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mneme - unipa.it · di Asclepio, che in sembianze di serpente viene adorato dai fedeli nel tempio: “Lì si stanzia il serpente figlio di Febo, lasciando la nave”15. A Roma, al

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    MNEMEquaderni dei corsi di beni culturali e archeologia

  • Antico e ModernoLaboratorio di ricerche trasversali II

    a cura di Luna Figurelli

    palermo2016

  • Editing fotografico: Filly Ciavanni

    Immagine di copertina: Palermo, Palazzo Forcella, mosaico ‘di Ippolito’: il cacciatore, particolare (foto Aiosa).

    MNEME. Quaderni dei Corsi di Beni Culturali e Archeologia

    Direttore: Elisa Chiara PortaleComitato scientifico: Johannes Bergemann, Nicola Bonacasa †, Annliese Nef, Salvatore Nicosia,Vivien Prigent, Natascha Sojc.Comitato editoriale: Sergio Aiosa, Nunzio Allegro, Fabiola Ardizzone †, Oscar Belvedere,Armando Bisanti, Aurelio Burgio, Alfredo Casamento, Delia Chillura, Massimo Cultraro,Salvatore D’Onofrio, Monica de Cesare, Gioacchino Falsone, Franco Giorgianni, MauroLo Brutto, Leonardo Mercatanti, Vincenzo Messana, Giovanni Nuzzo, Pierfrancesco Palazzotto,Daniele Palermo, Simone Rambaldi, Cristina Rognoni, Roberto Sammartano, Luca Sineo.Coordinamento di redazione: Simone RambaldiProgetto editoriale e redazione web: Filly CiavanniDirezione e Redazione:Mneme. Quaderni dei Corsi di Beni Culturali e ArcheologiaUniversità degli Studi di PalermoDipartimento Culture e Societàviale delle Scienze, Edificio 1590128 PalermoContatti:[email protected]@unipa.it tel.: +39 091 [email protected] tel.: +39 091 23899549

    La collana di monografie Mneme è pubblicata on line, sul sito: www.unipa.it/dipartimenti/beniculturalistudiculturali/riviste/mneme

    Copyright 2016 © MNEME. Quaderni dei Corsi di Beni Culturali e ArcheologiaDipartimento Culture e Società, viale delle Scienze, Edificio 15, 90128 PalermoISSN 2532-1722 - ISBN 978-88-943324-0-7

    I testi sono sottoposti a peer review interno a cura del Comitato scientifico e del Comitato editoriale

    2016 - Anno 1 - Volume 1

  • Indice generale9 Premessa

    di Elisa Chiara Portale

    11 Introduzionedi Giuseppina Barone

    15 Una caccia al cinghiale, mostri marini e temi nilotici nei mosaici pavimentali dell’ottocentescopalazzo Forcella a Palermo: tra suggestioni classiche e riproduzioni ‘in stile’ di Sergio Aiosa

    47 Revival neoclassico e ideali risorgimentali nel programma decorativo della casa di unantiborbonico sicilianodi Fabiola Ardizzone

    57 Anus ebria: l’estetica della vecchiaia nella storia del gustodi Alessia Dimartino

    75 Vasi ‘all’antica’. Falsificazioni e rielaborazioni nella collezione vascolare del settecentescoMuseo di S. Martino delle Scale a Palermo di Rosanna Equizzi

    87 La società italiana postunitaria nella pittura di Revival Classico di Luna Figurelli

    103 L'invenzione della Sicilia antica. La protostoria siciliana nella storiografia italiana nazionalistae fascistadi Pietro Giammellaro

    113 Le radici letterarie del mito nella pittura ‘neoclassica’ di Giuseppe Velasco di Mariny Guttilla

    139 Settecento neoclassico nel Palazzo Reale di Caserta. Vanvitelli, Hamilton, Tischbein e ladecorazione ‘all’etrusca’di Margot Hleunig Heilmann

    159 Idols Ancient and Modern: A Neapolitan Saint Manufactory by Thomas Uwinsdi Michael Liversidge

    173 La corona rostrata oggi: appunti per una ricercadi Antonina Lo Porto

    181 Dei milites. Esempi di foggia militare romana nella scultura barocca sicilianadi Salvatore Machì

    195 Esempi di ispirazione all’antico nella produzione scultorea di Ippolito Buzzi, Nicolas Cordier,Pietro Berninidi Alessandra Migliorato

    221 Giovanni da Cavino, ovvero storia di un onesto falsariodi Magda Modica

  • 227 British Conservative Thought and the Classical Imagination, c. 1720-1820di James Moore

    239 “È morto al posto mio”: da Elias Canetti ad Elio Aristidedi Salvatore Nicosia

    249 “A city famed throughout the world”: Pompeii in 20th and 21st century fictiondi Joanna Paul

    257 A pranzo con Matteo Della Cortedi Loredana Vermi

    277 Abstracts

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    Nel portico del Ginnasio dell’Orto Botanico di Palermo1 (fig. 1), Giuseppe Velasco realizza trail 1794 e il 17962 un intero ciclo pittorico commissionato dal viceré conte di Caramanico ed eseguitoa monocromo, quasi ad imitazione della statuaria antica3. Le Storie di Asclepio (fig. 2), dedicate adun eroe del mito greco e primo manifesto della pittura neoclassica in Sicilia − che inaugurano alcontempo la rappresentazione figurativa del filone antiquario − appaiono a un trentennio circa didistanza dalla pubblicazione della Storia delle arti del disegno presso gli antichi di Winckelmann,che sarà tradotta in Italia solo nel 17834.

    Seppure in forte ritardo rispetto ad altre regioni, il neostile fa il suo ingresso a Palermo, e lo facon prepotenza; riaffermando i caratteri di sopravvivenza e continuità dei miti nella cultura sicilianae agganciando alle forme neoclassiche i contenuti di un desiderio mai spento di ritorno alle originidella storia5. Complice una stagione culturale assai complessa, come fu quella neoclassica, riappaiono

    Mariny Guttilla

    Le radici letterarie del mito nella pittura ‘neoclassica’ di Giuseppe Velasco*

    Fig. 1. Orto Botanico di Palermo, fronte sul giardino.

  • su pareti e volte di palazzi e ville dell’agro palermitano i cicli pittorici su temi mitologici e letterarirappresentanti figure di dei e semidei, investiti di una nuova aura di forme e significati.

    Uno di questi è legato al culto di Asclepio. Sorto ad Epidauro nel VI sec. a.C., ed introdotto aRoma in occasione della pestilenza del 293 a.C., il culto trova il suo apice nella costruzione di untempio, circondato da portici dove sostavano gli ammalati, nell’isola Tiberina. Ed appunto in unportico, quello posteriore del Ginnasio palermitano “che guarda l’orto medesimo”, lungo le pareti6,Velasco raffigura gli episodi principali del mito di Asclepio, che − come canta l’inno omerico – “…guarisce dalle malattie, / figlio di Apollo…/; nella pianura di Dotio, la divina Coronide ha partorito,/ figlia di Flegia per la felicità degli uomini”7. Nel primo riquadro, raffigurante il momentodell’adolescenza, sono rappresentati Apollo e Chirone (fig. 2). La scena fa riferimento proprioall’episodio descritto da Pindaro, in cui il dio affida il figlio al più saggio dei centauri perché gliinsegni le arti mediche: “Centauro silvestre / dal cuore benigno ai mortali /… un giorno educò / Asclepiobenevolo fabbro di salda salute,/ eroe domatore di tutte le specie di morbi”8. Per la figura di Apolloesistono due studi preparatori nella Galleria Regionale di Palazzo Abatellis a Palermo (figg. 3 e 4).

    Nel riquadro successivo è raffigurata una scena più complessa, in cui appare Asclepio, giàadulto ed intento ad istruire (fig. 5); l’episodio è propedeutico alla sua missione salvifica: “e quantigiungevano afflitti / d’ingenti piaghe, o trafitti di lucido bronzo le membra;/ o dell’avventar dimacigni,/ o sfatti dall’alito estivo o dal gelo / mandava disciolti dai vari travagli,/ di blandi scongiuri/ cingendo talun, beverando talatro di miti pozioni, /e tutte fasciando di farmaci o succhi le membra;/ed altri mise in piedi con abili tagli”9. Lo schema figurativo di Asclepio richiama il rilievo votivo

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    Fig. 2. Giuseppe Velasco, Storie di Asclepio: Apollo affida Asclepio a Chirone, Orto Botanico di Palermo.

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    Fig. 3. Giuseppe Velasco, Disegno preparatorio per le Storie di Asclepio: Apollo affida Asclepio a Chirone, Galleria Regionaledi Palazzo Abatellis, Palermo.

    Le radici letterarie del mito nella pittura ‘neoclassica’ Mariny Guttilla

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    Fig. 4. Giuseppe Velasco, Disegno preparatorio per le Storie di Asclepio, Galleria Regionale di Palazzo Abatellis, Palermo.

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    marmoreo di Epidauro (metà del IV secolo a.C., ora nel Museo Nazionale di Atene), le cui riproduzionicircolavano nella cerchia di artisti e collezionisti d’antiquaria.

    Il racconto figurato prosegue con la narrazione degli effetti benefici della medicina rappresentatanella scena centrale mediante la Resurrezione di Ippolito (fig. 6). Nel palese svolgimento dei significati,l’episodio trascende dalla guarigione alla resurrezione del giovane in un crescendo narrativo che riflettela progressiva esaltazione delle virtù mediche con valenze miracolistiche e magiche, secondo il racconto

    Fig. 5. Giuseppe Velasco, Storie di Asclepio: Asclepio intento a istruire, Orto Botanico di Palermo.

    Fig. 6. Giuseppe Velasco, Storie di Asclepio: Resurrezione di Ippolito, Orto Botanico di Palermo.

    Le radici letterarie del mito nella pittura ‘neoclassica’ Mariny Guttilla

  • di Apollodoro: “Asclepio divenne medico etanto progredì nella sua arte che presto riuscì nonsolo a salvare molti dalla morte, ma addiritturaa far resuscitare gente già morta”10. Il nodo piùintenso sul piano emotivo della narrazione sisvolge nella zona centrale dove è raffigurato ilcorpo riverso di Ippolito. In un estremo tentativodi salvarlo, uno dei compagni si rivolge adAsclepio. E’, la sua, quasi una invocazionedisperata: il gesto largo del braccio che indica ilcorpo del giovane fa da contrapposto figurativo− lungo la diagonale che taglia la scena − albraccio disteso di un discepolo del maestro.Sull’estrema sinistra, ma ricondotta allacentralità compositiva dall’intreccio dei gesti, èla figura di Asclepio. Alla base della concezioneinventiva di Velasco stanno i suggerimentiofferti dai celebri versi dell’Eneide:“Tramandano, infatti, che Ippolito, dopo morìper l’inganno della matrigna e pagò con ilsangue la vendetta del padre, dilaniato dai

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    Fig. 8. Giuseppe Velasco, Storie di Asclepio: Asclepio giunge nell’Olimpo sulle ali di un’aquila, Orto Botanico di Palermo.

    Fig. 7. Giuseppe Velasco, Disegno preparatorio per le Storie diAsclepio: Asclepio e la dea Diana.

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    cavalli imbizzarriti, di nuovo tornò alle stelleeteree e sotto l’aria superna del cielo, richiamatodalle erbe peonie e dall’amore di Diana”11. Leforme della dea erano state già individuate dalbiografo ottocentesco Agostino Gallo nella figurafemminile raffigurata sulla destra12 (fig. 7).Ippolito torna dunque alla vita e lascia vuoto iltraghetto di Caronte13. All’ira di Ade, che accusaAsclepio di sottrarre i mortali al suo regno, Zeusnon può sottrarsi e punisce il guaritore. Lanarrazione figurativa, suggerita dal testo diOvidio, culmina nel fregio centrale (fig. 8): Zeusridona la vita ad Asclepio, secondo la profeziariportata nelle Metamorfosi: “passerai alloradallo stato divino a quello di un corpo senza vita,e poi tornerai a essere dio, cambiando due volte iltuo destino”14. Nella scena, infatti, Asclepio,trasmutata in divina la natura umana, giungenell’Olimpo degli dei sulle ali di un’aquila.

    Sebbene lontane dal rigore e dai toni‘asciutti’ della sintassi neoclassica, appaionoevidenti nelle pitture di Velasco quelle capacità disintesi proprie dell’autore che usa con efficacia imezzi espressivi, sottolineando le note crescentidi pathos sino all’apoteosi finale: la divinizzazionedi Asclepio, che in sembianze di serpente vieneadorato dai fedeli nel tempio: “Lì si stanzia ilserpente figlio di Febo, lasciando la nave”15.

    A Roma, al culto di Asclepio, chiamatoEsculapio, si affianca quello della figlia Igea. Eproprio alla ninfa si riferisce un’altra pitturarealizzata da Velasco in uno dei pennacchi dellavolta all’interno del Ginnasio, nel quale lafanciulla indica il potere delle erbe. L’accosta-mento di Asclepio ed Igea rimanda alle immaginidi bassorilievi e statue dell’arte classica, come ilrilievo votivo attico (prima metà del IV secolo a.C.), ora nel Museo Nazionale di Atene; ma una fonte diispirazione certamente più diretta fu fornita al pittore dalla statua di Igea, detta Salus, già nel Museo diSan Martino delle Scale (fig. 9), nota anche attraverso una stampa del Voyage di Houel16. I riferimenti almito, alla natura e al potere delle erbe, che interpretano i nessi letterari in chiave allegorica, proseguononella volta del Gymnasium (fig. 10) nella scena di Venere salva Enea, la resa pittorica di Velasco sintetizzail senso della narrazione virgiliana. Inoltre, lo spazio limitato del pennacchio con la caratteristicasagomatura geometrica a cono costringe Velasco ad unificare i due momenti narrati da Virgilio17:

    Fig. 9. Statua di Igea, già Museo di San Martino delle Scale,oggi Museo Regionale A. Salinas, Palermo

    Le radici letterarie del mito nella pittura ‘neoclassica’ Mariny Guttilla

  • il ferimento dell’eroe durante la battaglia, simboleggiata dalla figura di Marte, e le cure materne delladea. Nei due pennacchi restanti sono rappresentate le figure di Demetra e Atena, quest’ultima coltanell’atto di indicare una ragnatela: chiaro riferimento questo al Mito di Aracne, tratto dalle Metamorfosi18.Le corrispondenze tra mito narrato e immagini sono anche al centro della volta, dove la figura di Floraritratta in movimento lascia intendere da parte di Velasco l’accettazione della versione data da Ovidio,quando fonde il mito ellenico di Zefiro e Clori al mito di Flora, trasformando la ninfa nell’immaginedella dea dispensatrice di fiori: “era primavera e io erravo, mi vide Zefiro, mi insegue, io fuggo”19.

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    Fig. 10. Volta del Gymnasium dell’Orto Botanico di Palermo.

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    L’eterna fuga della fanciulla è immortalata dal pittore che la raffigura fra svolazzanti panneggi e ilcaratteristico velo inarcato, tratto dalla iconografia romana (si veda ad esempio la baccante dellaIniziazione ai misteri dionisiaci di Pompei (fig. 11) 20.

    Il ciclo figurativo centrato sulle proprietà terapeutiche delle erbe si conclude con l’esaltazionedei benefici che derivano dal mondo della natura; un disegno ad inchiostro di Velasco conservatonella Galleria Regionale di Palazzo Abatellis mostra appunto l’immagine del Trionfo di Flora(fig. 12).

    Fig. 11. Particolare dagli affreschi della Villa dei Misteri a Pompei.

    Le radici letterarie del mito nella pittura ‘neoclassica’ Mariny Guttilla

  • Al tempo di Velasco, l’atteggiamento di fiducia nel progresso delle scienze naturali aderiva inpieno alle motivazioni inerenti alle scelte politico-culturali della committenza vicereale, riguardo inspecie all’istituzione a Palermo di uno dei primi orti botanici europei, scelta a cui corrisponde in modofunzionale sul versante illustrativo anche lo stile di Velasco, che usa una tecnica esecutiva sintetica ed

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    Fig. 12. Giuseppe Velasco, Trionfo di Flora, disegno, Galleria Regionale di Palazzo Abatellis, Palermo.

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    essenziale. Mentre il poeta svolge in senso temporale lo sviluppo narrativo, che trascorre dalla descrizionedel fatto sino alla sua conclusione, passando per il momento centrale dell’evento, il pittore, invece, devecogliere quel momento in una dimensione spaziale e trasfonderlo in un’immagine unica, sintetizzandoneil contenuto in una scena o nel sincretismo di una scena. Quindi, il riferimento a fonti letterarie, già daaltri ipotizzato, non è dato tanto dall’adesione al testo, quanto dall’adozione da parte del pittore di un‘sistema narrativo’, che induce l’interlocutore a concentrare l’attenzione su quegli elementi ritenutiessenziali alla comprensione dell’avvenimento nei suoi significati ideologici e concettuali. Si tratta diun sistema di rappresentazione che, seguendo la tradizione classica e rinascimentale, punta sulla sintesi.Una sintassi figurativa poco applicata sino ad allora nella pittura palermitana, che aboliva di fatto dallanarrazione i dettagli ‘decorativi’, considerati superflui o enfatici, e che fa presupporre da parte del pittorel’acquisizione di conoscenze esterne e di scambi culturali. Velasco fu però artista autodidatta e diformazione locale, sebbene la sua vita fosse stata costellata da fortunati incontri.

    Giuseppe Velasco, Velasquez o più spesso Velasques, come era solito firmarsi, nacque a Palermoil 10 dicembre 1750 da genitori di origini ispaniche, Fabiano Ugo de Velasco e Anna Rodriguez deMendoza. Sin da ragazzo − secondo il suo biografo Agostino Gallo, che, oltre a lasciare appuntimanoscritti, ne pubblicherà la vita nel 1845 − copiava a penna le incisioni che trovava in casadell’insegnante di calligrafia e modellava ‘figurine in creta’, mostrando una naturale inclinazione allearti del disegno21. Formatosi nel solco del mestiere di maestri locali − da Gaetano Mercurio e GiuseppeTresca, da cui apprese solo i primi i rudimenti dell’arte22, a Gioacchino Martorana, pittore che mediavaspirito rococò e modi razionalistici − Velasco elaborava al contempo un proprio linguaggio, basatosull’esercizio del disegno del nudo e alimentato dallo studio di modelli romani (fig. 13).

    Fig. 13. Giuseppe Velasco, Disegno.

    Le radici letterarie del mito nella pittura ‘neoclassica’ Mariny Guttilla

  • Acquistò, infatti, parte della collezione di calchi in gesso del marchese di Roccaforte e frequentòassiduamente l’Accademia di pittura aperta dal principe della Catena, Giuseppe Antonio Reggio nellapropria residenza23. “Nel disegno vide i fondamenti dell’Arte”24 − come provano i disegni della GalleriaRegionale (fig. 14) − e su queste prime conoscenze intraprese originali ricerche, innestandovi gli apportidella pittura peninsulare cinquecentesca e seicentesca, conosciute mediante cartoni, modelli eprobabilmente quelle incisioni di antichità e pittura moderna che Pietro Aquila aveva introdotto a Palermoalla fine del Seicento.

    Tra i maestri della pittura, Velasco guardava ai Carracci, Guido Reni, Maratta e Domenichino;anzi da quest’ultimo − uno degli interpreti più fedeli della tradizione letteraria e in particolare del poemavirgiliano − trae disegni eseguiti “ottimamente a matita rossa a chiaroscuro, imitando il bulino dellestampe di bella incisione”25 e copia l’Angelo Custode, che si trovava allora nella chiesa di San Francescod’Assisi. Ma, soprattutto − commenta il biografo − amava Raffaello, “la cui maniera figurativa sentivapiù aderente alla natura che all’artificio” e ammirava Annibale Carracci, pur ritenendone il disegnoalquanto “sforzato e studiato”. “Questi” − conclude Gallo, che per primo ne individua i riferimenticulturali – “gli furono maestri per la composizione”26.

    A questo bagaglio formativo mancò certamente la visione diretta delle opere unita al confrontocon idee e movimenti artistici che circolavano nell’Italia peninsulare e a Roma. Infatti, a causa diristrettezze economiche non gli fu possibile allontanarsi dalla famiglia e dovette rinunciare al sogno,coltivato per anni, di recarsi nell’Urbe. Tale privazione fu appena mitigata dalla osservazione diretta dialcune opere ‘scelte’ – tra le quali spiccava la scultura in bronzo di Mercurio seduto - contenute nelle 52casse che Ferdinando IV di Borbone porta con sé nel primo esilio palermitano del 1798, nonchédell’imponente Ercole farnese, la cui immagine è riprodotta da Velasco sullo sfondo del ritratto di LéonDufourny.

    All’arrivo di parte di quella raccolta fa seguito nel 1800 l’approdo a Palermo − per sottrarle allemire di Napoleone Bonaparte − di statue antiche della collezione degli Uffizi.

    L’arrivo del sovrano e della corte − tra cui vi erano artisti e decoratori − fu una delle cause diaggiornamento culturale dell’ambiente locale ma pure dell’ascesa di Velasco, la cui carriera già iniziataa partire dagli anni Ottanta, trova nuovo slancio anche grazie alla collaborazione con Marvuglia,

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    Fig. 14. Giuseppe Velasco, Disegno con il Mito di Niobe, Galleria Regionale di Palazzo Abatellis, Palermo.

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    principale esponente del neo-stile e progettista dei complessi interventi edilizi e decorativi commissionatidal sovrano. Sotto la sua guida, Velasco affronta i principali cicli pittorici all’interno delle dimorenobiliarie: Belmonte, Costantino, Geraci27, e villa Belmonte all’Acquasanta (figg. 15-16). L’attivitàprofessionale congiunta all’insegnamento28 diede modo al pittore di incidere profondamente sullariforma del ‘gusto del disegno’29 e di introdurre “l’idea del carattere degli antichi artisti della Grecia”,tanto che suoi bozzetti e disegni, ammirati da Camuccini, furono scambiati dalla pittrice AngelicaKauffman per opere di Mengs30.

    La riscoperta dell’arte classica e del ‘bello dell’antico disegno greco’31 non era una novità nelpanorama delle arti. Anche se va detto, come sottolinea Luigi Beschi, che l’incontro del Rinascimentocon il mondo greco avvenne sul piano letterario piuttosto che su quello artistico e fino al Settecento sidovrà parlare di un ‘mito dell’arte greca’32. La cultura umanistica e rinascimentale tramite letterati,antiquari e collezionisti aveva operato una sorta di continuità tra il presente e l’eredità romana; adottandocontestualmente il formulario di simboli e allegorie della tradizione mitologica ed eroica, che ebbeprofonde ricadute sull’arte figurativa italiana.

    Dopo la parentesi dell’età barocca, la cosiddetta corrente classicheggiante, che non si era maiesaurita del tutto negli orientamenti estetici dei ceti dominanti, sfociava in un nuovo gusto, le cuimolteplici componenti culturali − il mito della Grecia e la letteratura di viaggio, le scoperte archeologichedi Ercolano e Pompei, l’interesse per i monumenti sicelioti − alimentavano lo stile neoclassico. Lapubblicazione dei numerosi tomi delle Antichità di Ercolano esposte nonché delle Antiquités de la grandeGrèce di Francesco Piranesi, tra il 1804 e il 1807, contribuirono ulteriormente alla diffusione della culturaantiquaria e, conseguentemente, del gusto per i modelli del passato, rafforzando l’esegesi metodologicadei repertori figurativi che influenzarono una folta schiera di architetti, decoratori, scultori, incisori epittori. In tale ambito trovarono collocazione non solo singoli riferimenti tematici alle divinità pagane,assunte a rappresentazioni allegoriche di virtù civiche e militari, ma anche il recupero iconografico diinteri cicli mitologici, tramandati dalla letteratura antica. Cosicché, se non fu del tutto originale rispettoal Rinascimento il gusto del ‘ritorno all’antico’, nuovi e diversi appaiono invece i risvolti contenutisticie filosofici, ideologici e politici che investirono all’indomani della Rivoluzione francese e nelprimo Ottocento ‘il ritorno’ al mondo classico. Il riferimento alla mitica ‘età dell’oro’ che, tramitePietro da Cortona, era stato uno dei motivi conduttori della pittura allegorica a carattere didascalico dimetà Seicento, si amalgama a idealizzazioni estreme di virtù eroiche, per operare una sorta direversione temporale della storia, attualizzandola in un presente che si dimostrerà confuso econtraddittorio.

    Rispetto alla tradizione seicentesca la novità è data dalla fusione tra quei motivi iconografici,ormai ridotti a ripetitivi formulari decorativi, e il filone antiquario che tramite gli eruditi, da Caylus aMaffei, alimenta il collezionismo colto. Sul piano estetico le teorie di Winckelmann forniscono i supportimetodologici, mentre la produzione grafica offre agli artisti schemi e modelli iconografici. “Una culturaantiquaria a prevalenza filologica si trasforma così in una cultura antiquaria a prevalenza archeologica eartistica, prima del massiccio ritorno alla filologia all’inizio dell’’800”33.

    Tale clima si avverte anche in Sicilia. A Palermo “ormai tutto è greco” dirà il marchese diVillabianca nel suo Diario del 1789, aggiungendo “la moda vuole che tutto sia eseguito in stile di grecaarchitettura”. L’entusiasmo del ceto dirigente isolano verso il nuovo stile non venne però alimentato daquei principi filosofici che lo corroboravano in Europa, ma si colorò localmente di note nazionalistiche,la difesa della classicità venne trasferita sul piano delle rivendicazioni politiche e di salvaguardia diprivilegi personali nei confronti del governo centrale34.

    Le radici letterarie del mito nella pittura ‘neoclassica’ Mariny Guttilla

  • Velasco, il più scultoreo dei pittori dell’epoca, partecipò alla riforma neoclassica in nome di unsevero rigore formale e ne divenne, insieme a Marvuglia, uno dei maggiori protagonisti. Nella suaproduzione profana, costituita in prevalenza da cicli pittorici o singole scene dedicati ai temi mitologici,si rivelano determinanti le conoscenze antiquarie e lo studio delle fonti classiche. Lettore accanito diOmero, Virgilio e Ovidio, Velasco trasse soprattutto da quest’ultimo quelle ‘fantasie’ che interpretava etraduceva in ‘invenzioni pittoriche’.

    Per necessità di sintesi cito in questa sede solo alcuni esempi di tale produzione, premettendo unaconsiderazione di carattere generale che mi appare fondamentale per la comprensione della portatainnovativa di Velasco e del nuovo clima che il ‘secondo stile’ del pittore, come lo definì Gallo, immettenell’ambiente artistico palermitano a cavallo tra Sette e Ottocento. Tematiche mitologiche nellaproduzione decorativa a carattere profano, aulico e celebrativo attraversano tutto il Settecento a partiredagli anni Trenta e Quaranta, e in concomitanza con l’affermazione della nuova edilizia residenzialepalermitana, attingendo a piene mani alle fonti di immagine della pittura seicentesca. Rispetto alla

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    Fig. 15. Giuseppe Velasco, Giochi funebri in onore di Anchise. La gara con l’arco, Villa Belmonte all’Acquasanta, Palermo.

    Fig. 16. Giuseppe Velasco, Giochi funebri in onore di Anchise. Il pubblico incita i troiani alle gare, Villa Belmonte all’Acquasanta,Palermo.

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    tradizione dei secoli precedenti, tuttavia, la novità della maniera di Velasco è data dalla fusione tra queimotivi iconografici, ridotti ormai a ripetitivi e vuoti formulari decorativi, e il filone antiquario cheserpeggia nella società degli eruditi e che investe di nuovi contenuti la cultura pittorica. Vengono così ariproporsi, certamente in chiave minore e con altri risvolti, quelle condizioni che avevano dato vita allacosiddetta riscoperta dell’Antico nel Rinascimento. Per questa via appare pertinente, oltre che del tuttolegittimo, che Velasco si rivolgesse nella sua attività di copista − e quindi nella produzione pittorica − dauna parte all’imitazione della statuaria classica, dall’altra all’imitazione di Raffaello e di Michelangelo,le cui opere replicò in schizzi e disegni, oggi conservati nella Galleria Regionale di Palazzo Abatellis.Tali coordinate segnarono il percorso artistico di Velasco a partire come si è visto dalle decorazionidell’Orto Botanico.

    Analoghe corrispondenze tra testi poetici e immagini si riscontrano in altre opere dell’attivitàmatura, come nelle pitture rappresentanti l’Apoteosi di Enea nel salone della galleria di Villa Belmonteall’Acquasanta, commissionategli nel 1805 dal collezionista ed antiquario, Giuseppe EmanueleVentimiglia. Il ciclo pittorico fu realizzato secondo precise disposizioni impartite dal principe, chenell’atto di allogazione richiese espressamente la raffigurazione dei ‘giochi fatti in Sicilia da Enea per lefeste funerali di Anchise suo padre come si descrive da Virgilio’35. Ancora una volta, dunque, un eroe eun mito messi in stretto rapporto con l’isola e i suoi luoghi leggendari. Nel fregio che corre lungo lavolta sono rappresentati, infatti, i Giochi olimpici fatti da Enea per i funerali del padre Anchise,monocromi a tecnica mista (figg. 15-16) − come nell’Orto Botanico − che seguono appunto la descrizionedel V libro dell’Eneide; e precisamente: la corsa delle navi, la corsa a piedi, il pugilato con i cesti, lagara equestre dei fanciulli e la gara dell’arco (fig. 15). In un riquadro, intorno alla tomba appaiono anchei compagni di Enea che “lieti portano in dono le cose / che ognuno possiede, colmano are, sacrificanogiovenchi,/ altri in fila dispongonocaldaie, e sparsi per l’erba / sottopon-gono brace agli spiedi e arrostisconoi visceri”. Sul margine a sinistrasi svolge l’episodio con l’inizio deigiochi mentre la folla sulla rivasprona i Troiani alla competizione:“Allora tutta la selva risuona dell’ap-plauso e del fremito / degli uomini,e dell’incitamento dei fautori; errala voce / per la chiostra delle rive, epercorsi dal clamore echeggiano icolli” (fig. 16).

    Riguardo alla continuitànarrativa del ciclo pittorico, unadelle probabili fonti di ispirazionepotrebbe essere stato il fregio dellaColonna Traiana, che vantava giàa partire dal Seicento una lungatradizione di incisioni36 (fig. 17).

    Fig. 17. Particolare della Colonna Traiana, Roma.

    Le radici letterarie del mito nella pittura ‘neoclassica’ Mariny Guttilla

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    Fig. 18. Giuseppe Velasco, Apoteosi di Enea, Villa Belmonte all’Acquasanta, Palermo.

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    Ma fu certamente determinante l’influsso delle opere di Raffaello. Al centro della volta, Velascoraffigura l’Apoteosi di Enea presentato da Venere a Giove (fig. 18), in cui tipologie e pose figurativemostrano ascendenze raffaellesche desunte dalle pitture della Farnesina; in particolare la figura diPan appare letteralmente ‘copiata’ dal Tritone del Trionfo di Galatea.

    Il contenuto neoclassico è comunque attraversato anche da reminiscenze tardo-barocche.Intorno al riquadro centrale, le scene principali entro cornici esagonali fanno riferimento al lungovagare dell’eroe e sono desunte dal I libro dell’Eneide: Venere e Cupido, Enea dormiente (fig. 19),Venere e Giove37. Uno dei temi centrali è il mito di Didone, che Virgilio recupera dalle leggendemediterranee: il fatto determinante è l’innamoramento di Didone ad opera di Cupido sotto lesembianze di Ascanio38. La scena illustra i versi virgiliani e proprio il momento in cui Venere siallontana con il fanciullo in braccio: “venga mutato d’aspetto e di volto,/ Cupido invece del dolceAscanio, e accenda con doni / la regina in delirio, e le avvolga di fuoco le ossa /… io (Ascanio) locelerò, sopito nel sonno”.

    Nella stessa villa, tra il 1806 e il 1809, come viene documentato da note di pagamento, Velascodipinse anche la volta della cosiddetta ‘camera di compagnia’, con il Giudizio di Paride, (fig. 20)uno dei temi mitologici più diffusi e illustrati a partire dall’arte antica e di cui si annoverano celebriesemplari, come l’immagine su un pettine d’avorio proveniente dalla Spagna e nella ceramica (OlpeChigi). Anche nella scena dipinta da Velasco compare Mercurio, la cui presenza è sottolineata daIgino nella Fabula 92.

    Ma il più rinomato ciclo decorativo di Velasco resta la serie pittorica di Palazzo dei Normanni,centrata sulla figura di Ercole, le cui gesta, celebrate nei monocromi sulle pareti, culminanonella policroma apoteosi finale del soffitto39 (fig. 21). Ancora una volta all’atto dell’affidamento

    Fig. 19. Giuseppe Velasco, Venere ed Enea dormiente vegliato da Cupido, Villa Belmonte all’Acquasanta, Palermo.

    Le radici letterarie del mito nella pittura ‘neoclassica’ Mariny Guttilla

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    dell’incarico, nel 1810, venneespressamente indicato dalcommittente il programmaiconografico e le singole sceneda rappresentare: il Trionfodi Ercole... E due quadri achiaroscuro… con Ercole bam-bino nella culla che strozza iserpenti, …ed Ercole… bruciato,lacerato dalla tunica avvelenatacol sangue di Nesso. L’impagi-nazione del primo episodiounisce le descrizioni tratte daitesti di Pindaro e di Apollodoro:“ed essa la madre balzata / inpiè dal giaciglio, discintacom’era dal peplo, tentava /schermire dai mostri ilfanciullo…”40, “ma Eracle siera già alzato, aveva già uccisoi serpenti, strangolati, uno permano”41. L’espressione decisanel volto del fanciullo rifletteinvece i versi di Teocrito:“… balzava con palpito ingenuodi gioia / mentre ai suoi piedistrozzati gli orribili draghistendeva”42. Quanto alla secondascena con la tragica mortedell’eroe riferita in modoanalogo da Igino e DiodoroSiculo, essa si ispira ancora unavolta ai versi di Ovidio:“frattanto tu, nobile giglio diGiove dopo avere abbattuto glialberi… e aver formato con essiuna pira, invitasti il figlio diPeante (Filottete) a prendersil’arco, la grande faretra e lefrecce, … Costui obbedì, poi siaccostò alla pira e vi accesesotto il fuoco. Mentre lafiamma avida si attaccava a

    Fig. 20. Giuseppe Velasco, Il giudizio di Paride, Villa Belmonte all’Acquasanta, Palermo

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    tutta la catasta, tu vistendesti in cima lapelle del leone Nemeoe ti ci sdraiasti sopra,appoggiando la nuca allaclava”43. Velasco trasferìdunque ‘testualmente’nella sua pittura ledescrizioni letterarie checelebravano il mitodell’eroe solitario, di cuiripercorse gli avveni-menti sino alla assun-zione finale al cospettodegli dei: “allora ilpadre onnipotente lorapì su una quadrigaavvolta da nubi e loportò in mezzo agli astrisplendenti”44.

    L’effige di Ercolegià dal V secolo a.C. èpresente nel repertoriofigurativo dell’arte sice-liota: appare infatti nellemetope scolpite deltempio E di Selinunte,sottolineando il forteradicamento del mito inSicilia, in cui, secondoDiodoro Siculo, l’eroeera giunto prima dellacolonizzazione. Senzaaddentrarci nei complessicontenuti allegorici cheruotano intorno alla suafigura e alla volontà del sovrano borbonico − sulle orme dei principi rinascimentali − di ritrarne legesta nel palazzo reale, in una sorta di auto identificazione celebrativa, qui preme osservare comeil pittore tenda a sottolineare i valori plastici nei monocromi a parete e, di contro, ad enfatizzare icontenuti cromatici nel dipinto del soffitto. Nei monocromi, in particolare, raggiunge il dominio dellalinea sul colore, seguendo l’assunto metodologico teorizzato da Winckelmann, che sosteneva lasupremazia del disegno sul colore e della scultura sulla pittura per raggiungere la bellezza formale inassoluta assenza di pathos.

    Fig. 21. Giuseppe Velasco, Apoteosi di Ercole, Palazzo dei Normanni, Palermo.

    Le radici letterarie del mito nella pittura ‘neoclassica’ Mariny Guttilla

  • In aggiunta alla descrizioneletteraria, una fonte iconograficadiretta ispira infine i cicli pittoricisul tema di Amore e Psiche, realizzatia Palazzo Mirto45 (fig. 22) e a PalazzoGangi (fig. 23), dove appunto ilpittore si riferisce alla Storia diPsiche, dipinta da Raffaello e aiutinella Loggia della Farnesina (fig. 24),per rappresentare episodi di quel mitoche ha origini narrative nell’Asinod’oro di Apuleio46. La favola descriveallegoricamente il destino di dueamanti, la cui felicità è sottoposta aprove e condizioni.

    La tradizione apuleiana, cen-trata su speculazioni filosofiche chealludevano al rapporto tra amore eanima, risultò dominante presso gliartisti rinascimentali da Raffaello inpoi − Perin del Vaga, Giulio Romano,Correggio − diventando nel tempouno dei temi preferiti nelle pitture diambienti privati.

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    Fig. 23. Giuseppe Velasco, Trionfo di Psiche, Palazzo Gangi, Palermo.

    Fig. 22. Giuseppe Velasco, Venere e Psiche,Palazzo Mirto, Palermo.

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    Fig. 24. Raffaello e aiuti, Venere e Psiche, riquadro centrale del soffitto della Loggia, Palazzo della Farnesina, Roma.

    Le radici letterarie del mito nella pittura ‘neoclassica’ Mariny Guttilla

  • In entrambi i palazzipalermitani, il riquadrocentrale del soffitto conle scene di Psiche che,sostenuta da Mercurioascende all’Olimpo, è ac-compagnato da sovrapportedipinte ad olio, dove lecitazioni iconograficheappaiono derivate testual-mente dalla Farnesina,seppure con notevoledislivello qualitativo (figg.25-26).

    La ripresa di temimitologici tramite il ricorsoa radici letterarie non paredunque limitarsi, in Vela-sco, a replica disordinata dimodelli figurativi, marivela l’assimilazione disintassi narrative dal fortesenso simbolico. Ricor-rendo per semplificazionea necessari schematismi,Asclepio, come Prometeo,incarna il desiderio diconoscenza che si traducein fede nel progressodella scienza, Ercole ilpotere della volontà umana,Psiche il superamentodelle avversità per ilraggiungimento di un finesupremo.

    Non erano questigli obiettivi delle raffigu-razioni negli intenti di

    quella committenza che leggeva i significati del mito in chiave auto-referenziale? Insiemealla chiarezza espositiva richiesta all’artista, non era la certezza della comprensibilità dei significaticonnessi a narrazioni favolose, uno dei requisiti indispensabili a tali scopi? Sopravvivenzae metamorfosi dei miti dall’antichità all’epoca neoclassica avevano testimoniato la vivacità diun linguaggio universale in grado di essere accolto – nei contenuti più profondi del simboloe dell’allegoria – grazie alla tradizione letteraria dei grandi classici. Senza questo fondamentale

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    Fig. 25. Giuseppe Velasco, Giove e Cupido, Palazzo Mirto, Palermo.

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    e illuminante confronto diventa allora impossibile per l’uomo moderno decifrare il codice di quelsistema semantico di struttura e associazioni figurative che racchiude immagine e testo, forma econtenuti.

    Fig. 26. Raffaello e aiuti, Giove e Cupido, sovraporta nella Loggia, Palazzo della Farnesina, Roma.

    Le radici letterarie del mito nella pittura ‘neoclassica’ Mariny Guttilla

  • Note

    * Ringrazio Valentina Vanella per avermi fornito le indicazioni dei testi classici.

    1 Il complesso dell’Orto Botanico sorse nel 1789 su progetto dell’architetto francese L. Dufourny (1754-1818); dopo la partenzadell’architetto, la direzione dei lavori venne affidata a Marvuglia. Vd. Lima 1978; R. Giuffrida, Premessa, in Basile 1991,p. 10.

    2 Le prime note di pagamento delle pitture, commissionate dal viceré Caramanico, risalgono al 1792 (Lima 1978, documentonr. 13); nel 1795 Velasco firma e data i fregi del portico nel 1795, come ha rivelato un restauro degli anni Settanta, le quattrovele nella camera centrale furono pagate il 18 aprile 1796. Vd. Riccobono, scheda n. XI Catalogo di opere restaurate(1976-1978), Palermo 1980, pp. 168-174; Mazzè 1987, p. 371; Vitella, Bruno 1996, pp. 39-46.

    3 Bozzo 1852, p. 200, descrive la commissione dell’opera con enfasi declamatoria: “In quei giorni fortunati alle arti volle ilsommo cielo che al provvedente Caramanico il fulgor delle medesime qui in gran parte si dovesse. Niun meglio di quel Principefè risplendere il Velasquez dandogli a lavorare in così insigne edificio”. Le pitture sono citate da Accascina (1939), p. 20; vd.Giuffrida, Premessa, in Basile1991.

    4 Winckelmann 1764.5 Guttilla 1982.6 Gallo in Pastena 2005, pp. 125-126 (ms. XV.H.19), 7; Gallo 1845.7 Dall’Inno ad Asclepio, trad. Cassola 2006.8 Pind., Pyth. 3.5 e ss., trad. Romagnoli, in Stella 1956, p. 479.9 Ibid., 47 e ss.

    10 Da Apollodoro, trad. Cavalli 1998, p. III.11 Verg., Aen. 7.765 e ss., trad. Canali 1985.12 Gallo in Pastena 2005, pp. 125-126 (ms. XV.H.19), 7.13 Ov., Met. 15.535, trad. Faranda Villa 2006; vd. anche trad. Bernardini Marzolla 1979.14 Ov., Met. 15.640 e ss.15 Ibid., 622 e ss.16 Houel 1782.17 Verg., Aen., 12.311 e ss.18 Ov., Met., cit.19 Ov., Fast., 5.195 e ss.; vd. anche Dizionario di mitologia classica: dei, eroi e feste, Milano 1997. Una felice interpretazione del

    momento di assimilazione-trasformazione si può leggere nella Primavera di Botticelli. 20 Altra fonte di ispirazione ma solo per il modulo figurativo è l’immagine di Aurora del Guercino nel Casino Ludovisi.21 Gallo in Pastena 2005, pp. 110-111. 22 Velasco lascia dopo appena due anni il Mercurio e approda alla bottega di Giuseppe Tresca.23 Anche il principe era stato allievo di Martorana: Gallo 1845, p. 9.24 Bozzo 1852, p. 152.25 Gallo in Pastena 2005, pp. 111, 116.26 Ibid.27 In équipe con Marvuglia che aveva progettato l’edificio, Velasco realizza alla fine del secolo un grande affresco sul tema del

    Mito di Cerere nella Galleria del palazzo del marchese di Geraci, dove raffigura Cerere che ricorre a Giove assiso in mezzoagli altri dei, chiedendogli che le venga restituita Proserpina; pittura doviziosamente descritta da Gallo (1845, p. 135) e cheesisteva ancora al tempo di Maria Accascina (1939).

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    28 Nel 1804, dopo la morte di Francesco Sozzi, Velasco viene designato dai Deputati della Reale Accademia degli Studi alladirezione dell’insegnamento del nudo, tenuto per un breve periodo insieme a Mariano Rossi (1731-1807).

    29 Gallo 1845, p. 28.30 Ibid.31 Velasco ricavava modelletti “fatti sopra antiche statue greche nelle quali …osservava quella bella semplicità della natura”, ibid.,

    144-145.32 Haskell, Penny 1984; Beschi 1986.33 Debenedetti 1993 (p. 174) e 1996.34 Guttilla 1999, pp. 346-356. 35 Capitano 1989, parte III, pp. 52-53.36 Giovan Pietro Bellori in collaborazione con l’incisore Pietro Sante Bartoli pubblica nel 1672 un volume sulla Colonna Traiana.

    Altro celebre disegno è di Pietro da Cortona. Vd. Borea, de Lachenal 2000, pp. 95-96.37 Le scene raffigurano Apollo e Venere sul cocchio tirato da colombe, Venere chiede a Giove protezione per Enea, Venere appare

    ad Enea e Didone, Venere e Cupido, Venere ed Enea vegliato da Cupido, ed, infine, Venere e Giove.38 Nel riquadro con Venere e Cupido, in cui la dea si allontana con un fanciullo in braccio, si fa espresso riferimento proprio al

    momento descritto da Virgilio − di cui si riportano i relativi versi − in cui Venere sostituisce il figlio dell’eroe, Ascanio, con ildio alato nell’intento di suscitare l’amore di Didone. Ulteriore prova di una stretta dipendenza della pittura dal testo letterario.

    39 In tale occasione Velasco viene affiancato dall’artista di corte Benedetto Cotardi. Le pitture sono descritte da Gallo (in Pastena2005, pp. 126-127) e Malignaggi (1991, pp. 154-167).

    40 Pind., Nem. 1.54 ss.41 Apoll., Bibl. 2.4.42 Teoc., 24.54 ss.43 Ov., Met. 9.229 ss.44 Ibid., 271 ss.45 Meli, Davì 1999, pp. 39 ss.46 Apuleio, Le Metamorfosi o L’asino d’oro.

    Le radici letterarie del mito nella pittura ‘neoclassica’ Mariny Guttilla

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    Le radici letterarie del mito nella pittura ‘neoclassica’ di Giuseppe Velasco

    Giuseppe Velasco (Palermo, 1750-1827) was a self-taught painter. He practiced the design of thenude on the casts of the Marquise of Roccaforte collection, and attended the Open Academy of the Princedella Catena. An avid reader of Homer, Virgil and Ovid, Velasco strives to communicate ‘the values ofancient Greece’, or the ideals of the ‘new-style’.

    The architect Giuseppe Venanzio Marvuglia, major representant of Neoclassicism in Sicily,introduced him to the families Belmonte, Costantino, Geraci, Mirto, and Valguarnera-Gangi, who com-missioned him the interior decoration of their palaces in Palermo.

    This article compares Velasco’s mythological cycles with the writings of Ovid, Virgil, Pindar,Apollodorus of Damascus, and Apuleius, from which the artist took inspiration.

    From the Stories of Asclepius in Palermo’s Botanical Garden, and the Apotheosis of Aeneas inthe reception room of villa Belmonte, to the better-known cycle of the myth of Hercules at the RoyalPalace, the iconography punctually follows the corresponding text.

    The correspondence between painting subject and written text was precisely indicated by thecommissioners. This brings evidence, on one hand, that the leading class of the time was familiar withspecific classical texts, and on the other hand, that it was willing to reinterpret the ancient myth inauto-celebrative key.

    This article aims to bring light to Palermo’s cultural environment between the end of the XVIIIand the beginning of the XIX century, through the privileged, unpublished perspective of the comparisonbetween Velasco’s painting and his classical sources.

    Mariny GuttillaUniversità di Palermo

    Dipartimento Culture e Società[email protected]

    MNEME 1 Quaderni dei Corsi di Beni Culturali e Archeologia

  • mneme

  • Finito di editareDipartimento Culture e Società

    Università di Palermo Dicembre 2016

  • Mneme. quaderni dei Corsi diBeni Culturali e Archeologia

    Dipartimento Culture e SocietàUniversità degli Studi di Palermoviale delle Scienze, Edificio 15 - 90128 Palermo

    ISSN 2532-1722 - ISBN 978-88-943324-0-7

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