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N°5 maggio 2012

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Numero 5 maggio 2012 Il lavoro rende panda

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Pag. 3 Giovani, Niente Futuro.ma Quale Presente? di Valentina Ersilia Matrascia

Pag. 4 - 5 Intervista al Prof. CARLO ZOLI: L’art.18? Un falso problema di Beniamino Piscopo

Pag. 6 Europa e Lavoro di Federico Ticchi

Pag. 7 Dis-occupazione giovanile: diamoci dei numeri di Marialaura Amoruso

Pag. 8 - 9 Caro Papà... di Novella Rosania

La redazione:

[email protected]

http://www.diecieventicinque.it/ 1968

dopo una lunga agonia si è spento il

LAVOROne danno il triste annuncio

Milioni di Disoccupati

di Valentina Ersilia MatrasciaMaggio 2012

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Dodici ragazze e un ragazzo. Età media decisamente al di sotto dei 30. Altri nove che si erano candidati hanno preferito non presentarsi. Prova scritta, a seguire - se si sopravvive - colloquio attitudinale di gruppo in italiano e colloquio in inglese per concludere. Attese, ansie e speranze. Scene da un colloquio in un centro per l'impiego alle otto del mattino. Facce assonnate. Speranzose alcune, disincantate altre. "Sono laureata con il massimo dei voti in interpretariato da quasi un anno, faccio lavoretti saltuari. Tra poco meno di due ore ho un altro colloquio, sempre qui in zona", "Ci spero davvero tanto in questo lavoro, ho bisogno di uno stipendio per pagarmi l'affitto altrimenti devo tornare dai miei". Racconti, vite, percorsi e storie diverse che sembrano però trovare un minimo comune denominatore nella ricerca. La ricerca di un posto, di un'occupazione e in un certo senso di un'identità, sia pure precaria e a tempo determinato. Il lavoro nobilità l'uomo dice il detto e in questa Italia in crisi sembra essere in crisi anche la nobilità.

L'Italia è una repubblica sprofondata sul lavoro, mi disse una volta un amico. Scorrendo le ultime novità legislative sul tema del lavoro e le pagine di cronaca è sempre più difficile dargli torto. I drammatici effetti della crisi uniti alle politiche a dir poco suicide sui temi del Welfare e del lavoro, ce li raccontano quotidianamente i media. L'Eures, European Employment Services, nel secondo rapporto “Il suicidio in Italia al tempo della crisi” fotografa una realtà pericolosa. Stando ai dati raccolti, sono 362 i disoccupati che nel 2010 - nel triennio che va dal 2006 al 2008 i dati parlano, invece, in media di 270 suicidi accertati - si sono tolti la vita, con una media, quindi, di quasi un suicidio al giorno. Dati agghiaccianti - riguardanti sia chi ha perso il lavoro sia chi è in cerca di prima occupazione - che “confermando la correlazione tra rischio suicidario e integrazione del tessuto sociale”.

E anche scorrendogli annunci e le inserzioni su giornali e siti web la situazione non migliora. Età minima ed età massima rimbalzano di inserzione in inserzione pegggio di una roulette russa. La costante, qualora si tratti di lavoro retribuito, è "esperienza nel settore". Richiesta che taglia fuori la fetta di inoccupati, i giovanissimi e le giovanissime alla ricerca cioè della prima occupazione. Al sud dello stivale, una ragazza su quattro è senza lavoro e

quando lavora, a parità di mansioni, percepisce uno stipendio di oltre il 30% inferiore ad un omologo maschio del Centro e del Nord. Gli stage e i lavori non retribuiti, però abbondano a nord come a sud. Quando poi si incappa nel miracolo di un lavoro retribuito, è facile che sia un lavoro in nero. Senza alcuna tutela sindacale o di altro genere.

In questo caos, negli ultimi tempi è esplosa una bomba. L'articolo 18 e la riforma del lavoro. Pianse lacrime amare il ministro Fornero nell'ormai celeberrima conferenza stampa. Lacrime e sangue piangono ogni giorno i lavoratori italiani e gli aspiranti tali. Mettere ordine nella giungla delle tipologie contrattuali questa la priorità del governo tecnico in materia di lavoro. In che modo? Si parte dall'apprendistato, che dovrebbe diventare, almeno nelle intenzioni del ministro, il canale privilegiato di ingresso al mondo del lavoro e che riguarda la fascia di età tra i 15 e i 29 anni per una durata non superiore ai 5 anni con obbligo di assunzione da parte dell'azienda e l'abolizione delle partite IVA farlocche. E si arriva alla flessibilità come rimedio alla monotonia della vita moderna e di un lavoro fisso. Precarietà, minori tutele durante il processo per i lavoratori licenziati. Ingredienti esplosivi di un cocktail difficile da digerire. Ingredienti di una riforma migliorabile ma necessaria secondo il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, che si dice fiduciosa sui tempi rapidi di approvazione del ddl sulle “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”, approvato dal Governo il 23 marzo scorso e attualmente all'esame del Senato. Fino ad arrivare alle dolenti note: l’articolo 18 della legge n. 300/1970, il noto Statuto dei lavoratori. La discrezionalità e l'arbitrarietà in materia di licenziamento tornano in discussione così come le tutele che l'articolo stesso forniva al lavoratore in caso di licenziamento ingiustificato. Mentre Confindustria da una parte, la Cgil dall'altra chiedono a gran voce modifiche e l'Europa richiama l'Italia al rispetto degli impegni presi, il ddl Fornero procede spedito verso l'approvazione in una strana vicinanza temporale con il primo maggio, la festa dei lavoratori.

GIOVANI,NIENTE FUTURO.

MA QUALE PRESENTE?

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sinistra sull’articolo 18 non siano così sconcertanti. Lo sarebbero se non fosse chiesta una contro tutela in chiave di ammortizzatori sociali. Io rinuncio a qualcosa, in cambio però chiedo qualcos’altro.L’articolo 18 per molti è un tabù, una sorta di feticcio. Quando una figura autorevole del Partito democratico, il mio collega Pietro Ichino, parlò di articolo 18 a Ferrara, alcuni militanti, appena dopo, stracciarono le loro tessere. Lo stesso D’Alema in una occasione, si dichiarò favorevole a una possibile riforma del 18, salvo poi ritrattare. Ma la tutela efficace dei lavoratori si può ottenere percorrendo tante vie diverse. È sbagliato arroccarsi sui totem, sia da parte del governo, che dei sindacati.

D: Il primo ministro ha detto che il posto fisso è monotono. I giovani devono davvero rassegnarsi a dover cercare un lavoro per tutta la vita? È possibile fare un progetto di vita a lungo termine senza la certezza del lavoro?

R: I tempi sono cambiati, non si può pensare che il posto di lavoro sia lo stesso, inevitabilmente per tutta la vita. La battuta del Presidente del Consiglio va

problema di “cultura”.

D: Gli iscritti dei principali sindacati sono oggi per lo più pubblici impiegati e pensionati. Secondo lei, le tre principali confederazioni rispecchiano ancora il polso e la effettiva rappresentanza dei lavoratori?

R: Io direi ancora di si. I sindacati funzionano e sono all’altezza dei migliori sistemi sindacali europei. Sarebbe ingeneroso dire che non svolgano bene il proprio lavoro.

D: Veltroni ha detto che l’art 18 non è un tabù, spaccando il suo partito. Si ha l’impressione che la sinistra dopo aver abbandonato le vecchie ideologie, fatichi a trovarne di nuove. In cosa dovrebbe consistere secondo lei, nel 2012, la politica progressista? Secondo lei il centro sinistra negli ultimi anni è riuscito a cogliere il cambiamento del mercato del lavoro, e intercettare le esigenze dei lavoratori?

R: Ognuno ha le sue opinioni, e come tutti io ho le mie. Ma preferisco fare il tecnico e lasciar parlare di politica gli altri. Penso comunque, che le posizioni di una parte del centro

Carlo Zoli è avvocato e giuslavorista. Insegna diritto del lavoro alla facoltà di giurisprudenza dell’università di Bologna.

D: Può spiegarmi in cosa dovrebbe consistere la riforma del lavoro?

R: Ovviamente posso dare solo indicazioni generiche, visto che la riforma non è ancora chiara ne è stata delineata in un concreto progetto legislativo. Certamente toccherà l’accesso al lavoro, l’uscita dal lavoro e gli ammortizzatori sociali. Penso che la riforma passerà soprattutto da una semplificazione formale del mercato del lavoro, attraverso una sintesi dei tanti, troppi tipi di contratti flessibili che oggi lo ingolfano. Sul piano economico invece, la svolta principale arriverà, se arriverà, con la riforma dell’articolo 18. L’opinione generale, che condivido, è che questa riforma sia necessaria. Quindi è auspicabile che vada in porto, possibilmente con il consenso di tutte le parti sociali e con contenuti concreti. Ripeto, una semplificazione dei contratti flessibili oggi è una priorità.

D: In Italia, i lavoratori impiegati nella grande

D: In Italia, i lavoratori impiegati nella grande industria, quindi quelli coperti dall’art18, sono ormai una minoranza. Ma allora è davvero così utile e necessario cambiare l’art18? Lo stesso discorso vale per la cassa integrazione.

R: Non è poi così vero che l’articolo 18 ha un campo di applicazione limitato. Spesso si dimentica di sottolineare il dettaglio tutt’altro che irrilevante, che il 18 si applica anche ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Allora quando si parla dell’articolo 18, si parla di ben più della minoranza dei lavoratori subordinati, anzi…Comunque, per me il problema vero è un altro. Piuttosto che riformarlo, il 18 basterebbe applicarlo correttamente: ricondurre i concetti di giusta causa e giustificato motivo a fattispecie concrete. Mi spiego, oggi è difficile identificare in pratica la giusta causa. Ed è quindi facile da eludere per i lavoratori e difficile da dimostrare e quindi da utilizzare nel licenziamento, per i datori di lavoro. L’articolo 18 è un falso problema. Più che riformarlo basterebbe renderlo più applicabile, impedendo gli abusi della tutela. È quindi un

Intervista al Prof.CARLO ZOLI:di Beniamino Piscopo

Febbraio 2012

L’art.18?Un falso problema

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Intervista al Professor CARLO ZOLI: L’art 18? Un falso problema

interpretata in questo senso: “ Ragazzi, oggi le cose vanno così.” È ovvio poi che la precarietà oggi è una realtà diffusa. E un giovane con un contratto a termine, incontra varie difficoltà, ad esempio, nell’ ottenere un mutuo dalle banche. In questo senso, si dovrebbero ricercare nuove e più agevoli formule per ottenere l’accesso al credito. Detto questo, la precarietà non la vuole nessuno, tantomeno è intenzione di questo governo, ne lo era di Marco Biagi, incrementarla. I contratti a tempo indeterminato non saranno sostituiti da quelli a termine, ma come dicevo prima, deve cambiare la “cultura” del lavoro.

britannici si sono ben visti dal rendere pubblici i propri dati. Forse perché si scoprirebbe che, nonostante la sterlina, la loro situazione non sia poi tanto migliore.

Mentre invece i nostri cugini transalpini sono messi meglio di noi ma, nonostante l’asse Merkozy, sono ben lontani dai numeri tedeschi.Riassumendo: la minor percentuale di disoccupazione la presentano Austria, Olanda, Germania e Lussemburgo. La maggiore vede come vincitrice la Grecia, seguita a ruota dalla Spagna e Cipro. Fortunatamente non saliamo sul podio.

Dati: http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/eurostat/home

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giunge al 31,9%. I nostri cugini iberici stanno senz’altro peggio di noi. Con una disoccupazione giovanile che supera il 50%, la disoccupazione maschile e femminile supera di 10 punti percentuali la media europea. I lusitani sono messi meglio della Spagna, ma peggio di noi. Vedendo questi dati ho pensato alla classica Europa mediterranea, nullafacente e pigra e quindi sono andato a controllare le realtà dei cosiddetti paesi virtuosi. Lasciando perdere la Germania, che ovviamente presenta percentuali al di sotto della media UE, ho voluto controllare i numeri del Regno Unito, per il quale nutro una certa antipatia a causa del loro forte anti-europeismo, della loro lingua imposta al mondo e della guida sul lato sbagliato della strada. Cercavo, cercavo ma non trovavo dati. Infatti, nello spazio dedicato all’UK, invece dei numeri vi si trovano due asterischi che rinviano alla scritta: “Data not available”. Ergo i

Ah il lavoro, il lavoro! Problemone che affligge quasi tutta la comunità globale, salvo il famoso 1% che si nutre dello sfruttamento altrui. Sfortunatamente credo che chi leggerà questo articolo si trovi nell’altrettanto famoso 99%, ossia quelli che come me, una volta conclusosi il proprio percorso di studi, si troverà simpaticamente gambe all’aria. Ma cerchiamo di capire, in un’ottica europea, se questo seccante ed antipatico nemico della nostra tranquillità mentale risieda solo in Italia o sia comune ai 27 Stati membri dell’UE.Come afferma il sito statistiche della Commissione Europea pubblicato il 2 aprile 2012, il tasso di disoccupazione della zona euro raggiunge il 10,8% nel febbraio di quest’anno. Nel febbraio 2011 invece il tasso di disoccupazione degli stati della zona euro era il 10%. Quindi, in 12 mesi la disoccupazione all’interno di Eurolandia è aumentata dello 0,8%. Non sono briciole di pancarrè. Ampliando il raggio d’azione della nostra ricerca possiamo vedere che anche nel resto dell’UE, in quei paesi che non hanno adottato l’euro, la

situazione sia particolarmente migliore. Infatti qui la disoccupazione nel febbraio 2012 raggiunge il 10,2%, mentre nello stesso mese del 2011 era al 9,5%. Questo significa che all’incirca 24,550 milioni di abitanti dell’UE, di cui 17,134 milioni appartenenti alla zona euro, sono disoccupati. E l’UE ha una popolazione di 502,489,1 milioni di abitanti (dato del 2010). Nel 2011 i disoccupati dei 27 erano 1,874 milioni in meno, mentre tra i 17 della zona euro erano 1,476 in meno.

I dati più interessanti li notiamo osservando le tabelle che comparano disoccupazione femminile, maschile e giovanile (sotto i venticinque anni) dei diversi stati membri.Il Belpaese presenta succosi dati. La disoccupazione maschile e femminile è al di sotto della media europea, mentre invece desta preoccupazione la disoccupazione giovanile: nell’UE dei 27 si attesta al 22,4%, mentre in Italia

EUROPA eLAVORO

Di Federico TicchiMaggio 2012

l'innalzamento dell'età pensionabile ha inciso di più. Soprattutto dopo la sentenza della Corte di Giustizia Europea relativa alla parificazione dei criteri pensionistici tra uomini e donne.Le occupate sono salite in tre anni di circa il 23% (+202 mila unità), mentre gli uomini sono aumentati di quasi l'11% (+174 mila).

I giovani ritrovatisi quindi senza lavoro, cadono nel cerchio dantesco dei neet, categoria non ancora individuata dal Sommo Poeta, ma che attualmente esiste: sono i giovani che non stanno studiando, non stanno lavorando né cercano un’occupazione. I neet in Italia sono il 23,24%, in Europa il 16,4%1.

Ma uno dei nodi critici dell’occupazione giovanile oggi in Italia è costituito dalla flessibilità/precarietà. Secondo l’Istat, gli occupati atipici pesano per l’11,3% sul totale degli occupati che diventano il 33,1% nella fascia 15-29 anni.

1 I dati forniti sono di “Giovani e mercato del lavoro in Italia: dinamiche e persistenze” studio di Nicola De Luigi, docente dell’Università di Bologna, presentato in occasione del seminario “Il lavoro” del ciclo “Giovani bene comune” organizzato dalla Provincia di Bologna.

2 cit.Rosina, 2008. Perché non scoppia la rivoluzione giovanile?, Il Mulino.

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Occorrono in media 5 anni perché la metà dei giovani transiti verso un’occupazione stabile.In tutto questo è stato rafforzato il ruolo della famiglia divenuta istituto di protezione dei giovani italiani, e l’unico vero ammortizzatore sociale. Infatti se nel 2003 i giovani (18-34 anni) che risiedevano con la propria famiglia per motivi economici erano il 34%, nel 2009 sono passati ad un 40,2%. Pertanto se la crisi economica ha colpito maggiormente una delle fasce più deboli quale quella dei giovani, sarà forse vero che siamo un Paese in cui ciò che fa la differenza è soltanto scegliersi bene la famiglia nella quale nascere o tenersi buoni i genitori più a lungo possibile?.2

“Andare camminare lavorare” cantava Piero Ciampi negli anni Settanta. Ma a quanto pare oggi ci sono circa un milione di giovani che vanno, camminano ma non lavorano. Non più. Sono i dati Istat che ce lo confermano.

I giovani occupati, tra i 15 e i 34 anni, sono diminuiti di oltre un milione di unità rispetto al 2008, passando da 7,1 milioni a 6 milioni e 56.000 nel 2011 (-14,8%). Se si considerano gli occupati italiani 15-34enni, in un solo anno, tra il 2011 e il 2010, la riduzione è stata di 233 mila unità. Se poi si guarda alla fascia d'eta tra i 15 e i 24 anni, in proporzione la discesa degli occupati tra il 2011 e il 2008 è stata ancora più forte, ed è pari al -20,5% (303 mila unità in meno). Ad aumentare è invece la cassa integrazione: solo a marzo è salita del 21,6%. Il dato negativo sulla disoccupazione giovanile contrasta con la crescita degli occupati tra i 55 e i 64 anni. Negli ultimi 3 anni sono aumentati del 15%.

Ad aumentare sono principalmente le donne over 55 su cui

Dis-occupazione giovanile:

diamocidei numeri

di Marialaura AmorusoMaggio 2012

ritenere fortunati, perché la Grecia è al 21% e in Spagna sono 4 milioni i disoccupati. La situazione non è incoraggiante e la crisi non ci da tregua. Abbiamo rinunciato alle paste da Mario la Domenica. La mamma quando può fa una torta, per farci contenti. Non so perché ma sento di stare sprecando tempo prezioso, i miei anni migliori come dicevi tu. Ho passato gli ultimi a studiare 10 ore al giorno e l'impegno e i sacrifici che ho fatto per mantenermi fuori non capisco perché, o per chi, li ho fatti. Non sono tragica, solo un po' realista. Sento i miei colleghi che vagano di ufficio in ufficio per il così detto collocamento. Ma dove vorrebbero collocarci se non si creano nuovi posti? Si fanno leggi per tenere incollati a sedie logorate, vecchi e stanchi adulti. Capisco che possano avere molta più esperienza

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con una realtà sempre più avversa, ma anche di questo mi avevi avvertita. In tutta Europa mi chiamano scienziata, in Italia mi chiamano precaria. Per questo sto pensando di partire. Con le mie esperienze e il dottorato potrei trovare un posto a Boston o a Berlino, ti piaceva tanto quella città: ma c'è la mamma e non me la sento di lasciare la mia città. Perché dobbiamo sempre scappare per poter trovare un lavoro dignitoso? Certe volte penso che sia l'Italia a non volere gli italiani. Non vogliono investire su noi giovani, sul nostro cervello, sulle capacità che possiamo mettere a frutto, su quanto di più prezioso ha una nazione: i talenti. La disoccupazione è al 9.6%, al 36% quella giovanile: questo vuol dire che io rientro fra i 2.429.000 persone che non hanno un lavoro. Quasi ci dobbiamo

E' notte. Fuori dal finestrino vedo solo le luci della campagna romagnola. Il treno mi sta portando a casa. È un po' in ritardo, ma tu me l'hai sempre detto di lasciare perdere questi fatiscenti e arrugginiti elefanti su ruote. Stamattina ho sostenuto il colloquio per il posto da ricercatore di cui ti ho parlato, prima che te ne andassi. I tempi di attesa per le selezioni sono tanto lunghi che ti ho visto finire. Ho presentato la domanda alla commissione, il mio curriculum, le pubblicazioni che ho scritto con il Prof. Garlandi. Ho aspettato quattro ore in un'aula dell'università. C'erano almeno 100 candidati con me, per lo meno quelli che avevano

passato la prima selezione. Si parlava di 300 che avevano presentato domanda. Papà non credo, onestamente, di essere fra i tre scelti. Dicono che il bando viene pubblicato solo perché la legge così impone ma in realtà già sanno chi sarà a vincerlo. Non so se crederci, sarebbe molto triste. Parlano tutti di merito, alla Tv, i politici, i giornalisti. Vorrei chieder loro quale tipo di merito richiedono: il merito di essere figli di un professore universitario, o ricco di famiglia, o magari di avere un bel fisico da poter vendere al momento giusto. Ognuno ha i suoi meriti, bisogna vedere qual è quello meglio spendibile. Ogni giorno faccio i conti

Caro Papà...di Novella Rosania

Maggio 2012

Alexander Rodin

presto fuggirò. Forse in Africa, Papà, dove ancora si vede il sole sorgere, i bambini ridere e le speranze mai scivolare via...

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mamma dei nipoti e anche farli crescere sereni, in campagna, dove ci hai fatto nascere tu. Voglio che non sentano il peso di una modernità sfribrante, sfruttatrice e opprimente.

Voglio che guardino il cielo e pensino “Sarà sempre più blu.” Per adesso, Caro Papà, io continuo a camminare, lotto, cerco, ma

di noi ma pensa a quanto entusiasmo, quanta capacità innovativa, quanta inventi-va una mente fresca e ambiziosa può fruttare a un'azienda. Si parla tanto di crescita per il nostro paese: perché non ci permettono di farlo crescere con le nostre idee? Siamo forza lavoro inutilizzata. Siamo menti in pensione ancor prima di essere utilizzate, dietro una cassa a battere scontrini, a mendicare tirocini gratuiti, ad essere sfruttati e mai ricompensati. Ci criticano perché non abbiamo ambizione, a me sembra che l'unica cosa che non abbiamo sono i mezzi per farla concretizzare. Steven Jobs aveva 21 anni quando nel garage dei suoi genitori costruì il primo computer Apple, ma perché la sua idea potesse diventare impresa dovette ricevere un

finanziamento di 250.000 dollari da un ricco industriale. Questo vuol dire che noi giovani siamo il seme del cambiamento ma per renderci frutto abbiamo solo bisogno di qualcuno che creda in noi. Se così non è, perché stiamo correndo tanto? Cosa dovrebbe spingermi a restare in questo sentiero spoglio, sempre più disprezzata e mai incoraggiata, senza nessuno che investi su di me? Ho tutta la forza per correre ma mi manca l'entusiasmo e senza di quello, beh, non si cresce. So che ti ho fatto tante domande, perdonami, ho molti dubbi. Vorrei non associare più il “Futuro” alla parola “Minaccia.” Voglio credere ancora di potermi permettere un giorno una famiglia, una casa, magari dare alla

Caro Papà...

Salvador Dalì: Archaeological Reminiscences of Millet's Angelus,

Salvador Dalì: Solitudine critica

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Stazione Bologna Centrale

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Copertina: Flavio Romualdo GarofanoSito web: Salvatore Naso Impaginazione e grafica: Ida Maria Mancini

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