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Local Leadership & Pubblicità Esterna

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Felice Lioy - Direttore UPA

Invale da tempo la convinzione che sussista un cattivo rapporto tra le istituzioni

universitarie accademiche e il mondo dell'industria.

Si pensa che l' università abbia un'impostazione sostanzialmente teorica e quindi

lontana dalle attività, dalla produzione e dal commercio.

Qualcuno anzi sostiene che la purezza dell'aura accademica rischierebbe di essere

inquinata dalla profana e prosaica concretezza dei commerci e delle professioni.

Di converso coloro che lavorano nelle industrie ritengono che le generalizzazioni

accademiche e i modelli teorici dell'università mal si concilino con l'esigenza

imprescindibile e le regole spietate della produzione e degli affari.

L'iniziativa di oggi non solo tende a spazzar via questi pregiudizi ma si svolge in un

contesto in cui, ormai da anni, aziende e università realizzano una mirabile simbiosi.

Del resto lo stesso Master Upa Cà Foscari da sempre si avvale della preziosa e

insostituibile collaborazione di uomini d'industria, di manager e di professionisti

che riescono ad entrare in piena sintonia con l'impostazione del Master in cui teoria

e pratica si avvicendano e si fondono.

Del resto la stessa azienda promotrice del Convegno di oggi e cioè la Jolly

Pubblicità non ha improvvisato la sua vocazione sinergica con il mondo

dell'università e della cultura ma anzi è stata uno dei soci fondatori del Master UPA

Cà Foscari ed è tuttora socio sostenitore, dimostrando una sensibilità robusta nei

confronti delle ricerche e della conoscenza nel campo della comunicazione.

La giornata di oggi rappresenta un evento per certi aspetti nuovo.

Ci si propone infatti di scavare a fondo su di un'unico campo per arricchirlo di linfe

nuove, per renderlo fecondo, per farlo germogliare con piante solide e durature.

Il campo della pubblicità esterna ha davvero bisogno di questo intervento in

profondità perchè esso si presenta oggi arido e infecondo nonostante la presenza di

alcuni ottimi imprenditori e operatori. Troppi sono gli elementi parassitari, troppo

forti gli interessi particolaristici, gli egoismi e le miopie.

Da anni nel campo della pubblicità esterna l'azione portata avanti da pochi

imprenditori avveduti e moderni viene frenata e danneggiata dalla insipienza e dalla

stoltezza di tanti soggetti che inquinano il mercato allontanando da esso le aziende,

le agenzie e i pianificatori.

L'iniziativa di oggi avrebbe dovuto aver luogo sette otto anni fa, e non ad opera

di un solo imprenditore come la Jolly Pubblicità ma ad opera di tutte le società

di affissioni e di pubblicità esterna.

Tante volte noi stessi abbiamo suggerito agli operatori di svolgere un'operazione di

ricerca e di costruire un progetto che potesse risollevare le sorti di un mezzo che per

sua natura è elevato e che invece è caduto tanto in basso.

Per anni abbiamo suggerito la creazione di un “trust” di cervelli che potessero

ridisegnare in maniera netta ed avvincente lo sbiadito profilo di un'affissione in crisi.

Solo oggi si inizia quest'opera di ricostruzione e siamo ben lieti di dare ad essa il

nostro contributo che contiamo possa essere positivo.

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Di fronte a tutto il mondo delle aziende, delle agenzie e dell'opinione generalel'immagine della pubblicità esterna va ricostruita da zero operando lo sforzoimmane di rimuovere le vischiosità e i parassitismi e di dare invece rilievo e spazioai progetti innovativi degli operatori più innovativi e più lungimiranti.Le potenzialità del mezzo sono fuori discussione: basta guardare ai Paesi piùavanzati, oppure più semplicemente a quelli che ci circondano ivi compresi alcuniPaesi del Mediterraneo.Lì il contesto è del tutto diverso e di gran lunga più attraente per le aziende, leimbrigliature burocratiche sono quasi inesistenti, la gestione delle affissioni degliimpianti è chiara e trasparente, le regole semplici ed essenziali e di conseguenza ifatturati sono elevati e l'efficacia per le aziende sesquipedale.Intorno a questo tavolo possiamo cominciare a parlare di un serio rilancio delmezzo anche in Italia secondo schemi nuovi e talmente trascinanti da superare lechiusure e qualche volta le angherie di una pubblica amministrazione miope epasticciona.La giornata che si sta cominciando sarà certamente proficua e ricca di apporti datoil calibro degli operatori e data la premessa conoscitiva da cui essa parte, vale a direl'indagine di Enrico Finzi commissionata dalla Jolly Pubblicità.È singolare notare come in questi lunghi anni di crisi per l'economia e per lapubblicità molti mezzi si siano dati uno scrollone e abbiano superato momentidifficili con coraggio e qualche volta anche a costo di lacrime e sangue.Oggi questi mezzi stanno per approdare a sponde molto più floride e già possonofar calcolo su risorse nuove e su orizzonti aperti.Non solo la pubblicità esterna non ha fatto finora questa opera ma la sua crisicontinua e preoccupa.Anche nel 1995 questo mezzo è in netto decremento di fronte alla ripresa degli altriveicoli pubblicitari.Le ipotesi che oggi si faranno durante questo convegno potranno forse rappresentaretante aree di salvataggio e di rinascita.In particolare il sistema di local leadership, di cui si parlerà oggi a lungo, puòrappresentare un nuovo orizzonte di sviluppo e di rilancio per la pubblicità esterna.Quest'ultima, con la sua enorme flessibilità e con la sua illimitata potenza potràavere una funzione locale, interprovinciale o regionale non soltanto a favore delleaziende locali ma soprattutto a vantaggio delle grandi aziende utenti a caratterenazionale, come elemento strategico e insieme tattico.Non voglio anticipare il contenuto di tante relazioni costruttive e stimolanti e quindipasso la parola agli oratori che stanno ora al mio fianco.

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Massimo Cacciari - Sindaco di Venezia

Ci tenevo particolarmente a essere con Voi oggi perchè questo settore dellapubblicità esterna, in cui siete impegnati professionalmente, suscita un certointeresse anche da parte dell'amministrazione comunale.Mi ha fatto piacere sentire quanto è stato detto dal Dr. Lioy nel suo interventointroduttivo, perchè condivido molte sue riflessioni.Io ritengo che questo mezzo di comunicazione e di informazione sia usato male perun verso e poco per un altro verso.Usato male perchè l'integrazione tra questo strumento e l'ambiente è a Veneziaparticolarmente infelice.Gli impianti e le strutture sono assolutamente inadeguate mentre la comunicazioneesterna potrebbe costituire un mezzo con cui risanare il paesaggio e l'ambienteurbano e, con interventi appropriati, addirittura abbellire le città.In realtà, al contrario, quasi sempre costituisce un elemento di deterioramentodell'ambiente urbano.Questo, sicuramente, non è causa soltanto dell'attività delle aziende che operano nelsettore, ma dipende in grandissima misura dall'amministrazione comunale. È ovvio.Ma se noi migliorassimo i nostri rapporti attraverso convenzioni e accordiparticolari, le aziende stesse potrebbero farsi carico degli investimenti necessari amigliorare le strutture e, quindi, il loro impatto sull'ambiente. Noi dovremmomuoverci in questa direzione, vista anche la posizione di leader di Jolly Pubblicitàin questo campo, e ritengo che anche in questo Comune e in questa Provincia, sipossa giungere in tempi brevi a mettere a fuoco la situazione e decidere insieme gliinterventi necessari.Perchè certamente a Venezia la qualità della pubblicità esterna è a volte indecente.Cartellonistiche a pezzi, impianti sfasciati, cose che chiunque di Voi può constataregirando per le strade.È quindi sicuramente indispensabile affrontare il problema dell'integrazione trapubblicità e ambiente, soprattutto nelle città d'arte come Venezia. Credo che debbaessere compiuto uno sforzo da entrambe le parti (le aziende e le amministrazionipubbliche, ndr), per ottenere un concreto miglioramento della situazione.Si riscontra, d'altra parte, una sottoutilizzazione di questo mezzo anche dal punto divista economico. È un tema che faccio fatica ad affermare all'interno dell'apparatoburocratico: I'amministrazione comunale fatica a condividere l'obiettivo diaumentare le entrate con un impegno in questo campo, mentre secondo me l'introitopotrebbe facilmente aumentare di due o tre volte applicando una politicaintelligente, in grado di migliorare la qualità dell'ambiente, anziché danneggiarlo.Occorre pertanto una Vostra sollecitazione, oltre ad un forte accordo tra noi.Esistono molti mezzi che, incredibilmente, non sono affatto utilizzati in questa città.Probabilmente è vero che sarebbe molto difficile usare i mezzi di navigazione perrealizzare campagne di pubblicità esterna per i numerosi vincoli e limitazioni chemolto difficilmente potremmo superare.

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Ma non si comprende perchè non vengano utilizzati i mezzi in terraferma.Non credo che Corso del Popolo ne soffrirebbe particolarmente se venisse percorsoda bus con pubblicità esterna, e non ritengo nemmeno che questo danneggerebbe lefermate e i pontili che, ogni anno, sono frequentate da milioni di visitatori(precisamente otto milioni e mezzo) e che sono oggi totalmente privi di pubblicità ocon pubblicità praticamente invisibili, minime, miniaturizzate.Bisogna compiere uno sforzo in due direzioni, in grado di favorire entrambe leparti, amministrazione comunale e aziende del settore. Uno sforzo di investimentiper migliorare gli impianti e uno sforzo per aumentare i fatturati.In una città come Venezia questi obiettivi potrebbero essere raggiunti facilmente,ammesso che si riesca a realizzare un intervento adeguato, certo non con le strutturefatiscenti di oggi.Potremmo raddoppiare le entrate e per noi, per l'amministrazione, sarebbe davveroassai utile poter aumentare gli introiti anche in questo campo che, d'altra parte,costituisce già una fonte di guadagno interessante per il Comune.Quindi sono d'accordo con Lei, Dr. Lioy, quando dice che occorre uno sforzoinnovativo in questo settore sia da parte delle aziende sia, naturalmente, da partedelle amministrazioni: un coordinamento è assolutamente necessario.Mi spiace non poter stare con Voi ad ascoltare la relazione del Dr. Finzi a questoproposito.Sarei molto contento di poter approfondire questo tema ma non posso fare altro chesalutarVi e augurarVi un buon lavoro e arrivederci a presto, per poter appuntogiungere a veri accordi di programma.

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Enrico Finzi - Presidente Astra

Indagine qualitativa condotta per conto di Jolly Pubblicità presso media ed utentipubblicitari.

La pubblicità esterna in ltalia e la "local leadership".

Ricerca

• Commissionata da JOLLY PUBBLICITA' ad Astra nel maggio 1995

• Realizzata nel luglio 1995 tramite 16 interviste qualitative individuali (9 personalie 7 telefoniche) a 10 dirigenti di centri media ed a 6 responsabili della pubblicitàdi imprese utenti pubblicitarie

• Conclusa con questo rapporto scritto.

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INDICE

CAPITOLO 1 - L'IMMAGINEDELL'ESTERNApag. 4

1.1. Le prime verbalizzazioni spontanee pag. 4

1.2. La capacità espressiva pag. 4

1.3. La flessibilità geografica pag. 5

1.4. L'elasticità pag. 5

1.5. L'efficacia pag. 6

1.6. La vocazione alla multimedialità pag. 7

CAPITOLO 2- L'ATTUALEANDAMENTODEL

MERCATO pag. 8

2.1. Premessa pag. 8

2.2. Il contesto 'macro' pag. 8

2.3. Il contesto 'micro' pag. 9

2.4. I vincoli culturali pag.10

CAPITOLO 3 - I MEGA-TRENDS pag.12

3.1. Il futuro dell'esterna pag.12

3.2. L'industrializzazione pag.12

3.3. Alleanze e concentrazioni pag.13

3.4. La regionalizzazione pag.14

3.5. Il coinvolgimento di nuovi settori d'utenza pag.14

CAPITOLO 4 - ALCUNI APPROFONDIMENTI SUL PROCESSO

DI CONCENTRAZIONE TRACONCESSIONARIE pag.16

4.1. Il futuro della concentrazione pag.16

4.2. I punti di forza pag.16

4.3. I punti di debolezza pag.17

CAPITOLO 5

LA 'LOCAL LEADERSHIP' NEL FUTURODELL'ESTERNA pag.18

5.1. Il quadro generalepag. l 8

5.2. La 'local leadership' dal punto di vista della domanda pag.18

5.3 La 'local leadership' dal punto di vista dell'offerta pag.19

CAPITOLO 6 - LA SPECIALIZZAZIONE

PER TIPI DI IMPIANTI pag.20

6.1. Gli utenti pag.20

6.2. I 'media' pag.20

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CAPITOLO 7 - I CR1TERI DI PIANIFICAZIONE

DELL'ESTERNA pag.22

7.1. Premessa pag.22

7.2. L'area geografica di riferimento pag.22

7.3. La copertura territoriale pag.23

7.4. La qualità degli impianti pag.23

7.5. La qualità della concessionaria pag.23

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Capitolo I

L'IMMAGINE DELL,"ESTERNA"

1.1.: Le prime verbalizzazioni spontanee

Fin dalla prima fase dei colloqui emerge un'evidente simpatia degli intervistati neiconfronti dell'esterna: si tratta di un atteggiamento favorevole che lasciaintravvedere un forte legame affettivo tra i pubblicitari e il medium, universalmentericonosciuto come il capostipite, il "padre" delle più moderne forme dicomunicazione pubblicitaria.Il giudizio deriva principalmente dal ricordo delle affissioni "storiche" ("lacreatività della cartellonistica classica ha fatto scuola"), che pare riverberarsipositivamente anche sulla valutazione delle più recenti modalità di espressione della"statica" e della "dinamica" (dai mega-posters ai piccoli formati tipici dell'arredourbano).Soprattutto i 'media', ai quali è stata chiesta una riflessione approfondita circa lepotenzialità future del mezzo, si sono fatti promotori dei suoi valori strutturali,segnalando il bisogno di recupero del passato, della storia dell'advertising "piùpuro", "non ancora inquinato dalle devianti logiche commerciali che negli ultimianni hanno portato ad un globale abbruttimento del mercato dei mezzi".Si osserva un fenomeno interessante: nel mercato predominano la sfiducia e ladelusione generate dalla crisi della pubblicità (soprattutto tra gli utenti) e ciò spinge(specie i 'media') alla "riscoperta dei perduti valori della comunicazionecommerciale" per favorire "un riposizionamento qualitativo dell'offerta".E proprio i recuperabili plus "storici" dell’esterna fanno sì che, in genere, si ritengaauspicabile e probabile una rivalutazione a breve termine di questo mezzo.I giudizi degli intervistati infatti, sono concordi nell'attribuire all'esterna cinquefondamentali connotazioni positive (alcune "classiche", altre più innovative):• una forte e moderna "capacità espressiva";• una particolare "flessibilità geografica";• una rilevante "elasticità";• un'importante "effıcacia";• una potenziale "multimedialità".

1.2.: La capacità espressiva

La larga maggioranza degli intervistati afferma - sin dalle prime battute - che lapubblicità esterna è connotata da grandi potenzialità connesse alla sua forzaespressiva comunicazionale.Il motivo principale risiede nel fatto che il mezzo in sè (''un po' minimalista", con

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"un appeal da contenitore povero") offre agli operatori pubblicitari un infinitospettro di opportunità creative: per dirla con le parole di un 'media', "tantomaggiore è lo sforzo della fantasia di un'agenzia, tanto maggiore potrà essere lacapacità di impatto del messaggio".Qualche creativo si rifà anche ai dettami dei migliori maestri del settore (ArmandoTesta in primis) e descrive l'esterna come lo "strumento pubblicitario" pereccellenza: un valore attribuitogli grazie alla sua elevata ed esclusiva "vocazionealla creatività di immagine".L'esterna, infatti, offre una forma di comunicazione immediata e pubblica, capacedi trasmettere i messaggi in maniera veloce e "integrale", in quanto svincolata dainfluenze strutturali di contesto, a differenza invece di quanto avviene perl'annuncio stampa ("che vive in osmosi con la parte redazionale, con la cronaca") oper lo spot televisivo ("trainato da un film o da un talk-show ed ivi incastonato").A conferma del ruolo cruciale qui giocato dal messaggio in sè alcuni aggiungono diaver constatato che l'esterna interagisce bene con i suoi targets, talchè riesce adoffrire all'utenza una forma di comunicazione immediata, di grande impatto emotivo.E questa la ragione per cui, pur descrivendolo spesso come uno strumento tattico, i'media' tendono talvolta ad attribuirgli anche una particolare importanza strategica(per esempio nel caso di campagne di lancio di nuovi prodotti, dove un suo utilizzodiviene "spesso irrinunciabile").

1.3.: La flessibilità geografica

Quasi tutti gli intervistati sono concordi nell'attribuire all'esterna un'elevataflessibilità geografica, frutto anzitutto della sua sostanziale capacità di adeguarsiall'assetto urbano in cui si colloca: un plus che la rende utilizzabile in qualunquezona del territorio, "per qualunque campagna localmente mirata".In effetti - insistono molti soggetti - si tratta di uno strumento che offre unconsiderevole numero di modalità espressive in relazione al tipo di supporto tecnicoprescelto e alla zona di riferimento: la gamma di opportunità spazia "dai postersagli stendardi, alle pensiline, ecc." e copre "la periferia come il centro cittadino''.La possibilità di un impiego geografico differenziato sembra interessareparticolarmente gli utenti intervistati che, operando capillarmente sul territorioattraverso un'articolata rete di punti- vendita, hanno bisogno di forme dicomunicazioni "articolate", "specifiche", "funzionali e mirate".Tale giudizio è condiviso pure dai 'media', anche se con minor intensità.

1.4.: L'elasticità

Il ventaglio di canali e modalità di comunicazione raggruppati sotto l’”ombrello"dell'esterna rinvia subito al plus dell"'elasticità", che emerge spontaneamente

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presso più dei due terzi del campione.I 'media', in particolare, si soffermano ad elencare i targets raggiungibili, i tipi diambiente interessabili e le strategie di comunicazione potenzialmente attivabili.• Sulla questione dei targets, chi si pronuncia tende a classificare i pubblici diriferimento in due macro-categorie: gli automobilisti ed i pedoni, diversi per 'campovisivo' e per 'modalità e tempi di ricezione' dei messaggi pubblicitari.I primi son reputati più ricettivi nei confronti delle affissioni statiche di grandeformato ad elevato contenuto di immagine; i secondi, invece, paiono essere attrattianche da campagne di informazione veicolate dalla 'dinamica' e dalla 'statica dipiccolo formato' (più comunemente definita 'speciale').• Per ciò che concerne il contesto di riferimento, il sub-campione descrivecompattamente - come casi limite - due "poli ambientali" di interessecomunicazionale diverso per tipo di target: le arterie a intenso traffico(“proprie del contesto extra-urbano, frequentate dagli automobilisti") ed i centristorici ("ad intenso traffico pedonale").• Dall'unione di questi plus emerge spontaneamente in alcuni la certezza di unaforte correlazione positiva tra 'elasticità strutturale' e 'duttilità comunicazionale' delmezzo: l'impiego immaginato per l'esterna spazia infatti "dalle campagneistituzionali di immagine alle operazioni promozionali tattiche", "dagli impieghinazionali ad ampio raggio a quelli locali mirati".Nonostante gli utenti si siano espressi meno sull"'elasticità” dell'esterna (in quantofortemente concentrati sulle proprie specifiche realtà commerciali e quindi menopropensi alle teorizzazioni proposte dai 'media'), essi hanno avuto modo ditestimoniare come questo plus rappresenti comunque un valore imprescindibile delmezzo, del quale si parla - a volte sommariamente - in questi temini:"È duttile""Si adatta con grande facilità ad ogni realtà geografica""Lo prendiamo sempre in considerazione: dalle campagne di immagine allepromozioni tipiche dell'hard-discount""Riesco a coprire tutto il bacino d'utenza di un nostro punto-vendita attraversol'utilizzo di affissioni diverse, a seconda del contesto urbano che voglioraggiungere".

1.5.: L'efficacia

L'esterna viene per lo più ritenuta un mezzo ad elevata efficacia pubblicitaria per"impatto" e "memorabilità".• La capacità di "impatto" le deriva dalla sua "visibilità" (primo elemento diattrazione) e dal fatto che i messaggi veicolati possono essere facilmente recepitidal pubblico nel suo quotidiano vivere la città, senza particolari interferenze(secondo elemento di attrazione).Dato un buon messaggio pubblicitario, utenti e 'media' sono concordi nel ritenere che "il

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suo grado di penetrazione presso i targets può essere superiore a quello degli altri mezzi".• Dal concetto di "impatto" a quello di "memorabilità" delle campagneaffissionistiche (indicando con questo termine, spesso impropriamente, tuttal'esterna) il passo è breve.Ma, mentre per l'impatto lo strumento in sè rappresenta il vettore positivo, ilrisultato della memorabilità viene indicato come derivante dalla qualità delmessaggio e dalla strategia di pianificazione adottata.Per impatto e memorabilità - oltre che per i tre plus indicati in precedenza (capacitàespressiva, flessibilità geografica ed elasticità) - tutti gli intervistati sottolineanoripetutamente, nel corso dei colloqui, la capacità dell'esterna di raggiungere risultatia breve (in termini sia di copertura sia di frequenza): il che talvolta porta gli stessiintervistati ad assimilare spontaneamente questo medium a quello televisivo.

1.6.: La vocazione alla multimedialità

Tra i 'media' intervistati si distinguono alcuni - pochi - amanti delle modernetecnologie, i quali citano la multimedialità dell'esterna come una delle suecaratteristiche-chiave.La premessa è - sempre - che lo strumento nel tempo si è dimostrato "facilmenterivisitabile" ed "in continua evoluzione", alla ricerca di forme espressive semprenuove.Il passaggio storico dal semplice manifesto all'impianto luminoso e le recentiesperienze d'Oltralpe inducono questi soggetti a ipotizzare per l'esterna lapossibilità di future infinite declinazioni, capaci di mettere in gioco tutti i sensi delpubblico (come "la pensilina illuminata musicale") e di offrire anche un serviziopratico oltre la pura informazione pubblicitaria ("pensiamo ai contenitori raccogli-pile formati da due pannelli luminosi che ci sono in Spagna").

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Capitolo 2

L'ATTUALE ANDAMENTO DEL MERCATO

2.1.: Premessa

Stando al parere dei più il settore continua a versare in uno stato di generalesofferenza e i dati quantitativi relativi all'andamento dell'esterna ("il rapporto UPAsulla pubblicità" e "i rilevamenti Nielsen" in primis) "non sembrano far pensare aduna ripresa nell'immediato".Secondo la maggior parte dei pianificatori nell'ultimo biennio la quota dell'esternanel media-mix degli operatori ha subito una forte contrazione, a causa dellagenerale riduzione dei budgets e del favore incondizionato ancora riconosciutodall'utenza alla televisione (quasi sempre considerata l'unico vero mezzoindispensabile anche in periodi di recessione o stagnazione).Entrambi i fattori hanno penalizzato in modo particolare l'esterna, che è statasempre più vissuta come "integrativa" e non strettamente indispensabile per labuona riuscita di una campagna: anche se proprio in questa fase del colloquio èemerso un 'partito' - ancora minoritario - sostenitore della tesi secondo la quale, purnel citato quadro negativo, nel mercato si possono rilevare alcuni chiari segnali diun andamento in controtendenza concernente la "locale" (avremo modo di tornareampiamente più avanti sull'argomento).È stato chiesto a tutto il campione di descrivere le principali cause dell'indicatamarginalizzazione dell'esterna, identificandone le carenze ed i reali punti didebolezza.Da tale analisi emerge che negli ultimi anni l'andamento negativo degli investimentiin quest'area è stato causato da una generale "svalutazione" generata da trefenomeni:• la crisi complessiva del mercato pubblicitario: "la molla che ha generato uninevitabile processo a catena" (il contesto 'macro');• l'involuzione del mercato della pubblicità esterna in particolare (il contesto'micro');• il freno generato da alcuni limiti di carattere culturale.I giudizi degli intervistati si distribuiscono in modo omogeneo, con un'unicadifferenza: il gruppo dei 'media' è propenso a soffermarsi su ogni singolo fattorecon un grande interesse quasi didascalico; mentre l'utenza ama approfondirel'analisi degli elementi che la toccano più da vicino e sfiora solamente gli altri.

2.2.: Il contesto 'macro'

La fine del boom degli anni '80 ha fortemente messo in crisi il mercato dal lato sia

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della domanda sia dell'offerta: a budgets pubblicitari ridotti è corrisposto unbisogno maggiore di risultati sicuri, col conseguente "concentrarsi dell'attenzionesui mezzi a forte valore comunicazionale in termini di volumi".Questo processo è stato acutizzato dalla forte crisi che ha interessato uno dei settorimerceologici cruciali per l'esterna: quello automobilistico.Per buona parte dei 'media' l'esterna non ha retto di fronte ai primi segnali recessivied è stata la prima - tra i mezzi della pubblicità classica - a venir coinvolta nelvorticoso fenomeno dei 'tagli', specie nel caso delle campagne istituzionali dicarattere nazionale.Agli utenti intervistati, invece, il quadro recessivo appare più chiaroscurato: ilridimensionamento del mercato pubblicitario ed i maggiori investimenti incampagne promozionali spesso sembrano aver riportato in auge i plus dell'efficaciae della flessibilità geografica dell'esterna, proponendo al mercato modalità piùspecifiche di utilizzo del mezzo nell'area della comunicazione mirata di tipo"locale" o "areale".E così i 'media' interpretano i dati quantitativi aggregati dell'esterna senza tropposoffermarsi sui micro-fenomeni interni ad essa; mentre i responsabili dellapubblicità delle aziende intervistate (quasi tutte della GDO) confermano l'opinionedi alcuni esperti secondo la quale la GD e la DO stanno destinando sempre piùrisorse all'esterna.

2.3.: Il contesto 'micro'

L'esterna in Italia ha attraversato (e per certi versi sta ancora attraversando) unperiodo di crisi profonda anche a causa di una diffusa "confusione" nel settore cherende arduo agli operatori comprendere e conoscere appieno gli attori e le regole ditale mercato.Il riferimento alla "parcellizzazione" dell'offerta emerge spontaneamente pressoquasi tutto il campione: in Italia tale è la numerosità degli operatori che “per unprofessionista o un cliente svolgere una corretta campagna affissionistica richiedeun'enorme fatica" in termini di informazione e di controllo."La crescita della quantità di affissatori negli ultimi anni è diventata perciò unmoltiplicatore di rischio", specie per quella parte dell'utenza che, non avvalendosidi professionisti specializzati, non sempre riesce a distinguere "l'azienda seriadalla bufala"."Abusivismi" e "speculazioni" vengono lamentati senza sollecitazioni da circa unterzo degli intervistati (Roma sembra esser l'esempio tipico), mentre altri soggettiparlano genericamente di un'immagine "poco seria", tipica di un settore "nontroppo ligio", più interessato alle guerre tra concessionarie che all'ordinamento delmercato attraverso l'applicazione di chiare e corrette politiche commerciali. Di più:"Ci sono state realtà andate male che hanno portato 'media' e clienti di fronte asituazioni fastidiose di fallimenti, con conseguenti implicazioni in termini affissionistici"

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"Ci sono società che non hanno pagato le tasse e la clientela si è trovata a doversisobbarcare i loro errori".E qualcuno associa la frammentazione degli interessi nel settore (enti locali,concessionarie ecc.) alla situazione politica italiana, insistendo sulla "presenza diuna buona dose di malattia nel funzionamento del sistema".Il problema del "controllo" sta a cuore a tutti: gli intervistati sono infastiditi dalla"cronica assenza di chiarezza" di questo comparto pubblicitario e dalla mancanza di"meccanismi pre-selezionatori" sul versante dell'offerta.Gli utenti, in particolare, denunciano la mancanza di chiarezza nella politica deiprezzi ("all'utente nazionale vengono applicate tariffe superiori rispetto a quelleproposte al locale"), la carenza dei controlli sulla qualità degli impianti, l'assenza diricerche capaci di offrire agli operatori adeguati strumenti di analisi.La stessa esperienza dei 'circuiti' è segnalata negativamente da molti: nati anche perrispondere al bisogno generale di "selezione di prodotti di qualità", nella sostanza sisono rivelati "solo strumenti in mano alle società affissionistiche per aumentare laloro redditività, nè più nè meno di quanto è avvenuto coi pacchetti stampa".E se alcuni li giudicano soddisfacenti nella pianificazione di campagne nazionali, ipiù li reputano "rigidi", "non scindibili al loro interno", poco funzionali acomunicazioni mirate sul territorio

2.4.: I vincoli culturali

Fin dalle prime battute gli intervistati hanno voluto sottolineare alcunecontraddizioni di fondo che oscurano l'immagine del mezzo, facendo dell'esternaun comparto pubblicitario di non facile gestione.Soprattutto i 'media' (più orientati ad un'analisi complessiva del settore) pensanoche il suo valore sia minacciato da tre fattori di carattere culturale: il retaggio dialcune "vecchie logiche di pianificazione" adottate dai centri media, la generalescarsa informazione (e conoscenza) del mezzo, l'inadeguata creatività delle agenzie.• Per i 'media' - ed è un punto-chiave - l'affissione viene vissuta ancor oggi damolti - clienti e non - come un mezzo "povero" e quindi "lontano dalle logiche deigrandi investimenti pubblicitari".

Peraltro la dimensione dell'investimento necessario per una tradizionale campagnaaffissionistica non è modesta e questa perciò entra in forte concorrenza con latelevisione. Lo schema tradizionale di pianificazione, infatti, presuppone un'ampiacopertura territoriale che richiede, per campagne nazionali, "budgets troppo importanti(da 1 a 2 miliardi) per competere con il mezzo televisivo", vissuto come altrettanto"dinamico", "sicuro" e soprattutto "meno caro" (grazie al suo basso costo-contatto).Da poco qualche operatore sta cercando di investire sul mezzo come strumentodi extra-pressione localizzata: ma attualmente non si registra ancora unatendenza generalizzata in tale direzione.

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• La propensione a pianificare l'esterna trova un ulteriore ostacolo nella suacomplessità: molti dichiarano che il mezzo richiede una strategia di utilizzomirata, per la quale è necessaria una buona conoscenza del comparto (e "inItalia lo conoscono in pochi"), a differenza della televisione che - a fronte delsuo generale apprezzamento sul versante dell'utenza - "si inserisce senzaproblemi in qualsiasi strategia comunicazionale".La diffusa consapevolezza che il valore di un poster cambia in relazione alcontesto urbano, per sua natura instabile ("pensiamo a una strada a doppiosenso trasformata a senso unico a causa di lavori"), ha generato una sorta di'paura dell'errore" che, col tempo, ha portato ad un progressivo allontanamentodall'esterna di molti professionisti ed utenti.A tale proposito circa un terzo del campione lamenta spontaneamente lamancanza di sufficienti informazioni necessarie ad un uso articolato eterritorialmente mirato del mezzo: c'è chi lamenta l'assenza di ricerchesull'efficacia e chi invece si dice interessato a nuovi strumenti operativi che nestimolino e facilitino l'utilizzo in chiave segmentante ("vorrei sapere comeusare l'affissione in modo flessibile ed appropriato vicino a farmacie e scuole","mancano studi o ricerche sulle posizioni degli impianti, sul target esull'impatto").• A detta della maggioranza dei 'media', negli ultimi anni un trend peggiorativosi è registrato anche tra i creativi, sempre più orientati al mezzo televisivo epoco (o non) orientati specificamente all'utilizzo proprio di questo strumento dicomunicazione: “la disciplina creativa per disegnare un manifesto èmodestissima" (lamenta qualcuno) e la tendenza generale delle agenzie (e anchedi molti clienti, visti i sempre più contenuti budgets pubblicitari) èall'adattamento di campagne- stampa o televisive e non allo studio di messaggipensati in relazione alle caratteristiche tecniche del mezzo.Anche in questo caso gli studi sul settore non sembrano sufficienti apromuovere il suo sviluppo: alcuni 'media' portano a confronto il mercatofrancese ed accusano il nostro dell'assenza di "analisi semantiche ad hoc" o di"linee-guida per i creativi sui diversi codici comunicazionali".Questa generalizzata 'sotto-stima' dell'esterna negli ultimi anni sembra averlimitato l'attenzione degli operatori, che hanno preferito concentrare gliinvestimenti ed incrementare il proprio know-how in altri comparti dellacomunicazione commerciale, col risultato che tale processo di "parzialeallontanamento" ha rafforzato sia la lentezza del suo sviluppo evolutivo, sia unsuo progressivo calo di notorietà, che però non sembra aver intaccato ilpercepito valore in sè dello strumento (tanto tra i 'media' quanto tra gli utenti).

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Capitolo 3

I MEGA-TRENDS

3.1.: Il futuro dell'esterna

Malgrado la crisi degli anni '90 - generale e specifica - I'atteggiamento generale delcampione è positivo per quel che attiene allo sviluppo futuro del mezzo, pur sel'apprezzamento degli intervistati quasi mai si traduce in entusiasmo.Nonostante la mancanza di certezze circa l'andamento degli investimenti, i segnaliche indicano una notevole potenzialità del settore, connessa anche alla sua volontàdi superare le proprie criticità, sono numerosi: soprattutto per il successo registratopresso buona parte dell'utenza da molte campagne localizzate mirate e per laventata di novità portata dall'esperienza della pubblicità dinamica a decorazioneintegrale.L'ottimismo degli operatori deriva, anzitutto, dalla sensazione che il tanto auspicatoriassetto del mercato dell'esterna stia diventando - seppur lentamente - realtà: espesso la valutazione critica dei fenomeni "storici" si connette a spunti positivi nellaformulazione del giudizio complessivo circa le potenzialità di sviluppo del mezzo.I 'trends percepiti' si confondono però spesso con i 'trends auspicati' (specie tra gliutenti), mentre alcuni retaggi del recente passato sembrano talvolta operare ancorada freno (culturale in primis) ad una vera e propria inversione di tendenza: gli utentiintervistati, in particolare, si sono accorti meno del 'cambio di marcia' e perciò -concentrati sui loro obiettivi di marketing - continuano a chiedere "chiarezza","pulizia" e "maggior controllo"; mentre i 'media' - opinion makers del settore - sisentono testimoni della trasformazione in atto e tendono a descrivere in modoarticolato il quadro positivo che tracciano.I mega-trends indicati spontaneamente nel corso dei colloqui individuali sono:• I"'industrializzazione" del settore;• la crescita di "alleanze" e "concentrazioni";• la"regionalizzazione";• il coinvolgimento di nuovi settori d'utenza.Analizziamoli in dettaglio.

3.2.: L'industrializzazione

In circa un terzo del campione traspare la convinzione - non sollecitata - che oggil'esterna si stia avviando verso un processo di vera e propria 'industrializzazione',cioè verso un "riordinamento del mercato" secondo logiche produttive e criteriorganizzativi "all'insegna del professionismo".I più ottimisti sono senz'altro i 'media'.

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Dai colloqui emergono due nodi cruciali per il cambiamento: l'ammodernamentodegli strumenti operativi e la qualificazione/razionalizzazione dell'offerta.• La progettazione e l'adozione di impianti ad elevata connotazione tecnologicasembra rappresentare per molti una tappa obbligata.Come s'è già segnalato, gli esempi francesi e spagnoli hanno dimostrato chel'esterna è caratterizzata da una particolare vocazione alla multimedialità: e l'ipotesicondivisa da alcuni 'pionieri' è quella dello sviluppo a breve termine di unprogressivo "ravvicinamento dei media", che sta portando o porterà presto l'esternaa coniugare forme sempre nuove di espressione ("pensiamo al film 'Blade Runner’:“l'affissione rimane nel futuro, ma si trasforma in mega-schermi parlanti!'').• La qualificazione generale dell'offerta è il secondo indispensabile passaggio (etraguardo) auspicato dagli intervistati.L'ipotesi prevalente è di un processo in due tappe: la prima rappresentata dallaprogressiva riduzione del numero degli impianti ("la recente normativa sta in partedando una mano"); la seconda dal loro successivo miglioramento sul territorio("qualche concessionaria sta aumentando i controlli").L'impressione generale è però che oggi si abbia ancora a che fare con iniziativesporadiche, nate all'improvviso e senza un'oculata programmazione capace diridare piena fiducia al mercato.In ogni caso:"Una ripulitura delle abbondanze fatte di corsa in un recente passato'espansionistico' potrebbe tarare il mercato e riportare il valore comunicazionale delmezzo alla sua vera natura in modo da garantire all'utenza una risposta sicura edadeguata ai propri bisogni""Se migliora l'esposizione degli impianti e si diminuisce l'affollamento, a fronte diuna soglia di visibilità più bassa diminuirà anche il livello di spesa, con conseguentecrescita del grado di apprezzamento dell'utenza".Tutto ciò - si afferma - esalta il ruolo (ed il peso) delle concessionarie 'localleaders' (v. poi): infatti, allo stato attuale gli unici veri tentativi di razionalizzazionedell'offerta stanno avvenendo a livello locale, sollecitate direttamente da un'utenzache chiede maggiori controlli e "migliori opportunità di politiche commercialiqualificanti mirate sul territorio".

3.3.: Alleanze e concentrazioni

L'arrivo dei francesi in Italia, al suo primo apparire, è stato salutato come l'avvio diun potenziale processo di concentrazione tra operatori, necessario alla tantoauspicata "pulizia" dell'esterna.Se da una parte quasi tutti concordano sul fatto che si è trattato di una svolta storicaper questo mercato, dall'altra il campione - in sede spontanea di intervista - esplorasolo raramente l'ipotesi di sviluppo di un vero e proprio processo di questo tipo.Il futuro tutt'al più viene vissuto come l'ambito temporale all'interno del quale avverrà

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un generico "riassetto" del mercato e difficili risultano previsioni più specifiche inproposito.Dietro sollecitazione, la metà dei media prende ad esempio i Paesi oltrefrontiera edimmagina, per i prossimi anni, lo sviluppo di politiche di "networks" traconcessionarie.Qualche intervistato in particolare pensa (facendo riferimento alle syndacations) allacreazione di "cartelli" o "consorzi di vendita tra quattro o cinque società", veri epropri accordi commerciali di partnership che permettano soprattutto alleconcessionarie locali di garantirsi la dominanza nell'area di competenza e, nellostesso tempo, di entrare a far parte di logiche di circuito nazionale.

3.4.: La regionalizzazione

Procedendo nell'analisi prospettica la grande maggioranza del campione ipotizza laprogressiva "regionalizzazione" del mercato italiano dell'esterna.Le nuove realtà areali emergenti (quali "Alessi”, "Pubbli A", "Publifor" e "Jolly")confermano ai 'media' l'importanza che stanno assumendo le pianificazioni (semprepiù) localizzate, mentre agli utenti sembrano offrire una garanzia di qualitàmaggiore di quelle nazionali ("credo di più alla specializzazione per area che aituttologi dell'esterna").È affermato da tutti che "queste realtà con un raggio di influenza locale hannosaputo impiantarsi molto bene nel territorio specifico di appartenenza" e che"attualmente riescono ad offrire opportunità di coperture qualificate" (anzitutto agliutenti nazionali che hanno una distribuzione geografica disomogenea dei loroprodotti o dei loro punti-vendita, oltre che - ovviamente - agli utenti locali).Uno sviluppo dell'esterna in questa direzione viene descritto da molti comeconcretamente realizzabile a breve e - come abbiamo avuto modo di anticipare -viene vissuto come l'unico realmente in grado di porre le basi per un trend positivodel comparto: infatti, solo consolidando i suoi plus di flessibilità geografica qualestrumento di comunicazione solo locale o di extra-pressione localizzata, l'affissioneriacquisterà la propria identità (presupposto necessario affinchè essa possa esserevissuta nuovamente dagli operatori come dotata di pari dignità strategica rispettoagli altri mezzi).

3.5.: Il coinvolgimento di nuovi settori d'utenza

Lo scenario tracciato dagli intervistati prevede anche l'allargamento del bacinod'utenza dell'esterna verso un parco utenti per certi versi semi-nuovo ed in forteespansione: la GDO.Si tratta di una realtà articolata, ad elevata potenzialità di sviluppo e - date le sueconnotazioni strutturali - trainante la crescita del processo di "regionalizzazione".

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Gli utenti intervistati (quasi tutti esponenti della stessa GDO) lamentano la rigiditàdei 'circuiti nazionali' (e conseguentemente dei grandi centri media) e si dichiaranosoddisfatti della gestione diretta delle trattative commerciali pubblicitarie con iconcessionari locali.I vantaggi indicati del rapporto privilegiato utente-concessionaria locale sono quattro:• la possibilità di ottenere servizi "geograficamente mirati'';• la sicurezza di avere servizi "targetizzabili";• le maggiori garanzie in termini di impianti (per ciò che concerne sia la qualità siail prestigio delle posizioni);• una maggior flessibilità in termini di prezzo.Al di là del rapporto utente-centro media, I'approccio di questo sub-campioneenfatizza l'importante cambiamento culturale in atto che tende a trasformarel'esterna da medium complementare ad altri in campagne a copertura nazionale instrumento tattico (ed a volte strategico) previlegiato per campagne localizzatemirate: e la GDO non è che l'esempio più rilevante dei protagonisti di tale"rivoluzione" (sono segnalati altri comparti: la distribuzione non food, il settoreimmobiliare, i servizi - sia bancari/assicurativi, sia connessi anzitutto al tempolibero, sia altri - ecc. ecc.).

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Capitolo 4

ALCUNI APPROFONDIMENTI SULPROCESSO DI CONCENTRAZIONE TRA CONCESSIONARIE

4.1.: Il futuro della concentrazione

A questo punto dei colloqui è stato chiesto al campione di meglio esprimere leproprie aspettative circa il futuro del mezzo in termini di concentrazione: glielementi problematici emersi sono tanti e complessi, spesso riferentisi all'attualerealtà contradditoria di questo comparto.In generale non emerge un grande ottimismo, specie presso l'utenza, nonostantel'ingresso dei francesi nel mercato italiano abbia operato per certi versi da stimolopositivo per gli operatori.Tutti - utenti e 'media' - pur analizzando taluni vantaggi della concentrazione insé, insistono sulla tipica connotazione imprenditoriale ("padronale" o "familiare")dell'esterna in Italia (salvo rare eccezioni), resistente - malgrado tutto - alsuperamento d'una certa soglia di concentrazione.Infatti, per l'immediato futuro non si prevedono cambiamenti strutturali radicalinel settore e si parla prevalentemente della concentrazione come di un naturaleassorbimento dei "pesci piccoli" ad opera dei "pesci grossi".Il fenomeno viene vissuto dalla maggioranza dei 'media' come fisiologico:"Si stà concentrando tutto: è logico si concentrino anche loro""Potrebbe fornire una soluzione ai problemi endemici del mercato, comedimostrano le esperienze di altri Paesi europei""Le quote dell'esterna continuano a contrarsi, per cui diventa sempre più difficileper i piccoli rimanere sul mercato".Ma l'esame dei punti di forza e di quelli di debolezza segnalati dagli intervistaticonsente di meglio intendere lo scenario delineato dai più, che è quello di una"scrematura" (sicura) e di una (probabile) "razionalizzazione" non tramite un solooperatore "pigliatutto" ma attraverso la coesistenza competitiva di pochi operatorinazionali (in parte unitari ed in parte networks o syndactions di 'local leaders').

4.2.: I punti di forza

Le conseguenze positive prospettate (a volte solo auspicate) dagli intervistatinell'ipotesi di un futuro rafforzamento del processo di concentrazione sono tre: lasemplificazione del mercato; la migliore organizzazione del sistema; la crescitadelle informazioni sul mezzo.

• Circa la metà del campione si esprime a favore della semplificazione del mercato

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come conseguenza della maggior concentrazione: l'opinione diffusa è qui che, "seci fosse un merging tra impianti e aziende e si riuscisse ad avere un numero ridottodi referenti, si potrebbe evitare il problema della frammentazione attualmenteesistente e si avrebbe una maggiore chiarezza" (sinonimo per molti di"trasparenza").• Il secondo vantaggio, strettamente correlato al primo, è dato dalla miglioreorganizzazione del sistema in termini di offerta: a fronte di una concentrazione"corretta strategicamente" e "non casuale", circa la metà del campione intravvede lapossibilità di una migliore fruibilità dell'esterna.Ma concentrazione non vuol dire circuito unico: alcuni 'media' pensano a "circuitipiù articolati", altri a "referenti più qualificati", mentre gli utenti pensano a"prodotti omogenei nelle diverse aree geografiche''.• Poco meno dei due terzi del campione, infine, è convinto che una concentrazionenon estrema ("da monopolio o duopolio") possa garantire un investimento maggiorein ricerche e strumenti di analisi utili ad approfondire (ed a promuovere) laconoscenza del mezzo e le sue modalità di utilizzo.

4.3.: I punti di debolezza

La maggioranza non intravvede particolari punti di debolezza nel processo diconcentrazione.Solo di fronte all'ipotesi di un'evoluzione "selvaggia" del settore viene ipotizzato ilsorgere di tre aree critiche:• una potenziale perdita di elasticità del mezzo in sè a fronte di un maggior"irrigidimento" delle strutture;• la riduzione della velocità e della flessibilità dei processi, a causa della nascitadegli "inevitabili burocraticismi" tipici delle "grandi e complesse realtàcentralizzate";• la mancanza di controlli garantiti sul territorio ("i grandi difficilmente riescono averificare con costanza il loro parco impianti").Ma è evidente ai più che il modello (auspicato e/o previsto dai più) dei networks (osyndacations) di 'local leaders' è quello più in grado di minimizzare tali rischi.

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Capitolo 5

LA ‘LOCAL L1TADERSHIP'NEL FUTURO DELL'ESTERNA

5.1.: Il quadro generale

Si è visto in precedenza come l'atteggiamento del campione nei confronti deitradizionali 'pacchetti-circuiti' sia del tutto critico: " è opinione diffusa che lospacciare coperture nazionali non ha più presa" presso l'utenza e "le grosseconcessionarie non sono in grado di garantire pianificazioni diversificate per tipo dipenetrazione dei prodotti/servizi sul territorio".Le esperienze d'Oltralpe dimostrano, però, che i circuiti possono contribuire allasemplificazione dei processi, a patto che formulino proposte mirate e d'interessedell'utente (e non utili ai soli fini di lucro della concessionaria).L'utenza e vari 'media' si dichiarano comunque ancora sostanzialmente insoddisfattidelle offerte attuali e tendono a rivolgersi direttamente a più concessionari locali ingrado di garantire un'adeguata copertura per specifica area geografica.D'altro canto le stesse concessionarie locali hanno saputo rafforzare la loropresenza capillare sul territorio, fino a diventare - in taluni casi - dei veri e propri"leaders regionali o pluriregionali".Ed è proprio di fronte ad una domanda sempre più localizzata da parte dell'utenzache una quota significativa del campione auspica per il futuro "la nascita dinetworks" o "cartelli" tra diverse società locali, in modo da offrire ai pianificatorinuove opportunità di circuitazioni nazionali. Infatti, tale processo di partnershipcommerciale tra realtà areali diverse sembra essere l'unico in grado di:• migliorare l'impiego del mezzo (''più capillarità e possibilità di penetrazione sulterritorio anche per l'utenza nazionale").• semplificare il mercato dell'esterna ("oggi per realizzare una valida campagnanazionale devo interpellare una miriade di società”).Dopo queste prime verbalizzazioni spontanee al campione è stato chiesto unmaggior approfondimento circa le tendenze strutturali che fanno pensare ad unaevoluzione dominata dalla 'local leadership'.

5.2.: La 'local leadership' dal punto di vista della domanda

Gli intervistati bocciano il modo ormai obsoleto di interpretare l'esterna ("coperturea pioggia indifferenzianti") e confermano l'importanza del ruolo della pubblicitàesterna areale all'interno di pianificazioni mirate, con impianti selezionati e capacidi garantire un buon rapporto prezzo/prestazioni.Tutti sono concordi nel dichiarare che, oltre allo "zoccolo duro" dell'utenza locale,

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sempre più aziende nazionali si stanno orientando in questa direzione con obiettividi extra-pressione localizzata.A detta di alcuni 'media' la crisi recessiva "ha reso smaliziata" I'utenza e l'haportata, in presenza di budgets contenuti, a restringere il focus delle campagne: conil "micro-marketing" si sta passando al "micro-planning", talché - si sostiene - "lacompetizione commerciale sta già portando le grandi aziende di marca aconfrontarsi capillarmente sul territorio".

5.3.: La 'local leadership' dal punto di vista dell'offerta

Nell'insieme gli attuali 'local leaders' godono di un'immagine più qualificatarispetto a quella di buona parte dei loro corrispondenti nazionali (salvo pochissimeeccezioni).Complessivamente gli utenti ed i 'media' considerano società come "Alessi","Publi A", "Publifor", "Italtriest" e "Jolly" (i primi citati) avvantaggiate per treplus sostanziali:• una migliore organizzazione interna (specie nel caso di impianti di proprietà);• Ia garanzia di una copertura areale più capillare;• un livello di servizio "post-vendita" nettamente superiore.Solo un 'media' esprime un particolare scetticismo circa la possibilità di"spostamento a breve del know-how dal nazionale al locale": i parametri divalutazione - dai dati delle ricerche alle tipologie di comunicazione - sono diversi e"un ricentramento avrà bisogno d'un indispensabile periodo di gestazione".Il problema sembra però rapidamente superabile ad altri 'media', per i quali senzadubbio "il passaggio dal mass-market al micro-market sta già portando aglioperatori una considerevole quantità di denaro disponibile per investimenti sulterritorio". E la tendenza è destinata a proseguire a lungo in futuro.

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Capitolo 6

LA SPECIALIZZAZIONE PER TIPI DI IMPIANTI

In questa fase dell'intervista è stato verificato il valore della specializzazione pertipi di esterna, con particolare riferimento all'importanza attribuita ai 'piccoliformati'.

6.1.: Gli utenti

Il momento in cui, durante il corso del colloquio, si tocca l'argomento dellaspecializzazione è quello in cui scatta più forte in questi intervistati il ruolooperativo di pianificatori: molti, infatti, non si rivolgono più alle agenzie o ai centrimedia ma trattano direttamente con le concessionarie di esterna. Tale scelta, se inun primo momento aveva creato loro non poche difficoltà, oggi appare ormaiconsolidata e li porta a vivere la iper-specializzazione delle concessionarie per tipo/idi supporto/i come una potenziale area critica per due ragioni:• la possibilità di un "di più di confusione" in un mercato a già elevata complessità(a causa anzitutto della polverizzazione dell'offerta);• la necessità di acquisire ulteriori informazioni, che va ad aggravare “la faticatipica dei pianificatori di esterna".Un solo utente parla della validità della specializzazione nei 'piccoli formati', invirtù di un suo preciso bisogno di copertura territoriale in zone dove i grandiformati non possono arrivare ("il centro storico di Venezia"). Ma si tratta di un casosporadico: per il resto del sub-campione la super-specializzazione dellaconcessionaria risulta funzionale solo a livello locale e non necessariamentepremiante a livello nazionale: anche perchè le grandi imprese reputano tuttoramaggiore l'impatto del grande formato "alla Oliviero Toscani".

6.2.: I 'media'

Il sub-campione dei 'media' si equiripartisce:• per metà non prevede che la super-specializzazione sarà espressione di un validotrend futuro dell'esterna (e cita il caso del fallimento "FAP");• l'altra metà non ha alcuna preclusione in materia ed anzi ricorda esperienzepositive (come "IGP", "Italtriest" e "Jolly").Coloro che si sono dichiarati favorevoli (pur sostenendo che la specializzazione dasola non può soddisfare i bisogni di copertura dell'utenza) parlano di treconseguenze positive:• l'inevitabile sviluppo, assai auspicato, del know-how per singolo comparto;

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• il probabile aumento della profondità della gamma di servizi offerti e diconseguenza l'allargamento della flessibilità dello strumento (e della concessionariastessa);• la possibilità di diffusione di 'circuiti specializzati', come quelli "targettizzanti"(che coinvolgono per esempio tutte le università o le scuole o le farmacie, ecc.).Approfondendo in particolare il discorso dei 'piccoli formati', presso tutto il sub-campione emerge spontaneamente il riferimento alla 'local leadership'. Lapubblicità locale, infatti, viene considerata "tipicamente da piccolo formato" perquestioni urbanistiche e di arredo urbano: nei centri storici è di vitale importanzache l'impiantistica non sia "violenta" nei confronti della città e che - nel contempo -consenta di raggiungere un target prevalentemente pedonale.Con questa premessa è stato ipotizzato (ed auspicato) spontaneamente da più partiche "la specializzazione nella 'speciale' potrebbe andare di pari passo con laspecializzazione areale e locale".Nessuno - come s'è visto - è favorevole ad una vera e propria "vocazione esclusiva"da parte delle concessionarie locali, ma tutti apprezzerebbero, da questi operatori,I'offerta di un parco-impianti articolato e forte anche nella 'speciale'.Nonostante l'apprezzamento diffuso della validità dei 'piccoli formati', le loroqualità ed efficacia - nel vissuto degli intervistati - risultano fortemente legate a:• la visibilità delle posizioni (influenzata dal grado di modificabilità del contesto enon sempre certificata dalle concessionarie);• l'integrazione nell'ambiente urbano, "da rispettare e non violentare";• Ia gestione e la cura dell'impianto (talvolta rivelatasi fallimentare “come nel casodelle fioriere e dei casco-park a Milano").

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Capitolo 7

I CRITERI Dl PIANIFICAZIONE DELL'ESTERNA

7.1.: Premessa

Richiesto di descrivere i criteri di pianificazione dell'esterna il campione ha rispostounanimemente identificando quattro 'filtri' del processo (in sequenza):• I'area geografica di riferimento;• la copertura del territorio;• la qualità degli impianti;• la qualità della concessionaria.Ve ne sono alcuni che hanno per tutti lo stesso peso; altri, invece, vengonoconsiderati più o meno importanti in relazione agli obiettivi dell'azienda o delcentro media.Vediamoli in dettaglio.

7.2.: L'area geografica di riferimento

Dati target e budget della campagna, il tipo di pressione prescelta influenza lesuccessive scelte strategiche.• Il primo caso spontaneamente citato è quello delle campagne nazionali.

In generale la pianificazione in esterna viene qui considerata come di supporto aquella televisiva e premia i grandi formati.La scelta difficilmente risponde a vere e proprie logiche strategiche mirate (''non siparla di GRP o di costo /contatto"), mentre spesso è dettata dall'entità del budget"residuale" e dal bisogno di diversificazione in termini di media mix ("prima siscelgono gli altri mezzi e poi si completa il mix con l'affissione").Si tratta di un tipo di approccio indicato in via di netta contrazione, come già eraemerso in precedenza.• Nel caso opposto della pressione localizzata i processi di pianificazione tendonoad adottare percorsi differenti in relazione agli obiettivi del cliente (sia essonazionale o locale):- massima copertura o massima frequenza;- tipo di operazione prescelta ("strategica o tattica", "lancio di un prodotto" o"sostegno di un discount'', ecc. ecc.).Il mix - in questo caso - viene perciò adeguato alle caratteristiche specifiche delterritorio di riferimento ed alla qualità/posizione degli impianti, con un particolarefavore accordato a concessionarie garantenti un'elevata capillarità ed un buoncontenuto di servizio.

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7.3.: La copertura territoriale

Scelto il territorio, le logiche dominanti prevedono la valutazione del parco-impiantidisponibili nell'area e delle concessionarie che la presidiano.Le pianificazioni a livello locale previlegiano in generale la numerosità degli impianti;quelle nazionali, invece, la flessibilità geografica della concessionaria (misurata intermini di media copertura su più aree) o il tipo di circuitazione disponibile.Il tipo d'impianto pianificato è sovente imposto dal contesto (oltre che dal target) e ladomanda è fortemente dipendente dal tipo di offerta (pensiamo per esempio "ai centristorici dove c'è solo speciale" o "alle grandi arterie di traffico con i loro mega-posters").L'esperienza porta alcuni 'media' a dichiarare che, laddove è possibile la scelta, gliutenti previlegiano dapprima le grandi dimensioni e poi, in relazione alladisponibilità, "scendono progressivamente ai piccoli formati".

7.4.: La qualità degli impianti

Pur essendo per tutti il terzo 'filtro', la qualità degli impianti per buona parte delcampione assurge a "condicio sine qua non", a "minimo garantito per eccellenza"(che - tra l'altro - porta diversi utenti a preferire gli impianti gestiti direttamentedalle concessionarie rispetto a quelli comunali, generalmente "bistrattati dagli entilocali e difficilmente studiati in un ottica di marketing": palizzate, cantieri, ecc.).I criteri usati per la verifica del livello qualitativo dell'impianto sono tre:• lo stato di manutenzione ("le fioriere devono avere i fiori!"),• la visibilità (anche nei diversi periodi dell'anno: "le foglie degli alberi in estatepossono coprire un bellissimo manifesto assolutamente visibile in inverno");• la posizione rispetto al flusso del traffico ("la destra per gli automobilisti") o alpassaggio pedonale ("ad altezza d'uomo").Per il controllo della qualità i centri media dichiarano di avvalersi di alcuni tecnicispecializzati ("purtoppo mai sufficienti, specie in zone critiche di super-affollamento come Roma"); mentre gli utenti, fidandosi poco dei professionisti dellepianificazioni, tendono a controllare direttamente il parco impianti di loro interesse:"I 'media' hanno sempre pianificato solo a tavolino: bisogna uscire, vedere, controllare";"Mi è capitato che un grosso centro media dicesse che sul ponte della Libertà aVenezia ci sono bellissimi impianti: non c'è niente e loro hanno montato un'interacampagna sulla storia del ponte!".

7.5.: La qualità della concessionaria

Sino a poco tempo fa la scelta della concessionaria - si dice - "è stata condizionata dalogiche diverse da quelle della professionalità": logiche da taluni definite edenunciate quali "massoniche" e "all'insegna del clientelismo".

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Attualmente, invece, tutti gli operatori dicono di perseguire (e di veder gli altriperseguire) gli obiettivi dell'efficacia e dell'efficienza: sia per le campagnenazionali, sia soprattutto per le comunicazioni a forte pressione locale mirata.Oggi - per passare l'esame - una concessionaria deve rispondere a cinque criteri di"serietà professionale" (citati non in ordine di importanza):• il parco-impianti e l'ampiezza e/o la profondità della gamma di servizi offerti: secon-do questa logica per campagne localizzate viene e verrà sempre piùprevilegiato il 'local leader';• la coerenza dei pacchetti offerti ("maggiori sono le loro omogeneità ed elasticità,migliore è la risposta dell'utenza");• la qualità delle strutture (e la "certificazione di periodici controlli");• Ia coerenza delle proposte economiche nella fase della trattativa commerciale(tutti gli utenti denunciano "i super-sconti", "la mancanza di prezzi omogenei" e "ladisparità di trattamento tra utenti locali e nazionali");• il servizio, inteso come:- qualità del rapporto concessionaria/'media' o concessionaria/utente (qualcunoinsiste sulla "massima velocità delle risposte"),- quantità e costanza delle informazioni offerte (''devo percepire la presenza dellaconcessionaria anche al di fuori del business''),- supporto post-vendita ("se di notte si rompe un manifesto per il vento, la mattinadeve essere immediatamente ripristinato");• I'immagine ("storie come quelle della FAP non qualificano'').

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Vittorio Ravà - Direttore Pubblicità Fiat Auto

Ogni volta che parlo a Cà Dolfin sono contento ed emozionato di essere qui aparlare nell'aula dove il 10 novembre 1977 mi sono laureato.Oggi sono passati quasi diciotto anni, l'emozione è diversa, ma le cose da dire nonsono meno interessanti.Per chi non mi conosce sono Vittorio Ravà, il Direttore Pubblicità di Fiat Auto.Il nostro ospite, La Jolly Pubblicità, ha commissionato a Enrico Finzi dell'Astra unaricerca sulla sua immagine; ma vediamo subito che cosa emerge.La Jolly nel panorama depresso dell'affissione è come la stella polare che brilla diluce propria per tre principali motivi:l ) È leader nel Triveneto pur avendo altre presenze spot a Roma e Milano.Quindi è locale per distribuzione, ma nazionale per cultura, immagine e servizio.2) Ha una reputazione altissima di affidabilità.3) Nel 1995 cresce del 26%, contro un calo del mercato del 32% dal '92 al '94,dove l'affissione è passata dal 5,5 al 4,2 (- 22/23 %).Ma come sfruttare queste positività in un panorama depresso e decadente?Vediamo ora in che modo si situa l'affissione nel panorama dei media.Lo scenario pubblicitario italiano si è notevolmente modificato grazie alla crisi deglianni '90.Da questa crisi sono usciti i vincitori e i vinti. Tra i vinti troviamo l'affissione(indice investimenti '94 su '92 = 72) e, in qualche modo, i periodici (indiceinvestimenti '94 su '92 = 83), mentre esiste un solo vincitore, la televisionenazionale con le sue cinque Reti e in fanalino di coda Rete 4.Le Aziende hanno tagliato i budget. I nuovi investitori non si sono affacciati, oppurelo hanno fatto timidamente, comunque non incidendo sulla crescita complessiva delmercato, anzi: l'indice del totale investimenti '94 sul '92 è pari al '95. Ma quelloche è successo all'interno dei budget è stato uno spostamento sempre più marcatoverso la televisione (la percentuale di composizione del mediamix dal 49,73 del '92al 53,53 del '94 e, le previsioni a fine '95 si avvicinano a 60). Non solo quindi laTV cresce ma diminuiscono gli spazi disponibili in conseguenza di un accordo sullaqualità, (necessario come istanza di fondo ma fortemente penalizzante per gliutenti), che ha portato alla diminuzione degli spazi disponibili ed alla contestualecrescita dei prezzi.Infatti l'accordo stipulato fra le emittenti nazionali e le associazioni degli utenti edelle agenzie ha comportato una netta diminuzione del secondaggio dei break, condue immediate conseguenze:- minor numero di spot inseriti in ciascun break- minori garanzie sull'esclusività merceologica nel break stesso.Ma un'altro fattore altrettanto rilevante (I'aumento della domanda) ha influitopesantemente sulla crescita dei prezzi televisivi.Infatti nel corso del 1995 il mercato pubblicitario ha subito una evoluzione che hafatto registrare una radicale modifica nel rapporto domanda/offerta.

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A) Gennaio/aprile: è proseguita la tendenza "riflessiva" da parte degli utenti, su tuttii mezzi in generale, in particolare su affissione e tv.Pertanto, essendo il mercato in mano alla domanda, era più semplice ottenere spazi,qualità e condizioni contrattuali favorevoli al Cliente.B) A partire dal mese di maggio c'è stata una netta inversione di tendenza.La domanda di spazi pubblicitari soprattutto televisivi è cresciuta improvvisamente,portando alla saturazione dei palinsesti pubblicitari disponibili e rendendodifficilissimo il reperimento degli spazi per campagne prenotate in tempiravvicinati, rispetto all'inizio delle campagne stesse.La situazione è stata grave anche nei mesi di luglio e agosto tradizionalmente moltomeno affollati: le politiche commerciali di Sipra e Publitalia hanno immediatamenterecepito la diversa situazione, infatti le tradizionali offerte di luglio e agosto, asconti decisamente elevati, quest'anno sono risultate molto meno convenienti che inpassato e la flessibilità commerciale si è notevolmente ridotta.C) La situazione di overbooking permane anche per i mesi di settembre, ottobre enovembre.Conseguenza logica ed immediata: i listini del '95 rispetto al '94 sono mediamenteaumentati per Rai del 5% e per Publitalia del 15%, a cui si è accompagnata unadiminuzione degli sconti praticati ai Clienti e una maggiore rigidità nelle modalitàdi pianificazione degli spazi.Estremizzando, Rai e Fininvest potrebbero oggi eliminare la propria rete di venditae tornare alla situazione antecedente al 1980, dove gli utenti, desiderosi di essere intelevisione, andavano ad elemosinare gli spazi alla Rai e, quando li ottenevano,erano ben disposti a pagare quella che i più vecchi di noi ben conoscono, lafamigerata contropartita Sipra.La logica della guerra sulla qualità della televisione è stata contrabbandata come unariete per fare risorgere la stampa. Ma questo non è successo e non succederà mai.Solo i quotidiani possono vedere uno spiraglio di luce da aggressive politiche locali,mentre si suicideranno perdendo tutti i margini di contribuzione nelle costosissimepromozioni nazionali.A tutto ciò si somma la difficoltà di tenuta degli indici di lettura dei quotidiani.I periodici continuano a nascere e morire come in una catena impressionante, maquelli che vivono di luce propria ed, oltre ad essere campioni in edicola lo sonoanche nella raccolta pubblicitaria, si contano sulle dita della mano, massimo due.Ne sono una conferma le reiterate azioni di promozione con i gadget più disparati,spesso di cattivo gusto e ripetitivi.Gli utenti, per piccoli che siano, nessuno riesce più a convincerli ai mezzi alternativialla televisione e, paradossalmente, i principali presenter della televisione sonodiventati gli editori di giornali che non usano più i mezzi infragruppo perl'autopubblicità, ma concentrano tutte le loro risorse per acquistare quanti più spotpossibili.Concludendo, che cosa vogliono gli utenti pubblicitari e quale può essere il lororuolo nella definizione dello scenario media del 2000?

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La prima cosa che bisogna fare è rivalutare il ruolo dei media locali, perché prima

di tutto i media locali soffrono di immagine.

Basta vedere che Carlino, Nazione, Messaggero ed anche La Stampa cercano di fare

campagne nazionali per affermarsi su tutto il territorio.

Non ci sarà uno scenario facile se non ci saranno quotidiani, affissioni e televisioni

capaci di coprire una provincia, una regione o un'area Nielsen, perché la pubblicità

è destinata a costare sempre di più, le aziende avranno sempre meno margini

disponibili da investire e per questo gli investimenti dovranno essere concentrati

dove si è già raggiunta una buona distribuzione.

Infatti le azioni tattiche sul territorio nascono dalla necessità di integrare le

campagne nazionali, con il rafforzamento della pressione pubblicitaria in aree

deboli, e quindi difendere/incrementare la quota di mercato e motivare la forza

vendita, anche attraverso la personalizzazione dei messaggi.

Infine è fondamentale per le aree test.

La pubblicità areale non è un business solo per i Clienti locali. La Fiat, come del

resto tutti gli altri importatori di automobili e poi i cinema, le banche e le

assicurazioni dovranno sempre più supportare le attività delle loro reti sul territorio.

Per questo le televisioni locali che funzionano come pure le affissioni e i quotidiani

provinciali grazie alla loro diffusione diventano gioco-forza il media primario su

cui investire.

Un sistema di televisioni locali potrà poi aprire l'unico vero spazio ad una

syndacation televisiva che può essere l'unica vera possibilità di far nascere il tanto

vituperato e offeso terzo polo che sembra essere colpito da una maledizione di

Nostradamus.

Oggi tutti hanno paura delle televisioni locali. Non solo della loro poca

professionalità o della scarsezza dei loro programmi, ma sempre di più

dell'associazione negativa della loro immagine ai prodotti primari.

Sta a noi cambiare questo, sta a noi fare il "turn-around" a questa immagine perché

solo così le nostre piccole realtà imprenditoriali potranno uscire dal guscio

opprimente del territorio e raggiungere la competività sul suolo nazionale.

Ed è quindi da un processo sinergico di affissione, tv locali, quotidiani, che deve

ripartire la pubblicità sul territorio trasformando tutte le caratteristiche che le sono

proprie, anche quelle che potrebbero sembrare riduttive, in positive.

Perché l'affissione non può più permettersi di fare la guerra alla TV ed è solo dallo

sfruttamento della sua forza localistica che può risorgere.

E i nostri amici della Jolly sono in pole position per far ripartire questo media.

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Giovanna Maggioni - Presidente Inpe

Dobbiamo senz'altro dire grazie a Jolly per questa ricerca dalla quale abbiamoavuto molte conferme sul reale valore del mezzo nel contesto pubblicitario maanche sulle problematiche che accompagnano questo mezzo.Argomenti che abbiamo spesso discusso all'interno di un istituto Inpe, l’istituto nelquale Jolly siede fin dalla fondazione, istituto che vede riuniti utenti, agenzie emezzi per la fornitura al mercato di informazioni.Credo che valga la pena soffermarsi anche se brevemente su alcuni spunti che laricerca ci ha dato.Finzi ha ricordato come ci siano tre grosse aree penalizzanti per l'affissione:I) confusione da parte di chi deve acquistare pubblicità esterna;2) difficoltà di contattare tante concessionarie, senza possibilità di distinguere trabuoni e cattivi;3) mancanza di dati.Sicuramente la ricerca dimostra che sono stati fatti grandi passi in questi anni daparte del mezzo affissione ma secondo la maggior parte degli operatori c'è ancoratantissima strada da fare soprattutto perché ci sono state e ci sono ancoraincrostazioni difficili spesso da togliere.Sembra quasi che da un lato si voglia evitare di fornire al mercato da parte dellesocietà le informazioni e dall'altro, da parte degli utilizzatori, si faccia finta di nonsapere che invece le informazioni ci sono.Vediamo se si può dare una risposta e se dal dibattito di oggi vengono fuori altrispunti per poter permettere a istituti come lnpe di poter fornire ulteriori dati almercato (anche se credo che molti di questi dati ci siano, siano a disposizione e nonsi vogliano utilizzare o si faccia molta fatica a utilizzarli). Quasi si volessenascondere certe situazioni che invece non solo farebbero bene al mezzo ma, comeha dimostrato una ricerca che Inpe ha portato avanti, ha per esempio permesso dismantellare certe posizioni di affissione totalmente inutili e che facevanosemplicemente abbassare il prezzo commerciale.Per comperare è importante sapere che cosa si va a comperare, è importante avereinformazioni e poi è importante sapere se quello che si è comperato è effettivamenteuscito sia esso televisione, stampa o affissione.Inpe che è nato con l'obiettivo di certificare l'avvenuta esposizione in un momentosicuramente molto più difficile, dove l'offerta degli spazi era decisamente inferiorealla domanda e quindi dove si poteva utilizzare la stessa posizione per due Clienticontemporaneamente.Inpe è nato in un momento in cui era necessario e indispensabile certificare. E cioècertificare che le affissioni fossero uscite nelle posizioni previste. Oggi questo èancora importante.Dall'indagine di Finzi sembrerebbe che buona parte del mercato non sa che le societàche si fanno certificare da Inpe, che per fortuna costituiscono l'80% del mercato,possono coprire campagne nazionali, con la garanzia a utenti e agenzie che la

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campagna è uscita e che è uscita nelle posizioni che volevano oppure che è uscita inposizioni diverse e puo essere contestata.Quindi è importante sapere che buona parte di quelli che sembrano limiti delmezzo, in realtà sono già superati.Il mezzo da vent'anni a questa parte ha una certificazione come l'ha la televisioneperché gli utenti vogliono sapere se i loro spot sono usciti in quelle ore, in queimomenti e se non lo sono contestano e trattano commercialmente. Quindi anche permezzi che possono sembrare più avanti da un certo punto di vista, il controllo ècomunque indispensabile e senza di quello, come dire, l'utente non paga.Quindi una prima garanzia rispetto alla confusione di cui si parla credo che Inpe,attraverso le società che si fanno certificare, la dia.Scegliendo all'interno di queste società c'è un primo livello di garanzia. C'è unaseconda affermazione nella ricerca: la mancanza di dati.In realtà Inpe ha già messo a disposizione in parte del mercato in maniera sintetica,in parte direttamente delle concessionarie, indagini continuative che continua aprodurre e che forniscono conoscenza da un lato del mezzo, dall'altro della città.Sono anch'io dell'opinione che le campagne pubblicitarie, siano esse nazionali oregionali, partono sempre da somme di realtà locali, regionali.Una campagna nazionale è una somma di tante città, è una somma di tante zonespesso molto diverse anzi quasi sempre diversissime una dall'altra (Milano non èGenova). Le realtà sul territorio di Milano e di Genova sono due realtà completamentediverse. Quelle che possono essere posizioni meno privilegiate a Milano, datoil contesto della città, a Genova possono rappresentare invece l'ottimo perché la cittàè strutturata in modo tale da consentire solo certe posizioni, certi passaggi. Anche inquesto caso abbiamo oggi a disposizione in modo continuativo e sempre aggiornato leinformazioni. Inoltre le città cambiano, non sono un fatto fisicamente immutabile,pensiamo solo ai cantieri che si aprono e quindi a cambiamenti che durano anchemesi, sono cambiamenti momentanei ma anche cambiamenti definitivi.Attraverso un istituto come Inpe ci è possibile conoscere tutto questo. Inpe inoltreha un enorme vantaggio: quello di essere sopra le parti perché in Inpe siconfrontano utenti, agenzie e mezzi che devono trovare un parametro di intesacomune, c'è un parametro che serve all'utente per comperare e alla concessionariaper vendere. Quindi un confronto costante.Attraverso questo istituto è possibile avere una serie di informazioni semprecontinuamente aggiornate attraverso una struttura creata ad hoc per fornire tuttoquesto, che permette da un lato di conoscere le singole concessionarie, le singolerealtà, le loro posizioni ma anche lo stato di salute dei loro manifesti, lo stato diconservazione, la disponibilità e così via e dall'altro di conoscere le città perché inquesto suo lavoro Inpe esegue censimenti, non và casualmente in certe zone matiene costantemente sotto controllo tutta l'Italia, ha costantemente sotto controllo legrandi città, le medie e le piccole città.Queste informazioni sono messe a disposizione di tutti, del mercato, semmai leconcessionarie dovrebbero far sì che queste informazioni diventassero il più

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possibile aperte, innanzitutto perché permetterebbero solo a quelle concessionarie

che si sottopongono ai controlli di far conoscere al mercato la loro realtà, isolando

,quelle reticenti a farsi indagare.

Spesso si ha l'impressione che non solo chi gestisce il mezzo ma anche le centrali

media o le agenzie, non sappiano nemmeno che ci sono queste informazioni o

tendono magari a ignorarle. Così come l'altro grosso problema che è emerso e cioè

quello della dispersione sul territorio del mezzo e della quantità notevole di

concessionarie esistenti. Innanzitutto se vogliamo fare un paragone con la stampa,

per esempio, ci sono duemila pubblicazioni che escono ogni settimana in Italia, ma

ci sono solo un centinaio di testate che si fanno certificare in tiratura e diffusione,

che forniscono i dati di lettura del proprio pubblico.

Ci sono circa duemila radio che trasmettono giornalmente, ma ce ne sono soltanto

centoventi che si fanno rilevare nei loro ascolti da audiradio.

Sia gli uni che gli altri sono quelli probabilmente che vogliono mettere in evidenza

le informazioni al mercato, che vogliono garantire.

Allo stesso modo in affissione di tutte le società esistenti solo alcune si fanno

certificare.

Solo una quantità limitata mette a disposizione le informazioni. Queste non hanno

paura dei dati ma vogliono che siano conosciuti i plus e minus.

Forse è necessaria una scelta oculata da parte di utenti e di agenzie all'inizio,

entrando più a fondo a conoscere meglio che cosa c'è a disposizione e chi sono le

società che si fanno certificare; forse un occhio va dato in questa direzione.

Il grosso vantaggio del mezzo affissione è la flessibilità. L'utente oggi ha a

disposizione pochi mezzi per fare campagne locali, campagne regionali, campagne

nazionali ma supportate in modo particolare in certe aree.

L'affissione è uno di questi mezzi, e la conoscenza approfondita da parte delle

concessionarie delle città in cui operano è indispensabile.

Un'ultima nota. Le campagne d'affissione danno da un lato un aspetto più allegro

alla città ma danno anche entrate speciali, quindi dei supporti economici alle città.

Inpe lavora su tutto il territorio, ha un'ottima conoscenza delle varie realtà e sarebbe

molto interessante e utile uno scambio del patrimonio conoscitivo, se ci fosse una

maggior collaborazione, una maggior richiesta di intervento, di conoscenza da parte

dei Comuni di questi patrimoni.

Ci sono Comuni, che chiedono il supporto di Inpe in maniera sistematica. Ci sono

Comuni che non conoscono nemmeno che cosa hanno autorizzato, che non sanno

neppure che cosa esiste sul loro territorio. Questo è a svantaggio dell'utente perché

compera senza sapere se il mezzo è autorizzato, se la posizione è autorizzata, ma

anche del Comune che in molti casi rischia di perdere quantità considerevoli di

entrate attraverso le tassazioni.

Inoltre il mezzo rischia di svilirsi perché può essere venduto sotto costo, a prezzi

più bassi, con danno per l'utente e creando un' immagine negativa che va eliminata

perché il mezzo può crescere e può dare, come è successo ad altri, grandi supporti

di mix in termini comunicazionali.

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Marco Ferro - Relazioni esterne Cariverona Banca

Buon giorno a tutti, sonoMarco Ferro attualmente Direttore Relazioni Esterne di Cariverona.

Vi porto una case history dell'azienda per la quale opero, la Cassa di Risparmio di

Verona, Vicenza, Belluno e Ancona Banca S.p.A. Ia cui denominazione è stata

recentemente, dopo lunghe fatiche, sintetizzata in Cariverona Banca S.p.A.

Nella mia esposizione seguirò una logica di percorso; metodologicamente partirei

da un approccio generale al rapporto banca/comunicazione per inquadrare

l'argomento, per arrivare poi all'esperienza Cariverona.

Questo perché ci sono delle motivazioni radicate e comuni nel modo di far

comunicazione da parte dell'azienda banca.

Difatti le banche in genere hanno un atteggiamento peculiare nei confronti della

comunicazione: innanzitutto sono tra le aziende che investono, o meglio spendono

meno in comunicazione.

Non ho sottolineato a caso il verbo perché, purtroppo, le banche vivono ancora troppo

spesso la comunicazione come un costo anziché, come dovrebbe essere correttamente

intesa, un investimento.

Così quando si tratta di dover quadrare un budget la prima voce alla quale si guarda è

proprio questa.

Parimenti quando si prepara il lancio di un nuovo prodotto o si definisce una

azione, atteso che le attività di comunicazione vengono stabilite ad iniziativa

pressoché pronta, e quindi temporalmente verso la fine, è quasi automatico che

questi oneri vengano vissuti come la classica spesa, non dico superflua ma quasi,

giudicata eccessiva sempre, e pertanto soggetta a diverse ritarature di aggiustamento

nonostante la strenua difesa del progetto che ogni volta si appronta.

Tutto questo probabilmente deriva dal fatto che le banche, salvo pochissime eccezioni,

sono state tra le ultime aziende ad affacciarsi al mondo della comunicazione; prima, lo

sappiamo tutti, operavano in condizioni molto favorevoli e di conseguenza il confronto con

il mercato era pressoché superfluo, le necessità estremamente limitate per non dire nulle.

Tutto questo per dire che la banca è stata costretta dalle condizioni di mercato, ob

torto collo quindi, a servirsi della comunicazione in modo dapprima episodico e poi

sempre più sistematico ma lo ha fatto in modo poco convinto: in fondo la

comunicazione non fa parte della cultura tradizionale della banca.

Basta che guardiamo alle strutture che all'interno di essa presidiano questa leva:

pochissime sono le banche che hanno una funzione specializzata governata da

professionisti.

Tuttavia vediamo che anche le banche negli ultimi anni hanno dovuto cedere questa

riottosità dovendosi confrontare con il mercato e le sue regole, dovendo aumentare

la propria visibilità sia per quanto riguarda l'istituzione in sé che per ciò che attiene

i prodotti che essa vende.

Ma proviamo a domandarci se oltre a quelle esposte non ci siano anche origini

diverse, non ci siano dietro dei vissuti profondi che possano aver generato un tale

atteggiamento nei confronti di questa leva.

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Certo la banca e le aziende di servizi in genere, sono state le ultime ad utilizzarela comunicazione, a parlare di marketing e ad adottare una politica diorientamento al cliente.Ma c'è, secondo me, anche una motivazione diversa e qui mi riallaccio al temacentrale dell'incontro di oggi: la local leadership.Le banche in genere, quelle locali in particolare ed ancor più le Casse di Risparmiosono nate come espressione del territorio. E qui arrivo a Cariverona, la quale haprofonde radici in tre province venete: è nata a Verona nel 1825, è a Vicenza e aBelluno grosso modo da inizio secolo. È poi presente a Mantova dagli anni '20.Dalla zona di origine, Verona, ha iniziato l'espansione in tempi abbastanza recenti,dal 1989, per essere presente oggi in 20 province di sette regioni con circa 340filiali. È una azienda quindi che ha seguito il percorso evolutivo classico da bancalocale a banca provinciale poi regionale e così via.Anche in questa azienda, con il suo importante radicamento al territorio l'assunto dibase nei confronti della comunicazione era grosso modo del tipo:- perché devo investire in comunicazione quando tutti mi conoscono?- questa azienda è nata qui come espressione del territorio, partecipa a sua volta allacrescita economico/sociale, ha contribuito restaurando la chiesa x e il monumento y;- gode della fiducia della gente tant'è che ha quote di mercato che in certe zonesuperano il 60%;In sostanza, perché mai dovrei comunicare e che cosa?Poi arriva la concorrenza e comincia a scalfire quelle quote di mercato e allora?Allora si pensa alla comunicazione ma ancora in un'ottica dovuta più che non voluta.Tutto questo per dire che il fatto di essere leader su un certo territorio tendeva, nelcaso della banca, a favorire la cristallizzazione anziché la difesa continua ed attivadelle quote raggiunte; non parlo ovviamente di incremento perché è chiaro che,oltre certi livelli, queste non possono aumentare.La conseguenza di questa impostazione e poi dei primi timidi approcci ad undiscorso di comunicazione strutturata era che le risorse economiche a disposizionetendevano ad essere dirottate dalle zone storiche a quelle di frontiera, dove laleadership non esisteva e dove per questo l'offerta, tentando di superare laconcorrenza, tendeva ad arricchirsi a tutto vantaggio del cliente.Poi gradualmente, sia sulla scorta dei risultati rinvenienti dalle prime azioni, siasotto l'incalzare della concorrenza, anche Cariverona ha dovuto accettare dicomunicare dapprima con il cliente esterno, poiché essere "leader silenzioso" suuna piazza non significa mantenere le quote di mercato, e poi con il cliente interno.Sto in parte banalizzando i concetti perché un discorso anche sommariosull'evoluzione che la comunicazione ha avuto in Cariverona richiederebbe moltotempo; mi scuso quindi se per stare in tema devo concentrare sintetizzandobrutalmente ma mi limiterei a puntare sugli argomenti di oggi: local leadership epubblicità esterna in particolare tralasciando ovviamente tutte le altre attività le qualicomunque, pur restando nell'ambito della comunicazione, sono tante e variegate.La comunicazione organizzata in Cariverona è nata nella seconda metà del 1991

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con quattro persone: oggi è un servizio di staff al Direttore Generale con 18 personeche presidiano: pubblicità, sponsorizzazioni, ufficio stampa, immagine coordinata,immagine esterna, oggettistica, relazioni pubbliche, editoria e, ancora in fase disviluppo, a comumcazione interna.Nata dunque a meta '91 il primo atto fu un'indagine di scenario dalla quale si rilevòche la banca era riconosciuta solida ed efficiente da un lato, grigia, polverosa edantiquata dall'altro. E questi ultimi peraltro poco lusinghieri apprezzamentiarrivavano proprio dalle nostre zone storiche dove eravamo leader di mercato.Venne allora studiata una campagna denominata "operazione simpatia" che vennecondotta in modo non contemporaneo, quindi un territorio alla volta, su tre provincedove la banca era leader (Verona, Vicenza e Belluno), su una storica Mantova doveCariverona non era leader, e su due province di frontiera Ancona e Cuneo.Erano comunque tutte zone a "maglie strette" sulle quali cioè l'azienda potevacontare su una buona capillarità.La campagna durò complessivamente un anno, era coloratissima, si accompagnavaa un restyling di marchio e di colore sociale e si avvaleva dell'head-line "scopri ilgusto dei nostri servizi".Quattro servizi distinti da un colore e dal gusto di una caramella che veniva data inomaggio con le specifiche del prodotto.Questa campagna si avvalse principalmente di due mezzi: cartellonistica e materialesul punto vendita.Cartellonistica stradale grande formato, fermate autobus e dinamica, interna ed esterna.Durante la campagna vennero raccolte circa 3.000 interviste, parte all'interno dellefiliali, parte per strada, parte in luoghi pubblici (cinema e teatri) nei quali venivanofatte azioni spot a macchia con distribuzione di materiale.Al termine venne rifatta l'indagine di partenza la quale, fortunatamente, diede unrisultato completamente diverso rispetto ad un anno prima, un consolante 71,3%degli intervistati, quindi anche non clienti, ricordava di aver visto almeno una volta lapubblicità esterna che nel complesso venne giudicata, a quel tempo, innovativa esimpatica e contribuì ad iniziare il discorso di riavvicinamento della banca alla gente.Ho detto fortunatamente perché fu una iniziativa coraggiosa, quasi una scommessa,che valse tuttavia ad aprire la strada della comunicazione in azienda.Dopo quell'azione si scelse di utilizzare l'esterna in due modi: il grande formato ela dinamica per azioni di lancio o di rivitalizzazione; le fermate autobus ed alcuneposizioni speciali in modo permanente per comunicare la quasi totalità dei prodottiindirizzati al segmento privati/famiglie.Vi sono poi alcuni minibus di Verona e di Vicenza che, sempre in modopermanente, vengono utilizzati per pubblicità/prodotto.Dal l ottobre circolano a Verona due autobus urbani a decorazione integrale ai qualise ne affiancherà un terzo entro l'anno.Sono sparsi sul territorio circa 100 orologi stradali con termometro che veicolanol'immagine del nostro pacchetto Night & Day, ovvero la banca automatica 24 oreal giorno.

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Altre iniziative per le quali Cariverona ha utilizzato nel mix la pubblicità esterna sono:- il "KGTeam" la squadra del giovani, ovvero i 7 prodotti per i ragazzi da 0 a 29 anni('92/'93);- I'incorporazione di una banca in provincia di Cuneo (1993);- la campagna di apertura del capitale sociale ai privati (1994);- la campagna di cambio della denominazione sociale (dal kilometrico Cassaall'attuale Cariverona 1995).Le caratteristiche comuni di tutte queste iniziative, eccezion fatta forse per l'ultima,erano il colore e la grafica.L'affissione ha, d'altra parte, tra le sue caratteristiche peculiari una forte capacitàespressiva svincolata da ogni contesto (annuncio stampa dal contesto redazionale,televisiva dal contenitore dove lo spot è posto) per cui merita uno sforzo creativoche sarà ampiamente ricompensato dalla resa del messaggio.Abbiamo infatti avuto modo di riscontrare che più il messaggio è originale,colorato, vivace, simpatico, più il ricordo sedimenta nella percezione dell'utente.Un'altra scommessa che giocammo in Cariverona fu lo stile dei messaggi.Fu scelto un colore che divenne caratteristico del singolo prodotto, furonoabbandonate le immagini fotografiche che ancora dominavano nel '91 nellapubblicità finanziaria, per buttarci su un disegno di tipo fumettistico, piuttostoessenziale nei contenuti tale da superare barriere, condizionamenti o interpretazionidi carattere sociale e/o geografico.Perché un'altra difficoltà nella comunicazione di servizi o comunque di prodottiimmateriali sta proprio nel che cosa raffigurare.Siamo stati tra i primi ad abbandonare la rappresentazione del reale, con tutti irischi che ne potevano derivare, ma devo dire, e questo lo dico con il senno di poi,ne abbiamo ricavato parecchi benefici. Vedendo poi che molti altri istituti di creditoci hanno seguito mi fa ben pensare: abbiamo probabilmente contribuito ad aprire unnuovo filone.Fino a non molto tempo fa la pubblicità bancaria in genere si rifaceva allariproduzione, ampiamente utilizzata, di situazioni problematiche, prontamentesuperate dall'intervento della banca che, con il suo prodotto guarda caso, capitava aproposito a risolverla.Oppure si raffigurava una situazione dalla quale traspariva la soddisfazione generatadall'acquisto, o la serietà della proposta ricevuta tradotta da calorose strette dimano. O ancora la classica famigliola felice che aveva appena acquistato ilpacchetto comprendente anche la polizza che garantisce "tutto".Io mi fermo qui, non voglio uscire dal tempo che mi è stato assegnato.Spero di averVi lasciato un'idea di come Cariverona opera in generale sul temadella comunicazione e più in particolare cosa fa in rapporto alla leadership chesicuramente ha su alcuni territori, beninteso in relazione al mezzo oggetto diquesto incontro.Credo di aver lanciato anche alcune provocazioni che assieme a qualche spuntopotremo, se d'interesse, riprendere e sviluppare più tardi nel corso del dibattito.

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Giampietro Battaglia - Presidente Selex A & O

La storia che Vi illustro oggi è quella di un'azienda distributiva, nata come familiaredi dieci persone e che oggi ne conta alcune centinaia.È cresciuta in un gruppo con diverse migliaia di dipendenti, che ha raggiunto unfatturato di 5.600 miliardi di Lire e di cui sono Presidente pro-tempore.Nel 1992 si è conclusa e, non solo per la distribuzione, l'epoca dei "paradisi felici":dall'estate di quell'anno è partito un cambiamento radicale. La lira è crollata, lasituazione economica del Paese immutata, il consumatore è cambiato.Fino ad allora la distribuzione non aveva subito vere pressioni concorrenziali.Nel nostro ambito di attività i fattori di questa inversione di rotta sono stati:- La concentrazione dell'impresa.Per esempio l'acquisizione della G.S.; l'accordo G.S. - Standa per collaborare inalcune operazioni, l'acquisizione dell'Azienda Migliarini da parte di Rinascente;- Il fenomeno degli hard discount.È un sintomo del mutato atteggiamento del consumatore, che rivolge una piùspiccata attenzione al prezzo e, soprattutto, esige un rapporto equilibrato traqualità e prezzo. Il consumatore, inoltre, non è più fedele, è diventato "nomade":in media in Italia, un consumatore visita da tre a quattro punti vendita nellostesso periodo, che significa che può effettuare i suoi acquisti in tre punti diversinella stessa settimana;- Lo sviluppo degli ipermercati.1) La liberalizzazione delle autorizzazioni commerciali.Non è una meta già raggiunta, ma ci si sta muovendo in questa direzione.Devo purtroppo sottolineare che in Italia non esiste la tendenza allacomprensione dei problemi, ma all'approssimazione; si pensa che laliberalizzazione sia la soluzione di tutti i mali, cosa che è tutta da dimostrare.Esistono invece molti problemi di programmazione urbanistica, fino ad oggilargamente insoluti.Ne subiamo tutti le conseguenze e gli effetti sul traffico ne sono solo una delleconseguenze.

Questi fattori hanno accelerato il confronto fra le aziende e, nella situazione attuale,si fanno largo i leader di mercato. Ma cosa significa questo termine?Non esiste un'unica tipologia di leader.Ci sono i leader nazionali e multinazionali e ci sono quelli che noi chiamiamo ileader locali. Questo è comune a molti paesi, Stati Uniti compresi: anche quiesistono infatti delle aziende molto forti sul territorio in regioni definite (nondimentichiamo però che quando usiamo il termine "regioni" riferendoci agli StatiUniti indichiamo realtà paragonabili a tutta l'Italia).Esistono aziende locali valide anche a livello nazionale; le aziende locali che siaffermano come leader devono essere efficienti, in grado di ottenere una fortepenetrazione e devono essere in grado di competere con le grandi aziende dicapitale e con le multinazionali.

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Quali sono i punti di forza dell’impresa locale?- La conoscenza approfondita del mercato, del territorio, delle abitudini e dellamentalità del consumatore.

- La capacità di sviluppare rapporti più stretti con l’amministrazione e gli Enti locali.Fino a quando resterà in vigore l’attuale legislazione le possibilità discrezionalidelle pubbliche amministrazioni sono infatti enormi, e le licenze vengonoassegnate senza alcun criterio di oggettività. Avevamo richiesto di unificarequesta assurda disparità tra licenze di tipo edilizio e licenze di autorizzazionedell’attività commerciale: deve esistere un solo tipo di autorizzazione.

- Snellezza.L’impresa locale è meno burocratizzata.

- Dinamismo, rapidità di reazione e capacità di adattamento ai cambiamenti ambientali.- Bassi costi di produzione, che significa anche efficienza.Bisogna però capire se l’impresa è in grado di garantire efficienza a lungo neltempo, se deriva cioè solo dalla presenza di un imprenditore “multiuso” che sioccupa di tutto o se è in grado di reggere il confronto con le grandi imprese.L’efficenza deve pertanto essere misurata in termini di performance: venditaper metro quadrato, produttività degli addetti, contenimento dei costi (sialogistici che generali), ecc.

Quali sono, invece, i punti di debolezza di un’impresa locale?- I limiti nello sviluppo di un Know how derivante dalla ricerca e dalla sperimentazione.- Minori risorse finanziarie.- Limitate capacità organizzative.- Minore redditività rispetto alle grandi aziende.I grandi gruppi della distribuzione, come succede anche nell’industria,guadagnano mediamente più dei piccoli.

- Assenza di una vera politica a favore delle piccole e medie imprese in Italia, chedi fatto rimangono discriminate a tutti i livelli.

Le componenti della leadership distributiva, che condizionano la strategia chestiamo cercando di applicare, sono le seguenti:- Qualità del punto di vendita.Il nostro prodotto è il punto vendita, è il suo contenuto complessivo in termini di offerta.- Personalizzazione del servizio.Bisogna tenere in considerazione anche la percezione che ha il cliente delservizio offerto; se si trova bene o male, se stiamo andando incontro alle suenecessità o risultiamo carenti rispetto ai competitor.- Capacità gestionale.Bisogna raggiungere gli obiettivi di una leadership dal punto di vista dei costi edella tutela della redditività dell’impresa.Un elemento decisivo è la gestione dei prodotti freschi, che oggi è estremamentequalificante per le imprese distributive.- Dimensioni.- Comunicazione.

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Ma come curare al meglio tutto questi aspetti se si è piccoli a livello nazionale,anche se localmente si detiene una posizione di rilievo? Come rispondiamo aqueste richieste del mercato?Molti sono i marchi delle nostre aziende. Il nostro gruppo è uno dei pochi che haadottato una politica di multimarchio, di sovrapposizione territoriale: alcunimarchi sono di proprietà del gruppo: (A&O, MRAlimentari, Kanguro, Mida,Cash & Carry), tutti gli altri sono locali, di proprietà delle aziende socie.La maggior parte delle aziende utilizza i nostri marchi nazionali, A & O per isupermercati, Famila per i supermercati integrati con superficie superiore ai 1.500mq., Iperfamila per i punti vendita con superficie di oltre 5.000 mq. (ne esistonodue nel Veneto, a Vicenza e Verona).I marchi di proprietà delle aziende sono validi nel territorio in cui operano, e perquesto li abbiamo tenuti in vita.La strategia delle 39 aziende del nostro gruppo, pertanto, è centrata sull'equilibriotra autonomia d'impresa e aggregazione di gruppo.Il risultato è che il gruppo è forte a livello locale, grazie alle aziende radicate nelterritorio, forte a livello nazionale, grazie all'azione positiva dell'aggregazione.Non sarebbe possibile diversamente.Conservare la libertà dell'imprenditoria diffusa e la flessibilità che ci è tipica,salvaguardare le tradizioni, realizzando al tempo stesso economie di scala a livellonazionale e raggiungendo la massa critica tutti insieme. Questa è la nostra politica.Ad esempio: le aziende del nostro gruppo forniscono il 4,5% dei consumialimentari del nostro paese, quindi 5.600 miliardi di lire rappresentano circa il4,5% del valore del mercato.Le nostre aziende nel territorio dell'area Nielsen 2 (Triveneto e Emilia Romagna)detengono una quota del 9,8%. il nostro obiettivo è raggiungere questo indice alivello nazionale e lavoriamo per questo scopo anche attraverso aggregazioni, mail nostro desiderio è che le nostre aziende riescano ad aumentare la penetrazionedel mercato locale.La quota del 10% ci permetterebbe di ottenere una posizione di forza neiconfronti dei fornitori e di ottenere buone condizioni di acquisto, e questo indicegode della stessa considerazione anche negli altri paesi europei.Come organizziamo la comunicazione per sostenere lo sforzo verso questi obiettivi?La centrale si occupa di un programma promozionale e pubblicitario valido pertutti, ma adatto ai vari marchi presenti sul territorio.La centrale definisce un budget organizzato su quattro livelli:- Pubbliche relazioni- Comunicazione canale A&O e altri marchi- Canale grandi superfici- Canale Cash & CarryI punti vendita concorrono alla formazione dei budget con una quota proporzionalealle loro dimensioni. In questo modo il budget nazionale viene suddiviso in tantibudget locali quante sono le aziende Selex.

Page 52: Local Leadership & Pubblicità Esterna

Ogni azienda Selex avrà a disposizione il proprio budget, la cui entità ècommisurata a:- Format dei punti vendita- Numero dei punti vendita nell'area- Peso dei punti di vendita sul territorioI mezzi di comunicazione utilizzati sono:Per il canale supermercati:- affissione comunale e speciale con manifesti100x140 e 140x200 35%

- poster 6x3 15%- quotidiani 35%- radio locali 15%Per il canale grandi superfici:- affissione manifesti e poster 35%- quotidiani 40%- radio locali 10%- tv locali 15%Per il canale cash and carry:- direct mail 100%

Questa gestione ha una conseguenza anche sulla modalità con cui vengono portateavanti, perché abbiamo scoperto che a livello locale si possono realizzaresignificative economie sui costi (anche se questo non vale per Jolly Pubblicità cheinvece ha una severità teutonica nell'applicazione dei suoi listini), specialmente perciò che riguarda i quotidiani.Concludo mettendo ancora in evidenza l'importanza fondamentale della conoscenzadel territorio da una parte e della comunicazione (il nostro grande tramite con ilconsumatore) dall'altra. È necessario che il pubblico abbia la giusta percezionedelle nostre aziende e la comunicazione locale è molto importante a questo scopo.Pertanto l'esistenza di una pubblicità esterna flessibile, elastica, di facile utilizzo egestita da aziende serie e affidabili è per noi una precisa esigenza.

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Mario Mele - Amministratore delegato Mediapolis

Desidero fare una osservazione, non la prima che mi viene in mente, ma quella che

personalmente a me ha dato più emozione.

Ho la sensazione che oggi sia una data da ricordare, da segnare nel mondo della

pubblicità e della comunicazione.

Sento che a Venezia con il 18 ottobre del '95 nasce definitivamente in Italia il

localismo sotto tutti gli aspetti, sotto tutti i profili.

Mi hanno preceduto delle grosse aziende, delle grossissime aziende, aziende che

operano a livello nazionale e locale e abbiamo sentito da loro questo fortissimo

desiderio di approfondire sempre di più il problema del localismo.

Ho sentito dire logicamente da Vittorio Ravà, grosso esperto, che non tutte le

regioni sono uguali, non tutti i consumatori di tutte le regioni sono uguali, cose che

sembrano banali, ma banali non sono, perché per anni si è continuato a fare lo

stesso errore, a pianificare i grandi mezzi nazionali e a dimenticare le dispersioni.

Non è vero che non ci sono studi e ricerche, perché gli studi e le ricerche che ci

dicono queste cose ci sono.

Però probabilmente di questo anche l'utente pubblicitario ha un po' di colpa perché

non sempre ha seguito i consigli dei tecnici, non sempre ha ritenuto di fidarsi, non

dico ciecamente, ma fidarsi un po' di più di quanto avrebbe dovuto anche grazie alla

grande vendita di emotività, che i mezzi oggi in Italia sanno fare molto bene;

specialmente qualche grande organizzazione pubblicitaria che in Italia negli ultimi

anni è sorta e ha saputo vendere con emotività, ha saputo trasferire queste emotività

ad altre organizzazioni di vendita e questa emotività a volte ha influito sull'utente

pubblicitario e sull'imprenditore di più del tecnicismo, dei tecnici che invece forse

cercavano di portare un contributo di carattere tecnico.

Mi ha dato una certa emozione sentire queste cose.

Dopo di me parleranno altre due grandissime centrali media, non so se navigheranno

contro corrente, credo di no, perlomeno mi auguro di no, ma li sentiremo.

Tre grandi centrali media, grossi utenti, se poi anche Carat e Media Italia si

allineeranno al parere dei signori che mi hanno preceduto; in realtà possiamo dire

che la rappresentanza di una grande fetta degli investimenti pubblicitari italiani ha

detto che il localismo è interessante.

Bisogna seguire il localismo perché bisogna ottimizzare gli investimenti.

E di questo sono contento perché, permettetemi uno spot di vendita, ne ho sentiti

altri, la mia azienda è da tre anni che ha un reparto specializzato nell'analisi dei

mezzi locali, fanno solo quello e si stanno specializzando nel monitorare, nel

cercare di capire regione per regione che cosa c'è e quindi questo non darebbe

altro che ragione per quanto mi riguarda a una visione, a una ipotesi che noi

avevamo fatto già alcuni anni fa.

Questo per quanto riguarda il localismo.

Per l'affissione invece devo dire la verità. Ho avuto l'opportunità di leggere la

ricerca prima di questa sera, l'ho vista e volevo telefonare all'amico Enrico Finzi e

Page 55: Local Leadership & Pubblicità Esterna

volevo dirgli. Enrico, questa ricerca tu l'hai fotocopiata, l'hai fotocopiata perché

una ricerca identica, il risultato della ricerca, l'analisi, la decodifica è esattamente

uguale a una ricerca non specifica.

Non ricordo quando sia stata fatta, ma alle cose che si dicevano dieci anni fa,

quindici anni fa, diciotto anni fa, vent'anni fa e non vado oltre perché poi ero

bambino, però io ricordo che le ricerche che sono state fatte sul mezzo affissione, sul

vissuto dell'affissione, sulla tecnica dell'affissione sono esattamente le stesse cose

che Enrico ci ha spiegato oggi. Cioè Enrico ha risvegliato, ha confermato, le cose

che in realtà sono sempre venute fuori: grande interesse per il mezzo affissione.

Questo non mi sconvolge minimamente, voglio vedere che un media dica che a me

l'affissione non interessa perché, attenzione, l'affissione è l'unico mezzo che non

morırà maı.

La televisione può morire sta arrivando Internet, si parla di mezzi elettronici contro

mezzi elettronici, ma sono tutti mezzi che volontariamente ognuno di noi se vuole

vedere accende o spegne, se vuole vedere vede o non vede.

Noi sbatteremo contro tutti i giorni all'affissione fino a quando qualcuno con un

colpo di Stato deciderà di togliere tutti i manifesti; per cui è assurdo ma mi fa

piacere sentir dire ancora e meno male, che l'affissione è interessante.

Si continua a dirlo ma si continua ad usare poco. Il motivo perché usiamo tutti poco

l'affissione pur riconoscendone enormi caratteristiche è semplicissimo: prima si è

fatto un piccolo accenno, la televisione ha sostituito l'affissione.

A me vengono i brividi perché esiste una formula chimica che porta all'esplosione,

alla bomba atomica, che è proprio usare affissione più televisione e non televisione

al posto affissione. Ciò mi sembra veramente assurdo. Perché non la facciamo.

Il problema che è venuto fuori dalla ricerca, è venuto fuori dalle persone che mi

hanno preceduto. L'affissione così come oggi strutturata, così come oggi gestita

dalle Società di affissione, non garantisce.

Vent'anni fa ci lamentavamo dei manifesti messi male e degli impianti tenuti male e

oggi ci lamentiamo esattamente della stessa cosa e quindi nulla è cambiato.

Sono nati grandi istituti di controllo e di verifica, abbiamo qui Giovanna Maggioni

che ci ha spiegato benissimo fino in fondo nel dettaglio che abbiamo grandi strumenti

di controllo, ma la mia sensazione è che gli operatori, le concessionarie, coloro che

sono proprietari dei mezzi non hanno nessuna intenzione di farsi controllare, è

pertanto certo che mantengono l'Inpe, io non vorrei sbagliare o essere superato, credo

che il finanziamento dell'lnpe arrivi dalle società d'Affissione, indirettamente.

Sì d'accordo, ci interessa moltissimo, ma poi andarsi a fare controllare è tutto

un'altro discorso.

Anni fa ci fu un'iniziativa privata che coinvolse anche me e coinvolse Bona che è

qui al mio tavolo e una terza centrale media che è quella di Marco Benatti.

Pensammo e ci riunimmo una sera e essendo tutti grandi fruitori, utilizzatori di

affissione, decidemmo di costituire una cosa che non ha mai avuto né successo né

ha mai interessato nessuno.

Si chiamava il consorzio qualità affissione.

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Che cos'era il consorzio qualità affissione?Era un consorzio fatto da tre centrali che si erano stancate di utilizzare un mezzopoco affidabile e che riunirono le concessionarie in un albergo di Milano e, miricordo che dopo un lungo approfondito studio sul mezzo, demmo dei consigli sucome si poteva fare per mettere un po' di ordine perlomeno sulle grandi città.La riunione finì con grandi sorrisi, con grandi ipotesi, il rimbalzo fu che quelle trecentrali media messe insieme, che rappresentano il 70, 60, 50% del mercato italianovorranno solo dei soldi.Ecco quale è stata la reazione di questa gente; ovviamente il progetto fallì perchénessuno degli operatori aveva interesse che nascesse un consorzio sulla qualità; inquanto meno qualità c'è, più si può rimestare nel torbido e più si riesce forse agalleggiare ancora per qualche anno.La mia sensazione è che alcuni di questi imprenditori che ancora oggi vivono osopravvivono sono destinati a morire e quindi resteranno solo coloro che qualcosadi veramente serio e importante vogliono fare.Così fallì anche quell'operazione, per la non volontà di farsi controllare in nessun modo.Per ultimo: le concentrazioni.Ne ho sentito parlare molto. Credo che bisognerà stare molto attenti a parlare diquesto aspetto cioè: le società in Italia sono troppe quindi, lo diceva Lioy all'inizio,bisogna cercare di individuare coloro che ci possano dare un servizio piùqualitativo.Ma ho una sensazione: di essere rimasto a vent'anni fa.Mi ricordo Bartali, diceva che è tutto da rifare e io mi associo a lui, però, ho dettoanche una cosa all'inizio che il 18 Ottobre del 95 nasce il localismo e per questoringrazio gli ospiti e la Jolly Pubblicità che forse ci ha permesso la scoperta dellocalismo perché guardate che il localismo in Italia (e qui mi riallaccio a VittorioRavà prima, quando parlava del terzo polo, il terzo polo lo chiama il polino), è unibrido che non riesce a nascere. Perché il vero terzo polo in Italia è il localismo.Non ci sono altre soluzioni.

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Arcangelo Di Nieri - Direttore Generale Carat Italia

Le centrali media che hanno voglia di porsi sul mercato in termini propositividevono generare know-how, debbono aiutare o essere comunque partner delleConcessionarie di Pubblicità esterna che vogliono fare evolvere il mercato nelladirezione di una maggiore qualità del prodotto e di servizio. È stato detto che ogginasce il Localismo.Il localismo già esiste, esiste e probabilmente non ce ne siamo mai accorti.Probabilmente bisogna essere più attenti a quella che è la realtà del mezzoAffissione, bisogna essere molto vicini agli Interpreti di questo mercato che sono leConcessionarie.Prenderò alcuni spunti da uno studio molto approfondito sulla Pubblicità esternaperché prima di generare ulteriori scenari è fondamentale capire la situazioneattuale.Lo studio è stato effettuato dal Gruppo Carat al fine di promuovere un dibattito congli operatori del settore e di porre nuovi stimoli sul mercato.I primi dati riguardano la quota di mercato che la Pubblicità esterna ha in altrenazıonl.In Francia la quota è del 12%, in altre nazioni sfonda la quota del 10%.In Italia la quota della Pubblicità esterna statica è attorno al 3%.C'è un abisso tra quello che oggi è il mezzo in Italia e quelle che sono le possibiliprospettive.Abbiamo sentito parlare adesso alcune Aziende. Molte credono nella Pubblicitàesterna.l dati ci dicono però che mentre le Aziende che hanno fatto pubblicità dal l989 al1994 sono aumentate, quelle che hanno inserito la Pubblicità esterna nellepianificazioni sono diminuite passando dal 647 nel 1989 a 529 nel 1994.Questo decremento non tocca però le Aziende che spendevano in Pubblicità esternadelle cifre medio-basse a conferma che il "Localismo" è un concetto ben radicato.Quello che manca, probabilmente, è la cultura dei Clienti nazionali a "pensare"locale.Chi usa affissione nell'ambito del media-mix non scende mai sotto quote del15-20%, ciò conferma che questo mezzo quando è utilizzato non è mai unmezzo marginale.In particolare l'uso dell'esterna è particolarmente concentrata nei budget che vannodai 400 ai 700 milioni. Questo la dice tutta sul fatto che il "Localismo" per lapubblicità esterna esiste in quanto Clienti medi con forte attenzione ad ambititerritoriali circoscritti generalmente privilegiano l'Esterna.Ciò che va fatto è perciò esportare il "Localismo" nelle pianificazioni media"Nazionali".

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Eugenio Bona - Amministratore Delegato Media Italia

Prima di fiondarmi nell'area del localismo, argomento che a questo punto mi ha

eccitato e sul quale credo di poter dare una visione differente da quella di Mele e

di Di Nieri, vorrei soffermarmi su alcuni punti dell'indagine di Finzi,

che ritengo interessantissima.

Il primo punto che vorrei toccare è quello della memorabilità. Se io vi faccio un

nome "Roberta" credo che la maggior parte di voi, me compreso, immediatamente

associ questo nome a un'immagine, vista probabilmente su un manifesto, di una

ragazza poco vestita voltata di spalle. Questo è un caso emblematico di un marchio

che si è affermato utilizzando esclusivamente questo mezzo. Si era creata addirittura

l'attesa: a Natale cosa succederà? La vedremo vestita da Babbo Natale?

Non è l'unico caso. Alcune Aziende, come Benetton, hanno impostato tutta la loro

strategia di imposizione di un marchio utilizzando alla grande il mezzo affissione.

Un altro esempio può essere Esselunga: credo che la maggior parte di voi, essendo

abitanti di Milano, abbia visto che periodicamente ci sono delle affissioni di Esselunga

strane, realizzate da un team creativo di cui fra l'altro fa parte un grafico che è proprio

uno degli allievi di Armando Testa, e che ha recepito il suo modo di scherzare sui

doppi significati degli oggetti o delle parole: I'ultima è quella dei "tulipani peperoni".

Difficilmente credo esista un altro mezzo, compresa la televisione, in grado di

assicurare memorabilità così elevata a un prodotto. La televisione lo può fare, ma

con investimenti enormemente superiori.

Ha ragione Finzi a dire che forse è anche un problema creativo. I giovani creativi

dovrebbero essere invitati al prossimo convegno!

Vittorio Ravà ha evidenziato molto bene come è cambiato il rapporto di forza fra i

mezzi. Io vorrei dire che è cambiato non soltanto il panorama dei rapporti fra i

mezzi, ma anche il rapporto che c'è fra gli utenti e i propri consulenti.

Consulenti che possono essere le agenzie e i centri media, ma che possono essere

evidentemente anche le concessionarie. Perché la crisi industriale e l'attacco degli

hard-discount hanno fatto sì che gli utenti per primi si siano dovuti riorganizzare

tagliando personale, tagliando i costi, cercando delle strade molto più dirette,

molto più concrete.

Oggi c'è una tensione ai risultati immediati diversa dal passato.

Nell'ambito di una strategia media, che sullo sfondo ha un tipo di valenza

istituzionale, quindi una strategia di notorietà, si possono innestare in maniera molto

specifica e rapida delle azioni tattiche che possono essere azioni di servizio, o di

implementazione in determinate località geografiche. Tutto ciò fa sì che il rapporto

che c'è fra il centro media o l'agenzia di pubblicità e il cliente diventi un rapporto

più ritmato, più concreto, più propositivo, più creativo, anche perché bisogna fornire

idee e fornirle in tempi molto rapidi, magari innestandosi sulla campagna televisiva

di base spesso ineliminabile.

Sulle azioni tattiche di supporto si possono scegliere i mezzi più diversi.

Questo è il discorso che io rivolgo a Voi come concessionaria.

Page 61: Local Leadership & Pubblicità Esterna

La Jolly, abbiamo visto e io lo confermo in pieno, è in pole position da questo punto

di vista perché forse la sua immagine addirittura non è sufficientemente coerente con

il valore che ha, perché fa delle cose che la gente non sa. Semmai ha solo bisogno di

essere valorizzata, ma le basi ci sono tutte.

Facendo un discorso più in generale tutte le concessionarie dovrebbero adeguarsi

maggiormente ai tempi. Non voglio dire che il successo della televisione come mezzo

pubblicitario sia dovuto al fatto che a un certo punto Publitalia per prima, ma poi

anche la Sipra abbiano inondato il mercato di numeri, di azioni di marketing, di

simulazioni, di proposte, di attività frenetiche di tutti i tipi. Certamente la televisione

avrebbe comunque sfondato, ma se la stampa periodica e quotidiana, che era in

posizione dominante quando è partito l'attacco di Berlusconi, avesse reagito in

maniera diversa, forse la televisione avrebbe trovato una strada meno facile.

Non bisogna avere paura di fornire le informazioni, perché anche se sono

informazioni negative servono però a dare senso di attualità al mezzo.

Uno degli spunti di Finzi che emerge dall'indagine è la necessità di maggior cultura

sul mezzo affissione. Benissimo. Allora facciamolo. L'iniziativa della Jolly in questo

senso è già un inizio molto importante, ma non sufficiente.

Non voglio dire che tutte le Società di affissione debbano dotarsi di poderose strutture

di marketing, però certamente riuscire ad immedesimarsi nei problemi concreti e

strategici dei clienti e delle agenzie, fornire soluzioni, fornire proposte tarate su questo

pensiero strategico è estremamente importante oggi. Non lo era probabilmente un po'

di tempo fa, ma i tempi sono veramente cambiati.

Sulla concentrazione o la local leadership direi che concordo in pieno con tutto quello

che hanno detto i miei colleghi relatori; certamente il processo di concentrazione è utile

perché semplifica la vita ai pianifıcatori, però bisogna fare estrema attenzione: uno può

concentrarsi se diventa molto forte nelle zone locali. Non è sufficiente dire "io sono

grande, sono bravo, quindi mi devi pianificare per forza". Non è sufficiente per niente.

Tu mi devi dimostrare che sei diventato bravo proprio in quella determinata zona,

allora poi il business te lo do e tutto sommato mi semplifichi la vita.

Quindi viva la local leadership e viva la Jolly Pubblicità in questo senso.

Ultima annotazione. Il processo tecnologico.

Fino ad ora questo punto non è stato toccato. Credo che una effettiva semplificazione

della vita dei pianificatori, dei centri media in modo particolare, potrebbe proprio

essere quella di aver on-line tutta una serie di informazioni sulle posizioni delle varie

concessionarie. Qualcuno possiede un sistema informativo. Abbiamo visto che la Jolly

ce l'ha, ma non lo dice. Ma siamo soltanto veramente agli inizi.

Questo presuppone però, non dico un consorzio o un network fra le concessionarie,

ma perlomeno un capire che questo è una parte importante del problema.

All'estero, nei paesi più evoluti tipo l'Inghilterra, la cosa avviene.

Stiamo attenti perché in Italia questo è un problema aperto e lo sollevo così, solo di

passaggio, per finire sul localismo.

Trovo bellissimo il posizionamento che Mele ha dato al problema, ma io, se mi

consentite, ho una teoria diversa. Per localismo, intendiamoci, mi riferisco all'utilizzo

Page 62: Local Leadership & Pubblicità Esterna

strategico, continuativo, concettuale, di pensiero che le grandi Aziende possono fare

dell'attività locale.

In futuro le grandi Aziende dovranno assolutamente impadronirsi di questa area

concettuale, quindi spendere localmente dei soldi da affiancare alla base

istituzionale televisiva.

Allora, Mele dice "il localismo nasce oggi 18 Ottobre 1995 a Venezia"; Di Nieri

dice "no, il localismo in realtà è già nato" e ha fornito i dati per dimostrarlo.

Io ho una tesi ancora diversa.

Secondo me il localismo l'abbiamo concepito oggi, quindi, se non è settimino, sarà

assolutamente il protagonista del prossimo convegno che spero la Jolly organizzerà

il 18 Giugno del 1996, fra nove mesi.

A parte le battute, credo che l'aver individuato l'area del localismo come un'area di

sviluppo su cui concentrarsi e su cui le concessionarie dovranno essere molto

aggressive e molto propositive, sia un passo importante verso una consapevolezza

maggiore dello sviluppo di questo mercato; credo però che siamo veramente

soltanto alla prima fase. Alla fase del concepimento.

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Paolo Casti - Direttore Commerciale Jolly Pubblicità

La ricerca Astra, di cui i risultati sono stati illustrati dal Prof. Finzi, è stata fortemente

voluta dalla Jolly Pubblicità per verificare se e in che misura era confermata una

precisa e radicata convinzione che sta alla base delle nostre strategie aziendali.

Sembriamo tutti d'accordo.

Nel momento delle grandi concentrazioni, delle fusioni internazionali e delle

coalizioni più importanti i concetti "Locale" ed "Areale" acquistano un significato

diverso dal passato. Paradossalmente meno limitato. Meno male! Perché la Jolly ci

aveva puntato molto. E da almeno tre anni ci sta lavorando con grande impegno.

Cercando di non farsi distrarre da una crisi che ha indotto i clienti classici

dell'affissione ad abbandonare le buone abitudini per concentrare le residue risorse

sugli altri ınezzi.

Tutto iniziò quando, dopo i primi mesi del '93, passati a studiare quei drammatici

bilancini mensili, la Jolly trovò il coraggio di uscire allo scoperto.

Smise di inseguire la chimera di essere scambiata per una delle tante concessionarie

"nazionali" che tengono più o meno nascoste le loro coperture territoriali. E si dichiarò

apertamente per quello che era: una concessionaria di pubblicità esterna che ha un ruolo

cruciale nelle pianificazioni del triveneto e che, senza dimenticare i suoi 9000 impianti a

Milano e Roma, è consapevole di questo "limite" ma anche di questa "straordinaria

forza" in un'area che rappresenta non solo oltre il 20% della potenzialità in termini del

P.I.L., ma anche la "locomotiva" dell'attuale fase dell'economia nazionale.

Con 20.000 impianti pubblicitari speciali concentrati nell'area nord est, il 70% dei

totali disponibili, possedeva, e tuttora possiede, una leaderschip incontrastata che ci

consente di essere uno dei protagonisti, per il settore di Sua competenza, della

straordinaria stagione economica del Triveneto.

Soprattutto in una prospettiva dove la formula di "spazio pubblicitario" legato ad

"impianto di pubblica utilità" trova sempre maggior credito.

Non solo tra i pubblici amministratori ma anche ormai tra i clienti più attenti ai

megatrends che attribuiscono a questa categoria d'impianti "ecologici" particolari

valenze persuasive.

D'altro canto l'alternativa era sicuramente meno allettante e pensare di superare la

crisi, che si presentava tutt'altro che transitoria, inseguendo inutili politiche di

sconto ci avrebbe lasciato presto con il fiato corto e comunque avrebbe indebolito la

nostra credibilità qualora i presupposti negativi di quel periodo fossero venuti meno.

Da allora, da quei mesi drammatici, la strategia Jolly, forte di una consolidata

tradizione in tale senso, ha un nuovo motto "Local Laedership" e punta a

valorizzare il "concetto" di presidio territoriale in quell'area triveneta che, anche

allora ma soprattutto oggi, non presenta i disagi tipici del resto della penisola.

I primi vantaggi non si sono fatti attendere e già alla fine del '93 le nostre quote di

mercato erano sensibilmente migliorate per raddoppiare addirittura alla fine del '95.

Evidentemente aveva funzionato, evidentemente siamo stati riconosciuti come

interlocutori privilegiati per le affissioni nel triveneto.

Page 65: Local Leadership & Pubblicità Esterna

Probabilmente non da tutti, probabilmente non sempre, ma i numeri parlano chiaro

ed il raddoppio delle quote di mercato è certamente da interpretare come dato a

totale conforto della politica intrapresa.

Disegnare questa strategia è stato anche facile oltreché piacevole perché in realtà

non abbiamo fatto altro che assecondare le linee dell'azienda.

Abbiamo curato e dato maggior risalto agli aspetti meno visibili e che tuttora

probabilmente sono i meno conosciuti.

Ma soprattutto è stato utile divulgare, per quanto fino ad ora ci è stato possibile, la

conoscenza delle nostre città, del nostro territorio.

E qui vorrei introdurre un concetto che ritengo in qualche modo inedito per il

nostro mezzo ma che da sempre costituisce l'elemento portante della nostra realtà

aziendale che produce la sua attività soprattutto realizzando arredo urbano e

servizi ai trasporti pubblici.

Il territorio, e non solo quello veneto, non è semplicemente il "supporto" delle

attivita commerciali industriali o culturali ma è imprescindibilmente l'elemento che

determina, senza che magari ce ne accorgiamo, la nostra quotidianità.

Tutti gli spostamenti che ogni giorno compiamo, piccoli o grandi che siano, sono

più o meno determinati dalle caratteristiche fisiche del territorio.

Le pianure, i rilievi, i corsi d'acqua, la stessa forma degli insediamenti urbani e

soprattutto le connessioni varie sono "determinanti" nelle nostre azioni quotidiane

perché costituiscono i limiti fisici della nostra possibilità di muoverci, della nostra

stessa esistenza.

I trasporti siano essi pubblici o privati materializzano i tempi e le modalità di

fruizione del territorio.

Percorrendo le lunghe strade di campagna, sostando in coda nelle caotiche

circonvallazioni o passeggiando nei centri storici delle nostre città assecondiamo,

subiamo o ci conformiamo ad una realtà fisica che in alcuni casi viene "congeniata"

ma che molto spesso è "predeterminata" dalla natura o dalla stessa storia.

Conoscere, indagare, studiare l'urbanistica del territorio su cui lavoriamo è sempre

stato un nostro impegno ma è diventata una vera "ossessione" da quando abbiamo

realizzato che essa, I'urbanistica, ci avrebbe fornito informazioni utili anche per il

nostro mestiere di pubblicitari.

Facendo un parallelo probabilmente un po' azzardato con la televisione, intesa come

mezzo pubblicitario naturalmente, potremmo dire che la "programmazione" della TV

con l'intrattenimento, lo spettacolo e l'informazione è assimilabile al "territorio" con

le città, le infrastrutture e tutte le attività che su di esso si sviluppano.

E cioè che il "contesto urbanistico" è il "Palinsesto" dell'Affissione.

Forti di questo concetto riprendiamo il nostro discorso sulla Local Leadership sul nostro

modo di ottenerla proponendoci come veri esperti del territorio a NordEst dell'Italia.

Il vero sforzo in realta è stato quello di creare, analogamente alla televisione, un

supporto conoscitivo che ci permettesse di organizzare tutte le informazioni utili al

nostro mezzo, che potesse esserci utile per individuare le abitudini, i comportamenti ed

i vizi della popolazione che si muova "condizionato" dalla morfologia del territorio.

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Che ci consentisse infine di avere disponibili tutte queste informazioni in formasintetica proprio quando ci fossero occorse in sede di pianificazione pubblicitaria.Per questo abbiamo allestito il nostro "sistema di pianificazione computerizzatainterattiva".

Il "sistema di pianificazione computerizzata interattiva" sviluppa un principio moltosemplice: rendere disponibile (al pianificatore) un'immagine che rappresenti informa sintetica la "fotografia" di un'area urbana integrata.Il progetto si basa sull'integrazione delle informazioni relative agli impianti(contenute in un classico elaboratore dati: l'AS 400) con l'immagine del centrourbano che li ospita fisicamente, (contenuta in un un computer grafico: RISC 6000).Prima di sviluppare il programma di connessione tra le due entità operative,abbiamo aggiornato ed implementato le informazioni sulla qualità degli impiantiutilizzando parametri paralleli alla “qualitativa Inpe" utilizzata sui posters.Ma la cosa più' importante è stata lo sviluppo, in termini di contenuti utili, delleplanimetrie delle 15 città che abbiamo preso in esame.Lo abbiamo fatto evidenziando graficamente i tratti urbanistici delle città in modoche le loro caratteristiche morfologiche e di fruibilità risultassero evidenti.Su questo supporto abbiamo inserito i simboli dei nostri impianti, studiati conparticolare cura in modo da rappresentare, "a colpo d'occhio”, le tre caratteristichefondamentali di ogni spazio pubblicitario:- il formato (la forma), la tipologia (sigle) e la qualita' (colore).La connessione tra informazioni relative agli spazi pubblicitari ed i rispettivisimboli sulla piantina avviene attraverso dei "codici posto" che associano i datidell'AS 400 con il RISK 6000.Sulla piantina sono state inoltre collocate (anche queste sottoforma di simboli) tuttele informazioni d'interesse pubblico o commerciale, utili soprattutto per lo studio ditarget particolari.Tutto questo è stato possibile perché il programma su cui lavoriamo consente dioperare su 1000 livelli che funzionano praticamente come veline trasparenti sullequali possiamo rappresentare le informazioni suddivise per argomento per poirichiamarle per gruppi o singolarmente sovrapponendole all'immagine della città.Sarà così possibile visualizzare la piantina di una città con le tipologie d'impiantodesiderate insieme, per esempio, a parcheggi ed uffici postali.Passiamo ora alla descrizione di una "sessione di lavoro".

Il pianificatore lavora davanti ad un monitor di grandi dimensioni con tastiera e mouse.Sullo schermo è visualizzata la citta su cui intende operare. Egli potra avvicinare lavisione degli isolati a suo piacimento attraverso uno zoom elettronico.

La prima operazione sara quella di connettersi con l'AS 400 ed attraverso delle"maschere di dialogo" determinerà la tipologia ed il formato degli spazi con i qualiintende lavorare in un certo periodo temporale.

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Fatto questo e determinata la disponibilita di tali impianti li visualizzerà sullasuperficie del monitor.A questo punto potrà richiamare ogni livello informativo desiderato.Prendiamo per esempio le farmacie. Con un semplice comando, in una visione diinsieme, appaiono i simboli del target e gli spazi disponibili nel periodo richiesto.Un'opzione aggiuntiva è costituita dalla possibilita di creare in prossimità dei targetdelle aree di gravitazione di raggio a piacere.

Il gioco è fatto. Muovendo il mouse in una sorta di passeggiata virtuale per la città ecliccando in corrispondenza dei simboli egli sceglierà gli spazi pubblicitari piùidonei alla pianificazione (scegliendoli) "a colpo d'occhio" in base alla loro qualitàed importanza strategica.Una volta terminata la scelta degli impianti "interessanti" potrà rivederli escludendodalla visione quelli scartati.Se "l'assetto strategico" degli spazi selezionati non è soddisfacente per copertura oqualità, egli potrà modificarlo.In ogni caso, a fine della sessione di lavoro verranno "estratti" i codici degli spaziselezionati per esportarli nell'AS 400. L'elaboratore dati, a questo punto, innesca laprocedura che attiverà l'invio al Cliente della nota posizione e di seguito tutte leoperazioni di espletamento della campagna pubblicitaria fino a "controllo Inpe" edalla fatturazione.La complessità di questo sistema ne appalesa la difficile esportabilità e ne rendeimprobabile la possibilità di network, non fosse altro che per la capillarità delleinformazioni di base di cui occorre disporre.Per quello che ci riguarda ci sono voluti due anni di lavoro per migliorare le nostreconoscenze sul territorio e renderle disponibili in forma utile per le pianificazionisull'area triveneta.Un anno intero è occorso per l'analoga operazione su Roma sulla quale, per lacronaca, abbiamo inserito oltre 20.000 simboli/informazioni.Altre notizie e più dettagliate informazioni saranno fornite a commento delleimmagini.

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