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Lupi e pecore di ALEKSANDR OSTROVSKIJ traduzione ROBERTA ARCELLONI regia GUIDO DE MONTICELLI scene ARIANNA CAREDDA costumi ZAIRA DE VINCENTIIS regista assistente ROSALBA ZICCHEDDU con CORRADO GIANNETTI, PAOLO MELONI, MARCO SPIGA, MARIA GRAZIA SUGHI, LUIGI TONTORANELLI, VALERIA COCCO, MARIAGRAZIA POMPEI --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Lupi e pecore, tra i capolavori di Aleksandr Ostrovskij - padre, insieme a Gogol’ della grande drammaturgia russa - è una commedia nerissima e divertentissima. Ambientata, in un villaggio di provincia, trae la sua vicenda da una cronaca giudiziaria del 1874. Allora la badessa del monastero di Serpuchov e presidente della comunità delle Sorelle della Misericordia venne citata dal tribunale di Mosca con l’accusa di falso ed estorsione. Operando un’infida circonvenzione ai danni di poveri sprovveduti, aveva ottenuto la firma di cambiali in bianco, in cambio di mendaci promesse garantite dal suo alto rango sociale. La badessa si era giustificata dichiarando che ciò che aveva commesso non era per utile personale, ma per sussidiare le istituzioni benefiche alle quali si era dedicata con imperiosa passione, smarrendo ogni cognizione di lecito e illecito. A una tale vicenda si ispira Ostrovskij, immergendola però in una girandola di piccole e grandi malversazioni in cui tutti i personaggi sono implicati, gli uni ai danni degli altri. Tutti o lupi o pecore, e tutti vivono per mangiare o essere mangiati. E i lupi e le pecore si inseguono scambiandosi vicendevolmente i ruoli. E, sembra dirci Ostrovskij, non vi sarebbero i lupi se non prosperassero le pecore. Solo l’arrivo nel villaggio del più evoluto e “per bene” dei personaggi, un intraprendente e affascinante uomo d’affari, in viaggio da Pietroburgo, mette fine a questa infinita spirale. Con un insieme di accorte e rapide mosse che contemplano anche la sistemazione di un paio di affari senti- mentali, diviene proprietario dei grandi boschi dei dintorni che di lì a poco moltiplicheranno il loro valore per l’imminente arrivo della linea ferroviaria transiberiana. Poco prima un personaggio del villaggio si era rivolto a un altro dicendogli: «Scusate la domanda indiscreta. Avete mai saputo la differenza fra un’azione buona e una cattiva?» E lui aveva risposto: «Questa è filosofia: noi che ne sappiamo?». Guido De Monticelli

Lu Pie Pecore

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Lupi e pecore di ALEKSANDR OSTROVSKIJ traduzione ROBERTA ARCELLONI regia GUIDO DE MONTICELLI scene ARIANNA CAREDDA costumi ZAIRA DE VINCENTIIS regista assistente ROSALBA ZICCHEDDU con CORRADO GIANNETTI, PAOLO MELONI, MARCO SPIGA, MARIA GRAZIA SUGHI, LUIGI TONTORANELLI, VALERIA COCCO, MARIAGRAZIA POMPEI --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Lupi e pecore, tra i capolavori di Aleksandr Ostrovskij - padre, insieme a Gogol’ della grande drammaturgia russa - è una commedia nerissima e divertentissima. Ambientata, in un villaggio di provincia, trae la sua vicenda da una cronaca giudiziaria del 1874. Allora la badessa del monastero di Serpuchov e presidente della comunità delle Sorelle della Misericordia venne citata dal tribunale di Mosca con l’accusa di falso ed estorsione. Operando un’infida circonvenzione ai danni di poveri sprovveduti, aveva ottenuto la firma di cambiali in bianco, in cambio di mendaci promesse garantite dal suo alto rango sociale. La badessa si era giustificata dichiarando che ciò che aveva commesso non era per utile personale, ma per sussidiare le istituzioni benefiche alle quali si era dedicata con imperiosa passione, smarrendo ogni cognizione di lecito e illecito. A una tale vicenda si ispira Ostrovskij, immergendola però in una girandola di piccole e grandi malversazioni in cui tutti i personaggi sono implicati, gli uni ai danni degli altri. Tutti o lupi o pecore, e tutti vivono per mangiare o essere mangiati. E i lupi e le pecore si inseguono scambiandosi vicendevolmente i ruoli. E, sembra dirci Ostrovskij, non vi sarebbero i lupi se non prosperassero le pecore. Solo l’arrivo nel villaggio del più evoluto e “per bene” dei personaggi, un intraprendente e affascinante uomo d’affari, in viaggio da Pietroburgo, mette fine a questa infinita spirale. Con un insieme di accorte e rapide mosse che contemplano anche la sistemazione di un paio di affari senti- mentali, diviene proprietario dei grandi boschi dei dintorni che di lì a poco moltiplicheranno il loro valore per l’imminente arrivo della linea ferroviaria transiberiana. Poco prima un personaggio del villaggio si era rivolto a un altro dicendogli: «Scusate la domanda indiscreta. Avete mai saputo la differenza fra un’azione buona e una cattiva?» E lui aveva risposto: «Questa è filosofia: noi che ne sappiamo?».

Guido De Monticelli

La Stampa su Lupi e Pecore

Il grande Ostrovskij, considerato lo Shakespeare della classe mercantile russa.è nato a Mosca nel quartiere dei mercanti avendo occasione di conoscere da vicino quel mondo in cui avrebbe ambientato gran parte delle commedie dell’ultimo periodo della sua vita (…). Conosciuto nel mondo come il fondatore del teatro russo moderno, Ostrovskij ha ben rappresentato, nelle sue numerose commedie, la “Russia che cambia”, il mondo che cambia, cosa che si evidenzia anche nella commedia “Lupi e Pecore”in scena (per la perspicacia e il coraggio del Teatro Stabile della Sardegna) al Minimax di Cagliari con la regia di Guido de Monticelli: una grande incursione nei grandi temi dell’etica, della giustizia, dello spirito e dell’amore; un mondo in cui lupi e pecore vivono per mangiare o essere mangiati ed i primi non esisterebbero se non prosperassero le seconde. Le attrici e gli attori che impersonano gli uni e le altre: Maria Grazia Sughi, Luigi Tontoranelli, Paolo Meloni, Marco Spiga, Corrado Giannetti, Mariagrazia Pompei e Valeria Cocco meritano tutti una citazione di merito per quanto piacevolmente espresso. Il “ciclo” di autori russi che il Teatro di Sardegna intende proporci in questa sua seconda stagione non poteva esordire meglio. Avanti così!

(Cesare Valentini – Spettacolo Sardegna - 28/10/11)

Il testo è una commediaccia nera, che più nera non si può: una botta di cinismo inesorabile che sarebbe piaciuta a Monicelli. Merito a De Monticelli, dunque, di aver tirato fuori dal cassetto l’opera, che Ostrovskij – considerato al pari di Gogol tra i vertici della grande drammaturgia russa – aveva tratto da un fatto di cronaca, avvenuto sul finire dell’Ottocento. La storia è semplice e intricata al tempo stesso: in un piccolo villaggio, tutti truffano tutti, approfittandosi delle ingenuità o delle paure altrui. Tutti si fanno lupi (o, a loro volta, pecore) di fronte a potenziali vittime: per soldi, per avidità, per potere. Al centro di tutto una nobildonna (straordinaria nell’interpretazione di Maria Grazia Sughi, immobilizzata da una caviglia distorta, ma possente e presentissima) che tesse trame servendosi della complicità di un traffichino locale. Combina matrimoni, truffa una bella e giovane vedova, cerca di accaparrare il più possibile. Salvo poi trovarsi beffata da un lupo più lupo di lei, che farà chiudere tutti i giochi. La regia impone ritmo e ironia, gioca sul filo del parossismo, presta grande fedeltà al testo, con risultati eccellenti. Ottimo il cast, affiatato e complice: oltre alla citata Sughi, sarebbero tutti da menzionare. Ma almeno vale la pena segnalare l’ottimo Luigi Tontoranelli, scapestrato Apollon, dandy dissipatore, in realtà l’unico del gruppo a mostrare un’anima; poi l’acido possidente Vasilij, ben interpretato da Marco Spiga; il giudice buontempone affidato a Corrado Giannetti. Infine le due brave e belle protagoniste femminili: l’ereditieraMariagrazia Pompei, svampita quanto basta, e la subdola e incisiva Alekseevna, una formidabileValeria Cocco.

(Andrea Porcheddu- MyWord- 4/11/11)

Cagliari. La coscienza? Lasciamola ai filosofi. Non è roba per truffatori, nè per chi piega morale e legalità a favore dei propri interessi. E' il tema chiave dell'allestimento "Lupi e pecore". Lo spettacolo diretto da Guido De Monticelli per il Teatro Stabile della Sardegna è andato in scena sino a domenica in prima nazionale al Massimo dando il via al progetto " A Mosca, a Mosca". Scritta a fine Ottocento da Aleksandr Ostrovskij, considerato il fondatore con Gogol, della drammatturgia russa, nonchè fustigatore del mondo provinciale, tra debiti e raggiri di menrcanti, proprietari e intermediari. Protagonisti che ritroviamo in " Lupi e pecore", allusione all'attitudine a sbranare o essere sbranati, presentati al primo atto, in una non brillante introduzione. C'è chi si trova in mano una cambiale in bianco e imbroglia, ma "con sentimento", chi lo fa, ma pensando ai poveri, salvo poi far penitenza e digiuno, chi si limita a chiedere prestiti per berseli all'osteria. Tra carte false, sorrisi, e abili manipolazioni dell'altrui volontà, il ritmo della commedia decolla in un gustoso secondo atto, con l'arrivo da Pietroburgo di un uomo d'affari ben più raffinato di maniere e raggiri. Gustosissime nei dialoghi e nell'interpretazione le due scene di seduzione della giovane senza dote verso il ricco e anziano "pancione", e dell'affascinante affarista verso la bella, ricca e poco sveglia vedova, che accompagnano fino alla resa dei conti finale. Nella scenografia minimale di Arianna Caredda si apprezzano le interpretazioni di Mariagrazia Sughi, Meropa, possidente decaduta che fa buon uso del proprio potere, sfruttando gli imbrogli offerti da Cugunov (un efficace Paolo Meloni) e da suo nipote Goreckij ( simpatico falsario ben reso da Marco Spiga). Da anziana mestatrice vorrebbe sistemare l'insulso nipote Apollon ( ben ridicoleggiato da Luigi Tontoranelli) con Evlamija, vedova, e da lei stessa già maritata, di un ricco possidente, delicatamente interpretata da una seducente Mariagrazia Pompei. Sarà però l'abile Berkutov a conquistarne consenso e patrimonio. Compreso il terreno su cui passerà presto la ferrovia transiberiana: anche avere le informazioni è potere. Si sistema da sè la parente povera di Meropa, la furba Glafira (bella prova per la giovane Valeria Cocco), che riuscirà nell'impresa di farsi sposare dal vecchio giudice Lynjaev ( al quale Corrado Giannetti offre moti di disarmante tenerezza) fino all'ultimo convinto sostenitore del celibato.

(Roberta Sanna - La Nuova Sardegna – 25/10/11)