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Tabloid Anno XXXVII N.3w Maggio-Giugno 2008 Direzione e redazione Via A. da Recanate 1 20124 Milano tel. 026771371 fax 0266716194 http:/www.odg.mi.it e-mail: [email protected] Poste Italiane Spa Sped. abb. post. DIn: 353/2003 (conv.in L27/2/2004 n.46) art.1 (comma 2). Filiale di Milano New Ordine dei Giornalisti della Lombardia Inchiesta LE NOTIZIE SOTTO CASA ZONA PER ZONA Ordine e Ifg NUOVO VERTICE ALLA SCUOLA DI GIORNALISMO Il Consiglio AMELIA BELTRAMINI ENTRA AL POSTO DI FRANCO ABRUZZO Province TRA GUARDIE E LADRI TROPPI CRONISTI IMBAVAGLIATI i giornali di quartiere Associazione “Walter Tobagi”- Istituto per la formazione al Giornalismo “Carlo De Martino” Milano

Milano i giornali di quartiere - Ordine dei Giornalisti ... · Associazione “Walter Tobagi”- Istituto per la formazione al Giornalismo “Carlo De Martino” Milano. Tabloid 3

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TabloidAnno XXXVII N.3w Maggio-Giugno 2008 Direzione e redazione Via A. da Recanate 120124 Milano tel. 026771371 fax 0266716194 http:/www.odg.mi.it e-mail: [email protected] Italiane Spa Sped. abb. post. DIn: 353/2003 (conv.in L27/2/2004 n.46) art.1 (comma 2). Filiale di Milano

New

Ordine dei Giornalistidella Lombardia

Inchiestale notiziesotto casazona per zona

Ordine e Ifgnuovo verticealla scuoladi giornalismo

Il Consiglioamelia beltraminientra al postodi franco abruzzo

Province tra guardie e ladritroppi cronistiimbavagliati

i giornalidi quartiere

Associazione “Walter Tobagi”- Ist i tuto per la formazione al Giornal ismo “Carlo De Mart ino”

Milano

3Tabloid 3 / 2008

Sommario

4 editoriale Cronisti in trincea di Letizia Gonzales

6 inchiesta Milano e i giornali di quartiere di Piero Pantucci

14 scuola di giornalismo Nominato il nuovo vertice 15 Le linee guida dell’Ifg di Enrico Regazzoni16 Così impariamo il mestiere18 Posto fisso o freelance?19 Il Festival di Perugia a cura degli allievi Ifg

23 la voce dei pubblicisti La giungla del tariffario di Stefano Gallizzi

24 primo piano Il riconteggio delle schede: Abruzzo esce dal Consiglio entra Amelia Beltramini

26 Gli enti della cateGoria Inpgi: un avanzo di 110 milioni di euro di Andrea Camporese27 Casagit: contributi al palo di Andrea Leone

28 la voce delle province La Provincia di Como cambia abito di Paola Manzoni30 Cronache di periferia, corsa a ostacoli di Elena Rembado32 Tra guardie e ladri, giornalisti imbavagliati di Angelo Baiguini La privacy non limita i giornalisti ma serve un protocollo c on il Garante di Caterina Malavenda

34 la posta dei lettori Rai dei fannulloni? No, federalista

36 la voce delle redaZioni Giornalisti infografici a prova di contratto di Massimiliano Aliberti

38 osservatorio sull’estero Stampa Usa, calo pilotato a cura di Pino Rea

40 la giornata della memoria Il monito dei nostri eroi e di chi non tace di Guido Columba

44 colleghi in libreria Dai quotidiani a Internet, informazioni migliori? di Antonio Andreini

46 i numeri

New Tabloid n. 3 maggio-giugno 2008

new tabloid - Periodico ufficiale del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della LombardiaPoste Italiane Spa. Sped. Abb. Post. Dl n. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1 (comma 2). Filiale di Milano - Anno XXXVIIN. 3/ maggio-giungo 2008

Direttore responsabile: Letizia GonzalesRedazione: Paolo Pozzi (coordinamento) Antonio AndreiniProgetto grafico e realizzazione: Maria Luisa Celotti Studio Grafica & Immagine

Crediti fotografici:Photos, NewPress Foto di copertina: E. Dellaqueva

Direzione, redazione e amministrazione: Via Antonio da Recanate 1 20124 MilanoTel: 02/67.71.371 - Fax 02/66.71.61.94

Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia:Letizia Gonzales: presidenteStefano Gallizzi: vicepresidenteMario Molinari: consigliere segretarioAlberto Comuzzi: consigliere tesoriere

Consiglieri: Amelia Beltramini, Mario Consani, Laura Hoesch,Laura Mulassano, Paolo Pirovano

Collegio dei revisori dei conti: Ezio Chiodini (presidente)Marco Ventimiglia, Angela Battaglia

Direttore OgL: Elisabetta Graziani

Registrazione n. 213 del 26-05-1970 presso il Tribunale di Milano.Testata iscritta al n. 6197 del Registro degli Operatori di Comunicazione (ROC)

La tiratura di questo numeroè di 27.000 copie Chiuso in redazione il 6 giugno 2008

Stampa: Seregni GraficheVia Puecher 1Paderno Dugnano (Mi)

Concessionaria di pubblicità:imagina di Gabriella CantùCorso di Porta Romana 128 20122 Milano E.mail: [email protected]: 02/58320509 - Fax: 02/58319824

Editoriale

4

Appassionati, critici, sufficientemente infuriati: così mi hanno accolto qualche giorno fa un gruppo di colleghi cronisti che lavorano nei giornali locali, di una società editrice di Merate che pubblica una trentina di settimanali disseminati sul territorio della Lombardia. Al malessere del cronista, di chi fa giornalismo sul campo e si scontra tutti i giorni con la diffidenza delle istituzioni (carabinieri, vigili urbani, ospedali, scuole) che vorrebbero orientare l’informazione (stabilendo cosa è bene pubblicare oppure no) e rendono complicata la verifica delle notizie, sono dedicate diverse pagine di questo numero. Il cronista, cinghia di trasmissione sensibile fra il cittadino, la comunità e l’informazione è costretto molto spesso a confezionare articoli con notizie che altri hanno deciso di diffondere scarne, a scapito della qualità e della completezza. L’accesso alle fonti è sempre più difficile, ci spiega un collega di Pavia, ed il cronista è spesso vissuto come un “nemico” che si intromette nel privato della gente o negli atti di un’istituzione per dare notizie solo scandalistiche. Recentemente un collega del Giorno che raccoglieva informazioni su un tragico incidente dove ha perso la vita una bambina di due anni è finito in ospedale a seguito delle botte ricevute da un gruppo di scalmanati che non volevano la testimonianza di un cronista. “In passato - spiega Angelo Baiguini, direttore di alcuni periodici locali, consigliere nazionale dell’Ordine e promotore dell’incontro di Merate - il giornalista veniva messo al corrente dei fatti e decideva quali erano le notizie che potevano interessare il suo lettore. Oggi è invece costretto alle scarse informazioni dei comunicati delle fonti ufficiali e privato molto spesso della possibilità di indagare per completare il racconto di un fatto avvenuto”. Ho preso atto del malumore e delle difficoltà di un settore molto importante della nostra categoria e con tutto il Consiglio regionale dell’Ordine avvieremo una riflessione per creare un osservatorio permanente su questi temi e un gruppo di lavoro per individuare, in collaborazione con l’Unione Cronisti e l’Ordine nazionale, iniziative a sostegno dei colleghi. Ma non sono solo ombre, per i giornali di provincia. Anche nuovi progetti, modernità e ottimismo per far fronte alle esigenze del lettore informatico, che si appassiona alla vita della sua città e

Cronisti in trincea

Tabloid 3 / 2008

5Tabloid 3 / 2008

Editoriale

vuole sapere in tempo reale tutto ciò che accade nel territorio a lui ben noto. Anche se lavora altrove. E’ il caso de La Provincia di Como, che da pochi mesi esce con una veste tutta nuova, formato tabloid, full color e prevede, con l’avvio del portale, quattro edizioni on line . Dei cronisti coraggiosi, di quelli che sapevano troppo, testimoni di verità scomode, “esempi da trasmettere alle giovani generazioni”, come ha sottolineato recentemente il Presidente della Repubblica, perché rischiano o hanno perso la vita, parla WGuido Columba, Presidente dell’unione nazionale cronisti, che descrive la Giornata dedicata alla libertà dell’informazione, il 3 maggio a Roma. Sul tema dei colleghi che subiscono minacce, intimidazioni, danneggiamenti e sono costretti a vivere sotto scorta perché la loro attività disturba la criminalità organizzata si sono espressi di recente i giornalisti presenti ad un convengo a Ragusa sulle “zone grigie” promosso dai Giovani Industriali locali. “Sul piano etico i giornalisti hanno fatto di più di altre categorie per definire codici in varie materie” ha dichiarato Nino Amadore del Sole 24Ore. “Ma il problema di tutelare la categoria esiste” ha sottolineato Franco Nicastro Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Sicilia. “Ed è compito dei nostri organismi dotarsi di strumenti di monitoraggio per seguire i giornalisti minacciati. Occorre parlare di più di queste cose. Fare sapere a tutti che nelle terre di mafia – e non solo lì - vige questa enorme, inammissibile limitazione della libertà di informazione. Dovremmo imparare a pensare ai nostri cronisti di mafia come ai cronisti di guerra che mandiamo in Iraq, in Afghanistan, in altre zone di conflitti, come hanno proposto recentemente i dirigenti di International Freedom and Security e del Comitato internazionale per la protezione dei giornalisti di New York. Dobbiamo superare quel luogo comune in base al quale pensiamo che certe brutte cose accadano sempre e soltanto altrove” ha aggiunto Alberto Spampinato, consigliere nazionale della Fnsi. Energia e grande vitalità, in controtendenza rispetto al mercato, dimostrano i giornali di quartiere ai quali dedichiamo ampio spazio in apertura di questo numero. Succede a Milano, dove vengono distribuite 337.000 copie gratuite ogni mese in tutte le zone della città. Ottima palestra per i giovani che vogliono accedere alla professione, queste pubblicazioni vivono del contributo volontaristico di aspiranti giornalisti che imparano il mestiere grazie alla passione di professionisti che si dedicano “full time” alla realizzazione dei giornali. Veri e propri tutor che insegnano sul campo. Tuttavia la gratuità del lavoro non consente di diventare pubblicisti e tanto meno praticanti per potersi iscrivere al nostro ordine professionale. Bisognerebbe “premiare l’esperienza”, come fanno alcuni corsi universitari che riconoscono dei crediti a chi ha fatto pratica. Ma occorre al tempo stesso una profonda riforma dell’Ordine, che prenda atto nelle sue regole, delle grandi trasformazioni del fare informazione, prima di essere travolti e spazzati via dall’onda crescente di un referendum che vorrebbero in molti per abrogare questa istituzione. Per primo Beppe Grillo.

Il presidente

Letizia Gonzales

6 Tabloid 3 / 2008

L’inchiesta

Milano e i giornali ...di quartiere

di Piero Pantucci

18 mensili e 4 settimanali diffondono, a Milano, 337mila copie. Un fenomeno nato alla fine degli anni Settanta, con i Consigli di Zona e ora diffuso su tutta la città metropolitana, trannein centro. Pochi giornalisti e tanto volontariato, ma ci sono notizie a ogni angolo di strada

viaggio nel Mondo di Un’editoria Molto loCale Che vale MeZZo Milione di eUro l’anno

7Tabloid 3 / 2008

Fenomeno non esclusivamente milanese, ma particolarmente ra-dicato nel nostro territorio, svolge una funzione che nessuna delle pur massicce incursioni della free press a diffusione metropolitana ha sostan-zialmente intaccato. Megafono dei quartieri, bollettino dell’associazio-nismo di base, cassa di risonanza, camera di compensazione delle fru-strazioni degli inascoltati, sfogatoio degli esclusi, sentinella territoriale dell’ambiente, strumento di informa-zione capillare, testimone e custode di storia e tradizione, sinapsi (come il bell’inserto di Milano19 suggerisce) del sistema nervoso e del tessuto sociale periferico: il giornale di zona è tutto questo e altro ancora. Inizia-tive come la Consulta delle periferie hanno ulteriormente evidenziato ruo-lo e responsabilità di questi organi di informazione. “E non chiamateli giornalini” ha perentoriamente am-monito l’ultimo numero di Quattro. Concordo.

Diciotto mensiliQuattro settimanaliAttualmente a Milano vengono diffusi 22 periodici territoriali: diciotto con frequenza mensile e quattro (quelli del gruppo La Piazza) con frequenza settimanale. Terremo in parte conto, in questi ragionamenti, delle quattro edizioni zonali de La Piazza, ma se-gnalo da subito che l’assimilazione di questo giornale al resto della stampa zonale comporta qualche difficoltà di lettura complessiva dei dati e, alme-no in qualche caso, mi è sembrato opportuno prescinderne o formulare riepiloghi diversificati.

Le copie diffuse a Milano? Come il Corriere della Sera La loro collocazione sul territorio si riferisce convenzionalmente alla suddivisioni per circoscrizioni am-ministrative, le nove zone. Ma aree diffusionali e dimensioni zonali non sempre si identificano. Molti giornali preesistono all’attuale

L’inchiesta

azzonamento, tantè che alcuni (ad esempio Il diciotto, Milano 19) man-tengono una testata e un logo che si riferiscono alla precedente suddivi-sione di Milano in 20 zone. L’area di distribuzione non necessariamente dunque coincide con i confini zonali: per difetto o per eccesso. Alcuni pre-sidiano solo una parte del territorio zonale (specie se questo è vasto e densamente popolato), altri ne var-cano i confini. Dati alla mano, il panorama della stampa di quartiere a Milano si è ir-robustito negli ultimi anni. Non tan-to come numero di testate quanto per la complessiva tiratura, ovvero il numero di copie che mensilmente raggiungono il lettorato milanese. La tiratura complessiva dei mensili zonali (escludendo i quattro setti-manali del gruppo La Piazza) è di 337.000 copie. Una cifra ragguarde-vole, superiore di almeno centomila copie a quella stimata (o dichiarata) grosso modo un decennio fa.

viaggio nel Mondo di Un’editoria Molto loCale Che vale MeZZo Milione di eUro l’anno

Fonte: giornali di zona

giornaLi Di zona tiratureTestata Tiratura

Martesana 2 18.000

La Zona Milano 3 24.000

La Voce Zona 3 10.000

Quattro 16.000

La Zona Milano 4 25.000

La svolta umanista 3.000

La Conca 10.000

Milanosud 16.000

La Zona Milano 6 25.000

Il diciotto 9.000

Il Rile 3.000

La Zona Milano 7 25.000

La Zona Milano 8 24.000

Il Mirino 50.000

Milano 19 5.000

ABC 24.000

Zona 9 25.000

Milanosette 25.000

Totale 337.000

zone e FoLiazioneZona Testata Foliazione

Zona 2 Martesana 2 8 pagine

Zona 3 La Voce Zona 3 8 pagine

La Zona Milano 3 8 pagine

Zona 4 La Zona Milano 4 8 pagine

La svolta umanista 8 pagine

Quattro 12/16 pagine

Zona 5 La Conca 8/12 pagine

Milanosud 20 pagine

Zona 6 La Zona Milano 6 8 pagine

Zona 7 Il diciotto 24 pagine

Il Rile 16 pagine

La Zona Milano 7 8 pagine

Zona 8 Il Mirino 24 pagine

La Zona Milano 8 8 pagine

Milano 19 16 pagine

Zona 9 ABC 24 pagine

Milanosette 8 pagine

Zonanove 24/28 pagine

Fonte: giornali di zona

8 Tabloid 3 / 2008

L’inchiesta

lano 3, La Zona Milano 4, La Zona Milano 6, La Zona Milano 7, la Zona Milano 8 e Milanosette (quest’ulti-mo distribuito nella Zona 9). Sono mensili (di cui viene dichiarata una tiratura media di 24-25.000 copie), la cui foliazione negli ultimi tempi si è ridotta a una media di 8 pagine, quattro interamente destinate alla zona di diffusione e quattro (l’inser-to Vivere Milano) al Comune e alla parte generale cittadina. Anche qui è presente quel meccanismo di si-nergia editoriale che già segnalavo per La Piazza.

il centro sguarnitoUna prima osservazione obbligata: la completa assenza di giornali nella Zona 1, il centro di Milano. Esisteva-no, sino a pochi anni fa, Il Centro di Milano e Il quartiere Garibaldi. Sono scomparsi, per la mancanza di suf-ficiente domanda di informazione lo-cale, soddisfatta probabilmente dalla free press, che dedica al centro del territorio metropolitano particolare attenzione. I giornali di Zona sono nati, come i Consigli di Zona (alla fine degli anni Sessanta), per avvicinare il centro alle periferie. In questo senso la Zona 1 non ha bisogno di nessun avvicinamento. E un giornale locale in Zona 1 o si segnala per un particolare profilo cul-turale-storico-narrativo-ambientale o, come giornale di servizio, non ha ragione di essere.

ni a tutte e quattro le edizioni) sono relative alla Zona 1. Conseguentemente solo 2-3 pagine sono specificamente destinate a una singola zona. Tutto ciò rende questo prodotto non dico meno interessan-te, ma certamente non facilmente raccordabile ai mensili di zona. Il Gruppo De Bernardis risponde a una logica diversa. Edita comples-sivamente sei mensili: La Zona Mi-

Soggetti multipliParlavo di soggetti “multipli”, espres-sione forse singolare, forse un po’ arbitraria, con la quale voglio segna-lare, accanto ai mensili, di vecchia o giovane data, che hanno una speci-fica ed esclusiva identità zonale, le pubblicazioni che nascono da logi-che di gruppo o sinergiche. Due sono le realtà di questo tipo: La Piazza e i mensili della EDB, il gruppo di Enzo de Bernardis. La Piazza è una pubblicazione appar-sa sulla scena milanese sul finire del 2007. Opera di un editore padovano (che ha già realizzato analoghe espe-rienze in altre grandi città italiane), si è inizialmente proposta come men-sile presente in quasi tutte le zone, come già dalla testata (La Piazza di Milano Zona 1, etc.) si percepiva, e successivamente, per progressivi aggiustamenti, si è configurato co-me settimanale distribuito in quattro macroaree (nord, sud, est, ovest), ciascuno in circa 20.000 esemplari e ciascuno afferente a due Zone. In un impianto standard di 32 pagine, solo 7-8 sono mediamente dedicate alla vita di zona: due di queste (comu-

Zona 1 Zona 2 Zona 3 Zona 4 Zona 5 Zona 6 Zona 7 Zona 8 Zona 9

95,923

137,559 137,285149,621

119,953

148,856

170,387176,366168,313

200.000

180.000

160.000

140.000

120.000

100.000

80.000

60.000

40.000

20.000

-

PoPoLazione zona Per zona

Milnosud

Pluralismo e buoni Consigli

Milanosud è stato fondato nel novembre del 1997 dall’Associazione socioculturale Milanosud. Mensile a vocazione pluralista, aperto a tutte le voci della Zona 5 (allora Zona 15) in cui veniva e viene diffuso, pur manifestando un chiaro orientamento laico, democratico e antifascista. Il suo sviluppo lungo il decennio di vita è stato lineare e in costante

crescita. Dalle iniziali 8 pagine in bianco e nero, si è via via passati alle 12, poi alle 16 pagine, fino alle 20 attuali: una foliazione che non di rado sale a 24, pubblicità permettendo. Nel contempo sono state introdotte pagine a colori, in media un terzo del totale. Milanosud si occupa anche delle zone immediatamente limitrofe (la 4 e la 6) e ha una particolare attenzione per Rozzano, cui dedica da anni una o due pagine al mese. Sensibile soprattutto ai problemi di quartiere, ai temi della scuola, della viabilità e dell’abitazione, dà voce a comitati e associazioni di base e segue con interesse le vicende del Consiglio di Zona, anche se l’esperienza del decentramento è sostanzialmente fallita. Dopo i primi sei numeri, diretti da Paola Baiocchi, dal maggio 1998 Milanosud è diretto da Piero Pantucci, giornalista professionista (in foto e autore di questa inchiesta): ha lavorato a La Notte, Amica, Alto Adige, Max, Fit For Fun, Dove fino a diventare direttore di YourSelf.

9Tabloid 3 / 2008

L’inchiesta

zone “deboli”Una seconda osservazione è relativa alla “debolezza” della Zona 2 e del-la Zona 6, le zone che, nella ideale bussola territoriale rappresentano il nordest e il sudovest della città. In ciascuna di queste due zone è pre-sente un solo giornale: la Martesana due nella Zona 2 e La Zona Milano 6 nella Zona 6, ove, in un tempo non remotissimo, venivano diffusi Città Quartiere e Orizzonte diciassette. Da notare altresì che l’unico periodico presente in Zona 6 è del gruppo De Bernardis, sicuramente attento alle problematiche territoriali, ma la cui ridotta foliazione non consente ap-profondimenti, inchieste, ampie ana-lisi di territorio, dibattiti, informazione settoriale, che sono molto presenti nella maggior parte dei mensili e che ne costituiscono certamente una del-le principali ragioni di essere. Perché in alcune zone ci sia se non abbondanza, almeno un’ampia co-pertura di lettura e in altre (abbiamo citato la 2 e la 6) questo non avvenga non è fenomeno facile da spiegare. Segnalo appena, e non ci ritorno più, che anche la stampa zonale a volte non si sottrae al vezzo (molto diffuso nella stampa nazionale, specie fra i rotocalchi) di denunciare tirature un

Affori periferia?No, una città civile

ABC nasce nel 1995 per iniziativa di privati cittadini che vogliono dotare i quartieri di Affori, Bruzzano,

Comasina e Bovisasca (60.000 abitanti) di un organo d’informazione che si occupi di politica, cultura, attività sociali e sport. Viene costituita l’Editrice Associazione Amici di ABC, da due anni onlus, che si dota di un Consiglio direttivo e di una Redazione per l’uscita del giornale periodico ABC. Al servizio di una zona che ormai non è neppure più periferia. All’inizio ABC esce ogni 2/3 mesi in formato A3, di 8/12 pagine, ma già l’anno successivo assume le dimensioni tabloid con uscite mensili (10 numeri anno) con una foliazione sempre crescente, sino alle odierne 24 pagine, con una tiratura di 24.000 copie. Unica fonte finanziaria è la pubblicità, soprattutto locale, vi lavorano una segretaria di redazione e una contabile partime, più un’assunzione a progetto per raccolta pubblicitaria; fatturano un fiscalista, l’impaginatore e la tipografia. La distribuzione (4 addetti con ritenuta d’acconto) è capillare e a domicilio. La Redazione, in forma volontaristica, conta 8 persone e un fotografo e segue puntualmente i lavori del Consiglio di Zona 9 e gran parte degli avvenimenti sociali, culturali, politici e sportivi della Zona; è punto di riferimento e interlocutore per tantissimi cittadini e soggetti sociali.

Gianni Russo(direttore editoriale di ABC)

aBC

po’ “gonfiate” rispetto al reale. Ma questo non ci esime dall’obbligo di recepire e computare, ai fini della statistica, i dati ufficiali.

natura editorialeTornando al quesito sulla debolezza registrata in alcune aree, non dispo-nendo di risposte certe, posso solo osservare che la maggior parte di questi giornali non risponde a logiche imprenditoriali o a quelle dell’indu-stria editoriale. Nascono perlopiù da associazioni territoriali, cooperative, gruppi di volontariato che cercano di colmare il vuoto informativo che i grandi media non possono colmare; che cercano di avvicinare le periferie al centro; che cercano di costruire o restituire una identità dispersa o disperdibile; che cercano di conso-lidare una rete di rapporti e di so-lidarietà sempre più spesso labile. Queste iniziative sono promosse da impegno sociale e spirito di servizio, come la gratuità delle prestazioni ef-fettuate testimonia.

rapporto giornali-popolazioneParlavo del rapporto fra tiratura com-plessiva dei giornali di una zona e la relativa popolazione. Le tabelle indicano una ampia copertura nelle

Il Centro di Milano e Il quartiere Garibaldi sono scamparsi, sostituiti dalla free press

Zona 1 Zona 2 Zona 3 Zona 4 Zona 5 Zona 6 Zona 7 Zona 8 Zona 9

0,0%

13,1%

24,8%

29,4%

21,7%

16,8%

21,7%

44,8% 44,0%50,0%

45,0%

40,0%

35,0%

30,0%

25,0%

20,0%

15,0%

10,0%

5,0%

0,0%

CoPertura DiStriButiVa

10 Tabloid 3 / 2008

L’inchiesta

Zone 8 e 9 (fra le più densamente popolate). Ma con un distinguo. La Zona 8 deve questa percentuale in buona parte all’ultimo arrivato, il Mirino, in distribuzione da gennaio e che già dichiara 50.000 copie. In Zo-na 9 sono presenti due delle testate più diffuse e solide in assoluto: ABC e Zona nove. Qualche altro dato statistico, relativo alle fasce di età (Milano invecchia, come tutto il resto d’Italia) e al rapporto uomini-donne. Sono dati, soprattutto il primo, che costituiscono indubbiamente un punto di riferimento nella fase di progettazione e di realizzazione di un giornale.

gli argomentii Qualche riflessione è doveroso far-la sugli elementi costitutivi di questi giornali. E qui una attenta analisi ci porta ad alcune quantificazioni com-plessive che vi sottoponiamo. Abbia-mo suddiviso gli spazi giornalisti in sei grandi aree. zona - tutta l’attività della zona, in termini di cronaca, di annunci, di ma-nifestazioni, di problemi abitativi, di inchieste, di urbanistica, di viabilità e traffico, di vita associativa, di servizi sociali, assistenza e anziani, centri di aggregazione. Cdz - unicamente problemi interni al consiglio di zona, polemiche, scon-

tro politico, comunicazioni ufficiali, dibattito su costi e ruolo istituzioni territoriali - attività del-le amministrazioni comunale, provin-ciale e regionale, le relative legislazio-ni, i problemi di grande territorio Società - tutti i temi di carattere sociale e di costume e anche di po-litica, trattati in termini generali e non limitatamente a ciò che suggerisce la propria zona (famiglia, economia, scienza, alimentazione, religione, tecnologia, salute...)Cultura - letteratura e poesia (me-glio se in dialetto), storia, profili sto-rici, interviste o medaglioni di personaggi della cultura e dell’arte, rubriche libri e arte, rievocazioni Servizi - è l’area più variegata e composita in cui convenzionalmen-te facciamo confluire il tempo libero (giochi, rubriche di alleggerimento, viaggi, concerti, ricette, animali), i servizi propriamente detti (indirizzi e orari di farmacie, car sharing, uffici pubblici, assistenza medico-sanita-ria, mercati, forze dell’ordine, persino l’orario delle messe nelle varie chiese nel Mirino, etc), gli appuntamenti (an-nunci di eventi in zona, di carattere culturale, ludico, sportivo, didattico, corsi, etc), le lettere al giornale. Il mix dipende dalle diverse sensibilità. Una curiosità: dicono che l’oroscopo sia una delle letture preferite dagli

“Milanin Milanon”stampe da primato

Il mensile Il diciotto lo pubblichiamo da ventinove anni. Ci autofinanziamo con abbonamenti e pubblicità. Siamo

attenti alla verifica delle notizie e alla composizione grafica che valorizza gli inserzionisti. Raccontiamo dei problemi e della positività dei cittadini della zona ovest della città. I gruppi di volontariato, le scuole, le associazioni ricevono un continuo supporto. Ogni rilevante problema è riproposto sino alla risoluzione: l’interesse per il progetto “Parco delle Cave” (123 ettari) è costante dal 1980, e continua ad essere motivo di grande attenzione. Produciamo 9.000 copie mensili che si esauriscono mediamente in una settimana. Ai nostri abbonati, offriamo gratuitamente particolari Quaderni, Libri e mensilmente anche vecchie cartoline. Esaurita la collana di 120 antiche immagini della zona, è in corso una nuova serie denominata “Milanin Milanon”. Siamo una redazione che determina progetti per la riqualificazione della zona. Due esempi concreti: inizieranno a breve i lavori per restaurare il campanile romanico della chiesa di San Apollinare. Il merito è del Sindaco, nostra è l’insistenza nel ricercare una risoluzione. Undici ceramiche parietali sono visibili in via Sgambati e in via Ceriani; sono l’inizio di un nostro programma per raccontare la storia del borgo di Baggio ed in particolare del periodo in cui i contadini divennero operai e di un paese trasformato in periferia.

Roberto Rognoni(direttore de Il diciotto)

il diciotto

La distribuzione

Meno edicola, più bar e abbonamentiIl discorso sulle tirature convoglia di necessità quello sui criteri di distribuzione. L’analisi che abbiamo compiuto non ci porta per la verità a nessun risultato standard. Mi spiego meglio: restano veicoli principali della distribuzione le edicole e l’incasellamento, veicoli ai quali è difficile sfuggire. Ma per alcuni (vedi ABC o il Mirino) il ruolo delle edicole è scarso o quasi inesistente. Strumenti alternativi sono o la spedizione in abbonamento postale o altri tipici luoghi di transito della popolazione (panetterie, bar, farmacie) o in generale gli esercizi commerciali e i supermercati; e ancora: centri sportivi, associazioni, centri anziani e sedi istituzionali. Tentare una media è pressoché impossibile. In questo panorama rappresenta una eccezione Milano 19, una delle testate più antiche (seconda solo a Milanosette), l’unica a non essere distribuita gratuitamente, ma spedita in abbonamento pagato o venduta in edicola (1 euro e 20).

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L’inchiesta

italiani. Se questo è vero, la maggior parte dei mensili di zona non soggia-ce a questa regola: solo due (ABC e Zona nove) pubblicano l’oroscopo.

Le notizie: quasi metà dal quartiereSi tratta di una suddivisione non sem-plice, per aree tematiche o oggetti di interesse giornalistico continuativo. Non sempre il confine fra un tema so-ciale di carattere generale e la sua ine-renza alla vita di zona è netto. La vita di zona ha poi modalità di rappresen-tazione molto diverse. In alcuni prevale l’attenzione ai grandi temi di carattere urbanistico e residenziale (ad esempio Il Rile); in altri ci sono ampi spazi dedi-cati ai temi delle strutture scolastiche (ad esempio Zona 9); in altri ancora la molteplicità degli eventi (manifestazio-ni, incontri, dibattiti, feste, attività spor-tiva, premiazioni...) è proposta in lunga e dettagliata elencazione; in altri infine (è il caso dei mensili del gruppo di De Bernardis) è massiccia la presenza di cronaca nera: una lunga sequenza di furti, scippi, delitti, sgomberi, stupri, incidenti stradali..., trattati con lo stile secco del quotidiano. Se posso muovere una critica a mol-ti giornali di Zona (a cominciare dal mio, tanto per non chiamarmi fuori) è l’assenza di uno spazio fisso e ampio riservato alla scuola e ai suoi problemi. Non che i temi non vengano tratta-ti, ma questo avviene in modo non continuativo, non pianificato, più sulla

base di stimoli esterni occasionali che di una attenzione sistematica, di una ricerca giornalistica. Complessivamente l’interesse diretto per la zona (compreso il CdZ e i servizi) si traduce nel 42 % dello spazio totale. Qualcuno potrebbe pensare che, data la natura localistica di queste pubbli-cazioni, questo spazio dovrebbe es-sere se non esclusivo almeno ampia-mente maggioritario. Io credo invece che il non chiudersi rigidamente entro i confini geografici, ma aprirsi anche alla realtà cittadina e ai grandi temi sociali e civili che interessano tutta la società sia positivo, anche in consi-derazione del fatto che per una parte non trascurabile del nostro lettorato i giornali di zona sono uno dei pochi strumenti di lettura realmente fruiti.

Meno Consiglio, più zonaLo scarso interesse verso l’attività istituzionale dei Consigli di Zona è un atteggiamento abbastanza gene-ralizzato nei giornali territoriali, con la parziale eccezione dei mensili della Zona 5 (La Conca e Mlanosud) e so-prattutto del Mirino, il quale all’attività del CdZ presta molta attenzione, ri-servando anche uno spazio fisso al presidente circoscrizionale. Questo scarso interesse è la più elo-quente testimonianza del modesto peso politico e del decrescente signi-ficato operativo di questa istituzione decentrata. Ormai da anni la caduta di un ruolo apprezzabile e il progressivo

Non solo denunceanche proposte

Nato quindici anni fa, Zona nove è un giornale rigorosamente locale, in larga misura costituito da

informazioni sulla nostra zona di diffusione (Niguarda, Ca’ Granda e Bicocca) e si regge sul puro volontariato. Siamo al servizio delle istituzioni, al servizio dei cittadini. Editore del giornale è l’Associazione Amici Zona Nove. Stampiamo generalmente 24/28 pagine di cui otto a colori e diffondiamo 25mila copie. Abbiamo moltissime lettere, ne arrivano almeno trenta al mese e fatichiamo a pubblicarle tutte. Insomma sono i lettori che ricevono e producono continuamente il giornale. Controlliamo attentamente tutte le notizie e il controllo viene anche dagli stessi lettori. Abbiamo l’ospedale più grosso (Niguarda), il parco più grande (Parco Nord) e una grande università (la Bicocca) e aggiungeteci pure quel grosso problema che è la Gronda Nord. Ci sono poi le iniziative di cui siamo promotori, le feste, i premi.Non ci limitiamo a fare denunce, facciamo proposte. Cito solo tre casi tipici in cui la Zona nove, col supporto dei cittadini e di tecnici, ha elaborato e presentato al Comune tre circostanziate proposte alternative ai progetti annunciati: la piscina Scarioni, la Gronda Nord e l’Arcimboldi. Le proposte alternative poi non sono state accolte, ma questo ha fatto ugualmente di Zona nove un interlocutore autorevole e credibile.

Luigi Allori(direttore Zona nove)

zona nove

Cultura 9,0%Servizi 8,0%

Pagine pubblicità

26,0%

Avvenimenti di zona 30,0%Consiglio Zona

4,0%

Istituz. Territorio 14,0%

Società 9,0%

aree teMatiCHe

12 Tabloid 3 / 2008

L’inchiesta

esproprio di poteri e di prerogative da parte dell’amministrazione centrale, rende scarsamente appetibile e ancor più scarsamente raccontabile l’atti-vità dei Consigli di Zona. Più che un organismo in grado di fornire risposte immediate e concrete alle periferie, più che una modalità per il Comune per avvicinarsi ai cittadini e interlo-quire direttamente con loro, il CdZ costituisce una casella postale, un inerte ricevitore di informazioni, anche importanti, pertinenti le realtà zonali, di provenienza centrale e in transito per le circoscrizioni unicamente per raccattare formali vidimazioni e ubbi-dienti ratifiche: solo come terminali di informazioni, dunque, possono susci-tare l’interesse giornalistico. Comune, Regione e Provincia, nel loro assieme, sembrano offrire te-mi di più rilevante interesse rispetto alle stesse circoscrizioni territoria-li. Il che si spiega se non altro per lo squilibrio di poteri fra centro e periferia, a vantaggio ovviamente del primo. Ma va sottolineato che la percentuale indicata (15 %) è con-siderevolmente alterata dai mensili del gruppo De Bernardis, che de-dicano al Comune quasi metà gior-nale, con l’inserto di quattro pagine “Vivere Milano”.

Storia e tradizione Il capitolo cultura meriterebbe un particolare approfondimento, per-ché l’interesse che diverse testate mostrano verso capitoli di storia cit-tadina o locale e verso le tradizioni è notevole e seriamente speso. Ab-biamo letto rievocazioni niente affatto banali delle Cinque giornate (di cui ricorreva nei giorni scorsi il 160° an-niversario) su più di un mensile. Belle sono le storie industriali pubblicate da Quattro. E, senza voler fare un torto agli altri, la storia dell’evoluzione urbanistica e sociale di Milano (Mila-nin Milanon) pubblicata dal Diciotto è una preziosa e appassionata risco-perta di una realtà, di cui si rischia di perdere la memoria.

elogio del pluralismo I giornali di zona hanno un orien-tamento politico? Premesso che nessun giornale nasce orfano poli-ticamente, si può però apprezzare il taglio pluralistico di quasi tutte le testate. Anche quelle in cui, se non altro per la personalità di chi le dirige, traspaiono opzioni di carattere poli-tico o ideale. E’ il caso de La svolta, bollettino umanista Sud di Milano op-pure de Il Mirino, ultimo nato e legato alla Lega Nord.

La pubblicità

Tremila euro, in media, a numeroOltre il 90 % della pubblicità sui giornali di zona è locale (tranne le immobiliari o l’edilizia residenziale che hanno interessi oltre le zone), con un alto grado di fidelizzazione: 40-45.000 euro al mese, quindi circa mezzo milione all’anno: questa è la stima del fatturato pubblicitario dei giornali di Zona a Milano. A determinare questi importi concorrono, in modo diversissimo, le diciotto testate milanesi che quindi incassano, in media, circa 2.500 euro a numero (ma è la classica media di Trilussa). Vediamo le tariffe. Gli scarti sono considerevoli e sono giustificati da tiratura, diffusione, qualità di stampa (gli inserzionisti, specie quelli piccoli, sono molto esigenti), oltre che da autorevolezza e radicamento sul territorio. Il costo medio di una pagina piena, a colori, è di circa 600 euro. Ma ci sono giornali che scendono spesso al di sotto di questa cifra, con politiche di sconti per agevolare l’acquisizione o il mantenimento di un cliente o in relazione alla collocazione (l’ultima pagina ha ovviamente un costo superiore). Su un tipo di pubblicità c’è il massimo di flessibilità: quella elettorale. In questo ambito, da parte di tutti i giornali, l’agevolazione parte da sconti del 25% fino addirittura al dimezzamento della tariffa.

Una bella palestraper i giornalisti

Negli anni ’70 si sviluppò un’estesa e attiva partecipazione grazie al movimento del ’68 e a decentramento. Sono nati così i giornali di quartiere, alcuni legati ai partiti, altri alle parrocchie e qualcuno staccato da vincoli di partito. Di quei giornali, fra i quali “Il dialogo”, sono rimasti solo due periodici: il nostro “Milanosette”, che quest’anno a settembre compie 34 anni, e “Il 19” di poco più giovane. Gli altri hanno chiuso. Da circa un decennio sono nati altri giornali di zona. Quando agli inizi degli anni ’90 andai in pensione non abbandonai la professione. Mi dedicai alla creazione dapprima di altri cinque periodici zonali, con la testata “La zona Milano”, per le circoscrizioni 3, 4, 6, 7 e 8, e infine, 2 anni fa, il periodico “Vivere Milano”, con argomenti su varie zone. All’attività giornalistica s’è aggiunta la sezione libri, che ha già al suo attivo una trentina di volumi. Ho fatto il praticante in quotidiani nazionali e ricoperto mansioni in settimanali e mensili sino alla carica di direttore, una formazione che mi ha permesso di insegnare a molti giovani le basi del “mestiere”, tanto che qualcuno è arrivato a svolgere questa professione presso il “Corriere della sera”, “Sorrisi e canzoni”, “Tuttosport”, chi a dirigere riviste di informatica. Un orgoglio che non guasta. Enzo Bernardis

(direttore de La Zona Milano)

La zona Milano

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L’inchiesta

Così raccontiamola nostra storia

Quattro, giornale di informazione e cultura della Zona 4, nasce, quasi per caso, all’inizio del 1997 per iniziativa

di alcuni amici che operavano in diversi settori della vita zonale (scuole, Consiglio di zona, realtà associative). Scopo: raccontare la zona, fare informazione e cultura; infatti alla pubblicazione del giornale si affiancheranno per tutti questi anni anche attività culturali direttamente prodotte. Nel corso degli 11 anni ormai trascorsi Quattro aumenta il numero di pagine (ora siamo a 16), la tiratura (ora di 16.000 copie), l’area di diffusione (la nuova zona 4 ha quasi 160.000 residenti) e la qualità del prodotto (full color, collaboratori di buona professionalità).Continuiamo a “raccontare” la nostra zona: il suo passato - con articoli sulla storia di luoghi e persone-, il suo presente - con articoli e servizi sulle realtà associative culturali, sportive, di volontariato e le loro attività, su personaggi significativi che risiedono in zona, sulle trasformazioni urbane -, il suo futuro – con approfondimenti in particolare sui progetti urbanistici che interesseranno la nostra zona e la trasformeranno.Un giornale dunque molto radicato nel territorio che vuole anche essere espressione del nostro impegno civico e del nostro –perché no- affetto nei confronti della zona in cui viviamo e operiamo. Stefania Aleni (direttore di Quattro)

Quattro

Stile sobrio e stile gridato Considerazioni sull’impostazione grafica e sull’immagine esulano da questa analisi. Del resto, formato, uso del colore e della fotografia e della scansione per temi e argomenti renderebbero pressoché impossibi-le un ragionamento di sintesi o una indicazione di tendenza. Si può solo osservare in generale la prevalenza di un linguaggio contenu-to e di titolazioni sobrie. Pochi giorna-li, per soffermarci rapidamente sulla prima pagina, adottano la formula monotematica e il titolo “gridato” (uno di questi è Milanosud). In ge-nere si preferisce una prima pagina pluritematica, in cui il frazionamento degli argomenti proposti suggeriscee non impone al lettore gerarchie di importanza. Alcuni, come Il diciot-to, bandiscono addirittura comple-tamente articoli o scritti dalla prima pagina, che si presenta come una sorta di copertina da rotocalco.

Pubblicità: il 26% del giornaleLa pubblicità costituisce il principale se non l’esclusivo cespite dei gior-nali di zona. Per calcolare l’incidenza della pubblicità sull’intero corpo del giornale, si è assunta la foliazione media di ciascuna pubblicazione, perché alcune di loro variano spesso il numero di pagine proprio in ragione dell’affollamento pubblicitario. Va tenuto presente che nessuno di questi mensili esce dodici numeri all’anno. La maggior parte pubblica undici numeri, alcuni dieci.

Naturalmente - tariffe e politica degli sconti a parte - la media del 26 % va letta come la famosa statistica del pollo. Si va da affollamenti del 10 % (della Voce) al 40 % de La Piaz-za. Escludendo quest’ultima testata che, come si è visto, costituisce un prodotto decisamente atipico (sia perché ha cadenza settimanale sia perché è più facile veicolare con-tratti pubblicitari nelle pagine zonali quando siano all’interno di un im-pianto che riguarda l’intera città), si segnalano per consistenza di gettito pubblicitario (al 30 % o oltre) i giorna-li della zona nordoccidentale, ABC, Zona 9, Il diciotto. Evidentemente la regola del nord opulento e del sud povero vale an-che per la stampa zonale. Dobbiamo risolvere anche nel nostro ambito la questione meridionale. La pubblicità prevalentemente è di piccole e medie dimensioni, e riguar-da attività commerciali, studi pro-fessionali, ristorazione, assistenza tecnica, artigianato locale, librerie. Da notare una certa fedeltà di mol-ti inserzionisti rispetto a presenze saltuarie o limitate a pochi numeri. Segno di un rapporto consolidato col tessuto commerciale della zona, attraverso contratti di durata prolun-gata e riconoscimento dell’efficacia dei giornali zonali come veicolo di comunicazione pubblicitaria. In so-stanza, per quanto riguarda la tipo-logia dell’utenza pubblicitaria non si registrano scostamenti significativi tra giornale e giornale.

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Primo piano

dei giornalisti della Lombardia.«Con queste nomine», spiega Leti-zia Gonzales, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, «si stabilizza l’assetto operativo di Ifg, che conta anche sul nuovo direttore, Enrico Regazzoni, per continuare la tradizione, ormai consolidata da molti anni, di scuola di eccellenza nella preparazione alla nostra profes-sione, in sintonia con il mercato del lavoro e con un mestiere che richiede grande duttilità, competenze e pre-parazione approfondita nei diversi settori dell’informazione».

no Italia Oggi. È stato direttore ge-nerale dell’Accademia di formazione Teatro alla Scala e precedentemente direttore del personale.

Mario Molinari, giornalista pubblici-sta dal 1997, è autore di numerose inchieste e programmi TV; per 12 anni ha lavorato a Striscia la Notizia (dal 1993 al 2005), poi a Matrix con Enrico Mentana e a Le Iene. Autore di Nebbia italiana, monologo teatrale sul tragico incidente di Linate, e di Notte d’altrove per Torino Film Festi-val, Molinari è segretario dell’Ordine

Tabloid 3 / 2008

Scuola di giornalismo

Il Consiglio di Presidenza dell’Asso-ciazione per la formazione al giorna-lismo “Walter Tobagi” il 16 maggio 2008 ha eletto le nuove cariche al vertice della Scuola di giornalismo, Ifg “Carlo De Martino”. Presidente è Carlo Maria Lomartire (13 voti a favore, 3 astenuti), tesoriere Pietro Scardillo, segretario Mario Molinari. Lomartire, Scardillo e Molinari su-bentrano a Maurizio Carta, Dario Bolis e Mario Bardi rispettivamente presidente, tesoriere e segretario che si sono dimessi.

Carlo Maria Lomartire è giornalista professionista dal 1978. Ha lavorato a Il Giorno fino al 1986 e a Italia Oggi (sotto la direzione di Marco Borsa) fino al 1989; poi, per quasi tre anni, ha fatto parte della Rai di Milano e dal 1991 di Mediaset, dove è stato capo redattore al Tg5 e vice direttore di Studio Aperto. Ora è vice direttore di Videonews. Lomartire ha scritto anche alcuni libri tra cui Mattei, bio-grafia di Enrico Mattei, Insurrezione, cronaca dei giorni dell’attentato a Palmiro Togliatti, e Il bandito Giulia-no, mentre è appena uscito in questi giorni Il Qualunquista su Guglielmo Giannini, tutti editi da Mondadori.

Pietro Scardillo, pubblicista dal 1993, laureato in Economia e Com-mercio ed ex manager nel settore delle risorse umane, ha collaborato al mensile Espansione e al quotidia-

Un vertice d’esperienza per rilanciare l’Ifg Dal 16 maggio, l’Istituto Carlo De Martino ha un nuovo assetto operativo che vede Carlo Maria Lomartire alla presidenza, Pietro Scardillo alla tesoreria, Mario Molinari alla segreteria: giornalisti e professionisti con un curriculum di tutto rispetto per continuare la tradizione di scuola d’eccellenza nella preparazione alla nostra professione

Le nuove noMIne DeLL’ASSoCIAZIone PeR LA FoRMAZIone AL GIoRnALISMo

•Il presidente dell’Ifg, Carlo M. Lomatire (sopra), il tesoriere Pietro Scardillo e il segretario Mario Molinari (a destra)

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Scuola di giornalismo

Il giornale sta per chiudere, lo spazio è ridotto. Mi chiedono un intervento sulla Scuola di Giornalismo. Non posso che ricorrere a parole chiave, e tra le tante ne scelgo due che sento più urgenti delle altre: nuova multimedialità e nuo-va etica della professione.Multimedialità, di questi tempi, è un termine che echeggia costantemente nelle redazioni dei quotidiani. Indica in-nanzitutto l’inadeguatezza della carta stampata, in un futuro che ormai è già presente, a far fronte alla velocità delle notizie e dunque a una loro diffusione che sia in linea con i mutati stili di vita. Ma vuol dire anche salute economica di qualunque azienda impegnata nell’in-formazione, che non può più ragione-volmente stare su un mercato dove il costo della carta va raggiungendo livelli impensabili, o meglio pensabili solo in un’ottica di sfruttamento sconsiderato delle risorse del pianeta. Così si tengono corsi di aggiorna-mento, nelle redazioni, proprio come vent’anni fa ci insegnarono a sostitu-ire con il pc la nostra macchina per scrivere. È una strada essenziale, che insegna al giornalista a riportare (repor-ter) al giornale un materiale informativo comunicabile su più supporti: visivo, audio e di scrittura. Come dire, web. E non sono, ovviamente, solo corsi di un apprendimento tecnologico. Si tratta, ben più radicalmente, di apprendere nuovi linguaggi, un tessuto di gram-matiche e stili capace di accogliere professionalità e personalità dei nuovi

Multimedialitàe nuova etica

di Enrico Regazzoni direttore Ifg

Codici, tecnologie e laboratori al passo con i cambiamenti della nostra professione. Ma è urgente recuperare anche una buona dose di autonomia economica, per riconsegnare ai nostri allievi una bandiera d’eccellenza

Le LInee GuIDA DeL DIRettoRe PeR IL xvI bIennIo

giornalisti. L’Ifg deve mettersi al passo. Ma proprio da questo consumo diffuso della notizia, dall’atomizzazione dei fatti che sembra appiattire ogni parola in un indistinto rumore di fondo, nasce a mio avviso la domanda di una nuova etica della professione. Una profonda domanda di senso che deve trovare risposta anche nella ricerca didattica dell’Ifg, per dotare i futuri giornalisti di nuovi codici della notizia e definire daccapo quelle gerarchie di impor-tanza e quella legittimità di intervento che l’odierno villaggio globale si avvia semplicemente ad azzerare. Anche di questa nuova etica (anzi, soprattutto di essa) la nostra professione ha urgente bisogno per continuare a essere tale.Infine, nelle due righe che restano, un accenno all’autonomia economica che la Scuola deve recuperare: con la spon-sorizzazione istituzionale dei prodotti dei suoi laboratori (agenzie, mensile, giornale radio, giornale tv, giornale on line); con l’utilizzo delle sue strutture (fuori dall’orario delle lezioni e nei mesi estivi) in corsi di aggiornamento per giornalisti professionisti; con una mo-dificazione dello statuto che la trasformi in Fondazione. È un’impresa importan-te, non impossibile. Già nel giro di un anno, la nuova salute economica della Scuola potrebbe consentire di elimina-re la retta studentesca recentemente introdotta. E dunque di riconsegnare appieno la bandiera dell’eccellenza dell’Ifg a quella seria meritocrazia che negli anni l’ha fatta grande.

Trent’anni di mestiere Giornalista professionista dal 1979, Enrico Regazzoni scrive sulle pagine culturali del quotidiano La Repubblica. Ex inviato dell’Europeo, ha insegnato letteratura moderna e contemporanea all’Università di Padova e allo Iulm, è stato redattore dei tascabili alla Feltrinelli Editore, ha collaborato con Panorama e, nell’ufficio studi e marketing di Repubblica, ha partecipato all’ideazione (con Marco Barina), al lancio e alla gestione dei prodotti di Edizioni La Repubblica (linea educational, film, disco del mese, novità della classica e i nuovi allegati del quotidiano).Ha poi lavorato all’ufficio studi del Gruppo l’Espresso partecipando alla progettazione (con Daniela Hamaui) di D la Repubblica delle Donne, di cui ha poi assunto la direzione del controllo editoriale, fino al dicembre 2005. Come caporedattore ha curato i progetti multimediali nel Gruppo Telecom Italia Media.

CHI È

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Primo piano

Chi sono i 40 studenti

economia, salute, cultura, spetta-coli, scienze&tecnologia e sport), le fonti vanno dai portali istituzionali alla stampa estera, dalle agenzie internazionali ai siti specializzati. Le tre testate sono quindi, complemen-tari. Per dar vita ai laboratori, che si tengono ogni mattina dal lunedì al venerdì, gli allievi sono stati divisi in tre gruppi, che ogni 5/6 settimane ruotano, dando la possibilità a tutti di confrontarsi con i diversi media. I pomeriggi sono, invece, dedicati alle lezioni teoriche. Oltre agli inse-gnamenti di interesse giornalistico (linguistica, analisi comparata della stampa, fotogiornalismo, fotoediting, grafica, storia del giornalismo, teorie della comunicazione, nuovi media e media europei), gli allievi seguono corsi di lingue (inglese e spagnolo), diritto (costituzionale, penale e pro-cedura penale), economia e geopo-litica. Il ricco corpo docente vanta personalità di spicco del mondo accademico e dei media: Gianmar-co Gaspari, Silvano Petrosino, Luca Viola, Angelo Ciancarella, Robertino

nale: propone, ogni giorno all’ora di pranzo, tutti gli aggiornamenti sulle news della mattinata. Si può ascoltare all’indirizzo Internet www.ifgonline.it. Più particolare il taglio scelto per la homepage del sito: solo notizie inedite, pensate per spingere il lettore a curiosare oltre al menu tradizionale cucinato dai media na-zionali. Otto sezioni (interni, esteri,

Tabloid 3 / 2008

Scuola di giornalismo

Sono 40 gli allievi del XVI biennio dell’istituto “Carlo De Martino”, inau-gurato ufficialmente il 5 novembre 2007 al Circolo della Stampa. Dicias-sette donne e 23 uomini che proven-gono da 13 Regioni italiane e hanno curricula e profili professionali vari. Ben 18 i laureati in Scienze della co-municazione, ma sono presenti an-che laureati in Lettere, Giurispruden-za, Filosofia, Economia, Mediazione linguistica, Relazioni pubbliche e Scienze politiche. Le due prove di esame (scritto e orale), che hanno coinvolto più di 300 aspiranti gior-nalisti, si sono svolte tra settembre e ottobre e la selezione è avvenuta con grande rigore e serietà. Buona parte degli allievi ha già svol-to attività giornalistica collaborando con testate locali e nazionali, ma non manca chi si affaccia alla professio-ne per la prima volta. Esperienza e voglia di fare si sono rivelate par-ticolarmente preziose quando, da gennaio 2008, alle lezioni teoriche si sono affiancati i laboratori di pra-tica. Tre le testate: milano Ore 13, free press del primo pomeriggio, la radio on line Speciale FM e www.if-gonline.it, il portale web della scuola. Il quotidiano cartaceo dà spazio alle notizie di cronaca cittadina, con una finestra sulla cultura, l’approfondi-mento e gli appuntamenti del capo-luogo. Viene distribuito alle 13 in via Filzi 17, davanti alla sede dell’istitu-to. Il notiziario radiofonico, invece, ha respiro nazionale e internazio-

Così impariamo il mestiere

di Fabio Pisanu e Camilla Tagliabue*

Lezioni teoriche e laboratori di pratica: per avviare nuovi giovani alla professione, la ricetta dell’Ifg è ormai super collaudata. Ma segue passo passo le evoluzioni dei media

XVI BIENNIO DELL’ISTITUTO CARLO DE MARTINO

Da tutta Italia per realizzare un sognoChiara Andreola, 23 anni, di Treviso; Gennaro Barbieri, 24 anni, di Roma; Riccardo Bianchi, 23 anni, di Firenze; Alberto Bolis, 26 anni, di Lodi; Giulia Bonezzi, 30 anni, di Reggio Emilia; Lorenzo Bordoni, 27 anni, di Rimini; Valentina Buzzi, 25 anni, di Milano; Valentina Caiazzo, 25 anni, di Savona; Ferdinando Cotugno, 26 anni, di Napoli; Benedetta Dalla Rovere, 26 anni, di Bologna; Alessandra D’Angiò, 23 anni, di Como; Massimiliano Del Barba, 29 anni, di Brescia; Mattia Ferraresi, 24 anni, di Modena; Maria Gallelli, 31 anni, di Catanzaro; Natascia Gargano, 25 anni, di Aviano; Andrea Gianni, 24 anni, di Saronno; Luciana Grosso, 28 anni, di Lodi; Lara Gusatto, 26 anni, di Treviso; Marco Lignana, 25 anni, di Genova; Dario Mazzocchi, 24 anni, di Lodi; Fabrizio Monari, 26 anni, di Modena; Mauro Munafò, 22 anni, di Messina; Mariaveronica Orrigoni, 25 anni, di Varese; Mario Pagliara, 27 anni, di Salerno; Zelia Pastore, 24 anni, di Milano; Maudie Piccinno, 30 anni, di Biella; Fabio Pisanu, 29 anni, di Nuoro; Irene Privitera, 26 anni, di Catania; Antonio Prudenzano, 23 anni, di Taranto; Chiara Rancati, 26 anni, di Como; Antonio Sanfrancesco, 24 anni, di Lecce; Paolo Scandale, 27 anni, di Parma; Gianluca Schinaia, 28 anni, di Roma; Federico Simonelli, 27 anni, di La Spezia; Camilla Tagliabue, 26 anni, di Como; Antonio Vanuzzo, 25 anni, di Udine; Giovanni Vegezzi, 25 anni, di Milano; Stefano Vergine, 26 anni, di Saronno; Ilaria Verunelli, 26 anni, di Viareggio; Piero Vitiello, 26 anni, di Napoli.

Nella foto gli studenti e, sulla destra, il direttore Enrico Regazzoni

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Scuola di giornalismo

Un vivaio di professionisti

• L’Istituto per la formazione al giornalismo di Milano (Ifg) “Carlo De Martino” è stata la prima, e a lungo l’unica, scuola di giornalismo in Italia: il primo biennio fu attivato nel 1977.• In trent’anni, la scuola dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia ha portato a termine 15 corsi biennali per giornalisti e due corsi biennali per giornalisti grafici (1990-1992 e 1992-1994). • L’Ifg ha formato 675 giornalisti professionisti (dati aggiornati al XV biennio 2005-2007 compreso): 353 uomini e 322 donne. Tra loro molte firme e volti noti del giornalismo, come Aldo Cazzullo, Daniela Hamaui, Peter Gomez, Curzio Maltese, Antonello Piroso.• Secondo una ricerca del 2006, in corso d’aggiornamento, tra gli allora 604* ex studenti dell’Ifg che esercitavano la professione:37 direttori di testata, condirettori e direttori editoriali;7 vicedirettori;86 capiredattori centrali, capiredattori e vicecapiredattori;43 inviati e corrispondenti;85 capiservizio e vicecapiservizio;205 redattori ordinari;23 uffici stampa, rapporti stampa e comunicazione e immagine;34 contratti di collaborazione e co.co.co;34 collaboratori freelance;13 attivi in altre professioni (in gran parte nell’editoria);36 autori di libri.* Sono esclusi 32 ex allievi che per vari motivi avevano abbandonato la professione giornalistica. Per altri 37 (compresi nei 604) non era stato possibile reperire notizie aggiornate.

L’Ifg dal 1977 a oggiGhiringhelli, Maria Grazia Cavena-ghi-Smith, Laura Tettamanzi, Mario Bardi, Giangaspare Basile, Aldo Pa-van, Piero Raffaelli, Laura Marras, Francesco Guidara, David Messina e lo storico inviato del Corriere della Sera Antonio Ferrari. È soprattutto grazie a loro che gli allievi hanno già potuto incontrare “maestri” del gior-nalismo come Ettore Mo, Gianluigi Colin, Luciano Fontana, Luciano Di Pietro, Franco Tettamanti, Giovanni Antonini, Giovanni Porzio. In aggiunta al lavoro ordinario, i giovani hanno realizzato in questi cinque mesi diverse edizioni spe-ciali. I praticanti del laboratorio on line hanno scritto due inchieste su temi di grande attualità e comples-sità, come il trentennale della legge Basaglia e la presenza militare statu-nitense nel nostro Paese: “La pazzia diffusa” e “Basi americane in Italia” sono tuttora disponibili nella sezione Speciali di www.ifgonline.it. Il dibat-tito sulla legge 180 del 1978 è stato anche portato in pubblico a marzo al Circolo della Stampa, in un incon-

tro che ha visto la partecipazione di ospiti del calibro di Dario Fo, Um-berto Galimberti e Arcadio Erlicher. I momenti di confronto con il pubblico (per i quali gli allievi curano anche la parte di ufficio stampa) dovrebbero diventare, nelle intenzioni dei giova-ni e del direttore Enrico Regazzoni, un appuntamento fisso a cadenza mensile. Dopo le serate sul mestiere dell’inviato di guerra e sulla Basaglia, il 20 maggio a Palazzo Reale è sta-ta la volta del forum “La radio che verrà”. Tra le esperienze affrontate non sui banchi, a febbraio, in oc-casione della Bit, gli studenti hanno collaborato con il Comune di Milano per la gestione degli stand di ufficio stampa nel polo fieristico di Rho. A dicembre 2007, inoltre, l’intera clas-se ha partecipato ad alcuni semi-nari presso il Parlamento Europeo di Strasburgo, incontrando diversi eurodeputati italiani. Un’esperienza forte dal punto di vista sia didattico sia umano: ha contribuito non poco a cementare il gruppo dei 40.

*allievi del XVI biennio di IFG

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Primo piano

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Scuola di giornalismo

VOGLIO CRESCERE IN REDAZIONEQuando, nel film “Prima Pagina” di Billy Wilder, Walter Matthau scopre che il miglior cronista della sua redazio-ne sta per convolare a nozze, impazzisce. Corre dalla fortunata, Susan Sarandon, e la implora: «Signorina, mi ascolti, sposi un becchino, sposi un contrabbandiere, sposi chiunque, ma non sposi un reporter!». Il punto è che i giornalisti non si possono sposare perché sono già dati in matrimonio al loro giornale. Un mestiere così imprevedibile sarebbe difficile da sop-portare senza quelle famiglie, pur riluttanti e conflittuali, che sono le redazioni. I veri freelance, non quindi i precari costretti a rincorrere ogni collaborazione per mettere insieme uno stipendio, sono, ormai e sempre più, rari personaggi esotici. Hanno lo scopo di attirare le giovani menti verso la professione, con la prospettiva di una vita picaresca, trascorsa collezionando manufatti di arte afri-cana e fumando tabacco pregiato in pipe intarsiate in oro con le scene salienti della battaglia di Trafalgar. Poi, parafrasando Winston Chur-chill, chi a vent’anni non vuole fare il freelance è senza cuore, chi lo vuole ancora fare a quarant’anni è senza cervello. Il posto fisso significa non solo avere garanzie economiche e tutela politica, ma anche avere il sostegno umano nello svolgere un lavoro che non ha mai un giorno uguale all’altro, con la pressione sempre alta e la possibilità di in-cappare nell’errore dietro l’angolo. Da soli, editori di se stessi, è duris-sima. Infine, per un giovane, vivere dentro una redazione vuol dire non smettere mai di avere occasione di guardare, scrutare e studiare i col-leghi, e di imparare da loro.

Ferdinando Cotugno

Meglio il posto fisso o la vita del freelance?Abbiamo girato questa insidiosa domanda a due allievi del XVI biennio dell’Istituto Carlo De Martino. Due giovani che si affacciano, carichi di entusiasmo e di aspettative, alla professione e si trovano a fare i conti con una realtà non proprio generosa. Tra il desiderio di mettere radici e la voglia di avventura, ecco che cosa ci hanno risposto

I pro e I ConTro DI UnA SCeLTA profeSSIonALe SpeSSo obbLIgATA

VOGLIO SENTIRMI SEMPRE LIBERO Fare il freelance è un modo di vivere intensamente la professione giornalistica, una strategia per sfuggire alla paura del desk e per mettersi alla prova. Spesso, certo, è anche una scelta obbligata. L’attuale situazione in cui versa il mondo dell’informazione e la difficoltà di ottenere un contratto a tempo indeterminato portano molti giovani a iniziare proprio così. Ma questo non deve essere un ostacolo insuperabile, può anche rappresentare e diventare un’opportunità. I cambiamenti nel mondo del lavoro costringono le redazioni a snellirsi e ad affidarsi ad una rete sempre più ricca di collabo-ratori. Queste trasformazioni rispondono alle esigenze di ridurre i costi, pur mantenendo velocità, precisione e completezza dell’informazione. Ecco perché dobbiamo pensare al freelance come a una persona che è disposta a viaggiare e a studiare per essere capace di vende-

re un’informazione con alto valore aggiunto. Durante l’incontro “Nuove strade per l’accesso alla professione gior-nalistica” al Festival internazionale del Giornalismo di Perugia, i colle-ghi freelance che sono intervenuti hanno definito come indispensabili la voglia e il coraggio di partire, di studiare all’estero, ma soprattutto la disponibilità ad affrontare sacrifici pur di continuare a fare questo lavo-ro. Chiunque abbia sognato fin da piccolo di fare il giornalista ha sicu-ramente associato questo mestiere all’idea un po’ romantica di viaggiare e vivere in maniera avventurosa, in-seguendo le notizie. Allora, se non si può più fare gli inviati si può sempre fare il freelance: basta non chiamarla precarietà, ma avventura.

Giovanni Vegezzi

•Indro Montanelli, mito per tanti allievi della scuola. Di lui si è parlato anche al Festival del giornalismo di Perugia.

dal cortometraggio “Col ferro e col fuoco, cosa è morto con i ragazzi della Thyssen”.La verità degli altri. Ovvero l’umiltà di accettare un punto di vista diverso, lasciando la parola agli inviati stranieri che lavorano nel nostro Paese, per scoprire come anche l’Italia possa essere estero.La verità sui problemi della professio-ne, infine. Tra ben note incognite sul futuro della stampa e soluzioni trop-po spesso nebulose. Perché cercare davvero le risposte significherebbe per tutti i giornalisti mettere in discus-sione l’unicità e la presunta diversità del loro mestiere. Gli insegnamenti dei grandi maestri possono indicare la strada, purché la loro lunga e ingom-brante ombra non serva a nascondere le difficoltà del percorso.

*Allievi del XVI biennio Ifg

la professione, dividendo equamen-te le colpe tra la pigrizia dei colleghi e l’omertà delle autorità. Le critiche hanno lasciato tuttavia spazio ad un possibile riscatto: «All’inizio del-la guerra i media sono stati lenti, ma in seguito è stato grazie al lavoro di ottimi reporter che abbiamo appreso delle torture e della pessima gestione del conflitto».La verità come celebrazione dell’in-tegrità è, invece, il punto cardine del ricordo regalato a Indro Montanelli a cui sono stati dedicati un incontro ed una mostra che ne hanno ripercorso la lunga carriera. Le verità nascoste sono state quelle delle nuove armi che insanguinano la striscia di Gaza, raccontate in un’in-chiesta di RaiNews24, o l’ecatombe silenziosa che si consuma nelle fab-briche italiane portata sullo schermo

19Tabloid 3 / 2008

Una professione fatta di domande che si interroga su se stessa. Che cosa è rimasto da dire sul giornalismo? Mul-timedialità, accesso al lavoro, rapporti tra media e potere, ritratti d’autore. Tutto questo è stato il Festival interna-zionale del giornalismo che si è tenuto a Perugia dal 9 al 13 aprile. Un lungo editoriale declinato in incontri, dibat-titi, proiezioni e interviste per capire dove è arrivata, ma soprattutto dove sta andando l’informazione.La verità. È stato questo il filo condut-tore del festival. La Lectio magistralis di apertura tenuta da Eugenio Scalfa-ri ha parlato di un mestiere spietato, ispirato da quella curiosità che spinge ad andare oltre la superficie delle cose e che deve tendere alla verità giorna-listica. Nessun pregiudizio, ma ogget-tività nel dichiarare il proprio punto di vista offrendo al lettore la chiave per decifrare ciò che legge: «Chi ope-ra sulla base di una verità assoluta, che sia religiosa, ideologica o peggio ancora di partito, fa di solito cattivo giornalismo».La verità, nella migliore versione ottenibile, deve essere l’obiettivo primario per Carl Bernstein. L’auto-re dell’inchiesta sul caso Watergate, interrogato sulle lacune della stampa allo scoppio del conflitto iracheno, ha denunciato la difficile situazione del-

L’Ifg al Festival di Perugia

L’informazione si mette a nudo

di Mauro Munafò e Paolo Scandale*

Dal 9 al 13 aprile, nella città umbra, insieme ai grandi nomi del giornalismo internazionale c’erano anche gli allievi della Scuola di Milano. ecco i racconti dei nostri inviati speciali

InConTrI, DIbATTITI, proIezIonI e MoLTo ALTro

50 eventi divisi tra tavole rotonde, presentazioni di libri, proiezione di documentari e interviste.40.000 presenze tra partecipanti agli eventi e visitatori delle mostre.

oltre 200 giornalistiaccreditati da tutto il mondo

•Tra il pubblico che ha seguito il Festival del giornalismo di Perugia c’erano anche allievi dell’Ifg di Milano.

20 Tabloid 6 / 2007

Primo piano

Assistendo al dibattito aumenta la convinzione che fare l’inviato di guerra non sia solamente cercare lo scoop ad ogni costo, inseguire la no-tizia tra un bombardamento e l’altro. L’obiettivo, difficile quanto prioritario, è raccontare ciò che si vede e ciò che si vive. E per chi lavora in Paesi delicati co-me, per l’appunto, il Medio Oriente non è sempre facile. Decidere che cosa scrivere, come farlo, ma soprattutto cercare di ripor-tare fedelmente quello che succede, senza mai parteggiare per nessuno: è questo il grande problema. «L’au-tocensura», commenta Francesca Paci, «può essere per un giornalista assai più forte della censura». Una cosa pare comunque indiscuti-bile: il fascino dell’inviato di guerra è davvero intramontabile. Anzi, molte volte la spinta che porta i giovani a tentare la professione è proprio la voglia di visitare e di raccontare il mondo, cercando di emulare i gran-di del passato e del presente che da sempre attraversano il globo per es-sere ogni volta in prima linea. Ma spesso questa stessa voglia si scontra con l’assurdità di molte real-tà. E chi si imbatte in queste assurdità deve comunque sforzarsi di essere obbiettivo, imparziale. Perchè la sottile linea di confine tra un grande inviato e un semplice scrivano è l’imparzialità, che deve sempre contraddistinguere ogni suo pezzo.

*Allieve del XVI biennio Ifg

complicata rimanendo distaccati, riportare fedelmente i fatti, senza dimenticare però che il giornalista è prima di tutto un essere umano? È quanto inevitabilmente ti chiedi os-servando Fisk e Dickey che parlano sul palco, due uomini di mezza età che spiegano a una folla di giovani quanto sia difficile fare il giornalista investigativo, in una realtà in cui le persone e i gesti quotidiani sono tutti legati da un unico filo conduttore: il dolore. E le parole di Robert Fisk chiariscono perfettamente il concetto: «Il Medio Oriente è una tragedia umana piena di sangue. Ovviamente noi giornali-sti abbiamo delle emozioni, ed è il nostro compito, oltre che raccon-tare i fatti, riuscire a farle capire, a trasmetterle ai nostri lettori, senza però parteggiare per nessuna delle due parti».

Tabloid 3 / 2008

L’Ifg al Festival di Perugia

Parlare di un conflitto non è mai semplice: descrivere la sofferenza umana, raccontare a chi neanche si immagina cosa significhi una guerra, che cosa vuol dire vivere quotidiana-mente con la paura e il dolore è forse una delle sfide più dure e stimolanti che la professione del giornalista comporta. Farlo dal Medio Oriente, una delle zone più calde del pianeta con un conflitto che dura da decenni e di cui non si vede la fine, lo è an-cora di più. Lo sanno bene due maestri in questo campo, Robert Fisk del quotidiano in-glese The Independent e Christopher Dickey, corrispondente dell’ameri-cano Newsweek, presenti a Perugia per l’incontro Cronache dal Medio Oriente al quale è intervenuta anche Francesca Paci, inviata de La Stampa a Gerusalemme da pochi mesi. Si può raccontare una realtà così

Raccontare le guerre non è un gioco da ragazzi

di Mariaveronica Orrigoni e Zelia Pastore*

Vivere quotidianamente con il terrore e con il dolore, assistere alle tragedie umane e poi descriverle, con imparzialità, al grande pubblico: il compito di un inviato di guerra è tutt’altro che facile. Perché si scontra con la madre di tutte le paure: quella per la morte

QUANDO LA CRONACA si fA DAL fRONTE: UNA sfiDA DURA mA sTimOLANTE

•Robert Fisk del quotidiano inglese The Independent e Christopher Dickey, corrispondente dell’americano Newsweek, con Francesca Paci, inviata della Stampa.

21Tabloid 3 / 2008

L’Ifg al Festival di Perugia

Un’italiana per Al Jazeera

«Avere il centro logistico in un’area non occidentale ci aiuta ad essere sul fatto anche quando accade in luoghi

lontani dai riflettori. Se succede qualcosa a Roma, tutte le reti sono subito lì con le troupe al completo e le attrezzature satellitari, ma se l’azione si sposta, per esempio, in Somalia, il nostro vantaggio diventa oggettivo». Barbara Serra (nella foto) è la prima giornalista italiana della redazione di Al Jazeera International, versione in lingua inglese del noto canale satellitare all news con base nel Qatar. «Più che islamica – precisa – la nostra è una rete televisiva araba. I due termini non vanno confusi, sarebbe come dire che la Rai è un’emittente cattolica. Il mondo arabo è ovviamente influenzato dall’Islam e dai suoi precetti, ma al suo interno esistono realtà molto diverse tra loro. Alcuni Paesi sono più chiusi e tradizionali, per esempio l’Arabia Saudita, altri invece, come il Dubai, mostrano maggiore apertura verso l’Occidente». La realtà è più complessa di quella che ci mostrano i mezzi d’informazione italiani ed europei: «Non è che i problemi non esistano, l’errore è parlare come se non ci fosse nient’altro. L’obiettivo di Al Jazeera, invece, è valorizzare quelle realtà intermedie che è molto facile non vedere. E questo non solo nel raccontare il mondo arabo all’Occidente, ma anche nel processo contrario. Perché anche gli arabi finiscono per pensare, per esempio, che il mondo occidentale sia come nei film di Hollywood».

Chiara Rancati(allieva del XVI biennio di IFG)

La testimonianza

Raccontare i fatti senza soluzione di continuità. Passare da grossisti dell’in-formazione a dettaglianti in competi-zione con un pubblico che entra nel gioco grazie a tecnologie a basso costo. La velocità nel dare le notizie è imperativo ancor più pressante, e il rischio è l’omologazione: vale per il più antico dei media moderni, e per il più nuovo nato prima di Internet. Agenzie e canali all news, ciascuno a suo modo, vanno a cercare la propria audience, che nel web diventa allo stesso tempo target e partner. QUI ALL NEWS - Dare il proprio pun-to di vista sul mondo, trasmettendo un flusso di notizie in costante ag-giornamento: velocità e diretta sono le due caratteristiche principali del-le emittenti all news. Per gli editori, questo significa costi elevati e ritorno a lungo termine sugli investimenti. Nell’era del web del pubblico attivo, quali sono le prospettive future? Se-condo Corradino Mineo, direttore di Rai News 24, nata nel 1999, «la sfida oggi è riuscire a umanizzare le noti-zie, cambiando la grammatica della diretta come cifra stilistica delle all news». Perché le immagini arrivano quasi sempre dalle agenzie video internazionali come Aptn e Reuters, che garantiscono la qualità, ma omo-logano il prodotto: «Ai giornalisti noi chiediamo il colore, per questo ab-biamo uno spazio di approfondimen-to a cadenza regolare nell’arco delle 24 ore», afferma Juan Cristabal Vidal Doce, di Canal 24 Horas. Per Nicola

Notizie veloci e su misura

di Giulia Bonezzi e Antonio Vanuzzo*

Nell’era di internet per chi lavora nelle storiche agenzie di stampa e nei più recenti canali all news la sfida raddoppia. Oltre al tempo, bisogna vincere l’omologazione

DA gROssisTi A DETTAgLiANTi DELL’iNfORmAziONE

Lombardo, caporedattore di Sky Tg 24, in Italia dal 2003, «il vantaggio delle all news è fornire allo spetta-tore tutto ciò che sappiamo in quel momento, con il massimo approfon-dimento e flessibilità possibili, senza le scansioni temporali prefissate dei tg generalisti».QUI AGENZIE- Perso il monopolio del grado zero della notizia, oggi le agenzie pensano ad allargare il pro-prio pubblico, valorizzando ciò che può renderle competitive: risorse, attendibilità, capacità di costruire un servizio mirato. La trasformazio-ne della più antica agenzia d’Italia inizia da Internet: «Ansa.it è il terzo sito d’informazione più visitato dopo quelli di Corriere e Repubblica», di-ce il nuovo direttore Giampiero Gra-maglia. Parole d’ordine: linguaggio ben comprensibile e soluzioni in-terattive. Anche il direttore di Reu-ters Italia, Tiziana Barghini, mette l’accento su «servizio in 19 lingue e sperimentazione di blog tenuti da giornalisti». Puntando su un valore aggiunto delle agenzie finanziarie: la possibilità di dar voce ai propri ana-listi. Per AP Dow Jones è già una realtà e si chiama “The Skeptic”. Lo spiega Luca Di Leo, direttore per l’Italia. E avanza un’idea rivoluziona-ria: «Negli Stati Uniti metà dello scam-bio di azioni avviene col computer. Ora si può pensare a un’informazione talmente lineare da poter essere pro-cessata dalle macchine».

*Allievi del XVI biennio Ifg

22 Tabloid 3 / 2008

Primo pianoL’Ifg al Festival

di Perugia

I miei anni con Tony Blair

C’è qualcuno che gode di peggior fama dei giornalisti. Sono i professionisti degli uffici per la comunicazione dei

politici. Tanto che l’espressione spin doctor è ormai condivisa. L’idea che un leader debba circondarsi di tecnici obbligati a manipolare e mentire all’opinione pubblica è ormai radicata. Nei miei sette anni a Downing Street al servizio di Tony Blair posso assicurare che il primo ministro non ha mai mentito, né ai britannici né al Parlamento. Molti giornalisti vedono malafede dietro ogni dichiarazione di un governante, come se il politico volesse sempre e comunque perseguire interessi oscuri e privati. Ma ogni leader sa benissimo che ingannare i mass media significa tradire la fiducia dei cittadini. E non sarebbe soltanto immorale ed illegale, ma anche controproducente presentarsi alle elezioni con gli scheletri nell’armadio. Ciò premesso, è assolutamente necessario che i politici abbiano a disposizione professionisti della comunicazione. Un leader deve rendere conto delle proprie azioni a milioni di individui. Deve far capire perché ha deciso di adottare certe politiche, spesso impopolari. Il suo compito principale è agire, ma al giorno d’oggi trasmettere il messaggio in modo convincente è decisivo. I media, oggi, sono disposti persino a dire il falso pur di sedurre lettori o telespettatori. Per questo è fondamentale avere a disposizione un ufficio di comunicazione onesto ed efficiente, non uno staff di manipolatori.

Alastair Campbell (ex spin doctor di Tony Blair)

La testimonianza

Se il giornalista racconta la verità, il comunicatore politico la distorce a proprio vantaggio. Sono questi, nell’immaginario comune, i ruoli-chiave di due figure comunicative della società odierna, due facce in fondo appartenenti alla stessa me-daglia. Ma è davvero così? Non pro-prio. Parola di Carl Bernstein, premio Pulitzer per l’inchiesta sullo scandalo Watergate. Se i pr politici raccontano fandonie, sostiene, è perché sono i politici che essi rappresentano a farlo. Quello che alla fine arriva al pubblico è frutto del lavoro di gior-nalista. Il reporter agisce come un filtro. E quando la notizia arriva al di là della barricata in maniera distorta la colpa è di chi l’ha filtrata male. In tal senso la pigrizia è un fattore chiave e può avere conseguenze non trascu-rabili. L’indolenza, infatti, fa sì che il reporter non riesca ad estrapolare dalla grezza roccia la pietra preziosa, a distinguere ciò che veramente è importante e interessante da ciò che è pura propaganda.Il padre del giornalismo investigati-vo non condanna il ruolo degli spin doctors (letteralmente spin doctor sta per dottore del raggiro, manipolato-re delle opinioni, ndr), ideatori delle campagne politiche. Questi sono anzi per Bernstein «una delle fonti giornali-stiche più ricche, anche se non si può semplicemente credere alla loro paro-la». Tutto dipende da come il reporter, ovvero colui che manipola la materia grezza dell’evento, setaccia le infor-

Lavorare nelle stanze del potere

di Chiara Andreola, Valentina Caiazzo e Marco Lignana*

Saper ascoltare tutte le fonti senza pregiudizi, spin doctors inclusi: questo è uno dei segreti per arrivare alla “miglior versione possibile della verità”. Parola di Carl Bernstein

informazione e PolitiCa: le regole antiraggiro

mazioni e ne utilizza le parti esatte per «decidere qual è la notizia».Secondo Bernstein, il giornalista deve essere un attento ascoltatore. Per un giovane che si incammina su questa strada, far proprio questo consiglio può scardinare le (poche) prassi con-solidate: stare sulla notizia, cercare qualcosa da scrivere o da dire a tutti i costi “perché bisogna pur chiude-re”, sembrerebbe in contrasto con la concezione del giornalista come colui che “dà” informazioni. Si corre così il rischio di dimenticare che, per trasmettere qualcosa, bisogna prima di tutto averlo ricevuto.Ripensare il proprio ruolo di ascolta-tori implica rivedere di conseguenza l’approccio con chi fornisce le infor-mazioni, che non è più soltanto fon-te ma anche interlocutore. In questo senso si pone l’invito sia di Bernstein sia di Alastair Campbell – ex spin doctor di Tony Blair - a liberarsi dai pregiudizi sulle fonti istituzionali. Il «voler credere che la maggior parte dei politici è lì per il bene comune e non per mentire», come sostiene Campbell, diventa dunque non in-genuità o eccessivo ottimismo, ma parte dello sforzo per ottenere «la mi-glior versione possibile della verità»: parola di Bernstein. È difficile, infatti, mettersi in ascolto di qualcuno se si parte dal presupposto che questa persona sta cercando di ingannarci, impedendoci anche di ricevere ciò che invece è attendibile.

*Allievi del XVI biennio Ifg

Primo piano

23Tabloid 3 / 2008

La voce dei pubblicisti

tutti coloro che lavorano sottopagati. E per fare questo il consiglio regionale valuta caso per caso le domanda, cer-cando comunque sempre di rispettare il lavoro di tutti coloro che per anni han-no scritto articoli per varie testate e non venendo poi pagati in maniera congruo per lo sforzo prodotto.In chiusura bisogna ricordare che il pa-gamento unico biennale non ha validità, ma chi presenta la domanda deve avere almeno due certificazioni per il periodo di collaborazione (una per ogni anno in pratica), e queste certifazioni devono essere dimostrate fiscalmente (traccia-bilità bancaria).

Quanto deve essere il compenso perce-pito dall’aspirante pubblicista? Questa è una domanda ricorrente alla quale non si può dare una risposta netta e definitiva.In passato il Consiglio nazionale dell’Or-dine dei Giornalisti ha fissato i parametri retributivi dell’aspirante pubblicista e il numeri (non inferiore a 40) degli articoli/servizi nel biennio. In particolare il Comi-tato esecutivo ha deciso nel 1995 che sia giusto valutare la domanda tenendo conto della misura del compenso che deve essere concreto e non simbolico. Così sostenendo l’Ordine Nazionale dei Giornalisti ha reputato sia indispensabi-le giudicare adeguata una retribuzione che almeno non sia inferiore al 25% del-la somma prevista dal Tariffario stabilito ogni anno per le prestazioni professio-nali autonome dei giornalisti, lasciando però autonomia agli Ordini regionali nel valutare le situazioni. Infatti queste cifra spesso risultano una vera e proprio chi-mera per molti colleghi che si accingo-no a presentare la documentazione. La realtà infatti delle retribuzioni è davvero esigua a fronte di un numero di articoli impressionate.Non è compito dell’Ordi-ne entrare in materia contrattuali o sin-dacali, ma l’Ordine da parte sua può mostrare massima disponibilità verso

Ma il tariffarioè una giungla

di Stefano Gallizzi

almeno 40 articoli per avere l’iscrizione all’albo

ilil pagamento non dovrebbe essere inferiore al 25% del tariffario dell’ordine nazionale per le prestazioni autonome dei giornalisti. non è valido un unico pagamento del biennio

Ideneità professionale

E ora si fa l’esamecon il computer

Il Consiglio dei Ministri ha preso atto, su proposta del Ministro della Giustizia Angelino Alfano, del regolamento che disciplina l’introduzione dell’uso del pc nello svolgimento della prova scritta dell’esame di idoneità professionale per l’accesso alla professione di giornalista. “Viene regolamentata così – ha precisato il Ministero in una nota – una procedura individuata dal Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti che consente, tramite un particolare software, di utilizzare il computer (in luogo delle obsolete macchine per scrivere) quale semplice strumento di scrittura e senza accesso alla memoria permanente, garantendo sicurezza ed anonimato”.Al termine della prova, quindi, l’elaborato sarà stampato e messo in busta chiusa così da non essere in alcun modo riconoscibile prima della correzione.Il regolamento previsto dalla legge n. 16 del 16 gennaio 2008, che ha modificato l’art. 32 della legge 3 febbraio 1963, n. 69, era stato precedentemente varato dal Consiglio di Stato, dopo l’approvazione da parte di Camera e Senato.Ora è necessario un Decreto del Presidente della Repubblica che dovrà essere registrato dalla Corte dei Conti e trasmesso alla Gazzetta Ufficiale per la pubblicazione. Trascorsi 15 giorni il provvedimento sarà operativo.L’uso del computer, quindi, sarà verosimilmente possibile in occasione della sessione autunnale.

Quotidiani e periodicinazionali (tiratura oltre 250.000 copie)notizia e 33,00articolo e 171,00servizio e 342,00

Quotidiani regionali o locali (tiratura fino a 40.000 copie)notizia e 28,00articolo e 93,00servizio e 122,00

24 Tabloid 3 / 2008

Primo piano

La nuova mappa

Il Consiglio regionale è composto da 9 consiglieri (6 professionisti e 3 pubblicisti), il Collegio revisore dei conti da 2 prof. e 1 pubbl. Sostengono Letizia Gonzales 4 formazioni (Nuova Informazione, Movimento Liberi Giornalisti, Impegno sindacale e Senza Bavaglio) con 9 consiglieri su 9. Esce dal Consiglio regionale Franco Abruzzo (ex presidente dell’Ordine della Lombardia dal 1998 al 2007) del “Movimento Giornalisti per la Costituzione” che era sostenuto da tre formazioni (Stampa democratica, Quarto Potere e Tribuna Stampa).

Il 23 maggio al Circolo della Stampa si sono svolte le operazioni di ricon-teggio delle schede del ballottaggio relativo alle votazioni del 27 e 28 maggio 2007 per l’elezione dei pro-fessionisti nel Consiglio regionale dell’Ordine dei giornalisti e dei pro-fessionisti lombardi nel Consiglio nazionale. Il risultato del nuovo scrutinio delle schede relative al Consiglio regio-nale dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia è riportato nella pagine a fianco. Un’unica variazione: esce dal Consiglio Franco Abruzzo ed entra Amelia Beltramini (vedi sche-da nella pagina a fianco). Franco Abruzzo, docente all’Univer-sità Bicocca e allo Iulm di Milano, è stato per sette volte presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lom-bardia, dal 1989 al giugno 2007, ex cronista giudiziario a Il Girno (dal 1964 al 1983) poi caporedattore centrale de Il Sole 24 Ore (dal 1983 al 2001)Il nuovo Consiglio dell’Ordiine del-la Lombardia risulta, quindi, così composto: Letizia Gonzales, Paolo Pirovano, Alberto Comuzzi, Laura Mulassano, Mario Consani e Amelia Beltramini . Le schede bianche sono state 25, le schede nulle 34 (di cui 28 quelle che risultavano con le preferenze oltre le 6 consentite). Il totale delle schede scrutinate è stato 1.475.

Esce Abruzzoentra Beltramini

IL rISULTATO dEL rICONTEGGIO dELLE SChEdE

La Commissione nazionalein via da RecanateLa mattina del 22, alle ore 8,30, la Commissione del Consiglio nazio-nale dell’Ordine dei giornalisti inca-ricata del riconteggio delle schede elettorali (presieduta dal segretario Enzo Iacopino e composta dai con-siglieri Cosimo Bruno, Beppe Errani e Franco Po) ha provveduto a pren-dere in consegna i plichi sigillati nel-la sede dell’Ordine regionale della Lombardia in via A. da recanate 1 a Milano, sotto la supervisione del notaio Guido roveda. Le operazioni di scrutinio si sono svolte al Circolo della Stampa (Palazzo Serbelloni, corso Venezia 16).

Il Tribunale ha rigettato i ricorsi di Abruzzo e VolpatiCome si ricorderà le operazioni di ri-conteggio delle schede si sono rese necessarie dopo la sentenza n. 5152 del 18 aprile 2008 con la quale la V sezione del Tribunale civile di Milano (presidente Gabriella Migliaccio) ave-va rigettato il ricorso di Franco Abruz-zo relativo al consiglio regionale e do-po che un’altra sentenza, la n. 5225 del 21 aprile 2008 (stessa sezione, la V del Tribunale civile di Milano, pre-sidente Gabriella Migliaccio) aveva rigettato anche il ricorso di Marco Vol-pati relativo al Consiglio nazionale.

Le leggi, i regolamentie le preferenze di troppoLa vicenda era nata il 4 ottobre 2007 quando il Consiglio nazionale dell’Or-dine dei giornalisti aveva accolto (77 voti a favore, 4 contro e 4 schede bianche) i ricorsi di Msssimo Alberizzi , Maria Amelia Beltramini e Maria Eli-sa Verti (comma 3 dell’art. 13 del dpr 115/1965, il regolamento esecutivo della legge sull’Ordine n. 69 del 3 febbraio 1963) i quali chiedevano che fossero considerate nulle le schede che segnalavano più di 6 preferenze per il Consiglio regionale (o più di 15 nel caso del Consiglio nazionale). L’ex presidente dell’Ordine della Lombar-dia, Franco Abruzzo, aveva opposto ricorso in Tribunale ritenendo invece validi i risultati delle votazioni .

risolto il contenzioso sull’interpretazione del regolamento esecutivo della legge ordinistica n. 69 del 1963: nulle le schede che presentavano più di 6 preferenze per la Lombardia e più di 15 per il nazionale. A Milano guadagna un seggio “Senza Bavaglio”. Invariata la squadra dei consiglieri lombardi a roma

25Tabloid 3 / 2008

Primo piano

Consiglio Regionale Professionisti

nuovo vecchio conteggio conteggio

1. Letizia Gonzales voti 735 7642. Paolo Pirovano 713 7423. Alberto Comuzzi 669 6954. Laura Mulassano 653 6755. Mario Consani 644 6736. Amelia Beltramini 627 634

Non elettiFranco Abruzzo voti 623 636Andrea Montanari 514 513Sebastiano Grasso 510 513Sergio d’Asnasch 481 479Enrico Fedocci 483 477Lucia Bellaspiga 476 472

1. Bruno Ambrosi voti 707 731 2. Stefano Jesurun 681 710 3. Michele Urbano 645 670 4. Piergiorgio Acquaviva 643 675 5. Sergio Borsi 636 665 6. Fabio Benati 626 655 7. M.T. Gegia Celotti 621 652 8. Marzio Quaglino 618 650 9. Giuseppe M. di Gregorio 612 641 10. Pierpaolo Bollani 599 626 11. Stefano Natoli 594 623 12. Saverio Paffumi 587 618 13. Filippo Poletti 587 621 14. Laura Incardona 558 589 15. Marco Volpati 557 573

Non elettiMarilisa Verti voti 541 543Elena Golino 497 500Paolo Chiarelli 495 497david Messina 472 475daniela Stigliano 459 460ruben razzante 455 454Giuseppe Baiocchi 450 452Anna del Freo 443 445Gianni de Felice 440 439Andrea Morigi 432 435Stefano Camozzini 427 429Gerry romano 412 414Giuseppe Ciulla 411 413Giuseppe Altamore 406 405Fabrizio Cassinelli 397 398

Consiglio Nazionale ProfessionistiIL NuoVo CoNsIgLIeReAmeLIA BeLTRAmINI Laurea in lingue e letterature straniere, pubblicista dal 1982 e professionista dal 1999. Allieva in giornalismo ed etica di Gianpiero Borella responsabile della sezione scienze di Panorama, per la quale ha lavorato circa 15 anni come freelance con contratto; nel 1998 è diventata responsabile delle pagine scientifiche de Il Mondo e dal luglio 1999 è a Focus, dove ora è caporedattore e si occupa di medicina, psicologia, etica, neuroscienze e cura le inchieste. Autrice del libro La salute, un concetto molto individuale (2005).

•Franco Abruzzo esce dal Consiglio dopo essere stato per sette volte presidente dell’Ordine lombardo.

26 Tabloid 3 / 2008

Gli entidella categoria

ca è, infatti, aumentata del 6,01%, a fronte di una crescita dei contributi IVS correnti pari al 4,39%. Contemporane-amente, il mancato rinnovo del Con-tratto collettivo ha pesato sui risultati economici: ogni anno, infatti, l’Istituto perde mediamente, ipotizzando un rinnovo nella media dei precedenti, intorno ai 18 milioni di euro. L’incremento dell’incidenza della spe-sa pensionistica rispetto alle entrate ha comportato un restringimento del-la “forbice” nel rapporto tra entrate e uscite, portandolo ad una percentuale pari al 90,3% rispetto all’88,9% del 2006 e all’87,1% del 2005. Tuttavia, nonostante questo rappor-to, la riserva dell’ente ammonta a 1.485,738 milioni di euro. Una cifra in realtà molto più alta se consideriamo la rilevante crescita del valore del no-stro patrimonio immobiliare registrata negli ultimi anni.

E’ un Istituto solido, autorevole, con un grande patrimonio di professiona-lità, quello che ricevo dalle gestioni precedenti a guida Gabriele Cescutti. Inizia all’insegna della condivisione e della grande compattezza della cate-goria un quadriennio delicato che sono convinto sapremo affrontare proprio a partire da un’eredità assolutamente positiva. L’assetto degli organi statu-tari è stato completato con la nomina delle commissioni consultive e dei fiduciari regionali, il consenso molto ampio ottenuto dalla mia candidatura non può che essere letto sotto il segno dell’unità dei giornalisti italiani raccolti in difesa dei diritti e delle autonomie conquistati, mai concessi, in decenni di trattative. Credo in una stagione di grande apertura al confronto tra colleghi, di collaborazione stretta con gli altri organismi di categoria, Fnsi in testa, di comprensione profonda della trasversalità dei temi che attraversano il nostro presente. I conti sono migliorati, l’avanzo di quasi 110 milioni di euro derivante dal bilancio consuntivo 2007 approvato dal Cda e dal Consiglio Generale, sod-disfa largamente i requisiti posti dalla legge sulla privatizzazione. Nel panorama di riferimento non man-cano tuttavia alcuni fattori di criticità su cui riflettere. La spesa pensionisti-

Inpgi solidoconti in salute

di Andrea Camporese*

I contratti a termine sono cresciuti del 112% a fronte del 25% di quelli a tempo indeterminato. Torna al 90,3% l’incidenza della spesa rispetto alle entrate

IL 2007 ChIUde CoN UN aVaNzo dI 110 mILIoNI dI eUro La crescita rilevante dei contratti a termine (+112% negli ultimi 6 anni contro una crescita dei contratti a tempo indeterminato che si ferma al 24%), il positivo aumento della vita media dei giornalisti italiani, saranno alcuni dei parametri fondamentali del nuovo bilancio tecnico attuariale che ci permetterà, se necessario, di va-lutare le misure più opportune che i ministeri vigilanti non mancheranno di sollecitare.resta aperta e prioritaria la problema-tica connessa all’onere derivante dalla legge 416/81. Il Cda della gestione uscente ha acqui-sito un autorevole parere del profes-sor antonio Baldassarre, presidente emerito della Corte Costituzionale, dal quale si evince in modo inequivocabile la palese discriminazione nei confronti dell’Inpgi rispetto all’Inps laddove si vede costretto a sostenere una spesa impropria di oltre 9 milioni di euro an-nui per far fronte agli stati di crisi delle aziende editoriali. Non è in discussione il diritto dei giornalisti e delle aziende realmente in difficoltà a trovare un paracadute sociale che li tuteli analogamente alle altre categorie produttive. Il problema si colloca nell’ambito della legittimità costituzionale di una norma che vio-la sia il principio di uguaglianza che quello della ragionevolezza, nella parte in cui pone a carico dell’Inpgi e non dello Stato gli oneri riguardanti i pre-pensionamenti.Il nuovo Cda ha dato mandato agli uffici di presentare un ricorso al Tar ponendo la questione di legittimità in relazione all’articolo 3 della Costitu-zione. e’ auspicabile una soluzione legislativa della controversia e l’Istituto non mancherà di porre con convin-zione la problematica al nuovo Go-verno, in stretto rapporto con la Fieg e la Fnsi che hanno già manifestato il loro consenso. In assenza di una posi-tiva soluzione, la tutela del patrimonio dell’Inpgi imporrà di procedere senza indugio sulla strada del ricorso, come evidenziato nella relazione Program-matica approvata all’unanimità dal Consiglio Generale nella sua seduta di insediamento.

*Presidente Inpgi

•Il nuovo presidente dell’Inpgi, Andrea Camporese, che raccoglie l’eredità di Gabriele Cescutti.

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Gli entidella categoria

Spesa sanitaria in aumento del 7%. Contributi che crescono solo del 2,5%. e ancora, per il terzo anno di fila, la mancanza del contratto. Una serie di avvenimenti che quest’anno fanno sentire tutto il loro peso sul bi-lancio della Casagit. Nessun allarme rosso, perché la riserva accumulata negli anni consente di affrontare il divario tra le spese e gli introiti senza angoscia, ma certamente una situa-zione che va presa di petto. Per questo sin dall’inizio dell’anno, data in cui abbiamo avuto cognizio-ne dell’entità del divario tra entrate e uscite (tre milioni e 800 mila euro su un totale amministrato di poco meno di 80 milioni) il Cda si è dedi-cato alla ricerca di misure che, pur non togliendo nulla di essenziale, potessero contribuire a riportare i conti in pareggio. due i fronti su cui possiamo agire: le entrate e le uscite. dal punto di vista delle entrate, abbiamo rilanciato la Casagit 2, la linea di assistenza a co-sto ridotto e inoltre abbiamo aperto la possibilità di iscrizione alla Casagit come soci anche ai figli dei giornalisti non più a carico dei genitori. Con queste misure speriamo di al-largare sensibilmente la base con-tributiva.Sul fronte delle prestazioni, abbiamo deciso di intervenire su tutti i fronti di spesa ma in modo estremamente contenuto. Innanzi tutto verranno mi-gliorati i controlli per evitare abusi o rimborsi indebiti, che pure ci sono.

ma veniamo alle misure che interes-sano i soci. Quattro i principali gruppi di prestazioni richieste dai soci: odon-toiatria, farmaci, ricoveri e specialisti-ca. Sull’odontoiatria, siamo convinti che il problema principale siano i controlli, e quindi i tipi di convenzione stilati con i medici. Già dal secondo semestre del 2007 abbiamo inserito nuove regole, che hanno dato i loro frutti. Infatti la spesa odontoiatrica è rimasta costante rispetto allo scorso anno, e arriveranno altri benefici eco-nomici. Per quanto riguarda i medici-nali, torneremo a rimborsare quelli di fascia “C” e gli omeopatici all’80%, come si faceva qualche anno fa. Le visite specialistiche saranno rimbor-sabili solo se richieste dal medico di base, con eccezione di quelle gine-cologiche, pediatriche, cardiologiche e oncologiche. Negli ambulatori con-venzionati in forma diretta si avrà dirit-to a un massimo di 10 visite l’anno.Sul fronte dei ricoveri, verranno razio-nalizzate le convenzioni, che dovran-no essere riportate alle tariffe Casa-git, e se alcune cliniche non vorranno contenere i loro margini, rinunceranno all’accordo. I soci potranno ovvia-mente recarvisi, ma sapendo che ot-terranno come rimborso solo quanto previsto dalle tariffe della Cassa. Pro-babilmente dovremo rinunciare a un po’ di caviale, ma non chiederemo a nessuno di fare a meno di tutto quello, qualità compresa, cui sono abituati ed hanno diritto. * Presidente Casagit

Cresce la spesacontributi al palo

di Andrea Leone*

Sono aumentati del 7% i costi sanitari, ma sono cresciuti solo del 2,5% i versamenti alla Cassa. Pesa il mancato rinnovo del contratto collettivo di lavoro giornalistico

CaSaGIT: dISaVaNzo dI 3,8 mILIoNI dI eUro

Contrattualizzatial rallentatore

La popolazione assistita dalla Casagit, alla data del 31 dicembre 2007, era di 52.820 assistiti,

di cui 26.615 soci soci e 26.205 familiari. In un anno il numero dei soci titolari è aumentato di 690 unità, mentre complessivamente il numero degli associati è aumentato di 1.354. Sono questi i numeri contenuti nella relazione di bilancio del presidente della Casagit, Andrea Leone (in foto).I soci contrattualizzati sono passati da 16.103 a 16.560, con un incremento di sole 457 unità. I soci professionisti in attività di servizio sono passati dal 14.488 a 14.758 mentre i pubblicisti a tempo pieno sono passati da 864 a 928 e i praticanti da 751 a 874. I soci in stato di disoccupazione e in cassa integrazione, sempre al 31 dicembre 2007, risultavano 1.000. I pensionati a carico dell’Inpgi con trattamento non ridotto e quelle ad essi assimilati, sono passati dal 5.960 a 6.612. I soci assimilati ai pensionati Inpgi sono 381. o professionisti (compreso i praticanti) e i pubblicisti tenuti al versamento diretto del contributo sono passati rispettivamente da 972 a 981 e da 2.198 a 2.237. I soci iscritti alla Casagit 2 sono 134 e i soci aggregati sono 541. Il trend di crescita dei contributi associativi ha subito un ulteriore rallentamento nel corso del 2007 rispetto agli esercizi precedenti, passando da un incremento pari a +5,2 nel 2004 a un incremento pari a + 3,5% nel 2006 e a uno di + 2,6% nel 2007.

Iwl bilancio

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Primo piano

verso il territorio è la missione della Provincia. Una missione a cui ha da-to un prezioso contributo Alessandro Sallusti, che diresse il quotidiano nel 1997 per due anni, portando le notizie locali in prima pagina e promuovendo inchieste e dibattiti sui grandi temi del terriotrio. D’altra parte è proprio questa la chiave del successo delle testate di provincia. Che per contra-stare i costi sempre più elevati della carta e la concorrenza sfrenata della free press si rifanno il look, ma rima-nendo fedeli a se stessi,

Quattro edizioni on lineLa rivoluzione de La Provincia, co-munque, ha visto la luce già il 18 marzo scorso, con l’avvio del por-

passo con i tempi ed essere in linea con i cambiamenti dell’edicola. Ma abbiamo fatto di tutto perché l’attra-versamento del fiume fosse senza danni», spiega Gandola, attentissimo a non sconvolgere i suoi lettori e a non snaturare l’anima di un giornale che, peraltro, gode di ottima salute. Così, tra mille cambiamenti grafici, la testata è rimasta rigorosamente quella origi-nale e per i contenuti Gandola parla di “un cambiamento nel segno della tradizione”. A fronte di un linguaggio inevitabilmente più sintetico, per da-re notizie e approfonidmenti in meno spazio, non cambia però per nulla la sostanza: occuparsi dei problemi con-creti, raccontare storie e personaggi locali, dimostrare attenzione e affetto

Tabloid 3 / 2008

La voce delle province

In pochi mesi la vita di una testata locale ultracentenaria ha subito una svolta che non è eccessivo definire epocale. «Siamo arrivati a uno snodo importantissimo», conferma Giorgio Gandola, artefice della rivoluzione in corso a La Provincia di Como, di cui è direttore dal maggio 2006. I cambia-menti dello storico quotidiano loca-le, che quest’anno compie 116 anni e conta 68 giornalisti, sono sotto gli occhi di tutti. Soprattutto, sono sotto gli occhi dei circa 45 mila lettori delle sue quattro edizioni (oltre a Como, la ventennale edizione di Lecco, quella decennale di Sondrio e, infine, quel-la di Varese, la più giovane, ma con tanto di doppio dorso). Dallo scorso 11 maggio, infatti, La Provincia esce con una veste tutta nuova: formato tabloid (versione compact, come Li-bero e La Gazzetta dello Sport) e full color. Il restyling è stato affidato allo studio Alberto Valeri, lo stesso che ha firmato il progetto grafico di Libero e de Il Giornale, nonché quello in corso d’opera del Giornale di Brescia, men-tre per la stampa è stata acquistata dalla Sesaab (editrice anche de L’Eco di Bergamo) una rotativa del costo di 30 milioni di euro, nome in codice Wi-fag 373/6 Evolution. «Ormai anche i giornali di provincia devono stare al

Abbiamo cambiato abito ma l’anima è la stessa

di Paola Manzoni

FERMENTI E SUCCESSI DELLA STAMPA LOCALE: LA PROVINCIA DI COMO

•Giorgio Gandola, dal maggio 2006 direttore de La Provincia di Como, fotografato davanti alla moderna rotativa dalla quale esce, dallo scorso 11 maggio, il nuovo quotidiano versione tabloid full color. Nell’altra pagina, il giornale cartaceo e, sotto, una pagina del nuovo portale.

Il quotidiano formato tabloid e full color. Il magazine fresco di stampa. Il portale di terza generazione. La Provincia di Como si rinnova, ma giura fedeltà eterna alla sua terra

29Tabloid 0 / 2007

La voce delle province

L’editoriale

Chi sta fermo, rischia di arretrare È bello guardare, appese al muro, certe immortali foto in bianco e nero… Ma il mondo è a colori… E allora benvenuti dentro la nuova Provincia tutta a colori. Più pratica, più maneggevole, più leggibile, con più peso per il maggior numero di pagine, di notizie, di opinioni. In definitiva più completa.Un giornale cambia e migliora quando sta bene di salute. E noi non ci siamo mai sentiti così bene. Un giornale non è soltanto testimone del presente, non è soltanto custode del passato. Ma deve essere soprattutto punto di riferimento per il futuro di un territorio. Stimolo a guardare avanti, a interpretare meglio i segnali che arrivano dalla modernità... Siamo allineati, ed anzi per alcuni aspetti all’avanguardia, anche rispetto a molti quotidianoni nazionali nati con il doppiopetto incorporato e la verità in tasca. Per noi è una stagione di innovazioni cominciata con il varo, in marzo, del sito web di terza generazione. Uno sbarco sulla rete di cui siamo orgogliosi, con un giornale on-line in grado di offrire notizie, fotoservizi, sondaggi, blog e soprattutto video. Ieri il sito, oggi il full color. E non è finita: a giugno La Provincia, per la prima volta nella sua storia, realizzerà un mensile. Il magazine dei comaschi. In questi anni abbiamo assistito a numerosi convegni in cui si teorizzava: «Questa città è ferma». Ebbene, il giornale si muove. Il giornale che più ama questa terra prende la rincorsa, guarda avanti con serenità e fiducia. Oggi chi sta fermo rischia implacabilmente di arretrare. Nel giorno della nuova Provincia ricordiamo la battuta di Gianni Agnelli quando gli dissero che La Stampa - dopo un secolo - stava preparando una rivoluzione grafica. «Metteremo la minigonna a una anziana signora», scherzò, paventando l’unico rischio. Non è accaduto a loro, non accadrà a noi. Perché sappiamo da dove veniamo e abbiamo radici così profonde da non temere la brezza delle mode. Sulla mia scrivania, accanto a computer, ho un cimelio che ogni mattina mi ricorda chi siamo. È un blocco di piombo che ha 116 anni, è la prima testata di questo giornale. Abbiamo cambiato il vestito. Ma non cambieremo mai l’anima. Giorgio Gandola

(direttore de La Provincia di Como)

tale. Per mettere a punto le quattro edizioni on line (i siti di Como, Son-drio e Lecco rifatti, quello di Varese neo-nato) ci si è ispirati ai siti di terza generazione dei giornali della grande provincia americana, ma senza mai perdere di vista le realtà locali alle quali fanno riferimento. Del progetto e dell’attuale realizzazione, che vede la collaborazione dell’intera redazio-ne, si è occupato e si occupa un pull composto da Francesco Angelini e Mario Schiani, rispettivamente capo-redattore e vice caporedattore cen-trali del cartaceo, e dai due vice ca-poredattori attualità Umberto Monti e Simone Casiraghi. «I siti vengono aggiornati almeno tre volte al gior-no», racconta Schiani, «e abbiamo notato che gran parte dei contatti avvengono per area territoriale più che per argomento». Come succede per il cartaceo, l’at-tenzione al territorio, qui racconta-to attraverso fotoservizi, sondaggi, blog, video, photogallery, è la vera carta vincente de La Provincia.

Un mensile per tuttiMancano, poi, solo pochi giorni all’ul-tima (per ora) sfida de La Provincia, terza tessera di un puzzle nel segno del rinnovamento. Con il magazine, at-teso per metà giugno, infatti, Gandola punta a inaugurare un appuntamento mensile con i lettori. Nato per diver-sificare il prodotto puntando su un marchio forte (La Provincia, appunto), il magazine diventerà lo spazio ideale per raccontare quelle storie e quei personaggi locali che sul quotidiano non trovano sufficiente spazio. Con una foliazione di 128 pagine a colori e il coordinamento di Vera Fisogni, già responsabile delle pagine della cultura del quotidiano, il magazine sarà, almeno per i primi mesi, abbina-

to gratuitamente al quotidiano. L’in-tento del direttore Gandola è (anche) quello di intercettare una pubblicità di alta gamma, sfruttando le potenzialità vecchie e nuove di Como e provincia: dal ricco mercato della moda, pun-tando sulla prestigiosa tradizione di città della seta, all’altrettanto vivace settore turistico, per il quale grazie all’effetto Clooney Como è ormai una sorta di “Hollywood sul Lario”.Infine, una curiosità: scavando negli archivi de La Provincia, Gandola ha scoperto che nel 1907 esisteva già un periodico: La Provincia Illustrata. «E noi che pensavamo di avere inventato il magazine! Invece c’era già, si trat-tava solo di farlo rivivere», confessa con ironia il direttore.

30 Tabloid 6 / 2007

Primo piano

Vigevano abbiamo raccolto un po’ di pareri nelle redazioni di cronaca delle province lombarde.“Ormai si arriva all’assurdo che non si può parlare con un primario senza che sia autorizzato da un direttore generale, che è un politico - segnala Carlo Gariboldi, capocronista de La Provincia Pavese. - La Pubblica Am-ministrazione tende a creare un filtro fittissimo, attraverso addetti stam-pa che danno risposte in tempi del tutto inadeguati per un quotidiano, trovando tutti i cavilli per ritardare il passaggio di informazioni”.Caso eclatante quello del Policlinico San Matteo di Pavia. “Da quando la struttura è diventata Fondazione”, prosegue Gariboldi, “non fa cono-

142/1990 e poi dal Testo Unico degli enti locali - sottolinea Bressani. - Si applica la normativa sbagliata, ovvero la legge 241 anche alle delibere sog-gette a pubblicazione e all’esercizio del diritto di cronaca. Secondo l’Asl, in caso di richiesta di accesso ad atti che riguardino soggetti controinte-ressati, è fatto obbligo per la P.A. di avvertirli affinché possano esercitare i loro diritti attraverso una motivata opposizione all’accesso stesso”.Partendo dal caso dell’Informatore di

Tabloid 3 / 2008

La voce delle province

Troppo spesso, negli uffici di P.A., la legge sulla privacy viene citata a sproposito

Il diritto d’accesso agli atti del giorna-lista e il diritto del medico al segreto professionale. Problema quotidiano per tanti cronisti. L’azienda sanitaria, si sa, può trattenere un atto per 30 giorni. Ma se l’Asl rifiuta di fornire una delibera già approvata e in pub-blicazione all’albo pretorio, il giorna-lista può fare una richiesta scritta di accesso immediato agli atti (la mera visione è gratuita). In caso di diniego può pretendere una risposta scritta e impugnare il reato d’abuso dinanzi al Tar. Un caso analogo è capitato a Claudio Bressani, redattore del bisettimanale di Vigevano L’Informa-tore, che si è visto opporre un divieto alla visione di una delibera assunta dal dg dell’Asl di Pavia (pubblicata all’albo) relativa all’assegnazione di contributi pubblici a case di riposo ritenute virtuose. Più precisamente è stato secretato l’allegato con l’elen-co delle beneficiarie e gli importi a ciascuna attribuiti, sostenendo che si tratterebbe di dati riservati. “Si continua a fare confusione tra l’accesso ai documenti amministra-tivi disciplinato dalla legge 241/1990 e il principio di pubblicità mediante affissione all’albo di tutte le decisioni degli enti pubblici, compresi i relativi allegati, così come sancito dalla legge

Cronache di periferiauna corsa a ostacoli

di Elena Rembado

Il caso, fra i tanti, dell’Asl di Pavia che ha negato di visionare una delibera a un redattore del bisettimanale L’Informatore di Vigevano. La difficile vita del cronista in provincia, alle prese con la scarsa attitudine alla trasparenza da parte delle Pubbliche amministrazioni

rIsPetto deLLA PrIVAcy e dIrItto dI cronAcA non sono IncomPAtIbILI

•La privacy dei pazienti non può diventare un pretesto per la mancanza di trasparenza da parte delle amministrazioni ospedaliere.

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scere le delibere, con la motivazione che non sarebbero più pubbliche. Un istituzione che gestisce servizi pub-blici dovrebbe invece pubblicare su internet le delibere”. In diversi articoli sull’inefficienza dell’organizzazione del tribunale, La Provincia Pavese ha, tra l’altro, denunciato come le prati-che siano di fatto accessibili a tutti, poiché conservate in armadi aperti, in corridoi privi di sorveglianza. “Ab-biamo documentato come si possa entrare, cercare il fascicolo e sottrarlo prosegue Gariboldi. - Il risultato è che c’è stata una richiesta di rinvio a giu-dizio, per furto di atti, a carico della

collega che ha seguito il caso”. Un altro caso emblematico arriva da Massimo Lanzini, caposervizio della cronaca cittadina de Il Giorna-le di Brescia: “In occasione di una recente campagna elettorale in un comune della nostra provincia, uno dei candidati si è rifiutato di dare al giornale la sua foto appellandosi alla privacy. Altri casi riguardano, invece, situazioni più drammatiche che non ci permettono di sorridere, ma sono comunque frutto di esagerazioni o fraintendimenti. Quando capitano in-cidenti mortali, contattiamo la fami-glia per avere maggiori informazioni e

reperire la foto della vittima. E spesso riceviamo dei dinieghi. In tali circo-stanze, avendo a che fare col dolore delle persone, scegliamo di rispettare le sensibilità individuali”. C’è, poi, un altro fenomeno sul quale varrebbe la pena riflettere. “Capita di frequente che una forza di polizia sia disposta a fornire le generalità di una persona accusata di un rea-to lieve (per esempio, la detenzione di una piccola quantità di droga), mentre, in caso di reati di evasione fiscale, falsa fatturazione o banca-rotta fraudolenta, tenda a dare solo le iniziali, tutelando l’identificabilità della persona sotto inchiesta. Credo comunque che il codice sulla privacy sia una buona norma - continua Lan-zini. - L’unica forza che un giornalista può avere nei confronti delle proprie fonti di informazione istituzionali è la conoscenza reciproca. Solo in un contesto di reciproca stima e fiducia ci si può permettere, quando l’am-ministrazione è restia a fornire delle informazioni, di far valere il proprio ruolo, che alla fine è di interesse pubblico. Ma è un traguardo che si conquista col tempo”. Pavia, Brescia, Bergamo pari sono. Almeno per le comuni difficoltà nel fare cronaca. “Il rapporto con la poli-zia locale è sempre sul filo del rasoio - fa notare Fabio Conti, cronista di nera a L’Eco di Bergamo. - A Ber-gamo, tutte le mattine, si tiene un incontro tra i rappresentanti dei cara-binieri e della polizia e la stampa. Da qui si parte. Tuttavia, le conferenze delle forze dell’ordine tendono a da-re priorità alla notizia in sé piuttosto che alle persone coinvolte, indicate come x, y o con le sole iniziali. Dicono che le generalità non hanno rilevanza per la cronaca. Ma, non sapendo chi è coinvolto, non si può raccogliere un suo commento diretto. Per que-sto il cronista, a partire dalla notizia “istituzionale”, deve andare sempre a verificare sul posto e interpellare i protagonisti. Le forze dell’ordine diramano il verbale, ma tralascia-no sempre dettagli importanti ai fini giornalistici. In generale, più il fatto è grave, maggiore è la loro reticenza e così la verità sfuma”.

La voce delle province

Cosa dice la legge

Il giornalista può accedere agli attiLa normativa madre è l’art. 21 della Costituzione sulla libera espressione di pensiero, senza censure né autorizzazioni preventive, unito però a un altro diritto costituzionale alla dignità e alla riservatezza delle persone (art. 2). Testo-chiave nella disciplina dell’accesso agli atti della P.A. è poi la legge 241 del 1990, che stabilisce che ha diritto all’accesso chiunque abbia un interesse giuridicamente rilevante, ricorda Ilaria Bonuccelli, vicepresidente dell’Unione nazionale cronisti italiani. Ed è giurisprudenza ormai consolidata, a partire da una sentenza del 1996 del Consiglio di Stato, riconoscere al giornalista il diritto ad accedere agli atti di aziende e fondazioni pubbliche, partecipate o municipalizzate, e perfino di soggetti di diritto privato che gestiscano servizi di interesse pubblico. C’è poi la legge sulla privacy (la n. 675/1996, poi modificata con un decreto legislativo nel 1998 proprio a tutela del diritto/dovere di cronaca). Per garantire ai giornalisti di poter svolgere il proprio lavoro, gli artt. 136-139 affermano che non si applicano alla professione giornalistica i limiti imposti dalla normativa sulla privacy agli artt. 23 e 26. Ovvero non è necessaria l’autorizzazione preventiva del Garante al trattamento di dati personali. E soprattutto non si applicano i limiti imposti dalla normativa sulla privacy per il trattamento dei dati sensibili (salute e sesso). Con un unico limite, fondamentale, che è quello dell’essenzialità e dell’interesse pubblico della notizia. Ultimo riferimento normativo è il codice deontologico (legge n. 179/1998), che all’art. 10 recita che il giornalista, nel riferire dello stato di salute di una persona, identificata o identificabile, deve rispettarne la dignità e il decoro personale, specie nei casi di malattie gravi o terminali, e deve astenersi dal pubblicare dati analitici di interesse strettamente clinico, indugiando su particolari non essenziali ai fini della notizia. Ci sono poi eccezioni alla norma, stabilite dal Garante della privacy: la diagnosi di Aids (per cui bisogna tutelare anche chi, vicino al malato, potrebbe avere nocumento dalla divulgazione della notizia) e i minori, la cui dignità è tutelata dalla Carta di Treviso ed è sempre prevalente rispetto agli altri diritti. E.B.

La voce delle province

Perché è diventato cosi difficile, per non dire impossibile, fare il nostro mestiere? Come direttore di alcuni settimanali locali, in Brianza, posso te-stimoniare quanto sta succedendo al nostro mestiere in questi ultimi anni.Abbiamo assistito, in silenzio, all’ap-provazione di leggi e disposizioni che di fatto ci hanno posto ai margini del-la società e messo nelle condizioni di non poter più svolgere la nostra professione. Iniziamo con la famigerata legge sulla Privacy. Attualmente chi fa il cronista locale è sottoposto a continue ritor-sioni e minacce, grazie a un’inter-pretazione del tutto personale della legge. Ognuno ne fa l’uso e l’abuso che meglio crede, o forse è meglio dire che più gli conviene. Iniziamo dalle fonti ufficiali. Carabi-nieri e Polizia negano l’accesso ai giornalisti presso i propri comandi. Il più delle volte è il tal Capitano o il tal ispettore che affida le uniche informazioni ufficiali a scarni comu-nicati stampa, senza alcun riferimen-to ai dati anagrafici delle persone, siano queste decedute a seguito di un infortunio o un incidente strada-le oppure arrestate per spaccio di droga o violenza carnale o vittime di furti o rapine. Il giornalista, nella maggior parte dei casi deve limitarsi

Tra guardie e ladrigiornalisti imbavagliati

di Angelo Baiguini

Le forze dell’Ordine parlano con i comunicati stampa e decidono quali notizie sono da divulgare e quali no. Truffatori e rapinatori “protetti” dalle sigle. E fioccano le querele.

La dEnuncia di un gruppO di cOLLEghi dEi sETTimanaLi LOcaLi dELLa brianza

ad aggiungere un po’ di “colore” ad un misero comunicato, trasforman-dolo in un articolo, il più delle volte impreciso e superficiale. Di fatto una favoletta, che quasi nessuno legge-rà, mancando precisi riferimenti alle persone coinvolte. In passato il giornalista veniva mes-so al corrente dai fatti, quindi era lui a decidere, in base alla sua profes-sionalità, quali erano le notizie che interessavano i lettori e quali infor-mazioni privilegiare rispetto ad altre, ma soprattutto quali dati potevano essere pubblicati e quali no. Oggi il cronista è invece costretto a confe-zionare articoli con notizie che altri hanno scelto di dare, utilizzando le sole informazioni e i particolari che gli stessi hanno deciso di diffondere. E’ ancora giornalismo, questo?Sarà per questo che sempre meno cittadini leggono i quotidiani? Spesso non vengono forniti i dati addirittura delle persone decedute, sempre per una questione di privacy. Ovviamente, anche se ovvio non è, non vengono diffuse notizie relative a furti e rapine per non compromettere l’immagine delle Forze dell’ordine. Il risultato è che quando viene arre-stato un truffatore che ha derubato una vecchina, sul giornale finiscono i dati della vittima (in quanto il cronista

locale risale da solo alla sua identità) e nella migliore delle ipotesi le inizia-li, G.P. o F.R. del truffatore. Il lettore cosa può pensare? Che il giornale protegge i delinquenti? Proprio nei giorni scorsi un Comando provinciale dei carabinieri ha diffuso un comunicato relativo all’arresto in flagranza di un rapinatore. Di quest’ul-timo sono state fornite le sole iniziali, mentre del cassiere della banca era indicato nome e cognome, data e

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Fonti negate e nomi di fantasia. Così un giornale locale perde identità e funzione

CHI è Angelo Baiguini, 49 anni, pubblicista, consigliere nazionale dell’Ordine dei giornalisti, ha iniziato a lavorare nel settimanale “Giornale di Merate”, divenendone direttore nel 1992. Ha fondato diversi settimanali, tra cui il “Giornale di Monza”, il “Giornale di Treviglio” e il “Giornale di Vimercate”

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La voce delle province

luogo di nascita e attuale residenza. Di tutto questo abbiamo discusso in un incontro tra i giornalisti della Brianza e la Presidente dell’Ordine della Lombardia, Letizia Gonzales. Per giornali che vivono di cronaca locale, che raccontano di inciden-ti, rapine, furti e truffe è veramente diventato difficile lavorare. Da una parte ci viene chiesta puntualità e precisione, dall’altra ci vengono ne-gate le fonti. Solo i politici continuano a conceder-si… Salvo poi minacciare richieste di danni milionarie al primo articolo non in linea. Carabinieri, polizia e vigili urbani si sottraggono e fanno tutto il possibile per evitare che i giornalisti possano fare il loro mestiere. Costret-ti ad elemosinare i dati attraverso fon-ti confidenziali e non attraverso le fonti ufficiali. Ma un conto è lavorare con informazioni precise e ufficiali e un altro è scrivere un articolo grazie alle confidenze dell’amico di turno. In caso di contestazione ovviamente non possiamo rivelare la fonte, così la responsabilità di eventuali errori ricade solo su di noi. La domanda di fondo è: chi decide quando un fatto è una notizia? Oggi sono le forze dell’ordine che stabi-liscono quali notizie devono essere divulgate e quali no. Ma carabinieri, polizia e vigili urbani sono giorna-listi? Credo che ognuno dovrebbe tornare a fare il proprio mestiere: loro a rincorrere i ladri e non a rincorrere le notizie. Dovremmo essere degli osservatori privilegiati di quando succede, invece oggi tutti cercano di nasconderci fatti. O meglio, ci in-formano solo di quello che interessa a loro…Privacy, quando sento questa parola mi si accappona la pelle. Tutti, politi-ci, forze dell’ordine e quindi i privati cittadini abusano di questa legge, il più delle volte senza conoscerne i contenuti. Il risultato è che i protago-nisti dei fatti e quindi delle notizie non hanno più un nome e un cognome. Leggendo i giornali si ha l’impressio-ne di leggere delle favolette.Il risultato è noto a tutti, i lettori com-perano sempre meno i giornali. Noi facciamo dei settimanali locali che

Il parere dell’avvocato

La privacy non limita i giornalisti ma serve un protocollo con il Garante

A cronisti sempre meno motivati, perennemente alla ricerca, sempre più difficile, delle informazioni necessarie per raccontare al meglio un fatto ci cronaca, potrà sembrare inutile il richiamo a principi generali e condivisi.E tuttavia non è un caso che la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e la Convenzione per la salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali richiamino, fra i presupposti della libertà di espressione, proprio la ricezione

e la diffusione di informazioni “senza che vi possa essere interferenza di pubbliche autorità”, pur nel rispetto della legislazione interna. Il Codice in materia di protezione dei dati personali, meglio conosciuto come “legge sulla privacy”, stabilisce, a tal proposito, dei limiti non alla ricezione, ma al trattamento di tali dati, pur tutelando la professione giornalistica. Chi la svolge può, in particolare, diffondere qualunque informazione su un soggetto, senza doverne chiedere il consenso, ma rispettando il codice deontologico. Il dato deve essere, però, acquisito presso chi lo detiene: questi, se lo diffonde, comunicandolo alla stampa, lo tratta e deve, a sua volta, rispettare la legge. Si crea, così, un circuito perverso in cui il giornalista può ricevere e diffondere dati che devono essergli, però, forniti da chi, sovente e non senza qualche ragione, si rifiuta di farlo, trincerandosi dietro norme non sempre applicabili. I dati non sensibili, riguardanti personaggi noti o fatti verificatisi in pubblico o comunque che interessano l’opinione pubblica, possono essere diffusi da soggetti che rivestono un ruolo pubblico, come, ad esempio, le forze dell’ordine, purchè si convenga sul fatto che tale attività rientra nella funzione istituzionale ed è, perciò, lecita e corretta, ai sensi degli artt.11, 18 e 19 della “legge sulla privacy”. Nell’incertezza che regna sovrana, per ovviare a rifiuti spesso immotivati ed evitare che l’informazione finisca per dipendere da rapporti personali o da decisioni unilaterali, potrebbe essere utile, per fugare ogni dubbio residuo, la sottoscrizione di un protocollo d’intesa, asseverato dal Garante, che stabilisca la legittimità e gli eventuali limiti alla libera circolazione delle informazioni. Caterina Malavenda

fondano la loro forza sul fatto che la gente si conosce e si riconosce sui giornali. Grazie all’uso strumentale di questa benedetta legge nessuno riconosce nessuno… Il fatto avvenuto in Sardegna di un anziano sorpreso a rubare al super-mercato e una volta scoperto, perdo-nato in quanto era un pensionato che non riusciva a tirare avanti, era stata una notizia ripresa da tutti i maggiori media nazionali… Salvo poi rivelarsi un’invenzione del cronista. Del resto l’alibi del nome e cognome consente di scrivere tutto. Anche notizie inven-tate di sana pianta. Ma questo non

è un bene, anzi. C’è poi il problema degli avvocati che hanno trovato nei giornalisti una miniera d’oro. Non passa giorno senza che riceviamo richieste di risarcimento anche per le cose più assurde. L’unica cosa certa è che l’avvocato di turno alla fine non rinuncia alla sua parcella. Forse sarebbe necessaria un’intesa tra i due Ordini per evitare lettere “temerarie” che hanno come unico obiettivo quello di giustificare la par-cella. Io credo che sia necessario un Ordine che mi giudichi quando sbaglio ma mi difenda quando faccio il mio dovere.

La posta dei lettori

34 Tabloid 3 / 2008

Rai dei fannulloni? No, federalista Il nuovo sottosegretario alle Comunicazioni del governo Berlusconi ha illustrato,

in un’intervista a Klaus Davi, il suo modello di Tv pubblica. Che fa discutere

Klauscondicio e televisione le condizioni di Paolo Romani Paolo Romani, sottosegretario alle Comunicazioni, in un’intervista web a Klaus Davi ha illustrato il suo modello di Tv pubblica. I giornali di quel giorno riportano estratti di “Klauscondicio” (rubrica che Davi “pubblica” periodicamente su YouTube). La visione integrale dell’intervista riserva però altri spunti sfuggiti ai più, che meritano di essere riportati e riguardano i giornalisti della Rai. Klaus Davi: “Le sedi locali della Rai, tipo Firenze e Torino, non fanno un cavolo, con la rete federalista torneranno protagoniste?”Paolo Romani: “Si’, ci sono molti giornalisti nella Tgr, tantissimi, mi pare che siano mille e passa (689!, ndr), devono ritrovare un pochino la voglia di fare il loro mestiere”.Davi: “Quindi piu’ ruolo alle sedi regionali...”Romani: “Più tg, più informazione, approfondimenti, L’esempio che facevo prima (la rete federalista, ndr.) è sintomatico del tipo di lavoro che possono fare”.Che dire? Non conta che Paolo Romani sia un profondo conoscitore di televisioni, fondatore con Marco Taradash, a meta’ degli anni ’70 di una delle prime tv private italiane (con passaggi poi a Videolina, ReteA, Telelombardia), non importa che abbia contribuito ad evolvere il gusto degli italiani producendo con Italia7 programmi indimenticabili come “Colpo grosso” (con Umberto Smaila) e “Vizi privati” (con Maurizia Paradiso). Quello che conta è che Paolo Romani ora è e parla da sottosegretario alle Comunicazioni, è stato prima presidente della Commissione Comunicazioni, poi membro della Vigilanza Rai (nel 2003 si oppose alla nomina di Paolo Mieli alla Presidenza Rai). Quindi dovrebbe, se non conoscere l’organico della Tgr almeno sapere che le 23 sedi regionali della Rai producono 3 telegiornali e 2 radiogiornali quotidiani e, annualmente (dati di bilancio 2006), oltre 6.500 ore di informazione televisiva regionale (di cui 550 dedicate alle minoranze linguistiche), oltre 200 ore di rubriche a diffusione nazionale, 5.900 ore di informazione radiofonica regionale di cui ben 2.000 dedicate alle minoranze linguistiche, oltre 30.000 contributi, tra servizi e collegamenti, alle testate delle reti nazionali. E, con una media di 30 redattori per sede, garantiscono una copertura 365 giorni

l’anno dalle 5.30 alle 24.00.Davi: “Fannulloni in Rai: ci sono. Che farete?”Romani: “Ci sono. Più che fannulloni ci sono molte persone che, assunte negli anni precedenti, oggi non fanno più nulla perchè il cambiamento della maggioranza nel frattempo li ha messi in disparte Ce ne sono parecchi e prendono anche molti soldi”.Davi: “Quote rosa: pochi direttori donna”. Romani:”Quando le donne diventeranno più brave non avremo bisogno delle quote rosa”.Davi: “Un po’ maschilista ‘sta frase, le femministe si incazzano. Quindi quando diventeranno più competitive e più brave…”Romani:”C’è purtroppo una tradizione antica italiana, che le donne italiane lavorano meno, e lavorando meno hanno meno possibilità di entrare nel campo della comunicazione e della politica”.Forse è inutile ricordare che in Belgio, Francia e Grecia le quote rosa sono state istituite per legge. Che in Austria, Danimarca, Finlandia, Germania, Portogallo, Regno Unito, Spagna e Svezia, in assenza di una disciplina legislativa, sono stati i partiti politici ad assicurare un accesso paritario alle cariche elettive. In conclusione vi basti sapere che il celebratissimo “Klauscondicio” è stato visto (dati di lunedì 26 maggio) per il frammento sulla Tgr da ben 74 utenti (anzi 70, perche’ io per trascriverlo l’ho visionato diverse volte), per quello sui “fannulloni” da 88.Bravura del Klaus imprenditore. D’altronde lo si deve comprendere. La sua Klaus Davi & Co. Srl, celebrata agenzia di relazioni pubbliche che vanta tra i suoi clienti Confindustria Giovani Imprenditori e Paola Ferrari Conduttrice e Giornalista, Consorzio Prosciutto San Daniele e Rai Radiotelevisione Italiana, Wonderbra e Tg3 (Corporate Image), per il 2005 ha denunciato perdite per 101.041 euro, un imponibile di 11.185 euro e ha pagato un’imposta netta di 3.691 euro. Spero per lui che le cose gli siano andate meglio negli anni successivi. In ogni caso, se ancora Davi non risultasse tra i 43.000 collaboratori della Rai (nonostante la sua rubrica domenicale sulla stampa estera nel Tg3 della notte), non è escluso che presto qualcuno lo proponga per una prima utilizzazione nel servizio pubblico.

Maxia Zandonai (giornalista Rai)

35 Tabloid 3 / 2008

La posta dei lettori

News locali e web salveranno i giornaliGentilissima Presidente, le faccio i complimenti per il giornale New Tabloid completamente rinnovato nella grafica, ricco di notizie e inchieste. E’ un giornale che si fa leggere volentieri, dalla prima pagina all’ultima. Soprattutto è utile trovare dati di raffronto fra il nostro mercato editoriale e quello estero. Ho trovato particolarmente interessante, infatti, il servizio sulle tendenze dell’editoria oltreoceano e oltremanica dal titolo “Giornali Usa: i big perdono i locali vanno benissimo”, dal quale risulta che “i primi 20 quotidiani degli States hanno perso complessivamente 1,4 milioni di copie di diffusione giornaliera fra il 2003 e il 2007” mentre, al contrario, crescono i locali soprattutto nella versione online. Ecco il punto. Noi stiamo vivendo la stessa crisi, anche i più importanti quotidiani italiani perdono copie e il mestiere del giornalista, mai come ora, è a un bivio. Ma io sono convinta che il giornalismo non sia “finito”, “morto”, come si sente dire sempre più spesso nelle redazioni, in particolare dai colleghi più anziani, ma semplicemente sta cambiando e nel futuro bisognerà cambiare il modo di farlo. Dovremo cercare di capire in che direzione andare e come realizzare un giornale il più possibile vicino agli interessi, ai problemi della comunità dei lettori. L’attuale modello, così sembra, non funziona più. Si avverte un distacco crescente fra i cronisti, terminali nervosi del giornale, e i cittadini che hanno ormai più facile accesso alle informazioni globali ma che forse gradirebbero sapere qualcosa in più della propria città e del quartiere in cui vivono. Sono convinta dell’utilità e della “forza” delle notizie locali. Tenendo conto anche che, oggi, anche in Italia come in America, la gente usa sempre di più Internet per avere informazioni. Sono sempre più convinta che la sinergia tra informazioni locali e web possono davvero salvare i quotidiani. E dirò di più: forse, bisognerebbe trattare la stessa Milano, ad esempio, come una piazza glo-local e trasferire le cronache locali sull’online, potenziando fortemente le redazioni decentrate. Forse. Da qui la richiesta, rivolta a Lei come presidente dell’Ordine Giornalisti di Milano, di organizzare e aprire un dibattito (con convegni ed autorevoli ospiti) sul futuro della professione giornalistica. Nella speranza di illuminare non solo i giornalisti ma anche gli editori e uscire, insieme, dalle secche della crisi. Cordialità

Stefania Consenti

Settimanali cattoliciil disagio delle redazioni Caro Presidente,abbiamo provato un forte disagio leggendo l’articolo sulla comunicazione della Diocesi di Milano pubblicato sull’ultimo “Tabloid”. Lo sconcerto nasce certamente dalla condizione personale, nostra e di una decina di altri colleghi, oggi in cassa integrazione dopo che la Curia di Milano ha preso la decisione, nello scorso ottobre, di chiudere i

settimanali “Luce” di Varese e dell’Altomilanese e “Il Resegone” di Lecco (oltre ai “controllati” “Piazza” di Erba e “Città Nostra” di Sesto San Giovanni), due periodici che, a differenza di altri chiusi e citati nell’articolo, vivevano grazie al lavoro di giornalisti professionisti assunti. Una scelta drastica che ha portato una ventina di persone (compresi i non-giornalisti), alcune con situazioni familiari molto difficili alle spalle, a fare i conti con quella precarietà e quella incertezza spesso deprecate dalla Curia, quando hanno riguardato altre aziende. Come certamente non ignora l’autore dell’articolo, Saverio Clementi, direttore per anni di uno dei due settimanali “liquidati” (“Luce” di Varese, nello specifico), la scelta della chiusura è stata dettata, secondo la Curia, da ragioni economiche (un perdurante bilancio in rosso) che non permettevano la sopravvivenza delle due storiche testate (una presente da 96 anni e l’altra da 126), ma tale chiusura non è stata accompagnata da alcuna proposta lavorativa alternativa: di fronte alle conseguenze umane e familiari di quella che l’articolo definisce una “dolorosa chiusura” il Cardinale, generosamente ha promesso il suo personale interessamento, ma fino ad oggi dagli uffici da lui incaricati di seguire la vicenda, non sono arrivate svolte positive. Non solo: nell’articolo si apprende di futuri piani di comunicazione della Curia milanese, si fa cenno a un “progetto regionale”, si parla del rilancio di “Milano sette”, dorso collegato all’Avvenire domenicale. Ma come? Si chiudono due giornali per ragioni economiche e poi si investono risorse su altri progetti, senza coinvolgere minimamente i lavoratori lasciati a casa? Crediamo, anche alla luce di questi sviluppi, che su “Luce” e “Il Resegone”, importanti realtà cattoliche legate al territorio, sia stata scritta una pagina nera, che dovrebbe sollecitare una seria riflessione sull’importanza da dare alla comunicazione diocesana e ai suoi operatori.

Andrea Giacometti, fiduciario “Luce”Marcello Villani, fiduciario “Il Resegone”

36 Tabloid 6 / 2007

Primo piano

sviluppo dell’infografia negli Stati Uniti: elenchi, cartine e schemi sono più chiari e permettono una consul-tazione più rapida rispetto ad un arti-colo in prosa che contenga le stesse informazioni. Così «Usa Today», nei primi anni ‘90, fu il primo quotidiano ad utilizzare la tecnica infografica con il preciso intento di alleggerire il «lavoro» del lettore ormai abituato ai ritmi dei nuovi mezzi di comunica-zione (tv e internet).In Italia l’infografia mosse i primi pas-si nei tardi anni ’90 al “Corriere della Sera”: le cartine meteorologiche ne costituirono il banco di prova. Il primo ufficio infografico vero e proprio nac-que nel maggior quotidiano italiano solo nel 1997. Ma l’anomalia italiana fu quella di importare un nuovo tipo

cede il passo all’intuizione, il pensiero si fa automatico: quattro orologi sono una sequenza temporale, una freccia il movimento, il tricolore l’Italia. Una notizia mostrata e non più detta.E’ in questo modo che si dà apporto creativo a disegni, foto, ideogrammi e altro ancora. E’ così che i disegni si animano e diventano un vero e pro-prio articolo. E’ così che la grafica diventa informazione. Lo ha ricono-sciuto anche una recente sentenza della Corte di Cassazione (vedi box nella pagina a fianco) che sancisce, in alcuni casi, la natura giornalistica dei grafici.

Un nuovo tipo di giornalismoL’interesse per il dato e il confronto numerico ha favorito la nascita e lo

Tabloid 3 / 2008

La voce delle redazioni

Potrebbe essere in dirittura d’arrivo una vertenza che si trascina da tem-po tra Rcs e un gruppo di infografici. Giornalisti a tutti gli effetti, secondo l’Ordine, ma non ancora dall’azienda. L’infografia è un tipo di giornalismo che permette di comunicare notizie attraverso la combinazione di im-magini (disegni, foto, etc.), simboli (ideogrammi, loghi) e testi. Poco si adatta ai commenti e si concentra più proficuamente sul dato e sulla notizia “pura”. In breve, l’infografia è usata in modo vantaggioso quando: • illu-stra come, dove, quando e perché un fatto è avvenuto; • crea una sintesi significativa ed immediata attraverso un’immagine, una serie di dati chiave e la quantità minima possibile di te-sto; • analizza uno o più dati, li mette in relazione e li confronta; • racconta un evento nel tempo e/o nello spazio; • spiega il funzionamento di meccani-smi. Immediatezza, velocità e brevità sono i pregi che consentono all’in-fografia di rendere la notizia fruibile all’istante. Nel lettore il ragionamento

Giornalisti infograficia prova di contratto

di Massimiliano Aliberti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito la natura giornalistica a chi dà un apporto creativo alla sistemazione grafica di immagini e parole. Il caso di un gruppo di colleghi di Rcs che hanno avuto il riconoscimento dovuto e l’iscrizione all’Albo

qUAndo ImmAgInI, sImbolI e testI CombInAtI dIventAno notIzIe

•Alcuni lavori dell’ufficio infografico Rcs hanno ricevuto riconoscimenti internazionali. Qui a fianco “Il nuovo occhio e i confini”, Bronzo al Premio Malofiej di infografica del 1999.Al Malofiej del 2002 il “palmares” fu di due argenti, e 2 bronzi. A destra una delle infografiche premiate:“Linate 9 ottobre 2001”.

37Tabloid 3 / 2008

Usa Today il primo quotidiano a utilizzare tecnologia infografica nei primi anni 90

L’aUtore Beppe Lopez, giornalista dal 1963, ha scritto inchieste, note e servizi per le più importanti testate e partecipato alla fondazione di “la Repubblica”. Ha dedicato diversi saggi al mercato dei giornali e alle tecniche editoriali, pubblicando, fra l’altro, “Il giornale che non c’è” e “Il quotidiano totale”.

La voce delle redazioni

Non solo formama creatività

L’ultima sentenza a favore del riconoscimento del lavoro giornalistico da parte degli infografici è datata, in ordine cronologico, 5 marzo 2008, è protocollata con il n. 5926 e ha l’imprimatur della Corte di Cassazione. Che ha ribaltato un giudizio precedente del giudice di merito che aveva negato il diritto al riconoscimento delle mansioni giornalistiche a un lavoratore che svolgeva le mansioni di grafico. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione e ha ribatito il carattere giornalistico all’attività creativa del grafico. La comunicazione - spiega l’avv. Nino Raffone, del Foro di Torino-, può assumere diversi aspetti, tra questi la sistemazione logica e grafica di parole, scritti o immagini. L’attività del grafico può esaurirsi nel semplice conferimento della forma, senza alcun apporto creativo, e in questo caso non c’è riconoscimento giornalistico oppure può, invece, estendersi alla sistemazione ritenuta più opportuna di parole o immagini, la modifica di linee o colori e così via in modo da determinare una scelta creativa che ha natura giornalistica.Altri precedenti sono riscontrabili, oltre che da sentenze di Tribunali, soprattutto da altre sentenze di Cassazione quali la n. 7007 del 23 novembre 1983, n. 4547 del 19 maggio 1990, la n. 889 del 1 febbraio 1996 e la n. 5370 del 1 giugno 1998. Insomma la giurisprudenza in materia è voluminosa. Ce n’è quanto basta per affermare che là dove c’è apporto creativo da parte del grafico sia applicabile il concetto di attività giornalistica e quindi applicabile anche il contratto collettivo di lavoro giornalistico.

Cosa dice la legge

di giornalismo senza però ricono-scere la qualifica di giornalista a chi svolgeva questo lavoro.

Il riconoscimento dell’ordineGià nel maggio 2002 sulle pagine di “Tabloid” (n. 5) l’Ordine della Lom-bardia spiegò “Perché gli infografici si possono definire giornalisti” e perché la figura dell’infografico “può conside-rarsi, a tutti gli effetti, giornalistica, con conseguente applicabilità del contratto nazionale di lavoro giornalistico”. Coe-rentemente l’Ordine dei giornalisti ap-poggiò la richiesta di alcuni infografici del “Corriere” di diventare giornalisti. Così, dopo aver superato gli esami ed essere stati iscritti all’Albo, iniziarono una vertenza legale con l’editore.

Le resistenze dell’editoreRcs decise di opporsi al ricono-scimento degli infografici che ne avevano fatto richiesta. Dopo che si è aperta la causa, la società ha selezionato un responsabile grafico (giornalista) per fare da filtro con le redazioni col fine di sminuire il lavoro dell’ufficio infografico. Un «li-bro di stile» è stato approntato per cercare di rendere più “tipografico” il lavoro, ma per realizzare il «book» si sono dovuti avvalere della pro-

fessionalità di alcuni infografici. In realtà ogni infografico ha un proprio «stile» nell’elaborare la notizia: co-me posiziona la cartina, come sot-tolinea un nome, come specifica un numero o lo colora, come dispone una foto, un disegno, un marchio o un piccolo testo.

Come nasce un’infograficaIn RCS gli infografici essenzialmen-te si relazionano con i giornalisti di “Corriere della Sera” e “La Gazzetta dello Sport” che trasmettono l’input della redazione, eventualmente for-nendo i testi. L’infografico disegna cartine, cerca luoghi, dati, immagini e quanto può essere utile alla rea-lizzazione del pezzo. Le fotografie hanno spesso un ruolo centrale; è compito dell’infografico cercarne di adatte, elaborarle e metterle in rela-zione con i dati. Come per ogni al-tro giornalista è fondamentale l’uso della rete. Sul web l’infografico trova informazioni ed immagini che pos-sono servire a spiegare ed illustrare la notizia. Tutto questo si svolge con l’autonomia e la professionalità di un qualsiasi altro giornalista. La tecnologia informatica avvicina sempre più figure professionali un tempo distanti e ne crea di nuove. Negli altri Paesi si è badato meno alle qualifiche e più alla sostanza e l’editoria ha saputo dare il giu-sto valore professionale alla figura dell’infografico. Non così in Italia. Ora è il caso di dire che Cassazione docet.

•Gli infografici Rcs riconosciuti dall’Ordine dei giornalisti. Da sinistra: Pierluigi Serena, Sabina Castagnaviz, Marcello Valoncini, Andrea Venier, Franco Sturini, Gian Franco Giudici, Massimiliano Aliberti . A sostegno loro e di altri infografici si pronunciano numerose sentenze della Corte di Cassazione.

38 Tabloid 6 / 2007

L’osservatorio sull’estero

Mentre fra i 403 quotidiani con una diffusione inferiore alle 75.000 copie, circa 50 sono in crescita. Ma forse la cosa più positiva da segnalare – aggiunge Snedeker – è che gran parte di questo calo di diffusione è stato pilotato dal management, che ha tagliato quella che gli editori chia-mano diffusione-spazzatura, come le copie distribuite fuori dei mercati di riferimento o diffuse gratuitamen-te. Lo fanno anche per risparmiare soldi, naturalmente, oltre che per concentrare l’impegno nelle aree di radicamento.Per esempio l’Atlanta Journal-Con-stitution ha annunciato che taglierà la sua diffusione giornaliera del 2,2%, riducendo la propria distribuzione da 74 a 39 contee. Quanto pesa questa riduzione controllata rispetto al calo totale? Forse conta per il 50%, per cui il declino reale nell’ anno marzo 2007-marzo2008 sarebbe in realtà dell’1,8%, del tutto in linea con quelli degli ultimi anni.

42 minuti al giorno sul webIl numero di pagine visitate per ogni persona-utente è aumentato dalle 36,3 alle 45,8, sempre secondo Niel-sen Online. E in media, gli utenti web americani si soffermano sui giornali online 42 minuti al giorno, contro i 34,5 minuti registrato tre anni prima, nel dicembre 2004. Annualmente la diffusione totale dei 57 giornali che hanno più di 200mila copie è calata del 3,4%, ma questa percentuale è determinata in gran parte da alcune testate che perdo-no molto di più di altre, come ad esempio l’Orange County Register o il Miami Herald, che arrivano a per-dere fino al 12%. Fra i 95 giornali medi, con diffusione fra 75.000 e 200.000 copie (perdita complessiva del 3,6%), rileva Sne-deker, una dozzina di essi hanno an-cora dei numeri positivi, come Las Vegas Review-Journal, Baton Rouge Advocate e Lincoln (Neb.) Journal Star, tutti in aumento di circa l’1%.

Tabloid 3 / 2008

Ormai è cowsa nota, ma è ancora forte lo shock per le notizie sulle dimensioni dell’ulteriore calo della diffusione dei maggiori quotidiani Usa. Dai dati sull’industria dei gior-nali, in ogni caso, qualcuno coglie degli aspetti positivi. A fronte dell’annuncio di Nielsen Online che l’audience dei lettori dei giornali in rete è fortemente cre-sciuta, in America, passando dai 38.97 milioni del dicembre 2004 ai 63.05 milioni del dicembre 2007, un articolo di MediaLifeMagazine sottolinea che in gran parte dei casi i tagli nella diffusione sareb-bero pilotati dal management per risparmiare la distribuzione in aree esterne ai mercati e alle comunità di riferimento. L’incremento dei lettori online, secondo il MegaPanelData della Nielsen è stato di più del 60% in tre anni, mentre il numero totale delle pagine web viste è pressoché raddoppiato, passando dagli 1,4 ai 2,9 miliardi di pagine.

Stampa Usae calo “pilotato”

di Pino Rea per Lsdi*

I tagli diffusionali dei quotidiani oltroceano sono decisi dal management per risparmiare i costi di distribuzione in aree esterne ai mercati che contano. In Uk, invece, il Manchester Evening News punta tutto su una strategia free and pay

In forte crescIta I lettorI onlIne amerIcanI

utenti dei quOtidiani americani OnLine anno Utenti unici %ricerca diretta Pagine viste Pag. visitate* Tempo di permanenza* Visite*

2004 39.969.158 26,04 1.414.249.638 36,29 0:34:23 6,91

2005 52.406.635 34,44 2.352.773.119 44,89 0:40:39 7,75

2006 56.013.742 34,56 2.688.692.759 46 0:42:55 7,8

2007 63.052.143 38,2 2.868.760.593 45,82 0:41:57 7,83

*per ogni persona-utenteFonte: World Association of Newpapers - Nielsen Netonline

L’osservatorio sull’estero

39Tabloid 3 / 2008

e in inghilterra si tenta la diffusione mista Differente la strategia di alcuni gior-nali inglesi per contrastare la crisi. E’ quanto risulta da un’analisi di Followthmedia che durante gli ulti-mi due anni ha osservato molto da vicino due giornali locali inglesi che hanno assunto due diversi approcci per contrastare la drastica diminu-zione delle vendite – The Manchester Evening News, che si è lanciato in una nuova strategia di marketing distribuendo gratuitamente 50 mila copie nel centro della città, mentre ha mantenuto le vendite in periferia, e il Birmingham Mail che è passa-to attraverso un rilancio completo concentrando la propria attenzione sulle notizie locali: ora è passato un tempo sufficiente per vedere cosa ha funzionato e cosa no.Il Manchester può affermare di aver aumentato la distribuzione del 34 per cento circa, raggiungendo il suo scopo iniziale di una tiratura totale di 180 mila copie, ma per arrivare a questo il giornale ha distribuito gra-tuitamente molte più copie di quante ne abbia vendute. Si pensava che avrebbe venduto circa due terzi del totale, e distribuito gratuitamente il terzo restante. Il Birmingham ha invece mantenuto il calo nella tiratura e ora sta riponendo la maggior parte delle sue aspettative in un sito Internet lanciato recente-mente. I giornali locali inglesi soffro-

no dello stesso problema dei giornali metropolitani Usa: calo di vendite e pubblicità. Se c’è un motivo comu-ne nei risultati che hanno ottenuto il Manchester e il Birmingham contro questi mali sembra essere che il mo-dello dei giornali a pagamento non può essere ancora praticabile per i giornali non-nazionali, e deve essere sostituito forse da una combinazione di free press e copie a pagamento, più il sito Internet gratuito. A Manchester, gli ultimi dati sulla tiratura dell’Evening News mostra-no una diffusione totale di 180.900 copie, delle quali 98.455 gratuite e 82.455 a pagamento. C’è uno scarto, rispetto alle 200 mila copie totali che i dirigenti dicevano che avrebbero voluto ottenere per la fine del 2007 ma il management sarà ugualmente soddisfatto per avere ottenuto la ti-ratura più alta tra tutti i giornali locali inglesi. Ma le cose non sono andate esattamente come i manager aveva-no sperato. L’idea originale, realizza-ta nel maggio 2006, era di distribuire in centro –dove il giornale vendeva solo 7 mila copie - 50 mila copie, e di continuare a vendere invece in periferia, dove la tiratura era intorno a 127 mila. L’idea era di conservare intatte le vendite in periferia, mentre la tiratura totale sarebbe balzata in-torno alle 180 mila copie.

in calo il vendutoaumenta il gratuitoI lettori di Manchester però la vede-vano diversamente. Perché pagare per qualcosa che si può avere gra-tuitamente? Pian piano il giornale ha dovuto iniziare a distribuire gra-tuitamente sempre più copie – prima 60 mila, poi il numero ha raggiunto 92 mila fino a toccare ora le 100 mi-la. Ma in periferia quelle 127 mila copie che venivano vendute sono bruscamente crollate a 81 mila –

un calo del 36 per cento – per cui l’obiettivo finale è stato raggiunto, ma non con i guadagni delle vendi-te che il giornale aveva auspicato. Solo nell’ultimo anno, le vendite sono calate del 13,5% e negli ul-timi sei mesi del 6,4%, la peggiore performance tra tutti i giornali locali inglesi. Ma la cosa fondamentale, secondo il giornale, è che può anco-ra contare su quelle 180 mila copie per gli inserzionisti, e questo era lo scopo. Secondo Mark Rix, direttore di MEN Media, nel primo anno con l’abbinamento versione gratuita-a pagamento la pubblicità è cresciuta dell’8 per cento. Altri giornali come il Liverpool Post stanno adattando lo stesso modello, e stanno scoprendo che significa più giornali gratuiti di quanti ne avessero pianificato, ma questo sembra esse-re un trend per migliorare gli introiti pubblicitari, basato in parte sul fatto che le copie gratuite sono solitamen-te destinate ad un pubblico giovane, più desiderato dai pubblicitari.A Birmingham la situazione al Bir-mingham Mail non è migliorata nono-stante lo sforzo enorme di focalizzare sulle notizie locali. Il giornale sapeva che avrebbe dovuto fare qualcosa di drastico quando fra il 2004 e il 2005 è stato colpito da un calo del 10 per cento e la tiratura è scesa sotto la so-glia psicologica delle 100 mila copie. La risposta è stata un investimento di 1 milione di sterline e, per convincere i lettori che si trattava di un progetto diverso, la testata è tornata al nome originario del 1967, The Birmingham Mail. Le notizie locali che di solito venivano pubblicate nelle pagine in-terne sono passate in prima pagina. Le redazioni locali che erano state chiuse per mancanza di fondi sono state riaperte. *Libertà di stampa diritto all’informazione

Internet e free press stanno cambiando le strategie di marketing della carta stampata per recuperare la diffusione

40 Tabloid 6 / 2007

Primo piano

L’attuale Presidente, Giorgio Na-politano, in occasione del recente Congresso della Fnsi, ha richiamato “l’insostituibile funzione civile di una informazione libera e pluralistica e il suo ruolo essenziale nella crescita di una società democratica”. La Giornata, organizzata d’intesa con Federazione della Stampa e Ordine dei Giornalisti e che ha l’Alto Patronato del Presidente Napolita-no e i patrocini del Presidente del Consiglio e dell’Unesco Italia, da un lato è il naturale proseguimento dell’attenzione dell’Unci a questo tema – già evidente con il Giardino della Memoria di Palermo, nel quale cronisti e magistrati piantano alberi in memoria di magistrati, giornalisti e uomini delle forze dell’ordine uccisi dalla mafia –, dall’altro realizza la ce-lebrazione unitaria e contemporanea del ricordo di colleghi a ciascuno dei

“la storia esiste solo se qualcuno la racconta”, ma la storia è la cronaca vista a distanza di tempo. Senza cro-naca, dunque, non c’è storia, e senza storia non c’è coscienza del progre-dire della civiltà né delle battute di arresto o, a volte, dei ritorni indietro. E perché la cronaca sia veritiera occorre che i cronisti abbiano la possibilità e la capacità di raccontarla. Non è certo un caso che, ricevendo i vincitori del Premio Cronista 2002- Piero Passetti al Quirinale, l’allora Presidente del-la Repubblica Carlo Azeglio Ciampi abbia pronunciato per la prima volta la frase divenuta poi il leit motiv del suo rapporto con la stampa: “Il cro-nista è il Dna del giornalismo, tenete dritta la spina dorsale”. Né che il suo predecessore, Oscar Luigi Scalfaro, tutte le volte che incontrava i cronisti ripetesse “il fatto è il fatto e non lo può cambiare neanche DomineDio”.

Tabloid 3 / 2008

La giornata della memoria

Mafia, camorra, terrorismo rosso e nero, in Italia. Eserciti in lotta, guer-riglieri, banditi, all’estero. Persone, luoghi, motivi diversi. Accomunati da un solo nemico: nel loro mirino ci so-no i cronisti. Perché hanno il compito di raccontare alla gente quello che accade. La realtà vera, non quella di comodo che questo o quel potente o prepotente di turno vorrebbe accre-ditare come tale. E per essere fedeli al loro compito i giornalisti pagano un prezzo altissimo. Fino ad essere uccisi e feriti gravemente.Avviene da sempre e ovunque: ad Arlington, in Virginia, c’è un muro di vetro alto 7 metri al Journalists Me-morial, sul quale sono incisi i nomi di oltre 1.800 giornalisti uccisi. Ogni an-no l’elenco delle vittime si allunga. In Italia dal dopoguerra ad oggi troppo lunga è la lista dei giornalisti colpiti. A loro l’Unci (Unione nazionale cronisti italiani) ha dedicato la Giornata del 3 maggio 2008 in concomitanza con quella internazionale che l’Onu inti-tola alla libertà di informazione. Una Giornata per ricordare, ma anche per impegnarsi affinché ciò che è stato non sia più e i cronisti possano infor-mare liberamente e senza correre il rischio di perdere la vita. Diceva il collega Tiziano Terzani che

Il monito dei nostri eroie di chi non vuole tacere

di Guido Columba*

I giornalisti hanno pagato un prezzo elevato nella lotta a terrorismo rosso e nero, a mafia e camorra. A chi vuole informare liberamente e rischia la vita, l’Unci ha dedicato un giorno commemorativo. Per ricordare le vittime del passato e sostenere i cronisti d’oggi

3 mAggIo 2008: lA cAtegorIA UnItA A dIfesA dellA lIbertà dI stAmPA

•L’indicazione per il “Giardino della memoria”, voluto da Comune, Unione cronisti e Associazione magistrati a Palermo.

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quali sono dedicate particolari com-memorazioni, manifestazioni, Premi, Fondazioni, Associazioni impegnate in attività sociali e benefiche. È, na-turalmente, anche una Giornata di impegno e mobilitazione: il doveroso omaggio ai colleghi che alla libertà dell’informazione hanno sacrificato la vita, o sono stati gravemente feriti, si deve coniugare con il sostegno ai molti, troppi, giornalisti che nella loro attività quotidiana subiscono mi-nacce, intimidazioni, violenze e con la rivendicazione del pieno e libero esercizio della professione. Dalla Giornata saranno rafforzati gli interventi dell’Unci a difesa della li-bertà di informazione nei confronti di tutti coloro - criminali, magistrati, forze dell’ordine, politici, ammini-stratori, potenti di ogni genere - che ostacolano l’informazione cercando d’impedirla, negando le notizie o ar-rivando anche a distorcerle ai loro fini, come si gioveranno anche le azioni per impedire che leggi, norme e circolari mettano ulteriori ostacoli al diritto-dovere di cronaca già così difficile da realizzare. Per sostenere la Giornata abbiamo anche chiesto un impegno al mondo politico, sempre prodigo di spertica-ti elogi per la funzione democratica fondamentale del giornalismo. Ab-biamo sottoposto l’iniziativa al Pre-sidente della Commissione antimafia Francesco Forgione, al Presidente della Commissione affari costituzio-nali della Camera Luciano Violante, al deputato Marco Boato. Il risultato è stata la proposta di legge n. 2735 per l’istituzione della “Giornata nazionale della memoria dei giornalisti uccisi dalla criminalità mafiosa e dal terro-rismo” presentata il 5 giugno 2007 dall’onorevole Boato alla Camera.

La manifestazione in Campidoglio ha preceduto di pochi giorni la data del 9 maggio, anniversario dell’uccisione, nel 1978, dell’onorevole Aldo Moro, che una legge del 2007 ha stabilito sia il “Giorno della memoria”, al fine di ricordare tutte le vittime del terro-rismo, interno ed internazionale, e delle stragi di tale matrice. L’impegno personale. Nessuno ha avuto la vocazione dell’eroe, ma tut-ti, indistintamente, non si sono mai accontentati della versione ufficiale o di comodo degli avvenimenti. Hanno fatto del giornalismo d’inchiesta, so-no andati a vedere di persona, han-no raccontato cose che gli altri non vedevano o non volevano vedere, hanno collegato fatti, nomi, vicen-de scollegate tra loro per risalire alla verità. Sono stati animati da carica ideale ed etica e da passione civile e sociale. Diversi sono stati spinti anche da passione politica: in pre-valenza di sinistra, anche accentuata, ma anche di destra. Cesarini, Colorni, Malatesta e Merli sono stati uccisi da fascisti e tedeschi. Il rapporto con la professione. Alfano, Impastato e Rostagno non erano iscritti all’Ordine dei giornalisti, lo sono stati d’ufficio dopo la morte. Russo non ha mai voluto farlo. Cutuli è stata promossa inviata speciale e Siani assunto a morte avvenuta. Le definizioni. Per il loro impegno nel descrivere la vera natura del ter-rorismo gli assassini hanno chiamato le loro vittime in vario modo. Tobagi: terrorista di Stato. Casalegno: servo dello Stato. Montanelli: schiavo del-le multinazionali. Rossi: velinato del Ministero dell’Interno e piazza del Gesù. Ferrero: servo del Pci. Passa-lacqua: giornalista riformista. Bruno: pennivendolo di Stato.

I misteri sulla morte. Pochi dei delitti commessi contro i giornalisti sono stati risolti. Nella maggior parte dei casi rimane inappagata la richiesta di giustizia e la constatazione che si sarebbe dovuto e potuto fare molto di più per individuare mandanti, ese-cutori, complici. Mancano, inoltre, quattro corpi: quelli di Baldoni, De Mauro, De Palo, Toni. La Giornata che celebriamo costituisce un dovere e un impegno. Il dovere di ricordare i colleghi che hanno pagato con la vita o con gravi sofferenze la loro determi-nazione a raccontare la verità. Cosa che abbiamo fatto anche assegnan-do il Premio Cronista alla memoria nel 1993 ad Alfano, nel 1994 a Luchetta, nel 1995 a Palmisano. L’impegno a difendere il diritto-dovere di cronaca e la libertà di stampa contro chi vor-rebbe far tacere i giornalisti. È un impegno che l’Unci si è assunto e che intende mantenere con gran-de determinazione. E che da questa Giornata è uscito rafforzato.

* Presidente Unione Nazionale Cronisti Italiani

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: «L’esempio di tanti giornalisti deve essere memoria condivisa da trasmettere alle giovani generazioni».

La giornata della memoria

• Guido Columba, Lorenzo Del Boca, Franco Siddi e Romano Bartoloni alla commemorazione del 3 maggio.

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La giornata della memoria

bre 1977 riceve quattro proiettili alla testa da parte delle Br, che lo avevano individuato come obiettivo in quanto “servo dello Stato”. Dopo due settimane di coma, Casalegno muore il 29 novembre a 61 anni. A La Stampa Casalegno lavora per 30 anni, ricoprendo il ruolo di vi-ce direttore dal 1968, con Alberto Ronchey prima e Arrigo Levi dopo. “Terrorismo e chiusura dei covi” è il titolo del suo articolo pubblicato sul quotidiano torinese una settimana prima dell’attentato.Beppe Alfano (foto 3) Collabora-tore del quotidiano La Sicilia, viene assassinato la sera dell’8 gennaio 1993 a Barcellona, trentesima vitti-ma della mafia in un anno nel pae-se siciliano. Giornalista (ma iscritto all’Ordine d’ufficio solo dopo la sua morte) scomodo, impiccione, amico dei magistrati, si occupava (troppo) di appalti pubblici, traffici di armi e di droga. L’esecutore dell’omicidio è stato individuato in Antonio Merlino, condannato a 21 anni e mezzo di reclusione, ma tanti sono ancora i quesiti aperti.Mario Francese (foto 4) Con il suo assassinio, il 29 gennaio 1979 a 54 anni, per i magistrati si apre “la stagione dei delitti eccellenti”. Protagonista per il Giornale di Si-cilia della cronaca giudiziaria e del giornalismo d’inchiesta siciliano, Francese rappresenta un pericolo per la mafia corleonese emergente. Viene eliminato per mano di Leoluca Bagarella e su ordine di Totò Riina, Raffaele Ganci, Francesco Madon-na, Michele Greco. Porta la firma di Francese l’unica intervista a Ninetta

Non è solo la loro tragica, e spesso misteriosa fine ad accomunare gli 11 cronisti italiani protagonisti di queste pagine, messi a tacere da mafia, camorra e terrorismo. Il loro impegno sociale e il loro desiderio di denunciare (a rischio, appunto, della vita stessa) le distorsioni di un Paese in mano, a seconda dei casi e dei periodi, a mafiosi piuttosto che a terroristi li rendono simili al di là di ogni apparenza: professionisti seri e scrupolosi dell’informazione. A loro, e a tutti gli altri giornalisti uccisi-feri-ti-gambizzati in circostanze diverse dal dopoguerra a oggi all’estero o nel nostro Paese (da Ilaria Alpi ad Antonio Russo, da Maria Grazia Cu-tuli a Giuliana Sgrena) è dedicato il libro Giornata della memoria dei giornalisti uccisi da mafie e terrori-smo realizzato dall’Unci e presenta-to lo scorso 3 maggio a Roma. Ecco qui di seguito chi erano e per-ché non sono più gli 11 giornalisti (con o senza tesserino in tasca) ca-duti in Italia dal 1960 al 1993. Mauro De Mauro (foto 1) Cronista di punta del quotidiano L’Ora di Pa-lermo, sparisce nel nulla, a 49 anni, la sera del 16 settembre 1970, vit-tima di una “lupara bianca” in piena regola. Ai tempi della scomparsa, De Mauro lavorava al “caso Mattei”, ma per un decennio aveva seguito per L’Ora le principali inchieste sulla ma-fia e i più importanti casi di cronaca, diventando una vera spina nel fian-co dei mafiosi. Sulla sua sparizione, sono state molteplici le ipotesi circa moventi e mandanti.Carlo Casalegno (foto 2) Vicedi-rettore de La Stampa, il 16 novem-

Loro sapevano troppo

di Paola Manzoni

ecco chi erano e, soprattutto, perché non sono più gli 11 cronisti uccisi in Italia, dagli anni sessanta a oggi, per mano della mafia, della camorra o del terrorismo

Un lIbro reAlIzzAto dAll’UncI Per non dImentIcAre

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è corrispondente da Ragusa, l’omi-cidio di Angelo Tumino, viene uc-ciso a revolverate dal collezionista d’armi Roberto Campria, sospetta-to proprio da Spampinato di essere coinvolto nel delitto Tumino. È il 27 ottobre 1972 e Giovanni, già autore di inchieste su sospette attività di neofascisti locali, ha 26 anni. Cam-pria si costituisce e viene condanna-to a 14 anni, di cui ne sconta solo 8 in un manicomio giudiziario.Walter Tobagi (foto 9, al centro) 28 maggio 1980, ore 11: Marco Barbo-ne e Mario Marano, della Brigata 28 Marzo, mettono fine a Milano alla vita del trentatreenne giornalista del Corriere della Sera, nonché presi-dente dell’Associazione lombarda dei giornalisti. Scrittore e docente universitario, Tobagi ha una passio-ne per i temi sociali, dell’informa-zione, della politica, del movimento sindacale. Ma, soprattutto, si dedica con passione alle vicende del terro-rismo, seguendo passo passo, per il quotidiano di via Solferino, gli “anni di piombo”.Cosimo Cristina (foto 10) Il suo cadavere viene rinvenuto, sui bina-ri della ferrovia, il 5 maggio 1960, dopo due giorni di ricerche. Si parla, con poca convinzione e nessuna prova, di suicidio. Cosimo ai tempi ha 24 anni ed è corrispondente del quotidiano L’Ora di Palermo da Ter-mini Imprese. Gli intrecci tra mafia e politica nella zona delle Mado-nie sono al centro dei suoi articoli e delle sue inchieste, ma ciò non basta per dare una risposta certa alla sua morte. Giancarlo Siani (foto 11) Le sue inchieste sui boss della camorra napoletana animano le pagine de Il Mattino, sotto la direzione di Pa-squale Nonno. Ed è un suo articolo sull’arresto del boss Valentino Gion-ta e su una presunta soffiata del clan Nuvoletta a firmare la sua fine: Giancarlo Siani viene assassinato a 26 anni all’uscita della redazione centrale del quotidiano partenopeo, dal quale era in attesa di essere as-sunto. È la sera del 23 settembre 1985. Alla sua morte, Siani verrà assunto.

Bagarella, moglie di Totò Riina. Giuseppe Fava (foto 5) Cinque col-pi calibro 7.65 alla nuca lo freddano la sera del 5 gennaio 1984, poco dopo aver abbandonato la redazione del mensile I Siciliani, da lui fondato nel 1982, dopo una lunga esperien-za a Espresso Sera e alla direzione del Giornale del Sud. Collusioni tra mafia, politica e imprenditoria sono di frequente tema delle inchieste che commissiona e pubblica in qualità di direttore del suo mensile. Nel 2003 la Cassazione condanna all’ergastolo il boss Nitto Santapaola, riconosciuto quale mandante del delitto.Mauro Rostagno (foto 6) Il 26 settembre 1988, a 46 anni, viene assassinato in contrada Lenzi (Tra-pani), poco distante dalla comunità Saman per il recupero dei tossi-codipendenti da lui fondata, dopo anni movimentati vissuti in giro per l’Europa prima e in Italia poi, come animatore del Movimento Studen-tesco e come uno dei fondatori di Lotta Continua. Dopo la parentesi indiana e durante la vita di Saman, Rostagno lavora anche per RadioTe-leCine, denunciando le collusioni tra mafia e politica locale. Una morte, la sua, rimasta impunita.Giuseppe Impastato (foto 7) Una carica di tritolo messa sotto il suo corpo adagiato sui binari della fer-rovia: così muore a 30 anni, nella notte dell’8 maggio 1978, Giuseppe detto Peppino. Nato da una famiglia

mafiosa, si distin-gue fin da giovane per la sua attività politico-culturale antimafiosa, fon-dando il giornali-no L’Idea Sociali-sta prima e Radio Aut poi, dalle cui frequenze sbef-feggia politici e mafiosi. Per il suo omicidio, Gaetano Badalamenti rice-

ve un ergastolo e Vito Palazzolo 30 anni di reclusione. Giovanni Spampinato (foto 8, con i genitori) Mentre segue per il quotidiano L’Ora di Palermo, di cui

•In queste foto, gli 11 cronisti italiani vittime di mafia, camorra o terrorismo negli anni dal dopoguerra a oggi. Uccisi, da Milano a Trapani, per le loro inchieste e le loro indagini che spesso portavano a parlare di collusioni tra mafia e politica, di traffici d’armi e tentativi di golpe. Eliminati per non farli più parlare.

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Colleghiin libreria

GLI AUTORIValerio Castronovo (già ordinario di Storia contemporanea) e Nicola Tranfaglia (già professore di Storia d’Europa e di Storia del giornalismo), sono validi divulgatori e hanno pubblicato in coppia opere fondamentali, come La stampa italiana del neocapitalismo (1976) e Storia della stampa italiana (6 volumi 1976-80), tutte con Laterza.

I profondi rivolgimenti avvenuti nel campo dell’informazione con la diffu-sione di Internet ci pongono di fronte a un cruciale problema: Internet si trasformerà in fattore di democratiz-zazione, contribuendo a far circolare idee e progetti, oppure indurrà quanti se ne servono a recepire acritica-mente quanto scorre sulle barre di navigazione? Da profondi conoscito-ri di storia della stampa italiana, Vale-rio Castronovo e Nicola Tranfaglia si pongono questo fondamentale que-sito nella riedizione del volume a più voci La stampa italiana nell’età della TV- Dagli anni Settanta ad oggi. I due autorevoli studiosi, così come tutti gli altri autori, hanno aggiornato e ampliato le loro analisi sulle vicende e sugli aspetti più significativi dello sviluppo dei mezzi di comunicazione in Italia nell’ultimo quarto di secolo. Grande attenzione viene dedicata all’influenza della televisione sulla stampa e sul mercato pubblicitario

Un’informazione migliore con i nuovi media?

a cura di Antonio Andreini

La crisi della stampa, il consolidamento della tv, l’esplosione delle notizie online analizzati da due studiosi di storia del giornalismo e da autorevoli esperti. Un viaggio dagli anni Settanta a oggi, per capire a che punto siamo e dove stiamo andando

Dai quotiDiani a internet, passanDo per la televisione

e gli aggiornamenti prendono in esa-me, in particolare, i problemi portati dalla diffusione di Internet e delle notizie on-line. Oggi, in realtà, non è più possibile tenere separati i di-scorsi che riguardano i diversi media e, come sottolineano gli stessi autori nella premessa a questa seconda edizione: «si sono moltiplicati gli in-terrogativi sul mondo dell’informa-zione, sulle sue funzioni e sui suoi standard qualitativi, sulle sue pro-spettive e sulla sua stessa sorte. …Si pone oggi con forza particolare il problema della salvaguardia della libertà di espressione e di pensiero attraverso i mezzi di comunicazione di massa, dai giornali alla radio, alla televisione». Per fare il punto su tutto quanto è avvenuto da noi e sulle prospettive future, Castronovo e Tranfaglia han-no raccolto i contributi di una venti-na di specialisti, a ciascuno dei quali è stato richiesto l’approfondimento

di un tema che li vede particolar-mente competenti. La complessità dei vari capitoli e i nomi stessi dei loro autori rendono bene l’idea della completezza di questo voluminoso saggio -conta oltre 700 pagine-, strumento indispensabile di co-noscenza dell’intricato binomio stampa-televisione. Mentre Tran-faglia e Paolo Murialdi affrontano il tema basilare “Crisi, sviluppo e concentrazione dei principali quo-tidiani negli ultimi 25 anni”, Castro-novo traccia il profilo del “Sistema editoria e l’industria dell’informa-zione”. Marco Gambero e Franco Monteleone trattano poi di radio e televisione, mentre superspeciali-sti come Mario Isnenghi, Ugo Volli, Giampaolo Ormezzano, Laura Lilli e Gerolamo Fiori si addentrano, rispettivamente, nelle realtà del-la stampa quotidiana locale, dei settimanali, della stampa sportiva, femminile ed economica. Su temi di carattere più generale si impegnano altre firme autorevoli: da Furio Co-lombo (“Come si fa informazione”) a Marino Livolsi (“Profilo dei lettori della stampa quotidiana e periodi-ca”), a Giovanni Becchelloni (“La difficile identità dei giornalisti”) a, ultimo ma decisamente stuzzican-te, Mario Grandinetti, che compila un’essenziale cronistoria di quoti-diani e televisioni con particolare riferimento alle loro proprietà. V. Castronovo e N. Tranfaglia: La stampa italiana nell’età della TV, La-terza, Bari, 2008, pagg. 745, € 24

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Colleghiin libreria

Stop al duopolioRai-MediasetL’informazione non solo radiotele-visiva, ma anche cartacea, soffre di una condizione limitativa deter-minata dal perdurare del duopolio RAI-Mediaset, che si appropriano di circa il 90% di tutti i proventi pubblicitari tv. Per sbloccare que-sta strozzatura sarebbe necessaria una riforma in senso “liberatorio” del sistema radiotelevisivo, resa possibile dalle nuove tecnologie di trasmissione, in particolare quella digitale. Proprio a questa innovativa tecnologia, che permetterebbe un sensibile ampliamento dei canali e quindi una pluralità di voci, dedica un esauriente e chiarificatore sag-gio Francesco Siliato, giornalista, titolare della rubrica Zapping sul Sole 24Ore e docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi a Milano. Autore di numerosi saggi sul sistema della comunicazione e sui meccanismi dei media, Siliato con Televisione digitale-Dalle ori-gini al ddl Gentiloni: un progetto liberale per uscire dall’oligopolio fa il punto sullo stato dell’arte del passaggio al digitale, ne illustra le istanze sociali ed economiche e ne analizza la normativa che lo frena e quella che lo potrebbe facilitare. La TV digitale è attesa proprio come un momento di “libera-lizzazione” della trasmissione di programmi radiotelevisivi: il passaggio al digitale dovreb-be comportare, infatti, nuovi e più svariati fornitori di conte-nuti e offerte, quindi rinnovata modalità di consumo d’in-formazione e intrattenimento.

Nell’ottobre 2006, l’allora ministro delle Comunicazioni Paolo Gen-tiloni ha presentato alla Camera il disegno di legge AC 1825, secondo il quale la televisione digitale è de-stinata a diventare il modo elettivo di trasmettere i programmi. Ma, tra le molte inadempienze del governo Prodi c’è anche quella della man-cata riforma del sistema radiotele-visivo secondo il disegno Gentiloni. Tocca ora al nuovo governo non “dimenticarsi” di una riforma fonda-mentale per il pluralismo dell’infor-mazione, a tutto vantaggio di una democrazia compiuta, reale.

A caccia di...vecchi colpevoliIn Italia, di molti, troppi delitti non si riesce a trovare i colpevoli. E, nonostante il clamore mediatico del momento, di tutto e di tutti l’opinione pubblica presto si scorda. Così non fanno i buoni cronisti, che spesso tolgono dall’oblìo vecchi delitti impuniti e li ripresentano più “vivi”che mai. Come ha fatto Gabriele Moroni, inviato speciale de Il Giorno e già segretario dell’0rdine dei giornalisti lombardo, con l’avvincente Per denaro e per amore, pubblicato da Mursia nella collana “Gialli italiani irrisolti”. Qui si ricostruiscono sessant’anni di delitti lombardi privi di soluzione: da quello di Gina Ruberti, sfortunata nuora del Duce, a quello di Simonetta Ferrero, assassinata alla Cattolica, dalla strage agreste di Montù Beccaria all’omicidio del professor Klinger, noto endocrinologo milanese.

Gabriele Moroni: Per denaro e per amore-Misteri lombardi: omicidi senza colpevoli, Mursia Editore, Milano, pagg. 187, € 14

Fancesco Siliato: Televisione digitale, Maggioli Editore, Sant’Arcangelo di Romagna (RN), 2007, pagg. 214, € 16

Arrivati in redazione

Claudio Magris: La storia non è finita, Garzanti Editore, Milano, 2008, pagg. 239, € 9,50.Una raccolta

“impolitica” di articoli apparsi sul Corriere della Sera a partire dal 1998.

Viviano Domenici: Alla ricerca di sette meraviglie, Ponte alle Grazie, Milano, 2008, pagg. 182, € 12.Alla scoperta di sette

“nuove” meraviglie del mondo, guidati dalla curiosità del giornalista e dalla competenza dell’esperto.

Mario Pancera: Le donne di Marx, Rubbettino, Soveria M. (CZ), 2007, pagg. 108, € 10.

Un ricordo toccante dell’esistenza difficile delle sei donne di casa Marx: virtù e difetti della madre, della moglie, delle tre figlie e della governante.

Milena Gabanelli: Cara politica, Bur-Rai Trade, Milano, 2007, €19,50. Un DVD di 180 minuti con quattro inchieste

realizzate da “Report” e un libro di 124 pagine che ripercorre come sono state condotte, davanti e dietro le videocamere.

Agostino Picicco: I Roghi accesi dal mae-

stro, Ed. Insieme, Ter-lizzi (BA), 2007, pagg. 121, € 7,50. La vita, l’operato, gli scritti e

il compito magistrale di don To-nino Bello. E gli aspetti culturali del suo impegno pastorale.

I numeri

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173 professionisti

100praticanti

386pubblicisti

Sono le nuove iscrizioni all’Ordine dei giornalisti della Lombardia dal 1/1/2008 al 31/5/2008.

in quest’ultima pagina la nostra realtà “fotografata” in cifre

108 elenco speciale

Fonte: Fieg

quotIdIanI dI provIncIa della lombardIaTestate Tirature medie Diffusioni medie

2006 %06/05 2005 %05/04 2006 %06/05 2005 %05/04

BresciaOggi 16.570 1,19 16.375 1,64 9.736 0,46 9.690 1,14

Gazzetta di Mantova 40.536 -2,03 41.374 -1,4 34.389 -2,36 35.221 -0,14

Giornale di Brescia 61.105 -2,45 62.637 -2,75 47.141 -2,06 48.132 -3

Nuovo Giornale di Bergamo 4.008 -29,27 5.667 39,48 1.923 -36,88 2.999 55,95

L’Eco di Bergamo 65.259 -1,2 66.930 -0,93 54.618 -1,3 55.337 -0,31

La Prealpina di Varese 28.364 -7,9 30.765 0,92 21.872 -11 24.575 -1,42

La Provincia di Cremona 28.048 -1,15 28.375 1,5 22.112 -0,75 22.279 -0,13

La Provincia di Como 55.978 6,22 52.702 2,6 42.208 3,32 40.863 -2,16

La Provincia Pavese 27.785 -0,63 27.962 -2,19 21.809 -1,4 22.119 -2,2

Sono gli investimenti pubblicitari netti nel periodo gennaio-marzo 2008 suddivisi tra: televisione 1,2 miliardi (+1,8%),omogeneo dell’anno precedente); stampa 698 milioni (-1,2%), di cui 425 milioni (-4,4%) sui quotidiani (senza free/pay press) e 273 milioni (+4,1%) sui periodici;radio 115 milioni (+9%); Internet 74 milioni (+30,7%); affissioni 55,5 milioni (+16,4%); cinema 13,4 milioni (-4,7%);card 1,3 milioni (+97,7%).

2 miliardi 241 mila097 euro

È il totale degli investimenti pubblicitari netti nel periodo gennaio-dicembre 2007 suddivisi tra: televisione 4,6 miliardi (+1,2%),omogeneo dell’anno precedente);stampa 3,1 miliardi (+3%) di cui 1,7 miliardi (+3,3%) sui quotidiani (senza free/pay press) e 1,3 miliardi (+2,5%) sui periodici;radio 476 milioni (+8%); Internet 281,9 milioni (+42,7%); affissioni 200,6 milioni (+1,9%); cinema 69,7 milioni (-8,4%).

8 miliardi 783 mila 486 euro