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La luce che verrà Per decisione delle Nazioni Unite il 2015 è l’Anno Internazionale della Luce e delle Tecnologie basate sulla luce (IYL 2015). Lo scopo è quello di aumentare la consa- pevolezza di come le tecnologie ottiche possano favorire uno sviluppo sostenibile. Nel contempo l’UNESCO nel 2015 cele- bra anniversari importanti nello studio, iniziato circa 1000 anni fa, del fenomeno della luce, giunto oggi al campo delle co- municazioni ottiche e delle tecnologie internet. Eravamo abituati a pensare alla luce co- me alla fonte di nutrimento del pianeta, con la fotosintesi clorofilliana; poi si è passati a considerarla come il paradigma della massima velocità, con le Teoria della Relatività di Einstein. Nel frattempo si iniziava a concepire la luce anche come fonte di energia elettrica su larga scala, sulla scorta delle scoperte di Charles Fritz del 1883 sulle potenzialità del processo fotovoltaico, e si sviluppavano tecnologie in vari campi, quale il biomedico e l’aerospaziale, basate sulle proprietà della luce laser, scoperta nel 1960 da Theodore Harols Maiman. Oggi le proprietà delle fibre ottiche e delle connessioni internet a banda ultralarga ci propongono una ulte- riore sfaccettatura del’ incredibile versati- lità della luce, quella di trasmissione ul- traveloce di immagini e di messaggi. Cosa ci riserverà in futuro la luce? A cosa scopriremo sia stata sempre legata, sen- za che gli esseri umani si fossero mai accorti di quella sua ennesima proprietà? Un vecchio aforisma avverte che non fu per mancanza di pietre che terminò l’Età della Pietra: in egual modo non è tanto importante quante altre straordinarie sorprese ci potrà serbare la luce, ma quanta sorprendente saggezza dovrà mostrare di possedere l’essere umano in futuro per amministrare con accortezza la potenza che la luce potrà ancora donarci: se la prima grande applicazione della luce fu infatti in grado di rischiarare le nostri antichissime notti, la seconda fu quella di appiccare incendi con gli specchi ustori del siracusano Archi- mede… EDITORIALE di Paola Petrillo, docente RIVISTA DI DIVULGAZIONE SCIENTIFICA DEI RAGAZZI … PER I RAGAZZI MAGGIO 2015 Anno IX, Numero 1 PROJECT SAREMO TUTTI HARRY POTTER? 2 365 GIORNI DI LUCE 3 HO VISTO CHE VOI UMANI... 5 SOTTO IL SOLE NERO 6 ECLISSI 7 C’ERA UNA VOLTA IL BUIO 8 CARAMBOLA, CHE SORPRESA! 9 INTERNET SI “ACCENDE” DI BLU 10 FOGLIE SENZA ALBE- RI 4 Sommario LOGICO E BIOLOGI- CO 11

M A G G I O 2 0 1 5 P R O J E C T - liceoquadri.it · con la fotosintesi clorofilliana; poi si è passati a considerarla come il paradigma della massima velocità, con le Teoria della

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La luce che verrà

Per decisione delle Nazioni Unite il 2015 è

l’Anno Internazionale della Luce e delle

Tecnologie basate sulla luce (IYL 2015).

Lo scopo è quello di aumentare la consa-

pevolezza di come le tecnologie ottiche

possano favorire uno sviluppo sostenibile.

Nel contempo l’UNESCO nel 2015 cele-

bra anniversari importanti nello studio,

iniziato circa 1000 anni fa, del fenomeno

della luce, giunto oggi al campo delle co-

municazioni ottiche e delle tecnologie

internet.

Eravamo abituati a pensare alla luce co-

me alla fonte di nutrimento del pianeta,

con la fotosintesi clorofilliana; poi si è

passati a considerarla come il paradigma

della massima velocità, con le Teoria della

Relatività di Einstein. Nel frattempo si

iniziava a concepire la luce anche come

fonte di energia elettrica su larga scala,

sulla scorta delle scoperte di Charles Fritz

del 1883 sulle potenzialità del processo

fotovoltaico, e si sviluppavano tecnologie

in vari campi, quale il biomedico e

l’aerospaziale, basate sulle proprietà della

luce laser, scoperta nel 1960 da Theodore

Harols Maiman. Oggi le proprietà delle

fibre ottiche e delle connessioni internet a

banda ultralarga ci propongono una ulte-

riore sfaccettatura del’ incredibile versati-

lità della luce, quella di trasmissione ul-

traveloce di immagini e di messaggi.

Cosa ci riserverà in futuro la luce? A cosa

scopriremo sia stata sempre legata, sen-

za che gli esseri umani si fossero mai

accorti di quella sua ennesima proprietà?

Un vecchio aforisma avverte che non fu

per mancanza di pietre che terminò l’Età

della Pietra: in egual modo non è tanto

importante quante altre straordinarie

sorprese ci potrà serbare la luce, ma

quanta sorprendente saggezza dovrà

mostrare di possedere l’essere umano in

futuro per amministrare con accortezza la

potenza che la luce potrà ancora donarci:

se la prima grande applicazione della

luce fu infatti in grado di rischiarare le

nostri antichissime notti, la seconda fu

quella di appiccare incendi con gli

specchi ustori del siracusano Archi-

mede…

E D I T O R I A L E

di Paola Petrillo, docente

R I V I S T A D I D I V U L G A Z I O N E S C I E N T I F I C A D E I R A G A Z Z I … P E R I R A G A Z Z I

M A G G I O 2 0 1 5 A n n o I X , N u m e r o 1

P R O J E C T

S A R E M O T U T T I H A R R Y P O T T E R ?

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H O V I S T O C H E V O I U M A N I . . .

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C ’ E R A U N A V O L T A I L B U I O

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C A R A M B O L A , C H E S O R P R E S A !

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I N T E R N E T S I “ A C C E N D E ” D I B L U

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F O G L I E S E N Z A A L B E -

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Sommario

L O G I C O E B I O L O G I -C O

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Le nuove scoperte sulle interferenze luminose aprono la strada al “mantello dell’invisibilità”

Da cosa è costituita la luce?

Come si origina e come si diffonde nello spazio?

Ci sono voluti millenni per trovare la risposta a queste domande. Nel tempo si sono susseguite diverse ipotesi sull'o-rigine e sulla percezione dei raggi di luce da parte dell'occhio. I teorici antichi infatti si dividevano in due schieramenti che sostenevano o il cosiddetto “estromissionismo”, secondo cui è l'oc-chio a inviare delle informazioni all'og-getto, o il modello contrario, l' “intromissionismo”, secondo cui è l'og-getto a irradiare dei raggi che successi-vamente raggiungono l'occhio .

Modelli successivi, più o meno rigorosi, si alternarono nella storia dell'uomo, fino a arrivare a due interpretazioni, apparentemente inconciliabili, formula-te rispettivamente da Newton e da Hu-ygens: il modello crepuscolare e quello ondulatorio. Il primo sostiene che la luce sia composta di particelle che viag-giano a velocità alte ma non infinite, e che subiscono le stesse forze della ma-teria, mentre il secondo afferma che la luce è composta di onde che si propa-gano attraverso l'etere, un ipotetico mezzo di propagazione formato da parti-celle elastiche. La soluzione si trovò nell'unificazione dei due modelli, che

peraltro non si limitò alla luce; infatti, come dimostrò De Broglie, persino la materia è allo stesso tempo sia un'on-da sia una particella.

Le prove sperimentali di questo duali-smo non si fecero attendere, anche se un'osservazione diretta della coesisten-za della particella e dell'onda è arrivata non più tardi di un mese fa, quando al Politecnico di Losanna è stato fotogra-fato per la prima volta, durante un e-sperimento, un flusso di fotoni, mo-strando contemporaneamente l'interfe-renza, tipica delle onde, e la quantizza-zione, tipica delle particelle.

Questo aprì le porte alla meccanica quantistica, portando allo sviluppo di tutte le applicazioni che ci possiamo permettere oggigiorno, dai dispositivi microelettronici ai laser, rivoluzionando perfino il modo di illuminare gli ambien-ti, riferendosi in particolare all'invenzio-ne che ha fruttato il Premio Nobel per

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la Fisica del 2014, il Led, una tecnolo-gia basata sul passaggio di corrente in cristalli che emettono luce.

Questa invenzione in particolare apre un nuovo spiraglio di sviluppo sosteni-bile nel futuro: i Led (Light Emitting Diode), infatti, sono dispositivi utiliz-zabili per l'illuminazione, ma che si basano su un principio di funziona-mento completamente diverso rispet-to alle normali lampadine. Queste, infatti, sono delle resistenze che fon-damentalmente rallentano la velocità degli elettroni che costituiscono la corrente, e l'energia cinetica che que-

sti perdono viene trasformata in calore, che porta il filamento della lampadina a emettere luce. I Led, invece, sono cristal-li costituiti di due sezioni, una positiva e una negativa: quan-do la corrente viene accesa, gli elettroni passano dalla parte negativa a quella positiva, rilasciando onde luminose. I vantaggi di questi dispositivi consistono in una maggiore efficienza e durata, e un mino-re consumo, anche il loro uso è limitato perché il loro costo è

maggiore rispetto alle lampadine a incandescenza.

Cosa invece ci possa riservare il futu-ro resta in parte un mistero, anche se alcuni risultati sono visibili anche oggi: promettenti in questo ambito risultano ad esempio gli esperimenti che permettono la creazione di meta-materiali, cioè materiali che presenta-no proprietà non esistenti in natura, come il rendere invisibili altri oggetti, oppure la ricerca di metodi per l'illu-minazione sempre più efficienti, per-mettendo uno sviluppo più sostenibile e a minore impatto ambientale.

Lorenzo Mella—IV A Liceo Scientifico Scienze Applicate “L. Mondin” - Vero-na

S A R E M O T U T T I H A R R Y P O T T E R ?

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Il 2015 è l’Anno Internaziona-le della Luce, l’occasione per riflettere sulla sua importanza e sulle possibili-tà di produzione e utilizzo sostenibili.

Il 2015 è l’Anno Internazionale della Luce e delle tecnologie basate su di essa . Lo ha proclamato l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. L’intento è quello di sensibi-lizzare il pubblico sull'essenzialità della luce come fonte di vita, di energia, di spiri-tualità, di sviluppo e di conseguenza inco-raggiare la ricerca in materia di nuove tecnologie.

Il 2015 si rivela l'anno ideale per questa celebrazione. Cadono infatti alcune impor-tanti ricorrenze nella storia dello studio della luce: i primi lavori di Fernel sulle onde luminose (1815), l'elettromagneti-smo di Maxwell (1865), la teoria della relatività di Einstein (1915) e la scoperta della radiazione cosmica di fondo (1965).

L'Anno Internazionale della Luce verrà celebrato nei modi più disparati. Consiste-rà in eventi coordinati a livelli nazionali, regionali e internazionali. Le varie attività sono state programmate in modo che un pubblico variegato possa scoprire ed ap-prezzare il ruolo centrale della luce nella scienza e nella cultura. Si vuole inoltre dare un particolare accento alle discipline che promuovono uno sviluppo sostenibile.

La Nasa ha dato il via alle danze diffon-dendo alcune spettacolari immagini svi-luppate grazie al telescopio a raggi X Chandra. Nelle fotografie si possono am-mirare le meraviglie dello spazio come la supernova della Grande Nube di Magella-no, la galassia vortice di Messier e la com-plessa galassia Cygnus. Alcuni temi tratta-ti saranno infatti la luce cosmica, lo studio dell'Universo e la sensibilizzazione sull'im-portanza dei cieli notturni liberi dall'inquinamento luminoso.

Il tema principale esplorato nella confe-renza di artisti e scienziati di Reykjavik

(Islanda) è stato il rapporto tra luce e o-scurità. Questo congresso ha toccato sva-riati aspetti tra i quali i chiari e scuri nell’architettura, la vita delle popolazioni nordiche, i pregi del buio e i colori del nord.

Ma la luce rappresenta anche la fusione dell’uomo con l’arte. A questo proposito il 21 maggio presso l’Università della musi-ca e del teatro di Rostok (Germania) si potrà assistere al concerto Light and co-lour in Music in memoria di Alexznder Skriabin, compositore della luce. I suoi lavori prevedevano infatti, oltre alle note, alcune istruzioni riguardo le luci e i colori sul palcoscenico.

A Roma, fino al 31 maggio, si avrà la pos-sibilità di visitare la mostra fotografica Let there be light. Quest’esibizione avrà lo scopo di porre l’accento sul simbolismo filosofico della luce in relazione con l’arte.

A Kanpur in India l’anno 2015 prende peso e concretezza grazie al seminario nazionale dedicato al ruolo della luce per lo sviluppo sostenibile delle comunità rurali.

Le opportunità e le occasioni di certo non mancano (gli interessati possono visitare il sito ufficiale www.light2015.org per ave-re maggiori informazioni). Questa iniziativa si rivela un’occasione unica per ispirare, coinvolgere, educare ed affascinare i citta-dini del mondo.

Lasciamoci illuminare.

Luisa Elia – III A Liceo Europeo Linguistico Moderno “ Lavinia Mondin” Verona

F O G L I E S E N Z A A L B E R I

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mente. L’attività che la macchina compie è quella di separare l’idrogeno dall’ossigeno, tramite una reazione chimi-ca che si manifesta con la comparsa di bollicine nell’acqua. In questo modo si ottiene l’idrogeno necessario per produrre energia, in maniera molto più economica e semplice che con l’ormai superato pro-cesso di elettrolisi dell’acqua o con la raffinazione del metano.

Per quanto innovativa possa sembrare, la foglia di Nocera non è del tutto un’idea rivoluzionaria: prima di lui, circa una deci-na di anni fa, John Turner dello U.S. Natio-nal Renewable Energy Laboratory di Gol-den (in Colorado) aveva sviluppato la pri-ma “foglia artificiale”, con solo due difetti: richiedeva materiali rari e costosi e il suo funzionamento era instabile. Sono imper-fezioni che non possono essere tollerate in un’economia sempre alla ricerca del risparmio e della funzionalità. Ed è proprio per questo che la Tata (uno dei maggiori gruppi industriali indiani) ha deciso di finanziare il progetto di Boston, per farne partire la produzione in scala industriale.

Elisa Figoni IV DSC—Liceo Scientifi-co Statale “Quadri”- Vicenza

La fotosintesi artificiale: come l’uomo ricrea la Natura per produrre ossigeno ed energia. I risul-tati del MIT di Boston

Fai un bel respiro. Inspira ed espira pro-fondamente. Ecco, è grazie a questo piccolo movimento così naturale che noi possiamo vivere. Ma anche questo sem-plice gesto sarebbe inutile se nell’aria che assorbiamo non ci fosse l’ossigeno. Per la produzione di questo elemento bisogna ringraziare le piante, o almeno finora! Alcuni ricercatori, infatti, hanno sviluppato una tecnologica “foglia artifi-ciale”: lo studio è stato condotto da Da-niel G. Nocera e dai suoi collaboratori del Massachusetts Institute of Techno-logy. Il professor Nocera insegna Energia al MIT di Boston e, dopo anni di ricerche e tentativi falliti, ha pubblicato i suoi risultati sull’Accounts of Chemical Rese-arch, rivista scientifica che si occupa di chimica e delle nuove scoperte a riguar-do. L’idea è quella di poter creare energi-a pulita a basso costo e, per farlo, non sono andati in cerca di ingranaggi parti-colari, ma hanno preso ispirazione dalla Natura, che in fin dei conti funziona da sempre in maniera efficiente. Uno degli aspetti che rendono così interessante l’invenzione di una “foglia artificiale” è che essa non richiede materiali rari e costosi: tutto ciò che serve sono del co-balto (Co), del borato di nichel (Ni3BO3) e alcune leghe di molibdeno (Mo) e zinco (Zn), elemento e composti facilmente reperibili.

Per funzionare, questo geniale apparec-chio necessita di una certa quantità d’acqua (all’incirca 4 litri), nella quale deve essere immerso, e della luce solare alla quale deve essere esposto diretta-

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L’aurora di Saturno e di altri pianeti e satelliti, un feno-meno luminoso simile a quello della Terra

E’ il 6 aprile 1973 quando la sonda Pioneer 11 viene lanciata dal John F. Kennedy Space Center di Cape Canaveral. Un anno più tardi, il 4 dicembre 1974 transita a 34000 km da Giove mentre il 1 settembre 1979 raggiunge la sua meta: Saturno. Per la prima volta una sonda si trova a soli 21000 km dal pia-

neta e ne può quindi studiare le caratteri-stiche e gli anelli. In tale occasione grazie all’utilizzo di particola-ri strumentazioni (Pioneer 11 era dota-to di un radiometro a infrarossi, di un tele-scopio a raggi x e di un analizzatore del plasma) si rileva la presenza di raggi ultravioletti in corri-spondenza delle e-

stremità del pianeta, i poli. Nonostante questa scoperta sia stata effettuata a soli dieci anni di distanza dall’allunaggio, per ottenere le prime immagi-ni riguardanti il fenomeno si è dovuto attendere il 1994, anno in cui grazie al telescopio Hubble, si è riusciti ad inviare i dati ottenuti dalle osservazioni spaziali alla stazione di Terra. Le immagini rivelano la presenza di una cortina aurorale a 2000 km di distanza dalla superficie di Saturno, sopra a una coltre di nubi. Studi condotti a partire da tali dati spiegano che l’aurora si forma quando particelle cariche presenti nel vento solare precipitano dalla magnetosfera e collidono con i gas atmosferici (nel caso di Saturno idrogeno atomico e molecola-re). Come risultato di questo fenomeno, i gas di Saturno emet-tono raggi ultravioletti che non possono essere osservati dalla Terra poiché vengono assorbiti dall’atmosfera del pianeta. Tali radiazioni possono essere rilevate solo da strumenti situati nello spazio. La forma simmetrica e centrata ai poli dell’aurora, che su Saturno può durare anche diversi giorni, dipende dal campo magnetico del pianeta che è quasi perfet-tamente allineato con il suo asse di rotazione. Questo non avviene nella Terra, dove le aurore, boreali e australi, non sono simmetriche e non si sviluppano contemporaneamente. Raggi di luce ultravioletta sono stati individuati anche in altri pianeti del sistema solare dotati di un’atmosfera e un campo elettromagnetico, tra cui Venere, Giove, Uranio e Nettuno. Di recente si è scoperto che si verificano anche su alcuni satelliti come Titanio (satellite di Satuno), Tritone (satellite di Nettuno) e Io (satellite di Giove). Il fenomeno sembrerebbe inspiegabile perché sui satelliti non c’è né atmosfera, né campo magnetico: mancherebbero quindi le condizioni necessarie per lo sviluppo delle aurore! Tuttavia si è visto che su Io c’è un’intensa attività vulcanica: durante le eruzioni più violente vengono liberate

grandi quantità di gas che creano un’atmosfera provvisoria, permettendo alle aurore di generarsi. Probabilmente anche sugli altri corpi celesti sui quali è stato avvistato tale fenomeno, si creano condizioni simili. Francesca Sanson 4 DSC—Liceo Scientifico Statale “Quadri”- Vicenza

La luce delle Valchirie

I l f e n o m e n o dell’aurora polare, detta anche australe o boreale a seconda dell’emisfero terre-stre in cui si manife-sta sotto forma di variopinte bande luminose, è causato dall’interazione tra particelle cariche presenti nel vento solare (protoni ed elettroni) con l’atmosfera terrestre compresa tra i 100 e i 500 km di altitudine, detta ionosfera.

Il processo grazie al quale si originano le aurore polari inizia quando un elettrone libero ad alta velocità si scontra con un atomo dell’atmosfera terrestre e quindi gli cede energia. In seguito, tale atomo avendo ricevuto energia dall’elettrone libe-ro, cambia orbita e si allontana dal nucleo, ma poiché un elet-trone tende sempre a rientrare nell’orbita più vicina al nucleo, deve perdere l’energia acquisita e in questo caso lo fa sotto forma di fotoni luminosi. Se gli atomi dell’atmosfera terrestre coinvolti sono d’idrogeno, l’aurora assume un colore tendente al blu, nel caso in cui siano coinvolte molecole di ossigeno si avvicina invece al verde mentre il colore rosso è dato principal-mente da molecole di azoto.

E’ da tenere presente che anche l’altezza in cui avviene il feno-meno e la quantità di energia delle particelle che costituiscono il vento solare, influenzano il colore e l’intensità.

La possibilità di vedere aurore aumenta durante il picco massi-mo dell’attività solare. I mesi favoriti sono quelli vicini agli equi-nozi, anche se le aurore possono verificarsi durante ogni perio-do dell’anno. Le zone in cui sono maggiormente visibili si trova-no sopra il 60° parallelo nord o sotto il 60° parallelo sud, con il massimo della visibilità verso la metà della notte. Più volte sono stati effettuati degli avvistamenti eccezionali, tra cui quel-lo avvenuto il 15 settembre 1909 a Singapore, durante il quale è stata vista l’aurora polare più vicina all’equatore di cui si conservi memoria.

Tale fenomeno era stato già osservato dagli antichi: i Vichinghi attribuivano i colori scintillanti delle aurore boreali alla luce solare riflessa dagli scudi delle valchirie, i Lapponi credevano che l’aurora indicasse la presenza di messaggeri divini, gli In-diani pensavano che fosse la danza dei folletti mentre gli islan-desi e i finlandesi ritenevano che le aurore fossero fenomeni legati al regno dell’aldilà.

Francesca Sanson 4 DSC—Liceo Scientifico Statale “Quadri”-

H O V I S T O C H E V O I U M A N I . . .

Non più presagio nefasto, ma fonti di informazioni,

le eclissi mantengono il loro fascino senza tempo

Alcune culture vedono le eclissi con terrore, altre le contemplano come un fenomeno naturale che merita rispet-to, altre come un momento eccezionale di riflessione. Molti popoli hanno immaginato che le eclissi fossero causate da demoni o animali che divoravano il Sole e la Luna: cani cele-sti per i Vichinghi, una rana o un rospo in Vietnam, il demone vendicatore Rahu per gli induisti, un drago per i Cinesi. Un caso singolare è rappresentato dal popolo africano dei Ba-tammaliba, per i quali durante l’eclissi il Sole e la Luna litiga-no, e la gente li incoraggia a fare pace. Per loro è un momen-to per tornare a parlarsi e lasciarsi alle spalle litigi e rancori. Per i Navajo sono fenomeni necessari che rientrano nell’equilibrio naturale del cosmo. Ma noi cosa sappiamo veramente sulle eclissi? Le culture tradizionali hanno avanzato ogni sorta di spiegazione per fenomeni così straordinari. Come spiega l’astronomo ameri-cano Edwin C. Krupp, direttore del Griffith Observatory di Los Angeles esse rappresentano “una rottura dell’ordine costitui-to. L’uomo dipende dal movimento del Sole. È regolare, affi-dabile, non lo si può manomettere. Poi, all’improvviso, ecco la tragedia: il tempo va fuori sesto, il Sole e la Luna si com-portano come non dovrebbero”. Le eclissi hanno inoltre permesso di datare alcuni eventi dell’antichità. Il caso emblematico è quello della guerra tra Medi e Lidi all’inizio del VI secolo a. C., narrato dallo storico greco Erodoto. Durante un ennesimo combattimento, con la guerra che si protraeva da ben 6 anni, accadde un fenomeno improvviso e straordinario: “…videro la notte prendere il po-sto del giorno, cessarono il combattimento e s’adoprarono entrambi perché si facesse tra loro la pace…”. L’evento pro-digioso fu senza dubbio un’eclisse, databile intorno al 584 a. C. Il verificarsi di eclissi ha tradizionalmente accompagnato altri importanti eventi storici, come la morte nell’840 d.C. dell’imperatore Luigi di Baviera, figlio di Carlo Magno, che diede il via alla lotta per la successione tra i suoi tre figli, terminata con il trattato di Verdun. Si narra che egli sia morto di spavento durante i 5 minuti di totalità dell’eclisse di cui fu testimone. Un’eclisse lunare venne in aiuto al navigatore Cristoforo Colombo durante il suo quarto viaggio alla volta dell’America. Arenatosi sulle coste della Giamaica, egli dovet-te ricorrere all’inganno per ottenere dalle popolazioni locali restie le provviste necessarie. Finse che un’eclisse fosse una punizione divina contro gli indigeni inospitali, e simulando di intercedere presso le divinità perché venissero perdonati, ottenne in cambio il cibo richiesto. Nel corso dei secoli, le eclissi hanno offerto agli astronomi

S O T T O I L S O L E N E R O

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un’opportunità unica per studiare la regione più esterna dell’atmosfera solare, la corona, in quanto essa ha uno splendore troppo debole per essere vista in condizioni normali. Le misurazioni effettuate durante le eclissi han-no consentito di osservare le sue grandi variazioni duran-te i periodi di massima e minima attività solare. L’inizio degli studi risale al 1851, quando ne venne scattata la prima fotografia, che dimostrò che la corona è parte del Sole piuttosto che della Luna. Un ruolo importante per il progresso delle conoscenze astronomiche è stato rico-perto da Padre Angelo Secchi, che nel 1860 riuscì a pro-vare attraverso una dagherrotipia che le protuberanze solari non sono un’illusione ottica, ma un vero fenomeno fisico. Egli fu inoltre pioniere in campo spettroscopico, contribuendo ad elaborare un metodo che permise, du-rante l’eclisse totale del 1868, di scoprire nel sole tracce di elio. Inoltre un’eclissi solare è stata di fondamentale importanza per verificare la teoria della relatività genera-le di Albert Einstein: il 29 maggio 1919 Sir Arthur Eddin-gton, uno dei più importanti astrofisici britannici, poté misurare la deflessione della luce emessa dalle stelle, confermando una delle previsioni della teoria einsteinia-na, per cui un raggio luminoso, passando vicino al sole, s’incurva e devia dal proprio percorso a causa della gravi-tà solare. Per seguire un’eclisse solare bisogna utilizzare lenti con occhiali speciali, in grado di bloccare le radiazioni danno-se, oppure osservare il sole in modo indiretto, per proie-zione. Va sempre evitato guardare il sole direttamente. Il modo più semplice (figura 1) consiste nell’utilizzare un piccolo cannocchiale e, come schermo di proiezione, un grande foglio bianco. Bisogna prendere un piccolo pezzo di cartone e ritagliare un buco con le stesse dimensioni della lente maggiore del cannocchiale. Si fissa poi il car-toncino in modo che una delle lenti grandi del binocolo si trovi in corrispondenza del foro. Si posiziona il cartone bianco sotto al Sole e si tiene il cannocchiale a circa un metro di distanza, muovendolo fino a quando un raggio solare non colpisce la lente del cannocchiale lasciata libera. Non resta che mettere a fuoco l’immagine del sole comparsa sullo schermo. Come dice l’astronomo ameri-cano Edwin Krupp, le eclissi “sono l’occasione per vedere l’universo al lavoro. È il sistema solare che mette in scena il suo spettacolo, proprio davanti ai tuoi occhi, ed è un piacere intimo e profondo.”. Le eclissi, pur non essendo più fenomeni inaspettati e misteriosi, ma prevedibili scientificamente, conservano ancora il loro indiscutibile e straordinario fascino. Leonardo Basso 4° DSC—Liceo Scientifico Statale “Quadri”- Vicenza

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Durante un’eclisse la Luna assume un colore rossastro, pro-vocato dall’atmosfera terrestre che diffonde i raggi luminosi, formati da diverse bande di colore. Quando la luce solare rag-giunge l’atmosfera terrestre, la componente blu viene più dif-fusa rispetto a quella rossa, che raggiunge in quantità maggio-re la Luna.

Le eclissi sono un fenomeno astronomico che determina il parziale o totale occultamento di un corpo celeste da parte di un altro. La Luna, durante il suo moto orbitale attorno alla Ter-ra, si trova in perfetto allineamento con gli altri due corpi.

La Luna si trova in fase di plenilunio dalla parte opposta rispetto al Sole, con la Terra nel mezzo. La Terra impedisce alla Luna di essere raggiunta dai raggi solari

La Luna si posiziona tra il Sole e la Terra, in fase di novilunio. Parte della superficie terrestre non viene illuminata dalla luce solare.

Una caratteristica delle eclissi è la loro periodicità dopo un periodo chiamato ciclo di Sa-ros, scoperto dagli antichi astronomi babilonesi, corrispondente a 18 anni, 10 giorni e 8 ore.

Durante le varie fasi è possibile osservare la corona e le protuberanze solari e il fenomeno ottico dei grani di Baily, prodotto dalla luce solare mentre attraversa le alture lunari.

L’ultima eclissi totale centrale per l’Italia 15 feb-braio 1961. La prossima eclissi totale in Italia sarà visibile il 2 agosto 2027

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C ’ E R A U N A V O L T A I L B U I O

L’illuminazione artificiale notturna continua ad aumentare ed interferisce con i ritmi naturali di animali e piante. Un pericolo per la biodiversità

L’illuminazione artificiale notturna aumenta annualmente con un ritmo medio pari al 6%. La vita degli esseri viventi che si sono evoluti nel corso dei millenni è stata scandita dall’alternanza di luce e buio: ruotando attorno al proprio asse, la Terra ha obbligato le forme di vita che la abitano ad adattare comportamenti e abitudini al dì e alla notte.

Il cervello dei mammiferi ha nell’ipotalamo, la parte più antica dell’encefalo, un centro nervoso chiamato nucleo soprachiasmatico, in grado di scandire il ritmo sonno-veglia, detto anche circadiano. Le onde elettromagnetiche di lunghezza d’onda compresa tra 450 nm e 495 nm, percepite come luce di colore tendente al blu e tipiche dei raggi solari che attraversano l’atmosfera durante le ore centrali del giorno, inibiscono la produzione dell’ormone melatonina da parte di questo centro nervoso, produzione minima durante le ore diurne e massima durante quelle notturne.

Nel corso degli ultimi 150 anni i sistemi d’illuminazione artificiale notturna hanno avuto un’enorme diffusione, senza che nessuno si ponesse il problema di considerare le ripercussioni che queste fonti luminose avrebbero avuto sugli ecosistemi. Il rapido sviluppo tecnologico ha portato alla produzione di dispositivi in grado di emettere luce artificiale caratterizzata da spettri più o meno ampi. Se negli anni ’50 erano diffuse soprattutto le lampade al sodio a bassa pressione, che emettono luce rosso-arancio, negli ultimi anni è notevolmente incrementato l’utilizzo di LED a luce fredda che emettono onde di lunghezza molto corta: questa tipologia d’emissione risulta particolarmente inquinante dal momento che, nei mammiferi, interferisce con la produzione di melatonina alterando il ritmo circadiano.

L’alternanza di fasi di sonno e di veglia non è l’unico aspetto della vita animale ad essere alterato dalla luce artificiale: essa interferisce anche con le variazioni dell’intensità luminosa naturale notturna, legata al ciclo lunare, che in molte specie regolano l’accoppiamento, le migrazioni e la ricerca di cibo. Un esempio è rappresentato dalla forte riduzione, nelle coste artificialmente illuminate, delle aree idonee alla nidificazione da parte delle tartarughe marine, che depongono le uova esclusivamente in assenza di luce; l’illuminazione delle zone costiere rappresenta per questi una minaccia per la sopravvivenza della specie stessa. L’inserimento di fonti luminose artificiali può disorientare alcuni ordini di animali come quello dei lepidotteri che utilizzano l’inclinazione dei raggi solari per orientarsi. Questi insetti, attratti da luci artificiali verso i nuclei urbani, trovano nelle città ambienti inospitali, che li mettono a serio rischio di estinzione. Dato che i lepidotteri sono alla base della catena alimentare, la loro decimazione crea seri problemi anche a molte altre specie.

Recentemente sono stati condotti alcuni studi sulle reazioni di diverse classi animali agli spettri riflessi da elementi ambientali illuminati da dispositivi con spettri d’emissione più o meno ampi, considerando che la massima acuità visiva è specie-specifica, essendo legata alla fisiologia dei fotorecettori. Circa 200 specie comprese tra le classi degli aracnidi, degli insetti, degli uccelli, dei rettili e dei mammiferi sono state esposte ad emissioni di lampade al sodio a bassa pressione, sodio ad alta pressione, alogene e LED.

Le prime si sono rivelate essere i dispositivi con il minor impatto ambientale: avendo uno spettro di emissione molto ridotto, corrispondente ad un’unica lunghezza d’onda, pari a 589 nm, provocano spettri di luce riflessa da parte dei corpi illuminati percepibili da una gamma molto ristretta di specie animali, comprese nei mammiferi e negli uccelli. Le lampade alogene, caratterizzate da uno spettro d’emissione molto ampio, che arriva a comprendere radiazioni UV, non solo interferiscono con tutte le classi animali prese in considerazione ma amplificano le differenze nell’acuità visiva notturna tra le specie creando squilibri nelle loro interazioni.

È stato condotto un altro lavoro sull’interferenza delle radiazioni luminose a corta lunghezza d’onda, tipiche dei dispositivi LED, riguardante lo sviluppo delle falene. Ciò che è stato osservato è che le crisalidi maturate sotto l’esposizione di luce bianca o verde hanno una massa corporea ridotta rispetto a quelle sviluppatesi con luce rossa. Gli adulti trasformatisi dalle prime sono meno longevi, meno sicuri nel volo e, negli esemplari femmina, è compromessa la produzione di uova.

La pratica relativamente moderna di illuminare a giorno la notte costituisce l’ennesimo esempio di come l’uomo, in modo del tutto sconsiderato e miope, consideri il pianeta un’entità di cui disporre in modo esclusivo senza tener conto di essere solo una tra le innumerevoli specie che lo abitano. La notte ed il buio sono dimensioni che vanno preservate e mantenute perché non sono assenza di luce, ma contributo alla biodiversità.

Margherita Fochesato 4 DSC —Liceo Scientifico Statale “Quadri”- Vicenza

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E ’ p o s s i b i l e p r e v e d e r e i r i m b a l z i d e l l a p a l l i n a d e l b i l i a r d o : s e r v e s o l o l a g e o -m e t r i a

Nel gioco del biliardo, la palla viene colpita e spesso rimbalza più volte sulle sponde prima di toccare un’altra palla o andare in buca. Predirne la posi-zione e la direzione dopo due o tre rim-balzi può sembrare molto complicato, ma esiste un modo, legato alla luce e agli specchi, per calcolare comodamen-te anche “a colpo d’occhio” la traiettoria della palla anche dopo tre, quattro rim-balzi. Per cominciare, s’immagini che, adia-centemente a una delle quattro sponde del tavolo venga posto uno specchio in posizione verticale (figura 1). Guardan-do lo specchio, si avrà l’impressione che esista un “duplicato” del tavolo da biliar-do adiacente al tavolo reale. Siano ora A, B, C e D i quattro vertici del tavolo reale e B’, A, D e C’ quelli del tavolo riflesso (i due “tavoli” hanno un lato in comune). S’immagini ora di colpire una palla po-sta sul vertice B in modo che rimbalzi

sulla sponda AD. La sua traiettoria può essere paragonata ad un fascio lumino-so, che quando tocca lo specchio, oltre ad essere riflesso, dà all’osservatore

l’impressione che “entri” nello specchio, mantenendo la propria direzione. Così, il fascio luminoso giunge fino al punto P sul tavolo reale e fino al suo simmetrico P’ sul tavolo riflesso. Il giocatore, quindi, per direzionare il tiro in modo che la palla dopo un rimbalzo tocchi la sponda in un certo punto P, può immaginare un tavolo identico posto accanto al tavolo reale e direzionare il tiro verso il punto P’, simmetrico del punto P. È interessante osservare che il procedi-mento si può reiterare per più rimbalzi. Continuando l’esempio di prima, per capire dove la palla toccherà la sponda dopo due rimbalzi, è sufficiente immagi-nare di porre un altro specchio che ri-fletta il tavolo “immaginario” B’ADC’ in un ulteriore tavolo A’’B’C’D’’.Il fascio luminoso attraversa due specchi (corrispondenti ai due rimbalzi) e giunge in un punto Q’’ del “terzo tavolo”. Si può dimostrare in modo rigoroso che tale punto Q’’ corrisponde al punto Q sul primo tavolo tale che Q’’D’’=QD. In generale, si può immaginare di porre lungo i quattro lati del tavolo reale al-trettanti specchi: in tal modo il tavolo viene riflesso infinite volte (due specchi opposti producono una riflessione infini-ta), creando una sorta di “griglia” di tavoli affiancati su tutti e quattro i lati. A questo punto si immagini di proiettare un fascio luminoso con una certa dire-zione e di tracciare una retta immagina-ria (detta r) lungo questa direzione: ogni intersezione di r con la sponda di uno dei tavoli riflessi corrisponderà ad un rimbalzo sul tavolo reale. Quindi, per esempio, se dopo n interse-zioni la retta r incontra la sponda BC di un tavolo riflesso ad una distanza d dal punto B, nel tavolo reale, dopo n rimbal-zi, la palla incontrerà la sponda BC alla stessa distanza d dal punto B. In parti-colare, per mandare la palla in buca

basta direzionare il colpo in modo che la retta r associata passi per uno qual-siasi dei vertici dei tavoli riflessi (purché ovviamente il colpo sia suffi-cientemente forte da evitare che la palla si fermi per attrito prima di aver compiuto i rimbalzi necessari). Nella figura 3 è schematizzato un e-sempio di traiettoria che, partendo dal vertice B, dopo 6 rimbalzi va in buca nel vertice D.

Non è difficile estendere il ragionamen-to alle tre dimensioni, per ottenere la traiettoria di una pallina lanciata nel vuoto all’interno di una stanza a forma di parallelepipedo (invece che all’interno di un rettangolo, come nel caso del biliardo). In tal caso si deve immaginare di porre sei specchi (uno per parete della stanza), che duplicano la stanza (invece che il tavolo) all’infinito in uno spazio tridimensiona-le. Quando la retta che descrive la tra-iettoria iniziale passa per uno dei vertici del reticolato così costruito, in realtà la pallina giungerà al vertice corrispon-dente della stanza originale. Francesco Zigliotto, 4 DS C —Liceo Scientifico Statale “Quadri”- Vicenza

C A R A M B O L A , C H E S O R P R E S A !

I N T E R N E T S I “ A C C E N D E D I B L U ”

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Un sempl i c e l ed può t ra -smet te re d at i ad a l t i ss i ma ve l oc i -tà : è i l “L i - f i ” , i l Wi - f i de l f utu ro c h e v i agg i a c on l a l uc e

Internet attraverso la luce: non è fanta-scienza ma realtà. E il segreto è il led. I led stanno entrando sempre di più nel mondo della tecnologia: da poco Isamu Akasaki, Hiroshi Amano e Shuji Nakamura si sono aggiudicati il premio Nobel per la fisica 2014 per l’invenzione dei diodi che emettono luce blu, ma le proprietà di questi sono molteplici e non tutte sono ancora state sfruttate.

Inizialmente il led è stato, e viene ancora usato come valido sostituto delle lampadine ad incandescenza, con consumi minori, e con du-rata maggiore; ora sono utilizzati anche come snodi di comunicazione, affiancati da sensori capaci di trasmettere informazioni come tem-peratura, umidità e livello di affollamento.

Proprio per la loro natura di semiconduttori I led sono in grado di passare da uno stato on a uno stato off in tempi brevissimi (si parla di qualche nanosecondo), producendo uno sfar-fallio talmente rapido da non essere percepibile dall'occhio umano, ma in grado di trasmettere dati ad altissima velocità.

Questa loro proprietà potrà rivoluzionare Internet, permettendo una connessione simile al Wi-Fi, ma che trasmette il segnale usando, al posto delle onde radio, le lampadine, e più precisamente la luce, chiamato Li-Fi (Light fidelity).

Presentato per la prima volta nel 2011 dal professor Harlad Hass dell’Università di Edim-burgo il Li-Fi si sta evolvendo: sono numerosi i team di scienziati che stanno lavorando a que-sta nuova tecnologia, esistono già dei prototipi, sono state riscontrate delle limitazioni ma molti ricercatori si sono attivati per superarle e ci sono già dei progressi in merito.

S a mu el e Fr a nc esc he t t o · 4 DS C —Liceo Scientifico Statale “Quadri”- Vicenza

L O G I C O E B I O L O G I C O

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Se A è diverso da B e B è uguale a C, A è diverso da C, secondo logica. Ma Jack London, Konrad Lorenz o Sigmund Freud leggerebbero con grande tristezza questo assunto. Im-maginiamo che A sia un cane husky, dal pelo candido come la sua neve, gli occhi azzurri del cielo dell’Alaska; B e C sono gatti, il primo concepito in una casa, è accudito e nutrito dai padroni, tutto camino e soffici divani, l’altro caccia lucertole e topi, vive fra i vicoli, vaga nella notte. A è un cane libero, vive in mezzo ai boschi del Klondike assieme al suo padrone John, un bo-scaiolo rude ma onesto, silenzioso e saggio, che lo lascia libero di vivere come desidera. Ciò che accomuna B con l’ altro gatto è solo la genetica, mentre A e B, animali diversi, sono in realtà gemelli in tutto il resto. Uno con-tro l’altro o posti di fronte a una difficol-tà, A ringhierebbe e C arrufferebbe il pelo, entrambi pronti a difendere assie-me alla loro vita anche la loro libertà, che negli spiriti liberi è indissolubile dalla loro stessa esistenza. A e B, pur essendo geneticamente diversi, sono spiritualmente identici, mentre B e C, geneticamente simili, sono “etologicamente” diversi.

La logica accomuna per assiomi, la Natura per affinità: l’adattamento, gli istinti, l’esperienza, l’intelligenza stes-sa, e poi lo spirito, non hanno assiomi. La luce è l’argomento che oggi Project propone ai suoi lettori in questo nume-ro. Sembra che sia tutt’altro, invece c’entra.

Per la logica, la luce è una emissione di fotoni emessi casualmente nello spa-zio. Ma la luce presentata in maniera così asettica sembrerebbe solo energia lanciata ciecamente nelle tenebre. Per la Natura invece la luce fa vedere, scal-da e nutre chi raggiunge, consentendo

la Vita ovunque giunga. Così la Vita, senza conoscere nulla della Termodi-namica, usa la luce per ottenere ciò che la logica da sola non potrebbe fare.

Un aforisma di Einstein scioglie l’enigma: “Tutti sanno che alcune cose non si possono fare. Poi arriva un por-toricense, che non lo sa, e le fa”. Con un curioso flash back letterario, San Paolo sembra rispondere ad Albert Einstein, quando scrive che “la buona volontà è superiore persino all’intelligenza”. Eintstein e San Paolo ci insegnano la medesima cosa: gli ostacoli, anche se logici e apparente-mente imbattibili, possono essere su-perati, perché nulla è più forte dell’amore, lo studium dei latini, per qualcosa. E’ lo “studium” l’arma segre-ta della Vita, e nel contempo la sua potenzialità, non l’ipse dixit di qualcuno che dica che “non si può fare”.

Non disdegniamo la logica, ma armia-moci di amore per i nostri scopi, aman-do il nostro futuro come il nostro pre-sente, e il futuro degli altri come fosse il nostro: per vivere, per salvare il pia-neta, per proteggerlo, non sarà suffi-ciente essere logici, dovremo essere tutti più bio-logici.

Dott Luigi Damasco

PER APPROFONDIRE...

PROJECT - Rivista di divulgazione scientifica

Reg. Trib. di Verona n° 1789 del 20/02/2008

Direttore Responsabile: dott.ssa Daniela Bruna Adami

Direttore Scientifico: prof.ssa Paola Petrillo

Coordinatori redazionali: prof. Dorina Artuso Liceo Scientifico “L. Mondin” (VR)

prof. M. Gabriella De Guio Liceo Scientifico Statale “Quadri” (VI)

Redazione: L. Basso; L. Elia; E. Figoni; M. Fochesato; S. Franceschetto; L. Mella; F. Sanson; F. Zigliotto

Collaboratori esterni: dott. Luigi Damasco

Si ringraziano per la collaborazione a questo numero:

Dirigenti Scolastici: prof. E. Adorno (Liceo Scientifico Statale “Quadri” - VI)

prof. F. Zampieri (Liceo Scientifico “L. Mondin” - VR)

Alunni delle classi: III A Liceo Europeo Linguistico Moderno “L. Mondin”; IV A Liceo Scientifico Scienze Applicate “L. Mon-din” (VR); 4 DSC Liceo Scientifico Statale “Quadri”- (VI)

Editore: Istituto Sorelle della Misericordia - Verona

Tutti i diritti sono riservati

Per questo numero sono stati consultati siti internet, autori, testi e riviste tra cui:

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2015: Anno Internazionale della Luce