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Aggiornamento: Dicembre 2009 Accedi al sito web dedicato al FEASR: Agricoltura e Sviluppo rurale - Politica di sviluppo rurale 2007-2013 Torna all’indice IL MAL DELL’ESCA E’ stato riscontrato in molti vigneti un gran numero di piante che ha manifestato la malattia, a causa del fatto che la maggiore vegetazione sviluppata durante questa stagione ha richiesto un più elevato rifornimento idrico, che le piante malate non sono riuscite a fornire alle proprie foglie. L’AGENTE PATOGENO Stereum hirsutum, Phellinus igniarius LE GENERALITA’ In questi ultimi anni le malattie fungine del legno ed in particolare il Mal dell'Esca hanno assunto grande importanza sia per il livello di gravità raggiunto sia per la diffusione con la quale si manifestano anche in vigneti di recente costituzione. Il Mal dell’Esca è diventato soprattutto negli ultimi anni la malattia del legno di vite più pericolosa in quanto può compromettere l'esistenza dell'intero vigneto ed inoltre non sono oggi noti rimedi curativi se non la prevenzione. Pur se conosciuta già al tempo dell'antica Roma, viene citata da Plinio (29-79 d.C.), solo dagli anni '60 si è manifestato in maniera tale da creare gravi problemi ai vigneti. Ancora oggi la non perfetta conoscenza dell'eziologia deve far considerare il Mal dell'Esca non come una malattia, ma come una sindrome complessa legata ad una successione di microrganismi. In Italia il Mal dell'Esca è presente in tutte le zone di tradizione viticola, dal Nord al Sud del Paese. In molte aree la malattia è presente nel 90-100% di vigneti con un'incidenza annua variabile, nei vigneti di 15-25 anni, dall'1 al 50% e un incremento medio annuo valutato fra il 4 e il 5%. La percentuale annua di piante colpite dalla forma acuta della malattia si colloca invece intorno al 2%. Oltre alla perdita di queste piante, i danni consistono nella minore produzione delle viti con sintomi cronici e nello scadimento della qualità delle uve e quindi del vino. Le uve delle piante colpite non giungono regolarmente a maturazione e hanno un contenuto minore in zuccheri e probabilmente in pigmenti e sostanze aromatiche. Per una produzione di qualità queste uve dovrebbero essere scartate o vinificate a parte. Sono molte le cause che hanno portato ad un drastico aumento della malattia in questi anni: l'età dei vigneti, ormai assai elevata il molte aree viticole del nostro Paese; l'affermazione di una viticoltura protesa verso un aumento quantitativo delle produzioni e caratterizzata da forme di allevamento espanse richiedenti forti interventi di potatura; l'adozione di concimazioni azotate squilibrate che determina un ingentilimento dei tessuti della pianta e quindi una più facile aggressione degli stessi da parte della malattia; il ricorso a forti interventi di potatura (che permettono l'ingresso dei funghi patogeni nella pianta tramite le ampie ferite) in seguito ad eventi atmosferici calamitosi come nevicate o gelate oppure per la conversione del sistema di allevamento; la scarsa o nulla adozione di misure preventive atte a limitare la diffusione della malattia; l'assenza allo stato attuale di mezzi chimici ammessi realmente efficaci nel contenimento. L'attacco del Mal dell’Esca avviene attraverso tagli di potatura, ferite o altre lesioni provocate, ad esempio, dalla grandine. Per quanto riguarda l'influenza dei fattori agronomici, predispongono la pianta all'attacco di questa malattia un'elevata produzione, una concimazione azotata eccessiva, l’eccessivo rigoglio vegetativo, le forme di allevamento della vite che prevedono grossi e frequenti tagli di potatura o di ringiovanimento delle viti, le carenze idriche, i terreni compatti ed inoltre i vecchi vigneti sono più suscettibili di quelli giovani. Si segnala una minore incidenza della malattia in vigneti inerbiti. IL PROCESSO D’INFEZIONE Recenti progressi compiuti dalla ricerca sul Mal dell'Esca della vite hanno contribuito a chiarire alcuni aspetti sui meccanismi infettivi che sono alla base della di questa complessa malattia. Le ultime ricerche scientifiche hanno dimostrato che la patogenicità è causata dall'attività, spesso combinata o consecutiva, di diversi patogeni fungini appartenenti alle specie Fomitiporia punctata, Phaeomoniella chlamydospora e Phaeoacremonium aleophilum. Per ciò che riguarda invece i meccanismi di trasmissione della malattia, alcuni studi, effettuati in Francia durante il periodo di riposo della vite per tre anni consecutivi nella regione viticola del Bordolese sulla biologia di Phaeomoniella chlamydospora e di Phaeoacremonium aleophilum, funghi - abbiamo già detto - implicati nella sindrome del Mal dell’Esca, hanno indicato che i due funghi hanno una disseminazione per via aerea durante parte del loro ciclo biologico. La ferita di potatura costituisce una delle vie di accesso di P. chlamydospora alla pianta. Le infezioni avvengono preferibilmente in periodi piovosi con temperature miti. Le spore sono rilasciate durante tutto l'anno. Anche per Fomitiporia punctata la ferita di potatura sarebbe la via di accesso del fungo alla pianta. Phaeoacremonium aleophilum, al contrario, non sembra contaminare le ferite di potatura durante il periodo invernale. Le spore sono liberate soprattutto durante la fase vegetativa. La sorgente di inoculo è situata sulle zone escoriate del ceppo. La via di penetrazione nella pianta non è ancora stata determinata. Concludendo, la più importante via di infezione per questi funghi è rappresentata dalle ferite del legno causate da interventi di potatura e meccanici in genere o da eventi meteorico-climatici quali le gelate e la grandine. La penetrazione dei funghi avviene tramite lo sviluppo del fungo che, insinuandosi nei tessuti legnosi, degrada i costituenti del legno. La malattia, di tipo infettivo, progredisce generalmente lungo i filari, piuttosto che secondo una distribuzione casuale. La diffusione della malattia sembra dunque avvenire per il trasporto dell'inoculo con il materiale d'innesto o mediante gli strumenti impiegati nelle operazioni di potatura o comunque traumatiche. I SINTOMI Il mal dell'esca si manifesta generalmente fra giugno e settembre con sintomi su foglie, tralci, grappoli e legno dell'intera chioma o solo di singole branche. La malattia può avere due distinti andamenti: uno

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IL MAL DELL’ESCA E’ stato riscontrato in molti vigneti un gran numero di piante che ha manifestato la malattia, a causa del fatto che la maggiore vegetazione sviluppata durante questa stagione ha richiesto un più elevato rifornimento idrico, che le piante malate non sono riuscite a fornire alle proprie foglie. L’AGENTE PATOGENO Stereum hirsutum, Phellinus igniarius LE GENERALITA’ In questi ultimi anni le malattie fungine del legno ed in particolare il Mal dell'Esca hanno assunto grande importanza sia per il livello di gravità raggiunto sia per la diffusione con la quale si manifestano anche in vigneti di recente costituzione. Il Mal dell’Esca è diventato soprattutto negli ultimi anni la malattia del legno di vite più pericolosa in quanto può compromettere l'esistenza dell'intero vigneto ed inoltre non sono oggi noti rimedi curativi se non la prevenzione. Pur se conosciuta già al tempo dell'antica Roma, viene citata da Plinio (29-79 d.C.), solo dagli anni '60 si è manifestato in maniera tale da creare gravi problemi ai vigneti. Ancora oggi la non perfetta conoscenza dell'eziologia deve far considerare il Mal dell'Esca non come una malattia, ma come una sindrome complessa legata ad una successione di microrganismi. In Italia il Mal dell'Esca è presente in tutte le zone di tradizione viticola, dal Nord al Sud del Paese. In molte aree la malattia è presente nel 90-100% di vigneti con un'incidenza annua variabile, nei vigneti di 15-25 anni, dall'1 al 50% e un incremento medio annuo valutato fra il 4 e il 5%. La percentuale annua di piante colpite dalla forma acuta della malattia si colloca invece intorno al 2%. Oltre alla perdita di queste piante, i danni consistono nella minore produzione delle viti con sintomi cronici e nello scadimento della qualità delle uve e quindi del vino. Le uve delle piante colpite non giungono regolarmente a maturazione e hanno un contenuto minore in zuccheri e probabilmente in pigmenti e sostanze aromatiche. Per una produzione di qualità queste uve dovrebbero essere scartate o vinificate a parte. Sono molte le cause che hanno portato ad un drastico aumento della malattia in questi anni: l'età dei vigneti, ormai assai elevata il molte aree viticole del nostro Paese; l'affermazione di una viticoltura protesa verso un aumento quantitativo delle produzioni e caratterizzata da forme di allevamento espanse richiedenti forti interventi di potatura; l'adozione di concimazioni azotate squilibrate che determina un ingentilimento dei tessuti della pianta e quindi una più facile aggressione degli stessi da parte della malattia; il ricorso a forti interventi di potatura (che permettono l'ingresso dei funghi patogeni nella pianta tramite le ampie ferite) in seguito ad eventi atmosferici calamitosi come nevicate o gelate oppure per la conversione del sistema di allevamento; la scarsa o nulla adozione di misure preventive atte a limitare la diffusione della malattia; l'assenza allo stato attuale di mezzi chimici ammessi realmente efficaci nel contenimento. L'attacco del Mal dell’Esca avviene attraverso tagli di potatura, ferite o altre lesioni provocate, ad esempio, dalla grandine. Per quanto riguarda l'influenza dei fattori agronomici, predispongono la pianta all'attacco di questa malattia un'elevata produzione, una concimazione azotata eccessiva, l’eccessivo rigoglio vegetativo, le forme di allevamento della vite che prevedono grossi e frequenti tagli di potatura o di ringiovanimento delle viti, le carenze idriche, i terreni compatti ed inoltre i vecchi vigneti sono più suscettibili di quelli giovani. Si segnala una minore incidenza della malattia in vigneti inerbiti. IL PROCESSO D’INFEZIONE Recenti progressi compiuti dalla ricerca sul Mal dell'Esca della vite hanno contribuito a chiarire alcuni aspetti sui meccanismi infettivi che sono alla base della di questa complessa malattia. Le ultime ricerche scientifiche hanno dimostrato che la patogenicità è causata dall'attività, spesso combinata o consecutiva, di diversi patogeni fungini appartenenti alle specie Fomitiporia punctata, Phaeomoniella chlamydospora e Phaeoacremonium aleophilum. Per ciò che riguarda invece i meccanismi di trasmissione della malattia, alcuni studi, effettuati in Francia durante il periodo di riposo della vite per tre anni consecutivi nella regione viticola del Bordolese sulla biologia di Phaeomoniella chlamydospora e di Phaeoacremonium aleophilum, funghi - abbiamo già detto - implicati nella sindrome del Mal dell’Esca, hanno indicato che i due funghi hanno una disseminazione per via aerea durante parte del loro ciclo biologico. La ferita di potatura costituisce una delle vie di accesso di P. chlamydospora alla pianta. Le infezioni avvengono preferibilmente in periodi piovosi con temperature miti. Le spore sono rilasciate durante tutto l'anno. Anche per Fomitiporia punctata la ferita di potatura sarebbe la via di accesso del fungo alla pianta. Phaeoacremonium aleophilum, al contrario, non sembra contaminare le ferite di potatura durante il periodo invernale. Le spore sono liberate soprattutto durante la fase vegetativa. La sorgente di inoculo è situata sulle zone escoriate del ceppo. La via di penetrazione nella pianta non è ancora stata determinata. Concludendo, la più importante via di infezione per questi funghi è rappresentata dalle ferite del legno causate da interventi di potatura e meccanici in genere o da eventi meteorico-climatici quali le gelate e la grandine. La penetrazione dei funghi avviene tramite lo sviluppo del fungo che, insinuandosi nei tessuti legnosi, degrada i costituenti del legno. La malattia, di tipo infettivo, progredisce generalmente lungo i filari, piuttosto che secondo una distribuzione casuale. La diffusione della malattia sembra dunque avvenire per il trasporto dell'inoculo con il materiale d'innesto o mediante gli strumenti impiegati nelle operazioni di potatura o comunque traumatiche. I SINTOMI Il mal dell'esca si manifesta generalmente fra giugno e settembre con sintomi su foglie, tralci, grappoli e legno dell'intera chioma o solo di singole branche. La malattia può avere due distinti andamenti: uno

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cronico, lento e progressivo, con sintomi di varia natura e intensità, e uno acuto (detto “apoplessia”), consistente in un più o meno improvviso avvizzimento delle piante. Sindrome cronica Sulle foglie, fra le nervature principali, compaiono aree di colore più chiaro, dapprima piccole e isolate, poi più grandi e confluenti fino a formare vaste chiazze giallastre che virano al rosso-bruno prima di seccare. I tessuti intorno alle nervature rimangono invece verdi conferendo così alle foglie una caratteristica tigratura. I sintomi raggiungono la massima evidenza ad agosto. Le foglie colpite possono rimanere attaccate sulle piante o cadere prematuramente. I tralci delle viti ammalate possono presentare un ritardo della lignificazione, perdita di turgore e, più raramente, un lento disseccamento. Parte delle gemme possono germogliare in ritardo. Sugli acini, soprattutto quelli di vitigni bianchi di uva da tavola, compaiono spesso all'invaiatura macchie bruno-violacee. La maculatura interessa solo la buccia del frutto e, generalmente, solo pochi frutti per grappolo. In casi più gravi la macchiettatura è più estesa, gli acini si spaccano e si svuotano della polpa o diventano preda di insetti e marciumi. Nel legno sano dapprima compaiono venature nere longitudinali (che in sezione trasversale appaiono come punteggiature), isolate o riunite in piccoli gruppi. A queste si accompagna la formazione di legno bruno-rosso o rosato, spesso presente al centro del tronco e lungo il midollo. Insieme a queste alterazioni principali possono svilupparsi vari imbrunimenti del legno (settori brunastri, con legno più o meno duro). Successivamente compare il sintomo più noto, la carie bianca del legno. Il tessuto assume una consistenza spugnosa, friabile e un colore bianco giallastro. Di solito la zona cariata è delimitata da una linea scura e si sviluppa a partire da una ferita, in particolare quelle dovute a grossi tagli di potatura, e da qui si estende o lungo un settore del tronco o verso la zona centrale. Quando la carie raggiunge la corteccia si possono verificare spacchi longitudinali (mal dello spacco). Le alterazioni del legno raramente si sviluppano al di sotto del punto di innesto. Finora i sintomi sulla chioma (foglie, tralci, acini) sono sempre stati riscontrati in associazione con estese carie del legno. Invece di recente sono stati documentati casi di piante di meno di 8 anni di età con le caratteristiche clorosi fogliari, ma con sintomi sul legno molto ridotti: zone poco estese di carie attorno al punto di innesto, o soltanto venature scure in zone limitate del fusto. Sindrome acuta (apoplessia) I sintomi compaiono improvvisamente nel mezzo dell'estate quando una intera pianta o singole branche avvizziscono completamente: le foglie acquistano un colore meno verde, poi grigiastro e infine, in pochi giorni, si disseccano. La stessa sorte può toccare ai grappoli. Generalmente sono colpite da apoplessia piante che avevano manifestato, nello stesso anno o in anni precedenti, tutti i sintomi della forma cronica.

Il Black Dead Arm Il Mal dell’Esca può facilmente essere confuso con un’altra malattia, il Blak Dead Arm, molto simile sia nella sintomatologia, sia nei danni causati alla pianta. Si tratta di una malattia fungina identificata di recente in Francia, nel 1999. I suoi sintomi sono stati descritti per la prima volta nel 1974, ed inizialmente si pensava si trattasse di Mal dell'Esca. I funghi responsabili di questa malattia appartengono alle specie genere Botryosphaeria stevensii, Botryosphaeria obtusa, Botryosphaeria dothidea.

I sintomi sono visibili a partire dalla fine di maggio - primi di giugno (sono quindi più precoci rispetto a quelli del mal dell'esca, che compaiono a giugno inoltrato). Vengono colpite per prime le foglie basali, poi la malattia evolve rapidamente a tutta la pianta. Le foglie cadono anticipatamente, la pianta deperisce e nei casi più gravi muore. Ai bordi delle foglie compaiono inizialmente delle piccole tacche di colore rosso (nelle varietà nere) o giallo (nelle varietà bianche). Queste tacche poi ingrandiscono e si fondono a formare delle chiazze estese alla superficie fogliare compresa tra le nervature principali. Lungo le nervature principali

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rimangono invece delle bande di colore verde. Infine le zone arrossate necrotizzano e le bande verdi ingialliscono. Nei casi più gravi le foglie si disseccano completamente e cadono (di solito rimangono solo poche foglie nella porzione terminale del ramo). I grappoli disseccano precocemente. Il tronco presenta in sezione trasversale delle zone necrotiche settoriali. Nella lotta al Blak Dead Arm, come per tutte le malattie fungine (Mal dell'Esca, ecc..), importante è l'attuazione di tutte le pratiche agronomiche che permettano di prevenire l'insorgenza dell'infezione; allontanare e distruggere tutte le possibili fonti d'infezione (residui di potatura di piante malate), evitare lesioni o ferite che facilitino l'ingresso del patogeno nella pianta. Pertanto, al di là di una diagnosi precisa, le due malattie devono essere prevenute nello stesso modo. LA DIFESA La prevenzione Questa contempla alcune pratiche prima dell'impianto quali: - scelta di ambienti meno esposti ai freddi ed ai rischi di gelate; - scelta per l'impianto dei pali di cemento o di pali di legno trattati; - scelta di portinnesti più resistenti, inversamente proporzionale alla vigoria; - scelta delle cultivar più resistenti ove possibile; - utilizzare materiale vivaistico di buona qualità e certificato. Tra i mezzi colturali si ricordano tutte quelle pratiche che assicurino uno sviluppo equilibrato delle piante. Le misure preventive dovranno prevedere: - riduzione al minimo di tutte le pratiche di forzatura quali le concimazioni azotate; - l’individuazione delle piante malate, morte o fortemente compromesse; - il loro tempestivo espianto e distruzione - la potatura separata delle viti segnalate come infette in tempi successivi rispetto a quelle sane - l’asportazione e la bruciatura dei residui di potatura che possono costituire una fonte d'inoculo; - la disinfezione dei tagli di potatura più grandi con mastici a base di benzimidazolici o triazoli oppure di paste preparate con solfato di rame e calce. Per quanto sopra esposto, è importantissimo contrassegnare le viti nel momento in cui si manifesta la malattia (piena estate), ricordando che una pianta segnalata infetta deve essere sempre considerata tale negli anni successivi, anche se non si manifestano i sintomi. Durante le operazioni di potatura occorre quindi "lavorare" separatamente le viti, segnalate come infette, in tempi successivi rispetto a quelle sane, avendo cura di asportare il relativo materiale di potatura. È inoltre fondamentale pulire e disinfettare (con alcool o solfato di rame concentrato) gli attrezzi di potatura passando da pianta a pianta, soprattutto in occasione di grossi tagli, e ricoprire le ferite maggiori con mastici protettivi. E’ possibile tentare la strada del risanamento agronomico delle viti ammalate: questa pratica è perseguibile prima della ripresa vegetativa, precedentemente alla fase del "pianto", tagliando il fusto fin dove il legno risulta sano, curando sempre la disinfezione dei grossi tagli con mastici contenenti fungicidi oppure con poltiglia bordolese concentrata. Tale tecnica ha la finalità di ricostituire la pianta colpita dai tralci originati dalle gemme del moncone di fusto residuo. Il successo dipende dalla tempestività dell'intervento di taglio e dallo stato di avanzamento dell'infezione. Nel caso la necrosi abbia raggiunto la zona del colletto, la pianta risulta irrecuperabile e andrà completamente asportata. Il limite di questa tecnica è dovuto al fatto che nel vigneto si crea uno sbilanciamento della quantità e soprattutto della qualità delle produzioni. Sarebbe perciò opportuno effettuare gli interventi di recupero prima che l'incidenza della malattia abbia raggiunto valori elevati, ovvero oltre il 10% delle piante colpite. La lotta chimica Non essendo ammesso in Italia l'uso di arsenito di sodio, le misure di contenimento della malattia restano quelle a carattere preventivo. In via sperimentale per quello che concerne l'impiego curativo del ciproconazolo da somministrare al terreno nella zona di competenza radicale oppure al tronco con sistemi a lenta cessione del principio attivo. In caso di neve o gelo, è utile disinfettare le viti che hanno subito maggiori danni con prodotti a base di rame. Negli ultimi anni parallelamente alla recrudescenza di questa malattia si è tornato a discutere in Italia sulla reintroduzione dell'utilizzo dell'arsentito di sodio per frenare le infezioni di mal dell'esca. Mentre in Italia, Grecia e Germania questo prodotto è vietato da tempo, in Francia, Spagna e Portogallo è utilizzato con successo contro le malattie del legno di vite. I fautori di un ritorno all'utilizzo degli arseniti in Italia si rifanno ad una risoluzione votata in seno all'Office International de la Vigne et du Vin (O.I.V.) nel 1994 che "incoraggia le ricerche sul problema ed accetta, in attesa di nuovi sistemi di lotta, l'uso oculato dell'arsenito di sodio associato a prodotti repulsivi per la fauna, contro i parassiti del mal dell'esca". Al contrario gli oppositori agli arseniti presentano a giustificazione delle loro posizioni gli aspetti tossicologici di questa sostanza che in verità sono tutt'altro che rassicuranti essendo un prodotto ad alta tossicità acuta, cancerogeno per l'uomo, fitotossico per le piante e con un impatto ambientale tutt'altro che leggero. I disciplinari di produzione integrata ammettono per questa malattia solo l'utilizzo di mezzi preventivi.