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Signore Gesù, oggi vorrei rivolgermi a te, proprio a te. Abbiamo appena ascoltato il Vangelo della Passione, ripercorrendo la vicenda della tua condanna e fra poco porteremo qui davanti un crocifisso in le gno, che ti rappresenta ma che non sei tu. Lo contempleremo, in adorazione si lenziosa, ma io vorrei riuscire a fissare lo sguardo interiore su di te, confitto in cro ce mentre stai per morire. Non è la stes sa cosa! E tu, che mi conosci bene, sai che mi verrebbe da voltare lo sguardo! Forse ci siamo abituati alla bellezza che l’arte esprime, nelle sculture, negli affre schi, nelle incisioni e nei bassorilievi che è diventato quasi normale vederti in croce. Quasi quasi non ci facciamo più caso; vi viamo in un momento in cui purtroppo il crocifisso può venire strumentalizzato. Ma l’arte addolcisce lo strazio che tu hai patito! È difficile che sulle nostre croci possiamo trovare le tracce della flagella zione, delle tue cadute. Prevale il realismo anatomico che maschera quello di un ve ro condannato a morte, a meno che non ci orientiamo ad osservare il velo sindoni co. Signore Gesù, tu hai vissuto intensamente quella tua ultima Pasqua, quando hai desi derato ardentemente celebrarla con i tuoi discepoli. Ad essi ti sei consegnato nel se gno del Pane e del Vino, preannunciando quella consegna totale di te stesso. In quella notte non sei riuscito a prendere sonno, ma hai vegliato in preghiera, soffrendo perché sapevi che sarebbe giunto il momento del tuo arresto. Poi sei stato sballottato da un luogo all’altro per venire giudicato in maniera losca, di notte, in tutta fretta per la premura di to glierti di mezzo. È un percorso atroce, nella solitudine, perché i tuoi erano scappati terrorizzati. Ma il Padre tuo era presente, non ti lascia va perdere la speranza e lo Spirito santo ti dava la forza di proseguire. Mi viene da chiederti: “Come ti ponevi in quei momenti, Signore Gesù?” I Vangeli ci tengono a dire che non ri spondevi alle provocazioni, rimanendo muto, oppure replicavi in modo assertivo a chi ti aveva percosso, chiedendo il senso. Ma qual era il tuo stato d’animo, così di verso dal nostro, sempre pronto a di fendere i nostri diritti o a rivendicare le nostre pretese, pochissimo aperti a perdonare i fratelli, e anche noi stessi! Io immagino, e forse non sono lontano dall’azzeccarci, che in quei momenti tu abbia continuamente chiesto perdono. Ad ogni sputo, bastonata, offesa, persino ad ogni colpo di flagello e alla perforazio ne della tua carne tu abbia chiesto perdo no. Tu, Signore Gesù, sei un grande, davvero, perché hai voluto giustificare i tuoi carne fici che non sapevano quello che stavano facendo. E, cosa scandalosa, dopo tutto quello che hai sofferto, tu sei ancora disposto, oggi, a prendere le nostre difese davanti al Padre, per i nostri sbagli, spesso fatti di proposito, ma ingenui sulle possi bili conseguenze. Anche noi non sappiamo quello che facciamo, siamo addormentati e non riu sciamo a capire che ci sei vicino! In tutto quel dolore tu ti sei rivelato pie namente uomo, perché hai affrontato il patibolo alla maniera umana. Non eri disperato o arrabbiato nei confronti della vita, o verso i tuoi accusatori, semmai vi vevi in preghiera. Non solo, la lettera agli Ebrei ci dice chiaramente che tu hai pre gato “con forti grida e lacrime”. Caspita, hai pianto! Non solo per la morte di Lazzaro, o perché Gerusalemme non ave va compreso il tempo in cui era stata visi Fissando lo sguardo su Gesù, in croce Presenza Pastorale in Ospedale Giugno 2012 Anno 1 n. 2 La lotta interiore e lotta spirituale. La Consulta diocesana per la Pastorale della Salute ha celebrato il suo 2° Conve gno, domenica 29 aprile, presso il Centro Carraro, trattando della lotta interiore, all’interno del più ampio e già affrontato tema delle malattie dell’anima. Sono espressioni – malattie dell’anima, lotta interiore – alle quali non siamo più tanto abituati. Le avvertiamo come un ri torno a forme di spiritualità sorpassate e riesumate dalla naftalina in cui le aveva archiviate un percorso post conciliare all’insegna della festa e della luce pasqua le. Se poi si rieditano figure bibliche di dra ghi, armature, dardi infuocati, demoni di ogni specie… pare di piombare in uno di quei filmati che tanto hanno presa oggi con rievocazioni suggestive medievali. Il teologo Massimo Malfer lo ha espressa mente premesso al suo intervento: esiste un certo fastidio a trattare un tema che è in controtendenza alla sensibilità mo derna. Più che di lotta, di tentazioni, di fatiche, di rinunce alla seduzione, si gra disce oggi sentire parlare di misericordia, di luce, di serenità… Un cristianesimo un po’ alla newage, dice lui, dove il bene si impone quasi per automatismo, basta che ci si lasci da esso attrarre. Oggi la parola lotta fa paura. E però la re cessione economica ci pone davanti una sulla VIA della VITA segue a pag.2 segue a pag.2

N.2 A.1 Sulla Via della Vita

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Sulla VIA della VITA - Periodico del Servizio Religioso presente nell’Ospedale di B.go Trento, Verona.

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Signore Gesù, oggi vorrei rivolgermi a te,proprio a te. Abbiamo appena ascoltato ilVangelo della Passione, ripercorrendo lavicenda della tua condanna e fra pocoporteremo qui davanti un crocifisso in le­gno, che ti rappresenta ma che non sei tu.Lo contempleremo, in adorazione si­lenziosa, ma io vorrei riuscire a fissare losguardo interiore su di te, confitto in cro­ce mentre stai per morire. Non è la stes­sa cosa! E tu, che mi conosci bene, saiche mi verrebbe da voltare lo sguardo!Forse ci siamo abituati alla bellezza chel’arte esprime, nelle sculture, negli affre­schi, nelle incisioni e nei bassorilievi che èdiventato quasi normale vederti in croce.Quasi quasi non ci facciamo più caso; vi­viamo in un momento in cui purtroppo ilcrocifisso può venire strumentalizzato.Ma l’arte addolcisce lo strazio che tu haipatito! È difficile che sulle nostre crocipossiamo trovare le tracce della flagella­zione, delle tue cadute. Prevale il realismoanatomico che maschera quello di un ve­ro condannato a morte, a meno che nonci orientiamo ad osservare il velo sindoni­co.

Signore Gesù, tu hai vissuto intensamentequella tua ultima Pasqua, quando hai desi­derato ardentemente celebrarla con i tuoidiscepoli. Ad essi ti sei consegnato nel se­gno del Pane e del Vino, preannunciandoquella consegna totale di te stesso. Inquella notte non sei riuscito a prenderesonno, ma hai vegliato in preghiera,soffrendo perché sapevi che sarebbegiunto il momento del tuo arresto. Poi seistato sballottato da un luogo all’altro pervenire giudicato in maniera losca, dinotte, in tutta fretta per la premura di to­glierti di mezzo.È un percorso atroce, nella solitudine,perché i tuoi erano scappati terrorizzati.Ma il Padre tuo era presente, non ti lascia­va perdere la speranza e lo Spirito santo tidava la forza di proseguire.

Mi viene da chiederti: “Come ti poneviin quei momenti, Signore Gesù?” IVangeli ci tengono a dire che non ri­spondevi alle provocazioni, rimanendomuto, oppure replicavi in modo assertivoa chi ti aveva percosso, chiedendo ilsenso.

Ma qual era il tuo stato d’animo, così di­verso dal nostro, sempre pronto a di­fendere i nostri diritti o a rivendicare lenostre pretese, pochissimo aperti aperdonare i fratelli, e anche noi stessi!Io immagino, e forse non sono lontanodall’azzeccarci, che in quei momenti tuabbia continuamente chiesto perdono.Ad ogni sputo, bastonata, offesa, persinoad ogni colpo di flagello e alla perforazio­ne della tua carne tu abbia chiesto perdo­no.Tu, Signore Gesù, sei un grande, davvero,perché hai voluto giustificare i tuoi carne­fici che non sapevano quello che stavanofacendo. E, cosa scandalosa, dopo tuttoquello che hai sofferto, tu sei ancoradisposto, oggi, a prendere le nostre difesedavanti al Padre, per i nostri sbagli, spessofatti di proposito, ma ingenui sulle possi­bili conseguenze.Anche noi non sappiamo quello chefacciamo, siamo addormentati e non riu­sciamo a capire che ci sei vicino!In tutto quel dolore tu ti sei rivelato pie­namente uomo, perché hai affrontato ilpatibolo alla maniera umana. Non eridisperato o arrabbiato nei confronti dellavita, o verso i tuoi accusatori, semmai vi­vevi in preghiera. Non solo, la lettera agliEbrei ci dice chiaramente che tu hai pre­gato “con forti grida e lacrime”. Caspita,hai pianto! Non solo per la morte diLazzaro, o perché Gerusalemme non ave­va compreso il tempo in cui era stata visi­

Fissando lo sguardo su Gesù, in croce

P r e s e n z a P a s t o r a l e i n O s p e d a l e

Giugno 2012 Anno 1 ­ n. 2

La lotta interioree lotta spirituale.La Consulta diocesana per la Pastoraledella Salute ha celebrato il suo 2° Conve­gno, domenica 29 aprile, presso il CentroCarraro, trattando della lotta interiore,all’interno del più ampio e già affrontatotema delle malattie dell’anima.Sono espressioni – malattie dell’anima,lotta interiore – alle quali non siamo piùtanto abituati. Le avvertiamo come un ri­torno a forme di spiritualità sorpassate eriesumate dalla naftalina in cui le avevaarchiviate un percorso post conciliareall’insegna della festa e della luce pasqua­le.Se poi si rieditano figure bibliche di dra­ghi, armature, dardi infuocati, demoni diogni specie… pare di piombare in uno diquei filmati che tanto hanno presa oggicon rievocazioni suggestive medievali. Ilteologo Massimo Malfer lo ha espressa­mente premesso al suo intervento: esisteun certo fastidio a trattare un tema che èin controtendenza alla sensibilità mo­derna. Più che di lotta, di tentazioni, difatiche, di rinunce alla seduzione, si gra­disce oggi sentire parlare di misericordia,di luce, di serenità… Un cristianesimoun po’ alla new­age, dice lui, dove il benesi impone quasi per automatismo, bastache ci si lasci da esso attrarre.Oggi la parola lotta fa paura. E però la re­cessione economica ci pone davanti una

sulla VIA della VITA

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sfida alla quale non eravamo piùavvezzi. Dai leader governativi, dalle au­torità politiche e anche religiose si sus­seguono esortazioni al coraggio, allafiducia, ma nessuno nasconde ormaiche si debba accettare la lotta. Siamoancora abituati a lottare, a far sì che unacrisi, intrapresa con creatività, si tra­sformi in un’opportunità di migliora­mento? Oppure il suicidio appare ormaiessere l’unica forma di uscita dal pro­blema? La dott.ssa Marialucia Semizzinel suo intervento al Convegno ha volu­to ribadire che la lotta – dal punto di vi­sta biologico ­ è parte intrinseca dellavita, secondo l’equazione vita=lotta.Non si tratta di evitare la lotta quanto dicomprenderne il senso e lo sbocco.Che poi, alla fine, la lotta più dura nonè neppure quella esterna a noi, bensìquella interna alla persona. Lo psicote­rapeuta dr. Marcello Santi lo ha ri­cordato dicendo che all’origine dellapsicoterapia sta il senso di mancanzaesistenziale, di sofferenza primordialetipica dell’uomo, che a differenza delmondo animale, si trova a doverprendere decisioni e, in ultima istanza,a decidere di se stesso. L’uomo speri­menta un bisogno di felicità che da solonon può colmare, una spinta di tra­scendenza che lo pone ad invocare unAltro dal quale attendersi la salvezza cheda solo non riesce a darsi. Nel suosenso di colpa l’uomo ha bisogno diincontrare una pietas che lo perdoni .Un famoso scrittore con raro senso diumorismo aveva dato la sua formulavincente contro le tentazioni: quella diassecondarle. C’è anche una veritàpsicologica in questa trovata umoristica,perché spesso le lotte vengono fattecontro ossessioni più che contro il maleoggettivo, e non prendere sul serio leproprie ossessioni è già una via di guari­gione, anche spirituale. Resta peròanche la verità del male oggettivo, ilquale non potrà essere sconfitto sempli­cemente con forme disparate di razio­nalizzazione o di autoindulgenza. E lìsiamo chiamati a fare verità e ad accetta­re la fatica della lotta, quella vera e chemerita l’agone.Grazie a Dio, nella dimensione spiritua­le non esiste solo “il nemico” ma anche“il rimedio”. E che rimedio! PadreMarco Causarano ha suggerito una seriedi strategie al riguardo. Con il suoannuncio pasquale la Chiesa ci ricordache Gesù Cristo ha vinto il peccato e lamorte, anzi ha stravinto. E i mezzi perattirarci nella scia del suo successo ce liha consegnati. Sono la Parola, la suaGrazia, la preghiera, i Sacramenti, la co­

tata, ma hai pianto anche nella tua agonia.Questo sì è un morire umano!Signore Gesù, aiutaci a capire che ilcontrario dell’umano non è il divinoperché in te queste due nature si sonosposate alla perfezione. È l’inumano, inve­ce, che degrada l’uomo all’animalesco.In questa tribolazione tu hai manifestatoin pienezza la tua divinità perché ci haidato l’esempio di che cosa vuol dire ama­re donando tutto di sé.Persino il centurione romano, che era pa­gano, ha capito che quel modo di morireera un segno che tu sei il Figlio di Dio!Tu, Signore Gesù, sei stato esaudito, manon nel senso che vorremmo noi, cioè de­siderando una manifestazione potente di

Dio che ti avrebbe evitato la morte.Dopo tre giorni, Dio ti ha risuscitato a vitapiena e perenne, non più soggetta allamorte.Aiutaci a pensare anche al nostro modo dipregare, alle richieste che spesso ti ri­volgiamo, desiderosi di essere esauditi allanostra portata.Tu, Signore, hai offerto le tue preghiere inumiltà e pietà, abbandonandoti piena­mente al Padre.Fa’ che questi atteggiamenti siano anche inostri, Signore Gesù!

(P. Danio Mozzi, dalla Omelia al VenerdìSanto)

Polo ConfortiniÈ GIÀ PASSATO UN ANNO!!

continua dalla prima ­ La lotta...

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continua dalla prima

Ad un anno di distanza dall'inaugura­zione del Polo Chirurgico Confortiniabbiamo voluto chiedere a Marina, re­sponsabile assistenziale del DipartimentoCardiovascolare e Toracico e fino a pri­ma del trasferimento coordinatrice delreparto di Pneumologia, di tracciare unbreve bilancio, raccontandoci la suaesperienza di questi primi 365 giorni.

Buon giorno Marina ti vuoi presentareraccontando qualche cosa di te stessa?Sì, buon giorno. Nel 1987 inizio la profes­sione infermieristica, lavorando alcunianni presso il reparto di Nefrologia, nel1993 ho continuato esercitando la miaprofessione presso il servizio di fisio­pato­logia respiratoria, nello stesso anno hoconseguito il diploma di abilitazione afunzioni direttive, percorso formativo perdiventare coordinatore o caposala, comesi diceva un tempo. Nel 1998 mi è statoaffidato l’incarico di coordinare il repartodi Pneumologia, cosa che ho fatto sino alrecente trasferimento al polo, nel marzo2011. Dal luglio 2010 sono responsabileassistenziale del dipartimento cardio­va­scolare e toracico e il mio ruolo si è modi­ficato.

Un anno fa, il tuo reparto fu il primoche si trasferì; oggi nella tua funzionedi coordinatrice ad un anno di distanzada quell'evento, cosa ci puoi racconta­re?È passato un anno da quel giorno, ricordoche fu un giorno particolarmente emozio­nante, faticoso per tutto il personale.

Ricordo con particolare simpatia che,anche se non era ancora primavera, eraperò una bella giornata di sole, questoparticolare mi è rimasto impresso nellamemoria.Il trasferimento portò l'unione tra il re­parto di Pneumologia e quello di Chi­rurgia Toracica, percorso fortementevoluto dai Direttori delle Unità Operative,con l'intento di offrire al paziente un iterdiagnostico e terapeutico migliore per ipazienti con problemi polmonari.La collaborazione tra professionisti diversiè per il paziente in una miglioria, unvantaggio, un punto di forza …..Le criticità affrontate in questo periodo,tuttavia, non sono state poche, e tuttorave ne sono. Unire due specialità differenticomporta, di fatto, dover ampliare lecompetenze infermieristiche, unificareprocedure, o, semplicemente, modificareabitudini consolidate. Per supportare que­sto cambiamento nel corso di quest'annoverrà realizzato un percorso di formazioneper il personale sanitario.

… l'essere donna, ti fa affrontare il tuolavoro con voce diversa?

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Ci sono esperienze che meritano di essereraccontate non perchè sono frutto di gestaeroiche o perché nate da uomini o donnedi eccezionali capacità che con le loro dotihanno compiuto qualche cosa di straordi­nario; no, meritano di essere raccontateperché frutto dell'amore per il prossimo eperché queste persone, nella loro sempli­cità, si sono lasciate trasportare da questoamore.Questa è la storia di un amore che … maperché anticipare qualche cosa? … giudi­cate voi stessi e … buona lettura!

Ciao presentandoti vuoi dirmi qualchecosa di te?Mi chiamo Anna Rosa, ho 47 anni, felice­mente sposata con Claudio dal 1984, sonomadre di Iara e Filippo, lavoro presso il re­parto di Chirurgia Generale dal 2011, co­me Operatrice Socio Sanitaria.

So che hai un amore particolare e chein questi anni non ti ha mai abbando­natoDa due anni periodicamente ritorno inBrasile, e così posso rivedere una terra edun popolo che un po' mi appartiene epresso il quale ho trascorso tre anni di vitamissionaria nel Nord­Est ad Aria Branca,dal 1985 al 1988. Dopo il matrimonio conmio marito Claudio abbiamo vissuto que­sto periodo inseriti in un progetto missio­

nario dei padri salesiani, lavorando conbambini e ragazzi della periferia della cittàe in Brasile è nata la mia prima figlia Iara,una estrema (stella) come dicevano lepersone che incontravamo. Tre anni di vitamissionaria non sono molti, ma ti assicuroche ti sconvolgono l'esistenza, scavandotidentro ti interrogano mettendoti davantisituazioni difficili che ti spingono a ri­pensare alla quotidianità in modo diverso.

Di questa esperienza in terra Brasilianaa tanti anni di distanza cosa ti è rima­sto dentro?La prima cosa che mi viene in mente èl'incontro con l'altro nella sua diversità e laricchezza che ognuno porta dentro, anchese lontano da noi come cultura, fa parte dietnie o di diverse tradizioni. Il Brasile e lasua gente sono accoglienti, aperti e cordia­li; mi hanno fatto sentire come una sorellache cammina al loro fianco percorrendocon loro un pezzetto di strada e di vita. IlBrasile è una terra di grandi contraddizionie di grandi ingiustizie, come contraltaredella più grande ricchezza c'è fame esfruttamento di donne e di bambini, si as­siste inoltre allo sfruttamento indiscrimi­nato della terra con i suoi latifondi mentremolti uomini non hanno un pezzo di terraper costruirsi una benché minima casa difango.

munione, la carità… la quale “copre(cioè vince) una moltitudine di peccati”.Noi siamo già vincitori grazie al sangue diCristo!

L’ospedale sa bene cosa significhi lottare.Ci sono le malattie e si lotta per de­bellarle. Ed è una lotta avvincente. Èbello e confortante sapere che assieme alproblema esiste la soluzione. Ma anchenella vita spirituale esistono le soluzioni ele medicine. Occorre conoscerle, ricono­scerle, applicarle. Dosarle al punto giu­sto.Padre Edoardo

continua da pag.2 ­ La lotta

Tre domande a …L'Amore non ha confini

Come donna… credo in ciò che propongoe faccio, credo che investire sull'integrazio­ne e sulla formazione del personale siafondamentale e personalmente ritengo siauna strategia vincente. L’obiettivo finale ditutto ciò è arrivare ad una assistenzapersonalizzata, “ comprensiva”, che consi­deri la persona nel suo complesso, inte­gralmente.Questo risultato per il momento non èsempre raggiungibile, sebbene ci sia amo­re in ciò che facciamo purtroppo, siamoesseri umani e non sempre (mi spiace do­verlo ammettere) riusciamo ad entrarenelle stanze dei pazienti col sorriso, ed es­sere positivi.

Da ciò che hai detto, sento che que­st’incarico è importante per te, tantoche mi par di intuire che c'è dell'altro,mi piacerebbe sapere perché questo la­voro ti piace?È un lavoro che dà molte soddisfazioni, ba­sato sulle relazioni e quindi sulle persone.Credo che l’ascolto sia esso verso il pa­

ziente, i familiari o verso i colleghi siaparte integrante della nostra esistenza. Neiriguardi del paziente è fondamentalel'attenzione alla persona, è fondamentaleaccompagnare il malato fin dalla diagnosied in seguito poterlo aiutare, soprattuttoin quei cammini difficili, di accettazionedella propria malattia dove la solitudine haspesso il sopravvento.

Dopo un anno …Dopo un anno abbiamo fatto grandi passima c'è molta strada da fare per poter arri­vare ad una organizzazione buona esemplice.Grazie Marina per la tua gentilezza sia­mo stati molto contenti di aver potutoincontrarti, il nostro augurio di buonlavoro giunga a tutto il tuo reparto,confidando che il sempre maggiorimpegno professionale di tutti voi chesi possa tradurre in un servizio vera­mente eccellente per tutti i vostri pa­zienti.

continua da pag.2

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PentecosteVieni, Santo Spirito,

perché senza di te Dio è lontano,Gesù risorto resta nel passato,

il Vangelo appare una lettera morta,la Chiesa una semplice organizzazione,l'autorità un puro esercizio del potere,

la missione una propaganda,il culto un arcaismo,

l'agire morale un agire da servi.

Con te, invece, Spirito Santo,il cosmo è mobilitato,

il Risorto si fa presente,Dio è vicino,

il Vangelo è potenza di vita,la Chiesa diventa comunione,

l'autorità è un servizio gioioso e forte,la liturgia è memoriale vivente,l'agire umano etico e morale

è un cammino fortee costruttivo di libertà.

Ignatius Hazim metropolita di Laodicea

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sulla VIA della VITAPeriodico del Servizio Religioso presentenell’Ospedale di B.go Trento, Verona.Il bollettino viene distribuito in cartaceo ein digitale sul sito AziendaleOspedale Civile MaggioreB.go Trento ­ VeronaTelefono: 045.812.2110email: [email protected] ONLINEhttp://issuu.com/sullaviadellavita

Orario SS. MesseBorgo TrentoChiesa centraleFeriale 7.15 ­ 15.30Prefest. 16.15Festiva 11.00

GeriatricoFeriale 7.15Festiva 10.30

MaternitàFestiva 10.15

Polo Confortini(Festive)Cappella 17.00Cardiologia, (3° p. Azzurro) 9.30Chirurgia, (5° p. Arancione) 11.00

Borgo RomaFeriale 17.00Prefest. 17.00Festiva 10.30 ­ 17.00

Ci h@nno scritto… ci h@nno chiesto…

Invito alla collaborazioneChi vuole, può collaborare inviando ilproprio contributo per il giornalino:testo, immagini, domande, segnala­zioni,..., alla mail:[email protected] contattando i cappellani.Grati per quanto vorrete donare aquesta causa, con stima ed amicizia.La Redazione

Quando tocchi con mano e vedi questeingiustizie, devi decidere da che parte sta­re e quindi la presa di coscienza per la tu­tela dell'indifeso e la lotta per i dirittidell'uomo è maturata dentro di me. Perciòanche dopo essere rientrati in Italia edaver vissuto questa esperienza, abbiamofatto della condivisione (compartilha) unobiettivo della nostra vita; condividerequello che possediamo è diventato partedel pensiero mio e della mia famiglia. Ciòche è mio non lo conservo gelosamente,considero che i beni siano posti a serviziodell'uomo; questa convinzione miconsente maggior distacco dalle coseconcrete e forse anche meno affanno.

Vivere questa esperienza alla luce dellafede deve averti aiutato molto, qualemessaggio ti senti di consegnare a chileggerà queste parole?Dio è amore e si offre a noi in maniere ina­spettate ed impreviste; ciò che mi hamaggiormente colpito in Brasile è statol'incontro con altre chiese e altre confes­sioni, l'aver conosciuto espressioni religio­se diverse ti fa capire l'universalità dellasalvezza che nasce dalla Pasqua. Quelloche di prezioso ho trovato nella religionein cui credo, il cattolicesimo, è la Parola diDio applicata nella vita quotidiana. In unaterra come il Brasile, ma poter dire ancheda noi in Italia, ritengo siano i laici col loroimpegno e la loro testimonianza i veri pro­tagonisti delle chiese che si affacciano alterzo millennio; ed è l'Eucaristia, il Cristoche si fa pane, vita per noi, l'espressionepiù concreta e più umana che Dio potevadonarci e di cui ogni uomo può nutrirsi.

Quale consiglio ti senti di dare a coloroche sentono il desiderio di impegnarsiper il prossimo, qual è secondo il tuoparere il punto nodale?

È difficile dare consigli e non ci sono ri­cette preconfezionate, ma posso dire cosaè importante per me: ciò che ho scelto escelgo di fare è un servizio, è gratuità, ri­volgendomi alle persone consegnando aloro il dono che io stessa ho ricevuto, percui in ogni situazione devo sempre entrarein punta di piedi, guardando e rispettandoil luogo e la libertà delle persone cheincontro.

Da tempo ti sei stabilita qui a Veronacon la famiglia, sei ancora impegnata ohai attaccato il volontariato al chiodo?No davvero, anzi … da qualche annocollaboro col Centro Missionario Diocesa­no, braccio operativo della Diocesi che hail compito di sostenere, formare, accompa­gnare i missionari veronesi sparsi nelmondo. Questo servizio gratuito che rita­glio nel mio tempo libero, mi impegna emi ricorda per giorni e giorni, ciò che hovissuto anni fa.La missione ora è scambio, non più aiuto;ora è reciprocità, perciò anche noi occi­dentali impariamo e condividiamo un mo­do di essere Chiesa diverso. La societàitaliana vive un periodo di difficoltà e amio parere anche la Chiesa vive di riflessoquesta situazione di precarietà. Spero viva­mente in una nuova primavera, che cessi­no le difficoltà e si riesca a far entrarequeste ventate di novità nella Chiesa italia­na e nella società tutta. Termino facendomie le parole di una canzone della FiorellaMannoia:

… non c'è figlio che non sia mio figlio …né ferita di cui non sento dolore …

… non c'è voce che non sia la mia voce …… non c'è terra che non sia la mia terra …

e non c'è vita che non meriti amore.

continua da pag.3

http: / / i s suu.com/sul lav iadel lav i ta

Caro padre Edoardo,abbiamo fatto una chiacchierata alcuni giornifa a proposito del Giro d’Italia in Verona, e mihai suggerito di pubblicare quelle mie osserva­zioni sul giornalino. Non so se l'argomentopossa essere tanto interessante da esserepubblicato, comunque, parlavamo, di uneccessivo "sfruttamento" del fisico in queste si­tuazioni e mi ero sbilanciato a paragonare talesfruttamento a quello della prostituzione. Ipunti da sottolineare sono prevalentementedue:1) i corridori professionisti non lo fanno soloper sport (sarebbe motivazione alta ed enco­miabile) ma prevalentemente se non esclusiva­mente per denaro;2) essendo il loro guadagno legato alle "pre­stazioni", a volte (solo a volte?) sfruttano anco­ra di più il fisico ricorrendo a sostanze dopanti

e affini.Tutto ciò vale per qualsiasi sport pagato, ovvia­mente, e non solo per il ciclismo. Nessuno siscandalizza di questo (salvo per il doping) etutto passa come normale. Per questo io ri­tengo che lo sport non debba mai diventareprofessionismo.

Certo che anche la "prostituzione" è unosfruttamento del fisico a scopo di lucro, forsesenza uso di sostanze dopanti, ma il quadroviene considerato in modo ben diverso. Ora,cercando di non fare confusione e "prendendoil tutto con le dovute pinze", ritengo che sianotutte e due situazioni disdicevoli e quindiandrebbero evitate entrambe.Tutto qui. Pensierino banale, ma forse nontroppo.Ciao e a presto.Dr. Gianni Stanzani

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