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Legalità, investimenti verdi e cooperativismo C’è modo e modo per usare i capitali Ha diversi nomi e declinazioni, ma in tutto il mondo si sente il bisogno di una finanza che rispetti l’uomo e l’ambiente. Può essere uno strumento per avere una società migliore, ma la società civile deve prendere le redini della finanza LA PISCINA DEL SIGONELLA INN, A MOTTA S. ANASTASIA (CT), UNO DEI BENI CONFISCATI ALLA MAFIA WWW.BENISEQUESTRATICONFISCATI.IT La lotta di liberazione contro le mafie >4 Racconti da un Paese dove la normalità è eroica >6 Green finance . L’universo degli investimenti per l’ambiente >8 La contaminazione “verde” colpisce la finanza tradizionale >10 Quale sistema bancario dopo la crisi >12 Nord e Sud: cooperando si resiste alla crisi >14 finanza valori www.valori.it Anno 11 numero 90 Giugno 2011 Inserto gratuito di socıetà &

Mensile Valori n. 90 2011 _ Supplemento Finanza e Società

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Mensile di finanza etica, economia sociale e sostenibilità La lotta di liberazione contro le mafie . Racconti da un Paese dove la normalità è eroica Green finance. L’universo degli investimenti per l’ambiente La contaminazione “verde” colpisce la finanza tradizionale Quale sistema bancario dopo la crisi Nord e Sud: cooperando si resiste alla crisi Inserto gratuito di www.benisequestraticonfiscati.it

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Legalità,investimenti verdi e cooperativismoC’è modo e modo per usare i capitaliHa diversi nomi e declinazioni, ma in tutto il mondo si sente il bisogno di una finanza che rispetti l’uomo e l’ambiente.Può essere uno strumento per avere una società migliore, ma la società civile deve prendere le redini della finanza

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La lotta di liberazione contro le mafie >4Racconti da un Paese dove la normalità è eroica >6Green finance. L’universo degli investimenti per l’ambiente >8La contaminazione “verde” colpisce la finanza tradizionale >10Quale sistema bancario dopo la crisi >12Nord e Sud: cooperando si resiste alla crisi >14

finanzavalori

www.valori.it

Anno 11 numero 90 Giugno 2011Inserto gratuito disocıetà&

La finanza che guarda al futuro

Contaminazioni

I N QUESTI ANNI L’ABBIAMO CHIAMATA, di volta in volta, finanza etica, finanza alternativa, finanzasociale, finanza sostenibile. Ma, al di là delle definizioni o delle appartenenze,una cosa è chiara: non c’è Paese al mondo, dai più ricchi a quelli dove ancora la povertàdilaga, che non abbia bisogno di veder crescere una finanza virtuosa, capace di esseremotore di uno sviluppo economico diffuso, rispettoso dei diritti delle persone e degli equilibri dell’ambiente. Non possiamo più permetterci che le esperienzericonducibili a questo orizzonte di principi si limitino a posizioni di nicchia e a ruoli di testimonianza o di timido contagio rispetto alla finanza tout court.

Aprirsi e conoscersi, senza paura di contaminazioni; dialogare e costruire reti, senza il timore di perdere la propria identità: è quello che dovrebbero fare tutti coloro che si muovono in quel vasto ambito che, oltre alla finanza, attraversa la politica, l’economia,l’impresa, la cooperazione sociale e quella allo sviluppo. Tutti: a partire da chi in questisettori compie scelte strategiche ai più alti livelli, per finire con chi le rende operative o ne è investito come semplice cittadino. Perché, spesso, non ci rendiamo conto che, sia pure con forme e strumenti diversi, in molti stiamo lavorando parallelamente agli stessi obiettivi, che partono dalla creazione di valore economico e sociale e arrivanodritti dritti a porre le condizioni per la felicità delle persone, la sicurezza della società in cui viviamo e, in ultima istanza, anche la pace e la fine dei conflitti tra stati.

Ecco dunque l’importanza di un dibattito, culturale ancora prima che tecnico, e di un’opera di divulgazione che si serve anche di strumenti come questo inserto. Qui, sviluppando una riflessione originale sulla finanza virtuosa, abbiamo voluto partire da tre temi specifici: il rapporto tra economia, finanza e illegalità, la green financee la finanza cooperativa di fronte agli esiti della crisi mondiale.

Si tratta di tre filoni distinti, percorsi però da un unico filo conduttore, quello del legame, necessario e imprescindibile, tra finanza e società. Un legame che appunto non si esaurisce nel concetto, troppo ampio e insieme riduttivo, di finanza sociale, ma vive nel confronto continuo tra istanze necessariamente diverse: da un lato quelle della finanza, che punta per sua natura ad attirare capitali e investirli con il massimorendimento; dall’altro quelle dei diversi organismi che compongono la società stessa e concorrono in vario modo ai suoi equilibri: la politica, le istituzioni pubbliche, il sistemaproduttivo, gli organi di controllo e regolamentazione, le associazioni e i movimenti che rappresentano la società civile e i suoi aneliti di giustizia, equità, tutela del benecomune e salvaguardia dell’ambiente.

Certo, la finanza ha un ruolo strategico nelle nostre società, perché può orientarne lo sviluppo. Ma cominciamo a chiederci anche chi può orientare, a sua volta, la finanza. E quale ruolo possono giocare le istituzioni pubbliche, la politica e gli strumenti legislativi,gli attori economici e la società civile in questo processo di orientamento.

Forse scopriremo che non è impossibile riprendere in mano le redini del nostro futuro. .

| editoriale |

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APPUNTAMENTO

JOIN FOR CHANGE2011. LA FINANZACHE GUARDA AL FUTURO È il titolo dell’evento,promosso da EtimosFoundation, ConsorzioEtimos e GruppoAbele, che si è svoltoa Torino dall’11 al 13maggio. Tre giornate di dibattito su tre temispecifici: l’economiatra finanza e illegalità,la green financee la finanza cooperativa.Tra gli ospiti: don LuigiCiotti (Gruppo Abele),Gian Carlo Caselli(Procura dellaRepubblica di Torino),Gianluca Faraone(Libera Terra), EnricoFontana (Legambiente),Monica Frassoni(Partito Verde europeo),Gianluca Manca(Eurizon Capital),Pierluigi Stefanini(Unipol), Jean-LouisBancel (CréditCoopératif), FabioSalviato (Febea) e Jean Bernard Fournier(DéveloppementinternationalDesjardins). Tutti i materiali preparatorie di approfondimento,le interviste e gliinterventi dei relatorisono disponibiliall’interno del portalewww.etimedia.org.

di Marco Santori, presidente di Etimos Foundation

UN VIAGGIO TRA I SAPORI

DEL MONDO.

www.alcenero.it

È un viaggio che sa di buono e di genuino, quello del biologico Equosolidale Alce Nero. Gusta l’aroma intenso del caff è coltivato in Perù e Nicaragua o del tè proveniente dall’India. Eccellente è la bontà del cacao del Costa Rica, sapientemente trasformato in tavolette. In ogni prodotto trovi la qualità e il gusto, garantiti da oltre mille agricoltori soci, che con passione lavorano nel pieno rispetto della natura e producono diversi tipi di caff è, cioccolata, tè, riso basmati, succhi, confetture e miele. Buon viaggio. Anzi buonissimo con il biologico Equosolidale Alce Nero.

Il biologico Equosolidale Alce Nero è una nuova terra da scoprire e gustare.

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| legalità || legalità |

La lottadi liberazionecontro le mafie

ne italiana, infatti, non prevede l’autoriciclag-gio: per fare un esempio, chi vende droga e ne“lava” i proventi, può essere punito per traffi-co di stupefacenti, ma non per aver beneficia-to del danaro sporco. Un limite evidente, cheha finora prodotto pochissime condanne perriciclaggio, ma ha reso enormemente ricca la’ndrangheta, che ha conquistato una posizio-ne dominante nel traffico della cocaina in Eu-ropa e ha investito in attività finanziarie o pro-duttive, soprattutto nel Nord Italia (vedi

nella pagina accanto).«Nel Mezzogiorno la mafia non investe -

spiega Elio Veltri, politico e autore di molti li-bri - perché porta i suoi soldi nelle zone ric-che. Quando poi investe lo fa con le sue “re-gole”: impone l’assenza dei sindacati, reclutain nero, tratta materiali scadenti, è assoluta-mente falso che la mafia crei opportunità.Anzi sottrae ricchezza che non è sottoposta atassazione». Nel 2007 il Pil pro capite dellequattro regioni meridionali (Sicilia, Calabria,Campania e Calabria), con presenza mafiosain 610 comuni, era il più basso del Sud men-tre il tasso di disoccupazione era il più alto.

Economia sommersa e criminale«Accanto all’economia criminale che rap-presenta circa il 10% del nostro Pil - conti-nua Veltri - c’è l’economia sommersa, che ècresciuta durante la crisi di 3 punti percen-

INTERVISTA

tuali raggiungendo nel 2010 il 20% del Pil,l’evasione fiscale più grande d’Europa. Piùdi un terzo della ricchezza prodotta in Italiaè illegale o criminale».

L’Istat calcola ogni anno la quota disommerso prodotto, che entra a far partedel nostro Pil, ma sfugge a qualsiasi tassa-zione, contribuendo a spostare la pressionefiscale da un valore “apparente” del 42% auno “effettivo”, per chi paga le tasse, di cir-ca 8-10 punti percentuali in più, secondostime Eurispes. Improponibile qualsiasiriforma fiscale se prima non viene elimina-ta questa ingiustizia.

«Battersi contro l’evasione ridurrebbe l’il-legalità e viceversa», aggiunge Veltri. «Ma misembra che non si voglia risolvere né l’unané l’altra. Si usa una “retorica degli arresti”,che sposta il problema sulla magistratura,mentre è un problema politico: i beni con-solidati delle mafie italiane vengono stimatiin 1.000 miliardi di euro. La loro confisca ri-solverebbe il problema del debito pubblico.

Ma i sequestri vanno a rilento e costi-tuiscono il 10% dei patrimoni mafiosi e diquesti solo la metà arriva a confisca. L’ap-provazione di un testo unico della legisla-zione antimafia – conclude Veltri - e il fun-zionamento a pieno ritmo dell’Agenzianazionale per i beni sequestrati potrannodare un contributo positivo alla soluzionedel problema»..

COME INSEGUIRE una leprecon il passo da tartaru-ga», ha affermato recen-

temente Antonio Ingroia, procuratore ag-giunto alla Procura antimafia di Palermo. Lalepre sono i capitali finanziari della crimina-lità, la tartaruga sono i mezzi di cui dispone lamagistratura per inseguirli mentre in qualchesecondo fanno il giro del mondo attraversosocietà di comodo e paradisi fiscali. Senza fa-re una lunga lista della spesa, che compren-derebbe anche beni strumentali banali comecarta, computer e benzina, da anni i magi-strati chiedono che l’Italia adotti la legge eu-ropea sul riciclaggio del danaro.La legislazio-

LAVAGGIO, CANDEGGIO E CENTRIFUGALE TRE TAPPE DEL RICICLAGGIO

1) COLLOCAMENTO: (placement stage) con il quale ci si “sbarazza” del denarocontante proveniente dalle attività criminali,con trasformazione del contante nella “monetascritturale”, rappresentata da saldi attivi deirapporti costituiti presso intermediari finanziari

2) COMPLETAMENTO DEL CAMUFFAMENTO DEL DENARO:(layering stage) ed eliminazione delle traccecontabili del denaro “sporco” tramite ulteriori trasferimenti

3) INSERIMENTO NEL MERCATO LEGALEDEL DENARO “CENTRIFUGATO”: (integration stage)

I professionisti che fanno da cerniera tra due mondi

OCENTE DI STORIA DELLA crimi-nalità organizzata all’Univer-sità di Roma Tre, Enzo Ci-

conte ha da poco pubblicato ’ndranghetapadana, documentato libro sulla diffusionedell’imprenditorialità criminale nel NordItalia, che riserva molte sorprese a chi credeche le ‘ndrine siano un fenomeno radicatosolo in Calabria.

In che modo avviene la transizioneverso il Nord della ’ndrangheta?

Parliamo di persone che, avendo accumulatomolto danaro negli ultimi quindici, venti an-ni con il traffico degli stupefacenti o con itraffici nell’edilizia, adesso devono investirli,“pulirli”, rendendoli soldi utili. Quindi o pre-stano a usura soldi agli imprenditori, con loscopo di rilevarne le aziende - ma questi sonointerventi più parcellizzati - oppure trovano icontatti con i commercialisti, i banchieri, gliavvocati che gestiscono più clienti.

Nel libro uso il termine “uomini cernie-ra” perché mi sembra più efficace di “col-letti bianchi”: si tratta di persone che svol-gono una funzione attiva per mettere incollegamento due mondi che non si sonoancora incontrati. Un po’ come quelli cheseguono lo scudo fiscale, anche questi uo-mini cerniera fanno consulenze, ma, a dif-ferenza di quelli che praticano attività lega-li, questi fanno una doppia partita, hannouna facciata pulita e contemporaneamentelavorano per la criminalità.

Nel libro si sottolinea un altro deglielementi che favorisce la diffusionedella ’ndrangheta al Nord e cioè chel’imprenditoria locale ha un concet-to dello Stato di grande disprezzo.Questo contribuisce a farli incontra-re con la delinquenza, perché sonouno la faccia sporca dell’altro.

Questo disprezzo verso lo Statonon si trova solo al Nord, è co-mune a tutti gli imprenditoriche vogliono fare quello chevogliono.

Poi c’è il versante dellapolitica, perché la pada-nità ricordata nel titolonon è geografica, ma èun richiamo alla Lega.Come mai la ’ndranghe-ta si sviluppa così benenei territori amministratidalla Lega?

Perché i leghisti finché si trattavadi combattere il soggiorno obbli-gato si sono spesi, ma era unabattaglia che non costava nulla.Quando invece si sono trovati difronte al commercialista, magarileghista o che allo stesso tempoaveva fatto affari con l’imprenditore leghistae con quello ‘ndranghettista, si è fermata.Non bisogna dimenticare che la Lega ha rac-colto l’elettorato che precedentemente erademocristiano e che negli ultimi anni si è fi-nanziarizzata, cioè è prevalsa la sua anima

finanziaria, economico-affari-stica e quindi non ha nessun in-teresse a contrastare la ’ndran-gheta, che è un potere vero,economico e politico. Per ades-so convivono.

In quali settori è più presente la’ndrangheta?Dipende dalla regione, dalle di-verse realtà e dalle ‘ndrine, manon c’è settore economico in cuinon siano presenti, dalla sanitàal gioco d’azzardo, ad esclusionedella prostituzione. Sottolineoche sono uno dei pochi a pensa-re che la ’ndrangheta non gesti-sca anche la prostituzione.

Le sembra che la percezione del-l’illegalità in Italia sia aumenta-ta? Per esempio che si individui

nell’evasione fiscale un’altra facciadell’illegalità?

Penso che questa percezione sia aumenta-ta, anche se non c’è nessuna forza politicache metta la lotta all’evasione al centro del-le priorità..

DLa criminalità ha bisogno di figure con la “faccia pulita” per riciclare il danaro sporco: commercialisti, avvocati,notai, professionisti rispettabili aprono le porte dei salotti alle mafie.

La piscina del Sigonella Inna Motta Sant’Anastasia(Ct), prestigioso albergo

confiscato al faccendierePlacido Aiello.

LIBRI

Enzo Ciconte’ndranghetapadana Rubbettino Editore,2010

Renzo GuoloChi impugna la Croce. Lega e Chiesa Laterza, 2011

FON

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di Paola Baiocchi

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REGGIO LIBERA REGGIOCHI RESISTE AL RACKET

“VIVO GRAZIE AL MARSUPIO che trattiene un proiettile”, titolavano il 9 febbraio scorso le cronache locali, raccontando dell’attentato nel quale Tiberio Bentivoglio era sopravvissuto miracolosamente. Chi avevaattentato alla vita del commerciante sessantenne di Reggio Calabria, volevacommemorare a modo suo un anniversario: la condanna di tre estorsoriavvenuta proprio un anno prima, grazie al contributo dato alle indagini da Bentivoglio, titolare da 31 anni della Sanitaria Sant’Elia, un negozio di articoli per la primainfanzia, che dal 1998 è stato preso di mira dal racket con incendi, furti, bombe e ogni sortadi intimidazioni alle quali questo determinato signore si è sempre rifiutato di cedere.

Ha reagito alla terra bruciata che gli hanno fatto nel quartiere gli “amici degli amici”,grazie alla collaborazione di Libera e di altre associazioni: con loro ha creato Reggio LiberaReggio, un cartello di imprese, professionisti, associazioni e cooperative che si impegnano a contrastare il racket e di consumatori critici che si impegnano ad acquistare nei negozi che espongono il logo. Per acquisti: www.sanitariasantelia.eu. Pa. Bai.

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Racconti da un Paesedove la normalitàè eroica

L RACCONTO DI MASSIMO ROCCO SEMBRA

fatto della precaria essenza della storiarecente di questo Paese, un giovane

con tanti lavori alle spalle: nel mondo dellospettacolo a Roma, l’immancabile call center,responsabile di un reparto in un negozio di ar-redamento. Poi, da settembre scorso, un’acce-lerazione nella sua vita e in quella di altre quat-tro persone, che vengono selezionate con unbando pubblico da una Commissione esami-natrice di cui fanno parte rappresentanti dellaPrefettura e della Provincia di Caserta, dell’As-sociazione Libera e di Obiettivo lavoro.

Sono stati scelti per formare la Cooperati-va “Le terre di don Peppe Diana”. Intitolata alparroco di Casal di Principe assassinato dallacamorra il 19 marzo 1994, la Cooperativa ge-stirà un importante bene confiscato alla crimi-nalità: 90 ettari tra Castel Volturno e Teano.

È un racconto che sembra un filo d’erbache si piega sotto il vento, una scommessa che

molti interessi criminali e meccanismi farragi-nosi cercheranno di far fallire e che noi inve-ce sosterremo: saranno loro cinque, che primadi settembre non si conoscevano, a gestire uncaseificio nelle ex stalle per i purosangue delcamorrista Michele Zaza, a Castel Volturno. Lìverranno prodotte le “mozzarelle della lega-lità”, una produzione biologica di alta qualitànel rispetto delle tradizioni locali, che serviràanche a coinvolgere altre attività sane dellazona. «Quello della Cooperativa “Le terre didon Peppe Diana” - spiega don Luigi Ciotti - èuno dei tanti progetti che costruiscono spe-ranza. Perché la speranza non è solo attesa diun futuro migliore. La speranza può e deve es-sere costruita adesso, nel presente».

Ascoltando la voglia di mettersi alla pro-va di Massimo, giovane presidente della Coo-perativa, che oltre a trovarsi in prima lineacontro la camorra si scontra anche con la bu-rocrazia, viene da chiedersi: ma perché ogni

cosa in Italia deve essere così difficile? Perchèuna richiesta normale - lavorare, costruire le-galmente un’attività, dare il proprio contri-buto positivo alla società - è così complicatoda avere le dimensioni dell’azione eroica?

Un G8 alla rovesciaLa risposta sta nei numeri, sta nell’essere imembri elettivi di una sorta di G8 alla rove-scia: l’Italia ha l’apparato criminale-mafiosopiù imponente d’Europa dopo quello russo.La massa di danaro che gestiscono la crimina-lità russa, cinese, giapponese, sudamericana eitaliana rappresenta la terza potenza econo-mica mondiale. Una potenza in grado di sov-vertire qualsiasi regola del mercato e di condi-zionare fortemente l’economia legale e lademocrazia. L’impegnativa affermazione ècontenuta in uno studio condotto dal senato-re John Kerry con la collaborazione dell’Uni-versità di Pittsburgh, diventato un rapporto

presentato al Congresso degli Stati Uniti e poiun libro (The New War: The Web of Crime thatThreatens America's Security, 2005).

Per quanto riguarda le mafie italianeKerry sottolinea che «per assicurarsi prote-zioni ad alti livelli i mafiosi italiani si con-centrano sui politici, comprano numerosiufficiali di grado elevato e corrompono poli-tici di altri Paesi. Inoltre sono rispettate per-chè hanno fornito alle altre il know how».

A fronte di un apparato così com-petitivo e del tutto senza scrupoli, chefattura almeno 135 miliardi di eurol’anno in Italia, secondo i dati stima-ti da Sos Impresa, l’associazione diConfesercenti, vengono contrappostimezzi e numeri molto differenti, so-prattutto in alcune attività fondamen-tali, ma non altrettanto telegenichequanto gli arresti.

In 30 per 9.857 beni3.362 appartamenti, 4 impiantisportivi, 3 cave per estrazione, 16 al-berghi, 1.911 terreni agricoli, 826box, 359 ville, 183 capannoni, perfi-no un castello e così via fino ad arri-vare al totale di 9.857 proprietà. So-no i beni sottratti alla criminalità,un patrimonio immobiliare sconfi-

nato, disseminato in tutte le regioni italiane,tranne la Val d’Aosta e l’Umbria; una diffe-renziazione nei beni come quella che le fa-miglie più ricche al mondo mettono in attoma che sicuramente affidano a uno stuolo dignomi svizzeri, a consulenti occhialuti e a so-cietà di gestione immobiliare che li fannoben fruttare. E che lo Stato italiano ha affi-dato all’Agenzia nazionale per l’amministra-zione e la destinazione dei beni sequestrati e

confiscati alla criminalità or-ganizzata (Anbsc), istituita dacirca un anno con una dota-zione di 30 persone in tutto,

divise tra la sede centrale diReggio Calabria e quella de-centrata di Roma.

Negli ultimi mesi hannoconsegnato 420 beni a Co-muni, Enti pubblici, forze diPolizia, associazioni culturalio di volontariato. Contrat-tando con le banche il costodelle ipoteche nei casi di im-mobili che ne erano gravati.

In 30, destinati a diventa-re 100 entro il 2012, con l’o-biettivo di aprire sedi anche aPalermo, Milano e Napoli,ma recuperando personalegià formato e già operativonell’ambito delle Pubblicheamministrazioni, in partico-lare dall’agenzia del Dema-nio. Eppure un settore strate-

gico come quello dei beni confiscati avrebbebisogno di maggiori investimenti sulla for-mazione di proprio personale, anche perchél’Agenzia non rappresenterà un costo delquale Tremonti potrebbe un giorno dire“dobbiamo tagliarlo”.

Ci spiega infatti Antonio Cananà, vice-prefetto dell’Anbsc che «quando andrannoa regime le recentissime disposizioni sul-l’autofinanziamento dell’Agenzia, questafunzionerà esclusivamente con risorse sot-tratte alla criminalità e quindi a costo zeroper il contribuente».

Se è vero che il diavolo sta nei dettagli, so-no queste difficoltà che vengono frapposteallo svolgimento di attività delicate, ma fon-damentali per spostare la lancetta del Paesedall’illegalità alla legalità diffusa, che ci fannovenire seri dubbi sulla volontà della politicadi opporsi in forma definitiva alle mafie. .

L’Italia ha l’apparato criminale-mafioso più imponente d’Europa,dopo quello russo, che ha fornito

alle altre mafie il know how

Riconsegnare al lavoro e alla legalità i beni sequestrati alle mafie è un importante tassello della lotta all’illegalità. Ma, seperseguire la criminalità fosse un obiettivo prioritario della politica, tutto sarebbe molto più semplice.

E!STATE LIBERI 2011

SONO DECINE I CAMPI DI LAVOROorganizzati da Libera a partire da luglio, percontribuire alla gestione dei beni confiscatiin tutta Italia. I minorenni devono essereaccompagnati da un adulto, i maggiorennipossono partire anche singolarmente. Nella quota di partecipazione (da 100 a 225euro) non è previsto il costo del viaggio, ma sono compresi vitto e alloggio. Sul sito di Libera (www.libera.it) si trova il programmacompleto dei campi di volontariato sui beniconfiscati. Il consiglio di Libera è di affrettarsia dare l’adesione perché le richieste sonosuperiori ai posti disponibili.

I

PIO LA TORRELA SUA LEGGE HA DEFINITO ILLEGALE LA MAFIA

NON ESISTEVA UNA FIGURA DI REATO SPECIFICA contro la mafia prima della legge che porta il nome di Pio La Torre, deputato, membro della Commissione parlamentareantimafia, segretario del Partito comunista italiano (Pci) in Sicilia, che nella sua attivitàaveva già colto la vicinanza tra mafia e P2. Costata la vita a La Torre e al suo collaboratoreRosario Di Salvo (30 aprile 1982), la legge viene approvata 16 giorni dopo l’uccisione del generale Dalla Chiesa, prefetto di Palermo, con sua moglie e l’agente di scorta,avvenuta il 3 settembre 1982. La legge introduce nel Codice penale, con l’articolo 416bis, il reato di associazione di tipo mafioso, che definisce finalmente il carattere illecitodella mafia. La legge Rognoni-La Torre stabilisce il divieto del subappalto per le operepubbliche, prevede per la prima volta misure di prevenzione patrimoniali volte a colpirel’accumulazione illecita di patrimoni e la confisca obbligatoria di tutti i beni pertinenti al reato da redistribuire alla collettività. Pa. Bai.

DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DEGLI IMMOBILI CONFISCATI

di Paola Baiocchi

LIBRI

Daniele PotoLe mafie nel pallone Ega - Edizionigruppo Abele, 2010

Elio Veltri eAntonio LaudatiMafia PulitaLonganesi, 2009

IN UN EX APPARTAMENTO DELLA ’NDRANGHETA A MILANO È DI MODA CAMBIARE

“CANGIARI” IN CALABRESE E IN SICILIANO vuol dire cambiare e sicuramente il numero 10 di viale Monte Santo a Milano ha visto un bel cambiamento: da appartamento della ’ndrangheta a show room appena inaugurato di Cangiari, marchio di moda creato dal Consorzio sociale Goel. Nato nel 2003 su iniziativa di monsignor Bregantini, per stimolareil cambiamento e contrastare lo strapotere della criminalità, Goel raccoglie numeroseimprese sociali della Locride e della Piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria,tanto da essere tra le prime imprese private della Locride per numero di dipendenti. Opera in moltissimi progetti con attività che coinvolgono portatori di handicap, detenuti o ex detenuti, immigrati, minori in difficoltà, persone con disagi mentali, disoccupati,rifugiati politici, anziani, persone con problemi di dipendenza. Cangiari è uno dei settoridell’attività di Goel, tutorato da Santo Versace e patrocinato dalle principali istituzioni della moda italiana. Le collezioni sono certificate da Icea (Istituto per la certificazione eticae ambientale) sulla base dei criteri generali e particolari definiti dal Global organic textilestandard (Gots). Sono bei capi, disegnati da una “comunità creativa”, interamente realizzati in Calabria, con materiali artigianali di qualità - lane tessute a telaio, ricami a mano - secondo tecniche tradizionali calabresi. Tutta la filiera di produzione è composta da cooperative che si battono contro le mafie e inseriscono al lavoro persone svantaggiate.

Alle quali viene offerta una possibilità di “cangiari” la propria vita. Pa. Bai.

Con l’esclusione della Valle d’Aosta e dell’Umbria,gli immobili confiscati sono dislocati in tutte leregioni italiane, con una distribuzione che risulta:Nord 11,37%Centro 5,87%Sud 82,77%

123

767

16

84

19

83

2940 10

39944

2

820

111417

1443

4468

86

Nord 11,37%

Centro 5,87%

Sud 82,77%

Al 31 dicembre 2010 il totale degli immobili destinatie usciti dalla gestione dell’Agenzia nazionale (Anbsc)è di 6.913, il 70,1% di quelli confiscati, di cui:

Immobilidestinati

consegnati

5.594

Immobilidestinati nonconsegnati

916

Immobili usciti dallagestione

403

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Green finance L’universo degli investimenti per l’ambiente

L GREEN NEW DEAL EVOCATO DAL PRESIDENTE

degli Stati Uniti, Barack Obama, passaanche da un ruolo più attivo della fi-

nanza nella costruzione di un’economia soste-nibile e rispettosa dell’ambiente. Si sta, infatti,delineando una green finance, un vero e propriocomparto della finanza che investe nella greeneconomy. Negli ultimi anni è aumentata consi-derevolmente sui mercati l’attenzione nei con-fronti di settori trainanti della green economy, co-me le energie da fonti rinnovabili (solare,eolico, idroelettrico, biomasse), che stanno co-noscendo tassi di sviluppo elevatissimi in tuttoil mondo. I mercati hanno, dunque, iniziato apuntare su società specializzate in settori green,com’è stato in Italia per Enel Green Power, chedalla quotazione in Borsa nell’autunno 2009 havisto il valore del proprio titolo aumentare dicirca un quarto. A farlo sono stati in particolarei grandi investitori istituzionali: il Fondo pen-sione governativo norvegese, secondo fondosovrano al mondo (vicino ai 400 miliardi di eu-ro di asset), ha messo oltre 3 miliardi di euro suinvestimenti ambientali, mentre due fondipensione danesi, PensionDanmark e Pka, han-no acquisito il 50% di un maxi-impianto eoli-co in costruzione nello Jutlland.

Il kit dell’investimento greenPer investire in questi settori si sono moltipli-cati prodotti e strumenti finanziari ad hoc. Cisono ad esempio i fondi verdi, o green fund, ri-volti prevalentemente al settore dell’energiapulita, che costituiscono una parte ancora

contenuta, ma crescente (circa 35 miliardi dieuro), degli investimenti socialmente respon-sabili (o Sri) in Europa, specie in Paesi comeSvizzera e Germania. In Italia è attivo il fondoPioneer global ecology, che con oltre un miliar-do di euro di asset gestiti, investiti in settori co-me energia pulita, riciclaggio dei rifiuti o de-purazione delle acque, è uno dei maggiori in

Europa. Sul mercato italiano si trovano anchediversi Etf (Exchange traded fund, particolarifondi negoziati come azioni) focalizzati sullagreen economy e, in particolare, sulle rinnova-bili, come ad esempio iShares S&P GlobalClean Energy o Lyxor Etf New Energy.

Oltre ai fondi, sono aumentati considere-volmente anche gli indici azionari che strizza-

IFondi, indici azionari, bond. La scelta per chi voglia investire nel settore della green economy è vastissima.Dall’Europa agli Usa piccoli e grandi investitori puntano sul verde e i prodotti finanziari specializzati si moltiplicano.

di Andrea Di Turi

ATTENZIONE ALLE PERFORMANCE AMBIENTALIINDICI “VERDI” CRESCONO

LA GREEN FINANCE UTILIZZA indici azionari di riferimento, i cosiddetti indici “verdi”, che selezionano le società quotate in base alla loro appartenenza a settori green e alleperformance ambientali. Questi indici si sono moltiplicati negli ultimi anni. Uno dei più famosi è il Ftse4Good Environmental Leaders Europe 40, lanciato dalla Borsa di Londra nel maggio2007 (appartiene alla famiglia di indici socialmente responsabili Ftse4Good). L’indice individuale migliori società quotate europee in termini di best practice ambientali, di capacità di gestionedel rischio ambientale e di riduzione dell’impronta ambientale prodotta dal proprio business.

Uno degli ultimi arrivi nel mondo degli indici green si deve invece a un altro famoso indexprovider internazionale, Stoxx, che ad aprile ha lanciato l’indice Stoxx Global Esg EnvironmentalLeaders: comprende il miglior 25%, in termini di performance ambientali, fra le societàche appartengono all’indice tradizionale Stoxx Global 1800 Index.

IMPRESE SOTTO ESAME CARBON DISCLOSURE PROJECT

UNA DELLE PIU IMPORTANTI INIZIATIVE a livello internazionale nell’ambito della finanzagreen è senz’altro il Cdp-Carbon Disclosure Project (www.cdproject.net). Lanciato agli inizidegli anni 2000, Cdp è un’iniziativa non profit promossa da un gruppo di grandi investitoriistituzionali (oggi ne raccoglie più di 550, con qualche decina di grandi imprese, cheinsieme gestiscono asset finanziari per oltre 70 mila miliardi di dollari) per chiedere alle società quotate sulle Borse valori di tutto il mondo di dare maggiori informazioni(facendo appunto disclosure) sulle loro politiche ambientali, in particolare sulle strategieche mettono in campo per la riduzione delle emissioni di CO2 e per il contrasto al fenomenodei cambiamenti climatici. Nell’ultimo rapporto elaborato di recente sulle imprese italiane,che ha preso in considerazione le prime 60 società quotate sulla Borsa di Milano, è risultato che, ad offrire l’informazione più trasparente in termini di qualità e completezzadel reporting ambientale, sono, nell’ordine: Eni, Terna, A2a, Fiat, Banca Mps e Italcementi.

CLIMATE POLICY INITIATIVE

SI CHIAMA CLIMATE POLICY INITIATIVE (CPI) ed è un progetto partito verso la fine del 2009a San Francisco, col supporto anche del noto finanziere-filantropo George Soros. Valendosi di uno staff di una quarantina di analisti, ha come obiettivo quello di supportare i governi di tutto il mondo nell’analisi e nell’attuazione di politiche efficaci per operare la transizione verso unalow-carbon economy, cioè un’economia a basse emissioni di CO2. Fra le analisi che ha prodotto(disponibili su www.climatepolicyinitiative.org) figura un recente studio sul settore fotovoltaico in Germania e Cina. Cpi ha uffici, oltre che a San Francisco, a Pechino, Berlino, Rio de Janeiro e anche in Italia, sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, presso la sede della FondazioneEni Enrico Mattei, che figura fra i partner di Cpi insieme alla Pontificia Università Cattolica di Rio.

no l’occhio al green. La Borsa di Londra è unadelle più attive in questo campo, avendo lan-ciato una molteplicità di indici verdi, come ilFtse Cdp Carbon Strategy, il Ftse4Good Envi-ronmental Leaders Europe 40 o il Ftse Envi-ronmental Technology Index, che identifica lemigliori imprese che sviluppano tecnologieverdi in campi come l’efficienza energetica o ilcontrollo dell’inquinamento.

Il Nasdaq, la Borsa statunitense dei titoli tec-

nologici, ha introdotto in autunno il NasdaqGreen Economy Index, seguito poi da una fit-ta serie di sotto-indici specifici per i vari settoridella green economy (clean energy, green buil-ding). Ma anche altri provider di indici aziona-ri, Stoxx, Standard & Poor’s, Msci, sono pre-senti sui mercati con indici verdi. In Italia nel2010 Ecpi ha lanciato l’indice verde GlobalCarbon Equity Index.

Anche sul mercato delle obbligazioni han-no iniziato a far capolino prodotti finanziariverdi, emessi da enti e istituzioni, come le ban-che di sviluppo, allo scopo di raccogliere risor-se per lo sviluppo della green economy. Nel 2010la Banca Europea per gli investimenti (Bei) e laAsian development bank hanno emesso bondper diverse centinaia di milioni di euro e di dol-lari per finanziare progetti su energie rinnova-bili ed efficienza energetica. E la Climate bondinitiative sta lavorando al primo standard peri green bond. .

Fondi pensione protagonisti dellatrasformazione green

A SOSTENIBILITÀ È un’op-portunità di businessimportante. La novità è

che è una guerra di tutti: se l’aria non è re-spirabile, ad esempio, è un problema che ri-guarda chiunque», a dirlo è Gianluca Man-ca, Head of sustainability di Eurizon CapitalSgr, Società di gestione del risparmio delGruppo Intesa Sanpaolo, e co-presidentedell’Asset management working group diUnep Fi, l’iniziativa Onu per la promozio-ne della sostenibilità in finanza. Ultima-mente si sta dedicando al progetto GlobeEu, think-tank promosso dal Parlamentoeuropeo per elaborare una proposta di leg-ge sugli investimenti green.

Cosa può fare la finanza per la greeneconomy?

Il suo ruolo è duplice: incanalare credito ver-so progetti con caratteristiche green e fare da

stimolo alle società quotate su questi temi.

Ma quali sono i soggetti che più pos-sono farsi promotori delle istanzegreen sui mercati?

A fare la differenza sono i soldi e gli interessidella collettività, quindi ancora una volta ar-tefici di questo cambiamento saranno senzadubbio i fondi pensione. Nei fondi pensionepossono entrare tutti, per cui è giusto che rap-presentino gli interessi di tutti, occupandosidi questioni come il deterioramento dellecondizioni dell’aria e dell’acqua, che vanno adetrimento della vita di chiunque. In partegià lo fanno, ma potrebbero sviluppare unrapporto fiduciario più forte coi loro aderen-ti: se questi dessero maggior peso alla parteci-pazione, chiedendo di essere rappresentaticome cittadini oltre che come investitori, ilfondo pensione diventerebbe uno strumentopolitico a uso e consumo di tutti..

La finanza può fare molto per la green economy. Parola di Gianluca Manca, di Eurizon Capital. «Incanalare creditoverso progetti con caratteristiche “verdi” e stimolare società quotate su questi temi».

BOOM D’INVESTIMENTI NELLE RINNOVABILI

GLI ULTIMI DATI EUROSTAT dicono che, senel 1999 le fonti rinnovabili rappresentavanoil 5,4% del mix energetico europeo, nel 2009sono arrivate al 9%, con in testa Lettonia(36% del totale), Svezia (34%) e Austria(27%). Ci sono poi casi come la Spagna, dovea marzo l’energia eolica è diventata la primafonte energetica, e la Germania, che puntanel 2050 a soddisfare l’80% della domandadi energia con eolico e fotovoltaico. A livellomondiale, gli investimenti nelle rinnovabili nel 2010 hanno toccato i 243 miliardi di dollari, in crescita del 30% sul 2009. Unep, il programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, ha calcolato che per garantire un passaggio verso un’economia low-carbonbasterebbe investire ogni anno il 2% (circa1.300 miliardi di dollari) del Pil globale.

È giusto che i fondipensione si occupinodegli interessi di tutti:come le condizionidell’acqua e dell’aria

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Un bene confiscato: il castello di Miasino (No).

| ambiente |

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 11 |

| ambiente |

| 10 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 |

La contaminazione verde colpisce la finanza “tradizionale”

E È VERO CHE SI STA AFFERMANDO

una finanza “verde”, specializ-zata nell’investire nella green

economy, è altrettanto vero che cresce la “con-taminazione verde” della finanza tradizionaleo mainstreaming. I grandi investitori, cioè, sem-pre più spesso integrano criteri di attenzione al-l’ambiente e alla sostenibilità nelle loro meto-dologie d’investimento. Anche perché si sonoaccorti che valutare la dimensione ambientaledi un investimento, oltre che quella economi-co-finanziaria, permette di ridurre i rischi e diaumentare la possibilità di ottenere rendimen-ti interessanti, specie nel medio-lungo periodo.

Dagli Usa all’ItaliaUn esempio emblematico di questa conta-minazione è quello che vede protagonistaStandard & Poor’s, la celebre agenzia di ratingche, con le sue valutazioni, è in grado di de-cidere del destino di un’azienda e persino diuno Stato. Prevedendo che le politiche concui le imprese gestiscono il tema dei cambia-menti climatici diventeranno sempre piùcruciali per la loro competitività sui merca-ti, S&P sta integrando in modo strutturale irischi climatici nei suoi processi di valuta-zione del merito di credito delle aziende.Probabilmente già entro la metà di que-

st’anno, tutte le imprese analizzate da S&Pavranno anche una valutazione legata allaloro esposizione ai rischi rappresentati daicambiamenti climatici.

Un altro caso riguarda Calpers, il fondopensione dei dipendenti pubblici della Ca-lifornia, uno dei maggiori al mondo. All’in-terno della struttura di gestione del fondo,infatti, Calpers ha deciso di costituire un’u-nità ad hoc con lo specifico compito di inve-stire una parte degli asset del fondo in com-pagnie che si distinguono per le lorostrategie ambientali, selezionandole fra quel-

le presenti all’interno di indici azionari green.Per restare in Italia, invece, si segnala co-

me Aiaf, l’associazione degli analisti finan-ziari, si stia attivando su iniziative comequella del recente studio “Il partenariatopubblico-privato e gli investimenti nelleenergie rinnovabili”, finalizzato a sensibiliz-zare la pubblica amministrazione appuntosul tema delle energie rinnovabili.

Più informazioni greenForse ancora più significativi, però, di quantola finanza sia diventata consapevole che infor-

Standard & Poor’s da quest’anno ha inseritoi rischi climatici neiprocessi di valutazione

S

I grandi investitori si sono accorti che valutare la dimensione ambientale di un investimento, oltre a quella economico-finanziaria, permette di ridurre i rischi e di aumentare la possibilità di ottenere rendimenti alti.

di Andrea Di Turi

SE ANCHE LE BANCHE DIVENTANO “GREEN”

SE LO SAPESSE UN “NORMALE” correntista bancario, sempre col coltello fra i dentiquando deve rapportarsi con la propria banca, potrebbe stupirsi non poco. Ma è un fattoche, fra le imprese più impegnate e attente all’impatto ambientale della propria attività,vi sono gli istituti di credito.

Un obiettivo importante e ambizioso in questo senso, ad esempio, è stato dichiaratopoco tempo fa da Banca Mps, che ha annunciato di voler diventare entro il 2013 carbonneutral, vale a dire azzerare le proprie emissioni di CO2. La banca senese, inoltre, haintrodotto indicatori legati alla emissione di anidride carbonica fra gli obiettivi assegnatialle proprie strutture interne, in base ai quali vengono poi assegnati premi di produttività.E qualche anno fa, a Castelnuovo Berardenga nelle campagne del Chianti, ha realizzatola prima filiale interamente progettata e realizzata con criteri di sostenibilità, ricavandolada un vecchio fienile abbandonato.

Anche un altro big del credito in Italia, Intesa Sanpaolo, è da tempo impegnato sul frontegreen. Ad esempio con un programma quadriennale 2008/2012 per la riduzione dei consumielettrici e puntando tra l’altro sull’utilizzo di energia prodotta da centrali idroelettriche e certificata col marchio “Energia pura”: iniziative, insieme ad altre, che le hanno permesso di ottenere prestigiosi riconoscimenti, come il Green globe banking award (www.ggbanking.it)assegnato ogni anno alle banche che si distinguono per l’attenzione all’ambiente.

Da segnalare, infine, che in ambito Abi (Associazione bancaria italiana) è statocostituito il consorzio Abi Energia (www.abienergia.it) per l’ottimizzazione dell’utilizzo di energia nelle imprese bancarie.

mazioni e criteri green sono sempre più decisi-vi per calibrare le scelte d’investimento, sonoi risultati di uno studio realizzato da Unep Fi(United Nations Environment Programme Fi-nance Initiative) e dal Sustainable business in-stitute tedesco, che ha coinvolto 65 grandi in-vestitori istituzionali di tutto il mondo: soloun terzo di essi si dichiara sufficientementeinformato sui rischi diretti e indiretti delle im-prese in relazione ai cambiamenti climatici,chiedendo quindi con forza che questo gapvenga colmato rendendo accessibile unamaggiore quantità di previsioni, analisi e in-

terpretazioni sugli effetti che i cambiamenticlimatici possono avere sui vari settori di bu-siness. Sono ormai quasi 900, infine, con cir-ca 25 mila miliardi di dollari di asset comples-sivamente gestiti, le istituzioni finanziarie chehanno firmato i Principi per l’investimentoresponsabile lanciati dall’Onu nel 2006 (Un-Pri): aderendo all’iniziativa, si impegnano adintegrare parametri ambientali, oltre che so-ciali, nella loro attività di analisi e selezionedegli investimenti.

Anche la finanza mainstreaming, insom-ma, è sempre più tinta di verde..

Rischiofinanziarizzazione e “bolla” per la green economy

L S E T T O R E F I N A N Z I A R I O P U Ò FA R E

molto per sostenere l’affermarsi diun’economia amica dell’ambiente.

C’è però il rischio che le dinamiche specu-lative perverse, che hanno condotto alloscoppio della crisi, possano replicarsi an-che in questo campo. «La green economynon è quasi neanche iniziata e c’è già il ri-schio di una green bubble», cioè di una bol-la speculativa. A dirlo è Antonio Tricarico,coordinatore della Crbm (Campagna perla riforma della Banca mondiale). «C’è ungrossissimo problema», afferma, «che pos-siamo chiamare di finanziarizzazione del-la green economy, una sorta di processo di“lehmanizzazione”», dal nome della ban-ca d’affari statunitense, Lehman Brothers,al cui fallimento nel settembre 2008 si farisalire l’inizio della crisi.

Cosa intende con il termine “leh-manizzazione”?

Dal 2008 in poi, di fronte a una crisi strut-turale dei mercati finanziari riguardo alleattività finanziarie classiche, azioni, obbli-gazioni, immobili, la liquidità si è spostata

in modo significativo non solosulle tradizionali commodity,come petrolio, oro, ma anchesulle commodity agricole (cerea-li, caffè, cacao, cotone, ndr).Ciò ha generato una cosa maivista prima: la commodity agri-cola si è trasformata in un’atti-vità finanziaria. Possedere una tonnellatadi grano, ad esempio, una volta non mi da-va una rendita, oggi sì, attraverso l’inge-gneria finanziaria. Al punto che si parla diuna commodity finance, che sostanzialmen-te replica nel mondo fisico il modello deimutui subprime (i prodotti finanziari chehanno scatenato la crisi, ndr).

I peggiori aspetti della finanza spe-culativa, insomma, stanno pene-trando nelle logiche con cui si pro-ducono e si commercializzano nelmondo i prodotti agricoli di base…

Queste aberrazioni possono generare bollespeculative. In India, ad esempio, il mer-cato delle energie rinnovabili è finanziatoprincipalmente dai fondi speculativi di pri-

vate equity, che collocano le imprese inBorsa drogandole rispetto al loro valorereale. Questo perché i mercati finanziari eil capitale privato sono diventati i princi-pali intermediari del processo economico.

C’è una via d’uscita? Si potrebbero creare delle banche pubbli-che d’investimento per la sostenibilità.Non i carrozzoni del passato, ma, adesempio nel caso italiano, riappropriarsisecondo una logica di sostenibilità e diinvestimenti nell’interesse pubblico diuna parte della Cassa Depositi e Prestiti.Per farne un vero motore di investimentopubblico di lungo periodo in questi setto-ri: una sorta non di private equity, ma dipublic equity..

L’ombra della speculazione incombe sulla green economy. Lo ipotizza Antonio Tricarico, di Crbm. Al settore dellerinnovabili potrebbe accadere la stessa sorte delle materie prime agricole, trasformate in una sorta di subprime.

I

Podere Tinaio, confiscato a Suvignano, Siena.

CAMPAGNA PER LA MOBILITÀ SOSTENIBILE

È PROMOSSA dall’associazione Pamojaper invitare tutti i cittadini a utilizzarespontaneamente mezzi alternativiall’automobile, soprattutto alla domenica. Adesioni su www.pamoja.it/campagna1x100.

| finanza cooperativa |

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 13 |

| finanza cooperativa |

| 12 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 |

Quale sistema bancario dopo la crisi

E IL FALLIMENTO DI LEHMAN

Brothers, a settembre del2008, ha rappresentato per

molti versi il punto più critico della recentecrisi finanziaria, sono molti gli istituti chehanno chiuso i battenti e ancora di più quel-li sopravvissuti unicamente grazie ai gigan-teschi piani di salvataggio messi in piedi dal-

le maggiori potenze economiche occidenta-li. Alcune delle più grandi banche europeeoggi presentano bilanci in attivo unicamen-te grazie al cambio in corsa delle regole con-tabili, deciso dalla Commissione europea,che ha permesso di iscrivere i titoli “tossici”non più al valore di mercato (mark to market),ma a quello di carico, nascondendo così si-tuazioni di grande difficoltà. Molte di questestesse banche sono oggi tra i maggiori de-tentori dei titoli di Grecia, Irlanda e Porto-gallo, con gli enormi rischi che ne derivano.

La finanza cooperativa, al contrario, hacontinuato a fare ciò che le banche dovreb-bero fare: intermediazione creditizia e allo-cazione del capitale per lo sviluppo dell’eco-nomia. Grazie alla partecipazione dei socialle scelte strategiche, al radicamento sul ter-ritorio e al finanziamento dell’economia“reale”, questa “fetta” di mondo bancarioha attraversato la crisi relativamente inden-ne, proprio grazie a un modello operativoche da molti era giudicato “arretrato” ri-spetto alla grande finanza.

Forza e debolezzadella finanza cooperativa…Un’indagine dell’Abi (Associazione bancariaitaliana) del marzo 2011 ha mostrato comein Italia le banche che “fanno le banche”,ovvero che si dedicano in maniera prepon-derante all’attività creditizia, hanno supera-to la crisi molto meglio di quelle più “finan-ziarizzate”. È quanto è accaduto alla finanza

cooperativa che non si è avventurata su ter-reni rischiosi come quelli dei derivati o di al-tri prodotti finanziari pericolosi, tanto per lebanche quanto per i clienti. Scopo delle ban-che cooperative non è la massimizzazionedei dividendi per i propri azionisti (ancheperché non ci sono azionisti, ma soci), ben-sì esercitare l’intermediazione finanziaria:raccogliere capitali e concedere prestiti e fi-nanziamenti.

Ma, nonostante questo, i problemi nonsono mancati neanche per la finanza coo-perativa. In primo luogo una crisi che hacolpito l’insieme dell’economia ha ovvia-mente avuto pesanti ripercussioni per chi la-vora sull’erogazione di prestiti. Non solo, di-verse banche centrali hanno portato vicinoallo zero il costo del denaro nella speranzadi rilanciare l’economia. E il calo dei tassi hacomportato una drastica riduzione dellospread, ovvero della differenza tra il tasso diinteresse sulla raccolta e quello richiesto pergli impieghi. Mentre molte grandi bancherealizzano ormai più della metà dei loro uti-li da intermediazione finanziaria e possonoaddirittura guadagnare da una situazioneche incentiva il carry trade (acquistare de-naro dove i tassi sono bassi e cambiarlo in al-tre valute che possono essere prestate a in-teressi più elevati, in modo che al momentodella riconversione ci sia un guadagno), lariduzione degli spread ha colpito in manie-ra maggiore chi, come la finanza cooperati-va, svolge in maniera preponderante l’atti-

vità creditizia (cioè concede prestiti). Le con-seguenze riguardano tanto le banche quan-to i clienti che rischiano di vedere diminui-re la remunerazione sul proprio conto eaumentare il costo di un prestito.

A fronte di queste difficoltà la rispostadel pubblico è stata stanziare somme gigan-tesche destinate alla parte del sistema finan-ziario maggiormente responsabile della cri-si, ignorando quella sana. Anche la nuovaregolamentazione internazionale, che si ri-duce praticamente nelle norme di BasileaIII, rischia di penalizzare pesantemente la fi-nanza cooperativa. .

SMentre molte banche sono sopravvissute alla crisi grazie agli aiuti e alla modifica delle regole contabili, la finanza

cooperativa ha superato la bufera (meglio) continuando a fare la banca.

di Andrea Baranes

CARTA D’IDENTITÀ

LE BANCHE COOPERATIVE sono entitàfinanziarie che appartengono ai loromembri, che sono contemporaneamenteproprietari e clienti. Spesso sono create da persone che vivono nello stesso territorio.Forniscono ai loro aderenti servizi bancari e finanziari (prestiti, depositi, conti correnti).Si differenziano dalle banche commercialiper la loro organizzazione, gli obiettivi, i valori e la governance. In molti Paesi sono sottoposte al controllo delle autoritàbancarie e devono rispettare le stessenorme delle altre banche. Nonostante le differenze da un Paese all’altro, le banchecooperative seguono dei principi comuni:. sono di proprietà dei clienti, per cui

non hanno come obiettivo la ricerca del massimo profitto, bensì fornire ai membri i migliori prodotti e servizi;. sono sottoposte a un controllodemocratico da parte dei membri dellacooperativa, che eleggono il Cda. Ognimembro ha diritto a un voto, a prescinderedal numero di quote possedute;. hanno un forte legame con il territorio, e contribuiscono al suo sviluppo, ancheaumentando l’accesso al credito, in aree dove le banche tradizionali sono meno presenti.

Tratta dal sito dell’International Co-operativeBanking Association (ICBA): www.icba.coop

I pericoli di Basilea III Le banche non sono tutte uguali

N UNA LETTERA AL COMITATO DI BASILEA,l’Associazione internazionale dellebanche cooperative (Icba) si è detta

“profondamente preoccupata” da una rifor-ma che potrebbe portare a “una destabilizza-zione globale del sistema bancario in moltiPaesi”. L’oggetto del contendere è l’accordo diBasilea III, introdotto dal G20 per superare al-cuni limiti della precedente versione (BasileaII, in vigore dal 2004), che si è dimostrata in-sufficiente a fronteggiare la recente crisi. Inpratica Basilea III prevede che gli istituti di cre-dito debbano tenere a disposizione una certaquantità di capitale per ogni prestito conces-so. È una sorta di “precauzione”, che conside-ra l’eventualità che, nell’insieme dei prestitierogati, alcuni non vengano restituiti. Se labanca non avesse una propria disponibilità dicapitale potrebbe trovarsi in difficoltà o met-tere a rischio i risparmi della clientela.

Ma Basilea III, pensato per chiedere unamaggiore solidità al sistema bancario, sembratagliato su misura per le banche di maggiore di-mensione e non riconosce in alcun modo la

specificità della finanza cooperativa, rischian-do al contrario di penalizzare alcune delle espe-rienze più interessanti e innovative degli ulti-mi anni. Un modello “taglia unica” perl’insieme del mondo bancario che rischiaquindi di essere inefficace e controproducente.

Fuori dalle regoleCome ha drammaticamente mostrato la crisidel 2007, le banche hanno esasperato il pro-cesso di cartolarizzazione dei propri crediti an-che per portarli fuori dal bilancio e aggirare ivincoli previsti dall’accordo di Basilea II. Si ècosì sviluppato un “sistema bancario ombra”di società che agiscono come banche, ma elu-dono le regole e i controlli previsti per il siste-ma ufficiale e che, secondo un rapporto dellaFed (Federal reserve) del luglio 2010, assicura-no ancora oggi 16 mila miliardi di dollari diintermediazione, a fronte di 13 mila miliardidel sistema ufficiale.

In assenza di una seria regolamentazionedi questo segmento parallelo, Basilea III po-trebbe ulteriormente esasperare tali compor-

tamenti e premiare i più “furbi”. All’opposto,per la finanza cooperativa e per le banche cherispettano le regole il nuovo accordo compor-terebbe ulteriori severissimi paletti alla possi-bilità di erogare credito all’economia reale.Tutto questo senza contare che gli istituti dimaggiore dimensione continuano ad adotta-re propri modelli di valutazione del rischio,che permettono un certo margine di mano-vra, mentre gli altre devono seguire quellistandardizzati, molto più rigidi.

Lo scoglio della ricapitalizzazioneE non è tutto. Per rispettare i nuovi parametridi Basilea III la maggior parte delle banche do-vrà aumentare il proprio capitale sociale. Gliistituti quotati in Borsa potranno reperire i ca-pitali necessari sui mercati finanziari. Il di-scorso è diverso per le banche cooperative,che nascono dall’impegno di una base socia-le, che spesso non ha le risorse economicheper assicurare un sostanziale aumento di ca-pitale. In pratica nell’accordo non viene in al-

ITagliata su misura per le banche di maggiore dimensione, Basilea III non riconosce le specificità della

finanza cooperativa. Un modello taglia unica che rischia di essere inefficace e controproducente.

Tra i beni elencati su www.benisequestraticonfiscati.it: l’albergo Parco dei templari ad Altamura (Ba).

di Andrea Baranes

| finanza cooperativa |

| A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 | valori | 15 |

| finanza cooperativa |

| 14 | valori | A N N O 1 1 N . 9 0 | G I U G N O 2 0 1 1 |

cun modo riconosciuto il fatto che gli azioni-sti di una banca cooperativa non cercano lamassimizzazione del valore dell’azione, mainvestono con un’ottica di lungo periodo (fat-

tore che, tra l’altro, ha assicurato alle banchecooperative una maggiore capacità di affron-tare la crisi).

Ancora peggio, come sottolinea la lettera

dell’Icba al Comitato di Basilea, “le nuove re-gole potrebbero impedire alle banche coope-rative di considerare le azioni dei soci comeuna forma di capitale sicuro” (Tier 1 Capital).Questo potrebbe costringere alcune esperien-ze ad abbandonare il proprio modello coope-rativo nel tentativo di aumentare il propriocapitale, con costi spropositati.

Pensiamo in particolare ad alcune espe-rienze nel Sud del mondo. Da una parte unaricapitalizzazione può essere un’operazionemolto complicata. Dall’altra i prestiti sonofondati sulla conoscenza e la fiducia per il ri-chiedente, che molto spesso è socio dello stes-so istituto erogatore. Parliamo di circuiti diprossimità, radicati sul territorio e nei quali lafinanza cooperativa dimostra tutto il suo va-lore aggiunto. In queste condizioni, valutare ilrischio di un prestito unicamente sui dati pa-trimoniali non solo è fortemente penalizzan-te, ma è anche poco indicativo del merito cre-ditizio del richiedente..

PROPOSTA: CRITERI SOCIALI E AMBIENTALI TRA I PARAMETRI DI BASILEA

L’ACCORDO DI BASILEA III prevede requisiti patrimoniali più severi per i prestiti giudicati più rischiosi. L’esame del rischio si basa sui dati patrimoniali e di bilancio del richiedente. Il non profit, il terzo settore, le imprese di piccole dimensioni sono invariabilmenteconsiderati a rischio massimo. Di conseguenza Basilea III impone vincoli molto severi a chi,come la finanza cooperativa, ha come mission garantire l’accesso al credito ai cosiddetti“non bancabili” e sostenere lo sviluppo di progetti con positive ricadute sulla società. Sonoinvece favorite le grandi imprese, che hanno già facilità di accesso al credito e che sonospesso responsabili di progetti con enormi impatti sociali e ambientali, e sono resi possibili i finanziamenti ad attori più speculativi quali hedge fund o fondi di private equity.

Una soluzione efficace potrebbe essere introdurre criteri sociali e ambientali nella valutazione del rischio complessivo e del merito creditizio del richiedente. Pensiamo,per esempio, alla transizione dai combustibili fossili alla green economy. Aumentare i requisiti patrimoniali richiesti per le imprese operanti nel settore dei combustibili fossili e diminuirli per chi opera nelle rinnovabili sarebbe uno straordinario incentivo in questadirezione. Anche da un punto di vista meramente economico, i recenti disastri della BP nel Golfo del Messico o della centrale nucleare di Fukushima in Giappone hanno purtroppodimostrato le gigantesche ricadute finanziarie dei danni ambientali. Un rischio che gli attualiparametri di Basilea non considerano in alcun modo.

Nord e Sud: cooperandosi resiste alla crisi

E RETI DI FINANZA COOPERATIVA sonostate meno colpite dalla crisieconomico-finanziaria rispetto

alle banche tradizionali». Commenta così,riferendosi alle realtà sia del Nord che delSud del mondo, Jean-Bernard Fournier, vi-ce direttore generale di Développement in-ternational Desjardins (Did), una società ca-nadese specializzata nel sostegno tecnico ein investimenti nella finanza cooperativanei Paesi del Sud del mondo.

Quali conseguenze ha provocato lacrisi finanziaria per la finanza coo-perativa e per le istituzioni di micro-finanza nei Paesi in via di sviluppo?

Per quanto riguarda le istituzioni di microfi-nanza nei Paesi in via di sviluppo, sono due iproblemi principali provocati dalla crisi fi-

nanziaria. In primo luogo un aumento del nu-mero di default dei beneficiari dei prestiti, chenon sono stati più in grado di restituire il pre-stito, o perché hanno perso il lavoro, oppure,se avevano un’attività commerciale, perchéhanno visto calare drasticamente la domandadi prodotti.

In secondo luogo molte istituzioni di mi-crocredito, in America Latina, Africa e Asia,hanno incontrato crescenti difficoltà nell’ot-tenere finanziamenti dalle banche regionalidi sviluppo, a loro volta indebolite dalla crisi.In più le difficoltà incontrate dalle istituzionidi microfinanza sono state aggravate da una

diminuzione degli investimenti correlati aprogetti di sviluppo, dall’aumento dei tassi diinteresse e da una stretta nei crediti concessida altre banche private.

Invece le istituzioni di microfinanza orga-nizzate in forma di cooperativa non hannoincontrato le stesse difficoltà, soprattutto per-ché i depositi dei clienti, spesso anche soci del-la realtà, sono la fonte dei loro stessi finanzia-menti. Di conseguenza il “contagio” della crisinon le ha travolte.

Ma perché la finanza cooperativa èrimasta più al riparo dalla crisi?Per diversi motivi. Prima di tutto lecooperative di credito e risparmiohanno la missione di fornire prodot-ti e servizi che incontrino i bisognidei propri clienti e soci. Il che rappre-

senta una protezione contro la tentazione disviluppare e vendere prodotti che offrono po-tenzialmente elevati tassi di profitto, ma conun rischio talmente elevato da mettere in pe-ricolo la già precaria situazione di milioni dipersone nei Paesi poveri. In più, l’obiettivodelle banche cooperative è realizzare un utilesoddisfacente e affidabile, che è cosa ben di-versa dal cercare il massimo profitto a ogni co-sto. Inoltre le cooperative possono contare suirisparmi del territorio e della base sociale, ilche le rende molto meno dipendenti da fi-nanziamenti esterni per garantire la propria li-quidità. In ultimo, le realtà della finanza coo-perativa hanno una struttura di governancebasata sulla trasparenza e sulla consultazione,due condizioni essenziali per sopravvivere inperiodi di turbolenza..

L

Le banche cooperative sono state meno segnate dalla crisi perchè hanno come scopo soddisfare i bisogni dei propri soci.Sarebbero così al riparo dalla tentazione di offrire prodotti ad alto rischio. Lo sostiene Jean-Bernard Fournier.

di Andrea Baranes

A piccoli passi per arrivare lontano

UANDO SI PENSA A UNA BANCA

cooperativa si immaginauna realtà di piccole dimen-

sioni, con un capitale sociale ridotto e unaclientela concentrata in un territorio limi-tato. Questa descrizione spesso corrispondeal vero, ma la rilevanza della finanza coo-perativa va ben al di là della dimensione delsingolo istituto. In primo luogo ci sono inumeri complessivi: basta guardare la di-mensione aggregata dei capitali mossi dallebanche cooperative nel mondo per consta-tarne il peso. In secondo luogo bisogna ana-lizzare i risultati raggiunti: è sulle banchecooperative che si basa la sopravvivenza dimolte realtà imprenditoriali in Italia, in Eu-ropa e nel mondo, in particolare nei Paesiin via di sviluppo, dove la finanza coopera-tiva spesso ha assunto la formadel microcredito.

Numeri esplicativiLa finanza cooperativa con-

trolla ampie fette del mercato bancario, inEuropa e nel mondo, con punte partico-larmente significative sia nei paesi ricchi(soprattutto Francia, Olanda e Italia) chein quelli nel Sud del mondo.

Le prime 50 banche cooperative nelmondo accumulano entrate per 150 mi-liardi di euro. In Francia i tre principaligruppi cooperativi bancari (Crédit Agrico-le, Bpce e Crédit Mutuel) controllano il50% del mercato dei prestiti del Paese e il60% di quello dei depositi, con un redditonetto aggregato di 53.4 miliardi di euro(dati Icba-International Co-operativeBanking Association, Global 50 classifica-tion al 31 dicembre 2008). In Europa lebanche cooperative controllato il 19% delmercato dei prestiti e il 21% dei depositi.

Una realtà particolarmente diffusa in Italia(30% del mercato dei prestiti, 34% dei de-positi); in Germania (16% del mercato deiprestiti, 19% dei depositi); in Olanda (30%del mercato dei prestiti e 43% dei deposi-ti) e in Finlandia (32% dei prestiti e 34%dei depositi).

Ma la finanza cooperativa ha una pre-senza significativa anche in Sud Corea, congruppi bancari come Nacf e Kfccc; in Giap-pone, con Norinchukin Bank; in Canada,con il movimento delle Caisses Desjardins(vedi a Jean-Bernard Fournier apag 14); in Marocco, con il gruppo delleBanques Populaires du Maroc; in Messico,con la Caja Popular Mexicana; in Brasilecon la Sicredi Confederation; a Taiwan,con la Taiwan Co-operative Bank.

È una presenza solida e diffusa, lonta-na dai clamori che il sistema finanziario hasuscitato nel corso dell’ultima violenta cri-si mondiale, da cui le banche cooperativesono uscite sostanzialmente indenni. .

INTERVISTA

QUna singola banca cooperativa è di piccole dimensioni, ma l’insieme della finanza cooperativa nel mondo controlla

ampie fette del mercato bancario. E l’importanza di questo settore va al di là dei numeri.

di Alessia Vinci

Le istituzioni di microfinanzaorganizzate sotto forma di cooperative hanno risentitomeno dei danni della crisi

Le prime 50 banche cooperativenel mondo accumulano entrateper 150 miliardi di euro. Unarealtà importante da Nord a Sud

Un’altra immagine dell’albergo Parco dei templari ad Altamura (Ba).