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I 1. Introduzione dell’obbligo di sicurezza ed igiene delle condizioni di lavoro: il contenuto e la natura 1.1. La lettura della disciplina codicistica, ex art. 2087 c.c. Art. 2087 c.c. Tutela delle condizioni di lavoro Il datore di lavoro è obbligato ad “adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica , sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro” Il datore di lavoro deve adottare ogni misura idonea ad evitare l’evento dannoso: precetto di carattere generale e contenuto amplissimo L’obbligo di sicurezza si estende anche alla personalità morale, comprendendo, così, ad esempio la protezione (ed il risarcimento del danno) per il c.d. mobbing Particolarità del lavoro : l’obbligo, ex art. 2087 c.c., si estende a tutti gli aspetti dell’ambiente di lavoro (elementi interni ed esterni che caratterizzano l’attività e concorrono a determinarne la specifica pericolosità) Esperienza : misure od accorgimenti che già abbiano dimostrato efficacia protettiva per eventi già verificatisi ma anche proposte della contrattazione collettiva Tecnica : obbligo di rapportarsi alle “nuove” conoscenze in materia di sicurezza messe a disposizione dal progresso tecnico e scientifico c.d. principio della massima sicurezza tecnologicamente possibile

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Page 1: Lucidi lezione 2013 breve

I

1. Introduzione dell’obbligo di sicurezza ed igiene delle condizioni di lavoro: il contenuto e la natura

1.1. La lettura della disciplina codicistica, ex art. 2087 c.c.

Art. 2087 c.c. – Tutela delle condizioni di lavoro –

Il datore di lavoro è obbligato ad “adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità

del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei

prestatori di lavoro”

Il datore di lavoro deve adottare ogni misura idonea ad evitare l’evento dannoso: precetto di carattere

generale e contenuto amplissimo

L’obbligo di sicurezza si estende anche alla personalità morale, comprendendo, così, ad esempio la

protezione (ed il risarcimento del danno) per il c.d. mobbing

Particolarità del lavoro: l’obbligo, ex art. 2087 c.c., si estende a tutti gli aspetti dell’ambiente di lavoro

(elementi interni ed esterni che caratterizzano l’attività e concorrono a determinarne la specifica pericolosità)

Esperienza: misure od accorgimenti che già abbiano dimostrato efficacia protettiva per eventi già verificatisi

ma anche proposte della contrattazione collettiva

Tecnica: obbligo di rapportarsi alle “nuove” conoscenze in materia di sicurezza messe a disposizione dal

progresso tecnico e scientifico

c.d. principio della massima sicurezza tecnologicamente possibile

Page 2: Lucidi lezione 2013 breve

II

Le misure che il datore di lavoro è chiamato ad adottare sono, secondo la giurisprudenza

costituzionale, quelle “che, nei diversi settori e nelle differenti lavorazioni, corrispondono ad applicazioni

tecnologiche generalmente praticate e ad accorgimenti organizzativi e procedurali altrettanto generalmente

acquisiti” , così Corte Cost. n. 312/1996, ovvero si tratta delle

misure generalmente acquisite e praticate nel settore, c.d. standard del settore

ritenendosi, per converso, superata l’interpretazione più rigoristica in termini di doverosità in capo al datore di

lavoro della “massima sicurezza tecnologica disponibile sul mercato”

1.2. La violazione dell’obbligo e la natura della responsabilità datoriale

Dalla violazione dell’obbligo di sicurezza, ex art. 2087 c.c., deriva – per orientamento dottrinale e

giurisprudenziale prevalenti (da ultimo decisione Cass. S.U: n. 6572/2006) – in capo al datore di lavoro un

responsabilità di natura contrattuale

- di tipo civilistico (risarcimento del danno patrimoniale, biologico e c.d. esistenziale)

- di tipo penale (lesioni colpose; omicidio colposo, artt. 589 e 590 c.p.): applicazione necessaria delle

garanzie costituzionali, anzitutto art. 25 Cost., in tema di “necessaria predeterminazione” dei presupposti

nella quale opera

In quanto responsabilità di natura contrattuale

Onere della prova in capo al debitore e l’azione di risarcimento del danno contrattuale è soggetta alla

prescrizione stabilita per le azioni nascenti dal contratto o dall’atto unilaterale, ovvero decennale

Page 3: Lucidi lezione 2013 breve

III

Il risarcimento spetta però solo per il danno comprovato dal lavoratore

il danno non è mai in re ipsia e non è quindi, sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della

condotta datoriale

il risarcimento del danno (patrimoniale, biologico e c.d. esistenziale) ha funzione riparatoria di un

pregiudizio effettivo e non punitivo dell’inadempimento, da cui non deriva sempre automaticamente un danno

(da ultimo Cass. S.U. n. 6572/2006)

L’art. 2087 c.c. è punto di partenza, e nel contempo, di arrivo delle disposizioni della “legislazione speciale

tecnica”: ovvero, a ben vedere, norma di chiusura del sistema

In altri termini, la disposizione codicistica, non solo non può dirsi implicitamente abrogata dalla specifica

disciplina antinfortunistica, ma risulta specificata e rafforzata dalla speciale normativa tecnica, ovvero dal

nuovo modo di programmare e gestire il dovere di sicurezza a tutto campo (quest’ultimo vero profilo

innovativo delle norme attuative del diritto comunitario)

Page 4: Lucidi lezione 2013 breve

IV

2. La legislazione antinfortunistica tecnica speciale

2.1. L’evoluzione del quadro normativo nazionale e comunitario

Art. 32 Cost., comma 1, prima parte: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e

interesse della collettività (…)”

Tra i primi interventi, d.p.r. n. 547/1955 e nn. 302 e 303 del 1956;

Art. 9, L. n. 300/1970 (c.d. Statuto dei lavoratori): “I lavoratori, mediante le loro rappresentanze, hanno diritto di

controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere

la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica”

direttiva quadro n. 1107/1980, sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dall’esposizione ad agenti chimici,

fisici e biologici durante il lavoro; direttive particolari n. 605/1982 (piombo), n. 477/1983 (amianto), n. 188/1986

(rumore):

tutte recepite con d.lgs. n.277/1991;

direttiva particolare n. 364/1988 (divieto di taluni agenti specifici e/o attività) recepita nel d.lgs. n. 77/1992;

direttiva quadro n. 391/1989 per il miglioramento della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro;

direttive particolari n. 654/1989 (prima), n. 655/1989 (seconda), n. 656 /1989 (terza), n. 269/1990 (quarta), n. 270/1990

(quinta), n. 394/1990 (sesta), n. 54/1992 (settima), n. 57/1992 (ottava), n. 58/1992 (nona), n. 85/1992 (decima), n.

91/1992 (undicesima), n. 104/1992 (dodicesima), n. 103/1993 (tredicesima), n. 24/1998 (quattordicesima), n. 44/2002

(sedicesima), n. 10/2003 (diciassettesima), ed ancora la n. 82/1996 (incidenti con sostanze pericolose);

la direttiva quadro n. 391/1989 e le prime sette direttive sono state recepite dal d.lgs. n. 626/1994, successivamente modificato

dal d.lgs. n. 242/1996;

l’ottava e la nona direttive dai d.lgs. nn. 493/1996 e 494/1996;

la decima dal d.lgs. n. 645/1996;

l’undicesima e la dodicesima dal d.lgs. n. 624/1996;

la tredicesima dal d.lgs. n. 298/1999;

il d.lgs. n. 66/2000 ha recepito le modifiche apportate dalla dir. n. 42/1997 e n. 38/1999 alla sesta direttiva;

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V

la quattordicesima direttiva è stata recepita dal d.lgs. n. 25/2002;

la dir. n. 383/1991 è stata recepita dal d.lgs. n. 242/1996 e dal d.lgs. n.276/2003.

La legge comunitaria (legge n. 62/2005) delega il Governo a recepire la direttiva n. 10/2003 relativa ancora alla

protezione dal rumore (modificando il d.lgs. n. 277/1991) e la direttiva n. 18/2003 (protezione dei lavoratori dai rischi di

esposizione all’amianto).

Stante la complessità di un sistema cresciuto a dismisura da tempo e da più parti, proposta di

razionalizzazione delle norme in materia:

“UNICO TESTO NORMATIVO IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA DELLE

LAVORATRICI E DEI LAVORATORI”

approvato con D.Lgs. n. 81 del 2008 e modificato dal D.Lgs n. 106/2009

in attuazione art. 1, Legge Delega n. 123 del 3 agosto 2007

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VI

2.2. I principi ispiratori: il passaggio alla c.d. prevenzione soggettiva

La nuova disciplina muove da una valutazione complessiva della situazione all’interno dell’azienda e richiede

l’apporto di tutti coloro che svolgono la propria opera nella stessa, con l’obiettivo di realizzare un sistema

fondato sulla partecipazione di tutti i soggetti coinvolti nell’attività lavorativa, che costituisce quindi uno dei

pilastri sui quali il legislatore ha inteso edificare il nuovo diritto prevenzionale,

c.d. PREVENZIONE SOGGETTIVA, ossia sistema di gestione concertata della sicurezza, nel quale

tutti, ad iniziare dai lavoratori, hanno un ruolo attivo

In contrapposizione al sistema antinfortunistico – delineato dall’art. 2087 c.c., in composizione con l’art. 32

Cost. – c.d. di prevenzione oggettiva, in cui a fronte del datore di lavoro quale debitore di sicurezza, si ravvisa

una posizione di beneficiari esclusivamente passivi dei lavoratori (impostazione confermata dalla

giurisprudenza ed incoraggiata dai primi interventi degli anni ’50, che si limitano a fissare misure c.d.

oggettive di tutela della salute dei lavoratori)

Tale assetto dogmatico, storicamente giustificato dalla constatazione empirica della scarsa preparazione della

manodopera, perde la sua razionalità in relazione al dato della sempre maggiore istruzione dei lavoratori

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VII

2.3. Procedimentalizzazione, programmazione dell’obbligo e pluralità dei soggetti coinvolti

Nella prospettiva essenziale di prevenzione dei pericoli per la salute dei lavoratori centrale sono

l’obbligo di valutare tutti fattori di rischio e

l’obbligo di elaborare un specifico documento di valutazione dei rischi (DVR)

con cui identificare le misure di prevenzione, di protezione attiva e del programma di continua

implementazione delle tutele

Ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. s), del D.Lgs. n. 81 del 2008, per “rischio” si intende “ la probabilità di

raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato

fattore o agente oppure alla loro combinazione” ,

così, sostanzialmente, già a mente del D.Lgs. 626/94

Nel contempo, le questioni inerenti la salute e la sicurezza del lavoro vengono ad interessare una pluralirà di

soggetti (anche, estranei al rapporto di lavoro):

datore di lavoro, dirigenti e preposti; responsabile del servizio di prevenzione e protezione (Rspp); servizi

di gestione delle emergenze e medico competente; lavoratori e rappresentanti dei lavoratori per la

sicurezza; finanche, progettisti, fornitori e installatori

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VIII

3. Il dlgs 9 aprile 2008, n. 81 e succ. mod., c.d. “Unico testo normativo in materia di salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori”

3.1. Il campo di applicazione

Il campo di applicazione è generalizzato e amplissimo, con riguardo

- a tutti i settori di attività privati o pubblici e a tutte le tipologie di rischio;

- “a tutti i lavoratori e le lavoratrici, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati”,

- anche, ai nuovi rapporti di lavoro subordinato previsti dalla c.d. riforma Biagi (L. n. 30/2003), attuata ai

sensi del d.lgs n. 276/2003 e succ. mod., ovvero ai rapporti con finalità di formazione e di inserimento

(c.d. a causa mista, vedi ex artt. 47 e 54 d.lgs. n.276/2003 ma non c’è esplicita menzione nel TU), e la

somministrazione di lavoro (già, ex art. 23 d.lgs. n. 276/2003).

Per quest’ultima tipologia contrattuale, ovvero nell’ipotesi di prestatori di lavoro somministrati, è

espressamente previsto anche dalle modifiche di riordino (art. 3 del TU, comma 5) che “tutti gli obblighi

di prevenzione e protezione sono a carico dell’utilizzatore”

Si aggiunge, nel campo di applicazione definito dalle modifiche di riordino, anche l’ipotesi del distacco

del lavoratore (disciplinato dall’art. 30 del d.lgs. n. 276/2003), per cui, a mente dell’art. 3 del TU,

comma 6, “tutti gli obblighi di prevenzione e protezione sono a carico del distaccatario, fatto salvo

l’obbligo a carico del distaccante di informare e formare il lavoratore dei rischi tipici generalmente

connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali viene assunto”

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IX

- finanche, a ricomprendere espressamente (art. 3 del TU, comma 5) il lavoratore a progetto, (disciplinato

dall’art. 61 e ss. del d.lgs n. 276/2003 e succ. mod.), allorquando “la prestazione lavorativa si svolge nei

luoghi di lavoro del committente” (così già prevede art. 66 del d.lgs.n. 276/2003)

ma il campo di applicazione è, altresì, esteso (così, come specificato da art. 3 del TU, comma 5) anche ai

vecchi (e attuali) co.co.co, ex ar 409, n. 3 c.p.c. , senza progetto.

Resta escluso anche dalle modifiche apportate dal T.U – che pure ricomprende il lavoro accessorio, ex

art. 3 del TU, comma 8 – il lavoro occasionale, disciplinato dall’art. 61, comma 2, d.lgs n. 276/2003 e

succ. mod.

- nonché, i lavoratori autonomi (secondo la definizione propria ex art. 2222 c.c.) sia pure limitatamente alla

applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 21 e 26 del TU, rispettivamente rubricati “Disposizioni

relative ai componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230-bis del codice civile e ai lavoratori

autonomi” e “Obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione”

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X

3.2. I soggetti

3.2.1. Il prestatore di lavoro

Il maggior beneficiario della tutela antinfortunistica è il lavoratore , ovvero “la persona che

indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge una attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione

di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione (…), esclusi gli addetti ai servizi domestici

e familiari” (art. 2, del TU, comma 1, lett. a, prima parte)

(anche soggetti equiparati elencati: così ad es. socio lavoratore di cooperativa, l’allievo di istituti di istruzione

ed universitari e il partecipante a corsi di formazione ove si utilizzino laboratori e attrezzature in genere, ecc)

Secondo l’impostazione già dominante, in dottrina e in giurisprudenza, il prestatore di lavoro – a titolo di

azione individuale di autotutela – ha diritto di rifiutare la prestazione lavorativa in presenza di una condotta,

omissiva o commissiva, del datore di lavoro che metta in pericolo la sua incolumità (in quanto, appunto, la

condotta rileva quale inadempimento contrattuale)

Nondimeno il prestatore è titolare di una quota di debito di sicurezza, particolarmente incentivata dalla

concezione “soggettiva”:

In particolare (in attuazione dei principi generali posti dall’ordinamento comunitario) la legislazione

antinfortunistica speciale pone in capo al lavoratore obblighi di “tipo attivo”, tra i quali, l’obbligo di attivarsi

non solo per la propria sicurezza ma anche per quella dei colleghi; l’obbligo di collaborazione per l’attuazione

della normativa di sicurezza; l’obbligo di utilizzare correttamente i dispositivi di sicurezza e la strumentazione

del lavoro; l’ obbligo di partecipare a corsi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro (e

detta formazione e addestramento costituiscono a tutti gli effetti orario di lavoro ai sensi del D.Lgs. n.

66/2003);

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XI

3.2.2., 3.2.3. Il datore di lavoro privato e pubblico, i dirigenti e i preposti

Il datore di lavoro è debitore essenziale e primario dell’obbligo di sicurezza, che deve adempiere

nell’esercizio dei suoi poteri di organizzazione e direzione.

Si tratta, altresì, del soggetto principale destinatario delle disposizioni sanzionatorie definito come il “soggetto

titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore, o comunque, il soggetto che, secondo il tipo e

l’organizzazione dell’impresa, ha la responsabilità dell’impresa stessa ovvero dell’unità produttiva (…), in

quanto colui che esercita i poteri decisionali e di spesa”

Per le P.A. rileva che il legislatore (già ai sensi dell’art. 2, lett. b, seconda parte, decreto n. 626/1994, secondo

la definizione confermata dall’art. 2, comma 1, lett. b, seconda parte, del TU) specifica che “nelle pubbliche

amministrazioni (…) per datore di lavoro s’intende il dirigente al quale spettano poteri di gestione, ovvero il

funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest’ultimo sia preposto ad un ufficio avente

autonomia gestionale”

Norme specifiche (in quanto titolari originari di debito di sicurezza) sono dettate con riguardo al :

- il dirigente, definito ai fini antinfortunistici (art. 2 del TU, comma 1, lett. d) quale “la persona che, in

ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura

dell’incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l’attività lavorativa e

vigilando su di essa”; sicché, costui, nell’ambito delle proprie attribuzioni e competenze, è responsabile

di tutta la tutela antinfortunistica (si veda, art. 18 del TU intitolato “Obblighi del datore di lavoro e del

dirigente”)

- il preposto, identificato, ai fini antinfortunistici, nel soggetto (anch’esso lavoratore dipendente) che

nell’ambito della organizzazione aziendale sovrintende alle attività di un determinato gruppo di

lavoratori (nozione individuata dalla prevalente giurisprudenza, oggi tradotta in definizione legale dal

legislatore del TU, art. 2, comma 1, lett. e)

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XII

3.2.4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

E’ affermato il principio per cui “in tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il rappresentante

dei lavoratori per la sicurezza” aventi specifici diritti di consultazione, di informazione e di formazione (art. 47

del TU, comma 2)

la prevalente dottrina afferma la dimensione volontaristica della rappresentanza anche perché

mancano strumenti surrogatori in caso di inerzia dei lavoratori interessati

Tra le novità:

- meccanismo di elezione riguardante la previsione di “un’unica giornata nazionale per la salute e sicurezza

sul lavoro, individuata nell’ambito della settimana europea per la salute e sicurezza sul lavoro, con

decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale”, c.d. election day, per l’elezione dei Rls

aziendali, territoriali o di comparto ;

- previsione di Rls territoriale, che eletto o designato secondo i criteri previsti dalla contrattazione

collettiva esercita le competenze proprie del Rls “con riferimento a tutte le aziende o unità produttive del

territorio o del comparto di competenza, nelle quali non sia stato eletto o designato il Rls” e di Rls di sito

produttivo, che ricalca una forma di rappresentanza già sperimentata da Protocolli collettivi specifici (ad

es. previsti per le realtà portuali di Napoli e Genova), in “specifici contesti produttivi, caratterizzati dalla

compresenza di più aziende o cantieri” (quali, “porti”, “centri intermodali di trasporto”, impianti

siderurgici”, “cantieri con almeno 30.000 uomini-giorno”, ecc.) su iniziativa dei Rls delle aziende

operanti nel sito produttivo medesimo.

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XIII

3.2.5. Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione

Essenziale compito del Servizio di prevenzione e protezione, collocato al primo posto nel catalogo degli

obblighi ad esso facenti capo (vedi art. 33 del TU), è quello della individuazione e della valutazione dei rischi.

Il Spp è stato introdotto nell’ordinamento giuridico italiano con il decreto 626 del 1994, in attuazione della

direttiva quadro n. 89/391, ed è definito come “insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni

all’azienda, finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori” (art. 2

del TU, comma 1, lett. l), a capo del quale è posto un responsabile del Spp, quale persona che, “designata” dal

datore di lavoro (trattandosi di obbligo non delegabile), è mero coordinatore del Spp.

Esistono diverse opzioni organizzative(si veda art. 31 del TU):

servizio interno, attraverso la designazione da parte del datore di lavoro, all’interno dell’azienda o unità

produttiva, di persone da lui dipendenti, che “non possono subire pregiudizio a causa dell’attività svolta

nell’espletamento del proprio incarico”

servizio esterno, rappresentato da persone o servizi esterni “costituiti anche presso le associazioni dei

datori di lavoro o gli organismi paritetici” è obbligatorio in mancanza di dipendenti che, all’interno

dell’azienda o dell’unità produttiva, siano in possesso delle capacità e dei requisiti professionali” oggi

specificamente individuati dal legislatore del TU.

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XIV

3.2.6. Il medico competente e la sorveglianza sanitaria

Il medico competente è soggetto che “in possesso di uno dei titoli e dei requisiti formativi e professionali”

specificati dal legislatore (si veda l’art. 38 del TU), “collabora con il datore di lavoro ai fini della valutazione

dei rischi” ed “nominato” dallo stesso datore di lavoro – peraltro, in tal caso configurandosi un obbligo del

datore di carattere delegabile – per effettuare la sorveglianza sanitaria nei casi in cui questa è obbligatoria (ai

sensi dell’art. 41 del TU)

Il medico competente svolge la propria opera in qualità di:

dipendente o collaboratore di una struttura esterna pubblica o privata convenzionata con l’imprenditore

per lo svolgimento dei compiti di sorveglianza sanitaria;

libero professionista;

dipendente del datore di lavoro

La sua attività è svolta – a tutela degli interessi a valenza costituzionale dell’intera collettività, consacrati

nell’art. 32 Cost., più che di quelli individuali dei lavoratori e del datore di lavoro – nell’esclusivo interesse del

bene “salute”.

Specifiche norme etiche, professionali e giuridiche sono poste a garanzia della indipendenza del

medico competente (principi della medicina del lavoro e del codice etico della Commissione internazionale di

salute occupazionale, ICOH)

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XV

La sorveglianza sanitaria – che comprende le visite mediche espressamente indicate dalla legge (si veda art. 41,

comma 2; tra cui visita medica preventiva intesa a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui il

lavoratore è destinato; visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere

giudizio di idoneità sulla mansione specifica; visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal

medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento

a causa dell’attività lavorativa svolta; ecc) – è effettuata dal medico competente

nei casi previsti dalla normativa vigente, dalle direttive europee, nonché dalle indicazioni fornite dalla

Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro (quest’ultima istituita in

attuazione dell’art.1 della l. n. 123/2007, ai sensi dell’art. 6 del TU);

qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi

lavorativi

Le visite mediche di cui all’art. 41, comma 2, devono essere realizzare a cura e spese del datore di lavoro e,

comunque, non possono essere effettuate in fase preassuntiva, per accertare stati di gravidanza e negli altri casi

vietati dalla normativa vigente

Gli esiti delle suddette visite mediche sono comunicati – secondo formato specificato (art. 41, comma 5) – per

iscritto dal medico competente al datore di lavoro e al lavoratore.

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XVI

3.3. I principi fondamentali della tutela prevenzionale

3.3.1. La valutazione dei rischi e l’elaborazione del documento relativo (DVR)

Ai sensi dell’art. 29 del TU,

il datore di lavoro effettua la valutazione dei rischi ed elabora il relativo documento

“in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente” nei casi

in cui sia obbligatoria la sorveglianza sanitaria, “previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la

sicurezza”

Il datore di lavoro, in relazione alla natura dell’attività dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, deve, in primo

luogo, valutare “anche nella scelta della attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici

impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro” “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei

lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli

collegati allo stress lavoro-correlato, secondo l’accordo europeo dell’8 ottobre 2004

Detta valutazione deve tradursi nella elaborazione di un documento contenente:

a) “una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, nella quale

sono specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;

Il legislatore ora specifica che “la scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore

di lavoro, che vi procede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la

Page 17: Lucidi lezione 2013 breve

XVII

completezza e l’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali di

prevenzione”

b) l’individuazione delle misure di prevenzione e protezione e dei dispositivi di protezione

individuale (…);

c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire nel tempo il miglioramento dei livelli

di sicurezza

(già ai sensi dell’art. 4, comma 2, del decreto 626 del 1994, cui si aggiungono a mente delle

modifiche del TU, lett. d, e, ed f)

d) l’individuazione delle procedure per l’attuazione da realizzare e dei ruoli (…) assegnati

unicamente a soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri;

e) l’indicazione del nominativo del Rspp, del Rls e del medico competente che ha partecipato alla

valutazione del rischio;

f) l’individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che

richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e

conoscenza del contesto lavorativo”

La valutazione dei rischi ed il documento ad essa inerente, realizzati in concomitanza dell’avvio dell’attività,

devono essere custoditi c/o l’azienda o l’unità produttiva e rielaborati “in occasione di modifiche al processo

produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori” (nonché, nelle ulteriori ipotesi

specificate dalla norma) e detta rielaborazione deve avvenire oggi nel termine specificato “di trenta giorni

dalle rispettive causali” (nuovo 29 del TU, comma 3)

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XVIII

Sono esonerate dall’obbligo di elaborare il documento le “aziende familiari e le aziende che occupano fino a 10

addetti”, ma solo “fino alla scadenza del diciottesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto

ministeriale” (quello cui rinvia l’art. 6 del TU, comma 8, lett. f, ovvero, il decreto chiamato a recepire le

procedure standardizzate introdotte dalla stessa norma del TU), e “comunque, non oltre il 30 giugno 2012” .

Invero significativa novità, con l’obiettivo rilevante di semplificazione dell’adempimento, è la previsione di

procedure standardizzate di effettuazione della valutazione dei rischi

tenendo conto dei profili di rischio e degli indici infortunistici di settore

la cui elaborazione è demandata – entro e non oltre il 31 dicembre 2010 – alla Commissione consultiva

permanente per la salute e sicurezza sul lavoro istituita, presso il Ministero del lavoro e della previdenza

sociale, dall’art. 6 del TU, cui sono attribuite le funzioni specificate al comma 8.

Nelle more dell’emanazione di tale decreto, tuttavia, tali datori di lavoro (quelli con max 10 dipendenti) sono

obbligati a:

autocertificazione per iscritto della avvenuta effettuazione della valutazione dei rischi e

l’adempimento degli obblighi ad essa collegati, da inviare al Rls

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3.3.2. La programmazione della prevenzione e il rispetto dei principi ergonomici

Ancora, tra i principi generali di tutela (ai sensi dell’art. 15 del TU) vale segnalare

il principio della “programmazione della prevenzione per cui occorre mirare ad un complesso che integra

in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive ed organizzative dell’azienda,

nonché, l’influenza dei fattori dell’ambiente di lavoro”

il principio del “rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle

attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono

e quello ripetitivo”

al fine di “adeguare il lavoro all’uomo”, così art. 6, par. 2, lett. d, direttiva quadro n. 89/391

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3.4. La delega di “funzioni”

In materia di igiene e sicurezza del lavoro, la legislazione speciale tecnica (già decreto n. 626/94, come

modificato dal d.lgs n. 242/96; ovvero, oggi, art. 17 del TU) individua un ristretto numero di c.d. obblighi

primari, non delegabili da parte del datore di lavoro, quali:

- la valutazione del rischio e l’elaborazione del documento relativo;

- la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione;

- l’autocertificazione per le aziende familiari e per quelle che occupano fino a 10 dipendenti dell’avvenuta

valutazione dei rischi e adempimento degli obblighi relativi

ne consegue che ogni altro adempimento va considerato alla stregua di obbligo delegabile ovvero

obbligo che può essere “trasferito” dal datore di lavoro ad altri soggetti attraverso l’istituto giuridico della

delega.

La delega per essere valida deve risultare da un atto scritto recante data certa, cui deve seguire, sempre per

iscritto, l'accettazione del delegato.

Il soggetto preposto all'adempimento dell'incarico deve possedere, inoltre, tutti i requisiti di professionalità

ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate, per le quali egli deve poter disporre di

tutti poteri di organizzazione, di gestione e controllo, oltre all'autonomia di spesa necessaria.

Alla delega deve, altresì, essere data adeguata e tempestiva pubblicità.

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In altri termini la delega deve possedere il requisito di certezza sia dal punto di vista formale (forma scritta,

data certa, accettazione per iscritto) che dal punto di vista sostanziale (contenuto chiaro e completo soprattutto

in ordine agli obblighi “trasferiti”, poteri decisionali e di spesa)

Il soggetto delegato, inoltre, deve essere persona competente e tecnicamente qualificata non rilevando a tal

proposito – per orientamento giurisprudenziale consolidato – il possesso di titoli di studio o diplomi.

Sono necessari “requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni

delegate”

In presenza di una delega legittimamente conferita, si discute se questa determini un'efficacia liberatoria per il

delegante (delega di mera esecuzione di compiti o delega di funzioni e di responsabilità?)

Il principio condiviso per cui anche in caso di delega sul datore di lavoro grava, in caso di omissione,

comunque una culpa in vigilando trova conferma nella determinazione del legislatore per cui si specifica che

“la delega di funzioni non esclude l'obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto

espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite” seppure questo principio sembra oggi mitigato

dalla previsione espressa per cui “la vigilanza si esplica anche attraverso i sistemi di verifica e controllo di cui

all'articolo 30, comma 4” e “l’obbligo di cui al primo periodo si intende assolto in caso di adozione ed efficace

attuazione del modello di verifica e controllo di cui all’articolo 30, comma 4” (così art. 16, comma 3,

modificato dal D.Lgs. n. 106/2009).

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Le pagine precedenti sono elaborate ad uso esclusivo degli studenti del corso.

Sabrina Cassar

Università degli studi di Roma di “Tor Vergata”