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Acquedotto Alessandrino
L’ultimo gigante dell’acqua
ITT LIVIA BOTTARDI
L’acquedottoUltimo degli 11 acquedotti romani, costruito dal giovane imperatore Alessandro Severo intorno al 226 (oltre 500 anni dopo il primo).Lungo circa 23 chilometri, quasi completamente fuori terra, grazie alla ormai affermata tecnica laterizia, portava le sue acque dalla zona di Pantano Borghese all’ area di Campo Marzio per alimentare le rinnovate Terme Neroniane. Aveva una portata di circa 22mila mq. giornalieri ma la qualità delle acque non era buona malgrado la presenza di almeno due piscine limarie
Iulius Sextus Frontinus Molte informazioni sugli acquedotti antichi ci arrivano
dal test0 del famoso curator aquarum “De aqueductu urbis Romae”, scritto intorno al 97 d.C. e rinvenuto nel ‘400 da Poggio Bracciolini a Montecassino. Dopo la morte di Frontino tra il 103-104 vennero costruiti ancora altri due acquedotti: il Traiano e l’ Alessandrino.
Raphaele Fabretti
Non essendo menzionato quindi nel prezioso documento di Frontino, l’Acquedotto Alessandrino venne identificato e ben descritto dal Fabretti solo nel 1680 nel su0 trattato De Aquis et Aqueductibus veteris Romae.
Le sorgentiLe sue acque venivano captate (caput aquae) dalle falde acquifere nei pressi del colle di Sassobello a circa 65 metri s.l.m., al XIV miglio dell'antica via Prenestina, presso l’attuale Pantano Borghese, nel Comune di Montecompatri. Le stesse fonti saranno utilizzate per la costruzione del primo impianto papalino, l’acquedotto Felice, da Sisto V Felice Peretti.Questa prima parte correva in condotto sotterraneo o su basse sostruzioni.
Lo studio del percorso
Le valliIl percorso era in elevato per superare i diversi corsi d’acqua, come il fosso di Tor Agnola e di di Vallelunga nel Municipio VIII, di Tor Tre Teste, della Cunola, di Centocelle nel VII e della Marranella nel VI affluenti dell’ Aniene.In alcuni casi le arcate, con doppi archi ed altezze che superano i 15 metri, assumono carattere monumentale.
Sul fosso di Tor Tre Teste (nella tenuta della Mistica)
Sul fosso della Cunola (via Tobagi)
Fosso di Centocelle (140 arcate presso Via Palmiro Togliatti)
Al fosso della Marranella (50 archi acqua bullicante)
Il percorso urbanoL'acquedotto Alessandrino entrava in Roma nei pressi dell'attuale Porta Maggiore (qualche metro al di sotto dell’attuale pc) nella zona detta ad spem veterem dove esisteva un santuario dedicato alla divinità Spes; nelle immediate vicinanze doveva trovarsi un’altra piscina limaria. Nessun tratto del percorso è visibile o noto all'interno della cinta delle Mura Aureliane. Verosimilmente il percorso procedeva verso il Viminale-Quirinale e da qui per la valle del Tritone fino all’impianto termale che venne restaurato intorno al 227 .
Alessandro Severo e le terme neroniane L’edificio termale edificato da Nerone nel 62 d.C. era molto probabilmente il primo a presentare lo schema delle terme imperiali con uno schema assiale e simmetrico. Sappiamo dalla Historia Augusta del restauro severiano che risolverà evidentemente un problema idrico costruendo ex novo un acquedotto dedicato. Le rinnovate terme saranno ricordate dalle fonti con il nome di thermae Alexandrinae.
Attualmente sono pochissimi i resti rinvenuti nelle cantine dei palazzi tra il Pantheon e piazza Navona.
Resti monumentali attribuiti alle terme neroniane sive alexandriane
Le colonne furono rinvenute nei pressi e collocate nel pronao del Pantheon (1669) e in via G. d’Arco negli anni ’50. La vasca in granito viene dalle cantine di palazzo Madama restauri anni ‘80
Il percorso Le sorgenti erano a quota 65 m. s.l.m. e
l’acquedotto alessandrino
giungeva presso le Terme alessandrine ad una quota 15 m. circa. La pendenza dell’acquedotto era piuttosto modesta:
viene stimata in circa m 0,438 per chilometro
Tecnica costruttivaIl condotto idraulico (specus) era
rivestito in opus signinum e misurava circa m 0.70 di larghezza per m 1.70 di altezza; al suo interno si nota ancora una vistosa concrezione calcarea i cui componenti analizzati denunciano una provenienza vulcanica (in particolare alte concentrazioni di sodio, uranio e potassio).
Il percorso sotterraneo era dotato di pozzi (putei) posti sulla sommità del condotto che servivano sia per lo sfiato che per la manutenzione.
Problemi di convivenza
Problemi di tutela e abusivismo
Problemi statici Da subito il nuovo acquedotto,
realizzato con «troppa disinvoltura» ebbe bisogno di interventi conservativi
Tra fine III e inizio IV secolo saranno operate numerose riprese del paramento laterizio e di alcuni archi di rinforzo, specie sul lato settentrionale .
Nel V-VI (probabilmente dopo le invasioni dei Goti) si ricostruiscono archi crollati e paramenti con opera listata
Problemi statici
All’epoca di Papa Adriano vengono eseguiti pesanti rinforzi in tufo
Compaiono torri di controllo che permettono all’acquedotto di continuare la sua funzione almeno fino al XI-XII secolo.
Restauri
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