovare è un passaggio sotterraneo
che conduca alla villa. Il fatto che battendo le pareti non si
sentano spazi vuoti potrebbe spiegarsi con l'esistenza di porte
o muri doppi in corrispondenza dell'entrata segreta.
Zia Rosemary fissò Nancy con un'espressione tra sor-
presa e ammirata.
– Avete davvero la stoffa della detective, Nancy. Ora
capisco perché Helen ha insistito che ci rivolgessimo a voi.
Gli occhi di Nancy ammiccarono.
– Può darsi che abbia un po' di fiuto per questo genere
di cose – disse – ma se non riesco a smascherare il fantasma,
non si potrà dire che sia servito a molto.
Propose ad Helen di mettere i vestiti che si erano portate
appositamente. In tenuta sportiva, camicette di tela e blue-
jeans, le due ragazze lasciarono la villa. Nancy suggerì di
cominciare con una visita alla vecchia dispensa. Quando vi
giunsero, scostò con un certo sforzo la porta scorrevole che
si aprì stridendo, e sbirciò all'interno. Era un locale alto e
stretto con una serie di porte scorrevoli disposte l'una al di
sopra dell'altra su una delle pareti.
– La Signorina Flora mi ha spiegato – disse Helen – che
una volta, quando il fiume gelava, si tagliavano grossi bloc-
chi di ghiaccio che venivano trasportati qui con una slitta. I
blocchi venivano accatastati in questo locale e prelevati via
via attraverso le porte scorrevoli, cominciando dall'alto.
– Allora è improbabile che il passaggio sotterraneo parta
da qui – osservò Nancy. – Questo posto dev'essere stato oc-
cupato dal ghiaccio quasi tutto l'anno.
Il fondo era ricoperto da uno strato di segatura umida e
Nancy, sebbene fosse certa di non trovarvi nulla di interes-
sante, decise di controllare ugualmente. Afferrò una vecchia
pala arrugginita abbandonata in un angolo e provò a scavare.
Sotto la segatura non v'era che terra e sudiciume.
– Molto bene! Il primo tentativo è stato un fiasco – so-
spirò Helen, mentre si avviavano verso l'edificio più vicino,
quello che un tempo era stato usato come affumicatolo. An-
che qui il fondo era di terra, senza alcuna pavimentazione. In
un angolo vi era un focolare, sul quale una volta la legna ve-
niva fatta bruciare lentamente per ottenere un denso fumo. Il
fumo saliva per uno stretto camino al piano superiore che era
completamente privo di finestre.
– Cosciotti e quarti di maiale erano appesi lassù in lun-
ghe file ad affumicare – spiegò Helen – e nel giro di qualche
giorno si trasformavano in saporitissimi prosciutti.
Non vedendo nulla che indicasse l'esistenza di un'aper-
tura segreta, Nancy uscì e girò intorno alla piccola costruzio-
ne dal caratteristico tetto a punta. Su uno dei muri in mattoni
notò i resti di una scala a pioli che conduceva a una porta del
piano superiore. Ora però non rimanevano che gli staggi late-
rali.
– Mi aiuteresti a salire, Helen? – chiese Nancy. – Voglio
dare un'occhiata là dentro.
Helen si accoccolò accanto al muro per dar modo a
Nancy di salirle sulle spalle e poi si raddrizzò, aiutandosi con
le braccia. Nancy aprì la porta di legno ormai mezzo marcio.
– Niente fantasmi, qui! – annunciò.
Nancy saltò giù e quindi si diresse con l'amica verso i
quartieri dei domestici. Anche questo edificio, che era in le-
gno e mattoni, fu ispezionato da cima a fondo senza che si
trovasse traccia di un passaggio segreto.
Ora restava da esplorare la vecchia rimessa, una costru-
zione in mattoni, piuttosto grande. Nel vasto locale dal pa-
vimento in legno, carrozze non ce n'erano più, ma ai muri
erano ancora appesi alcuni finimenti. Nancy si soffermò ad
esaminare una briglia, sulle cui borchie spiccavano due ri-
tratti femminili dipinti a mano.
Un urlo improvviso la distolse dalla sua contemplazio-
ne. Volgendosi di scatto, ebbe appena il tempo di vedere He-
len sprofondare attraverso un'apertura del pavimento. Nancy
attraversò di corsa la rimessa e si trovò davanti a un largo
squarcio provocato dal cedimento del vecchio assito.
– Helen! – chiamò allarmatissima.
– Tutto bene! – rispose una voce dal basso. – È bello
morbido quaggiù. Gettami la tua lampada, per favore!
Nancy tolse dalla tasca dei calzoni la sua torcia elettrica
e la lasciò cadere attraverso il buco.
– Mi aspettavo di scoprire qualcosa d'interessante – dis-
se Helen subito dopo – ma questo non è che un buco, un
vecchio buco e nient'altro. Dammi una mano, per favore, e
aiutami a venir fuori!
Nancy si distese a pancia in giù, afferrandosi con una
mano a una grossa trave di sostegno che si trovava al centro
della rimessa, mentre con l'altra aiutava Helen a salire.
– Sarà bene badare a dove mettiamo i piedi – disse
Nancy, non appena Helen le fu di nuovo accanto.
– Mai sentito niente di più saggio! – rispose Helen, cer-
cando di togliere via lo sporco che le era rimasto attaccato ai
calzoni. La disavventura dell'amica aveva suggerito a Nancy
un'idea: forse il pavimento nascondeva altre aperture e una di
queste avrebbe potuto essere l'entrata del passaggio sotterra-
neo. Perlustrò tutto il pavimento della rimessa alla luce della
torcia elettrica, ma non trovò nulla di sospetto.
– Meglio tornare a casa – suggerì Helen con una punta
d'impazienza. – Sono in condizioni pietose, e poi ho anche
una gran fame!
– Va bene – Nancy rispose. – Te la senti di esplorare la
cantina oggi pomeriggio?
– Sicuro!
Dopo pranzo cominciarono le ricerche negli stanzoni
della cantina, adibiti in passato a magazzini. Ve n'era uno
tutto in pietra, freschissimo, dove una volta si conservavano
le mele. Un altro aveva ospitato sacchi di farina di frumento,
orzo, grano saraceno e farina d'avena.
– E tutto veniva prodotto nei campi della tenuta – spiegò
Helen.
– Dev'essere stato bello a quei tempi! – disse Nancy. –
Pensa, Helen, se potessimo tornare indietro negli anni e ve-
dere com'era la vita allora!
– Se lo potessimo, probabilmente sapremmo anche dove
cercare il fantasma – osservò Helen.
Anche Nancy era di questa opinione.
Mentre passavano da un magazzino all'altro, Nancy e-
saminava con la sua lampada ogni centimetro delle pareti e
del pavimento. Più di una volta credette di scorgere i contor-
ni di una botola o di un'apertura sospetta. In quei momenti il
cuore prendeva a batterle precipitosamente, ma subito dopo,
immancabilmente, si accorgeva d'essersi sbagliata e alla fine
dovette riconoscere il fallimento completo delle sue ricerche:
nella cantina non vi era nessun indizio di un'entrata segreta.
– È stata una giornata poco incoraggiante, questa! – so-
spirò infine. – Ma non ho intenzione di arrendermi.
Helen si sentiva dispiaciuta per l'amica e cercò di infon-
derle un po' di buonumore.
– Magazzini su magazzini – commentò – ma il fantasma
non si è lasciato immagazzinare!
L'uscita di Helen ottenne l'effetto sperato e le due ragaz-
ze salirono ridendo le scale che conducevano alla cucina.
Andarono subito nella loro stanza per cambiarsi d'abito e ne
discesero in fretta per aiutare zia Rosemary a preparare la
cena. Più tardi, mentre erano tutte riunite in salotto a conver-
sare, Nancy ricordò alle altre che aspettava suo padre per il
giorno seguente.
– Papà mi ha detto di non andargli incontro alla stazio-
ne, ma io non ci resisto proprio. Domani sarò a Cliffwood ad
aspettare tutti i treni in arrivo da Chicago.
– Spero che vostro padre vorrà rimanere con noi due o
tre giorni – disse la Signorina Flora. – Avrà sicuramente
qualche buon consiglio da darci a proposito di questa fac-
cenda.
– Ne sono certa – disse Nancy. – Se arriva col treno del
mattino potrà pranzare assieme a noi. Andrò ad attenderlo in
stazione alle otto in punto.
Purtroppo Nancy dovette rinunciare al suo programma
quella sera stessa. Poco più tardi infatti Hannah Gruen tele-
fonò per dirle che l'ufficio telegrafico aveva appena comuni-
cato un messaggio da parte del signor Drew. Questi era stato
inevitabilmente trattenuto e non gli era possibile arrivare per
mercoledì.
– Nel telegramma tuo padre dice che ci farà sapere in
seguito il giorno del suo arrivo – aggiunse la governante.
– Sono molto delusa – rispose Nancy – ma forse questo
ritardo significa che il babbo è sulle tracce di Willie Whar-
ton!
– A proposito di Willie Wharton – disse Hannah – ho
sentito parlare di lui proprio oggi.
– Sarebbe a dire?
– C'è chi dice di averlo visto giù al fiume, proprio qui, a
River Heights, un paio di giorni fa!
9
– Come hai detto? Willie Wharton a River Heights? Giù
al fiume? – chiese Nancy credendo di aver capito male.
– Proprio così – rispose Hannah. – L'ho saputo dal po-
stino, il signor Ritter, che è tra quelli che hanno venduto la
loro proprietà alla Compagnia Ferroviaria. Come sai, è una
persona molto onesta e degna di fede. Mi ha detto, tra l'altro,
di aver sentito che alcuni dei proprietari si erano messi in
questo affare di Willie Wharton per estorcere altro denaro
alla Compagnia, ma che lui ha voluto restarne fuori. Dice
che è una rapina bella e buona.
– Ma è stato lui a vedere Willie Wharton? – insistette
Nancy, tradendo nella voce una certa apprensione.
– No – rispose la governante. – Gliel'ha detto uno dei
proprietari.
– Allora è possibile che questi si sia sbagliato – suggerì
Nancy.
– È quel che penso anch'io – rispose Hannah. – Se tuo
padre si trattiene ancora a Chicago, dev'essere per via di Wil-
lie Wharton.
Nancy non disse ad Hannah ciò che le passava per la
mente in quel momento. Augurandole la buona notte, si sfor-
zò di dare un tono gaio alla sua voce, ma in realtà era molto
preoccupata.
– Forse Willie Wharton è stato visto veramente al fiume
– pensò – e forse il babbo è stato "inevitabilmente trattenuto"
da qualcuno deciso ad impedirgli di occuparsi oltre del caso
della Compagnia Ferroviaria. Uno dei proprietari insoddi-
sfatti potrebbe averlo seguito a Chicago.
Era anche possibile, continuò a riflettere Nancy, che
proprio Willie Wharton, vistosi scoperto, avesse sopraffatto
l'avvocato e lo tenesse prigioniero.
Nancy se ne stava seduta, angosciata da questi pensieri,
quando Helen entrò nell'atrio.
– È successo qualcosa? – domandò.
Non lo so – rispose Nancy – ma ho un brutto presenti-
mento. Papà ha telegrafato per avvisare che domani non ver-
rà. Di solito, quando è fuori città, usa sempre il telefono, sia
che chiami me, o Hannah, o il suo ufficio. Non riesco a spie-
garmi perché questa volta abbia mandato un telegramma.
– Giorni fa mi dicesti che tuo padre ha ricevuto delle
minacce – disse Helen. – Temi che vi sia una relazione fra le
due cose?
– Sì.
– Se c'è qualcosa che posso fare, non hai che da dirlo –
si offrì generosamente l'amica.
– Temo di no, Helen, ti ringrazio. Nemmeno io posso
far niente. Per il momento non resta che aspettare. Può darsi
che papà ritelefoni qui…
Nancy aveva un'aria così abbattuta, che Helen si sentì in
dovere di escogitare qualcosa per distrarla un po'. A furia di
pensare, le venne un'idea e andò subito a parlarne con la Si-
gnorina Flora e zia Rosemary.
– Certo che si può fare – disse zia Rosemary – purché
Nancy sia d'accordo.
Helen andò a chiamare Nancy, che era rimasta nella sala
d'ingresso, e le propose di salire in soffitta a vedere i vecchi
costumi di cui aveva parlato la Signorina Flora.
– Potremmo anche indossarli – suggerì quest'ultima,
sorridendo con l'ingenuità di una bambina.
– E voi ragazze danzerete il minuetto – aggiunse con en-
tusiasmo zia Rosemary. – Mamma sa suonare a meraviglia la
vecchia spinetta ed eseguirà un minuetto per voi.
– È una bellissima idea – disse Nancy.
Si rendeva conto che facevano tutto questo per sollevar-
le un po' il morale e ne era commossa. A parte ciò, la propo-
sta le sembrava abbastanza divertente.
Di lì a poco il gruppetto saliva la scala della soffitta, che
cigolava penosamente sotto i loro passi. Nella fretta nessuna
si era ricordata di portare le lampadine tascabili.
– Scenderò a prenderne qualcuna – si offrì Nancy pron-
tamente.
– Non è necessario – disse zia Rosemary. – Ci sono del-
le candele quassù. Le teniamo per i casi di emergenza. Acce-
se infatti un paio di bianche candele, fissate su due caratteri-
stiche bugie di ottone, e fece strada verso il grande baule in
cui erano contenuti i costumi.
Non appena Helen sollevò il pesante coperchio, Nancy
esclamò estasiata:
– Che stupendi vestiti!
Aveva intravisto, in uno dei due scomparti, vari capi di
seta, raso e pizzo, e nell'altro, ripiegato con cura, un bellis-
simo abito di velluto rosa. Le due ragazze cominciarono su-
bito a tirar fuori i vecchi costumi, reggendoseli davanti spie-
gati per poterli ammirare.
– Sono molto più graziosi di quelli che si usano oggi –
osservò Helen. – Specialmente quelli degli uomini!
– E molto più seducenti! – aggiunse sorridendo la Si-
gnorina Flora.
Prima che ciascuna avesse fatto la sua scelta, il baule
era stato svuotato completamente.
– Che ne direste, Nancy, di questa gonna a crinolina, di
seta verde pallido? Vi donerebbe moltissimo – disse la Si-
gnorina Flora – e credo sia proprio della vostra misura.
Nancy osservò un po' perplessa lo stretto giro della cin-
tura.
– Proverò a indossarla… ma temo che dovrò trattenere
il fiato per riuscire ad agganciare la fibbia – disse ridendo. –
Avevano un vitino ben sottile le donne di una volta!
Helen stava esaminando un vestito da uomo in velluto
color porpora, con calzoni alla zuava e una vistosa guarni-
zione a pizzi e a sbuffi sul davanti del corpetto. Un cappello
a forma di tricorno, lunghe calze bianche e un paio di bab-
bucce con fibbia completavano il costume.
– Io metterò questo e ti farò da cavaliere, Nancy! – dis-
se. Ma non appena si fu tolta le scarpe ed ebbe infilato i piedi
nelle babbucce, tutte scoppiarono a ridere. L'uomo che a suo
tempo le aveva portate doveva aver avuto un piede due volte
più grande del suo.
– Niente paura – disse Helen allegramente. – Le imbot-
tirò con un po' di carta.
La Signorina Flora e zia Rosemary scelsero due costumi
anche per sé e poi aprirono uno scatolone che si trovava in
fondo al baule. Conteneva parrucche di varie fogge, di quelle
in uso nel periodo coloniale, che erano ancora candide e va-
porose.
Portando con sé abiti e parrucche, le quattro donne si ri-
tirarono nelle rispettive camere da letto per abbigliarsi, e po-
co dopo scesero al pianterreno. La Signorina Flora guidò il
gruppetto attraverso l'atrio fino alla stanza che si apriva di
fronte al salotto.
– Una volta – spiegò – il salotto era questo. In seguito fu
trasformato in biblioteca, ma la spinetta è sempre rimasta
qui.
L'anziana signora sedette al vecchio strumento e comin-
ciò a suonare un minuetto. Zia Rosemary aveva preso posto
accanto a lei.
Nancy ed Helen, nominate all'istante Miss e Mister A-
merica Coloniale, iniziarono la danza. Congiunsero le destre
in alto, fecero due passi indietro, quindi s'inchinarono con
garbo. Poi presero a girare in circolo, ora in un senso, ora
nell'altro, avanzando con molto sussiego ed eseguendo persi-
no alcuni passi che sarebbero riusciti assolutamente nuovi ai
danzatori del periodo coloniale.
Zia Rosemary sorrideva divertita mentre batteva il tem-
po con le mani.
– Peccato che il Presidente Washington non sia qui a
vedervi! – disse, intervenendo a dirigere la danza. – Mada-
migella, vogliate concedere un bis, prego. E voi, Messere,
accompagnate la vostra graziosa dama!
Le due ragazze si trattenevano a stento dal ridere. Helen
si tolse il tricorno, fece un profondo inchino alla zia e disse:
– Al vostro servizio, Milady. Ogni vostro desiderio è un
ordine per me!
Il minuetto fu ripetuto fino a che la Signorina Flora non
ebbe terminato di suonare. Poi le due ragazze corsero a se-
dersi accanto a lei e a zia Rosemary.
– Oh, se mi sono divertita! – disse Nancy. – A volte mi
piacerebbe… Silenzio! – ordinò all'improvviso.
Forti grida giungevano dal di fuori.
– Presto! Voi di casa! Presto, venite!
In un lampo Nancy ed Helen raggiunsero la porta d'in-
gresso. Nancy accese la luce esterna e insieme si precipitaro-
no fuori.
– Da questa parte! – gridò una voce d'uomo.
Le due ragazze scesero i gradini del portico e corsero at-
traverso il prato in direzione della voce. L'uomo che si trova-
rono dinanzi era Tom Patrick, l'agente di polizia. Le sue ma-
ni d'acciaio stringevano come in una morsa un ometto ma-
gro, piuttosto curvo, dell'età approssimativa di cinquant'anni.
– È questo il vostro fantasma? – domandò il poliziotto.
Il prigioniero si divincolava nel vano tentativo di liberarsi.
Le ragazze si avvicinarono per osservarlo meglio.
– L'ho sorpreso mentre scivolava quatto quatto fra i ce-
spugli ai margini del parco – disse Tom Patrick.
– Lasciatemi! – gridò l'uomo rabbiosamente. – Io non
sono un fantasma! Che razza di storia è questa?
– Non sarai un fantasma – disse il poliziotto – ma potre-
sti essere il ladro che è venuto a rubare in questa casa.
– Rubare io? – protestò il prigioniero. – Nossignore!
Abito qui vicino e mi conoscono tutti. Chiunque vi dirà che
sono una persona onesta.
– Chi siete? Dove abitate? – incalzò il poliziotto, allen-
tando la stretta, ma tenendolo sempre saldamente per un
braccio.
– Mi chiamo Albert Watson e abito a Tuttle Road, poco
lontano da qui.
– Cosa facevate in questa tenuta?
Albert Watson disse che era passato di lì per abbreviare
la strada verso casa. La macchina quella sera era servita a
sua moglie.
– Sono stato a trovare un amico. Telefonategli se volete
verificare! E potete telefonare anche a mia moglie. Proba-
bilmente a quest'ora è rincasata e verrà a prendermi.
Il poliziotto ricordò ad Albert Watson che non gli aveva
ancora spiegato perché cercasse di nascondersi.
– Be', – disse il prigioniero – è stato per causa vostra.
Avevo
sentito dire, giù in città, che c'era un agente di sorve-
glianza alla villa e non avevo nessuna voglia d'incontrarmi
con lui. Invece è successo proprio quel che temevo. – L'uo-
mo parve rilassarsi un poco. – Oh, siete in gamba come
guardia, non c'è che dire!
Il poliziotto lasciò libero il braccio di Albert Watson.
– Mi sembra una storia convincente – disse. – Comun-
que sarà necessario fare qualche telefonata, per accertarsi
che abbiate detto la verità.
– Troverete tutto in regola, state sicuro! Tra l'altro sono
un notaio. Figuriamoci! Non lo danno alla gente disonesta il
permesso di esercitare una professione come la mia! – insi-
stette il signor Watson. A questo punto fissò due occhi stupi-
ti sulle ragazze. – E voi, cosa ci fate con quei buffi vestiti
addosso?
– Noi… siamo… stavamo dando una festicciola ma-
scherata.
– Nell'eccitazione si erano completamente dimenticate
del loro strano abbigliamento.
Nancy ed Helen tornarono verso la villa, seguite dai due
uomini. Quando il signor Watson e l'agente videro la Signo-
rina Flora e zia Rosemary anch'esse in costume, i loro volti
assunsero un'espressione divertita.
Nancy presentò il signor Watson. La Signorina Flora
disse che lo conosceva di nome, sebbene non lo avesse mai
incontrato.
Due brevi telefonate da parte dell'agente confermarono
quanto il signor Watson aveva dichiarato. Poco dopo la mo-
glie di quest'ultimo arrivava a Villa degli Olmi e si portava a
casa il marito, mentre l'agente Patrick tornava al suo servizio
di vigilanza notturna.
Zia Rosemary spense tutte le luci al pianterreno e s'av-
viò su per lo scalone dietro alla Signorina Flora e alle ragaz-
ze. Quindi le quattro donne si ritirarono nelle loro stanze,
badando bene a chiudere le porte a chiave e sperando in una
notte più tranquilla della precedente.
– È stata una bella giornata – disse Helen sbadigliando,
mentre s'infilava sotto le coperte.
– Certo – rispose Nancy. – Per la verità sono un po' de-
lusa che le nostre indagini non abbiano dato i risultati che mi
aspettavo, oggi. Però io spero che domani a quest'ora…
Si girò verso l'amica che non diceva nulla. Helen era già
profondamente addormentata.
Pochi minuti dopo anche Nancy era a letto. Rimase a
contemplare il soffitto, passando mentalmente in rassegna i
vari avvenimenti di quei due giorni trascorsi a Villa degli
Olmi. Ripensò anche alla scena di poche ore prima, allorché
nella soffitta avevano estratto i costumi dal grande baule. A
questo punto ebbe un sussulto improvviso.
– La parte di muro dietro al baule! – disse fra sé. – Il ri-
vestimento in quel punto appariva diverso dal resto della pa-
rete. Forse è spostabile e conduce a qualche uscita segreta.
Domani lo saprò!
10
La mattina seguente, non appena si svegliarono, Nancy
disse ad Helen ciò che intendeva fare.
– Sono con te – disse Helen. – Vorrei proprio che questo
mistero del fantasma si chiarisse una volta per sempre! Ho
l'impressione che la salute della Signorina Flora cominci a
risentirne, sebbene si ostini a non voler lasciare Villa degli
Olmi.
– Potremmo suggerire a zia Rosemary di convincerla
almeno a rimanere in giardino, durante il giorno – propose
Nancy. – Fuori è bellissimo. Si potrebbe anche servire il
pranzo all'aperto, sotto gli alberi.
– Sono sicura che la troveranno una magnifica idea –
disse Helen. – Glielo diremo appena saremo scese.
Le due signore accettarono con gioia. Zia Rosemary in-
tuì subito le vere ragioni di quella proposta e apprezzò molto
il gesto delle due ragazze.
– Penserò io a lavare i piatti – disse Nancy, quando eb-
bero terminato di far colazione. – Signorina Flora, perché
non uscite un poco con zia Rosemary a godervi questo sole
meraviglioso?
L'anziana signora accennò un mite sorriso. Dai suoi oc-
chi profondamente segnati era facile capire che aveva tra-
scorso una notte insonne.
– E intanto io mi darò da fare con l'aspirapolvere. In
meno di mezz'ora il pianterreno sarà lucido come uno spec-
chio – disse Helen con gioiosa intraprendenza.
Madre e figlia le guardarono entrambe con profonda
simpatia, conquistate dal loro entusiasmo giovanile.
– Come vorrei che poteste rimanere sempre qui con noi!
– disse la Signorina Flora. – Nonostante tutti i guai che ab-
biamo, voi avete riportato una nota di gaiezza nella nostra
vita. Le ragazze ricambiarono il suo complimento con un
sorriso e, non appena le due donne furono uscite, si misero al
lavoro di gran lena.
Helen mantenne l'impegno, e allo scadere della mezz'o-
ra prestabilita, non vi era un granello di polvere in tutto il
pianterreno. Poi passarono al primo piano. Nancy ed Helen
rifecero i letti a tempo di record e pulirono le stanze da ba-
gno.
– E adesso caccia al fantasma! – disse Helen, brandendo
la sua torcia elettrica.
Nancy tirò fuori la sua da un cassetto dello scrittoio.
– Vorrei vedere se si riesce a trovare un sistema per sali-
re le scale della soffitta senza far cigolare i gradini – suggerì
Nancy. – Potrebbe tornarci utile prima o poi.
Non fu una cosa facile. Dovettero saggiare i gradini cen-
timetro per centimetro, prima di giungere ad elaborare una
tecnica che permettesse di arrivare in cima alla scala senza
far rumore.
– È un vero e proprio test di memoria, Nancy – osservò
Helen ridendo. – Ora proverò a fare un ripasso generale dei
vari movimenti. Primo scalino: piede a sinistra vicino al mu-
ro. Secondo: piede al centro. Terzo: piede contro la parete
destra. Bisognerebbe aver tre piedi per riuscirci! Anche
Nancy scoppiò a ridere.
– Credo convenga saltare il secondo scalino. Vediamo
un po…' Sul quarto e quinto il centro va benissimo, sul sesto
bisogna accostarsi alla parete sinistra, sul settimo a quella
destra…
– L'ottavo scricchiola in tutti i punti – intervenne Helen.
– Perciò occorre saltarlo.
– Il nove, dieci e undici sono a posto – continuò Nancy
ma di lì al quindici, che è l'ultimo, la cosa si fa complicata.
– Vediamo se ricordo – disse Helen. – A sinistra sul do-
dici, poi a destra, poi ancora a destra. Ma com'è possibile far
questo senza saltale su un piede solo, col rischio di perdere
l'equilibrio e ruzzolare in fondo alla scala?
– Si potrebbe scavalcare anche il quattordici e, allun-
gandosi al massimo, cercare di arrivare all'ultimo scalino
dalla parte sinistra, dove non scricchiola – suggerì Nancy. –
Proviamo! Tornarono insieme ai piedi della scala e iniziaro-
no quella che avrebbe dovuto essere una salita silenziosa, ma
i primi tentativi furono piuttosto deludenti. Sia l'una che l'al-
tra commisero tanti errori, che i cigolìi non si potevano con-
tare. Alla fine però, quando ebbero imparato perfettamente a
memoria tutta la serie dei passi, furono in grado di salire la
scala senza fare il minimo rumore.
Nancy accese la sua lampada e diresse il fascio lumino-
so sulla parete più vicina. Helen ne esaminò attentamente la
superficie.
– Questo rivestimento – osservò – è fatto di piccoli ri-
quadri. Non vi sono pannelli unici dal pavimento al soffitto.
– Sì – disse Nancy – ma prova a guardare la sezione die-
tro al baule dei costumi, vicino a dove passa il camino. Non
sembra anche a te che sia un po' diversa dal resto? La vena-
tura del legno non è la stessa.
Le due ragazze attraversarono la soffitta e Nancy illu-
minò il punto sospetto.
– Hai ragione – disse Helen. – Potrebbe veramente trat-
tarsi di una porta. Però non c'è traccia di una maniglia o di
qualche altro aggeggio per aprirla.
La ragazza si chinò ad esaminare un pannello rettango-
lare all'altezza del pavimento, seguendo con un dito la linea
delle commessure. La sua superficie era all'incirca di un me-
tro quadrato.
– Se è una porta segreta – disse Nancy – la maniglia è
dall'altra parte.
– Hai qualche idea di come aprirla? – domandò Helen.
– Si potrebbe tentare di forzarla – rispose Nancy. – Pri-
ma però vorrei controllare nel solito modo.
La giovane investigatrice saggiò l'intera superficie del
riquadro con le nocche della mano, ma alla fine dell'opera-
zione un'espressione delusa si dipinse sul suo volto.
– Non c'è nessuno spazio vuoto qui dietro – disse con-
trariata.
– Meglio accertarsene! – insistette Helen. – Vuoi che
scenda a prendere un martello e un cacciavite? Vediamo co-
sa succede conficcando il cacciavite in una di queste fessure.
– Buona idea, Helen!
Rimasta sola, Nancy esaminò il pavimento e le pareti
della soffitta, senza trovare nient'altro di sospetto. Nel frat-
tempo l'amica era tornata con gli attrezzi. Helen inserì il cac-
ciavite in un punto della fessura e cominciò a picchiare col
martello. Nancy stava a guardare piena di speranza. Ai primi
colpi il cacciavite penetrò con estrema facilità, ma quasi su-
bito incontrò un intoppo e si arrestò. Helen lo sfilò e lo porse
a Nancy insieme al martello.
– Vuoi provarci tu, Nancy?
La giovane investigatrice scelse un punto diverso, ma il
risultato fu lo stesso. Non c'era proprio alcuno spazio vuoto
dietro quella parete della soffitta.
– E pensare che mi era sembrata un'idea così luminosa!
– sospirò Nancy.
Helen propose di rinunciare e di tornar giù.
– Pazienza! – disse sorridendo. – Comunque a momenti
dovrebbe arrivare il postino e io aspetto una lettera di Jim.
Mamma ha promesso di girarmi qui tutta la posta.
Nancy era restia ad abbandonare l'impresa così presto;
tuttavia non si oppose e accennò vagamente in direzione del-
la scala, come per invitare l'amica a precederla. La giovane
investigatrice rimase seduta sul pavimento della soffitta, te-
nendosi il mento fra le mani. Mentre guardava assorta davan-
ti a sé, notò che Helen, nella sua impazienza d'incontrare il
postino, non si era certo preoccupata di scendere la scala in
silenzio. Sembrava quasi che avesse cercato di proposito il
punto più rumoroso di ogni scalino!
Nancy la udì uscire dalla porta principale e immediata-
mente si rese conto di essere sola nella grande casa.
– Questo potrebbe invogliare il fantasma a fare una visi-
tina
– pensò. – Se era qui intorno, potrebbe credere che io
sia uscita con Helen. Sarebbe una magnifica occasione per
scoprire l'entrata segreta!
Nancy restò seduta perfettamente immobile, ascoltando
attentamente ogni minimo rumore. Improvvisamente drizzò
la testa.
Era la sua immaginazione o aveva sentito i gradini cigo-
lare? No, non si sbagliava! Nancy tese le orecchie cercando
di stabilire di dove provenissero i rumori.
– Non vengono dalla scala della soffitta, e neppure dalla
scala principale. Quella posteriore non può essere. Anche
ammettendo che il fantasma sia entrato nella cucina e abbia
aperto in qualche modo la prima porta, egli sa certamente
che la seconda, alla sommità della scala, è chiusa a chiave
dall'altra parte.
Il cuore di Nancy cessò di battere per un istante. Adesso
era sicura che i cigolii provenivano da qualche punto al di là
della parete della soffitta!
– Una scala segreta! – pensò, al colmo dell'eccitazione.
– Forse il fantasma sta entrando al primo piano.
Nancy aspettò finché i rumori cessarono, quindi si alzò,
scese in punta di piedi la scala della soffitta e si fermò a
guardarsi attorno. Non si sentiva più nulla. Che il fantasma
se ne stesse tranquillamente in una delle camere da letto?
Magari in quella della Signorina Flora?
Avanzando nel massimo silenzio, Nancy fece il giro
delle stanze, sbirciando dentro ciascuna con molta cautela,
ma attentamente. Non vide nessuno.
– Sarà al pianterreno! – pensò.
Scese lo scalone principale tenendosi rasente al muro,
per non far rumore. Come ebbe raggiunto il pianterreno, an-
dò a guardare nel salotto, ma non vide nessuno. Guardò nella
biblioteca, nella sala da pranzo, nella cucina. Nessuno!
– Il fantasma non è entrato in casa – concluse Nancy. –
Può darsi che questa fosse la sua intenzione, ma che poi, per
qualche motivo, abbia cambiato idea. – Ora comunque era
più certa che mai che vi fosse un'entrata segreta nella villa, e
una scala che conduceva a quell'entrata, una scala nascosta.
Ma come scoprirla?
– Ho trovato! – disse la giovane facendo schioccare le
dita.
– Preparerò una trappola per il fantasma!
Rifletté sul fatto che in un primo tempo il fantasma ave-
va preso di mira la gioielleria, ma poi quei furti erano cessa-
ti. Si sarebbe detto che non si fidasse più tanto ad andare al
primo piano.
Voglio vedere se per caso è sparito qualcosa al pianter-
reno
– pensò fra sé. – Potrebbe aver rubato qualche pezzo di
argenteria o essersi limitato a prelevare un po' di provviste.
Nancy si diresse alla porta posteriore e dalla soglia chiamò
Helen che era seduta in giardino con la Signorina Flora
e zia Rosemary.
– Cominciamo a preparare il pranzo? – disse, non vo-
lendo sollevare l'argomento del fantasma in presenza della
Signorina Flora.
– Vengo immediatamente – rispose Helen, e subito do-
po raggiunse Nancy, che le chiese se avesse ricevuto la tanto
sospirata lettera.
Gli occhi di Helen scintillarono.
– Certo che l'ho ricevuta! Oh, Nancy, non vedo l'ora che
Jim torni a casa!
Nancy sorrise.
– Dal modo in cui me l'hai descritto, ti confesso che
anch'io non vedo l'ora di conoscerlo.
Poi disse ad Helen la vera ragione per cui l'aveva fatta
venire in cucina. Le parlò dei passi che aveva udito su quella
che doveva essere una vecchia scala segreta, e aggiunse:
– Se riusciamo a scoprire che è sparito del cibo o qual-
cos'altro, avremo la prova che è stato qui di nuovo.
Helen s'incaricò di verificare il numero delle posate
d'argento.
– So pressappoco quanti pezzi dovrebbero esserci nel
cassetto della credenza.
– E io controllerò le provviste – decise Nancy. – Ho una
idea abbastanza precisa di quel che c'era nel frigorifero e nel-
la dispensa.
Non ci fu bisogno di molto tempo per scoprire che man-
cavano parecchie cose. Helen disse che una dozzina di cuc-
chiaini da tè avevano preso il volo, e Nancy calcolò che era-
no sparite parecchie scatole di cibi vari, alcune uova e un
litro di latte.
– Sorprendere questo ladro sembra davvero impossibile!
– disse Helen con un sospiro.
Obbedendo a un'ispirazione improvvisa, Nancy staccò
dalla parete un block-notes e una matita e, mettendosi un di-
to sulla bocca, fece segno a Helen di non parlare. Poi scrisse
su un foglietto:
– Penso che l'unico modo di catturare il fantasma, sia
tendergli una trappola. Credo che abbia sistemato uno o più
microfoni qui nella casa e che senta tutti i nostri discorsi.
Nancy alzò la testa e guardò Helen, che approvò in silenzio,
quindi continuò a scrivere:
– Non voglio mettere in ansia la Signorina Flora e zia
Rosemary; perciò non parleremo loro del nostro piano. Que-
sta sera andremo a letto come al solito e improvviseremo una
conversazione su ciò che contiamo di fare domani. Però non
ci toglieremo i vestiti e resteremo sveglie. Verso mezzanotte
scenderemo senza far rumore e staremo di guardia al pianter-
reno. Io mi metterò in cucina. Tu potresti andare nel salotto.
Sei d'accordo?
Helen accennò di sì. Nancy però si rese conto che, se
qualcuno stava ad origliare, quel lungo silenzio avrebbe po-
tuto insospettirlo. Perciò disse forte:
– Cosa pensi che gradirebbero per pranzo la Signorina
Flora e zia Rosemary?
– Be', ehm… – Helen trovò una certa difficoltà a con-
centrarsi sul nuovo argomento. – Direi… ehm… A loro pia-
ce… la minestra!
– Benissimo. Allora preparerò zuppa alla crema di pollo
– disse Nancy. – Prendimi una scatola di carne di pollo e una
di riso, per favore. Al latte penso io.
Mentre Helen si avviava alla dispensa, Nancy accese un
fiammifero, tenne sospeso sull'acquaio il foglietto appena
scritto e vi appiccò fuoco. Helen sorrise.
– Nancy pensa a tutto – disse fra sé. Le ragazze conti-
nuarono a chiacchierare allegramente mentre cucinavano, e
infine servirono il pranzo in giardino su quattro vassoi. Natu-
ralmente non fecero parola del loro piano per la mezzanotte.
Lo stare all'aria aperta sembrava giovare sensibilmente alla
Signorina
Flora e le ragazze erano certe che quella notte avrebbe
dormito bene.
Il piano di Nancy fu eseguito alla lettera. Nel momento
esatto in cui il grande orologio a pendolo nel salone d'ingres-
so scandiva i dodici tocchi, Nancy raggiunse la cucina e se-
dette, aspettando gli eventi. Helen si era sistemata in una pol-
trona del salotto, vicino alla porta ad arco che dava nell'atrio.
Il chiarore della luna penetrava nelle due stanze illuminando-
le parzialmente, ma le ragazze si erano appostate nell'ombra.
Helen ripassò mentalmente le nuove istruzioni che
Nancy le aveva comunicato per iscritto nel pomeriggio. Nel
caso che avesse scorto qualcuno, avrebbe dovuto correre alla
porta d'ingresso e gridare: "polizia!". Contemporaneamente
avrebbe cercato di non perdere di vista l'intruso per essere in
grado di dire da che parte era fuggito.
I minuti passavano. Nella grande casa regnava il più
profondo silenzio. Poi, all'improvviso, Nancy udì la porta
d'ingresso spalancarsi con un colpo violento e la voce di He-
len, forte, distinta, che gridava: – Polizia! Aiuto! Polizia!
11
Nancy si precipitò di corsa attraverso l'atrio. Prima che
raggiungesse la porta, l'agente di polizia Tom Patrick era già
entrato in casa.
– Eccomi qua! – esclamò. – Cosa succede?
Helen fece strada verso il salotto e accese il lampadario.
– Quel sofà vicino al caminetto – disse con voce tre-
mante.
– Si è mosso! L'ho visto muoversi!
– Volete dire – precisò il detective – che qualcuno lo ha
mosso?
– Io… non so rispose Helen. – Non ho visto nessuno.
Nancy si avvicinò all'antiquato sofà, chiuso tra un lato
del caminetto e l'angolo della stanza. Non vi erano dubbi che
il mobile fosse al suo posto, ora. Se il fantasma lo aveva
mosso, doveva essersi affrettato a rimetterlo nella sua posi-
zione normale.
– Proviamo a spostarlo e vediamo se si trova qualcosa –
suggerì Nancy.
Lei e il poliziotto afferrarono il mobile alle due estremi-
tà e lo trascinarono in avanti. Nancy non poté fare a meno di
considerare che solo una persona molto robusta avrebbe po-
tuto spostarlo da sola.
– Pensate che il vostro fantasma sia entrato da una boto-
la o qualcosa di simile? – domandò il detective.
Nessuna delle due ragazze rispose. La stanza era già sta-
ta ispezionata senza risultato nei giorni precedenti, e anche
ora, esaminando ogni centimetro delle pareti che delimitava-
no lo spazio occupato dal mobile, non trovarono nulla che
potesse far pensare a un'apertura di qualsiasi genere. Helen
cominciava a sentirsi imbarazzata.
– Io credo… credo di essermi sbagliata – disse alla fine.
Poi, rivolta al poliziotto, aggiunse: – Sono davvero desolata
di avervi disturbato senza ragione.
– Non dovete preoccuparvi per questo, signorina – ri-
spose quegli. – Ora però devo tornare al mio servizio.
Ciò detto l'agente Tom Patrick lasciò la casa.
– Oh, Nancy! – proruppe Helen quasi piangendo. – Co-
me mi dispiace!
Stava per aggiungere dell'altro, ma Nancy la zittì por-
tandosi un dito alle labbra. Avrebbero avuto altre occasioni
di impiegare la stessa tattica per intrappolare il ladro e, nel
caso che questi le stesse ascoltando, Nancy non voleva tradi-
re il loro segreto.
La giovane pensò che, dopo tutto quel trambusto, il fan-
tasma non si sarebbe più fatto vivo per quella notte. Senza
parlare, fece capire all'amica che non restava se non andare a
dormire.
Procedendo come prima a ridosso del muro, salirono in
silenzio lo scalone, raggiunsero la loro camera in punta di
piedi e s'infilarono a letto.
– Meno male che la Signorina Flora e zia Rosemary non
si sono svegliate – disse Helen, augurando con voce assonna-
ta la buona notte.
La mattina dopo Nancy dovette constatare che, contro le
sue previsioni, il fantasma era tornato quella notte stessa per
prelevare altre provviste dalla dispensa. Doveva aver agito a
qualche ora tra la mezzanotte e le otto del mattino, quando
lei ed Helen erano scese a fare colazione. Nancy si domandò
se il fantasma rubasse il cibo per suo uso personale o se l'u-
nico scopo di quegli strani furti fosse quello di molestare gli
occupanti della Villa degli Olmi.
– Mi sono lasciata sfuggire un'occasione d'oro – sussur-
rò all'amica. – D'ora innanzi mi guarderò dall'azzardare ipo-
tesi sulle probabili mosse del fantasma!
Verso le nove Hannah Gruen telefonò a Villa degli Ol-
mi e fu Nancy a rispondere. Dopo il consueto scambio di sa-
luti, la ragazza ebbe la sorpresa di sentirsi dire:
– Vorrei parlare con tuo padre.
– Ma Hannah, papà non è qui! – rispose Nancy. – Non
ricordi il telegramma? Diceva che non sarebbe venuto.
– Non è lì! – esclamò Hannah. – Oh, Nancy, che guaio!
Che brutto guaio!
– Che intendi dire? – chiese Nancy trepidante.
La signora Gruen spiegò che, subito dopo l'arrivo del te-
legramma quella sera di martedì, il signor Drew in persona
aveva telefonato.
– Voleva sapere se eri ancora a Villa degli Olmi, Nancy.
Gli risposi di sì e allora disse che l'indomani avrebbe fatto
tappa a Cliffwood per venire a trovarti.
Benché fosse molto spaventata, Nancy domandò con
voce ferma:
– Ricordi di avergli parlato del telegramma?
– No, non gliene parlai – rispose la governante. – Mi
sembrò del tutto inutile.
– Hannah cara – disse Nancy con le lacrime agli occhi –
quel telegramma era falso!
– Falso? – esclamò la signora Gruen.
– Sì. Lo hanno spedito i nemici di papà per evitare che
gli andassi incontro alla stazione.
– Oh, Nancy! – gemette la donna. – Non vorrai dire che
quelle persone contro cui ti aveva messo in guardia il signor
Gomber, hanno teso un tranello a tuo padre e lo tengono pri-
gioniero?
– Temo di sì – disse Nancy. Le parve che le ginocchia
non la reggessero più e si lasciò cadere nella poltrona accan-
to al tavolino del telefono.
– Che possiamo fare? – domandò Hannah. – Vuoi che
avverta la polizia?
– No, non ancora. Voglio prima fare un controllo per
conto mio.
– D'accordo, Nancy, ma fammi sapere subito qualcosa,
ti prego!
– Lo farò.
Nancy posò il ricevitore ed esaminò in fretta i vari elen-
chi telefonici che si trovavano sul tavolino. Quando ebbe
trovato quello di River Heights, cercò il numero dell'ufficio
telegrafico e fece una chiamata. All'impiegato che venne a
rispondere chiese di verificare se fosse arrivato un tele-
gramma da parte del signor Drew, il martedì precedente. La
risposta si fece attendere solo qualche minuto.
– Il telegramma di cui parlate non risulta nei nostri regi-
stri. Nancy ringraziò l'impiegato e riagganciò.
Le mani le tremavano. Cos'era accaduto a suo padre?
Nancy cercò di non perdere la testa e cominciò una serie di
telefonate. Chiamò l'aeroporto, la stazione ferroviaria e le
varie linee degli autobus che servivano Cliffwood. S'informò
su eventuali incidenti verificatisi il giorno prima, o la notte
di martedì, nei viaggi da Chicago. Le risposte che ottenne
furono tutte negative.
– Dio mio, che fare? – pensò Nancy al colmo dello
sgomento. All'improvviso le venne un'idea e chiamò l'hotel
di Chicago presso il quale suo padre aveva preso alloggio.
Era molto improbabile, ma poteva darsi che il signor Drew
avesse cambiato nuovamente idea e si trovasse ancora là. Un
breve colloquio con l'addetto all'accettazione le tolse anche
quest'ultima speranza.
– No, il signor Drew non è qui. Ha lasciato l'albergo
martedì sera. Non so che progetti avesse. Posso farvi parlare
coll'usciere capo. Forse lui è in grado di dirvi qualcosa di
più. Pochi secondi dopo Nancy parlò con l'usciere. Gli chiese
se poteva darle qualche informazione che l'aiutasse a far luce
sulla scomparsa di suo padre.
– Il signor Drew mi disse che intendeva recarsi a trovare
sua figlia in un certo posto, e che sarebbe partito in treno
quella sera stessa per arrivare la mattina di mercoledì. Que-
sto è tutto quello che so, signorina.
– Oh, grazie! Grazie infinite! – disse Nancy. – Mi siete
stato di grande aiuto.
Dunque suo padre era partito da Chicago in treno e con
ogni probabilità era giunto alla stazione di Cliffwood. Ora si
trattava di scoprire cosa gli era successo da quel momento in
poi!
Nancy raccontò ogni cosa a zia Rosemary e ad Helen,
quindi salì nella sua spider e andò direttamente alla stazione
di Cliffwood. Qui si rivolse al controllore, il quale però, in
base alla descrizione di Nancy, non fu in grado di identifica-
re il signor Drew fra i passeggeri che erano scesi dai due tre-
ni in arrivo da Chicago il mercoledì.
Nancy andò a parlare ai tassisti che facevano servizio
alla stazione. A giudicare dal numero delle auto, dovevano
esserci tutti. Nessun treno era partito da circa un'ora e vi era
un direttissimo in arrivo di lì a quindici minuti.
– Sono fortunata – si disse la giovane investigatrice. –
Uno di questi uomini avrà senz'altro dato un passaggio al
babbo. Interpellò gli autisti uno dopo l'altro, ma tutti negaro-
no di aver trasportato il giorno prima un passeggero che ri-
spondesse alla descrizione del signor Drew.
A questo punto Nancy fu presa dal panico. Entrò di cor-
sa nella stazione, si precipitò a una cabina telefonica e chia-
mò la centrale di polizia. Chiese di parlare col capitano e fu
messa subito in comunicazione con lui.
– Qui è il capitano Rossland – disse questi con voce vi-
brante. Nancy gli raccontò ogni cosa dal principio. Gli parlò
dell'avvertimento che suo padre aveva ricevuto a River
Heights e disse che temeva che qualcuno dei suoi nemici lo
avesse rapito e lo tenesse prigioniero.
– È una cosa molto seria, signorina Drew – dichiarò il
capitano Rossland. – Darò ordine ai miei uomini di occupar-
sene subito.
Nel momento in cui Nancy usciva dalla cabina, una si-
gnora dall'aspetto piuttosto imponente e con i capelli grigi le
si avvicinò.
– Perdonate, signorina, ma non ho potuto fare a meno di
sentire ciò che dicevate. Credo di potervi aiutare.
Nancy la guardò tra meravigliata e incredula. Le balenò,
tra l'altro, il sospetto che la donna potesse essere una compli-
ce dei rapitori e che meditasse di far cadere in trappola anche
lei, col pretesto di condurla da suo padre!
– Perché quell'aria spaventata? – disse la signora con un
sorriso. – Volevo solo dirvi che io vengo in stazione ogni
giorno per raggiungere in treno la prima cittadina dopo Clif-
fwood. Sono infermiera e assisto un malato che abita là.
– Capisco – disse Nancy.
– Bene, ieri ero qui quando è arrivato il treno da Chica-
go.
Ho notato un signore alto, elegante, fra i passeggeri che
ne sono scesi. Era proprio come voi avete descritto vostro
padre. L'ho visto salire sul taxi di un autista che si chiama
Harry, ma ho l'impressione che, per qualche motivo, questi
non abbia voluto dirvi la verità. Venite a parlargli insieme a
me! Nancy seguì la signora, col cuore che le batteva furio-
samente. Era pronta ad aggrapparsi anche al più piccolo in-
dizio pur di sapere qualcosa sulla sorte di suo padre.
– Buongiorno, signorina Skade – disse il tassista. – Co-
me andiamo oggi?
– Oh, benissimo – rispose l'infermiera. – Ascoltate,
Harry. Voi avete detto a questa ragazza di non aver traspor-
tato nessun passeggero che somigliasse a suo padre. Io inve-
ce ho visto salire sul vostro taxi un uomo tale quale lo ha de-
scritto lei. Come la mettiamo?
Harry abbassò la testa.
– Statemi a sentire, signorina – disse rivolto a Nancy,
ma evitando di guardarla in faccia. – Io ho tre marmocchi e
non voglio che succeda loro niente di male. Non so se mi
sono spiegato…
– Che intendete dire? – domandò Nancy senza riuscire a
comprendere.
Siccome l'uomo non rispondeva, la signorina Skade dis-
se:
– Harry, questa ragazza teme che suo padre sia stato ra-
pito. Credo abbiate il dovere di dirle tutto quel che sapete.
– Rapito! – esclamò l'uomo. – Accidenti! E ora che fac-
cio? All'improvviso Nancy credette di capire.
– Siete stato minacciato da qualcuno, Harry? – doman-
dò. L'uomo la guardò per un attimo con gli occhi fuori dalle
orbite.
– E va bene! – disse. – Dal momento che lo avete indo-
vinato, vi dirò tutto.
Raccontò che un signore, il cui aspetto corrispondeva
alla descrizione di Nancy, era salito sul suo taxi e aveva
chiesto di essere condotto a Villa degli Olmi.
– Proprio mentre stavo per partire, arrivarono due uo-
mini e saltarono dentro. Dissero che andavano appunto da
quelle parti, solo un po' più lontano, e mi domandarono se
ero disposto a prendere anche loro. Be', circa a metà strada,
uno dei due mi ordinò di fermare. Disse che il forestiero si
era sentito male. Lui e il suo amico scesero dalla macchina e
adagiarono sull'erba l'uomo svenuto.
– Stava molto male? – domandò Nancy.
– Non saprei dirvi! Aveva perso conoscenza. In quell'i-
stante sopraggiunse una macchina e si fermò. Il conducente
scese e si offrì di portare vostro padre all'ospedale. Gli altri
due furono d'accordo.
Nancy riprese animo. Forse suo padre si trovava all'o-
spedale e non vi era stato nessun rapimento! Le sue speranze
crollarono non appena Harry, continuando il racconto, ag-
giunse:
– A questo punto dissi che forse era meglio che portassi
io quell'uomo all'ospedale, ma uno di quei tizi si voltò e, agi-
tandomi un pugno sotto il naso, urlò: "Tu pensa solo a di-
menticare quello che hai visto, se ti preme la salute tua e dei
tuoi bambini!".
– Oh! – gemette Nancy. Per un attimo ogni cosa sembrò
fluttuare davanti ai suoi occhi e dovette aggrapparsi alla ma-
niglia dell'auto per non cadere. Ora non c'era più alcun dub-
bio: quegli uomini avevano rapito suo padre, dopo avergli
somministrato un narcotico!
12
La signorina Skade afferrò Nancy, sostenendola.
– Vi sentite male? – chiese premurosamente l'infermie-
ra.
– Oh, mi passerà subito – rispose Nancy. – Questa noti-
zia è stata un duro colpo per me.
– Posso fare qualcosa per aiutarvi? – chiese la donna. –
Ne sarei veramente felice.
– Vi ringrazio, ma temo di no – rispose la giovane. Si
sforzò di sorridere e aggiunse: – Ora comunque devo darmi
da fare per andare a fondo di questa brutta faccenda. L'in-
fermiera avanzò l'ipotesi che il signor Drew fosse ricoverato
in qualche ospedale della zona e diede a Nancy i nomi dei tre
che si trovavano in città.
– Telefonerò immediatamente – disse la giovane inve-
stigatrice.
– Siete stata molto gentile. Il vostro treno sta per arriva-
re, signorina Skade. Addio! E ancora infinite grazie per il
vostro aiuto!
Harry scese dal suo taxi e si avviò alla piattaforma per
mettersi a disposizione di eventuali clienti. Nancy lo rincorse
e, prima che il treno entrasse in stazione, lo pregò di descri-
verle i due uomini che erano stati con suo padre.
– Be', erano tutti e due bruni e di taglia atletica. Non che
avessero un bell'aspetto, intendiamoci! A uno mancava un
dente, proprio sul davanti, e l'altro aveva un orecchio, come
dire, accartocciato. Non so se ho reso l'idea…
– Perfettamente – disse Nancy. – Comunicherò la de-
scrizione di questi due individui alla polizia.
La ragazza tornò alla cabina telefonica e fece tre chia-
mate agli ospedali che le aveva indicato la signorina Skade.
Domandò se fosse stato ricoverato qualcuno che rispondesse
al nome di Carson Drew, o se tra i pazienti ve ne fosse uno
in stato d'incoscienza e senza documenti d'identità. All'O-
spedale della Misericordia era stato ricoverato il giorno pri-
ma un uomo che non aveva ancora ripreso conoscenza, ma
non poteva trattarsi di suo padre: era un cinese.
Avendo ormai la certezza che il signor Drew era caduto
nelle mani di quegli uomini, Nancy si recò alla centrale di
polizia e riferì il racconto del tassista.
Il capitano Rossland non le nascose la gravità della si-
tuazione.
– Quanto mi dite è piuttosto preoccupante, signorina
Drew – disse. – Ad ogni modo sono sicuro che non sarà dif-
ficile rintracciare quel tipo dall'orecchio accartocciato, e,
quando l'avremo preso, ci faremo dire dov'è vostro padre.
Quanto a voi, credo abbiate fatto tutto ciò che era in vostro
potere. Ora lasciate che sia la polizia ad occuparsi delle in-
dagini. Nancy non disse nulla. Avrebbe voluto esser lasciata
libera di fare qualche altro tentativo, ma accondiscese.
– Nel frattempo – disse il funzionario – vi consiglio di
restare a Villa degli Olmi e di continuare le vostre ricerche
su quel caso. Da quanto mi avete detto di vostro padre, sono
certo che saprà togliersi da quest'impiccio ancor prima che la
polizia lo abbia trovato.
A parole Nancy promise di rimanere a Villa degli Olmi,
a disposizione del capitano nel caso che questi avesse biso-
gno di lei, ma in cuor suo era decisa a seguire fino in fondo
anche la più piccola traccia, se mai le si fosse presentata, per
giungere a ritrovare suo padre.
Nancy uscì dalla centrale e prese a camminare lungo la
via, immersa nei suoi pensieri.
– Sembra che i miei problemi, invece di avviarsi a una
soluzione, si vadano complicando sempre più. Forse sarà
meglio che telefoni ad Hannah.
Fin da quando era bambina, Nancy aveva trovato con-
forto nel confidarsi con Hannah. La governante aveva sem-
pre saputo darle saggi consigli.
Nancy entrò in un bar e si diresse a una cabina telefoni-
ca. Chiamò casa Drew a River Heights e al solo sentire la
voce, della signora Gruen, provò un senso di sollievo. La
governante rimase allibita nell'apprendere la notizia, tuttavia
esortò Nancy a seguire il consiglio del capitano Rossland.
– Hai fornito alla polizia indizi molto precisi. Nessuno,
credo, avrebbe saputo far meglio. Ma… – la signora Gruen
s'interruppe un momento. – Ascolta, Nancy! Se fossi in te
telefonerei agli altri avvocati della Compagnia Ferroviaria e
li informerei di ciò che è accaduto. La scomparsa di tuo pa-
dre è collegata senza dubbio al progetto di costruzione del
ponte, e non è escluso che loro abbiano qualche idea in pro-
posito.
– È un ottimo suggerimento, Hannah – fu d'accordo
Nancy.
– Telefonerò immediatamente.
La giovane investigatrice si affrettò a chiamare la Com-
pagnia Ferroviaria, ma, con suo grande rammarico, le fu ri-
sposto che tutti gli avvocati erano fuori per il pranzo e che
non sarebbero rientrati prima delle due.
– Che disdetta! – sospirò Nancy. – Ebbene, farò anch'io
uno spuntino, mentre aspetto che tornino.
Subito però si rese conto di non avere alcuna voglia di
mangiare. Lo stato di tensione in cui si trovava da parecchie
ore le aveva bloccato lo stomaco. Vi era una tavola calda
nell'altra sala del bar e Nancy si avvicinò al banco. Seduta su
uno degli alti sgabelli, lesse e rilesse la lista dei cibi, ma non
vi era proprio nulla che le stimolasse l'appetito. Quando l'in-
serviente le chiese cosa desiderava, Nancy rispose che fran-
camente non lo sapeva neppure lei… non aveva molto appe-
tito.
– In tal caso mi permetto di consigliarvi una tazza di
passato di piselli – le disse l'uomo. – È fatto in casa ed è una
cosa straordinaria, ve l'assicuro!
Nancy sorrise.
– Va bene, seguirò il vostro consiglio.
La minestra era molto calda e aveva un sapore delizioso.
Non appena l'ebbe terminata, Nancy si sentì subito meglio.
– Che ne direste ora di una fetta di torta alla crema? –
suggerì l'inserviente. – È tale quale la faceva mia madre.
– D'accordo – rispose Nancy, ricambiando con un sorri-
so la sollecitudine del giovanotto. Quando ebbe finito di
mangiare la torta, che era davvero squisita, Nancy guardò il
suo orologio da polso. Era solo l'una e mezza. Vedendo lì
fuori un'edicola, decise di far passare il tempo leggendo
qualcosa in macchina.
Comperò una rivista di racconti polizieschi, uno dei
quali si rivelò così appassionante, che la mezz'ora passò qua-
si senza che se ne accorgesse. Alle due in punto Nancy tornò
al telefono e chiamò gli uffici della Compagnia Ferroviaria.
Il centralinista la mise in comunicazione col signor Anthony
Barradale, un avvocato che, a giudicare dalla voce, si sareb-
be detto molto giovane. In breve Nancy gli raccontò ogni
cosa.
– Il signor Drew prigioniero! – esclamò l'avvocato. –
Devo dire che questi proprietari intriganti si stanno dando un
po' troppo da fare per intascare qualche dollaro!
– La polizia si sta già occupando del caso, ma io ho
pensato che forse anche la vostra Compagnia avrebbe inte-
resse a collaborare – disse Nancy al signor Barradale.
– Senza dubbio – rispose la voce giovanile. – Ne parlerò
al nostro socio dirigente. Sono sicuro che deciderà di metter-
si subito all'opera.
– Grazie – disse Nancy. Diede indirizzo e numero di te-
lefono di Villa degli Olmi e pregò l'avvocato di tenerla in-
formata su eventuali sviluppi della situazione.
– Potete contarci – promise il signor Barradale.
Nancy uscì dal bar e tornò alla macchina, chiedendosi
che cosa avrebbe fatto ora.
– Una cosa è certa – si disse. – Il modo migliore per
combattere l'ansia è tenersi occupati. Tornerò a Villa degli
Olmi e continuerò le indagini su quel caso.
Mentre la macchina filava in direzione della tenuta,
Nancy ricominciò a pensare al misterioso fantasma e al cuni-
colo sotterraneo di cui certamente si serviva per entrare nella
villa. Dal momento che non se n'era trovata traccia negli edi-
fici esterni, le venne in mente che l'accesso al passaggio se-
greto potesse trovarsi in qualche caverna, naturale o scavata
appositamente. Un architetto accorto avrebbe potuto escogi-
tare un artificio del genere.
Stava procedendo lungo una strada poco battuta, che
correva ai margini della proprietà di Villa degli Olmi, quan-
do improvvisamente ricordò di aver notato da quelle parti un
rialzo del terreno, di forma tondeggiante, che si prolungava
per un buon tratto ed era completamente ricoperto dall'erba.
La prima volta aveva pensato che si trattasse di un vecchio
acquedotto, ma ora le balenò il sospetto che fosse proprio
quello il passaggio sotterraneo che conduceva alla villa.
Fermò la macchina a lato della strada e ne scese dopo
aver preso con sé la lampada tascabile. Impaziente di trovare
una risposta ai suoi dubbi, Nancy attraversò il campo, diri-
gendosi verso il punto dal quale sembrava incominciare il
rilievo erboso. Avvicinandosi vide dapprima alcuni cumuli
di pietre e infine si trovò dinanzi all'ingresso di una grotta
scavata nella roccia.
– Bene, forse questa volta ci sono! – pensò e si accinse
ad entrare.
Vi era una forte corrente d'aria in quel punto e il vento
le scompigliava i capelli, gettandoglieli sul viso. Ad un tratto
una folata capricciosa sollevò in alto un giornale che si tro-
vava dietro alcuni massi, disseminandone le pagine in tutte le
direzioni.
Nancy era più eccitata che mai. La presenza del giornale
significava che qualcuno era stato in quel luogo abbastanza
di recente.
La prima pagina venne volando verso di lei; la raccolse
e vide, con sua grande sorpresa, che era una copia della Gaz-
zetta di River Heights. La data era quella del martedì prece-
dente.
– Qualcuno che s'interessa ai fatti di River Heights è ve-
nuto qui pochissimo tempo fa! – disse fra sé la giovane inve-
stigatrice in preda a viva emozione. Chi poteva mai essere?
Suo padre? Gomber? Chi?
Nella speranza che il giornale potesse fornirle qualche
indizio, Nancy corse qua e là per raccogliere tutti i fogli.
Come li ebbe spiegati sul terreno, notò che era stata ritagliata
una parte nella pagina degli annunci economici.
– Questo potrebbe rivelarsi un ottimo indizio! – pensò
Nancy. – Appena ritorno alla villa, telefonerò ad Hannah di
guardare cosa dice in quel punto la Gazzetta di martedì.
Un dubbio la colse all'improvviso: forse la persona che
aveva portato il giornale si trovava ancora nella grotta! A-
vrebbe dovuto stare in guardia. Poteva trattarsi di un nemico!
– E se fosse qui che tengono prigioniero il babbo? –
pensò Nancy profondamente turbata.
Lampada alla mano, gli occhi intenti a scrutare l'oscuri-
tà, Nancy avanzò con estrema cautela nella grotta. Tre metri,
cinque. Non vide nessuno. Altri cinque, dieci metri. Poi do-
vette arrestarsi. L'ampia grotta formava una specie di cupola
a base rozzamente circolare, e nelle pareti che la delimitava-
no non si apriva alcun passaggio.
– Povera me! Fiasco anche questa volta! – si disse
Nancy delusa, mentre rifaceva in senso inverso il cammino
che l'aveva portata sin là. – La mia sola speranza adesso è
quel ritaglio nel giornale.
Nancy procedeva attraverso il campo con lo sguardo ri-
volto automaticamente verso terra alla ricerca di impronte.
Quando finalmente alzò gli occhi, quel che vide la fece ri-
manere senza fiato.
Vi era un uomo vicino alla sua macchina e la stava esa-
minando. Nancy non poteva vederlo in faccia, perché le gi-
rava la schiena, ma notò che aveva una corporatura atletica e
l'orecchio sinistro accartocciato!
13
L'individuo che curiosava intorno all'auto dovette sentir-
la arrivare. Senza voltarsi, si scostò in fretta dalla macchina e
si allontanò di corsa attraverso il campo, nella direzione op-
posta.
– Un comportamento davvero sospetto – pensò Nancy
eccitata. – Dev'essere l'uomo che ha preso parte al rapimento
di mio padre.
Senza indugiare oltre, attraversò la strada e si lanciò
all'inseguimento, correndo più forte che poteva nella speran-
za di raggiungere lo sconosciuto. Ma questi era partito con
un buon vantaggio e il suo passo era più lungo di quello di
Nancy. Il campo aveva una forma irregolare. Una delle e-
stremità terminava sulla strada per Riverview Manor. Quan-
do Nancy vi giunse, ebbe giusto il tempo di vedere l'uomo
saltare in una macchina e partire.
La giovane investigatrice era fuori di sé per il disappun-
to. Non aveva potuto scorgere che di sfuggita il suo profilo.
Oh, se fosse riuscita a vederlo bene in faccia o almeno ad
annotare il numero della targa!
– Chissà se è lui che ha buttato via il giornale vicino alla
grotta – si domandò. – Forse abita a River Heights.
Era poco propensa a credere che fosse uno dei proprie-
tari. Era più probabile che quest'uomo fosse stato assoldato
da Willie Wharton o da qualcuno dei suoi compari per rapire
il signor Drew.
– Sarà bene che mi affretti a riferire il fatto alla polizia –
si disse Nancy.
Riattraversò il campo correndo, salì in macchina, invertì
la marcia e si diresse velocemente verso Villa degli Olmi.
Non appena vi giunse, corse al telefono e compose il numero
della sede centrale di polizia di Cliffwood. Un attimo dopo
stava già parlando col capitano Rossland, al quale raccontò
quanto aveva appena scoperto.
– È un'informazione preziosa, signorina Drew – si com-
plimentò il funzionario. – Metterò subito in allarme le nostre
pattuglie perché rintraccino e fermino quest'uomo.
– Nessuna notizia di mio padre, suppongo – disse
Nancy.
– Ancora niente, purtroppo. Però due agenti sono andati
a parlare con Harry, il tassista, e questi ha fornito una descri-
zione abbastanza precisa dell'uomo che arrivò in macchina,
mentre vostro padre giaceva sull'erba privo di sensi… quello
che si offrì di trasportarlo all'ospedale.
– Che aspetto aveva? – domandò Nancy.
Il capitano riferì la descrizione che ne aveva dato il tas-
sista: un uomo sulla cinquantina, di statura bassa e piuttosto
tarchiato, con occhi azzurro-chiari, sfuggenti.
– Be' – osservò Nancy – mi vengono in mente parecchie
persone alle quali questa descrizione potrebbe adattarsi. Non
aveva nessuna caratteristica più rilevante?
– Harry non ha notato altro, eccetto che aveva le mani
lisce e grassocce. Non si tratta dunque di una persona che
eserciti lavori pesanti.
– Bene, questo elimina tutti gli uomini bassi, tarchiati e
con occhi azzurro-chiari di mia conoscenza. Nessuno ha ma-
ni come quelle.
– Sarà un particolare utile per l'identificazione – osservò
il capitano. – Bene, ora devo sbrigarmi a diramare quell'al-
larme. Nancy salutò e posò il ricevitore. Attese alcuni secon-
di che la linea si liberasse, quindi lo sollevò di nuovo e
chiamò Hannah Gruen. Nancy teneva spiegato dinanzi a sé il
foglio di giornale dal quale era stata ritagliata l'inserzione.
– Qui è casa Drew – disse la voce all'altro capo del filo.
– Salve, Hannah. Sono Nancy.
– Come stai, tesoro? Hai qualche notizia? – domandò
ansiosamente la signora Gruen.
– Non sono riuscita a sapere dov'è il babbo – rispose la
giovane detective – e la polizia naviga ancora nel buio. Però
ho trovato un paio d'indizi interessanti.
– Davvero? Di che si tratta? – s'affrettò a chiedere la
governante.
Nancy le raccontò dell'uomo dallo strano orecchio e ag-
giunse di esser certa che la polizia non avrebbe impiegato
molto a catturarlo.
– Se riescono a farlo parlare, sapremo finalmente dove
trovare il babbo.
– Lo spero proprio! – sospirò Hannah. – Non perderti
d'animo, Nancy!
In quel momento Helen attraversò il salone d'ingresso in
direzione della scala e, passando vicino a Nancy, le sorrise.
La giovane investigatrice stava per chiedere ad Hannah di
andare a prendere il numero di martedì della Gazzetta di Ri-
ver Heights, a cui i Drew erano abbonati, allorché udì uno
schianto proprio sopra la sua testa. La prima cosa che le pas-
sò per la mente fu che il fantasma fosse di nuovo all'opera.
– Hannah, ti richiamo dopo! – esclamò riagganciando.
Non ebbe il tempo di posare il ricevitore, che udì l'ami-
ca gridare:
– Nancy, scappa! Il soffitto!
Così dicendo Helen fece l'atto di lanciarsi verso il por-
tone. Nancy guardò in alto e vide un'enorme crepa che si al-
largava sopra di loro. Un attimo dopo l'intero soffitto crollò e
le due ragazze furono scaraventate a terra.
– Ooh! – mugolò Helen. Era stata sepolta da un cumulo
di cannicci e frammenti d'intonaco e aveva ricevuto un brutto
colpo alla testa. Tuttavia riuscì a gridare da sotto i calcinacci:
– Nancy, tutto bene? Non vi fu risposta.
Il gran fracasso aveva fatto accorrere dalla cucina la Si-
gnorina Flora e zia Rosemary. Entrambe guardarono inorri-
dite la scena che si presentava ai loro occhi. Nancy giaceva
sul pavimento priva di sensi ed Helen, stordita dal colpo che
aveva ricevuto, non riusciva a muoversi.
– Dio mio! Dio mio! – gemette la Signorina Flora.
Lei e zia Rosemary si avventurarono tra i detriti, il cui
crollo aveva riempito la stanza di densa polvere. Tra uno
sternuto e l'altro avanzarono verso le due ragazze. La Signo-
rina Flora riuscì a raggiungere Helen e cominciò a gettar da
parte frammenti di legno e d'intonaco per liberarla. Infine
aiutò la sua pronipote ad alzarsi in piedi.
– Ma sei ferita, povera piccola! – esclamò piena d'ap-
prensione.
– È… cosa… da nulla – balbettò Helen, soffocando per
la polvere. – Nancy piuttosto…
Zia Rosemary era già china su Nancy e lavorava feb-
brilmente per toglierle di dosso i calcinacci che la ricopriva-
no. Poi cavò di tasca un fazzoletto e glielo posò delicatamen-
te sul viso per impedirle di respirare altra polvere.
– Helen, te la senti di aiutarmi a trasportare Nancy fino
alla biblioteca? – chiese. – Vorrei distenderla sul sofà.
– Oh, sì, zia Rosemary. Ti pare che sia ferita gravemen-
te? – domandò Helen impressionata.
– Spero di no.
A questo punto Nancy si scosse impercettibilmente. Poi
sollevò un braccio e si tolse il fazzoletto dal viso. Aprì e
chiuse ripetutamente gli occhi, come se non riuscisse a ricor-
dare dove si trovava.
– Non avete niente di grave, Nancy – le sussurrò dolce-
mente zia Rosemary – ma non dovete respirare questa polve-
re. Vi prego, tenete questo sul viso.
Tolse il fazzoletto dalla mano di Nancy e le coprì di
nuovo la
bocca e il naso.
Nancy sorrise debolmente.
– Ora ricordo. Il soffitto… è crollato.
– Sì – disse Helen. – Sei rimasta svenuta qualche minu-
to. Spero che tu non sia ferita.
La Signorina Flora, che continuava a sternutire violen-
temente, insistette perché uscissero subito tutte da quella
stanza. Con l'aiuto di Helen l'anziana signora camminò fra i
mucchi di detriti fino alla porta della biblioteca ed entrò. He-
len ritornò per aiutare Nancy, ma l'amica era già in piedi e si
appoggiava al braccio di zia Rosemary. Sostenuta dalle due
donne, riuscì ad attraversare l'atrio e ad arrivare anche lei
alla biblioteca. Zia Rosemary avrebbe voluto chiamare un
medico, ma Nancy disse che non era necessario.
Grazie al cielo non vi è successo nulla di serio – sospirò
la Signorina Flora. – Che cosa spaventosa! Pensate che sia
stato il fantasma?
– Non credo – rispose subito sua figlia. – Ricorderai,
mamma, che tempo addietro avevamo notato che filtrava
dell'acqua nell'atrio, quando pioveva. L'ultima volta che vi fu
un temporale, l'intero soffitto ne era letteralmente imbevuto.
Probabilmente l'intonaco non teneva più ed ha ceduto all'im-
provviso. La Signorina Flora si lamentò che la costruzione di
un nuovo soffitto avrebbe comportato una spesa non indiffe-
rente.
– Dio mio! Qui non succedono che disgrazie! Sembra
proprio che la sorte si stia accanendo contro di noi. Ma io
non voglio andarmene dalla mia casa!
Nancy, che nel frattempo si era completamente ripresa,
abbozzò un sorriso e disse:
– Be', se non altro, ora avete una preoccupazione in me-
no, Signorina Flora.
– Perché?
– Probabilmente il signor Gomber smetterà di assillarvi
con le sue insistenze, quando vedrà quel che è successo.
– Oh, non è detto – rispose la Signorina Flora. – È tal-
mente ostinato!
Nancy disse che ormai si sentiva benissimo e propose
ad Helen di cominciare a ripulire il salone, ma la Signorina
Flora non volle assolutamente che le due ragazze si sobbar-
cassero da sole tutto quel lavoro.
– Rosemary ed io vi aiuteremo – disse in tono risoluto.
Furono portati su dalla cantina alcuni scatoloni di cartone,
che vennero riempiti uno dopo l'altro dello sfasciume che
ingombrava il locale, e trasportati fuori. Terminata questa
prima operazione, fu la volta delle scope e degli strofinacci e
nel giro di un'ora il pavimento fu ripulito anche dello spesso
strato di polvere che lo ricopriva.
Avevano appena finito il faticoso lavoro, quando il tele-
fono prese a squillare. Rispose Nancy che in quel momento
si trovava vicina all'apparecchio.
– Nancy! Cos'è accaduto? – domandò la governante. –
Sono rimasta ad aspettare per più di un'ora che richiamassi.
Nancy le raccontò ogni cosa.
– Mi domando cosa ti succederà la prossima volta! – e-
sclamò la signora Gruen.
La giovane investigatrice scoppiò a ridere.
– Qualcosa di piacevole, voglio sperare!
Le chiese quindi di cercare fra i giornali la Gazzetta di
River Heights del martedì precedente. Pochi minuti dopo, la
governante tornò con la copia richiesta e Nancy le disse di
guardare a pagina quattordici.
– È la pagina degli annunci economici – precisò. – Ora,
per favore, leggimi cosa dice l'inserzione che si trova esatta-
mente al centro.
– Vuoi dire quella sulle automobili usate?
– Dev'essere proprio quella – rispose Nancy. – Nel mio
giornale non c'è.
Hannah Gruen disse che l'inserzione era di un certo A-
ken's, commerciante in automobili usate.
– L'indirizzo è: Main Street, 24, Hancock.
– Ed ora volta la pagina e dimmi cosa c'è scritto dall'al-
tra parte, nello stesso punto – la pregò Nancy.
C'è un articolo su una gita scolastica – riferì la gover-
nante.
– Credi di aver trovato ciò che t'interessa?
– Sì. Mi hai dato proprio l'informazione che volevo. So-
no certa che mi sarà molto utile. Grazie infinite! Congedatasi
da Hannah, Nancy cominciò a comporre il numero della cen-
trale di polizia, ma improvvisamente cambiò idea. Il fanta-
sma poteva essere nascosto da qualche parte ad origliare, o
forse aveva installato microfoni in diversi punti della casa
per registrare a distanza tutte le conversazioni.
– Sarà molto più prudente che 'vada di persona a parlare
di questa faccenda con la polizia – pensò Nancy.
Mise al corrente soltanto Helen della sua decisione. Alle
altre disse che avrebbe fatto una corsa fino in città, ma che
non sarebbe rimasta via molto.
– Siete sicura di sentirvi bene? – chiese zia Rosemary.
– Sono perfettamente in forma – la rassicurò Nancy.
Salì sulla spider e sfrecciò via, sperando vivamente che
l'annuncio trovato sul giornale si rivelasse un buon indizio e
permettesse alla polizia di mettere le mani su uno degli indi-
vidui sospetti.
– Lo rintracceranno senz'altro, e, una volta trovato lui,
sapremo anche dov'è mio padre!
14
– Eccellente! – disse il capitano Rossland, quando ebbe
ascoltato il resoconto di Nancy. Sorridendo aggiunse: – Di-
mostrate una tale abilità nel raccogliere indizi, che se foste
uno dei miei agenti vi proporrei per una citazione!
La giovane investigatrice sorrise a sua volta e lo ringra-
ziò.
– Si tratta di mio padre – disse in tono serio.
– Avvertirò subito il capitano McGinnis della polizia di
River Heights – le disse il funzionario. – Volete sedervi ed
aspettare qui? Non credo occorrerà molto tempo per ottenere
quell'informazione dalla ditta Aken's.
Nancy acconsentì e prese una sedia che si trovava in un
angolo dell'ufficio. Il capitano Rossland non si fece attendere
a lungo.
– Ecco la risposta che v'interessa, signorina Drew!
Nancy balzò in piedi e si avvicinò alla sua scrivania. Il
funzionario le disse che il capitano McGinnis di River
Heights era stato alquanto sollecito. Aveva mandato imme-
diatamente due dei suoi uomini alla ditta Aken's e questi era-
no tornati col loro rapporto.
– L'altro ieri un uomo dalla taglia atletica e con un orec-
chio accartocciato si è presentato alla ditta ed ha acquistato
un'automobile. Ha esibito una patente di guida da cui risulta
trattarsi di certo Samuel Greenman, abitante a Huntsville.
Nancy era visibilmente emozionata per questa informa-
zione.
– Allora sarà molto facile trovarlo, non è vero?
– Temo di no – rispose il capitano Rossland. – McGin-
nis ha saputo dalla polizia di Huntsville che Greenman risul-
ta effettivamente domiciliato all'indirizzo indicato sulla pa-
tente, ma che da qualche tempo ha lasciato la città.
– Così non si sa dove si trovi?
– Nessuno dei suoi vicini di casa è stato in grado di for-
nire indicazioni in proposito.
Il capitano aggiunse che questo Samuel Greenman non
era certo una persona che godesse di buona fama. Lo si rite-
neva responsabile di un paio di furti ed era ricercato dalla
polizia di parecchi stati.
– Se l'uomo che ho visto vicino alla mia macchina era
Samuel Greenman, può darsi che si nasconda in quella zona.
Il capitano sorrise.
– Scommetto che tra poco mi direte che è lui il fantasma
di Villa degli Olmi!
– Chi lo sa? – replicò Nancy.
– Ad ogni modo – riprese il capitano Rossland – la vo-
stra ipotesi che possa nascondersi da queste parti mi sembra
attendibile.
Nancy stava per rivolgergli un'altra domanda, quando
squillò il telefono. Un attimo dopo il capitano disse:
– È per voi, signorina Drew.
La ragazza prese il ricevitore ed esclamò:
– Pronto!
Chi telefonava era Helen Corning. Sembrava sconvolta.
– Nancy! È accaduto qualcosa di terribile! Devi venire
subito!
– Cos'è successo? – chiese Nancy allarmata, ma Helen
aveva già riattaccato.
Nancy informò il capitano Rossland di quell'urgente
messaggio e disse che doveva andarsene immediatamente.
– Se avete bisogno della polizia, avvertitemi! – le rac-
comandò il funzionario, mentre la ragazza usciva in gran
fretta dall'ufficio.
– Grazie! Lo farò senz'altro!
Nancy si diresse verso Villa degli Olmi, guidando alla
massima velocità consentita dalla legge. Non appena si arre-
stò davanti alla casa, fu assai turbata nel vedere parcheggiata
lì fuori l'auto di un medico. Qualcuno doveva essersi sentito
male! Helen si fece incontro all'amica sul portone d'ingresso.
– Nancy – disse in un bisbiglio. – Credo che la Signori-
na Flora abbia avuto un attacco di cuore.
– Oh, che brutta notizia! E come sta ora? – chiese
Nancy impressionata.
– Il dottor Morrison vorrebbe trasportarla subito all'o-
spedale, ma lei rifiuta. Dice che non vuole andarsene di qui.
Helen aggiunse che il medico era ancora di sopra ad as-
sistere l'anziana signora.
– Ma quando si è sentita male? – domandò Nancy. – È
stato in seguito a qualcosa?
Helen accennò col capo.
– Sì. È stata una cosa spaventosa. La Signorina Flora,
zia Rosemary ed io eravamo in cucina e stavamo discutendo
di quel che avremmo fatto per cena. Volevano preparare un
piatto speciale per farti una sorpresa, perché sapevano che eri
molto preoccupata.
– Un pensiero davvero gentile – osservò Nancy. – Con-
tinua, Helen, ti prego.
– A un certo punto la Signorina Flora cominciò a dar
segni di stanchezza e zia Rosemary le consigliò di andare in
camera sua a riposare un poco. Aveva appena cominciato a
salire la scala, quando, così, per caso, si voltò indietro. Là,
nel salotto, c'era un uomo!
– Una visita?
– Oh, no! – rispose Helen. – La Signorina Flora dice che
aveva un aspetto orribile. Aveva il mento e le guance rico-
perti da una barba ispida, e una lunga zazzera di capelli in-
colti.
– Pensi che fosse il fantasma? – le chiese Nancy.
– Così pensò la Signorina Flora. Nonostante ciò non si
mise a gridare… Sai com'è coraggiosa! Decise dunque di
scendere e di andare lei, da sola, a vedere chi fosse quell'uo-
mo. E vuoi sapere come andò a finire?
– Posso immaginare un sacco di cose – rispose Nancy. –
Come andò a finire?
– Che quando entrò nel salotto, l'uomo era sparito!… E
non c'era nessuna porta segreta aperta – concluse.
– Cos'ha fatto allora la Signorina Flora? – domandò
Nancy.
– È svenuta.,
Un signore alto, asciutto, con i capelli grigi, scese in
quel momento dallo scalone, reggendo nella mano una borsa
da medico. Helen gli presentò Nancy e gli chiese notizie
dell'ammalata.
– Fortunatamente la Signorina Flora sta molto meglio –
disse il dottor Morrison. – È una donna straordinaria e si ri-
metterà completamente, purché rimanga in assoluto riposo e
le siano evitate nuove emozioni. Credo che già domani, ver-
so quest'ora, potrà alzarsi per qualche breve periodo.
– Sia ringraziato il cielo! – disse Helen. – Sono così af-
fezionata alla mia bisnonna, che tremo al solo pensiero che
possa succederle qualcosa.
Il medico sorrise.
– Io farò tutto ciò che mi è possibile, ma è necessaria
anche la vostra collaborazione.
– Cosa dobbiamo fare? – s'interessò subito Nancy.
Il medico disse che bisognava evitare di parlare del fan-
tasma in presenza dell'ammalata.
– La Signorina Flora afferma di aver visto nel salotto un
uomo che deve essere entrato attraverso qualche passaggio
segreto. Ora voi sapete bene quanto me che ciò è assurdo.
– Ma quell'uomo non può essere entrato da nessun'altra
parte – replicò Helen animatamente. – Porte e finestre sono
tutte chiuse al pianterreno.
Il dottore sollevò le sopracciglia.
– Mai sentito parlare di allucinazioni? – domandò.
Sia Nancy che Helen guardarono il medico con un'e-
spressione piuttosto contrariata, ma non obiettarono nulla.
Non credevano affatto che la Signorina Flora avesse avuto
un'allucinazione. Se aveva visto un uomo nel salotto, ebbene,
quell'uomo c'era!
– Chiamatemi, se ci fosse bisogno di me domattina –
disse il dottor Morrison, mentre si avviava alla porta. – In
caso contrario passerò ugualmente a vedere l'ammalata pri-
ma di mezzogiorno.
Non appena il medico se ne fu andato, le due ragazze si
scambiarono alcuni rapidi sguardi. Nancy disse:
– Saresti disposta a dare un'altra occhiata al salotto?
– Ci puoi scommettere – rispose Helen. – Lo facciamo
adesso o aspettiamo dopo cena?
Sebbene Nancy fosse impaziente di cominciare subito,
decise che prima sarebbe salita a far visita alla Signorina
Flora. Tra l'altro pensò che un ritardo nel servire la cena a-
vrebbe potuto mettere in agitazione l'ammalata. Helen si of-
frì di andare in cucina a preparare qualcosa. Nancy accettò e
s'avviò al piano superiore.
La Signorina Flora era stata portata nella camera da let-
to di sua figlia per evitarle altri spaventi da parte del fanta-
sma, il quale sembrava avere una predilezione per la stanza
dell'anziana signora.
– Signorina Flora, mi spiace infinitamente che siate co-
stretta a letto – disse Nancy avvicinandosi al suo capezzale e
sorridendole affettuosamente.
– Dispiace anche a me – rispose la signora Turnbull. – E
per una sciocchezza, poi! A tutti capita di svenire qualche
volta. Se aveste visto quello che ho visto io… quella faccia
mostruosa!
– Mamma! – la supplicò zia Rosemary, che era seduta
dall'altra parte del letto. – Sai cos'ha detto il dottore!
– Oh, i dottori! – brontolò sua madre indispettita. – Co-
munque, Nancy, sono sicura di aver visto il fantasma. Se vo-
lete farvene un'idea, immaginate un uomo che sia stato senza
radersi un'infinità di tempo e che abbia una faccia orribile e i
capelli lunghi e in disordine.
Nancy stava già per chiederle statura e corporatura del
misterioso personaggio, ma, rammentando l'avvertimento del
medico, si trattenne e, prendendo la mano della Signorina
Flora tra le sue, disse con un sorriso:
– Non parliamo più di questa brutta storia finché non vi
sarete completamente ristabilita. Allora entrerete a far parte
anche voi della Squadra Investigativa Drew e C.
L'anziana signora sorrise a questa uscita scherzosa e
promise che avrebbe cercato di riposare.
– Prima, però, vorrei mangiare qualcosa – disse. – Ve la
sentite di far da sole, voi ragazze? Avrei piacere che Rose-
mary restasse qui con me.
– Naturalmente – rispose Nancy – e vi porterò proprio
quel che ci vuole per voi.
La giovane scese al pianterreno e preparò un vassoio per
la Signorina Flora. Pochi minuti dopo Helen portò di sopra
un altro vassoio, con una cena più sostanziosa, per zia Ro-
semary. Fatto questo, le due ragazze si trasferirono nella sala
da pranzo per cenare anche loro.
Appena ebbero terminato, lavarono i piatti, li asciugaro-
no, e infine passarono in salotto.
– Hai qualche idea di dove cominciare? – bisbigliò He-
len. Nell'ultima mezz'ora Nancy non aveva fatto che pensare
se vi era qualche parte del salotto che fosse stata trascurata
nel corso delle loro precedenti ricerche, un posto che potesse
nascondere un'apertura. Alla fine aveva deciso di esaminare
con più attenzione uno stipo di notevoli dimensioni, che si
trovava incassato in una delle pareti. Conteneva una bellis-
sima collezione di statuette, souvenirs e soprammobili di va-
rio genere.
– Ho pensato che potrebbe esserci una molla segreta che
permetta di far uscire lo stipo dal muro – disse Nancy a bassa
voce.
Fu a questo punto che notò per la prima volta uno strano
particolare: sulle mensole del mobile erano state praticate
delle incavature, in cui alloggiavano i piedistalli delle sta-
tuette e degli altri ninnoli. Nancy si domandò se lo scopo di
questo accorgimento non fosse di evitare che gli oggetti si
rovesciassero quando il mobile veniva spostato.
In preda a viva eccitazione, cominciò ad esaminare l'in-
terno dello stipo alla ricerca di una molla. Lei ed Helen pas-
sarono centimetro per centimetro tutta la parte superiore, ma
non trovarono alcun congegno segreto.
Nella parte inferiore vi erano due sportelli che Nancy
aveva già aperto molte volte. Ma allora cercava una grande
apertura, mentre adesso sperava di scoprire soltanto una pic-
cola molla o un pannello mobile.
Helen ispezionò lo scomparto di sinistra, Nancy quello
di destra.
All'improvviso il cuore prese a batterle più in fretta: la
sua mano aveva individuato sul fondo un punto leggermente
rilevato.
Passò e ripassò con le dita sulla sporgenza, un rettango-
lino lungo sette, otto centimetri e non più largo di due.
– Potrebbe nascondere qualcosa – pensò Nancy, e provò
a premere lievemente.
Subito il grande mobile fu scosso da una vibrazione.
– Helen! Ho scoperto qualcosa! – disse all'amica sotto-
voce. – Ti consiglio di stare indietro!
Nancy premette più forte. Questa volta il lato destro del-
lo stipo cominciò a muoversi in avanti. Nancy fu lesta ad al-
zarsi in piedi e a portarsi accanto ad Helen. Lentamente,
molto lentamente, un'estremità del mobile prese ad avanzare
nella stanza, mentre l'altra ruotava in uno spazio aperto nella
parete. Helen strinse spaventata la mano di Nancy. Cosa a-
vrebbero trovato nel passaggio segreto?
15
Il grande lampadario di cristallo illuminava lo stretto
passaggio dietro lo stipo. Non era molto lungo. Dentro non
c'era nessuno e il posto appariva polveroso e pieno di ragna-
tele.
– Ci dovrebbe essere un'uscita dall'altra parte – disse
Nancy.
– Vediamo dove conduce.
– Penso sia meglio che io aspetti qui, Nancy – suggerì
Helen.
– Questo vecchio mobile potrebbe improvvisamente ri-
chiudersi da solo. Se dovesse succedere, io griderò in modo
che tu possa sgusciar fuori in tempo.
Nancy rise. – Sei una vera amica, Helen. Procedendo
lungo lo stretto corridoio, Nancy scrutava attentamente le
pareti che lo delimitavano, ma i due solidi muri intonacati
non rivelavano alcuna via d'uscita. Anche l'estremità del pas-
saggio era solida, ma era stata costruita in legno. Nancy intuì
che ciò doveva avere qualche significato, ma per il momento
non riuscì ad immaginarlo e decise di ritornare in salotto. A
metà circa dello stretto corridoio, scorse sul pavimento un
foglio di carta ripiegata.
– Questo potrebbe essere un indizio molto importante –
disse fra sé, chinandosi a raccoglierlo.
Nel momento in cui Nancy sbucava fuori dal passaggio
segreto, apparve zia Rosemary. Fissò sbalordita l'apertura
nella parete e lo stipo che ora stava ad angolo retto rispetto al
muro.
– Avete scoperto qualcosa? – chiese.
– Solo questo – rispose Nancy, porgendo a zia Rose-
mary il foglio.
Mentre le due giovani sbirciavano da sopra la sua spalla,
la signora Hayes lo dispiegò.
– Questa è una lettera rimasta incompiuta – disse, co-
minciando a decifrare l'antico manoscritto. – Caspita! È stato
scritto nientemeno che nel 1785, non molto tempo dopo che
questa casa era stata costruita!
Il biglietto diceva:
"Mio stimato amico Beniamin,
ho appena scoperto l'infedeltà di due miei domestici.
Sospetto che stiano tramando per nuocere alla causa delle
Colonie e li punirò come meritano. Ho avuto la fortuna di
udirli e capire la loro infedeltà mentre stavo al mio posto di
ascolto. Di lì mi è possibile cogliere ogni parola pronunciata
nella stanza dei domestici.
Starò all'erta per scoprire altri…"
La lettera finiva qui. Subito Helen disse in tono perples-
so:
– Posto d'ascolto?
– Dev'essere alla fine di questo corridoio – suggerì
Nancy. – Zia Rosemary, quale stanza potrebbe esservi con-
nessa?
– Penso si tratti della cucina – rispose la signora Hayes.
– Mi sembra di aver sentito dire che l'attuale cucina, molto
tempo fa, fosse una stanza di soggiorno per i domestici. E
non dimenticate che al tempo del Colonialismo il cibo non
veniva cucinato nella residenza. Era sempre preparato in un
altro edificio e portato dentro su grandi vassoi.
Helen sorrise.
– Con un posto di ascolto come questo i poveri domesti-
ci non avevano neppure la possibilità di fare una bella chiac-
chierata. Le loro conversazioni non erano mai un segreto per
il padrone.
Nancy e zia Rosemary annuirono sorridendo anche loro.
Quindi la giovane investigatrice disse:
– Proviamo a vedere se questo posto di ascolto funziona
ancora!
Stabilirono che Helen andasse in cucina e cominciasse a
parlare, mentre Nancy sarebbe rimasta ad ascoltare all'estre-
mità del corridoio. Zia Rosemary, alla quale era stato spiega-
to come far funzionare il meccanismo segreto, doveva resta-
re a sorvegliare che il pesante mobile non cominciasse ina-
spettatamente a muoversi e non chiudesse l'apertura.
– Tutto pronto? – domandò Helen. Quindi uscì dalla
stanza e raggiunse la cucina.
Quando ritenne che Nancy fosse al suo posto, cominciò
a parlare del suo prossimo matrimonio e chiese all'amica di
partecipare al ricevimento nuziale.
– La sento perfettamente! – gridò Nancy tutta eccitata
verso zia Rosemary. – Il posto di ascolto funziona bene co-
me allora.
Quando l'esperimento fu terminato, Nancy riuscì senza
molto sforzo a collocare lo stipo nella sua posizione normale,
dopo di che le due giovani e zia Rosemary presero a conver-
sare a bassa voce. Nessuna di loro aveva il minimo dubbio
che il fantasma fosse a conoscenza del passaggio e che se ne
fosse servito per ascoltare tutti i loro piani dei giorni prece-
denti. Probabilmente quello era anche il nascondiglio in cui
era sparito dopo che la Signorina Flora lo aveva scorto.
– Buffo! – osservò zia Rosemary. – Sembra che noi
scegliamo proprio la cucina per discutere la maggior parte
dei nostri progetti.
Helen si stava chiedendo se quel posto d'ascolto fosse
un'invenzione esclusiva dell'architetto e proprietario di Villa
degli Olmi, ed espresse il suo dubbio a zia Rosemary.
– Oh, no di certo! – rispose quest'ultima. – Molte delle
antiche case residenziali, in cui la servitù era numerosa, pos-
sedevano luoghi simili. Non dimenticare che il nostro paese
è stato coinvolto in parecchie guerre, nel corso delle quali
traditori e spie trovavano facile raccogliere informazioni fin-
gendosi domestici.
– Molto astuto – osservò Helen. – E suppongo che buo-
na parte di quelli che furono catturati non seppero mai come
erano stati scoperti.
– Senza dubbio – disse zia Rosemary.
In quel momento udirono la voce flebile della Signorina
Flora chiamare dalla camera da letto e si affrettarono a corre-
re di sopra nel timore che fosse accaduto qualcosa. La trova-
rono che sorrideva, ma si lamentò di essere stata lasciata sola
per tutto quel tempo.
– Stai tranquilla, mamma. Ora starò sempre qui con te –
promise zia Rosemary. – Dormirò in questa stanza, sul diva-
no, in modo da non disturbarti. Adesso cerca di riposare un
poco.
La mattina seguente Nancy ricevette una telefonata da
Hannah Gruen, la cui voce suonava alquanto irritata.
– Ho appena parlato col signor Barradale, Nancy, l'av-
vocato della Compagnia Ferroviaria. Aveva smarrito l'indi-
rizzo e il numero di telefono che gli avevi dato, così ha
chiamato qui. Sono furiosa per quello che ha detto. Ha insi-
nuato che tuo padre se ne starebbe via di proposito, per non
essere stato capace di scovare Willie Wharton!
Nancy si sentì ribollire di sdegno.
– Ma questo è assolutamente falso e sleale! – protestò.
– Certo. Io non lo sopporterei proprio, se fossi in te –
dichiarò seccamente la signora Gruen. – Ma non è tutto…
– Vuoi dire che ha osato aggiungere dell'altro sul conto
di papà? – chiese subito Nancy.
– No, non è questo – rispose la governante. – Ha detto
anche che la Compagnia Ferroviaria non può tener sospesi
più a lungo i lavori per la costruzione del ponte e che, se nes-
sun fatto nuovo si sarà verificato entro lunedì, sarà costretta
ad accogliere le richieste di Willie Wharton e di tutti gli altri
proprietari!
– Questo sarebbe davvero un brutto colpo per papà –
disse Nancy. – È proprio ciò che egli vorrebbe evitare. Il
babbo è sicuro che la firma su quel contratto appartiene a
Willie Wharton e gli basterebbe scovare quest'ultimo per di-
mostrarlo.
– Tutta questa faccenda è tremendamente confusa – dis-
se la signora Gruen. – Poco prima di telefonarti, ho parlato
con la polizia e mi hanno risposto di non avere ancora nes-
sun indizio di dove possa essere tuo padre.
– Nessun indizio? È terribile ciò che dici, Hannah! – e-
sclamò Nancy. Poi risolutamente aggiunse: – Non so come,
ma intendo trovare papà… e presto anche!
Dopo la conversazione avuta con la governante, prese a
passeggiare avanti e indietro per la sala, tentando di formula-
re un piano d'azione. Doveva assolutamente fare qualcosa!
Con decisione improvvisa, Nancy raggiunse la porta d'in-
gresso, l'aprì e uscì a passeggiare all'aperto. Inspirò profon-
damente la fresca aria mattutina e si diresse verso il giardino
delle rose. Lasciò che la bellezza del luogo la distraesse per
qualche istante, prima di tornare col pensiero all'intricato
problema di fronte al quale si trovava.
Fin da quando era bambina suo padre le aveva insegnato
che il modo migliore per schiarirsi le idee era quello di co-
municare per qualche attimo con la natura. Nancy proseguì
lungo i vialetti del parco, ascoltando il cinguettio degli uccel-
li. Tornando sui suoi passi s'inebriò ancora una volta del pro-
fumo delle rose e del glicine che pendeva da un sostegno ri-
curvo. Poco dopo raggiunse di nuovo la villa e sedette sui
gradini del portico. Quasi subito si affacciò alla sua mente
una nitida immagine di Nathan Gomber. Era come se l'uomo
fosse in piedi di fronte a lei. La giovane investigatrice co-
minciò a mettere insieme i vari pezzi del rompicapo che ri-
guardava Gomber e l'affare della Compagnia Ferroviaria.
– Forse è Nathan Gomber a tenere nascosto Willie
Wharton!
– si disse. – Willie potrebbe essere addirittura prigionie-
ro! E se Gomber è un uomo di questa fatta, probabilmente ha
anche architettato il rapimento di mio padre!
Il solo pensiero bastò a spaventarla. Balzò in piedi e de-
cise di chiedere alla polizia di far pedinare Nathan Gomber.
– Andrò alla centrale e parlerò al capitano Rossland – si
disse. – Chiederò ad Helen di accompagnarmi. C'è qui la
donna delle pulizie e potrà aiutare lei zia Rosemary in caso
di bisogno.
Senza spiegare le sue reali intenzioni, Nancy chiese
semplicemente ad Helen di recarsi con lei in città per alcuni
acquisti. Le due ragazze partirono in macchina e, lungo la
strada che conduceva a Cliffwood, Nancy confidò all'amica
tutto ciò che le era passato per la mente a proposito di Na-
than Gomber. Helen ne fu assai meravigliata.
– Proprio lui che si mostrava così preoccupato per l'in-
columità di tuo padre!
Quando giunsero alla centrale di polizia, dovettero a-
spettare alcuni minuti prima di vedere il capitano Rossland.
Nancy non riusciva a nascondere il suo nervosismo durante
l'attesa. Ogni attimo le sembrava ora doppiamente prezioso.
Finalmente le due giovani furono fatte entrare e l'ufficiale di
polizia le salutò calorosamente.
– Un nuovo indizio, signorina Drew? – chiese con un
sorriso.
In poche parole Nancy lo mise a parte dei suoi sospetti
su Nathan Gomber.
– Credo che le vostre supposizioni non siano affatto da
scartare – affermò il funzionario. – Sarò felice di mettermi in
contatto col capitano McGinnis della vostra città e di riferir-
gli quanto mi avete detto. Inoltre darò ordine a tutti i miei
uomini di tener d'occhio questo signor Gomber.
– Vi ringrazio molto – disse Nancy sentitamente. – Ogni
ora che passa sono sempre più inquieta per mio padre.
– Vedrete che giungeremo presto a una soluzione – le
disse gentilmente il capitano. – Non appena saprò qualcosa,
vi avvertirò immediatamente.
Nancy lo ringraziò ancora e uscì con Helen per provve-
dere agli acquisti di cui le aveva parlato. Dovette fare appel-
lo a tutta la sua forza d'animo per non rivelare i suoi intimi
sentimenti. Spingeva il carrello attraverso il supermercato
come un automa, scegliendo le provviste di cui c'era biso-
gno. La sua mente diceva:
– Ci servono altre scatole di piselli, dato che il fantasma
si è preso quelle che avevamo. – Ma quando fu al reparto
delle carni non poté fare a meno di pensare: – A papà piac-
ciono tanto le bistecche spesse e succose!
Finalmente terminarono le spese, e i vari pacchi furono
riposti nel retro della convertibile. Nel tragitto verso casa,
Helen chiese a Nancy cosa intendesse fare ora per risolvere
la misteriosa vicenda.
– Se devo essere sincera – rispose Nancy – non ho fatto
che pensare a questo, ma finora non mi è venuta alcuna nuo-
va idea. Ad ogni modo sono certa che alla fine qualcosa sal-
terà fuori.
Le ragazze erano ormai giunte a breve distanza dal can-
cello per cui si accedeva alla tenuta, allorché videro un'auto
sbucare improvvisamente dal viale e girare a destra. L'uomo
alla guida si sporse dal finestrino, volgendosi a guardare in-
dietro. Sogghignava soddisfatto.
– Ehi, quello è Nathan Gomber! – gridò Nancy.
– E hai notato quello sciocco sorriso sulla sua faccia? –
fece Helen. – Oh, Nancy, non sarà per caso riuscito a persu-
adere la Signorina Flora a vendergli la proprietà?
– Temo proprio di sì – rispose Nancy rattristata. – Per di
più mi sono appena rivolta alla polizia per farlo sorvegliare,
e sono proprio io la prima persona a vederlo!
In così dire Nancy accelerò con forza spingendo la mac-
china a gran velocità.
– Dovei stai andando ora? – chiese Helen, mentre sfrec-
ciavano davanti all'ingresso del viale.
– Inseguirò Nathan Gomber finché non lo avrò acchiap-
pato!
16
– Oh, Nancy, speriamo d'incontrare qualche poliziotto!
– disse Helen Corning. – Se Gomber è un rapitore come tu
sospetti, potrebbe farcì del male!
– Dovremo essere prudenti – ammise Nancy. – Temo ci
siano poche probabilità di incontrare un poliziotto. Non ne
ho mai visti su queste strade in tutto il tempo che sono stata
qui. Le due ragazze tenevano gli occhi fissi sulla macchina
che le precedeva. La distanza era tale da permettere a Nancy
di leggere il numero della targa. La giovane investigatrice si
chiese se l'auto fosse registrata sotto il nome di Gomber o di
qualcun altro. Se apparteneva a un suo amico, il numero del-
la targa avrebbe potuto condurre la polizia a un'altra persona
sospetta.
– Dove pensi che stia andando? – chiese Helen. – Ad
incontrarsi con qualcuno?
– Forse. Può darsi che stia tornando a River Heights.
– No, guarda! – esclamò Helen, poiché in quel momento
Gomber, raggiunto un incrocio, aveva bruscamente girato a
destra.
– Quella strada conduce in tutt'altra direzione.
– Sì. È quella che passa per Riverview Manor – osservò
Nancy con voce tesa, mentre si avvicinava all'incrocio.
Come ebbero svoltato a destra, le due ragazze videro
che Gomber le aveva distanziate di un buon tratto e aveva
preso a correre all'impazzata.
Sfrecciò a folle velocità davanti all'antica villa abban-
donata, e poco più oltre cominciò ad accendere e spegnere le
luci di posizione.
– Ma che fa? – chiese Helen stupita. – Sta provando se
le luci funzionano?
Nancy era poco propensa a crederlo.
– Probabilmente è un segnale. Guardati bene attorno,
Helen, e vedi se ti riesce di scorgere qualcuno.
Nancy stava guidando a una tale velocità che non osava
staccare gli occhi dalla strada.
Helen scrutò attentamente a destra e a sinistra, quindi si
girò a guardare attraverso il lunotto posteriore.
– Non vedo proprio nessuno – disse.
Nancy cominciò a sentirsi piuttosto inquieta. Era possi-
bile che Gomber avesse segnalato a qualcuno di seguire la
loro macchina.
– Continua a guardare indietro, Helen, e avvertimi subi-
to se qualche auto comincia a seguirci.
– Forse ci conviene abbandonare l'inseguimento e ac-
contentarci di riferire alla polizia gli spostamenti di Gomber
– suggerì Helen, tradendo nella voce una certa paura.
Nancy però aveva deciso di non mollare.
– Credo che ci sarà molto utile scoprire dove si sta diri-
gendo.
L'inseguimento continuò, e dopo parecchie miglia giun-
sero alla città di Hancock.
– Non è qui che abita quel tipo dall'orecchio accartoc-
ciato?
– domandò Helen.
– Sì.
– Allora credo proprio che Gomber stia andando a fargli
visita.
Nancy ricordò all'amica che si riteneva che quell'uomo
avesse lasciato la città, essendo ricercato dalla polizia per un
paio di imputazioni di furto.
Sebbene Hancock fosse una piccola cittadina, il traffico
nella via principale era molto intenso. Ad un incrocio del
centro vi era un semaforo. Gomber passò con il verde, ma
quando fu la volta di Nancy, il disco rosso la costrinse ad
arrestarsi.
– Che disdetta! – si spazientì la giovane. – Ora ci sfug-
girà. Dopo pochi secondi il semaforo segnò nuovamente
verde e Nancy riprese l'inseguimento, ma si rendeva conto
che ormai era inutile. Gomber poteva aver imboccato qual-
cuna delle numerose vie laterali, e anche nel caso che avesse
tirato dritto attraverso la cittadina, doveva essere ormai così
lontano che rimanevano poche probabilità di poterlo rag-
giungere. Nancy tuttavia proseguì per altre tre miglia. Infine,
non trovando più alcuna traccia della sua preda, decise di
abbandonare la caccia.
– Credo sia inutile insistere, Helen – sospirò. – Tornia-
mo a Hancock e riferiamo ogni cosa alla polizia del luogo.
Chiederò che si mettano in contatto col capitano Rossland e
col capitano McGinnis.
– Spero proprio che riescano a catturare Gomber! – e-
sclamò Helen. – È talmente odioso! Dovrebbe essere messo
in prigione solo per le sue brutte maniere!
Nancy sorrise e invertì la marcia, dirigendosi verso
Hancock. Una signora le indicò come raggiungere la centrale
di polizia e pochi minuti dopo la convertibile azzurra si arre-
stò davanti al grande edificio. Le ragazze entrarono. Nancy
si presentò con Helen al comandante, spiegò chi erano e gli
riferì tutti i particolari del recente inseguimento. L'ufficiale
ascoltò attentamente e disse:
– Per prima cosa telefonerò al vostro capitano di River
Heights.
– E, per favore, date l'allarme ai vostri uomini e alla Po-
lizia di Stato! – lo sollecitò Nancy.
Il comandante annuì.
– Non temete, signorina Drew. Penserò io a tutto.
Così dicendo sollevò il ricevitore e cominciò una serie
di telefonate.
Helen era impaziente di tornare a casa e insistette per
andarsene al più presto.
– Mentre parlavi, ho continuato a pensare alla visita di
Gomber a Villa degli Olmi. Ho il presentimento che sia suc-
cesso qualcosa. Ricordi l'espressione compiaciuta che aveva
quando lo abbiamo visto sbucare dal viale?
– Hai ragione – convenne Nancy. – Dobbiamo sbrigarci
a tornare.
La strada per giungere fino a Villa degli Olmi era molto
lunga, e man mano che si avvicinavano, le due giovani senti-
vano crescere la loro inquietudine.
– La Signorina Flora era già malata – disse Helen – e la
visita di Gomber potrebbe aver peggiorato le sue condizioni.
Quando arrivarono a casa, zia Rosemary venne ad aprire il
portone. Era molto pallida.
– Sono così contenta che siate tornate – disse. – Mamma
è peggiorata. Ha avuto un grave collasso. Sto aspettando che
arrivi il dottor Morrison…
La voce le tremava a tal punto che dovette interromper-
si. Nancy fu molto addolorata da questa notizia.
– Sappiamo che è stato qui Nathan Gomber. Abbiamo
inseguito la sua macchina, ma non siamo riuscite a raggiun-
gerlo. È stato lui a turbare la Signorina Flora? – chiese con
viva preoccupazione.
– Sì. Sono rimasta fuori venti minuti per parlare col
giardiniere e non mi sono accorta dell'arrivo di Gomber. Lil-
lie, la donna delle pulizie, lo ha fatto entrare. Lei non lo co-
nosce e credeva si trattasse di un amico di casa. Quando è
uscita per avvertirmi, io mi ero allontanata fino al glicine in
fondo al parco.
"Nel frattempo Gomber è salito al piano superiore e ha
proposto ancora una volta a mamma di vendere la villa. Sic-
come lei rifiutava, ha cominciato a minacciarla, dicendo che
se non avesse firmato l'atto di vendita, ogni sorta di terribili
cose sarebbero capitate a me e a voi due. Mamma, poverina,
ha finito col cedere. In quel momento, Lillie, che non era riu-
scita a trovarmi, è tornata di sopra e ha fatto addirittura da
testimone alla firma del contratto. Così Gomber ha vinto!"
Zia Rosemary si accasciò sulla poltrona accanto al telefono e
scoppiò in pianto. Nancy ed Helen la abbracciarono cercan-
do di consolarla, ma prima che potessero pronunciare una
parola di conforto, udirono una macchina fermarsi davanti
alla villa. La signora Hayes si asciugò le lacrime e disse:
– Dev'essere il dottor Morrison.
Nancy andò ad aprire la porta e fece entrare il medico. Il
gruppetto salì al piano superiore dove la Signorina Flora gia-
ceva fissando il soffitto con sguardo assente.
– Non dovevo firmare! – mormorava. – Non dovevo
vendere Villa degli Olmi!
Il dottor Morrison controllò il polso della paziente e ne
auscultò il ritmo cardiaco con lo stetoscopio. Qualche istante
dopo disse:
– Signora Turnbull, dovreste permettermi di ricoverarvi
all'ospedale.
– No, non ancora – rispose ostinatamente la Signorina
Flora. Un pallido sorriso aleggiò sul suo volto. – So di essere
malata, ma non credo che in ospedale guarirei prima che qui.
Dovrò abbandonare Villa degli Olmi fin troppo presto e de-
sidero rimanervi il più possibile. Dio mio! Perché mai ho
firmato quel pezzo di carta?
Il medico tacque, evidentemente imbarazzato, e Nancy
si accostò al letto dell'ammalata.
– Signorina Flora – disse con gentilezza – probabilmen-
te questo contratto non avrà alcun seguito. Anzitutto po-
tremmo dimostrare che avete firmato sotto coercizione. Se
questo non riuscisse, sapete anche voi quanto tempo ci vuole
per gli accertamenti di proprietà! Nel frattempo può darsi
che il signor Gomber muti le sue intenzioni.
– Spero che abbiate ragione, ragazza mia! – rispose l'an-
ziana signora stringendo forte la mano di Nancy.
Le due ragazze lasciarono la stanza per permettere al
dottor Morrison di portare a termine la visita dell'ammalata e
di dettare le prescrizioni. Avevano deciso di non dir nulla
alla Signorina Flora dell'avventura del mattino, ma durante il
pranzo raccontarono tutto a zia Rosemary nei minimi parti-
colari.
– A dire il vero, non mi dispiace affatto che non siate
riuscite a raggiungerlo – osservò la signora Hayes. – Chissà
cosa sarebbe stato capace di farvi!
Nancy disse di essere sicura che la polizia di una delle
città avrebbe finito per prenderlo, e allora forse molte cose
avrebbero trovato la loro spiegazione.
– Intanto potremmo cercare di scoprire perché ha acceso
e spento le luci della macchina quando è passato davanti a
Riverview Manor. Ho il sospetto che stesse facendo dei se-
gnali a qualcuno e che la persona a cui erano diretti fosse
nascosta nella villa.
– Potrebbe essere come dite voi, Nancy – convenne zia
Rosemary.
Helen si protese in avanti fissando l'amica con gli occhi
spalancati.
– Pensi che il nostro fantasma ladro si nasconda là?
– Credo proprio di sì – rispose Nancy. – Sarei molto cu-
riosa di dare un'occhiata in quella vecchia casa.
– Non starai per caso progettando un'irruzione, vero? –
fece Helen spaventata.
Nancy sorrise.
– No, Helen. Non ho nessuna intenzione di violare la
legge. Andrò dall'agente immobiliare al quale è stata affidata
la proprietà e gli chiederò di mostrarmi il posto. Sei disposta
a venire anche tu?
Helen ebbe un brivido, ma rispose ugualmente di sì.
– Potremmo andarci oggi pomeriggio – propose.
– Dio mio – sospirò zia Rosemary preoccupata. – Non
so proprio se dovrei permettervi di fare una cosa simile. Mi
sembra così pericoloso!
– Se l'agente immobiliare verrà con noi, non avremo
nulla da temere – replicò Helen.
Sua zia finì per acconsentire e fornì alle due ragazze
l'indirizzo dell'agenzia, diretta dal signor Dodd, nella via
centrale di Cliffwood.
La conversazione si spense a questo punto e le tre donne
finirono di pranzare in silenzio. Si erano appena alzate da
tavola, allorché avvertirono un gran tonfo al piano superiore.
– Oh, cielo! – gridò zia Rosemary. – Speriamo che
mamma non sia caduta!
Lei e le ragazze si lanciarono su per le scale. La Signo-
rina Flora era a letto, ma tremava come una foglia. La sua
mano esile e bianca indicò il soffitto.
– Proveniva dal piano di sopra! C'è qualcuno lassù!
17
– Ora vedremo chi c'è nella soffitta – disse Nancy riso-
lutamente, precipitandosi fuori della stanza, tallonata da He-
len.
– Mamma, posso lasciarti sola per qualche momento? –
chiese zia Rosemary. – Vorrei andare con le ragazze.
– Ma certo, cara. Vai pure!
Nancy ed Helen stavano per arrivare al secondo piano,
salendo di corsa al centro della scala scricchiolante, senza
preoccuparsi minimamente del rumore che facevano. Non
appena ebbero raggiunto la soffitta, accesero due candele e si
guardarono attorno. Non vedendo nessuno, cominciarono a
cercare dietro ai bauli e ai vari mobili, ma senza risultato.
– Eppure quel tonfo non è stato provocato dalla caduta
di uno scatolone o di qualcos'altro – osservò Nancy. – Tutto
sembra perfettamente in ordine.
– Non c'è che una risposta – concluse Helen. – Il fanta-
sma è stato qui. Ma come ha fatto ad entrare?
Aveva appena pronunciato queste parole, quando una ri-
sata lunga ed acuta echeggiò, raggelando a tutte il sangue
nelle vene. Era chiaro che non proveniva dal piano inferiore.
– È… è al di là della parete! – boccheggiò Helen spa-
ventatissima. Nancy era dello stesso parere, ma zia Rose-
mary disse:
– Quella risata potrebbe esser venuta dal tetto. Helen
guardò la zia con aria interrogativa.
– Vuoi… vuoi dire che il fantasma raggiunge il tetto ar-
rampicandosi su un albero e poi, in qualche modo, penetra
qui dentro?
– È molto probabile – rispose zia Rosemary. – Una vol-
ta mio padre deve aver parlato a mamma dell'esistenza di una
botola che porta sul tetto. Io non l'ho mai vista e me n'ero
completamente dimenticata fino a questo istante.
Alla luce delle candele le ragazze esaminarono con cura
il soffitto spiovente attraversato da grosse travi. Queste erano
disposte a breve distanza l'una dall'altra e gli interspazi
erano coperti con pannelli di legno.
– Qui c'è qualcosa che potrebbe essere una botola! – an-
nunciò ad un tratto Nancy da un angolo della soffitta. Le al-
tre accorsero e la giovane investigatrice mostrò un punto do-
ve alcuni pannelli di piccole dimensioni formavano un qua-
drato quasi perfetto.
– Ma come si apre? – domandò Helen. – Non c'è una
maniglia, né un uncino, né un qualsiasi altro aggeggio che si
possa afferrare.
– Potrebbe essere stato tolto, o essersi staccato da solo –
disse Nancy.
Quindi pregò Helen che l'aiutasse a trascinare un'altra
cassa di legno fino al punto direttamente sotto i pannelli so-
spetti. Ciò fatto, vi salì sopra e, avvicinando la candela ai lati
del riquadro, scorse finalmente un ferro incuneato tra due
tavole.
– Credo di aver trovato il modo di aprire la botola – dis-
se Nancy – ma avrò bisogno di qualche arnese.
– Scendo io a prenderli – si offrì Helen.
Corse giù per le scale e ritornò con vari attrezzi. Nancy
li provò uno dopo l'altro, ma nessuno di essi funzionava; e-
rano troppo grossi per adattarsi alla fenditura, oppure non
riuscivano a smuovere il pezzo di metallo né in su né in giù.
Nancy si rivolse a zia Rosemary.
– Non avreste per caso uno di quegli uncinetti allaccia-
scarpe che si usavano una volta? – chiese. – Potrebbe essere
proprio quel che ci vuole per questo lavoretto.
– Dovrebbero essercene in casa… Ma certo! Mamma ne
ha parecchi. Vado a prenderne uno.
Zia Rosemary stette via qualche minuto e, quando tornò,
consegnò a Nancy un lungo uncino dal manico d'argento, su
cui erano incise le iniziali della signora Turnbull.
– Mamma lo usava per allacciare le sue scarpe alte con i
bottoni. Ne ha uno simile, ma più piccolo, per i bottoni dei
guanti. In passato – spiegò alle ragazze – i guanti delle si-
gnore non venivano infilati, come quelli che si usano oggi.
Avevano tutti una lunga fila di bottoni.
Nancy inserì l'uncino nella fenditura del soffitto e riuscì
quasi subito ad agganciare il pezzo di metallo e a spostarlo
un po' verso il basso. A questo punto cominciò a tirare con
forza, ma non accadde nulla, finché Helen non decise di sali-
re anche lei sulla cassa per aiutarla.
Di lì a poco vi fu un gemito, un rumore stridente, e la
piccola sezione quadrata del soffitto cominciò a cedere. Le
due ragazze continuarono a tirare energicamente, e a poco a
poco divenne visibile una scala pieghevole, fissata ad una
delle travi.
– La botola è qui sopra! – gridò Helen, trionfante, indi-
cando il tetto. – Nancy, a te l'onore di guardar fuori per pri-
ma!
– E di catturare il fantasma, vero? – disse Nancy con un
sorrisetto malizioso.
Tuttavia, quando la scaletta fu raddrizzata e messa in
posizione, la giovane investigatrice ebbe la certezza che né il
fantasma, né alcun altro se n'era servito da lungo tempo.
Strideva penosamente ad ogni strattone: sarebbe stata davve-
ro troppo rumorosa! Era anche improbabile che il fantasma
fosse sul tetto della casa, ma ormai valeva la pena di dare
un'occhiata. Rimaneva sempre la possibilità di trovare qual-
che indizio.
– Bene, io salgo a vedere! – disse Nancy, e cominciò ad
arrampicarsi sulla vecchia scala malferma.
Quando ebbe raggiunto la sommità, tolse il gancio che
chiudeva la botola e la spinse in alto. Sporse cautamente la
testa dall'apertura e guardò intorno. Non vide nessuno sul
tetto, ma la sua attenzione fu attratta da una torretta circolare,
costruita in legno. Nancy pensò che il fantasma potesse es-
sersi nascosto là dentro!
Chiamò zia Rosemary ed Helen, e disse loro di guardare
se nel soffitto vi fosse traccia di un'apertura in corrisponden-
za della torretta. In meno di un minuto le due donne tornaro-
no per riferirle che non erano riuscite a trovare alcun segno
di una seconda botola.
– In passato ce n'era una, probabilmente – disse zia Ro-
semary – ma poi dev'essere stata sbarrata. All'improvviso
un'idea temeraria attraversò la mente della giovane detective.
– Striscerò fino a quella torretta per vedere se c'è dentro
qualcuno! – annunciò alle due che stavano sotto.
Senza lasciare loro il tempo di fare obiezioni, Nancy
cominciò ad avanzare lungo la sommità del tetto, al di sopra
dei due ripidi spioventi rivestiti di assicelle di legno. Helen si
era arrampicata in fretta fino alla sommità della scala e os-
servava l'amica con grande apprensione.
– Sta' attenta, Nancy! – le gridò.
Nancy procedeva con estrema prudenza. Doveva man-
tenersi in perfetto equilibrio, se non voleva precipitare verso
una morte certa. A metà del percorso la coraggiosa ragazza
cominciò a pensare di essere stata sconsiderata, ma ormai era
decisa a portare a termine l'impresa.
– Ancora un metro e mezzo e ci sono! – disse fra sé. Fi-
nalmente, con un sospiro di sollievo, raggiunse la torretta e si
rialzò. La piccola costruzione aveva forma cilindrica, con
aperture in ogni direzione. Nancy guardò all'interno: nessun
fantasma!
Decise allora di entrare per esaminare il pavimento.
Scavalcando il bordo, posò un piede sul fondo, ma sentì che
il tavolato di legno, corroso dal tempo, cedeva sotto di lei.
– Meno male che non mi ci sono appoggiata con tutto il
mio peso! – pensò ringraziando la sua buona stella.
– Trovato qualcosa? – le chiese Helen.
– Proprio nulla. Questo pavimento non è stato usato da
un sacco di tempo.
– Allora il fantasma non è entrato dal tetto – concluse
Helen.
Nancy ne convenne accennando col capo.
– Gli unici posti in cui rimane da guardare sono i comi-
gnoli – disse all'amica la giovane investigatrice. – Controlle-
rò anche quelli.
Ve n'erano quattro, e Nancy passò strisciando dall'uno
all'altro. Guardò dentro ciascuno, ma nulla indicava che il
fantasma se ne fosse servito per penetrare nella casa. In pie-
di, afferrandosi all'ultimo comignolo, Nancy rimase a con-
templare la campagna circostante.
– Com'è bello il panorama di quassù! – pensò.
Non lontano scorreva pigro un ruscello, le cui acque ri-
splendevano alla luce del sole. Tutt'intorno i prati rigogliosi
erano cosparsi di margherite.
Nancy posò lo sguardo sul parco di Villa degli Olmi e
cercò di ricostruire nella sua mente l'originale paesaggio.
– Quel viottolo di mattoni che conduce alla proprietà a-
diacente sarà stato fiancheggiato un tempo da una verde sie-
pe di bosso – disse fra sé.
Quindi i suoi occhi attenti si spostarono su Riverview
Manor. Là il parco era ricoperto di erbacce e alle finestre
della villa mancavano parecchie imposte.
L'attenzione di Nancy fu improvvisamente attratta da
una delle vetrate. Aveva visto davvero una luce spostarsi
all'interno? Era svanita quasi subito e Nancy non poteva es-
serne sicura. Forse il sole, risplendendo sui vetri, aveva crea-
to un'illusione ottica.
– Eppure potrebbe esserci veramente qualcuno in quella
casa – rifletté la giovane investigatrice. – Più presto andrò
laggiù ad accertarmene, meglio sarà! Se è là che il fantasma
si nasconde, è probabile che il passaggio sotterraneo di cui si
serve, parta da qualcuno degli edifici esterni di quella pro-
prietà. Strisciando lentamente e con molta cautela, Nancy
tornò alla botola, vi si calò e la richiuse con l'aiuto di Helen.
Zia Rosemary era già scesa al piano di sotto per assistere la
Signorina Flora.
Nancy confidò ad Helen ciò che le sembrava di aver in-
travisto un attimo prima nella villa di Riverview Manor.
– Mi cambio d'abito immediatamente e poi andremo a
far visita al signor Dodd, l'agente a cui è stata affidata quella
tenuta.
Mezz'ora più tardi le due giovani entrarono nell'ufficio
immobiliare. Vi trovarono il signor Dodd in persona, e
Nancy gli chiese se era possibile visitare Riverview Manor.
– Sono spiacente, signorina – rispose il signor Dodd –
ma la villa è stata appena venduta.
Nancy rimase come stordita, vedendo tutti i suoi piani
andare in fumo all'improvviso. Poi un pensiero le attraversò
la mente. Forse il nuovo proprietario non avrebbe fatto obie-
zioni se gli avesse chiesto di dare un'occhiata.
– Signor Dodd, vi dispiacerebbe dirmi chi ha acquistato
Riverview Manor?
– No, affatto – rispose l'agente. – Un signore di nome
Nathan Gomber.
18
La faccia di Nancy Drew aveva un'espressione così av-
vilita, che il signor Dodd le disse gentilmente:
– Non prendetevela a quel modo, signorina. Non credo
che Riverview Manor vi sarebbe piaciuta molto. La villa non
è certo in buone condizioni e avreste dovuto spendere un
sacco di denaro per renderla abitabile.
Nancy non fece alcun commento e si limitò a chiedere:
– Non sarebbe possibile visitare ugualmente l'interno
della villa?
Il signor Dodd scosse la testa.
– Temo che il signor Gomber non lo gradirebbe.
Nancy era riluttante a rinunciare. Suo padre poteva esse-
re prigioniero proprio in quella casa!
– Naturalmente potrei riferire il mio sospetto alla polizia
– rifletté la giovane investigatrice.
Decise di aspettare fino al mattino seguente. Se non si
fossero ancora avute notizie del signor Drew, si sarebbe ri-
volta al capitano Rossland.
Il telefono del signor Dodd prese a squillare. Mentre
questi rispondeva, Nancy ed Helen si apprestarono a lasciare
l'ufficio, ma, proprio mentre uscivano, l'agente immobiliare
le richiamò con un cenno della mano.
– È il capitano Rossland, signorina Drew. Ha telefonato
a Villa degli Olmi e gli è stato detto che eravate qui. Deside-
ra vedervi immediatamente.
– Grazie – disse Nancy, ed uscì con Helen. Si affretta-
rono a raggiungere la centrale di polizia, domandandosi qua-
le potesse essere il motivo di quella convocazione.
– Oh, se avessero trovato il babbo, finalmente! – escla-
mò Nancy piena di speranza. – Ma perché allora non mi ha
telefonato lui direttamente?
– Non vorrei sembrarti una guastafeste – osservò Helen
– ma forse non si tratta di tuo padre. Può darsi che abbiano
preso Nathan Gomber.
Nancy parcheggiò davanti alla sede della polizia e in-
sieme all'amica si precipitò all'interno dell'edificio. Il capita-
no Rossland le stava aspettando e furono introdotte subito
nel suo ufficio. Nancy gli presentò Helen Corning.
– Non voglio tenervi sulle spine – disse il funzionario,
notando il volto ansioso di Nancy. – Abbiamo arrestato Sa-
muel Greenman!
– L'uomo dall'orecchio accartocciato? – chiese Helen.
– Proprio lui – rispose il capitano Rossland. – Grazie al-
la vostra informazione sull'automobile usata, signorina
Drew, i nostri uomini non hanno avuto difficoltà a trovarlo.
Il capitano continuò dicendo che l'uomo fermato negava
di aver avuto a che fare con la scomparsa del signor Drew. –
Inoltre Harry, il tassista – abbiamo qui anche lui – afferma di
non poter identificare con sicurezza in Greenman uno dei
passeggeri della sua vettura. Noi crediamo che Harry tema
qualche rappresaglia nei confronti suoi o della sua famiglia
da parte dei soci di Greenman.
– Harry mi disse infatti – intervenne Nancy – che uno di
quegli uomini lo aveva minacciato proprio di questo se non
avesse dimenticato quanto aveva veduto.
– Ciò conferma la nostra ipotesi – affermò decisamente
il capitano Rossland, quindi aggiunse: – Signorina Drew,
penso che voi potreste aiutare la polizia.
– Non chiedo di meglio. Cosa dovrei fare? Il capitano
Rossland sorrise.
– Forse non ve ne rendete conto, ma siete una giovane
dotata di notevoli capacità persuasive. Credo che potreste
riuscire a ottenere sia da Harry che da Greenman le informa-
zioni che si sono rifiutati di dare a noi.
Dopo qualche attimo di riflessione, Nancy rispose con
modestia:
– Sarò lieta di tentare, ma ad una condizione – guardò il
funzionario sorridendo e aggiunse: – Voglio parlare con loro
da sola.
– Accordato! – rispose il capitano Rossland sorridendo a
sua volta.
Disse che lui ed Helen avrebbero atteso fuori, mentre
avrebbe fatto entrare Harry.
– Buona fortuna! – augurò Helen, uscendo dalla stanza
insieme al capitano.
Pochi minuti dopo Harry entrò da solo nell'ufficio.
– Oh, salve, signorina! – disse, alzando appena gli occhi
da terra.
– Volete sedervi, Harry? – chiese Nancy, indicando una
sedia accanto alla sua. – Il capitano è stato molto gentile a
permettermi di parlare con voi.
Harry sedette senza dir nulla. Rigirava nervosamente tra
le mani il suo berretto da autista, tenendo sempre lo sguardo
fisso al pavimento.
– Harry – cominciò Nancy – immagino che i vostri
bambini soffrirebbero molto, se vi toccasse di essere rapito.
– Sicuro. Sarebbero disperati! – disse il tassista con tra-
sporto.
– Allora potete capire cosa sto provando io – riprese
Nancy.
– Sono due giorni che non so più nulla di mio padre. Se
i vostri figli conoscessero una persona che ha visto chi vi ha
rapito e quella persona rifiutasse di parlare, come pensate
che si sentirebbero?
A queste parole Harry alzò finalmente gli occhi, e guar-
dò dritto in quelli di Nancy.
– Capisco cosa volete dire, signorina. Quando una cosa
ci tocca personalmente, allora tutto cambia aspetto, vero? E
va bene! Sì, sono perfettamente in grado di identificare quel
mascalzone di Greenman! Fate venire il capitano.
Nancy non esitò un secondo. Aprì la porta e chiamò l'uf-
ficiale.
– Harry ha qualcosa da dirvi – annunciò la ragazza al
capitano Rossland.
– Sicuro – sbottò Harry. – Vi dirò tutto quello che so.
Ho taciuto perché Greenman m'aveva spaventato. È lui il ti-
po che si trovava sul mio taxi quel giorno, ed è stato lui a
ordinarmi di tener la bocca chiusa, dopo che l'altro passegge-
ro era svenuto.
Il capitano Rossland era sbalordito. Era chiaro che non
riusciva a spiegarsi come avesse fatto Nancy in quei pochi
minuti a convincere l'uomo a parlare!
– Ed ora – domandò Nancy – posso parlare al vostro
prigioniero?
– Vi farò condurre alla sua cella – rispose il capitano, e
mandò a chiamare una guardia.
Nancy fu accompagnata lungo un corridoio su un lato
del quale si aprivano le celle. In una di queste, seduto su una
cuccetta, vi era l'uomo dall'orecchio accartocciato.
– Greenman – disse la guardia. – Alzati e vieni qui!
Questa è la signorina Nancy Drew, la figlia dell'uomo rapito.
Desidera parlare con te.
Il prigioniero si mosse pigramente verso di loro, ma
brontolò:
– Se è per farmi domande, può risparmiarsi il fiato.
Nancy attese che la guardia se ne andasse e poi sorrise al
prigioniero.
– A tutti capita di sbagliare qualche volta – disse la ra-
gazza.
– Spesso sono gli altri che ci spingono a fare ciò che
non dovremmo. Forse voi temete di essere condannato a
morte per aver preso parte al rapimento di mio padre, ma se
risultasse chiaro che siete stato coinvolto in un'azione di cui
ignoravate la gravità, questa sarebbe una notevole attenuante
per voi. Con indicibile sorpresa di Nancy, Greenman prorup-
pe all'improvviso:
– Voi mi avete capito perfettamente, signorina. Io non
ho avuto quasi niente a che fare col rapimento di vostro pa-
dre. Il tipo che era con me, quello sì che è una vecchia cana-
glia! È stato in prigione un sacco di volte. Io mai! Credetemi,
signorina, questa è la prima volta. Vi racconterò tutto dal
principio. Ho incontrato questo individuo lunedì sera, per la
prima volta in vita mia, e mi ha dato a bere un mucchio di
fandonie. Ad ogni modo io non ho fatto altro che sorvegliare
vostro padre perché non cercasse di scappare. È stato lui, la
vecchia canaglia, a somministrargli il narcotico.
– Dov'è ora mio padre? – lo interruppe Nancy.
– Non lo so. Onestamente, non lo so – rispose Green-
man. – Una parte del piano prevedeva che qualcuno seguisse
il taxi con una macchina. Dopo un po' si doveva far annusare
al signor Drew una specie di droga. Non aveva nessun odore.
Ecco perché il tassista non si è accorto di nulla! E noi non ne
abbiamo ricevuto alcun danno perché bisogna metterla pro-
prio sotto il naso di una persona perché faccia effetto.
– Chi è la persona che ha seguito il taxi con la macchina
e che ha portato via mio padre? Lo sapete?
– No, signorina – rispose il prigioniero, e Nancy capì
che stava dicendo la verità.
– Siete stato pagato per fare questo? – gli domandò
Nancy.
– Mi hanno dato qualcosa… troppo poco perché valesse
la pena di rischiare la prigione. Il tipo che ci ha pagati è stato
quello della macchina, quello che ha portato via vostro pa-
dre.
– Potreste descriverlo? – gli chiese Nancy.
– Sicuro. E spero che lo prendano subito. È un uomo
sulla cinquantina, basso e tarchiato, pallido e con gli occhi di
un azzurro acquoso.
Nancy chiese al prigioniero se fosse disposto a rilasciare
quella stessa confessione alla polizia e l'uomo accennò di sì.
– Mi rincresce molto di avervi procurato tanti dispiaceri,
signorina. Spero che ritroviate presto vostro padre. Vorrei
potervi aiutare di più ma credo di essere un vigliacco. Ho
troppa paura di dire il nome della persona che mi ha trascina-
to in questo maledetto affare. È un pessimo soggetto, quello!
Non vi dico cosa potrebbe capitarmi se facessi il suo nome.
La giovane investigatrice si rese conto di aver avuto da
Greenman tutte le informazioni che era possibile ottenere.
Tornò dal capitano Rossland, che per la seconda volta si stu-
pì dei risultati conseguiti dalla ragazza. Dopo aver fatto
chiamare uno stenografo, il funzionario congedò Nancy ed
Helen con una stretta di mano e si avviò alla cella di Green-
man. Mentre tornavano verso Villa degli Olmi, Helen si
congratulò con l'amica.
– Ora che uno dei rapitori è stato catturato, sono certa
che non occorrerà molto tempo per trovare tuo padre, Nancy.
Hai idea di chi possa essere l'uomo che lo ha preso in conse-
gna da Greenman e dal suo socio?
Nancy rifletté un poco prima di rispondere. Infine disse:
– Dalla descrizione che ne è stata fatta, sappiamo che non era
Gomber. Però, Helen, il mio sospetto che ci sia lui dietro a
tutta questa faccenda si fa sempre più forte. Se ciò è vero, la
conclusione più logica è che fosse Willie Wharton a guidare
quella macchina. E credo anche che sia Wharton a fare la
parte del fantasma, usando maschere e travestimenti, come
quella volta del gorilla e dell'uomo con la barba e i capelli
lunghi. In qualche modo penetra nella villa e ascolta tutte le
conversazioni. Deve aver sentito che stavate per chiedermi di
risolvere il mistero di Villa degli Olmi e lo ha riferito a
Gomber. Ecco perché questi si presentò a casa mia e cercò di
trattenermi dal venire qui, dicendo che avrei dovuto stare
accanto a mio padre!
– È vero! – disse Helen. – E quando s'accorse che la co-
sa non aveva funzionato, fece rapire tuo padre da Willie,
Greenman e quell'altro. Naturalmente si aspettava che questo
ti avrebbe indotto a lasciare Villa degli Olmi. Gomber stava
cercando di terrorizzare la Signorina Flora perché si decides-
se a vendergli la proprietà e temeva che la tua presenza po-
tesse mandare all'aria il suo piano.
– Invece l'ha spuntata lo stesso – osservò Nancy rattri-
stata. Quindi riprese: – Sia lui che Wharton sapevano inoltre
che mio padre avrebbe potuto impedire a quegli avidi pro-
prietari di estorcere altro denaro alla Compagnia Ferroviaria.
Anche per questo hanno deciso di rapirlo, e sono sicura che
non lo lasceranno libero finché non avranno ottenuto ciò che
vogliono.
Helen posò una mano sulla spalla di Nancy.
– Mi dispiace tanto per tuo padre. Cosa pensi che po-
tremmo fare?
– Qualcosa mi dice, Helen – rispose l'amica – che tu ed
io riusciremo a trovare Willie Wharton molto presto. E nel
caso che lo troviamo, voglio che ci sia nelle vicinanze qual-
cuno che so io.
– Chi? – domandò Helen perplessa.
– L'avvocato Barradale e il notaio Watson.
La giovane investigatrice cominciò a far lavorare il cer-
vello. Sapendo che il lunedì sarebbe scaduto il termine stabi-
lito dalla Compagnia Ferroviaria, decise di fare del suo me-
glio per risolvere il caso prima di quel giorno. Come giunse-
ro a Villa degli Olmi, Nancy andò al telefono e chiamò l'uf-
ficio dell'avvocato Barradale. Si guardò bene dal fare i nomi
di Gomber o di Wharton, nel timore che l'uno o l'altro dei
due potesse essere in ascolto. Chiese soltanto al giovane le-
gale se gli era possibile venire a Cliffwood, portando con sé
tutto ciò' che ritenesse necessario per vincere la causa.
– Credo di aver capito cosa intendete dire – rispose il
signor Barradale. – Ho l'impressione che non possiate parlare
liberamente. È così?
– È così!
– Allora farò io le domande. Devo venire all'indirizzo
che mi avete dato l'altro ieri?
– Sì. Verso mezzogiorno.
– E vorreste che portassi con me il contratto di vendita
con la firma di Willie Wharton, non è vero?
– Avete capito perfettamente! – Nancy lo ringraziò e
posò il ricevitore.
Dopo aver telefonato andò a cercare Helen.
– Fuori è ancora molto chiaro – disse all'amica. – Anche
se non possiamo entrare nella villa di Riverview Manor, po-
tremmo dare un'occhiata agli edifici esterni di quella tenuta.
Chissà che non troviamo l'entrata del passaggio sotterraneo
che conduce a questa casa.
– Va bene – fu d'accordo Helen. – Questa volta però tu
farai le ricerche, mentre io starò di guardia.
Nancy decise di cominciare dal vecchio affumicatoio di
Riverview Manor, che era il più vicino al confine con la pro-
prietà di Villa degli Olmi. Dopo averlo esplorato senza suc-
cesso, passò ad ispezionare la rimessa, ma né in questa, né in
alcuna delle altre costruzioni la giovane detective trovò trac-
cia di un'entrata al passaggio sotterraneo. Alla fine abbando-
nò le ricerche e raggiunse Helen.
– Se esiste un cunicolo segreto, deve partire dall'interno
di Riverview Manor – affermò Nancy. – Oh, Helen! Non so
rassegnarmi all'idea di non poter entrare in quella villa.
– Anche se si potesse – osservò Helen – non credo sa-
rebbe questo il momento più opportuno. L'ora di cena è pas-
sata da un pezzo e sto morendo di fame. Per di più tra poco
sarà buio.
Le due giovani tornarono a Villa degli Olmi e cenarono.
Poco dopo qualcuno bussò alla porta d'ingresso. Nancy ed
Helen andarono ad aprire insieme e furono alquanto stupite
di trovarsi davanti il signor Dodd, l'agente immobiliare. Que-
sti porse a Nancy una grossa chiave di ottone.
– Cosa dovrei farne? – chiese Nancy sconcertata. Il si-
gnor Dodd sorrise.
– È la chiave del portone di Riverview Manor. Ho deci-
so di fare uno strappo alla regola. Potrete dare un'occhiata
alla villa domani mattina.
19
Nel vedere l'espressione raggiante di Nancy, il signor
Dodd rise.
– Pensate che anche quella casa sia infestata dagli spet-
tri come questa? – le chiese. – Ho sentito dire che i casi mi-
steriosi sono la vostra passione. È vero?
– Be', sì – rispose Nancy. Poi, non volendo rivelare le
ragioni che la spingevano a visitare la residenza di River-
view Manor, decise di stare allo scherzo e domandò a sua
volta: – Credete che ci sia la possibilità di trovare qualche
fantasma laggiù?
– A dire il vero, io non ne ho mai visto uno, ma non si
può mai sapere! – rispose l'uomo con aria divertita.
Disse che avrebbe lasciato la chiave a Nancy fino a sa-
bato sera, e poi sarebbe passato a prenderla. – Se nel frat-
tempo si facesse vivo il signor Gomber, ho la chiave della
porta di servizio e potrà servirsi di quella.
Nancy ringraziò il signor Dodd e aggiunse con un sorri-
setto che se avesse scoperto qualche fantasma a Riverview
Manor, glielo avrebbe fatto sapere.
La giovane investigatrice attese con impazienza il sor-
gere del mattino seguente. Alla Signorina Flora non fu detto
nulla del piano delle due ragazze che, subito dopo aver fatto
colazione, si prepararono per andare a Riverview Manor. Zia
Rosemary le accompagnò fino alla porta posteriore e augurò
loro buona fortuna.
– Promettetemi che sarete prudenti! – disse in tono sup-
plichevole.
– Promesso! – risposero insieme le ragazze.
Con le torce elettriche nelle tasche delle gonne, Nancy
ed Helen si avviarono di buon passo attraverso il giardino,
quindi s'inoltrarono nel parco di Riverview Manor. Mentre si
stavano avvicinando al portico della villa, Helen cominciò a
dar segni di nervosismo.
– Nancy, cosa faremo se incontriamo il fantasma? –
domandò.
– Gli diremo semplicemente che lo abbiamo scoperto! –
rispose risolutamente l'amica.
Helen ammutolì e stette ad osservare Nancy mentre infi-
lava l'enorme chiave di ottone nella serratura. Questa si aprì
facilmente e le due ragazze entrarono nell'atrio della villa.
Dal punto di vista architettonico era perfettamente uguale
alla grande sala d'ingresso di Villa degli Olmi, ma come ap-
pariva diverso dopo tanti anni di abbandono! Tutte le finestre
erano chiuse e un'atmosfera cupa e misteriosa regnava all'in-
terno della casa. C'era polvere ovunque e le ragnatele rico-
privano gli angoli del soffitto e la ringhiera della scala.
– A giudicare da quel che si vede, è difficile pensare che
ci viva qualcuno – osservò Helen. – Da dove pensi di iniziare
le ricerche?
– Voglio dare un'occhiata alla cucina – disse Nancy.
Appena vi entrarono, Helen soffocò un'esclamazione di
stupore.
– Credo proprio di essermi sbagliata poco fa. Qualcuno
ha mangiato qui!
Gusci di uova, bottiglie di latte vuote, ossa di pollo e al-
cuni fogli di carta oleata ingombravano l'acquaio. Nancy,
vedendo che Helen era piuttosto impressionata, le sussurrò
con un risolino:
– Se si tratta del fantasma, bisogna dire che ha un, otti-
mo appetito!
La giovane investigatrice estrasse la sua torcia elettrica
e diresse il fascio luminoso sul pavimento e sulle pareti della
cucina. Non vi era alcun segno di un'apertura segreta. Segui-
ta da Helen, passò da una stanza all'altra del pianterreno. In-
sieme esaminarono attentamente le pareti, nella speranza di
trovare una porta nascosta, ma ancora una volta le loro ricer-
che non approdarono a nulla.
– Sai dove potrebbe essere? – suggerì Nancy a questo
punto.
– In cantina!
– Può darsi, ma spero che tu abbia il buon senso di non
andarci – disse Helen con fermezza. – Non senza un poliziot-
to, voglio dire. È troppo pericoloso! Quanto a me, io voglio
vivere almeno fino al giorno del mio matrimonio. Non ho
nessuna intenzione di avventurarmi laggiù nel buio, per bu-
scami i un colpo sulla testa da quel fantasma… e lasciare Jim
senza sposa! Nancy scoppiò a ridere.
– E va bene, hai vinto! Ma ti dirò perché. Per il momen-
to, più che scoprire il passaggio segreto, m'interessa trovare
mio padre. Potrebbe essere prigioniero in qualcuna delle
stanne al piano di sopra. Ora salirò a vedere.
La porta che dava sulla scala di servizio non era chiusa
a chiave, e quella in cima era spalancata. Nancy chiese ad
Helen di rimanere ai piedi della scala principale, mentre lei
sarebbe salita da quella di servizio.
– Se il fantasma è di sopra e tenta di fuggire, non potrà
farlo senza essere visto – spiegò.
Helen rimase di guardia nell'atrio e Nancy salì cauta-
mente i gradini. Nessuno tentò di scendere dall'una o dall'al-
tra scala. Allora anche Helen salì al primo piano e insieme
cominciarono a ispezionare le stanze. Non trovarono nulla di
sospetto. Non c'era il signor Drew, né alcuna traccia del fan-
tasma. Nessuna delle pareti rivelava l'esistenza di un passag-
gio segreto. Tuttavia nella camera da letto che corrispondeva
a quella della Signorina Flora, notarono un guardaroba a mu-
ro, situato dirimpetto alla porta, a lato del caminetto.
– Al tempo delle colonie gli armadi di questo tipo erano
una rarità – fece notare Nancy all'amica. – Chissà se è di
quell'epoca! In ogni caso, mi domando se non sia stato collo-
cato qui per qualche motivo particolare.
Così dicendo, aprì una delle due grandi porte e guardò
dentro. La parete di fondo era costituita da due ampie tavole
di legno. Nel mezzo sporgeva qualcosa di molto simile al
pomo di una porta.
– Questo è davvero molto strano! – esclamò Nancy ec-
citata. Immediatamente afferrò l'impugnatura e tirò, ma la
parete non si mosse. Allora la spinse in giù con forza, ap-
poggiandosi con tutto il suo peso a uno dei pannelli.
All'improvviso la parete cedette. Nancy perse l'equili-
brio e scomparve nel vuoto che si era aperto sotto di lei. He-
len gridò:
– Nancy!
Tremante di paura entrò nell'armadio e, dirigendo verso
il basso la luce della sua torcia elettrica, intravide una lunga
scala di pietra.
– Nancy! Nancy! – chiamò.
Con indicibile sollievo di Helen, dal basso giunse una
risposta soffocata. La ragazza gridò:
– Dove sei?
– Ho trovato il passaggio segreto – si sentì rispondere
fiocamente. – Vieni!
Helen non indugiò oltre. Voleva soprattutto accertarsi
che Nancy non si fosse ferita. Aveva appena cominciato a
scendere i gradini, quando la porta cominciò a chiudersi.
All'idea di rimanere entrambe imprigionate nel sotterraneo,
Helen fu presa dal panico e si lanciò disperatamente verso la
porta. Riuscì a fermarla in tempo e la tenne socchiusa, men-
tre si toglieva il maglione che aveva indosso e lo infilava
nello spiraglio. Fatto questo, si affrettò a scendere, afferran-
dosi a una ringhiera che correva lungo la scala di pietra.
Nancy si alzò dall'umido pavimento in terra battuta e le ven-
ne incontro.
– Sei sicura di star bene? – chiese Helen premurosamen-
te.
– Ammetto di aver fatto un bel volo – rispose Nancy –
ma ora sto benissimo. Vediamo dove conduce questo pas-
saggio. Nella caduta la lampada le era sfuggita di mano, ma
la ritrovò subito servendosi di quella di Helen. Il cunicolo
era molto stretto, e alto appena da permettere alle due ragaz-
ze di procedere senza chinarsi. Le pareti erano costruite parte
in pietra, parte in mattoni che si sgretolavano al minimo toc-
co.
– Qui può crollare tutto da un momento all'altro – disse
Helen piuttosto inquieta.
– Oh, non credo – rispose Nancy. – Se ha resistito fino
ad oggi!
Il passaggio sotterraneo era fastidiosamente umido e vi
si respirava un forte odore di terra. Gocce d'acqua stillavano
dai muri freddi e viscidi al tatto.
Ben presto il cunicolo cominciò a procedere tortuosa-
mente, come se i suoi costruttori avessero dovuto aggirare
ostacoli altrimenti insuperabili.
– Dove pensi che possa condurre? – bisbigliò Helen.
– Non ne ho idea. Speriamo solo di non girare in circo-
lo. Poco oltre le due ragazze arrivarono a un'altra scala di
pietra, molto simile a quella dalla quale era ruzzolata Nancy.
Questa però aveva ai lati solide pareti di pietra. Alla luce del-
le loro lampade, scorsero sulla sua sommità una porta sbarra-
ta da una pesante trave di legno.
– Saliamo? – chiese Helen.
Nancy era indecisa sul da farsi. Il tunnel non finiva lì,
ma procedeva perdendosi nell'oscurità. Non era meglio e-
splorarlo fino in fondo, prima di tentar di scoprire cosa na-
scondesse quella porta?
Espresse il suo pensiero ad alta voce, ma Helen insistet-
te per salire la scala.
– Sarò sincera – disse. – Vorrei uscire al più presto da
questo buco.
Nancy accondiscese alla richiesta dell'amica e cominciò
a salire per prima.
All'improvviso tutt'e due si sentirono gelare il sangue.
Dal fondo del cunicolo una voce d'uomo ordinò:
– Ferme! Non potete salire lassù!
20
Superato il primo attimo di smarrimento, le due giovani
si volsero e puntarono le loro lampade verso il luogo dal
quale era venuta la voce. Ai piedi della scala c'era un uomo
basso e tozzo. Aveva la barba lunga di parecchi giorni e gli
occhi di un colore azzurro acquoso.
– Siete… il fantasma! – balbettò Helen.
– E siete anche il signor Willie Wharton – aggiunse
Nancy. L'uomo rimase sbalordito. Batté le palpebre per di-
fendersi dalla luce che lo abbagliava e disse con voce incer-
ta:
– Sì… sono io. Ma come fate a saperlo?
– Siete voi dunque che vivete a Riverview Manor – in-
calzò Helen – e che rubate provviste, argenteria e gioielli da
Villa degli Olmi.
– No, no! Non sono un ladro! – protestò Willie Whar-
ton. – Io ho preso solo un po' di cibo e ho cercato di spaven-
tare le vecchie perché si decidessero a vendere la proprietà.
Mi sono camuffato con delle maschere e ho escogitato altri
piccoli trucchi, ma non ho mai rubato né argenteria, né
gioielli, credetemi! Dev'essere stato il signor Gomber. Nancy
ed Helen non credevano alle loro orecchie. Senza essere sta-
to messo alle strette, Willie Wharton stava confessando più
di quanto avrebbero osato sperare.
– Sapevate che Gomber è un ladro? – gli domandò
Nancy. Wharton scosse la testa.
– Io so che è molto furbo. Tra poco mi farà avere dell'al-
tro denaro dalla Compagnia Ferroviaria, per la mia proprietà.
– Signor Wharton, avete firmato voi la copia originale
del contratto di vendita? – volle sapere Nancy.
– Sì, ho firmato. Però il signor Gomber mi assicurò che,
se fossi sparito dalla circolazione per qualche tempo, avreb-
be fatto in modo di farmi guadagnare di più. Disse anche che
aveva per le mani un paio d'altri lavoretti in cui avrei potuto
essergli utile. Uno era appunto di venir qui a fare la parte del
fantasma. Tra l'altro, mi disse, questo sarebbe stato un buon
posto per nascondermi. Ma ora vi assicuro che preferirei non
aver mai visto Gomber, né Riverview Manor, né aver avuto a
che fare con questa storia dei fantasmi!
– Sono felice di sentirvelo dire – affermò Nancy. Quindi
gli chiese a bruciapelo: – Dov'è mio padre?
La domanda improvvisa parve mettere a disagio Willie
Wharton, che si guardò intorno con aria smarrita.
– Vostro padre? Non lo so proprio, signorina!
– Ma se l'avete rapito voi con la vostra macchina! – in-
calzò la giovane detective. – Badate che il tassista ci ha for-
nito una descrizione molto precisa.
Passarono alcuni secondi prima che Willie Wharton ri-
spondesse.
– Io non sapevo che fosse un rapimento. Il signor Gom-
ber mi spiegò che vostro padre era malato e che doveva ac-
compagnarlo da uno specialista. Disse che il signor Drew
sarebbe arrivato in treno da Chicago e che era d'accordo
d'incontrarsi con lui a metà strada fra qui e la stazione, ma
aggiunse di non poter recarsi all'appuntamento, perché aveva
alcuni affari importanti da sistemare. Così mi incaricò di se-
guire il taxi e di condurre vostro padre a Riverview Manor.
A questo punto Willie Wharton s'interruppe, coprendosi il
volto con le mani.
– Continuate! Continuate, vi prego! – insistette Nancy.
– Io non mi aspettavo di trovare vostro padre svenuto –
riprese Wharton. – Gli uomini che erano nel taxi sistemarono
il signor Drew sul sedile posteriore della mia auto e io lo
portai fin qui. Ero appena giunto, quando il signor Gomber
arrivò in macchina dalla direzione opposta e disse che al ma-
lato avrebbe pensato lui. Mi suggerì di andare subito a Villa
degli Olmi a recitare un po' della solita commedia.
– E non avete nessuna idea di dove abbia portato mio
padre? – chiese Nancy alquanto delusa.
– No – rispose Willie Wharton.
In poche parole la giovane gli tracciò un quadro della
vera personalità di Nathan Gomber, sperando così di indurlo
a parlare, nel caso che sapesse in realtà dove si trovava il si-
gnor Drew. Tuttavia le vivaci risposte di Wharton e le sue
sincere offerte di aiutarla, per quanto poteva, a ritrovare l'av-
vocato scomparso, la convinsero che non le stava nascon-
dendo nulla.
– Come avete saputo dell'esistenza di questo passaggio e
della scala segreta? – chiese Nancy.
– Gomber trovò un vecchio taccuino, rovistando nella
soffitta di Riverview Manor – rispose Wharton. – Mi disse
che vi erano indicate tutte le entrate segrete delle due ville.
Questo cunicolo sotterraneo, che permette di accedere a tutti
i piani, fu costruito assieme agli edifici. I primi Turnbull se
ne servivano per passare dall'uno all'altro, quando faceva
brutto tempo. Questa scala era riservata ai domestici, le altre
due venivano usate dalla famiglia. Una di esse conduce alla
stanza del signor Turnbull in questa casa. Nel taccuino c'era
anche scritto che spesso il signor Turnbull riceveva in gran
segreto agenti governativi e che, quando giungeva qualche
visita inaspettata, li faceva sparire in fretta nascondendoli nel
passaggio segreto.
– Dove porta questa scala? – lo interruppe Helen.
– Alla soffitta di Villa degli Olmi – rispose Willie
Wharton con un risolino. – So bene, signorina Drew, che
stavate quasi per scoprire l'entrata. Ma quelli che hanno co-
struito queste ville erano gente in gamba. Ogni apertura è
munita di porte doppie molto spesse. Quando avete infilato
quel cacciavite nella fessura, credevate di aver toccato il mu-
ro. Invece si trattava proprio di una porta.
– Siete stato voi a suonare il violino, ad accendere la ra-
dio e a provocare quel tonfo nella soffitta? Ed era vostra la
risata che abbiamo udito mentre eravamo là?
– Sì. E quella notte che vi eravate appostate per sor-
prendermi, ho spostato il sofà per farvi prendere paura. Co-
noscevo anche il posto d'ascolto e me ne servivo per scoprire
i vostri piani e riferirli al signor Gomber.
All'improvviso Nancy fu colta dal timore che Nathan
Gomber potesse apparire sulla scena da un momento all'al-
tro. Doveva portare via al più presto Willie Wharton e fargli
giurare che la firma sul contratto era sua, prima che cambias-
se idea.
– Signor Wharton, sareste disposto a farcì strada e ad
aprire le porte alla sommità di questa scala? – chiese. – Vi
sarei grata se entraste con noi nella Villa degli Olmi e parla-
ste con la signora Turnbull e la signora Hayes. Voglio che
diciate loro che eravate voi a recitare la parte del fantasma,
ma che d'ora in poi non avranno più alcun fastidio. La Signo-
rina Flora si è ammalata in seguito agli spaventi subiti, ed è
tuttora a letto.
– Mi dispiace – rispose Willie Wharton. – Certo che
verrò con voi. Non voglio aver più nulla a che fare con Na-
than Gomber!
Così dicendo salì la scala, seguito dalle due ragazze, e
tolse la pesante sbarra di legno dalla porta. La spalancò, tirò
un anello di metallo fissato alla porta successiva e subito si
trasse indietro, scendendo qualche gradino. Il pannello, che
Nancy aveva sospettato conducesse al passaggio segreto, si
aprì verso di loro, lasciando appena lo spazio sufficiente per
salire gli ultimi gradini ed entrare nella soffitta. Per evitare
che Gomber, nel caso che fosse arrivato, potesse insospettir-
si, Nancy pregò Willie Wharton di richiudere la porta segre-
ta.
– Helen – disse Nancy – vorrei che tu scendessi prima
di noi per dare la buona notizia alla Signorina Flora e a zia
Rosemary.
Lasciò ad Helen tre minuti di vantaggio, quindi scese
anche lei insieme a Willie Wharton. Le due anziane signore
erano al colmo della sorpresa e della gioia per l'inaspettata
soluzione del mistero, ma non c'era tempo per i festeggia-
menti.
– Il signor Barradale è giù che vi aspetta, Nancy – disse
zia Rosemary.
Nancy si rivolse a Willie Wharton.
– Volete seguirmi, per favore?
La giovane ringraziò il signor Barradale di essere venu-
to e procedette alle presentazioni. Quindi disse:
– Il signor Wharton ha ammesso che la firma sul con-
tratto di vendita è la sua.
– Siete pronto a giurarlo? – chiese l'avvocato al proprie-
tario.
– Sicuro. Voglio uscire una volta per tutte da questo im-
broglio – rispose Wharton.
– So dove trovare subito un notaio – intervenne Nancy.
– Volete che gli telefoni, signor Barradale?
– Vi sarei grato se lo faceste subito.
Nancy corse al telefono e chiamò Albert Watson, a Tut-
tle Road. Quando questi venne a rispondere, gli spiegò l'ur-
genza del caso e il notaio promise di venire subito. Cinque
minuti dopo il signor Watson giunse a Villa degli Olmi con
tutto l'occorrente per l'autenticazione dei documenti. Il si-
gnor Barradale gli mostrò il contratto di vendita col nome e
la firma di Willie Wharton, e l'allegato certificato di cessio-
ne.
Il signor Watson invitò Willie Wharton ad alzare la ma-
no destra e a giurare che egli era la persona menzionata nel
contratto. Fatto questo, il notaio compilò il certificato negli
spazi a lui riservati, lo firmò, affrancò il documento e vi im-
presse il suo sigillo.
– Bene, avete fatto proprio un ottimo lavoro, signorina
Drew – si congratulò il signor Barradale.
Nancy sorrise, ma la gioia di aver portato a buon fine il
caso che stava tanto a cuore a suo padre, era offuscata dal
pensiero di non sapere ancora nulla di lui. Anche il signor
Barradale e Willie Wharton apparivano assai preoccupati.
– Telefonerò al capitano Rossland per chiedergli di far
venire immediatamente alcuni dei suoi uomini – disse Nancy
in tono deciso. – Non esiste posto migliore del passaggio se-
greto per nascondervi un uomo, e Gomber lo sa benissimo. È
sicuramente là che tiene prigioniero mio padre! Fin dove ar-
riva il cunicolo, signor Wharton?
– Il signor Gomber dice che arriva fino al fiume, ma l'u-
scita da quella parte è stata completamente murata. Io non mi
sono mai inoltrato più in là delle scale.
Il giovane avvocato approvò l'idea di Nancy di chiamare
subito la polizia. Se Nathan Gomber fosse tornato a River-
view Manor e si fosse accorto che Willie non c'era più, pro-
babilmente avrebbe tentato di fuggire.
Il capitano Rossland promise che avrebbe provveduto
subito. Nancy aveva appena riagganciato, quando Helen
Corning la chiamò dal primo piano.
– Nancy, puoi salire un momento? La Signorina Flora
insiste di voler vedere la scala segreta.
La giovane investigatrice calcolò che le rimaneva giusto
il tempo di accontentare l'anziana signora, prima che la poli-
zia arrivasse. Si scusò con il signor Barradale e salì di corsa
le scale. Zia Rosemary portava ancora la veste da camera
rosa che si era messa per assistere sua madre, mentre, con
grande meraviglia di Nancy, la signora Turnbull era in piedi
e vestita di tutto punto. Indossava una camicetta bianca dal
collo alto e un'elegante gonna nera.
Nancy ed Helen fecero strada fino alla soffitta. Qui la
giovane detective, mettendosi in ginocchio sul pavimento,
aprì la porta segreta.
– E per tutti questi anni non ho mai saputo che esistesse!
– esclamò la Signorina Flora.
– Probabilmente neanche mio padre ne sapeva nulla, al-
trimenti ne avrebbe parlato! – aggiunse zia Rosemary.
Nancy richiuse la porta segreta e tutte insieme tornarono
di sotto. In quel momento si udì suonare il campanello del
portone d'ingresso. Doveva essere la polizia, e le due ragazze
si affrettarono a raggiungere il pianterreno. C'era il capitano
Rossland con un altro ufficiale. Dissero che gli agenti aveva-
no circondato Riverview Manor per catturare Nathan Gom-
ber non appena si fosse mostrato.
Con Willie Wharton che faceva da guida, le ragazze, il
signor Barradale e i due ufficiali di polizia salirono in soffitta
e, scendendo per la scala segreta, raggiunsero l'umido pas-
saggio sotterraneo.
– In qualche punto del cunicolo potrebbe aprirsi una
stanza, o anche più d'una, stando a ciò che ho letto sugli anti-
chi passaggi segreti come questo – disse Nancy al capitano
Rossland.
Ora il luogo era quasi illuminato a giorno dalla potente
luce delle numerose torce elettriche. Avanzando lungo la
stretta galleria, giunsero a una breve scala. Willie Wharton
spiegò che sbucava proprio dietro al divano del salotto. Poco
oltre vi era una seconda scala di pietra, che conduceva ad
un'apertura a lato del caminetto, nella stanza della Signorina
Flora. Il gruppo proseguì. Nancy, che si era spinta un po' in-
nanzi rispetto agli altri, scoprì su una delle pareti una porta di
ferro chiusa con un lucchetto. Che fosse una cella sotterra-
nea? Aveva sentito parlare dell'esistenza di luoghi simili, in
cui venivano gettati i prigionieri al tempo delle colonie.
Intanto il capitano Rossland l'aveva raggiunta.
– Pensate che vostro padre possa esser chiuso qui den-
tro? – domandò.
– Ho una gran paura che sia così – disse Nancy, rabbri-
videndo al pensiero di ciò che avrebbe potuto trovare.
L'ufficiale notò che il lucchetto era molto arrugginito.
Estratto di tasca un temperino fornito di vari accessori, fece
scattare il lucchetto con estrema facilità e aprì la pesante por-
ta. L'occhio luminoso della sua torcia elettrica scrutò nel bu-
io oltre la soglia. Era effettivamente una stanza, priva di fi-
nestre. All'improvviso Nancy lanciò un grido.
– Babbo! – e si precipitò in avanti.
Il signor Drew giaceva sul pavimento, avvolto in alcune
coperte. Si lamentava debolmente.
– È vivo! – esclamò Nancy, inginocchiandosi per acca-
rezzargli il volto e baciarlo.
– Sembra sotto l'effetto di un narcotico – osservò il capi-
tano Rossland. – Nathan Gomber deve avergli dato quel tan-
to di cibo sufficiente a tenerlo in vita, mescolandovi del son-
nifero. Da una tasca dei calzoni l'ufficiale estrasse una fialet-
ta e la tenne sotto il naso del signor Drew. Dopo qualche i-
stante, l'avvocato mosse la testa e infine aprì gli occhi.
– Continuate a parlargli! – disse a Nancy il capitano.
– Babbo! Svegliati! Va tutto bene, ora! Siamo venuti a
liberarti!
Ben presto il signor Drew comprese che c'era sua figlia
inginocchiata accanto a lui. Allungando le braccia da sotto le
coperte, cercò di abbracciarla.
– Sarà meglio portarlo di sopra – disse il capitano Ros-
sland.
– Willie, aprite quell'entrata segreta che dà nel salotto!
– Lieto di esservi d'aiuto!
Wharton raggiunse la breve scala che avevano incontra-
to poco prima, e salì di corsa i gradini.
Nel frattempo gli altri tre uomini sollevarono il signor
Drew e lo trasportarono lungo il cunicolo. Quando arrivaro-
no ai piedi della scala, Willie Wharton aveva già aperto la
porta segreta dietro il divano. Il signor Drew vi fu adagiato.
Batté le palpebre, si guardò intorno, quindi disse con profon-
do stupore:
– Willie Wharton! Come mai siete qui? Nancy, raccon-
tami tutto.
L'ottima salute e la robusta costituzione dell'avvocato
erano valse a preservare il suo fisico da gravi conseguenze.
Si riprese con sorprendente rapidità ed ascoltò con una spe-
cie di rapita attenzione quello che ciascuno dei presenti ave-
va da raccontare a proposito degli avvenimenti degli ultimi
giorni. Di lì a poco si udì bussare al portone e f u fatto entra-
re un agente di polizia. Era venuto a riferire al capitano Ros-
sland che Nathan Gomber era stato catturato nelle vicinanze
di Riverview Manor e che tutta la refurtiva era stata recupe-
rata. Quasi nello stesso tempo anche l'ultimo componente del
gruppo che aveva rapito il signor Drew era caduto nelle mani
della polizia. Gomber aveva confessato ogni cosa, anche di
aver tentato di investire Nancy e suo padre col camion, al
cantiere del ponte presso River Heights. Aveva cercato di
spaventare la Signorina Flora per farsi vendere Villa degli
Olmi e iniziare una speculazione edilizia sulle due proprietà
dei Turnbull. Il signor Drew guardò la figlia con vivo orgo-
glio e disse:
– Questa è davvero una grande vittoria per te, Nancy!
La giovane investigatrice sorrise. Sebbene fosse conten-
ta che quell'avventura fosse finita, pensava già con impa-
zienza a quando le si sarebbe offerta la possibilità di dedicar-
si a un altro caso misterioso.
La Signorina Flora e zia Rosemary erano scese per fare
la conoscenza del signor Drew. Mentre si trattenevano a
conversare con lui, il capitano Rossland se ne andò, portando
con sé Willie Wharton sotto arresto. Anche il signor Barra-
dale lasciò la villa di lì a poco.
Allora Nancy ed Helen sgusciarono fuori dalla stanza e
andarono in cucina.
– Prepareremo un… super-pranzo, per festeggiare l'av-
venimento! – disse Helen allegramente.
– E potremo fare tutti i progetti che vorremo – aggiunse
Nancy con una strizzatina d'occhi. – Questa volta non ci sarà
nessuno al posto d'ascolto!