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Tesi di laurea su "L'Opera Nazionale Dopolavoro in Provincia di Teramo" di Mariarosaria Mazziotti, Università degli Studi di Teramo, a.a. 1995/1996.
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I
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TERAMO
FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE
Tesi di Laurea di STORIA CONTEMPORANEA
L’OPERA NAZIONALE DOPOLAVORO IN PROVINCIA DI TERAMO
Laureanda: Relatore: Mariarosaria Mazziotti Chiar.mo Prof. Guido Crainz
Anno accademico 1995-96 Avvertenze: l'autorizzazione alla libera distribuzione riguarda solo ed esclusivamente la versione elettronica della tesi. I diritti d'autore su ogni altra forma di pubblicazione, anche parziale, della stessa, e in particolare quelli relativi alla versione a stampa, restano di proprietà dell'Autore. Resta dunque vietata, senza esplicita autorizzazione scritta dell'Autore, ogni forma di riproduzione a stampa dei testi. Il testo in formato elettronico potrà essere liberamente distribuito, anche per via telematica e attraverso la rete Internet, purché completo in ogni sua parte e sempre accompagnato dall'indicazione dei dati dell'edizione a stampa e dalle condizioni alle quali ne è consentita la distribuzione. Nessun provento potrà essere ricavato, a nessun titolo, dalla distribuzione della tesi in formato elettronico; non è, infine, autorizzata alcuna modifica, con l'eccezione di quelle eventualmente concordate per iscritto fra Liber Liber e l'Autore.
II
Indice
Premessa. ................................................................................................p. 1
Parte prima Origini, costituzione, sviluppo e struttura organizzativa
dell’O.N.D.
Capitolo primo Le varie fasi di sviluppo dell’O.N.D.
1. Introduzione. ........................................................................................p. 11
2. Il progetto di Mario Giani: “un’invenzione di ispirazione americana”. ..............................................................................................p. 13
3. Dall’Ufficio centrale del Dopolavoro all’Opera Nazionale Dopolavoro. .............................................................................................p. 20
4. Il Partito assume il controllo. ...............................................................p. 25
Capitolo secondo L’organizzazione tecnico-amministrativa dell’O.N.D.
1. La Direzione centrale. ..........................................................................p. 28
2. Gli Uffici esecutivi periferici (Dopolavoro provinciali). ....................p. 31
3. I Dopolavoro comunali. .......................................................................p. 33
III
Parte seconda Attività e manifestazioni del Dopolavoro in provincia di Teramo.
Capitolo primo L’attività relativa agli anni 1927-28.
L’esordio del Dopolavoro in provincia. ..................................................p. 36
Capitolo secondo L’attività relativa all’anno 1929.
1. Introduzione. ........................................................................................p. 48
L’inaugurazione delle prime sezioni del Dopolavoro in provincia di Teramo: Notaresco, Nepezzano, Pietracamela.
2. L’assistenza sociale. ............................................................................p. 51
Sconti e altre agevolazioni a favore dei dopolavoristi teramani. L’Ufficio consulenza assistenziale.
3. Cultura popolare “propriamente detta”. ..............................................p. 53
I cicli di cultura e i corsi di stenografia e di lingue straniere. L’istituzione delle prime “bibliotechine”.
4. Folklore. ...............................................................................................p. 57
La riesumazione della tradizioni popolari. La “nobile” funzione svolta dalle tradizioni nell’ottica dei dirigenti fascisti. La “manipolazione” delle tradizioni: teorie a confronto. La “Festa del Fiore” e la “Festa dell’Uva”. La celebrazione in Atri della “Festa del Grano e delle Canzoni” e della “Festa del Fiore”.
5. L’educazione artistica. .........................................................................p. 70
La limitata attività in campo artistico. Proiezioni cinematografiche in provincia. La costituzione della “Federazione Provinciale delle Filodrammatiche”.
6. L’attività sportiva. ...............................................................................p. 72
Lo sport come elemento predominante nel complesso delle attività dell’Ond. C.O.N.I. e Ond. Il gioco della “volata”. La rappresentativa del Dopolavoro provinciale di Teramo al 1° “Concorso nazionale Ginnico Atletico”.
IV
Capitolo terzo L’attività relativa all’anno 1930.
1. Introduzione. ........................................................................................p. 80
L’indagine sui Dopolavoro provinciali condotta nel 1930. Il 2° “Congresso provinciale dei Segretari politici dei Fasci”: la malcelata insoddisfazione dei quadri provinciali sull’andamento dell’Opera in provincia. La costituzione di sezioni del Dopolavoro a Civitella del Tronto e Ancarano.
2. Cultura popolare “propriamente detta”. ..............................................p. 90
La partecipazione del Dopolavoro provinciale di Teramo alla 1^ “Mostra Dopolavoristica di Arte e di Mestieri”.
3. Folklore. ...............................................................................................p. 93
Il successo riscosso dalla rappresentanza teramana al “Raduno dei Costumi d’Italia”, in occasione delle nozze dell’erede al trono. La “Festa dell’Uva”: riuscito connubio tra riscoperta delle tradizioni e momento utilitaristico. La celebrazione della festa a Teramo. La riesumazione delle feste patronali. I festeggiamenti in onore di Maria SS. delle Grazie, protettrice di Teramo.
4. L’educazione artistica. .........................................................................p. 106
La riorganizzazione del concerto bandistico teramano e degli altri complessi musicali. Le esibizioni a Teramo e provincia: il “rinnovato trionfo della tradizione musicale teramana”. L’inesistente attività nel settore delle filodrammatiche: il rammarico espresso dal direttore della filodrammatica del Dopolavoro di Teramo, Colombo nell’appello lanciato alla cittadinanza su “Il Solco”.
5. L’attività sportiva. ...............................................................................p. 112
L’inquadramento sportivo dei dopolavoristi. Le selezioni in provincia per la partecipazione ai “Campionati crossistici nazionali”. La sterile attività della Sezione escursionismo in provincia di Teramo: le gite a Castelli, a Collurania ed al Ceppo.
Capitolo quarto L’attività relativa all’anno 1931. 1. Introduzione. ........................................................................................p. 116
V
Il “prodigioso sviluppo” dell’Ond nei primi mesi del 1931. La pianificata diffusione dell’Organizzazione nei centri rurali. La stagnazione del numero delle manifestazioni da essa promosse.
2. L’educazione artistica. .........................................................................p. 120
L’esordio in provincia dell’apparecchio radiofonico. La ricostituzione della “Federazione Provinciale delle Filodrammatiche”. Il concerto del coro del Dopolavoro al teatro comunale.
3. Cultura popolare “propriamente detta”. ..............................................p. 127
I corsi di insegnamento popolare e insegnamento professionale. La “Mostra Provinciale del lavoro artigiano”. Il 2° “Concorso Nazionale Dimostrativo per l’allevamento dei bachi da seta”.
4. Folklore. ...............................................................................................p. 130
Il “Raduno folkloristico” di Teramo e le prime canzoni dialettali. La celebrazione del “Centenario Antoniano”. Le feste in onore dei Santi patroni di Casoli di Atri, Montorio al Vomano e Mutignano. La “Festa dell’Uva”.
5. L’attività sportiva. ...............................................................................p. 139
Il 2° “Campionato nazionale di Corsa campestre”. Il 2° “Campionato nazionale di marcia e tiro”. L’assegnazione dei brevetti. La gita ad Atri.
Capitolo quinto L’attività relativa agli anni 1932-34.
1. L’educazione artistica. .........................................................................p. 145
L’incremento dell’ascolto radiofonico. Il consolidamento dell’attività filodrammatica in provincia: le creative compagnie del Dopolavoro di Atri e Colonnella. L’arrivo del “Carro di Tespi” a Giulianova.
2. Cultura popolare “propriamente detta”. ..............................................p. 167
I corsi di cultura popolare e professionale e le nuove conferenze. La partecipazione al “Concorso Nazionale Dimostrativo dell’allevamento del baco da seta” di alcuni Dopolavoro comunali della provincia.
3. Folklore. ...............................................................................................p. 171
L’impulso dell’Ond alle feste patronali: la celebrazione di S. Berardo a Teramo. L’esibizione del coro folcloristico del Dopolavoro di Giulianova a Pescara, in onore dei principi di Savoia.
VI
4. L’attività sportiva. ...............................................................................p. 176 Il progressivo incremento dell’attività escursionistica in provincia.
La gita a Pola, Fiume, Abbazia e grotte di Postumia.
Capitolo sesto L’attività relativa agli anni 1935-37.
1. Introduzione. ........................................................................................p. 185
La guerra d’Etiopia, le sanzioni economiche: il Dopolavoro come strumento di mobilitazione delle masse. La “nuova strategia rurale”: l’istituzione dei Dopolavoro rurali in provincia di Teramo.
2. L’educazione artistica. .........................................................................p. 193
Le proiezioni del “Cinesonoro” in provincia. L’attività bandistica e filodrammatica. La terza esibizione del “Carro di Tespi Lirico” a Giulianova.
3. Cultura popolare “propriamente detta” e folklore. ..............................p. 199
Il potenziamento delle “bibliotechine”. La mostra di lavori femminili delle dopolavoriste teramane. Il “Concorso provinciale per una novella”: “Il Paganini di Montaprico”, novella di A. Trojani. Le esibizioni in trasferta del “Concerto del Dopolavoro” di Castelli e del “Gruppo popolaresco” di Penna S. Andrea.
4. L’attività sportiva. ...............................................................................p. 208
La rivalutazione degli sport prettamente popolari: le bocce, gioco degli “italiani autentici”. I primi campionati provinciali di scherma e nuoto. Il “Campeggio Dopolavoristico” ai Prati di Tivo e il 1° “Campionato Provinciale di marcia e tiro in montagna”.
Capitolo settimo. 1931-1937: dati a confronto. ..........................................................p. 214
Fonti e Bibliografia. ...............................................................................p. 219
1
Premessa
Nel quadro degli strumenti usati dal fascismo per accreditare presso
l’opinione pubblica l’immagine di un regime attento agli interessi popolari,
un’attenzione particolare merita l’Opera Nazionale Dopolavoro, istituita con
il R.D.L. 1° maggio 1925, n. 582.
Essa, infatti, divenne ben presto la più vasta e capillare delle
organizzazioni di massa create dal regime, accanto all’Opera nazionale
balilla, ai Fasci giovanili e ai Gruppi universitari fascisti. La sua attività
offriva un notevole numero di possibilità ricreative, sportive, culturali e
sanitarie e veniva incontro a reali esigenze popolari. L’Ond fu così in grado
di penetrare tra i lavoratori, in particolare tra i giovani, soprattutto a partire
dalla seconda metà degli anni Trenta, quando cominciava ad entrare nel
mondo del lavoro la “nuova generazione” che non era stata protagonista
dell’aspra lotta politica che portò all’avvento del fascismo e che era, quindi,
più sensibile e vulnerabile alla sua propaganda.1
1 I curatori del libro “La generazione degli anni difficili”, un’indagine sulla generazione
del regime, hanno sottolineato l’impressione che, all’inizio degli anni Trenta, il fascismo
fosse l’unica realtà esistente per i giovani; l’influenza della generazione più anziana,
antifascista, si era affievolita e i ragazzi non avevano precisi modelli esterni su cui far
convergere le loro insoddisfazioni: cfr. A. Alberoni, E. Antonini, R. Palmieri, La
generazione degli anni difficili, Bari, Laterza, 1962, pp. 8-9. Della stessa opinione è
Gastone Silvano Spinetti. Egli ha affermato che i giovani ebbero poco in comune con gli
2
Per l’ideologia mussoliniana era di vitale importanza un’azione di
canalizzazione del consenso. Dunque, come ha osservato Matteo
Giambattista in un suo articolo sull’organizzazione fascista del tempo libero,
la creazione di un organismo come l’Ond poteva, anzi, doveva rispondere a
questo fine: “La capillare ed articolata macchina burocratica incaricata di
promuovere il consenso, avvalendosi della miriade di strutture per
l’organizzazione ed il controllo del tempo libero, era infatti la più idonea allo
scopo, possedendo la forza, gli strumenti e l’autorità necessaria per occuparsi
di questo aspetto che poi altro non era che una delle tante facce di un unico
problema, quello di creare uno stato forte, con una popolazione ordinata,
disciplinata, obbediente e, all’occasione, pronta e unita nel rispondere agli
appelli del regime”.2
Il fascismo intuì, infatti, che a tal fine non erano sufficienti la
prevenzione e la repressione delle opposizioni, affidate alle varie forze di
polizia, e l’uso di una propaganda incisiva e sottile che, con l’avvento dei
esuli antifascisti: coloro i quali erano quindicenni quando Mussolini si impadronì del
potere, passarono gli anni decisivi della loro formazione sotto il fascismo e furono portati
ad accettare il regime come un fatto compiuto. Le idee di Spinetti sono contenute i due
saggi polemici, in cui egli accusa l’antifascismo del dopoguerra di non essere riuscito a
capire la sua generazione: G. S. Spinetti, Difesa di una generazione, Roma, 1948; Id.,
Venti anni dopo. Ricominciare da zero, Roma, 1964. 2 M. Giambattista, Il tempo libero del Duce, in “Historia”, n. 435, maggio 1994, p. 56.
3
mass-media, divenne ancor più martellante ed onnipresente. Di maggior
aiuto sarebbe stata invece una propaganda indiretta, fatta di messaggi
dissimulati fra i festeggiamenti di una sagra, di un santo patrono, di una
manifestazione sportiva, o tra le sorprendenti, spettacolari o romantiche
immagini di un film che, se non altro, per il loro carattere squisitamente
ricreativo o evasivo avrebbero distolto il lavoratore italiano da disquisizioni
politiche, sociali ed assistenziali.
Fu dunque, per dirla con le parole di Lyttelton, tramite la “crescente
irregimentazione delle attività del tempo libero”3 che la politica fascista
cercò di esercitare maggiore influenza sulle classi popolari. Pertanto, ancor
oggi, il problema di una approfondita analisi della “più larga delle
organizzazioni fasciste”4 presenta un notevole interesse storiografico: non
solo per l’importanza del fenomeno in sé considerato, ma anche e soprattutto
per le attività e finalità nelle quali gli iscritti al Dopolavoro si trovarono
coinvolti.
3 A. Lyttelton, La conquista del potere. Il fascismo dal 1919 al 1929, Bari, Laterza, 1974,
pp. 644-646. 4 P. Togliatti, Lezioni sul fascismo. Corso di quindici lezioni tenute da Togliatti alla
sezione italiana della Scuola Leninista di Mosca sul tema “Gli avversari”, Roma, Editori
Riuniti, 1972, p. 97. Togliatti continua precisando che “il Dopolavoro non è stato sempre
numericamente l’organizzazione più larga del fascismo, ma lo è stato per gli scopi che
esso si propone, per le origini, per le sue forme di organizzazione”.
4
***
La nostra ricerca si è limitata allo studio dell’attività dopolavoristica
svolta nel ristretto ambito della sola provincia di Teramo. Se ha dunque il
difetto, sotto molti aspetti, di non essere rappresentativa delle funzioni svolte
dall’Ond su scala nazionale, ha però il vantaggio di costituire un’analisi
particolareggiata, resa possibile dall’ampio spazio che la pubblicistica locale
dedicò a questa istituzione. Inoltre, nel Dopolavoro teramano è possibile
riscontrare indicazioni su tendenze più vaste ed anche individuare alcune
caratteristiche significative, che permettono di presentarlo come un esempio
concreto di come e quanto il regime operò tramite questa istituzione e
condizionò i vari aspetti della vita sociale.
Al fine di agevolare la comprensione delle vicende dopolavoristiche
provinciali, si è ritenuto opportuno dedicare la prima parte di questa tesi alla
storia del Dopolavoro (dalle sue origini nei piani dei sindacalisti fascisti per
organizzare il mondo del lavoro, fino alla sua elevazione ad ente morale ed al
suo costituirsi in apparato maturo del potere dello stato) ed alla sua struttura
organizzativa, rigidamente centralizzata e verticistica.
Nella seconda parte, invece, si è ricostruita l’attività svolta dal
Dopolavoro in provincia, dalle sue origini (1927-1928) fino agli anni ritenuti
del maggior consenso (1935-1937). Nella sua compilazione ci si è imbattuti
5
nel problema della relativa scarsità delle fonti di riferimento, problema che è
comune a tutte le ricerche che sino ad oggi hanno interessato tale istituzione.
Alla mancanza dei documenti relativi all’amministrazione centrale e
periferica dell’Ond Vittoria De Grazia ha tentato di dare una spiegazione.
“Non occorre pensare a nessuna cospirazione per spiegarne la perdita”: più
semplicemente la ragione va ricercata nella scarsa importanza politica che a
tale istituzione gli amministratori del dopoguerra ritennero di dover dare. “Di
conseguenza -continua l’autrice- i documenti di carattere locale furono nella
maggior parte dei casi confinati letteralmente nella pattumiera della storia;
oppure data la grave penuria di carta verificatasi negli anni dell’immediato
dopoguerra, venivano riciclati”.5 Per ciò che concerne il materiale
sull’attività svolta dal nostro Dopolavoro provinciale, si è comunque riusciti
a sopperire alla mancanza di documenti d’archivio, soprattutto grazie
all’ampio spazio che “Il Solco”, portavoce ufficiale della Federazione
fascista di Teramo, dedicò alle organizzazioni di massa del regime in
generale e, in particolare, al Dopolavoro.
Nel primo capitolo di questa parte abbiamo cercato di dare una
collocazione temporale all’istituzione a Teramo del Direttorio provinciale del
5 V. De Grazia, Consenso e cultura di massa nell’Italia fascista. L’organizzazione del
dopolavoro, Roma-Bari, Laterza, 1981, pp. 335-336
6
Dopolavoro. Il confronto fra due articoli pubblicati su “Il Solco”,
rispettivamente nel settembre del 1927 e nel febbraio del 1928, nonché
l’esame di un documento datato dicembre 1927, rinvenuto presso l’Archivio
di Stato, ci hanno consentito di supporre che la Federazione provinciale
fascista di Teramo abbia iniziato a muovere i primi passi verso
l’organizzazione dopolavoristica proprio in quel periodo.
Nei capitoli successivi è stata, invece, cronologicamente ripercorsa
l’evoluzione seguita in provincia da questa istituzione, attraverso la
descrizione dettagliata delle attività e delle manifestazioni promosse in
ciascuno dei settori che rientravano nella sua sfera di competenza e mettendo
in risalto le novità che anno dopo anno venivano inserite nei programmi
ricreativi dei dopolavoristi teramani.
La ricerca si chiude, quindi, con un breve capitolo conclusivo nel quale
vengono messi a confronto i dati statistici sull’organizzazione
dopolavoristica provinciale relativi al 1931 e al 1937 (gli unici abbastanza
completi di cui tramite “Il Solco” disponiamo).
Tali informazioni evidenziano chiaramente che nel corso di questi sei
anni l’Ond raggiunse in provincia una maggiore complessità organizzativa.
Nonostante le difficoltà e le lentezze, dovute al carattere prettamente agricolo
della nostra provincia, l’Ond riuscì a non tralasciare alcun settore
7
d’intervento: progressivamente, anno dopo anno, si passò dalla musica al
teatro, dalla radio al cinema, dalle escursioni ai viaggi all’estero, dai giochi
popolari come la “volata”, le bocce e il tiro alla fune, a sport elitari come il
nuoto e la scherma. Per quanto riguarda il numero degli iscritti e delle
sezioni, si registrò invece una situazione di stasi, che venne comunque
egregiamente superata nel 1940, quando il numero dei tesserati arrivò a
7.247, contro gli “oltre tremila” del 1931 ed i 3.888 del 1937.
Tuttavia, dai dati in nostro possesso si evince chiaramente che nella
nostra provincia, così come nelle altre d’Italia, l’Ond polarizzò sempre più
l’attenzione sulle manifestazioni sportive e ricreative, trascurando di contro
le sue possibilità educative e sociali.
Un atteggiamento, questo, che se da un lato contribuì a far lievitare il
numero degli iscritti, dall’altro però -come ha osservato Giovanni Galli-
precluse all’Opera il raggiungimento degli obiettivi politici e ideologici che
il regime le aveva assegnato. “Infatti, -precisa tale autore- oltre alla limitata
diffusione di corsi professionali e di cultura sindacale, l’assenteismo del
dopolavoro nel campo delle “battaglie economiche” o la superficialità con
cui i problemi vennero affrontati, accentuarono la sua incapacità di “educare
il lavoratore e adeguare le sue funzioni e i suoi compiti ai principi dello stato
8
fascista e corporativo””.6
La crescente indifferenza che dal 1936 alla guerra (gli anni ritenuti di
maggior consenso) la maggior parte degli iscritti mostrò nei confronti delle
“opzioni bellicose di Mussolini” costituisce la tangibile prova di questo
sostanziale fallimento.7
La tipologia delle iniziative e delle manifestazioni promosse dal
Dopolavoro era infatti tale da non comportare necessariamente la piena
adesione al fascismo di coloro che vi prendevano parte. “Nella generale
mancanza di luoghi pubblici di incontro, -scrive Vallauri- i locali
dopolavoristici costituivano una delle poche sedi per occasioni di iniziative e
scambi di punti di vista, sia pure per giocare a carte o per ballare o per
ascoltare musica o vedere un film”.8 L’adesione al Dopolavoro nasceva
dunque soprattutto dal desiderio di usufruire delle agevolazioni e dei
vantaggi che offriva e di prendere parte a manifestazioni sportive, teatrali o
musicali altrimenti inaccessibili.
6 G. Galli, Un’organizzazione ausiliaria del Partito Nazionale Fascista: l’O.N.D. in
Provincia di Arezzo, in “Studi Storici”, n. 3, 1973, p. 814-815. 7 Cfr. C. Vallauri, Introduzione a L’utile e il dilettevole. Storia del Dopolavoro a Roma
negli anni Trenta (a cura di E. Bizzarri, P. Luzzato, A. Zanuttini), Roma, Il Ventaglio,
1988, p. 12. 8 C. Vallauri, ivi.
9
“ ... peccato (peccato per lui, s’intende), che il segretario del PNF, che
dell’OND era per statuto il presidente, di questa semplice realtà si rese conto
quando era ormai troppo tardi”.9
9 F. Mazzonis, Storia contemporanea, in “Studi romani”, nn. 3-4, 1992, p. 365.
10
Parte prima
Origini, costituzione, sviluppo e struttura organizzativa dell’O.N.D.
11
Capitolo primo Le varie fasi di sviluppo dell’O.N.D.
1. Introduzione.
Analizzando con uno sguardo d’insieme le varie fasi per le quali
l’organizzazione del dopolavoro è passata, si possono distinguere tre diversi
periodi: un primo di “preparazione”, un secondo di “affermazione” ed un
terzo di “organizzazione concreta” e di “piena efficienza”.10
Durante la prima fase, che va dal 1920 fin verso la fine del 1923, per
iniziativa di pochi volenterosi e con non poche difficoltà dovute ai
contrastanti interessi degli industriali, dei sindacati fascisti e di quelli
socialisti e comunisti, si pone allo studio il problema del miglior impiego
delle ore libere dal lavoro, si richiama l’attenzione pubblica sull’utilità di
un’azione dopolavoristica ai fini dell’educazione del popolo, se ne tracciano
le linee generali, se ne indicano e se ne illustrano i vari aspetti.
Questa fase iniziale, come vedremo più avanti, è in particolare
contraddistinta dall’iniziativa personale dell’ingegnere industriale torinese
10 Per questa distinzione cfr., in particolare, A. Starace, Opera Nazionale Dopolavoro,
Milano, A. Mondadori, 1938, p. 21; E. De Angelis, Che cosa è, che cosa vuole il
Dopolavoro. L’organizzazione in provincia di Pavia, Pavia, Tip. Successori Bizzoni,
1929, pp. 7-8; O.N.D. Bollettino mensile. I primi due anni di attività dell’O.N.D., anno I,
n. 4, aprile 1927, pp. 7-9.
12
Mario Giani il quale, subito dopo la firma dei primi contratti che stabilivano
la giornata lavorativa di otto ore, aveva fondato a Roma un piccolo istituto
attraverso il quale si era proposto di sensibilizzare gli industriali italiani sul
problema del tempo libero degli operai.
Tale controverso periodo di maturazione programmatica si chiude nel
1923, quando la Confederazione delle corporazioni e dei sindacati fascisti,11
assumendo sotto la sua egida l’ufficio di Giani, fece suo il movimento e
“passò a tradurre in pratica la teoria”.12
Nel 1925 con il R.D. del 25 maggio n. 582 (che istituiva l’“Ente
Parastatale Opera Nazionale Dopolavoro”, sotto la presidenza del duca
Emanuele Filiberto D’Aosta), “si passò alla fase di pieno attrezzamento e di
completa efficienza”.13
Con la sua elevazione ad ente morale, il dopolavoro si distaccherà
sempre più dal sindacato per divenire, nel 1927, un’organizzazione ausiliaria
del Pnf, alle sue strette dipendenze.
11 Per uno studio approfondito sulle origini del sindacalismo fascista e i suoi rapporti con
il Pnf, cfr. F. Cordova, Le origini dei sindacati fascisti, Roma-Bari, Laterza, 1974, pp. 42
ss.; R. Sarti, I sindacati fascisti e la politica economica del regime, in “Problemi del
socialismo”, nn. 11-12, settembre-dicembre 1972, pp. 746-765. 12 Così A. Starace, Opera Nazionale Dopolavoro, Milano, 1938, p. 21. 13 Così A. Starace, ivi.
13
2. Il progetto di Mario Giani: “un’invenzione di ispirazione americana”.
Nei paesi più industrializzati, iniziative su larga scala, con forme
articolate di assistenza ai lavoratori, erano già state prese durante la prima
guerra mondiale.
Infatti, lo sforzo produttivistico imposto dalla guerra e, soprattutto
l’aumento dello sfruttamento in seguito all’imposizione dell’orario
continuato ed all’introduzione di forme di organizzazione del lavoro che ne
intensificavano gli aspetti alienanti, avevano comportato sul fattore umano
conseguenze disastrose in termini di resistenza fisica e morale, tali da far
apparire indispensabili agli imprenditori ed agli Stati un intervento sulle
questioni riguardanti la ricreazione della forza lavoro, pena la impossibilità
di mantenere gli alti indici di produttività introdotti con la mobilitazione
dell’industria bellica.14
Finita la “grande guerra”, parallelamente alla più o meno simultanea
14 Cfr. G. Consonni, G. Tonon, Tempo libero e classe operaia tra le due guerre, in
“Hinterland”, nn. 7-8, gennaio-aprile 1979, pp. 60-62. Per quanto riguarda le nuove forme
di organizzazione del lavoro e la conseguente alienazione del fattore umano, cfr. H.
Braverman, Lavoro e capitale monopolistico. La degradazione del lavoro nel XX secolo,
Torino, Einaudi, 1978; C. Carboni, Lavoro e culture del lavoro, Roma-Bari, Laterza,
1991; G. Orsini, Il lavoro operaio nella ricerca sociologica di P.F.G. Le Play, Milano,
Angeli, 1986.
14
conquista delle otto ore, si ebbe in tutto il mondo un fiorire di iniziative
pubbliche e private in tema di attività ricreative: da quelle sorte in Inghilterra
ai nuovi centri sociali degli Stati Uniti, dalle iniziative del Comitè de Forges
de France a quelle dei Krupp in Germania.15
Al contrario di quel che voleva far credere Starace, attribuendo all’Italia
la paternità del movimento dopolavoristico,16 nel nostro paese lo spazio
aperto dalle otto ore aveva inizialmente mostrato una grave carenza in questo
campo.17 Del resto, la situazione politica del primo dopoguerra, caratterizzata
da un acuto scontro sociale culminato nell’occupazione delle fabbriche del
settembre del 1920,18 non era delle più favorevoli alla trattazione dei
problemi relativi all’assistenza dei lavoratori nel tempo libero. Come ha
osservato De Grazia, “il biennio rosso fece sì che la principale
preoccupazione degli industriali italiani fosse il ripristino dell’autorità
amministrativa nell’azienda”: essi ritenevano, inoltre, che ciò potesse
15 Cfr. G. Di Nardo, L’Opera Nazionale Dopolavoro, in AA.VV., La civiltà fascista (a
cura di P.L. Pomba), Torino, Ed. Torinese, 1928, pp. 396-397. 16 Cfr. A. Starace, Opera Nazionale Dopolavoro, Milano, 1938, p. 41. 17 Cfr. G. Consonni, G. Tonon, Tempo libero e classe operaia, cit., p. 62; F. Tintorri,
L’Opera Nazionale Dopolavoro a Milano (1923-39), in “Storia in Lombardia”, n. 2,
1984, p. 69.
15
ottenersi soltanto con una dura repressione, licenziando gli scioperanti,
vietando l’assunzione dei militanti sindacali ed alimentando le tensioni e i
contrasti tra i sindacalisti fascisti e le organizzazioni operaie socialiste.19
Inoltre il movimento operaio, forte della sua tradizione di
associazionismo e mutuo soccorso,20 oppose -come è stato osservato- una
“vigorosa resistenza contro le lusinghe del paternalismo aziendale”.21
18 Relativamente alla conflittualità sociale di quel periodo in Italia, cfr. P. Striano,
L’occupazione delle fabbriche. Settembre 1920, Einaudi, 1964; G. Maione, Il biennio
rosso. Autonomia e spontaneità operaia nel 1919-1920, Bologna, Il Mulino, 1975. 19 Così V. De Grazia, Consenso e cultura di massa nell’Italia fascista. L’organizzazione
del dopolavoro, Roma-Bari, Laterza, 1981, pp. 72-73; l’autrice sostiene che la resistenza
opposta dai datori di lavoro fu sostenuta dal nuovo presidente della Confindustria,
Antonio Stefano Benni. A partire dal gennaio del 1923, sotto la sua direzione, né la
Confindustria, né il suo giornale “Organizzazione industriale”, parlavano in termini
entusiastici delle proposte relative al welfare work o alle oeuvres sociales che negli Stati
Uniti ed in altri paesi d’Europa stavano destando un certo interesse. Sulla figura del
presidente della Confindustria, A.S. Benni, cfr. P. Melogrami, v. Antonio Stefano Benni,
in Dizionario biografico italiano, VII, pp. 558-561; A. Lyttelton, La conquista del potere:
il fascismo dal 1919 al 1929, Laterza, Bari, 1974, pp. 644-645. 20 Sulla posizione del movimento operaio italiano nei riguardi del tempo libero, cfr. G.
Consonni, G. Tonon, Tempo libero e classe operaia, cit., pp. 52-60; Id., Casa e lavoro a
Milano. Dalla fine dell’Ottocento al fascismo, in “Classe”, n. 14, ottobre 1977, pp. 165-
259; A. Baldi, Il Dopolavoro strumento di propaganda del fascismo, in “La Toscana nel
regime fascista (1922-1939), Convegno di studi promosso dall’Unione Regionale delle
Province Toscane, dalla Provincia di Firenze, e dall’Istituto Storico per la Resistenza in
Toscana”, Firenze, Leo S. Olschki Editore, 1975, pp. 636-637. 21 Così V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., p. 73.
16
Il precursore del dopolavoro italiano, colui che si fece portavoce della
necessità di creare anche in Italia una organizzazione che si occupasse del
tempo libero dei lavoratori, fu l’ingegner Mario Giani, un ex dirigente della
filiale della Westinghouse Corporation di Vado Ligure.
Giani, avendo studiato negli Stati Uniti,22 si era proposto -come visto in
precedenza, di far conoscere- attraverso il suo istituto fondato a Roma nel
1919, le soluzioni che al problema delle ore libere erano state date nei paesi
industriali più avanzati. L’ispirazione della sua iniziativa era dunque, per
dirlo con le parole di De Grazia, “apertamente americana”.23
Le attrezzature ricreative che l’ingegnere proponeva “non erano altro
che un aggiornamento dei servizi tipo “dalla culla alla tomba” incoraggiati in
tutta la storia del paternalismo aziendale, da quelli realizzati a New Lenark
da Robert Owen al Sociology Departement di Henry Ford”.24
Il suo modello per l’organizzazione dei servizi sociali nell’industria,
22 Per la biografia di Giani, cfr. V. De Grazia, The politics of leisure; the dopolavoro and
the organization of workers’ spare time in fascist Italy, Dipartimento di storia, Columbia
University, 1976, pp. 28-31. De Grazia specifica che i cenni biografici su Giani si fanno
scarsi a partire dal momento in cui cadde in disgrazia sotto il fascismo. Per quanto
riguarda la sua formazione prefascista cfr. L. Pezzoli, Una lunga fatica e una bella
vittoria, in “La Stirpe”, n. 6, giugno 1925, p. 371. 23 V. De Grazia, La taylorizzazione del tempo libero operaio nel regime fascista, in
“Studi storici”, n. 2, 1978, p. 332. 24 Così V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., p. 31.
17
concepito come parte integrante del processo di produzione, avrebbe dovuto
abituare i lavoratori “alla disciplina dell’industria di massa, cementando nel
contempo la loro lealtà all’azienda”.25
Nell’intento di creare un termine che indicasse il tempo libero derivante
dalla riduzione della giornata lavorativa e, insieme, i mezzi con i quali
utilizzarlo in maniera socialmente utile, Giani stesso coniò il neologismo
“dopolavoro”.26
Dal momento che in Italia il dopolavoro, per essere accolto e
incoraggiato dalle classi dominanti, doveva rispondere a precisi requisiti di
convenienza economica, Giani, al fine di promuovere il suo progetto, rivolse
espliciti appelli all’egoismo manageriale: “Il dopolavoro -scrive Giani nei
suoi Quaderni del Dopolavoro- è lo strumento ideale per manutenzione della
forza lavoro”: il maggior benessere del personale avrebbe cioè agito
favorevolmente sul suo rendimento, così come le cure prodigate nella
manutenzione dell’attrezzatura meccanica, tendevano a migliorare il
complesso della produzione.27
Malgrado queste opportunistiche affermazioni, Giani non riuscì, però,
25 Così V. De Grazia, La taylorizzazione, cit., p. 332 26 Cfr. V. De Grazia, ivi. 27 Cfr. M. Giani, Quaderni del Dopolavoro: il Dopolavoro nelle industrie, II, Roma,
1925, p. 1.
18
né a suscitare l’interesse degli industriali, né ad ottenere l’appoggio
dell’ultimo governo Giolitti.28
Il progetto di Giani, e la sua instancabile propaganda condotta per
mezzo del suo giornale “Il Dopolavoro”,29 trovarono invece degli ascoltatori
attenti nei sindacalisti fascisti.
La Confederazione delle corporazioni e dei sindacati fascisti -in cerca di
proposte che, sotto l’apparenza di intensificare l’efficienza manageriale,
fornissero nello stesso tempo alcuni vantaggi concreti per la manodopera e,
quindi, rendessero più attraente il suo programma- vide nelle idee di Giani la
soluzione più idonea allo scopo: opportunamente riveduto, il suo progetto
avrebbe dato ai sindacati fascisti la possibilità di accattivarsi la simpatia
degli imprenditori e di battere finalmente la concorrenza socialista e
28 Cfr. L. Pezzoli, Una lunga fatica, una bella vittoria, cit., p. 371; secondo Pezzoli,
l’incontro tra Giani e Giolitti, nei primi del 1921, si dimostrò infruttuoso: il primo
ministro liberale dichiarò inattuabile il progetto di Giani, sostenendo che le risorse
finanziarie dello Stato erano troppo limitate e che, in ogni caso, i socialisti si sarebbero
fermamente opposti a qualsiasi ingerenza del governo nel tempo libero dei lavoratori. 29 “Il Dopolavoro”, rivista quindicinale, fu fondato da Giani nel febbraio del 1923, con
apporti finanziari privati; nel dicembre del 1923, venne assorbito dal mensile sindacale
“La Stirpe”: lo stesso titolo venne usato per una nuova serie, che va dal 1° gennaio 1926
all’8 febbraio 1929, come pure per un’edizione pubblicata a Vicenza all’epoca della
Repubblica di Salò, dalla fine del 1943 al principio del 1945: cfr., in merito, V. De
Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., pp. 31 e 293.
19
comunista, non ancora del tutto eliminata nelle fabbriche.30
Il 5 maggio 1923, la Confederazione, sotto la guida dell’ex sindacalista
rivoluzionario Rossoni, approvò formalmente il progetto di Giani,
costituendo al suo interno l’Ufficio centrale del Dopolavoro.31
Così come il suo istituto, anche Giani fu incorporato nella Cnsf,
diventando condirettore, insieme al sindacalista Casalini, del nuovo mensile
“La Stirpe”.32
Dunque, se “come idea il dopolavoro fu un’invenzione di ispirazione
americana di un riformatore tecnocratico”, come istituzione doveva le sue
origini “unicamente all’opportunismo politico delle organizzazioni sindacali
del movimento fascista”.33
30 Cfr. V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., pp. 31 e 29; Id., La
taylorizzazione, cit., p. 333; F. Tintorri, L’Opera Nazionale Dopolavoro a Milano, cit.,
pp. 69-70. 31 Cfr. F. Tintorri, L’Opera Nazionale Dopolavoro a Milano, cit., p. 70; V. De Grazia,
Consenso e cultura di massa, cit., p. 32. 32 Cfr. E. Rossoni, Per il Dopolavoro, in “Il Dopolavoro”, 5 maggio 1923; M. Giani, Gli
orizzonti del Dopolavoro, in “La Stirpe”, n. 12, dicembre 1923, p. 39; A. Starace, Opera
Nazionale Dopolavoro, Milano, 1938, p. 21. 33 Così V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., p. 29.
20
3. Dall’Ufficio centrale del Dopolavoro all’Opera Nazionale Dopolavoro.
Durante questa seconda fase di sviluppo del movimento
dopolavoristico, Giani ritoccò rispettosamente la sua idea per meglio
adeguarla ai piani dei sindacalisti fascisti, interessati -come si è detto- a
costruirsi un seguito tra i lavoratori ed a conquistarsi nel contempo le
simpatie degli industriali.
Ponendo le basi del suo “nuovo dopolavoro” più sul piano della
“organizzazione” che della “amministrazione”, egli ne trasformò l’immagine
da quella di ufficio del personale a quella di circolo sindacale o di “centro di
elevazione”.
Non dovendo più essere aggregato ad una ditta, questo poteva essere il
centro ricreativo ed istruttivo di un’intera comunità o di un intero quartiere e
si sarebbe autofinanziato sostenendosi con le quote d’iscrizione e i contributi
provenienti dai benefattori.34
Giani impresse all’attività dopolavoristica un carattere tecnocratico e,
insieme, paternalistico:35 il momento educativo veniva esaltato in funzione di
34 Cfr. M. Giani, Il problema del lavoro, in “Il Dopolavoro”, 8 marzo 1923. 35 De Grazia osserva che, nella sua “versione sindacalista”, il progetto di Giani si mise in
luce come una specie di centro ricreativo che, pur non avendo una forma diversa dal
21
una sorta di riscatto sociale, per togliere i lavoratori “dalle pastoie di un
avvilente automatismo [...] e dallo stato d’infelicità che ebbero a soffrire per
tanto tempo in seno al moderno regime industriale”.36 Si invitavano, perciò, i
vari dopolavoro ad aprire biblioteche e si insistette sul valore educativo,
accanto al momento di svago e di evasione, delle gite operaie organizzate.
Lo scopo definitivo, in sostanza, era quello di convincere la classe
operaia all’idea che avrebbe conseguito la sua emancipazione “non
attraverso la lotta contro il capitalismo, ma per via del miglioramento
individuale”.37
Ma, nonostante gli accorgimenti di Giani e l’egida del sindacato
fascista, i circoli dopolavoristici sorti durante questo periodo, non
riusciranno ad attrarre né l’attenzione degli operai, né tantomeno quella degli
industriali: i lavoratori, dovendo scegliere, rimasero fedeli ai loro tradizionali
posti di ritrovo i quali, “a dire il vero, dimostrarono di avere più capacità di
recupero di quanto i sindacalisti fascisti avevano previsto”;38 i datori di
tradizionale circolo operaio, recava ancora “la netta impronta dei suoi precedenti
industriali anglo-americani”: cfr. V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., p. 32. 36 Così M. Giani, I dirigenti sindacali e il Dopolavoro, in “La Stirpe”, n. 2, febbraio
1924, p. 134. 37 Così M. Giani, Il problema del lavoro, cit. 38 Così V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., pp. 35-36. Addirittura De Grazia
ha rilevato che, nel 1923, il numero delle associazioni culturali e ricreative della sinistra
22
lavoro, ancora scossi dal “biennio rosso” e, quindi, interessati a ripristinare
l’autorità dirigenziale all’interno delle fabbriche, erano sempre più decisi a
stroncare alla base qualsiasi forma di organizzazione sindacale.39 Di
conseguenza, dopo il fallimentare risultato conseguito dai sindacalisti alle
elezioni del 6 aprile 1924 (alla Camera dei deputati vennero infatti eletti
solamente ventidue sindacalisti su un totale di 374 seggi da attribuirsi) e
successivamente alla crisi seguita all’uccisione di Matteotti, avvenuta ad
opera dei fascisti nel giugno dello stesso anno, i dirigenti della Cnsf, con un
improvviso cambiamento della loro iniziale posizione di autonomia nei
confronti dell’apparato statale, cominciarono a pretendere che il governo
sopprimesse completamente il movimento sindacale antifascista e
promulgasse leggi che regolassero la loro posizione all’interno dello Stato.40
Nel novembre del 1924, Rossoni presentò formalmente a Mussolini una
deliberazione approvata dal consiglio di amministrazione della Cnsf, con cui
si chiedeva al governo di istituire un ente nazionale del dopolavoro. Il primo
rivoluzionaria era aumentato dal momento che i militanti antifascisti, divenuti più
sensibili alla domanda proletaria in fatto di sport e interessati a dare un mascheramento
apolitico alle loro riunioni, istituirono, in diverse cittadine, un certo numero di circoli
sportivi e di società escursionistiche. 39 Cfr. V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., p. 37. 40 Cfr. F. Cordova, Le origini dei sindacati fascisti, cit.; A. Lyttelton, La conquista del
potere, cit., pp. 309-310; V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., pp. 34, 38, 39.
23
maggio dell’anno successivo, il governo -che da sempre aveva guardato
l’istituzione con grande interesse-41 aderì ufficialmente alla richiesta
istituendo con R.D. n. 582 l’“Ente Parastatale Opera Nazionale Dopolavoro”,
la cui presidenza fu assegnata, per i primi due anni, ad Emanuele Filiberto,
duca d’Aosta.42
I dirigenti sindacali, con i loro ripetuti appelli al governo affinché desse
un appoggio al Dopolavoro, ritenevano che un ente governativo,
sopprimendo definitivamente la concorrenza antifascista e legittimando il
dopolavoro agli occhi delle classi dominanti, avrebbe completato per ogni
verso i loro sforzi organizzativi. Essi presumevano, inoltre, che il governo
avrebbe continuato a fare affidamento sulle loro capacità gestionali e che le
41 Come ha osservato Carlo Vallauri, “un organismo non politicizzato, in grado di
raccogliere lavoratori, costituiva un boccone ghiotto per chi meditava di pervenire alla
soppressione di libere forme organizzative”: cfr. C. Vallauri, Introduzione a L’utile e il
dilettevole. Storia del Dopolavoro a Roma negli anni Trenta (a cura di E. Bizzarri, P.
Luzzato, A. Zanuttini), Roma, Il Ventaglio, 1988, p. 9. 42 Secondo De Grazia (Consenso e cultura di massa, cit., pp. 40-41), la designazione di
Emanuele Filiberto, cugino del Re, servì a Mussolini per dimostrare il carattere apolitico
dell’Ente, la cui tessera poteva essere elargita anche ai non iscritti al Pnf. Vallauri
(Introduzione a L’utile e il dilettevole, cit., p. 9) osserva che la suddetta designazione,
“considerato l’invitto -come recano i giornali del tempo- comandante della III Armata”,
dimostra l’esistenza di un legame che univa “l’organismo creato per consentire uno svago
ai lavoratori e quelle che sono le esigenze derivate dall’atmosfera generata nel paese dalla
guerra”.
24
sezioni locali sarebbero rimaste sotto il loro controllo.43
In realtà, è stato osservato che, con la costituzione dell’Ond e con la sua
elevazione ad ente morale, la gestione del dopolavoro si staccherà sempre
più dal sindacato, per divenire nel 1927 (anno in cui Turati fu designato a
succedere ad Emanuele Filiberto d’Aosta), “un’organizzazione
fiancheggiatrice in piena regola del Partito fascista” e, nel 1930 (anno in cui
Starace successe a Turati in qualità di commissario straordinario),
“un’organizzazione dipendente dal partito e direttamente responsabile nei
confronti del suo segretario”.44
43 Cfr. F. Cordova, Le origini dei sindacati fascisti, cit., p. 403. 44 Così V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., pp. 46 e 63. Il medesimo
concetto è formulato da F. Tintorri, L’Opera Nazionale Dopolavoro a Milano, cit., p. 70.
25
4. Il Partito assume il controllo. Il passaggio, nel 1927, del movimento dopolavoristico alle dirette
dipendenze del Pnf segnò l’inizio di una nuova fase del suo sviluppo. Il
Dopolavoro venne ad assumere, infatti, una dimensione territoriale più ampia
ed una diversificazione categoriale più articolata: ai circoli operai espropriati
ai socialisti (da cui traevano origine la maggior parte delle sezioni costituite
nel quinquennio precedente), si aggiunsero gruppi ricreativi sovvenzionati
dai datori di lavoro45 e circoli sociali sorti direttamente sotto gli auspici
dell’Ond nella pubblica amministrazione (Dopolavoro statali), nei quartieri
urbani e nelle zone rurali (Dopolavoro rurali).46
45 Infatti, l’immagine dell’Ond promossa dal governo, di un’organizzazione “apolitica” e,
soprattutto, “produttivistica”, unita alla “regale protezione”, persuase le classi dominanti
ad abbandonare la loro originale posizione refrattaria: cfr. V. De Grazia, Consenso e
cultura di massa, cit., pp. 42-43 e 79. Inoltre, il fascismo aveva garantito ai principali
gruppi industriali e finanziari una pressoché totale autonomia d’azione, accresciuta dalla
soppressione della libertà sindacale e dal drastico ridimensionamento del ruolo degli
stessi sindacati fascisti. Verso la fine del 1928, infatti, con il c.d. sbloccamento, la
Federazione unica dei sindacati fascisti fu sciolta per essere sostituita da sei
confederazioni settoriali, che avevano come potente interlocutore la Confederazione degli
industriali, rimasta unitaria: cfr. C. Capra, G. Chittolini, F. Della Peruta, Corso di storia.
L’Ottocento e il Novecento, Firenze, Le Monnier, 1993. 46 All’ottobre 1935, l’Ond era la più grande organizzazione per adulti del regime fascista
e quella socialmente più diversificata. Con 2.376.000 aderenti, la sua composizione era
preminentemente urbana (76%): erano in primo luogo registrati i lavoratori manuali
(66%), distinti dagli impiegati. I dopolavoristi erano operai dell’industria (38%),
26
Per giunta, i nuclei dopolavoristici assunsero in questo periodo
caratteristiche ben diverse da quelle loro afferenti negli anni 1926-27, un
periodo cioè in cui tali nuclei non rientravano ancora nel programma di una
vasta organizzazione di massa. A partire dal 1927, consolidatosi ormai il
fascismo al potere, verrà dato maggiore risalto alle attività sportive, alle
manifestazioni ginniche, alle parate, alle gite, a scapito dell’impegno
educativo, culturale, di prevenzione sanitaria, ossia di tutto ciò che
qualificava l’attività assistenziale del Dopolavoro.47
Se per tutto il tempo in cui Turati rimase in carica, gli originari obiettivi
tecnocratici del Dopolavoro furono (almeno in parte) mantenuti, con Starace
l’elemento qualificante del programma dell’Opera diverrà lo svago.
L’Ond, trovandosi alle soglie del 1930 nella necessità di organizzare il
tempo libero dei lavoratori, reso disponibile non più solo dalla ridotta
contadini (23%), dipendenti del commercio (9%), dei trasporti (5%) e della pubblica
amministrazione (25%). Inoltre, risultavano affiliati 19.966 gruppi locali, dei quali forse
un terzo di origine prefascista: cfr., in merito, O.N.D. Bollettino Ufficiale, n. 10, ottobre
1935, prot. n. 61301; Annuario dell’O.N.D. 1937. Diagrammi statistici, Roma, 1937;
Annuario Statistico Italiano 1938, Roma, 1938, p. 243. 47 Emblematico è, al riguardo, il fatto che Starace nel suo libello sui programmi dell’Ond
del 1933 (L’Opera Nazionale Dopolavoro, Roma, 1933, p. 94) dedicò solamente tre
pagine all’istruzione tecnica, a fronte delle venticinque assegnate allo sport.
Nell’annuario del 1938 (Annuario dell’O.N.D. 1938, Roma, 1938), un manuale di 253
27
settimana lavorativa, ma anche da un grave disagio economico
(disoccupazione, generale adozione dell’orario ridotto), non poteva più
abbindolare i lavoratori ricordando loro la nobile condizione sociale di
produttori dello “stato corporativo”. Altro non rimaneva, invece, che
sfruttare al massimo le potenzialità dell’Ente in campo ricreativo, allo scopo
di distogliere l’operaio dall’opposizione politica agli indirizzi economici del
regime.48
Così facendo, il Dopolavoro avviò i lavoratori cittadini e, in una certa
misura, anche gli agricoltori, ai minuti piaceri del divertimento di massa, dai
pattini a rotelle alle feste da ballo, dal canto corale al turismo. Come è stato
osservato, dunque, il fascismo “se non fu l’inventore del dopolavoro, ne
sfruttò appieno le potenzialità, portandone alle estreme conseguenze
l’organizzazione per scopi politici di propaganda di irregimentazione e
mobilitazione di massa”.49
pagine dedicate alle varie attività gestite dal Dopolavoro, sono soltanto sette le pagine
dedicate all’assistenza ed alla previdenza sociale. 48 Cfr. R. De Felice, Mussolini il Duce. Gli anni del consenso, 1929-1936, I, Torino,
1974, pp. 198-199; V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., pp. 48-67. 49 Così F. Tintorri, L’Opera Nazionale Dopolavoro a Milano, cit., p. 71.
28
Capitolo secondo L’organizzazione tecnico-amministrativa
dell’O.N.D.
1. La Direzione centrale. La struttura organizzativa dell’Ond, riprodotta nello schema sottostante,
era rigidamente centralizzata, in perfetto stile fascista.
A partire dal 1927, i poteri della Direzione centrale, in precedenza
ripartiti tra presidente, consigliere delegato, direttore generale e consiglio
d’amministrazione,50 furono attribuiti in via esclusiva ad un commissario
straordinario, coadiuvato da un direttore generale responsabile, di fronte al
primo, dell’andamento tecnico e amministrativo.51
La Direzione centrale era suddivisa nei seguenti servizi:
a) Servizio organizzazione;
b) Servizio sportivo;
c) Servizio escursionistico;
d) Servizio educazione artistica (con sottosezioni per la musica, il
cinema e la radio) e cultura popolare (suddivisa in “cultura propriamente
detta” e “folklore”);
e) Servizio assistenza;
50 Cfr. artt. 2-9, Statuto dell’O.N.D., in “Il Dopolavoro”, 10 gennaio 1926, p. 4.
29
f) Servizio amministrativo.
In collaborazione con questi uffici funzionavano alcune Commissioni
centrali (sport, musica, filodrammatica, ecc.), aventi carattere esclusivamente
tecnico-consultivo e costituite da persone particolarmente esperte nelle
branche di attività sopra menzionate.52
51 Così R.D. 7 maggio 1927, n. 516. 52 Cfr. E. De Angelis, Che cosa è, che cosa vuole il Dopolavoro, cit., pp. 20-21; O.N.D.
Realizzazioni e sviluppo dell’O.N.D., Istituto Grafico Bertello, Borgo S. Dalmazzo, 1933,
p. 13. Per quanto riguarda l’attività delle Commissioni centrali, cfr. O.N.D. Bollettino
mensile. I primi due anni di attività dell’O.N.D., cit., pp. 9-10.
30
Figura 1. La struttura organizzativa dell’Ond.
Servizioamministrativo
Serviziosportivo
Servizioescursionistico
Segretario generale uffici centrali
Servizioed. artistica
Servizioassistenza
Servizioamministrativo
Segretario generale amministrativo
Direttore generale
Commissario straordinario
Dopolavoro comunalipropriamente detti
Dopolavoro aziendali Associazioni dipendenti
Direttorio comunaleDopolavoro comunale
Direttorio provincialeDopolavoro provincialeCommissioni tecniche
31
2. Gli Uffici esecutivi periferici (Dopolavoro provinciali). Dipendevano dalla Direzione centrale gli Uffici esecutivi periferici,
meglio conosciuti come Dopolavoro provinciali.
Questi erano presieduti da un Direttorio provinciale, del quale facevano
parte, a norma della circolare 28 maggio 1927, i rappresentanti dei datori di
lavoro, dei lavoratori e delle associazioni autorizzate dei dipendenti dello
Stato e di altri enti pubblici. Presidente del Direttorio provinciale era di
diritto il segretario federale del Pnf, coadiuvato da un segretario scelto
direttamente dalla Direzione centrale (in casi eccezionali poteva essere
nominato dal segretario federale, con la successiva ratifica della Direzione
centrale).
Il compito del presidente del Dopolavoro provinciale era di carattere
tecnico-amministrativo: corrispondeva con la Direzione centrale e dava
esecuzione alle proposte ed alle disposizioni da questa emanate, manteneva i
rapporti con gli uffici statali e con i rappresentanti delle diverse
confederazioni, sollecitandone, se del caso, la collaborazione.53
Della organizzazione dopolavoristica provinciale, faceva infine parte la
Commissione tecnica provinciale, composta dai direttori tecnici provinciali
per ciascuna branca di attività (sport, escursionismo, cultura popolare,
53 Cfr. E. De Angelis, Che cosa è, che cosa vuole il Dopolavoro, cit., p. 21.
32
cinematografia, radiofonia, ecc.).
La designazione dei direttori tecnici era rimessa al presidente del
Direttorio provinciale; la Direzione centrale si riservava la ratifica. Essi
esercitavano il potere consultivo in seno al Direttorio provinciale e
predisponevano il programma da svolgere nel settore di interessi di loro
competenza il quale, dopo l’approvazione da parte del Direttorio provinciale,
veniva dagli stessi posto in esecuzione.54
54 Cfr. O.N.D. Bollettino Ufficiale: Scopi e Organizzazione, anno I, n. 1, gennaio 1927; E.
De Angelis, Che cosa è, che cosa vuole il Dopolavoro, cit., p. 22.
33
3. I Dopolavoro comunali. Nei comuni l’attività delle diverse sezioni del Dopolavoro era diretta e
coordinata di diritto dai segretari politici dei Fasci, “vigili e fedeli esecutori
dei Dopolavoro Provinciali ai quali soltanto devono riferire”.55
Soltanto in casi eccezionali i segretari politici potevano delegare, sotto
la loro personale responsabilità, altre persone per la gestione dell’attività
dopolavoristica. Il segretario politico ricopriva la carica di presidente del
Direttorio del Dopolavoro comunale, costituito per legge dal segretario
politico del Fascio, dal segretario del comune, da un medico del comune, da
un insegnante elementare, dalla fiduciaria del Fascio femminile, da un
fiduciario comunale dell’Organizzazione sindacale dei datori di lavoro, da
un fiduciario dell’Organizzazione sindacale dei lavoratori, dal direttore
della Sezione della Cattedra ambulante di agricoltura, da un rappresentante
della Milizia forestale.
Il presidente del Dopolavoro comunale era tenuto a trasmettere l’elenco
nominativo dei membri chiamati a comporne il Direttorio al presidente del
Dopolavoro provinciale, per la necessaria ratifica e si riservava la facoltà di
fare appello “alla disciplinata e volenterosa collaborazione di altri elementi
stimati necessari per il buon funzionamento del Dopolavoro comunale”;
55 Così E. De Angelis, Che cosa è, che cosa vuole il Dopolavoro, cit., p. 22.
34
questi collaboratori, tuttavia, non potevano far parte del Direttorio.56
56 Per le notizie relative all’organigramma e alla distribuzione funzionale dei membri dei
Dopolavoro comunali, cfr. O.N.D. Bollettino Ufficiale, n. 7, settembre 1929, prot. n.
31148.
35
Parte seconda
Attività e manifestazioni del Dopolavoro in provincia di Teramo.
36
Capitolo primo L’attività relativa agli anni 1927-28.
L’esordio del Dopolavoro in provincia.
La ricognizione de “Il Solco”, organo ufficiale del fascismo teramano,57
testimonia una limitata presenza dell’attività dopolavoristica nella provincia
fino agli inizi degli anni Trenta.
In vero, su questo autorevole foglio provinciale, le prime notizie
relative al Dopolavoro compaiono solo nel 1927, anno che segna il passaggio
dell’Ente alle dirette dipendenze del Partito nazionale fascista (Pnf).58
Fondamentali, al fine di una collocazione temporale -sia pure
approssimata- della istituzione a Teramo del Direttorio provinciale dell’Ond,
sono due articoli pubblicati su “Il Solco” rispettivamente il 18 settembre
57 Questo periodico, pubblicato dal 1921 al 1943, “costituisce una delle principali fonti di
informazione per la provincia di Teramo durante tutto l’arco del regime fascista. Fin dal
1921 aggiunge al sottotitolo quello di organo dei Fasci di Combattimento. A partire dal
1922 diviene portavoce ufficiale della Federazione Fascista. Nel dicembre del 1926, quasi
certamente in rapporto a dissidi interni connessi alle vicende che portarono alla
costituzione della provincia di Pescara, il giornale subisce una interruzione. Riprende le
pubblicazioni [...] nell’agosto 1927. Nel novembre 1932, in ottemperanza a disposizioni
date in conseguenza della guerra d’Etiopia, il settimanale si trasforma in “Foglio
d’Ordine” della Federazione dei Fasci di Combattimento di Teramo”: così L. Ponziani,
Due secoli di stampa periodica abruzzese e molisana, Teramo, Interlinea, 1990, p. 161. 58 Cfr. F. Tintorri, L’Opera Nazionale Dopolavoro a Milano, cit., p. 70.
37
1927 e il 12 febbraio 1928.
Il primo, firmato da Giacomo Franchi (che nel giro di pochi mesi sarà
nominato vicepresidente del Direttorio provinciale dell’Ond), dimostra che la
provincia di Teramo non poté usufruire delle “belle, sane, ricreatrici
iniziative curate dall’O.N.D.” fino al giorno in cui il numero de “Il Solco”,
che ospita in prima e seconda pagina l’articolo, fu pubblicato.
Il cronista inizia riferendo “lo scopo supremo” di questa “grandiosa
opera”, ossia “l’elevazione spirituale delle classi lavoratrici” e continua
spiegando i motivi della sua istituzione:
In passato, quando l’operaio lavorava dieci, dodici ore al giorno e
anche più, non aveva la possibilità materiale di dedicarsi ad occupazioni
che ne elevassero la mente ed il cuore. Solo la provvida recente legge, con
cui il nostro Paese, primo fra tutti, ha riconosciuto il diritto alle otto ore di
lavoro giornaliero, ha reso possibile lo sviluppo della benefica istituzione,
perché lascia al lavoratore largo margine di tempo che egli, assai meno
affaticato per la minor durata del lavoro, può più facilmente dedicare al
progresso dell’anima sua.
Nella pagina successiva, Franchi dopo averci fornito un quadro sulle
“prolifiche” attività dopolavoristiche del Nord Italia, conclude l’articolo
esortando i fascisti teramani ad attivarsi affinché:
38
...anche nella nostra Provincia il Dopolavoro con tutte le sue benefiche
iniziative sorga e s’affermi vittoriosamente; anche la nostra Città e i nostri
borghi, popolati da una gente sobria, sana, operosa, ma ancora troppo
chiusa di mente e angusta di spirito, abbiano i loro centri di ritrovo e di
serena letizia educatrice, liberatrice!59
L’articolo del 12 febbraio 1928 è, in realtà, un comunicato dell’Ente
provinciale dell’Ond di Teramo datato 30 gennaio 1928.60 Esso contiene le
prime concrete ed utili informazioni per la nostra ricerca.
Innanzitutto, messo a confronto con l’articolo precedente, ci consente di
supporre che la Federazione provinciale fascista teramana abbia cominciato a
muovere i primi passi verso l’organizzazione dopolavoristica tra la fine del
1927 e i primi mesi del 1928.61
59 G. Franchi, Una istituzione tipicamente fascista: il Dopolavoro; in “Il Solco”, 18
settembre 1927, pp. 1-2. 60 Opera Nazionale Dopolavoro. Ente Provinciale di Teramo, in “Il Solco”, 12 febbraio,
1928, p. 2. Il comunicato è a firma del presidente del Direttorio provinciale dell’Ond
comm. Antonio De Flaviis e del prof. Giacomo Franchi, vicepresidente. 61 Ad ulteriore conferma della nostra supposizione, ci sembra interessante far notare che
negli Abruzzi il numero degli iscritti all’Ond aumentò considerevolmente proprio
nell’arco di tempo compreso tra il 1927 e il 1928. Nel 1927, risultavano infatti essere
iscritti all’Ond 1.126 lavoratori che, nel 1928, diventarono 14.071; si registrò, quindi, un
incremento di 12.945 unità che, in questa regione, non ebbe più modo di verificarsi: cfr.,
in proposito, I primi cinque anni di attività dell’Opera Nazionale Dopolavoro - 1926-
1930, Roma, 1931, p. 197.
39
Il comunicato esordisce, infatti, con queste testuali parole:
L’organizzazione dopolavoristica nella nostra Provincia, in questi
ultimi giorni, si è ovunque affermata con il più largo ed entusiastico
consenso della massa impiegatizia ed operaia. [...] Tra breve, non appena
saranno ultimate le operazioni di inquadramento, sorgeranno in Teramo,
come in tutti i Comuni della Provincia, istituzioni ed iniziative, che
dimostreranno come l’Opera del Dopolavoro sia un centro poderoso, da
dove la massa, consapevolmente organizzata, trovi nel sollievo dello spirito
la bellezza dell’iniziativa fascista.
Dopo aver esortato tutti i fascisti aventi funzioni direttive di uffici,
associazioni e aziende ad aderire nel più breve tempo possibile, il
comunicato prosegue vietando “nel modo più assoluto di attribuirsi il titolo
di Organizzazione Dopolavoristica, senza il regolare nuovo consenso del
Direttorio Provinciale, che evoca a sé ogni decisione al riguardo”.
A questo punto si rammentano altresì le norme del tesseramento per il
1928 e si segnalano alcune delle innumerevoli ed importanti facilitazioni e
provvidenze a cui la tessera dava diritto. Questa, che veniva accordata a tutti
i lavoratori, a qualunque categoria appartenessero, costava nel 1928 cinque
lire annue e dava la possibilità di usufruire di tutti i vantaggi previsti, di
carattere generale (sconti del 50% per viaggi nelle ferrovie dello Stato e nei
servizi marittimi e lacustri, a favore delle comitive escursionistiche; sconti
40
sul prezzo dei biglietti per manifestazioni teatrali e cinematografiche;
ingresso gratuito ai musei; sconti da parte degli editori sulle forniture di libri
alle biblioteche; agevolazioni speciali in materia di diritti di autore alle
filodrammatiche, società corali e bande musicali) e di carattere individuale,
se in possesso degli appositi tagliandi (riduzioni per cinema, teatri, concerti e
attività sportive).62
Nell’articolo viene, altresì, riportato il contenuto di un manifesto che,
affisso a cura del Direttorio in città e in tutta la provincia, evidenzia le
piccole ma promettenti tappe raggiunte dall’Ente a Teramo:
Cittadini!
Con l’ausilio degli Organi centrali e per l’interessamento vigile e
appassionato del nostro Prefetto S.E. Palumbo, anche nella nostra Provincia
il Dopolavoro, che ha raggiunto altrove uno sviluppo grandioso, ha iniziato
i primi passi sulla via della sua vasta e complessa organizzazione.
Ha il suo Direttorio composto dai Segretari delle locali Federazioni
Sindacali e delle varie Associazioni dei dipendenti dello Stato e presieduto
dal Segretario Federale del Partito che è coadiuvato da un Vice Presidente.
62 Tannenbaum sostiene che lo scopo di queste agevolazioni non era tanto quello di
accordare ai lavoratori come classe speciali privilegi, quanto piuttosto quello di
competere con organizzazioni non fasciste, esistenti soprattutto nell’Italia del Nord, che
offrivano gli stessi svaghi: cfr. Tannenbaum E. R., L’esperienza fascista. Cultura e
società in Italia dal 1922 al 1945, Milano, Mursia, 1974. p. 161.
41
Ha i suoi Direttori Tecnici che guidano e controllano le varie nobili e
belle iniziative sportive, musicali, filodrammatiche, ecc.
Ha incominciata la ricostruzione del glorioso ‘concerto musicale’,
tradizione nobilissima e ormai necessità imperiosa del nostro popolo gentile.
Avrà tra breve una degna Sede negli ampi locali (Piazza Cavour) messi
a sua disposizione dal Podestà del Capoluogo.
Il manifesto termina con un appello ai lavoratori e alle lavoratrici del
teramano, affinché tutti prendano la tessera del Dopolavoro: “che vi dà tanti
diritti e vantaggi immediati, giusto premio a chi lavora e produce!”
Il comunicato ci fornisce, infine, le prime notizie relative alle
personalità che presiedevano il Direttorio dell’Ond Esso infatti è firmato dal
comm. Antonio De Flaviis in qualità di presidente e dal prof. Giacomo
Franchi quale suo vice.
Ulteriori comunicati pubblicati nel corso del 1928 attestano, però, che
De Flaviis e Franchi rimasero in carica per poco tempo ancora. Infatti, gli atti
ufficiali della Federazione provinciale del Pnf a partire dal mese di novembre
sono firmati, a titolo di segretario federale, dal console Nicola Forti il quale
affidò “il non facile compito” di dare all’istituzione “quello sviluppo sicuro e
provvido che ha già raggiunto in altre provincie” al “camerata” Ercole
Arduini, “con la sua ardente fede di fascista della prima ora”.63
63 Per il Dopolavoro, in “Il Solco”, 11 novembre 1928, p. 2.
42
Le nostre precedenti supposizioni circa la collocazione temporale
dell’organizzazione dopolavoristica provinciale trovano conferma in una
lettera che il commissario straordinario dell’Ond spedì al presidente del
Dopolavoro provinciale di Teramo nel 1927. In essa Turati si rammarica di
aver rilevato che il movimento dopolavoristico “in codesta Provincia procede
con molta lentezza, mentre la necessità di attuare a favore delle masse
lavoratrici quelle provvidenze assistenziali che l’O.N.D. si propone, si rende
sempre più manifesta”.64 Questo fu molto probabilmente l’episodio che
determinò l’Organizzazione ad indire una “adunata per lo sviluppo del
Dopolavoro”, che si tenne il 20 dicembre 1927 ed in occasione della quale i
gerarchi fascisti di Teramo fecero una ottimistica previsione circa il
tesseramento all’Ond per il 1928: “Per il 1° settembre 1928 gli iscritti
dovranno essere almeno 50.000”.65 Non sappiamo quante tessere l’Opera
riuscì effettivamente a distribuire in quell’anno; possiamo però con certezza
affermare che per tutto il 1928 l’Ente svolse a Teramo una limitata attività
ricreativa.
Il servizio escursionistico continuava ad essere gestito dal C.A.I.: non si
64 AS Teramo. Opera Nazionale Dopolavoro, busta n. 4, fascicolo n. 8, Roma, 2 dicembre
1927. 65 AS Teramo. Opera Nazionale Dopolavoro, busta n. 4, fascicolo n. 8, Comunicazione
del lavoro svolto a pro dell’Opera.
43
hanno infatti notizie di gite organizzate dall’Ond.
Gli intrattenimenti musicali erano, invece, organizzati soprattutto
dall’Istituto musicale “La Cetra” che, presieduto dal “camerata” Pagliaccetti
organizzava concerti “di primo ordine”, i quali attiravano un pubblico
“numeroso” ma soprattutto “scelto”.66
Tra le principali iniziative patrocinate dall’Opera nel capoluogo, si ha
notizia della ricostituzione della Grande banda “Città di Teramo”, della
attività della Filodrammatica “Dux” ed infine, per quanto riguarda la
provincia, della costituzione di una filodrammatica del Dopolavoro con sede
66 P.G., Asterischi musicali. I concerti a “La Cetra”, in “Il Solco”, gennaio 1927;
Nell’Istituto Musicale “La Cetra”, in “Il Solco”, 15 aprile 1928. L’Istituto musicale “La
Cetra”, sotto la presidenza di Amilcare Pagliaccetti, a partire dal 1927 cominciò ad
organizzare una serie di concerti da svolgersi durante la stagione invernale. Questa venne
inaugurata sabato 16 gennaio con un concerto dato da Mario Corti, “un violinista di
vaglia, artista in tutto il significato della parola”. Costui, cattedratico della Reale
Accademia di S. Cecilia e acclamato protagonista di molti concerti nelle principali città
d’Italia e dell’estero, presentò un programma “ampio ed austero”. In quell’anno furono
poi invitati artisti come il violoncellista Bonucci, il violinista Hone ed i pianisti Borowski
e Zecchi (quest’ultimo detto “il secondo Bussoni”), oltre al trio di Budapest ed al
Quartetto di Dresda. Questo primo ciclo di concerti “è stato onorato da un pubblico
numeroso ed eletto che ha voluto così volenterosamente dimostrare il suo spirito di
benevolenza verso il nostro massimo Istituto musicale della Regione [...]. S.E. il Prefetto
comm. Palumbo ha voluto significare con una bella lettera il suo vivo compiacimento
trasmettendo pure la somma di lire 100 quale suo contributo per i concerti”. La stagione
44
in Atri.
A Teramo, il presidente della Commissione addetta al Servizio
artistico,67 prof. Oreste D’Alessandro, si diede immediatamente da fare
affinché la Grande banda “Città di Teramo” venisse ricostituita ed entrasse,
soprattutto, nell’orbita dell’Ond. La notizia della prossima ricostituzione del
“glorioso concerto musicale” era già stata riportata sul manifesto affisso nel
mese di febbraio in città e provincia; quella relativa all’avvenuta rinascita
venne, invece, pubblicata il mese successivo.68
La Filodrammatica “Dux” fu fondata a Teramo nel 1927 ad opera del
si concluse il 25 marzo del 1928, con il quartetto Manzer, “l’ultimo concerto dato, in
soprannumero di quelli di I serie”. 67 La Direzione generale dell’Ond era suddivisa in sei servizi: Servizio organizzazione,
sportivo, escursionistico, educazione artistica, assistenza e amministrativo. In ogni
Direttorio provinciale altrettante commissioni tecniche guidavano e coadiuvavano le varie
iniziative: cfr. O.N.D. Realizzazioni e sviluppo, cit., p. 13. 68 Cfr. Vita del Dopolavoro. La Grande Banda Città di Teramo, in “Il Solco”, 11 marzo
1928, p. 3, il quale prosegue: “Questa magnifica istituzione cittadina è oggi parte viva
della nostra Istituzione. La dirige con vero intelletto d’arte il M. Cav. Lodovico Favilla e
conta, nella massa dei suoi 65 esecutori, rinomati professori solisti, fra i quali notiamo il
flicorno soprano prof. Michele Di Paolo, da altri non superato in Abruzzo e fuori; il già
noto flicorno tenore della nostra banda prof. Otello Farias, elemento di prim’ordine; il
baritono prof. Attilio Carestia, di impareggiabile cavata, il prof. di clarinetto Paolo Caro,
già solista dei primari concerti di Lucera e Frattamaggiore, i distintissimi primi clarinetti
prof. Troiano e Pietrosante, il nostro concittadino contrabbasso prof. Meschini e tutta una
massa di sceltissimi esecutori che inquadrano l’imponente corpo”.
45
cav. Gabriele De Santis, invalido di guerra.69 Diretta nel ’28 dal prof. Luigi
Tappara, il 3 aprile mise in scena al teatro comunale la commedia “Addio
Giovinezza”, in occasione della quale si distinsero “per vivezza di
interpretazione dei personaggi” i giovani Oscar Taccetta (Mario), Michele
Tappara (Leone) e, fra le “signorine”, Rosa Napolitani, “che fu una
appassionata Dorina”.70
La filodrammatica del Dopolavoro atriano fu invece fondata nel 1928
ed era diretta dalla “signorina” Giovannina Consorti e dai signori Forcella e
De Petris. La sera dell’11 novembre dello stesso anno, la compagnia
rappresentò al teatro comunale di Atri la commedia in tre atti “Mario e
Maria” di S. Lopez. Tra i dilettanti che offrirono “uno spettacolo veramente
bello” si distinsero “la debuttante signorina D’Alessio, [...] sicura e
tempista”, “la piccola e svelta Annita Malvezzi” e “il divertentissimo De
Sanctis”; mentre Forcella, De Victoriis, Melchiorre e Finizi riconfermarono
“le ottime loro qualità di arte e di fedele passione”.71
69 Cfr. Teramo: Filodrammatica Dux, in “Il Dopolavoro”, 25 settembre 1927; è questa
l’unica notizia relativa al Dopolavoro provinciale di Teramo rinvenuta su tutta la nuova
serie di questa rivista quindicinale, pubblicata dal 1° gennaio 1926 all’8 febbraio 1929. 70 Cronaca. Nella filodrammatica “Dux”, in “Il Solco”, 15 aprile 1928, p. 3. 71 Cronache provinciali. Da Atri. Filodrammatica. Dopolavoro atriano, in “Il Solco”, 18
novembre 1928. Nell’articolo si ricorda ai lettori che “i filodrammatici dopolavoristi
46
Chiudiamo la breve ricostruzione relativa all’attività svolta dal nostro
Dopolavoro provinciale durante il 1928, riportando testualmente i passi più
significativi di un comunicato inviato dal suo presidente, console Nicola
Forti ai segretari politici dei Fasci della provincia ed ai dirigenti delle
istituzioni aderenti all’Ond. Questo, che contiene le norme relative al rinnovo
dell’iscrizione per il 1929, alla voce “Attività” conferma le nostre precedenti
osservazioni circa la scarsa attività svolta dall’Opera in provincia:
Le Sezioni dopolavoristiche costituite in Provincia, sino ad oggi -fatte
poche eccezioni- non hanno dato segno di vita. È necessario svegliarsi e far
sì che nel 1929 la Provincia di Teramo si metta alla pari delle consorelle
d’Italia dando il massimo impulso anche a questa istituzione del Fascismo
alla quale il Regime ha affidato compiti importantissimi.
I Dirigenti locali devono esplicare il massimo interessamento e dare la
maggiore attività alle iniziative riflettenti lo Sport, l’Escursionismo, la
Musica, la Filodrammatica, la Cultura Popolare, l’Insegnamento
professionale, l’Assistenza sociale ed Igienico sanitaria, la Cinematografia,
la Radiofonia ecc. Per ognuno di tali rami di attività esiste presso questo
Direttorio provinciale un Direttore tecnico, che in ogni momento potrà
fornire tutte le istruzioni necessarie effettuando, se del caso, anche dei
sopraluoghi.
hanno un vasto programma di lavoro e si ripromettono di iniziare una tournée nei vari
teatri della Provincia”.
47
Dal canto suo questo Direttorio non mancherà di dare il suo tangibile
appoggio a tutte le iniziative che saranno intraprese e dalle quali i
lavoratori dovranno trarre quel giovamento fisico e morale che è nel
programma dell’istituzione.
È indispensabile provvedere ai locali di ritrovo richiedendoli ai Sigg.
Podestà. Ove non fosse possibile averne dei proprii, si utilizzino, previo
bonario accordo, quelli di istituzioni già esistenti nei Comuni, oppure si
usufruisca di quelli dei Fasci.
Alla voce “Direttorii Comunali”, si proclamano invece decaduti i
Direttori comunali esistenti, per i quali si auspica una rapida ricostituzione
con “elementi attivi e fattivi”:
All’uopo -prosegue il comunicato- i Segretari Politici-Presidenti
dovranno -non oltre il corrente mese- designare quattro persone di
indiscussa fede politica, di buona volontà e capacità tecnica in rapporto alle
varie attività da espletare, che siano disposte a dare la loro opera per
l’organizzazione del Dopolavoro locale.72
Quest’ultimo passo, in particolare, può costituire la conferma, anche se
non esplicita, del fatto che la scarsa attività posta in essere dai Dopolavoro
locali sia da ricollegarsi ad una corrispondente scarsa attività profusa dai loro
responsabili.
72 Opera Nazionale Dopolavoro. Direttorio Provinciale di Teramo, in “Il Solco”, 16
dicembre 1928.
48
Capitolo secondo L’attività relativa all’anno 1929.
1. Introduzione.
L’inaugurazione delle prime sezioni del Dopolavoro in provincia di Teramo:
Notaresco, Nepezzano, Pietracamela.
Durante il 1929 il nuovo presidente del Direttorio provinciale, avv.
Adolfo Pirocchi,73 si adoperò affinché ogni comune, anche il più piccolo,
avesse il proprio circolo dopolavoristico. In seguito a pressanti sollecitazioni,
furono dunque inaugurate nuove sezioni, come quelle di Notaresco,
Nepezzano e Pietracamela.
A Notaresco, il Dopolavoro comunale fu inaugurato il 9 giugno. Esso,
che aveva sede in un ampio locale ubicato sulla principale via del paese, era
“severamente arredato di quelle immagini che sono oggi i fari luminosi che
guideranno la Patria a sempre più prosperi ed alti destini: Cristo, il Re ed il
Duce”. Per l’occasione il segretario politico della cittadina, dott. Ulisse
Pirocchi, pronunciò una conferenza avente ad oggetto “La Lotta contro la
Tubercolosi”, un morbo che sottraeva annualmente “50000 esistenze,
73 L’avv. Adolfo Pirocchi subentrò in qualità di segretario federale e, quindi, di presidente
dell’Ond, al console Forti il quale, essendo stato eletto deputato in occasione delle
consultazioni elettorali che si tennero il 24 marzo del 1929, fu costretto a rassegnare le
49
funebre flagello dell’individuo e della razza”.74
Il 10 agosto fu invece inaugurata la sezione di Nepezzano; alla
cerimonia intervenne l’avv. Giuseppe Sofia, direttore tecnico provinciale
che, presentato al “folto uditorio” dal parroco don Domenico Pirocchi,
fiduciario del Dopolavoro, esaltò con parola “calda e convincente” l’opera
del fascismo, “che rivolge tutte le sue cure specialmente alla gente di
campagna che tanta parte ha nelle fortune della Patria”.
Dopo l’applaudito discorso del professore, padre Bartolo dei
Francescani, direttore tecnico per la cinematografia, proiettò “bellissime
(sic!) films molto gradite (sic!) dai presenti”. La festa si concluse con le
“scelte marce” suonate dalla locale banda del Dopolavoro.75
L’ultima sezione, della cui costituzione abbiamo notizia, è quella di
Pietracamela, inaugurata anch’essa nel mese di agosto. Per l’occasione, il
nuovo circolo ospitò la Sezione escursionisti del Dopolavoro marchigiano, in
gita sul Gran Sasso:
dimissioni dalle precedenti cariche. La carica di vicepresidente venne, invece,
riconfermata al “camerata” Ercole Arduini. 74 Dalla Provincia. Da Notaresco. Inaugurazione del Dopolavoro, in “Il Solco”, 16
giugno 1929, p. 4. 75 Nuova Sezione del Dopolavoro. A Nepezzano, in “Il Solco”, 18 agosto 1929, p. 2.
50
Questo ‘Dopolavoro’ -si legge sull’articolo che ne annuncia la nascita-
per la posizione speciale di Pietracamela è chiamato ad assolvere compiti di
alto interesse che ben s’inquadrano nell’impulso tutto nuovo che la vigile e
solerte opera delle autorità politiche e amministrative ha imposto alla vita
Provinciale tutta orientata verso la valorizzazione della Montagna.76
76 Dalla Provincia. Da Pietracamela. Dopolavoro comunale, in “Il Solco”, 25 agosto
1929, p. 2.
51
2. L’assistenza sociale. Sconti e altre agevolazioni a favore dei dopolavoristi teramani. L’Ufficio
consulenza assistenziale.
L’Ufficio provinciale del Dopolavoro, per ottenere una più rapida
diffusione dell’organizzazione, iniziava frattanto ad offrire particolari forme
di assistenza sociale, di assicurazioni extra lavoro ed altre agevolazioni:
ottenne, ad esempio, numerosi sconti e facilitazioni dagli industriali e
commercianti di Teramo, a favore dei dopolavoristi.77
Il fascismo, dunque, organizzava il suo Dopolavoro e invogliava le
masse ad entrarvi, soddisfacendo il reale bisogno ricreativo dei lavoratori e
offrendo loro degli effettivi vantaggi.
Nella città, inoltre, funzionava l’Ufficio consulenza assistenziale, presso
il quale tutti i dopolavoristi si potevano rivolgere per l’espletamento delle
77 Cfr. Opera Nazionale Dopolavoro. Direttorio Provinciale di Teramo. Riduzioni e
sconti, in “Il Solco”, 21 luglio 1929, p. 2. Su questo numero viene riportato l’elenco delle
ditte che aderirono all’iniziativa e le riduzioni da esse praticate: “Soc. An. Autotrasporti
Abruzzo - sconto del 5% sui prezzi delle proprie linee automobilistiche, compresa la linea
di recente istituzione Roma-Teramo; Ditta Rubini - Piazza Vittorio Emanuele - sconto del
5% sui colli, bretelle, cinture, cravatte; Ferri Giuseppe - Corso Trivio - sconto del 2% per
cappelli di feltro e di marca. Sconto del 3% per cappelli di lana, berretti, paglie, ombrelli
scarpette, sandali e calze. Sconto del 4% sugli articoli di cuoio, maglierie, bretelle,
cravatte colli e camicie; Alessandrini Orazio - cuoiami - 5% su tutti gli articoli; La
52
pratiche in corso con i diversi uffici e servizi pubblici, come certificati
penali, di nascita, di morte, di matrimonio, di residenza, di buona condotta,
carta di identità, ecc.78
“Scolastica” - Corso S. Giorgio - 10% su tutti gli articoli di cancelleria; Fratelli Adamoli -
Corso Trivio - ferramenta, 3,50% escluse le peutrelles”. 78 Cfr. Opera Nazionale Dopolavoro. Direttorio Provinciale di Teramo. Assistenza
sociale, in “Il Solco”, 21 luglio 1929, pp. 2-3.
53
3. Cultura popolare “propriamente detta”.79 I cicli di cultura e i corsi di stenografia e di lingue straniere. L’istituzione delle
prime “bibliotechine”.
Durante questo periodo iniziale di raccoglimento ed organizzazione dei
primi Dopolavoro, fu svolta in provincia una discreta attività di ordine
culturale. D’intesa con il Gruppo provinciale insegnanti medi fascisti, si
formò un gruppo speciale di conferenzieri che, rispondendo alle richieste dei
vari Dopolavoro, agiva in provincia.
Il prof. Pompeo Falcone, direttore tecnico per la cultura popolare,
organizzò un ulteriore ciclo di conferenze culturali, presso la sala
dell’Istituto musicale “La Cetra”.
Tramite “Il Solco”, conosciamo unicamente il titolo della terza
conferenza del “ciclo di cultura” indetto dal Dopolavoro provinciale; questa
fu tenuta, “alla presenza di un folto pubblico”, dal prof. Paolo Colombo,
titolare della cattedra di letteratura italiana al Liceo “M. Delfico” di Teramo
ed ebbe per oggetto il quinto canto dell’Inferno dantesco.80
Fu inoltre organizzato, nella seconda quindicina del mese di novembre,
79 Il Settore cultura popolare si divideva in: istruzione, o cultura “propriamente detta” e
folklore: cfr. E. De Angelis, Che cosa è, che cosa vuole il Dopolavoro, cit., p. 70 ss. 80 Cfr. Opera Nazionale Dopolavoro. Direttorio Provinciale di Teramo. La Conferenza
del prof. Colombo al corso di cultura del Dopolavoro, in “Il Solco”, 26 maggio 1929.
54
un corso di stenografia;81 mentre a dicembre il Direttorio provinciale, “per
conformarsi agli intendimenti raccomandati dalla Direzione Centrale
dell’O.N.D.” e al fine di “offrire la possibilità di apprendere le lingue
straniere oggi tanto necessarie ad ogni ceto”, decise di aprire un corso di
lingua tedesca. Le lezioni, impartite dal prof. dott. Antonio Calvi, iniziarono
il 10 dicembre; erano bisettimanali e si tenevano presso i locali del “Regio
Istituto Magistrale”, il martedì e il venerdì dalle ore 19,30 alle 20,30. Il costo
del corso era di 30 lire mensili ma era prevista una riduzione del 50% a
favore degli iscritti dell’Ond, della F.I.E. (Federazione Italiana Escursionisti)
e per i militari di “bassa forza”.82
Il Direttorio provinciale provvide inoltre alla distribuzione, previa
richiesta, delle “bibliotechine” ai Dopolavoro comunali. Nel mese di luglio
ne erano già state dotate le sezioni di Atri, Montorio al Vomano, Castel
Castagna, Forcella, Frondarola, Colonnella e Castilenti.83
Malgrado la notevole pubblicità data alla distribuzioni di libri fatta
dall’Ond, sembra che l’unica consistente distribuzione ebbe effettivamente
81 Cfr. Opera Nazionale Dopolavoro. Corsi di stenografia e di lingue straniere, in “Il
Solco”, 3 novembre 1929, p. 3. 82 Cfr. Cronaca e Informazioni. Corso di lingua tedesca, in “Il Solco”, 8 dicembre 1929,
p. 3.
55
luogo solo nel 1928, quando furono spediti 1.270 libri per provincia (pari ad
un totale di 118000), allo scopo di istituire in ciascuna di esse otto
biblioteche locali.84 Un’altra distribuzione si verificò nel novembre del 1929,
con la consegna a ciascun Dopolavoro provinciale di 50 esemplari dell’opera
“Un anno di vita del partito” di Turati, offerti dalla casa editrice “Libreria
d’Italia”, 4 volumi della “Grammatica della Recitazione” (che dovevano
servire le scuole di recitazione) ed un’unica copia delle due commedie di A.
Alesi, “Anima Nova” e “Il folle volo”, da assegnare alle federazioni
provinciali delle filodrammatiche, in vista di una eventuale loro
rappresentazione.85
In altre circostanze, l’Ond si limitò a fare pubblicità alla disponibilità di
autori classici a basso prezzo rinvenibili sul mercato libero.86
Di tanto in tanto distribuiva scritti politici o ne consigliava l’acquisto: la
vita di Arnaldo Mussolini, la storia del “massacro di Sarzana” scritta da
83 Cfr. Opera Nazionale Dopolavoro. Direttorio Provinciale di Teramo. Comunicati.
Attività Dopolavoristica, in “Il Solco”, 14 luglio 1929, p. 3. 84 Cfr. Bollettino del lavoro e della previdenza sociale, n. 56, Roma, 1931, p. 173. Per
quanto riguarda le regole da seguire nella costituzione di una biblioteca, cfr. E. De
Angelis, Cosa è, cosa vuole il Dopolavoro, cit., 71-72; Come si deve costituire una
biblioteca, in “Il Dopolavoro”, 14 febbraio 1926, p. 2. 85 Cfr. O.N.D. Bollettino Ufficiale, n. 9, novembre 1929, p. 15. 86 Cfr. Gente nostra, 27 marzo 1932.
56
Giuseppe Gregori, gli opuscoli della collana “Panorami di vita fascista”. In
base ad un calcolo piuttosto generico fatto nel 1934 dall’Ond, delle sue circa
19.000 sezioni, soltanto 1.569 avevano proprie biblioteche; di queste appena
264 avevano una dotazione sufficiente per farle classificare “biblioteche
popolari”.87
87 Cfr. O.N.D. Bollettino Ufficiale, n. 1, gennaio 1934, p. 11. Per quanto riguarda le
preferenze dei lettori durante il “ventennio”, cfr.: M.L. Betri, Lettura, biblioteche e tempo
libero dall’Unità al fascismo, in “Il tempo libero nell’Italia unita” (a cura di F. Tarozzi e
A. Verni), Ed. Clueb, Bologna, 1992, pp. 91-97; M. Isnenghi, Intellettuali militanti e
intellettuali funzionari. Appunti sulla cultura fascista, Torino, Einaudi, 1979; M.
Giocondi, Lettori in camicia nera. Narrativa di successo nell’Italia fascista, Firenze,
1978. Secondo questi autori, sembra che alle esaltazioni delle imprese coloniali, ai
discorsi di Mussolini, alle collane di opere guerriere, imperiali, romaneggianti, che
costituivano il modesto patrimonio delle biblioteche delle Opere nazionali, i pochi e
svogliati lettori italiani preferissero la narrativa straniera: Mann, Lawrence, Caldwell,
Cronin, Lewis, Mitchell, Steinbeck.
57
4. Folklore. La riesumazione della tradizioni popolari. La “nobile” funzione svolta dalle
tradizioni nell’ottica dei dirigenti fascisti. La “manipolazione” delle tradizioni: teorie a confronto. La “Festa del Fiore” e la “Festa dell’Uva”. La celebrazione in Atri della “Festa del Grano e delle Canzoni” e della “Festa del Fiore”.
A partire dal 1929, i dirigenti dell’Ond cominciarono a dedicare le loro
energie alla riesumazione e, più spesso, reinvenzione di quelle tradizioni
popolari che, relegate dallo stato liberale in un ruolo marginale, a poco a
poco, con il diffondersi dell’alfabetismo, dell’urbanizzazione e delle
migliorate comunicazioni, stavano scomparendo.88
Il direttore generale dell’Ond, Enrico Beretta, sosteneva che le
tradizioni, “frutto dell’intimo sentimento del popolo che le creò e le conservò
nella loro viva essenza, espressioni della potenza creativa del sentimento
collettivo del popolo e della sua immaginazione” erano “le vie certe e sicure
per poter giungere alle grandi masse che compongono il popolo, onde
elevarle e migliorarle intellettualmente”.89
Quindi, come precisò anche il nazionalista Emilio Bodrero, presidente
della Commissione nazionale per le tradizioni popolari, la ripresa delle feste
non era un aspetto della mania festaiola degli italiani, ma svolgeva
88 Cfr. O.N.D. Bollettino Ufficiale, n. 9, novembre 1929. Nel 1929 Beretta, direttore
generale dell’Ond, annunciò per la prima volta il cosiddetto “ritorno alle tradizioni”. 89 E. Beretta, in O.N.D. Realizzazioni e sviluppo, cit., p. 97.
58
un’importante funzione pedagogica perché faceva rivivere gerarchie e valori
passati, distogliendo l’operaio dalla fissazione del guadagno economico.90
Lo svolgimento collettivo e le forme rituali delle feste riportate in vita
avrebbero, infatti, avuto un effetto morale “abituando il popolo all’ordine,
alla disciplina, alla tolleranza della fatica, al vigore del corpo, all’energia
dello spirito per garantirlo dall’ozio sempre seguito dalla noia, dalla
frivolezza e dal vizio”.91
Il folklore era visto, in sostanza, come il portatore di valori premoderni
fondati sulla gerarchia e, in quanto tali, ritenuti adatti a rafforzare la stabilità
della compagine sociale.92
Attraverso il folklore, l’Ond cercava di liberare l’operaio dalla sua
“ossessione” riguardo alla differenza tra ricchi e poveri. Una volta venuto a
conoscenza “dei tesori naturali e schietti dell’arte popolare”, nonché delle
“innumerevoli ed affascinanti usanze locali”, l’uomo comune avrebbe
90 Cfr. E. Bodrero, Prefazione in Opera Nazionale Dopolavoro. Costumi, danze, musica,
Roma, 1935, p. 11-12. 91 Cfr. E. Beretta, Relazione presentata al 2° “Congresso internazionale per le arti
popolari”, Anversa, settembre 1930, in Opera Nazionale Dopolavoro. Costumi, danze,
musica, cit., p. 103. 92 Cfr. S. Cavazza, Feste popolari durante il fascismo, in “Il tempo libero nell’Italia
unita”, a cura di F. Tarozzi e A. Varni, Bologna, Ed. Clueb, 1992.
59
“riconosciuto di possedere qualcosa che i ricchi non avevano”.93
Nelle intenzioni dei dirigenti dell’Ond la riscoperta delle tradizioni,
delle feste, dei costumi, delle musiche e delle danze popolari non aveva
come unico scopo quello di fungere da antidoto alle coercizioni della vita
moderna, o di concedere alle masse un’illusione di libertà per compensare
una effettiva perdita di autonomia. Esisteva, infatti, un’altra fondamentale
ragione per la quale l’Ond ripristinò questo insieme di consuetudini locali,
ossia la volontà di suscitare nelle masse il senso profondo, sia pure
inconsapevole, dell’orgoglio di un’antichissima storia di appartenenza alla
razza italiana.
Trovò, dunque, un terreno fertile nel regime fascista italiano, così come
negli altri regimi reazionari europei,94 la tendenza a manipolare dall’alto
costumi e tradizioni per fini squisitamente politici. Un atteggiamento dei
gruppi dominanti che Eric J. Hobsbawm, nel suo saggio sulla genesi delle
tradizioni, ritiene sia fiorito con particolare assiduità nei trenta, quarant’anni
precedenti la prima guerra mondiale, in seguito alle trasformazioni sociali
93 Così E. Beretta, Relazione, cit., p. 103. 94 In proposito Cavazza (Feste popolari durante il fascismo, cit., p. 101) ci ricorda che
l’Organizzazione dopolavoristica nazista (Kraft Durch Freude) elaborò un programma di
riesumazione di feste ed usanze, istituendo un apposito dipartimento (Volkstum und
Heimat), e che lo sviluppo del folklore fu favorito anche nella Francia petainista.
60
innescate dal processo di industrializzazione ed alla costituzione di nuove
entità nazionali in cerca di legittimazione.95
L’opinione di Hobsbawm trova conferma anche in Burke, secondo il
quale “fu nell’alveo del Romanticismo che l’interesse per i costumi popolari
trovò solide basi come ricerca delle radici da parte di quei movimenti che
stavano costituendo la propria identità nazionale”.96 Ma Stefano Cavazza
osserva che nell’Ottocento, accanto all’aspetto descritto da Burke, la
scoperta del folklore era stata anche la conseguenza della ricerca romantica
di un’arte spontanea e naturale. L’avvento delle prime produzioni di massa e
le modifiche all’ambiente rurale, causate dall’industrializzazione e
dall’urbanizzazione, avevano infatti prodotto correnti culturali e gruppi che
si opponevano a queste tendenze della società moderna.97
Invece, sostiene Giovanni Galli, “durante il fascismo le feste furono
riprese non a titolo di curiosità storica o folklorica, ma furono utilizzate
esclusivamente per promuovere sentimenti patriottici e spirito autarchico”. Il
loro successo veniva presentato come “una istintiva ribellione
dopolavoristica all’esotismo e alle trovate straniere, in difesa dell’originalità
95 Cfr. E.J. Hobsbawm - E. Ranger, L’invenzione della tradizione, Torino, Einaudi, 1987. 96 P. Burke, Cultura popolare nell’Europa moderna, Milano, 1978. 97 Cfr. S. Cavazza, Feste popolari durante il fascismo, cit., p. 99 ss.
61
italiana”.98
Nel XIX secolo, secondo questa interpretazione, accanto
all’“invenzione” praticata dai gruppi dominanti, che Haubsbawm definisce
“politica”, esisteva anche un tipo di “invenzione sociale”, promossa cioè da
gruppi non organizzati, che avevano in comune l’interesse per l’arte popolare
e il folklore, in quanto percepiti come manifestazioni di spontaneità, in
contrapposizione all’artificiosità dell’arte coeva ed alla scadente qualità
estetica delle produzioni industriali di massa. Durante il fascismo, invece, la
“invenzione” della tradizione si inserisce in un progetto culturale “di
regime”.
Per di più, negli anni Venti, essendo il nostro paese ancora
sostanzialmente privo di tradizioni, usi e costumi nazionali, il “locale” -come
ha notato Vittoria De Grazia- venne a svolgere la funzione di surrogato di
una cultura nazionale. Nonostante fosse poco probabile che l’identificazione
popolare con lo stato, la nazione o con la razza sarebbe stata incoraggiata da
un ritorno alle tradizioni, basato su distinzioni regionali o locali, tuttavia “il
credere nella superiorità della propria razza a livello regionale, purificato da
qualsiasi significato politico tradizionale e promosso mediante il ritorno alle
98 G. Galli, Un’organizzazione ausiliaria del Partito Nazionale Fascista: l’O.N.D. in
Provincia di Arezzo, in “Studi Storici”, n. 3, 1973, p. 805.
62
tradizioni, [...] offriva al regime un sostituto alquanto accettabile di fedeltà
nazionale immensamente preferibile all’identificazione di classe, ovvero a
ciò che Bodrero rifiutava qualificandolo il pernicioso particolarismo [...] che
ci avrebbe ricondotti in breve all’Italia del 1815”.99
Vi era qui, a ben vedere, una contraddizione nell’ideologia del regime:
agli occhi di molti nazionalisti, infatti, il regionalismo era collegato alle
divisioni che avevano ostacolato il Risorgimento ed anche sinonimo dei
programmi democratici federalisti appartenenti al periodo posteriore
all’unificazione e delle proposte riguardo alla decentralizzazione, avanzate
nel dopoguerra dai socialisti e dai popolari. Per questa ragione, Bodrero
tenne a precisare, in più occasioni, che il fascismo “non aveva intenzione di
evocare di nuovo o di dare impulso ad un regionalismo di tal fatta”,100 e che
esso “non vuol più che si parli in Italia di regioni [...] perché il regionalismo
è stato una delle piaghe della nostra storia. [...] Non è dunque regionalismo
quello che si vuole rievocare e fomentare quando si coltivano le nostre arti
popolari, ma la spontanea genialità artistica universa del nostro popolo e la
99 V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., p. 247. 100 E. Bodrero, in “Gente nostra”, 8-12 gennaio 1930; Id., in Opera Nazionale
Dopolavoro. Costumi, danze, musica, cit., pp. 255-258.
63
sua sincera tradizione di bellezza”.101
Lo stesso Mussolini, in occasione dell’inaugurazione della “Mostra
d’Arte Pugliese” espresse la sua opinione in proposito, paragonando l’Italia
con le sue regioni ad una orchestra: “poiché s’è fatto cenno al regionalismo,
dichiaro che non vagheggio un livellamento delle Regioni che sarebbe
innaturale, perché geografia e storia non sono un’invenzione. Ogni Regione
ha le sue caratteristiche e le sue particolari condizioni geografiche. Come
nelle orchestre le tenui voci dei violini e quelle laceranti degli ottoni si
uniscono formando un’unica armonia, così le particolari fisionomie e le
attitudini delle singole Regioni debbono fondersi nella insuperabile armonia
dell’unità nazionale”.102
Al fine di risolvere questo evidente contrasto tra l’orientamento
fondamentalmente nazionale del regime fascista ed il carattere prettamente
101 E. Bodrero, Prefazione, in Costumi d’Italia, di E. Calderini, citato in Opera Nazionale
Dopolavoro. Costumi, danze, musica, cit., pp. 294-295. 102 B. Mussolini, dal Discorso per l’inaugurazione della “Mostra d’Arte Pugliese”, Opera
Nazionale Dopolavoro. Costumi, danze, musica, cit., p. 123. L’esempio dell’orchestra era
già stato utilizzato da Mussolini il 10 ottobre 1928, in occasione del discorso sui problemi
e sul ruolo della stampa tenuto a palazzo Chigi, dinanzi a settanta direttori di quotidiani.
Nell’intento di screditare le accuse sulla poca libertà di stampa, egli tirò fuori il paragone
musicale: “Io considero il giornalismo italiano fascista come un’orchestra. Il ‘la’ è
comune. [...] Ma, dato il ‘la’, c’è la diversità degli strumenti, [...] la diversità dei
64
locale e regionale delle manifestazioni riportate in auge, “gli etnografi
fascisti e gli organizzatori culturali cercavano di estrarre dalla miriade di
consuetudini locali qualche sottinteso nazionale o seminazionale: il senso
estetico popolare esibito nei costumi, il fervore religioso delle ricorrenze dei
santi patroni, il presepio apertamente contrapposto all’albero di Natale dei
barbari nordici, la celebrazione dell’Epifania nazionalizzata in veste di
Befana fascista”.103
Oltre a ciò, una serie di manifestazioni nazionali (come, ad es. la
“Befana Fascista”, il “Matrimonio del Principe ereditario” e la “Festa
dell’Uva”) vennero plasmate al fine di scavalcare la diversità delle usanze
regionali.
È doveroso, infine, ricordare che l’arte “popolaresca”, con le sue
manifestazioni, piccole o grandi che fossero, assunse un’importanza
particolare in seno all’Ond, anche perché costituiva uno strumento di
consenso e di propaganda politica non indifferente.
Infatti, come ha osservato Giambattista, “durante le feste, i “messaggi”
scivolavano facilmente, dissimulati fra le pieghe dei festeggiamenti, senza
creare quel clima di diffidenza e noia che in genere produce la propaganda
temperamenti e degli artisti”: cfr. P. Murialdi, La stampa del regime fascista, Roma-Bari,
Laterza, 1986, pp. 59-60. 103 V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., p. 247.
65
diretta”.104
Teramo inaugurò la sua attività nell’ambito dell’arte popolare nel
giugno del ’29, con la “Festa del Fiore”. Questa, nell’intenzione del
Direttorio provinciale, doveva essere la prima di quattro sagre stagionali,
dedicate ognuna al fiore, al mare, all’uva ed alla neve; di fatto essa fu poi
seguita, per quell’anno, dalla sola “Festa dell’Uva”.
L’articolo che ne annuncia l’imminente celebrazione è firmato con una
sigla: “Falc.”; probabilmente il suo autore fu il prof. Pompeo Falcone,
direttore tecnico per la cultura popolare. Perfettamente in linea con le
posizioni dei dirigenti dell’Ond, a livello centrale, esso denuncia i pericoli
della vita di città, mentre difende le sane virtù naturali:
L’uomo dei tempi nostri, o chiuso nel circolo arido della vita cittadina,
o premuto dall’ansia del lavoro quotidiano non pone più mente alla vita
rinnovellante della Natura, non ritrova con semplice gioia tutto se stesso
nella vicenda di vita e di aspetti della terra. Occorre riannodare il vincolo
spezzato, ripristinare quel senso di purezza e di spontaneità, senza del quale
la vita vissuta diventa affanno, penitenza obbligata, ferocia d’interessi
scatenati. È assurdo che sul nostro capo si volgano le costellazioni e che
l’occhio non abbia per esse uno sguardo, che il tempo che passa o che fa si
apprenda dalla monotonia cartacea di un almanacco. Molti di noi ricordano
il senso di viva partecipazione al cangiar multiforme del mondo naturale che 104 M. Giambattista, Il tempo libero del Duce, in “Historia”, n. 435, maggio 1994, p. 56.
66
fu schietta letizia della nostra fanciullezza: né ci sa il cuore di credere che
quell’ingenua aspettazione manchi alla sensibilità sbocciante dei fanciulli
d’oggi. Ma in noi volgenti o già venuti a maturità la vita si è fatta
meccanismo e schema. Ritorniamo alle fonti.105
In realtà, come ha giustamente osservato Vittoria De Grazia, queste
manifestazioni “sebbene evocassero la solidarietà della collettività rurale,
denotavano una evidente tendenza consumistica”.106
Le feste, di cui il regime si faceva promotore, non erano dunque
soltanto la “fabbrica del consenso”, ma avevano anche un altro scopo che
riguardava l’immediato, il contingente.
Così, per quanto riguarda le feste del fiore, del mare e della neve, il fine
veniva ad essere quello di promuovere il turismo balneare e montano. La
“Festa dell’Uva”, che nel 1930 verrà proclamata festa nazionale ed estesa a
tutte le zone di produzione, rientrava invece in quella categoria di
manifestazioni che servivano a smaltire un prodotto che altrimenti andava
distrutto, con grave danno per gli agricoltori.
Il programma della “Festa del Fiore”, celebrata nella nostra provincia,
conteneva tutte le attrattive tipiche dell’epoca: cori abruzzesi e danze
campestri, manifestazioni comico-sportive, estrazioni di lotterie
105 P. Falcone (?), La Festa del Fiore, in “Il Solco”, 19 maggio 1929, p. 1.
67
gastronomiche. La riuscita della manifestazione viene, successivamente,
definita “magnifica”: il 9 giugno, infatti, “ben mille persone di tutti i ceti
lavoratori unite in una unica fede” convennero “in perfetto ordine” alle grotte
S. Angelo, alle gole del Salinello e alla fortezza di Civitella del Tronto.107
La “Festa dell’Uva” si svolse invece “sulle ubertose balze” di
Cermignano e Penna S. Andrea, il 6 ottobre.
Il biglietto di partecipazione, con diritto al viaggio in autobus andata e
ritorno era venduto, presso il Direttorio provinciale, al prezzo di lire 10; ma i
dopolavoristi potevano usufruire di una speciale riduzione acquistando la
“tessera azzurra” al costo di lire 8.
La prima tappa della manifestazione fu Penna S. Andrea, ove ebbe
luogo una “interessantissima rappresentazione folcloristica locale in
costume”, denominata “Laccio d’amore”.
Quindi, i gitanti proseguirono a piedi per Cermignano dove ebbero
modo di visitare la mostra dell’uva, promossa dai produttori del luogo e di
fare “numerosi ed abbondanti assaggi”. In serata furono rallegrati dalle note
di una orchestrina e da “bravi e volenterosi” artisti, che misero in scena
106 V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., p. 240. 107 Cfr. Opera Nazionale Dopolavoro. Direttorio Provinciale di Teramo. La Festa del
Fiore, in “Il Solco”, 9 giugno 1929; Opera Nazionale Dopolavoro. Direttorio Provinciale
di Teramo. La festa del Fiore, in “Il Solco”, 16 giugno, p. 2.
68
interpretazioni comiche.108
Due manifestazioni simili, ma di minore portata, si svolsero in Atri. Nel
mese di agosto, in occasione della mostra agricola, fu celebrata la “Festa del
Grano e delle Canzoni”. L’on. dott. Vincenzo Savini, il prof. Arturo
Provenzale e il cav. uff. dott. Giacinto Arlini, membri della commissione, si
procedettero alla premiazione dei vincitori della mostra, assegnando tre
medaglie d’oro, quattro medaglie d’argento e altrettante di bronzo. Nel
pomeriggio, digerito il rinfresco servito nei locali della “Magnifica Scuola
Secondaria di Avviamento al Lavoro”, il corteo delle autorità si recò sul
piazzale del Belvedere, ove ebbe luogo la sfilata dei carri folcloristici e
l’audizione delle canzoni abruzzesi del maestro Antonio Di Jorio, cantate dai
cori di Atri e di Casoli “in costume della regione”. La cerimonia si chiuse
con l’esibizione della “rinomata” “Banda della Milizia” di Introdacqua.109
Nel mese di ottobre si celebrò, invece, una “Festa del Fiore” fuori
stagione, a favore del Comitato provinciale antitubercolare. Sede della
manifestazione fu il teatro comunale, dove la Compagnia filodrammatica del
Dopolavoro rappresentò una commedia di Ugo Falena, “L’ultimo Lord”,
staccandosi quindi dal solito repertorio dialettale. Nell’intervallo dello
108 La festa dell’Uva, in “Il Solco”, 29 febbraio 1929, p. 1.
69
spettacolo, prestò inoltre servizio l’orchestrina atriana diretta dal maestro
Antonio Di Jorio e furono cantate canzoni dialettali; “molto ammirata per la
dolcezza e per la chiarezza della voce la signorina Graziosa Di Jorio”. La
serata fruttò alla “benefica istituzione” oltre mille lire in donazioni.110
109 Dalla Provincia. La Festa del Grano e delle Canzoni in Atri, in “Il Solco”, 11 agosto
1929, p. 2. 110 Importanti manifestazioni provinciali per l’inaugurazione di opere pubbliche. da Atri.
La festa del fiore, in “Il Solco”, 3 novembre 1929, p. 2.
70
5. L’educazione artistica. La limitata attività in campo artistico. Proiezioni cinematografiche in provincia. La
costituzione della “Federazione Provinciale delle Filodrammatiche”.
Piuttosto limitata fu l’attività svolta durante il 1929 nel campo
dell’educazione artistica. Per quanto riguarda la cinematografia risultano
essere stati proiettati, nei vari comuni della provincia, due soli film
documentari dell’“Istituto Luce”: “Le gesta dell’Artide - anno IV” e la
“Adunata dei rurali in Roma”. La proiezione di quest’ultimo, “a cura della
Federazione Agricoltori e col valido aiuto del Dopolavoro, che gentilmente
ha favorito la macchina ed il personale”, attirò “folle di agricoltori e
contadini”: “l’interessante film [...] rimarrà -scrive l’anonimo cronista de “Il
Solco”- un documento dello spirito di disciplina e del fervore di cui sono
animati gli agricoltori sotto l’impulso benefico del Fascismo e la guida del
grande Capo”.111
Non abbiamo invece notizie relative a rappresentazioni teatrali curate
dai dopolavoristi teramani, nonostante la costituzione, avvenuta proprio nel
1929, della “Federazione Provinciale delle Filodrammatiche”, alla quale
111 Confederazione Nazionale Fascista Agricoltori. Proiezione film “adunata dei rurali a
Roma”, in “Il Solco”, 27 gennaio 1929.
71
aderirono i Dopolavoro di Mosciano S. Angelo, Atri, Tortoreto Spiaggia,
Torano Nuovo, Forcella, Piano Risteccio e Silvi.112
112 Cfr. Opera Nazionale Dopolavoro. Direttorio Provinciale di Teramo. Federazione
Provinciale delle Filodrammatiche, in “Il Solco”, 12 maggio 1929.
72
6. L’attività sportiva. Lo sport come elemento predominante nel complesso delle attività dell’Ond.
C.O.N.I e Ond. Il gioco della “volata”. La rappresentativa del Dopolavoro provinciale di Teramo al 1° “Concorso nazionale Ginnico Atletico”.
Nel complesso delle attività svolte nel 1929 dal Dopolavoro
provinciale, predomina largamente quella sportiva. A partire, infatti, dalla
fine degli anni Venti, gli sport furono sempre più sovvenzionati e
propagandati dal regime fascista che, attraverso questi, riuscì a raggiungere
uno dei più alti gradi di coinvolgimento, soprattutto tra i giovani.
Attraverso le strutture dell’Ond venne soprattutto incoraggiata la pratica
dello sport di massa, mentre l’altro organismo che presiedeva alle attività
sportive, il C.O.N.I., si occupava principalmente dello sport professionistico
e della selezione atletica per le Olimpiadi.
Infatti, in base allo Statuto sportivo fascista, predisposto nel 1929 da
Turati per mettere fine alle aspre polemiche giurisdizionali tra l’Ond e il
C.O.N.I., “gli sport agonistici in generale che richiedono agli atleti che li
praticano dispendio di forze non comuni, preparazione lunga e meticolosa,
non rientrano nell’attività dopolavoristica; a questi provvedono direttamente
le competenti Federazioni sportive del C.O.N.I.”113 La giurisdizione
dell’Ond riguardava, quindi, quelli che erano fondamentalmente giochi non
73
competitivi, come pure le associazioni dilettantistiche e le loro attività.
Anche se attraverso la pratica sportiva, svolta nel Dopolavoro, alcuni
lavoratori trovavano l’occasione di mettersi in luce e di iniziare una carriera
sportiva vera e propria, i dirigenti dopolavoristici tendevano a sottolineare il
fatto che le attività sportive del Dopolavoro andavano “verso le masse non
per ricercarvi il campione o per crearvi tipi eccezionali da lanciare in gara
alla conquista di primati, ma per insegnare praticamente alle masse
lavoratrici che si può con poco sforzo migliorare le proprie condizioni
fisiche, irrobustirsi, rinvigorirsi, opporre maggiore resistenza alla malattia,
rendersi infine temprati e pronti alle fatiche del lavoro e, se occorre, a quella
della guerra”.114
L’attività di squadra, promossa dal Dopolavoro, comprendeva quindi
tutti quei giochi come il tamburello, il tiro alla fune, la pallavolo, la
pallamano, le bocce ecc., che richiedevano scarsa abilità, in modo tale da
poter essere praticati anche dall’esordiente e dall’operaio più anziano.
L’Ond, al fine di incoraggiare la massima partecipazione, sviluppò un
proprio particolare sistema di premiazione: a coloro che superavano
determinate prove, con i minimi di tempo e spazio stabiliti, venivano
113 O.N.D. Realizzazioni e sviluppo, cit., p. 18. 114 Così A. Starace, Opera Nazionale Dopolavoro, Milano, 1938, p. 47.
74
rilasciati dei brevetti che erano costituiti da un diploma, con un distintivo
dell’Ond
Le prove riguardavano i brevetti di “Nuotatore Veloce”, di “Atletica
leggera”, di “Atletica pesante” e di “Atleta Completo”.115
L’Ond pensò, inoltre, di fissare le preferenze sportive dei suoi iscritti: la
“volata” (un gioco a metà fra la palla a muro e il calcio) -che rappresentava
la ricostruzione personale del classico football fatta dal segretario del partito
Turati- doveva diventare, nelle intenzioni dei dirigenti fascisti, il nuovo
svago nazionale degli operai fascisti.116
A detta di Starace, la “volata” era più congeniale allo spirito italiano
perché “più logica tecnicamente ed anche più corrispondente al
temperamento italiano, perché giocata con le mani, cioè più
115 Cfr. O.N.D. Realizzazioni e sviluppo, cit., p. 26; O.N.D. Bollettino Ufficiale, n. 4,
giugno 1929, circ. n. 51, prot. n. 9447, 18 maggio 1929. Con quest’ultima circolare, si
invitano per la prima volta tutti i Dopolavoro provinciali ad organizzare adunate sportive
dopolavoristiche per l’assegnazione del brevetto atletico. Essa contiene altresì la tabella
con le prove ed i limiti di tempo e spazio stabiliti per il conseguimento del brevetto. Tali
norme saranno poi modificate, nel 1934, aumentando lievemente le difficoltà. Nel mese di
ottobre dello stesso anno furono, inoltre, indette le prove per il conseguimento del
brevetto di “Audax Ciclista”: cfr. O.N.D. Bollettino Ufficiale, n. 8, ottobre 1929, circ. n.
59, prot. n. 3198. A Teramo, le prove per il conseguimento dei brevetti atletici
cominciarono a svolgersi solo nel 1930. 116 Cfr. V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., p. 211.
75
razionalmente”.117
“Evidentemente -sostiene Vittoria De Grazia- altre considerazioni si
agitavano in questa adesione appassionata alla “volata”. [...] L’Ond non
aveva facoltà di promuovere competizioni calcistiche che erano di
competenza del C.O.N.I. Tuttavia, per andare a genio ai giovani operai, molti
dei quali erano tifosi di calcio, doveva offrire uno sport altrettanto dinamico,
perché pochi erano allettati dal posato gioco delle bocce, di solito preferito
dalla generazione più anziana. La “volata” offriva un sostituto capace di
sviluppo. Essendo un gioco di bravura altamente competitivo, sembrava
adatto alla vitalità dell’era fascista. Inoltre, “la spiegazione razionale del
giocare con le mani” aveva un’importante ragione economica: a differenza
del calcio, la “volata” si poteva giocare in modo competitivo su terreno
pesante, vale a dire senza bisogno di costose attrezzature di gioco”.118
De Grazia, inoltre, fa notare che a partire dal 1929 la “volata” divenne
l’argomento principale degli organizzatori sportivi, ricevendo molta
pubblicità sulla stampa fascista.119
117 A. Starace, Opera Nazionale Dopolavoro, Milano, 1938, p. 48. 118 V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., pp. 201-202. Per lo statuto della
F.I.G.V. (Federazione Italiana Gioco della Volata) ed per il regolamento tecnico del
gioco, cfr. E. De Angelis, Che cosa è, che cosa vuole il Dopolavoro, cit., pp. 222-237. 119 Cfr. V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., ivi.
76
Questa tendenza generale è riscontrata anche nella nostra provincia: il
primo comunicato che il Direttorio provinciale dell’Ond pubblicò su “Il
Solco” nel 1929 riguardava proprio “Il giuoco della Volata”; l’articolo
occupa ben due colonne, nelle quali vengono date delucidazioni sulle
principali norme tecniche che governavano questo sport, il quale -recita
l’articolo- “sta interessando moltissimo l’ambiente sportivo nazionale”.120
In maggio, si costituì a Teramo una squadra di giocatori “di questo
nuovo e italianissimo giuoco”, sotto la guida del neo direttore tecnico per la
“volata”, Ottorino Tommassini. Le iscrizioni erano aperte a tutti i
dopolavoristi e gli allenamenti si tenevano ogni domenica.121
Nel 1929, su 11.084 sodalizi dipendenti dall’Ond, ben 3.554
praticavano attività sportiva, con un complesso di 53.438 manifestazioni,122
fra le quali merita particolare menzione il primo “Concorso nazionale
Ginnico Atletico”, svoltosi a Roma con la partecipazione di oltre quattromila
dopolavoristi nei giorni 11, 12 e 13 ottobre, presso lo stadio del Pnf e il
120 Opera Nazionale Dopolavoro. Direttorio Provinciale di Teramo. Il giuoco della
“Volata”, in “Il Solco”, 13 gennaio 1929. 121 Cfr. Opera Nazionale Dopolavoro. Direttorio Provinciale di Teramo. Giuoco della
volata, in “Il Solco”, 12 maggio 1929. 122 Cfr. O.N.D. Realizzazioni e sviluppo, cit., p. 23.
77
campo sportivo militare della Farnesina.123
Anche Teramo, “non seconda a nessuna città d’Italia per giovani baldi e
vigorosi”, fu rappresentata “con una forte ed allenata squadra del
Dopolavoro Provinciale”. Gli allenamenti ebbero inizio il 1° settembre sotto
la “valente guida” del ten. Bruno Cioschi, direttore tecnico per lo sport e si
tenevano tutte le domeniche dalle sette alle dieci, presso il campo dell’Onb
(Opera nazionale balilla). La selezione dei partecipanti, che si classificarono
primi della regione abruzzese-molisana, fu fatta tenendo conto anche
dell’assiduità di presenza agli allenamenti.
Questo piazzamento venne annunciato da “Il Solco” con un articolo
tutto permeato di toni epici, del quale si riportano alcuni passi che,
nell’esaltare la tenacia e la perseveranza degli atleti teramani impegnati e del
loro allenatore, spiegano il segreto di questo successo:
123 Cfr. O.N.D. Realizzazioni e sviluppo, cit., p. 23; Manifestazioni sportive dell’O.N.D. Il
Primo Concorso Ginnico Atletico Nazionale dei Dopolavoristi d’Italia, in “Il Solco”, 1°
settembre 1929, p. 1. Le disposizioni generali, relative alle modalità di svolgimento del
concorso ginnico, furono rese note a ciascun Dopolavoro attraverso una circolare
contenuta nel Bollettino Ufficiale del luglio 1929: cfr. O.N.D. Bollettino Ufficiale, n. 5,
luglio 1929, pp. 15-23. Un’ulteriore circolare dava altre indicazioni relative alla richiesta
dei costumi per le squadre: cfr. O.N.D. Bollettino Ufficiale, n. 6, agosto 1929, circ. n. 65,
12 settembre 1929.
78
L’Atletica leggera era pressoché sconosciuta fra noi. Si trattava,
quindi, di iniziare gli elementi sportivi a questo genere nuovo di ginnastica;
e la gioventù accorse alle attività atletiche del Dopolavoro, con l’entusiasmo
proprio dell’età. Ogni sera, venivano i giovani operai, stanchi forse del
lavoro giornaliero, ma animati dal desiderio tenace di riuscire, infuso nelle
loro anime dai saldi principi dell’educazione fascista. Corsa, nuoto, salto,
getto del sasso, tiro a segno, esercizi elementari, tutto fu provato, insegnato
ad uno per uno.
E ancora:
L’allenamento metodico, costante, rubando ai giorni le ore, condusse
finalmente alla realizzazione: dall’elemento -uomo-, scaturì il ginnasta. E
raddoppiando negli ultimi tempi le cure ai prescelti, fu finalmente formata
una bella squadra, salda, pronta per la prova.
Premio alle fatiche di tutti, una targa in bronzo, testimonia il lavoro
compiuto: arra di future vittorie ai più giovani dopolavoristi, pronti sempre
a difendere i colori di Teramo, con cuore e braccio di fascisti.
Seguono, a questo punto, i ringraziamenti al ten. Cioschi -che “con
ferma volontà seppe plasmare i ginnasti di quello spirito di disciplina e
passione sportiva che nei ludi ginnici sviluppa l’armonia delle membra e
tempera l’organismo a fatiche e audacie”- e ai quattordici componenti la
squadra, dai quali si attendono “nelle future competizioni sui campi sportivi
79
d’Italia, sempre maggiori prove di volontà, di sacrificio, di disciplina”.124
Infine, rimanendo nell’ambito dell’attività sportiva, abbiamo notizie di
allenamenti di squadre di calciatori, pugilisti e sciatori; mentre il Gruppo
provinciale ottenne una buona affermazione alla adunata ciclistica di
Pescara.
Mancano del tutto informazioni sull’attività escursionistica, a parte
quelle sulla “scampagnata” organizzata a Civitella del Tronto, in occasione
della “Festa del Fiore”.
124 La squadra sportiva del dopolavoro provinciale di Teramo al 1° Concorso Ginnastico
dei Dopolavoristi d’Italia, in “Il Solco”, 21 ottobre 1929.
80
Capitolo terzo L’attività relativa all’anno 1930.
1. Introduzione.
L’indagine sui Dopolavoro provinciali condotta nel 1930. Il 2° “Congresso
provinciale dei Segretari politici dei Fasci”: la malcelata insoddisfazione dei quadri provinciali sull’andamento dell’Opera in provincia. La costituzione di sezioni del Dopolavoro a Civitella del Tronto e Ancarano.
Risulta difficile, per chi voglia tracciare un quadro chiaro dell’attività
dell’Ond, trovare dati precisi e distinti per regioni e province; raramente,
infatti, il regime si preoccupò di diffondere relazioni statistiche che non
fossero quelle di carattere nazionale. Secondo Albertina Baldi, autrice di un
interessante articolo sull’attività dell’Ond in Toscana, ciò derivava “dalla
spiegabile riluttanza a fare quadri comparativi, che avrebbero posto in luce
debolezze ancora evidenti fra zona e zona ed avrebbero impedito le
innumerevoli manipolazioni che i dati nazionali potevano permettere,
inglobando anche iniziative di cui si aveva solo modesto patrocinio”.125
Un raro esempio è costituito da una indagine sui Dopolavoro provinciali
condotta nel 1930 dall’Ond la quale, se da una parte denota lo sforzo
125 A. Baldi, Il Dopolavoro strumento di propaganda del fascismo, cit. L’autrice precisa,
tra l’altro, che lo stesso annuario dell’Ond reca relazioni precise suddivise per regioni e
città soltanto nel 1939, con riferimento all’attività svolta durante il 1938, all’apice cioè
dell’espansione del Dopolavoro in Italia.
81
compiuto dal regime per diffondere ovunque il Dopolavoro, dall’altra
evidenzia il ritardo e, quindi, le difficoltà incontrate nella diffusione di
questa istituzione nelle zone meno industrializzate, in particolare in quelle
del Mezzogiorno. Bisogna tener conto, però, come bene ha rilevato
Lyttelton, che al Sud “il Dopolavoro fu una novità reale: prima di esso non
erano esistite altre associazioni che i circoli in cui i notabili locali giocavano
a carte”.126
Nel Nord Italia, invece, il Dopolavoro si diffuse più rapidamente dal
momento che, con l’uso della forza, si venne a sostituire a quei nuclei di
organizzazione operaia, come le “Società di Mutuo Soccorso”, che già da
tempo esistevano ed operavano.127
126 A. Lyttelton, La conquista del potere, cit., p. 645. Della stessa opinione è anche
Palmiro Togliatti, il quale nelle sue “Lezioni sul fascismo”, nel capitolo dedicato al
Dopolavoro, passando in rassegna le forme di organizzazione operaia che avevano
preceduto quelle fasciste, sottolinea come queste, nel Mezzogiorno, “non esistevano, o
almeno esistevano in misura molto limitata”: cfr. P. Togliatti, Lezioni sul fascismo. Corso
di quindici lezioni tenute da Togliatti alla sezione italiana della Scuola Leninista di
Mosca sul tema “Gli avversari”, Roma, Editori Riuniti, 1972, p. 99. 127 Cfr. A. Baldi, Il Dopolavoro strumento di propaganda del fascismo, cit., pp. 634-36. I
nuclei di organizzazione operaia che traevano vita da vari movimenti politici, da quello
moderato borghese a quello anarchico sindacalista, non svolsero solo compiti puramente
di soccorso e previdenza, ma divennero centri di svago e di iniziative culturali. Non erano
quindi soltanto una sede ove erano presenti le organizzazioni politiche e sindacali dei
lavoratori, ma erano in primo luogo libere associazioni, aperte ai cittadini di ogni
82
Nelle tabelle che seguono si riportano i dati relativi alla ripartizione
regionale dei tesserati all’Ond per il primo quinquennio e quelli relativi alla
ripartizione provinciale per il 1930, così come risultano dalla suddetta
indagine.128
Tabella 1. Ripartizione regionale dei tesserati Ond nel quinquennio 1926-30 (compresi i muniti di tessera F.I.E.)
Numero dei tesserati - 1926-30
Regioni 1926 1927 1928 1929 1930 Piemonte 73.984 118.362 143.773 229.507 252.964 Liguria 15.043 24.286 48.907 79.380 85.322 Lombardia 60.027 131.228 171.264 266.521 302.639 Venezia Trid. 2.605 4.667 16.304 25.314 27.848 Veneto 20.099 38.553 75.491 96.636 130.730 Venezia Giulia 8.692 16.245 28.802 39.093 49.751 Emilia 13.686 28.066 43.854 92.871 94.673 Toscana 21.877 48.290 63.079 101.893 123.906 Marche 4.952 11.136 10.958 31.106 38.152 Umbria 2.163 5.747 15.547 23.993 26.878 Lazio 25.327 44.017 76.427 83.820 108.606 Abruzzi 555 1.126 14.071 21.390 23.031 Campania 11.166 21.750 67.165 98.934 123.696 Puglie 6.615 12.674 30.295 51.254 39.231 Basilicata 188 3.883 5.862 7.954 Calabria 3.007 6.353 15.182 33.360 41.706 Sicilia 10.786 21.253 40.889 100.180 98.772 Sardegna 4.396 7.696 11.112 20.691 Colonie 600 Estero 50.000 25.000
Totale generale 280.584 538.337 882.589 1.445.226 1.622.140
tendenza, che si ponevano come scopo quello di essere un centro popolare di svago, di
cultura e di educazione civica. Il fascismo, quindi, si affrettò a distruggere queste
organizzazioni, ad impossessarsene, creando nel frattempo i mezzi per la loro
sostituzione. 128 Cfr. I primi cinque anni di attività dell’Opera Nazionale Dopolavoro, cit., pp. 197-
198. Il numero degli abitanti indicati nella tabella n. 2 si riferisce al censimento 21 aprile
1931, riportato in Annuario Statistico Italiano 1931, Roma, 1931, pp. 24-25.
83
Tabella 2. Ripartizione dei tesserati Ond per provincia nell’anno 1930 (compresi i muniti di tessera F.I.E) e rapporto percentuale tra tesserati e numero abitanti. Provincia iscritti abitanti rapporto provincia iscritti abitanti rapporto
Agrigento 8.701 398.362 2,18 Cosenza 13.682 548.088 2,50
Alessandria 47.900 755.680 6,34 Cremona 9.340 364.655 2,56
Ancona 16.941 356.729 4,75 Cuneo 18.322 617.770 2,97
Aosta 14.992 223.923 6,70 Enna 4.862 253.730 1,92
Aquila 6.108 344.203 1,77 Ferrara 8.095 366.270 2,21
Arezzo 6.685 300.477 2,22 Firenze 39.361 839.774 4,69
Ascoli P. 7.115 288.693 2,46 Fiume 7.348 106.532 6,90
Avellino 7.172 421.390 1,70 Foggia 6.909 504.429 1,37
Bari 14.115 936.409 1,51 Forlì 11.703 421.771 2,77
Belluno 9.207 210.319 4,38 Frosinone 10.737 414.697 2,59
Benevento 9.828 330.553 2,97 Genova 56.271 831.024 6,77
Bergamo 15.728 582.802 2,70 Gorizia 6.380 205.717 3,10
Bologna 29.211 681.963 4,28 Grosseto 5.377 176.586 3,04
Bolzano 12.151 269.354 4,51 Imperia 8.955 162.210 5,52
Brescia 25.793 709.876 3,63 Lecce 7.133 485.975 1,47
Brindisi 2.871 241.107 1,19 Livorno 11.659 245.343 4,75
Cagliari 3.446 475.643 0,72 Portoferr. 4.450
Caltanissetta 6.372 258.771 2,46 Lucca 15.332 339.394 4,52
Campobasso 5.398 374.798 1,44 Macerata 6.334 277.277 2,28
Catania 14.905 697.233 2,14 Mantova 3.784 396.962 0,95
Catanzaro 15.335 570.513 2,69 Massa Carr 3.853 189.266 2,04
Como 31.454 486.939 6,46 Messina 18.005 597.899 3,01
continua...
84
...segue: Provincia iscritti abitanti rapporto provincia iscritti abitanti rapporto
Milano 159.519 1.998.225 7,98 Rovigo 7.729 312.623 2,47
Modena 12.151 447.735 2,71 Salerno 18.049 662.148 2,73
Napoli 88.647 2.068.247 4,29 Sassari 8.544 289.243 2,95
Novara 44.489 389.142 11,43 Savona 10.183 220.832 4,61
Nuoro 2.803 207.539 1,35 Siena 9.272 260.799 3,56
Padova 22.587 631.774 3,58 Siracusa 8.504 288.790 2,94
Palermo 23.263 935.015 2,49 Sondrio 5.673 133.740 4,24
Parma 5.732 372.805 1,54 Spezia 9.913 221.003 4,49
Pavia 22.529 471.124 4,78 Taranto 8.204 304.360 2,70
Perugia 11.547 514.946 2,24 Teramo 2.788 226.043 1,23
Pesaro 7.762 294.024 2,64 Terni 15.331 178.956 8,57
Pescara 3.476 193.460 1,80 Torino 93.990 1.146.043 8,20
Piacenza 5.850 290.387 2,01 Trapani 6.386 385.528 1,66
Pisa 17.443 334.705 5,21 Trento 15.697 390.202 4,02
Pistoia 10.474 201.801 5,19 Treviso 14.142 560.365 2,52
Pola 10.962 298.072 3,68 Trieste 22.635 348.410 6,50
Potenza 4.460 348.142 1,28 Udine 17.253 717.923 2,40
Ragusa 7.774 245.532 3,17 Varese 23.819 382.197 6,23
Ravenna 13.649 272.278 5,01 Venezia 24.388 590.174 4,13
Reggio C. 12.689 548.818 2,31 Vercelli 33.271 359.425 9,26
Reggio E. 8.282 360.705 2,30 Verona 21.329 559.158 3,81
Roma 85.708 1.567.856 5,47 Vicenza 14.095 528.095 2,67
Viterbo 7.362 230.021 3,20 Zara 2.406 20.314 11,84
Totale 1.596.580 41.145.041 3,88
85
I dati relativi alla ripartizione provinciale dei tesserati della regione
abruzzese-molisana sono stati pubblicati anche su “Il Solco” del 23 febbraio
1930. Tuttavia, da una analisi comparata, si ricava che quelli riportati
sull’organo della Federazione provinciale fascista teramana sono
notevolmente diversi: 2.833 risultano essere gli iscritti in provincia di
Teramo, 4.381 in provincia di Pescara, 5.802 in provincia di Chieti, 2.852 in
provincia di Campobasso e 4.111 in provincia dell’Aquila, per un totale di
19.979 tesserati. Non riuscendo a spiegare una simile discrepanza, abbiamo
ritenuto più conveniente affidarci alle tabelle statistiche pubblicate
sull’organo ufficiale della Direzione centrale dell’Ond, dal momento che,
contenendo anche le cifre relative a tutte le altre province italiane, offrono
una visione più completa della situazione.
Nel 1930 gli iscritti all’Ond erano, dunque, 1.622.140. Di questi,
soltanto 23.031 appartenevano alla regione abruzzese-molisana, il cui
numero di dopolavoristi, in valore assoluto, era superiore soltanto a quello
della Sardegna e della Basilicata. Dei 23.031 tesserati abruzzesi solo 2.788
risiedevano in provincia di Teramo, la quale deteneva, quindi, il primato del
minor numero assoluto di iscritti, non solo tra le province abruzzesi, ma
anche fra tutte quelle italiane. Se andiamo a mettere in relazione il numero
degli iscritti con quello della popolazione residente in ciascuna provincia,
86
quella di Teramo figura al quartultimo posto: ne risulta che l’espansione del
Dopolavoro era ancora lontano dall’aver dato i frutti sperati.
Il 30 giugno dello stesso anno si tenne a Teramo il secondo “Congresso
provinciale dei Segretari politici dei Fasci”. In seguito ad una assenza
“giustificata” del vicepresidente Arduini, il dott. Romolo Lucangeli fu
incaricato dal segretario federale di esporre la relazione sul Dopolavoro. In
base ai dati statistici, da questi forniti, la cifra di 1.532 iscritti con la quale si
chiuse il tesseramento 1929 era stata non solo raggiunta, ma superata di 837
unità; mentre i nuclei dopolavoristici costituiti erano 45 e così ripartiti:
Dopolavoro comunali n. 28, sottosezioni dell’Ond n. 11, istituzioni aderenti
n. 5, Dopolavoro femminili n. 1.129
Dal confronto di questi dati con quelli della tabella n. 3,130 riportata
nella pagina seguente, emerge che solo il 15% dei circoli dopolavoristici
esistenti in Abruzzo erano situati nella nostra provincia.
129 Cfr. Il Congresso Provinciale. A Rapporto. Dopolavoro, in “Il Solco”, 27 luglio 1930,
p. 1. 130 Cfr. I primi cinque anni di attività dell’Opera Nazionale Dopolavoro, cit., p. 200.
87
Tabella 3. Distribuzione dei Dopolavoro per regioni, nell’anno 1930.
Numero dei Dopolavoro - 1930
Regioni Dopolavoro rionali
Dopolavoro comunali
Dopolavoro aziendali
Dopolavoro femminili
Dopolavoro in genere
Totale
Piemonte 266 581 291 15 932 2.118 Liguria 83 199 120 19 429 850 Lombardia 96 941 408 44 887 2.376 Venezia Trid. 3 228 8 1 104 344 Veneto 97 602 211 12 412 1.334 Venezia Giulia 47 168 37 8 131 391 Emilia 225 335 126 9 421 1.116 Toscana 307 236 186 16 582 1.327 Marche 117 176 9 19 65 386 Umbria 81 65 13 7 27 193 Lazio 62 335 166 11 189 763 Abruzzi 9 232 3 17 36 297 Campania 76 343 61 18 233 731 Puglie 1 212 16 24 61 314 Basilicata 3 76 1 3 19 102 Calabria 25 346 10 5 53 439 Sicilia 64 333 53 23 240 713 Sardegna 5 128 20 11 69 233 Dopolav. Statali 400 400
Totale 1.567 5.539 2.139 292 4.890 14.427
Lo stesso segretario federale del resto, al termine della relazione esposta
da Lucangeli, non poté evitare di sottolineare l’esiguità del numero dei
Dopolavoro costituiti e, soprattutto, di quelli che funzionavano
correttamente:
...in Provincia sono pochi i Dopolavoro costituiti e pochi quelli che
funzionano lodevolmente. Bisogna mettersi al lavoro di organizzazione con
serietà d’intenti e con fermi propositi. Solo così le difficoltà scompariranno.
Facendo appello allo spirito fascista dei Capi delle Amministrazioni
88
Comunali, si può ottenere qualche modesto sussidio e l’istituzione tanto cara
al Partito troverà il modo di reggersi e di progredire.131
Le uniche sezioni della cui recente costituzione abbiamo notizia sono
quelle di Civitella del Tronto e di Ancarano. Il Dopolavoro comunale di
Civitella fu inaugurato il 16 giugno, con l’intervento delle autorità locali. Per
l’occasione, il segretario politico del Fascio locale pronunciò un discorso sui
doveri che incombono sui dopolavoristi, “incitando tutti al lavoro onesto e
proficuo, alla elevazione culturale, per migliorare se stessi e gli altri, secondo
i dettami del Duce”. Al termine della cerimonia, sotto le note della banda
aderente al Dopolavoro, diretta dal maestro Giuseppe Adriani, a tutti gli
intervenuti fu offerta una “bicchierata”.132
Il Dopolavoro comunale di Ancarano non fu computato fra le
quarantacinque unità censite in occasione del secondo Congresso federale, in
quanto inaugurato il 29 luglio, ricorrenza del patrono S. Simplicio. La
cerimonia fu allietata dall’intervento del Concerto musicale “F.lli Reino” di
S. Eusanio del Sangro. Dopo le brevi parole del presidente Guido
Pierannuzzi, distribuite le tessere e i distintivi ai 42 iscritti, il segretario
131 Il Congresso Provinciale. A Rapporto. Dopolavoro, in “Il Solco”, 27 luglio 1930, p. 1. 132 Dalla Provincia. Da Civitella del Tronto. Inaugurazione del Dopolavoro, in “Il
Solco”, 1 giugno 1930, p. 5.
89
comunale Emidio De Antoniis illustrò “i vari scopi che il Duce volle fossero
il cardine su cui poggiar deve la bella opera del Dopolavoro”. In chiusura
vennero letti due telegrammi inviati dal presidente, rispettivamente al
segretario federale e al presidente del Dopolavoro, così compilati:
1° - Presidente Dopolavoro Provinciale Teramo/ Inaugurandosi oggi
Dopolavoro invio devoto saluto Duce rigeneratore Italia/ Presidente
Pierannunzi.
2° - Oggi inauguratosi Dopolavoro rinnoviamo nostra devozione
attuale Regime/ Presidente Pierannunzi.133
133 Dalla Provincia. Ancarano. Inaugurazione del Dopolavoro Comunale, in “Il Solco”, 9
agosto 1930, p. 2; cfr., inoltre, Attività dell’O.N.D., in “Il Solco”, 1° dicembre 1930, p. 2.
90
2. Cultura popolare “propriamente detta”. La partecipazione del Dopolavoro provinciale di Teramo alla 1^ “Mostra
Dopolavoristica di Arte e di Mestieri”.
Un ciclo di conferenze virgiliane tenuto nel mese di maggio dal prof.
Paolo Colombo,134 un corso di stenografia,135 corsi serali per analfabeti
adulti, corsi di cultura professionali per impiegati, operai e artigiani136 e la
costituzione di 20 biblioteche, distribuite ai vari Dopolavoro dipendenti,137
caratterizzarono -nel corso del 1930- l’attività culturale “propriamente
detta”, cioè quella finalizzata ad istruire ed informare i lavoratori. Gli iscritti
all’Ond avevano diritto all’esenzione da qualsiasi tassa d’iscrizione e di
frequenza, per ciascuno dei suddetti corsi.
Una particolare attività dell’Ond, inquadrata anche questa nella Sezione
cultura popolare, era costituita dalle mostre dopolavoristiche che
raccoglievano oggetti fabbricati dai dopolavoristi nelle ore di riposo e di
svago. Il 24 maggio 1930, a Bolzano, fu inaugurata dal duca di Pistoia la
134 Cfr. Cronaca e informazioni. Conferenza Virgiliana, in “Il Solco”, 3 maggio 1930, p.
3. 135 Cfr. Il Congresso Provinciale. A rapporto. Dopolavoro, in “Il Solco”, 27 luglio 1930,
p. 1. 136 Cfr. L’attività dell’O.N.D., in “Il Solco”, 1° dicembre 1930. 137 Cfr. Il Congresso Provinciale. A rapporto. Dopolavoro, in “Il Solco”, 27 luglio 1930,
p. 1.
91
prima “Mostra Dopolavoristica di Arte e di Mestieri”. Essa -si legge sulla
circolare che ne annuncia l’imminente inizio- doveva essere un monito a non
sciupare le ore libere “in abulico ozio” ed un incoraggiamento a coltivare nel
tempo libero “quelle attitudini speciali [...] che non possono trovare
applicazione nelle professioni esercitate”. La mostra accolse circa dodicimila
oggetti prodotti da duemila dopolavoristi del regno e delle colonie e
comprendeva sei sezioni: letteratura artistica (romanzi, novelle, poesie,
canzoni, componimenti musicali, pitture, sculture e caricature), artistico-
decorativa (mobili, soprammobili, lampadari, maioliche, ecc.), tecnico-
industriale (macchine, motori, oggetti da caccia e pesca, apparecchi
fotografici e cinematografici), folcloristica (oggetti di carattere locale
tradizionale), casalinga (oggetti per uso domestico, vestiario, floricoltura e
orticoltura), inventiva (modelli di invenzioni per i quali si richiedevano
brevetti a mezzo dell’Ond).
La manifestazione riportò un grande successo e fu visitata dalla
duchessa d’Aosta, dai senatori Guglielmo Marconi, Balbino Giuliano e dalla
scrittrice Margherita Serfatti. Fu inoltre realizzata una raccolta fotografica
dei lavori più notevoli, inoltrata a tutti i Dopolavoro provinciali al prezzo di
lire 10. Il signor Nicola De Fabritiis, membro del Dopolavoro provinciale di
Teramo, inviò una sua composizione musicale che fu premiata con la
92
medaglia di vermeil dal Dopolavoro provinciale di Modena, mentre la
medaglia d’argento del podestà di Teramo fu assegnata al Dopolavoro
femminile di Vercelli.138
138 Cfr. O.N.D. Bollettino Ufficiale, n. 9, novembre 1929, pp. 12-15; Id., n. 1, gennaio
1931, prot. n. 1492, pp. 6-7; Id., n. 4, aprile 1931, pp. 28-41; O.N.D. Realizzazioni e
sviluppo, cit., p. 94.
93
3. Folklore. Il successo riscosso dalla rappresentanza teramana al “Raduno dei Costumi
d’Italia”, in occasione delle nozze dell’erede al trono. La “Festa dell’Uva”: riuscito connubio tra riscoperta delle tradizioni e momento utilitaristico. La celebrazione della festa a Teramo. La riesumazione delle feste patronali. I festeggiamenti in onore di Maria SS. delle Grazie, protettrice di Teramo.
Notevoli furono i progressi fatti nel settore folklore. Nel 1930, infatti,
una rappresentanza del nostro Direttorio provinciale ebbe per la prima volta
modo di partecipare ad una adunata in costume di rilevanza nazionale. Il
gruppo folcloristico di Teramo prese parte al “Raduno dei Costumi d’Italia”
in Roma, indetto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri nei giorni 5-8
gennaio, in occasione delle nozze dell’erede al trono Umberto di Savoia con
la principessa belga Maria José. Composto da quaranta persone, il gruppo
rappresentò i costumi usati, nella prima metà del secolo scorso, “dagli
abitanti della zona collinosa, compresa fra la catena del Gran Sasso ed il
mare, quelli proprii della zona montana e precisamente Pietracamela”.139
Particolarmente ammirata, secondo quanto riferito dalle cronache dell’epoca,
fu la rappresentazione del tipico ballo di Penna S. Andrea, il “Laccio
d’amore”.140 Questa “antichissima” danza, che solitamente veniva ballata da
139 Il Gruppo Folkloristico del Dopolavoro Provinciale di Teramo al Raduno dei costumi
d’Italia in Roma, in “Il Solco”, 19 gennaio 1930, p. 1. 140 Cfr. Il Gruppo Folkloristico del Dopolavoro Provinciale di Teramo al Raduno dei
costumi d’Italia in Roma, in “Il Solco”, 19 gennaio 1930, p. 1; Il cuore d’Italia nelle
94
12 coppie, a Roma fu eseguita da solo 8 coppie.141
Il successo riscosso dall’esibizione trova ulteriore conferma nella
accurata descrizione che la già citata pubblicazione speciale dell’Ond sui
costumi, la musica, le danze e le feste popolari italiane, riporta con dovizia di
particolari:
Varie coppie di giovani (gli uomini danno la destra alle donne e queste
portano in mano il cembalo, col suono del quale accompagnano la danza)
sfilano in corteo, precedute dal suonatore di fisarmonica e dal portatore del
palo, intorno al quale le coppie dovranno ballare. Il palo, all’estremità
superiore, ha un numero di nastri di colori diversi, corrispondente al
numero dei danzatori. Le coppie procedono in fila, danzando, al tempo di
saltarella e tenendo per mano - con le braccia alzate - la fascia che ogni
danzatore porta al fianco; formano una specie di galleria attraverso la
quale successivamente la coppia di coda si porta in testa. Ad un ordine del
capogruppo, il corteo si ferma; il portatore del palo posa a terra il palo
stesso e mette a posto i nastri. Intanto le coppie si pongono attorno al palo,
a forma di cerchio risultando le donne e gli uomini alternati. Al suono della
fisarmonica - tempo di quadriglia - ha inizio il ballo attorno al palo e le
fettucce (nastro) tenute per mano dai danzatori s’intrecciano. Ad un segnale
del capogruppo, i danzatori ballando in senso inverso e con un tempo più
fastose cerimonie per le nozze auguste, in “Il Giornale d’Abruzzo e Molise”, 9 gennaio
1930; L’Abruzzo caratteristico, in “Il piccolo giornale d’Italia”, 7 gennaio 1930. 141 Cfr. Cenni sul balletto “il laccio di amore” - Penna S. Andrea (Teramo), in Opera
Nazionale Dopolavoro. Costumi, danze, musica, cit., p. 219.
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allegro - quello della saltarella - sciolgono l’intreccio. Finita questa parte
del ballo, vengono lanciati i nastri e le coppie seguono la danza del
commiato che viene chiuso con la saltarella abruzzese.142
La sfilata del gruppo teramano si chiuse con il variopinto carro
abruzzese, trainato da una “superba coppia di buoi”, con all’interno “una
nidiata chiassosa e canora di fanciulle, fatta segno all’incessante lancio di
complimenti ed agli applausi della folla”.143
Nella mente e nel cuore degli uomini e delle donne di nostra terra, -
recita un anonimo cronista su “Il Solco”- rimarrà perenne il ricordo della
radiosa giornata. Hanno visto Roma, esultante per il rito nuziale, bella
regina d’Italia e del mondo; hanno visto la Roma dei Cesari ancor sempre
più che mai superba, nella gloria dei suoi monumenti, delle sue tradizioni,
nel delirio del popolo per lo storico avvenimento: forse un senso di
sgomento e di nostalgia per la quiete del paese lontano, avrà stretto il cuore
delle semplici fanciulle di Penna che si stringevano timorose vicino ai loro
uomini, quasi per cercarne la protezione, sentendosi piccine di fronte al
poderoso pulsare di vita della metropoli festante; ora, raccolte intorno al
focolare, nel loro Abruzzo, faranno rivivere alle amiche attonite le vicende
142 Cenni sul balletto “il laccio di amore” - Penna S. Andrea (Teramo), in Opera
Nazionale Dopolavoro. Costumi, danze, musica, cit., p. 219. 143 Il Gruppo Folkloristico del Dopolavoro Provinciale di Teramo al Raduno dei costumi
d’Italia in Roma, in “Il Solco”, 19 gennaio 1930, p. 1.
96
di quattro giorni, la visione di Roma sfolgorante di mille luci, i sorridenti
volti della Principessa e del Principe, le nobile figure dei Re guerrieri.
Dal loro animo sgorgherà un canto nuovo che narrerà la superba
visione.144
Al principesco corteo nuziale presero parte anche le rappresentanze
delle altre quattro province della regione abruzzese-molisana. L’Aquila, che
aveva già partecipato alla gigantesca adunata in costume tenuta a Venezia tra
l’agosto e il settembre del 1928, inviò i famosi costumi di Scanno e
dell’Aquila, “notevoli per l’ampia coppa che le donne portano appuntata
sulla testa e che scende larga sugli omeri e le spalle, incorniciando con grazia
il viso”.145
Chieti, anch’essa reduce da Venezia, inviò i “ricchi” costumi di
Orsogna, di cui furono ammirati “i magnifici talami ed abbondanti ori”.146
144 Il Gruppo Folkloristico del Dopolavoro Provinciale di Teramo al Raduno dei costumi
d’Italia in Roma, in “Il Solco”, 19 gennaio 1930, p. 1. 145 Cfr. Adunata del costume nazionale in Roma, VII gennaio MCMXXX. Il corteo dei
costumi d’Italia, in Opera Nazionale Dopolavoro. Costumi, danze, musica, cit., p. 262; I
raduni dei costumi italiani a Venezia, 18-19 agosto - 8-9 settembre 1928. Relazione della
giuria, ivi, p. 149 146 Cfr. Adunata del costume nazionale in Roma, VII gennaio MCMXXX. Il corteo dei
costumi d’Italia, in Opera Nazionale Dopolavoro. Costumi, danze, musica, cit., p. 262; Il
cuore d’Italia nelle fastose cerimonie per le nozze auguste, in “Il Giornale d’Abruzzo e
Molise”, 9 gennaio 1930
97
Campobasso, che come Pescara e Teramo era alla sua prima esperienza,
sfilò con i costumi del Matese e dell’antico Sannio, caratterizzati da preziosi
ricami.
Pescara si presentò all’adunata con il gruppo più folto, comprendente le
rappresentanze di ben sei comuni: Villa Badessa, Loreto Aprutino,
Caramanico, Città S. Angelo, Spoltore e Cappelle.147
Vittoria De Grazia ha osservato che questo matrimonio “fu, se non
proprio una cerimonia fascista, un’occasione colta al volo per farne una
autentica festività nazionale. [...] Mescolando come fecero i tradizionali
costumi contadini, le decorazioni militari di Casa Savoia e le sobrie divise
fasciste, le immagini della cerimonia -che fu uno degli avvenimenti più
propagandati prima della campagna d’Etiopia- lasciarono intendere che per
un breve istante si fosse raggiunta la piena fusione tra consuetudini popolari,
tradizioni dinastiche e rituale fascista”.148
Le “fauste” nozze non costituirono, però, l’unica opportunità sfruttata
per lenire la fastidiosa dicotomia tra nazionalismo e localismo, con cui il
regime si trovò a dover fare i conti nel suo intento di riscoprire tradizioni.
Nel 1930, infatti, anche la “Festa dell’Uva”, proclamata per volere del Capo
147 Adunata del costume nazionale in Roma, VII gennaio MCMXXX. Il corteo dei costumi
d’Italia, in Opera Nazionale Dopolavoro. Costumi, danze, musica, cit., p. 262.
98
del governo festività nazionale da celebrarsi il 28 settembre di ogni anno,
aggiunse al suo scopo prettamente consumistico quello più sottile di
supporto alla suddetta esigenza.149
Sebbene organizzata su scala nazionale, ogni singola festa vinicola si
svolgeva in base a specifiche usanze locali, ricorrendo in genere a forme
rituali derivate dalla tradizionale festa del raccolto o sagra contadina. Mentre
ai comitati locali, presieduti dai podestà e costituiti dai gerarchi e dai
rappresentanti di tutte le organizzazioni del regime, era demandata
l’organizzazione burocratica della festa (la quale doveva avere “vero e
proprio carattere di smercio d’uva”), all’Ond era invece affidata la cura delle
singole manifestazioni folcloristiche che all’interno di ciascuna festa
avevano a svolgersi.150
Anche a Teramo, così come in tutta Italia, la “Festa dell’Uva” ebbe il
suo “degno svolgimento”. Secondo le superiori disposizioni, si costituì
l’apposito comitato presieduto dal comune, con l’incarico di concretare la
celebrazione della manifestazione.151 Fin dalle prime ore del mattino di
148 V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., p. 247. 149 Cfr. Opera Nazionale Dopolavoro. Costumi, danze, musica, cit., p. 78. 150 Cfr. La prima “Festa dell’Uva”, in “Il Solco”, 7 settembre 1930, p. 3. 151 Per ciò che concerne più propriamente la ripartizione delle incombenze organizzative,
si legge su “Il Solco” che “il Dopolavoro Provinciale (prese) l’incarico
99
domenica 28 settembre, nei portici di corso S. Giorgio, in quelli di corso
Trivio e alla Villa comunale, furono predisposti banchi di vendita addobbati
ed infiorati. Contemporaneamente gruppi di giovani fasciste, dopolavoriste
ed avanguardisti erano impegnati nella distribuzione di “pratici sacchetti
dell’uva” alla popolazione e di “artistici cestini alle Autorità Provinciali”. La
vendita della mattinata si chiuse con un “ottimo bilancio: [...] i banchi di
vendita come le apposite squadre più volte rifornite di sacchetti, dovevano
terminare la vendita avendo esaurito completamente la provvista dell’uva
stessa”. Nel pomeriggio, a cura del Dopolavoro provinciale e della
Delegazione dei Fasci femminili, furono allestiti un “affiatato” coro di
giovani fasciste e di dopolavoriste, sotto la “valente” direzione della prof.ssa
Monticelli, come pure una orchestrina campagnola con organetti, i cui
componenti indossavano i tradizionali costumi di Penna S. Andrea, “mentre
le signorine vestivano quell(i) della provincia di Teramo, che già
figur(arono) al grandioso raduno del costume di Roma”.
dell’organizzazione dei banchi di vendita ed in unione con l’O.N.B. e la Delegazione
Prov.le dei Fasci Femminili, (provvide) alla formazione delle squadre di volenterose
signorine e giovani, ed infine con la partecipazione della Federazione Prov.le degli
Agricoltori e della Cattedra Ambulante dell’Agricoltura, (provvide) al Corteo dei Carri
Folkloristici, mentre gli altri Enti competenti coordinavano l’accentramento dell’uva da
distribuire e la partecipazione dei commercianti locali”: cfr. La celebrazione della Sagra
dell’Uva a Teramo, in “Il Solco”, 5 ottobre 1930, p. 1.
100
Alle ore 16 ebbe luogo la sfilata dei caratteristici carri abruzzesi, che da
piazza Madonna si portarono, attraverso corso Trivio e corso S. Giorgio alla
Villa comunale. Al ritorno i carri si disposero in semicerchio sulla piazza,
dove il coro ed il gruppo in costume eseguirono canzoni e danze popolari:
...questo coro sempre più forte che si è elevato nel pomeriggio di
domenica non era se non una parte di quello immensamente grande e
significativo che da ogni luogo d’Italia si è innalzato per glorificare ed
esaltare con l’espressione più bella dell’animo, il silenzioso lavoro della
terra come dono della fertilità della nostra patria.
La “Festa dell’Uva” ebbe un “così pieno raggiungimento” anche ad
Atri, Giulianova e Colonnella dove, per iniziativa dei rispettivi Dopolavoro,
furono organizzati spettacoli folcloristici e filodrammatici, “su soggetti
corrispondenti alla Festa”.152
Nel vasto movimento per la rivalutazione delle tradizioni popolari,
furono inquadrate oltre alle feste civili anche quelle religiose. Il fascismo,
infatti, aveva modificato fortemente il suo atteggiamento iniziale nei
confronti della Chiesa, accantonando l’anticlericalismo degli inizi e
valorizzando sempre più le stesse feste religiose. Il Concordato del 1929
sancì definitivamente e diede nuovo impulso a questo atteggiamento: di
152 La celebrazione della Sagra dell’Uva a Teramo, in “Il Solco”, 5 ottobre 1930, p. 1.
101
conseguenza, molte ricorrenze che lo stato laico aveva relegato in un ruolo
marginale e poco appariscente vennero rispolverate e, soprattutto, arricchite
di elementi nuovi e più moderni. Le feste patronali assunsero un’importanza
tale, nell’ambito delle celebrazioni pubbliche riesumate dal regime, che ad
esse il direttore generale dell’Ond dedicò gran parte del discorso tenuto ad
Anversa, in occasione del secondo “Congresso internazionale per le arti
popolari”:
... i santissimi patroni, oggi, vengono nuovamente festeggiati con la
grandiosità di un tempo. Ritornano le navi, i carri trionfali, le bare, i
misteri, i talami, i quadri plastici, i gigli, i ceri, i candelieri, i cortei storici,
le rappresentazioni sacre, i canestri processionali, i giochi popolari e tutte
quelle altre manifestazioni che costituiscono il nucleo delle feste e che frutto
dell’immaginazione e del senso decorativo del popolo, sono in se stesse
l’esaltazione del culto religioso di nostra gente.153
Il Dopolavoro -che collaborava all’organizzazione delle celebrazioni dei
santi patroni facilitando il trasporto della gente e mettendo a disposizione
gruppi folcloristici, bande e cori- in queste occasioni toccava la punta
massima della sua capacità inventiva. La coreografia dei festeggiamenti
153 E. Beretta, Relazione presentata al 2° “Congresso internazionale per le arti popolari”,
Anversa, settembre 1930, in Opera Nazionale Dopolavoro. Costumi, danze, musica, cit.,
p. 103.
102
veniva predisposta in modo da richiamare la massima partecipazione
possibile; si assisteva, così, alla fusione del rituale cattolico e di quello laico:
alle storiche processioni e ai cortei vengono affiancati carri allegorici e
umoristici, gare canore, corse ciclistiche, podistiche o nei sacchi, il tutto in
una fantasmagoria di colori e di luci che accompagnano i festeggiamenti.
Non era raro trovare, fianco a fianco, immagini di culto, crocifissi e ritratti
del duce, mentre la banda passava con disinvoltura da “Mira il tuo popolo” a
“Giovinezza”. In chiusura, il fascino e la suggestione della ricorrenza erano
aumentati dagli immancabili fuochi d’artificio.154
Roma tornò, dunque, a celebrare la festa di san Giovanni; Firenze quella
del patrono san Giovanni e di san Rocco; Napoli -diceva Beretta- non
trascurava nessuna ricorrenza religiosa per far rivivere le sue caratteristiche
manifestazioni.155
Gareggiavano con Roma, Firenze e Napoli, in grandiosità e
magnificenza delle feste, Siena, Venezia, Palermo ed anche altre città e
piccoli centri di provincia, fino ai villaggi.
Anche Teramo si lasciò coinvolgere da questa rinnovata tendenza,
154 Cfr. V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., p 241-244. 155 E. Beretta, Relazione presentata al 2° “Congresso internazionale per le arti popolari”,
Anversa, settembre 1930, in Opera Nazionale Dopolavoro. Costumi, danze, musica, cit.,
pp. 94-95.
103
tornando nel giugno 1930 ad “onorare dignitosamente” la sua protettrice
Maria Santissima delle Grazie. Nel programma si legge che i “solenni
festeggiamenti” si protrassero per ben sei giorni; ogni mattina i cittadini
venivano svegliati da un “grandioso bombardamento” offerto dalla Premiata
ditta “Carlo Vallone” e dal suono a festa dei “sacri bronzi”. Terminati i
fuochi, la banda effettuava il giro per le vie principali della città: il 30 giugno
prestò servizio la Banda “Città di Montorio al Vomano”, nei giorni
successivi quella della “Città di Chieti”. Alle solenni funzioni religiose,
celebrate in genere alle ore 10,30 e 18, si alternavano numerosi spettacoli
accessori, che dovevano contribuire a richiamare la massima partecipazione.
Il 28 e 29 giugno furono organizzate rispettivamente una gita sul lago e un
“suggestivo dancing tra i pini”, con lotteria gastronomica. Il 30 giugno,
terminata “la dotta orazione sacra” del padre cappuccino Emidio da Ascoli,
fu aperto il teatro comunale, dove si esibì con uno “scelto repertorio” non
meglio precisato, la compagnia dell’Impresa “Reali” di Roma. Alle ore 18,30
del 1° luglio fu organizzata una corsa di cavalli con fantini, sul percorso di
viale Bovio, mentre alle ore 20 da piazza Garibaldi erano visibili i “fuochi di
gioia” sparati dalla vetta più alta del Gran Sasso in onore della protettrice. Il
2 luglio, alle ore 18,30, partì da piazza Vittorio Emanuele il giro ciclistico
della provincia, il cui percorso lungo 155 chilometri attraversava gran parte
104
dei principali comuni; al primo classificato fu assegnato un premio di
cinquemila lire. Al rientro ebbe luogo l’estrazione di una tombola di lire
tremila. Il 3 luglio fu organizzata una partita di calcio tra la squadra
rappresentativa abruzzese e la squadra di prima divisione nord. Una corsa
con triciclo fu invece dedicata al divertimento dei bambini. A notte tarda,
con un grandioso bombardamento finale, si chiusero i festeggiamenti ed un
treno speciale ricondusse a casa i forestieri giunti dai vicini comuni.156
Feste in onore dei santi patroni furono celebrate anche in provincia. Nel
mese di maggio a Giulianova ebbero un “eccezionale svolgimento” i
festeggiamenti in onore della Madonna dello Splendore; per l’occasione
prestò servizio la banda di San Severo “riscuotendo numerosi applausi”. La
“quanto mai solenne” processione fu completata in chiusura da “splendidi e
artistici fuochi artificiali e da un’imponente illuminazione”.157
Anche a Basciano, comune piccolissimo, fu nuovamente festeggiata la
santa protettrice del paese, la Madonna del Carmine. Qui la cerimonia fu
arricchita da una processione di carri di grano e da una “affollatissima” fiera.
La immancabile competizione sportiva consistette in una corsa podistica per
156 Solenni Festeggiamenti in onore di Maria SS. delle Grazie, in “Il Solco”, 29 giugno
1930. 157 I festeggiamenti della Madonna dello Splendore, in “Il Solco”, 3 maggio 1930, p. 2.
105
dilettanti, attraverso un percorso lungo quattro chilometri.158
Restando sempre nell’ambito della riscoperta di tradizioni sacre e
profane, operata dal regime, ci sembra doveroso segnalare la disputa del
primo “Campionato di tiro della ruzzola”,159 un’umile, ma significativa
manifestazione, che si svolse a Controguerra nel mese di marzo. La volontà
di far rivivere questo gioco tradizionale, i cui meriti vengono attribuiti alla
locale sezione del Dopolavoro, testimonia che persino i “camerati” dei più
piccoli centri della nostra provincia si diedero da fare nel tentativo di
riscoprire una antica identità abruzzese.160
158 Dalla Provincia. Basciano. Festa alla Madonna del Carmine, in “Il Solco”, 9 agosto
1930, p. 2. 159 Il gioco della “ruzzola”, tipico nell’alto teramano, consiste nel far “ruzzolare” su di un
percorso prestabilito, delle “pizze” di formaggio che, nella parte dorsale vengono
avvinghiate con una corda, la cui cima è tenuta con la mano dal partecipante alla gara,
che se ne serve per dare il lancio. Colui che riusciva a lanciare più lontano la propria
“pizza” era il vincitore ed aveva diritto a impossessarsi di quelle dei perdenti. Il gioco ha
origini antichissime, di probabile importazione toscana; ancor oggi viene effettuato con
una piccola variante: al posto del formaggio si adoperano delle forme di legno pieno. 160 Campionato Controguerrese di tiro alla ruzzola, in “Il Solco”, 9 marzo 1930, p. 4.
106
4. L’educazione artistica. La riorganizzazione del concerto bandistico teramano e degli altri complessi
musicali. Le esibizioni a Teramo e provincia: il “rinnovato trionfo della tradizione musicale teramana”. L’inesistente attività nel settore delle filodrammatiche: il rammarico espresso dal direttore della filodrammatica del Dopolavoro di Teramo, Colombo nell’appello lanciato alla cittadinanza su “Il Solco”.
Nel campo dell’educazione artistica, nel 1930 particolarmente proficua
fu l’attività musicale. Sotto l’alto patronato del prefetto e del segretario
federale, si costituì un comitato con il compito di riorganizzare, “su nuove e
solide basi”, la Banda “Città di Teramo” “a cui l’O.N.D. darà un nuovo
indirizzo, una nuova vita, una razionale disciplina, ed un severo controllo”:
Il nuovo Concerto Bandistico -si legge sull’articolo che ne annuncia la
riorganizzazione- sorgerà alle seguenti condizioni.
1 - Avrà carattere di stabilità, essendo composto di elementi locali (che
non saranno distolti se non la sera e nei giorni festivi, dalle ordinarie
occupazioni), ad eccezione di alcuni musicanti dei vicini paesi per questa
stagione soltanto, mentre per l’anno venturo saranno immancabilmente
sostituiti con gli allievi della apposita scuola musicale già da qualche tempo
in funzione.
2 - Non avrà se non rarissime volte, il permesso di andare in giro per le
altre città, essendo esclusivamente a servizio della città di Teramo; per la
quale suonerà tutte le domeniche (possibilmente anche il giovedì) e in tutte
le ricorrenze civili e patriottiche.
107
Nella direzione artistica della banda, al cav. Lodovico Favilla161
subentrò il maestro Alessandro Zunica, il quale aveva già dato prova del suo
talento nel 1923, conducendo al successo la medesima banda, in occasione
del “Concorso bandistico della Settimana abruzzese” di Castellammare
Adriatico. Un’apposita commissione ricevette l’incarico di recarsi in giro per
raccogliere le adesioni e le offerte dei cittadini; il suo lavoro fu naturalmente
affiancato da una adeguata propaganda, fatta di elogi alla “forte terra
d’Abruzzo il cui popolo è ricco più di qualunque altro di attitudini geniali per
quest’arte”, e di continui richiami al “glorioso passato artistico” di questa
istituzione teramana, “sempre ammirata ed invidiata ovunque”.162
Su iniziativa della Direzione tecnica per la musica, furono ricostituiti
con nuovi elementi il quartetto d’archi, diretto dal maestro Righetti ed il
quartetto di violoncelli, diretto dal maestro Masotti; i due complessi musicali
si esibirono per quell’anno nelle sole città di Atri, Montorio e Campli.163
Nella metà di ottobre, presso la sezione del Dopolavoro di Teramo, ebbero
161 Il cavalier Favilla aveva diretto la Grande banda “Città di Teramo” per circa un anno;
la direzione artistica gli fu infatti affidata nel marzo del 1929, quando cioè la banda entrò
nell’orbita del Dopolavoro: cfr. Vita del Dopolavoro. La Grande Banda Città di Teramo,
in “Il Solco”, 11 marzo 1928, p. 3. 162 Riorganizzazione della Banda Cittadina, in “Il Solco”, 5 gennaio 1930, p. 2. 163 Cfr. Il Congresso Provinciale. A Rapporto. Dopolavoro, in “Il Solco”, 27 luglio 1930,
p. 1.
108
inizio i corsi di strumenti a plettro, istituiti in vista della organizzazione di
un’orchestrina del Dopolavoro. Anche Roseto ebbe la sua scuola musicale
per strumenti a plettro, sempre in funzione di una costituenda orchestrina,
mentre a Penna S. Andrea si pensava alla formazione di un concerto
mandolinistico.164 Inoltre, sempre presso il Dopolavoro teramano, furono
costituiti una scuola di canto per dopolavoristi, diretta dal maestro Di Jorio, e
due gruppi corali, uno maschile e uno femminile. La direzione di quello
maschile fu affidata al maestro Nicola De Fabritiis, quella del gruppo
femminile alla prof.ssa Monticelli; l’insegnamento per entrambi aveva luogo,
tre giorni la settimana, nelle ore serali. Identico era anche il repertorio
musicale che comprendeva sia canti regionali, sia canti e brani di opere
classiche e di musica religiosa.165
Il “rinnovato trionfo della tradizione musicale teramana” fu
simboleggiato da una manifestazione corale e orchestrale, organizzata per la
sera del 6 marzo presso la sala dell’Istituto musicale “la Cetra”, con la
164 Cfr. L’inizio dell’attività musicale, in “Il Solco”, 26 ottobre 1930, p. 3; L’attività
dell’O.N.D., in “Il Solco”, 1° dicembre 1930, p. 3. 165 Cfr. Dopolavoro Provinciale. L’inizio dell’attività musicale, in “Il Solco”, 26 ottobre
1930, p. 3; L’attività dell’O.N.D., in “Il Solco”, 1° dicembre 1930, p. 3; Il Congresso
Provinciale. A Rapporto. Dopolavoro, in “Il Solco”, 27 luglio 1930, p. 1.
109
partecipazione di tutte le attività musicali della provincia.166
Nonostante la costituzione nel 1929, nell’ambito del Dopolavoro
provinciale, della Federazione provinciale delle filodrammatiche, nel 1930
l’attività svolta da questo settore era ancora quasi del tutto inesistente. La
filodrammatica del Dopolavoro di Teramo, infatti, si decise ad inaugurare il
suo programma il 6 dicembre, con una nuova operetta del maestro Di Jorio,
dal titolo “Costazzurra”.167 Il direttore della filodrammatica, Colombo, ebbe
ad esprimere il suo rammarico al riguardo in un articolo pubblicato su “Il
Solco”, del quale riportiamo testualmente i passi più significativi:
Mi sono domandato più volte il motivo per il quale qui a Teramo non ci
sia stata in questi due anni nessuna attività filodrammatica bene organizzata
e feconda. Lo scorso anno furon date, che io sappia, tre o quattro recite di
cui una sola per iniziativa della Filodrammatica dipendente dall’O.N.D.
Quest’anno la cosa si presenta ancor più scoraggiante. Non si è riusciti a
mettere su una recita, nonostante tutta la buona volontà dei dirigenti del
Dopolavoro e il tempo perduto da coloro che vorrebbero venire a qualche
risultato positivo.
166 Il Congresso Provinciale. A Rapporto. Dopolavoro, in “Il Solco”, 27 luglio 1930, p. 1. 167 L’attività dell’O.N.D., in “Il Solco”, 1° dicembre 1930, p. 3.
110
Il motivo è forse una scarsa semplicità artistica? Per Teramo non lo
credo. I Teramani, mi pare, tra un ambiente culturale notevole hanno un
teatro civico dove gli anni scorsi furon date rappresentazioni di primo
ordine [...]. Ora un’attività teatrale cittadina è un onore e un vanto per una
città cosifatta. Van bene le conferenze, ma servono a non molti e, a lungo
andare, stancano; van bene le lezioni, ma sono pochissimi quel che le
frequentano, tanto pochi da far gelare il sangue, van bene le passeggiate, ma
hanno un’efficacia educativa molto ridotta. Il teatro, un buon teatro fatto da
gente di qui e frequentato dalla massa popolare locale è veramente una
scuola efficace: imparano a parlare quei che recitano e quei che sentono
recitare, [...] si affila il buon gusto del popolo, la cultura, la capacità
intellettuale [...]. Perché mai, allora, non è possibile mettere insieme una
buona compagnia di prosa? Perché c’è un po’ d’apatia, di freddezza; perché
nessuno vuol correre il rischio d’esser criticato. Tutto ciò è deplorevole.
Quanto all’apatia, bisogna distruggerla. Quanto alla paura di far male,
bisogna che ciascuno si persuada che s’impara a furia di sbagli [...]. C’è
poi, riguardo alle attrici, un’altra diavoleria che, all’atto pratico, mette un
povero direttore d’una filodrammatica in un mare di guai: le famiglie non
lasciano che le signorine vengano a recitare perché c’è un pregiudizio: che,
cioè, le signorine di buona famiglia stanno male in una compagnia di
filodrammatica. E’ roba da mettersi le mani nei capelli! Alla testa della
filodrammatica stanno persone per bene; si esige disciplina, correttezza e
puntualità; è indispensabile la buona condotta civile e morale; se i genitori
accompagnano alle prove le signorine, tanto meglio; se no, stian pur certi
che le loro figliuole sì troveranno in un ambiente ineccepibile. [...] Dunque,
111
attendiamo che qualcheduno e qualcheduna di buona volontà venga a
presentarsi per recitare. Sarà tanto di guadagnato per Teramo.168
168 P. Colombo, La questione filodrammatica a Teramo, in “Il Solco”, 15 giugno 1930, p.
2. A chiusura dell’articolo, segue una breve nota a commento del direttore de “Il Solco”:
“Le osservazioni del camerata Colombo, Direttore della Filodrammatica Dopolavoristica,
sono giustissime e bene imbroccate. Sarebbe proprio ora che le famiglie cominciassero a
persuadersene”.
112
5. L’attività sportiva. L’inquadramento sportivo dei dopolavoristi. Le selezioni in provincia per la
partecipazione ai “Campionati crossistici nazionali”. La sterile attività della Sezione escursionismo in provincia di Teramo: le gite a Castelli, a Collurania ed al Ceppo.
Nelle sezioni della provincia, sempre sotto la direzione del “camerata”
Cioschi (direttore tecnico provinciale per lo sport), andava nel frattempo
affermandosi gradatamente l’inquadramento sportivo dei dopolavoristi: si
provvide alla formazione delle Sezioni sportive di tiro alla fune, bocce,
ciclismo e cicloturismo, “palla al volo”, tamburello e canottaggio a sedile
fisso.169
Furono inoltre costituite le squadre di ginnastica ed atletica leggera, i
cui capisquadra vennero scelti tra gli atleti che diedero alla provincia, anche
per quest’anno, l’opportunità di essere rappresentata al secondo “Concorso
Ginnico-Atletico Nazionale dei Dopolavoristi d’Italia”.170
La squadra del gioco della “volata”, costituitasi già nel 1929,
169 Cfr. Vita Fascista Teramana. Dopolavoro, in “Il Solco”, 21 settembre 1930, p. 2;
L’attività dell’O.N.D., in “Il Solco”, 1° dicembre 1930, p. 2. 170 Cfr. Vita Fascista Teramana. Dopolavoro, in “Il Solco”, 21 settembre 1930, p. 2; Il
Congresso Provinciale. A Rapporto. Dopolavoro, in “Il Solco”, 27 luglio 1930, p. 1. I
“rigorosi e razionali” allenamenti che consentirono di selezionare la squadra che prese
parte al concorso, ebbero luogo nel campo messo a disposizione dalle autorità comunali;
gli atleti teramani ottennero una non meglio precisata “ottima classifica”: cfr. Note
Sportive. I lavoratori e lo Sport, in “Il Solco”, 28 settembre 1930, p. 2.
113
continuava nel frattempo i suoi allenamenti, sperando di poter al più presto
“misurarsi con le consorelle della Regione”.171
Nella seconda decade del mese di gennaio, a Teramo e in tutti i
capoluoghi di provincia italiani, previa autorizzazione e sotto il controllo
della Commissione centrale sportiva dell’Ond, si svolsero i “Campionati
crossistici provinciali”, valevoli per le qualificazioni ai campionati italiani
della specialità che si svolsero a Roma il 2 febbraio 1930.172 La gara
nazionale si svolse su un percorso “vario e accidentato”, lungo otto
chilometri. Il tempo massimo per aver diritto ad essere classificati fu fissato
in un’ora. I premi vennero assegnati, individualmente, ai primi trenta arrivati
entro il tempo massimo consentito e, collettivamente, alle prime quindici
squadre classificate. A tutti gli arrivati nel tempo massimo venne comunque
consegnata “un’artistica medaglia ricordo e diploma”. I partecipanti alla gara
usufruirono, inoltre, di uno sconto del 70% sul viaggio di andata e ritorno
per Roma, di speciali agevolazioni per il vitto e l’alloggio e di una serata
171 Il Congresso Provinciale. A Rapporto. Dopolavoro, in “Il Solco”, 27 luglio 1930, p. 1. 172 I “Campionati crossistici provinciali” coinvolsero, in tutta Italia, ben 9.000 atleti
dopolavoristi. Di questi, 450 si classificarono per il Campionato nazionale, per un totale
di 90 rappresentative provinciali: cfr. O.N.D. Realizzazioni e sviluppo, cit., p. 24.
114
completamente gratuita in uno dei “principali teatri” della capitale.173
La squadra del Dopolavoro provinciale di Teramo, “composta anche di
elementi appartenenti alla Sezione dell’O.N.D. di Montorio al Vomano”, si
classificò prima tra le partecipanti della regione abruzzese-molisana, con un
concorrente che riuscì a piazzarsi, nella classifica individuale, al
quindicesimo posto, ricevendo un “ricchissimo” premio.174
Concludiamo l’annuale rassegna sportiva con un breve cenno alla
Sezione escursionismo, la cui attività -specie nel settore gite turistiche-
trovava a quanto pare ancora qualche difficoltà a decollare. Nel 1930 furono
infatti organizzate tre sole gite popolari e, per di più, su brevi tragitti.175
Una gita a Castelli, con breve sosta al vicino santuario di S. Gabriele,
inaugurò il programma escursionistico del Dopolavoro in provincia. Il
viaggio viene descritto come un avvenimento memorabile. I dopolavoristi di
Arsita ebbero modo di viaggiare su un “grande” autobus offerto dalla ditta
173 Opera Nazionale Dopolavoro, Bollettino Ufficiale, n. 9, novembre 1929, circ. n. 82,
prot. n. 15828, 5 dicembre 1929. 174 Il Congresso Provinciale. A Rapporto. Dopolavoro, in “Il Solco”, 27 luglio 1930, p. 1. 175 Cfr. L’attività dell’O.N.D., in “Il Solco”, 1° dicembre 1930, p. 2. Stando ad una
pubblicazione ufficiale della Direzione centrale dell’Ond, 1.525 furono le manifestazioni
escursionistiche (comprendenti oltre alle gite turistiche anche quelle sciistiche, ciclistiche
e podistiche) che si svolsero nella “VI Zona”, comprendente Teramo e altre tredici
province: Pesaro, Ancona, Macerata, Perugia, Ascoli, Terni, Viterbo, Rieti, Roma,
Frosinone, Aquila, Chieti e Pescara.
115
“Antoricoli Di Loreto”, godettero di una giornata “piena di sole”,
consumarono un pasto “abbondante” al ristorante “Babicone” di Castelli e
una “magnifica merenda” in uno “splendido prato ombreggiato”; il tutto in
un clima di “cordiale allegria” a dimostrazione della fraterna solidarietà di
tutti i dopolavoristi.176
A questa prima scampagnata seguì una visita “particolarmente
istruttiva” all’Osservatorio astronomico di Collurania. Il “folto gruppo di
dopolavoristi e dopolavoriste” ebbe modo di conoscere le funzioni e
l’importanza scientifica dell’osservatorio e di incontrarsi con la squadra
ciclistica del Dopolavoro provinciale che, per l’occasione, raggiunse i
gitanti.177
Il 7 dicembre venne invece effettuata un’escursione alla Capanna del
Ceppo, a quota 1.349 metri.178
176 Dalla Provincia. da Arsita. Gita dopolavoristica, in “Il Solco”, 29 giugno 1930, p. 2. 177 Dopolavoro Provinciale. La gita a Collurania, in “Il Solco”, 26 ottobre 1930, p. 3. 178 L’attività dell’O.N.D. Attività sportiva, in “Il Solco”, 1° dicembre 1930, p. 2.
116
Capitolo quarto L’attività relativa all’anno 1931.
1. Introduzione.
Il “prodigioso sviluppo” dell’Ond nei primi mesi del 1931. La pianificata
diffusione dell’Organizzazione nei centri rurali. La stagnazione del numero delle manifestazioni da essa promosse.
Stando ai dati riferiti nel mese di marzo da un anonimo cronista de “Il
Solco”, nel 1931 il Dopolavoro provinciale di Teramo “compì un prodigioso
sviluppo”: le sezioni “regolarmente costituite” assommavano a 72, più 49
sottosezioni distribuite nelle varie frazioni e 10 associazioni aderenti, contro
i 45 nuclei dopolavoristi censiti al 30 giugno dell’anno precedente.179 Oltre
3.000 risultavano essere i tesserati, con un incremento di circa 300 unità
rispetto al totale degli iscritti denunciato nel 1930. Facevano inoltre parte
dell’organizzazione dopolavoristica provinciale 16 bande musicali
“regolarmente inquadrate”, 9 orchestrine a plettro, 10 scuole di musica, 4
complessi corali, 11 filodrammatiche, 23 scuole serali di istruzione e 25
biblioteche. A soli tre mesi di distanza dalla pubblicazione dei suddetti dati,
in base alla relazione presentata dall’ing. Marucci (chiamato a sostituire il
vicepresidente del Dopolavoro provinciale Arduini) al “Congresso dei
179 Cfr. Attività del Dopolavoro Provinciale, in “Il Solco”, 22 marzo 1931, p. 3; Il
Congresso Provinciale. A Rapporto. Dopolavoro, in “Il Solco”, 27 luglio 1930, p. 1.
117
Segretari politici” della provincia, il numero dei Dopolavoro regolarmente
costituiti era aumentato già di 5 unità, mentre quello dei tesserati ammontava
a 4.050.180
Al fine di sviluppare maggiormente l’opera di inquadramento, vennero
inoltre programmate una serie di ispezioni periodiche e di discorsi di
propaganda da tenersi da parte del segretario e degli ispettori provinciali
dell’Ond nelle varie sezioni rurali, “poiché necessita soprattutto che
l’organizzazione dopolavoristica esista ed apporti i suoi benefici effetti
assistenziali e d’elevazione tra le masse rurali delle frazioni e dei centri più
lontani ed isolati”. Per agevolare detta azione furono altresì definiti
“particolari ed importanti accordi” con il segretario generale della
Federazione agricoltori, dott. Clini e con quello dei sindacati dell’agricoltura,
cav. Laurenti.
Discorsi di propaganda, che ponevano soprattutto l’accento su quelli
che dovevano essere “i principali doveri di ogni bravo agricoltore [...] che
rappresenta la principale molecola della futura ricchezza nazionale”, furono
dunque tenuti da Laurenti a S. Omero, S. Egidio alla Vibrata, Castelli e Isola
del Gran Sasso, mentre l’ispettore provinciale del partito si recò a
180 Cfr. Il Congresso dei Segretari Politici. Dopolavoro e sport, in “Il Solco”, 24 giugno
1931, p. 1; Attività del Dopolavoro Provinciale, in “Il Solco”, 22 marzo 1931, p. 3.
118
Pietracamela.181
A Campli, invece, in seguito ad una ispezione effettuata dal segretario
provinciale, si addivenne alla completa ricostituzione della sezione del
Dopolavoro che, “riorganizzata con disciplina e con finalità precise di
educazione e di elevazione, saprà raccogliere ed inquadrare tutti i lavoratori
del fiorente Comune”.182
Per ciò che concerne l’attività svolta, Marucci tenne a sottolineare che,
seguendo le particolari direttive impartite dalla Direzione centrale, il
Dopolavoro aveva svolto nella provincia “continua attività” in ciascuno dei
settori ricreativi ed assistenziali che rientravano nella sua sfera di
competenza.183
In realtà, stando almeno alle cronache locali ed alle notizie riportate dai
vari bollettini ufficiali pubblicati nel corso dell’anno, all’aumento del
numero degli iscritti e delle sezioni non corrispose un proporzionale
incremento delle manifestazioni organizzate. Come vedremo, qualche novità
si registrò solo nell’ambito dell’educazione artistica e della cultura popolare;
181 Cfr. Attività del Dopolavoro Provinciale, in “Il Solco”, 22 marzo 1931, p. 3;
Propaganda Fascista, in “Il Solco”, 17 ottobre 1931, p. 2. 182 Attività del Dopolavoro Provinciale. Campli, in “Il Solco”, 17 ottobre 1931, p. 2. 183 Il Congresso dei Segretari Politici. Dopolavoro e sport, in “Il Solco”, 24 giugno 1931,
p. 1.
119
ampio spazio, come ogni anno, venne riservato alle manifestazioni sportive,
mentre molto più limitato fu quello concesso all’attività assistenziale;
restavano infine irrisolti i problemi che ostacolavano il regolare svolgimento
dell’attività escursionistica e filodrammatica.
120
2. L’educazione artistica. L’esordio in provincia dell’apparecchio radiofonico. La ricostituzione della
“Federazione Provinciale delle Filodrammatiche”. Il concerto del coro del Dopolavoro di Teramo al teatro comunale.
La vera novità dell’anno interessò proprio il settore dell’educazione
artistica e fu rappresentata dall’acquisto, da parte di dieci sezioni locali,
dell’apparecchio radiofonico,184 il mezzo di comunicazione di massa che,
insieme al cinematografo, andava assumendo un’importanza sempre
maggiore in seno alla propaganda fascista. La radio, come esattamente intuì
Starace, era un mezzo “per introdurre i suoni e i ritmi della società
industriale nel mondo rurale e per garantire un contatto continuo tra lo Stato
e le zone rurali più lontane”.185
Dal momento che in Italia l’apparecchio radio non era affatto un
articolo “casalingo”,186 il regime -considerandolo un importante fattore di
184 Il Congresso dei Segretari Politici. Dopolavoro e sport, in “Il Solco”, 24 giugno 1931,
p. 1. 185 Citazione tratta da R. Loffredo, Dopolavoro rurale, in “Gente Nostra”, 20 ottobre
1935. 186 Il modello a quattro valvole Alauda della “Radio Marelli”, uno dei più economici,
lanciato al prezzo di 600 lire con un’imposta governativa di 114 lire l’anno, costava molto
più del salario medio mensile di un lavoratore dell’industria: cfr. G. Isola, Abbassa la tua
radio, per favore..., Firenze, La Nuova Italia, 1990, p. 14. Sullo sviluppo e la diffusione
della radio in Italia vd., inoltre, Ph.V. Cannistraro, La fabbrica del consenso: fascismo e
mass-media, Bari, Laterza, 1975, pp. 225-270; A. Papa, Storia politica della radio in
121
cultura e di propaganda- contribuì notevolmente alla sua diffusione
attraverso la rete capillare dei Dopolavoro:187 si cominciò così
coll’organizzare le prime audizioni pubbliche all’interno delle locali
sezioni.188 Alle varie sezioni vennero concesse agevolazioni per l’acquisto
degli apparecchi ed uno sconto del 50% sull’abbonamento annuo alle
radioaudizioni.189
Sempre allo scopo di diffonderne l’acquisto nelle istituzioni aderenti,
l’Opera bandì addirittura un concorso tra gli industriali italiani per la
produzione di una radio economica.190
Italia 1924-1943, II, Napoli, Guida, 1978; F. Monteleone, La radio italiana nel periodo
fascista, Venezia, Marsilio, 1975; G.F. Venè, Mille lire al mese. Vita quotidiana della
famiglia nell’Italia fascista, Milano, A. Mondadori, 1989, pp. 253-263. 187 Cfr. F. Tintorri, L’Opera Nazionale Dopolavoro a Milano, cit., p. 95. 188 Oggetto di continue discussioni con la S.I.A.E. fu la complessa questione del
pagamento dei diritti d’autore in occasione delle manifestazioni radiofoniche organizzate
dall’Ond La diatriba portò alla conclusione di una speciale convenzione che prevedeva
l’esenzione di qualsiasi pagamento di tali diritti, purché le audizioni si svolgessero a
scopo di cultura o di ricreazione dei soci, escludendo qualsiasi forma di lucro e non
fossero destinate al ballo: cfr. E. De Angelis, Che cosa è, che cosa vuole il Dopolavoro,
cit., p. 62. 189 Cfr. E. De Angelis, Che cosa è, che cosa vuole il Dopolavoro, cit., pp. 61-62. Per
l’elenco dettagliato degli sconti e delle condizioni di pagamento che le fabbriche italiane
di apparecchi radiofonici praticavano ai Dopolavoro, cfr. O.N.D. Bollettino Ufficiale, n. 4,
giugno 1929, prot. n. 21295, 12 giugno 1929. 190 Cfr. O.N.D. Realizzazioni e sviluppo, cit., pp. 89-90.
122
Per di più, sin dal 1926, l’Ond ottenne dal Ministero delle
comunicazioni la trasmissione serale della rubrica “I Dieci minuti del
Dopolavoro”, una rassegna di brevi note di cultura generale, propaganda
nazionale, sport, folklore, economia domestica e previdenza sociale.191
Affinché il pubblico potesse conoscere con precisione il giorno in cui veniva
trasmessa la rubrica di proprio interesse, in un secondo momento fu istituito
un ciclo fisso di rubriche, ciascuna delle quali veniva programmata sempre
nello stesso giorno della settimana: il lunedì, l’educazione fisica e lo sport; il
martedì, la cultura; il mercoledì, l’igiene, l’educazione morale e il varietà; il
giovedì, la propaganda agraria, forestale e peschereccia; il venerdì, la
previdenza e il varietà; la domenica, infine, l’arte e il folklore.192
Fra i dieci Dopolavoro comunali della provincia di Teramo i cui iscritti
poterono godere finalmente di questi appuntamenti quotidiani, c’era quello
di Giulianova. I suoi nuovissimi locali, inaugurati nel mese di febbraio, erano
dotati di una “vastissima sala” da utilizzare anche per le audizioni
radiofoniche e per le proiezioni cinematografiche.193
Di una “potente radio” disponevano inoltre i 130 soci del Dopolavoro
191 Cfr. L’Opera Nazionale Dopolavoro, Roma, 1938, p. 57. 192 Cfr. E. De Angelis, Che cosa è, che cosa vuole il Dopolavoro, cit., pp. 60-61. 193 Dalla Provincia. Giulianova. L’inaugurazione del Dopolavoro, in “Il Solco”, 8
febbraio 1931, p. 3.
123
comunale di S. Egidio alla Vibrata “frequentatissimo”, proprio per questo, di
sera.194
L’ultima sezione che sappiamo con certezza possedere “l’accessorio”
radiofonico era quella di Teramo. Una sezione che nel 1931, “mercé l’opera
assidua e fattiva dei camerati Arduini e Forni”, raggiunse uno sviluppo
“insperato, sia come tesseramento (801 iscritti, ndr.) ed inquadramento, sia,
soprattutto come completamento organizzativo di manifestazioni ricreative,
sportive, artistiche e di sane iniziative di educazione ed assistenza”.195
Andremo ora ad analizzare la situazione degli altri intrattenimenti e
svaghi che il Servizio educazione artistica offriva.
L’attività filodrammatica continuava anche quest’anno ad essere
piuttosto limitata: sembra che nel complesso si siano svolte tre sole
manifestazioni, una organizzata dalla filodrammatica del Dopolavoro
provinciale e due dal Dopolavoro comunale di S. Egidio alla Vibrata.196
Al fine di dare maggiore impulso a questa che era una delle attività più
194 Dalla Provincia. S. Egidio alla Vibrata. Attività del Dopolavoro, in “Il Solco”, 1°
marzo 1931, p. 3. 195 L’Assemblea del Fascio di Teramo acclama i suoi dirigenti. La relazione del
camerata Pannella. Il Dopolavoro, in “Il Solco”, 13 luglio 1931, p. 1. 196 Cfr. Attività del Dopolavoro Provinciale, in “Il Solco”, 17 ottobre 1931, p. 2; Dalla
Provincia. S. Egidio alla Vibrata. Attività del Dopolavoro, in “Il Solco”, 1° marzo 1931,
p. 3.
124
propagandate, si provvide alla completa ricostituzione della Federazione
provinciale delle filodrammatiche: il suo Consiglio venne sciolto, mentre la
direzione fu affidata alla Segreteria provinciale; il ten. Alessandro Panzieri,
inoltre, fu nominato nuovo direttore tecnico provinciale e segretario della
federazione stessa. Costui impartì immediatamente le opportune disposizioni
per la ripresa, in tutta la provincia, dell’attività filodrammatica, “la cui azione
educativa e di propaganda risulta di particolare e somma importanza nei
confronti dell’inquadramento delle masse lavoratrici”.197
197 Attività del Dopolavoro Provinciale, in “Il Solco”, 17 ottobre 1931. Riprese invece
energia la vita del teatro comunale. Ultimati i lavori per l’installazione dell’impianto di
riscaldamento (“prima -recita l’anonimo cronista de “Il Solco”- non si poteva andare
d’inverno al Teatro Comunale senza il pericolo di contrarre malattie perchè il freddo ivi
era più intenso di quello che si soffre all’aperto”), furono date una serie di
rappresentazioni organizzate dall’Impresa “Reali” di Roma (la quale, in base al contratto
stipulato con il comune, avrebbe dovuto allestire ogni anno sessanta rappresentazioni) e
dalla deputazione teatrale, della quale facevano parte cittadini esperti ed appassionati
d’arte. Le rappresentazioni che riscossero maggiore successo furono “Il Gran Viaggio” di
Sheriff, con la “impeccabile esecuzione” di Lamberto Picasso; “Stefano” di Giacomo
Duval e “Congedo” di Renato Simoni: cfr. Al Teatro Comunale. I restauri e la nuova
attività, in “Il Solco”, 22 marzo, 1931, p. 3. Altre due recite furono allestite dagli studenti
della “Regia Scuola Industriale” e da quelli del liceo classico: i primi, diretti da
Alessandro Panzieri, rappresentarono in giugno la commedia “Romanticismo” di G.
Rovetta; i secondi, diretti da Arduino Fraticelli, si cimentarono ne “La locandiera” di C.
Goldoni: cfr. Cronaca e Informazioni. Due recite al comunale, in “Il Solco”, 1° marzo
1931, p. 3; “Romanticismo” di G. Rovetta al Teatro Comunale, in “Il Solco”, 11 giugno
1931, p. 2.
125
Nella Sezione musicale, “larghe messe di consensi ed applausi” raccolse
il concerto tenuto al teatro comunale dal gruppo corale del Dopolavoro di
Teramo.198 L’esibizione fu preceduta da un discorso pronunciato dal prof.
Giacomo Franchi il quale, prima di illustrare al pubblico le musiche inserite
nel programma, espresse l’augurio che nella provincia di Teramo, “sempre
sensibile al dolce fascino della musica”, tornassero “in onore le belle
Maggiolate di cui avevamo avuto qualche non dimenticabile saggio negli
anni 1921 e 1922”. Franchi formulò altresì il voto che “la gentile costumanza
del rito canoro risorgesse con la festa della canzone non più solamente
abruzzese, ma particolarmente teramana, cioè spiccatamente improntata del
carattere e dell’anima di questa parte d’Abruzzo, che è senza dubbio tra le
più musicali contrade della musicalissima Regione”.199 I cori, diretti dal
maestro De Fabritiis (direttore tecnico per la Sezione musicale), fecero
ascoltare “il fior fiore della produzione popolare del nostro Abruzzo”: canti
di De Nardis, Albanese, Cipollone, Di Jorio, “semplici e agresti, odorosi di
sole, freschi di rugiada, colti tra la montagna e il mare in questa nostra antica
e sacra terra”. Di Jorio, che assisteva al concerto, fu chiamato “a gran voce
198 Vita Fascista Teramana. Concerto del Dopolavoro al Teatro Comunale, in “Il Solco”,
11 gennaio 1931, p. 2. 199 G. Franchi, Prefazione a Canti Teramani di Nicola De Fabritiis, Teramo, Cooperativa
Editrice Tipografica, 1931.
126
alla ribalta” ed ebbe “vibranti dimostrazioni di simpatia e d’omaggio dal
folto uditorio”. Il concerto si chiuse con i ritmi “marziali e giocondi ad un
tempo” dell’inno del Dopolavoro teramano, “su felici versi del Prof. Franchi
rivestiti di belle note dal Maestro De Fabritiis”.200
200 Vita Fascista Teramana. Concerto del Dopolavoro al Teatro Comunale, in “Il Solco”,
11 gennaio 1931, p. 2.
127
3. Cultura popolare “propriamente detta”. I corsi di insegnamento popolare e insegnamento professionale. La “Mostra
Provinciale del lavoro artigiano”. Il 2° “Concorso Nazionale Dimostrativo per l’allevamento dei bachi da seta”.
Nel 1931, il Direttorio provinciale riservò ampio spazio all’attività di
ordine culturale sebbene, con Starace alla direzione dell’Opera, la
preoccupazione della Direzione centrale per l’istruzione fosse già cominciata
a scemare.201
Come già detto, nel mese di marzo risultavano essere regolarmente
inquadrate in provincia ben 23 scuole serali di cultura popolare ed
insegnamento professionale. Fra queste, vengono segnalati, per gli “ottimi
risultati conseguiti”, due corsi di maestranze e una scuola di taglio e cucito
organizzati dal Dopolavoro di Teramo, i corsi femminili della “Scuola
artigiana” di Ancarano e quello d’igiene tenuto a Bisenti.202
Nel mese di novembre, presso i locali del Dopolavoro comunale di
Teramo, ripresero le lezioni serali di lingua inglese e francese che,
sperimentate già nel 1929, erano state interrotte nel 1930. Nel frattempo
erano in corso “particolari accordi con Enti interessati” per lo svolgimento di
201 Cfr. V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., p. 231; F. Tintorri, L’Opera
Nazionale Dopolavoro a Milano, cit., p. 70.
128
settimanali conferenze educative accompagnate da proiezioni
cinematografiche.203
Il 14 giugno venne inoltre “solennemente” inaugurata la “Mostra
Provinciale del Lavoro Artigiano”, promossa dal Dopolavoro provinciale e
dal comitato della Confraternita di S. Antonio in collaborazione con la
Federazione dell’artigianato, al fine di valorizzare gli oggetti
“artisticamente” fabbricati dai lavoratori teramani nelle ore di svago.204
Restando sempre nell’ambito delle attività culturali, segnaliamo infine
la partecipazione di una rappresentanza del Dopolavoro provinciale al
secondo “Concorso Nazionale Dimostrativo dell’allevamento del baco da
seta”. L’Opera, visti gli ottimi risultati conseguiti l’anno precedente, decise
di ripetere la manifestazione anche nel 1931, ottenendo un maggior numero
di adesioni. Con la collaborazione delle “principali Case semarie del Regno”,
distribuì alle varie sezioni un tipo di seme (uova da bachi) adatto ad ogni
singola zona. Il Direttorio teramano, con una assidua opera di propaganda,
convinse i “fiorenti” Dopolavoro di Atri, Giulianova, Tortoreto, Nereto,
202 Il Congresso dei Segretari Politici. Dopolavoro e sport, in “Il Solco”, 24 giugno 1931,
p. 1. 203 Attività del Dopolavoro Provinciale. Attività culturale, in “Il Solco”, 17 ottobre 1931,
p. 2.
129
Bellante, Roseto, Silvi, Pineto, Morrodoro, Mosciano S. Angelo e S. Egidio
alla Vibrata a prendere parte al concorso. Ai partecipanti vennero assegnate,
in ordine di merito, medaglie d’oro, d’argento e di bronzo; quale “tangibile
segno di incoraggiamento”, la Direzione centrale distribuì, inoltre, ai
concorrenti meritevoli, somme “rilevanti” di denaro.205
204 Attività del Dopolavoro Provinciale. Mostra del lavoro artigiano, in “Il Solco”, 7
giugno 1931, p. 2. 205 Attività del Dopolavoro Provinciale. Concorso per l’allevamento dei bachi da seta, in
“Il Solco”, 7 giugno 1931, p. 2.
130
4. Folklore. Il “Raduno folkloristico” di Teramo e le prime canzoni dialettali. La celebrazione
del “Centenario Antoniano”. Le feste in onore dei Santi patroni di Casoli di Atri, Montorio al Vomano e Mutignano. La “Festa dell’Uva”.
Proseguendo nel programma di rivalutazione e conoscenza del folklore
provinciale, il Dopolavoro di Teramo organizzò, “superando notevoli
difficoltà organizzative”, un raduno folcloristico che si concretizzò in una
“grandiosa” esecuzione corale e musicale, svoltasi la sera del 7 giugno al
teatro comunale.
Questa “sagra” del costume popolare ha rivestito un’importanza
particole nella storia del folklore dell’intera provincia poiché, per
l’occasione, furono composte, a cura della Presidenza provinciale del
Dopolavoro, le prime canzoni in dialetto teramano:206
L’importante manifestazione -si legge su “Il Solco”- [...] è valsa ad
affermare solennemente che anche la Provincia di Teramo, come ogni altra
d’Abruzzo, ha disposizione ed amore per il canto popolare, che sulle labbra
del buon popolo nostrano suona pieno di grazia e spontaneo non meno che
in altre terre della bella regione abruzzese, così doviziosa di attitudini
206 Cfr. Le manifestazioni del Dopolavoro. Il Raduno Folkloristico Teramano del
Dopolavoro Provinciale - Le prime canzoni dialettali - La grande esecuzione corale, in
“Il Solco”, 31 maggio 1931, p. 2.
131
artistiche, particolarmente musicali.207
All’“eletto e numeroso uditorio” che affollava il teatro e del quale
facevano parte tutte le autorità cittadine, fu offerta una “smagliante fiorita di
canti, [...] tutti pregevoli e spesso degni di ammirazione, per i versi e per le
note”. Le poesie erano in gran parte del poeta dialettale teramano Guglielmo
Cameli, “che sa essere felicemente lirico e giocondo”, di Oberdan Merciaro,
“anche lui piacevolmente sentimentale e arguto” e di Luigi Brigiotti, “decano
dei poeti dialettali abruzzesi e superiore ad ogni lode”. Una sola canzone,
“che ha la delicatezza vaporosa di una ballata”, fu infine scritta dal prof.
Giacomo Franchi, “chiaro cultore delle buone lettere” nonché ex
vicepresidente del Dopolavoro provinciale.
Le musiche furono dovute, per la maggior parte, al maestro Nicola De
Fabritiis (direttore tecnico per la musica e direttore della sezione maschile
del coro del Dopolavoro teramano), che curò ben sette canzoni, fra le quali
vengono ricordate nell’articolo: “St’amore campagnole”, su versi di Oberdan
Merciaro, “Barcatta d’ore”, su versi di Franchi e “Damme nu vasce”, su
versi di Cameli, “le prime due svolte con ritmo largo, l’ultima con ritmo
rapido e festoso”.
Di Jorio, “componitore geniale e notissimo di musica popolare”, si fece
207 Gicip, Il Raduno folkloristico del Dopolavoro, in “Il Solco”, 11 giugno 1931, p. 2.
132
ancora una volta ammirare con due composizioni: “Nannè”, su versi di
Brigiotti e “La Serenate de lu ’mbriiche”, su versi di Cameli. Tre “belle”
canzoni furono offerte al giudizio del pubblico dal maestro Cocciali: fra
queste i maggiori consensi vennero riscossi da “La uve e la fiquere”, su versi
di Cameli. Il maestro Righetti, infine, “rivestì di note” una poesia dal titolo
“Sole pe’ ta”, anch’essa di Cameli.
Queste prime canzoni in dialetto teramano vennero raccolte in un
elegante fascicolo stampato dalla “Cooperativa Editrice Tipografica” di
Teramo; ogni esemplare recava una fotografia del maestro De Fabritiis e un
“pregevolissimo disegno” raffigurante una testa di fanciulla, con la
caratteristica acconciatura del contado teramano, eseguita dal pittore
Melarangelo. Le pagine erano “abbellite” da disegni decorativi “color seppia
sbiadito” eseguiti da Ugo Barbettani.208 Cinquecento copie numerate del
volume vennero messe in vendita in tutta Italia e furono “ben presto”
esaurite. Di conseguenza, il maestro De Fabritiis -“spinto dall’entusiastico
favore con cui il pubblico e la stampa accolsero le varie composizioni di quel
magnifico raduno”- si decise a raccogliere le sue sei “applauditissime”
canzoni, scritte per la circostanza, in una nuova e più sobria pubblicazione
208 Gicip, Il Raduno folkloristico del Dopolavoro, in “Il Solco”, 11 giugno 1931, p. 2.
133
recante una prefazione scritta da Giacomo Franchi.209
La serata si concluse con la riproduzione, da parte dei contadini di
Penna S. Andrea, del caratteristico ballo “Laccio d’amore”:
... pareva che un’onda di sanità, di forza, di freschezza erompesse dal
grembo profondo della nostra terra e, riversandosi con murmure
carezzevole, sfiorasse l’anima degli ascoltatori.210
Il Dopolavoro provinciale, d’intesa con il comitato della Confraternita
teramana di S. Antonio, la settimana successiva organizzò un raduno in
costume folcloristico ancora più imponente, che coincise con la chiusura dei
festeggiamenti per il VII centenario della nascita del “grande taumaturgo di
Padova”. Le celebrazioni del santo si protrassero per quattro giorni, durante i
quali alle cerimonie religiose si alternarono esecuzioni musicali e
manifestazioni sportive.
Il giorno 11, oltre al servizio musicale prestato dalla Banda “Città di
Campli”, ebbe luogo una manifestazione ciclistica per la disputa della prima
“Coppa Vittoria”, offerta dalla Federazione combattenti di Teramo: dopo una
“vivacissima” lotta, il bolognese Cimatti si assicurò la vittoria.
209 Cfr. G. Franchi, Prefazione a Canti Teramani di Nicola De Fabritiis, Cooperativa
Editrice Tipografica, Teramo, 1931. 210 Gicip, Il Raduno folkloristico del Dopolavoro, in “Il Solco”, 11 giugno 1931, p. 2.
134
La mattina del giorno successivo, prestò invece servizio la banda di
Orsogna, “valorosamente diretta” dal maestro Di Nizio; nel pomeriggio, si
assistette ad un incontro di calcio tra la squadra di Teramo e quella di Roseto
degli Abruzzi che ne uscì vittoriosa.
Sabato 13, dopo la cerimonia religiosa, fu offerto un pranzo a cento
poveri della città nei locali del “Seminario Aprutino”, mentre in serata vi
furono due concerti musicali: la banda di S. Benedetto del Tronto si esibì in
piazza Vittorio Emanuele, quella di Orsogna presso il “tempio di S.
Antonio”.
Nella giornata di domenica, “una folla davvero strabocchevole,
proveniente anche dalle più lontane borgate della montagna”, si riversò in
città per assistere al raduno folcloristico, al quale parteciparono le
rappresentanze in costume di tutte le 130 sezioni e sottosezioni del
Dopolavoro della provincia. All’“ammiratissima” sfilata dei costumi e dei
carri seguì un’esecuzione corale in piazza Vittorio Emanuele, diretta anche in
questa occasione dal maestro De Fabritiis: “i cori in costumi di tutte le
sezioni, con accompagnamento a grande orchestra suscitarono il più sano e
schietto entusiasmo”.
Tra i costumi più ammirati vi furono quelli di Pietracamela, “ricchi di
stoffe speciali e ornamenti d’oro” e di Penna S. Andrea, “semplici ma
135
sfarzosi”. I “bravi pennesi” ancora una volta si esibirono nel ballo del
“Laccio d’amore” e nel “saltarello”, mandando la folla “in visibilio”. A tarda
sera, “tra l’impazienza giustificatissima della popolazione”, fu estratta una
tombola “lire 3000 oro”. Immancabili, in chiusura, i fuochi di artificio.211
Sulla scia di una tendenza che, come già visto, cominciò a manifestarsi
l’anno precedente, nel 1931, grazie all’interessamento ed al contributo delle
locali sezioni del Dopolavoro, continuò a crescere in misura notevole il
numero dei centri di provincia che tornavano ad officiare i santi patroni.
Il 17 gennaio di quell’anno, nella piccola frazione di Casoli di Atri si
211 La Celebrazione del Centenario Antoniano, in “Il Solco”, 24 giugno 1931, p. 1. A
conclusione dell’articolo, il cronista ritenne necessario fare alcuni rilievi
all’organizzazione della manifestazione, con la speranza che di essi si sarebbe tenuto
conto nell’avvenire. La prima obiezione aveva ad oggetto l’illuminazione: a suo avviso,
sarebbe stato meglio se ci si fosse attenuti a “criteri più moderni”, evitando ad esempio i
“pacchiani e ormai superati” archi. “Un’inutile spesa” rappresentò inoltre, sempre a suo
avviso, lo “sfarzo di ben tre complessi musicali”, mentre la manifestazione folcloristica
avrebbe avuto maggiore successo se fosse stata più disciplinata e, cioè, “se si fosse alzato
un palco per il ballo, se con delle corde distese, si fosse tenuta più lontana e ben divisa la
folla dai gruppi in costume, tanto più che il materiale al Comune non manca!” Un ultimo
rilievo, infine, riguarda i prezzi delle consumazioni, i quali sembra siano stati oltremodo
aumentati dall’“inconsueto affollamento”. Viene pertanto invitata la Federazione dei
commercianti ad intervenire, “provvedendo tempestivamente, in caso di feste, a non
permettere aumenti ingiustificati e facendo fare dei cartelli ben visibili con i prezzi delle
consumazioni per dare così al pubblico il modo di controllare... se le somme che tirano i
camerieri non soffrono di eventuali errori aritmetici”.
136
celebrò la festa in onore di S. Antonio, esibendosi per l’occasione la locale
banda del Dopolavoro, “egregiamente” diretta dal maestro Raffaele Spitilli.
Maestro e bandisti, al termine del primo pezzo in programma,
l’“Arlesienne”, furono salutati con “applausi deliranti” dal “numeroso
pubblico accorso per l’occasione anche dai paesi viciniori”; seguirono poi
altri due pezzi, “Il barbiere di Siviglia” e “La traviata”, “anch’essi molto
applauditi”.212
Per iniziativa della locale sezione del Dopolavoro, a Montorio al
Vomano ebbero luogo nei giorni 7 e 8 settembre i festeggiamenti in onore
della Madonna del Ponte. La solennità della cerimonia religiosa fu
“alleggerita” da una corsa ciclistica, dall’allestimento di un “divertente”
“palo della cuccagna” e dal “bamboccio”, ossia una riesumazione della
“corsa del saracino” molto in voga nel medioevo. Ma “il numero sicuramente
più interessante e riuscito della festa” fu il corteo folcloristico composto da
un “numeroso gruppo di signorine di Montorio” che, nel pomeriggio dell’8,
su carri agricoli e vestite dei tradizionali costumi abruzzesi, percorse
cantando le principali vie del paese. La festa si concluse con un’esibizione in
piazza della Vittoria della locale banda del Dopolavoro, che suonò alcune
canzonette abruzzesi “concertate e dirette con la usata valentia” dal maestro
212 Dalla Provincia. Casoli d’Atri, in “Il Solco”, 25 gennaio 1931, p. 3.
137
Arturo Andreoni.213
Riprendendo l’antica e caratteristica tradizione della sagra in onore del
patrono S. Ilario, anche a Mutignano la locale sottosezione del Dopolavoro,
recentemente ricostituita e che contava solo diciotto iscritti, organizzò
“imponenti cerimonie religiose e belle manifestazioni folkloristiche e
sportive”. Davanti a tutte le autorità locali sfilarono i carri agricoli
“magnificamente addobbati e carichi di cestini d’uva”, che vennero
distribuiti gratuitamente al termine della festa. A cura della sig.ra Maria
Ferretti, “volenterosa organizzatrice”, ebbe luogo l’estrazione di una lotteria
di beneficenza, dotata di “molti premi ricchi ed utili”. In serata, a casa del
sig. Curti, fu offerto un banchetto alle autorità. Per gli amanti dello sport
furono organizzate una gara ciclistica, vinta da Raffaele Pallini e una corsa
podistica, vinta da Mario Lattanzi.214
Infine, come ogni anno, a Teramo e provincia si svolse, “tra l’unanime
consenso della popolazione”, la “Festa dell’Uva”. Dalle “signorine” del
Dopolavoro, dagli avanguardisti, dai giovani fascisti e dalle “piccole
italiane” fu distribuito in ogni centro il “soave frutto della vite” ed ebbero
213 Dalla Provincia. Montorio al Vomano. Festeggiamenti in onore della Madonna del
Ponte, in “Il Solco”, 12 settembre 1931, p. 3. 214 Dalla Provincia. Pineto. Manifestazioni Dopolavoristiche, in “Il Solco”, 17 ottobre
1931, p. 3.
138
luogo dei cortei folcloristici organizzati dalle locali sezioni del
Dopolavoro.215
215 La Festa dell’Uva, in “Il Solco”, 4 ottobre 1931, p. 2.
139
5. L’attività sportiva. Il 2° “Campionato nazionale di Corsa campestre”. Il 2° “Campionato nazionale di
marcia e tiro”. L’assegnazione dei brevetti. La gita ad Atri.
Nel 1931 i grandi appuntamenti sportivi dei dopolavoristi teramani
iniziarono a Roma il 15 febbraio con il secondo “Campionato nazionale di
Corsa campestre”. Per questa occasione la provincia fu rappresentata dal sig.
Labbricciosa il quale, giungendo trentesimo al traguardo, ricevette in premio
una medaglia d’argento 25 mm.216
Nello stesso mese furono indette in provincia due adunate per
l’assegnazione dei brevetti di “Sciatore Dopolavorista”, una riservata ai
dopolavoristi dei comuni montani, l’altra a quelli di Teramo e dei comuni del
litorale. Alla prima, che si tenne il 1° febbraio a Pietracamela, parteciparono
95 sciatori, 18 dei quali conseguirono il brevetto; alla seconda, che si svolse
la settimana successiva, a S. Stefano di Torricella Sicura, furono brevettati
18 su 100 partecipanti.217 Forni, il segretario provinciale dell’Ond,
presiedette entrambe le manifestazioni, che “raccolsero larga partecipazione
216 Cfr. O.N.D. Bollettino Ufficiale, n. 1, gennaio 1931, circ. n. 144, Roma, 11 febbraio
1931 e circ. n. 146, Roma, 16 febbraio 1931. 217 Nel 1931 furono attribuiti in tutta Italia 4.081 brevetti di “Sciatore Dopolavorista”; le
prove per la loro assegnazione prevedevano la discesa di un pendio lungo 800 metri ed
avente 150 metri di dislivello, con una la pista che doveva avere almeno tre curve ed un
trampolino per principianti: cfr. O.N.D. Realizzazioni e sviluppo, cit., pp. 47-48.
140
non solo di sciatori, ma anche di escursionisti in modo che il numero
complessivo di essi ammonta(va) a circa duecento”.218 La mancanza di neve
nelle vicine montagne “(ostacolò) notevolmente il ripetersi di tali
adunate”.219
Le due riunioni per l’assegnazione dei brevetti di “Sciatore
Dopolavorista” servirono anche a selezionare la squadra dei sei atleti che
rappresentò la provincia il 22 febbraio al secondo “Campionato Nazionale di
Marcia e Tiro per pattuglie di sciatori dopolavoristi”:220 anche nel 1931, “la
più importante manifestazione sciatoria dopolavorista dell’anno” ebbe luogo
a Roccaraso, località che “per la speciale sua situazione geografica e per i
comodi servizi di comunicazione che vi fanno capo, può radunare sui vasti
campi di neve molte migliaia di escursionisti e di sciatori”.221 Le gare,
218 Cfr. Attività del Dopolavoro Provinciale. Brevetti di sciatori dopolavoristi, in “Il
Solco”, 22 marzo 1931, p. 3. 219 Quest’ultima affermazione risale al citato articolo pubblicato il 22 marzo; stando però
alla relazione sul Dopolavoro esposta nel mese di luglio da Pannella, vicesegretario
politico del Fascio di Teramo, alle “adunate sciatorie” di Pietracamela e S. Stefano ne
seguì una terza che si tenne a Forca Canapina: cfr. L’Assemblea del Fascio di Teramo
acclama i suoi dirigenti. La relazione del camerata Pannella. Dopolavoro, in “Il Solco”
13 luglio 1931, p. 1. 220 Attività del Dopolavoro Provinciale. Campionato Naz. di Marcia e Tiro per Pattuglie
di Sciatori, in “Il Solco”, 22 marzo 1931, p. 3. 221 Cronaca e informazioni. Il Campionato di Marcia e Tiro, in “Il Solco”, 22 febbraio
1931, p. 3.
141
valevoli per l’assegnazione della “Coppa Giovanni Giurati”, consistevano in
una marcia di dodici chilometri su percorso vario, da percorrersi nel tempo
stabilito di un’ora e mezza, e in una prova di tiro con fucile “modello 91”,
“su sagoma di uomo a terra”.222
L’organizzazione, “portata a termine e curata nei minimi particolari”,
lasciava prevedere “un successo veramente lusinghiero”: alla manifestazione
aderirono, infatti, ben duemila dopolavoristi. Sennonché, il giorno della
prova, le tutt’altro che favorevoli condizioni atmosferiche, costrinsero la
giuria a sospendere l’effettuazione della prova di tiro, sulla quale
principalmente avrebbe dovuto basarsi la classifica delle pattuglie. Di
conseguenza, a tutte le settantasei squadre, che “gagliardamente” avevano
percorso nel tempo stabilito i dodici chilometri previsti, giunse
l’“ambitissimo” premio dell’elogio del duce e fu assegnata dalla F.I.E. una
medaglia d’argento e un diploma di benemerenza.223
Anche la pattuglia di Teramo, composta dai dopolavoristi Marino e
Osvaldo Trinetti, Terigi Gizzone, Domenico Di Donato, Aladino Franchi e
Pietro Trentini, che arrivò “compatta” al traguardo segnando un “ottimo”
222 Cronaca e informazioni. Il Campionato di Marcia e Tiro, in “Il Solco”, 22 febbraio
1931, p. 3. 223 Cfr. O.N.D. Realizzazioni e sviluppo, cit., pp. 50 e 52; O.N.D. Bollettino Ufficiale, n.
2, febbraio 1931, p. 20.
142
tempo, si classificò prima ex-aequo con le altre che avevano compiuto
regolarmente l’intero percorso. Teramo partecipò al raduno escursionistico
non solo con la pattuglia rappresentativa, ma anche con un gruppo di trenta
dopolavoristi, tra i quali una notevole rappresentanza del “Gruppo Sciatori”
del Dopolavoro di Nerito. Pertanto, l’onorevole Achille Starace,
vicesegretario del Pnf, nonché commissario straordinario dell’Ond, inviò al
segretario federale Adolfo Pirocchi un telegramma di cui si riporta
integralmente il contenuto:
Sua eccellenza il Capo del Governo affidami alto onore esprimere suo
plauso organizzatori et dopolavoristi partecipanti secondo campionato
Marcia Tiro Roccaraso stop/ Plauso nostro Duce mentre costituisce premio
più ambito sarà certamente incitamento nuove vittorie in campo dello sport
stop/ Pregoti darne comunicazione componenti pattuglie codesta provincia
unitamente mio vivo compiacimento ottima riuscita manifestazione
dopolavoristica stop/ Cordialmente - Achille Starace.224
L’altra importante manifestazione nazionale alla quale il Dopolavoro
provinciale prese parte fu il consueto “Campionato Ginnico Atletico”, che
vide schierate nel 1931 ben 348 squadre, per un totale di 5.280 atleti.225
224 Attività del Dopolavoro Provinciale. Campionato Nazionale di Marcia e Tiro per
Pattuglie di Sciatori, in “Il Solco”, 22 marzo 1931, p. 3. 225 Cfr. O.N.D. Realizzazioni e sviluppo, cit., p. 34.
143
Una serie di manifestazioni di carattere provinciale fecero infine da
cornice ai suddetti appuntamenti di rilievo: due adunate per il conseguimento
dei brevetti di “Audax Ciclista”, una gara per l’assegnazione del brevetto
atletico, i campionati provinciali di corsa campestre, di bocce e di tiro alla
fune.
Nel mese di ottobre, il ten. Arnaldo D’Antonio subentrò, in qualità di
direttore tecnico per lo sport, al cap. Cioschi “dimissionario per ragioni di
Ufficio”. Il suo primo atto ufficiale fu quello di rivolgere immediatamente un
particolare invito a tutti i presidenti e fiduciari delle sezioni e sottosezioni del
Dopolavoro, affinché avessero provveduto ad intensificare, “con cura e con
alacrità”, la formazione e la preparazione delle squadre rappresentative.
Rammentò, inoltre, ad ogni Dopolavoro l’obbligo di inviare ai campionati ed
alle prove di brevetto almeno una squadra rappresentativa.226
Per quanto riguarda infine l’escursionismo turistico, l’unico raduno
indetto dal Dopolavoro provinciale di cui abbiamo notizia è quello che si
tenne il 4 giugno ad Atri, in occasione della festa del “Corpus Domini”. A
questa manifestazione, presieduta dal segretario federale, parteciparono oltre
ai dopolavoristi ed alle associazioni di Teramo, anche i gruppi escursionistici
226 Attività del Dopolavoro Provinciale. Attività sportiva, in “Il Solco”, 17 ottobre 1931,
p. 2.
144
delle principali sezioni del Dopolavoro in provincia. A coronare il “vasto
programma dei festeggiamenti”, fu indetta una marcia ciclo-turistica che
raccolse circa duecento ciclisti, e ciò, secondo “Il Solco”, a dimostrazione
che il Dopolavoro Provinciale “non ha bisogno di esaltazioni per invitare alla
partecipazione tutti coloro che desiderano godere di una sana e ricreativa
giornata di festa”.227
227 Le manifestazioni del Dopolavoro. La gita ad Atri, in “Il Solco”, 31 maggio 1931, p.
2.
145
Capitolo quinto L’attività relativa agli anni 1932-34.
1. L’educazione artistica.
L’incremento dell’ascolto radiofonico. Il consolidamento dell’attività
filodrammatica in provincia: le creative compagnie del Dopolavoro di Atri e Colonnella. L’arrivo del “Carro di Tespi” a Giulianova.
Nel corso di questi tre anni, la diffusione della radiofonia raggiunse in
provincia di Teramo un poderoso sviluppo. Analizzando le relazioni mensili
sull’attività svolta dal Dopolavoro provinciale che, a partire dal 1934,
cominciarono ad essere pubblicate su “Il Solco”, abbiamo calcolato che in
quell’anno almeno 21 sezioni disponevano di un apparecchio radio. Ciascuna
di queste sezioni organizzava in media una quindicina di manifestazioni
radiofoniche al mese, che consistevano in sedute di ascolto collettivo. Per i
frequentatori dei circoli minori, esse rappresentavano l’unico diversivo
veramente originale: nel mese di gennaio, per esempio, i dopolavoristi di
Mosciano S. Angelo furono intrattenuti nelle ore di svago da 20
manifestazioni radiofoniche e da una scuola di musica; quelli di Castilenti
usufruirono di 19 manifestazioni radiofoniche e 2 conferenze; a quelli di
Isola del Gran Sasso spettarono 16 manifestazioni radiofoniche e 2 concerti
146
bandistici.228
L’altra attività che entrò finalmente a far parte in maniera continua del
patrimonio ricreativo della nostra provincia fu quella filodrammatica.
Iniziata quasi in sordina nel 1927 con le recite portate in scena dalla
Filodrammatica “Dux” di Teramo e da quella del Dopolavoro di Atri,
l’attività teatrale, nonostante la costituzione nel 1929 e la ricostituzione nel
1931 della Federazione provinciale delle filodrammatiche e la sua
esaltazione ripetutamente fatta in occasione degli annuali congressi dei Fasci,
trovò in provincia (almeno fino al 1932) notevoli difficoltà ad emergere. Nel
1933 si verificò, invece, una prima lieve inversione di tendenza.
A Colonnella, la sezione del Dopolavoro, grazie alla “costanza” di
Ernesto Acerbo, locale segretario politico, coadiuvato “validamente” dal
podestà Franchi, riuscì ad avere una “sala Teatro”; mentre la “pazienza
certosina” del dott. Clito Natali e l’“attività efficace” del comandante del
Fascio giovanile riuscirono a “creare degli artisti”. Nel mese di marzo si
assistette, quindi, alla prima rappresentazione di questa filodrammatica dal
228 Cfr. Dopolavoro Provinciale. Attività svolta nel mese di Gennaio XII, in “Il Solco”, 10
febbraio 1934, p. 3. Disponevano con certezza dell’apparecchio radiofonico le sezioni di
Teramo, Giulianova, Mosciano S. Angelo, Castilenti, Isola del Gran Sasso, Cornacchiano,
Atri, Montorio al Vomano, Frondarola, Cellino Attanasio, Leognano, Controguerra,
Forcella, Pietracamela, Collevecchio, Roseto, Civitella del Tronto, Penna S Andrea,
Bisenti e Castellalto.
147
titolo “Ali spezzate”.
Gli attori “fecero sbalordire” e “il piacere e l’entusiasmo della
popolazione (tra cui non pochi forestieri) furono il premio più ambito per
tutti gli organizzatori ed attori”.229
Nel mese di novembre, la filodrammatica del Dopolavoro provinciale,
con la commedia “Il viaggio dei Berluron” rappresentata al teatrino del
Dopolavoro di Atri, tornò ad esibirsi dopo quasi un anno e mezzo di
inattività.230
Nel mese successivo fu poi “costituita” la filodrammatica del
Dopolavoro di Mosciano S. Angelo, i cui “volenterosi e bravi giovani”
debuttarono con la commedia “L’assente”:231 la notizia relativa alla
costituzione di questa filodrammatica ci sembra, però, di dubbia esattezza
dato che, dagli articoli pubblicati negli anni precedenti, risulta che il paese di
Mosciano disponesse già nel 1929 di un gruppo filodrammatico del
229 Dalla Provincia. Colonnella, in “Il Solco”, 11 marzo 1933, p. 3. 230 Dopolavoro. Recita Filodrammatica in Atri, in “Il Solco”, 3 dicembre 1933, p. 3. Le
ultime notizie relative all’attività di questa filodrammatica risalgono al 4 giugno 1931,
giorno in cui si esibì ad Atri in occasione di un raduno escursionistico: cfr. L’Assemblea
del Fascio di Teramo acclama i suoi dirigenti. La relazione del camerata Pannella. Il
Dopolavoro, in “Il Solco”, 13 luglio 1931, p. 1. 231 Dopolavoro. Filodrammatica del Dopolavoro di Mosciano S. Angelo, in “Il Solco”,
16 dicembre 1931, p. 3.
148
Dopolavoro, il quale fu poi ricostituito nel 1931.232 Probabilmente, dunque,
nel 1933 si verificò una nuova ricostituzione: sembra infatti che queste
piccole ribalte paesane fossero spesso sottoposte ad un continuo processo di
scioglimento e ricomposizione.233
Fu però nel 1934 che questo tipo di spettacolo divenne, per il pubblico
del Dopolavoro, uno degli intrattenimenti più diffusi, insieme alle
manifestazioni radiofoniche ed alle matinées del sabato eseguite dalle locali
bande del Dopolavoro.234 Particolarmente attive furono la “vecchia”
filodrammatica del Dopolavoro di Atri e la “debuttante” filodrammatica del
Dopolavoro di Colonnella.
La prima, recentemente ricostituita ad opera del dott. Domenico
232 Cfr. Opera Nazionale Dopolavoro. Direttorio Provinciale di Teramo. Federazione
Provinciale delle Filodrammatiche, in “Il Solco”, 12 maggio 1929; Attività del
Dopolavoro Provinciale, in “Il Solco”, 17 ottobre 1931, p. 2 233 Cfr. G. Galli, Un’organizzazione ausiliaria del Partito Nazionale Fascista, cit., p.
813. 234 Scorgendo gli articoli relativi all’attività svolta mensilmente dal Dopolavoro in
provincia, abbiamo rilevato che nel 1934 ogni sezione organizzava almeno una
manifestazione bandistica al mese. Durante l’estate, il numero di queste manifestazioni
andava poi da un minimo di quattro ad un massimo di nove. La sezione di Forcella il
mese di agosto ne organizzò addirittura undici: cfr., in particolare, Dopolavoro. Attività
del mese di agosto XII, in “il Solco”, 15 settembre 1934, p. 2.
149
Torinese,235 debuttò il 3 febbraio al teatro comunale con una “brillante
commedia in un atto”. Il “numeroso pubblico che gremiva il Teatro”
applaudì “spesso e vivamente” i “bravi e volenterosi filodrammatici” che,
diretti dal nuovo direttore artistico Domenico Torinese, riuscirono a
preparare la recita “in meno di un mese”.236
La filodrammatica del Dopolavoro atriano si esibì per la seconda volta
nel mese di aprile, con un dramma intitolato “La vecchia casa nel parco”,
scritto dall’avv. Giuseppe Romualdi “della vicina Notaresco”. Il “camerata”
Torinese, per l’occasione, non si limitò a dirigere e organizzare la recita, ma
si volle riservare “una delle parti più importanti e difficili del dramma
recitata con anima e passione di vero artista”.237
Il 10 giugno, con “Il Dono del Mattino”, commedia in tre atti di G.
235 Cfr. In Provincia. Atri. Imminente recita della filodrammatica del Dopolavoro, in “Il
Solco”, 27 gennaio 1934, p. 2, dove si legge che “Il camerata dott. Torinese Domenico,
Vice Commissario del Dopolavoro, nell’intento di dare sempre maggiore incremento alla
Istituzione, d’accordo col Segretario Politico, ha formato tra i migliori elementi locali,
una compagnia di filodrammatici. [...] Ferve intanto la preparazione della recita alla quale
sono stati chiamati le Signorine: Clara Consorti, Cerolini e Collina; i Signori: De Sanctis
Alberto, Torinese, D’Alesio e Cellinese”. 236 La vita in Provincia. Atri. Attività del Dopolavoro, in “Il Solco”, 10 febbraio 1934, p.
2. 237 La vita in Provincia. Atri. Attività Dopolavoristiche, in “Il Solco”, 20 aprile 1934, p.
2.
150
Forzano (l’ideatore del “Carro di Tespi”), questa filodrammatica, che “ad
ogni nuova recita si arricchisce di nuovi ottimi elementi, dotati di qualità
artistiche”, raccolse ancora una volta “un meritato e lusinghiero successo”.
Tutti, stando all’articolo pubblicato su “Il Solco”, si distinsero “per
naturalezza e disinvoltura” ma, in modo particolare, i rallegramenti andarono
ai due protagonisti: la “signorina” Betta Cerolini ed il sig. Domenico
Torinese, “perfetti interpreti” delle loro parti.238
La filodrammatica del Dopolavoro di Colonnella, che aveva appena un
anno di vita, si esibì (stando alle relazioni sull’attività del Dopolavoro in
provincia) per ben sei volte: la serie delle sue recite iniziò a febbraio con un
dramma di Cuciniello intitolato “Ezela - Un’eredità nell’Alabama”: “non
pochi tra gli spettatori, non seppero trattenere le lagrime” per le sventure
della povera protagonista Ezela, che “si ribella alle prepotenze del padrone
Jakson e preferisce la morte alla schiavitù”. Il pubblico ebbe però modo di
rifarsi “con incontenibili, interminabili risa”, assistendo ad una farsa dal
titolo “Il Tesoro nascosto”, che fu data immediatamente dopo.239
Domenica 18 febbraio, a distanza di pochi giorni dalla prima recita, nel
238 In Provincia. Atri. Attività della Filodrammatica del Dopolavoro, in “Il Solco”, 23
giugno 1934, p. 2. 239 La vita in Provincia. Colonnella. Recita della Filodrammatica, in “Il Solco”, 10
febbraio 1934, p. 2.
151
teatrino del Dopolavoro di Colonnella, si visse nuovamente “una serata
indimenticabile”. La filodrammatica locale interpretò “in modo impeccabile”
il dramma “La Contessa di Somerive”. Il “numeroso” pubblico, che seguì la
recita “con la massima attenzione”, “alla fine di ogni atto tributò ai vari attori
numerosi scroscianti applausi ed infine li chiamò ripetute volte alla
ribalta”.240
Altre due recite, delle quali non conosciamo il titolo, furono date nel
mese di marzo e in quello di aprile.241
Il 10 maggio fu rappresentato il dramma in quattro atti “Papa
Lebonnard”242 e in giugno la creativa compagnia teatrale di Colonnella
240 La vita in Provincia. Colonnella. Recita, in “Il Solco”, 24 febbraio 1934, p. 2. Gli
attori dilettanti che facevano parte di questa filodrammatica erano Giacomo Bernardini,
“beniamino” del pubblico; Derna De Fulgentis, “distinta e spigliatissima”; Antimo Di
Giuseppe, “riproduttore esimio dei vari stati in cui l’anima umana viene a trovarsi nel
corso della vita”; Tommaso Tozzolini, “attore franco e distinto”; Ida Cesarini, “che nulla
deve invidiare ad una attrice che vanti vari anni di esercizio nelle scene”; e poi ancora il
“comico” Claudio Volponi; il “cameriere specializzato” Fernando Bernabei; la
“signorina” Italia Billè, “che diede prova di arte sopraffina”; la giovanissima attrice
tredicenne Mary Acerbo; ed infine il direttore artistico Cleto Natali e la suggeritrice
Maria Boraschi, che si occupava anche dell’istruzione degli attori e delle attrici. 241 Cfr. Dopolavoro Provinciale. Attività svolta nel mese di Marzo, in “Il Solco”, 14
aprile 1934, p. 2; Dopolavoro Provinciale. Attività svolta nel mese di aprile XII°, in “Il
Solco”, 12 maggio 1934, p. 2. 242 Cfr. La vita in Provincia. Colonnella. Recite della filodrammatica, in “Il Solco”, 26
maggio 1934, p. 2.
152
chiuse la sua stagione con un’ultima recita di cui non conosciamo però il
titolo.243
Non meglio precisate “recite varie” furono rappresentate nel mese di
febbraio da una compagnia teatrale appena costituita in seno al Dopolavoro
di Bellante.244
Abbastanza attive furono le filodrammatiche dei Dopolavoro di Torano
Nuovo e Torricella che si esibirono, nel corso dell’anno, rispettivamente due
e tre volte.245
Nel mese di aprile si ricostituì, inoltre, il gruppo filodrammatico del
Dopolavoro di Tortoreto Stazione, che in ottobre andò in scena per ben due
volte.246
La filodrammatica del Dopolavoro provinciale, invece, nel 1934 si esibì
una volta sola, riportando nel mese di maggio “un meritato successo” al
243 Cfr. Dopolavoro. Attività svolta durante il mese di Giugno, in “Il Solco”, 14 luglio
1934, p. 3. 244 Cfr. Dopolavoro Provinciale. Attività svolta nel mese di febbraio XII, in “Il Solco”, 4
marzo 1934, p. 3. 245 Cfr. Dopolavoro Provinciale. Attività svolta nel mese di febbraio XII, in “Il Solco”, 4
marzo 1934, p. 3; Dopolavoro Provinciale. Attività svolta nel mese di Marzo, in “Il
Solco”, 14 aprile 1934, p. 2; Dopolavoro Provinciale. Attività svolta nel mese di aprile
XII, in “Il Solco”, 12 maggio 1934, p. 2. 246 Dopolavoro. L’attività svolta dal Dopolavoro provinciale durante il mese di ottobre
XII, in “Il Solco”, 10 novembre 1934, p. 3.
153
teatro “Apollo”, con la “brillantissima” commedia “Il ratto delle Sabine”. In
particolare, furono applauditi Alessandro Panzieri, direttore della
filodrammatica sin dal 1931, e la “signorina” Elena Collina, membro della
filodrammatica del Dopolavoro di Atri. Alla rappresentazione intervenne un
pubblico che il cronista del “Il Solco” giudicò “abbastanza numeroso”: per
questo motivo costui, nel chiudere l’articolo relativo alla rappresentazione
augurando alla compagnia di continuare la sua attività, invita il pubblico,
“anche quello che l’altra sera era assente”, ad accorrere alle rappresentazioni
“sempre più numeroso”.247
Come si è visto, le opere da rappresentare nelle piccole ribalte paesane
non venivano scelte necessariamente tra gli autori che facessero aperta
professione di fede fascista. Il regime, infatti, si limitò a far subire alle
filodrammatiche una dettagliata regolamentazione, predisposta non tanto per
dare ad esse un contenuto specifico, ma piuttosto per garantire una
“disciplina sociale ed artistica rigorosa”, eliminando “l’anarchia di grezzi
egoismi” che, a detta degli esperti, aveva afflitto i piccoli teatri anteriormente
al fascismo, impedendo loro di attuare il potenziale artistico di cui
247 Cronaca cittadina e informazioni. La recita della Filodrammatica del Dopolavoro, in
“Il Solco”, 2 giugno 1934, p. 3.
154
disponevano.248
Si esigeva pertanto che il gruppo fosse esiguo e compatto; per mettere
fine, una volta per tutte, alla “tirannia di attori ed attrici”, il direttore artistico
veniva investito di piena autorità; l’arrivismo di attori ansiosi di diventare
famosi andava scoraggiato: l’intero gruppo doveva essere spinto da una
passione incontaminata per l’espressione artistica e considerare la
filodrammatica non “come mezzo per le (proprie, ndr.) ambizioni personali,
ma come una nobile palestra di studio, di elevazione morale”. Nessun
filodrammatico avrebbe avuto, per questo motivo, assegnato di diritto un
ruolo. Nondimeno l’apparato scenico, confacendosi ad un teatro “degno”
della sua affiliazione al fascismo, doveva essere “decente”, un autentico
microcosmo della società fascista ideale.249
Anche per quanto riguarda i soggetti da rappresentare esistevano severe
disposizioni del regime: una prima, emanata nel 1933, stabiliva il “divieto
assoluto [...] di rappresentare lavori che per forma o contenuto contrastano
248 Cfr. E. De Angelis, Che cosa è, che cosa vuole il Dopolavoro, cit., pp. 47-48. In
generale, sulla linea di condotta fascista nei riguardi del piccolo teatro, cfr. O.N.D.
Bollettino mensile. Scopi ed organizzazione del movimento filodrammatico dell’O.N.D.,
anno I, n. 2, febbraio 1927. 249 Cfr. G. Pesce, La filodrammatica e il Dopolavoro, in “La Stirpe”, n. 6, giugno 1924,
p. 561; Regolamento delle Associazioni Filodrammatiche, appendice a E. De Angelis,
Che cosa è, che cosa vuole il Dopolavoro, cit., pp. 206-210.
155
con le finalità educative, politiche e culturali dell’O.N.D.”; un’altra proibiva
di produrre copioni non esplicitamente approvati dai censori; altre circolari
mettevano al bando spettacoli in dialetto ed imponevano le quote sul numero
di lavori teatrali stranieri che ogni repertorio poteva contenere in una
determinata stagione; nel 1935 furono poi vietate tutte le opere drammatiche
di autori appartenenti alle nazioni che avevano applicato le sanzioni contro
l’Italia.250
Tuttavia, tranne nei casi in cui si trattava di sfacciata propaganda
antifascista, si trascurava di fare una censura esplicita;251 infatti, come ha
osservato De Grazia, ad aumentare il conformismo congenito degli ambienti
provinciali, bastava la minaccia di interferire, unitamente alla
discriminazione ufficiale contro opere straniere e alla mancanza di contatto
con il mondo esterno.252
Inoltre, nel 1929 l’Ond, “al fine di rendere partecipe il popolo dei modi
e delle espressioni della grande arte e per fargli conoscere i capolavori
dell’arte drammatica e lirica, che, nella loro ampiezza di visioni sono capaci
250 Cfr. O.N.D. Bollettino Ufficiale, n. 2 febbraio 1932; prot. n. 9332, 11 febbraio 1932;
Id., n. 5, maggio 1933, prot. n. 27527, 10 maggio 1933; Id., n. 3, marzo 1935, prot. n.
19387; Id., n. 11, novembre 1935, “Foglio di comunicazione” n. 2. 251 Cfr. U. Bardi, Le piccole ribalte durante il fascismo, in “La Toscana nel regime
fascista (1922-1939)”, cit., p. 663.
156
di elevare nobilmente lo spirito”,253 costituì una propria compagnia
viaggiante denominata “Carro di Tespi”. Questo “grandioso e modernissimo
teatro viaggiante su autocarri, capace di allestire in poche ore spettacoli lirici
e drammatici all’aperto, in qualsiasi località”,254 fu progettato appositamente
per impressionare gli spettatori di provincia.
I tre “Carri di Tespi” per la prosa, unitamente al Carro lirico per le
rappresentazioni operistiche istituito nel 1930,255 durante i mesi di primavera
e d’estate, quando effettuavano il loro annuale “giro di propaganda
educativa” per le province, impiegavano circa un migliaio di persone: un
gran numero di attori e di cantanti d’opera, cori e orchestre al completo,
macchinisti e tecnici del suono, insieme ai conducenti dei torpedoni e dei due
autocarri che trasportavano l’attrezzatura per l’allestimento del teatro. Entro
252 Cfr. V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., p. 195. 253 Così A. Starace, Opera Nazionale Dopolavoro, Milano, 1938, p. 47. 254 Così M. Missiroli, Cosa deve l’Italia a Mussolini, Società Editrice di Novissima,
Roma, 1941, pp. 104-105. 255 I tre “Carri di Tespi” drammatici, ideati da Giovacchino Forzano (direttore del teatro
alla Scala e collaboratore di Mussolini), furono inaugurati a Milano nel 1929, alla
presenza di Mussolini; prima di iniziare il loro tour, furono invitati a Gardone da Gabriele
D’Annunzio, il quale assistette all’esecuzione de “La figlia di Jorio” da parte delle tre
compagnie, che si alternarono nella recitazione: cfr. O.N.D. Realizzazioni e sviluppo, cit.,
p. 67. L’inaugurazione del “Carro di Tespi” lirico, invenzione anche questa di Forzano,
157
poche ore dall’arrivo a destinazione della troupe, la piazza designata per la
rappresentazione (che doveva essere lunga almeno 70 metri e larga 50)
veniva trasformata in una struttura “simile ad un tempio”, con un
palcoscenico doppio sovrastato da una cupola detta “fortuny” (dal nome del
suo ideatore) che, azionata elettricamente, permetteva di dar vita ad effetti
speciali: notti stellate, acquazzoni, onde e così via.256
Il passaggio delle carovane attraverso le province era preceduto per
molte settimane da numerosi comunicati della Direzione centrale dell’Ond,
aventi ad oggetto la predisposizione dello spettacolo e la mobilitazione degli
spettatori.257
I costo dei biglietti, inizialmente abbastanza cari, nel 1934 venne
ribassato: nel caso del Carro di prosa, del 50%, di modo che le sedie
costassero 4 lire e le gradinate 2; nel caso del Carro lirico, che fino a
quell’anno erano oscillati tra le 5 e le 15 lire, del 20%.258
ebbe luogo il 24 agosto 1930 a Torre del Lago, paese natale di Giacomo Puccini: cfr.
O.N.D. Realizzazioni e sviluppo, cit., p. 79. 256 Per le descrizioni del “Carro di Tespi”, cfr. “Gente Nostra”, 2 ottobre 1932; L’Opera
Nazionale Dopolavoro, Roma, 1937, pp. 39-40; O.N.D. Realizzazioni e sviluppo, cit., p.
49. 257 Tra le circolari spedite ai Dopolavoro provinciali che si accingevano ad ospitare il
Carro, cfr., per esempio, O.N.D. Bollettino Ufficiale, n. 4, aprile 1932, prot. n. 21941,
Roma, 14 aprile 1932; Id., n. 6, giugno 1933, prot. n. 34628, Roma, 2 giugno 1933. 258 Cfr. “Gente Nostra”, 6 maggio 1934; Id., 24 agosto 1930.
158
Questa iniziativa dell’Ond, richiamò un pubblico “impressionante”: nel
1930, il Carro drammatico n. 1, che aveva nel suo repertorio “La figlia di
Jorio”, di Gabriele D’Annunzio, “Trionfo d’amore”, di Giuseppe Giacosa e
“Gianni Schicchi”, di Giovacchino Forzano, percorse 2.899 km, visitò 60
comuni del meridione e delle isole e diede 124 recite, alla presenza di
303.151 spettatori. Nello stesso anno, i Carri n. 2 e n. 3 rappresentavano “La
figlia di Jorio” e “Ginevra”, di Forzano: il primo si esibì 108 volte in 53
comuni dell’Italia centrale e coinvolse 292.257 spettatori; il secondo si esibì
124 volte in 60 comuni del Nord, richiamando 288.929 spettatori.
Impostando gli itinerari in modo da attraversare quanti più centri di provincia
fosse possibile, i tre “Carri di Tespi” per la prosa e quello lirico si
ritrovarono nel 1932 ad aver dato 877 spettacoli in 501 località diverse, alla
presenza di oltre un milione di persone.259
Nel maggio del 1932, su un trafiletto de “Il Solco” dedicato all’attività
dell’Ond veniva annunciato l’arrivo in provincia di Teramo dei “Carri di
Tespi” drammatico e lirico: il primo (“Carro di Tespi” n. 2) si sarebbe
dovuto esibire a Teramo il 19 luglio, il secondo, nei giorni 25 e 26 dello
stesso mese, a Giulianova. Per la prima volta, dunque, la nostra regione si
259 Cfr. O.N.D. Realizzazioni e sviluppo, cit., pp. 67-68.
159
preparava ad accogliere “tale immensa organizzazione”.260
In realtà, per ragioni a noi sconosciute, la provincia di Teramo fu
“onorata” dalla sola presenza del Carro lirico, che venne allestito a
Giulianova il 18 e 19 luglio. Nel piazzale Fiume d’Italia, “inquadrato in una
magnifica cornice di pini, [...] lambito dall’azzurro Adriatico”, fu eretto lo
“splendido” palcoscenico dotato della famosa cupola “fortuny”, “creazione
geniale italiana dell’O.N.D.”
L’amministrazione comunale, “efficacemente” coadiuvata dal segretario
politico del Fascio locale e da “volenterosi cittadini”, creò nell’ampia piazza
una platea “a piano inclinato” e ne rivestì la superficie con una
pavimentazione fatta di laterizi; la qual cosa, stando almeno alle cronache
dell’epoca, fu molto apprezzata dai dirigenti del Carro, dal momento che non
avevano mai avuto modo di vederla “in nessuna delle precedenti piazze,
dove il Carro ha deliziato i vari pubblici”.
Il giorno 18 fu rappresentata un’edizione “superba” di “Boheme”:
La grandiosità e perfezione dello spettacolo -notava un commentatore-
ha superato ogni aspettativa e l’immenso pubblico accorso dall’intera
Provincia di Teramo è rimasto attonito ed ha prodigato applausi ed
260 Nell’Opera Nazionale Dopolavoro, in “Il Solco”, 7 maggio 1932, p. 3.
160
acclamazioni, sia durante lo spettacolo che alla fine di ciascun atto,
chiamando gli artisti e l’illustre maestro Vitale alla ribalta.261
Il giorno successivo, alle rappresentazioni de “I pagliacci”, di Ruggero
Leoncavallo e della “Cavalleria rusticana”, di Pietro Mascagni, fu presente
anche “sua eccellenza” Achille Starace, invitato dal podestà di Giulianova.
Al suo ingresso in teatro, l’onorevole fu salutato da “scroscianti applausi che
volevano testimoniargli tutta la devozione del popolo della Provincia di
Teramo, sia per aver voluto concedergli attraverso le rappresentazioni del
Carro l’insperato godimento artistico, sia per aver voluto, sia pure
fugacemente, onorare di sua presenza Giulianova”.
Al termine dello spettacolo, come di rito, tutti gli artisti e le “masse
corali”, accompagnati dall’orchestra e diretti dal maestro Vitale, intonarono
“l’Inno Reale e l’Inno “Giovinezza””. Alla manifestazione presero parte oltre
seimila persone, tra cui Bottai, membro del Direttorio nazionale dell’Ond, il
261 Tra i cantanti interpreti che si esibirono quel giorno a Giulianova, vengono dal
“Solco” ricordati: il tenore Angelo Minghetti, che fu un “ottimo Rodolfo [...] dalla voce
limpida e squillante negli acuti”; il baritono Vanelli “dalla voce poderosa un Marcello
pieno di calore”; Bianchi, che interpretò Schaunard con “molta vivacità”; il basso Cirino,
che impersonava il filosofo Colline; il baritono Pacini, “nella duplice figura di Benoit e
Alcindoro”; Maria Polla Puecher, “una Mimì deliziosa, dalla voce calda e affascinante”;
Pierisa Giri, “che fu una Musette briosissima e vivace”: cfr. Il “Carro di Tespi” a
161
segretario federale Pirocchi, il prefetto Witzer e “tutte le Autorità della
Provincia di Teramo”.262
Il “Carro di Tespi” lirico tornò nuovamente ad esibirsi a Giulianova la
sera del 27 luglio 1934, con il “Rigoletto” di Giuseppe Verdi. Al fine di
ottenere la massima partecipazione di pubblico, l’avvenimento fu preceduto
da una martellante pubblicità: nei mesi di giugno e luglio, per esempio, su “Il
Solco” venne pubblicata una serie di strisce dal seguente tenore:
“Musica e canto elevano lo spirito e nobilitano la mente. Prenotate i
posti per il “Carro di Tespi””
“Il “Carro di Tespi” è oggetto di ammirazione e meraviglia”
Giulianova. S.E. Starace assiste alla rappresentazione de “I Pagliacci” e de “La
Cavalleria Rusticana”, in “Il Solco”, 30 luglio 1932, p. 2. 262 Il “Carro di Tespi” lirico a Giulianova. S.E. Starace assiste alla rappresentazione de
“I Pagliacci” e de “La Cavalleria Rusticana”, in “Il Solco”, 30 luglio 1932, p. 2. Tra gli
interpreti de “I pagliacci” vengono ricordati: il giovanissimo tenore Bertelli, “ottimo
Canio”; la “signorina” Alda Fedeli, “una Nedda simpaticissima e attraente”; il baritono
Vanelli, che questa volta vestiva i panni di Tonio. Nell’interpretazione della “Cavalleria
rusticana”, invece, si distinsero: Angelo Minchetti, chiamato a sostituire nella parte di
compare Turidda il “divo” Beniamino Gigli, assente a causa di una “malaugurata
indisposizione”; Florica Cristoforeanu, “un’artista deliziosa, [...] interprete superba e
passionale della parte di Santuzza”; il baritono Perrone, “ottimo Alfio”; la signora
Toniolo, “vivacissima Lola”; la “signorina” Mariani, che interpretò “molto bene” Mamma
Lucia.
162
““Andare incontro al popolo”. Il Carro di Tespi realizza il Teatro del
popolo”263
Con molta probabilità tali inserzioni riprendevano il contenuto di quei
manifesti che, sulla base delle disposizioni della Direzione centrale dell’Ond,
dovevano essere affissi sui muri dei centri visitati dal “Carro di Tespi”, e dei
volantini che venivano distribuiti ed esposti nei locali pubblici.264
Sullo stesso giornale, inoltre, furono pubblicati diversi articoli dedicati
all’arrivo del Carro in provincia, articoli che facevano soprattutto riferimento
alle modifiche apportate alla struttura:
Il Carro di Tespi Lirico è stato dotato, quest’anno, di una cabina
mobile di trasformazione in modo da arricchire gli effetti luce;
perfezionamenti sono stati portati al quadro di distribuzione generale ed
altrettanto si è fatto per l’impianto della illuminazione nell’area riservata al
pubblico. Allo scopo di permettere un maggior sviluppo di movimento delle
masse sono state fatte delle importanti modifiche sia nell’architettura
esterna del teatro come nell’avanscena.
263 Cfr. “Il Solco”, 30 giugno 1934, p. 3; Id., 7 luglio 1934, p. 3. 264 Cfr. O.N.D. Bollettino Ufficiale, n. 6, giugno 1933, prot. n. 34628, Roma, 2 giugno
1933.
163
Una delle migliorie più efficaci è stata quella di perfezionare ed
ampliare le tribune in modo da permettere a duemila persone di assistere
comodamente alla rappresentazione.265
Gli articoli, inoltre, non trascuravano di ricordare le riduzioni apportate
nel 1934 ai prezzi dei biglietti “per facilitare maggiormente l’affluenza della
grande massa di lavoratori”.266
La manifestazione registrò il “tutto esaurito”, con 3.662 spettatori ed un
incasso di 27.050 lire.267
Ottima impressione destarono, stando alle cronache, il soprano
Margherita Carosio, il tenore Landi ed il baritono Basiola, “all’indirizzo dei
quali gli spettatori hanno improvvisato, alla fine di ciascun atto ed anche a
scena aperta, calorose dimostrazioni di simpatia”. L’orchestra, sempre diretta
dal maestro Vitale, seppe assolvere “ottimamente il suo non facile compito”.
Particolare importanza conferì allo spettacolo la presenza del comm. Beretta,
direttore generale dell’Ond e quella del comm. Sarrocchi, ispettore centrale e
265 I Carri di Tespi lirico e drammatico nel Teramano, in “Il Solco”, 16 giugno 1934, p.
2. 266 Cfr. I Carri di Tespi lirico e drammatico nel Teramano, in “Il Solco”, 16 giugno 1934,
p. 2; In Provincia. Giulianova. Il Carro di Tespi Lirico, in “Il Solco”, 30 giugno 1934, p.
2. 267 Cfr. Dopolavoro Provinciale. Attività del mese di luglio, in “Il Solco”, 4 agosto 1934,
p. 2.
164
presidente del Dopolavoro comunale di Roma.268
Nel 1934 la provincia ebbe anche l’opportunità di ospitare per la prima
volta il “Carro di Tespi” drammatico n. 3, che a Teramo la sera del 6 luglio
rappresentò, in piazza Vittorio Emanuele, una commedia di A. De Stefani dal
titolo “Equatore”.269
Anche l’arrivo del Carro drammatico fu preceduto da un’insistente
pubblicità, questa volta incentrata soprattutto sull’importanza educativa di
tale istituzione, sul valore dei componenti della compagnia, sull’esiguo
prezzo dei biglietti (ridotto, come visto in precedenza, del 50%) e sulle
migliorie apportate alla struttura:
A simiglianza di quello lirico ed allo scopo di concedere allo spettatore
sempre maggiori comodità e migliorare la visibilità dello spettacolo, il
Dopolavoro che nulla trascura perchè i Carri abbiano sempre una maggiore
efficienza, ha disposto che i Carri di Tespi di prosa siano quest’anno dotati
di tribune di modo che ogni spettatore abbia il suo posto a sedere. I Carri
268 Il grandioso successo del Carro di Tespi Lirico a Giulianova, in “Il Solco”, 28 luglio
1934, p. 3. 269 Cfr. Dopolavoro Provinciale. Il Carro di Tespi Drammatico n. 3 a Teramo, in “Il
Solco”, 30 giugno 1934, p. 2. La compagnia del Carro n. 3 era composta da Amilcare
Pettinelli (direttore), Mimy Aylmer, Wanda Bernini, Mariù Glek, Oretta Raiani, Giovanni
Bellini, Luigi Belsani, Attilio Fernandez, Giulio Lacchini, Filippo Lanzoni, Augusto
Olivieri, Ernesto Mannicini, Pierino Rosa, Guido Tei: cfr. I Carri di Tespi lirico e
drammatico nel Teramano, in “Il Solco”, 16 giugno 1934, p. 2.
165
Drammatici saranno dotati di un altro recinto di tubi di ferro e tela olona,
che consente l’isolamento del teatro in qualsiasi punto esso venga montato e
permetterà al pubblico di assistere alla rappresentazione più raccolto.
I prezzi d’ingresso che già erano popolari sono stati quest’anno
modificati per dimostrare come il Dopolavoro voglia sempre più andare
incontro al popolo. [...]
Il complesso artistico sarà come per gli anni precedenti formato da
attori di valore indiscusso e che sapranno far apprezzare nel loro giusto
valore il beneficio culturale ed artistico che apporta l’iniziativa del
Dopolavoro.270
Alla rappresentazione accorsero 950 spettatori, per un incasso di 3.179
lire.271
Per quanto concerne, infine, le proiezioni cinematografiche, anche
queste ricomprese nel Servizio educazione artistica, fino al 1934 gli unici
vantaggi collegati alla tessera del Dopolavoro erano nella nostra provincia
rappresentati dagli sconti sui biglietti d’ingresso praticati dalle sale
pubbliche.272 Sembra, addirittura, che il “cinema sonoro ambulante”,
acquistato nell’aprile del 1934 alla Fiera di Milano, sia stato assai
270 I Carri di Tespi lirico e drammatico nel Teramano, in “Il Solco”, 16 giugno 1934, p.
2. 271 Cfr. Dopolavoro Provinciale. Attività del mese di luglio, in “Il Solco”, 4 agosto 1934,
p. 2.
166
sporadicamente utilizzato: nei resoconti mensili dell’attività dell’Opera,
infatti, si fa cenno delle proiezioni cinematografiche solo nel mese di
giugno.273
272 Cfr. L’Assemblea del Fascio di Teramo. La relazione Pannella. Dopolavoro, in “Il
Solco”, 14 luglio 1932, p. 2. 273 Cfr. Dopolavoro Provinciale. Attività svolta nel mese di aprile XII°. Cinema sonoro,
in “Il Solco”, 12 maggio 1934, p. 2; Dopolavoro Provinciale. Attività svolta nel mese di
Giugno, in “Il Solco”, 14 luglio 1934, p. 3. L’impianto del cinema sonoro ambulante era
fornito di microfono e radio, in modo da poter essere utilizzato anche per manifestazioni
che non erano prettamente cinematografiche. I Dopolavoro interessati ad ospitare la
proiezione dovevano rivolgere la loro domanda direttamente alla segreteria provinciale.
167
2. Cultura popolare “propriamente detta”. I corsi di cultura popolare e professionale e le nuove conferenze. La partecipazione
al “Concorso Nazionale Dimostrativo dell’allevamento del baco da seta” di alcuni Dopolavoro comunali della provincia.
Il Dopolavoro provinciale seguitò, nel corso di questi tre anni, ad
istituire corsi di cultura popolare e professionale “là dove ne ravvisasse
l’opportunità per numero di richiedenti e per possibilità finanziarie”.274 Tra
questi vengono segnalati: il “Corso di specializzazione pre-aeronautica per
telegrafisti e aerologisti” promosso nel 1932 dal Dopolavoro provinciale,
dall’Aereo club “A. Costantini” e dalla “Regia Scuola Industriale” di
Teramo,275 due corsi serali per analfabeti istituiti nel dicembre del 1933 a
Civitella del Tronto276 ed un corso di taglio e cucito che, sperimentato già nel
1931, viene riproposto nell’ottobre del 1934. Le lezioni di quest’ultimo
erano gratuite, si tenevano presso i locali “gentilmente concessi”
dall’Artigianato ed erano impartite “amorevolmente” dalla “signorina”
274 Dopolavoro. Attività culturale, “Il Solco”, 9 dicembre 1933, p. 3. 275 Il corso era diretto dall’ingegnere Ettore Checchia, direttore della scuola industriale, e
tenuto dal capitano Gioacchino Franchi, ex ufficiale radiotelegrafista della compagnia
Marconi: cfr. Cronaca e informazioni. Corsi di specializzazione pre-aeronautica per
radiotelegrafisti ed aerologisti, in “Il Solco”, 29 novembre 1932, p. 3. 276 Cfr. Dopolavoro. Scuole Serali per Dopolavoristi a Civitella del Tronto, in “Il Solco”,
3 dicembre 1933, p. 3.
168
Cesira Nanni.277
Al fine di suscitare “l’interessamento vero e proprio dei lavoratori”, nel
dicembre del 1933, il Dopolavoro provinciale di Teramo, dietro
suggerimento del nuovo direttore tecnico provinciale per la cultura popolare,
Luigi Savorini,278 pensò di organizzare nei diversi Dopolavoro comunali
delle riunioni dove “appositi competenti dottori” erano chiamati per trattare,
non più temi fissi e prestabiliti, ma argomenti diversi scelti in precedenza
dagli stessi dopolavoristi. I dirigenti del Dopolavoro provinciale ritennero
opportuno adottare questa forma nelle conferenze poiché, a loro avviso, essa
meglio si adattava “alla cultura ed al potere di apprendimento dell’uditorio
in genere e dell’interessato in ispecie” che, in questo modo, avevano la
possibilità di intrattenere con il relatore incaricato “una specie di colloquio”.
Tale organizzazione permetteva, inoltre, di approfondire più argomenti nella
stessa serata e dava quindi vita a conferenze non più “stucchevoli”, ma
“varie, piacevoli e proficue”.279
Nel corso del 1934 furono dunque organizzate numerose conferenze
277 Cfr. Dopolavoro. Corso di taglio e cucito, in “Il Solco”, 10 novembre 1934, p. 3. 278 Su proposta del Dopolavoro provinciale, la Direzione generale dell’Ond chiamò Luigi
Savorini a sostituire nella suddetta carica Paolo Colombo, che la ricopriva dal 1931: cfr.
Dopolavoro. Direttore tecnico per la cultura popolare, in “Il Solco”, 16 dicembre 1933,
p. 3.
169
impostate secondo questo nuovo criterio; esse si tenevano soprattutto il
sabato sera ed i temi proposti (che riguardavano in particolare l’educazione
tecnica e l’economia domestica), insieme ai nomi dei dopolavoristi
proponenti, dovevano essere comunicati al Dopolavoro provinciale entro il
giovedì, in modo da avvisare in tempo il “Dottore specializzato”.280
Nell’aprile del 1934 il Dopolavoro provinciale tornò inoltre a
partecipare al “Concorso Nazionale Dimostrativo dell’allevamento del baco
da seta” (il quinto) con una rappresentanza composta dai Dopolavoro di
Mosciano S. Angelo, Nereto, S. Egidio, S. Omero e Torano Nuovo. Il gruppo
riportò una “lusinghiera affermazione”: il Dopolavoro comunale di Mosciano
S. Angelo fu premiato con una medaglia di vermeil, 75 lire e un diploma,
quello di S. Omero con una medaglia d’argento, 50 lire e un diploma; i
dopolavoristi Casalena di S. Omero, Chiarammella di Mosciano S. Angelo,
Cesare Di Emidio di S. Egidio e tutti quelli di Notaresco ottennero, invece,
ciascuno una medaglia di bronzo e un diploma.281
Per concludere, segnaliamo infine la distribuzione, avvenuta nel
279 Dopolavoro. Attività culturale, “Il Solco”, 9 dicembre 1933, p. 3. 280 Per ciò che riguarda le numerose conferenze organizzate nel 1934, cfr. i resoconti
mensili sull’attività svolta dal Dopolavoro provinciale pubblicati su “Il Solco”.
170
gennaio del 1934, di 23 volumi alle biblioteche dei Dopolavoro
dipendenti.282
281 Cfr. Dopolavoro Provinciale. Attività svolta nel mese di aprile XII°, in “Il Solco”, 12
maggio 1934, p. 2; Dopolavoro Provinciale. Esito V. Concorso Bacologico dell’O.N.D.,
in “Il Solco”, 1° settembre 1934, p. 2. 282 Cfr. Dopolavoro Provinciale. Attività svolta nel mese di Gennaio XII, in “Il Solco”, 10
febbraio 1934, p. 3.
171
3. Folklore. L’impulso dell’Ond alle feste patronali: la celebrazione di S. Berardo a Teramo.
L’esibizione del coro folcloristico del Dopolavoro di Giulianova a Pescara, in onore dei principi di Savoia.
Nel 1932 il Dopolavoro provinciale -che fino a quel momento si era
limitato a collaborare alla buona riuscita delle feste patronali, mettendo a
disposizione dei comitati locali i gruppi folcloristici e le bande e facilitando
il trasporto dei pellegrini- decise di riservarsi l’esclusiva di questo compito.
Il “camerata” Pannella, infatti, nella relazione sull’attività del
Dopolavoro provinciale presentata in occasione dell’annuale Congresso del
Fascio di Teramo, sottolineò il lodevole lavoro svolto dall’Opera
nell’accentrare a sé il compito di organizzare le feste in onore dei santi
patroni, evitando, così facendo, che “in periodi di crisi” cessassero queste
manifestazioni “così care al cuore del nostro popolo, e che con il loro
movimento, apportano un sensibile beneficio al nostro commercio”.283
Come si è visto, il Dopolavoro era solito arricchire queste sacre
ricorrenze di elementi nuovi e più moderni (manifestazioni sportive, lotterie,
fuochi d’artificio); tuttavia, se si presentava l’occasione, non disdegnava di
rispolverare antiche tradizioni cadute in disuso, soprattutto se potevano
283 L’Assemblea del Fascio di Teramo. La relazione Pannella. Dopolavoro, in “Il Solco”,
14 luglio 1932, p. 2.
172
contribuire indirettamente a legittimare e rafforzare uno dei tanti messaggi
che il regime tentava di propagandare. E’ questo il caso della festa di S.
Berardo (santo protettore di Teramo), la quale, a cominciare dal 1932, fu
arricchita dal ripristino di una vecchia consuetudine che suggellava la pace
tra l’autorità religiosa e quella civile:
Un tempo -si legge su “Il Solco”- il Civico Magistrato, a suon di trombe
si recava ad offrire un cero al Santo, a ricordo della liberazione di Teramo
dall’assedio del Duca d’Atri nel 1521. L’Università, come allora dicevasi,
prendeva parte in forma ufficiale, alle nuove manifestazioni riguardanti il
Santo Patrono. Tra queste la più importante era la festa della Pace, per
ricordare la pace che il Vescovo Piccolomini nel 1559 fece giurare a tutti i
cittadini dinanzi al tempio delle Grazie, dopo aver invocato il Santo
Patrono.
Il podestà Savini, per riprendere la “bella tradizione”, nel dicembre
1932 inaugurò la festa di S. Berardo, recandosi con il vice podestà, il
segretario e i “valletti recanti il Gonfalone Municipale” all’interno del
“vetusto tempio” di S. Domenico, dove offrì il cero votivo al vescovo
Micozzi “tra la più viva commozione dell’immenso pubblico”. Al termine, il
vescovo, che “dalla bella cerimonia [...] traeva il più lieti auspici per la Città
nostra e per i cittadini tutti”, impartì al popolo la “solenne benedizione”;
terminava così la “bella e memoranda funzione, che segna una data e ne fa
173
rivivere altre sì belle, e mostra anche come oggi l’Autorità religiosa e civile
c’è quella unione d’intenti e di fede, così necessaria che per cooperare alla
vera grandezza della Patria”.284
Tra le manifestazioni prettamente folcloristiche che si tennero durante
questo triennio -a parte le tradizionali sfilate di carri addobbati organizzate in
occasione della “Festa dell’Uva”- abbiamo sufficienti informazioni su un
unico avvenimento che ebbe come protagonista il gruppo corale del
Dopolavoro di Giulianova in trasferta a Pescara. Questo complesso
folcloristico nell’agosto del 1932 fu scelto, tra tutti gli analoghi gruppi delle
province abruzzesi, per sfilare lungo le rive del fiume Pescara alla presenza
dei principi di Piemonte. “La bellezza coreografica dei costumi originali e
degli appassionati canti della nostra gente marinara e campagnola” piacque
così tanto ai principi che espressero il desiderio di riascoltarli nella villa dei
duchi di Bovino, dove erano ospiti:
Così -si commenta un articolo de “Il Solco”- nella dolce notte, tra la
lussureggiante pineta, dalla “Barchetta d’ore” alla popolare “Nannì” e
dalla briosa “Damme nu’ vasce” alla caratteristica “Serenata de lu
’mbriache”, le LL.AA.RR., sorridenti e quasi frammischiati ai nostri
generosi popolani sentirono la passione e la gentilezza della nostra terra 284 Cronaca e informazioni. La festa di S. Berardo, Patrono della Città - Il ripristino di
un’antica cerimonia, in “Il Solco”, 25 dicembre 1932, p. 3.
174
fino a mostrare il loro generoso ed incoraggiante compiacimento e la loro
augusta bontà con l’incitare tutti a ballare, dando luogo ad una magnifica
riproduzione delle scene che al suono delle rustiche fisarmoniche e con la
“saltarella” si svolgono in ogni casolare campestre, nelle notti di quando si
sgrana il granturco.
L’entusiasmo dei giovani e delle ragazze giuliesi divenne
“incontenibile” quando il principe Umberto volle conoscere il maestro
Raffaele Marziale, “vecchio musicante e direttore del coro”; stringendosi la
mano, i due dettero luogo ad un breve dialogo:
-Lei maestro si chiama?
-Marziale.
-Bravo! Quante volte concerta?
-Una volta alla settimana.
-Allora quando verrò a Giulianova mi farà sentire i cori?
-Meglio ancora; ma la parola che avete detto di venire a Giulianova
“Signor Principe” dovete mantenerla.
-Si, sì.
A questo punto la “commozione e l’entusiasmo delle fanciulle e dei
giovani giuliesi, giunto al colmo, non poté frenare un coro di “grazie,
grazie””, cui fecero seguito il “più squillante e sincero alalà per il Re, per i
Principi e per la Casa Savoia” e l’intonazione della “Marcia Reale”.
175
Giulianova fascista, -conclude il cronista- orgogliosa di tanta augusta
attenzione, pronta a ricevere degnamente il Figlio amatissimo del glorioso
Re d’Italia, è vivamente entusiasmata dell’avvenimento, e col proporsi di
perfezionare sempre più il proprio spirito, la propria vita fascista, ringrazia
quanti -da S. E. Giacomo Acerbo alle alte Gerarchie al popolo di Pescara e
d’Abruzzo ivi convenuto- vollero calorosamente festeggiare il gruppo corale
folkloristico del Dopolavoro giuliese.285
285 I canti e le danze dei dopolavoristi giuliesi alla presenza delle LL.AA.RR. i Principi di
Piemonte, in “Il Solco”, 28 agosto 1932, p. 1.
176
4. L’attività sportiva. Il progressivo incremento dell’attività escursionistica in provincia. La gita a Pola,
Fiume, Abbazia e grotte di Postumia.
Nel corso di questi tre anni, il Dopolavoro provinciale si adoperò
affinché la cosiddetta “mentalità escursionista”286 cominciasse finalmente a
radicarsi in maniera più incisiva nei dopolavoristi teramani: nel 1932, con la
nomina di Gabriele Marramà, venne istituita la carica di direttore tecnico
dell’escursionismo;287 sui giornali locali furono pubblicati numerosi articoli
nei quali cominciavano ad essere esaltate le risorse naturali ed artistiche della
provincia;288 si provvide, inoltre, a promuovere e pubblicizzare un gran
286 Così A. Starace, Opera Nazionale Dopolavoro, Milano 1938, p. 65. 287 Cfr. Nell’Opera Nazionale Dopolavoro. Nomine, in “Il Solco”, 7 maggio 1932, p. 3. 288 Fra i tanti, ricordiamo un articolo su Fano Adriano, “grazioso paese, che oggi dista
soltanto sessanta minuti d’automobile da Teramo”, dove i turisti avrebbero potuto non
solo godere di una vacanza salubre e tranquilla, ma anche assistere a rappresentazioni
teatrali: cfr. A teatro, coi pastori..., in “Il Solco”, 28 agosto 1932, p. 3. Un altro venne
pubblicato nel 1933, e fa riferimento alla riapertura della cattedrale di Teramo la quale,
“pur senza i magnifici affreschi che ne adornavano le pareti, come si vede dai pochi
avanzi, essa oggi esercita potente il suo fascino sul visitatore”: cfr. La riapertura della
Cattedrale, in “Il Solco”, 10 settembre 1933, p. 2. Per ciò che riguarda il 1934,
interessante è l’intera trasposizione sul giornale di una conversazione sull’Abruzzo
teramano tenuta dal prof. Pietro Zerra, la sera del 23 agosto, nella rubrica del radio
giornale dell’E.N.I.T.: cfr. Problemi d’attualità. Per la valorizzazione turistica della
nostra Provincia, in “Il Solco”, 1° settembre 1934, p. 3. Sempre con riferimento al 1934
177
numero di escursioni a piedi, sugli sci e in bicicletta.
Nell’inverno del 1932, ai soliti appuntamenti per il conseguimento dei
brevetti di “Sciatore Dopolavorista”, validi per la disputa del terzo
“Campionato Nazionale di Marcia e Tiro” (che quell’anno si tenne a Col
Nevegal),289 si aggiunse la partecipazione al primo raduno degli sciatori
dopolavoristi del Lazio, della Campania e degli Abruzzi, organizzato per il
21 febbraio a Roccaraso.290
Nel mese di agosto, invece, i dopolavoristi di Castel Castagna
organizzarono una escursione alle sorgenti del Ruzzo, a bordo dei più
svariati mezzi di trasporto: carretti trainati dai muli, biciclette e “veloci
automobili”.291
Nel 1933, il Dopolavoro provinciale si cimentò per la prima volta nella
programmazione di una gita di lungo tragitto. Le mete stabilite erano Pola,
Fiume, Abbazia e le grotte di Postumia, con partenza prevista alle ore 14.30
di sabato 16 settembre, presso la “Regia Capitaneria di Porto” di Ancona, per
raggiungere -a bordo di un piroscafo della “Società Generale di Navigazione
cfr., infine, i trafiletti sulla vita balneare di Giulianova, pubblicati su “Il Solco” nei mesi
estivi. 289 Cfr. L’Assemblea del Fascio di Teramo. La relazione Pannella. Dopolavoro, in “Il
Solco”, 14 luglio 1932, p. 2. 290 Cfr. O.N.D. Realizzazioni e sviluppo, cit., p. 52.
178
Italiana”- la città di Pola, dove il gruppo di gitanti avrebbe pernottato. Il
programma della domenica comprendeva la visita di Pola e Fiume e, quindi,
il pernottamento ad Abbazia. Il lunedì, dopo la visita della cittadina e delle
grotte di Postumia, il gruppo si sarebbe di nuovo imbarcato a Pola, per
rientrare nel porto di Ancona alle ore 5.45 di martedì 19. Facevano inoltre
parte del programma due feste da ballo organizzate sul piroscafo e una gara
fotografica con premi alla migliore fotografia e a coloro che presentavano il
maggior numero di fotografie “riuscite”. La gita, che costava 180 lire, era
aperta ai soli dopolavoristi in possesso della tessera Ond “per l’anno XI”. Il
viaggio Teramo-Ancona, scontato per l’occasione del 50%, era a carico dei
partecipanti.292
Oltre a questa gita, del cui esito non siamo certi, il Dopolavoro
provinciale programmò per il 1933 ben 15 gite escursionistiche: a noi,
tuttavia, è giunta notizia soltanto delle due che si tennero nel mese di
dicembre a Paranesi e ai Piani di S. Pietro.293
291 Cfr. Dalla Provincia. Castel Castagna, in “Il Solco”, 28 agosto 1932, p. 2. 292 Il Dopolavoro di Teramo indice una gita a Pola - Fiume - Abbazia - Postumia, in “Il
Solco”, 10 settembre 1933, p. 2. Non disponendo di ulteriori notizie che facciano
riferimento alla suddetta gita, non siamo in grado di dire se essa ebbe effettivamente
luogo. 293 Cfr. Il rapporto annuale del Fascio di Teramo. La relazione del Segretario Federale,
in “Il Solco”, 2 luglio 1933, p. 1; Dopolavoro, in “Il Solco”, 30 dicembre 1933, p. 3.
179
Fu però nel 1934 che tra le attività svolte del Dopolavoro in provincia
cominciò a predominare largamente quella turistica.
Veramente intensa fu l’attività escursionistica del periodo invernale:
sembra, infatti, che nei primi cinque mesi del 1934 si siano svolte in
provincia ben 15 manifestazioni che coinvolsero oltre mille lavoratori. Nuovi
“Gruppi Sciatori” si costituirono a Teramo, Pietracamela, Rocca S. Maria,
Crognaleto e persino nel litorale Dopolavoro di Roseto.294 “Ottimo esito
organizzativo e soprattutto tecnico” ebbero le “Giornate invernali della
Montagna” indette ogni anno a Paranesi e Pietracamela per l’assegnazione
dei brevetti di “Sciatore Dopolavorista”. A quanto pare, queste adunate
raccolsero larga partecipazione non solo di sciatori, ma anche di escursionisti
“in modo che il numero complessivo di essi ammontava a circa quattrocento
per le due manifestazioni”.295 Alle Giornate della montagna, seguì il quinto
“Concorso Nazionale di Marcia e Tiro”, che in quell’anno tornò a disputarsi
a Roccaraso: la pattuglia rappresentativa del Dopolavoro provinciale di
294 Cfr. Dopolavoro Provinciale. L’attività escursionistica invernale, in “Il Solco”, 7
aprile 1934, p. 3. 295 Cfr. Dopolavoro Provinciale. L’attività escursionista invernale, in “Il Solco”, 7 aprile
1934, p. 3; Dopolavoro Provinciale. Attività svolta nel mese di Gennaio, in “Il Solco”, 10
febbraio 1934, p. 3. La riunione di Paranesi si tenne il 28 gennaio; vi parteciparono 50
dopolavoristi, di cui 40 conseguirono il brevetto. Durante l’altra riunione, che si tenne
l’11 febbraio, furono assegnati 30 brevetti.
180
Teramo partecipò alla gara classificandosi al 41° posto su 186 squadre
concorrenti.296 Il Dopolavoro provinciale intervenne anche al quinto
“Convegno Escursionistico”, indetto dalla F.I.E. in occasione della
manifestazione di Roccaraso, con un gruppo di altri trenta dopolavoristi e
dopolavoriste, tra cui una “notevole” rappresentanza del “Gruppo Sciatori”
di Roseto degli Abruzzi, il quale ebbe l’occasione di prendere parte ad un
concorso per la costruzione di un fantoccio di neve e ad una gara di slittino
valevole per l’assegnazione del titolo di “Campione Italiano Dopolavorista di
Slittini”.297 Altre importanti manifestazioni escursionistiche e turistiche del
periodo invernale furono la gita a Roseto, organizzata dal Dopolavoro di
Teramo ed alla quale parteciparono 208 persone,298 le gite a Lanciano,
Roseto e Bussi, promosse dal Dopolavoro di Giulianova299 e quelle a Chieti e
296 Cfr. O.N.D. Bollettino Ufficiale, n. 2, febbraio 1934, circ. n. 159 DR, Roma, 24
febbraio 1934. 297 Cfr. Dopolavoro. Raduno a Roccaraso, in “Il Solco”, 27 gennaio 1934, p. 2;
Dopolavoro Provinciale. Attività svolta nel mese di febbraio XII, in “Il Solco”, 4 marzo
1934, p. 3. 298 Cfr. Dopolavoro Provinciale. Attività svolta nel mese di Gennaio, in “Il Solco”, 10
febbraio 1934, p. 3. 299 Cfr. Dopolavoro Provinciale. Attività svolta nel mese di Gennaio, in “Il Solco”, 10
febbraio 1934, p. 3; Dopolavoro Provinciale. Attività svolta nel mese di febbraio, in “Il
Solco”, 4 marzo 1934, p. 3.
181
Pietracamela del Dopolavoro di Roseto.300
Altrettanto prolifica fu l’attività escursionistica praticata durante il
periodo primaverile ed estivo. La stagione fu inaugurata il 10 maggio con
una gita alle sorgenti del Ruzzo. Oltre cinquanta dopolavoristi, “fra cui un
folto gruppo del gentil sesso”, parteciparono a questa manifestazione, che
diede loro al possibilità di visitare il “grande” acquedotto e la lunga galleria
dove dovevano essere convogliate le acque delle sorgenti del Peschio e di
Fossaceca. L’opera, “saggiamente voluta dal Regime Fascista”, suscitò “nel
cuore dei gitanti un profondo senso di ammirazione e di soddisfazione”.
Al termine dell’articolo dedicato alla manifestazione il cronista, dopo
aver trasformato l’acquedotto in un simbolo materiale dell’efficacia del
regime, fa “con piacere” notare che “l’elemento femminile incomincia a
partecipare ai raduni e manifestazioni escursionistiche del Dopolavoro,
concorrendo così a dare maggior brio alle manifestazioni stesse”.301
Il 20 maggio si disputarono i brevetti di “Audax Ciclista”,302 mentre il
300 Cfr. Dopolavoro Provinciale. Attività svolta nel mese di Gennaio, in “Il Solco”, 10
febbraio 1934, p. 3; Dopolavoro Provinciale. Attività svolta nel mese di Marzo, in “Il
Solco”, 14 aprile 1934, p. 2. 301 Cfr. Dopolavoro Provinciale. La gita alle sorgenti del Ruzzo, in “Il Solco”, 2 giugno
1934. p. 2. 302 Cfr. Dopolavoro Provinciale, Calendario delle manifestazioni escursionistiche
primaverili ed estive, in “Il Solco”, 19 maggio 1934, p. 2.
182
10 giugno ebbe luogo una seconda gita al “meraviglioso” Fondo della Salsa.
La presenza di “nuove facce” dimostrò il “divulgarsi di questa benefica
attività per la educazione del fisico”. Alle ore 6 i gitanti partirono in autobus
alla volta di Castelli, dove arrivarono “come per incanto: effetto dei cimenti
canori fra i diversi gruppi della comitiva”. Da qui iniziarono l’ascesa a piedi
e, dopo una marcia “di circa due ore”, raggiunsero il Fondo della Salsa, posta
alla base della “strapiombante parete del superbo Monte Camicia”. Un
improvviso acquazzone costrinse i gitanti a tornare di corsa a Castelli, dove
ripresero l’autobus per Teramo.303
In base al “Calendario delle manifestazioni escursionistiche primaverili
ed estive”, pubblicato su “Il Solco”, a queste due gite dovevano seguire la
disputa dei brevetti di “Audax Ciclista”, un raduno ciclistico provinciale, la
“Giornata del Mare” a Giulianova e ben quattro escursioni a Colle Natale, al
Bosco Martese, a Roseto e a Rocca Roseta.304
L’unica nota di cronaca rinvenuta in proposito riguarda il “Raduno
Ciclistico Provinciale del Dopolavoro”, indetto il 2 luglio a Teramo in
303 Dopolavoro Provinciale. La gita al Fondo della Salsa, in “Il Solco”, 16 giugno 1934,
p. 3. 304 Cfr. Dopolavoro Provinciale. La gita al Fondo della Salsa, in “Il Solco”, 16 giugno
1934, p. 3.
183
occasione dei festeggiamenti in onore della Madonna delle Grazie.305 A
questa manifestazione presero parte centoventi dopolavoristi provenienti da
dodici distinte sezioni. L’ambita “Coppa del Dopolavoro Provinciale” fu
assegnata a quella di Torricella Sicura, prima classificata con 557 punti e
seguita, nell’ordine, dalle rappresentanze di S. Stefano, Poggio S. Vittorino,
Mosciano S. Angelo, Piano Vomano e Nepezzano. In occasione del raduno
furono effettuate anche le prove per il conseguimento dei brevetti di “Audax
Ciclista” e su 85 partecipanti 63 conquistarono il brevetto.306 Tornando
all’escursionismo di natura prettamente turistica, non vanno infine
dimenticate le numerose gite organizzate in provincia il 21 aprile, festa
fascista del lavoro.
Come “escursioni più importanti” vengono citate: la gita a Colle S.
Maria del Dopolavoro di Teramo, con circa 400 partecipanti e alla quale
presero parte il prefetto della provincia, il segretario federale e numerosi
gerarchi provinciali; la gita ai Piani del Tronto del Dopolavoro di
Controguerra, con oltre 150 partecipanti; la gita al Semaforo con 85 gitanti;
la gita a Monte Giove del Dopolavoro di Bisenti, con 128 gitanti; la gita ai
Piani delle Mandorle del Dopolavoro di Pietracamela, con 98 partecipanti; la
305 Cfr. Dopolavoro Provinciale. Raduno Ciclistico Provinciale del Dopolavoro, in “il
Solco”, 30 giugno 1934, p. 2.
184
gita al Colle S. Salvatore del Dopolavoro di Castiglione Messer Raimondo,
con 57 partecipanti e, infine, quella a Colle S. Maria del Dopolavoro di
Nepezzano, con 120 partecipanti.307
306 Cfr. Dopolavoro. Il raduno ciclistico provinciale, in “Il Solco”, 7 luglio 1934, p. 3. 307 Cfr. Dopolavoro Provinciale. Attività svolta nel mese di aprile XII°. Attività varie, in
“Il Solco”, 12 maggio 1934, p. 2.
185
Capitolo sesto L’attività relativa agli anni 1935-37.
1. Introduzione.
La guerra d’Etiopia, le sanzioni economiche: il Dopolavoro come strumento di
mobilitazione delle masse. La “nuova strategia rurale”: l’istituzione dei Dopolavoro rurali in provincia di Teramo.
Verso la fine del 1935, quando il regime di Mussolini attaccò l’Etiopia,
la rete dopolavoristica, di pari passo con le altre organizzazioni fasciste di
massa, divenne uno strumento di primaria importanza per chiamare a
raccolta la popolazione a sostenere lo sforzo bellico. Il regime cominciò a
mobilitare le sezioni dopolavoristiche molto prima dell’apertura delle
ostilità. Con il R.D.L. 20 giugno 1935, n. 1010, fu istituito il c.d. “sabato
fascista”, in base al quale la settimana lavorativa terminava il sabato alle ore
13, in quanto il pomeriggio doveva essere riservato alle “attività di carattere
addestrativo”, prevalentemente “premilitare e post-militare” e ad altre di
carattere politico, professionale, culturale e sportivo.308
A partire dalla fine di settembre, ai gruppi locali venne inoltre ordinato
di prendere parte alle centinaia di adunate preparatorie che si tenevano nelle
fabbriche, nei quartieri e nei villaggi, e che raggiunsero il culmine alla vigilia
della invasione dell’Etiopia (2 ottobre 1935), con gigantesche dimostrazioni
186
sul tutto il territorio nazionale.309
L’impresa etiopica, durata otto mesi fino al maggio 1936,310 fornisce la
prova di quanto efficace sia stata l’organizzazione di massa del fascismo: al
fine di sostenere la guerra di conquista, i dopolavoristi degli stabilimenti
FIAT e i dipendenti dei cantieri navali di Palermo fusero i loro trofei, i
lavoratori delle “Officine Meccaniche Galileo” di Firenze offrirono quattro
lingotti d’oro, migliaia di donne proletarie e di massaie rurali, invece,
donarono al “plebiscito d’oro” i loro anelli nuziali.311
308 Cfr. O.N.D. Bollettino Ufficiale, prot. n. 45628, Roma, 13 luglio 1935. 309 Cfr. M. Giambattista, Il tempo libero del Duce, cit., p. 56. 310 L’attacco dell’Etiopia, partito dall’Eritrea e dalla Somalia il 2 ottobre 1935, sotto il
comando dell’ex quadrunviro De Bono, sostituito poi dal maresciallo Badoglio, ebbe un
successo abbastanza rapido, data la schiacciante superiorità dell’aggressore. Le
operazioni furono infatti impostate dal Comando italiano come una guerra moderna,
totale, con l’impiego di 400.000 militari (dotati di aerei, carri armati e aggressivi chimici,
largamente usati), ai quali la resistenza indigena poteva contrapporre un numero eguale di
uomini, privi però di un armamento adeguato e male addestrati. Dopo una serie di
battaglie vittoriose, le truppe di Badoglio ebbero la meglio e il 5 maggio del 1936
occuparono la capitale imperiale, Addis Abeba, abbandonata tre giorni prima dal Re per
l’esilio. Sulla guerra d’Etiopia cfr.: A. Del Boca, La guerra d’Abissinia, Milano,
Feltrinelli, 1965; G.W. Bear, La guerra italo-etiopica e la crisi dell’equilibrio europeo,
Bari, Laterza, 1970; G. Rochat, Militari e politici nella preparazione della campagna
d’Etiopia, Milano, Angeli, 1971; E.M. Robertson, Mussolini fondatore dell’impero,
Roma-Bari, Laterza, 1979. 311 Cfr. “Lavoro Fascista”, 17 novembre; Id., 20-21 dicembre 1935, nonché ottobre 1935,
maggio 1936; cfr., inoltre, “Gente Nostra”, 5 gennaio 1936; Id., 12 gennaio 1936.
187
La cronaca de “Il Solco” (che dal 1932, in ottemperanza a disposizioni
date in vista della guerra d’Etiopia, era diventato il “Foglio d’Ordine” della
Federazione dei Fasci di combattimento di Teramo)312 è ricca, in questi anni,
di elenchi recanti i nomi dei “buoni cittadini” che mensilmente offrivano il
loro contributo alla patria, nonché di slogan che invitavano a donare l’oro
alla stessa o a prestarlo alla Banca d’Italia, la quale corrispondeva in cambio
un interesse del 5%.
Particolarmente significative sono al riguardo due locandine pubblicate
il 18 gennaio e il 26 ottobre del 1936, delle quali riportiamo integralmente il
contenuto:
TUTTO L’ORO ALLA PATRIA
L’oro rappresenta la massima garanzia monetaria in pace e la
massima riserva in guerra.
Rappresenta cioè la vita di tutti i cittadini per i quali non basta e non
serve tenerlo per loro conto.
Bisogna che lo Stato, e solamente lo Stato, possa contare sull’oro.
Per questo i buoni cittadini possono:
1) Regalarlo allo Stato;
2) Venderlo alla Banca d’Italia;
3) Prestarlo alla Banca d’Italia che corrisponderà l’interesse del 5 per
cento.
312 Cfr. L. Ponziani, Due secoli di stampa, cit., p. 161.
188
Ciascuno può fare il proprio dovere e il proprio interesse.313
DARE ORO ALLA PATRIA
L’offerta dell’oro alla Patria, in questo momento storico, ha lo scopo di
validamente appoggiare il vittorioso sforzo dei nostri Soldati in Africa
Orientale.
Poiché oggi tutta la Nazione si considera mobilitata e il fronte di
combattimento è unico, bisogna che ciascuno concorra -nel limite delle sue
forze e anche con sacrifizio- a creare le condizioni più favorevoli per
l’impresa, che impegna superbamente la forza e la grandezza del Regime.
Offrendo oro alla Patria si concorre notevolmente in quest’opera di
appoggio e di collaborazione.
Date quindi oro alla Patria. V’è certamente in un cassetto della vostra
casa qualche vecchio inutile oggetto prezioso, qualche frammento, qualche
residuo d’oro. Son briciole insignificanti, è vero: pochi grammi, poche lire
di valore. Ma pensate che milioni di famiglie possono contribuire e le
briciole, i frammenti, le maglie delle vecchie catene, gli spilli, gli anelli
consunti e contorti, le casse degli orologi inservibili, le medaglie, le
decorazioni si accumuleranno e formeranno in tutta Italia una piccola
montagna d’oro, che può trasformarsi in acciaio contro i nemici.
Teramo patriottica, sempre in prima linea, risponda sollecitamente col
suo “presente”.314
La guerra coloniale sottopose il regime non solo ad un’ingente
fuoruscita di denaro pubblico, necessario per sostenere lo sforzo bellico, ma
313 “Il Solco”, 18 gennaio 1936, p. 1. 314 “Il Solco”, 26 ottobre 1936, p. 2.
189
anche ai sacrifici imposti dalle sanzioni economiche decretate dalla Società
delle Nazioni, le quali rimasero in vigore dal novembre 1935 al luglio
1936.315
Per difendere l’Italia da queste misure, Mussolini annunciò nel marzo
del 1936 la battaglia dell’“autarchia economica” la quale, tra le tante cose,
implicava soprattutto l’“autosufficienza agricola”. Questo nuovo bisogno
spinse dunque il regime a sviluppare una “nuova strategia rurale”,316 più
incisiva, che portò ad un grandioso aumento del tesseramento e delle
attrezzature rurali dell’Ond,317 un’impresa che fino a quel momento, a detta
dello stesso Starace, si era dimostrata “lenta e difficile”.318
Di questa nuova politica la nostra provincia, definita sull’“Annuario
315 Le sanzioni economiche furono l’unica arma che la Società ginevrina adottò per
difendere l’Etiopia, che era uno stato membro, e per contrastare l’azione fascista. Esse
vietavano agli stati societari di esportare in Italia materiale bellico o materie prime
utilizzabili a fini militari e di concedere crediti al nostro paese. Ma l’efficacia di queste
misure riuscì assai scarsa, sia perché tra i prodotti sanzionati non vi era il petrolio, sia
perché l’Italia poté contare sui rifornimenti di Stati Uniti, Germania e Giappone, assenti
dalla Società delle Nazioni: cfr. C. Capra, G. Chittolini, F. Della Peruta, Corso di storia,
cit., pp. 685-686. 316 Così V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., p. 144. 317 Tra il 1935 e il 1936 il numero dei tesserati appartenenti alla categoria degli
agricoltori aumentò di quasi 200.000 unità, portandosi da 538.587 a 720.554: cfr.
Annuario Statistico Italiano 1939, Roma, 1939, p. 326. 318 O.N.D. Bollettino Ufficiale, n. 10, ottobre 1935, prot. n. 61301.
190
dell’O.N.D.” “essenzialmente rurale”,319 costituisce un esempio lampante.
Dalla ricognizione degli articoli de “Il Solco” che vennero in questi tre anni
dedicati al Dopolavoro provinciale, il fenomeno più significativo che balza
immediatamente agli occhi è, infatti, la costituzione dei Dopolavoro rurali e
l’inserimento di questa categoria nella ripartizione delle istituzioni che
facevano parte dell’organizzazione dopolavoristica provinciale: se nel 1931
(anno al quale risalgono gli ultimi dati analitici di cui si disponeva)320 si
parlava di 72 Sezioni regolarmente costituite, 49 Sottosezioni e 10
Associazioni aderenti, nel 1937 l’organizzazione dopolavoristica provinciale
viene invece ripartita in 43 Dopolavoro Comunali, 39 Dopolavoro Rurali, 2
Dopolavoro Rionali, 1 Dopolavoro Aziendale e 3 Associazioni aderenti.321
Inoltre, a partire dal 1936, le relazioni sull’attività svolta dall’Ond in
provincia annunciano puntualmente la costituzione di due o tre nuove sezioni
rurali ogni mese.322 L’impegno profuso dal Dopolavoro provinciale in questa
direzione ci viene ulteriormente confermato da un articolo pubblicato nel
settembre del 1937; da esso si evince che alla costituzione di sezioni si
319 Annuario dell’O.N.D. 1939, Roma, 1939, p. 327. 320 Cfr. l’introduzione del cap. IV. 321 Cfr. L’attività dopolavoristica dell’A. XV, in “Il Solco”, 24 ottobre 1937, p. 2.
191
affiancava una “complessa e vasta” attività rurale:
N. 5 Corsi di Agraria elementare [...]. - N. 159 rurali esaminati ed
approvati [...]. - N. 65 Conferenze d’indole zootecnica e sanitaria [...]. - N.
31 pacchi con semi varii [...]. - N. 52677 piantine forestali messe a dimora
nei costituendi boschi per la celebrazione dell’Impero [...]. - N. 1211
giornate lavorative fatte gratuitamente da altrettanti Dopolavoristi [...]. - N.
50 rappresentazioni gratuite, serali e all’aperto del Carro Cinema-sonoro di
proprietà del Dopolavoro Provinciale di Teramo dal 1 giugno al 31 corrente
(agosto 1937, ndr.) [...]. - N. 11 apparecchi radio, istallati presso i [...]
dopolavoro rurali [...]. - N. 9 Cassette di “pronto soccorso” consegnate [...].
- N. 42 pratiche di assistenza sociale [...].323
Sebbene l’Opera dichiarasse di voler contribuire a legare i contadini alla
modernità, il tipo di attività promossa nei Dopolavoro rurali dimostra tuttavia
che, di fatto, un contadino troppo emancipato, amante di cinema, radio e
attività ricreative, più che di zappa, concimi, bestie e numerosi figli, era
contro gli interessi che stavano dietro alla “immobile e chiusa ideologia
rurale del fascismo”. Il Dopolavoro ricorreva, infatti, a criteri diversi da
quelli seguiti nella sua organizzazione cittadina e aziendale. “Così, ad
322 Cfr., in particolare, Dopolavoro, in “Il Solco”, 18 gennaio 1936, p. 2; Dopolavoro.
Attività svolta nel mese di febbraio 1936 - XIV, in “il Solco”, 14 marzo 1936, p. 2;
Dopolavoro. Costituzione Dopolavoro Rurali, in “il Solco”, 4 aprile 1936, p. 2. 323 L’attività rurale del Dopolavoro, in “Il Solco”, 1° settembre 1937, p. 2.
192
esempio, andava bene la radio e anche la musica, ma meglio l’Aida o la
Traviata, suonate alla buona dalla banda in piazza, piuttosto che altre
musiche moderne. Il cinema doveva essere istruttivo, con problemi
campagnoli, e a ciò provvedeva l’“Istituto Luce”. Andavano bene anche
corse di motociclette, gare agonistiche, ma era meglio la corsa col sacco,
l’albero della cuccagna, il tiro alla fune. [...] Era compito del dopolavoro
rurale filtrare ogni novità, perchè giungesse alla gente di campagna senza
sconvolgere vecchi usi, rapporti patriarcali”.324
La pretenziosa rivendicazione di modernità del Dopolavoro non era
altro, dunque, che una risposta ad esigenze nuove, con fini di conservazione
e, al tempo stesso, di esaltazione nazionalistica.
324 Così G. Galli, Un’organizzazione ausiliaria del Partito Nazionale Fascista, cit., p.
804.
193
2. L’educazione artistica. Le proiezioni del “Cinesonoro” in provincia. L’attività bandistica e
filodrammatica. La terza esibizione del “Carro di Tespi Lirico” a Giulianova.
Nell’ambito delle attività promosse nel triennio 1935-37 dal Servizio
educazione artistica, un’importante novità fu costituita dall’entrata in
funzione del cinema sonoro ambulante, che contribuì ad introdurre le prime
pellicole anche nella campagna teramana. A partire dal 1935, il
“Cinesonoro” cominciò a realizzare ogni anno tre cicli di proiezioni che,
generalmente, venivano dati nel periodo compreso tra il mese di aprile e
quello di settembre.325 Sappiamo, ad esempio, che nel 1935 il secondo e il
terzo ciclo furono organizzati rispettivamente nel mese di agosto e di
settembre e che ciascuno di essi coinvolse ben undici diversi comuni.326 Nel
1936 le rappresentazioni cinematografiche ebbero una cadenza quasi
325 Cfr. Dopolavoro. Manifestazioni Artistico - Culturali per l’Anno XVI, in “Il Solco”, 1°
dicembre 1937, p. 4. 326 Cfr. Vita del Dopolavoro. Attività Cinematografica, in “Il Solco”, 24 agosto 1935, p.
4; Dopolavoro. Manifestazioni cinematografiche nel Dopolavoro Provinciale, in “Il
Solco”, 14 settembre 1935, p. 2. In agosto il Cinesonoro attraversò i comuni di Roseto,
Giulianova, Montorio, Campli, Silvi, Pineto, Mosciano, S. Nicolò, Castellalto e Nereto.
In settembre furono invece visitate le località di Corropoli, S. Egidio alla Vibrata,
Bellante, S. Omero, Campli, Bisenti, Castelli, Isola del Gran Sasso, Notaresco, Penna S.
Andrea, Cellino Attanasio e Ancarano: cfr. le relazioni sull’attività svolta dal Dopolavoro
194
mensile, mentre nel 1937 il “Cinesonoro” raggiunse con i suoi tour persino
frazioni piccolissime come Piano Risteccio, Villa S. Lucia, S. Margherita,
Collevecchio.327 Quanto al repertorio proposto, si ha notizia di tre sole
pellicole, proiettate nel corso del 1936: la prima rientrava nell’ambito della
propaganda antigas ed era stata offerta dal “Centro Chimico”; la seconda,
intitolata “Verso la Vittoria”, faceva propaganda rurale; la terza era un
documentario sull’impresa africana.328
Sembra, tuttavia, che la stragrande maggioranza dei film proiettati dal
Dopolavoro fosse costituita da pellicole educative, documentari e
cortometraggi, distribuiti dall’Ond o dall’“Istituto Luce”. L’Opera, infatti,
sebbene si fosse aspettata davvero di usare la nuova tecnologia di
intrattenimento come caposaldo del suo programma di educazione e di svago
delle masse lavoratrici, dovette tener conto della minaccia costituita dalle sue
organizzazioni allo sviluppo della rete cinematografica commerciale.329
provinciale nei mesi di gennaio, febbraio, aprile, maggio, luglio, settembre e ottobre, le
sole, cioè, che vennero pubblicate su “Il Solco” in quell’anno. 327 Cfr. Dopolavoro. Attività svolta nel mese di giugno, in “Il Solco”, 7 luglio 1937, p. 2. 328 Cfr. Dopolavoro. Propaganda rurale ed antigas, in “Il Solco”, 26 settembre 1936, p.
4; Dopolavoro. L’attività del mese di settembre, in “Il Solco”, 10 ottobre 1936, p. 2. 329 Cfr. V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., pp. 185-186. Nel 1928, allo
scopo di “evitare ogni malcontento negli esercenti di sale cinematografiche e di eliminare
ogni possibile concorrenza che in fatto di spettatori cinematografici potrebbe danneggiare
gli interessi degli esercenti stessi”, l’Ond ingiunse alle sedi dopolavoristiche di non
195
Del resto, questa tendenza riscontrata da De Grazia a livello nazionale
trova conferma in alcuni brevi commenti sull’attività cinematografica
provinciale pubblicati su “Il Solco”. Ad esempio, nel trafiletto che, nel 1935,
annuncia il terzo ciclo di rappresentazioni all’aperto, si legge:
La direzione tecnica provinciale, uniformandosi alle direttive
programmatiche dell’Opera Nazionale Dopolavoro, che considera la
cinematografia quale elemento essenziale di elevazione spirituale perchè
spazia in tutti i campi: dal politico allo scientifico, dal ricreativo
all’informativo della cronaca, esercitando sulle masse un grande fascismo
(sic!) che prepara alla maggiore comprensione possibile della vita moderna,
ha stabilito un interessante programma composto di films a carattere
ricreativo ed istruttivo di sicura approvazione da quanti lo visioneranno.330
Un simile accenno al carattere “educativo” e, addirittura, di
“propaganda” dei film proposti è riscontrabile nelle poche righe che
proiettare film nei giorni festivi o nei teatri all’aperto dovunque ci fosse una regolare sala
cinematografica e di far vedere soltanto pellicole educative e di propaganda. Quanto
all’intrattenimento, si doveva proiettare un film comico lungo non più di un atto: cfr.
O.N.D. Bollettino mensile. Il servizio cinematografico e radiotelefonico dell’O.N.D., anno
II, nn. 9-10, settembre-ottobre 1928, pp. 102-103. 330 Cfr. Dopolavoro. Manifestazioni cinematografiche nel Dopolavoro Provinciale, in “Il
Solco”, 14 settembre 1935, p. 2.
196
riassumono le proiezioni cinematografiche date nell’aprile 1936.331
A parte la novità costituita dalle proiezioni del “Cinesonoro”, i dati
raccolti nelle relazioni mensili sull’attività del Dopolavoro provinciale
dimostrano che, tra gli intrattenimenti proposti dal Servizio educazione
artistica nel triennio 1935-37, continuarono a predominare le audizioni
radiofoniche e le manifestazioni bandistiche.332 Più sporadiche si fecero
invece le esibizioni delle filodrammatiche del Dopolavoro, la cui federazione
fu ricostituita ben due volte: nel 1935, quando la sua direzione venne affidata
a Ettore Checchia, nominato in seguito alle dimissioni di Giacomo
Franchi;333 nel 1937, allorché venne nominato direttore l’avv. Giuseppe
331 Cfr. Dopolavoro. L’attività svolta nel mese di aprile, in “Il Solco”, 2 maggio 1936, p.
2. 332 L’attività bandistica per la quale la nostra provincia nutriva una spiccata simpatia e
passione trovò la sua culminante espressione nel convegno dei complessi musicali della
provincia, che si tenne a Teramo nel luglio del 1937: cfr. Dopolavoro. Le manifestazioni
artistiche e culturali nell’Anno XV, in “Il Solco”, 12 dicembre 1936, p. 2. Se nel triennio
1932-34, in ciascuna sezione si tenevano mensilmente sino ad un massimo di 19 audizioni
radio e 11 concerti bandistici, nell’agosto del 1935 in alcune sezioni si tennero 31
audizioni radiofoniche e 16 concerti: cfr. O.N.D. Attività svolta dal Dopolavoro
Provinciale nel mese di agosto XIII, in “Il Solco”, 7 settembre 1935, p. 2. 333 Cfr. Vita del Dopolavoro. Federazione Provinciale delle Filodrammatiche, in “Il
Solco”, 6 aprile 1935, p. 4. Molto probabilmente, tra la nomina di Alessandro Panzieri,
avvenuta nel 1931 in seguito all’ultima ricostituzione di cui abbiamo avuto notizia, e
quella di Ettore Checchia, la Federazione provinciale delle filodrammatiche fu sottoposta
ad un altro scioglimento, che determinò la nomina di Giacomo Franchi.
197
Marcheggiani.334
Le uniche notizie reperite riguardano la filodrammatica del Dopolavoro
di Atri, e quella del Dopolavoro di Piano Risteccio. La prima allestì
nell’aprile 1935 una commedia in tre atti di De Benedetti, intitolata
“Lohengrin”; i giovani della filodrammatica di Piano Risteccio, diretti
dall’“appassionato” Giuseppe Mattielli, si esibirono -sempre in quell’anno-
durante le feste di Carnevale, rappresentando tre farse “esilarantissime”
intitolate “L’avvocato per forza”, “Ho bisogno di una moglie” e “La
consegna è di russare”.335
Nell’ambito delle attività promosse dal Servizio artistico, un ultimo
breve cenno merita la terza esibizione del “Carro di Tespi” Lirico a
Giulianova, avvenuta il 16 e 17 agosto del 1936. Il teatro venne allestito,
come negli anni precedenti, in piazza Fiume d’Italia; le opere prescelte
furono “Il trovatore” di Giuseppe Verdi e “La Gioconda” di Ponchielli.336
334 Cfr. Dopolavoro. Federazione Provinciale Filodrammatiche, in “Il Solco”, 27
gennaio 1937, p. 2. 335 Dal Gran Sasso all’Adriatico. Atri; Piano Risteccio, in “Il Solco”, 16 marzo 1935, p.
3. Tra i giovani della filodrammatica di Piano Risteccio si distinsero nell’interpretazione
“le gentili sig.ne: Cesira, Lucia e Giulia Di Bonaventura e i giovani Mariano e Serafino
Di Bonaventura, Lodovico Gemmi, Ilario Regi e Giuseppe Di Dalmazio”. 336 Cfr. A Teramo e Provincia. Il “Carro di Tespi” a Giulianova, in “Il Solco”, 8 agosto
1936, p. 2 e 22 agosto 1936, p. 3.
198
Anche questa volta, il pubblico teramano rispose “compatto e numeroso”,
tant’è che in entrambi gli spettacoli si ebbero “due pienoni”. Facilitazioni sul
viaggio furono inoltre previste per coloro che volevano assistere agli
spettacoli del Carro:
L’Istituto Nazionale Trasporti, sia per il giorno 16 (Il Trovatore) che
per il 17 agosto (La Gioconda) effettuerà delle corse speciali, con partenza
da Teramo, piazza Vittorio Emanuele, alle ore 19 e ritorno dopo lo
spettacolo, e praticherà lo sconto del 50% ai viaggiatori muniti del biglietto
d’ingresso alle rappresentazioni. Tali corse avranno luogo sempre che sia
raggiunto il numero di 30 posti per ogni vettura. Nel caso contrario i
viaggiatori potranno usufruire delle corse normali. Le prenotazioni si
ricevono presso l’Agenzia Ferrante fino alle ore 17 dei giorni 16 e 17
corrente.337
337 Dopolavoro. Facilitazioni per gli spettacoli del Carro di Tespi Lirico a Giulianova, in
“Il Solco”, 15 agosto 1936, p. 2.
199
3. Cultura popolare “propriamente detta” e folklore. Il potenziamento delle “bibliotechine”. La mostra di lavori femminili delle
dopolavoriste teramane. Il “Concorso provinciale per una novella”: “Il Paganini di Montaprico”, novella di A. Trojani. Le esibizioni in trasferta del “Concerto del Dopolavoro” di Castelli e del “Gruppo popolaresco” di Penna S. Andrea.
La Direzione tecnica provinciale per la cultura popolare, durante questo
triennio, riversò le sue attenzioni soprattutto sulle “bibliotechine” delle
istituzioni dipendenti dell’Ond
Nel 1935, Vittorio Cortiglioni, segretario federale nonché presidente del
Dopolavoro provinciale, invitava il prefetto della provincia a dare
disposizioni ai podestà affinché facilitassero la costituzione di biblioteche
presso ogni Dopolavoro, associazione o circolo iscritto all’Ond.338 Il prefetto,
in una lettera di risposta, fece però osservare che:
...tenuto conto delle condizioni finanziarie di quasi tutti i comuni della
Provincia, notoriamente dissestate, e che non consentono erogazioni
ulteriori di spese facoltative, per quanto ammissibilissime, non si comprende
cosa potrebbero fare i comuni stessi per facilitare la costituzione ed il
funzionamento di queste biblioteche.339
Il problema fu però in qualche modo risolto, soprattutto per quel che
338 Cfr. AS Teramo. Opera Nazionale Dopolavoro, busta n. 4, fascicolo n. 8, “Foglio di
disposizione” n. 456, comma 3. 339 AS Teramo. Opera Nazionale Dopolavoro, busta n. 4, fascicolo n. 8, Teramo, 21
ottobre 1935.
200
riguardava il “funzionamento”. Nel corso del 1936 e, ancor più, nel 1937,
infatti, il Direttorio provinciale effettuò numerose e consistenti distribuzioni
di volumi:340 All’ottobre del 1937, si constatò che 64 istituzioni dipendenti
su 88 disponevano di una biblioteca, per un totale di 7.443 volumi.341 Una
percentuale (87%) veramente singolare nella sua consistenza: da un calcolo
fatto nel 1934, definito da De Grazia “piuttosto generoso”, risulta che su
19.000 sezioni esistenti in Italia, soltanto 1.569 (ossia l’8,2%) avevano
proprie biblioteche, delle quali appena 264 con una dotazione sufficiente per
farle classificare “biblioteche popolari”.342
Nel marzo del 1935 si chiuse, con una “riuscitissima” mostra, il “Corso
di maglieria e cucito”, indetto ed organizzato dal Dopolavoro l’anno
precedente. “I manufatti delle brave Dopolavoriste” furono ammirati da
“numerose” visitatrici, che ebbero l’occasione di constatare “di quale
340 Nei mesi di gennaio e febbraio del 1936, vennero distribuiti rispettivamente 68 e 90
libri, mentre nel mese di maggio proseguiva “ininterrotta” la costituzione di biblioteche e
l’arricchimento di volumi in quelle già esistenti: cfr. Dopolavoro. Attività svolta nel mese
di gennaio 1936 - XIV, in “Il Solco”, 8 febbraio 1936, p. 2; Dopolavoro. Attività svolta
nel mese di febbraio 1936 - XIV, in “Il Solco”, 14 marzo 1936, p. 2; Dopolavoro. Attività
del mese di Maggio, in “Il Solco”, 4 luglio 1936, p. 2. Nel 1937 furono invece elargiti, in
totale, 656 volumi: cfr. L’attività dopolavoristica dell’A. XV, in “Il Solco”, 24 ottobre
1937, p. 2. 341 Cfr. L’attività dopolavoristica dell’A. XV, in “Il Solco”, 24 ottobre 1937, p. 2. 342 Cfr. V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., p. 229.
201
immensa pratica utilità (fosse) per le nostre giovinette la istituzione
dopolavoristica dei lavori domestici”. La mostra fu visitata dal segretario
federale, “festosamente accolto dalle dopolavoriste riunite per la
circostanza”, il quale si compiacque “vivamente” con loro, con la direttrice
dei Dopolavoro femminili, prof.ssa Panzieri, e con l’insegnante, “signorina”
Nanni. Alle partecipanti, in occasione di una gita gratuita organizzata a spese
del Dopolavoro provinciale, furono consegnati dei diplomi.343
Visto il successo riscosso, la Direzione tecnica decise di ripetere
l’esperienza e organizzare un nuovo corso, che fu inaugurato il 25 novembre
1936.344
Nel febbraio dello stesso anno ebbe inoltre inizio il primo degli undici
cicli di conferenze igienico-sanitarie, che si tennero nelle sezioni della
provincia tra il 1936 e il 1937.345
Attinenti alla situazione politico-economica dell’epoca furono, invece,
le brevi lezioni di propaganda coloniale, dal tema “La lotta contro le
343 Una Mostra di lavori femminili al Dopolavoro Provinciale, in “Il Solco”, 23 marzo
1935, p. 2. 344 Cfr. Dopolavoro. Corso di Maglieria e Cucito per Dopolavoriste, in “Il Solco”, 17
novembre 1936, p. 2. 345 Cfr. Dopolavoro. Attività svolta nel mese di febbraio 1936 - XIV, in “Il Solco”, 14
marzo 1936, p. 2; Dopolavoro. Attività svolta nel mese di marzo, in “Il Solco”, 22 aprile
1936, p. 5.
202
sanzioni”, che si svolsero, nel biennio 1935-36, in tutte le sezioni durante i
“sabati fascisti”.346
Tra le iniziative prettamente culturali promosse in quegli anni dalla
Direzione tecnica per la cultura popolare, segnaliamo infine il “Concorso
provinciale per una novella”, la cui prima edizione fu bandita nel 1935. Il
concorso comprendeva due sezioni: una riservata agli operai ed un’altra agli
impiegati, anche se la prima categoria venne rappresentata solo nel 1936 e da
un unico concorrente.347
Le novelle, che dovevano essere inedite, scritte in lingua italiana e non
potevano superare “le otto pagine dattilografate, formato protocollo”,
andavano inviate al Dopolavoro provinciale, contrassegnate da un “motto”
ripetuto su una busta chiusa “contenente il nome ed il cognome dell’autore
nonché il mestiere o impiego e numero della tessera dell’Opera Nazionale
Dopolavoro”. Il giudizio della giuria, composta da rappresentanti del
Dopolavoro provinciale e da altri due dopolavoristi, era inappellabile. I
premi assegnati per ciascuna sezione erano tre, rispettivamente, di cento,
346 Cfr. Dopolavoro. Attività svolta nel mese di ottobre 1935, in “Il Solco”, 2 novembre
1935, p. 2; Dopolavoro. Attività svolta nel mese di aprile, in “Il Solco”, 2 maggio 1936,
p. 2. 347 Cfr. Dopolavoro, in “Il Solco”, 18 gennaio 1936, p. 2; Dopolavoro. I risultati del 2.
concorso provinciale per una novella, in “Il Solco”, 1° aprile 1937, p. 2; Dopolavoro.
Esito del Terzo concorso per una novella, in “Il Solco”, 17 marzo 1938, p. 5.
203
cinquanta e venticinque lire.348
Particolarmente significativa, per il suo contenuto spiccatamente
tendenzioso e per i suoi motivi epici, ci è sembrata la novella scritta da
Antonio Trojani, un impiegato di Cornacchiano che partecipò alla prima
edizione del concorso aggiudicandosi il terzo premio.349
La storia è ambientata nello sperduto e montano villaggio di
Montaprico. Protagonista ne è il giovane Alvaro, “primo nato di Rosa
bon’anima” che, “forse per intervento di S. Cecilia, di cui (la madre) era
tanto devota”, fin da fanciullo mostrò una grande inclinazione per la musica
e, in modo particolare, per il violino “di cui a poco a poco divenne esperto”,
tanto da essere soprannominato “il Paganini di Montaprico”. Tornato dalla
guerra, “la grande guerra di redenzione”, alla quale aveva partecipato
facendo il soldato “nelle eroiche difese del Grappa e del Montello”, Alvaro
aderì all’Associazione dei combattenti del suo paese, dove “ritrovava i suoi
compagni di patimento e di ansie, di martirio e di gloria”. Entrò inoltre a far
parte dell’orchestrina di Montaprico, che sovente “dopo la guerra, come
prima, [...] veniva chiamata a prestarsi in occasione di feste religiose”.
348 Cfr. Concorso provinciale per una novella bandito dal Dopolavoro provinciale, in “Il
Solco”, 15 giugno 1935, p. 4; Dopolavoro. Concorso per una novella, in “Il Solco”, 4
luglio 1936, p. 2. 349 Cfr. Dopolavoro, in “Il Solco”, 18 gennaio 1936, p. 2.
204
Nonostante in quegli anni i giornali parlassero sempre di “saccheggi, scioperi
e sommosse”, nel piccolo lembo montano “nessuno sentiva di rinnegare la
Patria, nessuno aderiva al socialismo”; tanto che, quando durante la festa del
“Corpus Domini”, giunsero per un comizio una ventina di “figuri, ubriachi
d’odio e di vino come turpi Caini”, un “vocio assordante, grida frenetiche di
evviva l’Italia” impedirono all’oratore del gruppo di parlare e “dopo vari ed
inutili tentativi la comitiva socialista si sbandò”. La festa andò avanti e
l’orchestrina di Alvaro, invitata per l’occasione, continuò a suonare gli inni
patriottici “entusiasmando tutti”. Al termine della giornata, però, Alvaro
tornando a casa fu importunato proprio dalle stesse persone “ancora
traballanti” che qualche ora prima si erano recate a Montaprico per il
comizio. I “figuri”, vedendo che il giovane aveva un violino sotto il braccio,
“gli dissero di suonare “Bandiera rossa””, ma Alvaro si rifiutò: “Non so
suonarla, non l’ho mai suonata, non la suonerò giammai”. Allora la “vile e
turpe accozzaglia” prese a schiaffeggiarlo e lo spinse in fondo al burrone che
costeggiava la strada. “Quasi tre anni dopo, la notte del 28 ottobre, chi
passava di lì nelle ore notturne, udiva le note di un violino che esultavano:
“Giovinezza... Giovinezza...””.350
350 Il Paganini di Montaprico. Novella di A. Trojani vincitore del 3. premio nel Concorso
bandito dal Dopolavoro Prov. di Teramo, in “Il Solco”, 28 marzo 1936, p. 2.
205
Delle novelle che vinsero le altre edizioni del concorso conosciamo
soltanto i titoli, ma non il contenuto.351 Sembra comunque che in genere
questi racconti, più che densi di espliciti argomenti politici, fossero in realtà
pieni zeppi dei pregiudizi e degli ideali piccolo-borghesi che gli organi
culturali fascisti contribuivano a diffondere.352
A parte le solite celebrazioni dei santi patroni e della “Festa dell’Uva”,
le cui scenografie folcloristiche venivano puntualmente organizzate dalle
sezioni del Dopolavoro, non ci risulta che si siano svolte in provincia, nel
corso di questi anni, importanti manifestazioni. Una certa rilevanza sulla
pubblicistica locale fu, però, data alle esibizioni in trasferta del “Concerto del
Dopolavoro” di Castelli e del “Gruppo popolaresco” di Penna S. Andrea.
351 La terna vincente della prima edizione del concorso era costituita dalle novelle:
“Quando c’era la guerra”, dell’insegnante Anna Nalveggi; “Mitzi, bimba dagli occhi a
mandorla” di un capo manipolo della “Divisione XXI Aprile”, stanziata in Africa
Orientale e dalla sopracitata novella di Antonio Trojano: cfr. Dopolavoro, in “Il Solco”,
18 gennaio 1936, p. 2. La seconda edizione fu vinta dalla novella “Mietitore”, scritta dal
dopolavorista Pasquale Casciotti, unico rappresentante della Sezione operai, e dalle
novelle “Commiato” di Anna Malveggi Muccioli e “Verso la vita” di Lamberto De
Carolis, per la Sezione impiegati: cfr. Dopolavoro. I risultati del 2. concorso provinciale
per una novella, in “Il Solco”, 1° aprile 1937, p. 2. Le novelle “Un bimbo nella notte” di
Ginevra Tapani, “Intimità” di Lamberto De Carolis e “Clima d’Africa” di Rosa Leone si
aggiudicarono, invece, i premi della terza edizione: cfr. Dopolavoro. Esito del terzo
concorso per una novella, in “Il Solco”, 17 marzo 1938, p. 5. 352 Cfr. V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., pp. 251-253.
206
Il concerto di Castelli, nell’agosto 1937, prestò servizio in occasione
delle “grandiose feste” che annualmente da secoli la città di Ascoli tributava
a S. Emidio. L’articolo relativo alla manifestazione è firmato da Silvio
Mattioli, proprio colui che “ebbe il piacere di consigliare al Comitato delle
feste la nostra banda di Castelli” la quale, “dopo i soliti dubbi e
tentennamenti e tergiversazioni”, fu accettata anche se solo “come ripiego”;
ma, specifica Mattioli, “non è questo che conta”:
Nel complesso -scrive Mattioli- tutto è andato discretamente nonostante
che a volte si sia riscontrata qualche monotonia nell’esecuzione. [...] La
musica è come la pittura vuole anch’essa i chiaroscuri, le tonalità forti e le
ombre saggiamente distribuite.
Mattioli termina l’articolo augurandosi che:
...a questo il nostro concerto possa arrivare fra non molto. [...] Noi lo
speriamo e ce lo auguriamo per le nostre belle tradizioni musicali
d’Abruzzo.353
Come al solito un “trionfo” fu, invece, l’esibizione del “Gruppo
popolaresco” di Penna S. Andrea, che l’8 agosto dello stesso anno partecipò
al raduno dei costumi che si tenne in Aquila. Su tredici gruppi
353 S. Mattioli, Il Concerto Musicale del Dopolavoro di Castelli alle feste di S. Emidio in
Ascoli Piceno, in “Il Solco”, 11 agosto 1937, p. 5.
207
dopolavoristici concorrenti, quello di Penna riuscì a conquistare la coppa in
palio nel concorso delle danze e dei canti abruzzesi. Reduce dal successo
riportato, il gruppo, “che è fra le più simpatiche e riuscite organizzazioni del
Dopolavoro in provincia di Teramo”, partì poi alla volta di Napoli, per
prendere parte alla terza “Piedigrotta”, indetta dall’Ond per i giorni 7, 8 e 9
settembre.354
354 Il gruppo popolaresco di Penna S. Andrea a Napoli, in “Il Solco”, 8 settembre 1937,
p. 2.
208
4. L’attività sportiva. La rivalutazione degli sport prettamente popolari: le bocce, gioco degli “italiani
autentici”. I primi campionati provinciali di scherma e nuoto. Il “Campeggio Dopolavoristico” ai Prati di Tivo e il 1° “Campionato Provinciale di marcia e tiro in montagna”.
Nel corso di questo triennio, nel palinsesto delle manifestazioni sportive
organizzate dal Dopolavoro provinciale di Teramo, furono incluse nuove
competizioni legate soprattutto a sport prettamente popolari: nel 1935 fu
organizzato il primo “Campionato Provinciale di Tamburello”,355 nel 1936
furono invece organizzati i primi campionati provinciali di bocce e di tiro
alla fune356 e, nel 1937, una rappresentanza del Dopolavoro provinciale
partecipò, per la prima volta, ai campionati nazionali.357
355 Cfr. Sport Dopolavoristico. Le manifestazioni che il Dopolavoro Provinciale
organizzerà nell’Anno XIII, in “Il Solco”, 26 gennaio 1935, p. 4. 356 Cfr. Dopolavoro, in “Il Solco”, 18 gennaio 1936, p. 2. La prima gara provinciale di
bocce fu disputata il 4 ottobre a San Nicolò a Tordino, in occasione dei locali
festeggiamenti patronali. “La propaganda svolta per la manifestazione bocciofila” diede
“i risultati sperati”: vi parteciparono infatti oltre trenta giocatori. Di conseguenza la
giuria, per fare in modo che il programma si esaurisse in giornata, decise di effettuare la
gara a coppie, anziché singolarmente com’era stato in precedenza stabilito. “Dopo
bellissime partite, giocate con tecnica e abilità, specialmente dalle prime classificate”, si
aggiudicò il primo posto la coppia formata da Gregorio Carnessale e da Raffaele Di
Carlo, del Dopolavoro di Teramo: cfr. Dopolavoro. Gara Provinciale di Bocce, in “Il
Solco”, 3 ottobre 1936, p. 4; Dopolavoro. I risultati della gara di bocce, in “Il Solco”, 10
ottobre 1936, p. 2. 357 Cfr. Dopolavoro. Manifestazioni sportive, in “Il Solco”, 13 gennaio 1937, p. 2.
209
Il fascismo, infatti, non si limitò a propagandare le discipline sportive
riconosciute a livello internazionale, ma si trovò a dover promuovere anche
quelle che traevano la loro origine da intrattenimenti paesani e rionali o da
giochi che, tradizionalmente, allietavano feste e sagre popolari.358
Il gioco delle bocce, per esempio -inizialmente trattato con disprezzo
dai funzionari sportivi fascisti, in quanto degradato dal suo stretto
collegamento con le osterie-359 venne poi inquadrato in una federazione, in
seguito alla constatazione che esso fosse “il gioco preferito delle classi
lavoratrici”.360 Distinguendosi, per tradizione, mediante un vasto numero di
variazioni di carattere locale, nel 1926 il gioco venne sottoposto ad un unico
regolamento nazionale, formato da 58 articoli.361 Fu questo il primo passo
per organizzare il gioco su una nuova base competitiva: a partire dal 1931, si
fecero sempre più numerosi i raduni di bocce, che fecero uscire il gioco dai
358 Addirittura, giochi popolari come le bocce, il tiro alla fune e il tamburello furono tra le
prime attività ad essere inquadrate e rappresentate nelle federazioni costituite dall’Ond
Tali federazioni erano, agli esordi, soltanto sei (le altre tre rappresentavano,
rispettivamente, la palla al volo, il canottaggio e la volata): cfr. E. Bizzarri, P. Luzzato, A.
Zanuttini, L’utile e il dilettevole. Storia del Dopolavoro a Roma negli anni Trenta, Roma,
Il Ventaglio, 1988, p. 106. 359 Cfr. V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, cit., p. 195. 360 Cfr. Annuario dell’O.N.D. 1937, Roma, 1937, p. 43. 361 Cfr. Regolamento tecnico del gioco delle Bocce e Statuto della F.I.G.B., in E. De
Angelis, Che cosa è, che cosa vuole il Dopolavoro, cit., pp. 239-250.
210
campi e dalle vie secondarie per portarlo nelle piazze principali. Si
organizzarono, quindi, campionati provinciali e di zona e, nel 1936, per
celebrare la fondazione dell’impero italiano in Etiopia, fu indetto a Roma il
primo “Campionato Nazionale di Bocce”.362
Nel 1937, il gioco delle bocce fu dichiarato uno “sport veramente
nazionale”, praticato da “gente di tutte le classi sociali”, lo svago preferito,
come sottolineò Ugo Cuesta, di “italiani autentici”, come Pio XI, il
compositore Pietro Mascagni e il generale Badoglio, eroe della campagna
etiopica.363
Tra le nuove manifestazioni sportive provinciali, legate a discipline di
carattere prettamente agonistico, segnaliamo i campionati provinciali di
scherma, di nuoto e di tiro a piattello, disputati tutti per la prima volta nel
1937.
Il primo “Campionato Provinciale di Scherma per le tre armi” (fioretto,
sciabola e spada) si tenne nel mese di aprile a Giulianova, nei locali del
cinema “Kursaal”, alla presenza del segretario provinciale dell’Ond, del
console Giuseppe D’Alessandro, presidente della giuria, del capitano
Armando Marini, direttore tecnico provinciale per la scherma e di un “folto
362 Cfr. Annuario dell’O.N.D. 1937, Roma, 1937, p. 45. 363 Cfr. U. Cuesta, Il libro del Dopolavoro, Roma, 1937, p. 123.
211
pubblico”.364
Sempre a Giulianova ebbe luogo la prima edizione della “Coppa
Vincenzo Migliori”, abbinata al primo “Campionato Provinciale di Nuoto”.
La vittoria collettiva andò ai dopolavoristi rosetani, mentre nella gara
individuale si classificò primo il dopolavorista Walter Costantini.365
Si svolse invece a Teramo, “nel campo di Tiro a Volo, presso l’ex orto
agrario, fuori porta Madonna delle Grazie”, il primo “Campionato
Provinciale di Tiro al piattello”.366
Nell’ambito delle manifestazioni promosse in provincia dal Dopolavoro
provinciale, le più nuove ed importanti furono il “Campeggio
Dopolavoristico”, che si tenne nel 1935 ai Prati di Tivo, e il primo
“Campionato Provinciale di marcia e tiro in montagna” per pattuglie di tre
dopolavoristi, organizzato nel 1937 a Teramo.
Il campeggio ai Prati di Tivo, organizzato di concerto con la F.I.E.
(Federazione Italiana Escursionismo), prevedeva quattro turni settimanali,
che andavano dal 28 luglio al 25 agosto, con la direzione dello stesso che
364 Cfr. Scherma. 1° Campionato Provinciale, in “Il Solco”, 22 aprile 1937, p. 6. 365 Cfr. Dopolavoro. Il Primo Campionato Provinciale di Nuoto, in “Il Solco”, 15
settembre 1937, p. 2. 366 Cfr. Dopolavoro. Primo Campionato Provinciale di Tiro al piattello, in “Il Solco”, 15
settembre 1937, p. 2.
212
poteva consentire l’iscrizione a due turni consecutivi. La quota individuale
giornaliera era stabilita in 7 lire e dava diritto al pernottamento nelle tende
messe a disposizione dalla F.I.E. (“tende tipo O.N.D. lunghe metri 8,20,
larghe metri 4,20, alte metri 2,70”, che ospitavano fino ad un massimo di
dieci campeggiatori) ed al vitto secondo il seguente menù:
Mattino: Caffè e latte o cioccolato con pane.
Mezzogiorno: Minestra asciutta o al brodo; piatto di carne con
contorno; formaggio o frutta; un quarto di vino.
Sera: Minestra in brodo; piatto di carne con contorno; formaggio o
frutta; un quarto di vino; alla domenica sera dolce.
Il Campeggio metteva a disposizione dei partecipanti un apparecchio
radio, una biblioteca, scacchi e dama. Non si è purtroppo riusciti a risalire al
numero dei dopolavoristi che aderirono all’iniziativa.367
Il primo “Campionato provinciale di Marcia e Tiro in montagna”,
valido per l’assegnazione della “Coppa Dopolavoro Provinciale” e per la
selezione delle pattuglie da inviare al campionato nazionale, fu indetto dal
Dopolavoro provinciale per il giorno 13 giugno 1937 a Teramo. Lo
svolgimento della gara comprendeva una marcia in montagna a cronometro
367 Il Campeggio Dopolavoristico ai Prati di Tivo del Gran Sasso d’Italia, in “Il Solco”,
22 luglio 1935, p. 3.
213
“su percorso vario di chilometri 16 circa con un dislivello massimo di metri
720” e una prova di tiro con fucile “modello 91”, “su sagoma di uomo a
terra” posta a 100 metri di distanza. Questo primo campionato fu vinto dal
terzetto del Dopolavoro comunale di Castelli che, oltre alla coppa, si
aggiudicò il diploma, tre medaglie di vermeil e tre penne stilografiche. Al
Dopolavoro di Piano Risteccio, primo classificato tra i Dopolavoro rurali,
spettò invece un significativo premio costituito da un attrezzo agricolo.368
368 Cfr. Campionato provinciale di marcia e tiro in montagna, in “Il Solco”, 2 giugno
1937, p. 4; Il Dopolavoro di Castelli vince il Primo Campionato provinciale di marcia e
tiro in montagna, in “Il Solco”, 16 giungo 1937, p. 5.
214
Capitolo settimo 1931-1937: dati a confronto.
Al termine della nostra ricerca, per inquadrare correttamente il livello di
sviluppo raggiunto dall’Opera nazionale dopolavoro nella nostra provincia,
si è ritenuto che non si potesse prescindere dal mettere a confronto i dati
relativi al 1931 e quelli relativi al 1937 (i più completi tra quelli che ci sono
pervenuti).
Nel marzo del 1931 facevano parte dell’organizzazione dopolavoristica
provinciale teramana:
n. 72 Sezioni regolarmente costituite e funzionanti;
n. 49 Sottosezioni;
n. 10 Associazioni Aderenti;
n. 16 Bande Musicali regolarmente inquadrate;
n. 9 orchestrine a plettro;
n. 10 Scuole di Musica;
n. 4 Complessi Corali;
n. 11 Filodrammatiche;
n. 23 Scuole Serali d’istruzione;
n. 25 Biblioteche.
Oltre 3.000 risultavano essere i tesserati, ma nel mese di giugno si
arrivò a quota 4.050 iscritti.369
369 Cfr. l’introduzione al cap. IV.
215
Nell’ottobre del 1937, la stessa organizzazione risultava costituita da
istituzioni così ripartite:
n. 43 Dopolavoro Comunali;
n. 39 Dopolavoro Rurali;
n. 2 Dopolavoro Rionali;
n. 1 Dopolavoro Aziendali;
n. 3 Associazioni aderenti.
L’attrezzatura dopolavoristica comprendeva altresì:
n. 13 Bande e fanfare;
n. 5 orchestrine a plettro;
n. 7 Filodrammatiche;
n. 64 Biblioteche;
n. 1 Cinematografi;
n. 1 Cinema Ambulanti;
n. 52 apparecchi radio;
n. 51 spacci.
Durante il decorso anno XV -si legge sul resoconto dell’attività
dopolavoristica pubblicato su “Il Solco”- il Dopolavoro Provinciale di
Teramo [...] ha svolto la seguente attività:
Sports.
Giuoco delle bocce. - n. 164 manifestazioni con 1658 partecipanti;
Tiro alla fune. - n. 47 manifestazioni con 906 partecipanti;
Atletica leggera. - n. 20 manifestazioni con 114 partecipanti;
Scherma. - n. 5 manifestazioni con 19 partecipanti;
216
Tiro a volo. - n. 6 manifestazioni con 61 partecipanti;
Ginnastica. - n. 1 manifestazione con 15 partecipanti;
Nuoto. - n. 5 manifestazioni con 71 partecipanti.
Escursionismo.
Escursionismo. - n. 138 manifestazioni con 3415 partecipanti;
Sciismo. - n. 16 manifestazioni con 415 partecipanti;
Ciclo-Turismo. - n. 2 manifestazioni con 40 partecipanti;
Marcie di regolarità in montagna. - n. 5 manifestazioni con 50
partecipanti.
Educazione artistica e cultura popolare.
Scuola per strumenti a fiato. - n. 1;
Scuola per strumenti a plettro. - n. 1;
Scuola corale. - n. 1;
Manifestazioni bandistiche. - n. 148;
Manifestazioni d’orchestra a plettro. - n. 31;
Manifestazioni d’orchestra ad arco. - n. 2;
Filodrammatiche. - n. 12 recite;
Cinematografia. - n. 130 spettacoli tra cui quelli del Cinema Sonoro
Ambulante;
Arte popolaresca. - n. 26 manifestazioni;
Corsi per semi analfabeti. - n. 2;
Corsi di agraria. - n. 5;
Corsi di cucito e maglieria. - n. 1;
Corsi di ebanisteria. - n. 1;
Corsi di cultura generale. - n. 1;
Conferenze. - n. 105.
Assistenza sociale.
217
Consulenza - Pratiche espletate n. 65, di cui amministrative 8 -
Tributarie 6 - Militari 21 - varie 39;
Assistenza varia. - n. 2;
Concessione di spacci di bevande alcoliche. - n. 51;
Concessione patentini vendita tabacchi. - n. 1;
Assicurazioni durante le manifestazioni - Infortuni subiti n. 1; Infortuni
liquidati n. 1;
Orti-Giardino - Distribuzione di semi a 9 Dopolavoro;
Piantagione gelsi in 8 Dopolavoro.
Assistenza igienico-sanitaria.
Conferenze - n. 24;
Schede di valutazione fisica. - n. 126 visite;
Cassette di pronto soccorso - distribuite n. 8.
Queste informazioni evidenziano chiaramente che, nel 1937, l’Ond
raggiunse in provincia una maggiore complessità organizzativa. Nello stesso
tempo, però, mettono in risalto un’inspiegabile stasi nel numero degli iscritti
e, addirittura, una riduzione in quello delle sezioni: un fenomeno, questo, che
va contro ogni tendenza riscontrata a livello nazionale.370
Dalle informazioni reperite presso l’Archivio di Stato di Teramo, risulta
però che nel 1939 il numero degli iscritti al Dopolavoro provinciale tornò a
370 In Italia, tra il 1931 e il 1937, il numero di iscritti all’Ond passò da 1.772.085 a
3.159.687; il numero delle istituzioni, invece, da 16.162 a 21.695: cfr. Annuario Statistico
Italiano 1939, Roma, 1939, p. 326.
218
superare la cifra di 4.000 (cifra già raggiunta nel 1931), per oltrepassarla poi
nel 1940, allorché si denunciarono addirittura 7.247 tesserati.371
371 AS Teramo. Opera Nazionale Dopolavoro, busta n. 4, fascicolo n. 8, Teramo, 2
ottobre 1940.
219
Fonti e Bibliografia
I - Fonti archivistiche.
Archivio di Stato di Teramo:
Opera Nazionale Dopolavoro, busta n. 4, fascicolo n. 8 (Prefettura,
Versamento 1989, Inventario Archivio di Gabinetto).
II - Fonti a stampa.
“Il Solco”, periodico settimanale pubblicato in provincia di Teramo, dal 1921
al 1943; portavoce ufficiale del Federazione fascista teramana dal 1922,
nel 1932 si trasforma in “Foglio d’Ordine” della Federazione dei Fasci
di combattimento di Teramo.
“Il Dopolavoro”, rivista quindicinale illustrata, pubblicata dal 15 febbraio al
15 novembre 1923; dal dicembre 1923 al dicembre del 1925 continua
ad essere pubblicata come rubrica del periodico “La Stirpe”.
“Il Dopolavoro” - nuova serie, rivista pubblicata dal gennaio 1926 al
febbraio 1929.
“La Stirpe”, mensile delle corporazioni fasciste pubblicato tra il 1923 e il
1939: critica e cultura sindacale, Dopolavoro, attività economica,
politica e artistica.
III - Pubblicazioni ufficiali.
O.N.D. Realizzazioni e sviluppo dell’O.N.D., Istituto Grafico Bertello, Borgo
S. Dalmazzo, 1933.
Quaderni del Dopolavoro, voll. I-IV, Roma, 1925.
220
O.N.D. Bollettino Ufficiale. Scopi e organizzazione, anno I, n. 1, gennaio
1927.
O.N.D. Bollettino mensile. Scopi ed organizzazione del movimento
filodrammatico dell’O.N.D., anno I, n. 2, febbraio 1927.
O.N.D. Bollettino mensile. Scopi ed organizzazione del movimento musicale
dell’O.N.D., anno I, n. 3, marzo 1927.
O.N.D. Bollettino mensile. I primi due anni di attività dell’O.N.D., anno I, n.
4, aprile 1927.
O.N.D. Bollettino mensile. Ordinamenti, programmi e regolamenti
dell’O.N.D., anno I, nn. 11-12, novembre-dicembre 1927.
O.N.D. Bollettino mensile. Il servizio cinematografico e radiotelefonico
dell’O.N.D., anno II, nn. 9-10, settembre-ottobre 1928.
O.N.D. Bollettino Ufficiale, anni dal 1929 al 1939.
I primi cinque anni di attività dell’Opera Nazionale Dopolavoro - 1926-
1930, Roma, 1931.
O.N.D. Dopolavoro Provinciali e Organizzazioni dipendenti, Roma, 1932.
L’Opera Nazionale Dopolavoro, Roma, 1936.
L’Opera Nazionale Dopolavoro, Roma, 1937.
L’Opera Nazionale Dopolavoro, Roma, 1938.
Annuario dell’O.N.D. 1937, Roma, 1937.
Annuario dell’O.N.D. 1938, Roma, 1938.
Annuario dell’O.N.D. 1939, Roma, 1939.
Bollettino del lavoro e della previdenza sociale, n.56, Roma, 1931.
Annuario Statistico Italiano 1931, Roma, 1931.
Annuario Statistico Italiano 1935, Roma, 1935.
Annuario Statistico Italiano 1939, Roma, 1939.
Annuario Statistico Italiano 1943, Roma, 1943.
221
Annuario Statistico Italiano 1938, Roma, 1938.
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