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Marchiandi 2007 (Kallippos)

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KALLIPPOS DI AIXONE, UN ATENIESE

TIRANNO DI SIRACUSA E LA TOMBA

DELLA SUA FAMIGLIA AL PIREO*

Numerosi segnali divini accompagnarono, come è noto1, il dibattitocirca l’opportunità della spedizione in Sicilia, per lo più negativi, ma alcu-ni anche favorevoli, divulgati ad arte da Alcibiade.

Tra questi fu presumibilmente decisivo il responso rassicurante con cuitornarono i messi inviati dall’Alcmeonide all’oracolo di Ammone, in Egitto,secondo cui gli Ateniesi avrebbero fatto prigionieri tutti i Siracusani2.

Poco dopo, tuttavia, durante le manovre dimostrative che la flotta con-duceva davanti a Siracusa per volontà di Nicia, nella speranza di scorag-giare così il nemico ed evitare lo scontro, il dio rivelò la consueta ambi-guità3. Fu infatti intercettata la nave che trasportava in città, dall’archiviodell’Olympieion extra-urbano e in vista del censimento degli uomini attialla leva, le tavolette con gli elenchi dei politai. Gli indovini intuironoimmediatamente che in quel momento, con la ‘cattura’ delle liste civiche, sicompiva – scioccamente – l’oracolo.

“Altri tuttavia – riferisce Plutarco – dicono che in realtà quella profeziasi avverò ai tempi in cui l’ateniese Kallippos tenne Siracusa, dopo aver ucci-so Dione”4.

Si trattò di una parentesi effimera, tra il giugno del 354 e il luglio del353 a.C. secondo Diodoro5: soltanto tredici mesi, in cui un ateniese deldemos di Aixone governò l’alter ego occidentale di Atene, idealmenteriscattando la rovinosa disfatta di sessant’anni prima.

* Vorrei ringraziare il Prof. E. Greco per l’opportunità offertami di presentare in una sedea me particolarmente cara l’approfondimento di un capitolo della mia tesi di dottorato suiperiboli funerari attici, discussa sotto la sua direzione scientifica all’Università Orientaledi Napoli. Ringrazio anche la Prof.sa E. Culasso Gastaldi dell’Università di Torino per ipreziosi consigli e la grande generosità.1 Vaticinatori (chresmologoi) e indovini (manteis) ebbero un ruolo determinante nel con-vincere l’opinione pubblica ateniese: TH., VIII, 1, 1; PLU., Nic., 13; PAUS., VIII, 11, 12; cf.POWELL 1979 e BREMMER 1996, 106-107.2 PLU., Nic., 13, 2; sulla frequentazione ateniese dell’oracolo di Ammone v. WOODWARD 1962.3 Sul tema in generale v. GIULIANI 2000. 4 PLU., Nic., 14, 5-7. 5 D. S., XVI, 31, 7.

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Numerose fonti menzionano Kallippos figlio di Philon, sia letterarie cheepigrafiche6.

Tra queste vorrei attirare l’attenzione in primo luogo su una serie distele funerarie rinvenute nel corso dell’Ottocento al Pireo e pertinenti avari membri della sua famiglia, solo due delle quali risultano purtroppoattualmente reperibili:

1) IG II2 54507 (Museo di Leiden, n° 139 GF 1) (Fig. 1)

Φιλοστράτη ΦίλωνοςΦίλων Καλλίππο

Α¨ξονεύς

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6 Raccolte in DAVIES 1971, 274-276, n° 8065 e GIANNOPOULOU-KONSOLAKE 1990, 186-187; cf.ora PAA 559250.7 = GIANNOPOULOU-KONSOLAKE 1990, 147 n° 46. Per precisazioni e ragguagli circa il luogo dirinvenimento cf. CIG I, 800b; KOUMANOUDES 1870 (1993), n° 149; CIA II, 1774; CONZE III, n°1593, tav. 340 + add. vol. IV, 125, n° 1593; BASTET-BRUNSTING 1982, 70-71, n° 139.

Fig. 1 - La stele del Museo di Leiden (IG II2 5450): a. da BASTET - BRUNSTING 1982, 38; b. da CONZE III, tav. 340, n° 1593

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âνθάδε τcν πάσης àρετ<É>ς âπd τέρμα μολ~οσαν Φαναγόραν κατέχει Φερσεφόνης θάλαμος

\Αλκιμάχη Καλλιμάχου \Αναγυρασίο

Conservato a Leiden è il frammento superiore (alt. ca. 0,90 x largh.0,45 m.) di una stele con palmetta di coronamento scolpita, datata, su basistilistiche e paleografiche, tra il 390 e il 365 a.C. e recante i nomi di quat-tro personaggi:

- una sorella di Kallippos, Philostrate, morta verosimilmente primadel matrimonio e perciò sepolta nella tomba della famiglia di origine

- il padre di Kallippos, Philon, figlio di un primo Kallippos cui ilnostro deve il nome

- la madre di Kallippos, Phanagora, cui pertiene un epigramma che,nel lessico convenzionale del genere, ne commemora la virtù.

- una terza donna – Alkimache, figlia di Kallimachos di Anagyrous –il cui nome risulta aggiunto per ultimo e i cui legami con la famiglia riman-gono incerti (per quanto certamente appartenga al nucleo ristretto: sipotrebbe pensare ad una nuora)

2) IG II2 54338

ΚάλλιπποςΦίλωνοςΑ¨ξονεύςΠρόξενος

ΚαλλίππουΑ¨ξονεύς

ΦίλωνΚαλλίπποΑ¨ξονεύς

[Φιλ]όστρατος[Φίλ]ωνος[Α¨ξονεύς]

Perduto è invece il frammento di una stele del tipo definito ‘ad alberogenealogico’, per il fatto che i nomi dei vari membri della famiglia vi com-parivano secondo un ordine, che anche quando non è strettamente gene-

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8 = GIANNOPOULOU-KONSOLAKE 1990, 141 n° 29. Per utili precisazioni circa il luogo di rinve-nimento cf. PYTTAKES, ArchEph 1853, n° 1541; RANGABES 1855, n° 1360; KOUMANOUDES 1871(1993), n° 138; CIA II, 1766; CONZE IV (add.), 125, n° 1593. Per la data, fissata generica-mente al IV sec. a.C., cf. ora HILDEBRANT 2006, 385 n° 379 (360-50 a.C.).

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Fig. 2 - La stele ad albero genealogico (IG II2 5433); a. L’apografo di Pyttakes (da ArchEph1853, n° 1541); b. L’apografo di Ross (da CIA II, 1776); c. Ipotesi ricostruttiva dell’autrice

a

b

c

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razionale, come in questo caso, risponde comunque a criteri assimilabili alnostro concetto di stemma, con il capostipite in testa.

Si conservano soltanto l’apografo di Pyttakis (Fig. 2.a), colui che scoprìl’iscrizione nel 1850, e quello di Ross riprodotto da Koehler (Fig. 2.b): ilnome di Kallippos è seguito da quelli dei due figli Proxenos e Philon (II), equindi da quello, lacunoso, del fratello Philostratos. È verosimile tuttavia,sulla base dell’altezza fornita da Pyttakes – 4 piedi (poco più di 1 m) -,eccessivamente ridotta per questa tipologia di monumento, che la stele siamutila e che a mancare sia la parte alta del campo, con il nome del capo-stipite della famiglia, Philon (I), separato da rosette o patere a rilievo daisuccessivi nomi conservati (Fig. 2.c).

3) IG II2 54329

Κά[λλι]πποςΦ[ίλωνο]ς[Α¨ξονεύ]ς

Ugualmente disperso risulta il segnacolo personale di Kallippos. Il fattoche l’editore, Koehler – di cui è pubblicato l’apografo (Fig. 3) - non forni-sca alcun dettaglio autorizza a restituire il supporto dell’iscrizione comeuna semplice lastra liscia priva di decorazione, anche se non si può esclu-dere che si trattasse di un kioniskos10.

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9 = GIANNOPOULOU-KONSOLAKE 1990, 141 n° 28; circa il luogo di rinvenimento cf. CIA II,1765. Per la data, fissata alla metà del IV sec. a.C. essezialmente sulla base della prosopo-grafia del personaggio, cf. ora HILDEBRANDT 2006, 385 n° 378 (360-50 a.C.).10 Come tale è indicato dalla GIANNOPOULOU-KONSOLAKE 1990, 141 n° 28; è possibile tuttaviache si tratti di un errore, dal momento che l’epigrafe risulta perduta al Museo del Pireo,come comunicatomi nel maggio del 2006.

Fig. 3 - Il segnacolo personale di Kallippos (IG II2 5432): l’apografo di Koehler (da CIA II,1765)

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Fig. 4 - La stele del Museo del Pireo (IG II2 5408); a-b. Fotografie dell’autrice; c. L’apografo di Koehler (da CIA II, 1753)

a

c

b

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4) IG II2 540811 (Museo del Pireo, n° 1367) (Fig. 4)

[\Α]ρισταγόρα[\Η]δυλίνη Φίλωνο[ς]

[Α]¨ξονέως

Conservata al Museo del Pireo, infine - dove mi è stato gentilmenteconsentito di vederla e fotografarla nel maggio del 2006 – è la stele piùrecente, databile, ancora una volta su basi stilistiche e paleografiche, dopola metà del IV sec. e recante il nome di Hedyline figlia di Philon, presumi-bilmente il II (quindi una nipote di Kallippos), e di un’altra donna,Aristagora, certamente la madre della fanciulla.

Dipinta era la palmetta di coronamento, così come l’immagine chedecorava il campo centrale, descritta nel 1878 da Postolakkas – il collabo-ratore di Conze – e oggi irrimediabilmente perduta12. Si trattava di una

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11 = GIANNOPOULOU-KONSOLAKE 1990, 134, n° 7; per il luogo di rinvenimento cf. CIA II, 1753;CONZE, I, n° 153. 12 Vani sono stati anche i tentativi condotti di recente con l’ausilio delle moderne tecnolo-gie: v. POSAMENTIR 2006, catalogo n° 231.

Fig. 5 - Una stele dalla necropoli NE di Atene, con scena di dexiosis tra madre e figlia(da PAPASPYRIDI-KARUSU 1956)

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Fig. 6 - Pireo: percorso indicativo della strada lungo cui si allineavano le tombe dellanecropoli NW (modificata da KvA, Blatte III)

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dexiosis, una stretta di mano tra le due donne, tema onnipresente nell’ico-nografia funeraria dell’Atene classica13 e attestato di frequente anche nellescene madre-figlia, tra l’altro su una stele molto ben conservata prove-niente dalla necropoli NE di Atene, che riproduco a titolo esemplificativo(Fig. 5)14.

La stele di Leiden è stata recuperata all’inizio degli anni Ventidell’Ottocento tra il Pireo e quello che era – ed è – comunemente identifi-cato con il phoron limen delle fonti letterarie, vale a dire la profonda inse-natura di Drapetsona. La stele del Museo del Pireo è stata trascritta dalKoehler nella proprietà della famiglia Meletopoulou, sita nella stessa area,a breve distanza15. Questi due dati consentono di contestualizzare conragionevole certezza la tomba di Kallippos all’interno di quella che è sicu-ramente la principale necropoli classica del Pireo, un sepolcreto stermina-to, che ancora attende di essere adeguatamente valorizzato16.

Nel 1883, A. Milchhöfer lo descriveva come una distesa pressoché inin-terrotta di tombe scavate nella roccia e di periboli funerari costruiti in bloc-chi, lungo la strada che dalla porta di Eetionea si dirigeva a NW, verso ilpassaggio che si apre tra l’estremità meridionale del massicciodell’Aigaleos e il mare, mettendo il Pireo in comunicazione con il demosconfinante di Thymaitadai e con Eleusi (Fig. 6)17.

L’area cominciò ad essere saccheggiata almeno ai primi dell’Ottocento,ad opera dei cercatori di ‘anticaglie’, tra gli altri Fauvel18 e Dodwell19.Emblematiche sono in proposito le istruzioni fornite dall’inglese circa imetodi per aprire la maggior quantità di tombe nel minor tempo possibilee con il minor numero di uomini. Anche più rivelatrice mi pare tuttavial’immagine di una tomba con accanto due picconi, riprodotta con lievivarianti nel volume di Dodwell (1819) (Fig. 7a) e in quello di Simone

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13 Si veda in proposito DAVIES 1985.14 PAPASPYRIDI-KARUSU 1956; cf. POSAMENTIR 2006, catalogo n° 4.15 Per il luogo di rinvenimento della stele di Leiden v. n. 7 supra. Si noti che dallo stesso sito pro-viene anche la stele ad albero genealogico perduta, nonostante PITTAKES, ArchEph 1853, n° 1541 –ripreso da RANGABES 1855, n° 1360 – indichi inspiegabilmente Atene; cf. però KOUMANOUDES 1871(1993), n° 138, secondo cui l’iscrizione era conservata al Pireo, CIA II, 1766 e, soprattutto, CONZE

IV (add.), 125, n° 1593. Per il phoron limen e per le sue varie localizzazioni proposte nel tempo v.GARLAND 1987, 150 e PANAGOS 19972, 342-343. Per il luogo di rinvenimento della stele del Museodel Pireo v. n. 11 supra. Per la tenuta della famiglia Meletopoulou v. KvA, Blatte II (Garten)16 In generale, sulle necropoli del Pireo, si vedano gli scarsi cenni in WACHSMUTH 1890, 170-171; JUDEICH 19312, 455-456 e n. 1; GARLAND 1987, 169, 223-224; SALTA 1991, 106-129; VON

EICKSTEDT 1991, 7, 9, 138-139; STAINCHAOUER 2003, 44 e passim. 17 MILCHHÖFER 1883, 7-8, cf. la descrizione simile di CURTIUS 1845.18 Per gli scavi di Fauvel v. CIG 534.19 DODWELL 1819, 430-467.

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Fig. 7 - Scavi dell’inizio dell’Ottocento nella necropoli NW del Pireo: a. da DODWELL 1819;b. da Pomardi 1820 (ripubblicata in STAINCHAOUER 2003, 43)

a

b

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Pomardi (Fig. 7b), il pittore italiano che ne fu materialmente l’esecutore,autore di un Viaggio nella Grecia pubblicato a Roma nel 182020.

È pertanto a scopo di tutela che K. Pyttakes avviò precocemente inda-gini estensive e sistematiche, già tra gli anni Trenta e gli inizi degli anniQuaranta dell’Ottocento, cui fecero seguito gli interventi più circoscritti diPervanoglou nel 1861, di Dragatses nel 1890 e nel 1910 e di Kourouniotesnel 1913, fino agli scavi di emergenza moderni dell’Eforia21.

Oggi la necropoli risulta nella sostanza distrutta e scarsissime sono leinformazioni di cui disponiamo circa le tombe, di cui peraltro già Pyttakesrilevava il pessimo stato di conservazione diffuso22. Centinaia sono tuttaviai segnacoli funerari recuperati23, che ne rivelano un’intensa frequentazioneconcentrata tra gli ultimi decenni del V sec. e la metà /inizio del terzo quar-to del IV sec. a.C., nonchè un’estrema eterogenità, sia a livello etnico chepresumibilmente sociale, quale si addice al quadro demografico del Pireo24.Molto vario appare infatti il livello qualitativo dei manufatti, così comemolteplici sono le provenienze degli individui, sia dai demi dell’Attica –rarissimi sono i Pireoti –, che da altre aree del mondo greco ed extra greco,a testimoniare la vitalità del porto e dei suoi traffici.

Nel complesso, mi pare pertanto legittimo immaginare, non diversa-mente da quanto emerso anche di recente nelle grandi necropoli cittadi-ne25, una vasta area di sepolcreto estensivo, con tombe singole segnate dastele, poste alle spalle dei recinti familiari monumentali – i cd. periboli26 –,allineati di preferenza sulla fronte della strada, come rilevava Milchhöfer27

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20 Il brano concernente la visita al Pireo è stato ripubblicato di recente: v. PARASKEUAS 1981, 376-380.21 Le uniche testimonianze degli scavi Pyttakis sono i segnacoli funerari pubblicati sugli Arch.Eph.degli anni 1839/1842, 1853/1856, 1859/1860, 1862, cui si aggiungono alcune cursorie notazioninei lemmata relativi; cf. anche CURTIUS 1845. Per gli scavi successivi v.: PERVANOGLU 1861; ArchDelt1890, 134-135 e DRAGATSES 1910, 65-70, 73-74 e 80-81; KOUROUNIOTES 1913, 201-209; ArchDelt1966, 105; STAINCHAOUER 2003, 44.22 ArchEph 1841, nn. 588-589; cf., per considerazioni analoghe, DRAGATSES 1910, 80-81.23 È in corso ad opera della scrivente una raccolta sistematica della documentazione epi-grafica relativa alle necropoli del Pireo, cui si rimanda per una trattazione più dettagliatadei temi qui accennati.24 In generale, per il quadro sociale v. AMIT 1965, 81-2 e GARLAND 1987, 58-72; cf. ancheSALTA 1991, 130-141, a partire dalla documentazione funeraria, ma solo fino alla metà del IVsec. a.C.25 Penso soprattutto alle necropoli classiche di Pl. Syntagmatos (v. ZACHARIADOU 2000) e delCeramico, presso la vecchia chiesa di Hag. Triada (v. Kerameikos VII, 1-2 e, per il prose-guimento delle tombe recentemente emerso oltre la moderna odos Pireos, VAZIOTOPOULOU-VALAVANI – TSIRIGOTI-DRAKOTOU 2000 e VAZIOTOPOULOU-VALAVANI 2002).26 Per i periboli funerari in generale si rimanda a GARLAND 1982, aggiornato da BERGEMANN

1997, 7-24, 183-210.27 MILCHHÖFER 1883, 7-8.

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e come hanno confermato gli scavi di Dragatses nel settore poco distantedalla porta di Eetionea28.

È specificatamente in questa zona, subito fuori dal circuito murario,che, a giudicare dal luogo di rinvenimento della stele di Leiden, va con ogniprobabilità collocato il peribolo della famiglia di Kallippos, fondato da suopadre Philon (I) all’inizio del IV sec. a.C. e rimasto in uso per quattro gene-razioni.

Come già notava Davies29, l’ubicazione della tomba al Pireo è una trac-cia non trascurabile dell’origine della ricchezza di Kallippos – ingente, dalmomento che risulta membro della classe liturgica, e perciò detentore perlegge di un patrimonio superiore ai tre talenti30, nello specifico trierarcaunico di una nave, la liturgia in assoluto più costosa, stimata da sola attor-no al talento31. Un’ulteriore conferma dello status economico viene, delresto, dal fatto che l’Alkimache attestata sulla stele più antica – e certa-mente acquisita per matrimonio – è figlia di un Kallimachos di Anagyrouspure altrimenti noto come trierarca32.

Un’attività altamente remunerativa e legata al porto va dunque ipotiz-zata come principale fonte di reddito della famiglia. Non l’unica, tuttavia,se un secondo fratello di Kallippos, Philokrates, risulta sepolto nel demosdi origine, Aixone33, dove si può presumere che la famiglia mantenessedegli interessi, verosimilmente di natura fondiaria.

Non meno significativo mi pare poi il fatto che Kallippos e i suoi sianoparte di un folto gruppo di Aixonei trasferitisi al Pireo e lì sepolti34. Si trat-ta di una presenza particolarmente eloquente, che potrebbe in qualchemodo giustificare un decreto demotico per Demetrio Falereo, onorato nel317 a.C. dai cittadini di Aixone per aver ristabilito la pace tra Atene e ilPireo, che non mi pare incongruo interpretare come la testimonianza di un

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28 DRAGATSES 1910, 80-81.29 DAVIES 1971, 274.30 Per l’identificazione dei litourgountes con i ricchi, definiti come euporoi o plousioi nellefonti letterarie v. ARIST., Pol., 1291a 33-34; cf. D., XXI, 153. Per il limite dei tre talenti v. IS.,III, 80; D., XXVII, 64.31 Le fonti sui costi delle varie liturgie sono raccolte in DAVIES 1971, xxi-xxii. 32 DAVIES 1971, 273 n° 8005.33 IG II2 5448 = GIANNOPOULOU-KONSOLAKE 1990, 120, n° 11. La stele, oggi perduta, fu vistada MILCHHÖFER (1888, 360 n° 757), murata in una fontana sulla strada per Vari, a N dellachiesa di Hag. Nikolaos Pirnari, nell’attuale Glpyphada, identificata come centro del demosdi Aixone (v. da ultimo MATTHAIOS 1992-98). La conservazione di alcune lettere di un secon-do nome assicura del fatto che anche questa stele si inserisse nell’ambito di una tomba difamiglia.34 Già vari studiosi ne hanno notato la consistenza: v. GIANNOPOULOU-KONSOLAKE 1990, 161e SALTA 1991, 133.

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legame privilegiato tra i due demi35.Per avere un’idea delle attività degli Aixonei al Pireo può infine essere

utile ricordare un Trasyllos figlio di Pythodoros di Aixone, protagonista diun aneddoto raccontato da Eraclide Pontico e ripreso da Ateneo e daEliano36. In preda alla pazzia, Trasyllos si trasferì al Pireo e si convinse diessere il proprietario di tutte le navi che facevano scalo al porto, “e le iscri-veva nel registro, le mandava in mare e quando erano sulla rotta di ritornole accoglieva con la stessa gioia che proverebbe chi fosse padrone di un talepatrimonio”37. Tornato dalla Sicilia (sic!), suo fratello Kriton lo affidò allecure di un medico, che lo guarì, ma egli conservò sempre il ricordo di que-gli anni felici.

La storicità dei personaggi sembra assicurata: il probabile padre deidue, Pythodoros figlio di Pytheas di Aixone, è infatti onorato come sophro-nistes in un decreto demotico del 325/4 a.C.38, mentre un possibile altromembro della famiglia, un Euthykles pure figlio di Pytheas di Aixone, risul-ta sepolto a Glyphada39, riproponendo una situazione forse non troppo dis-simile da quella della famiglia di Kallippos, all’insegna del policentrismodelle risorse e della differenziazione delle attività economiche.

L’episodio di Trasyllos è una delle rare descrizioni rimaste delle attivitàabituali di un armatore antico. A noi interessa sottolineare che si tratta diun Aixoneo e che il fratello di Trasyllos, Kriton, risulta avere degli interes-si, purtroppo non ulteriormente specificati, in Sicilia.

Chiudo questa prima parte notando che Platone pare indicare un ruolospecifico di Kallippos e di suo fratello Philostratos – anche lui presente inSicilia, come vedremo – nell’organizzazione della spedizione di Dione: “loavevano aiutato a intraprendere il viaggio”40.

Veniamo ora ai fatti per cui Kallippos è celebre.Le vicende che portarono Dione a sostituire il nipote Dionisio II alla

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35 IG II2 1201 = GIANNOPOULOU-KONSOLAKE 1990, 102-104, n° 6. 36 ATH., XII, 554 e-f; AEL., VH, IV, 25.37 La traduzione riportata è quella dell’edizione di Ateneo CANFORA 2001.38 IG II2 1199, l. 20 = GIANNOPOULOU-KONSOLAKE 1990, 100-102, n° 4, l. 20.39 SEG 12.169a.40 PL., Ep. VII, 333e: πρeς τcν κάθοδον •πηρεσία. Non entro nel merito dell’autenticità dellelettere platoniche, per cui rimando alla discussione e alla bibliografia contenute nell’edizio-ne cui ho fatto riferimento: ISNARDI PARENTE 2002. Per l’epistola VII, in particolare, ripetu-tamente citata in questo contributo, mi limito a rilevare la generale concordia degli studio-si nel ritenerla originale, una sorta di testamento politico di Platone redatto nel 354/3 a.C.,mentre Kallippos ancora teneva Siracusa; in proposito si vedano specificatamente DE BLOIS

1979 e BRISSON 1993.

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guida di Siracusa sono ben note41. Noto è anche il ruolo che Kallippos diAixone giocò in esse42.

Negli anni dell’esilio del Siracusano (il decennio 367-357 a.C.),l’Aixoneo fu suo hetairos43, ospite (xenos) ad Atene44 e condiscepolo (sym-mathetes) all’Accademia45, nonché colui che lo iniziò ai misteri di Eleusi46.Non stupisce pertanto ritrovarlo nell’agosto del 357 a.C. nel gruppo chepartì con Dione alla volta di Siracusa, assieme al fratello Philostratos e congli accademici Timonide di Leucade, Eudemo di Cipro e Milta diTessaglia47.

Distintosi in non meglio precisati combattimenti – verosimilmente unascaramuccia con i Cartaginesi al momento del fortunoso sbarco a Minoa –48,Kallippos è significativamente il solo dei discepoli di Platone ad essere alfianco di Dione nel momento del trionfale ingresso in città, quando è men-zionato alla testa delle truppe, incoronato al pari del fratello del siracusa-no, Megakles49.

A partire da questo momento, tuttavia, l’Aixoneo scompare inspiegabil-mente dalle fonti. Nessun ruolo sembra infatti aver svolto nelle intricate edalterne vicende della guerra contro Dionisio, asserragliato ad Ortigia e poi

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41 Le principali fonti sull’impresa dionea sono: PL., Ep., VII e VIII (sul probema dell’auten-ticità cf. n. 40 supra e 68 infra); PLU., Dio.; NEP., Dio.; D. S., XVI, 5-6, 9-13, 16-20, 31,7, 36,5e 45,9.42 Per le fonti su Kallippos v. n. 6 supra.43 PLU., Dio., 54, 1; cf. ATH., XI, 508e-f.44 PLU., Dio., 17, 2.45 Per l’appartenenza di Kallippos all’Accademia, che non è in discussione, si vedano speci-ficatamente ATH., XI, 508e-f; D. L., III, 46; SUID., s.v. ‘Kallippos’; cf. l’elenco di Accademicicontenuto in Philodemos, Academicorum Philosophum Index Herculanensis (= ISNARDI-PARENTE 1980, n° 1), dove l’Aixoneo potrebbe essere da identificare con il Kall[i]genesAthenaios (si noti che anche NEP., Dion., 8 storpia il nome di Kallippos in Callicrates). Ildubbio che Kallippos non fosse membro dell’Accademia nasce da PL., Ep., VII, 333e, da cuidipende PLU., Dio., 54, 1 (che lo cita esplicitamente); credo tuttavia che le parole del filosofovadano intese come un ripudio di Kallippos dopo l’assassinio di Dione (v. n. 76 infra).46 PL., Ep., VII, 333e, citato letteralmente da PLU., Dio., 54, 1; cf. 56, 5-6.47 L’elenco degli accademici partecipanti alla spedizione è solo in PLU., Dio., 22, 5-6.Kallippos non è menzionato, ma compare poco dopo al fianco di Dione, all’ingresso inSiracusa (Dio., 28, 3; cf. 54, 1); la presenza del fratello Philostratos è assicurata da PL., Ep.,VII, 333e-334a e da NEP., Dio., 9. In generale, per la preparazione dell’impresa, v. MARASCO

1982. 48 PLU., Dio., 54, 1. Per la zuffa con i Cartaginesi a Minoa v. ibidem, 25, 12-13 (cf. tuttavia D. S.,XVI, 9, 4, che non vi fa cenno): le fonti non registrano altri scontri nella marcia verso Siracusa(le Epipole, in mano ai mercenari, caddero con uno stratagemma: v. PLU., Dio., 27, 2). 49 PLU., Dio., 28, 3; cf. 54, 1. Si noti che Kallippos non è menzionato nel passo diodoreo sul-l’ingresso a Siracusa, a differenza di Megakles (XVI, 10, 5).

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esule in Italia50, a differenza, per esempio, di Timonide di Leucade, cuiDione, ferito, affidò il comando delle truppe nel corso del primo scontrocon i mercenari del tiranno51. Ugualmente assente l’Ateniese risulta anchenei vari episodi dello scontro che, in seguito, oppose Dione al suo rivalesiracusano più temibile, il democratico Eraclide52.

Kallippos ricompare soltanto due anni dopo, quando Dione è ormai sal-damente insediato al potere, dopo aver definitivamente cacciato primaDionisio (356 a.C.) e poi suo figlio Apollokrates (355 a.C.) e dopo aver fattouccidere Eraclide (355/4 a.C.). Lo ritroviamo allora intento a tramare lamorte di Dione con il peggiore degli inganni: fingersi nemico con il suoconsenso, per smascherare i nemici veri, di fatto libero di organizzare ilcomplotto53.

È proprio in relazione a questi fatti che le fonti indugiano nel sottoli-neare la vicinanza profonda tra i due, indicando Kallippos come il massi-mo depositario della fiducia di Dione, al punto che il Siracusano, pur dive-nuto a un certo punto consapevole della congiura, avrebbe addirittura pre-ferito morire piuttosto che accettare di doversi guardare allo stesso mododagli amici e dai nemici54.

L’assassinio, così come descritto da Plutarco55, è una scena di teatro,con Dione significativamente assimilato alla vittima di un sacrificio: rin-chiuso a sorpresa in una stanza della sua casa, dove si era ritirato con alcu-ni commensali mentre la città stava celebrando la festa di Kore, è assalitodal gruppo dei mercenari di Zacinto sobillati da Kallippos, che prima ten-tano di strangolarlo a mani nude e poi lo finiscono con una spada corta,passata dalla finestra da un siracusano di nome Lykon. Kallippos non èmenzionato tra i presenti, ma Platone dichiara che, assieme a suo fratello,diede aiuto agli assassini con le armi in pugno: “fu come se lo uccidesseroloro stessi con le proprie mani”56.

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50 Per un’analisi dettagliata della lotta contro Dionisio v. ORSI 1994.51 PLU., Dio., 30, 9-10; cf. 31, 3, in cui Timonide è indicato come “amico e compagno d’armi” (φίλοςκαd συστρατιώτης) di Dione. Si noti tuttavia che il suo intervento non è menzionato nel passo dio-doreo sul ferimento di Dione nella prima battaglia contro Dionisio (XVI, 12, 4).52 In merito v. MUCCIOLI 1990 e cf. ora CONSOLO LANGHER 2005, 235-246. 53 PLU., Dio., 54, 4-5; NEP. Dio., 8. Il racconto diodoreo si ferma prima, alla definitiva presadi potere di Dione (XVI, 20), e continua con la frettolosa menzione della morte delSiracusano (XVI, 31, 7): nessun dettaglio dunque sulla preparazione della congiura.54 PLU., Moralia (Regum et imperatorum apophthegmata), 176f-177a; Moralia (De vitiosopudore), 530 c; VAL. MAX., III, 8, ext. 5; cf. anche PLU., Dio., 56, 3 (senza allusione specifi-ca a Kallippos).55 PLU., Dio., 57; per le differenze rispetto alla versione di NEP., Dio., 9-10 v. infra. Diodorosi limita a registrare cursoriamente sotto l’anno 354/3 a.C. l’assassinio di Dione ad opera diKallippos (XVI, 31, 7).56 PL., Ep., VII, 334a.

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Da questo momento – siamo nel giugno del 354 a. C. – Kallippos tienele redini di Siracusa fino al luglio dell’anno successivo, vale a dire i tredicimesi indicati da Diodoro57.

Dopo aver fronteggiato con successo una stasis degli amici di Dione,l’Aixoneo fu infatti cacciato da Ipparino, fratellastro di Dionisio, quindinipote di Dione e nuovo punto di riferimento dei Dionei, che riprese la cittàmentre l’Ateniese era intento alla conquista di Catania58. Rivoltosi poi inva-no contro Messana, dove perse molti dei suoi uomini, e respinto successi-vamente da altre città, Kallippos riuscì infine a sottrarre Reggio aDionisio59. Qui, tuttavia, ormai incapace di mantenere i mercenari, fuassassinato da due di essi, Leptine e Poliperconte, con la stessa arma – sot-tolinea Plutarco – che aveva ucciso Dione 60, in una data imprecisabile trail 351/50, anno della presa di Reggio secondo Diodoro, e il 350/49 a.C.

Solo Plutarco e Ateneo si soffermano sui motivi per cui Kallippos eli-minò Dione.

In un primo momento il biografo61 sembra alludere tendenziosamentead un nesso diretto tra la decisione di tradire e la possibilità concreta didivenire – e con il bene placito dei mercenari del Siracusano – il nuovopunto di riferimento del demos, sbandato e privo di una guida dopo lamorte di Eraclide. In seconda battuta, è riferita tuttavia succintamente unavoce anonima (½ς δέ φασιν öνιοι), secondo cui Kallippos avrebbe ricevutoventi talenti da Dionisio.

Entrambe le versioni paiono in qualche modo confortate. Nel primo caso è Valerio Massimo che sembra istituire una relazione

tra Eraclide e l’Ateniese, accomunandoli nella colpa di tramare insidie con-tro Dione62, mentre altrove lo stesso Plutarco sottolinea lo stretto legame,ai limiti dell’identificazione, tra Kallippos e i misthophoroi, arrivando a

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57 D. S., XVI, 31, 7. 58 La notizia della stasis dei philoi di Dione è solo in D.S., XVI, 36, 5; Plutarco si limita ariferire della prigionia della sorella di Dione, Aristomache, e della moglie Arete, in attesa diun figlio (Dio., 57, 5 e 58, 8). La biografia di Nepote si chiude invece con la morte di Dione:nessun cenno dunque alle successive vicende di Kallippos. In generale sui philoi di Dione v.WESTLAKE 1983. Per la presa di Siracusa v. PLU., Dio., 58, 3-4, cf. POLYAEN., V, 4, che narralo stratagemma notturno messo in atto da Ipparino; diversamente Diodoro (XVI, 36, 5) sor-vola sull’assenza di Kallippos. 59 PLU., Dio., 5; cf. D.S., XVI, 45, 9, che tuttavia menziona soltanto la presa di Reggio.60 La sola fonte sulla morte di Kallippos è PLU., Dio., 58, 6-7; sul pugnale cf. Moralia (Desera numinis vindicta), 553d.61 PLU., Dio., 54.62 VAL. MAX., III, 8, ext. 5.

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indicarlo come “uno dei comandanti mercenari stranieri” al servizio diDione63. Nel secondo caso è invece un passo del papiro di Ossirinco adattribuire a Dionisio la morte dello zio64.

Se, ragionevolmente, l’accostamento di Kallippos al democraticoEraclide è stato giudicato improbabile alla luce dell’appartenenzadell’Ateniese all’Accademia, o addirittura ‘sospetto’, inventato cioè ad hocper creare un’ideale continuità tra i due principali nemici di Dione65, forseun po’ troppo frettolosamente è stata liquidata come gossip l’ipotesi di unaregia occulta di Dionisio66.

La causa del delitto addotta da Ateneo67, secondo cui Kallippos agì quan-do si accorse del tentativo di Dione di imporre una μοναρχία, è infatti soloapparentemente isolata. Il proposito è meno peregrino di quanto sembri aprima vista, se letto alla luce del modello spartano che, secondo Plutarco, ilSiracusano aveva in mente di realizzare e che nella sostanza fu all’originedella scelta di eliminare Eraclide, quale principale oppositore68. Tanto più sesi tiene conto della voce diffusa da Kallippos nella fase preparatoria della con-giura, secondo cui Dione sarebbe stato in procinto di richiamare il pronipoteApollokrates, figlio di Dionisio, per farne il suo successore69.

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63 PLU., Aem.-Tim., 2, 5-6. L’importanza crescente dei mercenari nel dirimere le questioniinterne siracusane è stata notata da tempo: v. CHRISTIEN 1975 e, più di recente, MOSSÉ 1997.64 FGrHist 255, 1. 65 WESTLAKE 1983, 164-5; MUCCIOLI 1990, 185-6. 66 WESTLAKE 1983, 164 n. 14. Ringrazio il prof. Sammartano per aver attirato la mia atten-zione su questo passo nella discussione seguita all’intervento. 67 ATH., XI, 508e-f , valorizzato in particolare da BRACCESI 1998, 93, che parla di una “con-giura libertaria”.68 PLU., Dio., 53, 4-5 e, soprattutto, Aem.-Tim., 2, 3; cf. anche NEP., Dio., 6-7. È assai pro-babile, tuttavia, che Plutarco raccolga una tradizione ben radicata in ambiente platonico: v.in proposito PL., Ep., VIII, 354 b-c e 355e-356e, dove prima è lo stesso Platone ad esortarei Dionei a trasformare la tirannide in basileia, sull’esempio di Licurgo, e poi è un immagi-nario Dione a consigliare ai suoi una triarchia, comprendente suo figlio e i due nipotiIpparino e Dionisio II (per i problemi di autenticità v. n. 40 supra e, per l’epistola VIII inparticolare, AALDERS 1969, secondo cui sarebbe un originale risalente a poco dopo la cac-ciata di Kallippos). Si pone chiaramente a questo punto il problema dell’influsso di Platonee dei suoi insegnamenti sulla prassi politica dei discepoli, e di Dione in particolare, in cuinon mi addentro. Rimando, da ultimo, a TRAMPEDACH 1994 con le osservazioni critiche diBEARZOT 1997, a testimonianza di quanto il dibattito sia ancora vitale e la questione nellasostanza aperta. 69 PLU., Dio., 56, 1. L’accusa già mossa a Dione da Eraclide (ibid., 53, 2-3), di aver fatto veni-re da Corinto consiglieri (σύμβουλοι) e colleghi nel comando (συνάρχοντες) per diprezzo neiconfronti dei concittadini, di fatto – spiega Plutarco – per predisporre con il loro aiuto lapoliteia che vagheggiava, deve essere intesa come testimonianza di un primo stadio di avan-zamento del progetto, l’elaborazione teoretica che precedette la scelta del pronipote comesuccessore.

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C’è da chiedersi se il Siracusano, legato alla famiglia dei tiranni da unfitto intrico di parentele, ad un certo punto, sperimentati a fondo la diffi-coltà di mantenere il potere ed il rischio di perderlo, non abbia pensatoeffettivamente ad instaurare un regime di tipo dinastico, una sorta di diar-chia con il figlio del nipote, un compromesso cioè tra vecchio e nuovocorso, che nelle intenzioni metteva fine alle lotte interne alla famiglia, manei fatti tagliava definitivamente fuori Dionisio70. In questa prospettivaassume evidentemente un altro peso la notizia dell’appoggio fornito daltiranno a Kallippos71.

A dispetto della possibile alternativa, tuttavia, la sfrenata ambizione ela sete di potere dell’Aixoneo hanno trovato lo spazio di gran lunga mag-giore, negli autori antichi così come nei commentatori moderni, che lihanno in genere giudicati moventi sufficienti, certo per il fascino che i per-sonaggi diabolici esercitano sull’immaginario di ogni tempo72.

È infatti – senza dubbio – un ritratto a tinte fosche quello di Plutarco,che contamina i caratteri dello spergiuro, traditore dell’ospite, con quellidell’empio, assassino di colui che aveva introdotto ai misteri proprio nelgiorno della festa di Kore, e per altro dopo aver giurato fedeltà, nel santua-rio siracusano delle Thesmophorai, alla moglie e alla sorella di Dione giu-stamente insospettite. Gli eventi successivi al delitto incarnano non a casola parabola esemplare di una giusta punizione divina, come tale richiama-ta succintamente anche nell’operetta dei Moralia dedicata al tema73.Altrettanto duro è il giudizio di Cornelio Nepote, che stigmatizza Kallipposcome “homo et callidus et ad fraudem acutus, sine ulla religione ac fide”.

Entrambi riflettono evidentemente una tradizione omogenea, cheaveva fatto dell’Ateniese un paradigma di eroe negativo, e che certo dove-va avere radici nella realtà, nell’indole stessa di Kallippos, se un contem-poraneo – Apollodoros, figlio del noto banchiere Pasione e suo accusatore

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70 In quest’ottica credo vada letto il fermo rifiuto opposto da Dione ad Eraclide di cancella-re dal paesaggio urbano di Siracusa i segni dei tiranni, le fortificazioni dell’acropoli e latomba di Dionisio I, il capostipite della dinastia (PLU., Dio., 53, 2 e Brut.-Dio., 2, 3), a diffe-renza di quanto farà poi Timoleonte (PLU., Tim., 22, 1-3; cf. D.S., XVI, 70, 3, NEP., Tim., 3,3). Nella stessa prospettiva si spiega meglio anche l’indulgenza con cui Dione lasciò partireda Ortigia prima Dionisio (PLU., Dio., 37, 4 e soprattutto D.S., XVI, 17, 1-2) e poiApollokrates (PLU., Dio.,50, 2-3), attirandosi per altro le dure critiche dei concittadini (PLU.,Brut.-Dio., 2, 3). Si noti infine che Teopompo (apud ATHEN., X, 435f-436a = FGrHist 115 F185) registra il tentativo di creare dissidi tra Apollokrates e Dionisio da parte di – purtrop-po non meglio specificati – “adulatori”. 71 Apollokrates evidentemente agì di concerto con il padre: gli rimase fedele e con lui tornòa Siracusa nel 347/6 a.C. (STR., VI, 1, 8, 259; AEL., VH, II, 41; cf. NEP., Tim., 2, 1; PLU., Tim.,1, 4; IUST., XXI, 3, 9-10).72 In quest’ottica si vedano, per esempio, WESTLAKE 1983, 164-5 e MUCCIOLI 1990, 186. 73 PLU., Dio., 58; cf. Moralia (De sera numinis vindicta), 553d.

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in un’orazione pseudo-demostenica – allude al suo pessimo carattere,incline allo scherno e alle minacce, come a cosa risaputa 74.

Certo la condanna senza appello emessa da Platone dovette avere gran-de peso sul giudizio dei posteri – e in particolare su Plutarco che cita piùvolte passi delle Lettere75.

Nell’epistola VII, il filosofo allude ripetutamente ai due fratelli ateniesi,Kallippos e Philostratos, senza mai chiamarli per nome, ma biasimandolinel modo peggiore: turpi, empi, traditori, uccisori dell’ospite, uomini dianimo meschino e servile, capaci solo di amicizie volgari e soprattuttoignoranti, per non essere stati capaci di comprendere la grandezza del pro-getto di Dione e, di conseguenza, la gravità del loro atto. Un odio profon-do, dunque, che valse chiaramente all’Aixoneo il ripudio dell’Accademia76.

Le fonti conservano tuttavia anche le tracce di una lettura diversa deifatti, che forse meritano di essere valorizzate.

Il racconto plutarcheo dell’assassinio sottolinea il numero elevato deicongiurati e la fama di cui Kallippos godeva a Siracusa all’indomani delmisfatto77. La lettera pubblica che egli subito dopo scrisse ad Atene78 rivela,del resto, l’attesa di una legittimazione ufficiale da parte della madrepatria,meno inverosimile se si pensa che nel 410 a.C. il decreto di Demofantoaveva sancito ad Atene l’impunità e addirittura la santità del tirannicida79.

Non meno indicative mi paiono poi le oscillazioni con cui le fonti defi-niscono il ruolo dell’Aixoneo nel breve periodo di governo: il verboτυραννεÖν ricorre in Ateneo e nel lessico di Suidas80, Plutarco81 usa i piùneutri öσχε e κατεÖχε – “ebbe” / “tenne” - Siracusa, mentre Diodoro82 ricor-re all’espressione τcν ™γεμονίαν διεδέξατο – letteralmente, “successe (a

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74 [D.], L, 49.75 PLU., Dio., 8, 4 e 52, 5 (PL., Ep. IV); 52, 4 (PL., Ep. IV); 54, 1 (PL., Ep. VII), cf. anche Brut.-Dio., 4, 7-8.76 Da cui i dubbi dei commentatori antichi e moderni sulla sua appartenenza all’Accademia,che tuttavia non hanno motivo di esistere alla luce delle numerose fonti che vi fanno riferi-mento: v. n. 45 supra. 77 PLU., Dio., 57, 1 e 58, 1; cf. tuttavia la versione radicalmente diversa di NEP., Dio., 10,secondo cui i Siracusani piansero la morte di Dione, cambiando repentinamente il giudiziosul suo operato.78 PLU., Dio., 58, 1. 79 AND., I, 96. Sulla liceità del tirannicidio ad Atene e sulla legislazione relativa si vedanoPETRE 1999 e SORDI 2002; per legislazioni analoghe in altre aree del mondo greco cf.LANDUCCI GATTINONI 1997. Si rammenti, sulla stessa linea, anche PL., Rep., 565d-e, 566a-b,dove il crimine è ammesso come rimedio, se pure estremo, alla tirannide.80 ATH., XI, 508f; SUID., s.v. ‘Kallippos’.81 PLU., Nic., 14, 7; Dion., 58, 1.82 D.S., XVI, 31, 7.

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Dione) – nell’egemonia” καd wρξε – “ed ebbe l’arche” - per tredici mesi.Senza entrare troppo nel merito, è evidente che esiste una sostanziale dif-ferenza tra il tyrannos, attento ai propri interessi, incurante del bene dellapolis e perciò costretto a comandare con misure coercitive una cittadinan-za recalcitrante, e l’hegemon, “condottiero” per libera scelta di sudditi inqualche modo consenzienti, nel rispetto della costituzione e nell’osservan-za della misura; tanto più se si considera che su questo filo sottile è gioca-ta gran parte della dialettica timaica nel contrapporre la figura dispotica eodiata di Dionisio I a quelle ammirate di Gelone e di Ermocrate83.

D’altro canto, le spedizioni di Kallippos contro Catania, probabilmenteancora in mano ai mercenari di Dionisio, e poi contro Reggio, sicuramenteancora saldamente sotto il controllo del tiranno, sembrano rivelare la pro-secuzione di quello che era il progetto iniziale di Dione, proclamato almomento dell’ingresso in Siracusa, di liberare cioè la madrepatria e le cittàdella Sicilia dalla tirannide84. Diodoro conserva una traccia anche più espli-cita di una tradizione encomiastica, che fa di Kallippos addirittura un libe-ratore, colui che appunto restituì l’αéτονομία ai Reggini85.

Anche all’interno dell’Accademia non mancarono, del resto, voci piùbenevole di quella di Platone.

Aristotele – che cominciò a frequentare la cerchia del filosofo negli anniin cui Dione giungeva ad Atene e fu amico personale di Eudemos di Cipro,uno dei partecipanti all’impresa siciliana86 – conserva la memoria di dissa-pori tra Dione e Kallippos, purtroppo senza chiarirne né le ragioni né laportata. Nella Retorica la condotta dell’Aixoneo è infatti chiamata adesemplificare il caso in cui un’ingiustizia sembra “vicina al non esserlo”perché rivolta contro qualcuno con cui il rapporto è già compromesso87. Seanche la Orsi avesse ragione e il passo non fosse da ritenere, come soste-nuto da altri, una testimonianza dell’approvazione di Aristotele, certo essorivela comunque l’esistenza di pareri meno avversi88.

D’altro canto, però, l’ostilità dello Stagirita verso Dione non mi pare indiscussione alla luce di due noti passi della Politica: nel primo, il padre diDione, Ipparino, è indicato come il principale responsabile dell’instaura-

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83 VATTUONE 2002, 199-201. Si veda anche, giocato sulla medesima opposizione, il con-fronto tra Dionisio I e Gelone nella requisitoria antitirannica di Teodoro in D.S., XIV, 64,3-69,5, con il commento di SCARPA BONAZZA BUORA 1984, 94-97.84 PLU., Dio., 29, 1; cf. PL., Ep., VII, 335d-336a.85 D.S., XVI, 45, 9. 86 Sappiamo da PLU., Dio., 22, 5-6 che Aristotele dedicò a Eudemos un dialogo perdutoSull’anima.87 ARIST, Rh., 1373 a 18-21.88 ORSI 1991-92.

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zione della tirannide di Dionisio I89; nel secondo, Dione è citato come esem-pio di abbattimento del tiranno – Dioniso II – per cause interne, “quandoquelli che stanno al potere sono in discordia tra loro”, quindi implicita-mente assimilando l’impresa siciliana ad una mera questione dinastica90.Colpisce in particolare il lapidario commento finale – “fu ucciso anche lui” –,che tradisce un’indifferenza apparentemente totale per l’autore del delitto.

Fu soprattutto l’ultimo Dione ad attirarsi verosimilmente le critichedegli hetairoi.

Speusippo – nipote e successore di Platone alla guida dell’Accademia,nonché intimo amico del Siracusano e fervido sostenitore della sua spedi-zione – gli rimprovera di essere divenuto altezzoso e superbo per la famaacquisita e lo invita a non cambiare atteggiamento nei confronti dei condi-scepoli, ma piuttosto ad impegnarsi nel dare lustro all’Accademia “ornan-do la Sicilia di santità, giustizia e ottime leggi”, lasciando implicitamenteintravedere un progressivo allontanamento dai propositi iniziali, certo indirezione di un maggior dispostismo91. Perfettamente in linea è, del resto,il monito rivolto da Platone a Dione in una lettera di autenticità discussa,da alcuni attribuita non a caso a Speusippo: “l’arroganza si accompagnaalla solitudine”, in evidente allusione ad una propensione caratteriale delsuo discepolo prediletto92.

Probabilmente Nepote e Plutarco raccolsero gli echi anche di questicontrasti interni alla cerchia platonica. Il biografo latino non esita a defini-re l’ultimo Dione un tiranno odiato dal popolo, certo perseguitato dalrimorso per l’assassinio di Eraclide, ma pronto, per sospetto e timore, acedere alle pressioni dei suoi mercenari, arrivando a confiscare i beni degli

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89 ARIST., Pol., 1306 a 1; cf. il giudizio decisamente più benevolo di PL., Ep., VII, 353a-b.90 ARIST., Pol., 1312 b 35. Cf. anche ARIST., Pol., 1312 a 34-39, dove è la ricerca della fama adessere indicata come il principale movente di Dione.91 PLU., Moralia (Quomodo adulator ab amico internoscatur), 70a = ISNARDI PARENTE

1980, n° 17; cf. Socr. Ep., XXXIII = ISNARDI PARENTE 1980, n° 159. Per lo stretto legame per-sonale tra Dione e Speusippo v. PLU., Dio., 17, 2, che lo definisce “il suo amico più intimo adAtene, con cui soprattutto passava il tempo”. Per il sostegno attivo dato da Speusippo allapreparazione della spedizione v. ibid., 22. 1-4: durante l’ultimo viaggio di Platone, il nipotelo seguì per scandagliare gli umori dei Siracusani riguardo ad un eventuale ritorno di Dione,e anche in seguito mantenne un interesse vivissimo per la vicenda, su cui era informato daTimonide di Leucade (ibid., 35, 4). Non stupisce pertanto che un’Epistola socratica lo indi-chi come colui che era “comunemente considerato l’autore dell’impresa siciliana” (SOCR.Ep., XXXIV = ISNARDI PARENTE 1980, n° 13); cf. anche SOCR. Ep., XXXIII = ISNARDI PARENTE

1980, n° 159.92 PL., Ep., IV, 321c; il passo è citato due volte da Plutarco nella Vita di Dione (8, 4 e 52, 5)e ricorre ripetutamente nel corpus plutarcheo. Sul problema dell’autenticità della EpistolaIV, generalmente ritenuta spuria, e sulla sua attribuzione a Speusippo v. MUCCIOLI 1990, 181n. 33 e ISNARDI PARENTE 2002, ad loc.

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amici, dopo quelli degli nemici93. Lo stesso Plutarco, ammiratore indiscus-so del Siracusano, non può fare a meno di mettere in rilievo il suo progres-sivo isolamento e di descriverne l’assassinio come un tirannicidio in pienaregola, con quella che Petre ha di recente definito “l’arma definitoria deltirannicidio”, vale a dire la spada corta, lo xiphidion94.

Evidente appare a questo punto la difficoltà di conciliare le due tradi-zioni contrastanti.

Non è certo questa la sede per dirimere le complicate questioni relativealla Quellenforschung dell’avventura dionea. L’interesse per la storiografiadi molti dei protagonisti dei fatti rende la gamma delle interpretazionieccezionalmente ricca, ma anche particolarmente intricata.

Dietro le principali fonti conservate – Nepote, Diodoro e Plutarco –,tutte relativamente tarde, i commentatori moderni hanno ipotizzato la pre-senza di Timonide di Leucade, autore di un’opera storica che prenderebbele mosse dalla sua corrispondenza epistolare con Speusippo95, del siracusa-no Filisto, acerrimo nemico di Platone e fedele sostenitore dei tiranni96, edel siracusano Athanis, partigiano di Eraclide e autore anch’egli diSikelika97, possibilmente mediati dai principali storici che, poco dopo ifatti, si occuparono di Occidente, cioè Eforo, Teopompo e Timeo98. Il qua-dro è poi ulteriormente complicato dal fatto che sulla figura di Dione sistratificò nel tempo una letteratura biografica – o, per meglio dire, quasiagiografica –, di cui le Vite di Nepote e di Plutarco sono le sole testimo-

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93 NEP., Dio., 6-7 e 9-10; cf. PLU., Dio., 55 e 56, 3, che insiste sul rimorso, ma sorvola sulleconfische.94 PLU., Dio., 57, 4 e 58, 6-7; Moralia (De sera numinis vindicta), 553d; cf. PETRE 1999,1214-5.95 PLU., Dio., 35, 4; cf. D.L., 4, 5. Timonide è stato giustamente valorizzato come fonte dellaVita di Dione di Plutarco, che lo cita due volte (Dio., 31, 3 e 35, 4): v. in merito SORDI 1980;MANNI 1990; MUCCIOLI 1990 e 2002, 154-158.96 Filisto fu autore di una Storia della Sicilia che giungeva fino ai primi anni della tiranni-de di Dionisio II. Lodato da Eforo (apud PLU., Dio., 36, 3), duramente criticato da Plutarco,che non lo cita mai come fonte e ne prende chiaramente le distanze (ibid., 36, 3-4), è bennoto anche a Nepote (Dio., 3). Complessivamente, sulla sua opera, v. BEARZOT 2002. 97 MUCCIOLI 2002, 160-164.98 Eforo è pressochè unanimamente ritenuto la fonte principale del libro XVI di Diodoro (v.SORDI 1969, xxxvi-xli e 1980), ma è menzionato anche da Plutarco (Dio., 35, 4). Il contribu-to di Teopompo a Diodoro e alla Vita di Dione di Plutarco, che lo cita (24, 5-10), è stato valo-rizzato a più riprese: HAMMOND 1938, secondo cui lo storico sarebbe la fonte principale diun’anonima vita ellenistica di Dione (v. n. 100 infra); WESTLAKE 1953-54; da ultimoVATTUONE 1998. Timeo, infine, è concordemente riconosciuto come la fonte principale diPlutarco e Nepote: v., tra altri, PEARSON 1987, 191-208; SANDERS 1992; cf. MUCCIOLI 1990,passim. Si noti che Plutarco lo ricorda più volte nella Vita di Dione (6, 2; 14, 5; 31, 3; 35, 6;36, 1), ma anche Nepote lo menziona nella Vita di Alcibiade (11).

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nianze superstiti, ma non certo le uniche, e verosimilmente nemmeno lepiù antiche99: non è mancato infatti chi ha ipotizzato che all’origine dientrambi ci sia un’anonima Vita ellenistica100.

Il problema si pone in particolare per gli eventi successivi alla morte diEraclide, nel 354 a. C. (che per altro sono quelli che ci interessano in que-sta sede).

Filisto concluse la sua Storia ben prima e comunque uscì definitiamen-te di scena, morendo, nella battaglia navale del 356 a.C.101. Il racconto diTimonide si fa generalmente terminare proprio con l’assassinio diEraclide102. Eforo morì nel 356 a.C., lasciando la sua opera incompiuta: nona caso Diodoro, che da Eforo direttamente dipende, tratta cursoriamente levicende relative alla morte di Dione e all’ascesa di Kallippos, limitandosi ariportare la notizia e tradendo così l’uso di una fonte cronografica103.

In genere è Timeo ad essere ritenuto la principale fonte di Nepote e diPlutarco, per gran parte della vicenda dionea, ma in particolare per l’epilo-go conclusivo, di cui Kallippos fu protagonista104.

Lo storico di Tauromenio è più volte citato da Plutarco105 e i toni con iquali sono raccontate le fini prima del Siracusano e poi dell’Ateniese, in uncrescendo di drammaticità e con un gusto insistito per le simmetrie – ilmystagogos che uccide il mystes nel giorno della festa di Kore, l’identitàdell’arma fatale – sembrano indicarne la mano. La sua ostilità a Dione epiù in generale all’ingerenza dell’Accademia in Sicilia è stata sottolineata direcente dal Sanders106 e potrebbe spiegare bene la tragica sorte che – allafine – accomuna i due antichi hetairoi.

Ci sono però anche divergenze basilari tra le versioni di Plutarco e di Nepote– a prescindere dal fatto che il biografo latino storpi il nome di Kallippos inCallicrates –, non riconducibili, almeno a mio parere, ad una mera questione di

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99 V. FGrHist 577 F 15 (Philodemos, Academicorum Philosophum Index Herculanensis):“molti hanno scritto le imprese di Dione”. A titolo esemplificativo si ricordino le opere diTimocrate, forse originario di Eraclea Pontica (I sec. a.C.), e di Arriano di Nicomedia: suentrambi v. MUCCIOLI 2002, 158-160. 100 Si vedano, tra altri: HAMMOND 1938; VOIT 1954-55; SORDI 1967, 143 n. 3 e 1980; contraPEARSON 1987, 192 n. 119 e MUCCIOLI 1990, 170 n. 8.101 Cf. n. 96 supra. Sulla morte di Filisto v. PLU., Dio., 35, 3-5; cf. D.S., XVI, 16, 3.102 Così: SORDI 1967, 143 n. 3 e 1980; MANNI 1990, 548; MUCCIOLI 1990 e 2002, 154. È per altroprobabile che Timonide vada annoverato tra gli accademici amici di Dione già caduti nel corsodella guerra ai tempi in cui Kallippos concepì il suo progetto (v. PLU., Dion., 54, 2); tale fu certo ilcaso di Eudemos di Cipro, sulla cui morte siamo informati da CIC., div., I, 53.103 V. n. 98 supra.104 V. n. 98 supra; cf. MUCCIOLI 1990, 184.105 V. n. 98 supra.106 SANDERS 1992.

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maggiore o minor dettaglio, e finora forse fin troppo minimizzate. Se sostanzialmente sovrapponibile è la preparazione del delitto nei due

autori, centrata sullo stratagemma messo in atto dall’Aixoneo per organiz-zare indisturbato la congiura e sull’empio giuramento prestato nelThesmophorion di Siracusa, ben diverso è il rilievo dato da Plutarco allascena del giuramento, di nuovo un’autentica pièce teatrale, come pure l’as-sassinio di Dione. Se Nepote si sofferma sulla falsità della promessa comeindicatore della doppiezza e dell’empietà di Kallippos, Plutarco si dilunganel descrivere la messinscena dell’Aixoneo, che, dopo i sacrifici di rito, pro-nuncia il voto indossando la veste di porpora della dea e impugnando laδ÷άς, la torcia eleusinia, accesa.

Ancor più radicalmente differente nei due biografi, tuttavia, è il rac-conto della morte di Dione e della successiva reazione dei Siracusani. InPlutarco è un’esecuzione a tutti gli effetti, come si è detto, descritta congrande enfasi drammatica: l’assassinio è messo in atto da un numerocospicuo di congiurati davanti ad un pubblico non meno consistente diamici di Dione, raccolti con lui a banchetto, che per paura non osano inter-venire; Kallippos, che non è indicato tra i presenti, dopo il delitto è “pienodi gloria” (λαμπρeς qν). In Nepote gli unici attori sono invece i sicari, i mer-cenari di Zacinto, che assalgono Dione mentre dorme da solo nel suo letto;Kallippos però è il burattinaio, l’organizzatore attento che predispone ognidettaglio: pone guardie nei punti strategici della città, fa circondare la casa,si prepara la via di fuga ordinando di mettere in mare una trireme alcomando del fratello Philostratos. Dopo, il demos piange amaramente lamorte di Dione e anche chi l’aveva chiamato tiranno lo celebra come libe-ratore dalla tirannide. La biografia si chiude senza che di Kallippos sia piùfatto alcun cenno.

Di uno – Plutarco – colpisce la natura visiva del racconto, degna di unamoderna sceneggiatura, che indugia e quasi si compiace nel creare un pro-tagonista a tutto tondo, la maschera di un grande eroe negativo. Dell’altro– Nepote – rimane la linearità un po’ asettica del cronista, a volte anche piùprodigo di dettagli – il ruolo di Philostratos, per esempio, è trascurato daPlutarco –, ma nel complesso incapace, nel caratterizzare il suo personag-gio, di andare oltre una generica morale di maniera.

Quasi un terzo Kallippos appare invece quello della Vita di Timoleonteplutarchea, ormai estrapolato dal flusso degli eventi e divenuto uno deitanti flagelli abbattutisi sulla Sicilia. Accomunato allo spartano Farace inentrambe le menzioni107, in un binomio che – si noti bene – non ricorre mai

107 PLU., Tim., 11, 6 e Aem.-Tim., 2, 5-6.

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nella Vita di Dione108, l’Aixoneo appartiene piuttosto alla lunga sequenza dicondottieri stranieri venuti a Siracusa, che da Gilippo finisce conTimoleonte: la sua malvagità, assoluta e senza sconti, è finalizzata a farrifulgere maggiormente l’astro del Corinzio.

Senza tentare di etichettare le diverse versioni, avanzando l’ennesimaipotesi destinata a rimanere tale, vorrei concludere proponendo una par-ziale inversione di prospettiva, da un’ottica prettamente occidentale adun’ottica ateniese, attirando cioè l’attenzione sull’opinione dei concittadinidi Kallippos e sul notevole peso che essa dovette avere nell’elaborazionestorica successiva.

È la matrice attica di molti dettagli a costituire il principale tracciante.Indicativa mi pare innanzitutto l’insistenza sull’empietà perpetrata ai

danni delle dee di Eleusi, che certo non a caso saranno le principali protet-trici dell’impresa di Timoleonte, guidato in Sicilia proprio da una fiaccola‘mistica’ apparsa nel cielo109. Il lessico tecnico specifico (mystagogia,mystes, mystagogos110) e l’iconografia peculiare dei misteri (la tunicarossa, la fiaccola111) che ricorrono nella narrazione plutarchea sono certomeglio comprensibili all’interno di un quadro di riferimento cultuale e reli-gioso ateniese, dove l’iniziazione dell’Aixoneo aveva un significato preciso,a prescindere da come la si volesse valutare112.

Il detto riferito sempre da Plutarco a Kallippos, che si rammaricò diaver perso una città, Siracusa, “per prendere una grattuggia, Catania”113 –essendo katane il nome siceliota dell’oggetto –, ripete un gioco di paroleinventato da Aristofane per alludere alla polis calcidese114 e certo familiareal pubblico locale, che più di ogni altro era in grado di coglierlo ed apprez-zarlo.

Allo stesso modo, il recupero ex eventu dell’oracolo di Ammone ricor-dato all’inizio, sulla prigionia dei Siracusani che si sarebbe avverata aitempi non della spedizione del 415 a.C. ma del governo di Kallippos,maturò certamente in un ambiente in cui il controllo di un ateniese sullacittà occidentale doveva sembrare una giusta vendetta, quasi una rivincita,

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108 Eppure è nella Vita di Dione che è descritto l’intervento di Farace a Siracusa: v. PLU.,Dio., 48, 7 e 49, 1.109 Plu., Tim., 8.110 PLU., Dio., 54, 1; 56, 6.111 PLU., Dio., 56, 5-6.112 Totalmente negativo è, per esempio, il giudizio di PL., Ep., VII, 333e, ripreso da PLU.,Dio., 54, 1, secondo cui la familiarità che nasce dalla comune iniziazione ai misteri è un lega-me nettamente deteriore rispetto alla philia accademica.113 PLU., Dio., 58, 4.114 AR., V., 936-939, 960-966 (cf. 908-911); cf. POST 1932 e, più di recente, BURELLI BERGESE

1992, 76-78.

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e che difficilmente pertanto può non ritenersi attico.Del resto, l’impresa di Dione contro Dionisio colpì profondamente gli

Ateniesi e li fece molto discutere.Sicuramente ci fu una propaganda accademica in qualche modo uffi-

ciale115, che valorizzò il ruolo dei discepoli di Platone nell’impresa, a frontedella neutralità scelta dal maestro: l’azione preparatoria svolta daSpeusippo in Sicilia116, l’intervento razionalistico dell’indovino Milta allapartenza, che liberò i soldati dal timore dei presagi avversi117, la già rilevatapresenza di Kallippos al fianco di Dione all’ingresso a Siracusa, il sostegnomilitare di Timonide di Leucade nella prima battaglia. Alla stessa fonte vacerto ricondotta anche l’elaborazione di quello che è stato efficacementedefinito “il paradigma storiografico della lotta dei pochi contro i molti”118:Dione e i suoi con due semplici navi mercantili contro la tirannide diDionisio, forte di quattrocento navi da guerra e di un numero infinitamen-te superiore di soldati, motivo che ricorre in Diodoro e in Nepote, ma che,a conferma della sua contemporaneità ai fatti, troviamo già in Demostene,in un’orazione addirittura precedente alla morte di Dione, in Aristotele enell’anonima Rhetorica ad Alexandrum, probabilmente da datare nelperiodo timoleonteo119.

L’impresa siciliana, tuttavia, ebbe grande risonanza anche al di fuoridella cerchia platonica, se è vero che il socratico Eschine di Sfetto scrisseun’Apologia di Dione120, e certo non soltanto negli ambienti colti, ma anchetra la gente comune, “tra i ragazzi e le donnicciole”, come scherzaSpeusippo121. Lo stesso Platone, nella discussa Lettera IV, mette in guardiaDione dagli occhi del mondo puntati su di lui122, a testimonianza della gran-de attesa che la sua iniziativa generò nei contemporanei.

Un enorme scalpore dovette pertanto suscitare il gesto di Kallippos: “visono altri che ne parlano e ne parleranno in futuro”, rimarca Platone, perspiegare il suo rifiuto di soffermarsi sul delitto, e Plutarco lo conferma a

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115 Il tema è stato sviluppato in particolare da GALVAGNO 2000, 109-142 passim.116 V. n. 91 supra.117 PLU., Dio., 24.118 GALVAGNO 2000, 112.119 D.S., XVI, 9, 1-2 (ma cf. 6, 5); NEP., Dio., 5, 3. Per la contemporaneità del tema propa-gandistico agli eventi v. D., XX, 162; ARIST., Pol., 1312 a 34-39; PS. ARIST., Rhet. ad Alex., 9(per la cui datazione si rimanda a PATILLON 1997).120 D.L., II, 63. Sulla problematicità del passo, dove la lettura Dion è frutto di una vecchiacorrezione oggi da alcuni non più ritenuta attendibile, v. COBETTO GHIGGIA 1995, 112-113, n.425. 121 PLU., Moralia (Quomodo adulator ab amico internoscatur), 70a = ISNARDI PARENTE

1980, n° 17; cf. Socr. Ep., XXXIII = ISNARDI PARENTE 1980, n° 159. 122 PL., Ep., IV, 320 c-d, citato da PLU., Dio., 52, 4.

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distanza di secoli123. Tanto più se si considera che l’Aixoneo era a tutti gli effetti un perso-

naggio pubblico ad Atene. Della ricchezza si è detto. La sua trierachia s’inquadra per altro in

un’impresa cleruchica discussa quanto a cronologia e destinazione124, mache vide la partecipazione di alcuni dei principali uomini politici del tempo,dagli strateghi Timoteo e Chabrias a Kallistratos di Aphidna. Lo stessoKallippos è presumibilmente una figura politica non secondaria, certoimplicato a fondo nelle partigianerie interne, se nel 361 a.C., qualche annoprima dunque di partire per la Sicilia, fu incaricato da Timomachos, ilcognato di Kallistratos, di scortare l’uomo politico in esilio a Taso, dovetentò invano di riorganizzarsi125. Proprio in relazione a queste vicende,Kallippos fu accusato da Apollodoros, figlio del banchiere Pasione, e vero-similmente processato126.

Credo, pertanto, che sia in questa molteplicità di voci ateniesi che vada-no cercate le ragioni ultime del dualismo associato alla figura dell’Aixoneonella tradizione letteraria conservata da Nepote e da Plutarco, prima anco-ra che nelle logiche di parte interne a Siracusa e nella storiografa occiden-tale che le riflette.

Timeo rimane una mediazione probabile: non va dimenticato infattiche lo storico di Tauromenio trascorse gran parte della propria vita adAtene – un cinquantennio quasi ininterrotto di esilio, a cominciare daglianni del governo di Demetrio Falereo (317/7 a.C.) – e che qui scrisse la suaopera127. Si può presumere che l’attitudine libresca che lo caratterizzò e chePolibio, il suo più feroce detrattore, gli rimproverava lo abbia indotto adocumentarsi localmente sull’Ateniese.

Lo stesso dicasi tuttavia per Teopompo, lo storico di Chio allievo diIsocrate, che fu ad Atene in anni anche più vicini ai fatti128. Se già è stataattirata l’attenzione sui suoi libri siciliani come possibile fonte di Diodoroe di Plutarco129, meno interesse ha suscitato una sua operetta minore, una

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123 PL., Ep., VII, 334a; cf. PLU., Aem.-Tim., 2, 5. 124 IG II2 1609, l. 96. Per la cronologia e la possibile destinazione della spedizione si con-frontino: DAVIES 1969 (366/5 a.C., Samo), seguito da MOGGI 1981, 17 e n. 197; contraCAWKWELL 1973 (370/69 a.C.), ultimamente ripreso da CARGILL 1995, 21 n. 20 e 146-147, chesuggerisce una cleruchia del Nord Egeo (Lemno, Imbro o Sciro).125 [D.], L, 46-52, 53. Su Callistratos v. SEALEY 1956 e BEARZOT 1981. Probabile è anche l’in-tegrazione del nome di Kallippos in un’iscrizione onoraria putroppo molto frammentaria:

IG II2 291, l. 11. 126 D., XXXVI, 53.127 VATTUONE 2002. Per Timeo ad Atene v. anche CONSOLO LANGHER 1998, 39-49.128 In generale su Teopompo e sulla sua biografia v. FLOWER 1994.129 V. n. 98 supra.

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Διατριβή contro la scuola di Platone (κατa τÉς Πλάτωνος), di cui due soliframmenti certi sopravvivono oltre al titolo, e di scarsa rilevanza per ilnostro tema130. Andrebbe tuttavia valutata l’ipotesi che l’invettiva di Ateneocontro l’Accademia fucina di tiranni, in cui Kallippos è uno degli exemplacitati, derivi proprio da questo opuscolo, forse non a caso ricordato nellostesso passaggio dei Deipnosophistai131.

Maggiore attenzione meriterebbe anche, almeno a mio avviso,Philochoros, attidografo contemporaneo di Timeo, ma anche mantis uffi-cialmente attivo ad Atene sullo scorcio del IV sec. e autore, tra l’altro, diopere dedicate specificatamente alla mantica (περd μαντικÉς), ai misteri(περd μυστηρίων τ΅ν \Αθήνησιν) e possibilmente di una raccolta di oracoli132.Egli, che – si noti – è menzionato da Plutarco come un’autorità in materiadi presagi proprio nella Vita di Nicia133, mi pare un candidato assai attraen-te per il recupero dell’oracolo di Ammone: il passo plutarcheo ricordato evari altri frammenti conservati testimoniano infatti il suo interesse per iprodigi che accompagnarono la grande spedizione siciliana134, inducendo aritenere che egli li abbia rimeditati nel complesso.

Colluso con Dionisio o con i democratici, tiranno o tirannicida, merce-nario prezzolato o liberatore.

Dal quadro variegato dell’opinione pubblica ateniese esce, nel comples-so, un ritratto più equilibrato del ‘diabolico’ Kallippos, nel cui operato sicelava forse un progetto politico preciso, in linea con quello con cui Dioneera partito dal Peloponneso e, verosimilmente, con quanto si era andatodiscutendo all’Accademia nei tre lunghi anni della preparazione dell’im-presa siciliana.

Il suo legame con Kallistratos di Aphidna e con l’ambiente dei ‘mode-rati’ ateniesi resta da comprendere a fondo, così come il suo coinvolgimen-to nella cleruchia ignota, certamente un’impresa cruciale del rinato colo-

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130 FGrHist 115 F 259 e 275, contenenti critiche teoretiche a Platone.131 ATH., XI, 508 c-d. L’antiplatonismo di Ateneo è in genere ricondotto all’opera di ErodicoCrateteo intitolata Contro l’adulatore di Socrate. L’ipotesi, che risale a DÜRING 1941, è anco-ra ritenuta valida: si veda, per es., CANFORA 2001, II, 1252 n. 4; cf. tuttavia i dubbi avanzatida TRAPP 2000 e, soprattutto, da ROMERI 2003, che cita Teopompo tra le possibili fontialternative dell’antiplatonismo di Ateneo (332).132 Per l’opera e la biografia di Philochoros v. FGrHist 328 e, in generale, l’introduzionedello Jacoby, che rimane lo studio complessivo più esaustivo sull’attidografo. In particola-re, per l’attività di mantis, v. FF 1, 2, 6, 7 e 67. 133 PLU., Nic., 23, 8, sull’eclissi che ritardò la ritirata degli Ateniesi da Siracusa.134 FGrHist 328 F 122 (follia di Metone: cf. PLU., Nic., 13, 7-8); F 133-134 (mutilazione delleerme: cf. PLU., Nic., 13, 3). Si confronti il tenore decisamente più superstizioso e strampala-to delle riflessioni timaiche in merito agli stessi argomenti, apud PLU., Nic., 1, 1.

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nialismo ateniese, qualunque fosse la meta, se non altro per la rinomanzapolitica e militare dei personaggi implicati.

Parallelamente, il peribolo funerario del Pireo, come indizio di residen-zialità e di interessi locali, apre prospettive inedite circa la natura delle sueattività economiche e forse, in ultima analisi, anche su una parte dei moti-vi della sua partecipazione alla spedizione siciliana.

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