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NICOLA IORGA L'Italîa vîsta da un rOleno Prefazioe Ji GIULIO BERTONI MILANO EDIZIONI "LA SPIGAn 930

L'Italîa vîsta da un rOllleno Illirici per l'influsso costante della co-lonizzazione romana, e come via via; attra-verso i secoli, egli abbia cereato, scoperto e seguito le tracce

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NICOLA IORGA

L'Italîa

vîsta da un rOllleno

Prefaziolte Ji GIULIO BERTONI

MILANO

EDIZIONI "LA SPIGAn

:\930

L'ITALIAVISTA DA UN ROMENO

DI .QUESTO VOLUXE, TRADUSSE:

L'ORIGINALE ROMENO:

NELLA COLLINI

L'ORIGINALE FRANCES&

NICO FERRINI

COLLAZIONO IL TESTQ:

ALFIO BERRETTA

NICOLA IORGA

14/Italiavista Ja un romeno

Prefazione di GIULIO BERTONI

YIMILANO

EDIZIONI " LA SPIG A ,293o

Del praztente volume °ono. °tali tirati tre eeemplari 'numeral; a nano, fuori commercio, au carla Jpeciale, con-tra.r.regnati dalle lettere A. B. C. per : la MAESTA.DI RE CAROL II DI ROMANIA; S. E.GIULIO MANIU, Primo Minixtro romeno ; S. E.NICOLA IORGA, autore-della preemie opera. Cia.z-euna Bette collie, porta la firma autografa dello ecrittoreItalian° Alfio Berretta, che collazionZ, tega.

Ogni diritto di riproduzione del pre-sante volume, Bache parziale, a proibitain Italia, avendone acquistata la pro-priety la CILIA E41; trlee Edisioni

La Spiga,, di Milano.

aiit

PREFAZIONE

noire di Nicola Iorga (nato a Botoscianinel 1871) e noto in Europa come quello di unodei piu forti e vivaci assertori della latinitaromena.

In Italia non c'e, fra le persone colte, chinon sappia come egli abbia dimostrato, inopere insigni di storia antica e moderna, losnazionalizzarsi dei Daci, dei Geti, dei Traci,degli Illirici per l'influsso costante della co-lonizzazione romana, e come via via; attra-verso i secoli, egli abbia cereato, scoperto eseguito le tracce ideali dell'Italia e dellaFrancia nella storia romena. Il suo sano econvinto apostolato latino, che ha contribuitogagliardamente ad affermare in Romania unasalda coscienza nazionale, ha risvegliato intaluno it ricordo di cia the in Belgio ha corn-piutoHenri Pirenne e nei Grigioni ha prepa-rato it Decurtins. Ma Nicola. Iorga ha fattoopera piu vasta e profonda, sostenuta dal pre-

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PREFAZIONE

stigio che gli viene dalle sue doti eminenti distudioso e di uomo d'azione e dall'originali-ta del sub pensiero. Accanto allo storico, cheindaga it processo della romanizzazione e itcostituirsi alla periferia dei nuovi centri au-tonomi neolatini, si sente vivere in lui ii poe-ta, it letterato, lo studioso pensoso dei mag-giori problemi del mondo moderno. Cio incentinaia e centinaia di scritti, tutti impor-tanti, fra libri, opuscoli e articoli. Non e me-raviglia che, portato per cultura e per tem-perament° alla politica, egli, anelante allagiustizia e pieno it cuore di speranze e di aspi-razioni a una patria piu grande, sia divenutoIlene ore tragiche del conflitto mondiale unaguida alta e sicura del popolo romeno. Uomodi governo, presidente dell'Assemblea Nazio-nale, insegnante nell'Universita di Bucarest,Iorga appare animato in tutta la sua attivita,-molteplice e feconda, dal fervore di un pro-feta e dall'intuito largo e preciso di uno sto-rico di razza.

Quest'uomo, che ha fondato a RomaAccademia romena » per intensificare i

rapporti culturali fra it suo popolo e it nostroe ha istituito a Venezia una « Casa romena

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PREFAZIONE

e ha, come nessun altro, contribuito a diffon-dere in Romania la conoscenza della nostraletteratura, da Dante al CarducCi, e dellanostra storia civile, dal medio evo all'eta con-temporanea, vive da molti anni in cosi pienacomunione con gli spiriti dei nostri maggiori,sente in se cosi profondamente le esigenzedella nostra tradizione, e interpreta cosi u-manamente e acutamente le nostre speranzee la nostra fede, che non puo dirsi stranieroin nessuna citta; in nessun luogo italiano.In Dalmazia, a Venezia, a Padova, a Pavia,a Roma, a Napoli, egli e venuto con la suaseria preparazione storica, che e gia uno sti-molo alla comprensione dei popoli, e con itsuo animo aperto -e pronto ad intendere cosile ragioni della nostra vita sociale come lagloria dei nostri monumenti e it fascino delnostra paese.

* * *

Questo libro, che racconta i suoi pel-legrinaggi compiuti in tempi diversi e talo-ra in momenti gravi per l'Italia, e non dirado d'una impressionante sincerita, ispiratoda piena indipendenza di pensiero, ma e sem-

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PREFAZIONE

pre pervaso di simpatia anche laddove itgiudizio sembra troppo sommario e la con-clusione troppo severa. I rieordi storici, chegli si fanno incontro ad ogni passo, non gliimpediscono di sentire con vivacita di coloree di tono it paesaggio e di ritrarre con schiet-tezza usi e costumi, come se questi gli si sve-lassero per la prima volta, infondendogli unammirato stupore. Alcune pagine vibrano dicommozione, altre sono mosse da una dolcee melodiosa onda. di poesia. Cala la sera -aGenova :

« Sono di nuovo nella citta bianca, la cittacc dai palazzi di marmo. Dall'alto della Vil-« letta, guardo verso it mare che si avvolgecc mollemente nelle scure brume serali. L'oc-« chin scende a precipizio nella valle, dove4( ammucchiate tra monti e acqua, le case parcc si stringono e si accavallino. Sembranocc bianche come it latte, divise dalle stradecc anguste, serpeggianti, che qui appaiono ecc poco piu in la si -perdono -all'improvviso

nella confusione architettonica. Il giardino,che- si arrampica sulla roccia artificiale, e

cc ombroso e silente. Le masse here degli al-« beri immobili, aggiungotio solennita all

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PREFAZIONE

« sera, che scende piano piano, quasi inav-« vertitamente ».

A Venezia it festoso sorgere del giorno glidetta queste parole : « La citta si sveglia. Es-« sa respira cantando. I bambini fanno vi-« brare l'aria con le loro sottili trombette di« latta, i giovanotti parlano con la loro voce«. appassionata come una preghiera. Sola-

mente le donne tacciono; esse parlano u-« .nicamente con l'incomparabile ritmo dei« loro movimenti ».

Eccolo sulla riva degli Schiavoni : « Cif( sono tutte le classi : dal vecchio alto con« gli abbondanti baffi bianchi che, nella suaa pelliccia di famiglia, pare un patrizio sce-« so da un quadro del Tizian- o, al negozian-« to agile nel suo cappotto tiepido, fino /alle

« popolane che hanno una abbondante quan-« tita di capelli .neri o biondi pettinati in«. forme strane e battono forte it selciato«. col tacco degli zoccoletti, appena trattenuti« con la punta del piede sopra la calza nera,

che si intona benissimo al resto dell'ab-« bligliamento ». Sono deliziosi quadretti,sobri,nitidi, ben disegnati ; impressioni coltedal vero ed espresse con parole pittoresehe,

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PREFAZIONE

come in questo schizzo sui venditori di Napo-li all'aperto : « Vendono conchiglie rosate,(4 con le quali i ragazzi fischiano ; trombe di« latta di dimensioni straordinarie ; ostriche« fresche, teglie di piccole ciambelle attac-« sate le une alle altre, palloni multicolori,« bambole vestite che parlano, polipi bolliti« e ogni quality di molluschi e frutti di mare.« Attorno a questi venditori, la folk. enorme,« che si agita, parla, gestisce, contratta e li-« tiga, sembra un mare in tempesta. Lo

sfondo di questo vivacissimo quadro pieno« di movimento, tipicamente meridionale, e« format() dal Vesuvio fumante e dal mare

glauco, tutti e due fasciati da un'onda di« nebbia sottile e delicata ».

Non minore freschezza e spontaneity han-no altre pagine, in cui Iorga fissa, rapidamen-te e nettamente, i caratteri di alcuni tra i no-stri maggiori artisti. Non c'e sfoggio di eru-dizione, ma soltanto semplicita, chiarezza,quasi linearity. Il Veronese, (4 legato alla« grandezza di Venezia n apre prospettiveche sono caratteristiche di quella Citta e ren-de « la lute patticolare defile lagune, quel mi-« scuglio d'azzurro e di oro the distingue le14

PREFAZIONE

« sue tele e che non e portato da Verona,« ma si e formato a Venezia nella instanca-4( bile ammirazione della meravigliosa tra-I< sparenza dorata dell'aria e del cielo di una( purezza luminosa, del mare crespo e ra-« dioso ». Tintoretto e pin triste, pin cupo,anch'egli veneziano, « non per la manieracome ha dipinto l'aria luminosa, it cielo chia-ro dello sfondo dei suoi quadri ; ma percheha saputo rendere in modo mirabile quellaspeciale ombra profonda, che le case vene-ziane hanno in quasi tutte le ore del giorno.Avrfl imparato queste cose anche dai mae-stri che ebbe da giovane, perche e inevita-bile che ritenesse parte di quello appreso daloro ; ma lo stile personale gli viene dall'arialassa e rinchiusa, da quell'umido crepusco-lare, dal chiaro scuro delle abitazioni e dellestradette veneziane ».

Iorga sa alternare rapidi scorsi storici alimpide pagine letterarie sullo sfondo del pae-saggio. Il canzoniere petrarcliesco, ad esem-pio, gli fornisce preteso ad alcune osserva-zioni, che vanno fra le migliori del volume :« La poesia ha tra molte altre viral, quella« di sager parlare a ognuno it suo linguag-

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PREFAZIONE

« gio. Per quanto it soggetto sia_locale o na-« zionale o sia legato ad un'epoca o appar-« tenga ad una data scuola, .essa supera le

intenzioni del suo creatore per l'immorta-Eta che le ha dato it genic). Lo studioso

cc puo ricondurla alle sue origini, ma percc quelli che ne intendono tutta la suprema

bellezza e non vogliono allontanarla dalproprio cuore, se pure passino i secoli, essa

« e sempre contemporanea. Quanto pin que-« sta poesia e.grande, anzi direi cio che

non e it caso per tutta l'opera del Petracaquanto pin originale, Canto pin ,essa

« risponde al richiamo di tutte le sofferenze,« di tutte le aspirazioni. Percio Laura dallecc chiome d'oro passa di secolo in Secolo e di

generazione in generazione, come Igine pura .della- bellezza che non si mac -

cc chia solcando i volgari-_sentieri della. vita« e non lascia intaccare. la sua perfezione

dai ,crudeli graffi del .tempo u.Il Goldoni .e iitratto in. breve, ma al vivo,

con quella sua Veneziaavvolta nella atmo-sfera -dei « campieli » con quella sua genteche discorre da una finestra .all'altra.e, diceparole, .che volano nell'aria ,con i uoi caffe,

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PREFAZIONE

le sue locande, i suoi negozi frequentati dauna societa varia e diversa. In questo corn-mediografo « incantevole per tutti, ancheper gli scettici, per i difficili in materia di gu-sto, per i modernisti » rivive tutta la so.cieta veneziana ; ma « una sola cosa mancanelle sue commedie : i1 governo veneto »...

Piace cogliere queste e altrettali impres-sioni sul nostro paese, sulla nostra storia esulla nostra arte, nelle pagine di uno scrit-tore, che, pur mantenendosi nell'anima pro-fondamente romeno, ha in se qualcosa di eu-ropeo e sa collocare, senza nessuno sforzo,avvenimenti, indirizzi e idee entro it vasto ecomplesso svolgimento di una storia, che tra-scende interessi particolaristici e assurge aun valore nazionale e, appunto perche nazio-nale, anche universale. L'internazionalismodi Iorga non e astratto ; non prescinde dalleforze etniche e linguistiche, non cancella gliStati, non nega le nazioni, ma riconosce itdovere nei popoli di comprendersi, sopratuttoin quelli che hanno comunanza di origini e diideali. Iorga crede alla penetralione delle idee

- 172 - N. Iorga

* * *

PIttF AzIo isr

e della cuitura fra genti di tradizione e di sto-ria diverse, crede agli influssi delle civiltae dell'arte, e negli scambi intellettuali fra lenazioni trova una ragione di sviluppo e diprogresso, non un motivo d'imbastardimentoo di rinuncia. L'umana solidarieta.e impostada bisogni comuni, che occorre lealmente ri-conoscere, senza che per questo i popoli ven-gano meno alla loro determinata missione nelmondo. L'impermeabilita none degli esseriumani ; e se anche ogni periodo storico ha isuoi sviluppi, i suoi orientamenti e le sue ne-cessitA, resta sempre che l'esigenza della vi-ta superiore dello spirito vita veramenteumana si accampa con forza inderogabile.

Ora not viviamo in un secolo che ha preoc-cupazioni diverse da quelle dei tempi passa-Ii : preoccupazioni ideali, le quali (dice Iorga)non possono essere sostituite da sole cure ma-teriali, che sono di per se stesse in gran partesterili di risultati efficaci. Nobili e forti con-vinzioni, che sono una fede e un programma.

GIULIO BERTONI

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PRIMA PARTE

ITALIA E ROMANIA

LE VIE DELLA PENETRAZIONE

ITALIANA IN ROMANIA

Alcuni giornali italiani criticano, e con ragio-ne, la sentimentality delle relazioni del loro pae-se con la Romania.

In questo tempo, nel quale gli interessi mate-riali sembrano dominare ed anche, perche no, tut-to sostituire benche non sia da escludere chestia preparandosi un pill forte e nuovo ideali-smo non soddisfa piu quello che poteva andarbene in altra epoca piu ingenua, pin credula,pill facile a lasciarsi persuadere dal sentimento.Non si pensa piu che basti la visita, a Roma ma-dre, di pochi pellegrini romeni, condotti da qual-che pastore transilvano, come ad esempio ill pa-dre Carzan, i quali depongono fiori ai piedi del-la colonna del a padre D Traiano. Non si ammet-te che si possano racchiudere i rapporti fra duepopoli della stessa stirpe, ma aventi ciascunopropri interessi particolari, nei brindisi pronun-ciati dopo it solito banchetto d'onore, che natu-ralmente lasciano ognuno nella completa igno-ranza deil'altro.

E' chiaro che non occorre abbandonar tuttoquesto bagaglio ideologico come coca vuota ea

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NICOLA IORGA

inutile, anche se tra italiani e romeni non vi fos:se che la sola somiglianza delle lingue, perchebisogna pensare che se Fanima forma la lingua,anche la lingua e per la sua logica speciale e perla sentimentality che porta seco forma e trasfor-ma l'animo. Fra nazioni che pensano nella me-desima maniera e che hanno la stessa propen-sione a ideali comuni, a pia facile intendersi chenon lo sia tra genti nelle quali la psiche etnica

assolutamente diversa.Ma, ritornando alla affermazione fatta pia so-

pra, che riconosce come preminenti e necessarigli interessi materiali del momento, a certo chel'Italia ha oggi un incontrastabile bisogno diespansione.

Soltanto 6 bene intendersi che cosa significhiai nostri tempi, ben diversi da queIQi passati,un'espansione. Conquista? Sec possibile, ancheconquista, ma non 6 facile impresa eserci.tar con profitto una dominazione su gente chequesta dominazione non accetta volentieri e chein ogni momento si sforza di sottrarsi a quelloche chiama insoffribile giogo. Una pill esattavalutazione non fa entrare nel novero certe im-prese che in altri tempi erano considerate glo-riose. L'era dell'antica Roma, 6 chiusa ormaida secoli e anche l'epopea napoleonica in nessu-na condizione e da nessuno potra ripetersi.

Ma espansione ha pure significato di influen-za. Materiale o morale? Entrambe. L'una prepa-ra l'altra, l'una procede dall'altra. Soltanto i teo-rici e gli spiriti ristretti possono separarle. E-spansione soprattutto significa aiuto e collabora-zione. Beninteso 6 un'occupazione.

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

Si prende qualche cosa al di la dei propri con-fini e si assume it compito di riempire it vuotoche le forze indigene non possono colmare. Inquesto caso in luogo dei sentimenti d'indignazio-ne e di odio si suscitano quelli ben pin utili perit felice svolgersi della vita nazionale del « con-quistatore D della obbligazione e della riconoscen-za. Questo l'Italia nelle regioni del Danubio in-feriore non ha ancora cercato, mentre vi sono sta-te appena tentate disordinate e caotiche impreseindividuali affidate all'azzardo.

L'insuccesso, perche questo insuccesso c'e, bi-sogna riconoscerlo, non a dovuto all'indifferen-za e meno ancora all'avversione dei romeni. Qua-lunque siano i vari atteggiamenti della politi-ca orientate, suggeriti dalle necessity del momen-to, not conserviamo verso l'Italia sentimenti chela rettorica non puo e non deve guastare. La lo-ro manifestazione e chiara, semplice ed evidente.

Non siamo mai stati, come altri lo furono, netcampo avverso all'Italia e, non avendo percin nien-te da farci perdonare, non siamo costretti ad im-piegare, come quelli, i1 linguaggio del fanatismo.Aspettiamo un'Italia che non viene, e, siccometalia deve cercare l'espansione dal lato nostro, lacolpa di cio e da ricercarsi nei metodi seguiti finoa questo momento.

Ma forse e bene cercarne altri per trarne utiliinsegnamenti.

Come storico dirO, secondo la mia competen-za : quelli che dalla storia derivano.

Molti secoli fa gli italiani sono stati verso lefoci del Danubio, e anche molto pin in la e vi han-no esercitato una grande influenza.

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NICOLA IORGA

Cerchiamo di definire questa preponderanza pertrarne ammaestramento.

Genovesi e veneziani (com'e naturale parlandoa Genova mi estendero maggiormente sul suo pas-sato che del resto ho studiato con amore annifa quando, ventenne, abitavo nella scomparsa viaGiulia. Oggi un giovane romeno, Giorgio Bratia-nu, seguendo i miei dettami, ci presenta un suoaccurato studio sul commercio genovese del seco-lo decimo terzo), dopo uno studio profondo dellecondizioni particolari del luogo, organizzarono itlavoro di espansione nel paese lontano. Non stu-diavano sui libri d'economia politica stampati aBerlino, ma la lunga e personale esperienza davaloro ben altra competenza di quella che deriva dal-le ideologie degli scienzati e dei pubblicisti. Co-noscevano a fondo di che si trattava, sapevanoquello che occorreva fare da gente veramente pra-tica e sapiente a un tempo. Inoltre, avendo appresacon la «geografian e l' et nog rafi a n anche la storiesdi quei territori, s'ingegnavano a svolgere la lo-ro mission strettamente commerciale senza lederegli interessi degli altri. Se la concorrenza era allo-ra fra Genova e Venezia, oggi e tra l'Italia, laGermania e la Francia. La concorrenza vi sarasempre ; e cosa inevitabile e fatale. Bisogna nonignorarla, difendersene e addattarvisi. Nelia lottafra le due repubbliche Genova vinse. Con qualimezzi? Merce la sua perfetta organizzazione. Tut -ti i genovesi interessati a questo commercio con-tribuivano ad un movimento unico, diretto per lavia migliore al conseguimento dello stess ) fine.Avevano un centro propulsore e da quello si di-partiva l'azione che dava vita ai nuclei e alle eel-

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

lule formate dagli stabilimenti e dalle colonie.Andarono in Galizia dove subentrarono ai fio-

rentini (come Tedaldi) ai quali appartiene anchequel Filippo Buonaccorsi detto Callimaco, che fuverso it 1500 it precettore dei principi di Polonia.I fiorentini trovarono subito un altro campo di a-zione, anch'esso bene definito, in Ungheria. Ma sistabilirono a Cracovia e innanzi tutto a Leopoli,maggiori centri economici della provincia, si fissa-rono anche nella Crimea che era allora una Gazariadei Cazari turanici, una Gozia, dei lontani ormaiscomparsi Goti, a Caffa, splendida citta che eracollegata alle sponde occidentali del Mar Nero, al-le foci del Danubio, dove fioriva Licostomo, al-l'imboccatura del Dniester, dove si ergevano lemura di Moncastro, la Cetatea-Alba dei romeni,tradotta in Ak-Kerman dai Turto-Tartari, ancheper gli invasori russi nel 1812, ed anche a quellaparte di Costantinopoli che era gia dal 1261 la lo-ro Pera. All'est andarono fino al Cubano, al Cau-caso, al Mar Caspio. Le vie tra it nord e it suderano tutte di loro appartenenza. Si puCi dire chefossero di loro creazione, e per la prima volta sipresenta questa particolarita che la Moldavia, lostato settentrionale romeno, ben diverso da quellariunione di stati popolari che era la « Valacchia D,deve la sua creazione economica anche ai Genovesi.

Senza la guardia severa ed efficace esercitatadai principi moldavi it commercio genovese sulla« via tartara D non sarebbe mai esistito, come pu-re senza it commercio genovese mai si sarebbe af-fermata, sviluppata ed arricchita la Moldaviastessa.

Ma non basta aver l' organizzazione propria ;

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NICOLA IORGA

it passato insegna come sia necessario anchq sotto-metterle ogni altra forza che possa esser Birettaverso lo stesso scopo.

Cosi fecero gli italiani del cinquecento e del sei-cento. Benche Venezia avesse altri scopi verso lapolitica generale europea, benche Genova sitrovasse in un periodo di decadenza, ii commer-cio romeno, soprattulto quello dei Moldavi, par-lava romeno.

Impiegava per questo, nella Moldavia e nellaGalizia polacca, greci di Cipro, di Creta, suddi-ti veneziani e forse anche qualche armeno, se-guendo una sua propria via.

PiU tardi, nella seconda meta del secolo decimosettimo, greci di Ianina, nell'Epiro, romeni deiBalcani e macedoni facevano lo stesso. Scriveva-no in greco, ma i loro figli li mandavano a Vene-zia ad.imparare l'italiano e le loro relazicni piAstrette erano con Venezia fin dopo it 170o.

Ogni commercio, ogni espansione nazionale chenon consista solo in commercio, ha bisogno, chec-che ne dicano gli spiriti gretti, che stanno solo ariguardar i boliettini dei cambi, di un'atmosferamorale.

Si compra da chi si ama, non si prende la mer-ce da chi si odia o si teme, anche se ciO possacostituire un vantaggio. Ce ne da esempi anchela storia piU recente. Esistono antipatie irridu-cibili.In ogni modo mai "senza la simpatia un'espan-

sione puo essere veramente compiuta.Nel secolo decimottavo, quando i cosi detti Fa-

narioti dominavano i paesi romeni, gli italianiebbero anche questo vantaggio una gran citta

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VITALIA VISTA DA UN ROMENO

straniera, Vienna, fungeva da mediatrice per laloro influenza ed espansione. L'architettura, lapittura, la scultura, la musica appartenevano nel-la citta imperiale ad italiani o a loro imitatori.Anche i greci che venivano a stabilirsi si model-lavano secondo questa tendenza dominante.

Cosi, dopo i bei versi scritti in italiano, versoit 158o, da Pietro detto Cercel (il pretendente altrono di Valacchia, esule in Francia) e it suo in-no a Dio, raccolto e pubblicato da Stefano Guaz-zo, nei u Dialoghi piacevoli D, anche it primo trai poeti romeni contemporanei, Giovanni Vacare-scu, ebbe cultura prettamente italiana, tanto chefirmava le sue lettere in italiano a di Vacarescu-liD parlava in italiano all'imperatore Giuseppe IIin Brasciov (Kronstadt) di Transilvania, dandonorme italiane nelle sue « Osservazioni D sullalingua romena a questa nuova poesia. Cosi Me-tastasio venne tradotto, una ventina d'anni dopo.dal boiaro valacco Slatineanu ; e, quando Alfieridiede al dramma italiano un grande contenutomorale, elevando l'animo della gioventii a pin no-bili ideali patri, i romeni ebbero facilitata la tra-duzione del a Saul D da questa riforma degli ani-mi. Ma l'influsso italiano non si fertile) a questo.Abbiamo gia quattro traduzioni di Dante : quellain prosa assai accurata della signora Chizu, quel-la del novellista moldavo N. Gane, e infine unaquarta del pin grande letterato romeno, GiorgioCosbuc, alle quali si aggiunge ora quella in viadi pubblicazione di un altro moldavo, vivente,Bazdugan. Si permetta allo storico, the a ancheuno degli uomini politici della sua patria, alla cuistoria recente la sua stessa vita e legata da oltre

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NICOLA IORGA

trent'anni, di dire che soltanto su queste vie sipuo dirigere l'espansione italiana verso it suo,paese.

Cercare un centro (Bucarest potrebbe esserlo.non solo per la Romania, ma anche per tutta lapenisola dei Balcani che ne dipende in gran parte)e in questo centro creare un organismo a cui i nu-clei e le cellule siano in continua e stretta dipen-denza. Aggiungervi altre forze e iniziative chetendano allo stesso fine. Sforzarsi di crearvi intor-no quanto pia e possibile di intesa morale.

Molti romanzi, novelle ed altre opere romcne sistampano adesso in Italia ; bisognera perci6 che-a sua volta la letteratura italiana sia diffusa inRomania nei testi originali ed anche in buone tra-duzioni.

Ecco i metodi da seguire per giungere allo sco-po. Per parte mia vorrei anche di pia : cioe, chequesta influenza si estendesse fino alle classi po-polari.

Dicevo gia a Parigi, e la ripetero sempre, chenon basta guadagnare a un'idea gli individui delleclassi colte e fame gli schiavi di una moda stra-niera, ne render possibile la conoscenza di una par-te, spesso la meno importante, di una letteratu-ra destinata all'esportazione.

Per conquistare un popolo, una nazione deveappoggiarsi ad una vera espansione materialeoltre che spirituale.

L'industria cerchi nel modo pin propizio e nelcampo del suo dominio, senza disperdere in sfor-zi divergenti le proprie forze, quello che puOadattarsi meglio al gusto della maggioranza deicompratori.

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

La carta e la tela italiana troverebbero la :uiglio-re in Romania.

Al capitale, che e solo una forma concentrata-dell'energia nazionale, e certo quella che manca-di ogni caratteristica nazionale, se ne aggiungeun'altra che ha ben maggiore importanza :

the e spesso composta di scienza, di talen-to, di volonta creatrice.

Fino a non molto tempo fa accadeva che venis-sero da not con i muratori, adesso quasi spariti,-anche contadini italiani.

Ne ho conosciuti vari gruppi nella terra dell'Ol-tenia, dove si sono quasi assimilati alle genti delluogo, senza che ne risultasse un'utilita vera neper gli italiani ne per i romeni.

Oggi sul basso Danubio occorre ben altro chequesti piccoli nuclei di lavoratori.

In quelle terre un'intera nazione prepara it suorisveglio rurale, che certo sara forte e grande ;bench& io non possa nascondermi, e non possa ta-cere, che sopra di essi si e, nei lunghi anni di op-pressione, esercitata l'influenza orientale che ad-dormenta e paralizza pensiero ed azione. Soro sta-ti lungamente sfruttati e it frutto del loro lavorol'hanno dovuto cedere al Sultano, al principe, alfunzionario, al proprictario, insomma a tanti e tau-ti padroni che in loro a radicata, con lo scorag-giamento della disperazione, anche una certa iner-tia. Bisognerebbe che queste genti trovassero ap-poggio amichevole che li aintasse nella rivaluta-zione delle loro terre benedette.

Spero di vivere abl-,astanza per vedere tra quel-li che compiranno questa nobilissima opera di ri-generazione morale e materiale anche gli italiani

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accoglienza

l'ini-ziativa,

NICOLA IORGA

la di cui sorte e stata tanto migliore. T,a loro sa-pienza e chiaramente visibile nei magnifici camp'lombardi resi fertilissimi dall'intelligente, avve-duto e intensissimo lavbro millenario. Qui i mi-gliori tra i nostri agricoltori dovrebbero venire aimparare da questi bravi maestri.

Programma difficile quello che ho finito di e-sporre brevemente ; ma e soltanto lottando e vin-cendo le piu aspre difficolta che si forma la veragrandezza delle nazioni.

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ITALIANI E ROMENI

Fin verso la fine della prima face del MedioEvo, e impossibile ammettere una separazione du:revole, fondata su una coscienza speciale per ogniparte, del mondo _romano, di cui le conquiste del-la Repubblica e dell'Impero avevanA fatto unasola units. E non 6 neppure it caso smem-bramento deil'ideale romano, che resta, fino allesoglie dei tempi moderni, identico, intero, indivi-sibile teoria politica necessaria nella sua units, chedomina tutto it caos dei cambiamenti territoriali,delk avventure personali e l'inquietudine crescen-te Belle tendenze di organizzazioni nazionali. Al-trove (r) abbiamo mostrato che solo una nuovaepoca di realismo (che prende tuttavia a prestitodall'eredita romana it saldo cement° ithe leggidella sola filosofia politica che Pumanita avevapotuto dare fino allora, diritto romano, risu-scitato come una necessity del tempo da quel Bar-tolo, la 'cui memoria. sari ben presto celebrata intutto it mondo civilizzato), ,che solo quella nuova

(r) 1e basi necessarie di 'unit Miciva storia del MedioEvo. La sopravvivenza bizantina nei paesi romeni. Duecomunicazioni fatte it 7 e 8 aprile 1913 al Terzo CongressoInternazionale di Studi Storici a Londra. Bucarest, 1913,in francese.

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Linodi

A

NICOLA IORGA

era di forze, di governo e di frontiere lacerera laveste, fino allora intatta, dell'Impero e della Chie-sa. Si tratta qui di un'altra cosa : del sentimentodi una differenza reale e irrimediabile che, senzaallontanare dei rimpianti profondi e certe speran-ze, fece dell'Occidente un mondo opposto al-l' Oriente.

All'inizio, e perfino all'avvicinarsi dell'epocadi Carlo Magno, l'ardito creatore di un nuovo pr-dine imperiale che partiva dall'antica Roma con-tro la Roma nuova, per dei bisogni locali e reli-giosi, it senso della vita comune, come in un lun-go passato che aveva contenuto gli stessi sforzi,le stesse glorie, e, pia recentemente, le stesse di-sfatte, resta onnipotente. Quel che contribui adindebolirlo non e, in prima linea, it carattere gre-co (nell'Ellade, in Macedonia, in Tracia e in AsiaMinore) e orientale (armeno, siriaco, arabo, egi-ziano) di Bisanzio, che aveva altri nemici e altre-difficolta in seguito a queste inimicizie, e nean-che certi antagonisti dinastici. No, poiche, se inOriente c'era una mescolanza di nazioni che nonavevano neppure l'abitudine di parlare it latino,in Occidente le razze germaniche, e resti dellarazza celtica, parlanti ii loro proprio linguaggio,erano rimasti anch'essi non assimilati e ne vo-levano ne potevano assimilarsi ; e, quanto alle di-iiastie, da una parte e esse erano levatesugli scudi dalle sorti mutevoli delle battaglie. Viera tuttavia una cosa, importantissima, abbastan-tanza antica, ineluttabile : la liturgia latina del-l'Occidente, la liturgia greca dell'Oriente pia

E, se gli occidentali non capivano che nelleregioni romane sempre pia abituate anch'esse ad

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vi-Gino.

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

altri suoni e ad altre parole che i canti di chiesa itvangelo e la predicazione sacra, gli orientali ca-pivano, essi, le Sante Scritture, le lodi consacra-te alla divinita e 4e raccomandazioni morali insuo nome.

Una volta precisate le divergenze e riconosciu-to it loro carattere immutabile,' due penisole delSud dell'Europa - quelk nelle quali s'era svilup-pata piU forte e piu brillante la vita politica e lacivilizzazione - stanno l'una di fronte all'altra : laGrecia, che aveva dimenticato aa sua fase elle-nica non solo, ma non poteva neppure pensare aquel passato pagano, agli altari di marmo ba-gnati dal sangue delle vittime che con un santoterrore cristiano, e l'Italia, che si sentiva sol-tanto come la culla e la base della grandezza ro-mana, senza alcuna fierezza di razza superiore,senza alcuna pieta verso i Latini, nel sangue esul territorio dei quali erano state posate le solidefondamenta del grandioso edificio imperiale.

Queste due contrade si rendevano ben contodella loro dissimiglianza, ma non ne risultavanessun odio, nessun disprezzo, nessuna tendenzad'invasione. Abituati alla chiarezza delle nostrecarte, non possiamo trasportarci sufficientemen-te nello stato di spirito delle genti che non face-vano i loro studi sugli atlanti, e che non avevanol'immagine del mondo sui muri. Questa Italiache non voleva conoscere alcuna cosa all'infuoridi Roma nella quale ella s'era concentrata e per-duta, si estendeva naturalmente a Ovest con laGallia e non poteva esservi una separazione daquel lato, dal momento che la regione a Nord delPo era pure una regione dei Galli, conquistata,

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3 - N. lorga

NICOLA IORGA

dominata e snazionalizzata quasi nelle stesse con-dizioni dell'altra ; in un modo altrettanto natura-le, 1'Italia si continuava, attraverso 1'Istria, conquella Dalmazia che era, per cosi dire, italica an-che in virtu delle sue primitive popolazioni, poi-che gli Illirici di cui facevano parte gli Iapigi e iVeneti, e di cui si sono scoperti dei clan fino inTirolo, erano egualinente gli abitanti dell'una edell'altra riva adriatica prima dell'espansione do-minatrice romana.

In un'epoca dove, in Oriente, uno stato con for-me romane e invaso e penetrato da elementi ger-manici nel corso delle loro peregrinazioni guerre-sche, elementi germanici della stessa natura pre-sero possesso, con o senza l'autorizzazione preven-tiva degli Imperatori d'Oriente, della provinciaoccidentale italiana piit vicina. Poi, quando 1'Im-pero di Costantinopoli credette di poter passare daquesto pericoloso sistema di appalto accordato aibarbari a una regia piii sicura, l'azione di Giusti-niano assorbe l'intera penisola. Quando un nuovoordine barbaro sommerse anche questa restaura-zione romana, pretensiosa e frettolosa, in uno sti-le che sembrava piuttosto archeologico, rimane-vano dei legami, e dei pill stretti, per la perpetua-zione del dominio degli esarchi bizantini su certipunti della costa ; tanto in Liguria che, soprattut-to, sul litorale veneziano e, nello stesso tempo,per it carattere esclusivamente bizantino del Ma-re, dove nessan'altra flotta che quella di Cesareera capace di resistere alle naviganti masnade deipirati.

Quando, in Occidente, si disegna un movimen-to offensivo contro l'Oriente imperiale, esso non

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

viene dalla parte dell'Italia, che dopo un'epocalongobarda accettava con sommissione un'egemo-nia franca, ma dalla parte di quegli stessi Franchi.E it loro re non era stato acclamato Cesare dallacoscienza italica separatista, ma da quella partedella plebe romana, trasformata per quell'occa-sione in popolus romanus, di cui poteva disporreit papato desideroso di avere un Imperatore a suadisposizione. Con l'annessione della Pannonia,strappata agli Avari, come con la pressione eserci-tata sul ducato bizantino di Venezia, quel nuovoImpero che rapidamente aveva oltrepassatoquella sua destinazione speciale di servire la Chie-sa contribui di nuovo, malgrado la deliminazio-ne invocata anche talvolta piu tardi fra CarloMagno e l'imperatore Niceforo, a confonderedel resto secondo i suoi principi d'esistenza

mondo latino col mondo greco.Quando nell'VIII secolo, it Papa Gregorio III

si levo contro gli Imperatori iconoclasti, non ful'Italia sola che lo sostenne nell'ipotesi di unaconcentrazione destinata a difenderlo contro leeresie dell'Oriente semitico, razionalista ed astrat-to, passato per it canale di Bisanzio, da lungotempo perduta per la latinita. Al lo stesso modoche piu tardi lo spirito di Gregorio VII, la nuovainterpretazione ecclesiastica della romanita uni-ca, ecumenica, non ha nulla a che fare con l'I-talia se non in quello che concerne it territoriodove si svolse it combattimento, e dove fu com-piuto it martirio del suo promotore ; gran par-te della penisola rimase indifferente al drammache si svolgeva fra i due legittimi eredi di Roma.Quando, dopo cio, durante un secolo ancora, la

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NICOLA IORGA

guerra accanita continua fra it papa e l'impe-ratore, non e I'Italia che lotta contro l'invaden-za germanica, ma la vita cittadina, nuovo ele-mento politico, che si difende dalla violenza eser-citata dall'antica units imperiale come sarebbepronta a difendersi contro quella che la nuovaautorita del papato dominante volesse esercitare.

Ma nel X e XI secolo si produce un grande fat-to econornico; I'impero bizantino ringiovanito diNiciforo Foca, di Tzimiske, di Basilio, respin-ge le armate degli Arabi del Califfato e le allon-tana dal mare, strappando loro quel gran cam-eo permanente dei pirati che era stato Creta. Iporti della Tracia, Minore, della Si-ria, dell'Egitto si aprono ai mercati cristiani incondizioni superiori di sicUrezza e di garanzia.Nello stesso tempo la caduta dell'Impero bul-garo d'Akhrida, la pacificazione delle rivolte ma-cedoni, liberano it litorale dell'Adriatico e ren-dono praticabile la Via Egnazia. Ma lo stessoImpero ha perduto troppo della sua forza perpoter sfruttare la situazione economica cosi ac-quistata per mezzo dei suoi soggetti e, d'altrocanto, esso e stato dovunque, per troppo. tempo,it sinonimo dell'oppressione fiscale, perche unainiziativa locale, pronta ad ardite avventure, po-tesse essere possibile.

Queste grandi prospettive aperte in Oriente,questo vuoto che chiamava i coraggiosi e i te-naci, creO I'Italia che era stata fino anora unasemplice « Longobardia X0, non solamente per gliOrientali, ma anche per i Veneziani con, l'of-fensiva economica che Amalfi, Napoli, Pisa, Fi-

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dell'Asia

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renze, Genova, Venezia cominciano, quasi con-temporaneamente, per impulso spontaneo.

Le Crociate non hanno fatto che rinforzarequesta iniziativa con la possibility di creare lecolonic dell'Anatolia e della Siria che continua-vano quelli del levante europeo. Quelche diecinad'anni prima it Doge era diventato Duca di Croa-zia e di Dalmazia, in virtu di una donazione im-periale, questa volta ancora benche fosse im-posta dall'attacco croato da parte di colui chegia Venezia chiamava a dominus noster dmni-potens D, « dominus Serenissimus Imperator etconservator totius mundi D e dal quale essa ac-cettava i titoli portati nell'814 -2o, prima del ti-tolo ducale, di « ypatus u, console, di « proto-spatarius D, di « protosebastus » e l'onore di al-leanze famigliari imperiali per i figli del Dogevenuti a render loro omaggio a Costantinopoli.Durazzo era piuttosto una colonia veneziana, Sa-lonico dava ricetto a un gran numero di « borghesi D di confessione cattolica, gli esordii della vitanazionale serba erano influenzati e condotti da unaforma religiosa latina, i cui propagatori e rappre-sentanti furono dei monaci italiani. E, per conser-vare questo ruolo, Venezia mutava spesso it suoorientamento politico, divenendo, sotto AlessioComneno, l'alleata dei Bizantini (1082-1108) comequella degli Ungheresi (Iioi), che riconobbero pu-re questa espansione, diretta contro lo stesso nemi-co, it Normanno avventuriero e pirata, fissato inItalia, ma considerato come un feudale arrogante eavido, straniero per la sua stessa essenza alla co-munita italiana.

E, se Venezia ebbe la parte principale in quest'o-

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NICOLA IORGA

pera, per la vicinanza e per la naturale tendenzaad estendere la sua orbita di guadagno e di sfrut-tamento anche sull'altra sponda del Mare Adria-tico, in quel mondo ch'essa fin dal nono secolochiamava, col senso completo della differenza,« terra Graecorum D l'azione delle altre citta ita-liane vi si aggiungeva, in una misura che la cata-strofe degli archivi imperiali bizantini ci impedi-sce di precisare, e, siccome esse non avevano con-venzioni di sorta con gli Imperatori di Bisan-zio, che, alla pari dei principi romeni, erano desi-derosi di accogliere gli stranieri attivi e pronti apagare, it loro commercio si riparava sotto lo sten-dardo del leone alato di San Marco. E l'impulsoera cosi generale, cosi intimamente legato all'ag-gressione degli Occidentali disponenti di un so-prapin di forze nazionali contro l'Oriente impo-verito di uomini e di danaro, per causa di lottelunghe e difficili, che l'energia e it valore di que-sti Normanni, trapiantati da qualche decina d'annisul suolo dell'Italia meridionale, prima come au-siliari militari e in seguito come dominatori, cercala sua strada, attraverso la nobile impazienzaguerriera di Tancredi, l'irresistibile furore e l'in-faticabile intrigo di Boemondo, contro quell'O-riente dove le loro bande dalle corazze di duro fer-n:), dalle grevi cotte di maglia, attaccano subi-to la cavalleria leggiera dei Cesari di Bisanzio,prima di sfrutbare, a vantaggio di questa stessaambizione, la sacra causa delle crociate.

I crociati franchi : Lorenesi, Francesi, Norman-ni, si fermano soltanto nelle vallate della Siria oal di la delle fragili mura di Gerusalemme. Deinegoziati che al di sopra delle differenze di ban-

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diera -- non si sentivano soltanto Franchi, Fren-gi, per gli Orientali, ma figli della terra ita-liana, li seguirono iaggifi, levando i loro stendardivariopinti al di sopra dei fondachi, delle chiese,delle nuove loggie.

Ma, prima di tutto, fu il Levante europeo chedivenne di loro proprieta, e soprattutto di Vene-zia e di Genova. Se Bisanzio, fortificata dal gran-de talento politico dei Comneni, pote sbarazzarsidalla sgradevole concorrenza dei Franchi, co-stringendo i nuovi re di Gerusalemme, i nuoviduchi e conti a riconoscersi vassalli del a basi-leus a e a condurre il loro cavallo per la brigliain occasioni degli ingressi trionfali, fu impos-sibile sloggiare dai loro nidi quei mercanti ricchied accorti. L'industria italiana seppe scartare iprodotti dell'industria tradizrionale dell'Orientebizantino, e il credito levantino divenne un an-nesso del credito italiano, il meglio organizzatodel mondo.

Emanuele, il piii grande dei Comneni, attac-chera 1' Italia contro quel tt re dell' Alema-gna a ch'egli poteva considerare soltanto comeun pretensioso principe rivoltato, il quale osavaprendersi giuoco delle insegne imperiali che nongli aspettavano ; egli piantera la sua bandierasulle mura di Ancona, dove i suoi soldati rimar-ranno per qualche tempo, e si annettera quasitutta la Dalmazia con Spalato, Trail e Ragusa.Ma l'attenzione del potente imperatore si dirigealtrove : quando non si preoccupa d'arrestare lamarcia dei Turchi selgiucidi o di fiaccare il lorostato decadente, egli cerca il Danubio e i Carpa-zi, convinto che giungera a fare della Serbia, del-

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N1COLA IORGA

l'Ungheria e delle nostre foreste deserte un feudodell'Imperatore d'Oriente, per poter in seguitopenetrare vittorioso fino ai a Taurosciti D lontani.I conflitti ch'egli ha potuto avere (117z-75) conVenezia, che non voleva riconoscere alcuna divi-sione delle acque adriatiche, non gli impedironodi aprire volontieri le porte dell'impero a tuttele influenze dell'Occidente, del quale credeva dipoter confiscare le forze vitali a profitto dellasua propria creazione politica. Non solo le dina-stie franche della Palestina, o le famiglie feu-dali della Germania presero parte, grazie alle re-lazioni di sangue ch'egli strinse, alla vita dellacorte dei Bizantini, che doveva incutere loro unacosi forte soggezione, ma, al posto dei Normannidi una volta, che Federico Barbarossa aveva as-sociati, col suo matrimonio, agli sforzi diretti astabilire l'Impero universale degli Hohenstaufen,le nuove dinastie del Nord dell'Italia comincia-rono a guardare verso l'oriente, con un interesseche ogni giorno si faceva piii avido.

Ma l'ultimo colpo portato dai Normanni del-l'Italia del sud fu profondamente impressionan-te, minacciando non soltanto l'avvenire, ma l'esi-stenza stessa di Bisanzio : l'indomani del giornoin cui l'assassino del figlio di Emanuele, itsanguinoso Andronico, aveva consegnato i la-tini della sua capitale a un popolaccio invidioso esfrenato, Salonicco cadeva in potere dei vendica-tori, e soltanto la fortunata combinazione di unavittoria impedi la rovina dell'intero edificio im-periale, che ne fu pert scosso in tutte le commes-sure.

Quando, all'inizio del XIII secolo, Venezia,40

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

desiderando assicurarsi la Dalmazia, per it pos-sesso della quale combatteva da motto tempo con-tro la monarchia ungherese in marcia verso itSud-Est, fece anch'essa deviare la quarta cro-ciata verso Costantinopoli, il Doge, che aveva ot-tenuto l'autorizzazione rara e arrischiata di la-sciare le sue lagune per condure personalmente,alla sua tarda eta e cieco, la spedizione,poteva benissimo diventare, lui, it successore de-gli antichi a duchi » bizantini e, anche, it succes-sore degli Imperatori, passando dal suo San Mar-co, cosi autenticamente orientale, agli splendorisenza uguali di Santa Sofia. Non venne eletto ; edegli stesso voto per Baldovino di Fiandra, di cuil'Impero, che bisognava prima conquistare, so-prattutto contro i Bulgari di Gioamizio, eche i Crociati chiamavano a rex Vlachie e Corn-manie », significava all'inizia pochissima cosa.Egli aveva almeno, per se e per i suoi, it suo

quarto e mezzo » dell'Impero : Pera, 1'Arcipe-lago, Creta e, mentre dei Franchi di linguafrancese elevavano i loro castelli sulle scoglieredel Peloponneso, un marchese di Monferratola cui sorella era regina di Francia si facevaincoronare re di Salonicco, e vi erano, fin nell'in-terno dell' Albania, delle valli che dipendevano dalui. In Occidente, c'era forse una sola regioneche potesse, sia pure approssimativamente, inquello che concerne la forza durevole, eguagliarel' Italia dei mercanti e dei cavalieri collaboratoridi una stessa opera ch'essi sentivano istintiva-mente piu italiana che cristiana? E con la elezio-ne di un patriarca di Costantinopoli, scelto tra i

Veneziani, tutta la chiesa del nuovo irnpero la-

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«

NICOLA IORGA

tino entrava nella piii intima dipendenza dellaRepubblica.

Quella forza italiana, cosi grande, disparve da.sola. Venezia tollerO che ii reame di Salonicco,attaccato dai Bulgari di Gioamizio e dai Greci deldespotato di Epiro, si confondesse ogni giorno piucompletamente con la (< grecita » d'esilio delle di-nastie di provincia, per perire di una morte mise-rabile, ed essa non fu neppure in grado di pren-dere la sua succession. Ma it piu gran male fucompiuto dall'invidia genovese, causata da una ri-valita naturale, ma incapace di rifare quello cheaveva distrutto.

Senza possedere le circostanze geografiche tan-to favorevoli della sua concorrente piu fortunata,costretta a spostare le sue forze da un mare all'al-tro, attraverso pericoli cosi numerosi, non dispo-nendo di basi d'azione come l'Arcipelago e l'iso-la di Creta fu soltanto piu tardi ch'essa con-quist6 Famagosta sui re di Cipro della Casa Lu-signan, la Repubblica di San Giorgio servicon passione la rivincita greca degli Imperatoridi Nicea, i quali dovettero soltanto a questo fattose poterono prendere Costantinopoli nel 1261 emantenervisi. Essa ottenne cosi, ma senza le co-municazioni necessarie, senza stazioni intermedie,Pera e, per mezzo della sua nuova colonia di Caf-fa, fondata sulla concessione tartara di Khano, itdominio sul Mar Nero, dove la Tana venezianadelle bocche del Don vegetava appena, quando lametropoli della Gazaria e della Gozia genovesecreava Cembalo, Soldaia, Sorgat, Anapa, Poti, e,al « limano » del Dniester, sul Basso Danubio,Moncastro (Cetatea-Alba) e Licostomo (Chilia),

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I:ITALIA VISTA DA UN ROMENO

senza contare le colonie della riva asiatica del Pon-to, dominate da Simisso (Samsun) e da Samastro(Amastris). Immischiata per questo stesso fattoin una guerra lunga e difficile, che venne piii vol-te ripresa, contro Venezia, Genova fu obbligata apatteggiare con tutti quelli che potevano assicu-rarle la strada del Levante, e fra i suoi ultimipeccati bisogna contare l'alleanza coi turchi o-small, ch'essa trasporto in Europa due volte, nel1402 e nel 1444, al momento delle crisi pia mi-nacciose per la loro dominazione. Nel lo stessotempo la nuova potenza normanna, dopo la cadu-ta degli Hohenstaufen nel sangue delle battagliee delle esecuzioni pubbliche, quella della dinastiaangioina, chiamata dal Papa, rappresenta non so-lamente i ricordi del Reame di Napoli e delle dueSicilie e le aspirazioni imperialistiche francesi,ma anche una nuova forza italiana vittoriosa nel-la sua.concorrenza. Carlo I, come Carlo II d'An-giO, e come i principi della Casa di Taranto, vol-lero Costantinopoli e poterono penetrare almenonell'Albania, che, sfuggendo alla dominazione deidespoti greci, dipese completamente da questi pa-droni franchi e cattolici che accoglievano alla lo-ro Corte i rappresentanti di tutte le nazioni deibalcani, pronti a servirli. Dei napoletani come lafamiglia Tocco, si stabilirono nelle isole Jonie ;Nerio e Antonio degli Acciaiuoli di Firenze, tipidi tiranni dell'epoca della Rinascenza, tenneroper lungo tempo Atene impoverita e deserta, Me-gara, Corinto, e, un po' pia tardi it Principato diAcaia della Grecia continentale, passa dalla suadinastia francese ai principi della casa di Piemon-te, parenti dei marchesi di Saluzzo. E la Savoia

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NICOLA IORGA

stessa, destinata a dare dei re all'Italia moderna,si dirigeva, nella stessa epoca, verso 1'Oriente.La principessa savoiarda Anna divenne impera-trice a Bisanzio, come sposa di Andronico it Gio-vane e madre di Giovanni V, come reggente, unareggente perseguitata e circondata da pericoli, e,qualche anno piu tardi, quando i Turchi si fis-sarono in Oriente, it nipote di Anna, it ConteVerde, Amedeo VI, accorse e rinnovello le impresedi Bonifazio di Monferrato, conquistando Galli-poli, Anchialo, Mesembria e preparando una cam-pagna sul Danubio per soccorrere ll'imperatorearrestato dai Bulgari a Vidin. Emanuele, figliodi Giovanni V, che aveva traversato anche luil'Occidente con dei progetti di unione religiosa,apparira, stretto dai Turchi, come it padre in mez-zo ai principi italiani dai quali discende sua nonna,mendicando regafli e prestiti per la conservazionedella cristianta orentale, e scegliera pei suoi fi-gli due principesse dell'Italia settentrionale, dellequali runa, brutta e buona, piangera per dei lun-ghi anni in paese straniero la sua lunga solitudine,fino a che non potendo pit sopportare i suoi guai,torn presso i suoi.

Non si pile) ammirare sufficientemente la tena-cia veneziana, dopo questa esclusione che, pote-va sembrare irrimediabile. Nello stesso tempo, es-sa attaccava questa Bisanzio decomposta, da duevie. La Signoria compero in buoni ducati sonan-ti dal re di Napoli Ladislao, che sognava la domi-nazione sull'Italia unificata e anche sull'Unghe-ria, le Isole Jonie. Essa le impieghera per passa-re bentosto, negli ultimi anni del XIV e nei pri-ori del XV secolo, avendo di gia Coron e Mo-

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don ad Argo, a Corinto, ad Atene, ottenendocost la dominazione sull'intera Morea, che domi-nava all'est l'Eubea veneziana, al di la dellaquale (sotto dei principi della famiglia Crispo,a Nasso, sotto i Sommaripa e Zeno si stendeva itducato dell'Arcipelago, protetto dalla repubblica,dalla quale essa riceveva le decisioni in materia dieredita e di altri processi. Discendendo dalla Dal-mazia, da Zara, da Sebenico, da Spalato, da Trait,dalle isole del littorale dell'Albania in guerracon tutti i rappresentanti dell'indipendenza pro-vinciale : i Balscidi per Dulcigno, Antivari,Budua, i Comneni per Avlona e Canina

Castrioti per Croia, con i piccoli signoridelle vallate albanesi, con i potenti clan liberi,essa pose i suoi mercenari in Scutari, che difesecontro i Turchi, fino nel 1478. Dopo una trenti-na d'anni la Morea intera cadde alle mani deglistessi nemici, coi suoi a occhi Corone e Modo-ne, e gia fin dal 1470 era perduta Negropon-te, presa da Moamete II, che era diventatoalle spese di Genova stessa padrone di tuttol'Arcipelago, delle isole vicine all'Asia, degli ul-timi porti liberi levantini e di Pera stessa, con -quistata nello stesso tempo di Costantinopoli.

* * *Cos'e.rimasto, in seguito di questa grande po-

tenza, contenente tutto quel commercio del Le-vante the fu per quattrocento anni un capitolo

storia italiana, e uno dei pin gloriosi? Cos'e ri-masto di questa dominazione che comprendeva,sotto la forma diretta dei a rettori D. 0 sotto laforza mascherata dei consoli o dei podesta tutti

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d;

NICOLA IORGA

i porti della « Romania » e del « Grande Mare »(Mare Maius, Mare Maggiore), oltre quelli dellaSiria e dell'Egitto?

Una Dalmazia veneziana, con certi annessi al-banesi, dui-6 fino all'epoca di Napoleone. Le Iso-le Jonie rimasero unite fino alla stessa epoca al-la Repubblica di San Marco. Questa dominazionerese possibile in seguito la rapida e gloriosa ope-ra di ricupero del « Peloponesiaco D Morosini,.sopravvenuta tuttavia in un'epoca in cui Venezia,.sprovvista di iniziativa e della potenza di crea-zione e di assimilazione, dipendeva, secondo icorsi del flusso e del riflusso della sua potenza edella sua influenza, dalle circostanze generali eu-ropee. Ne risultO che la nuova provincia di Mo-rea, dell'intera Morea, ricadde, dopo una venti-na d'anni, grazie alla negligenza e al tradimento.dei suoi difensori, nelle mani dei Turchi del san-guinario Visir Dgin - Ali - Pacha. Cipro resse a-gli attacchi degli Osmanli fino al 1571, Creta ri-mase ancora un centinaio d'anni con le isole vi-cine sotto l'antica bandiera veneziana, e la con-quista della citta di Candia fu compiuta soltantodopo tre assedii, dopo vent'anni di battaglia, lacui strenua ostinazione e la cui scienza intelli-gente fanno la gloria dei vinti come quella deivincitori.

Il commercio a grandi distanze che l'Inghil-terra esercitava con crescente successo, sperando,di monopolizzare it mercato del Levante, nonpoteva convenire a Venezia, legata dalle sue tra-dizioni secolari. Inoltre, essa era rimasta sola,dopo la scomparsa dell'antica concentrazione istin-tiva degli Italiani, poiche le tirannie del XV seco--

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

lo e le dominazioni straniere del Sedicesitno seco-to avevano posto fine all'indipendenza, e quindiall'iniziativa delle citta. Le flotte armate come peris guerra, organizzate militarmente, trasportan-ti dei veri corpi di spedizione, non potevano piiiintraprendere i « viaggi D di una volta, che nes-suno osava turbare, perche it mare appartenevaormai al Sultan() vincitore. Il prodotto a buonmercato richiesto dall'Oriente che s'impoverivaa rotta di collo non era neppur conciliabile conl'onesta industriale della Francia, e tanto menocon le tradizioni artistiche dei laboratori vene-ziani. Verso it i600, della grandiosa attivita deitempi antichi non erano rimasti che dei ricordi.

Anche all'interno erano cessate quelle carova-ne dei Sassoni di Transilvania, che recavano in-sieme ai manufatti italiani le stoffe di Germania,di Fiandra, di Slesia al XIV °e al XV° secoloi Fiorentini avevano pure gran parte del commer-cio dell'Ungheria e soprattutto le carovane de-gli Armeni di Caffa, it cui stabilimento a Leopolie nelle citta della Moldavia, che cominciava lasua esistenza politica, era soltanto un'estensio-ne in profondita dei territori fin'allora diretta-mente serviti dai navigatori italiani. Grazie al-la pace assicurata dal nuovo impero degli

compratore poteva attendere i mercati incasa sua, e non affront() dunque pill le spese permettersi in cammino. Questa situazione croodue nuove attivita commerciali, che sono ambe-due, malgrado it miscuglio slavo e greco, un pru-lungamento dell'antica attivita commerciale del-l'Italia.

I Ragusani, benche parlando it serbo, si erano,

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Osmhn11, it

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trasformati in Veneziani per quel che concern leistituzioni, la vita sociale, l'arte, anche la lingua,cosi nettamente come tutti i loro connazionali del-le citta Dalmate che oggi cedono a fatica allepropagande nazionali, abbandonando it loro abitotradizionale di civilta italiana. E al XVI° secoloessi erano dappertutto : banchieri, appaltatori diregie entrate (dogane, decime), mercanti all'in-grosso di manufatti occidentali. A Costantino-poli, la Casa Gagliani, a Silistria la Casa deiLuccari, a Bucarest e a Iassy un Domenigo e ifratelli dei Marini Poli, a Temesvar una folladi altri negozianti di minore importanza, e tuttimantengono delle relazioni d'acquisto e di credi-to con Venezia, l'antica dominatrice di cui par-lano ancora la lingua.

Nello stesso tempo, Creta, come le isole di Ci-pro, Rodi, Chio, dove vissero fino a molto tardifamiglie e tradizioni italiane, con dei vini, dellespezie, dei prodotti orientali mandano in Molda-via e in Polonia dei greci i quali sono per piu dellameta italiani. A Pera, che anche dopo la sua sot-tomissione conserve in cosi larga misura it suocarattere antico, la lingua italiana fu, fino aldiciottesimo secolo, cio ch'e oggi ii francese. E,a partire dal 1550 fino al 1650, i principi rome-ni che ora vengono principalmente da Costanti-nopoli, conoscono alla perfezione questo ambien-te al quale sono legati anche da matrimoni. Nerisulto che le famiglie Salvaresso, Vallarga, A-dorno ebbero delle relazioni con le nostre dina-stie. La figlia di Pietro lo Zoppo e di una Ami-rali di Rodi spose in seconde nozze Polo Minio,

patrizio di Venezia, e it loro unico figlio, ceppo

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

di numerosa posterity che dura forse ancor oggi)ricevette al battesimo it nome di Stefano it Gran-de. La figlia di Iancu Sasul e di Maria Paleogo,di Rodi, fu sposata ad uno Zane dello stesso an-tico patriziato veneziano, e suo fratello, it pre-tendente Bogdan, stringeva un vincolo con lafiglia di Cievatelli. Tra le famiglie d'albanesiitalianizzati parlanti it dialetto veneziano, i Bru-ti di Durazzo, che avevano relazioni di commer-cio a Capodistria e i Borini, danno alla Moldaviadei boiari, fra cui it maestro della Camera prin-cipesca (cubiculario) un capitano di Lapusona, unPostelnico.Gaspare Graziani, Morlacco di educazione ita-

liana, conduce in Moldavia dei Ragusani della Ca-sata dei Resti e degli Italiani, i due Amati e it let;-terato Montalbano. Vittoria, sposa del principevalacco Leone Tomsca, ha un nome italiano. Lo-cadello, segretario veneziano, si fa chiamare GianGiacomo Voevoda, figlio del principe Aaron, e,malgrado i contrari sforzi del bailo, vuole ottenerla Moldavia. Una delle figlie del principe moldavoBasilio, venne ostinatamente chiesta in moglie daun altro membro della diplomazia veneziana aCostantinopoli.

Con la sua fiorente chiesa di San Giorgio deiGreci, alla quale fecero dei doni Zoto e ApostoloZaigaras, cortigiani di Pietro lo Zoppo, con lesue frequenti relazioni in Albania, coi suoi editoridi libri di chiesa e di letteratura popolare versi,racconti, narrazioni storiche in lingua greca(ricordiamo la grande casa Glykys), coi suoi atti-vi commissionari di sangue greco Caragianiverso il 1680 , col monopolio di certi articoli

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NICOLA IORGA

come la carta e il broccato, Venezia era in parteuna citta greca, nello stesso modo che fino agliultimi tempi Pesth e Vienna erano in parte cittabalcaniche.

* * *

"lino stretto legame culturale, fu aggiunto versoil 170o.

Da molto tempo ancora, la Chiesa romana, lacui dominazione era stata limitata dal pre testan-tesimo e dal calvinismo, combatteva per accapa-rarsi gli Slavi, i Romeni e i Greci. Tutti gli a-genti, Possevino, un Mancinelli, un Comuleo,erano italiani o italianizzati. All'inizio del XVII°secolo, quests parte venne assunta sempre pillnettamente dai monaci francesi, che presero, conl'andar del tempo, la direzione del movimento,divenendo possessori delle chiese alla moda, ascapito dei Domenicani e dei Francescani ita-liani, che rimasero ancora nelle provincie dell'in-terno, come la Bulgaria e la Valacchia. Ma ciOche i francesi, lontani e senza conoscenza del gre-co, non potevano dare, erano le alte scuole di teo-logia per i giovani che occorreva guadagnare al-l'Unione, fra cui un Leone Allatius. Queuescuole, sotto la mano e il freno di Roma, rimaserodunque anche piii lontano in Italia. E, accantoai sussidiati dalla conversione , scrupolosamenterinchiusi nei collegi dei gesuiti dove lavorano perla salute delle loro anime, delle scuole di medici-ne a di filosofia attiravano gli Orientali, i Rome-ni ed i Greci. Dopo Alessandro Maurocordato l'E-saporita, che era un medico, della stessa scuolache Pilarino, il medico del principe Brancoveanu,

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L'ITAI,IA VISTA DA IJN ROMENO

Costantino Cantacuzeno, it Luturo Stolnic, fu aVenezia ed a Padova e sotto it suo patrocinio. itlibro e l'arte italiana penetrarono liberamente neipaesi del Danubio. La dinastia dei Ghira, impa-rentata coi Maurocordato, rimaneva pure sottol'influenza italiana, dalla quale si staccarono sol-tanto i Greci fanarioti, verso it 175o, pienamenteconquistati dalla nuova moda francese, che tra-smetteva ad un'altra nazione la supremazia cul-turale in Oriente, ma ad un'altra nazione latina.

II

La parte che i Romeni hanno sostenuto in O-riente, non come elemenfo guerriero, ma sotto 11rappQrto superiore della civilta, delle idee e so-prattutto della conservazione degli antichi ideali cliunita e delle antiche relazioni con l'altro mondo,dell'Occidente, e gia stata considerata in questepagine.

Nella prima missions, che non e piu necessario,esp6rre, dopo la scorsa sintetiea offerta dalla comu-nicazione che facevamo, vent'anni fa, al CongressoStorieo li Londra, i Romeni seguivano Bisanzio,dunque la tradizione imperiale romana. E not ag-gnuigiamo che la corona preparata da Despotal'avventuriero che guadagno la sua eredita molda-va e parlava ai Romeni degli antenati di Roma,non erg- forse soltanto per la Moldavia e che, versoit 158o, Ieroteo, metropolita di Monembasia, ac-compagnando a Bucarest e a lassy it Patriarca diCostantinopoli Geremia II, dichigrava, con ammi-razione che sembra sincera, che it principe di Mol-davia Pietro, candidato imminente al trono reale

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NICOLA IORGA

di Polonia, era degno di essere chiamato basileus,imperatore, infine Melezio Pigas, Patriarca di A-lessandria, vicario Patriarcale di Costantinopoli,si rivolgeva alla Basileia, alla maesta imperialedel principe Mihnea, it quale nell'iscrizione latinaposta sull'altare delal cappella di Murano ricordala discendenza latina della sua nazione. Da ultimo,nel titolo di uno splendido atto solenne del prin-cipe Serbano Cantacuzeno, abbiamo trovato duebizzarre abbreviazioni che ci sembra possano in-terpretarsi : zar di Zarigrad, di Costantinopoli.

Nell'altra missione, di conservare le relazionicon l'Occidente, relazioni la cui importanza cre-sceva rapidamente i Romeni compivano nel Nord,esattamente quello che 1'Italia faceva nel Sud,impedendo al mondo orientale sottomesso ai Tur-chi, che non aveva dimenticato i suoi imperatori ecredeva alla possibility del ritorno di un'era im-periale con la stessa fervida pieta con cui attendevala nuova apparizione del Messia per giudicare se-condo giustizia e punire i violatori della legge,impedendogli dunque di volgersi verso i soli mae-stri che rappresentassero e propagassero le civiliz-zazioni asiatiche. Sul Danubio, altrettanto beneche a Venezia, le influenze e i ricordi culturali deidue mondi fraternizzavano. Allevato al tempo stes-so in un ambiente greco e latino, lo Stolnico Co-stantino Cantacuzeno fu per i suoi un miracolodell'epoca, e dopo qualche tempo ne verra un al-tro, pia grande, it quale, in quel che concernel'Oriente, non soltanto avra le conoscenze deiGreci, ma anche la nozione dell'intera civiltaturco-araba, e sara inoltre iniziato in quel checoncerne l'Occidente ai misteri dell'erudizione

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CITALIA VISTA DA UN ROMENO

tedesca e francese. Si parla di Demetrio Caute-mir, che si puo qualificare come it Grande Inter-prete delle due civilta. E nella capitale valaccadei principi Duca e Serbano Cantucuzeno, pa-droni della scuola greca, della stampa greca,plena di monumenti antichi, e nuovi, dove it goti-co di Transilvania e di Polonia, che data dal regnodi Stefano it Grande, si sposa con l'arte di dise-gnare le lettere rotonde della Rinascenza, artepresa alr Italia dagli artisti di Neagoe Basarab,con la conoscenza delle condizioni offerte dal cie-lo d'Oriente, come con le trazioni dell'artebizantina, Stavro Mu lain, redige, forse sullascorta di un recente modello, ch'egli dovette sol-tanto continuare cronologicamente, it curioso cro-nografo, di compilazione unica, che ci presentait manoscritto offerto da poco alla nostra acca-demia. In questo manoscritto, a partire dal 777la serie degli Imperatori d'Oriente e continuatada Carlo Magno e da tutti i Cesari occidentalifino a Leopoldo I, che salvers Vienna assediatai cui dintorni fornivano, merce l'opera dei sac-cheggiatori, dei bei manoscritti antichi al sa-piente Stolnico della Valacchia.

Con delle somme depositate a Vienna e allazecca di Venezia, tenendo presso di se, come segre-tario, l'avveduto veneziano Del Chiaro, l'autoredelle « Rivoluzioni della Valacchic. D, lettore ap-passionato dei foglietti novelli di Venezia, ch'e-gli faceva tradurre in quaderni intitolati g FoletulNovel D e amava coprire dei suoi appunti quoti-diani, desideroso di conoscere gli scritti sulla sor-te dell'Oriente di profeti politici tedeschi dellatempra di Acxtelmaire e protettore nello stesso

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NICOLA IORGA

tempo di tutti i Tatriarchi orientali, patrono de.le scuole elleniche, distributore di libri greci, geor-giani, arabi, in Traria, nel Cauc.aso e in Siria, os-servatore puntale e fastoso dell'etichetta imperia-le costantinopolitana, Brancoveanu, destinato apetire a Costantinopoli perche troppo spesso e con.troppa amicizia aveva guardato dalla parte di Vien-na, e egli stesso un siinbolo politico di quella fe-conda duality di indirizzo che forma oggi l'inte-resse. della stories romena, dopo aver formate. itpro fitto molteplice della vita passata di questa na-zione.

Rappresentanti ancor piu caratteristici di taledualismo, i principi e i boiari del Fanale, i proles-sori ch'essi attiravano e mantenevano formavanoit vincolo piu naturale delle influenze occidentaliche rappregentayano, sul Bosforo e sul Danubio,i fattori latini che liberavano, prendenda le mosseAla punti di partenza diversi e attraverso strade l'u-na dall'altra lontana, l'Oriente cristiairo dalle suegreci catene immobility e immutability; schiavi-t4 nella vita pratica e nel pensiero. Allevati h Co-stantinopoli, alla scuola veneziana e padovana,..co-me origin, delPEsaporita, essi subiscono sul Da-nubio riafluenza continua dei mercanti, degli av-venturieri, dei letterati e della politica del piu Ion-tano Occidente, senza parlare della necessity" di re-lazioni qnoticliane, intime, con la Transilvania ela Polonia, donde veniva senza interruzione .unavasta corrente d'idee. In questo ambiente, le scuo-

.le di filologia sterile e di arida filosofia si trasfor--mano in tribune di propaganda rinnovatrice, di re-surrezione nazionale, senza cui 4i sarebbe arrivati ben difficilmente y malgrado la parte sostenuta

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L'ITALIA VISTA DA UN RUMEN()

dai Greci allevati in Occidente, fino alla Parigi diVoltaire e di Robespierre al movimento libera-tore del 1821, it cui segnale venne dato nei paesiromeni, come naturale conseguenza delle tradizio-ni speciali e delle particolari circostanze di queipaesi.

* * *

Ai nostri giorni, it fuoco, talvolta arditamentefiammeggiante, tal'altra lentamente distruttore,ch'era stato appiccato cent'anni or sono a Iassyda Alessandro Ipsilanti, porto la distruzione del-l'Impero ottomano d' Europa, e una nuova vitacristiana ei venne sostituita. Essa non potevasfuggire all'influenza occiclentale the ll'avevaprodotta e di cui aveva preso a prestito le forme.Perche queste forme divengano una realta, per-che, presso i Serbi, i Bulgari, i Greci stessi, itsospetto, la crudelta, l'esclusivismo e l'invidia,la megalomania e l'intrigo dell'Oriente decadu-to spariscano completamente, bisogna stabilirei vincoli pin stretti con le regioni attraverso lequali, nel corso dei secoli, 1'Occidente trasmisedelle lezioni d'iniziativa, di ponderazione, d'al-truismo nazionale, di lealta e d'idealita. De lleferrovie devono codurre verso 1'Italia e la Ro-menia ; dei ponti, da un lato, delle corse di bat-telli, dall'altro, devono mantenere Pe relazionicon delle regioni d'antica influenza sui cristianid'Oriente. Questi due paesi devono agevolare ognisforzo in questo senso e inoltre aiutarsi fra Toro,dal punto di vista fraterno ed umano, per corn-piere questa missione. E' la sola via per cui la

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NICOLA IORGA

cristianita orientale pu6 entrare, in maniera corn-pleta e definitiva, nella comunita culturale delmondo dominato e fruttificato dal libero spiritolatino.

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SECONDA PARTE

LETTERATURA

DANTE ALIGHIERI

I.

Gli esteti hanno dei propri criteri nel giudicarele opere letterarie. Quelli che si interessano alleidee le ricercano nel dominio della letteratura, co-me nella manifestazione pratica di fatti umani.Gli storici come tutti quelli che, qual che sia loscopo, sono avvezzi a considerare ogni aspetto del-la vita umana, individuale e sociale, in diretta cor-rispondenza con le circostanze dall- quali a scatu-rita e con il reggimento politico dell'epoca, e per-messo di studiare questi rapporti, che possono es-sere utili, anche in altri rami del sapere, perchecosi si evitano confusioni, si precisano realta, siriporta ad units attraverso la sintesi, quello chea causa dei loro studi analitici altri hanno a partegia sviluppato.

Non e, dunque, profanare la gran figura dicomplessa umanita di Dante, nella quale, mal-grado i sei secoli trascorsi, tanto ci riconosciamo,perche un certo fondo generale rappresenta l'eter-nita alla quale le generazioni che si susseguononon possono arrivare altrimenti se cercheremodi stabilire (audace tentativo dopo l'immensita dei

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NICOLA IORGA

Iavori di interpretazione e di esegesi sulla vastaopera del creatore dell'anima italiana) fino a qualpunto l'immaginoso poeta della « Divina Comme-dia » fosse compenetrato dall'ambiente del suotempo, fosse stato ispirato da esso ; pia di questol'abbia incorporato, solo mezzo, in ogni tempo,di sorpassarlo.

Ci fu un'epoca Della quale un simile proponi-mento sarebbe sembrato inutile o empio.

L'apparizione nel 1826 del « Veltro allegori-co di Dante Alighieri D lavoro critic() cdl qualeCarlo Troja cercava di dimostrare quanto di verovi fosse nell'epoca di Dante, produsse violente cri-tiche.

Soltanto in seguito, e assai lentamente, si egiunti ad umanizzare Colui the era apparso co-me it rivelatore dei cieli per merito della intuizio-ne miracolosa concessa alla poesia e soprattuttosi e cominciato a comprendere che it miglior mezzo, non solamente di capirlo, ma anche di glori-ficarlo, era appunto quello di restituirlo al suotempo, alla sua nazione e alla sua citta natia.

Se i poteri soprannaturali hannc concesso unuomo all'umanita era perche da essa Egli sapesseinnalzarsi verso l'Infinito e

Si disse con ragione, che g la pubblicazione »Lui vivo del Poema avrebbe prodotto un movimen-to d'indignazione generale contro l'aggressivo poe-ta, proprio come sarebbe accaduto a certi nostricronisti se avessero osato divulgare i loro scrittipent di acerbe critiche verso i contemporanei.

Fu letta la « Commedia » o la « Divina Com-media » come fu in seguito chiamata a Raven-na, dove Dante visse in esilio, o alle corti dei vari

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l'Eternita.

L'ITADIA VISTA DA UN ROMENO

Signori presso i quali esule, soggiorno, o a Firen-ze stessa fulminata dagli anatemi ch'egli scaglia-va su di lei anche se facevano tanto male all'ani-mo suo?

Il medio evo non aveva i mezzi che abbiamo noiper influenzare it pubblico e eio che intendiamo noicon questo nome non esisteva nemmeno. Dantestesso ha voluto che le pene terribili che fa distri-buire dal Giudice Supremo, fossero conosciute?Ha voluto it Poeta con quelle pene colpire i suoinemici e sfidarli con quei versi magnifici che, conpotenza quasi unica, rendono l'idea e it sentimen-to che li ha dettati, come non e mai pia riuscitodi fare nessun altro? Ne dubitiamo, malgrado leaffermazioni contrarie di alcuni scrittori moderniche pero non hanno altra prova che it testo dellelodi di Giovanni Villani, contemporaneo di Dante.

I commentatori non sono man.cati pero, non ap-pena r opera fu pubblicata ; ma it Villani stesso a-veva dichiarato che per la comprensione dell'operapiena di « argomenti filosofici ed astrologici D sirichiede « sottile intelletto D. Al principio del XIVsecolo pero non essiste it senso, la comprensio-ne per la naturalezza e la sincerity soggettivadella poesia, per it valore che le deriva dall'esse-re scaturita dall'anima dello scrittore, ne si rico-conosceva l'importanza e it diritto stesso di ogniessere ad una vita individualmente caratteristicae indipendente, dell'anima.

Quello che piacque in Dante fu la grandiosa ar-chitettura della costruzione, che gli permise dispaziare con i suoi canti, non solo sulla terra,ma nei vasti regni infernali e celesti. Il confon-dersi della divinity con ogni ordine del suo tempo

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NICOLA IORGA

e del tempo passato, e soprattutto it senso simbo-lico che alla sua opera fu attribuito e che permet-teva a tutti gli immaginosi di penetrare nel regnodell'al di la e tentare di scrutarne gli ascosi miste-ri. Tra le allogorie pit antiche secondo it modellolasciato da Boezio e quelk che dovunque coi suoirc Signi D (Somnia, Songes) ha dato questo seco-lo XIV, pareva ai commentatori che 4a DivinaCommedia potesse essere naturalmente collocato.

Prima percio di essere conosciuta dai comunilettori, l'opera divenne preda degli accademici, chepoi non hanno piu abbandonato questo campo fer-tile di infinite speculazioni.

I filosofi hanno eercato di dimostrare cio che sicela sotto it cristallino splendore del verso. Il cu-po fiorentino fu un po' per essi quello che perDante fu Virgilio, sottoposto dal medio evo allastessa metamorfosi, diventato nei secoli seguenti,secondo le aspirazioni mistiche e lo spirito super-stizioso del tempo, la guida segreta avvolta nellemistiche nebbie, tra i dolori dell'Inferno, l'aspet-tativa del Purgatorio e la somma telicita, immo-bile, del Paradiso.

Malgrado la richiesta fatta dai fiorentini neI143o perche si permettesse it ritorno ne la citthnatale ai resti mortali del glorioso concittadino,l'uomo nel senso intimo della sua vita era quasidel tutto dimenticato, l'epoca non aveva quel desiderio di conoscerlo come dopo piu di cinquecento-anni e, dopo varie vicende succedutesi, sentiamonoi.

Nessuno allora poteva prevedere quanta parteavrebbe avuto nello sviluppo del pensiero italiano.e delle forme da lui create, it grido di guerra lan-

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

ciato nella superazione della sua solitudine dalfiero fiorentino.

Il fatto d'aver chiamato nel 1373 it Boccaccio adillustrare e chiarire it Poema in cio che vi era dimisterioso ed allegorico (tale scrittore che avevaforse qualche competenza filosofica e teologicaportava con se come lo dimostra nelle sue novelle,it pesante bagaglio dell'erudizione latina) sta a di-mostrare come fosse allora compreso colui che ave-va lasciato ai posteri ii piu splendido monumentodi una fiera e dominante passione umana.

secolo XV. invece con la biografia di Leonar-do Bruni, ha riguardato piuttosto come un premr-sore colui che conosceva tutte le finezze del lin-guaggio latino risuscitato. I1 secolo XVI che ri-guardava Pantichita classica con leggerezza facilo-na seppe trovare parole gravi per questo asprogenio malgrado profondamente religioso in tuttala sua vasta opera, nella quale it Varchi cerco an-che argomentazioni contro i Papi. Dai dissidi deifilologhi del 157o al 1616 scaturi un intero trattatocontro a l'imperfezione D del poema di Dante.

II secolo XVII credeva d'aver trovato un altrostile italiano, ben lontano dalle vecchie formule to-scane sobrie e ingenue. A Vico, Dante appare so-lamente come un'incarnazione dello spirito profe-tico. Ma nel secolo XVIII quando i Gesuiti ironicilo prendono in canzonella, Alfieri per a italianiz-zarsi D trov6 necessario studiare le opere del vec-chio fiorentino, come studiare i classici greci e la-tini.

Tiraboschi, lo storico erudito della letteraturaitaliana, giudica a la Divina Commedia D dal pun-to di vista di una a composizione regolata D e os-

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NICOLA IORGA

serva : che it Virgilio presentato da Dante non avero storicamente, che nello stile c'e a molto lan-guore D e a alcuni cantici appena possono esseresopportati alla letturaD, i «versi hanno spesso un'a-sprezza insopportabile D e a le rime non rara-mente sono cosi forzate e strane che fanno ride-re D, che in generale Egli « ha non pochi, ne leg-geri difetti, che non potranno mai essere scusatida nessun uomo che non manchi di buon senso D.

Riconosce tuttavia che fantasia, immaginazio-ne, energia, tenerezza e a sublimity di stile D fan-no perdonare a Dante la manchevolezze dovute altempo nel quale visse. Oualche decennio piii tardi,lo storico francese della letteratura italiana, Gin-guene, avra una coMprensione piii acuta delle bel-lezze descrittive e del fascino dello stile del grandePoeta.

Veramente una a varia fortuna D come dice itCarducci nella ricerca minuziosa di queste vicis-situdini, che non si possono comparare neppureno perdonare a Dante le manchevolezze dovute alsolo dominio letterario, avute da Shakespeare.

Mentre Pelli rinnovava gli studi su Dante, con-siderato come loro maestro dal Foscolo e dal Mon-ti, ill romanticismo tedesco in cerca di un pre-cursore lo scopriva in Dante, che fu quasi scono-sciuto a Goethe e sottoposto alla critica di unMerian, negli Annali dell'Accademia di Berli-no dell'anno 1784 e sentiva piacere a poterlo pre-sentare come it precursore geniale della nuova let-teratura avversaria dalle leggi fissate dal clasici-smo francese. (i) Nel 183o-4o Dante giunse fino

(r) Schelling gli consacr6 a Considerazioni filosofiche v.

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

ad essere uno degli idoli della letteratura rivolu-zionaria francese.

Nello stesso tempo nella nuova Italia, che si ri-svegliava e cominciava a sentire l'imperioso dove-

dell'unita, Dante appariva di gia ben pinche un maestro di buona 1:ngua, pia che un fanta-sioso rivelatore dell'evo medio, pii che una fontedi parole e di espressione rare, creatore di unostile pittoresco mai usato prima di allora.

In Dante che concepiva l' Italia come parte di unpia vasto dominio ed era pronto a sacrificare an-che la citta della sua nascita e dei suoi dolori aqueste e pia grandi poteri si vedeval'annuncio culturale di quel finire di medio-evo,di quelle concentrazioni politiche che l'eta moder-na doveva compiere.

II.

Dante non poteva prevedere, egli che teneva atutte le leggi del pensiero e della forma della suaepoca, e che dall'ampia eredita di tante generazio-ni aveva saputo trarre rare risonanze, che sareb-be venuto un tempo nel quale sarebbe stata men-toria la ribellione e la distruzione di un'opera crea-trice.

Non lo influenzava neppure ano scopo poli-tico superiore alla sua epoca, quando rievocavala storia universale e quella dei suoi tempi, chia-mando davanti al Giudice Supremo i capi a renderconto del bene e del male compiuto.

E' un vero figlio dei suoi tempi pieno di con-vinzione e di passione, soggetto a tutte le cecita,capace di tutti gli errori, legato a tutte le tiran-

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5 N. lorga

re

vendi-ativi,

-

NICOLA IORGA

nie, influenzato da tutti i pregiudizi, terrificato datutte le superstizioni e soggetto alle illusioni evanity della sua epoca.

Quando, dopo i primi lavori, nei quali discutequestioni di cultura e di politica setondo it mo-dello della « scienza D contemporanea, in latinoo in quel volgare, del quale ha saputo fare un cosimirabile strumento di espressicne, e intraprendequell'opera di suprema bellezza the e it suo poe-ma, egli non svolge una teoria riferendosi a episo-di della vita contemporanea o a scene prese dallabellezza della natura circostante, o alla vita po-polare patriarcale.

Oso dire anche di piu : l'immagine di Beatrice.per la cui definizione, storica o simbolica, si a spe-so tanta ingeniosita, non e mai it centro di un'a-zione, essa viene ad aggiungersi da se ad una de-scrizione poetica che partendo da un'altra sorgen-te insegue un altro scopo.

Egli e un lottatore che mette tuttala difesa della sua causa e che nulla pud div;deredalla sua bandiera.

Questa passione di partito e per lui al di sopradi ogni altro sentimento. Egli non vede Firenzestessa che nei riguardi dell'ostilita delle varie fa-zioni, caduta in potere dei suoi personali avversa-ri che sono per lui, nemici terribili, degni di in-finito e implacabile odio, e avra per essa gli stessisentimenti di aspra rampogna che ha per i suoipropri nemici.

Fuggiasco infelice, che ha sentito, e lo ha dettoin versi indimenticabili, l'amarezza del « pane al-trui » e la fatica « dello scendere e salir per l'al-trui scale » preferisce andar ramingo sempre piu

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Panimaneb

L'ITALIA VISTA DA UN RONIENO

lontano piuttosto che, pagando it riscatto, ricotlo-scersi in errore e

itcapitolare.

Quegli, verso quale ai giorni nostri gli irre-denti del Trentino guardavano come verso la per-sonificazione stessa dell'idea italiana, non e usci-to, come non poteva uscire, dal quadro del pensie-ro politico del suo tempo. E' tra Papa e Imperato-re, e la sua citta non' aveva Venezia sola fa inquel tempo eccezione non aveva, dico, un postoparticolare nella sua mente.

Ambedue i poteri sono pero da molto scossi, laloro autorita e sottomessa alle contestazioni viol,n-te e alle competizioni qualche volta felici.

La corona pontificia non e piii sicura sul capodei poveri vecchi, imposti dal partito francese de-gli Angioini di Napoli pill di quello che non sia lacorona dei Cesari sul capo del Re tedesco, chenon e se non un povero signore del Reno di sopra,come Ridolfo di Hasburgo o del Reno di sotto, co-me Enrico di Lussemburgo.

L'evo medio finisce, egli 10 sente ; ma non vuolcrederci, perche al di la di questi appoggi neces-sari all'intera society medioevale, una « chiesa diCristo n, non sa vedere altro. Tra i due preferiscel'Imperatore, lo preferisce per i grandi ricordi la-sciati dalla potenza imperiale in Italia, lo preferi-sce perche nell'ineertezza politica che durera a lun-go anche nella Rinascenza egli dalle sue lettureclassiche ha appreso la necessity del Cesare am-ministratore di giustizia, mantenitore della pace,rettore autorevole dell'intiera commedia politica.Non esitera percio a chiamarlo anche contro Fi-renze e rimpiangera che la morte prematura dellosperato salvatore gli abbia impedito di portarea fine l'opera di punizione e redenzione.

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NICOLA IORGA

Queste passioni, che ora sarebbero da tutti ripro-vate, per altro senso di dovere e di dignity nazio-nale, erano ciO che vi poteva essere di pia naturaleallora. La citta non esisteva che in funzione diquelk due grandi forze dirigenti, di quei due sim-boli supremi dell'intero mondo medioevale.

Da Roma, secondo la concezione corrente nel130o, aveva avuto origine lo Stato fiorentino etale origine insuperbiva tutti, e tutti ammetteva-no it diritto che sopra questa discendente roma-na aveva quegli the si intitolava g Rex Romano-rum n, portante la corona dei Cesari.

Non era uno straniero quell'ultramontano disci.:so nelle valli illuminate dal sole d'Italia a cercar-vi ben altro che una semplice conquista, ma pint.tosto ad esercitarvi le sue funzioni di giudice su-premo.

Fino al tempo di Dante sempre i perseguitatisi rivolsero a questo amniinistratore di giustiziada tutti riconosciuto.

Fino a Dante con o senza questa sentenza in-fallibile, lottarono gli italiani, citta contro citta,quartiere contro quartiere, casa contro casa, par-te contro parte, partito contro partito. Ma prima dilui queste passioni tanto potenti in realty non siconfessavano negli scritti, e percid questi scritti inprosa o in versi rimanevano uniformi, sbiaditi,senza interesse e senza vita. Osservate i cronisti,i quali non hanno mai un grido di dolore, una pro-testa, uno slancio vendicatore.

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

Fa eccezione Dino Compagni, almeno cosi comelo conosciamo, it quale nella biografia di Cola diRienzo, ci da l'impressione di aver scritto since-ramente: Villani e incerto, esitante nei giudizi,prudente nelle espressioni, sempre intento a guar-darsi dal pericolo che puO derivargli abbandonan-dosi a manifestazioni di partito troppo evidenti.Per questo nelle stork e nelle cronache non si tro-va alcuna eco di queste lotte vivacissime.

Come in molte altre forme letterarie, la nota vi-va e venuta percio dalla poesia del tempo, e que-sto e it maggior merito di Dante. Per lodare o percriticare, per innalzare e per abbattere ; per faredi alcuni gli abitatori del cielo sereno, di altri iprigionieri dell'abisso infernale, meritevoli di sof-ferenze infinite ; per accarezzare o per frustare,per a fare politica D e soddisfare con essa i ran-cori propri e del partito, e, con maggior ardimen-to, per presentare al tribunale infallibile tutta lagente che egli sapeva aver avuto parte fino alloranel governo dell'umanita, per questo scrisse ap.a Commedia D. In maniera eterna ha immortala-to cosi, non una sterile discussione di teologo me-dioevale, non la divagazione Belle fantasie di unseguace dell'irreale ; ma una passion umana, sin-cera, potente, irreconciliabile, assetata di vendet-ta. Sembra che di questo sentimento umano nontrasformato, capace di chiamare a proprio soste-gno tutte le idee e tutti i sentimenti, si nutra inogni tempo la Poesia.

Percio Dante non si mette solo nel novero deipoeti immortali, nel corn dei cantori eternamenteascoltati dalla umanita che si succede ; ma Eglie l'anima dell'anima dells sua epoca, come fu car-

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NICOLA IORGA

ne della came della sua gente con la quale ripo-sa nella terra che maternamente ha accolto, amicio nemici, gli uomini della sua generazione.

E' poco? Pue darsi che sia moltissimo.

Iv.Ma in questa poesia che rispecchia le lotte civi-

li dei tempi, a lato del giudizio sui personaggi sto-rici secondo i loro meriti o demeriti, c'e anche qual-che altra cosa. E' la meravigliosa comprensionedella natura, degli innumerevoli esseri che circon-dano l'umanita e le rassomigliano, anche se nonparlano molto, pill di quello che essa nella sua su-perbia non supponga, e un sentimento di infinitoamore in uno all'intuizione profonda di tutterecondite potenze che governano la vita.

Qui Dante e diverso che altrove, ma forse nondel tutto originale, ha dato solamente una su-periore interpretazione artistica a tendenze chegia prima di lui erano penetrate nella societa me-dioevale. Il cristianesimo si era rinnovato, nellasua vecchia forma patriarcale,- su questa terra be-nedetta d'Italia. CiO che aveva parlato alle animedei pescatori del Giordano risuonava ora in quelledei pastori degli Appennini. San Francesco, figliodi un mercante, pellegrino in Oriente, visitatoredei Luoghi Santi, aveva mostrato ai suoi contemporani che abbiamo parenti con i quali si puo par-lare solo con l'effusione fraterna dell'anima nostra,parenti yeti, seppure umili, in tutto ciO che si muo-ve e che intorno a not fiorisce. Il Papato dovette,malgrado it suo autoritarismo, riconoscere l'op-portunita e la giustizia di questa corrente rinnova-

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Ie

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

trice.che pur disponendo di mezzi tanto semplicisi diffondeva potente e veloce. Per questo a it po-verello di Cristo u fu messo tra i santi ai quali laChiesa romana tributa le sue onoranze pompose.Da una folla di discepoli, umili come it loro caporitenuto da loro quasi un nuovo Salvatore, nacqueun Ordine di monaci riconosciuto dalla Santa Se-de e in suo nome mandato lungo le vie del mondo,lino all'Arges ed al Siret romeno, fino ai Mongo-li di Hu lagn.

Come la superba teologia anche la letteraturalatina, da essa non divisa, ammise questa nuovarivelazione di una sublime semplicita, questo lie-to confondersi nel ritmo universale della creazione.

Lo spirito francescano ha aiutato essenzialmen-te la penetrazione della lingua del popolo nellaletteratura pit alta, pin ambiziosa per i problemida essa sollevati. Dante aveva cominciato it suopoema in latino, si decise poi a dargli la veste diun ingenuo racconto popolare per seguire la cor-rente, per farsi capire da tutti. L'amore dei let-tori, di ogni classe sociale, per questa poesia, dicosi ardito slancio e dovuto anchefraterna del genio del poeta verso la comprensionepin modesta, la pin ignorante.

Frequentemente it grandissimo Rivelatore deiprofondi misteri, it Conoscitore delle pin arduealtezze della filosofia, it "Rappresentatore criticodel dramma della storia universale, si ferma rapi-to, al volo delle gru che solcano la volta del cieloe ad ogni minima manifestazione della vita peren-ne della natura. Non gli manca neppure it senso didolce melanconia e di fraterna comprensione pertutto cio che riguarda la vita degli umili. PuO ben

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all'inclinazione

NICOLA IORGA

darsi che consista in cio it maggior merito di Co-lui che coi superbi pareva a alquanto presuntuo-so, schifo et isdegnoso quasi a guisa di philoso-pho ma gratioso B.

Dante non ha unificato solo con la sua lingua latoscana, ma per lui divento quella dell'intero po-polo italiano, di tutte le regioni della penisola, maanche con le varie comparazioni tolte a tutto quel-lo che era famigliare perfino ai pin semplici, egliha fatto di tutte le classi divise da vecchi e fortipregiudizi, un popolo che si abbevera alla stessafonte di una letteratura che, se none compresatutta da tutti, ha qualche cosa per ognuno e non6 estranea a nessuno in cio che costituisce la suavera essenza.

Egli e percio tra quelli esseri rani che superanoit loro tempo e sono di tutte le epoche e di tutti ipopoli, non perche abbiano volontariamente cer-cato, cio, ma perche hanno saputo essere sopra sestessi, del loro tempo, della loro razza, con tantapossanza dell'ingegno, giungere alle prime ed e-terne sorgenti dove si abbeverano le nazioni ed isecoli.

Commemorazione all'AceademiaRornena, 26 maggio 1921.

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FRANCESCO PETRARCA

I.

A Francesco Petrarca, al poeta, che da secolirappresenta per tutta l'umanita civilizzata i1 trion-fo della piu Pura e pia lirica d'amore spirituale de-vono rendere omaggio specialmente quelle nazioniche hanno ereditato quella parola latina che, nel-la scultorea forma origin ale e nella graziosa pla-stica sua derivazione italiana, it poeta aretino diValchiusa ha onorato con l'alta sua ispirazione econ fla delicatezza del suo sentire.

Siccome l'omaggio piu bello, per coloro i qualinon vivono, ormai, the nella loro opera, e una coin-movente comprensione di quanto ci hanno lasciato,eereherd di interpretare, irl piu esattamente pos-sibile, ma anche un pochino per noi, tat quail sia-no, questa figurazione scelta di quel che it MedioEvo trasmise al Rinascimento e che it Rinasci-mento raccolse dal Medio Evo come elemento vivoe degno di essere tramandato.

Nel 1312, un bambino di otto anni che le di-sgrazie politiche della sua citta italiana dilania-ta dai partiti avevano costretto ad esulare, arri-vava in Avignone, che in quel tempo non avevane it gigantesco palazzo dei Papi, dagli ingenui

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NICOLA IORGA

affreschi che testimoniano una vita di serenaallegrezza sotto it mite cielo di Provenza ; ne lachiesa della Madre di Dio des Dons, con le torn-be pontificie, dalle sculture come i merletti, ne Ilepossenti mura merlate all'ombra dei platini.

a Sappiano D, scrisse egli stesso, « coloro, sece ne saranno, ai quali non dispiaccia di conosce-re la modesta mia origine, che nell'anno di que-sto ultimo secolo che ha preso il principio e itnome da Gesa Cristo, per it quale e nel quale spe-ro, nell'anno, percio, mille trecento quattro, itzo luglio, un lunedi, mentre si faceva giorno,sono nato io, resiliato, nella citta di Arezzo, nelborgo detto dell'Orto, da onesti genitori, origi-nari di Firenze, di media condizione, inclinata,se debbo dire it vero, verso la poverta., ma scac-ciati dalla loro patria ».

Portato via all'eta, di un anno dalla citta do-minata dalla bella chiesa adorna della bianca fi-la di graziose colonnette, il figlio del notaio serPetracco o Petracolo e di Eletta Canigiani, avevaconosciuto it mondo circostante solamente dalla ca-setta di campagna di suo padre ad Incisa a quat-tordici miglia distante da Firenze D, dove crebbein compagnia della madre, riammessa in patria,dopo it lungo esilio.

A sette anni fu portato a Pisa, e certo qualche-cosa degli splendori di una architettura grandio-se e varia ei sara rimasto in mente.

Di Avignone ricorda in modo speciale it ven-to impetuoso che frusta le azzurre acque dell'am,pio Rodano. I primi studi non li fece solo in que-sta citta, ma anche a Carpentras, nelle vicinanze,dove stette quattro anni interi, imparando nelle

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

umili scuole dai programmi tradizionali g unpo' di grammatica, dialettica e rettorica : chi Leg-ge comprendera quanto cio fosse poco D. Con que-sta scarsa preparazione si reco poi a Montpellierper studiarvi, per quattro anni, u Diritto n.

Nella vita giovanile non gli sono mancati ipiaceri, dei quali piu tardi nella eta matura chic-dera a Dio molto devotamente it perdono.

Quantunque non abbia mai detto nulla inproposito, egli oltre gli aspri studi latini deveaver conosciuto le ultime manifestazioni di quel-la poesia provenzale che fu una gloria della let-teratura del Medio Evo. Poesia impersonale, clitono vago, che presenta i casi d'amore come unamateria per studi e sottigliezze della scolastica ob-bligatoria.

Da quest'uso del tempo egli ha preso l'abitomoraile dell'amore. Era una specie di obbligol'avere un amore unico e puro, eterno e immaco-lato, senza altro compenso che la parola e it sor-riso ; serena corrispondenza spirituale dell'ani-ma che dura fino alla morte dell'uno e dell'al-tro degli amanti che non tendono alla convi-Venza sotto lo stesso tetto. Non si deve fare unconfronto fra questo sentimento e la celeste pas-sione trascendentale dell'aspro profeta dell'infer-no e del paradiso, Dante, la cui Beatrice e un sim-bolo o uno che giunse fino a confondersi con esso.

Con Petrarca invece siamo sulla terra, fra es-seri che ne rappresentano it piu puro fiorire uma-no. Quando gli appare dinanzi vestita di bian-co questa donna : una virgo intemerata, una aman-te spirituale, egli, che da questo amore si sente co-me rinato e tomato a vita novella, segna la data

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NICOLA IORGA

per indicare appunto questa seconda nascita : 6 a-prile 1327.

La terza data, 6 aprile 1348, ricordera la fine diquesta incomparabile immagine.

La rara creatura e una donna del mondo che eglie gli altri possono vedere uscire dalla chiesa, pas-seggiare sotto gli alberi di un viale, nell'allegriadi una festa, ma che egli con la mente isola dalsuo mondo, da suo marito, dai suoi numerosi figliper collocarla d'ora in poi in quello che le leggidella poesia impongono.

Tutt'intorno sorride una natura che serve an-che di modello ai miniaturisti, dai quali corrono leacque vive e fra gli alberi verdi gli uccelli cantanosenza riposo :

Solo e pensoso i piu deserti campiVo mesurando a p ssi tardi e lenti.E gli occhi porto, per fuggire, intenti,Ove vestigio uman l'arena stampi.

Altro schermo non troy() che mi scampiDal manifesto accorger de le genti;Perche negli atti d'allegrezza spentiDi fuor si legge com'io dentro avvampi :

SI ch'io mi credo omai che monti e piaggeE fiumi e selve sappian di che tempreSia la mia vita, ch'e celata altrui.

Ma pur si aspre vie ne si selvaggeCercar non so, ch'Amor 'non venga sempreRagionando con meco, et io con lui.

Nel mondo poetico almeno ella puo donargli u-na felicity permessa e concessa dalla retta leggedella purezza ; e14a puo causargli dolori che sola-mente it cielo puo consolare : di qui l'invocazionethe precede di cinque secoli ii disperato appello di

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

Goethe a a Colui the a nei deli D 0 du, der innHimmel bist

Padre del ciel; dopo i perduti giorni,Dopo le notti vaneggiando speseCon quel fero desio ch'al cuor s'accenseMiranda gli atti per mio mal si adorni,Piacciati omai, co '1 tuo lame, ch'io torniAa altra vita et a pill belle imprese ;

che avendo le reti indarno teseIl mio duro adversario se ne

Or volge, signor mio, l'undicesimo annoCh'i' fui sommesso al dispietato giogo,Che sopra i pill soggetti 6 pin feroce.

Miserere del mio non degno affanno;Reduci i pensier vaghi a miglior luogo;Rammenta for com'oggi fosti in croce.

Se not la vediamo nell'ultimo attimo della suavita avvolta nella coltre funebre, cio non ci faradimenticare com'essa ci sia apparsa la prima vol-ta ; la sua immagine, rimarra sempre la stessa, diMadonna Santissima, di Vergine Immacolata.

E, per dimostrare che questa a passione veravissuta, al di fuori della tradizione poetica di cuila riveste, descrive una natura che non si puo con-fondere con altra ; questa Francia meridionalefacilmente riconoscibile, nei suoi angoli di dolceombra, nell'eterno sussurro Belle sorgenti, nelle ri-ve del Rodano ricche di vegetazione, dove non cre-scono i tronchi nodosi degli olivi dalle foglie d'ar-gento. a Le eterne acque a sotto « it cielo sereno adi Eminescu.

Egli conosce e parla ed ama, la lingua di questi-paesi mescolando nella canzone italiana it versoprovenzale :

Drez et raison es qui eu chant emdemori.

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:

S1scorni.

NICOLA IORGA

Lascia Avignone per volonta dei genitori che de-siderano indirizzarlo a una carriera, va

romano.per tre

anni a Bologna, la citta del dirittoE' un ritorno nell'atmosfera italiana. Ma biso-

gna che ci rendiamo conto che Italia era 11 dove itvecchio costume latino allontanava ogni influssodel largo campo e dell'animo rurale pieno di ricor-di virgiliani.

A Bologna it Papa comandava per mezzo del suolegato, e ben rigid° despota fu per pochi anni, sof-focando i sempre rinnovantisi torbidi, lo spagnuo-lo cardinale Gil Albornoz, e la citta passo per ope-ra di lui dal disordine, alla tirannia.

In questo ambiente scolastico di un genre tut-to speciale egli nulla apprese di quella gentilezzache not riscontriamo nei suoi scritti e che gli vie-ne invece dall'ambiente della fanciullezza e special-mente e soprattutto rlalla dolce, melanconica, sua.razza fiorentina.

Ma quando a ventun'anni ritorna nella sua Avi-gnone che ama malgrado essa racchiudaa Babilonia v, egli si sente italiano di lingua e dipensiero e dice : « Quantunque abbia visto motecose belle e grandiose, mai mi a dispiaciuta la miaorigine nazionale, anzi, dico it vero, piu ho viag-giato e nei luoghi anche lontani, altrettanto soncresciuti in me l'ammirazione e l'amore per lebellezze dell'Italia u.

In questo amore per la Patria l'hanno certo raf-forzato i numerosi italiani che egli di sicuro conob-be, i quali da molto tempo avevano fondato ban-che e commerciavano nella Francia meridionale,legata per mezzo della casa d'AngiO, che vi domi-nava col napoletano.

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l'empia

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Peccato che a questo riguardo non si possa sa-per di pia!

Un Colonna, vescovo a Lambez, chiama lo stu-dente ventunenne presso di se, la alle falde dei Pi-rinei coperti di neve, nella terra dalle verdi pia-nure sotto la rocca rocca dai pascoli abbondanti,ricchi d'erba anche nell'inverno, dove vive una

Aria, lorte : « un'e.state di paradiso n scrive i1 giovane « ne sospiroancora pensandola D.

fratello del vescovo, Cardinale Colonna, adot-ta it giovane Petrarca o meglio lo tiene come uncaro fratello e fa, secondo Ala confession stessa delpoeta, rimasto senza parenti, della sua casa unasilo per it giovane amico.

Si viaggiava molto allora. Era l'epoca in cui ifigli di Ugo, Re di Cipro, si ribellavano al padreche voleva tenerli soggetti e partivano dall'isola.

Uno di essi, che portera la sacra corona di Geru-salemme, percorrera l'Europa, dall'Inghilterra diEdoardo it Conquistatore a Cracovia, dove si riu-nirono l'Imperatore e i Re di Ungheria e di Po-Ionia.

Questa smania di viaggi prende anche it giova-ne Petrarca, che sente « desiderio ardente di ve-dere molte cose e i vari usi degli uomini D.

Andra in misione ad Aquisgrana, la capitale diCarlo it Grande, a Colonia, a Praga, a Pari-gi e dalla Germania egli passera finalmente a Ro-ma, desiderata fin dalla fanciullezza, dove lo at-tende it vecchio principe, padre dei due Colonna ecapo d'una delle pia potenti famiglie della glorio-sa citta.

Ma c'e in lui una irrequietudine, una sconten-tezza, che gli fa cercare nuovi orizzonti, non co-

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II

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me si e detto, qualche cosa che assomiglia al nervo-sismo maderno ; ma piuttosto l'aspirazione a co-se alte e sublimi che e propria degli eletti.

Con i suoi a libriccini D, come li chiama con in-finito amore, a soli sui compagni si nascondea Valchiusa presso Avignone. Solamente 1 luoghimolto piccoli appagano i desideri troppo grandi.

Qui l'ambiente francese gli ispira un genere dicanti, in italiano, che in Italia dove conoscse i dueSiciliani, i due a Guido D e non so che Bolognese,non era noto ancora.

Egli era una di quelk felici sintesi latine di cui11 Medio Evo e pieno e che se non fossero stateci si domanderebbe che cosa avrebbe prodotto laletteratura e l'arte senza di esse.

Ai canti in italiano vi aggiunge aLe Solitudinippiccolo libro in latino dedicato a uno tra i suoipatroni, per i quali ha sempre nutrito grande ri-conoscenza, che sara un giorno cardinale. Ma osaancora di pin, e, nel tempo in cui la crociata diPietro it Valoroso di Cipro infiamma le menti e

cuori e tutti pensano a Mauri e Saraceni, Pe-trarca, ammiratore del Re cavaliere, scrive it poe-metto latino « Africa p in versi magnifici, nel qua-le canta ed esalta Scipione it Grande.

Il culto della latinita rinasce in tutte le mentie in tutti i cuori. Anche in Francia, dove da Ores-me, Berchoire e Presle si traducono i classici.e in Italia, dove Cola di Rienzo, amato e piantopoi dal Petrarca, porta nel Campidoglio i conso-1; con i fasci. Non solamente it Papa dona la ro-sa d'oro ai buoni Re e alle pie Regine ; ma anchedalle Universita, ad esempio quella di Parigi, edalle corporazioni, come it Senato di Roma risorto,si conferiscono lauri ai Poeti. La fama stessa che

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i

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circonda it Petrarca, l'ammirazione che hannoper lui Papi, Re, Imperatori magistrati delle cit-ta, le visite ch'egli riceve, i posti d'onore chegli si accordano, i doni che gli si offrono, tuttoe fatto per onorare, attraverso it poeta latino, l'an-tica e sempre grande Roma.

Certamente a questo sentimento si deve it ri-torno, tanto desiderato specialmente dal Petrarca,della sede del papato a Roma.

II poeta invitato da due parti, preferi la chia-mata della sua Italia. Eccolo alla corte di Napolidove Roberto d'AngiO, a grandissimo Re e filoso-fo D, a amante della scienza e della virtu », l'ac-colse con tutti gli onori.

La sua « Africa D piacque a quella corte dottac illuminata ma la corona d'alloro non la vuolealtrove che a Roma risvegliata da una nuova li-berty.

Ando poi a Parma presso i signori di Correg-gio e vi si stabili per finire con tranquillity l'operache non era del tutto compiuta. Ebbe protettori an.che a Verona e a Padova, dominata da Jacopo diCarrara. In tale citta si recO due volte e vi sog-giornO in fine per tre anni consecutivi.

A Milano fu ospite dei fieri Visconti, Berna-be, Galeazzo, Gian-Galeazzo, e ne parti per por-tare al a buon D Re Giovanni l'anello perduto aPoitiers. Si recO in seguito a Venezia dove eraonore l'istruirsi e dove regalO la sua biblioteca Ila-tina.

Invano Avignone lotta per riaverlo. Nei pressidella Padova dei Carraresi, in un paesaggio didolcezza virgiliana, a tra viti e olivi n, sulle colli-ne Euganei egli stava per finire la sua vita co-me uno dei latini delle egloghe, dopo essere stato

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6- N. lorga

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italiano nei sentimenti, provenzale nei canti ecristiano nella fede.

a Come un viaggiatore stanco D scriveva ne-gli ultimi suoi anni, « raddoppiO it passo in quan-t-) vedo che si approssima la fine del mio cammi-.no. Leggo e scrivo giorno e notte e alternandolettura a scritti mi riposo. Queste sono tutte lemie occupazioni ed i miei piaceri B. « Non dO allanatura che ciO che essa mi chiede irhperiosamen-te, qualche ora di sonno fino alla mezzanotte

e ciO che non le si pue) rifiutare ».La morte lo sorprendera fulminandolo sui li-

bri aperti, comunicandolo con un crisma chenon fu quello della Chiesa. La cenere del corpotenuto dritto dall'aspra disciplina degli studi,quantunque sofferente di febbri malariche e pro-vato spesso da spasimi mortali, non si mescolOla, ad Argun, umilmente e cristianamente conla tanto amata sua terra italiana (18-19 luglio1374) ma, pin tardi, tolto dalla sua coltre fune-bre, sotto it baldacchino dorato, venne posto co-me una spoglia romana nel pagano sepolcro dipietra rossa, sotto l'altare della chiesa di Cristo.

II.

L'opera del Petrarca, come ogni opera del ge-nio, supera it tempo, in cui fu concepita.

Non che in essa non si trovino reminiscenze d'al-tri scrittori, esse sono molte e alcune abbastanzaevidenti. Oltre all'ispirazione provenzale, cosi de-cisiva sopra la lirica d'amore del pin grande poe-ta italiano dopo Dante, anche la letteratura alle-gorica del Nord della Francia ha una parte abba-

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stanza importante in questa opera di una cosigrande varieta.

Da lle Rime e dai Trionfi sorgono dinanzi anot tutti gl'irreali fantasmi dei a Sogni D e i« romanzi D del tempo, tutte le astrazioni attra-verso le cui nebbie si intravede la vecchia scola-stica scarna. I vizi e le virtu, qualita perso-nificate hanno i primi posti nei canti d'amore,dove basterebbe I'amante e la sua passion. Filip-po di Mezieres, che visse a Cipro dove regnavaPietro I°, o al monastero dei Celestini di Parigi,scrisse pure cosi. L'amore sospiroso di Petrarcae uscito dai boschetti del celebre Romanzo dellaRosa ma nei suoi canti appaiono a volte figure sto-riche, sfuggite, pare, dal mondo divino, sacro allepene, alla speranza e alla eterna felicita, creato daDante. Le scene d'amore sembrano miniature comequelle che si trovano nei manoscritti francesi dellostesso XIV secolo. E dall'atmosfera scolastica del-l'Universita di Parigi, tra i classici dai quali esceGiovanni di Meung, partono elementi di sa-tira come quelli che, seguendo una vecchia abi-tudine esempio i racconti satirici del bassoMedio Evo si occupano e si sente it Boc-caccio avvicinarsi specialmente del mondo fern-minile, benche nessuna donna in tal modo crea-ta abbia it fascino celestiale della bionda Laura ;o la nebbia, nutrita da ingiustizie, dei legisti.

E' pure cosi quando l'indignazione del cano-nico, padre di due bastardi, fulmina la corruzio-ite del clero di Roma trasferitosi ad Avignone.Conoscendo tutti i pill antichi e migliori poetie scrittori italiani, mettendoli per nome, eglimostrera, qui e la, ('influenza di colui che fupoeta pill grande di lui, pit grande di tutti, cioe

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Dante, senza consentire pens) a mettersi nell'om-bra di Litt che certamente gli sembrava rima-sto troppo indietro troppo medioevale. Nella suaopera non c'e che poche volte, come nei versi :

Levata era a filar la vecchierellaDiscinta e scalza, e desto avea '1 carbone;

it dolce spirito di umilta francescana di quello,l'ammirazione pia innanzi ad ogni essere, ad ognicosa uscita dalle mani del Creatore, la rinunciaad ogni cosa che lo interessi e lo riguardi. No,qui l'individualita non cerca di perdersi nell'ar-monia delle sfere supreme, di immedesimarsi nelritmo dell'intera creazione, di fondersi nella di-vina aureola che tutto comprende, tutto unifica.L'uomo ci si rivela com'e, con tutte le sue qualita,coi suo peccati che non depreca se pur liconfessa, con la sua passion alla quale riguar-da con nostalgia allorche deve staccarsene, coni suoi capricci che ammette, ma che scusa rite-nendoli inevitabili alla umanita, e con l'incer-tezze della parola in cui trema la passione :

S'io avesse pensato the si careFossin le voci de' sospir miei in rima,Fatte l'avrei dal sospirar mio primaIn numero pia spesse, in stil pia rare.

Morta colei, che mi facea parlare,E che si stava de' pensier miei in cima,Non posso (e non 6 pia si dolce lima)Rime aspre e fosche far soavi e chiare.

E certo ogni mio studio in quel tempo eraPur di sfogare ii doloroso coreIn quakhe modo, non d'acquistar fama.

Pianger cercai, non gin del pianto onore :Or vorrei ben piacer; ma quella alters.,Tacito, stanco, dopo se mi chiama.

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Cio che meglio rivela e definisce l'opera di que-sto poeta ricercatore delle opere classiche latine,scopritore di Omero, che aveva trascorso l'in-tera vita in intimita con gli scritti di Tibulloe di Properzio ed aveva bruciato incensi sull'al-tare di Virgilio, e la religione dell'antichita.

Le epistole ciceroniane che con l'evidenza diun bassorilievo danno le pia minute informazionisulla vita italiana d'allora, e it suo poema nelquale a ricordo dell'Eneide e rimasta l'ombra diDidone, sono documenti d'uno stato d'animo cheestrania it poeta, lo scrittore d'epistole, dal mon-do circostante, che gli si rivela piccolo, decadutoe indegno a confronto della grandezza passata ch'e-gli ammira e che apprende dai libri. Vorrebbeveder risorgere i tempi fastosi, vorrebbe entrarin essi, estasiarsi, non gli e lecito perch& e, datala sua coscienza e la sua mission, ii fedele diCristo morto per resuscitare. Quanto darebbe per-che quei .tempi resurgessero, sia anche un solofolgorante momento, per lui, l'esule !

Quando si crederebbe che fosse pia vicino allavera via e uscito dalle illusioni teoriche del medioevo e che avesse rotto le catene di una sottile, mameticolosa scolastica, quando ci si immagina d'a-ver davanti solamente it povero uomo terreno conquel poco, pur cosi grande, the e proprio suo,egli esula dalla vita per ritrovarsi nei Campi E-lisi, anticipando con spirito antiveggente cio cheavverra dopo la morte, in comunione coi Grandie i Saggi che sono stati nel mondo prima di lui.

Chi, potrebbe dire che non sentisse un fremitorivedendo la patria Italia, e per quanto attirato dairicordi e obbligato dalle sue norm politiche a ri-

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tornare in Valchiusa, dove scorrono le limpide ac-que della Sorga?

Pote cosi riconoscersi fiorentino e, quando untiranno n the onorava la letteratura lo invito alla

sua Corte e gli use tutte le attenzioni, gli sembronecessario legarsi a quell'angolo di terra dove eratrattenuto con tanta cura.

Ma l'Italia non 6 per lui, come per Dante,agitato da tutte le sue passioni, una necessity delpresente, una possibility del futuro al di la deimuri delle fortezze e dei troni dei monarchi usur-patori. Essa e una gloriosa reminiscenza del tem-po romano, e quindi, proprio per questo, un po-stulato della sua teoria. Ed Egli in versi latinil'ha cantata meglio, quando nelle sue Epistolemetriche le si rivolge cosi :

Salve, o fior di pieta, terra a Dio cara,Terra de' buoni asilo, agli orgogliosiFormidabile terra, io ti saluto,In quella se' ch'ogni pia nobil piaggia,Ogni suol pia fecondo e di chiarezzaE di fecondita vinci d'assai,Cinta di doppio mar, del celebratoTuo monte altera, se it valor de' prodiTe rends de le leggi it sacro impero,Degna d'onor; to de le Muse stanza,Tu di tesori ricca e di eroi : naturaEd arte egregi doni a gara in gremboTi versaro, e ti dier maestra al mondo.Su Pale del desiC, dopo assai lungoVolger di soli, ecco al tuo sen mi rendo.Ne fia mai pia ch'io t'abbandoni, o madre.Grati riposi a la mia vita stancaTu m'offrirai, ne, quando al fin s'estingua,Quanta polve a coprir mie fredde membraBasti, mi negherai. Ebbro di gioiaDel frondoso Gebenno in cima al colleTe bella Italia, io scorgo gia ; le nubi

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

Lascio a tergo: e la nota aura serenaChe mi batte sul volto, e l'aer puroChe viemmi incontro par che '1 suo salutiCon soave aleggiar reduce figlio.Patria, o patria! se' tu! le care glebeLieto io ne bacio. Salve, o madre o grandeFra quante il mar terra circonda, salve!

Ma Egli rimane insensibile allorche Firenze,la vecchia citta dei suoi padri, lo richiama, sioffre di ricomprargli i beni venduti, di nominarloprofessore di nuove scuole e, ricordandogli i lun-ghi anni di instancabile girovagare, gli mostrache ha una patria, pin vera di quella della nascita,dell'educazione e del suo amore : a Vieni percin,vieni dopo tanto indugio e aiuta con la tua elo-quenza, i nostri piani. Se ti accade di trovare nelnostro stile qualcosa che ti dispiaccia, questo deveessere motivo maggiore per indurti ad ascoltarei voti della tua terra. Tu sei la sua gloria e perquesto ci sei caro e lo sarai anche di pin se ascol-terai le nostre preghiere. n (1)

E cosi non poteva amare ]'Italia e se ne ritornnad Avignone.

Alle citta moderne italiane rammenta come unrimprovero non aver conosciuta la vita, sconosciu-ta, come a Roma, dove l'aveva chiamato nondi-meno il Papa esule, a in nessun posto Roma emeno conosciuta che a Roma n distrutta empia-mente dai barbari come a Firenze, dai prede-cessori classici. (2)

Solo a Milano, circondato da tutti gli onori, egli

(1) Arrive ad essere anche i1 primo criticd delle formedocumentarie dell'antichita. - Tirahoschi a Stories dellaLetteratura italiana s, IV, p. 392.

(2) Tiraboschi, I, c. pp. 536-8.

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arriva ad amare di questa citta « fino le case, i'.8uolo, l'aria e i muri p ed e felice che nel suo rico-vero nei pressi della citta, dove solamente la do-menica viene la gente del popolo per recarsi allaChiesa di S. Ambrogio, non lo cerchino neppure isuoi amici : « quando esco di casa o per mio do-vere verso it principe o per altro motivo di conve-nienza, saluto tutti a destra e a sinistra con un so-io movimento del capo senza parlare o fermarmicon uno qualunque. Quanto parlerebbe un altroin un giorno a me costa sacrificio dire in unanno n. (1)

Verso quelli che dividono ''Italia e la dominanoegli non ha i sentimenti di Dante, che e buon a-mico degli uni e degli altri ; e invincibilmente ne-mico di tutti in blocco che per lui sono : i gran bar-bari. I francesi come i tedeschi devono abbandona-re una terra che non e la loro e che profanano conla loro presenza. Penetrato dalla santita della suaterra classica egli li odia tutti questi stranieri e lisferza e li caccia verso le loro tane, malgrado cheanche lui una volta avesse desiderato it Cesare te-desco, Carlo IV, come pacificatore dell'Italia chesotto la sua suprema autorita avrebbe potuto con-seguire almeno l'unita.

Queste sono cose vere. La poesia ha, tra moltealtre virtu, anche quella di saper parlare a ognu-no it suo linguaggio. Per quanto it soggetto sia

(I) Tiraboschi, 1, c, p. 80.

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I:ITALIA VISTA DA UN ROMENO

locale o nazionale o sia legato ad un'epoca o ap-partenga ad una data scuola, essa supera le inten-zione del suo creatore per l'immortalita che in essaha fissato it genio di chi la compose. Lo studiosopuO riportaria alle sue origini, ma per quelli chene intendono tutta la suprema bellezza e non vo-gliono allontanarla dal proprio cuore per it passaredei secoli, essa e sempre contemporanea.

Quando piu questa poesia e grande, anzi direicio che non e it caso per tutta l'opera del Pe-

trarca quanto piu e originale, tanto piu essarisponde al richiamo di tutte le sofferenze, di tuttele aspirazioni.

Percio Laura dalle « chiome d'oro e ricciute Dpassa di secolo in secolo e di generazione in gene-razione, come l'immagine pura della bellezza chenon si macchia solcando i volgari sentieri della vi-ta e non lascia intaccare la sua perfezione dai cru-deli graffi del tempo.

Gli uni dopo gli altri, l'aspettano, la vedono ;l'adorano i giovani che, senza Petrarca, non sa-prebbero che cosa dirk. Essi non sanno quanto cal-colo, quanta filosofia, quanta analisi, quanto lungostudio e fatica si celino in questa creazione passio-nale che sembra tanto spontanea, nella lingua piaarmoniosa del mondo.

Ma essi, gli innamorati di tutti i tempi, adem-piendo alla legge della natura che vuolerinnovarsi della bellezza nel mondo, addottandola stessa liturgia sacra del mistero dell'amore.

Ma quelli che non cercano una voce sublime perit loro amore nuovo, ma che della vita ritengono so-lo quel che rimane eterno nei libri che non si pos-sono dimenticare, hanno per un altro motivo una

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l'infinito

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pia ammirazione per Petrarca. Egli e stato l'uomodedito giorno e notte a quell'essenza del pensieroumano che e it libro. Colui che di libro in libro sie messo in comunione di spirito con tutto oto chel'umanita, pur attraverso molte cattiverie e tri-vialita, ha tramandato ai posteri di pin alto e pinnobile poteva. Fu, con la sua opera incancellabileuno dei compagni, degli eroi di tutti i tempi. chesono fratelli fra Toro in virtu della parola scrittanel convegno degli immortali.

Quando, dalle disgrazie secolari che gli hannodato it suo incomparabile corredo di bellezze, larazza italiana ha voluto avere una patria unita, achi si e potuta volgere pill sicuramente per raffor-zarsi nella fede destinata ad essere coronata dalsuccesso tardo, ma pieno, se non a colui che univait Tevere, l'Arno e it Po in un'ode immortale e ful-minava vendicativo a le straniere spade v a la furiatedesca v a la menzogna bavarese B dell'imperato-re Lodovico, cadute sopra i piii bei campi e a lepia superbe parti del mondo n, al profeta dei tern-pi ancora lontani che imponeva la pace alle eternediscordie tra le Alpi e it mare e invocava Marioe Cesare per risvegliare a nuova vita a it nobilesangue latino v, a colui che all'intera nostra razzaha dato un nuovo brivido in questa rinascita dellasua gloria senza ombra?

Cosi pure quelli che comprendono come la poe-sia nasca da una misteriosa affinita dei sensi delleidee e delle sillabe e che essa fa di un nulla unameraviglia che ha risonanze nell'animo nostro as-sai maggiori di quello che non esprima it sensolimitato della parola in cui viene circoscritta, sa-luteranno it magico potere di colui che con poche

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

parole incorpora la vita e intuisce i misteri delfuturo.

Per it suo amore :

.... le mani bianche e sottiliE le braccia gentili...D'or capelli in bionda treccia attorti...I capei d'or fin farsi d'argento..

Per it santo lavoro dei campi, per i pastori thericonducono le greggi verso it paese :

Veggio la sera i tuoi bornare scioltiDalle campagne e dai solcati colli

E per l'eterna miseria umana :

II vecchierel canuto e biancoLa stanca vecchierella pellegrina

e tanti altri suggestivi brevi tocchi di suprema bel-lezza !

Commemorazioneall'Accademia Romena

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TERZA PAE,TE

IN DALMAZIA TRENT'ANNI FA

VERSO RAGUSA

In treno attraverso la pioggia, lungo i Carpaziromeni.

I cittadini di Bucarest che sono qui a a diver-tirsi u in villeggiatura, riparandosi a malapenasotto gli ombrelli, attendono it passaggio del tre-no : certo uno degli avvenimenti della giornata.

I monti sono avvolti dalle nebbie fitte e sola-mente le cime, scavate dalle acque in molteplicirughe, emergono limpide dalla nuvolaglia.

La giornata cominciata piovosa termina serenaquando it treno giunge nella campagna dell'Ar-deal, (Transilvania) nella quale i paesi ben co-struiti, che raccolgono le bianche case dai tetti dicoccio sotto le protettrici ali della chiesa, sonosparsi qua e la a grandi distanze gli uni daglialtri.

Il vento fa sventolare le tendine del vagone ede fresco e carico der soave odore dei fiori deicampi.

La mattina del giorno che segue attraversiamola monotona campagna ungherese e poi ad an-nunziare l'approssimarsi della capitale dei Ma-giari si cominciano a vedere gli avvisi delle re-dames attaccati ai pali, sui muri e sulle siepi.

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NICOLA IORGA

Poi si vedono le vie moderne e senza carattere diBudapest.

Nel pomeriggio ci avviciniamo a Fiume.Piove ancora insistentemente, una pioggia len-

ta e sottile. Per it gran piovere, le strade, che confatica si riesce a scorgere attraverso la penombranebulosa, sono divenute laghi sporchi e torrentifangosi. Le stazioni civettuole dalle finestre ador-ne di fiori, alle quali, altra volta, ho visto affac-ciarsi graziose teste bionde, non si scorgono nep-pure : sotto it continuo e monotono frusciare del-la pioggia, si vedono solamente alcuni contadini equalche bimbo dagli abiti a brandelli, che corronolungo it treno ad offrire brocche di acqua da bere.Mi addormento mentre continua questo preludiodi diluvio universale.

Quale mai dolce sorpresa al risveglio! In luogodei campi fecondi, ma monotoni nei quali un buonpatriotta ungherese mi indicava con orgoglio itgrano, l'avena, l'orzo, it trifoglio, la barbabietola(a abbiamo molte fabbriche di zucchero ! D), le col-line nude e rocciose, eppure splendide nella loroaridita. Il taglio fatto nel monte per costruirvial strada ferrata, mostra la pietra viva color mat-tone in alcuni punti, rossa come sangue in altri.Vedo cumuli di pietre, strade bianche e strette,gruppi di contadini dai visi magri e a destra, percompiere it quadro, ora angusto come un lago, oravasto quanto l'occhio ne puo abbracciare, P Adria-tic°.

E'invece della pioggia insistente di ieri, it cielolimpid() delle prime ore della mattina, quando itchiaro sole a appena uscito dalle onde azzurre delmare.

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

* * *

Il vapore per la Dalmazia parte la sera alle novee mezzo. E un piroscafo civettuolo e grazioso dellaSocieta ungherese-croata, « Zagreb » (Zagabria),dal nome slavo di Agram.

Siccome l'accelerato e gia partito da ieri, perrecarmi a Ragusa e necessario mi serva di questovapore che mi ci portera in tre giorni.

Il giorno seguente alla mia partenza, alle quat-tro del mattino sono gia sopra coperta per godermito spettacolo del sorger del sole. A destra e asinistra si scorge aa terra, una costa collinosa,arida e povera senza visibili abitanti.

A quest'ora, mentre it sole non e ancora spun-tato e it cielo e di un lieve azzurro pallido e in-certo, it mare, battuto dalla bora, e quasi piii ce-nere-verdastro che azzurro.

Tre viaggiatori di terza classe, coperti dai lorovasti mantelli, dormono a prora sul nudo tavolatoe sotto le pieghe del panno color caffe sembranomasse informi.

Pian piano it cielo si rischiara ai margini, primarosso e arancione, poi dorato e luminoso. Infine,it sole vince gli ultimi vapori condensati in biancanuvolaglia e si mostra, rotondo e senza raggi, dal-la parte della terra dalmata e pare che sul mare sistenda un tremulo manto d'oro. Da lla riva vengo-no a volo cantando bianchi uccelli dalle larghe ali,e laggin lontano tre pesci par che ringrazino an-ch'essi, per la divina luce, saltando sulle acque ei loro agili corpi mandano scintilii argentei.

I miei compagni di viaggio si sono pure sve-gliati e guardano silenziosi, e ammirano it mera-

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7- W. lorga

-

NICOLA 1ORGA

viglioso spettacolo. Sono uomini molto grandi,forti contadini della costa dagli occhi furbi e su-perbi, gente che ha conosciuto i pericoli. In capoportano una specie di berretta, specie di fez rosso,dalle cuciture nere e con un fiocco di lana da unaparte. Vestono una giacchetta turca molto guar-nita e dalla larga cucitura alla turca e pantalonidi tela azzurra, ai piedi calzano scarpe tedeschee hanno i polpacci fasciati con strette calze di lana.Par lano la lingua serba e sono slavi ; i Turchi han-no dato loro it vestito, gli Austriaci la coltura el'organizzazione della vita.

Il piroscafo &lige a Zara nella mattinata. Ciappare una larga riva sulla quale passeggia unpubblico assai vario, e un'antica porta sormontatadal Leone di S. Marco. Sono stati i Veneziani adare a Zara it suo aspetto odierno, tutti i suoimonumenti e anche questo Bello e armonico nomedi Zara. Passata questa porta si ha innanzi laclassica strada italiana dalle case alte e nere rac-chiudenti rombra umida e i1 rumore e una chie-sa molto pregevole i grandi edifici sono moltopith lontani, dove it viaggiatore, subito richia-mato dalla campana del piroscafo, non fa a tempoa raggiungere , ma cio the e veramente interes-sante e meraviglioso e la gen-te che cammina inquesto breve spazio. Gli uomini vestono tutti all'o-rientale come i miei tre compagni di viaggio,le donne portano sul capo una specie di traversinarossa e sulla persona lunghi abiti fioriti e man-telli dai vividi colori dai quali escono le larghemaniche della camicia, bianca come neve. Moltedi queste donne portano sandali ai piedi. Tantavariety di colori chiari, nel quadro oscuro della

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

strada, e una vera bellezza !... In confronto di abi-ti come questi, quelli degli ufficiali austriaci chepassano nelle loro modeste divise non fanno alcunaimpressione.

* * *

Il viaggio riprende. Passiamo ora tra le isolein un mare eternamente e prodigiosamente az-zurro.

Sebenico. Su lla riva bruciata dal sole si presen-tano alcune case senza originality e bellezza, chenascondono i1 Duomo, un edificio dell'epoca delladaminazione veneziana, dalle pareti che sembranoantico avorio e la facciata a loggiati. Su un'altu-ra che domina la citta si vedono vere fortifica-zioni del medioevo.

Net porto, nel quale it nostro vapore ha gettatol'ancora e dove ci fermeremo per circa un'ora,c'e qualche barca di pescatori che la bora fa don-dolare continuamente.

In una di queste barche una dalmatina allattaun suo piccolo bimbo e ne pettina un altro, mentreaspetta pazientemente che it marito termini dibere it suo fiaschetto di vino in qualche osteria.Gli abitanti di Sebenico portano lo stesso costu-me degli zaratini ; la sofa berretta rossa e sosti-tuita da un piccolo pezzo di panno del medesimocolore, senza orlatura ne forma qualsiasi di cap-pello, che fermano sul capo con una specie diresina che si attacca ai capelli spessi e polverosi.Akuni viaggiatori vestiti alla tedesca mangianoall'albergo del u Pellegrino D, serviti di un mera-viglioso arrosto di agnello, da un cameriere gob-bo e da una cuoca gobba anch'essa.

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NICOLA IORGA

Al ritorpo mi fermo ad osservare la statua diNiccolo Tommaseo, it celebre sebeniciano stabili-tosi a Venezia : uomo politico, poeta e lessicografo.

monumento e nuovo di zecca, bianco come itlatte. Ne e stata fatta da poco l'inaugurazione ede stata questa una vittoria del partito italiano con-tro it serbo-croato.

primo si appoggia alle tradizioni culturali, airicordi politici della terra, e l'altro all'indiscuti-bile origine della maggioranza dei dalmati e allalingua parlata da loro. I comuni sono quasi tuttiin mano a questo partito, che slavizza le targhedelle strade, costruisce chiese ortodosse (sebbenela maggioranza dei dalmati sia cattolica) e chiudele scuole italiane che it governo di Vienna, che saquello che fa, ordina vengano riaperte di nuovo.

* * *

Dopo parecchie altre ore di viaggio, it piroscafosembra vada ad urtare una riva sterposa come tut-te le altre, sulla quale al momento non si riesce ascorgere alcuna parvenza di citta. Poi all'improv-viso la citta appare interamente. E' Trait, resi-denza episcopale, citta antica dalle case nere edi muri rossi dal tempo.

Il Leone di S. Marco appare anche qui su unedificio della riva.

L'orma della prolungata dominazione di Vene-zia si trova ovunque sopra gli edifici della citta,e data dal tempo in cui dalla laguna fino allo stret-to di Gallipoli le acque erano veneziane e le costesparse di colonie della potente repubblica. Orainvece gli austriaci sono in Dalmazia, la Grecia edei greci, altri popoli aspirano al possesso di Co-

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Il

II

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

statinopoli dove un'tempo le navi veneziane aveva-no stabilito 1'Impero latino. Pax tibi, Marce...

A Trait, le campane suonano dall'elegante tor-re del pill bel Duomo di Dalmazia.

Una folla curiosa si aduna sulla riva : bambiniche piangono, donne con pretese di civetteria,facchini con it curioso pezzetto di stoffa rossa sulcapo. Un Beamter alza i1 ponte, che unisce la cit-ta con l'isola Bua e cosi la via e aperta dinanzi alvapore, che parte fischiando it suo canto di vitamoderna sopra le case nere della piU che millena-ria Trait.

* * *

Dopo poche ore, verso it tramonto, siamo a Spa-lato. La citta, the conta quasi 2o.000 abitanti, ela pit grande di tutta la Dalmazia. II porto am-pio e capace e pieno di navi, case moderne ab-belliscono la riva, sulla quale si innalza una sta-tua. Tra la popolazione e facile notare assai piufunzionari dal tipo insignificante che non in altracitta dalmata. Qui gli uomini dal caratteristicoberretto rosso sono piuttosto rari.

Spalato e una specie di Trieste o Fiume, piU pic-cola, meno popolata e molto piu brutta.

Dai muri superstiti di quello che fu it famosopalazzo di Diocleziano, inseriti come sono in unacostruzione medioevale, solamente l'occhio espertodi un archeologo puO distinguere qualcosa di inte-ressante. Meglio cento volte l'antichita in rovinache quella restaurata! Da una parte si vedono al-cuni degli archi rimasti che formano anch'essi laparete posteriore di una casa della riva, mentretin altro settore del palazzo di Diocleziano entra

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NICOLA IORGA

nel Duomo, per it momento reso invisibile da ta-volati che impediscono ogni vista.

Fuggendo le offerte ciceroniche di una terribilematrona riesco appena a vedere una volta buia,un muro romano quasi in rovina e alcune belle co-lonne corinzie.

* * *

Partiamo it giorno seguente alle cinque, dopoaver passato la notte nel porto ed esserci beneriposati.

Le citta sono finite e cominciamo ora ad acco-stare i porti insulari, ai quali ii e Zagreb D recamolte merci.

* * *

Milna, nella grande isola Brazza, a un portonascosto dalla costa e che si rivela all'improv-viso, con le case in fila lungo it mare.

Bol, piu lontano, sulla costa Meridionale dellastessa isola, costruita pill in largo, con le casesparpagliate qua e la. A Bol perdiamo una gra-ziosa compagna di viaggio : la figlia del macchi-nista, una bimba di cinque o sei anni dal visopallido, grandi occhi verdi e bei capelli arruf-fati. -

Ha fatto tutto it viaggio da Fiume con suo pa-dre, salendo di quando in quando in coperta a go-dersi'il sole e it mare, con graziosi movimenti didelicata gattina pulita e viziata. Partendo lasciaun'altra gattina, ma vera questa, it pill piccolo, itpiu magro e fragile esemplare della specie, che siaggomitola sonnolente su un rotolo di corda.

Gelsa : case ben tenute dalle persiane verdi ebei giardini fioriti.

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L'IT.ALIA VISTA DA UN ROMENO

* * *

Siamo passati per l'isola Lesina, che si stendesottile a sud di Brazza.

Doppiamo un capo, dopo it quale it piroscafosembra entrare nel mare libero e aperto dallegrandi onde. Ma questa impressione e di brevedurata perche dopo poco, quasi all'improvviso,entriamo in uno stretto golfo, in fondo al quale staquella che fu un tempo un celebre nido di pirati :Cittavecchia.

La citta e piccola e nera. Sulla banchina man-cano i facchini e percio la fune che it vapore lan-cia per attraccare alla riva e presa da ragazziche giocano con essa.

Vedo alcuni abitanti che ripetono l'atavico tipodi ladri di mare, un funzionario con it berretto chequi di faccia in una stanza vuota fuma beatamentela sua pipa, e un gruppo di a gente scelta D delluogo venuta per assistere all'arrivo del vapore :probabilmente l'unico avvenimento importante delpaese.

Lesina, la capitale dell'isola, e una citta abba-stanza grande e di bell'aspetto. Si vedono fortifi-cazioni imponenti, loggiati all'italiana dagli archicolor avorio vecchio, e a sinistra una bella torre.

Partendo navighiamo verso Lissa, nelle cui ac-que nel 1866 fu data la celebre battaglia perdutadalla flotta italiana. A destra non si vedonospiaggie, a sinistra se ne scorgono, ma assai lon-tane. Per l'approssimarsi della sera le acque sonopia agitate.

L'isola ha it capoluogo omonimo. Ci fermiamopresso it cimitero dove un insignificante leone dimarmo e destinato a ricordare una bella vittoria

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NICOLA IORGA

del periodo senza gloria della monarchia au-striaca.

La cittadina di cui non riusciamo a vedere gliabitanti ha strade anguste, che odorano di mirrae di cipolla, case nere, giardini, e un caffe a We-lington D (sic) al di la della chiesa, proprio allafine della strada.

* * *

Notte sul mare.II color rosato del tramonto dura a lungo mal-

grado discendano brume che pian piano confon-dono cielo e acqua in un'ombra sempre pit densa.

Le stelle spuntano tardi, molto pallide ; sembra-no anch'esse disciolte nelle nebbia che tutto av-volge. Dinanzi a not vediamo qualche lume dellecoste semideserte e delle isole selvaggie, che tal-volta scompaiono alla vista per ricomparire poimolto lontano. Ma poi anche queste vaghe luci sispengono e nel buffo profondo non si scorge che lalinea appena accennata della costa di sinistra.

Durante la notte it piroscafo e passato da Cur-zola e la mattina ci trova vicino a Ragusa, metadel mio viaggio.

La costa e pill verde, pia amica. Verso le sei,quando it sole si leva sopra i bastioni della riva,la citta appare.

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RAGUSA

Non e certamente come si vede nei manifestimulticolori dell'Hotel Imperiale, ma e tuttaviauna citta molto bella. I bastioni sotto la luce delsole, appena spuntato, son ora del color delle rose.

Ragusa intera a circondata da storiche mura chene limitano it porto, ne dominano gli edifici ita-liani e incoronano i monti.

Mura cosi fatte sono opprimenti per una cittaquale e ridotta oggi Ragusa, come e opprimenteper la piccola vita provinciale it ricordo dellagran citta passata, che queste mura attestano, di-mostrando quanto la citta odierna sia inferiore al-l' antica .

Ragusa, per secoli interi tributaria del Sulta-no, fu l'unica repubblica che rimase cristianamentre tutt'attorno le altre terre accettarono, conla dominazione, anche la fede dei Turchi.

Sono rimaste tracce assai visibili della sovranitaottomana, negli abiti e nella vita dei ragusani. Ifacchini del porto e l'intero popolo, ad eccezionedei funzionari e della classe scelta, portano unaspecie di fez basso, rotondo in alto, giacchettina,calzoni e pantofole a piedi, e non e difficile vederequa e la qualche turbante.

Nella strada principale, nello « stradone »

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NICOLA IORGA

come lo chiamano con orgoglio i ragusani ; c'e unaporta Marina, con it monastero dei Domenicani,e una porta Pile, con it Monastero dei Francescani

calzolai e sarti « nazionali D, seduti alla gre-ca sui davanzali delle finestre, confezionano e ag-giustano pantofole rosse, o cuciono con filo do-rato vestiti di foggia orientale.

Presso it Duomo alcuni facchini, con in capo ittradizionale fez, trascorrono l'intera giornata afumare, seduti a terra, imperturbabili e indiffe-renti sia al calore del sole che al soffiare del vento.Quale interessante raccolta di tipi umani !

Alla fontana di marmo presso it Caffe princi-pale, decorato alla moda viennese, si adunano ledonne che vanno ad attingere l'acqua con le broc-che ; portano sul capo fazzoletti vivacemente colo-rati ; alcune semi-signore modernizzate sono erze-goviniane (il paese alle spalle di Ragusa e l'Er-zegovina) e vestono abiti neri increspati, corpettocorto e sulla testa portano, sotto ii fazzoletto colo-rato, un asciugamano bianco inamidato e stirato,messo ad angolo come usano le monache cattoli,che. Altre sono albanesi vestono anch'esse dinero, ma in luogo della gonna indossano larghipantaloni pure neri e portano la testa scoperta.

La domenica e negli altri giorni festivi, sotto levolte oscure delle porte che conducono al mare,lungo i monasteri dei Domenicani e ai magazzinidella guarnigione, passano contadini dei dintorni,con le armi alla cintola e nel passare ti salutanogettandoti di sfuggita un a servo D, contadinemontate sui muli alla maniera maschile e piccolierzegoviniani con in capo anch'essi ii Toro fezgrande come un guscio di noce.

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

La strada che prendono generalmente questecarovane festive porta lungo it mare sotto le vinealle quali si sale per scale scavate nel monte. Que-ste strade piuttosto brvi finiscono subito e cositi trovi tra mare e monte per strade ricoperte dipolvere bianca, sottile e attaccaticcia.

Il monte ha una vegetazione lussureggiante deltutto meridionalle : piccole piante con foglie bian-che e molli come panno, una specie di edelweisdi terra calda, grandi ciuffi di cactus, dalle foglielunghe e grosse, e fichi dai frutti quasi maturi.

Manca poco a mezzogiorno e it mare e di un az-zurro cosi profondo, cosi intenso che sorpassaogni immaginazione. In questo quadro la vegeta-zione dell'isola di Lacroma che fu un tempotutta un parco in possesso del tragico Massimi-liano del Messico it grigiore dei bastioni e lemura fanno un effetto che non si puO descrivere.

* * *

Verso Gravosa, per la porta Pile, lungo le ville,c'e 1' u Hotel Imperiale n, nel quale gli stranierinon vogliono sapere di venire !...

Non credo assolutamente che in un altro luogosiano tanti oleandri quanti ne crescono qui. L'ariae satura del loro delicato profumo.

Sono grandi come yeti alberi dal tronco assaigrosso ed hanno una fantastica profusione di fio-ri rosa, bianchi ed anche rossi come it sangue.

A destra alcune stradette pietrose portano alForte Imperiale piantato sulla cresta del monte,sullo sfondo profondamente azzurro del cielo.

Mi sono fermato dal negoziante albanese e cri-

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NICOLA IORGA

stiano, che funziona da Console della Turchia.un uomo alto di statura, dal tipo molto strano, oc-chi incerti all'ombra di un terribile naso. Pressodi lui trovai due contadini albanesi, neri, come puOessere nero un bianco, e magri oltre misura, dallafaccia di mummie nella quale colpiscono, gli oc-chi neri, mobili e lucenti, i baffi lunghi da cor-sari, grossi e diritti che tagliano loro la facciacome una sciabolata fino alle orecchie, e it nasoprominente e dalla punta voltata in giit. Sono diintelligenza assai sveglia ed e in loro la prontacuriosity dell'orientale, che con persistente volon-ta e moderazione potrebbe farsi una ben diversasorte da quella spregevole di oggi. Le mie do-mande sopra una locality o una loro tribit risve-gliano scintille nei loro occhi vividi e subito unaaccesa conversazione si intavola tra loro in alba-nese. Ponete le stesse domande a un contadinodell'Europa centrale o del nord e vedrete la dif-ferenza !...

* * *

Gravosa e posta in mezzo a un territorio dallavegetazione lussureggiante e da Ragusa ci si vapassando per Borgo Pile, per un viale largo e bentenuto che taglia la penisola Lapad e unisce le duecitta che detta penisola divide. La fila di ville,dagli alti muri sui quali si rovesciano i fiori deglioleandri, si interrompe in qualche punto a sinistraper lasciar vedere it mare. Sono le cinque pomeri-diane e sotto la luce obliqua del sole la vasta diste-sa e straordinariamente tranquilla e bianca, di unbianco argenteo, e sfuma nei veli leggeri delle108

E'

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

nebbie laggin, lontano, ai margini dell'orizzontedove si drizzano le vele bianche di alcune barcheapparentemente immobili. La strada continua tracampi e giardini. A volte la riva e formata dalilaroccia lucida, nei cui crepacci, in un pugno diterra, a piantato le radici e cresce una strana pian-ta dalle foglie che sembrano di morbido pannobianco. Al di sopra di queste roccie si vedono lefoglie carnose dei cactus e dei cardi dalle fogliecolorate internamente di un azzurro metallico.

Ben presto qualche casa nascosta nel verde,una color arancione dai davanzali delle finestrebianchi, un'altra rosa preannuncia la vicina cit-ta, la quale 6 posta sulla riva del mare dinanzi alporto, dall'acqua maleodorante, nel quale sono an-corati qualche piccolo vapore e barche di pesca-tori con i fez rossi. Non c'e che una sofa fila dicase,' qualche caffe, davanti al quale attendono lecarrozze della gente venuta da Ragusa ; una chie-sa, dove dei monaci cantano. Qualche insegna 6italiana. La cornice e bella in questo quadro ab-bastanza comune.

Tutt'intorno alla citta si innalzano colline rive-stite della caratteristica vegetazione meridionale,sulla quale dominano le immobili e nere masse deipini marittimi, alberi dall'aspetto solenne e triste.Al tramonto it sole si corica in un cielo arancionementre alle spalle nubi violacee sembrano sangui-nare dalle cime.

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DA RAGUSA VERSO L'ITALIA

Il piroscafo lasciata Epidauro mi conduce verso1' Italia.

Seguiamo la sponda rocciosa, coperta da vege-tazione assai pia ricca di quella della Dalmaziasuperiore.

Dopo qualche ora di viaggio, in un mare per-fettamente quieto, passiamo la Punta d'Ostro, unpromontorio circondato da bianche costruzioni, edentriamo in quel dedalo di piccoli golfi che sichiamano le Bocche di Cattaro.. Sembra di navigare in un lago : tutt'attorno roc-cie nude e scure chiudono, in apparenza, lo spec-chio d'acqua. Le bianche case sparse ai piedi deimonti sterili e tristi sono l'unica cosa che riposil'animo in questa natura cupa e solenne.

Cattaro; un insieme di piccole case, e oppressadalla gran mole di un monte diritto sul quale noncresce un fib d'erba.

Al di la di questa massa buia, si vedono le cre-ste di altri monti, che nell'azzurro intenso delcielo sembrano aguzze come la lama di un coltello.

it Montenegro, staterello dalle valli angustee dai monti senza vegetazione.

A Cattaro i ricordi della dominazione montene-grina sono ancora molto vivi e gli slavi che vi

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E

NICOLA IORGA

abitano rivelano col portare persino sui loro ber-retti le iniziali N. P. (Nichita I) ricamate in oro,it desiderio di esser nuovamente annessi alla patriadi una volta.

L'unico fotografo della cittadina e anche it fo-tografo della Corte di Cettigne ed espone all'am-mirazione dei suoi concittadini fotografie rappre-sentanti ii principe del Montenegro e la sua fami-glia, vestiti in costume nazionale.

La citta si percorre in pochi minuti.Lungo it mare gli austriaci hanno fatto una stra-

da larga, abbastanza bella, arricchita dal giardinoFrancesco Giuseppe e da un minuscolo busto dibronzo dell'Imperatore.

Al di la della antica porta medioevale c'e unapiazza nella quale si trovano i negozi principali ;poi, in direzione del monte, piccole strade angu-ste dalle case alte, nere e con scarsi inquilini.

Un ponte levatoio porta al di la di un foss°pieno di limpida acqua ai piedi delle roccie, dallequali sale una stretta strada militare di altri tem-pi, costruita con arditezza meravigliosa, che svol-ge i suoi muri a zig-zag fino al forte posto sulla'cresta del monte.

In una specie di piazza naturale, tra le pietreportate dall'acqua, una pastorella montenegrina,in un povero costume di color scuro che bene siaccorda con la sua faccia bruciata dal sole dell'e-state, fa pascolare alcune capre irrequiete.

Torniamo indietro nelle Bocche verso Risanothe ci appare quasi immediatamente.

Mentre navighiamo, passiamo presso a un va-poretto carico unicamente di contadine della co-sta con gli abiti della domenica, e sul capo it ber-

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

retto rosso ricamato con filo d'oro ; esse vanno disicuro a divertirsi a Cattaro.

Risano e it porto della Crivoscia, celebre per lasua lunga e sanguinosa rivolta contro la domina-zione austriaca, un mucchietto di case strette tra imonti eternamente bui. Alcune strade angustesalgono verso ae rocce ; e si. notano tipi italiani(che la citta e una delle piu antiche della costa dal-mata conosciuta dai Romani che furono i padronidela Dalmazia), molti funzionari che par1ano te-desco e soldati che cavakano dei muli.

Presso la riva, una birreria adorna dei ri-tratti della famiglia imperiale e con delle litogra-fie che riproducono avvenimenti nazionali : tral'altro un Cobilovich che ammazza con mcilto san-gue freddo it Sultano Murad I.

Nel complesso la cittadina fa una brutta im-pressione : ha l'atmosfera triste dei luoghi ovefu soffocata una rivolta, un'atmosfera di odio ce-lato, di rimpianto e di delusione.

Sulle rovine di una casa distrutta ai tempi dellelotte della Crivoscia, raccolgono una nuova varietadi fiore dalmatino : bianco e dal profumo assai de-licato.

* * *

Per uscire dalle Bocche di Cattaro it piroscafo,dopo Risano, deve retrocedere e rifare la stradagia fatta.

* * *

Mentre passiamo presso Punta d'Ostro, dopo laquale comincia it mare libero e la via verso Vita-lia, scende la notte, profonda.

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- N. Iorga8

QUARTA PARTE

L'ITALIA DI TRENT'ANNI FA

VERSO L'ITALIA

MARE ADRIATIC°

Un -panorama che richiama it paesaggio deiCarpazi. Monti tondeggianti, the sembrano gi-ganteschi germogli di piante mostruose si suc-cedono e si accavalcano, rin un grandioso disor-dine causato sconvolgimeirti su'biti delaterra nelle -eta remote.

Similmente tra gli uomini vi sono animidall'evolversi della giovinezza .sviluppano senti-menti disordinati eppure grandiosi.

Avviene talvolta che da una di vuellle cime To-tonde si stacca qualcosa, e se-mbra che si sia Tot-ta una parte dei capricciosi ornamenti delle roccie.

Frammenti rossi come it monte, di un rossomattone.

Nel paesaggio, che it movimento del treno faondeggiare, in gontananza sorgono due largheall ; battono l'aria una sola volta, poi vagano tese,dando un senso di infinita e superba pace. Altridue colpi brevi d'ala, e l'uccello si innalza in unaltro piano di sicura navigazione. Ora hafatto nell'aria una svdlta pigra, e poi conun ultimo movimento delle ali e con it corpo lu-

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the

dagli

NICOLA IORGA

cente come quello di una farfalla, comprende inuna ruota che lo nasconde alga vista, tutta l'e-stensione delle colline rotonde.

* * *

Le colline rossiccie o nerastre paiono una as-sembles di giganti impietriti per opera di un in-cantesimo. Nessuna traccia di vegetazione sullaloro pietra, rosa dalle pioggie, dal calore del soledi migliaia di estati.

L'acqua ha arrotondato queste eruzioni di la-va infocata, scorrendo come torrente selvaggio,an tempi epici della natura ed ha plasmato vio-lentemente it loro definitivo aspetto. Ora saleun rumore puerile (se non fosse commovente co-me sintomo di vita) : e it ruscello che mormoranella valle rocciosa, deserta e silente ; urta conrabbia impotente contro le grosse pietre delle ri-ve che la forza dell'acqua non riesce ad allarga-re ; e dall'assalto ribelle delle onde che si scac-ciano le une con le altre sprizzano schiume cheondulano e volteggiano come chiome di ninfe fret-tolose, come bianche criniere di cavalli marini.

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NELLE ALPI

Una infinita estensione verde. Tra it fogliamefolto degli alberi spuntano le bianche case di cam-pagna davanti alle quali donne bionde, con la fac-cia assorta, bambini con i capelli del color dellacanapa guardano it treno, con la mano tesa al disopra degli occhi per farsi ombra. Poi it paesescompare dietro di not e solamente le catene dipioppi diritti e severi interrompono la monoto-mia del piano. Lontano verso occidente par divedere alcune alture violacee ,dietro le quali seen-de a nascondersi it sole. Dei monti hanno it co-lore, le cime, e le creste ; ma all'improvviso que-sta cortina oscura si illumina, una fascia di fiam-me rosse la fende, e da ogni lato i raggi sbucanoformando una splendente aureola. A poco a po-co lo splendore rosso impallidisce, e nel cielo siattenua l'azzurrro fino ad una dolcezza infinita.I pioppi sembrano pin dritti, le case piii alte.Prima di scomparire nella notte tutto si rischia-ra a pieno. Anche i rumori si fanno pia chiari :da motto lontano senza dubbio si sentono i cam-pani delle greggi dal suono regolare e pigro ; ele campane a vespro di un paese the non si vede.

L'aere umido manda odore di fieno falciato,

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NICOLA IORGA

i fiori cresciuti tra le stoppie dal profumo balsa-mico risvegliano ricordi dolci e confusi.

Ecco un paese the si prepara per it sonno. So-pra le case, avvolgendone it tetto puntuto, stauna nuvola bianca, formata dal fumo dei foco-lari accesi per preparare la cena.

Le luci che si accendono ai vetri, sembranostelle rosse che sorgano lontano. Tra i fienili,presso un fuoco di legna che muore sotto la ce-nere, un gruppo di falciatori con fasci di fienotra le braccia guarda it treno. Hanno sul visoBespressione serena che l'avvicinarsi della natte.matte sui vdlti anche pit) volgari.

Tre uccelli notturni passano rapidissimi ver-so levante attraverso la campagna buia e deser-ta. Dall'erba e dalle stoppie, dai giardini to daicampi di granoturco, do zirlare dei grilli ha mellasua xaonotonia una specie di wolutta selvaggia.

Muiando da tristezza delle tenebre in quiete.misteriosa, la luna piena mostra it suo splendo-re, aneraviglioso.

* * *

Dalle due parti della strafla, alti muri grani-tici, di cui non si vole la ,fine.

La pietra a di color rosso mattone, in alcunipun-6 giarla e nerastra. Dopo un certo tempo 11-panorama cambia ; da questa prigione rossignasi giunge ad una ilarga terra montuosa. Trac'hi the sembrano rotolati dalle mani di gigan-ti, passano strade; case 'blanche, con a tetti ditegole, si arrampicano Ira enormi 'Morelli di gra-granito. i rialzi di argilla ,che sostituiscono le sie-pi, sembrano invece giocattoli da bambini sulla122

'bloc-

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

rena di un giardino, le strade larghe si spezzanoin sentieri angusti di bosco. Uomini, gruppi dicontadini asciutti e snelli, di contadine dai gran-di occhi spalancati che si recano di mattina pre-sto a Fiume, si vedono piccoli come soldatini dipiombo, messi in fila sul legno della scatola.

C'e molta lute; ma it mole inon si suede. So la-mente avverti che succede qualche cosa di impor-tante dietro le cime di sinistra. Le nuvole the va-gano molto in alto, .hanno i bordi dorati, e, diadlpo, a una nostra discesa improvvisa, it solesi mostra, ben alto sulla volta del cielQ.

Per i sentieri serpeggianti, rallegrati dalla lu-ce, i gruppi di contadini si fanno sempre pin .nu-merosi, uscendo dal sentiero ,nel mezzo delle roc-cie e si perdono poi in uno con la ince dietro gillalti blocchi delle montagne.

Thalatta, Thalatta!L'Adriatico azzurrognolo con grandi rnacchie

irregolari pit scure qua e la. Non si vedonosolamente molto lontano la vela bianca di una

bazca the si perde nell'aere .come un purissixaosogno di gioventii.

Sulk .rive un insieme sporco sii 1egvi, xifinti,,fusti e al di sopra di tutto .questo, elevatori .mec-canici, simili .ad alberi di bompresso. _Alcuni ma-gazzirii anneriti dal furao., tdai .noxoi .ungiguesi.E'

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ana-

vi,

7iume.

FIUME, TRIESTE, MIRAMARE

Fiume, citta di 28.000 abitanti, nel 1580 ave-va la meta di questa popolazione. Vecchio domi-nio croato, ha assorbito uno dopo l'altro tutte leaquile feudali delle vicine creste rosse delle Alpi.

Ha fatto parte dell'Impero, e fu per qualcheanno legata alla Croazia. L'Ungheria riconquista-ta l'ha incorporata, infine, come a membro di-stinto D, nel 1868.

Ma un'altra influenza ha dato alla citta, la lin-gua, gli usi e una buona parte del suo aspetto.

Tutta la costa illirica-dalmata fu fino alla con-quista dei Turchi sotto la bandiera del Leonealato o sotto l'influenza del commercio e dellacuttura veneziana.

I tipi sono croati ingenue faccie rosse, colnaso corto e i capelli biondi, appena qualcheossatura violenta ungherese o, ancor pia rara,la faccia rotonda e rocchio ardente degli italiani ;ma la lingua che si parla dappertutto e l'italiana.

Al di la della citta moderna, una citta puli-ta, quasi lineare, salubre, opera di un popolo chenon ha avuto e non potra mai avere una colturasua, si estende, anzi meglio, si aggrappa allacosta granitica, la vecchia citta medievale, senzadubbio italiana.

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

Che strade caratteristiche, strette, umide e man-canti di luce. Le case sono nere, con le piccole fine-stre sparse irregolarmente, a grandi distanze ; lepersiane di legno vecchio impediscono al sole dipenetrare nelle basse stanze ammattonate. Oste-rie Buie come l'inferno, alcune sotto it livellostradale, portici e volte. Nelle piazze, un pitto-resco miscuglio di erbaggi e di frutta, che le vo-ci femminili mercanteggiano con alte grida.

I bambini si rotolano nella polvere bianca oiel fango viscido delle stradette e la fforo voceacuta si ripercuote in modo assordante alle pie-tre delle vicine case alte.

E poi i giardini nascosti dietro muri di mo-nasteri e, piu alte delle case e dei giardini, de sta-zioni della via Crucis sul granito rosso del monte.Ecco anche un arco romano, un frammento diarco curvato sopra una stradetta larga tre pas-si. Qualche chiesa, tra le quali una pig vecchiadel XIII secolo.

Quasi tutte le insegne sono italiane.governo ungherese, disturbato nei suoi sfor-

zi di undone nazionale del regno dal predominioschiacciante dei Croati, sostiene la lingua e la ci-vilta delle minoranze italiane, mentre nell'Istriala maggioranza italiana e sospettata e persegui-tata dall'Austria.

Al di la del ponte, al di la della Fiumara, laCroazia autonoma da it vero colore nazionale al-la terra ; i nomi italianizzati dei cognomi slaviscompaiono. Con tutto questo, anche qui, da lin-gua che domina e quells italiana.

La storia ha le sue leggi fisse, non sottopostealle circostanze del momento, con le quail ricom-

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Il

NICOLA IORGA

pensa le razze active e civilizzatrici, instancabi-li razze divulgatrici di cultura.

* * *

Per la civilta austro-ungarica, Fiume rappre-senta quello che erano per i Romani' gli emporidi confine. Esempio, it maestbso albanese chepasseggia piano, nel suo sbuffante abito nazio-nale, per le strade deserte per ill caldo del gior-no. Fra i baffi fino alle orecchie, gli occlli grigidallb splendore metallico, un nasa curvo di uc-cello da preda. Dietro lui viene un compatriottacon aspetto umile : i due- uomini non scambianonessuna parola nella loro passeggiata ritrnata diorientalli.

Verso Trieste, attraverso 1'Tstria pietrosa.Nel vagone solamente un italiano della- campa-

gna : sotto it cappello nero, dagli ampi bordi,una faccia larga, grassa, con una barba spaven-tosa che pare gli esca (lane orecchie. Pensa aquakosa di grave, perch gli octhi bonari guar-dana fissi la frangia sporca della tenda, che- glidondola davanti, per le scosse dell'acceleratot Lemani gonfie, pelose come quelle di una scimmia5sembra che frantumino una pasta che non si vede.

Una piccola stazione : al suono insistente del-la campanella e degli ordini di servizio, it con-ducente fa salire- qualcuno nel vagone. E ungnore gentile, che sembra molto contento di scor,-gere l'uomo dal cappello a larghe- tese-. Si siedein faccia a lui, e comincia a parlare, cost rapida-mente the a stento si capisce. Sono conti, propo-ste, domande ; l'uomo grasso fa all'altro un rap-

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* *-

si'

L'ITALIA VISTA DA UN ADMEN()

porto dello stato di una tenuta. Gli dice : a si-gnor conte D. con un certo rispetto.

Ha tirato fuori un grasso registro con dellee tutti e due lo guardano, parlando piu rata.-

mente con la fronte increspata. Guardo allora itconte. E' un uomo di circa quarant'anni, magro,diritto, legnoso, con. un naso a becco e una bellis..sima farba lunga e. nera. In. testa ha-- cosa in-solita da queste parte un. cilindro ; porta- laredingote abbottonata fino al collo e dei pantalo-ni stirati con cura, ma molto usati. Ha sul volto,come in tutto it suo aspetto, qualche COSy di ari-stocratico ; ma la preoccupazione, la cura con laquale osserva le cifre, quel particolare dell'abi-to bene spazzolato, stirato con cura, ma usato,mostra una decadenza materiale, di quelk che han-no eolpita tutta la vecchia nobilta d.'ItaliaL

L'uomo grasso di faccia, con aspetto volgaresembra invece molto)contento; non c'e di sicuro,nulla da opporre ai suoi conti. Sara probabilmen.-tp it di una dinastia di plutocrati del fu-turo.

Il mio nuovo compagno di viaggio a pill interes-sante. Sembra the abbia quarant'anni, ma dice diaverne sessanta. E' molto dritto, ossuto, con lafaccia color del rame, nella quale it bianco degliocchi sporgenti appare in modo strano. Lo sguar-do indagatore di questi occhi, la mane& muscolbsa,con le dita piene di cicatriei, con le vene gonfie,mostra un uomo abituatb a lavorare pesantemen-te. Ha l'abito di piccolo negoziante, un cappefiloduro e un oreechino d'oros ad un orecchio. E' par-

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fre,at-

creature

paa

NICOLA IORGA

latore, ma, con tutto che sia italiano, si esprimecon uno sforzo ; si sentono delle parole porto-ghesi nelle sue frasi. Perch& viene proprio dalBrasile, dove e rimasto due anni. E' un artigianoemigrato in un paese che paga meglio e nutre piua buon mercato. Mi fa vedere delle monete brasi-liane : carte da I0000 reis, che sembrano una ric-chezza e rappresentano sei lire, pezzi di nichelpesanti quanto i denari di ferro di Licurgo, dena-ri di rame che assomigliano ai nostri. L'oro e l'ar-gento non- esiste.

Man mano che it treno si avvicina a Trieste,l'uomo sembra preso da una gran preoccupazione.Mette la testa fuori dal finestrino, guarda all'o-xizzonte e quando si volta la sua parola e pill di-stratta, gli occhi piu luminosi.

Lo preoccupa qualcosa, di sicuro ; piu della no-stalgia di Patria, perche e istriano di nascita. Infine si decide a parlare, malgrado io sia un indif-ferente, uno straniero. Ritorna a casa a ingaggia-re dei lavoratori per stabilirsi definitivamente inAmerica, portando seco anche la moglie. Ma sic-come questa non gli ha scritto da molto, egli igno-ra che cosa flo attende a casa.

Con quanta tristezza ansiosa guardano gli oc-chi preoccupati del vecchio !

* * *

Trieste e una cita molto commerciale, nioltoprosperosa, che, tra altro, ha ucciso Venezia: Hauna borsa e un Lloyd % rinomati in tutto it mondo,strade molto larghe illuminate e pavimentate be-nissimo. Un porto dove fanno scab' inolti basti-menti. Se avesse anche un carattere suo, se.rebl5euna bella citta ; questo carattere manca pera an-128

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

che agli abitanti, che parlano tutte le lingue e han-no l'aspetto di tutti i popoli che qui convengono.

Trieste e it porto franco senza nazionalita diuno Stato che non e una nazione.

* * *Una immensa carrozza a quattro posti mi porta

verso Miramare. Da prima viali larghi, con raripassanti, poi sulla destra, delle canine, con unavegetazione ammirevole ; a sinistra it mare, it piuazzurro, it piu calmo di tutti i marl. Qualche casaspunta dal fogliame lucido giallastro. La stradaSegue sempre la linea serpeggiante della ferrovia.

Nell'aere limpido, che permette all'occhio di ve-dere lontano e distintamente, Qa macchia biancadel castello appare subitamente. E' posto propriosulla spiaggia del mare, dominandolo con la torree i suoi muri merlati. Incomparabili giardini cir-condano questo castello, di cosi pura e poetica bel-lezza. I fiori non si raccolgono, non si regalano,e in alcuni angoli d'ombra it terreno e coperto tut-to dalla caduta dei petali bianchi delle camelie.Miramare fu, una volta, un nido di felicita prin-cipesca. Poi un giorno i giovani padroni, sebbenecontenti di questi luoghi, andarono a cercare nnol-to lontano una corona imperiale, essi che occupa-vano gia un posto abbastanza elevato tra i poten-ti di questo mondo, per non averne bisogno. Massi-milinno inori fucilato e Carlotta ritorno pazza,

castello non si e inabissato come nelle leggen-de tragiche, nelle quali anche le pietre partecipa-vano a4 dolori di quelli che erano stati felici tra.esse.Bianco e armonioso, esso guarda oggi come allo-ra l mare con l'acqua mutevole come le fortunedella vita I

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9 - N. lorga

Il

VERSO VENEZIA

Sono le cinque di mattina ; it cielo e limpido.treno scende dalle Alpi. Un'ammirevole campagnaverde, nella quale ovunque si scorge l'influenzac-ulturale di secoli. E' coperta di piccole acacie edi granoturco molto alto, di viti cariche di grap-poli dai grani piccoli, acerbi, sostenute dai tron-chi dei salici.

Una chiesa lunga, rossa, con le finestre a formaelittica ; it campanile quadrato, di mattoni nera-stri, si slancia su, in alto, merlato e ha l'aspettodi un enorme calice di fiore. Numerosi altripanili simili si stagliano sulla massa compattadelle case che hanno le finestre quasi nascoste daiyasi_dei fiori.

E' Conegliano.Da mezzo alle file di acacie si scorge la chiesa

di Spresiano, bassa, con due stretti campanilidalle forme capricciose, colorata di rosso acceso.

Per giungere fino a Lancenigo ci vogliono circasei ore. Il paese e certamente al di la della stazio,tie, in mezzo alla campagna.

Una strada pietrosa, bianchissima si internatra it verde che copre e nasconde tutto. Ecco unaragazzetta di circa dodici anni, vestita di nero, ecoperta con uno scialle pure nero. Ha ii viso rego-

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cam=

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

lare, ardito. Si attacca molto seria alla grata e ciguarda con attenzione. Poi un rumore di mote edi zoccoli, it padrone d' un carrettino lega a unasiepe it suo somarello meditativo, al quale i para-occhi, un tremolio distratto delle orecchie e un al-zare umano delle sopraciglia danno l'aspetto diuomo studioso e paziente. Il padrone si mette an-Lite lui alla porta presso un giovane operaio dallafaccia stanca. Poi sopraggiungono altri due abitan-ti del luogo; dei quali uno, the porta una pesantecatena all'orologio, ha l'imponenza di un domina-tore di popoli scende da ur, barroccio. Tutti e cin-que tacciono e guardano : sembrano soggiogatidalla dolcezza della quiete mattutina.

Pronti !Con un sibilio lungo, A treno si muove.Altri campi ugualmente fertili con l'erba fol-

ta. Il fieno falciato e ammucchiato in cumuli ro-tondi presso le case rosse nascoste dalle acacie edai pioppi. Dalle sponde verdi e profumate dei fos-si si innalzano fiori a calice delicatamente venatidi viola. Il prato a spruzzato di fiori gialli e viola-cei, specialmente di questi ultimi ii cui colore do-mina l'uniformita verde del campo.

Ecco in fine l'ombrosa Mestre nella quale sonostato altre volte, con la sua acqua color caffe, lasua colonna veneta e i ricordi delle sue sollevazio-ni contro l'Austria.

Qui l'acqua delle lagune incomincia a invaderel'asciutto, spargendo grandi occhi bianchi tra itverde dei campi.

Ci avviciniamo alla Dominatrice dei mari. Iltreno va su una striscia di terra fatta dall'uomo,

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NICOLA IORGA

al di la dei vicini margini si estende it mare infi-nit°.

A destra mi appare un'isoletta con le case rosa-te. Qualche barca nera, e la prima gondola con idue vogatori piegati sopra i remi. Un angolo diVenezia, molto bello e mdlto sporco. Santa Mariadegli Scalzi e San Simone Piccolo, sotto le Torocupole azzurre. Gruppi di turisti di condizione nonmolto elevata, attirati a Venezia dell'Esposizio-ne, guide in uniforme the attendono ansiosamen-te le mance, venditori di ricordi di Venezia.

Uno scirocco soffocante umido rende l'aria irre-spirabile, ci6 forse eccita it cameriere veneto delristoratore the litiga con it suo collega piemontese.

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IN ITALIA

FERRARA

Verso Ferrara, per 1\flestre, Murano, Do lo, itbasso Brenta con le grandi isole arenose la-sciate dalle sue onde giallastre ; e Padova, dovegiovedi si commemorera it settimo centenario del-la morte del e Santo D. Dopo sorpassata la sta-zione di Padova, all'improvviso, spunta un bian-co cimitero, e pill lontano a sinistra, al di la de-gli alberi, Ila citta in tutta la sua splendida bel-lezza ; ma soprattutto l'occhio e attratto dal gro-viglio architettonico, ricco di cupole, formato dal-la chiesa del Santo.

La campagna e vasta e povera. Subito dopoVenezia le case sono ricoperte di legno e hannoagli angoli delle croci. Il granoturco cresce assaistentatamente, la strada e triste e qualche belpioppo qua e la non riesce ad abbellirla. Nellaterra umida i salici nascono abbondantemente ea volte coprono, come di un gran manto di seta.it terreno fino al lontano orizzonte. Ecco alcuniterreni coperti di stoppie ; poi sempre pia fittepiantagioni di canapa ; gli steli alti e sottili, pu-liti fino alla cima, portano con gravita it mazzodelle fronde rimaste. Sembrano piangere la pros-sima fine della Toro vita vegetale e forse invidia-

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NICOLA IORGA

nc la sorte di quelle di loro che a grandi mucchiasciugano, sotto it sole cocente, le fibre ingialli-te. Contadini, con it largo cappello di paglia ab-bassato sulla fronte, lavorano qua e la fra i cam-pi. Poi nell'ampia distesa, appare un montepietroso, cenerognolo. I radi ciuffi di verde che lomacchiano ne rivelano ancor pit l'aspetto sel-vaggio. Sulla cima sotgono le imponenti rovinenere di un antico castello, un flare di pioppi viconduce e sembra vegliare la morte dell'anticomaniero. Dall'altra parte c'e un altro castello,le cui torri quadrate sovrastano le case rosse del-Ila eitta : e u it monte dei selci i, Monselice.Ancora un flume giallo, poi Rovigo stende alprincipio di un boschetto di salici i suoi tetti ditegole sui quali emerge it Duomo, che ha elemen-ti gotici, e i campanili bassi, Vicino al Duomoun altro campanile merlato pare sorvegli la citta.

Un altro fiume, it Po. Poi Pontelagoscuro, einfine Ferrara.

* * *

Un viale lunghissimo di vecchi ippocastani suiquali le cicale stridono. Quanto rumore Si sentenel terribile caldo del pomeriggio !

In una trattoria una famiglia accaldata ed ec-citata dalle bevande si rallegra gioiosamente guar-dando con occhi imbambolati la strada larga, tuttavuota.

Muri alti, rossi, scoloriti e scrostati stanno daentrambe le parti ; dall'interno si rovescia su diloro una ricca vegetazione : rami polverosi di unmiscuglio di piante arrampicanti. E non si vedealcuno...

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

Ah ! ecco alfine degli esseri viventi ; una vec-chia con gli occhiali, sdraiata still'erba folta,legge uri libro tenendolo lontano dagli occhi pre-sbiti. Poi un cidlista che pedalando passa comeun fulmine. Su una patichina di pietra un uomoin divisa spiega qualcosa ad un vagabondo dalcappello sfondato.

Il viale termina iii una piazza e in questa sieleva qualcosa di rosso di una grandiosity e diuna bellezza speciali. Totri massicce, solide co-me montagne ; fossi larghi nei quali vagano lun-ghe erbe acquatiche ; ponti levatoi, archi bui, cheaspettano le barche che non verranno tnai pia ;finestre piccole, .incassate nell'enorme spessoredei muri : e it castello di Ferrara.

Questo castello, costruito nel secolo XIVJ havisto tutta la fortuna e la disgrazia di una dellepia gloriose famiglie regnanti d'Italia.

La casa d'Este ha radunato nelle sale spazio-se, dalle volte scolpite e dalle pareti coperte di af-freschi, tutto quello che la ricchezza e i1 talento a-vevano creato di pia bello in quei tempi. Che nelsecolo XVI la padrona di casa si chiamava Lu-crezia Borgia, bionda creatura del Rinascimen-to, sulle spalle della quale la calunnia ha getta-to it pia sanguinoso manto di delitti : gli ospitierano messer Lodovico Ariosto, Torquato Tas-so ed altri. Oggi c'e la prefettura di una provinciapovera, dal capoluogo quasi deserto.

In corso Giovecca, che incomincia dalla piazzadel castello, una porta del palazzo aperta lasciaintravvedere qualcuna delle sottili colonne del por-tico e la grata di una porta che pare sia di unachiesa.

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NICOLA IORGA

Della povera gente vi si affolla. E' questol'ospedale di Sant'Anna del quale la leggenda hafatto per molto tempo la prigione del poeta dellacrociata, del Tasso messo in catene come folle pervendicare la superbia offesa di Alfonso duca diFerrara. Ma ricerche ulteriori hanno discolpato itduca. La pazzia del poeta non fu che un'infame in-venzione. Ci sono molti pero, i piU, ai quali itdistruggere una leggenda lascia un vero vuoto nelcuore. Al le masse le leggende piacciono, per lasublimazione morale che da la sofferenza e per-che desiderano arricchire con la corona di spinele altezze intellettuali del genio e la santita di Dio.

* * *

Nella via Ariosto c'e la casa del Poeta, moltovisitata dai forestieri. Questa smania di vedere igrandi sotto it loro aspetto umano li rimpiccioli-sce ed umilia.

Al tempo del Rinascimento, al N. 67 dell'attua-le via Ariosto, visse un uomo dall'apparenza bor-ghese che, come tale, non avrebbe interessato,ne la sua, ne le generazioni che lo hanno seguito ;ma in lui Viveva un altro uomo it cui genio sfol-gorante era la manifestazione della pill eccelsaumanita e quello non abitava li perche it mondointero era suo. Egli lo percorreva con la velocitydel baleno uscito dalle mani di Dio. Vedeva i tern-pi che furono e quelli che sarebbero venuti, cono-sceva i mondi nei quali visse al di la dei limitidella conoscenza comune e scorgeva l'infinitosplendore di plaghe eteree, mai viste dagli occhiumani.

Sapeva it linguaggio dei fiori, comprendeva

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

it pianto delle acque e it mormorio dei boschi chepar si dolgano, e come un nuovo Jehovah creavacol suo genio esseri nuovi. Che ha a che fare ta-le Genio con l'uomo modesto come ricchezza esituazione morale che abitava it palazzetto diFerrara?

* * *

Ecco it centro della citta. Una lunga costruzio-ne rossa, con finestre gotiche e una porta i cuipilastri sono l'uno una colonna medioevale, l'al-tro un frammento di arco romano, limitano dadue parti la piazza, la caratteristica piazza sa-lone delle citta italiane, dove tutta la gente si riu-nisce per scambiare idee e mercanteggiare.

Da un altro lato della piazza si alzano tre fac-ciate brune, divise per la lunghezza in vari ordini.E' it Duomo, popolato dei suoi santi ingenui ebarbari del XIII e del XIV secolo, e in faccia alDuomo un bel palazzo gotico nel quale la fila del-le colonnette in alto sono un lavoro di meravig{lio-sa finezza.

E' sera. La piazza si riempie piano, piano e itprimitivo silenzio e rotto dal chiaccherio chiasso-so di tutta quella gente. Le persiane e gli stuoinidi canapa rossastra vengono alzatti e alle finestresi affaciano visi quieti e belli dalle guance ton-de e dagli occhi profondi con le ciglia folte.

Le sedie dei caffe invadono la piazza fino alcentro.

Venditori di semi di zucca, di grosse pesche vel-lutate, di mandorle con ancora la loro scorza ver-de riempiono l'aere fresco delle loro grida.

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NICOl.A IORGA

* * *

Ferragosto.Una folla incredibile nella piazza della citta,

di solito quasi deserta. Dai portici del Duomoentra ed esce la gente vestita a festa. Ainnurabi-li donne vestite con bluse dai colori chi= e cheportano sulla testa un elegante pizzo nero di Ve-nezia.

La Fiera si svolge con grande successo. In mez-zo a un gruppo di persone molto attente, Una si-gnora fa la reclam ad un moderno istrumento perindovinare it futuro.

L'indovina di Ferrara opera all'altezza dei tem-pi ed ha, sostituito la macchina alla simpatica ra-gazza con gli occhi bendati, alla vale it tipicovecchio faceva fare i passi guidandola con aa bat.chetta che teneva in mano. La macchina e una spe-cie di locomotiva, grande un ottavo del vero, di-visa in tre parti. Il coperchio di vetro mostra,vaganti nell'acqua dello scotnpartimento di mez-zo, tre bamboline di porcellana, che si alzano e siabbassano quando it dito spinge it pezzo di pelleche copre l'imboccatura. Una suoneria elettricada una voce magica a questa macchina imponente.

La donna che manovra questa macchina infer-nale parla molto svelta e con grande sicurezza.Gli occhi avidi che scrutano it pubblico hanno tut-tavia di quando in quando lo sguardo velato edincerto che solamente i pin abili ciarlatani nonlasciano scorgere.

Dal diluvio dellle parole rimbombanti si riescea distinguere chiaramente : « Per tradimenti, perfurti... u. Una ragazza dal viso magro e l'aspettoingenuo e motto giovanile rivela negli occhi l'in-

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

quietudine che l'agita. Si vergogna d'interroga-re per prima la macchina ; ma non puo piu tratte-nersi. Un po' di sangue sale ad imporporare lesue gote bianche e senza trasparenza. Chi sa?Ii cuore, forse it cuore le batte tumultuosamenteper un tradimento.

Tra gli ascoltatori qualche uomo ride, guar-dando i vicini, sebbene non si conoscano l'uno conl'altro.

La- folla mi trascina via. Se fossi rimasto anco-ra un attimo avrei potuto vedere la vittoria dell'in-dovina. La parola accesa di questi ciarlatani scal-da l'immaginazione e suscita le domande e leansie che tormentano la gente semplicel L'a-mato mi apre it cuore, cosi interamente come midischiude le braccia? pensa la ragazza dalleciglia ombrose. Perche mi ha guardato ieriin una maniera diversa dal solito? Perche ha par-lato tanto e cosi svelto, come se fosse un colpe-vole che vuol confondere? Che faranno i mieivecchi a casa? pensa un soldato vicino che vuolmostrare di sorridere mentre una riga profondagli taglia la fronte pensierosa. Gli viene in men-tc poi che la sua ultima lettera e rimasta senza ri-.sposta... Questa macchina e cosi tentatrice e cosicomplicata... Finalmente uno piu coraggioso sifa avanti, sorride forzatamente, si dondola im-pacciato sulle gambe scrollando le spalle. La mac-china (o la sonnambula) gli risponde con unasequels di parole nebulose senza senso, delle qua -li almeno certamente arriva al segno. L'uo-mo cambia colore, gli occhi sorridenti si fannoattenti nella faccia pallida. In un attimo it cam-biamento e notato da tutti i presupposti scettici :

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ana

NICOLA IORGA

l'indovina dice la verita. E al primo segue it se-condo, e altri e altri ancora.

Le monete da venti centesimi si ammucchianonel ricevitore della macchina e l'indovina eccitatadal guadagno e dall'ammirazione incomincia adatteggiarsi ad autentica sibilla.

Dal Duomo 4e ondate di un'armonia larga e so-lenne giungono sulla folla accalcata.

Come limpidamente questa citta decaduta haconservato l'aspetto delle vecchie fortezze ita-liane ! Nei costumi, come nelle costruzioni. Tut-ta la gente qui si conosce e lo straniero e subitosegnalato e guardato con interesse malizioso : aa-le volte gli occhi non bastano ; senti the vorrebberopoterti toccare.

Un problema : Dov' e la Biblioteca?In una cartoleria due signori in eta si disputano

l'onore d'indirizzarmi. Non comprendo nulla del-discussion contraditoria e me ne vado, de-

ciso a girare e a domandare di nuovo. Uno deidue mi raggiunge, a un uomo alto, magro, curvo,con i baffi folti e bianchi e mi dice : a E' nella U-niversita, in Via Mazzini, la terza a destra, sem-pre diritto... D, poi la curiosita lo vince e mi do-manda da lontano : a e tedesco? - L'ho sentitodall'accento D... Non sono del tutto lusingato, edico secco la mia nazionalita. Il vecchio signoreguarda di sottecchi, aggrotta la fronte, poi rasse-renandosi risponde : a Ah si ! dove hanno ammaz-zato quel povero signore !... D. Divento compatriot-ta degli assassini di Stambulov ! e 4a mia guidaguarda furtivo i movimenti dell'uomo venuto datanto lontano. Mi rassegno ad essere serbo, nonprotesto pill, e it cittadino ferrarese, contento delle

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4a

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

sue cognizioni geografiche, comincia a parlarmiin una lingua che non riesco a comprendere af-fatto. Un parlare simile non l'ho mai udito intutti i miei vagabondaggi attraverso l'Europa. Ildisgraziato mi parla in turco !

* * *

Lunghe strade quasi completamente ciesirrernelle quali talvolta passa qualche donna con unfiasco di vino, che porta a casa per la cena. Lun-ghe file di case, dalle quali l'intonaco colorato sistacca scoprendo tracce di altra pittura, pin anti-ea. L'acqua sfuggita dalle grondaie ha steso sul-le facciate larghe macchie di -muffa e di ruggine,Vedute al sole da lontano, queste case rappresen-tano it pin vivo, it pin bello, it pin insolito mi-scuglio di toni, sembrano costruite di porfidi muQ-ticolori. Qua e la ci sono anche grandi palazzi constrisce di marmo agli spigoli e sopra le porte, eintagli di una infinita delicatezza, opera dei bravie pazienti maestri del XVI secolo. Sulle inferiatedelle porte, sui muri, dovunque grande abbon-danza di piante verdi e di fiori, a volte una spe-cie di lungo calice, di un rosso acceso, bello quan-to mai, rinfranca lo spirito e rallegra rocchio. Ec-co un'altra di queste strade semi deserte che ter-mina a una casa colorata in rosso mattone. In ter-ra in luogo del marciapiede c'e una paviinenta-zione di pietre messe a spigolo chissa quarto an-tica! Silenzio profondo. Una caserma. Una oste-ria davanti aQla quale tre bambini giocano e stril-lano per passare it tempo. Dentro, nelle camerestrette e buie, una donna invisibile canta con tra-sporto ; sui muri rOsi dal tempo che celano al di

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NICOLA IORGA

la immensi giardini verdi, le lucertole paurosefuggono, con fin tremito sottile in tutto it corpi-cino agile ed elegante.

* * *

Ecco una galleria di quadri alb. quale puoi sta-re a tuo agio perche nulla e nessuno ti disturbae distrae, e percio puoi godere della pittura, -co-me godresti nel leggere un Ebro, da solo a solo.Non c'e che un vecchio portinaio che subito si al-lontana ; neppure un visitatore. Ci sono qui alcu-ni buoni quadri di Garofalo, di Dosso Dossi, in-genui tentativi di ignoti del XV secolo nei qualisotto da collina del Golgota passano alcuni cavalie-ri con in mano la loro insegna che sono seguitidal loro scudiero e preceduti dal corriere con labandiera, una Madonna benedicente del Tintoret-to, una vigorosa a Nozze di Cana D di Bonomi e,di un moderno pittore ferrarese, un palazzo fan-tasticamente illuminato dalla lung, eseguito conmolta bravura.

Quando mi accingo a partire, sugli ippocastanipolverosi le cicale si dilettano ancora stridendo convdlutta.

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PARMA

Da Piacenza in poi i campi ricchi di viti. Lonta--no a destra gli Appennini, the la sera tinge diazzurro e viola. L'orizzonte sembra limitato da unarcobaleno. In cielo, it tramonto svanisce nelleultime tinte violette. Il treno passa rapidamentedinanzi a Reggio Emilia di cui riesco a vedere solopoche case ; ma dopo appena un quarto d'ora dal-la distesa campestre si levano le cupole e le torridi Parma.

Parma e una citta di circa 50.000 abitanti, mol-to riunita e abbastanza bella. Nelle vie non moltocaratteristiche vi e un gran movimento di perso-na e, in generale piuttosto brutte.

Le piazze in genere sono larghe. In una di que-ste c'e la statua di Vittorio Emanuele II, in un'al-tra quella di Garibaldi, ritratta con semplice reali-smo, e in una terza si eleva la faccia lunga e tri-ste del Parmigianino, eseguita da Francesco Ma-zola in marmo bianco. Quasi attaccata al Palaz-zo municipale, costruito in mattoni vuoti e di co-lor chiaro, c'e la statua del Correggio. Questisono i monumenti artistici di Parma, la cui sto-ria politica non e molto gloriosa. La vecchia cit-ta guelfa del XIII secolo cadde, nel socolo se-

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NICOLA IORGA

guente, sotto it dominio di tiranni che precedette-ro e prepararono la dominazione milanese. Il ne-potismo di Paolo III, la divise poi dal rimanentedelle possessioni della chiesa, per farne un ducat&della famiglia romana dei Farnesi, che domin6-con splendore. Pill tardi, dopo due Borboni spa-gnoli, nel 1815 Maria Luisa, l'indegna mogliedi Napoleone, ebbe per se it ducato, che govern6abbastanza bene, tra la generale soddisfazione, pertrentadue anni. Maria Luisa si occup6 in modoparticolare della cucina di Corte : la biblioteca diModena conserva un gran numero di conti e fat-ture, con note autografe della gastronomica du-chessa. Cattolica fervente ripar6 le chiese e co-strui monasteri, restaur6 inoltre, poiche era tut-tavia donna di buon gusto, la camera del Correg-gio a S. Paolo, e comper6 per ioo.000 lire la col-lezione orientale di De Rossi ; dal Canova fecescolpire la sua faccia di bambola dagli occhi obli-qui e dal naso corto, e dal Borghesi si fece ritrat-tare quale Minerva nella biblioteca fondata daiBorboni. Prima che Napoleone morisse si scelsecome nuovo sposo it capo delle guardie ducali, itConte Neipperg, uomo molto virtuoso. In tal mo-do essa ha separata la sua vita da quella u dell'Im-peratore D che maggiormente grandeggia nella so-litudine della sua sventura.

A Maria Luisa seguono nel ducato alcuni Bor-boni, figure scialbe e senza rilievo. L'ultimo per6,un degenerato, venne ucciso da un cittadino dalui insultato e con lui ha termine la storia delloStato indipendente di Parma, che del resto comeabbiamo veduto non ha avuto grandi glorie.

Ma assai piii importante fu la sua vita artistica..

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

Nel secolo XI i parmigiani hanno cominciatola costruzione del Duomo, la cui fronte quadratacon le belle colonnette di marmo e per la suasemplicita uno dei monumenti pitsi armoniosi del-l'Italia settentrionale. Il secolo seguente vide in-nalzarsi ii battistero ottagonale di marmo rosso,con le porte ingenuamente e accuratamente scol-pite. Nel XVI secolo it Correggio e it Parmigiani-no hanno sparso ovunque tesori artistici che sonostati a loro pagati prezzi irrisori.

Dei due it piu grande e it Correggio, la cupo-la del Duomo sorprassa in valore artistico, dicevaTiziano, it suo peso in oro. Oggi Fumidita di-strugge piano piano la grandiosa teoria di figureche segue nell'aere l'ascensione di Maria versoit Cielo. Il Correggio fu un maestro nell'armo-nizzare le luci con 4e ombre, nel dipingere le suefigure di una soavita divinamente dolce, angelicon le guancie piene e rosate. Tra i pittori delRinascimento fu anche it piu grande decoratore :nessuno ha saputo adornare piu artisticamentele pareti di una stanza come ha saputo fare lui inS. Paolo.

La Pinacoteca ammirabilmente ordinata corn-.prende, oltre la pill ricca collezione di originalie di copie di quadri del Correggio, oltre ai dodiciapostoli di Ribera, qualche altra cosa che inte-ressa in maniera speciale lo scrittore e lo stori-co. Si tratta di un piccolo quadro di un ammira-bile realismo firmato H. M. : l'Erasmo di HansHolbein it giovane. Sotto it cappello di vellutorisalta un viso magro dal naso lungo affilato egli occhi lucenti. Un volto dall'espressione sve-glia e furba, che somiglia a quello di Lodovi-

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NICOLA IORGA

co XI ; it viso di un uomo molto fine che tutto sa,tutto scruta, e conosce a fondo ogni moto dell'a-nimo umano : questa del resto era la massimapreoccupazine degli uomini del suo tempo.

La larga strada moderna che si chiama CorsoVittorio Emanuele si fa angusta dopo la Piaz-za Garibaldi ; modesti negozi che espongono spe-cialmente dolci, la cui evidente origine vienneselascia pensare che venissero introdotti al tempodi Maria Luisa. Le case mancano dello specialecarattere italiano ; in compenso questo caratterel'hanno, ben visibile, i visitatori delle innume-revoli bottiglierie e dei caffe ; contadini dal voltoasciutto, aspro e dallo sguardo di una ingenuityquasi infantile. I,'intera piazza nee piena, parla-no poco, a piccoli gruppi o sparpagliati, e guarda-no imbambolati non si capisce che cosa.

Ecco un ponte di pietra, con una cappelletta inmezzo, davanti alga griglia che difende l'Immagi-ne, una mendicante attende la pieta dei passanti.

Al di sotto del ponte solamente sabbia smossae due pantani quasi asciutti. Il torrente Parmaimpetuoso e veloce durante le piene e dal qualele case della riva si difendono con alti parapettidi mattoni, viene asciugato dal sole nell'estate.

Le case sparse senza regola, le chiese rosso-scure, con capricciose aggiunte architettoniche,che pare scendano a precipizio nella valle pietrosa,fanno da questo ponte una delle pill rare e bellevedute. A destra si scorge la gran macchia ver-de dei giardini ducali, ed e qui che si esercitala velocipedomania che fa i suoi adepti tra i gio-vani dalle attitudini sportive ; a sinistra lo sguar-do e arrestato dell'alta linea ondulosa degli Ap-

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

pennini azzurri. All di la del ponte, la via s&guitaperfettamente dritta, deserta. Passa una carroz-za privata, una delle poche carrozze superstiti ;una folla di piccoli parmigiani dai visi furbi dimonelli maliziosi la precede e le segue urlando.

In direzione del Ponte ci deve essere una porta ;ma la lontananza, la polvere, it sole arrestano losguardo, cosi the la Ilinea delle case sembra in-finita.

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PAVIA

Nella notte senza luna, it treno passa vicinoa muri neri i cui merli enormi sono rovinati. So-no i resti delle mura di Pavia. Il treno s'inoltratra una cupa boscaglia d'alberi grossi che oscu-rano l'orizzonte fin dove puo arrivare lo sguar-do ; poi presso una grande piazza nella qualeun alto fabbricato manda fasci luminosi, diluce delle piccole antiche finestre, e infine, at-traverso strade storte, strette e male illuminate,nelle quali gruppi rumorosi di persone stanno aprendere it fresco seduti davanti alle vecchie Por-te. Di giorno per() si ha tutt'altra impressione,perche l'aspetto delle cose e diverso. Le stradesono veramente strette, ma piene di gente affac-cendata. Una fiera di cavalli fa ancora pia vivacel'aspetto della citta non del tutto decaduta.

Passano carrozze di ogni forma, in corsa persorpassarsi. I contadini con la faccia ossuta e ab-bronzata dal sole si consigliano appoggiati ai ba-stoni in atteggiamenti che ricordano i vecchi deitempi patriarcali, mentre la folla si assiepa aicaffe, alla Borsa, alle banche, alle tavole delletrattorie. Per le strade e per it Corso VittorioEmanuele, fiancheggiato da bei negozi sfarzosi, i

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

gruppi si riuniscono, si sciolgono, si incrociano,in una gaia e rumorosa mescolanza.

I volti di questi uomini, ad eccezione di quellodi qualche sportivo che cerca di far passare inquesto modo it tempo vuoto di occupazione, hannole rughe dei calcolatori e gli occhi assorti del ne-goziante preso nel momento in cui fa i conti. Siurtano, si pestano, si spingono, senza abbando-ii are col pensiero i loro affari commerciali.

Da lla piazza della Fiera viene un suono ditromba.

Il castello dei Visconti con la facciata di matto-ni spunta dal mezzo di una vegetazione incredi-bilmente ricca. Fu costruito nel XIV secolo, co-me quasi tutte le migliori chiese della citta, che sidevono ai primi tiranni di questa famiglia, a-mante dell'arte.

Il Duomo per() e del XV secolo e fu fatto co-costruire dagli ultimi dominatori della dinastiaSforza.

L'imponente S. Michele dalla vecchia facciatagiallo-cenere e opera del XI o del XII secolo, con-temporaneo quindi del Duomo di Piacenza e diParma.

* * *

Da piazza Petrarca parte il piccolo treno checonduce alla Certosa, monastero dei cistercensi,che con it Duomo di Milano basterebbero a col-locare fra i pia grandi fautori del bello quel GianGaleazzo Visconti, sulla cui nobile fronte stavaper scendere la corona d'Italia.

Appena esci dalla citta passi tra due fila divecchi ippocastani che spargono larga ombra. Al

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NICOLA IORCA

di la di essi scorre limpido un canale nel qualesi specchiano gli alberi delle rive.

Un ronzino magrissimo, al quale si potrebberocontare le costole, tira con dolorosa pazienzagrandi barche panciute, colme di pietre.

Un paese. Poi ancora gruppi di alberi da am-bedue le parti del limpido canale.

Una iscrizione alla quale ci fermiamo, annun-zia che ci avviciniamo al monastero.

Un omnibus accoglie it pubblico, assai vario,che e diretto alla Certosa. E cosi siedono sui cu-scini di velluto rosso, accanto a un vecchio di na-zionalita francese con la moglie dall'aspetto as-sai bonario, un individuo strano dalla faccia ro-tonda, pallida e gli abiti frusti, che non apre boccae ha un aspetto misterioso ; un inglese e un tede-sco basso, grosso, rosso, con i capelli aridi e ibaffi arsicci che fa dello spirito in francese guar,dando fiero intorno.

La campagna e assai fertile, arricchita da mol-ti alberi e seminagioni.

Su un'aia di pietra alcune contadine -con i cap-pelli di paglia dall'alta cupola assestano le pan-nocchie di granoturco da poco raccolte.

Dopo circa cinque minuti di viaggio, vediamoa destra una porta dalla quale si scorge qualchecosa di motto bello : e la facciata della Certosa, epare un dossale assai finemente e riccamente scol-pito.

La chiesa fu dichiarata monumento nazionale.Questo vuol dire che i vecchi abitanti, i monaci,ne furono spossessati e la costruzione a conside-rata come un museo.

Ed e facile accorgersene.

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

A destra, ad una finestrella, si vendono i bi-glietti ; ad una tavola le fotografie ; un individuogallonato ti prende in consegna.

Questo cicerone linguacciuto non tace, malgra-do che ufficialmente le mane e siano proibite. Hauna erudizione speciale, in un francese strabilian-te : tutto questo unicamente a beneficio dell'in-glese, uomo a cui piace sempre vedere le cose co-modamente.

Un nionuman do Ian mil sei cent sesant.Oui.Tableau do Camillo Proceccini, grant

peintre.Oui.

Le chiese a aperte al culto D hanno spesse vol-te sagrestani noiosi che si precipitano incontroallo straniero per dare spiegazioni non richiestee ottenere la mancia.

Le funzioni numerose occupano a volte le cap-pelle e impediscono al visitatore di veder bene itesori che racchiudono. Altre volte la riverenzati fa scrupolo di disturbare con la propria cu-riosity la preghiera sincera e dolorosa che si ri-volge, come a cose sante, alle tele e alle statue,nelle quali to cerchi e vedi solamente la bellez-za artistica. Ma tutto e preferibile a questa pro-fanazione banale di un luogo santo, del suo scopoideale, dei suoi ornamenti estetici.

E poi questa costruzione bisogna vederla comechiesa.

Se i quadri sparsi nei musei perdono l'espres-sione magica che da loro la penombra misterio-sa delle cappelle e degli altari, anche tutto l'edi-ficio della chiesa, l'architettura, la scultura, gli

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NICOLA IORGA

ornamenti delle tombe sono anche espressivi eparlano chiaramente all'animo umano. Spogliatidel loro carattere sacro, perdono lo spirito e man -cano allo scopo per it quale furono concepiti esotto it quale conviene the siano visti e ammiratidagli uomini, quando la luce batte chiara e freddasenza alcun schermo, quando l'odore di pitturafresca usata per i restauri, sostituisce quello im-balsamato dell'incenso e della mirra, quando, inluogo dell'antico abito del sacerdote, ci troviamodi fronte al berretto dorato del custode e invecedelle sonore parole latine e della campanella delchierichetto risuona it francese cosmopolita delcicerone.

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GENOVA

Sono nella citta bianca, la citta dai palazzi dimarmo. Da lla altitudine della Villetta, guardoverso it mare che si avvolge mollemente nelle scu-re brume serali. L'occhio scende a precipizio ne lavalle, dove, ammucchiate tra monte e acqua, le ca-se par si stringano e si accavallino.

Sembrano bianche come it latte, divise dallestrade strette, serpeggianti, che qui appaiono epoco pia in la si perdono all'improvviso nella con-fusione architettonica.

giardino che si arrampica sulla roccia arti-ficiale e ombroso e silente. Le masse nere deglialberi immobili aggiungono solennita alla serache scende piano, quasi inavvertitamente.

I fiori delle ajole emanano un profumo poten-te che produce su l'animo l'impressione religiosache da l'odore dell'incenso.

* * *

Ora e buio fitto. Con un occhieggiare di stelle,le luci si accendono in disordine nelle case, co-perte di nebbia bianchiccia. Queste luci sono se-minate molto fantasticamente e paiono lucciolesparse nei boschi bui.

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NICOLA IORGA

Lontano splende una maggior stel4a rossa : e laluce del faro, alta sul mare.

Quassii regna it silenzio piu assoluto.* * *

Nella valle si e inaugurata una chiesa dedicataa una santa e la vecchia Genova clericale e in.festa:

Bandiere multicolori pendono a festoni su lestrade strette. Piccoli commercianti traggono su-bito profitto dalla situazione e si installano negliangoli in ombra a vendere torte dolci, giocatto-li, fischietti. Ragazze con la testa scoperta, lavo-ratori del porto, marinai dal collo muscoloso enero, contadini dal passo grave e la faccia as-sorta passano a frotte come un'onda infinita, diun'eleganza meridionale.

L'aere e rotto dalla cacofonia rumorosa forma-ta : dalle campane, dalle grida dei venditori di fi-che verdi e azzurri, di piccoli datteri, di nespole,dal rumore delle grandi carrozze sulla pietra le-vigata delle strade. Ragazzi con la sigaretta inbocca passeggiano con i compagni, altri laceranole orecchie col suono acuto dei loro fischietti.

* * *

Da tutte le parti della citta questo torrente u-mano, rumoroso e multicolore, scende alla matti-na verso la piazza De Ferraris. Chiusa tra gliarchi della biblioteca e quelli del teatro Carlo Fe-lice, fa rumoreggiare questo piccolo pezzo di ter-reno come un enorme sciame. Le mani si agitano,gli occhi brillano ; i colon accesi, l'azzurro cupo,

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I,'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

it rosso sangue e it verde tenero dei prati lotta-no tra loro. Un Garibaldino polveroso domina itmovimento e it rumore.

* * *

Lungo it porto i treni fumano, i vapori urlano.Tra i fianchi incatramati delle barche e dei va-pori riesci appena a intravvedere un pezzetto dimare sporco. Uomini nudi fino alla cintola vanuofrettolosi tra l'ammasso delle botti e delle balle,e talvolta, pieni di fuliggine, di sudore, con i voltitristi si riposano nelle osterie.

Al di sopra del porto e stata gettata una ter-razza di marmo. Su lle panche di ferro, vecchi daivolti molto rugosi guardano assorti ; sono certa-mente vecchi lupi di mare che sognano i cieli lon-tani e le acque straniere, ubriacandosi all'odoresalmastro del mare.

Poi uno spazio nero dove tutto si perde sottola polvere scintillante e cristallina del carbone ;vagoni neri, uomini con faccie di africani, legna-ioli del color del catrame.

Persino it mare sembra bitume.Ecco il faro che s'innalza rosato nella quiete

azzurra del cielo. A destra colline friabili dallavegetazione brulla tra la quale bocche di bronzovegliano gronte. Una porta sotto la quale fannola guardia piccoli soldati dall'elegante uniforme.

Ora guardo a sinistra.Sono scomparse le barche, i vapori, i treni,

i moli, i lavoratori e le botti.... E' it mare libero,it mare azzurro, it mare pacificatore delP animo.

II vento appena lo increspa e.forma piccole on-de che corrono frettolose verso la viva, mentre it

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NICOLA IORGA

lucente sole del tramonto getta un fascia d'oroaiquido sulla lucida superficie. Oro vivo che simuove e trema.

Dietro, tutta la citta si stende sulle colline evetri delle case percossi dal sole scintillano.

Davanti ii golfo stende le sue sponde che si fan-no sempre piu sottili, pia nebulose, fino a che parevadano a confondersi con le nuvole.

* * *

Sui muriccioli cadenti alcuni lavoratori si ri-posano, mentre altri si affollano intorno ad ungioco di bocce.

Tra gli spettatori c'e anche un prete dall'abi-fatto verde dal tempo e una sentinella posts a

guardia di una piramide di proiettili dalle punteacute.

Sotto, la valle pian piano si riempie di ombra,mentre la nebbia scende sopra le aride colline dicontro.

Proprio su una delle cime un edificio di pietrascura, che sembra molto antico, si circonda conuna striscia di piccole luci sparse. E' questo co-me un segnale che fa terminare it gioco.

La gente piano piano si sperde qua e la sopra-fatta dall'inerzia sognante che infonde la caduta-della notte. L'ultimo rumore di passi sulla pietrasi perde in lontananza e allora solamente sento itmisterioso linguaggio degli alberi giganteschi deIgiardino the si stende senza fine ai miei piedi.

* * *

XX Settembre, anniversario dell'ingresso degliItaliani a Roma. Manifesti di tutti i partiti ma-

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i

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

culano i muri dei loro mille colors. Agli attacchidei clericali, i liberali rispondono stampando sul-le carte rosse e azzurre parole ormai storiche.

Su lla riva del mare, gruppi di persone vestitea festa sfilano molto annoiate. L'elemento vivacee dato solamente dai preti che a due, a tre, discu-tono calorosamente del sacrilegio e sottovoce sifanno comunicazioni guardando di sottecchi conocchi straordinariamente mobili.

Il mare ripete ancora una volta la consuetafesta serale. Il sole e gia da un poco sceso dietrol'orizzonte, ma la vasta estensione d'acqua none ancora buia. Azzurro chiaro qui presso, laggifte di un verde raro, lucente, come it verde dellamadreperla nelle conchiglie dei mari orientali.

E nel frattempo anche nel cielo, ancora lumino-so, avvengono continui e meravigliosi cambiamentidi colore, riflessi dalle nuvole che se ne vannoe dai vapori che si spandono al lento ritirarsi dellalace.

Malgrado la molta gente che passa parlando,la sensazione del silenzio e grandiosa, solo tur-bata dal ritmato frangersi delle onde sulle roccepresso la riva, che, a volta a volta sommersa dalleacque, scompare sotto le spume e innalza poi dinuovo le rotonde cime nere.

* * *

Sopra le strade sono state accese le girandolemulticolori, la folla si schiaccia nelle vie angu-ste, mentre nelle piazze cominciano a suonare lemusiche.

Sotto le mie finestre passa un'ondata di genteche scende verso it centro.

Come sempre in Italia, anche qui si formano

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NICOLA IORGA

gruppi che occupano l'intera strada e che a stentoscansano le carrozze e i pesanti omnibus. Eccoun gruppo di dimostranti (il Municipio di Geno-va e clericale). Numerosi operai e bambini chezufolano, schiamazzano, applaudono. Un signoreporta la bandiera tricolore. Va molto svelto eogni died passi torna indietro- per gridare bre-vemente ai compagni : Abbasso it muniopio! Ab-basso i paolotti !. La folla risponde con prolungatiapplausi. I ragazzi si divertono moltissimo. Ede forse da questa unione di vanity, dalla mancan-za di pesanti occupazioni, dalla curiosity del nuo-vo, subito seguita dalla massima indifferenza, chepuO uscire una rivoluzione.

Quant'e difficile prevedere i movimenti popola-ri e it corso della storia!

gruppo se nee andato. Via Giulia si spro-fonda ancora nel silenzio. Le luci si spengonoalle finestre dei cinque piani di camere sporcheche formano la casa degli operai di faccia.

L'orologio dell'alta chiesa nera di fronte suo-na le undici.

Poi, all'improvviso, si sente chiasso in piazzadel Teatro, utla di spavento e di terrore, mesco-late agli squilli di tromba della truppa.

I liberali hanno fatto una dimostrazione davantial Municipio, hanno chiesto che venisse espostala bandiera nazionale, hanno rotto i vetri e sonopenetrati nell'interno.

Uno dei dimostranti a stato arrestato e subitoliberato dai compagni di partito. Ora i vincitori,portando innanzi ii tricolore strappato nella mi-schia, danno man forte alle guardie ed ai carabi-nieri.

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

I curiosi, che sono poi quelli che riei torbidi e"mile rivoluzione formano it grosso dell'armata,.si ritraggono come una ciurma terrorizzata e sirifugiano nella nostra strada. Da qui urlano an-cora : « Abbasso it Municipio ! Abbasso i cleri-cali ». Applausi risuonano in piazza, poi ancorale trombe, ancora le cariche della cavalleria, an-cora la folla invade le strade vicine.

Alle finestre donne in camicia guardano con:simpatia e curiosity di belligeranti.

Mi addormento e in sogno la mente mi ripete gliavvenimenti.

giorno dopo, finita la lotta, alcune mani pie-to se hanuo posto ai piedi della statua di Garibal&i pezzi aella bandiera rotta e delle lancie spezzate.

La polizia rispetta questi trofei dei vincitorifino alla sera.. I giornali di idee avanzate citanoit discorso di Nino Bixio, i clericali bollono perlo sdegno e l'impressione generale e che... si efatto bene.

* * *

Ci sono poche citta nel mondo nelle quali puoipasseggiare solo, senza che la banality ti rivolti,spezzi it filo dei tuoi pensieri o interrompa i tuoisogni, banality degli uomini e delle cose. lino diquesti privilegiati e felici angoli della terra e cer-tamente Genova, citta ideale, it cui ricordo perme si riassume in una visione di luce, di marmoe di profumi.

Sono uscito dalla buia via Giulia the e tuttoit giorno assai movimentata e chiassosa.

Tra it Teatro e la Biblioteca c'e la piazza CarloFelice, con i suoi portici e la statua di Garibaldi,

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NICOLA IORGA

nella quale si raduna molta gente, attirata dalfresco della sera.

Poi si sale, con la via Roma, verso la lungapiazza Corvetto, in mezzo alla quale un VittorioEmanuele II di bronzo tiene relazione di huon vi-cinato con Mazzini, ritratto in marrno e posto,sopra una colonna.

Da una parte e dall'altra it verde cupo dei giar-dini dell'Acquasola.

In faccia la faticosa salita della meravigliosavia Assarotti, una strada di palazzi e chiese mo-derne di marmo. Presso it Consolato Bolivianoha inizio l'elegante funicolare che porta sopra lacollina.

Dovunque vai ti aspetta una passeggiata senzauguale.

Passando a destra lungo i giardini, presso pa-lazzi misteriosi, disabitati, in un quarto d'ora.si e al sommo della citta.

Oue llo che si vede da lasso e certamente trale pill belle cose che siano mai state create. Losguardo si sprofonda in un oceano di edifici bian-chi posti ad anfiteatro, con i giardini e piazzelarghe, nelle quali si distinguono le carrozze egli uomini che visti da tanta altezza sembranodei punti neri.

Poi campanili anneriti dal tempo, cupole mae-stose, archi di ponti, al di sotto dei quali passanole vie.

E' un caos architettonico ma pieno di armonia.Proprio ai margini ti chiudono l'orizzonte severeroccie nude, sulle quali sono costruiti dei mo-nasteri dai muri bianchi.

Se lasci questo muro di circonvallazione to-. 1.62

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

gliendoti all'incanto, prendi pin lontano, per unadelle strade che ti appaiono a destra, resti mera-vigliato trovandoti davanti al mare.

II Mediterraneo azzurro batte ostinatamente lesue piccole onde sulla riva dominata dai giardinidallo splendore meridionale, e pin in la, dagli opi-fici, dai magazzini, dai casotti del porto semprein movimento.

Eccn ora la via Carlo Alberto e it suo prosegui-mento, via Carlo Emanuele, alle quail affluisconoi marinai e gli operai scesi dalle navi e uscitidagli opifici. Il mare scompare subito, a destra,dove i treni passano ansanti verso it roseo palazzodella Dogana. A sinistra, sotto le arcate, le oste-rie popolari espongono sui banchi i pesciolini ele patate fritte nell'olio, frutti di mare e granchidalla forma di ragni. Ad una fontana di pietradegli operai nudi, non fino alla cintola, ma finoai piedi, puliscono corain populo i,corpi sudici digrasso nero e di lucente carbon.

Ora torno in collina passando per via S. Loren-zo, sotto it muro della Cattedrale di marmo bian-co e nero e, al di la di piazza Nuova, nella qualesi trova it Palazzo Duca le, in via Giulia.

Dalla medesima piazza Corvetto, via Assarottiporta ad un'altra alltura che domina la citta.

E' una ammirabile passeggiata solitaria postaal di sopra delle pin belle parti della citta, pressobianchi palazzi e giardini di limoni e di palme.

Di passo in passo la vista si apre a sinistra, eallora, al di la delle costruzioni sparse nelle sali-te, dei ponti che uniscono la strada in alto conuna fila di case poste pin sotto, vedi it mare che

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NICOLA IORGA

dorme fasciAto dei suoi vapori e la torre rozza delfaro the lo domina.

Ouando scendi fra gli alberi dal fogliame fitto,nell'aria imbalsamata dai profumi voluttuosi del-la sera, e it rumore della folla giunge alle orec-chie, sembra di tornare da un Eden nel qualenessun angelo con la spada di fuoco ti impediradi ritornare it giorno dopo o quando vorrai, persentire sempre piii profonda Parmonia, la purez-za, la misteriosa santita della natura e del Bello

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VERSO NAPOLI, PER BRINDISI E BARI

Al mattino siamo gia presso la costa pugliese,una costa bassa, cosparsa di case bianche, di paesie di cittadine.

Ci fermiamo nel largo porto di Brindisi.Brindisi e un porto di grande importanza : qui

fanno scalo i vapori che vengono dall'Oriente eda Alessandria e qui sbarca la valigia delle Indie.

La marina e colma di magazzini dalle insegneinglesi, dove si vengono cammei, corallo lavorato,e libri inglesi e francesi. Uno splendido albergo,PHOtel Internazionale, vuota la borsa dei ricchiviaggiatori che vengono dall'Oriente o ci vanno.Molte banche londinesi e agenzie di viaggio hannoqui i loro rappresentanti.

La citta e vestita a festa. Numerosi pali ador-nati di nastri e bandierine dai colori nazionali omunicipali fiancheggiano le strade. All'incrociodelle due arterie principali si inalza una faccia-ta di legno, pavesata di damasco rosso, sbuffi dicarta velina e striscie dorate e scintillanti. Gliavvisi sui muri chiamano gli abitanti alla festain onore di San Teodoro, it Patrono della Citta.

Per mostrare che una citta civile sa rispettarele sue glorie s. Tre giorni fa, 27, 28 e 29 agosto,

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s

NICOLA IORGA

si sono fatte processioni sul mare e sulla terracon le reliquie del Santo ; hanno suonato le musi-che e ci fu doppia illuminazione elettrica.

Nella citta it caldo e africano e la sporcizia fa-volosa,

In un giardino pubblico senza panchine e dalcancello sistefnaticamente guasto ci sono pochepiante arse dal sole e un bellissimo palmeto rico-perto di densa polvere.

Le strade strette ed anguste, nelle quali svol-ge la sua misera vita una popolazione povera eassai numerosa, sono tali depositi di sporciziache fanno rabbrividire.

La citta cosi bene amministrata e pero agitatada vivaci passioni politiche, i muri sono pieni di« evviva » e di raccomandazioni a favore di certicandidati alla deputazione.

* * *

La notte partiamo diretti verso Bari. Bari, achi viene dal mare, si presenta meravigliosamen-te bene un porto grandioso, nel quale un nume-ro imponente di vapori e di barche sono all'ancorao attaccati lungo le rive bianche, e una grandeprofusion di case multicolori che chiudono l'o-rizzonte. Quando pero lasci ii vapore e scendi aterra, l'incanto e rotto e l'illusione cessa percheritrovi una nuova Brindisi a mare, dalle vie lar-ghe e i giardini mal tenuti. Nelle orribili stradei bimbi strillano, le donne si pettinano e gli uo-mini lavorano in un lago di ,fango nero, che in-fetta l'aria. Tra questa folla rumorosa e sudiciapassano i somari degli erbivendoli, i cavalli delllecarrozze. Un preannunzio di Napoli.

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

* * *

Nel treno che mi porta da Bari a Foggia e quin--di a Napoli, ho tre caratteristici compagni diviaggio. Un fotografo magro dal viso distinto enobile, un vice brigadiere dei carabinieri (con unnaso incredibilmente grosso, a forma, piramidaleposto al di sopra di una bocca dall'espressioneassai energica, sempre aperta) che pare tagliatocon l'accetta, tanto e solido e aspro ; e la, piu inTondo, un signore che all'aspetto giudico sia te-desco.

I primi due parlano naturalmente di politica,-e in special modo della politica africana, e al modocome si esprime it carabiniere si rivela uomointelligente dalla parola facile. E' uno scontento,come del resto lo e la maggior parte degli italiani,proprio anche quelli che di questa scontentezzasono colpevoli ; narra the e venuto in Puglia,nella terra deserta e priva di ogni cultura chepercorriamo ora, per seguire qualche ladro pro-babilmente divenuto tale per causa della grandemiseria. Parla della indigenza dei contadini edella ostinata opposizione che nobili e latifondistifanno a ogni proposta di miglioria, allo scopo dieonservare, nella loro clientela politica e sociale,it contadino abbrutito dalla ignoranza e dalla mi-seria, che i governi completamente trascurano eabbandonano.«pui e l'Africa, un'Africa che deve essere ci-vilizzata prima dell'altra D.

In seguito i due viaggiatori passano a criticareCrisp, ne condannano la politica di espansionee di colonizzazione. Ricorre spesso it lamento peri van milioni spesi per la guerra in Africa ; in-

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vece di adoperarli per espropriare le terre e to-glierle ai proprietari che non le coltivano con pro-fitto.

A questo punto interviene nella discussione an-che it tedesco, che in realta e uno svizzero delCantone di Berna, commesso viaggiatore in for-maggi, cio che non gli impedisce di essere unuomo colto che sa gli adagi latini. E' un tempe-ramento di uomo pratico, pieno di fanatismo perla scienza economica, ha la frase eloquente e par-la con energia quando dice delle colpe dei governiverso questa Italia meridionale, assai riccainentedotata dalla natura eppure ora quasi inselvatichi-ta. Mostra i radi paesi, nei quali le capanne, verimucchi di pietre annerite, prive di aria e di luce,servono di ricovero a poverissima gente mal nu-trita. Stende la mano verso i campi, sui quailnon cresce alcun prodotto ne alcuna vegetazionema solo erbacce ora abbruciate dal sole. « E que-sta e una terra che ha di tutto, che puo produrretutto » ! Nelle sue parole che rivelano it competen-te in dottrine economiche, c'e la severa condannache rivolge all'Italia politicante che fa partedi quella civilta laboriosa e previdente che nullatrascura di quello che la natura offre o producese bene coltivata.

Quello che sento dire da queste persone quinel treno, lo si legge nei giornali, lo si ripetenei discorsi. L'Italia e stanca e povera, piu umi-liata oggi che non lo fosse al tempo dei « setteconfini » di Berchet. Essa non puo rappresentareit ruolo di grande nazione universale, al quale unpatriotta come Crispi l'ha creduta chiamata. IIregime parlamentare fa si che ogni ministro ab-

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L'IT'ALIA VISTA DA UN ROMENO

bia bisogno dell'appoggio di quella classe egoista.e infingarda che fa it deserto intorno a Roma, edella Puglia, un tempo cosi fertile (fornitrice drVenezia, Firenze, Genova e della Dalmazia) unaseconda Africa isterilita. Manca aa coltura mora-le, cosi come l'economica ; tutta la popolazioned'oggi, dal facchino al ministro, soffre per la tristeeredita lasciata dalle generazioni mal governatee corrotte. Al periodo romantico, dal quale e usci-ta una, col ritorno alla normality e soprav-venuta la stanchezza e l'egoismo. Ma quello chemaggiormente colpisce lo straniero, e it modo colquale si guarda alla catastrofe africana. La cata-strofe e accettata e la gente si contenta di cercarele responsabilita. Nessun pensiero di riparare, diprendere la rivincita, e innalzare nuovamente labandiera caduta. Alla vittoria del Negus non pen-sa nessuno ; ma unicamente allo sbaglio di Crispi.

E' vero che manca it danaro, ed e pure vero chenon si comprende la necessity della colonia africa-cana, ma ci sono momenti nella vita di una na-zione net quali un popolo deve saper fare l'impos-sibile anche se pensi che sia inutile. Solamente-su un nuovo canipo di Battaglia si pito riguada-gnare quello che fu perduto la.

Si fa sera, ecco la luna pallida che si mostra aldi sopra dei monti spogli dagli alberi radi e tristi.Poi it treno si sprofonda in un'infinita di gallerie-che portano verso la Campania, al di la degli Ap-pennini, passati i quali ci troviamo in territoriomigliore. I campi sono ben coltivati, e a un certopunto gli alberi che fiancheggiano la strada ferra-ta, stendono i loro rami fino ai finestrini dei va-

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N I COI,A IORGA

goni. I maceri da canapa cominciano ad infettarel'aria come nell'Italia centrale.

Passano rapidamente le stazioni dai bei nomi,Benevento, Caserta, e finalmente, ê ormai mezza-notte, it treno si ferma a Napoli.

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NAPOLI

E' tardi, e questa non e l'ora in cui di solitoarrivano i turisti : percio mancano i monelli che,abitualmente assai numerosi, stanno qui in attesadei treni e dei viaggiatori ; non mancano pero iportieri degli allberghi.

La nuova strada aperta nel 1895 Corso Red'Italia denominazione che e costata grandi ri-nuncie alle proprie idee, da parte delle municipa-lity separatiste napoletane ha l'aspetto di unaqualunque strada parigina. Anche l'aere richiamaquello della capitale francese : aria calda, nellaquale passano odori di cucina. Napoli mi sembraun'altra, da quella che ho veduta sette anni fa.

0 sono io un altro e vedo con gli occhi diversida allora?

* * *

Ho voluto seguire un'idea alla quale tenevo :abitare l'albergo di un tempo : la povera casettadalla cui terrazza si vede assai bene tutto ci6 cheNapoli ha di migliore : it Vesuvio, it mare, lacollina del Vomero, i giardini fioriti. Ma, perquanto chieda, nessuno sa di un albergo Belvedere.Mi si mostra un ristorante di questo nome, un

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NICOLA IORGA

ristorante che si e chiuso proprio oggi. Giro in-vano ai piedi del Vomero, in un caldo asfissiante,per strade piene di bimbi sudici e di mucchi diverdura guasta. A sinistra ritrovo it panoramache ben ricordavo, con le cupole di porcellana aimiei piedi. Vedo molti alberghi, ma non quell°,che cerco. Questi sono enormi costruzioni quadra-te, anche di sei piani, portano nomi inglesi, e so-no alloggi per viaggiatori ricchi. Ma li vedo per'1a, prima volta. Dov'e it Belvedere del 189o, lasalita termina e ho dinanzi a me una stradache scende verso it centro. Eccolo ! Ora si chiamaBellevue. E' pin pulito e pin grande, alcune car-rozze attendono davanti alla porta. Dentro attac-cati ai muri vedo molti avvisi colorati, sono re-clams di alberghi di lontane stazioni balneari. Su_una parete, in francese, e indicata l'ora dellau Table d'hôte D Tre signorine in nero fannole pin alte meraviglie nel sentire che uno come me

gia stato ospite qui e per di pin ad una tariffacosi bassa come quella che dico. Penso che alloral'albergo fosse di un altro. No, it padrone e lastesso (e anche la padrona e la medesima) conin pin pero una barba nera ben pronunciata, cheallora non aveva. Non ricordano pin i tempi mo-desti dell'albergo. Quando cioe non c'erano titolifrancesi e viaggiatori con molti denari da spen-dere. Non hanno disponibile che una sola cameraassai cara, proprio in su, da dove non si vedeche una strada stretta, sporca e deserta.

* * *E'. bene conservare nel profondo del cuore

buoni ricordi, tanto pin che sono pochi, e non.

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e

i

L'ITAI,IA VISTA DA UN ROMENO

-esporli alle delusioni della dura realta. E' questauna ottima regola di vita che purtroppo non sem-pre seguiamo.

Ho trovato una stanza ammobigliata in centrovicino alla posta ; ma e una vera topaia senzatende alle finestre. Nella piazza sulla quale dan-no le mie finestre ci sono alcuni scrivani pubblicia portata di mano per chi vuole « che gli si facciaBelle lettere D. Un quartiere di caffe, ristorantie magazzini di ferramenta. L'impressione gia dame provata di non essere a Napoli, permane. Lasporcizia e it fango nero delle strade, la folladei cocchieri che ti offrono la vettura strillando,i monelli che sembrano gli unici e soli padronidelle strade, delle piazze e i giardini non riesconoa mut are questa sensazione.

* * *

Un ciarlatano, un vero signore all'aspetto, benvestito, bello e forte con it cappello molle get-tato indietro sulla nuca e it collo fasciato da unlazzoletto biaco sta su una carozza i1 cui cavallodorme affranto per la stanchezza e it caldo.

Questo mercante d'illusione per it momentoe dentista e invita i coraggiosi a farsi avanti.

Il suo lungo sproloquio in dialetto pare ungargarismo di terribili « r D.

Finalmente si fa avanti un operaio, un infelice,basso, gobbo, sudicio : ha in mano alcuni arnesidel suo mestiere. Un dente gli duole e percio de-cide di approfittare della buona occasion pertogliersi it male. In un attimo it delitto e compiutoe il maestro da pazientemente alla vittima le in-dicazioni necessarie : non mettersi le dita in bocca

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NICOLA IORGA

perche sono sudicie, guardarsi dai raffreddori....Poi it dentista e l'operaio salgono insieme sullavettura e si mostrano al numeroso pubblico a sim-boleggiare it trionfo dell'arte, quindi ii pazientese ne va, mezzo istupidito, pin pallido e pin gob-bo di prima, seguito dagli occhi curiosi del pub-blico, mentre it cavadenti attacca un altro pezzdel repertorio. Sento unicamente it preludio dellosquarcio lirico : it virtuoso riempie una trombacon dell'acqua che poi versa sul capo degli ascolta-tori. Un principio che promette bene !

>1: * *

Ho visto come si comperano i fichi qui. Il ne-goziante e un ragazzo vivace e furbo, it compra-tore un operaio con it berretto. Entrambi metto-no le mani sui frutti senza mai adoperare la bi-lancia. Poi cominciano le liti, l'acquirente passasulla mano del negoziante e prende un fico dipin del pattuito, it ragazzo lo respinge e glienetoglie due e arrabbiato terribilmente e gli occhigli scintillano selvaggi. Ma l'ira e di breve durata,che subito i due : si rappacificano : l'operaio si al-lontana di qualche passo, ma torna poi all'improv-viso per cambiare con un fico buono uno che sie schiacciato duranthe la baruffa. E la scena si ri-pete quasi subito con un nuovo compratore, chenel frattempo si e preparato per la lotta.

* * *

La riviera di S. Lucia in una domenica.In Piazza San Carlo le acque delle fontane

scintillano al sole e spruzzano lontano.

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

Lungo it mare una folla enorme « passeggia D.tra la riva e i tramvai che vanno e vengono. Ivenditori all'aria aperta fanno ottimi affari yen-dono conchiglie rosate, con le quali i ragazzi fi-schiano ; trombe di latta di dimensioni straordi-narie ; ostriche fresche, teglie di piccole ciambel-le attaccate le une alle altre ; palloni multicolori ;bambole vestite che parlano ; polipi bolliti e ogniquality di moluschi e frutti di mare. Attorno atutti questi venditori la folla enorme che si agita,parla, gestisce, contratta e litiga ; sembra un ma-re in tempesta. Lo sfondo di questo vivacissimo-quadro pieno di movimento, tipicamente meridio-nale, e formato dal Vesuvio fumante e dal mareglauco, tutti e due fasciati da uri'onda di nebbiasottile e delicata. Ma col cader della sera si co-mincia a vedere anche it pennacchio di luce rossache inalza dal monte.

* * *Nuova aspirazione del ciarlatano con la sua

carrozza.Si dice che ha tolto un dente a un individua

che rassomiglia come due goccie d'acqua all'o-peraio di poc'anzi. Per it momento, pero, vendeper l'insignificante prezzo di due soldi una medi-cina per i dolori di capo, dei denti e dello sto-maco. In un vassoio posto davanti a lui ha gia unaricca raccolta di denaro. Tra gli uditori c'e an-che un vecchio signore che porta it cappello alto.indice qui, di gran lusso.

* * *

Al di la del giardino pubblico, della Villa, al.

15.

:

NICOLA IORGA

principio del lungo Corso Vittorio Emanuele c'euna piccola chiesa, Santa Maria di Piedigrotta,celebre per la gran festa che vi si da nel giornodella nascita della Madonna: Questa festa e certouna delle pia caratteristiche napolitane e unadelle piu popolari e rumorose. Vi prende partenon solamente l'intera Napoli, dal mendicanteal grande signore nella sua carrozza padronale,che ha sugli sportelli gli stemmi della sua fami-glia, ma vengono ad assistervi numerosa gentedelle citta pit o meno vicine, e anche molti fore-stieri, ansiosi di vedere l'esuberante allegria diquesto popolo vivace. Quest'anno la sola Romaha mandato oltre 1300 persone alla vigilia dellafesta.

I programma e quello solito e abituale ovunquein simili occasioni : fuochi di artificio, tombole,corse, ecc., ecc. ; ma quello che qui vi e di nuovo-e di diverso e la musica : la cosidetta canzone diPiedigrotta, istituzione unicamente e tipicamen-te napolitana.

Qualche tempo prima della festa si stabiliscononumerosi premi di valore rilevante fino a mil-le lire per i canti migliori del genere popola-re siano eseguiti l'otto di settembre.

dato dopo Paudizione pubblica in qualcheteatro. Le delusioni, data l'entita dei premi e it« punto d'onore m molto sviluppato in questa gen-te e le nvalita personali sono molte e... rumo-rose. Esse hanno anche risonanza maggiorenon solo nei giornali locali, ma ispirano corri--spondenze anche ai giornali di tutto it Mezzo-giorno d'Italia. Tutto cio contribuisce largamentea formare l'atmosfera febbrile dell'attesa che pre-

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chee

II giudi-nio

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

cede it gran giorno, nel quale gli uffici sono chiu-si, le strade relativamente deserte e silenziose. Lacircolazione delle carrozze, dei tranvai e degliomnibus che portano a Piedigrotta, una folla enor-me, ha del miracoloso per it modo in cui riesce.a svolgersi.

Da lla vigilia e una ininterrotta cacofonia ditrombette the i bimbi di Napoli suonano tutta lanotte fino a giorno. Si puo dire che la maggiorparte dei popolani dorma appena in questa nottericca di speranze e dell'ansia dell'attesa, e, sic-come it napoletano, quando non dorme, bisognache faccia chiasso, it rimanente degli abitanti se-gue i popolani, volenti o nolenti.

Al le tre del mattino le mie finestre tremanoal « canton di piu bande di bambini, armati ditrombette, trombettine da due soldi ii pezzo (lalunghezza dell'istrumento fatale, e, a questo prez-zo, di cinquanta centimetri).

Ora, dopo tutto questo preludio, puO darsi chequalche lettore desideri proprio la descrizione del-la festa. Ma non posso farlo perche non l'hoveduta neppure io, cio che costituisce veramenteuna debole scusa.

* * 41'

commercio moderno progredisce, ha fattopresa anche in questa terra cosi amante dei beipanorami, delle mascherate e delle sfilate di abitidai colori sgargianti, dei canti e dei rumori : unabuona parte dei carri di Piedigrotta, erano carridi reclame. Queste cose.fanno piacere a colui cheguarda, quanto gli attori stessi provano pia-cere a farle, dando cosi un aspetto di verita. Ma

17712 - N. lorga

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NICOLA IORGA

forse e anche vero che i commessi dei magazzinie delle fabbriche che ieri hanno sfilato travestitisono napoletani che malgrado lo scopo pratico,della esposizione, con tutto che la maschera siastata loro imposta, vi avranno trovatopiacere.

* * *Un vecchio deputato, parlando allo scoprimen-

to del monumento a Malpighi, ha detto a di unaterza Roman sognata dalla generazione che hacreato 1'Italia, di una Roma italiana, che dovreb-be diffondere sul mondo la luce di Roma dei Pa-pi e della Roma Imperiale. Sara possibilepolitica?

* *A tavola i contadini, con gli abiti pittoreschi

delle campagne, delle valli e delle isole vicine ele belle contadine dal viso fiero e gli abiti colo-rati vistosamente non riconoscono per propriquegli effimeri prodotti di importazione che siperdono in mezzo agli applausi dei caffe-concerto,dove le italiane ardenti si sforzano di imitare la.semplicita innata di Ivetta Guilbert.

* * *partito clericale italiano si organizza, tiene-

congressi, fa dimostrazioni come tutti gli altri.Solamente che i congressi sono eucaristici, fattisotto gli auspici della Santa Comunione e le di-mostrazioni si fanno con l'ausilio delle Chiese.

* * *A Roma una famiglia principesca ha illumina-

to it suo palazzo con vetri multicolori per festeg-giare it centenario di una madonna murata sulla.178

egu.almente-

colla.

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

facciata della casa. L'esempio e stato seguitodai clericali di Napoli.

All'incrocio della nuova strada Corso Re d'Ita-aia con la strada Monteoliveto c'e una chiesa dal-l'aspetto modesto. Su lla facciata hanno messouna gran pittura assai brutta e molto colorata :rappresenta una scena della vita di Cristo -(sottovi hanno scritto un profano e curioso : a Viva Ge-sit u, che parifica it Salvatore ad un capo di par-tito politico. Gli operai si affrettano a porre lecandele colorate per l'illuminazione. A sera, lavisione e bella. Tutta la elegante linea architetto-nica si disegna in linee di fuoco multicolori e l'in-tero luminoso disegno policromo palpita dellasplendida vita della fiamma.

La croce disegnata dalla gran luce bianca al disopra dell'edificio si stacca limpida sul cielo az-zurro e acquista maggiore significato mistico.

Ma alle finestre delle case vicine pet-6, non visono luci : se ne vedono solamente in quelle dovedeve abitare it personale della chiesa. Il contaggiodello zelo e dell'entusiasmo dei servitori di Dionon si e prodotto, la folla che si e adunata intor-no al scintillante monumento e poca per una cit-ta qual'e Napoli, dove l'illuminazione e tutto quel-lo che e spettacolo, sacro o profano, e una attrat-tiva irresistibile per molti. Alcuni uomini del po-polo, molti monelli, ragazzi delle case operaie,si sono installati comodamente a terra, ai primiposti fino dal momento in cui e caduta la cortina.Le guardie di citta ; in uniforme azzurra con tree-ce d'oro, messe a guardia della form, non hannomolt() da fare.

Entro in chisa la folla entra ed esce, come

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:

NICOLA IORGA

se quello che succede dentro non la interessi trop-po. Attraverso una siepe di mendicanti giungonella navata ridotta a sala di conferenza. Qui 11pubblico e numeroso, parte seduto, parte in pie-di, ed e composto in maggioranza di donne, ve-nute a distrarsi e a rievocare i piu anche unaparola buona. Un prete parla dal pulpito con po-tente voce, declamando enfaticamente le parolesonore della sua lingua ; ma dopo un po' si cal-ma e assume il tono persuasivo, penetrante, un-tuoso che distingue in Occidente questa catego-ria di persone ; parla di doni che i Principi dell'O-riente portarono ai sacri personaggi della Bibbiae del Vangelo. I Magi dell'Oriente, della Regi-na di Saba. Questi stessi doni ora Cristo attendedai suoi fedeli... Non aspetto piu la fine !

* * *Lungo il mare, nella Via della Pilotta.A destra, nel porto, le funi e gli alberi delle

navi formano un tale groviglio che sembrano im- -mense tele di ragno. Sulla riva a sinistra ci sonogli uffici delle society di navigazione e le agenziedi emigrazione. Alcune famiglie di emigranti inattesa di imbarcarsi percorrono le strade con i pic-coli figli in collo, fatti pensierosi e mesti dall'in-cognita vita che Ali attende.

La strada svolta divenendo parallela al Molo.E' molto larga, posta tra il mare e la fila dellecase multicolori che pero un fantastico sudiciumetende a uniformare. In queste case abitano per lopiu operai. I balconi e le finestre sono pieni diutensili di cucina in funzione di vasi da fiori edi biancheria stesa ad asciugare.

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L'ITALIA.VISTA DA UN ROMENO

L'aria e infame, i marciapiedi sporchi al di ladi ogni immaginazione.

* * *

Un giardino pubblico. Villa del Popo lo.Due bei palmeti, alcune piante rare, pochi vi-

sitatori. Il marciapiede e it parapetto, al contra-rio, rigurgitano di folla formata di operai, dimendicanti sdraiati nella polvere, di molti pe-scatori abbastanza puliti nelle loro camicie bian-che, di donne dal viso sciupato dalla miseria edi bambini dagli occhi scintillanti di furba ma-lizia.

* * *

Qui in faccia, ora si vede bene it Vesuvio. Lenuvole dalle quali era circondato in questi ultimigiorni sono scomparse. A destra del cratere siscorge un po' di fumo, mentre dall'altra partene e tutto sgombro. Da un cresta del vulcanofa capolino la ifuna.

* * *

Largo del Ponte della Maddalena.La strada larga si sprofonda in un gran gruppo

di case the sembrano aggrappate alla costa delmonte. In distanza queste case fanno un effettobellissimo con le loro facciate di tutti i colori,e particolarmente di rosa pallido. Al le spalle itVe$uviio si stacca limpidisimo (quasi a rilievonell'aria pura e fresca della sera, e al di sopra,alta sull'orizzonte, c'e la luna piena, straordina-riamente grande. Una striscia di luce si riverbe-ra sul mare tremulo.

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NICOLA IORGA

*

Nuova illuminazione clericals.L'addobbo e it medesimo, ma anche questa vol-

ta it pubblico e scarso fuori, mentre invece den-tro la chiesa e gremita. Questa sera anche undentista qui presso ostenta un gran illuminazione.La predica e sostituita dalla funzione serale, tuttele candele sono accese e suona l'organo. Iil pretecompie la cerimonia con le porte spalancate.

* * *

Da via Roma per via Chiaia (una grande stra-da molto frequentata, e dai magazzini lussuosi)verso it giardino pubblico : la Villa Nazionale,una fila quasi ininterrotta di ricche e signoricarrozze padronali the portano a passeggio i si-gnori della citta. Si attraversa via Santa Cateri-na, nella quale c'e un'elegante colonna posta aricordo dei napoletani caduti nella rivoluzione ; infondo la strada si apre, lasciando vedere una so-la palma, una palma ammirabile. Pin Montano unaaltra, e a sinistra, poi, l'intera massa verdeggian-te di uno dei pit bei giardini del mondo. Di con-tro via Caracciolo e it mare.

Un mare cupo di principio d'autunno, sotto uncielo oscuro sul quale la lung comincia a viaggia-re tra grosse nuvole sparse.

Le grandi onde verdastre di acqua torbida sirincorrono spumeggiando e al termine di questaguerra confusamente vengono a frangersi con rab-biosi muggiti sulle roccie nere delle rive, gettan-do in alto potenti getti di spuma ridotti in minu-tissima polvere bianca.

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* *

L'IT-ALIA VISTA DA 'UN ROMENO

Una barca di pescatori si dondola ai colpi inin-terrotti.

Si fa notte del tutto. A destra lungo la riva siaccende la fila dei piccoli fanali, mentre a sinistrait vecchio e misterioso Castel dell'Ovo a poco a-poco sprofonda sempre pit nell'oscurita crescentei suoi tristi muri neri e massicci.

* * *

Terza sera di illuminazione in chiesa. La do-menica attira un pubblico pia numeroso. Dall'in-terno del tempio giunge l'eco dei canti e del suo-no dell'organo.

* * *

Nel Lazio si fanno immense processioni e i fa-natici gridano « Viva it Papa-Re » in risposta aicontro, dimostranti liberali.

* * *

L'arrivo dei Principi Reali a Napoli.Un gruppo di meravigliosi carabinieri monta la

guardia alla porta del Palazzo Reale. Due briga-dieri con i grossi pennacchi al cappello passeggia-no avanti e indietro guardando diritto dinnazi ase e pare abbiano l'aria di credere che tutta quellafolla sia venuta per guardar loro. Il pubblico emolto vario ; ci sono molte donne, delle quali qual-cuna legante, dei bambini, degli uomini vestiti ci-vilmente, molti studenti e alcuni operai che atti-Tano in modo speciale l'attenzione dei carabinieri.

Quello che maggiormente colpisce in questafolla che attendee la mancanza di costrizione, di

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NICOLA IORGA

ogni sforzo di attenzione. La gente non sta, co-me in altre parti, diritta sul margin del marcia-piede, con gli occhi fissi alla parte da dove devo-ne venire coloro che sono attesi, ma e divisa ingruppi, che parlano e ridono. Pare che qui l'at-tesa non sia una noia, ma una specie di piacereche permette di stare senza far nulla.

Finalmente ! un movimento della folla ; si sen-tono Montane grida di « evviva D Tutti comincia-no ad accorrere da ogni parte. La carrozza deiPrincipi avanza lentamente, stretta tra Ala gente.

Il Principe di Napoli porta la redingote e iIcappello alto ; e un giovane distinto, magro e pal-lido. L'elegante Principessa e piii alta di lui ;una bella meridionale, dal volto bruno pallido,e occhi neri, quieti.

Sento gridare : « Viva la Casa Savoia! D. I piitacclamano battendo le mani : una abitudine ita-liana.

* * *

La pioggia a Napoli e un non senso. Ho vistaieri sera i Principi che usciti in charette sonostati sorpresi dalla pioggia ; guidava it Principe eridevano allegramente dell'impreveduto inciden-te. Danno l'idea di gente buona e felice, che sicomprende reciprocamente.

* * *

Avvisi di propaganda per le strade, apparizio-ne di numeri unici, colpi di cannone tutta la notte.

Altro Santo, grande questo, it Patron dellacitta : San Gennaro.

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gli

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

* * *Mentre alcuni colpi di cannone annunciano ai

credenti, ai molti credenti, che it sangue del San-to, conservato nella Cappella del Duomo, si e li-quefatto it miracolo si rinnova tre volte all'an-no, e doppio, dopo otto giorni di riposo al per-sonale vengo a sapere che it Museo e chiuso ; equesto di domenica, nel solo giorno di ingress°.libero ! Ah San Gennaro !

* * *Verso Portici, it tramvai segue la strada lungo.

it Porto. Durante it cammino vedo un San Gen-naro di gesso posto tra sbuffi bianchi e tende ros-se orlate di oro, con delle candele poste dapper-tutto. Si fa colletta per l'illuminazione. Il tem-po e minaccioso, soffia un. vento fortissimo dal ma-re, sollevando l'abbondante polvere delle strade-lontane dal centro.

Ben presto si vede it mare color del piombo'mosso da onde furiose.

* * *

Ponte della Maddalena, al di la della piramide-delle case che dividono la strada. A destra unastatua di San Gennaro e posta a ricordare la pro-tezione accordata dal Santo alla citta., al tempo.di una eruzione del Vesuvio ; a sinistra la statuadi un altro Santo. Di nuovo candele e colletta,bambini sfacendati sparano a salve con delle pi-stole.

* * *

Le case si fanno pill rade. Qualche orto. Una

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NICOLA IORGA

Linea di strada ferrata, poi subito dopo siamo aPortici.

* * *

Appaiono dapprima i quartieri poveri. Il Corsoassomiglia a una strada secondaria di Napoli, poila strada migliora ed 6 ben tenuta, le costruzioni.si fanno pia grandi, pit regolari pill curate. Spa -riscono i meloni che, legati collo spago, arricchi-scono altrove le facciate delle povere case, e suimarciapiedi non si vede pill la conserva di po-modoro posta ad asciugare, tra la polvere solle-vata dalle carrozze.

Dai cancelli delle ville si scorgono ammirabiligiardini tipicamente meridionali per le palme e lepiante esotiche, e dalle finestre aperte e dato ye-dere i ricchi interni delle case.

Durante l'estate Portici e it pia elegante eluogo di villeggiatura dei napoletani ricchi

.od agiati.L'aria e purissima. La citta e composta quasi

-unicamente dalla strada principale che si stende-fra giardini, vigne, campi e prati.

Il tramvai si ferma, dopo it suo lungo viaggio,in piazza. La strada a destra, assai larga, con-duce ad un teatro nel quale vedo annunciati : « ITre Moschettieri A e verso it mare che chiudel'orizzonte con le sue istancabili onde color del-l'ardesia. Giardini fiancheggiano la strada uno

it giardino municipale nel quale vi sono alcunestatue, tra cui, quella di un uomo politico natoa Portici ha sul basamento una corona di alloropostavi dal socialisti locali, l'altro e un giardinodi propriety privata ed 6 molto trascurato. I barn-186

vi-=ciao

I:ITALIA VISTA DA UN ROMENO

bini saltano le sbarre di ferro, spezzate in molti-punti, poste a difesa e devastano i rami dellepiante rare che l'abbelliscono.

Da lla piazza ha inizio la strada per ii Vesuvioe per Torre del Greco. Prima si passa dal cortiledella Scuola di Agricoltura che ha dei giardiniammirabili, poi si giunge a Resina, che coprecon ii gruppo delle sue povere case la citta sepol-ta di Ercolano.

A sinistra del Corso, che ha it nome della an-tica citta morta, su di una porta c'e scritto :

Scavi di Ercolano o, scavi interrotti da moltianni a causa della mancanza di denaro, della diffi-colta del lavoro, delle numerose espropriazioni chesi dovrebbero fare in questa cittadina assai abi-tata.

* * *

Per giungere al Teatro e necessario passareper corridoi umidi che scendono sottoterra. Unteatro sotterraneo che solamente un archeologo-puo riconoscere dalla parte dissotterrata. La gui-cla mostra i banchi, l'orchestra, uno stampo discheletro umano e uno stampo di maschera.

L'impressione che si riceve dalla rovina e pocae quasi annullata dall'altra piu profonda prodottadallo speciale ambiente, dai lunghi corridoi sca-vati nella lava nera, nei quali l'acqua filtra agoccia a goccia, dall'infinito numero di scaleche portano nel buffo freddo che le lampade a ma-no dei visitatori riescono a rompere appena fu-gacemente. La parte dissepolta della citta si esten-de, invece, al sole e si passa per una strada angu-sta piena di gente.

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NICOLA IORG A

In un posto si vedono degli archi sotto i quailstanno alcune donne : sembrano riprodurre al na-turale un motivo assai usato negli antichi afEre-schi. Delle vie maggiori una sola e stata disse-polta, ha it selciato di pietre nere, rotonde : nonc'e nessun edificio pubblico, ma unicamente casedi borghesi, non molto lussuose. I muri di questecase sono tinti in rosso e con righe di diversi co-lori. Gli affreschi sono stati tolti e messi alMuseo, dove pero non sono al loro posto.

Al ritorno si gode la vista dell'intera Napoli,che rovescia dal culmine del Monte San Martinait gran mare di case bianche, rosse e gialle cheit sole al tramonto Alumina allegramente.

* * *

Compero i giornali festivi dedicati a San Genna-ro. Uno si chiama a Napoli a San Gennaro ».Contiene pezzi letterari molto mal fatti e tronfi,scritti da « professori » locali, inviti ad imitareS. Gennaro, confessando la fede come egli fece, einfine, ed e la parte pill interessante, l'esposizio-ne e la discussione sui miracoli del Santo, spe-cialmente del Miracolo del sangue, che sarebbe itpin grande tra i doni elargiti dalla Provvidenzaalla citta.

Dalle diverse confessioni, anche di scettici, del-le circostanze nelle quali it miracolo avviene ri-sulta che non si tratta di segreto che i sacerdotisi trasmettano per imbrogliare i fedeli.

L'altro giornale festivo e un supplement° al« Diavolo rosso ». Da al pubblico nella prima pa-gina l'immagine del Santo e di un prete locale

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I:ITALIA VISTA DA UN ROMENO

the assomiglia al Papa, ma eseguito in modo cosiorribile, che in un primo tempo ho creduto chesi trattasse di un libello contro la festa. Nellepagine interne, inni in onore degli abitanti delluogo che si chiamano, Gennaro, Gennarino, ecc.,brani di musica sempre dedicati agli stessi, poe-the amorose e un articolo dedicato al Santo.

Nella cronaca si promette al direttore del gior-nale una splendida serenata con mandolini, chitar-te, tenori, fuochi d'artificio, palloni... C' e da in-vidiare l'amato direttore !...

* * *

XX Settembre.A Napoli l'impressione e di festa ufficiale, gli

uffici comunali e pochissime case di commercioharm° alzato it tricolore. Il movimento per le stn.-de e i1 consueto.

Napoli rimpiange forse rindipendenza che go-deva al tempo dei Borboni, come tenderebbero a di-mostrare gli articoli di un nuovo giornale « Ilpopolo napoletano D, oppure la pieta degli abitan-ti e maggiore del loro patriottismo italiano (hovisto scritto sui muri a Portici « Viva LeoneXIII! »).

Comunque, questa mancanza di entusiasmo nelgiorno nel quale it regno d'Italia entrando in Ro-ma ha conquistato la chiave di volta del suo edi-fcio e la consacrazione ideale della raggiunta uni--La ispira forse poca stima della capacita. politica.o della nobilta dei sentimenti della maggioranzadei napoletani. E notate che qui l'entusiasmo na-scosto, intimo, non pm) esistere ; ci sarebbe al-

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NICOLA IORGA

meno la bandiera, se non i colpi di cannone, i pal-loni, le trombette dei bambini.

A mezzogiorno la piazza del Municipio doveassolutamente si deve fare la commemorazioneda parte della autorita comunali, senza sfilamentimilitari o altra parata dello Stato, non e colma digente.

Due file di uomini, una di pompierimetallico e dal pennacchietto rosso, l'altra di guar-die di citta in berretto pomposo nero e a'lamaribleu, limitano con le sciabole sguainate (per que-sta specie di semi-soldati una simile dimostrazio-ne bellicosa fa sorridere un po') uno spazio vuotoche va dalla porta principale alla statua di Vitto-rio Emanuele, una superba statua in bronzo cheha sul basamento una figura, pure in bronzo, didonna che simboleggia unita.

Una lunga attesa, quantunque l'ora fissata daIprogramma sia gia trascorsa. Il pubblico non au-menta troppo. Vengono parecchie carrozze, nellequali sono specialmente forestieri, che si dispon-gono a circolo dietro la folla.

Presso la statua attende un piccolo gruppo digaribaldini, con le camicie rosse : fra essi unvecchio decorato che porta la barba bianca a pizzoe gli occhiali sembra essere un ufficiale dei valo-rosi Mille. E' attorniato da molta gente e rac-conta.

La musica accenna un principio di marcia, masubito si interrompe. La gente ride. In fine dallaporta del Municipio si avanza con passo cerimo-nioso un signore, in cilindro e frac, tra due vec-chi militari, uno dei quali ha it petto ricoperto didecorazioni. Subito guardie e pompieri salutano

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dall'elmo

l'Italia

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

con le loro sciabole e le trombe suonano. Non eneppure it sindaco, e un assessore, giovane, gras-so e appare assai soddisfatto di tutti questi onori.L'assessore, verso it qualle ora si rivolgonosguardi, parla con le persone ammesse nello spa-zio riservato, stringe la mano ai vecchi garibal-dini e riceve, salutando, it rapporto che gli fa unufficiale delle guardie che pure lo saluta con la scia-bola. Poi, sempre fiancheggiato dai due ufficiali,torna indietro, tra la folla che non capisce nulla ditutto ciO.

Le trombe suonano nuovamente : arriva it Sin-daco. Dopo alcuni momenti si vede avanzare unpiccolo corteo di circa venti persone, circondatodalle guardie con le sciabole sguainate, che portauna immensa corona di fiori naturali con un na-stro dai colori della citta, arancione e giallo. Leguardie salutano ancora questa volta senza sba-gliare. La corona viene posta ai piedi della statusdel Re. I garibaldini salgono sul basamento in-sieme ai portabandiera delle associazioni. Si ten-gono i discorsi che pochi riescono a sentire. Ap-plausi nel gruppo di persone dello spazio riser-vato. Si riforma it corteo. Le associazioni sfilanoal suono delle musiche, le bandiere scompaionaman mano sotto la porta del Municipio.

Gli studenti gridano, protestano, fanno a que-sto modo una dimostrazione socialista di cui nonsi capisce lo scopo. Le guardie accorrono con lesciabole sguainate. Si procede ad un arresto. IIpubblico si appassiona e mentre l'Inno di Gari-baldi termina tra applausi, davvero tempestosecominciano le baruffe politiche.

Un signore piccolo e nervoso definisce a matte

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gli

NICOLA IORGA

scappato dal manicomio » Imbriani che, proprioin quel momento, a Siena, cadeva fulminato dauna paralisi al termine di un discorso (la notizianone ancora giunta a Napoli) un giovane gli ri-sponde, in modo provocante.

Entrambi trovano dei partigiani... E' ancorala vita italiana delle citta medioevali. Passioni eodi di parte.

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FIRENZE

In treno.Una meravigliosa giornata di autunno. Sotto

la luce del sole, piu delicata ora, si vedono pas-sare in colori fantastici le citta e i paesi dell'I-talia meridionale, con le loro torri e le loro terraz-ze. Radi alberi con un solo ciuffo di foglieinterrompono qua e la la monotonia della cam-pagna arsa.

Sullo sfondo azzurro del cielo si dipingono :Capua, ammasso di case multicolori, che, se ri-chiama al pensiero Annibale, non da alcuna ideadella vita dissoluta che vi si conduceva una volta ;Aquino, la patria del pill terribile scolastico, S.Tomaso, che fu certamente it piu straordinario la-voratore nell'aspro, sterile e vuoto campo dellascolastica.

Un cambiamento nel paesaggio : una terra de-serta, senza coltivazioni e senza abitati nella qualecorrono g1li acquedotti e spuntano muri rovinati.

E' la campagna romana : lo spirito della mortefa la guardia alle porte di Roma.

Verso Fii-enze.Una terra deliziosa,--tin seguitO ininterrotto -di

193

13 - N. IORGA

; -*

*

NICOLA IORGA

panorami meravigliosi : colline boscose e valli dal-le attraenti prospettive. In luogo della policro-mia orientate vista finora nell'Italia meridionale,unicamente it verde intenso degli alberi sotto loazzurro del cielo.

Orvieto con i suoi muri gialli, in cima al mon-te. Alla stazione si vende in fiaschetti impagliati« it rinomato vino d'Orvieto n, un vino limpido,squisito, dall'odore di basilico.

Salgono in vagone due viaggiatori francesi che,dopo aver veduto it Duomo, hanno perduta la fu-nicolare che porta alla stazione.

E' quasi sera quando passiamo presso it 'lag°di Perugia, i1 vecchio Trasimeno, che stende finoai margini lontani dell'orizzonte la tela biancastradelle sue acque quiete.

Il sok tramonta in 'uno splendore tale che nonconsueto neppure in Italia.L'azzurrO pallid° della volta del cielo si muta al-

l'orizonte a poco a poco, quasi insensibilmentenei colon giallo oro e arancione carico. Nuvole leg-gere si distendono in fascie rosso sangue. Poiscende la quiete della sera su la buona terra To-scana.

Nel lento crepuscolo si scorgono ancora paesidall'aspetto severo, dai muri nudi, senza alcunornamento, in masse giallo-cenere.

'Quando ci fermiamo a Firenze, e ormai nottefatta.

Dopo la quasi africana Napoli, si respira nellapulita, comoda e rinfrescante semplicita di Fi-renze. Vi sono strade larghe, ben tenute ; giar-

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* * *

I

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

dini i cui fiori sono rispettati; marciapiedi pulitie intatti ; gente affabile, aria e quiete.

Firenze e una citta calma senza pero essere latomba di un grande passato. Deve essere stataeertamente sempre cosi, questa Atene italiana,Citta bella, laboriosa e quieta malgrado le lottepopolari come e oggi, da it senso di una conti-nuity di civiIta nel pin intero e -pin simpatico si-gnificato della parola.

* * *Con grande commozione rivedo i monumenti

che mi sono gia noti, ma che mi sembrano anchepin belli. II Duomo, immenso gioiello scolpito inmarmo bianco nero. Or San Michele, via deiCalzaiuoli, piazza della Signoria, la loggia deiLanzi, le statue di Benvenuto, Bandinelli, Dona-tello e Bologna. Percorro it Ponte Vecchio con lesue caratteristiche botteghe buie, scolpite nellapietra del ponte medievale, nelle quali si vendonominuscole argenterie, e guardo l'Arno faire Ion-tano lentamente giallastro sotto i tre archi, e i inn-garni larghi -fiancheggiati dalle spallette del flu-me e dalle quadrate e solide facciate dei palazzi.

* * *Per ii lungarno Cellini, tra una strada serpeg-

giante, limitata da boschetti verdi, da siepi di ro-se Lorite, da grotte .artificiali, da sorgenti e da se-dill di marmo, si sale a1 Piazzale Michelangeloche si estende rotondo intorno a una copia inbronzo del Davide, it sottik efebo di Michelan-gelo.

Appoggiato ally pietra nera della balaustraguardo verso Firenze.

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NICOLA IORGA

11 sole ql tramonto avvolge tutto it vasto pa-7norama di un velo misterioso di pallida ince, lacitta troneggia tra colline verdi seminate di casebianche. Firenze e tutta un immenso alvearemuri giailo -scuro e di tetti rossi sopra i quali eTmergono le rotonde cupole, quella del Duomo ledomina tutte, i campanili e piu alti di tutti imerli del Palazzo della Signoria.

L'Arno argenteo scintilla sotto l'abbraccio deiponti, mentre dai molti campanili le campanedelle chiese salutano il sole che se ne va e la di-scesa della sera santa.

* * *L'Arno e fiancheggiato da larghe e belle strade

che si chiamano i Lungarno.* * *

Lungarno Acciaiuoli, verso le Cascine. A si-nistra it flume giallo dal movimento lento, a de-stra una lunga fila di, palazzi di uno stesso stile,uno splendido ripetersi di bellezza solida e severa,interrotto, ogni tanto, da piazze decorate di statueche ricordano Goldoni, Manin, (il difensore diVenezia nel 1848) Garibaldi, ecc.

Sull'altra riva, da prima si vedono delle poverevecchie case nere, poi, come l'Arno si allarga, laveduta si fa piu ampia e pin luminosa.

Appariscono alte case elevantesi a volte le unealle spalle dell'altre e chiese dalle belle- cupole.

I ponti dagli archi arditi uniscono le due rive.* *

La vista delle cupole e particolarmente del flu-me dal lento decorso ti desta per la sua somi-196

di

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

glianza con i canali marini ricordi di Venezia,mentre invece richiama Parigi ii carattere di mo-dernity elegante dei ponti, delle rive, delle piaz-ze e dei palazii.

Al le Cascine polverose con gli infiniti viali edalla molta gente elegante che passa nei ricchiequiptggi, scopro in un angolo solitario, tra l'om-bra umida, una vecchia fontana abbandonata. Hala forma di una piramide, e l'iscrizione scolpitasulla pietra annerita porta la dedica di « un'ani-ma pietosa xi a Narciso. Il bel Narciso che amO sestesso, senza ricercare it proprio essere in altri,come facciamo tutti con un potere di illusione e dipassione simili alle sue.

* *Passando per it Ponte Vecchio sulla riva sini-

stra dell'Arno.La via piuttosto stretta si allarga nella vata

piazza Pitti, dominata dall'immenso palazzo del-l'aspetto ciclopico. Si chiude in questo momen-to it « Giardino di Bobo li » e stuoli di fanciullin'escono e si rincorrono gridapdo sulla ghiaia del-la piazza. Pitt lontano si scorge la Via Romanauna quieta strada di provincia con grandi giar-dini dagli alberi secolari dietro gli alti muri ; infondo c'e un arco scuro : la Porta Romana. Aldi la la strada prosegue in un viale molto affol-lato.

Sul piazzale dinanzi alIa porta, una giostraintorno alla quale sosta un pubblico di bimbi e dipopolane che guardano avidi e sognano la supre-ma felicity del girare (complicato qui da un mo-

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* * *

*

NICOLA IORGA

vimento a onde della piattafarma) . A sinistra poic'e una delle lunghe parte del giardino di &boll.Dal cancello di ferry ha inizio uno dei tanti valliche formano, attorno a Firenze, una cintura qua-si completa di meravigliosa verdura.

La salita per la larga strada profumata e fre-sca e quanto mai dolce nella bellezza fantasticadi questa soave crepuscolo, mentre lentamentescende la notte. Si scorgono i boschetti bui, le lar-ghe piazze deserte, le ville maestose, nelle qualibrillano le prime luci accese per la cena, e ancorarisuona nei giardini ii riso argentine dei fanciulliche si rincorrono. Poi alla svolta la fila dei lam-pioni si fa pia rada, la strada pare restringersi eanche le case divengono pia rare e pia comuni:nell'aria quieta e una completa pace non turbataehe dal passo di qualche viandante che se ne valentamente anch'egli compreso dall'irresistibile fa-scino di quest'ora e da tanta bellezza. Pia tardi,sotto it leggero riverbero della luna, si vedona in-certamente, valli profonde e prospettive misterio-se. In faccia it monte della Croce sul quale saleuna fila scintillante.di lumi.

* * *Un tramvai elettrico porta a quel vecchio nido

montano che e Fiesole ; la Fiesole Etrusca, coni muri ciclopici ; la Fiesole cristiana con la anticacattedrale del XI secolo.

I vagonetti salgono tra giardini di olivi dalle fo-glie biancastre, tra muri scuri che nascondonocampi e vigne. Al di sotto, man mano che si sale,l'orizzonte si allarga completamente e si domina198

* * *

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

cosi Firenze con i suoi tetti rossi, le colline verdi,tondeggianti, seminate di piccole casette bianchee l'Arno simile ad una larga striscia di argento.Si giunge ad una piazza sulfa quale sorge la mas-sa informe della cattedrale, un minuscolo museoe un grande ristorante.

La strada principate sale verso it monte tra duefile di case blanche. E' domenica, verso sera, egruppi di operai e di ragazze dalla mosse civettuo-le passeggiano malgrado la minaccia del cielo ce-nerognolo di autunno.

A sinistra, l'occhio abbraccia it dedalo dellevalli verdi, dalle quail salgono i neri pini marit-timi, diritti e solenni simili a fiaccole funebri.

Pian piano la strada si fa sempre piu silenziosa,ora e percorsa sPlamente dai lattai con le secchiecolme di latte, contadini che ritornano dal mer-cato ed esemplare unico da una vecchia triste, di-ritta come un pino marittimo, che sale verso itbosco solitario per cercarvi un luogo dal quale sigode una bella vista raccomaridata dalla guida,che porta bene in vista in una tasca del suo abito.

Sui colli in alto, batte un vento freddo come daneve, e dal cielo carico di nuvole sinistre scendeuna triste notte di settembre.

Un edificio di Fiesole brilla di luci. E' la vi-gilia di San Francesco e si e cominciata la lotteriaindetta per la festa. La gente si raduna in duestanze, dove dal soffitto pendono ombrelle, bastoni,cappelli ed altre cose tentatrici per attirare it visi-tatore, mentre dietro le corde, dinanzi alle qualialcuni giovani con un distintivo all'occhieflo mon-tano la guardia, sono poste in fila in bella mostrastatuette, quadretti, utensili. La musica si pre-para a suonare sulla terrazza.

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NI 20I,A IORGA

* * *

tranvai elettrico scende dal monte verso Fi-renze : e una notte nera come it catrame, non siriesce a vedere nulla, ne alberi, .ne muri, ne valli,ne case. L'ombra nera ha inghiottito tutto. Ad unasvolta della strada si vedono dinanzi a not le col-line cosparse di luci e sotto Firenze con i suoimigliaia di lumi accesi e scintillanti. Pare di ave-re sotto i piedi capovolto it cielo di una bella notted'estate con tutte le sue stelle.

* * *

Piazza Santa Croce vista in una notte di luna,uscendo dal buio dei viali e della strada dei Mal-contenti, lungo corridoio deserto, tra innumere-voli costruzioni non abitate, che all'apparenzasembrano caserme e odorano di concerie. Si se-guono i portici a fianco delle case, non senza unbrivido di timore, nell'ombra che gli archi rinser-rano nella loro profondita di marmo. Poi di fron-te ti appare la facciata della chiesa che col-pita dalla luna si disegna bianca nella luce soavee l'occhio si sofferma ammirato a guardarla lun-gamente.

Come dovunque in Italia, quando it tempo e Bel-lo, le finestre delle case sono spalancate e la gentee affacciata a godersi la bella notte, mentre raripassanti attraversano it cerchio luminoso fattodalla luna ai piedi della chiesa.

La bianca statua di Dante si intravede in unangolo, incerta e misteriosa, pare quasi un'ap-parizione.

Certo molte volte sara passato di qui Colui chevide vivo l'altra vita, i suoi occhi avranno guar-

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II

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

dato questi stessi archi ed avra passeggiato all'om-bra di queste stesse strade oscure. E dopo di Luiin questo medesimo lembo di terra hanno vissutola loro vita di gioia e di dolore, di sogno e di la-voro, uomini che si chiamarono Michelangelo eGalileo... Qui, all'ombra di questo Duomo, sullerive di questo flume, qui, scese sopra di loro la pa-rola di Dio che ha permesso alle loro menti umanee caduche di concepire l'Eternita, it Vero e itBello immortali.

* * *

Per averne una forte impressione l'Arno biso-gna vederlo di notte, dal Ponte Trinita, quandonell'oscurita non si distinguono le sponde e siintravvedono appena le caseate che ne rompono itlento fluire, le isole sabbiose che ne fendono itcorso e it flume proietta le file dei fanali accesi infantastici steli di /lice tremolante nella profonditadell' acqua.

Questa sera mentre io guardo, it cielo si sgom-bra pian piano dalle pesanti nuvole. che per tantigiorni hanno gravato sulla citta dalla limpida lu-ce. Su verso it Ponte Vecchio che si scorge nel-l'oscurita., non come una doppia fila di luci che at-traversano it flume, ma come un arco piu nerodell'ombra della notte seminato di occhi luminosi,le nuvole si ammassano in forme sinistre. L'ac-qua sotto it ponte scorre nera come it cielo che ri-flette. Ma verso le Cascine e l'azzurro che vince eit flume ne rispecchia le zone serene colore azzurrometallico, limitate dall'ombra vellutata che get-tano gli archi del Ponte della Carraia, e dalleombre sfrangiate delle ultime nuvole rimaste.

Al le Cascine it cielo e ancora luminoso degli ul-

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NICOLA IORGA

timi bagliori del tramonto : e color rame all'oriz-zonte mentre pill in qua si tinge del colore giallodell'oro.

* * *

Una procession funebre di effetto motto impo-nente e suggestivo. Precedono due torce ardenti,altre due seguono /a cassa coperta di una ricca col-tre di velluto ricamato the e portata a spalla daaltri portatori di torcie. Questi portatori sono ye-stiti di nero e hanno sul capo un cappello purenero posto sopra un cappuccio che copre tutto ilviso, ad eccezione degli occhi. Dietro le ultimetorcie seguono un gonfalon e i preti nei Toro pa-ramenti sacri.

* * *

Vedo tornare da lontano it corteo funebre. Tut-to it fondo della via disegnata dalla doppia linealuminosa dei fanali accesi si riempie di luci va-ganti che frettolose salgono sul ponte e a pocoa poco diminuiscono, rimpiccioliscono e scorn-paiono.

* * *

Settignano e un paese, accoccolato su una dellecolline che circondano Firenze. Ci si va tra muridi giardini e vigneti. Si ha dinanzi it vasto pano-rama, dei verdi monti che si succedono fin dovel'occhio arriva, le cui cime sembrano cosi vicineche richiamano l'immagine di una mandria gi-gantesca. Poi la strada piii dritta, tra alti muriche nascondono ogni vista. Quando finalmentepuoi nuovamente guardare a destra e a sinistra seiormai giunto a Settignano.

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

Una grande chiesa ed akttn.e case blanche cir-condano al piazza.

Tra le case quiete e pulite, alle finestrequali sorridono serene le tonde faccie dei bimbi,sale una strada angusta the conduce alle ville si-knziose dove deve essere assai bello e dolce it vi-vere nel riposo

I pini marittimi innalzano it loco cupo rigidofogliame net freddo cielo sereno di questa serad' autunno.

* * *

Alla parte opposta della piazza, un'altra stradascende ripida verso le casette della, valle, Qui itpanorama e molt° vasto.

L'ombra della sera che scende lentamente con-fonde a poco a poco e nasconde pian piano i colli,la macchia bianca di Firenze e le altre alture chelaggiu limitano l'orizzonte che i1 tramonto tingedelle sue ultime tinte arancione.

* * *

Nel buio, all'improvviso, scintilla una luce, poialtre piu piccole che formano una fila e indicano legrandi strade della citta che inizia la sua vita se-rale. La vita delle passeggiate, dei divertimenti edelle riunioni famigliari sotto la fida lampada do-mestica.

La campana della chiesa prende a suonare pia-no e misurato. Al di sotto anche la strada che con-duce a Firenze si illumina di mobili luci. E' laprocessione in onore della Madonna. Precedonoi gonfaloni portati da uomini in redingotte, che

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delle

NICOLA IORGA

camminano con passo solenne compresi dell'im-portanza e della riverenza per le cose sante, poivengono a due a due le ragazze dal capo coperto dalunghi veli bianchi che sfiorano la terra : hanno inmano le candele accese. Sono fanciulle di tuttele eta ; dai quattro anni di una piccina vestita co-me una bambola che procede seria seria fra tantagente che non conosce, ai quaranta di qualche si-gnorina veterana di queste manifestazioni, allequali ii velo nasconde pietoso la pappagorgia tra-ditrice. Alcune di queste ragazze sono cerimonio-se e camminano in cadenza con gli occhi bassi, ail-tre pin ardite guardano it pubblico, it numerosopubblico domenicale, altre ancora sorridono. Ilvento spegne a una di loro la candela e, mentreessa tenta riaccenderla a quella della compagna,spegne anche questa : cio da alle ragazze motivodi risa e infatti scoppiano a ridere tutte e due men-tre it sagrestano corre sollecito a ristabilire l'or-dine turbato dalle due monelle.

Poi viene la Madonna : e ben vestita e adornatadi pizzi e di fiori e ad ogni passo dei portatori tre-ma in tutti i suoi ornamenti.

I preti la circondano e curano in ogni partico-lare l'effetto del rito.

Tutti salutano scoprendosi ii capo, alcuni perodopo di esserne stati consigliati dai vicini. Ci so-no anche donne che cadono in ginocchio. Seguonol'Immagine le donne vestite di nero e un pubblicomisto con le candele in mano.

Chiude it corteo la musica con suonatori in uni-forme, che suonano marce profane cosi poco adattealla- cerimonia.

La processione si snoda lentamente lungo la

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

strada che mena alla collina, mentre la campanadall'alto porge it suo saluto battendo rintocchilenti e misurati.

* * *Un funerale presso la Porta Romana. I becchini

attendono, parati dei loro camici bianchi che li co-prono completamente ad eccezione degli occhi iquali vedono da due buchi rotondi fatti nella stof-fa, dinanzi ad una casa i cui abitanti sono tuttiaffacciati alle finestre. Il defunto deve essere unuomo solo senza famiglia, poiche non si vede alcunparente od amico che pianga.

Da lla povera stanza posta sotto tetto i becchiniscendono portando it feretro a braccia e per losportello aperto introducono la cassa nel carro fu-nebre. Poi se ne vanno soli, nel buio della nottein un fantastico ondeggiare delile torce a vento.

-- 205

PARTE QU1NTA

VENEZIA

PARTE PRIMA

14 - N. ZORGA

VENEZIA E L'ORIENTE

Venezia ha avuto una forte influenza su due bendiversi Orienti : C'e infatti 1'Oriente asiatico cioele coste della Siria e dell'Egitto, territori aparte-nuti in un certo momento, e poi per lungo volgeredi anni, ai mercanti veneziani.

Tutto quarto si riferisce a questi possedimentisenza dubbio una pagina interessantissima della

storia di Venezia.Io credo anzi che verra il tempo in cui la storia

dei rapporti tra Venezia e questo Oriente asiaticoe africano sara scritta da person che, conoscen-

do bene i documenti e i luoghi nei quali si a svoltauna parte cosi importante della vita dei veneziani,saranno in grado di parlarne con profonda com-petenza.

I fatti si presentano ben altrimenti quando, perparlarne, si parte dalla specifica conoscenza deiluoghi, oltre che dalla assoluta padronanza deifatti ivi avvenuti o che con queste localita hannorelazione. Quando si sente, per cosi dire, nei pol-moni l'aria di quei tempi, 1'atmosfera legata allageografia stessa dei luoghi, allora i fatti si rivivo-no e se ne parla ben altrimenti che in un elencounicamente cronologico.

211.

NICOLA IORGA

Ma ora voglio scrivere dei rapporti tra Veneziae 1' Oriente, e cioe : del dominio veneto su Creta,Cipro e l'Arcipelago.

Ho ricordato in questo modo altri tre importan-tissimi domini veneziani.

Creta, nella quale le traccie della dominazioneveneta permangono tuttora, fu in un primo tempodei genovesi, che la strapparono ai bizantini, atloro volta i veneziani nel secolo XIII Ia tolsero allarepubblica ligure. In una sezione dell'archivio deiFrari si conservano preziosi e interessantissimidocumenti latini e greci relativi al Ducato di Cre-ta. Nelle mie pubblicazioni su Venezia (1) ho te-nuto nel massimo conto quei documenti, di vita an-che privata, che si riferiscono alla dominazioneveneta in Creta.

Altra opera pure interessantissima sarebbe quel-la che presentasse la storia di Venezia nell'Arci-pelago e nel Mare -Egeo, come pure, quella deiduchi che cola si sono succeduti fino al XVI seco-lo. Oualche cosa d'italiano e rimasto tuttora inquei paesi che per secoli hanno subita la domina-zione veneta. Sarebbe facilissimo a chi volesserecarsi nelle isole dell'Arcipelago e, non conten-tandosi di una visita superficiale, si occupasse diserie ricerche, scoprire sotto l'apparente aspettogreco tante traccie venete, e non gli sarebbe nep-pure difficile appurare quante siano tra le fami-glie greche quelk che, come i Ghisi di Santorino,discendono da famiglie veneziane.

Ma, come gia ho detto pia sopra, io non parlerodi questo Arcipelago greco e nemmeno di Cipro

(1) Notes et etraits pour servir a l'histoire des croi-sades au XV siecle - 5 vol. Paris - Bucarest.

212

.

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

veneta che ha avuto rapporti istretti oon unadelle pin attraenti personality femminili del XVsecolo, con Caterina Cornaro.

Non parlerO di Cipro veneta, perche quest'iso-la, prima di divenire una provincia veneta, ebbeun passato molto piu importante all'epoca dei ReLusignani, i Re crociati stabilitisi nell'isola allafine del XI secolo e che, durante it corso di duesecoli, nel vasto movimento del periodo cavallere-sco, rappresentano senza dubbio la parte pin inte-ressante e pin viva della sua storia.

Quando Venezia si impossessO di Cipro, l'isolaera in piena decadenza. L'elemento latino occi-dentale, sebbene non ancora !del tutto sparitoera tuttavia gia stanco e non pin atto ad operecreative. Percio Venezia non pote fare altro, perlunghi anni, che amministrare un paese la cui vi-tality era in gran parte cessata e quindi non domi-no in Cipro, per raccogliervi Peredita dei magni-fici cavalieri francesi, ma piuttosto per ammini-strare quei sudditi greci.

Ouali sono stati i legami tra Venezia e Bisan-zio?

Una parte di Venezia e senza dubbio bizantina.Vedendo S. Marco, e pressoche superfluo it dirlo,e facile riconoscere in essa la piu bella fra le chieseche siano mai esistite in Costantinopoli, pin bellapersino di quella dei Santi Apostoli, ora scorn-parsa.

A Costantinopoli stessa infatti non esiste unachiesa che sia cosi tipicamente bizantina come eSan Marco, della quale anzi si puO dire che, se siescludono certi elementi gotici aggiunti nel secolo

213

NICOLA IORGA

XIV, la pittura veneta del socolo XVI trasformatain mosaico, sul luogo dove gia erano gli antichi,di cui uno solo ce ne e rimasto, e quel po' di rina-scimento aggiunto al vecchio edificio nel secoloXVI, e la piu bella chiesa bizantina esistente.

Si puo aggiungere inoltre che lo stile bizanti-no lo si sente meglio qui che non nella stessa o-dierna Costantinopoli, dove anche Santa Sofia non

ormai altro che una moschea maomettana, nella'quale da secoli i turchi hanno coperti i mosaici con

intonaco.Quella chiesa poi e maggiormente sfigurata dat-

le torn che, in tempi posteriori, sono state ag-giunte alla superba unica cupola di Giustiniano.Anche le altre minori chiese bizantine di Co-stantinopoli sono state trasformate in moschee oin magazzini d'armi."

Mi meraviglia che it signor Mustafa Kemal,l'attuale restauratore della Turchia, che non hapreoccupazioni religiose, essendo un poco controtutte le religioni, a cominciare dalla sua (e nonsi puO negare che quando si vuol distruggere lereligioni e una prova di delicatezza it cominciareda quella alla quale si appartiene), mi meravi-glia che it signor Mustafa Kemal, questa per-sona violentemente antireligiosa, non abbia re-so omaggio alla giustizia, restituendo Santa So-fia, se non al culto cristiano (non gli si domandatanto), almeno all'arte cristiana : restaurazione dicui tutti gli amanti del hallo gli sarebbero assaigrati. Poiche la sua volonta e sovrana egli potreb-be a un solo suo cennno far cadere it brutto intoinaco e restituire la bella chiesa al suo anticosplendore.

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e

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

In Costantinopoli ormai una sola moschea con-:serva i caratteri cristiani ed e quella remota, silen-ziosa e deserta Cahrie, che fu gia it monastero del-la Vergine dei Campi, nella quale ancora si vedo-no i bei mosaici del principio del secolo XIV, ma,se si confrontano con quelli antichi di San Marco,la differenza fra i due monumetti e enorme tantopoco la moschea di Costantinopoli puO reggere alparagone col magnifico edificio veneto !

Inoltre, se a Torcello si sente di essere vera-mente in un'isola romanica del patriarcale passato,in tutto quel romanico, pure Bisanzio, per me-rit° dei suoi splendidi mosaici, e presente in ogni-monument°. Ne basta, che Bisanzio sopravviveanche nella stessa lingua del popolo veneto, checonserva molti elementi bizantini come ad esem-pio : it « eliage D heliakon.

Del resto queste cose sono note agli eruditi, an-che se non lo dicono sovente.

Ma gli studiosi sono spesso persone che rassomi--gliano mi si permetta l'osservazione, dato cheappartengo anch'io a questa classe a Fontenellequel filosofo francese del XVII secolo, it quale di-ceva che se avesse avuto nella sua mano tante veri-ta, mille verita, non avrebbe aperto un dito. Glistudiosi si comportano spesso nella stessa maniera.Conservano avaramente per se it frutto delle lororicerche, pur non ignorando che una verita scien-tifica che non sia bene penetrata fra le masse haun valore relativo. II primo dovere della scienzaquello di cercare in tutti i modi possibili 4a verita,la quale per non deve rimanere chiusa e celata neilibri, ma essere rivelata a tutte le anime.

In questo modo si rende un veramente nobile e

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NICOLA IORGA

segnalato servizio all'amanita e alla civilta., altri-menti non si e che dei magnifici egoisti, dei colpe-voli quasi, giacche nessuno deve vivere unicamen-te per se, ma per tutti, ed a tutti, anche ai pin u-mili, e giusto che siano note le verita scientifiche.Ne si dica che molti non le possono intendere.Quando lo si voglia, si Imo trovare la maniera adatta per rivelare in modo facile e piano, sia con la pa-rola che con gli scritti, anche alle anime pin incol-te, persino le pin alte e sublimi conquiste del pen-siero umano.

Mentre e a tutti noto che c'e pin Bisanzio a Ve-nezia che a Costantinopoli stessa, non mi pare in-vece the i rapporti tra Venezia e Costantinopolisiano stati studiati e interamente fissati in tutti iloro particolari. Qualche cosa manca a questa sin-tesi delle relazioni tra la magnifica citta dell'A-driatico e la Montana imperiale citta del Bosforo,Venezia da prima senza dubbin fu una comunitapopolare.

Quando in Romania parlo ai miei studenti delleorigini di Venezia, procuro di presentare un raf-fronto fra i primi secoli di questa citta e quellidella stessa Romania, e, poiche l'anno venturo,come e molto probabile, parkro all'Universita diParigi, anche la din) quanto vi e di comune nellastoria dei due paesi.

Non e un atto immodesto da parte mia quello diparagonare le origini di Venezia con quelle dellacivilta romena, che e in gran parte la storia di vil-lagi, giacche not siamo in prima Linea contadinidei Carpazi e del Danubio. I romeni sono in mas-sima parte dei contadini ; ma non tutti sono talicome ben s'intende.

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

Uno dei miei migliori amici francesi in unaconferenza voile presentarmi al pubblico come lavera immagine del contadino romeno. Sbagliava,perche io invece discendo da boiari romeni, co-sa tutta diversa da quello che egli crede.

La Romania nella sua maggioranza e veramen-te pen') un paese di contadini ; non di meno, ripe -to, tra le origini di Venezia e quelle delle primecomunita romene si possono fare raffronti inte-ressantissimi.

Nei primi tempi anche Venezia non fu che unacomunita di' contadini dell'impero d'Occidente..Ma, venuta la decadenza, Roma non pote pia go-vernare questa regione, ne mantenervi dei soldatiper difenderla. I barbari che scendevano bramosie distruggitori in cerca di preda, da persone prati-che, non sprecavano it loro tempo ne disperdevancrIle loro energie per le viuzze o nelle conquiste dipoveri villaggi, ma preferivano seguire le grandistrade e conquistare le ricche citta, dalle qualitraevano maggior bottino. Per questo motivo le-isole della Laguna sfuggirono

Anche la Romania, abbandonata dai romani netIII secolo, non fu occupata dai barbari, che preferi-rono scendere nella Penisola Balcanica. Per la loropoverta i boschi della Romania le lagune di Ve-nezia non offrivano alcun interesse, ne speranzadi ricca preda. Ne venne percio che ambedue que-sti territori abbandonati dall'impero non furonaoccupati dai barbari.

La Romania non e nella penisola dei Balcani :a questo proposito e bene dire che anche la geogra-fia italiana qualche volta non e esatta. Se not sia-mo nei Carpazi, come possiamo essere nello stesso-

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aii'invasione.

NICOLA IORGA

tempo nei Balcani? Per ottenere questo bisogne-rebbe far scendere i Carpazi fino ai Balcani o farsalire i Balcani fino ai Carpazi. I geografi hannotanti mezzi a loro disposizione sulla carta ma nonsulla terra ; sui loro atlanti possono fare le cosepin strane, ma sulla terra non si puo fare nullacli diverso da cin che Iddio ha stabilito e Dio havoluto che i Carpazi siano 11 con i romeni e i Bal-cani pin in gin con i bulgari. C'e una bella difEe-renza

Nella loro marcia i barbari che, entrati nellapenisola dei Balcani dopo avere attraversato it Da-nubio su due guadi, puntavano sulla potente e ric-ca trascurarono i nostri poveri ter-ritori, che in questo modo, come gia ho detto, sfug-girono all'invasione. Ne venne che, abbandonati ase stessi, i romeni dovettero cercarsi una propriaforma di governo. Ede naturale. Quando per unacausa qualsiasi l'uomo rimane privo delle leggi edel governo che lo reggeva, si concerta coi suoi-compagni per trovare un nuovo assetto politico. IRomeni adottarono una organizzazione a forma po-polare. Poi, ed anche questo sempre succede, alleprime querele e contese, sorse la necessity del giu-dice che le risolvesse, cosi i giudici vennero creati-ed essi ben presto a questo loro incarico ne agginn-sero altri. La stessa cosa avvenne a Venezia.

A Torcello si conserva Qa cattedra sulla quale laleggenda assicura che Attila sedeva, non solo infunzione di giudice, ma anche quale rettore dellacomunita.

. Poi con it nuovo svolgersi della vita indipenden-te sorsero altre necessity e cosi alle vecchie si ag-giunsero le nuove cariche e i nuovi uffici. Doyen-

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Costantinopoli,

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

dosi, ad esempio, fare la guerra, ci voleva it du-ca che la diriggesse. Da not in tempi posteriori

duca con termine slavo fu chiamato « voivo-da ». Come si vede quindi, al pari di Veneziaanche la Romania ha avuto it suo duce e in Iluogodel Senato it governo di quelli che nei nostriantichi documenti sono chiamati gli « uomini vec-chi e buoni » oltre ai giudici e al voivoda.

La parola latina duca non si e conservata sul Da-nubio, perche duce e anche una forma verbale e inromeno non si ammette comunemente che un vo-cabal° abbia piu usi nel caso lo si adotta per unodei suoi significati e per l'altro si cerca una paro-la nuova. Come vedete, i romeni sono moltoschietti.

Noi non siamo ne poeti, ne retorici, ne roman-tici. Siamo della gente semplice e sincera. Dicia-mo quello che pensiamo, e anche la nostra azio-ne e sempre rettilinea.

Come bene appare da cio che ho esposto le no-stre e le vostre antiche istituzioni sociali eranomolto simili.

Ma vi sono anche altre cose che in ambedue lenazioni procedettero alla stessa maniera. Cosi aVenezia, malgrado la piena e sempre tenacemen-te difesa liberta, si pensava alla superiore e indi-scussa potenza imperials. Le pift antiche crona-che venete, quella dell'Altinate, parlano soventedei rapporti che Venezia ebbe con l'Imperatore diBisanzio (t). Quando un Doge veneziano potevastringere una relazione di parentela con it Cesaredi Costantinopoli, ne era orgoglioso. Per questaragione nella aristocrazia veneta si riscontrano pa-

(1) V. le ink a Formes byzantines et realites balcani-ques D

219

il

NICOLA IORGA

recchi nomi di origine bizantina. Ma pur domi-nandola spiritualmente 1'Imperatore d'Oriente nonveniva mai a Venezia. Non ci veniva perche le suepreoccupazioni erano rivolte altrove e perche egliqui poteva urtare la suscettibilita del vicino ReFranco Imperatore d'Occidente. Da tempo ormaila flotta bizantina non dominava piu l'Adriaticasuperiore. Per questi fatti, ripeto, a Venezia siriconosceva di nome l'autorita dell'Imperatore, nondi fatto, e, poiche non lo si vedeva lo si desidera-va ; ma da lontano.

Ebbene la stessa situazione si verifico da noi. IRomeni vissero per molti secoli sempre con questaconcetto astratto di devozione e dipendenza al-P Imperatore d'Oriente.

Se molti romeni soggetti furono fedeli alP Au-stria, questo avvenne perche a capo di questa na-zione vi era un Imperatore, tedesco e vero, ma Im-peratore.

Lo stesso dicasi per le genti dei paesi della Mol-davia orientale che furono per un secolo sudditi fe-deli dell'Imperatore russo. Anzi per dimostrare itfascino che esercito questa superiore autorita sul-le genti di tali paesi diro che dai Bessarabi e damolti Transilvani anche it Re romeno e chiama-to Imperatore. Il nome si e anche conservato :« Imparat n. Eppure malgrado tanta devozionenon si e mai tollerato che 1'Imperatore dominassecomunque sul Danunbio. E' avvenuto nel sestasecolo un fatto che prova alla perfezione quantaasserisco. Un generale imperiale giunse in unacitta danubiana a chiedere che si aiutasse it suoesercito, it quale doveva combattere contro glislavi ; ma egli s'ebbe questa risposta : « Se volete

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

che gridiamo : viva l'Imperatore, lo facciamo benvolentieri ; se volete it nostro danaro, esso e avostra disposizione ma i soldati, no, noi non li pos-siamo dare per altro scopo che non sia la difesadella nostra terra ; se malgrado questa decisioneit vostro esercito vuole ugualmente entrare incitta, it nostro Vescovo fara suonare le campanee noi, al grido di viva l'Imperatore sapremo bencostringerlo ad uscire ». (1)

Cosi pensavano anche i veneziani.Quando, consenziente la volonta imperiale, it

Duca bizantino divenne it Doge veneziano autono-mo, indipendente e libero, Bisanzio ebbe un'ideapratica e felice. Non bisogna guardare e giudicaregli avvenimenti del passato secondo le nostre ideeattuali. Nel tempo nostro si pensa sempre che ifatti e gli avvenimenti sieno determinati_da per-sonali ambizioni e vanita, mentre invece le

e le vanita dei capi di stato sono purtroppocose piuttosto nuove. La gente dell'epoca dellaquale mi sto occupando, invece, non si preoccupavatanto degli interessi personalli, ma ben piu delvantaggio comune e purche si ottenesse la cosa de-siderata non importava la forma.

Diverso da quello di oggi era poi it concetto di-autorita che obbediva a considerazioni ben supe-riori e piu vaste. L'Imperatore pensava : I venetimi riconoscono come Toro supremo gerarca, e siconsiderano miei soggetti, questo mio privilegio li-obbliga ad osservare determinate condizioni cheessi adempiono scrupolosamente ; a quale scopo e-sercitare su di loro la mia diretta sovranita che

(i) V. it mio articolo Cu la « Revue beige de philologiet d'histoire D

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ambi-zioni

NICOLA IORGA

rappresenterebbe per me un grande dispendio diforze e una spesa rilevante? Meglio evitare l'unoe le altre e nondimeno ricavare un certo utile daquesta lontana e ricca citta.

Cosi i veneti divennero nell'XI secolo quasi laborghesia cstera dell'Impero bizantino. Facilitatiin questo dal fatto che appunto l'Impero orientalenon aveva una sua propria borghesia. A Bisanziocioe, non esisteva un forte ceto di industriali e dimercanti.

Bench Bisanzio sia stata una citta di linguagieca e i greci dei nostri giorni siano spesse voltedegli ottimi pizzicagnoli, in quel tempo non eracosi : quei greci erano o funzionari dell'impero,impiegati ed ufficiali che facevano parte dellaCorte, oppure la numerosa e varia plebe di Costan-tinopoli, paga di ottenere ad ogni richiesta a pa-ne e circensi D. Ma, naturalmente, uno stato riccoe potente quale era appunto l'Impero orientale, a-veva bisogno di una vasta e potente borghesia la-boriosa e produttiva, e questa borghesia fu qui aVenezia.

Generalmente si crede che tutti gli organi delloStato debbano, come le membra del corpo umano,formare una unita visibile ed assoluta ; eppuremolte volte cie non e, e uno degli organi che for-mano lo stato puo essere distaccato aitrove e corn.-piere ugualmente bene la sua funzione. Lo dimo-stra la storia di Venezia, citta nella quale abitavauna parte del ceto borghese di Bisanzio, mentrel'altra si era definitivamente stabilita in Costanti-nopoli stessa. Ne venne di conseguenza che in bre-ve volgere di tempo tutto it commercio orientalefu commercio veneto e che, consenzienti gli impe-

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

ratori, Venezia acquisto it pieno monopolio dell'A-driatico. Cosi si Imo dire che come attivita eco-nomica Venezia fu cosa bizantina e in cio non si de-ve vedere alcun motivo di umiliazione per i venetidi allora, giacche l'esser stati per secoli gli esclusi-vi rappresentanti ed arbitri degli interessi econo-mici dell'Impero e cosa di grande importanza.

Se Venezia pote per piu di un secolo dominarein Ragusa (tra pochi mesi saranno pubblicate inuna breve storia della citta, le conferenze da mesvolte su questo argomento a Parigi), ciO fu prin-cipalmente pe_rche i veneziani erano gli uominidell'imperatore e la dalmata Ragusa si consideravacitta dell'Impero. Questo dimostra quanto gran-de sia stata l'influenza di Venezia su quelle terre ;influenza che ora e cosi spesso arbitrariamente ne-gata dai contrastanti interessi politici di nazionich'io non voglio qui nominare. Ragusa accetto benvolentieri ii dominio dei privilegiati del Cesare bi-zantino e perci6 dal 1204 fino al 1358 la citta furetta da un governatore inviato da Venezia.

Per i molti 'legami che le uniscono e i molti fat-ti ed avvenimenti comuni, la storia di Bisanzioe quella di Venezia devono essere studiate insieme,che staccare la storia di Venezia da quella dell'Im-pero d'Oriente sarebbe un mutilare la storia vene-ta e nello stesso tempo mutilare e rendere oscurae in parte incomprensibile la stessa storia di Bi-

sanzio.In un solo momento un Imperatore bizantino si

e trovato in conflitto con Venezia ; ma, compost&rapidamente quel dissidio, i buon rapporti fra ledue citta non furono piu interrotti.

Il Re normanni delle Due Sicilie, che si conside-

- 223

NICOLA IORGA

ravano eredi e futuri imperatori di Bisanzio, aspi-ravano al possesso di Salonicco e di Costantinopo-

Fra gli antagonisti, Venezia, padronaformava come un argine posto a freno

delle grandi ambizioni dei Re normanni ; tanto piache essa aveva tutto l'interesse di impedire ai con-.correnti di Bisanzio di prevalere nell'Adriaticoche era da tempo it suo mare.

Non solo per i suoi rapporti con l'impero di Bi-sanzio la storia di Venezia e parte integrantedella storia dell'oriente europeo ; ma anche per al-tre ragioni, e io dirt appunto quanto la Citta dellelagune abbia contribuito allo svolgersi della vitadell'umanita e della civilta in quelle regioni.

Comincio col notare che, se nella Dalmazia lalatinita ha potuto vivere per secoli, e dura tutto-ra, cit si deve a Venezia : cioe, si deve a lei se,malgrado le molte invasioni e vessazioni, le terreda Fiume a Ragusa e fino alle frontiere dell'Al-bania non hanno smarrito la latinita, e dico que-sto, quali che siano le presenti situazioni politichee i nostri stessi legami, per it piacere che provo iolatino nel constatare it perdurare della mia razzaattraverso i secoli. E' vanto per noi romeni esserenon solo gli abitanti dei Carpazi e delle sponde delDanubio, ma gli unici superstiti della latinita inOriente.

In Occidente : Italia, Francia, Spagna, Porto-gallo e gli abitanti delle vallate svizzere che sichiamano « Ladini D formano la grande romanitaoccidentale. In Oriente noi soli rappresentiamo laromanita superstite, sparita altrove e unicamenteconservatasi nella nostra terra. E questa nostrasopravvivenza, malgrado le molte traversie, diino-

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li. dell'A-driatico,

L'ITALIA VISTA DA UN RUMEN()

stra una vitalita forte e duratura, ed e per noi mo-tivo di orgoglio, di incitamento e di speranza dipoter ritornare in avvenire nelle regioni anche dal-le quali siamo stati respinti. Gia vi fu un tempoin cui le nostre terre erano bagnate da tre mari : itMar Nero, l'Adriatico e l'Egeo.

I Morlacchi non sono altro che Romeni slavizza-ti che fino al XVI secolo portavano ancora nomi ro-meni, e romeni sussistono nell'Istria, a Castelnuo-vo e ad Albona.

I monaci del Monte Athos, la Montagna Santa,i quali temevano le donne, perche it loro debolespirito credeva che esse fossero suscitatrici di pec-cato e cercavano di preservarsene evitandone co-munque la vista, respingevano i pastori romeniche si recavano con le greggi sulla montagna per-che erano accompagnati dalle loro donne. Ma ipastori dal Pindo poterono scendere fino alle spon-de dell'Egeo.

Per questo si puO dire che noi siamo stati laromanita orientale dei tre mari. Sia concesso allostorico, che e anche uomo politico nella sua patria,di sognare per it proprio paese it ritorno alla gran-dezza antica.

E' giusto e doveroso pero riconoscere che se an-che questa parte della romanita, ha potuto conser-varsi tanto gloriosamente, cio fu possibile ancheperche Venezia dominava sui paesi dell'Adriati-co ; ed anche al fatto che essa possedeva Antiva-ri e Dulcigno si deve se gli albanesi, mezzo illiricie mezzo latini, non sono stati slavizzati. Ma io ar-disco di pill, e dico che se i greci stessi non sonostati anch'essi sommersi, dal vasto e invadentemare slavo, anche questo si deve alla presenza di

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15 - N. IORGA

--

NI 1ORGA

Venezia, che era signora delle isole elleniche :delle Jonie, deil'Eubea, e in una certa epoca anchedi Atene, Argo e Tebe, ivi erede della dominazio-ne medioevale catalana e navarrese. In questo mo-do i greci dominati dai latini preservarono la loroesistenza nazionale che corse serio pericolo quan-do i contadini slavi tentarono di scendere dalle loromontagne e, invadendo i territori greci, di giun-gere al mare, eterna brama di tutte le nazioni.Ecco un altro merito di Venezia, e non dei minori,e oltre questo un altro ancora io ne scorgo nellagrande influenza da essa esercitata nello svolgersidi tutta la storia universale e nella vita defile stes-se nazioni straniere.

Ed eccomi a parlare dell'influsso potente avutoda Venezia sulla vita e la storia dei paesi romeni.

Nella prima meta del secolo XIV, all'epoca dellaguerra di Tenedo, i veneziani venivano alle focidel Danubio a comperarvi ii grano. Nel 136o Ve-nezia si nutriva col grano romeno. E' bene avver-tire perO che in quell'epoca i genovesi dettero pro-va di posseder anche spirito pratico e pin abi-lita degli stessi veneziani, tanto che giunsero adappropriarsi tutto it commercio dei grani. In quel-le regioni del basso Danubio e del Mar Nero, in-fatti, mentre esistevano due fiorenti colonie geno-vesi, non ye ne furono di veneziane. Vere colonie,non gia soli punti d'approdo, che formavano tuttauna cosa col vasto dominio genovese che dalla Cri-mea, per Soldaia e Cembalo, gitmgeva fino al Cau-caso. Vale a dire che nella seconda meta del seco-lo XIII tutta la costa occidentale del Mar Neroapparteneva alla potente repubblica ligure. I ve-neziani invece non possedevano che Tana, all'im-

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piit

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

boccatura del Don : percie essi non potevano prov-vedersi che di grano russo, mentre i genovesi siprendevano quello di tutte el altre regioni : Lico-stomo, Chilia, Moncastro sul Dniester, cue ora,dopo essersi felicemente spogliata del florae russoAcherman ha preso quello di Cetatea Alba .« lacitta bianca » (per la parola « bianco » no abbia-mo conservato it vocabolo latino « alb »).

Pur essendole mancato it commercio dei graninon per questo Venezia e rimasta estranea alle sor-ti romene. Qualche anno fa si e scoperta nella vec-chia chiesa dei principi ad Argesc la tomba del fon-datore della dinastia romena in Valacchia, mortonel 1352 : it principe Basarab, che fino ad allorasi era creduto fosse stato un semplice capo dicontadini. Dagli oggetti rinvenuti, si e potuto con-statare che si trattava di un vero a Re », non di unsemplice capo di contadini e si e avuta la provadella sovranita, nella corona di perle, l'abito diporpora, la cintura d'oro e dagli anelli e altri mo-nth preziosi.

Si e indagato per ricercare l'origine di questigiotelli, e, mentre una parte degli studiosi ed iofra questi, propendono a credere che siano di pro-venienza francese, e fra questi Giorgio Bra-tianu (il quale ha recentemente pubblicato un li-bro che tratta dei commerci genovesi in Orientenel XIII secolo), credono invece che questi oggettisiano opera italiana, possibilmente eseguita inquello stile francese che, passato dal reame delleDue Sicilie a Venezia, da questa arrivo nella anticacapitale della Valacchia. Del resto nel I445 i venetisono stati veramente sulie sponde del Danubio e

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altri,

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NICOLA IORGA

questo avvenne quando, qualche mese dopo la ca-tastrofe subita dal Re d'Ungheria e di Polonia aVarna, nella crociata contro i Turchi che termingcon la morte del Re e del Legato Apostolico, unaspedizione navale, inviata dal Papa e battente ban-diera pontificia, ma composta in gran parte di va-scelli veneti, entre) nel gran fiume del mio paese.

E' un cronista francese, it IATavrin che raccontafla storia di questa spedizione, alla quale preseroparte anche alcune navi arcuate dal Duca di Bor-gogna.

Dopo questo avvenimento ha inizio un'epocasplendida per l'arte romena. Jo desidero vivamen-te che una buona volta un certo numero di vene-ziani si decida, come gia hanno fatto altri italiani,francesi e gente di altre nazioni, a venire in Ro-mania per conoscervi la nostra arte. Non (Jere° inquesto modo di far propaganda al mio paese. Noiabbiamo una specie di umile fierezza che ci impedi-sce di rispondere con le ingiurie alle ingiurie, co-me di mendicare i nostri diritti. Certo questa di-gnity che non consente si cerchi giustizia ginoc-chioni e eredita rornana. Siamo, come ho detto,una nazione semplice, onesta, brava. Possiamo diredi not (come gia Enrico IV re di Francia di sestesso, quando cercava, accattivandosi ii popolo,di guadagnare it trono : « Le Bearnais est pauvremais de bonne famine D) che siamo gente povera,ma buona, e cioe onesta e discreta. Io vorrei dun-que che i veneziani venissero a ricercare quanto visia di derivato da loro nell'arte romena. Io possodire che qualche cosa di Venezia c'e, perche negliarchivi veneziani si conserva una lettera nella qua-le verso it 156o it principe moldavo Alessandro di

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

Lapuscna chiese al Senato l'invio di artisti venetiper la sua chiesa conventuale di Slatina, e percheit conquistatore della Transilvania, Michele itBravo, alla fine di quel medesimo secolo XVI,mandava i suoi ambasciatori a Venezia, egli difen-sore della cristianita in Oriente, non per soli moti-vi politici. Anche l'eroe moldavo Stefano it Gran-de pure inviava a Venezia suoi legati, come si Leg -ge nei « Diari » del Sanudo, dai quali si rileva chequesti ambasciatori moldavi abitavano dietro SanMoise (I).

Quando venni la prima volta per ricerche a Ve-nezia dimorai anch'io dietro San Moise, nella Cal-k del Ridotto, e mi era di grande piacere abitarenel luogo dove avevano alioggiato gl'inviati diStefano it Grande, del quale not appartenenti allevecchie famiglie moldave abbiamo spesso qualchegoccia di sangue nelle vene.

Gli ambasciatori di Michele venivano qui nonper sole ragioni politiche, ma anche acquistar-vi colori per gli artisti romeni. Nei primi anni delsecolo XVI anche it raguseo Matievich, ciroico,(quello che taglia i vivi, cioe chirurgo) veniva in-viato qui dal ricco principe valacco Neagov perragioni d'arte, a cercarvi cioe artisti e colori peruna chiesa mi pare che tutto cio abbia un largo si-gnificato (2).

Io penso inoltre che, poiche si conserva notiziadi tutti questi fatti si ha it diritto di supporre chedi un maggiore numero di avvenimenti non si sia

(I) V. la mia partecipazione alle « Mescolanze Monti-colo ».

(2) V. la mitt « Storia dei Romeni .e della loro civilta »Milano, Hoepli.

229

:

:

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serbato traccia e siano andati smarriti o distruttimolti importanti documenti.

Il polacco Prochaska nello studiare le chiesemedioevali nelle regioni settetrionali del principatodi Moldavia riconosceva, in certi affreschi dellaBucovina una delle regioni da not riguadagnatadopo la grande guerra, i cosidetti cartoni di pit-tura italiana che in quell'epoca, cioe verso la finedel XVI secolo, si impiegavano dovunque.

In quello stesso tempo una nobile famiglia ro-mena viveva a Venezia.

Si tratta della famiglia del principe moldavoPietro lo Zoppo. Egli fu costretto a fermarsi aInnsbruck ; ma avrebbe desiderato poter seen derefino a Trento e a Rovereto, perch& diceva quiviavrebbe trovato meglio che a Innsbruck le verdurenecessarie per celebrare la quaresima secondo lasua religione, e una lingua pin facile a capirsi. Ilvecchio principe asseriva inoltre che in una re-gione italiana si sarebbe sentito pin felice.

Suo figlio mod ad Innsbruck ed egli a Bolzano.I romeni oggi desiderano toglierlo dalla sua torn-ba nella chiesa dei Francescani di Bolzano per ri-portarlo in Patria, affinche ii suo spirito, seancora conscio delle cose di quaggin, si rallegridi riposare nella terra natia. Alla morte del suocapo la famiglia si trasferi a Venezia. La figliaMaria sposato in prime nozze un greco Zoto Ziga-ra, che fu seppellito nella chiesa di San Giorgiodei Greci, arricchita in gran parte con i doni deiprincipi romeni. L'istituto annesso alla chiesa ri-pete it nome di un genero greco Zoto,Rimasta vedova Maria sposo Polo Minio e it figliodi questi fu Stefano che portava it nome di Stefano

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Fiangini.

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

it Grande. Se a Venezia esistono discendenti di Po-lo Minio essi sono i pronipoti dei Principi di Mol-davia. A Murano, presso le monache di quel con-vento visse a lungo anche una zia di Maria. Tinmio amico di gioventU, Urbani di Gheltof, mi mo-strO una volta tutto un incartamento : era la corn-spondenza scambiata fra questa signora °spite delconvent° muranese di nome Marioara, vedova delgenovese, di stirpe ducale, Adorno Vallarga, esua sorella Caterina, principessa di Valacchia.

In San Maffio di Murano esisteva sino a nonmolto tempo fa una lapide recante una iscrizionedettata da Marioara : in essa menzionava it nipoteMihnea, come principe di Valacchia e capo di unanazione discendente dai romani.

Il Minio, di cui si e parlato piii sopra, sireco in Moldavia a cercarvi la dote di sua moglieMaria e sPero anche allacciare fiorenti commerci inquelk lontane terre danubiane. Ad esempio lacera the in quel tempo usavano a San Marco ele molte altre chiese di Venezia proveniva dallaMoldavia, ed veneziani ne importavano anche pervenderla altrove.

Nella seconda meta del XVII secolo venne purea Venezia a completare i suoi studi un giovaneromeno appartenente a grande famiglia di origineimperiale : fu questi Costantino Cantacuzino. Ci

stato conservato it suo diario d; viaggio nel q:leegli scriveva le impressioni riportate nel sog-giorno veneto. In seguito, sempre per ragione deisuoi studi, egli si stabill, a Padova e frequent° unodei c-ollegi della citta destinati ai seguaci dellaChiesa Orientale, it « Cottoniano ». Costantinoalloggiava presso la signora Virginia Romana.

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i

e

nel-

NICOLA IORGA

Tomato al suo paese, fond net 168o, a Bucarest,la facolta di lettere, secondo le tradizioni dello stu-dio padovano.

Un anno fa, quale preside della facolta di letteredell'Universita di Bucarest, hO commemorato 1'an-niversario della fondazione di Costantino Canta-cuzino, che ha portato e diffuso fra not i1 frutte dei

superiori studi padovani. Nell'epoca dellafondazione suddetta regnava sui paesi romeni iiricco e munifico principe Brancoveanu, nipote diCostantino Cantacuzino, al quale si devono unagran parte dei maggiori monumenti della Valac-chia. Brancoveanu fu certamente uno dei maggioriSovrani del suo tempo e quello che da tutti itriarchi orientali era considerato it sucLessore del-1'Imperatore d'Oriente. Presso di lui si radunava-no spesso i Patriarchi di Gerusalemme, Antiochiaed Alessandria e gli facevano corona nelle grandisolenni cerimonie della chiesa ortodossa. Egli fucertamente it principe che per 1'amore ctell'arte. supera ogni altro nella lunga storia romena e fu incerto modo it continuatore della nobile tradizione distudiosi dovuta allo zio Costantino. Da lui ha ini-zio un nuovo periodo dell'arte romena, che ha fattosue e ripete le logge veneziane e le colonise scolpitc.

Ne queste relazioni con Venezia erano culti-vate solo dai romeni indipendenti. Anche i rome-ni di Macedonia, sulla fine del XVII secolo, invia-vano i lora figli nella Regina dell'Adriatico percompiervi i loro studi di commercio e ad appren-dervi di persona l'arte della mercatura. Ricordo aquesto proposito una lettera scherzevole nella qua-le tra it serio ed it faceto si raccomanda un piccolomacedone venuto a Venezia a terminarvi i suoistudi.232

zuoi

Pa-

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

Al le loro fiorenti relazioni con Venezia i rome-ni di Macedonia debbono in gran parte it largosviluppo dei loro commerci e la loro cultura.

Molti dei cosi 1etti Greci di Venezia appartene-vano appunto a questa parte della razza romena. Eanche ora la mia casa veneziana ne ospita qualcu-no. E' it giovane Papahagi che, favorito della suabuona conoscenza del greco, ha it gradito piaceredi ritorvare qui le traccie dei frequenti legarn: del-le genti della sua terra con la magnifica citta dellelagune.

Nel 1700 venti studenti inviati dal principe diValacchia si trovavano in Venezia. In quell'epo-ca pia nessuna nazione inviava ; suoi gicvania completare i loro studi, non cosi i principi va-lacchi, fedeli alla tradizione. Questo use sarebbestato continuato, se it Sultan, che temeva relazionipolitiche e le cospirazioni non avesse impost() it ri-chiamo di quei venti studenti. Malgrado cio le re-lazioni culturali non sono state interrotte e lo di-mostra chiaramente it fatto che l'avo della poetes-sa francese signorina Elena Vacarescu, Giovanni,che si puo ritenere l'iniziatore del nuovo indirizzodella poesia romena, parlava e scriveva in perfettoitaliano. To attribuisco questa sua profonda cono-seenza della lingua italiana ai frequenti rap;Jortiche esso ebbe con Venezia. Nella sua famiglia c'e-ra del resto una donna che, perch& nata a Venezia,si chiamava Veneziana.

Noi viviamo in un secolo ch. ha sviluppi, orien-tamenti e preoccupazioni divers; da queile dei tem-pi passati ; ma quando le relazioni hanno originicosi antiche ed esse furono tanto intime e saldenon possono cessare od essere soverchiate,

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NICOLA IORGA

Le preoccupazioni ideali non possono essere so-tituite in tutto dalle sole cure matei iali, che sonodi per se stesse in gran parte sterili di risultati ef-ficaci.

Verra un tempo in cui le nazioni che hanno avu-to comune l'origine, continui e frequenti i contattie gli interessi nel passato, ritroveranno nel ricor-do della razza anche le comuni idealita e saprannointrecciare le relazioni momentaneamente interrot-te. Io mi auguro che a questo contribuisca in mo-do efficace la Casa romena che da poco fu solenne-mente inaugurata a Venezia.

Comunicazione all'Ateneo Veneto : marzo 1930.

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LE.TTERA TURA ED ARTE VENEZIANAI.

Una letteratura speciale, veneziana, come ye-dremo, non esiste in senso letterario ; ma si puOparlare di una evoluzione della coltura veneta,legata da una parte a tutte le produzioni lettera-rie, di qualsiasi genere, dall'altra all'arte vene-ziana.

Dell'arte veneziana, naturalmente, ognuno hasentito parlare : ci sono nomi nella storia dell'ar-te veneta che sono famigliari a tutti. Carpaccio,i due Bellini, Veronese, Tiziano, Tintoretto, San-sovino, Tiepolo, ma per quello che riguarda laletteratura, le conoscenze sono minori, e interes-sante potrebbe essere specialmente lo stabilire ilegami che correvano fra lo stato d'animo dei ve-neziani nei differenti tempi e le Toro manife-stazioni letterarie o artistiche.

Sebbene Venezia sia stata una eitta nel piuclassico significato della parola : casa attaccataa casa, la strada ridotta al minimo spazio, tanto chegli uomini avrebbero potuto darsi la mano da unafinestra e sebbene, in seguito, Venezia sisia rifatta in una specie di gigantesca conchigliadi pietra e di marmo, per !e migliaia di uomini

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,

all'altra,

NICOLA IORGA

che in essa vivevano e si rifugiavano, malgradociO, it carattere popolare veneziano non e maisparito.

Venezia non ha avuto contadini, perche i con-tadini erano al di la della laguna, nei dintornidelle citta di. Mestre, Padova e delle altre sogget-te al dominio veneziano, percio contadini che sirecavano al mercato di Venezia portando i loroprodotti e comprando quelli di cui abbisogna-no furono per un certo tempo cosa sconosciuta.Non veniva nessuno di fuori, tutti erano di quelposto, tutti si trovavano sempre nel complessodelle strade e in vicinanza dei canali. MalgradociO, in Venezia, dove c'erano grossi mercanti,maestri esperti, pagati lautamente per it loro la-voro ; in Venezia dove si erano create ricchezzecospicue dando origine a una classe che dominan-do con esse giunse ad essere un'aristocrazio deldanaro e di imprese, in questa Venezia esisteva-no anche uomini del popolo, che, senza essere con-tadini, perch& non abitavano la campagna, e per-che condividevano tutti i vantaggi della vita cit-tadina, conservavano in gran parte l'anima delcontadino. Percie, siccome dovunque siano con-tadini ivi c'e anche poesia, musica e danze po-polari, esse non sono certo mancate neppure aVenezia. Ma nei primi tempi, quando i campi e-rano veri campi, quando i giardini erano dovun-que e non formavano it lusso di qualche riccoche riserbava un angolo della sua propriety perfarvi crescere degli alberi, quando v'era piu vitarurale, e in alcuni punti della citta si poteva a-vere l'illusione di trovarsi in mezzo alla liberanatura di Dio, era logico che vi fosse una vita

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

spirituale pin spontanea in questi umili pescato-ri e agricoltori e allora sara esistita senza dubbioanche una ricca poesia popolare in dialetto ve-neziano. Questa poesia primitiva si e perduta,ma l'abitudine di cantare la vita con tutte lle suebellezze in ritmi semplici, no. Esisteva in rela-zione con Venezia, e proprio nella stessa Venezia,una vita cosi ricca, in forme politiche e militarisuperiori, che, se gli abitanti della vecchia Vene-zia si saranno emozionati del canto degli uccelli,dello stormire delle foglie, del largo cielo azzur-ro, poi quando gli uccelli non c'erano che in gab-bia, quando raramente si sentiva ancora lo stor-mire delle fronde, quando per vedere it mare a-perto e la volta del cielo al di sopra bisognavauscire in Piazza S. Marco, i nuovi veneziani,omeche accadevano molti e grandi avvenimentistorici, questi avvenimenti cantavano.

Peccato che non sia stato conservato tal gene-re di poesia popolare ; ma che si facesse e dimo-strato dalle parole di Niccolo Tommaseo, it ri-voluzionario, l'esiliato, it poeta e storico, natoda una famiglia albanese, ma cosi veneziano, chescrisse : « Nella mia infanzia io sentivo comme-morare i danni di Cipro, Candia, Morea, comedomestici lutti recenti..., e questi casi erano la-mentati, anzi pianti nel dialetto di Veneziastessa ».

Accanto a questa poesia popolare, in una cittaimportante come 'Venezia, nella quale succedeva-no continui avvenimenti, si tessevano tanti in-trighi e correvano molte notizie ed ove certa-mente esistevano forti inimicizie, doveva esistere.certamente una specie anche di poesia popolare

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NICOLA IORGA

satirica. E vari dovevano essere i gradi di talepoesia satirica, da quella quasi famigliare fattaattorno alle fontane, nell'interno di ogni sestiere,all'ombra di ogni chiesa, a quella che circolavadovunque, simile a quella che tutt'ora si gridanelle hore in Romania, ed a quella che salivaforse fino a colpire la vita dello Stato. In Vene-zia it regime oligarchico era molto stretto e nelcorso dei secoli esso divenne sempre pill severo eimplacabile.

Politica dal popolo non se ne faceva, la politi-ca la facevano gli oligarchi per mezzo dei lororappresentanti : i magistrati, gli altri servivanaquesta politica senza giudicarla ne criticarla ; vi-geva it principio Nil de principe, parum deDeo ».

Malgrado ciO, e per impossibile impedire aduna stirpe numerosa, ingegnosa, vivace di mari-nai, abituata a conoscere e a giudicare luoghi epersone di escludere dally satira i propri pa-droni. Tali satire sono state certamente lanciatecontro i magistrati della Repubblica. Basti pen-sare ai quattro versi scritti sul retro della sediaducale di Marin Faliero, non ultima delle causedi cosi terribile tragedia. Ouesti canti satiricierano certamente ripetuti e si sa che qualchepersona svegliandosi la mattina trovava la satirasanguinosa appiccicata alle mura della sua casa.

Tale abitudine, del resto, esisteva anche in O-riente, ove era facile, in un'epoca in cui non sipoteva patlare di stampa politica e tanto menodi stampa politica libera, trovare agli usci distrada tal genere di satire contro i dirigenti.

peccato che tali satire non siano state rac-

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colte purtroppo quelli che si interessano di fol-klore sono venuti troppo tardi, quando tutto eraormai perduto, quando cioe la dominazione stra-niera aveva inaridito l'anima del popolo che fa-cilmente dimentica i fatti del passato e i canti neiquali questi fatti sono riprodotti.

Per conseguenza avremo in Venezia da primauna poesia popolare di un carattere particolareche ho gia chiarito in quello che abbisognava.

In seguito, quando non si ptio ancora parlaredi arte, appare in Venezia un altro genere di let-teratura. Si crede generalmente che i negoziantinon facciano della letteratura. Dipende dal ge-nere di negozianti, dai luoghi ove vanno, da co-me intendono it commercio e dall'uso che fannodei guadagni dei Toro negozi. Vi possono ancheessere dei negozianti che hanno senso artistico.Il negozio ha anch'esso la sua poesia fatta di au-dacie, di avventura e di rischio. Si pu(l) pensareche un piccolo negoziante confinato nell'angolobuio della sua bottega a vendere carta da sigaroe uva secca, non possa albergare nell'anima altis-simi sensi poetici (con tutto che chissa come dalsuo angolo, senza un'occupazione speciale, quel-l'uomo debba pensare a cose che non verrebneroin mente a qualcuno che si logora a tale scopo,anche questi umili possono sentire molto poeti-camente) ; ma it negoziante veneziano era perso-na di ben diversa levatura. Egli correva i mari,visitava tutte le terre e raccoglieva ogni speciedi ricchezza.

Era un commercio fatto di colonizzazione e diguerre e di conquiste, con disfatte e catastrofi e

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giorni grandiosi di trionfo. Un commercio cherichiedeva l'impero dei mari e la sovranita su pro-vincie estese, un commercio che metteva i nego-zianti in relazione con uomini di ogni luogo, iquali subivano l'influenza dei veneziani che aloro volta ne restavano influenzati.

Che cosa era la Dalmazia se non una vasta re-gione montuosa con pastori e tutta la poesia chefiorisce attorno ad essi? e la Dalmazia fu pos-sessione veneziana fino alla caduta della Repub-blica. In Albania, in Morea, nelle Isole, quantapoesia della natura non si incontra!

Percio non si pile dire : poiche i veneziani era-no mercanti essi non potevano avere nessun inte-resse per le lettere, la loro anima non si nutrivache di cifre e del lusso che uno speciale giocod'affari poteva procurar loro. Venezia non fu unaCartagine e la stessa Cartagine puo darsi chenon la si conosca abbastanza. Si sbaglia quandosi crede che « poesia » voglia dire versi. Un'a-zione storica nella quale un intiero popolo mettetutta la coscienza delle proprie sofferenze, tuttala superbia delle proprie conquiste, non racchiu-de forse essa poesia? Come? Quel sentimento cheinalzava ogni veneziano in uno ai sacrifici sop-portati dal suo popolo e alle conquiste fatte inogni luogo, quel sentimento non colora esso laprosa di quei primi narratori del passato vene-ziano? Che cos'era questo se non un miscuglio disemplice leggenda e di inni di esaltazione della?atria? Cosi sono state le prime cronache venete.Dei tempi pill lontani abbiamo it cosi detto « Cro-nista Alltinate » e i racconti di Danclolo. Anchese non avessimo che questo fino al secolo XIII,

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CITALIA VISTA DA UN ROMENO

non potremmo mettere in dubbio l'eleinento let-terario nel piii pieno poetico e patetico significatodella parola.

Enrico Dandolo fu Doge di Venezia. Vecchioe cieco si imbarco sulla flotta che conduceva icrociati destinati a conquistare Zara ai venezianic Costantinopoli, dove doveva sorgere 1'ImperoLatino.

Dandolo non vide con i suoi occhi questi av-venimenti, ma tutte le emozioni di queste lottesono passate nell'animo del vecchio Doge cieco,

In tutte le cronache che trattano delle originidi Venezia c'e una parte poetica, la piii antica,la piu pura ; ma, mancando del tutto le fonti daAttila in poi, furono tessute leggende simili aquelle sorte attorno ai santi, e che furono leprime pagine della storia di Venezia.

II.

Ora che abbiamo veduto in quali forme lette-rarie fosse rappresentata l'anima veneziana finoal 1300, vediamo anche in quali forme artistichesi manifestava quell'anima.

Venezia ha un grande numero di antiche chie-se ; San Marco fu cominciata prima del t000. Lachiesa- e fatta con elementi tolti dovunque. Eraan obbligo morale, per ogni veneziano che si re-cava in luoghi lontani, prendere, qualche cosa

adoperando la parola « prendere » in tuttii suoi significati per portare dei doni a SanMarco alfine di farsi perdonare i propri peccati.

In questo modo furono portate le colonne dinaarmo colorato e i guerrieri di porfido rosso, che

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NICOLA IORGA

sono tutt'ora in un angolo della chiesa di San_Marco, e rnolti altri oggetti ; e, malgrado que-sta chiesa sia fatta di pezzi diversi, con aggiunte-e sovrapposizioni infinite, ci da l'impressione diunita che puo dare la costruzione concepita dauna sola mente, in un solo momento e realizzatasecondo un solo piano.

Il grande istintivo talento dei veneziani fuquello di .armonizzare questi vari elementi, dimodo che, si direbbe, che questa chiesa sia stataideata e voluta da qualcuno secondo un piano pre-stabilito, per diventare proprio quale ora si am-mira.

Quanti pensieri, quanti doni, quanti piani sisono incrociati e fusi tra loro per darci S. Marconel suo aspetto attuale !

Ancora nel 1400 si lavorava alla chiesa datempo gia una vera cattedrale piu tardi si fe-cero i nuovi mosaici ; dei vecchi si e conservatouno solo di fuori e tutti quelli di dentro, mentrei mosaici che vediamo oggi in quattro delle cinque-porte d'ingresso, sono del secolo XVI. Ma cio Ba-sta a darci it mezzo di figurarci S. Marco cosicom'era prima di questi lavori e specialmente nelsecolo XV. In Venezia allora it pittore principale.era Carpaccio, sul cui stile non mi soffermo, per-ch& non e it caso ; ma nei suoi quadri, vicino aiponti coperti sui canali, alle strade in festa, aicortei trionfali, si vede, e non si poteva altrimentila basilica di S. Marco cosi com'era prima dell'ul-timo restauro.

Il Palazzo Ducale fu terminato tra it 1380-1400come lo vediamo oggi, con i quadretti di marmo-bianco e rosa, legati tra loro a losanghe. Ma se,.

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nell'attuale suo aspetto, esso non e che un'operarelativamente recente, malgrado cio, nella formaprimitiva, it Palazzo Duca le e, senza dubbin, anticodatando dai primi secoli del Medio Evo.

Vi sono anche alcuni monumenti che appar-tengono a epoche pin antiche, quali la torre di S.Stefano e l'intiera chiesa dei Frani, it noto mo-nastero francescano nelle cui celle sono stati po-sti gli Archivi della Repubblica. Questo per quelche concern l'architettura ecclesiastica, ufficiale,pubblica, ma nel contempo si costruivano anchecase private. Venezia non fu come le citta grechedi un tempo, nelle quali la costruzione pubblicaera tutto e i privati stavano Dio sa come, e moltevolte non avevano neppure bisogno di casa, comein estate ; molto spesso non ha bisogno di essa itcontadino romeno, che di giorno sta nei campi, edi notte dorme sul ballatoio della sua casa, nellaquale abita in sostanza solo d'inverno, cosi chequesta e per lui come una specie di rifugio persvernarvi. A Venezia, non era cosi. Qui a voltebatte aspro il vento e spesso piove in gennaio eanche in febbraio vi sono giorni assai freddi. 01-tre a cio tutti quei ricchi mercanti di Venezia cheformavano un'aristocrazia che si trasmetteva digenerazione in generazione , erano fieri nonsolo di essere veneziani, ma anche di far partedi famiglie illustri : Gradenigo, Cornaro, NaniMorosini, Foscari, Soranzo, Pisani, Loredano,Celsi, e l'orgoglio delle loro famiglie era cosigrande, che, se al Doge per un certo tempo fuproibito di imporre le proprie armi, invece, per-sino sui bei ponti di marmo si vede ancor oggi lostemma del magistrato sotto il quale fu elevata la

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NICOLA IORGA

costruzione una fierezza di famiglia che si esten-deva anche alle costruzioni pubbliche erette daimagistrati e alle quali legavano it ricordo dellapropria famiglia. Percio si comprende come sisiano costruite belle case, palazzi superbi. I piabelli sono quelli fatti dal 1300 in poi, quantun-que alcuni abbiano una base anche pia antica. Leammirabili finestre ogivali, le facciate gotiche ap-partengono ai secoli XIV e XV ; ma qui e la sottoqueste facciate e queste finestre un occhio espertopotrebbe riconoscere qualche costruzione anchepia vecchia. La scultura era allora poco rappre-sentata, per lo pia si limitava a quella ornamen-tale. Una scultura veneziana artistica, nell'EvoMedio non si conosceva, e, per quanto concerne lapittura, di essa ne rimane ancora, almeno per quelche riguarda it XIV secolo, in qualche angolo diVenezia.

Un tempo it Palazzo Ducale era interamentericoperto di affreschi dell'Evo Medio ; Qa dove og-gi sono i quadri immensi di Tiziano, Tintoretto,Veronese, si vedevano questi affreschi. dei qualialcuni sono stati distrutti e altri solamente co-perti con le grandi tele di pia tardi. Ultimamenteper riparare un quadro del Tintoretto fu neces-sario toglierlo dal posto e si e cosi scoperto un af-fresco del secolo XIV.

Recenti riparazioni nelle sale inferiori hannoportato alla luce figure dal sorriso di una infini-ta delicatezza, ma in quell'epoca cothinciava lapittura italiana, allora si stendevano gli affreschipia belli, nell'epoca di Cimabue e di Giotto :

Credette Cimabue nella pitturaTener lo campo, ed or ha Giotto it grido

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diceva Dante, e immaginiamo lo stupore quan-do all'improvviso si e veduto che cosa celava que-sta tela. In questi affreschi c'e tutta l'ingenuitatutta la sincerity e l'onesta dell'anima dei vecchimaestri, cosi come appare in vicinanza di Vene-zia a Padova nella « Cappella degli Scrovegni z,la pin Bella collezione di affreschi, tutta opera diGiotto. Dello stesso genere, in due chiesine ve-neziane, si sono conservati affreschi che apparten-gono al principio del secolo XIV. Questo e quan-to ci fu conservato dell'arte veneziana fino al se-to ci fu conservato dell'arte veneziana fino dalsecolo XIV.

III.

Pero essa e molto inferiare alla letteratura sto-rica contemporanea. Perch& it secolo XIV e pie-no di racconti della maggiore importanza e, spes-se volte, qui e la, di una bellezza speciale. E' l'e-poca in cui Lorenzo de Monacis scrive la cronacadella rivolta di Creta del 136o, quando Caroldo,cancelliere della Repubblica Veneta, non tra i pingrandi, ma tra i plebei innalzati alle funzioni.della cancelleria, compone la Storia della Repub-blica e si preparavano in quel tempo i grandi la-vori di istoriografia che distinguono ill XV secolo.Nel frattempo alcuni veneziani che avevano viag-giato in lontani paesi esponevano i risultati dellaconoscenza fatta in quei viaggi. Fra essi ce ne fu-rono due che hanno importanza non solo venezia-na, ma mondiale per la geografia in genere e laconoscenza delle terre lontane nell'Evo Medio.Uno di essi e it celebre Marco Polo, it venezianoche ha percorso le regioni favolose della China e

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NICOLA IORGA

le ha fatte conoscere al mondo occidentale ; l'altroe quello che si puO chiamare pioniere, un inizia-tore delle crociate ed ha indirizzato al Papa unaproposta di guerra per la liberazione dei luoghisanti, Marco Sanudo « ii vechio » (perch& vi fuun'altro Sanudo che appartenne ad epoca pin tar-da : al secolo XV). Nel « libro dei misteri dei fedelicrociati » « Liber secretorum fidelium crucis »,esso non esprime solamente le sue idee riguardoal modo come si potrebbe ricuperare Gerusalemmee i luoghi che aveva calcato it piede del Salvatore,ma mostra anche la conoscenza che egli aveva diquesti Luoghi Santi.

Anche riguardo alla scienza, nel secolo XV Ve-nezia cominciava a distinguersi, perch& nel 1368si tondo it Collegio di chirurgia, che dette alla cit-ta un numero di medici assai maggiore di quellodi ogni altra citta italiana. PHI tardi, Stefano itGrande, quando avra bisogno di un dottore chegli curi la ferita del piede, lo cerchera a Veneziae scegliera Matteo di Murano, che rimase al suoservizio qualche tempo. Per conseguenza questascienza, essenzialmente orientale, era assai colti-vata in quel tempo a Venezia, prima che fossepadrona di Padova e che l'Universita di questacitta stesse sotto le cure speciali dei magistrativeneziani.

E in quell'epoca Venezia rifuigeva di singolaresplendore. Fervevano i -preparativi per la Crociatae accanto al Doge sul Bucintoro appariva, ospiteillustre, it cavalleresco Re di Cipro. I1 cuore deiVeneziani batteva con maggior forza e da alloraininterrottamente Venezia sara gloriosa per tut-

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to cio che ha rapporto con lo spirito ed eserciterauna singolare attrazione sugli stranieri,dei quali vorranno rimanere nella maliosa cittaper tutta la loro vita.

Avevano ()spite insigne uno dei piu grandi poetiitaliani del suo tempo, come dice it decreto delSenato veneziano. « it piu grande poeta che siaesistito dal tempo dell'antichita D Messer France-sco Petrarca.

Venue anch'egli a Venezia e in una sua cele-bre lettera esprime le sue impressioni. Ha assi-stito alle cerimonie dello Stato Veneto, si e me-ravigliato del loro splendore e con l'animo con--quistato dalla citta si e deciso a darle un insigneregalo.

La Biblioteca Marciana e, non per quello cheriguarda i libri conservati oggi, ma per quelloche significa l'idea ereatice dalla quale 6 comin-ciata to loro raccolta, una creazione del Petrarca.

Abbiamo it decreto nel quale it Senato esprimela proprio riconoscenza a colui che ha donato isuoi Ilibri « perche fossero messi a disposizione delpubblico e potessero servire a tutti D.

I libri di Petrarca furono letti, si vede, contanto zelo e furono tanto portati a casa dai let-tori che oggi sono del tutto scomparsi.

IV.

Segue it secolo XV, it quale puo a buon diritto.considerarsi ii piu splendido tra i secoli medioe-vali a Venezia, perche con quello seguente co-mincia l'Era moderna della Rinascita, ma nel

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al:so

NICOLA IORGA

XV, malgrado i gravami della guerra contro ITurchi, quella quasi continua contro Moametee Baiezid, ie enormi spese giornaliere, le grandidifficolta di ordine finanziario nelle quali si dibat-teva sovente it govern della repubblica e l'avvili-mento prodotto da alcune disfatte e dalla perditadi qualche provincia, malgrado tuttocie la colturain Venezia ebbe una splendido sviluppo.

Analizziamo questo sviluppo come abbiamo a-nalizzato l'epoca piu antica. Prima, per quello cheriguarda l'opera narrativa e ile cronache, abbiamo.la nota raccolta delle « Vite dei Dogi D di Ma-rino Sanudo, scritta in quel dialetto veneziano,che e una carezza per l'orecchio e che, tra tuttii dialetti italiani, e quello senza dubbio che suo-na piu dolce, piu vezzeggiativo, perdendosi in to-ni blandi come una melodia in minore. Sempredel Sanudo abbiamo quel mirabile libro, senza u-guale in nessuna altra letteratura che sono :Diari », pubhlicati per intero solamente da poco.Negli Archivi di Venezia si conservano inoltre mi-gliaia e migliaia di documenti : una letteratura po-litica di importanza eccezionale, dalla quale si rile,va come si giudicassero i differenti problemi diplo-matici e come si risolvessero le difficolta militari ;i piu antichi scritti in latino, gli altri in italiano,fra i quali troviamo anche i discorsi che tenevanogli ambasciatori stranieri a Venezia, e quegliammirabili rapporti, pieni di idee orignali, di in-formazioni prezione di patriottismo, previdenza eacume che gli ambasciatori di Venezia manclavanada Costantinopoli, dalla Francia, dalla Spagna,che furono stampati da Alberi, Barozzi e Berchet.

Questi rapporti costituiscono certamente una

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letteratura poetica quegli scritti che rivelano incosi larga misura l'animo umano agitato da cosi_alti pensieri e da cosi nobili sentimenti fanno an-ch'essi parte dell'impressione letteraria di quel po-polo dal quale sono partiti. Dall'ultimo di quegliscritti latini e italiani, parla una voce cosi umana.che colpisce e richiama sopra soggetti che non fan-no parte delle preoccupazioni scientifiche del mo-mento per chi in essi sta facendo speciali ricer-che. Abbiamo cosi gli Atti di Venezia ma que-sto e ben poco rispetto a quello the e andato di-strutto. Immaginiamoci che quantity enoraie dirapporti da tutte le parti del mondo, arrivavanoogni giorno a Venezia, e non soltanto dello stato,ma anche di privati. Tutti coloro che avevano af-fari di commercio fino in fondo all'Asia e sullecoste dell'Africa dovevano tenere una corrispon-denza straordinariamente ricca. Sfortunatamen-te, i veneziani, gente pratica, hanno conservatele loro decisioni, delle quali erano responsabili,ma hanno distrutto le cose ricevute. Deg scrittidi interi secoli si conserva solamente una casset-tina di rapporti dei « Rettori » amministrato-ri di provincia. Ebbene ci fu verso it 1490-1538un uomo che aveva libero ingresso alla cancelleriadi Stato e nelle principali case di vendita, nei luo-ghi di riunione e di divertimento delle classi do-minanti, it quale disse che era peccato si perdes --sero tutte quelle cose. PerciO prese a notarle gior-no per giorno e ha annotato, instancabilmente, lavita intera. Per la stampa delle cronache di Ma-rino Sanudo sono bisognati venti volumi grandi.Che cosa non vi si trova dentro ! Notizie vere e-notizie false, lettere semplici, informazioni : la

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voce del mondo intero. Nessuna letteratura pos-siede un libro di informazioni cosi vasto, cosi va-riato, come e questo e, naturalmente, non ha unostile perch& raccoglieva quello che avveniva. Tut-te 1, voci straniere che vi si mescolano danno laimpressione di una attivita gigantesca, di una di-ligenza esemplare.

Nel tempo in cui si scrivevano le opere stori-che di questo genere, la geografia trovava in Ve-nezia coltivatori pratici, i cui nomi, per aver fattocosi gran numero di portolani, figurazioni grafichedelle coste, non potranno essere mai dimentica-ti. Al lora si dipinse it celebre Mappamondo, itgrande globo della terra con la fissazione esatta

localita delle terre piu diverse, globo chesi conserva anche oggi nelle sale del Palazzo Du-cak come allora. Venue poi it Mappamondo diPietro Mauro, un monaco, e quelli di altri e al-l'improvviso nasce in quel mondo veneziano ungrande impulso alle scoperte. Una intera scuolasegue le orme di Marco Polo, appunto nell'epocain cui la scoperta deii'America fatta da un altroitaliano, un genovese e come un ultimo col-po mortale da parte di Genova vinta, volge suuna nuova strada it commercio delle « speziedegli « aromi n e dei « coloniali n che avevano ar-ricchita Venezia. Questa ha, dopo un GiosafatteBarbaro e un Angiolello, che viaggiarono tra iTurchi e i Tartan, i due Gabotto : Giovanni eSebastiano, che hanno scoperto le terre vicine aJl-l'America del Nord (Terra Nova e Labrador).Ha Nicco lo e Antonio Conti, che scoprirono laGroenlandia, quell'altro che viaggiO nell'Asia del

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-delle

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Sud e quello che ci ha lasciato it racconto dellesue esplorazioni in Gambia.

V.

Una gloria di Venezia nel secolo XV, gloria cheha attinenza con la letteratura, ma che e anchearte, la tipografia Veneziana.

La tipografia fu portata a Venezia da due te-deschi, Giovanni e Windelin da Spira, e dal fran-:cese Nicola Faucon, attirati dalla fama di ric-chezza dei veneziani e che incominciarono a stam-pare libri di un lusso straordinario. In seguitoperO vi si stabilirono anche italiani di altre regio-ni che hanno dato un grande numero di libri re-lativamente a buon mercato : tre mila in trent'annicominciando del 1469.

In quel tempo Venezia ospitava it celebre AldoManunzio, i cui caratteri tipografici sono tantointeressanti. I Romeni non devono dimenticareche i loro caratteri di stampa pin antichi pro-venivano, passando per Cettigne, da Venezia, eche talune delle maiuscole che adornano i vecchilibri sono anch'esse, come genere di lavoro, di,origin veneziana.

* * *

Aldo Manunzio, uomo molto colto, fondava, nel1490, la prima grande Accademia veneziana. Nonbisogna credere perO che allora « Accademia Dsignificasse quello che e ai nostri giorni, vale adire una associazione con membri attivi, membricorrispondenti, membri onorari, con sedute setti--manali, sessioni generali, gettoni di presenza, codi-

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NICOLA IORGA

ci da firmare, premi, contentezze e scontentezzea causa dei premi : no ! Allora « Accademia D vo-leva dire tutt'altro : society di amici, di uomini,alcuni colti, altri di buon gusto, che scambiavanole loro idee. Si adunavano nei giardini. Vi im-maginate ai giorni nostri una Accademia, i cuimembri si riuniscano in un giardino conversando,piacevolmente sotto gli sguardi dei passanti; iquali hanno anch'essi ii diritto di entrare e pren-der parte alle riunioni? Tutto cio per() con lamassima semplicita e naturalezza, non come altempo delle letture pubbliche della decadenza ro-mana, o quello attuale a Bucarest.

E, per vedere un po' chi faceva parte dellle Ac-cademie, citiamo qualche nome : Bembo, autoredelle celebri epistole ; Sanudo, l'adunatore dei« Diari D ; Ramusio, che ha raccolto i viaggi fattidai Veneziani. C'erano anche tre greci Deme-trio Chalkondylas, Musuriis, un cretano : Gre-goropulos ; i quali, dopo la caduta dell'Impero diOccidente, davano lezioni di lingue greca e Vene-zia. Perch& era quello it tempo in cui la gente erafiera di sapere tre lingue : oltre it latino, it greco,e talvolta anche l'ebraico, l'ebraico antico, comegli interpreti delle sacre scritture.

Sempre in quel tempo la fama dell'amore pergli studi a Venezia fa, che un secondo grande do-natore di libri, i cui manoscritti molto preziosiformano la miglior parte della raccolta conserva-ta nella Biblioteca di S. Marco, venuto a Venezia,lascio i suoi libri alla Repubblica : questi fu illcardinale Bessarion, it cui ritratto arrichisce tut-tora l'ufficio del direttore.

Dai suoi manoscritti, portati chiusi in una bel-

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;

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la cassettina, ha avuto origine la Biblioteca Mar-ciana, che era di propriety del Santo questo eit senso la biblioteca del Patrono della citta.Trascorso appena mezzo secolo dalla donazionesara incaricato it piit rinomato architetto di Ve-nezia, it grande Sansovino, di costruire presso it-palazzo della Moneta un altro edificio speciale perquella biblioteca, che piu tardi sara riunita al Pa-lazzo Reale. Ivi furono conservati i libri unitamen-te alla statue che ora si trovano al Museo archeo-logico e vi rimasero fino a che furono espulsi daNapoleone I e dal suo Vicere italiano, it principeEugenio, per fare, con l'annessione di questi lo-cali, ancora piu superbo it palazzo del nuovo Re-gno Peninsulare.

Il Palazzo Ducale accolse allora, nelle sale che-ospitarono i vecchi uffici, ora deserte, it sacro de-posito e, quando si constatO che i muri sebbenepotenti ne sofErivano, si mutO nuovamente sedealla biblioteca, trasferendola pere non nella Li-breria del Sansovino, ma nella Zecca vicina, nellaquale, al posto delle vecchie presse per coniaredenaro, in quel periodo di continui mutamenti,aveva giy avuto sede la Camera di Commercio.

VI.

Ed ecco che in questo ambiente veneziano, cosiricco per quel che riguarda la letteratura, appareanche la sola, vera ed esclusivamente venezianascuola di pittura.

Si ebbero pittori prima e dopo in Venezia, mapittori di Venezia, delle sue costruzioni, dellesue chiese, delle piazze, delle sue cerimonie, del-

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le sue famiglie, questi sono certo quelli del XVIsecolo.

Nel XV secolo, nelle pitture dell'ambiente ve-neto, gretto, mercantile, sembra che anche la ri-produzione severa delle persone e l'ordine strettocol quale si succedono siano fatte secondo un a-spetto fisico, come anche secondo una rassomi-glianza morale con coloro che hanno ordinati talilavori. Quando entri nell'Accademia delle bellearti, dove sono riuniti i quadri dal XIV fino alXIX secolo, cioe fino ad Hayez che fu it pinnoto pittore loro del 185o, ma senza importanzaartistica generale quando entri nelle stanze eosservi le opere del XV secolo, che vi sono rac-colte, impari da esse, per quello che riguarda lacitta e la sua storia, it suo carattere spirituale,molto di pin che dai grandi lavori del secolo se-guente e sei pin commosso da essi, della loro a-spra e nuda sincerita, che non dalla larghe pitture,belle come rappresentazione del corpo umano, chedistinguono l'epoca della Rinascenza. Qui ve-diamo Bartolomeo Vivarini, i due Bellini, Gio-vanni, it pin importante, e suo fratello Gentile,che, chiamato a Costantinopoli ritratto MoameteII, it Conquistatore, e i suoi gloriosi giannizzeri,e Carpaccio.

Attraverso le loro opere, abbiamo, come s'e det-to, anche la visione della vita storica della Vene-zia di allora. Tutto quello che dicono le crdnache,tutto quello che comprendono gli atti, tutto quel-lo che trova una espressione letteraria nei docu-menti e rappresentato nelle tele di questi pit-tori del secolo XV. Nello stesso tempo va ill pen-siero all'indimenticabile Madonna di Bellini, la

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piii alta e piu pura forma dell'esaltazione religio --sa ispiratrice di opere d'arte nell'Evo Medio ita-liano, e a quella the e sull'altare di destrachiesa dei Francescani dei Frani. Questa chiesafinita nel XV secolo merita, dopo S. Marco, diessere veduta prima d'ogni altra di Venezia, per-che ci riconduce nell'ambiente storico del tempo.Gli stalli alti, lucidi, che occupavano i Magistrativeneziani, e che da cento anni nessuno ha dirit-to di sedervisi ! le tombe del XIV secolo incas-sate tra le pareti, producono tutte insieme unaprofonda impression cristiana medievale e unaidea esatta della grande gloria di Venezia.

Con Jacopo Palma e con Lorenzo Lotto si va aGiorgione e poi dalla severa linea medioevale al-l'orgia dei colori moderni. Quest'ultimo, vecchio,malato, con la voce spenta, va alla Madonna diLoreto, abita nella cella come un frate e diventait pittore esclusivo della Santa « E dopo che lafini, non pass() molto e, come visse moralmenteda buon cristiano, cosi mori, rendendo l'anima aI)io » (Vasari). L'evo Medio perdurava nell'animoe sulle tele.

VII.

Passiamo ora lall'epoca della Rinascenza, alsecolo XVI.

In questo secolo le cronache veneziane perdonodi importanza. La produzione letteraria, rispec --chiando quello che avveniva in citta e nelle sue-colonie, testimonia immediatamente la decaden-za politica della Repubblica. Vediamo in queltempo, in luogo degli storici famosi di una volta,

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della-

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ingegnoso manipolatore di futili argomenti,battagliero negli affari diplomatici della Repub-.blica con la Santa Sede, Paolo Sarpi, it famoso_storico del Sinodo di Trento, e un Paolo Paruta ;ma i grandi storici sono scomparsi con i grandifatti e la superba coscienza dell'importanza loro.

Neppure in questo secolo XVI esiste una poe-sia veneziana, e manca anche la poesia della vita.C'e la smania di un lusso pazzo, lo sforzo di_sorpassarsi da famiglia a famiglia, da individuoa individuo ; nello sfoggio dei vestiti pia lussuo-si, nel mostrare le perle pin preziose, nell'ador-narsi con le gemme pin rare, nell'organizzare i di-vertimenti e i balli pin splendidi. Questo e itgran secolo della sfrenatezza e dello sperpero ve-neziano.

Erano passati i tempi in cui, come nel XV se-colo, si prendevano provvedimenti contro it lusso.eccessivo delle donne che adoperavano troppastoffa per i loro abiti e si adornavano di catenetroppo preziose, e si puniva tanto la persona col-pevole come it sarto ; o it tempo nel quale si de-cideva che alle feste nuziali = non intervenissetroppa gente e che non mangiassero troppo, limi-tando l'invito a venti ragazze al seguito della spo-sa e fissando it numero delle pietanze, e i dolcibisognava mangiarseli solamente con gli uscichiusi per non indurre in tentazione quelli difuori.

Leggi di questo genere non se ne fecero pin, e.da allora non furono nemmeno pin applicate, tan-to che deve essere di quel tempo it proverbio ve-neziano : legge veneziana, che Jura da oggi a-domani ». Ma, in compenso, e questo it tempo

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stn

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in cui si fanno le belle costruzioni del Sansovinoe che tre grandi pittori, ai quali si potrebbe ag-giungere anche it Giorgione, arricchiscono tuttele chiese di Venezia, it Palazzo Duca le e le caseprivate con pitture, la maggior parte conservatetuttora nel posto in cui furono fatte per cui pro-ducono pia grande impressione. Altre sono con-servate nella « Accademia delle belle Arti ».

Questo e it momento di mostrare, sotto it loroaspetto veneziano. i tre grandi pittori : Veronese,Tiziano e Tintoretto. Dei tre, solamente uno eveneziano di nascita : it Tintoretto ; gli altri So-no venuti da fuori e si stabilirono in citta, dovetennero la propria bottega.

Non meravigliamoci della parola « bottega D.Noi immaginiamo che, sotto lo speciale aspettodella bellezza, l'artista sia it vero rappresentantedi Dio sulla terra, che esso non si preoccupi dellemeschinita dell'esistenza, viva in un mondo a se,da dove i suoi sguardi appena scendono sopra lanostra relativity terrena. Invece non era cosi : gliartisti erano « artigiani », avevano percio le lorobotteghe e, come ai tempi nostri un ragazzo einesso apprendista da un calzolaio, da un sarto,da un tipografo, cosi allora si metteva un ragaz-zo apprendista da un Tiziano, da un Tintorettoo da un Veronese, che erano solamente dei aprin-cipali» conosciuti col loro nome di battesimo o colfor sopranome. Veronese vuol dire : da Verona,ma suo nome di famiglia era Caliari, quantun-que tutti lo conoscessero col soprannome del suoluogo di origine ; Tintoretto non vuol dire altroche piccolo tintore di stoffe, ma it suo vero nomeera « messer Jacopo Robusti » (padron Jacopo).

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Questi ragazzi che andavano a padrone, eranomessi da questi nelle loro botteghe a fare da prin-cipio quello che fa ogni apprendista : accendereit fuoco, portare l'acqua, pulire per terra, ecc.,in seguito it padrone, se vedeva che it ragazzo mo-strava attitudine, lo passava nel « salone » nelluogo cioe in cui erano le grandi tele, e qui que-sto ragazzo poteva osare di riprodurre cio che con-teneva la sua mente, l'anima sua, con maestriaperche con un luogo ed umile lavoro si era gua-dagnata la sua indipendenza artistica.

La carriera di Tiziano mostra meglio di ognidescrizione quale fosse allora quest'arte che senzadiscendere si confondeva col mestiere.

Tiziano, viene dal Piave, dal Cadore, dal mon-te. Messo a pension da uno zio a Venezia, entracome apprendista da Bellini ii grande. Nel 1507lo toglie di la Giorgione e gli insegna ad apporreentro i contorni ii colore e la luce. Aiuta it mae-stro negli affreschi esterni del Fondaco dei Tede-schi e, secondo it parere di molti, lo sorpassa, es-sendo la facciata verso la Merceria piU bella chequella verso it Canale.

Comincia a lavorare per le chiese, per i « fon-dachi » dei negozianti ; nei paesaggi lo aiuta qual-che tedesco. Dal 1514 e chiamato dai principi , ecomincia cosi la serie infinita dei quadri nei qualivive un'epoca intera.

A Roma conosce la scuola del dolce Raffaello euna luce di soavita ammorbidisce la sua severitygrave. Era impiegato alla « Senseria » ufficiale,che gli dava 300 scudi all'anno, con l'obbligo diritrarre ogni Doge per soli otto scudi. Roma gli

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ha procurato una rendita anche per it figlio Pona-ponio.

Carlo Quinto paga ora mille scudi d'oro ogniritratto del « cavaliere D Tiziano, con 20o e poi400 scudi sopra alla camera di Napoli (i).

Tra questi tre pittori, senza dubbio, it pin ve-neziano e it Veronese. A lui giustamente si at-tribuisce it merito di avere coltivati insieme al-l'amore per l'architettura nella pittura, che di-stingue tutti gli uomini della Rinascita, costruen-do bene le sue tele, con colonne, corridoi, prospet-tive, gli si attribuisce, dico, legato alla grandezzadi Venezia, al cielo di Venezia, all'aria di Vene-zia, it doppio merito : di aprire prospettive chesono speciali di quella citta e di avere resa la luceparticolare delle lagune. Quel miscuglio d'azzur-ro e di oro che distingue le sue tele non e

portato da Verona, ma si e formato a Venezia nel-la instancabile ammirazione della meravigliosatrasparenza dorata dell'aria e del cielo di una pu-rezza luminosa, del mare crespo e radioso.

Tiziano e anch'esso veneziano, ma sotto unaltro aspetto. Egli e prima di tutto pittore di fi-gure, ritrattista. Certamente tutti ricordano itquadro immenso che rappresenta l'ascensione del-la Madre di Dio, o quello di Maria hambina chesale le scale per giungere dove l'aspetta it preteebraico, o quello di Gesa che pende dalla croce ;ma, con tutto ciO, nei grandi quadri religiosi nonsi osserva sempre un'armonia cosi perfetta comenei quadri del Veronese : vi sono sproporzioninella costruzione, nello sviluppo e nelle gradazio-ni. In compenso i quadri del Tiziano che rappre-

(r) Secondo it Vasari, Vite degli artefici.259

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sentano i 4nagistrati e i nobili veneziani sono itpiu prezioso contributo per comprendere la storiadella Repubblica e l'anima dei suoi abitanti.

Cosi erano, come sono rappresentati da lui, conquella dignita che non e arroganza, con quellasemplicita che non e umilta, con quella carna-gione prosperosa che non e volgarita borghese,con quel lusso che non e pretensione, e con quellaserieta che non e posa o melanconia.

Il terzo pittore, Tintoretto, it piii triste, it piucupo, e anch'egli veneziano, non per la manieracome ha dipinto l'aria luminosa oil cielo chiarodello sfondo dei suoi quadri ; ma perch& ha sa-puto rendere in modo mirabile quella specialeombra profonda che le case veneziane hanno inquasi tutte le ore del giorno.

Avra imparato queste cose anche dai maestriche ebbe da giovane, perch& e inevitabile che ri-tenesse parte di quello appreso da loro ; ma lostile personale del Tintoretto gli viene dall'ariabassa e rinchiusa, da quell'umidore crepuscolare,dal chiaro scuro delle abitazioni e delle stradet-te veneziane.

Questo e anche it periodo delle grandi opere diingegneria e di architettura in Venezia.

Fra Giocondo insegno ai veneziani a conservar-si la laguna, incanalando le acque del Brenta aChioggia ; fece anche it piano del ponte di Rial-to, che per() fu poi sostituito con quello di Zan-fragnino.

Quell° che a Venezia fece Sansovino, it fioren-tino fuggiasco non si lodera mai abbastanza. Eratanto grande ingegnere quanto scultore prodi-gioso. Non rifuggiva dai maggiori come dai pita

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umili lavori di edilizia e dal rinnovare le piazzee le vie della citta (I).

Gli si deve, secondo it Vasari, it palazzo diGiovanni Delfino, vicino alla Riva del Ferro,sul Canal Grande, per it quale furono spesi 30000ducati ; quello di Leonardo Moro a San Gerola-mo, « un vero castello a quello di Luigi de' Gar-zoni, piu grande del Fondaco dei Tedeschi, « l'ac-qua corre per tutto it palazzo a al Ponte Casa-le, quello di Giorgio Cornaro « it piu Bello d'Ita-lia a, la Scuola della Misericordia, cc it piu super-bo edificio d'Italia a, S. Francesco della Vigna (lafacciata (/ di un altro), la chiesa di Santo Spiri-to a nella laguna », la facciata di San Gimigna-no, quella di San Giuliano, ii sepolcro del DogeVeniero a S. Salvatore, i volti di Rialto.

E' sua la Madonna di marmo che sta soprala porta di San Marco (come pure quella dell'Ar-senale) ed e 'pure di lui la porta di bronzo dellaSacrestia. a Egli ha fatto a, scrive it suo bio-grafo, « col suo sapere e giudicio che si e quasidel tutto rinnovata quella citta a.

(I) s Trovandosi, l'anno 1529, fra le due colonne dtpiazza alcuni banchi di beccari e fra l'una colonna e l'altramolti casotti di legno per cornmeal° delle persone per iloro agi naturali, coca bruttissima e vergognosa, si per ladignity del palazzo e della piazza pubblica e si per i fo-restieri che, andando a Venezia dalla parte di S. Giorgio,vedevano nel primo introito cosi fatta sozzura ; Sansovino,mostrata al principe Gritti la onorevolezza ed; utility, delsuo pensiero, fece levar detti banchi e casotti, e collocan-do i banchi dove sono ora, e facenda alcune poste pererbaiuoli, accrebbe alla procurazia 700 ducati d'entrataabbellendo in un tempo istesso la piazza e la citta s. (Va-sari, 1. c., Sansovino).

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Immaginiamo percio, quali fossero i sentimen-ti dei cittadini verso di lui quando vecchio pas-sava per la citta dalla quale nessuna ragione potemai dividerlo, tra le sue opere che dovunque glisorridevano nella luce del sole gaio, nuova incar-nazione del bel tempo antico, « robusto e sanoa novantatre anni, che camminava come un gio-vane, guardava senza occhiali anche la cosa piupiccola a qualunque distanza, ben vestito e sem-pre molto accurato, ammiratore delle donne dicui parlava molto volentieri ».

Benche gli sia stato concesso di campare cosilungamente alla sua morte nel 157o, l'intera Ve-nezia lo rimpianse quando lo portarono al luogodi sua sepoltura a S. Gimignano.

VIII.In questo modo siamo arrivati al XVII seco-

lo. Nel secolo XVII° comincia l'epoca della deca-denza per Venezia. Si elevano edifici come quellodi Santa Maria della Salute, con abbastanza diornamenti in ogni parte, con larghe scale snoda-tesi a ogni ingresso, con immense volute a ogningolo.

E' it fasto che segue al lusso, it quale a sua vol-ta aveva seguito Qa semplicita armoniosa del XV°secolo, e verra poi il secolo XVIII°, nel qualequesto fasto distinguera la moda miserevole diun'epoca di completa rovina.

Nel secolo XVIII°, non c'e neppure un gran-de pittore veneziano : ci sono solamente architettigrandiosi nella citta dei divertimenti, ma i grandipittori mancano, e cosi in materia di storia e di

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poesia c'e it vuoto assoluto. iC sono autori dilettere pretenziosi, quali l'Apostolo Zeno ; ovun-que si fondano Accademie, dai nomi sempre piuricercati : Accademia degli Scalzi, Accademia A-matori del vero, degli Approbati, degli Svegila-ti, degli Allettati, degli Argonanti e cosi via.

Tra le donne veneziane, che sempre hanno avu-to gusto per i piaceri intellettuali, appare quel-l'esemplare che i tempi ulteriori chiamarono basbleu, donne che tengono circolo, e che perorano, eche corrispondono alla definizione the AlfonsoKarr fa della donna scrittrice, che dispiace da duepunti di vista, perch& non e scrittrice e perche none donna : quelle donne veneziane con it giornofisso di letteratura contribuirono anch'esse ad ef-femminare la vita cittadina.

Nel XIV°secolo it tipo del veneziano doveva es-sere l'uomo devoto che ogni festa va in chiesa, itmagistrato integro, it soldato dall'espressionefiery ed austera, sempre pronto a partire sulle na-vi della Repubblica, per le guerre di San Marco.

Nel XVI° secolo, it perfetto tipo veneziano equello che paga largamente a destra e a sinistra,pittori, architetti, scultori, inusicisti, e non lasciapassare la settimana senza aprire le porte del suopalazzo per riunirvi gente amante dei piaceri.

Net XVII° secolo it veneziano deve essere uomodi Stato, un po' seccato per quel che riguarda gliaffari finanziari, molto diplomatico, molto col-to,senza alcuna spontaneity nell'animo, senza alcu-na energia nuova. Ma nel XVIII° secolo deve es-sere un perfetto « cavaliere », it « cavaliere dibuon gusto », abituato ad andare spesso al CaffeFlorian, « la bottega di Caffe di Florian », che esi

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KICOLA IORGA

ste ancora in Piazza ; dai librai, dai cartai, neisaloni da donna Gozzi per esempio ai moltiteatri, ai « conservatori di musica », per essereveduto. 0 impiegava la maggior parte del suo tem-po esercitando la professione di avvocato.

Una moltitudine di avvocati patrocinava i pro-cessi poveri, chi facendo da se le proprie arringhe,altri ripetendo quelle altrui, e le tariffe variavanoa seconda di questi due generi.

Sul Brenta c'erano le belle (( villeggiature ».Molti brigavano con ogni mezzo per essere no-

minati governatori, e non in qualche provincialontana, in Dalmazia, per esempio, dove non c'e-ra gente come si deve, ma in altre citta italianee, potendovi in Francia, a Parigi. Goldoni stessoit grande Goldoni, quando fu chiamato per le rap-presentazioni del Teatro Italiano a Parigi, fecequello che fece e non torno mai pin a casa. Godevadi una pension dalla famiglia reale, e caduta lamonarchia, non esitO a chiederla al Govern() rivo-luzionario ; anzi, alla sua morte, neppure la vedovaabbandono Parigi.

Le prime gazzette sono del 1710 ; in seguito ap-pare it « Giornale dei letterati » e « Osservato-re * di Gozzi, it a Giornale Enciclopedico a, crea-to da una darna, Elisabetta Tura ; e it tempo incui Rosalba Carriera e la sua allieva Luigia Ber-galli schizzavano a pastello con mano leggera lepersone pin note di Venezia dominante.

Ma la gran distrazione del XVIII' secolo e itfeatly). Allora si fonda it « Teatro della Fenicee tanti altri nei quali agivano attori vagabondilieti di venire a Venezia sapendo che vi avrebberotrovato gente pronta ad applaudia ad adorarli.

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Goldoni, it grande scrittore di commedie vene,ziane, non avrebbe potuto essere senza questa or-ganizzazione teatrale. Egli era avvocato, figliodi medico ; ebbene gli si chiedevano continuamen-te commedie, perch& le reclamava quella tale at-trice o quel tale attore favoriti, o perch& le pre-tendeva it pubblico. E le lotte tra i differenti at-tori di commedie erano cosi accanite, che bisogna-va intervenisse it Governo della Repubblica, itquale prescriveva che gli attacchi non fossero per-sonali perch& ciO avrebbe potuto provocare sean-dalo persino nella sala del teatro. Per questa mo-da del teatro, in questo ambiente chiuso ma viva-ce, del secolo XVIII°, ecco che per la prima voltaVenezia ha i suoi veri scrittori. Carlo Gozzi conle sue satire e Goldoni con le sue commedie. Gol-doni e uno scrittore incantevole per tutti, ancheper gli scettici, per i difficili in materia di gusto,per i modernisti.

L'intera vita di Venezia. vive nelle sue comme-die, l'attuale e quella passata, perch ha fatto duelavori di soggetto storico : Marco Polo e Isaccol'Imperatore della resa di Costantinopoli al DogeDandolo ; ma specialmente e la sua Veneziacon le locande di allora, come nella a Locandiera D,con la gente che discorre da una finestra all'al-tra e scambia parole che volano nell'aria, conl'atmosfera dei campielli, con la piazza S. Marco,con i suoi negozi, nei quali una society varia si ag-gira e scambia idee e notizie. Una cosa sola man-ca nelle sue commedie Governo veneto ; maa quello nessuno osava accennare, malgrado che ne-gli ultimi tempi la severita in materia lettera-ria fosse diminuita. Goldoni fece fare una nuovaedizione delle sue opere dai librai del continen-

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te, e alcuni editori veneti proibirono questa edi-zione. Parecchi nobili si recarono in determinatelocality del continente, e ne portarono l'edizioneproibita a Venezia, non ostante l'ostilita del Gover-no. I magistrati sapevano benissimo questo, mafingevano ignorarlo.

In questi lavori si faceva anche qualche allu-sione politica, cosa che gli alltri scrittori nonavrebbero mai osato fare.

Cosi che non si pue dire che anche Veneziadecaduta del secolo XVIII° finisca, senza darcicon la grande opera del Goldoni la sua immagineintera.

Aggiungo alla fine di queste note che Goldoninon fu uno sconosciuto per i romeni : nel 183oun professore di diritto, Costache Moroiu, ne hatradotta la « Vedova scaltra », nel 1858 furonotradotte altre commedie, e dopo it 186o alcunesignorine hanno fatto stampare a Sibiu la tradu-zione di un terzo lavoro. Io stesso ho tradotto datempo la « Locandiera ». che si recita pet-6 al Tea-tro Nazionale di Bucarest secondo un'altra versio-ne senza dubbio buona.

Infine, per concludere, questo XVIII° secolocrea ancora, poiche sembra che Venezia ten-da a scomparire con un'ultima manifestazionegrandiosa del suo spirito, it tiprimo pittore dipleinair in Italia, Giambattista Tiepolo, nelle cuigrandi tele sono tanti elementi della pittura mo-derna un pittore che ha la concezione del Ve-ronese e mezzi tecnici superiori a lui.

Con la commedia di Goldoni, con la satira so-ciale di Gozzi, con la pittura decorativa di Tie-polo si chiude la vita spirituale di Venezia.

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VENEZIA IGNORATA

Esiste una Venezia ignorata. Malgrado le pub-blicazioni del francese Daru, tradotte in molte lin-gue, quelle del tedesco Lebret, la diligente anali-si dei documenti di Samuele Romanin, l'aridacritica di Kretschmayer, it vivace riassunto diOrazio Brown, le sintesi piu o meno rapide di Fu-din e Battistella e la letteratura storica, cosi pia-cevole, del signor Ch. Diehl, aucora molti latiinteressanti della vita e della storia di questa cittAnon solo interamente rivelati, specialmente perquanto riflette it metodo delle ricerche e l'epocastudiata.

Sappiamo tutti cio che si riferisce alle lottealle quail, per la sua affermazione, fu costrettoun popolo di audaci navigatori e di avveduti mer-canti, ed i trattati da esso conclusi che rivelanola sua maestria ed it suo acume. Per merito del-l'ammirabile libro di Pompeo Molmenti, ci furivelata anche la « vita privata » degli antichi ve-neziani, fin nei piu minuti particolari ; eppure iopenso che un nuovo metodo nelle ricerche dareb-be risultati insospettati.

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Oltre quanto fu gia pubblicato, esiste nell'ar-chivio del vecchio monastero dei Francescani, eviene conservato gelosamente, una grande quan-tity di materiale inedito, it cui valore e difficilestabilire a priori ; e quanto esiste all'ombra dellagrande chiesa rossa, nella quale si conserva la me-ravigliosa Assunta del Tiziano, non e neppureit solo deposito di ricordi scritti del glorioso pas-sato. Posto nello stesso locale ve n'e un altro diuna non facilmente misurabile ricchezza l'Ar-chivio Notarile.

Secondo it vecchio use medioevale ogni questio-ne di famiglia, ogni transazione di negozio, ogniatto pubblico, di qitalunque genere fosse, passavaper le mani del notaio.

Si e cosi venuto a formare un vero tesoro di in-finite informazioni che possono rivelare nel lorovero aspetto l'animo singfiolo e collettivo dei citta-dini e per certi riguardi, in un modo assolutamen-te tipico, in quanto rivelerebbe sentimenti, af-fetti ed interessi nella loro vera essenza, esami-nati da un lato che finora non fu studiato comemeriterebbe.

La vita delle « masse e sfuggita alle indagi-ni deg1i studiosi ricercatori delle memorie del pas-sato. E nessun altro miglior luogo pm') essere tro-vato per lo studio dell'uomo quale fu veranientecon tutti i suoi diritti e i suoi doveri. Appuntopercio, c'e da ricercare e da presentare, con l'a-more e la comprensione che danno it sentimentoe it culto del tempo passato, la storia di migliaiadi vite umane, le quali tutte hanno, sia pure inminima parte, certamente influito allo svolgersidella vita del loro tempo, anche se la loro modesta268

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esistenza non lascio, ed e ben naturale, orme nellastoria, cosi come e comunemente intesa.

Esse possono essere presentate nella loro stessaessenza o qualita umana, oppure quali elementicostituenti alcuni gruppi che di certo possono riu-scire molto interessanti. Quando ci sara meglionota la storia del « piccolo uomo n d'allora, rico-nosceremo certamente che egli corrisponde in granparte all'uomo d'oggi, e ci sara facile lo studiotraendo dal presente i lumi necessari alla cono-scenza del passato.

Pochi sono gli scrittori stranieri che abbianosaputo penetrare e trattare con intelletto d'amorela vita, pur cosi originale, del pescatore, del bar-caiolo, dell'operaio, del piccolo borghese venezia-ne nell'umile esistenza.

Fra i pochi ricordero l'ex console d'AmericaHowells, nella Venetian Life, e Orazio Brown,mio vecchio amico della Ca Torresella alle Zatte-re. Penso sovente con nostalgico rimpianto allacasetta ospitale, piena di libri, oggi in possessodi chi sa chi !

Qui, nei quartieri affollati dei poveri lavoratori,si perpetua la vita di quegli umili cittadini dellagloriosa Venezia ; ma questa vita e spesso ignora-ta dagli studiosi che non vi si interessano, giac-che l'esistenza dei poveri non attira, anzi, spes-so spaventa e con la sua miseria delta orrore.

Eppure quante vecchie tradizioni si manten-gono fra questo popolo e l'esistenza di questi po-veri quale quadro pittoresco offre !

Ancor oggi, come in passato, it gondoliere ri-sparmia soldo a soldo per poter arredare conmobil" di noce la stanza nella quale condurra la

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compagna della sua vita ; anche oggi, secondo itvecchio uso, intorno alla tavola si aduna tuttala famiglia per it pranzo frugale ; anche oggi lastrada risuona delle grida dei ragazzi abbandonatia se stessi ; ancor oggi si frigge it pesce vicino algrande paiolo di ranee (gloria della casa) nelquale si cuoce la polenta ; anche oggi la vecchiaderelitta, con lo sguardo rapito nel fulgore dellecandele che ardono innanzi all'immagine della Ma-donna, net tabernacolo all'angolo della via, muovele labhra in muta preghiera.

Solamente ai pozzi di marmo, dalle vecchiesculture, non si adunano pin per « le baruffe »giornaliere le ragazze e le donne dagli abbondanticapelli oh ! forbici dei parrucchieri moderni...-- ma it caratteristico scialle ricade ancora inricche pieghe dalle Toro spalle e gli zoccoletti bat-tono armoniosamente it lastricato di granito diquel grande salone the e nel suo insieme l'inte-ra Venezia.

Tutto questo non si conosce abbastanza e sonoignote ai pin l'amabilita sorridente di questo po-polo di aristocratici ; la facility con la quale siintrecciano le conversazioni ; la possibility di strin-gere la mano a ognuno ; la grazia delle risposteamabili ; la sonority del canto notturno che sembratrasmettersi da una pietra all'altra ; l'innocenzadelle relazioni tra gli uomini e le donne che non siconoscono ; l'incanto delle chiacchiere scambiatesui vaporetti ; e tutto quel profumo di passato sem-bra vagare ancora nell'aria.

Dell'evoluzione stessa della storia di Veneziauna parte non e ben conosciuta, anzi, per essereprecisi, sono due : una al principio l'altra alla fine :

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nel mezzo solamente due secoli del medio evo, itXVI e it XV, sono stati studiati a fondo ; it restoe patrimonio esclusivo d'archeologi, diplomati estorici. Sono anche abbastanza noti ii secolo XVIdal superbo fiorire e it XVII, da parata monar-chica.

Ma al di la del 1700 che, malgrado la decadenzapolitica e militare, e tuttavia nel resto una splen-dida epoca, sembra che la storia di Venezia non of-fra alcun interesse.

Ecco presentata sommariamente la materia perscrivere una storia che dovra da prima presentareun paese di poveri pescatori e piccoli proprietariviventi su alcune isole sparpagliate nelle lagune.Il primo radunarsi di queste genti nelle assemblepopolari per stabilire d'accordo la difesa dei pro-pri territori, (simili alle « riunioni » balcanichegovernate da anziani) con a capo un duce : il Doge,che corrisponde al nostro Voevod.

In principio, quasi a prefazione dell'opera, sidovrebbe trattare la vita patriarcale che per piusecoli condussero quelle genti, per la cui com-pressione, mancando i documenti che la illustra-no, si richiede un ampio lavoro direi quasi di divi-nazione di quei tempi, e solo puo aiutare la corn-parazione con it sorgere di altre contemporaneesocieta primitive.

Bisognerebbe, in un secondo tempo, studiarel'influenza esercitata da Bisanzio su questo an-golo di terra italiana, e it sorgere qui di una clas-se borghese che la stessa 'Bisanzio, servita esfruftata dagli stranieti, sempre vogliosi di va-lersene, non seppe creare, che la Roma orienta-le, senza solide basi, non ha mai avuto. E, poi,

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l'aprirsi delle grandi vie commerciali che appor-tavano a Venezia, dalle lontane terre, le mercidell'Oriente it sorgere delle lussuosissime modee delle chiese costruite con pezzi comprati o pre-dati e trasportati in patria attraverso i mari, edusati da prima, cosi come pile fare un popolano chevuol nobilitare la sua casa e sparge senza gusto,qua e là, fra i suoi vecchi mobili, alcuni oggetti divalore, sottratti a qualche ricco ; ed in seguito, nelperiodo della trionfante ricchezza, costruita contanto sforzo e sacnificio, l'apparire di un timidogotico, che non ha gli slanci, le leggere sottili volu-te, be milk affilature e la selva di pinnacoli, che all-trove, quale frutto di un'ispirazione capricciosa, sislanciano alla conquista del cielo divino ; ma chenelle facciate solide, complete, nitide dei palazzi odelle chiese, copiate da Bisanzio, si contenta diaprire be occhiaie delle finestre scolpite e di in-fliggere i merli sulle dirette linee dei tetti.

Anche Bisanzio e popolare. Sotto la pompa im-periale vive in un modo patriarcale ; sotto la bril-lante contraffazione di Roma si agita una folla in-quieta, pasionale e rumorosa, pronta a11a rivolta,voluttuosa e crudele, che ama e vuole Ile pompe im-periali, be processioni religiose e i circenses.

L'arte plastica di questa pill piccola, ma pillricca Bisanzio, the fu Venezia, riflettera it sensodella vita delle masse e la Iloro ammirazione per glisplendori delle pompe politiche e religiose.

Da questo amore per i colori violenti un Carpac-cio o un Gentile Belbini saranno ispirati a dar-ci la rappresentazione della chiesa del Santo pro-tetore, nello sventolio delle bandiere e nello svol-

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

gersi delle pompe delle corporazioni sacre, fra lefolle attente e fiere.

Il dilagante cattivo gusto degli arricchiti farasi che i vecchi sobri mosaici vi verranno sostituitidalle sgargianti pitture nelle quali sono ritrattefigure coi berretti neri e i lunghi manti di broc-.cato multicolori, emblemi della larga agiatezzaraggiunta e dello sfarzo che essa consente. Nonquanto di pin veneziano sia mai stato a Venezia.

Ma oltre al gusto acceso per le manifestazio-ni di strada e di piazza, alle quali chiunque par-tecipa con spontanea allegria, questo scorcio dimedio evo ha anche una sua intimita misteriosache si rivela con una ineguagliata sincerita, dicui non sono capaci le epoche che vivono_imbri-gliate tra i regolamenti e i paragrafi dei codici cheumiliano e mutilano ogni spontaneita.

Questo lato dell'anima veneziana, non influcn-zata, non falsificata, non turbata dal contattogente straniera, che la tentazione della gloria Pdel denaro vi hanno in seguito attirato in grailnumero, e bene ritratta da Giovanni Bellini,pittore delle Madonne pin dolci, soavi e doloroseche mai siano state dipinte. Nel loro occhio egliracchiude l'infinita dolcezza della divinita tormen-tata ed amante- che pur perdona a chi l'offende.E tutto quello che si vede attorno alle soavissi-me immagini : vaghe decorazioni, fiori, vesti schiz-zate rapidamente, figure le cui mani congiuntenella preghiera aiutano l'accordo celeste, servead accompagnare ed accrescere la forza di corn-mozione di queste sacre immagini, a differenzadi Raffaello che invece riesce ad incoronare i

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con

it

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volti, i sorrisi e gli sguardi dalle sue Madonne,di supreme armonie, per la sua grande sapienzanell'usare i colori e la sobria decorazione, cheannulla ogni elemento non necessario davanti al-l'immagine principale ed alla visione celeste,.nella quale egli concentra tutto quanto ha di piitbello e di pia sentito un intero popolo.

Ma dopo it 1500 le lotte in Venezia sono finite,cio che non si e potuto tenere se n'e andato e quel-lo che rimane si consolida e rimarra per due se-coli.

Nella tregua si puo godere della immensa ric-chezza accumulata. E' tempo di assaporare volut-tuosamente it frutto delle fatiche di tante ge --nerazioni.

La citta che nel Medio Evo fu tante volte bagna-ta dal sangue delle grandi tragedie, si ammantaora di abiti di gala, felice e fiera.

Poiche Venezia non ha altra letteratura che quel-la delle cronache, essa si esprime per mezzo del-l'arte. Spirit() nuovo, arte nuova. Ed essa riflet-tera la calma soddisfatta e la larga esibizione del-la grandezza raggiunta : e a questa opulenza nonsi mescolano troppi ricordi del passato e nessurtriste presagio pel futuro.

Come Atene, anche Venezia, dopo le guerreraduna, mantiene, loda e paga chiunque posseaiutarla ad abbellirsi. Dai monti del Cadore vienPTiziano, da Verona Paolo Cagliari che ne porta-il con orgoglio, e pure un altro grande giuu-ge : Tintoretto (Jacopo Robusti).

A_ questi sommi artisti sara affidata la missio-ne di abbellire con le loro meravigliose pitture

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acme

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altari delle chiese, di ricoprire con sontuosi rivestimenti le pareti del Palazzo Duca le, ancora de-corate dai vecchi e sbiaditi affreschi color rosa,arricchire le famiglie con i ritratti dei magnific;senatori e delle aristocratiche dame. Questi grandiforestieri non sono in fondo che i tappezzieritante glorie, ambizioni e ricchezze. Le opere arti-stiche di ieri cadono in dispregio, vengono nasco-ste nelle sacrestie, cancellate o demolite perchenon rappresentano pin che it ricordo della passa-ta poverta. Si rinnovano le facciate delle case, e siriempiono di sculture i vuoti nei quali impallidi.-see l'oro degli antichi mosaici delle costruzionibizantino - gotiche, e , poiche c'e molto da fare pertutte queste innovazioni, si chiama un fiorentinoativo ed abile : Sansovino, che alle loggette, allascala dei Giganti e ai bakoni, da le linee dellasemplice geometria dell'antichita e l'armonia degliornamenti della Rinascenza.

Venezia che « it Veronese n ha personificatanella grande e opulenta donna dai capelli d'oroche stende lo scettro fiorito sopra terre e marle pronta, e invita gli ospiti. Poi comincia la de-cadenza : compiuti i lavori di abbellimento nonc'era pin alcuna cosa nuova e grande da fare : itnumero degli stranieri diminuisce, i palazzi del-le famiglie impoverite si fanno deserti. Questa re-pubblica senza avvenire non trova it suo postofra le grandi e potenti nazioni che sorgono e perconseguenza non puO pin mantenere suo rango.

* * *

L'esposizione del Novecentoventotto ha dimo-strato quanto, nel nuovo secolo, Venezia sia ingiu-

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P

(11

i4

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stamente trascurata da coloro che dirigono nellesue linee principali la civilta umana.

Da tutta l'Italia, con ammirevole senso di ci-vismo che non cura i pericoli ai quali oggettitanto preziosi ed amanti sono esposti, si e quiradunato tutto cio che ha potuto dare imi-tando i francesi dell'epoca dei « piccoli apparta-menti D di Luigi XV, del a Piccolo Trianon Dla grazia di quel secolo unico come eleganza ediscrezione, come ricchezza e variety in picco-ile proporzioni, come arte di evitare la solennita.morta degli spazi vuoti. Sono cosi venuti a Ve-nezia arazzi di Torino e di Napoli orgogliodelle dinastie che ritraggono scene mitologiche,allegoriche e popolari simili a quelle che Goya im-magino per i Borboni di Madrid ; busti di so-vrani e di papi ; presepi, opera di artisti del me-ridionale d'Italia, che vanno dalla figurazionedella nascita di Gesit Cristo nella grotta di Be-tlemme fino alla fabbricazione delle tipiche barn-bole ; di mobili d'ogni specie : sedie, tavole, scri-gni, specchi, carrozze di lusso che rivaleggianoper la ricchezza delle sculture -con quelle del mu-seo di Lisbona ; ceramiche di ispirazione loca-le, ceramiche che si ispirano allo stile cinese,tutto questo prezioso materiale si e raccolto nellenumerose e vaste sale dell'Esposizione ai Giar-dini Pubblici, vicino alle caratteristiche tele del-l'epoca. Venezia primeggia con la sua vasta evaria contribuzione. Se anche mancano le sue tap-pezzerie, in compenso i suoi artefici ci danno scol-pite in legno di noce opere che imprimono allamateria un potente movimento. Sul suo vasellamefigurano delicati motivi di ispirazione europea ; le

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stoffe "dai vivaci colori sono tessute negli opificiveneti. Ma sopratutto l'esposizione dimostra quan-to della pittura del tempo appartenga a Venezia,per merito degli artisti veneziani, che portaro-no anche altrove quello speciale senso dell'ele-ganza un po' caricaturale dell'artificio nell'or-namentazione, che fu proprio della nobile citta.

Dopo le immense architetture del Veronese,rinasce it culto per la natura cosi profondamen-te cambiata dagli uomini, ma pure fedele e inti-mamente connessa alla semplice e primitiva poe-sia di Venezia.

Ecco it Cana letto che si interessa di ogni angdli-no di sponda alla quale si attraccano le barche soli-tarie di ogni serpeggiamento dei canali e chequesto speciale senso di Venezia portera fino neicampi della Polonia del buon Re Stanislao Ponia-towski, nobile protettore delle arti e degli artisti.

Longhi, Guardi, Traversi, Piazzetta, nei qua -li riscontrano simiglianze con la pittura di Fra-gonard e Lancret e a volte ricordi dei bambinimandicanti dipinti dal Murillo riproducono sce-ne di balli in « ridotti u ; concerti ; prove musica-li di ragazze campagnole dinanzi ad un uditorioformato dai membri delle famiglie estatici e an-che di qualche severo intenditore ; curiosi davantial rinoceronte ; mendicanti ; « sacre famigilie A ditipo rurale come nella creazione di Bassano, Ma-donne di aspetto contadinesco, it capo circonfusoda un inaspettata aureola.

Dipingendo uomini con lunghi capelli bianchi,come i dervisci di Costantinopoli, GiandomenicoTiepolo tenta, quasi per ischerzo, la resurrezionedell'affresco da tanto tempo abbandonato.

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si

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Siccome i nuovi palazzi e le ville richiedonograndiose decorazioni nei soffitti, un magistra-le pittore di gruppi, Giambattista Tiepolo, ab-bandona ogni altro soggetto, e, ispirandosi allamitologia e alla religione, riempie gli enormispazi con scene nelle quali c'e a volte lo slanciogigantesco dei dipinti di Michelangelo, a volte losplendore ridente del Veronese o la tragica oscu-rita delle tele nelle quali Tintoretto non e un sem-puke decoratore a un tanto al metro.

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ESPOSIZIONE D'ARTE DEL XVIII SECO-LO ITALIANO A VENEZIA.

Per commemorare i grandi ingegni che, delirutto delle loro superbe e nobilissime fatichehanno arriochito di splendori tutto un secolo, nonsi Imo fare pia di quanto si e fatto qui a Venezia,esponendo tante e cosi preziose opere del 700.

Questi lavori, che testimoniano di quanta bel-lezza fu capace epoca, ma rimangono a voltetroppo in ombra in confronto a quello che han-no dato i secoli che nella creazione si sono atte-nuti a una pia semplice e pia personale inizia-tiva, sono stati raccolti qui da una parte : ne han-no mandato i castelli reali e persino le privatee spesso ignorate collezioni di stranieri amanti del-l'arte italiana. Per contribuire ailla buona riu-scita dell'esposizione sono stati riaperti palazzied altri edifici che hanno i soffitti affrescati daartisti dell'epoca, e organizzate bellissime festeche contribuiranno non poco ad aggiungere sfar-zo e grandezza a tutte le manifestazioni artisti-che destinate a lasciare un ricordo incancellabilenell'animo dei visitatori gia rapiti da tanti splen-clori d'arte.

Per questa mostra sono state adoperate le cin-

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quanta sale del palazzo dell'esposizione, nellequali le opere sono state disposte in modo mira-bile, realizzando in ognuna di queste stanze unasuperba armonia che riesce a darci la pin corn-pieta sensazione dell'epoca ricordata.

Se si domandasse a qualcuno dei visitatori checosa egli trovi di pin Bello e interessante fra lemolte migliaia di oggetti esposti, la risposta nonpotrebbe essere che una : l'ammobigliamento.

Il Medio Evo ebbe le grandi sale gelide e vuo-te : qui e la un letto, qualche seggiolone, un ta-volo per la mensa.

Solamente pin tardi, e non dovunque, le ta-pezzerie a grandi arazzi coprirono le pareti. A Ve-nezia, provenienti dalla scuola di S. Rocco, neho veduti di molto interessanti : riproducono itcavaliere armato della sola picca che si apprestaad imbarcarsi per la crociata in Siria. Le dicitu-re in versi sono in antico francese.

Nel XVI secolo, al quale Pantichita non avevadato modello in questo campo, it soffitto, lavoratoin sfondo e decorato lanibris dores e it cami-netto, furono l'unica decorazione ed ammobiglia-mento della casa : it resto non ha importanza enon assurge a bellezza.

Nel XVII ,'secolo che raggiunge massimosfarzo, celebrato poi in tutti i paesi nellaVersaglia di Lodovico XIV, cio che vien curatomaggiormente nella casa e it corridoio, le saled'armi ii quadrato leggiadro si, ma severo, cheriproduce scene di lotte od allegoriche riferente-si al trionfo della monarchia regnante per it di-ritto divino.

Il XVIII secolo, invece, conosce profondamen-

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it

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to it gusto, l'amore e it valore della casa e dell'ap-partamento, e ne cura ogni angolo, ogni detta-glio preziosamente soffitti, panneggi, stucchi,specchi, porte scoipite, tavoli, tavolini, quadret --ti da parete a soggetti obbligati, arazzi anch'es-si di maniera, tappezzerie, seggioloni di parata.e seggioline lavorate e intagliate come gingilli :armadi, guarnizioni da tavola ; mensole, scafEa-li e ceramiche europee e cinesi. Il Russo ha mododi manifestarsi anche nella vita passata fuori dicasa, con infinite minuziosita di dettagli per ab-bellire portantine, calessi, berline e slitte grandio per bambini, di una varieta fantastica di mo-delli di ornamenti ; barche di parata e gondole-dai grandi fanali simili a camini.

L'esposizione ci da di tutta questa roba esem-plari scelti con infinito buon gusto. Vediamo co-si come con abilissima tecnica si usassero dei sog-getti obbligati : foglie, fiori ,e figure mitologi-che, quail motivi ornamentali comuni per le di-verse arti : scultura in legno, stampi per lo stuc-co e persino per la molto accurata miniatura.

Ne mutano anche se cambia it materiale impie-gato, ceramica, pergamena, carta, i modelli diquest'arte decorativa ed ornamentale, che non hapiu ispirazione ed ignora ormai ii puro gioco del-le linee e si distingue e differenzia percio dall'ar-te delle epoche primitive e anche da quella deitempi storici, ed esempio dalrarte dell'Oriente.

Stemmi araldici che ripetono it leone di S. Mar-co, angeli paffuti, dai rosei e grassi piedini, vereridenti bambole del Signore, putti grassocci, mapero agili ; dei e dee, mostri ed esseri fantastici

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e

;

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maschere, targhe, oltre ai gia accennati festonidi fiori e frutti e figure divine ed alkgoriche ; pol-trone, cassette, scrittoi, culle, orologi, divani, cas-.sapanchine in gran numero.

In tutti gli oggetti predomina la linea tondeg-_giante ; it noce e it palissandro sono i legni pinusati, mentre per le cose piu fini e delicate si ado-pera it legno di rosa.

Gli avori e gli smalti intarsiano gli oggettie in alcuni figurano le lacche dell'Estremo

Oriente.Le stoffe che coprono i letti dagli ampi

le larghe poltrone e le piccole sedie dalle.gambe esili, che si usava mettere lungo le paretidelle sale del trono, non hanno pill nulla dell'e-nergia e della vigoria dei vecchi broccati, ne lasemplice ingenuity di disegno delle sete di unavolta, malgrado che Genova adotti ancora i vec-chi processi tecnici nella fabbricazione ; ma or-mai i bellissimi sfondi rossi ed azzurri sono som-mersi dall'infinito dilagare dei soliti festoni difiori e di frutta, lo stesso stile che si adopera--per gli stucchi, le sculture in legno e i bronzi fu---si. Anche qui volute, festoni di foglie e pianteimmaginarie, uccelli e ghirigori.

Solo raramente offrono interesse i lavori in pel-le, in tempi pin antichi elemento essenziale nel-la decorazione. Murano, bench gia in decadenza,

presente con i suoi specchi isolati o mescolatiai mobili.

I servizi da tavola, copiati dai naodelli cinesi-nello stesso tempo in cui Parte della porcellana-continua nel suo stile lussuoso e manierato legrandi tradizioni delle maioliche del secolo XVI

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bel-lissimi

baldac-,chini,

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a Caste lli in Abruzzo, a Bassano, a Milano,-a. Lodi, a Savona, a Murano hanno un granderuolo in questa raccolta di lavoro dalla bellezza.deliziosa.

A Milano e la manifattura Clerici, a Savonauna fabrica nuova, a Bassano quella dei baroniAntonibon delle Nove, a Palermo le manifattu-ra di Maloica e specialmente importanti quelleveneziane di Geminiano Cozzi, che si ispira agliinsegnamenti dei maestri cinesi, e di Vezzi ; adEste lavorano i Franchiani, a Doccia Ginori. ACapodimonte e a Napoli si lavorano a biscuit,tabacchiere, scatole da zucchero, saliere, tazze,caffettiere, teiere, cremiere, chiochere, candelie-ri, vasi per profumi, acquasantiere, calamai. Glioggetti sono decorati con scene mitologiche o diidilii arcadici, oltre qualche comica riproduzionedi animali o verdure : quaglie, verze ecc., in cuisono mascherati qualcuno di questi oggetti, e nonmancano neppure statuette, scene di lotte o dibattaglie. Dalla Commedia dell'Arte sono ripre-si le Colombine, i Pulcinelli e i Pantaloni, e se-condo it gusto del tempo scene galanti.

Delle manifatture del meridionale qualche sce--na caricaturale : it dottore che Legge, it ministroriformatore Tannucci o i cani musicanti. Purenei lavori di laggiu si nota una rimarchevoleoriginalita che e indice del nuovo orientarsi ver-so it realismo. Vedute di Napoli e Pompei e tipidi popolani che finiscono con l'imporsi e place--re alla gente sana e allegra : is la giardiniera. »« la gelataia », « le contadine di Bovino n.

Sotto l'impulso di un Re artista, Carlo III,anche a Madrid si cominciano a preparare quei

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sacri giocattoli : i presepi con le grandi e dolo-rose figure al vero. E' questa l'epoca in cui sichiede ai grandi artisti alla moda di modellarein terracotta e in legno : la Madonna, San Giu-seppe, Gesia, i Pastori, i Re Magi, ritraendolicon le sembianze delle persone committenti. Qual-cuno di questi magnifici presepi suscita un verosenso di tenerezza e di purissima grazia.

La Sicilia manda dei lavori che diverranno digran moda e saranno molto imitati a Roma e per-sino a Bologna ; sono statuette : « la venditricedi frutta », « la donna col ventaglio », « it suona-tore di cornamusa ». A Vinoro nella manifatturadei Savoia, si preferiscono le « contadinelle ».

Gli scultori di mobili qui presenti con i fforelavori sono artisti di buon nome e bella fama.Della seconda meta del XVIII secolo, si ricordaun Benzanigo che a Torino fu a servizio di Ca-sa Savoia.

Com'e naturale, occupano molto posto le ve-trerie di Murano, con i loro deliziosi, diafani,capricciosi lavori, che .si sbizzariscono in unagrande varieta di forme e di colori. Spesso fra.i motivi tradizionali e di ispirazione locale simescolano quelli appresi dalla Cina, che introdu-cono qualche elemento nuovo alle forme abitua-li, .e cosi le ispirazioni a motivi arcadici e anchea caricatura politica. A molti oggetti e legato itnome di eccellenti artisti : lo sctiltore Briati,smaltatore Brussa.

Una sala intera e dedicata a Pietro Piffettigrande « creatore » di mobili, che la Corte deiSavoia riesci a conservarsi per lunghi anni. Neilavori qui esposti egli rivela tutte le risorse del

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lo.

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suo spirito particolarmente inventivo e della suatecnica veramente ammirevole nell'arte di ado-perare i pia rani e preziosi materiali.

« Invenit, delineavit, fecit et sculpsit » egli scri-veva fieramente sugli oggetti eseguiti con de-licato gusto sempre nuovo e ehe donava al suoSignore, it Re Vittorio Amedeo III. Quell'uomogeniale possedeva Pabilita di adoperare tutte learti per i suoi lavori. Nel la seconda meta del XVIIIsecolo gli succedesse nella carica Benzanigo, le cuiapplicazioni di stucco su una scrivania sono quan-to di pin delicato abbia saputo produrre l'artedell'abbellimento, e cosi it parafuoco che, fra tan-te ghirlande e trofei, ha persino due colombi tu-banti e nel mezzo it ritratto del duca committen-te, e tuttavia non risulta troppo carico di de-corazioni.

L'architettura si presenta debole. Le opere diFilippo Juvara (1736) sono dedicate alla dinastiapiemontese : le basiliche di Superga e di Rivoli.

A ricordo della deliziosa bellezza delle ville ve-neziane v'e it progetto di quella di Stra di Frigi-melica (1732). Napoli contrappone Vanutelli,.creatore della reggia di Caserta. Il secolo XVIIInon ha la scultura da piazza pubblica. Ha quelladelle facciate con le pesanti, le solenni e manie-rate figure di Santi. Si hanno scultori di Corte che,quando non scolpiscono immagini mitologiche siaffaticano a idealizzare la figura del principe dal,quale dipendono. Cosi nell'alta Italia lavorano unFratelli e un Bracci. Facie senza espressione, diuna povera maesta, impeccabili nelle loro vestidi broccato e di seta. Figure d'uomini pia adatti

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a rappresentare it fasto delle Corti che non labaldanza militare.

Scolpite piu finemente, con profondo intuitapsicologico, sono i busti di alcuni papi : un Be-nedetto XIII (di Bracci.)

Francesco Ladetto, divenuto poi a Parigi La-dette, fu a Torino lungamente a servizio di CarlaEmanuele. Dal 1763 al 1767 vi fu invece it suo al-lievo Ignazio Secondo Collini, che diventa sculto-re del nuovo Re e che aiutato dal fratello Filippo,dirige una scuola. Per i due Vittorio Amedeo la-vora Bernero (1796), le cui storie mitologichesono a volte persino commoventi. Nelle provin-cie meridionali, alla corte di Carlo III, troviamo iFoggini, mentre Del Nero lavora per it Re Fer-dinando. Venezia e rappresentata solo da anonimi,

Una nota di dolcezza fiorentina porta Piam-piantini con i suoi « Bambini che giocano n e chein questo secolo XVIII ci richiama ai sentimentidel i5oo.

Dell'arte tipografica, capace di produrre stam-pe che possono rivaleggiare con le pin belle deN'In-ghilterra d'oggi sono presenti con qualche riu-scitissimo saggio Bodoni, Cagnoni, Bossi e Al-brizzi. Vicino alla tradizione del XVI secolo siafferma anche un « modernismo

Anche i pittori come it Piazzetta e GiambattistaTiepolo lavorano al servizio di queste incantevolicosi dette « arti minori », giacche la pittura sitramuta, per volere delle grandi, ricche e magnifi-che Corti, nelle magistrali tessiture degli araz-zieri. Quasi tutte le case regnanti possiedono gliopifici dai quali escono le mine deliziose cose che

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D.

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servono ad ornare sontuosamente le loro case,ville e castelli.

Il primo di questi laboratori viene fondato aVersaglia sotto la direzione dei francesi France-sco Demignot e Nicola Dumey. Nel 1731 anche-Carlo Emanuele di Savoia fonda a Torino la suaarazzeria sotto la guida dei piemontesi Beaumont :gli allievi, Blanchery, Dini, Bianchi, Bruno, con-tinueranno poi l'opera dei fondatori. L'esposizio --ne presenta lavori di questi abilissimi artefici ! inalcuni Sono ritratte scene del ciclo di Alessandroit Grande o della Campagna dei Diecimila. Cigna-roli disegno per Demignot scene di viaggi-o di sog-getti paesani.

Pure dal francese Demignot hanno origine le-prime tappezzerie toscane, che sono presenti quicon un Vulcano e un Nettuno e specialmente,tratte da originali cartoni di Leonardo Bernini,le splendide figure delle « quattro parti del mon-do D.

A Napoli ,alla corte di Carlo III, l'arazzeriavenne fondata nel 1737 dai fiorentini Del Russo,e Pieri ; a loro si aggiunse in seguito it romanoPietro Duranti. Questa scuola fiori ben prestotanto che un De Muro Sara chiamato in Piemon-te. A Pietro Duranti si devono gli arazzi dellaserie « Amore e Psiche » meno sovrabbondantedi figure, ma piu attraente nella loro semplicitache le grandi costruzioni torinesi. A Napoli latapezzeria riproduce nelle sue trame anche quel-che delicato e gentile ritratto di donna. A Torino i lavori a mezzo punto aggiungeranno nuovielementi ai vecchi motivi ornamentali.

In questo secolo, se la pittura delle scene mito-

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NICOLA IORGA

logiche ed allegoriche, e qui, come del resto &un-ique, piu complicata nei soggetti e nello spiritodi quanto comunemente si crede, negli altri dominidue tendenze stanno di fronte : una conservatrice,ligia e devota alle Corti ; l'altra libera, popolare,realista volgare locale, della sola democrazia,sia pure a aristocratica », che fu Venezia.

La prima dara tanto nella pittura che nellaseultura it ritratto, che pet-6 avra sempre unacerta fredda solennita, indipendentemente dallequality d'indagine psicologica del Tiziano o al-meno del corretto realismo del Tintoretto. Anchein questo campo Venezia detiene it primato : nien-te di imposto e di manierato. Il medesimo arti-sta puO lavorare per il Re di Piemonte o per il Redi Polonia. Il veneziano Iacopo Amizon (1752), cheand da Roma a Monaco, a Londra, a Parigi eMadrid, ritrasse i Sovrani napoletani del suo tem-po, la tedesca regina di Spagna e alcuni provvedi-tori veneti. Il romano Marciello Bacciarelli, in-gegno brillante e facile, senza grandi ardimeriti eintenzioni, va a Dresda presso Augusto III e, pas-sando per la Vienna di Maria Teresa, si ferma aVarsavia dove dipinge it buono, it grasso, l'e-picureo Stanislao Poniatoischi. Il trentino Lampiarriva ad essere professore a Vienna, nell'epocadi Giuseppe II, e poi per mezzo di Stanislao pas-sa a Pietroburgo, presso in ex amante di costui Ca-terina II, per divenire alla fine (muore nel 1730)anche it ritrattista della seconda moglie di Napo-leone. Pur senza essere ritrattista, Sebastiano Ric-ci e chiamato in Germania ed in Inghilterra, Ca-vallucci in Fiandra e in Francia a Parigi, a diri-gervi l'Accademia dei Pellegriui. Altri rimangono

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in patria, fra questi Pannini ii pittore di CarloIII, Cignaroli, sempre fedele al savoiardo CarloEmanuele, come pure la pittrice Clementina.

Pompeo Batoni, amante delle grandi macchi-nose scene mitologiche, dipinge un Soderini eit Papa Clemente XIII, bellissima tela, cosi co-me it suo autoritratto.

Abbiamo di anonimi intere collezioni di ritrattidei Re di Sardegna.

A Bergamo visse un Ghislandi, a Verona Bal-lestra ; ambedue non lasciano ritratti.

A Napoli De Muro ritratta Carlo III in trion-fo e non disdegna dipingere anche qualche figu-ra di paggio.

Pure a Napoli nelle opere di Solimena it pro-fessore di De Muro, di Giaquinto, recatosi a di-pingere anche a Madrid, di Bonito, elevato daCarlo III al rango di « pittore da camera v, di-rettore dell'Accademia artistica e dell'arazzeria,le scene mitologiche possono stare alla pari delquadro di soggetto religioso di Ribera, lo Spa-gnoletto che non si puo dimenticare, come model-lo in questa rassegna di pittori dell'epoca, di quel-l'attivo e instancabile fapresto che fu Luca Gior-dano, arrivato ad essere pittore anche di suaMaesta spagnola. Sempre per la Corte meridio-nale un Belvedere, un Re Alfonso (1732) e unDe Caro faranno risorgere l'arte olandese deifiori e dei frutti poco curata nel nuovo secolo.

Dalle regioni dell'Italia centrale vengono mol-te tele mancanti pero di carattere. I due Riccihanno paesaggi ispiranti dal cupo Salvatore Ro-sa, e quadri religiosi e mitologici, quantunqueSebastiano per() abbia anche senso per l'idillio

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NICOLA IORGA

sentimentale, grande yoga del secolo degli arca-di, come appare dalle sue :« danza campagnolae « vendemmia ». Bazzoni ha soggetti religiosi chetraggono l'ispirazione dalle grandi opere delXVII secolo ; Ferretti, Gandolfi, it genovese Pio-

e Pittoni pure quadri per le chiese, nei qua -li non c'e pia traccia dell'indispen-sabile mitologia.

A volte le figure non sono prive di vigore, co-me nel « cacciatore n o la « signora » di Fli-part, gruppo che ricorda i fiamminghi e gli olan-desi, e it bellissimo, vivo e naturale « bambinodormiente » di Creti, ben lontano dalla graziamanierata dell'epoca. Magnasco (1749) prediligele « scene con lantern magiche », « concerti dipulcinella », « suonatori ambulanti », « vagabon-di D, « monaci che si riscaldano al fuoco » o iI

ciarlatano che fuga i diavoli ». Nella sua aspralinea piena di agile immaginazione e pure « itfardello ».

I veneziani : Pittoni e it forte Piazzetta (1782)vanno per it mondo trattando qualunque generedi pittura classica o religiosa. La loro citta, cheessi non hanno compresa, non li trattiene. Essa,che per loro non ha fascini, per altri invece e tut-to, con la solennita delle pompe ufficiali in cuipare si ammanti la repubblica che allegramen-te muore, per it chiasso e ii fasto della piazzaaffollata di gente in monti di velluto, scarpe allamoda e larghi cappelli sulle parrucche incipriate.

A lato di questa effimera gaiezza, negli angolisilenziosi vive la sua vita appartata it popolo checonserva intatto, istintivo it senso per la bellez-

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za e la vita sana e operosa, nei dintorni, nellecampagne i contadini si tramandano le semplicipoetiche costumanze medioevali. Il primo arti-sta che abbia saputo prenderne it gusto fu Car-levaris, che nel 1705 ne ritrasse un album di ve-dute che da Carpaccio in poi nessuno aveva piufissate sulla tela. Nel suo quadro esposto, it do-rato « Bucintoro n (che i soldati dell'epoca diNapoleone volevano bruciare per togliere l'oro),passa fra la bianca scia di spuma sollevata daimolteplici remi dei vogatori. Anche Bel lotto (Ca-nal) dipinse qualche paesaggio della citta nellaquale e nato nel 1720, ma poi egli andra per con-tinuare i suoi studi da prima nella Roma di Pa-nini, poi passando per Dresda e Vienna e per laPietroburgo di Caterina a Varsavia dove si sta-bilira definitivamente sotto la protezione del gras-soccio Stanislao, presso it quale muore nel 1780.Di suo, ci sono qui esposte alcune vedute di Ro-ma, Torino, Dresda e alcune chiesette e panora-mi della sua Venezia.

Ben diversamente, Antonio Canal, detto it Ca-naletto per distinguerlo daill'altro Canal, amO diinfinito naturale amore la sua citta, alla quale simantenne fedele tutta la vita. Egli ritrasse i va-ri aspetti delle piazze e dei canali con la stessaatmosfera argentea, luminosa, bianca che pone ta-torn° alla casetta rustica. Per merito suo, per laprima volta, ci e rivelata quella che si potrebbechiamare la « campagna veneziana D. Come sem-pre, la larga fama che circonda i pittori veneti,lo fara chiamare a Londra, dove, in una Luce chei paesaggisti inglesi non hanno conosciuto che

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assai pie. tp.rdi, egli ritrarra it parco e la villadi Badminton e it ponte di Westminster in ungiorno di festa.

Allorche compiva it mezzo secolo si ma() a Lon-dra anche it toscano Zuccarelli, che in Veneziapresiedeva l'accademia di pittura. Egli pure avevacolto nelle campagne intorno a Venezia veduteche rivaleggiavano per bellezza con quelle delCanaletto. I suoi « pescatori dilettanti » non so-no per() veneziani. Il suo allivo Zais (1784) sidedica anch'egli a questa pittura di paesaggi,come Goya nelle tappezzerie di Madrid le dan-ze e i contadini che lavano panni nel flume.

La gente di citta, quella che passa le nottigiocando a carte nel Ridotto, che guarda scen-dere la notte mil mare da sotto i portici di Flo-rian e si disputa per sola vanita le cariche pub-bliche, fiorisce abbondantemente dalla magica ma-tita di Rosalba Carriera, che la Francia ruberaben presto alla natia Venezia, e che avra la vec-chiaia contristata dalla cecita e dalla pazzia.

I lavori di Rosalba Carriera sono l'onesta ripro-duzione, scevra di ogni civetteria, manierismo eadulazione, delle rosee faccie imbellettate sot-to fla parrucca bianca di cipria, dei volti di que-sti uomini che hanno smarrito l'impronta ener-gica e vigorosa che ebbero gli avi dediti alla gran-de vita politica e marinara.

Uno schizzo dell'artista cosi infelice dimo-stra che se lo avesse osato ella avrebbe potutocimentarsi con successo anche nella grande pit-tura. Alessandro e Pietro Longhi ci danno glistessi tipi, ma ritratti ad olio ; anche FrancescoGuardi (1793) se ne interessa ; ma e capace di

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ben altro. Egli, come l'altro Guardi, Giannan-tonio, sa rendere magistralmente la citta pon-te dei Sospiri e le molte caratteristiche figureumane che i suoi occhi insaziati sanno scoprirefra la masse apparantemente uniforme. Egli saanche riprodurre it fantastico scintillio del hal-lo dato ai « Conti del Nord D, it futuro Zar Pao-lo e sua moglie, nella sala immensa, affollata dielegantissime persone in delicate toelette nottur-ne ; San Giorgio Maggiore, che si eleva fiero inmezzo ai -poveri canali, it palazzo ducale, it pa-lazzo Pesaro, it grande palazzo Cornaro e ancheun angolo di via dove Arlecchino e Colombinabaruffano.

Ma, quando dietro ordinazione deve eseguireun quadro di soggetto religioso, egli dimostrachiaramente di non avere disposizione per questogenere di pittura.

La vita sociale della citta, che in quel tempo at-traversava un periodo di splendore e di agiatezzesuperiore a quello di qualsiasi altra epoca, ispiraPietro Longhi (1702 - 1786).

Che cosa non ritraggono le sue tele, che rap-presentano scene tolte dalla vita e riprodotte conbrio straordinario? Visite, baciamano, tentazio-ni, ammalate piu o meno immaginarie a collo-quio col loro dottore, civettuole alla toelette, mer-lettaie intente a4 loro lavoro, gente al caffe ecc.

Gli fa eco Gaspare Traversi, che, come lui, en:tra nelle sale dove si eseguiscono le prime rudi-mentali operazioni chirurgiche, nelle camerettedegli ospedali, nel salotto dove la timida esordien-te sotto lo sguardo incoraggiante della madre equello severo dell'esaminatore, prova la voce tan-

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to lodata, l'artista che esegue allo specchio it pro-prio autoritratto, it concerto, it gioco delle carte.

L'ardita immaginazione che sa far armoniz-zase tra loro scene che facilnaente generano con-fusione permette a Giandomenico Tiepolo che,nell'affresco del suo capriccio risuscitato da inn -go oblio giuochino pulcinella, saltimbanchi e pa-gliacci per la semplice arte destinata all'ammi-razione dei contadini, mentre quando lavora co-me artista serio dipinge grandi quadri di sog-getto religioso. In questo campo pero e superatodal fratello Giambattista; che e forse it pia gran-de pittore del secolo. I1 quale, se usa della suagrande energia per vincere le piA gravi difficoltache la tecnica gli puo opporre al fine di copriredi affreschi le grandi superfici, sa anche perFingegno poderoso dipingere magistralmente legrandi tele religiose. E' difficile che una pitturacolpisca di piu del suo trittico « La Passione delSalvatore D, dove sono particolarmente ammirevo-li Cristo oppresso dal peso della croce e i trecorpi piegati nel suplizio sullo sfondo nero e te-tro ; Gesta mite e sottomesso e i ladroni contortinella sofferenza. Ma cio che, ispirandosi al mag-giore di tutti i pittori, Michelangelo, lo ha pia in-teressato e la decorazione dei soffitti. Per vederele sue opere migliori bisognerebbe andare nelleville veneziane o vicine a Venezia che conserva-no i suoi affreschi, e particolarmente a palazzodella Confraternity del Carmine, dove si puo di-re egli abbia superato se stesso nelle pin soaviMadonne, che non sono la bruna popolana daigrandi ,occhi di velluto nero di Giovanni Bellini,ne la grassa bionda mercantessa della mica d'oro

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dell Veronese, ne it severo bruno profilo del Tinto-retto e la figura soffusa di misteriosa luce interioredel Tiziano, ma l'ultima e pin raffinata eifiore-scenza del nobile sangue veneziano che muore pertroppa raffinatezza.

Pur via.ggiando lungamente all'estero, fu aWurzburg, a Madrid, dove nel 177o gli mori iifiglio Giandomenico egli ha dato alla sua cittAquanto di meglio abbia saputo produrre it suo al-tissimo ingegno, e solo per lui ha ripreso i gran-di soggetti classici e dalla vita contemporanea haritratto la modesta esistenza di ogni giorno ; cosinel « ciarlatano D nel « minuetto », egli infondetanta di questa vita a volgare D dalla quale pereegli ha tolto l'essenza per le sue mirabili idealicreazioni.

Nei giornali e nelle corrispondenze satiriche edumoristiche dell'epoca di Goldoni e di Gozzi si ri-vela it gusto che per la caricatura avevano anche ipittori del tempo.

Il romano Ghezzi per i suoi soggetti di tutti i ti-pi caratteristici che ha intorno, sieno essi grandipersonaggi o umili popolani. Piattoli ci presentaq la mosca ubriaca ». Il bolognese Crespi che di-pinge anche he pulci, e quanto mai umoristico evivace. La sua « Madonna contadina » e molto im-pressionante. Bonito ritrae, con leggera sfumaturacaricaturale, prelati e nobili a tavola, maschere esuonatori di chitarra.

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SECONDA PARTE

VENEZIA TRENT'ANNI FA

Da lla riva degli Schiavoni prendi una delle stra-de, sempre ombrose che sboccano in essa ; questestrade sono fiancheggiate da ambo le parti da ca-se alte, ermeticamente chiuse, abitate per lo piuda person che ritornano a11a sera. La stradet-ta da in una piazza di una ventina di metri dilarghezza con una bella fontana antica e nel mezzoun pozzo di pietra scolpita, sopra cui sta un co-perchio di bronzo. Da questo pozzo l'acqua scorreal semplice muovere di un manico di ferro, che tut-to it giorno sta in mano ai monelli dagli occhi ne-ri, o alle ragazze scarmigliate, che, second° l'usoantico, portano con grazia civettuola sulla testao sulle anche le brocche di rame lucente.

Questa piazzetta e un campiello, nel quale se oc-corre si mettono ad asciugare le camicie del quar-tiere e dove per tutto it giorno i bimbi giocauo elitigano. I muri verdastri delle case d'intorno ri-suonano del tichettio degli zoccoli di legno, di gri-da acute, di risate limpide e di litigi tali che fa-rebbero rabbrividire i ciernoni dell'inferno, Que-sto per durante it giorno. Ho dimenticato di direit nome della piazza, eccolo : Campiello del Vin.Al cader della sera, le umide osterie poste nei sot-

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terranei delle case si empiono di marinai, di fac-chini affamati, di gondolieri senza lavoro e di va-gabondi che non ramrnentano forse da quanto tem-po non hanno piu posseduto un soldo, o mangia-to un pezzo di came. Le tavole sono sporche, sen-zadi

colore, le lucerne fumano. Lo sgradevole odorevino acido, di sudore, di pesce fritto nell'olio

si spande fino in piazza. Tutti quelli che entranosono amici, quello che possiede come quello chenon ha nulla. La vita italiana non divide le classisociali all'uso cinese.

E' frequente it caso che qualcuno canti, in unaterra dove le belle voci si trovano anche tra i fac-chini, e sempre c'e qualcuno che suona. Suona-no l'istrumento nazionale, l'armonica, o l'oca-rina dal suono rauco. E dopo mezzanotte che bat-glie omeriche si danno ! a volte con lusso di col-tellate, in una terra dove it sangue e ardente la vi-ta senza valore, la cosa principale e : it piaceree it chiasso.

Se batti ad uno ,degli usci the danno verso lapiazza, col pesante battente di bronzo usato damolte generazioni, la signora Bruna spuntera sen-za dubbio a una delle finestre che lassit molto in al-to abbelliscono it vecchio muro della casa e dire.it regolamentare : Chi Un'ombra di donna cur-va con la faccia rugosa, i capelli bianchi fermatisulla sommita del capo e gli occhi vividi e straor-.dinariamente furbi. La porta si apre dall'alto eun colpo secco annunzia a quello che aspetta giftche l'operazione e compiuta. Entri : una scala lun-ghissima, buia e angusta, nel buio si distingue pal-lidamente una fontana e molte altre cose it cui usenon ho mai potuto comprendere. Sopra, le stanze

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sono raggruppate come celle attorno alla sala cen-trale, che non ha finestre sulla strada ed e semprebuia. Ma e qui, come negli atrii delle antiche caseche si adunano tutti i pensionati della casa. Nonesistono distinzioni di rango ; la padrona preparait caffe, una locataria cuce, un marinaio momen-taneamente disoccupato gusta it piacere di assi-stere alla scena appoggiandosi all'uscio.

A volte qualcuno suona it piano, si danza, sidorme anche e molto, perche ,siamo in giugno e lestanze con le persiane chiuse inducono alla pigri-zia e al riposo.

Le .strade sono per lo pin deserte ; solamente iportalettere neri e risecchiti muovono senza frettai piedi, con le mani abbandonate lungo la persona,la testa cascante dal caldo e dal sonno.

Qualcuno ha suonato alla porta : recano it gior-nale, it mio giornale e con esso it quotidiano pia-cere che procura a chi e lontano dalla patria itracconto malamente stilizzato defile miserie nazio-nali. La padrona cala dalla finestra it cestino perla corrispondenza, che poi si solleva portando itmolto atteso pezzo di carta.

Si fa sera. La domestica rapidamente preparala cena all'italiana. Poi i pensionati escono nellestrade dove la gente si affolla e pare che solo oraincominci la giornata.

Nell'aria c'e un relativo silenzio. Si accendonoi primi fanali al muro. Ora le persiane sono aper-te dovunque e cosi e dato assistere alla vita di que-sta gente. Le famigliole sono riunite intorno allatavola, sulla quale fumano i maccheroni lunghiun metro per la cena frugale. Poi e la notte fon-

Bisogna ritenere che vi siano le stelle e la lu-

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da.

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na piena, perche l'aere e molto luminoso, ma peraccertarsene conviene scendere in piazza perch& quiit cielo e nascosto allo sguardo dalle alte paretidella casa vicina cosi vicina!

Una musica di una monotomia asfisiante ifanti della caserma S. Zaccaria imparano la pri-ma parte di una marcia solamente la primaparte. La marcia ha un ritmo frettoloso ansan-te, che finisce col divenire una cosa insoffribilese e sentita per una estate intiera. I grandi bloc-chi di pietra dei palazzi contribuiscono a fare sen-tire le trombe piu acutamente.

In caserma suona it silenzio e allora si odeaffievolita dalla distanza it pezzo d'opera che lebanda suona in piazza S. Marco dove ora si ra-duna certamente tutta Venezia. Poi a questo qua-dro armonioso si mescolano le grida, le risa, i li-tigi delle donne furiose e i miagolii dei gatti af-famati che con la schiena prudentemente inarcataescono dalle grate polverose delle cantine.

Poi verso la mezzanotte le serenate.La padrona di casa sarebbe del parere di inaf-

flare i musicanti con l'acqua.* * *

La flotta inglese viene a Venezia. A Palermo'fu ricevuta con festa speciale e qui preparanoun ricevimento grandioso : serenate in gondola,illuminazione della Piazza, banchetti in Prefet-tura.

Un'ammirevole mattino di giugno ; tutta l'at-mosfera e luminosa. La laguna e azzurra comeun lago montano. Sulk rive, e per le strade lagente pronta aspetta : ragazze con, it loro caratte-

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ristico scialle nero messo a triangolo sulle spalle,molti ufficiali, tutti gli inglesi della citta e i fac-chini che sperano dagli ospiti grosse mancie.

Un colpo da Malamocco, un'altro, un terzo ; poiuna nuvola bianca si alza sopra i giardini pubbli-ci. Una nave avanza, una corazzata enorme, che re-ca accanto ,alla bandiera nazionale l'insegna del-l'ammiraglio. La prua sottile taglia con maestosasicurezza l'acqua senz'onda della aaguna ; gli ottoniscintillano al sole. Ad una certa distanza segue laseconda corazzata poi, la terza.

Le navi italiane innalzano it gran pavese e han-no gli equipaggi schierati sul ponte per it saluto.

Dalla nave ammiraglia si distacca una barca chesubito presa di mira dalle gondole dei curiosi.

La gente aspetta sulla banchina e non cessa disventolare i ventagli. Con altre barche alcuni uf-ficiali vestiti in borghese scendono a terra. Un ma-rinaio in divisa porta a terra la corrispondenza. AIloro sbarco si forma un grande affollamento, unmovimento, un rumore di voci...

Da questa folla che si schiaccia riesce alfinea staccarsi ii corriere : e un ragazzo biondo e rosso,dai piedi assai lunghi, che va sveltamente con illargo berretto inclinato su un orecchio e it suozaino di pelle sulle spalle. Lo seguono facchini,soldati, ragazze con scialli lunghi, bambini che sall-tano su un piede. Negli occhi dei curiosi che se-guono l'inglese vedi ii desiderio di toccare lo stra-niero per conoscerlo meglio.

* * *

La sera e nuvolosa. Sul grande sfondo nero co-me l'inchiostro della laguna le navi luminose si

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distaccano. La nave ammiraglia mette in rilievonella notte buia l'intero scheletro scintillante. Unanave italiana e adorna di una fila di grossi fanaliche riproducono i colori nazionali. Di quando inquando i fuochi di bengala fanno risaltare nell'o-scurita it campanile di San Giorgio, la cupola diS. Maria della Salute.

La piazza e splendidamente illuminata ; it cam-panile di S. Marco, la facciata della basilica ri-saltano nei piu piccoli particolari.

Le finestre delle Procuratie scintillano come sefossero illuminate per un ballo splendido. La mu-sica militare suona. Tra la molta gente girano an-che alcuni gag4iardi marinai inglesi.

Si aspetta la serenata e nel frattempo si vende itprogramma della musica.

Si fermano infine alcune barche che recano unaspecie di lunghi pali. Ad ogni movimento nel buiodell'acqua, la gente si accalca impaziente. E' que-sta... No ancora una barca con pali : nella.L'acqua e nera come l'inferno. Le luci si spengo-no a bordo ; solamente attorno alla nave ammira-glia e rimasta ancora una striscia di Luce, che sispegne anch'essa piano, piano. I marinai inglesise ne sono andati. Le guardie non sanno nulla« dovrebbe cominciare subito D.

Sono le undici e dal mare soffia una brezza fred-da che taglia i4 viso. La gente attende con it pro-gramma in mano. Non ci fu nessuna serenata quel-la sera, ma questo popolo si distrae anche aspettan-do. La piazza era molto illuminata e la musica mi-litare suonava bene.

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* * *

A Venezia piove molto. Ci sono mattinate fred-de e umide in cui cade una pioggerella che parenon debba finir mai. La nebbia avvolge it mare ele nuvole cenerognole che si rincorrono su nelcielo e danno alla Laguna un aspetto triste esporco. L'aria e piena di cattivi odori, che l'u-midita ferma invece di disperdere. Senza it granmago, it sole, tutto sembra ammuffito, piatto,sporco.

* * *

Il giardino pubblico e pieno di gente. Marinaidelle navi straniere, donne in bianco dalla bellez-za delicata e fine, turisti appoggiati alla balaustradi pietra guardano quel mare che, pur essendosempre quello, pare eternamente diverso. Sottouno degli alberi presso l'ingresso, un vecchio coni capelli bianchi parla ad un gruppo di lavoratoridisoccupati e, presso la vasca, alcuni bambini sca-pigliati e sporchi interrompono talvolta lorocorse matte per guardare con i grandi occhi attentii pesciolini rossi, che muovono nell'acqua le codesottili ed eleganti. Dal Lido, una nuvola greveavanza lentamente. Si sentono dei tuoni che sem-bra vengano da molto fungi, dalle lontane profon-dita. dell'orizzonte ; e it vento annunciatore dell'u-ragano prende a soffiare freddo, ghiacciato, solle-vando in vortici le foglie secche dei viali. Siamoappena alla porta d'uscita in un'affollamento disor-dinato quando le prime goccie larghe anneriscono,punteggiano la sabbia dei viali. Poi e un rove-sciarsi, un precipitare pazzo di acqua. In un at-tiino 11 portico di una chiesa vicina e pieno di gen-

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te, che, non esistendo carrozze, e necessario si ri.pari 11. Nessuno ha i'ombrello, ma e bene perchequesto non servirebbe che a disturbare i vicini.L'acqua entra da tutte le parti, sferzata dal ventorabbioso. In pochi minuti i nostri abiti sono comequelli degli annegati. E la pioggia cade senzafine. A due passi di distanza non si scorge pianulla, se non it movimento dell'acqua che si rove-scia sopra le strade cambiate in torrenti.

Uno piu impaziente Ilascia it ricovero, che ci ri-para cost poco, e fugge pazzamente verso casa. Losegue un altro ed un altro ancora. I ponti sonopassati in due salti, i piedi bagnati divorano ladistanza. Infine, mentre torna it sereno, deside-rato con tanta passione, abbandoniamo it tetto pro-tettore, e attraverso le strade, ora del tutto deser-te, i passi risuonano con un rumore che gli altimassi di pietra rendono anche piu sonoro.

* * *

Quando comincia a far sera, si e certi di sen-tire « Povera figlia ». L'individuo con questo no-me e una specie di vecchio mendicante, con lafaccia annerita dal sole e i capelli tagliati cortisul capo rotondo come una paella. Le sue braccialunghissime passano le ginocchia e gli danno l'a-spetto di un scimmione. Porta gli zoccoli e unvestito che da nero e arrivato ad essere verdee ora tende al giallo. Si ferma in mezzo alla stra-detta angusta, spiando le finestre col suo occhionero, molto mobile. Poi si leva gentile verso iquattro punti cardinali ii cappello scolorito,. esenza forma, infine canta, ballando nello stessotempo una danza grossolana e sconveniente. Dei

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versi che storpia con la sua rauca voce di ubria-cone si comprende solamente di quando in quan-do questo ritornello di canzonetta sentimentalea povera figlia, povera figlia D. Un soldo cade dauna finestra e it vecchio fa finta di non trovarlo,con mosse n-tolto buffe, fatte con Qo scopo di au-mentare la raccolta.

La gente ride e getta altri soldi. Il mendican-te e allegro e sua faccia straordinariamente mobi-le si fa sempre pin espressiva, le mosse raggiun-gono la massima comicita : it vecchio ha la stof-fa del vero commediante. Soldi non ne cadono pin,ma a povera figlia D aspetta un poco poi ricomin-tia dal principio ii suo unico canto. Una servagli getta dell'acqua ; i1 vestito giallo bagnato riac-quista per poco it colore primitivo dei tempi lon-tani. Il cantastorie si scosta con una smorfia nuo-va verso it muro opposto, dove un altro gettodi acqua lo colpisce al capo. E' un'allegria pazzaa tutte le finestre aperte. a Povera figlia n vorreb-be fuggire, ma un operaio giovane, che due be-gli occhi dietro le persiane incoraggiano, gli ta-glia la strada. II mendico non ride pin e la suafuga umile, tra le spinte dell'uomo e i getti d'ac-qua delle ragazze, rappresenta la pin profondaumiliazione che possa essere inflitta ad un 110MQ.L'infelice che s'era coperto it capo per difen-dere it suo misero resto di cappelli, era biancocome la neve e ispirava pieta malgrado fosse undegenerate.

* * *

Altri cantanti indicibilmente kraziosi questi.Due bambini maschio e femmina dagli otto ai

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dieci anni. Entrambi sono molto belli, con occhiprofondi e lunghe ciglia nere, che hanno un in-finita poesia. Lui e vestito come un elegante deltempo dell'Impero : redingote- nera stretta al cor-po, pantaloni di velluto fino ai ginocchi, scarpecon fiocco e un cilindro con le falde svasate po-sato sui capelli lunghi. Lei ha it costume di unagreca : un giubbettino verde senza maniche, unasottanina di velo, pantofole gialle appuntite e unfez messo di sbieco col fiocco lungo di seta che lebatte sulla spalla. Ella canta una serenata ed eglisuona con energia e propriety una chitarra. Nelmodo di muovere le dita, nella posa del cilindro,nell'accento del canto- quando viene la sua voltad; farsi sentire c'e tanta furberia e monelleria darenderlo ammirabile.

Che diluvio di soldini si rovescia sul selciatodella stradetta! I piccoli cantori ringraziano eprendendosi a braccietto,, seri amebedue, se nevanno, seguiti dagli sguardi commossi di tutti i

presenti.

* * *

Una domenica al Lido;Il vaporetto e pieno. Moltissimi bimbi e fore-

stieri venuti da altre citta-italiane per fare i ba-gni. E' una delle belle giornate di Venezia : l'a-ria e limpida e fresca, it mare e it cielo di un az-zurro intenso. A destra « San 'Lazzaro degli Ar-meni D, dove i frati mekitaristi hanno tipografia,scuola e monastero ; altre isole pin lontane, co-me citta di bianco marmo vaganti sul liquido ele-mento.

Lo sbarcadero e vicino a tin -grtippo di fabbrica-

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ti : it casino, la stazione del tram, alcune ville.I bambini stanno in ammirazione , dayariti ai

due cavalli stanchi che riposano aspettando chela carrozza del tram si riempia di gente : due ca-valli, due cavalli vivi ! Un animale che non si ve-de se non la domenica o nei giorni di passeggiatedi tra ile sbarre delle porte nella vicina isola deigiardini, dove stanno le truppe a cavallo. Si, ca.-,valli e altri animali straordinari i cani (il venezia-no non conosce bene che it gatto, l'animale che amagli angoli bui e umidi, che salta attraverso i ca-nali e vaga tra it dedalo dei tetti dei palazzi).

Mentre, al suono argentino del campanello, ittramvai si muove, mi inoltro in una viuzza chedivide gli orti campagnoli dalla verdura ben cura-ta e abbondante. Passo tra una siepe ininterrottadi fiori con aspetto strano dove le farfalle dai va-ghi colori si confondono quasi coi fiori stessi. E'mezzogiorno passato e sotto it caldo tutta questaterra verde pare completamente deserta.

La viuzza porta al mare ; essa si fa sempre piasabbiosa, fino a che i fiori scompaiono e la vegeta-zione si fa pill rara, seccata dalla polvere. Dall'al-to d'una collinetta sabbiosa si vede it mare. Nonl'acqua quieta della Laguna, ma it mare, it marelibero, capriccioso e grandioso. Si e alzato un ven-to abbastanza violent° e it panorama e senza eguali.

Lontano, dove pare che it cielo e mare si toc-chino, una piccola flotta di paranze da pesca sene va, come uno stuolo di grandi uccelli bianchiche navighino al di sopra dell'acqua senza muoverele ali appuntite.

Le onde di cupo azzurro corrono pazzamente ver-so la riva che ricoprono avidamente con gran fra-

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gore. E, quando esse si ritirano vertiginosamenteisi vedono piccoli granchi simili a straordinari ra-gni inseguirle e lottare fra Moro. Molti rimangonofra la sabbia umida e affondano in essa in uno conle conchiglie bianche e viola che scricchiolano rom-fendosi sotto i piedi.

E' sempre lo stesso mare e sono le stesse ondeche senza posa si riversano sulla riva incrostata diconchiglie multicolori, ma it tempo passa senzache to ne accorga.

Il sole e lontano e sta declinando all'orizzonte,quando finalmente pensi a ritornare in citta, el'Adriatico pare cosparso di oro fuso che ti acceca.Vista dal vapore, quando si ritorna, Venezia pa-re un'altra. Ci vengono incontro i marmi del giar-dino reale, la piazza, it Palazzo Duca le, rosatocome un cielo mattutino avanti it sorger del sole,mentre sulla citta e sulle acque vaga una celestialee solenne pace.

* * *

Per andare a Murano lisogna partire da un an-golo solitatio della banchina. Qui si affollanoturisti di tutte le razze : brutte russe dagli occhia-Qi borghesi di Francia dall'aria soddi-sfatta, tedeschi acetodici e inglesi, creatori del tu-rismo. Ma per dire it vero questa non 6 neppurel'epoca della grande abbondanza dei forestieri, iquali, generalmente, cominciano a giunger quia; primi di marzo, quando cioe it sole ridente ap-pena riesce a vincere le ultime nebbie dell'inverno,che se ne va dopo aver spadroneggiato per tantimesi e aver coperto le fontane di grossi ghiaccioli.

I miei attuali cofnpagni di viaggid, sul grande

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azzurri,

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vapore non di lusso che mi conduce a Murano, so-no iavoratori in camiciotto azzurro, erbivendole egiovani dalle faccie prosperose e dalle abbondan-ti capigliature tizianesche, che ridono, ridono, erichiamano al pensiero non la primavera sorriden-te, ma l'estate caldo ed esuberante di vita. Sem-bra vadano a nozze e invece quasi certamente han-no lasciato ora la fabbrica nera nella quale per die-ci ore hanno faticato assai nell'aria pesante satu-ra dell'urnidita di un canale verdastro, triste e so-litario.

E' it crepuscolo, ed e questa l'ora in cui la lagu-na si anima. Le ampie distese sparse di pali cheindicano la via non sembrano neppure mare, malaghi azzurri dal fondo infinito. Sono vortici ne-ri, sono pantani verdi, sono strisce d'argento o diacciaio sui quali le nebbie violacee si stendono ea poco a poco tutto invadono come fanno le nubileggere nell'immensita dei cieli. Al di sopra, laserena dolcezza del cielo che it tramonto tinge dirosso. Ed ecco Murano. Quanto e piccola quest'iso-la, questo lembo di terra abitato ! Anche qui, co-me a Venezia, canali pieni di rifiuti d'ogni spe-cie passano sotto i muri nuovi delle fabbriche cherisuonano per l'ansare dei vapori, si insinuanofino davanti alla piazza dominata dalla superbavecchia torre, e un po' pin lungi dagli alti muricosparsi di finestre grandi e piccole delle case. Daqueste finestre si rivelano i poveri menages del-l'interno per le misere biancherie appese ad asciu-gare e i vasi da fiori fatti con oggetti smessi dienema, da qualche vecchia dalla pelle aggrinzitacome antica pergamena e sporca come una talpa,dai capelli arruffati sopra gli occhi ridenti dei barn-

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bini. In un angolo deserto con ampi spazi vuotigiardini selvatici e una vecchia chiesa nella qua-le da tempo non si dice pia la messa. Qui esistevaii monastero di San Matteo di Murano nel qualevisse Marioara da Pera, sorella di Caterina, Signo-ra della Valacchia nel XVI secolo. Qui le sonogiunte le lettere greche della sorella, e del nipo-te, it principe Mihnea- Voda, e fra queste umiderovine c'e it suo sepolcro.

Si Imo dire che non ha ben conosciuto Veneziachi non si sia smarrito nella rete delle sue vie,qualche volta.

Segui it margin di marmo del canale e all'im-provviso la banchina cessa per lasciare it posto alpalazzo che solitario bagna le sue fondamenta nel-le acque verdi e torbide ; segui una strada ben pa-vimentata, ben finita, rumorosa, invasa dall'odo-re dei pesci fritti, delle verdure, della polentaappena fatta e dei formaggi gialli e Bianchi ed ec-co che all'improvviso tie impedito di andare ol-tre da un muro la in fondo oltre al quale due otre cipressi dall'aria triste si elevano nobilmente.Prendi a caso un po' pia a destra o un po' pia asinistra, per la confusione dei sentieri e delle stra-dette pietrose, e ti ritrovi poi in un luogo che cre-di sconosciuto e che forse e quello che conoscimeglio, ma veduto da un'altra parte. Ti dirigi ver-so un campanile che appare assai prossimo, ed ec-co che ti sparisce davanti agli occhi proprio quandocrecli di averlo raggiunto. I1 disperso, a volte, sen-te un certo timore, specie la notte, che i fanali so-no piuttosto rari. Dalle case non viene alcuna lu-

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* * *

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

ce, perch& la sera chiama tutti gli abitanti nellepiazze, i negozi sono riuniti in alcune delle arte-rie piu iinportanti e le guardie ed i carabinieri,che portano ancora l'uniforme napoleonica, stannosolo agli angoli ed ai crocicchi. Passa gente furti-va che cerca nascondersi e guarda sottecchi ; al-tra gente povera e infelice sembra che stia all'ag-guato agli usci delle cantine, in riva alle acquemorte, presso i ponti che possono nascondere l'uc-ciso e l'uccisore.

Ma questa non e che una errata impressione sug-gerita dalla paura. Ogni tanto si ruba, e vero, laborsa a qualche signora sola che ha ritardato a rin-casare, ma e anche vero che questa gente e buona,straordinariarnente buona, che sa anche non distur-bare eccessivamente con la sua curiosita, ti ri-sponde subito e con molto garbo e con piacere ticonsiglia su la strada da seguire. Ma, se a voltenon osi domandare, it sistema migliore e di anda-re dietro alla corrente ; dalla stradetta e dal cam-piello passerai nella strada o nella piazzetta edopo per qualche altra via a destra o a sinistragiungerai in quella parte che pare una grande sa-ga, lurninosa, allegra e pulita, in quella piazza diS. Marco nella quale una volta Venezia fu coro-nata splendida regina, ed ora all'ombra del suovecchio glorioso campanile, guarda it mare de-serto di navi e di ricchezza.

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VENEZIA NEL NOVECENTODIECI

Piano, piano, con uno scivolio molle, svoltandodietro gli angoli di marmo, urtando leggermentele barche abbandonate, spiando da lungi altre lucivaganti che rivelano it rematore invisibile, con uncigolio che, in tanto silenzio, pare riempia tuttal'immensita posta tra la terra e it cielo, la gon-dola ci porta a mezzanotte verso it vecchio albergodel « Cappello Nero o.

Anche venti anni fa, avanzavo cosi verso PiazzaSan Marco ; e allora presso la prua curva dellabarca nera, vicino alla linea bianca scannellata sta-va un sogno, un'illusione.

Come meschine e tristi appaiono le pin splen-dide realta paragonate ad essa!

Tredici anni fa perche tanti jie sono passatidall'ultima volta che fui a Venezia, la vita erain me con tutta la sua ebbrezza conquistatrice, egli occhi non bramavano che di guardare e cono-scere. Ora l'anima si acquieta e chiede sempre pinquiete. E qui la pace : che santa, grande e buo-na pace, rotta solamente dai sussurri che giungonoda dietro le persiane chiuse, date porticine guer-nite di chiodi, dal fondo delle scale nere, dai ca-n ali, dagli angoli delle strade che sembrano vivi-

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c'e

NICOLA IORGA

de strisce di luce tremolante ! E a questi mormo-rii pare se ne uniscano altri che da secoli i marmie le onde ripetono, come confessioni non mai sen-tite e dolori che non possono trovare conforto. None la citta dei morti : pun morire una citta simile?E' la citta dell'immenso silenzio, perfetto e mi-sterioso.

E a poppa c'e qualcuno che non vedo, ma sen-to le sue gigantesche aii nere che dal cielo finoalle acque, battendo ritmicamente, anno it silenzioche l'anima reclama per poter trarre da esso movepossibility di lotta.

* * *

Evidentemente questo e un albergo. Ha tariffeinserite nel Baedecker, lampade per le scale, ca-merieri in fracs, ore di pranzo fisse e menu in duelingue.

Vi sono tappeti, fiori e statue come negli alber-ghi di altri luoghi ; ma alcuni dei mobili che sonqui non si possono trovare ovunque, e non tuttigli albergatori penserebbero, perche sono della cit-ta Volta, di inalzare al grande scienziato unastatua nel cortile del loro albergo, e non in ognicortile di albergo degli uccellini canterebbero dauna gabbia the e grande come uno spiazzo di ho-sco, e non dovunque avresti ii sorriso e la parolabuona che sulle labbra della pin importante o del-l'ultima creatura del mondo 6 pur sempre una co-sa impagabile della quale non ci si pun sdebitareche con un altro sorriso e un'altra parola amiche-vole.

E queste camere, solamente a Venezia posso-no essere camere d'albergo, con i letti di legno vec-

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di

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

chio e solido, enormi, alti e pesanti, con gli scurfche allontanano la luce completamente e ti dannol'illusione, se e notte, che sei to che l'hai volutae l'hai creata ; persiane per sonni lunghi tra genteche non esce, se pith, fin dopo it tramonto del sole.Calorifero e luce elettrica, che siete voi mai, grandioppur meschine innovazioni, dei nostri tempi, pa-ragonate a tutto cio che puo rivelare, se sai inter-rogarla, una stanzetta come questa, nella quale nonsono stati sempre alloggiati inglesi, tedeschi o un-gheresi sentimentali, ma certo altre genti in lonta-ni tempi !

Meglio di chiunque, forse, saprebbe dirtelo laprima persona che incontrerai.

Sembra che dalle fondamenta si scrollino tutti etre gli ordini di pietra, in uno sforzo doloroso, equei dodici colpi di campana pare che vengano dalnostro intimo essere tanto ci colpisce la loro pro-fonda vibrazione. San Marco ha patlato : la Torredell'Orologio, con it suo quadrante azzurro, conle sfere dorate, con i giganteschi Mori, con i Redell'Oriente che, nascondono gli ampi paludamen-ti, corone e scettri, e vicino a noi, unito a noi pietracon pietra, tetto con tetto. E ti senti, non so come,fiero di questo confondersi della materia con unacost grande e vecchia gloria !

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COSE NUOVEIN LUOGO DI QUELLE VECCHIE

Qui nulla e mutato, all'infuori degli amici chenon trovo piu, Predelli, fulminato al suo tavolodi lavoro, Urbani de Gheltof, matto. 11 Campa-nile gigantesco, che roving, si e inalzato nuova-mente dove era e come era D secondo fierodetto del sindaco. Con infinita cura si raccolse tut-to il materiale caduto, delle sculture del Sansovi-no, tutto quello che si e potuto riadattare e al suoposto, e i frammenti che hanno sofferto di piu sonoconservati in Palazzo Duca le, nel luogo dove la me-ravigliosa mano del grande maestro Ii La lavorati.Per una grande opera di solidarieta nazionalealla quale non e mancata l'adesione ne di S. M. ilRe, ne del Papa, che fu Patriarca di Veneziadopo essere stato povero prete di un paese al dila della laguna il campanile fu rifatto, autenticoper stile e autentico per il prezioso materiale.Oggi sopra it tetto verde e azzurro l'angelo d'orogira leggero nel turbine del vento che viene dalmare, e la sua benedizione pare riconosca it meritodi quegli uomini che sentono quanta potenza vienedalla ininterrotta comunione col passato.

E non e mutato che l'uso patriarcale di incon-

319

t

-

NICOLA IORGA

trarsi presso it fontane, ricche di aritiche scultu-re che fornivano occasione al manifestarsi di tutteit debolezze umane, della bonta e cattiveria, del-l'amicizia e inimicizia ; Venezia, oggi, riceve, oltrela luce elettrica, anche l'acqua dal continente.

Ma in contrapposto altre cose sono risorte. Leriparazioni che i deterioramenti prodotti dal tem-po resero necessarie ad una grande tela del Rina-scimento che copriva una intera parete del Palaz-zo Ducale hanno riportato alla luce uno fra gli af-freschi del secolo XIV che copriva i muri quan-do li ritrasse Bellini nelle sue pitture, cioe com'e-:rano prima che Sansovino creasse le grandi mera-viglie pompose che sono splendide feste della for-ma. E, in quel miscuglio di corpi dal contorno a-spro e ingenuo, nel cupo dei colon scuri, c'e unasincerita, una devozione non per l'arte, ma perqualche cosa che e al di sopra dell'arte semplice« ancella » anch'essa, serva a quell'ideale checommuove pin di tutta Qa sinfonia trionfale delleforme fiorite.

Ma specialmente e Venezia che e rinata. Si con-stata dovunque. La Laguna vive non solamente conIt gondole dei « forestieri », che, nell'attitudine ri-spettosa e maldestra dei candidati all'esame, sfi-lano per i canali.

E' rinata economicamente e politicamente.

* * *

E' giunto l'yacht bianco dell'Imperatore tede-sco. L'aquila di Barbarossa e issata sulla armatu-ra, l'aquila egida del vecchio Cesare medioevale,che ottocento anni fa venne qui a rappacificarsi colPapa.

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

Passano i battelli militari che portano gli uffi-ciali in tenuta di gala a far visita alle autorita.

A sera armonie strane risuonano dalla tolda cir-condata di luci, mentre di fronte, presso le Zattere,si accendono i lumi dei cacciatorpediniere venuti asalutare l'incontro tra un imperatore di Germaniae un Re d'Italia, che ha in suo potere Roma.

I TEDESCHI A VENEZIA

E' una colonia tedesca questa? Certo che it nu-mero dei turisti tedeschi cresce sempre e oggi pas-sa ormai di molto quello degli inglesi. Ed e suf-ficiente it vederli e l'udirli per capire che si cre-dono un po' a casa loro, qui vicino al mare delll'Au-stria medievale.

Sui giornali si Legge spesso it rimprovero dei pa-trioti veneziani che si indignano quando sanno che

certi negozi si vendono oggetti a pro delle scuo-le tedesche della citta di San Marco.

* * *

Ho veduto uno dei pin grandi stabilimenti lito-grafici d'Italia. Non ci si puo immaginare una pinintelligente e piu sicura applicazione della scienzanei suoi portati. E' un immenso stabilimento in-nalzato sulle rovine di migliaia di case popolari.Ma per i lavori di precisione sono impiegati i te-deschi. I1 tedesco e esso stesso it conducente. Forseanche e it eapitalista....

NEL GHETTO

Sono stato in Ghetto, nel cuore dell'ebreumeveneto. Prima di passare iQ ponte con i pali, alle

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21 - N. IORGA

is

NICOLA IORGA

spalle del Palazzo Lobbia, appaiono le venditricidi frutta, che forniscono it pranzo e la cena ai po-veri : nasi a becco, chiome nere o rosse, scialli lun-ghi scoloriti.

Appena oltrepassata l'angusta porticina che unavolta alla sera si chiudeva, con le sbarre, sei vera-mente tra loro. E' un agglomeramento, un sudi-ciume, uno schiamazzo presso i canali pieni di ri-fiuti che puzzano da morire.

Di che cosa vivo questa gente che si affolla amigliaia in questi vecchi quartieri di pietra nera,pieni del sudiciume secolare? Con che si manten-gono le sinagoghe, e le scuole israelitiche? Misteroqui come dovunque.

Alcuni vendono quadri 2 lire, incisione, cor-nice e vetro ! cianfrusaglie, mobili vecchi e

usati. Ti pregano di comperare.Intorno, i bambini di tutto it vicinato ti urlano

negli orecchi, ti tirano per la manica, ti sporcanocon i loro dolciumi sgocciolanti :Bambini cosi sfacciati non ne ho mai visti. Maquando si e trattato di portarmi all'albergo, perla somma di 20 centesimi pagabili dal portiere,si e presentato it piu dannato di questi diavoli spor-chi e ha eseguito la commissione come un uomodella massima fiducia. Ecco di che cosa vivono...

DAI a PADRI ARMENI ,

Passiamo davanti alla facciata del « Manico-mio v : in un balcone due fanciulli fanno gestistrani che ripeteranno forse tutta la vita, e chenon sono forse pit insensati di molti nostri atteg-giamenti ; qui e la, dietro le finestre sbarrate, la

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abi-ti

Musiit,

D'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

luce elettrica si accende con una specie di dolorosotrasalire incerto, come i pensieri che tremano qui.Tin po'- pill lontano, sul lucido sempre pii vastodella laguna, si giunge rapidamente allo sbarca-dero degli Armeni, che e deserto. Non sono anco-ra usciti in cortile i pochi allievi del Seminario,che le carovane raccolgono a casa e che, sfatti dallanostalgia ritornano quanto pin presto possono ailoro paesi montani e ai loro mercati minacciati daiCurdi. Un giardiniere ci conduce in parlatorio,una cameretta tappezzata di quadri antichi, alcu-ni abbastanza buoni ; nell'angolo un mandarino inun vaso ostenta i suoi frutti d'oro.

Ora e giunta is nostra guida, un prete giovane,simpatico, con gli occhi da orientale e la lungabarba nera. Ci conduce per scale e corridoi al Mu-seo costituito con i doni occasionali dei sovrani edegli uomini celebri, favorevoli alla causa armena.

La biblioteca e splendidamente installata ingrandi vecchi armadi che si elevano fino all'altosoffitto. Hanno riunito qui tutta la cultura dellaloro nazione i discepoli di Mechitar ! Ci sono an-che manoscritti che ci vengono mostrati dal. PadreBibliotecario, tomato dalla chiesa, dove si fa l'uf-ficio serale mentre gli allievi delle scuole si rin-corrono nella ultima luce del crepuscolo. Alcuni diquesti manoscritti hanno miniature splendide, nel-le quali, come nella storia della Piccola Armenia,cosi tardi apparsa sui monti del Tauro e sulla co-sta rocciosa del Mediterraneo, i costumi stravecchidell'Oriente persiano si fondono con le nuove in-fluenze che le crociate hanno portato dall'Occi-dente.

E' la cosa pin armena dell'isola. Perche 11 non

-- 323

NICOLA IORGA

e ne Vital* ne Oriente. E' anche it gesuitismosolenne, freddo e un poco vuoto dell'Unione ditutte le unioni delle Chiese orientali, in quelsecolo XVIII in cui Gregorio XVI ha fatto si thei suoi nuovi sudditi spirituali avessero ricovero inquesto prolungamento italiano della Laguna.

1910

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VENEZIA. NEL NOVECENTOVENTIDUE

Nell'aria assolutamente limpida, arnica, di uncalore temperato dall'umidita che ci avvolge, leprime campane suonano, e l'aere pieno di vaporeda loro una risonanza straordinaria. Pare che an-che it cielo sia una volta chiusa che risuoni da uncapo all'altro. Su di un muro sta scritto : Viva Le-nin, in faccia ce n'e un altro che protesta : VivaCasa Savoia. Vicino alla chiesa degli Scalzi, cheebbe it soffitto del Tiepolo rotto da una bomba au-striaca, qualche gondola che trasporta degli stra-nieri. Nella nostra parliamo di Lenin e di comuni-smo e it barcaiolo riconosce che anche nei circolicomunisti di qui, i dirigenti si comprano le casee gli altri guardano.

Circolano una infinita di voci confuse.Elegantissima una signora con un cappello di

paglia intrecciata e carica di pacchetti sale nellabarca per fare ill traghetto all'altra riva.

Il mare e pia basso del solito. Non si puO en-trare nei rii che con le barche piit leggere, senzacarichi. Tra un'ora

l'infinitaper() it flusso permettera di

circolare tra poesia di questa citta e laprosa dei rifiuti, che vanno alla deriva in lentocorteo nel quale, i petali di rosa hanno per corn-pagni limoni spremuti e rimasugli senza nome.

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NICOLA IORGA

Quest'insieme assomiglia ne la composizionealle materie eterogenee che entrano nella compa-gine di un giornale.

Un'atmosfera pestilenziale viene dal fondo deicanali quasi vuoti, dall'alga che ammuffisce sugliscalini piu bassi dei palazzi, per poco rimasti alloscoperto.

Le finestre si aprono qua. e la, piano piano, ebraccia bianche trattengono ai lati gli scurf verdisul riquadro di marmo scolpito : e un quadro vivoe ridente.

Sui gradini, le donne, con i loro capelli petti-n ati alti asciutti che paiono arsi, neri biondo-ros-siccio a larghe onde, spiccano sulla pietra neraquasi statue vive. E' una vision che sa di anti-co Bisanzio, attraverso la quale si scorge un an-gob° di Roma, con figure che sembrano profilarsisul fondo nerd dei vasi delle ceramiche antiche.

Aere civico e scritto sulle fondamenta di facciaal mio albergo," come se fosse un 'iscrizione super-ba dei vecchi Dogi che hanno fatto i ponti eterni.

* * *La citta si sveglia. Essa respira cantando. I

bambini fanno vibrare l' aria con le loro sottilitrombette di latta, i giovanotti parlano con la lo-ro voce appassionata come una preghiera. So la-mente be donne tacciono ; esse parlano unicamen-te con Fincomparabile ritmo dei loro movimenti.

* * *

Ma ecco anche la Venezia di Goldoni. Vecchicon i nasi grossi, con le ginocchia piegate, con gliabiti della domenica che arieggiano quelli di una

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

volta. Sembra che alle loro spalle ci sia una tendadecorata aila maniera del XVIII secolo.

* * *

Ci sono partiti e partiti D dice it gondolierequando si parla di politica, « e sono anche moltocombattivi ».

Sotto questo cielo meraviglioso come sotto quel-lo della vecchia Ellade, le passioni sono potenti.

Quelli che sotto le caricature scrivono col carbo-neit

« morte D a qualcuno che potrebbe essere ancheRe, e quelli che sotto it « Viva it nazionalismo »

aggiungono it nome di quello stesso sovrano o delprincipe ereditario, stanno faccia a faccia, pienidi odio, come nemici.

Cosi fu sempre in mezzo a questa felice natura.L'Evo Medio e pieno dei delitti di una politi-

ca appassionata. Solamente la dove una vita dif-ficile spinge gli uomini ad una collaborazione for.zata, come chi voglia salvare la barca dal naufra-gio o la terra coltivata dalle invasioni del mare,solamente la, la solidarieta umana, imposta dal co-mune bisogno, si mantiene. In luoghi come questo,in pieno possesso della sua personalita, con una vi-ta facile che non gli assorbe tutte le energie, no-mo e pronto ad all,. ontare l'altro uomo.

* * *L'ultima guarra che ha dato all'Italia l'Istria,

Trento e Trieste e non la sperata Dalmazia, nonha lasciato traccie monumentali in un popolo abi-tuato a segnare con esse ogni atto della vita nazio-nale.

In una parrocchia fu posta una lapide, arricchi-

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a

-

NICOLA IORGA

to da un bellissimo bassorilievo in bronzo rappre-sentante Venezia, a ricordo dei caduti della parroc-chia stessa, senza riferimento al nome di qualchegenerale od altri a cui leghi in modo speciale itricordo di qualche conquista che fu. sacrificio ditutti, non la vittoria di uno solo.

* * *Davanti alla basilica di S. Marco sventolano tre

grandi bandiere in segno di festa. Dentro perO nonc'e alcuna cerimonia imponente. Nei banchi ognu-no prega. Si celebrano messe agli altari laterali.La gente passeggia, parla, si prende sottobraccio.

L'unita delle cerimonie,cosi imponente nellachiesa ortodossa, manca, e qui, sotto i mosaici bi-zantini, su marmi, sul porfido calcato e rical-cato dal piede dei Dogi e dei Provveditori, la man-canza di una preghiera unica che accomuni tuttigli uomini sembra una cosa assai strana.

Sono veneziani perch& nati qui, ma lo spirito,l'anima di Venezia, manca.

* * *Uu angolo di Oriente attaccato alla costa italia-

na, specialmente quando l'Italia non si apparte-neva, questo e Venezia.

San Marco stesso viene da Alessandria.* * *

Queste case rovinate, con gli scuri rosi dal tem-po, dall'umidita e dall'arsura, mescolando i colorididi tante successive pitture, nascondono incante-voli abitazioni dove i quadri dei maestri venetistanno presso al mobile artistico, presso alle maio-liche antiche di Torcello, presso i resti interessan-ti di una grande coltura millenaria.

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

In casa dell'amabile console di Roma, avvoca-to Bombardella, trovi accanto a un bel quadrd delLonghi un ritratto rappresentante una Gritti, chefu sua parente dal lato materno. E anche it ritrat-to di Aloisio Gritti, figlio bastardo di un Doge,amico di Solimano it Magnifico, che fu candi-dato al trono ungherese e fu poi ucciso dai tede-schi in Transilvania a Mediasc, sotto gli occhi diun altra « persona imperiale n, Pietro Raresc diMoldovia, che gli fece sparire i figli, destinati, co-me credeva questi, diventare voevodi romeni.

Un'altra linea lo lega alla famiglia dogale Con-tarini. Ancora per parte della madre e legato allagente del 48, i ritratti di bronzo dei quali si tro-vano sui muri.

Malgrado le innovazioni portate dalla guerrae l'emancipazione delle donne, la famiglia vene-ziana mantiene la sua unita. Nella stessa casaabitano due fratelli sposati a due sorelle e la figliamaritata di uno di essi. E vivono in perfetta ar-monia.

* * *

II Lido e del tutto trasformato. II vecchio Iiiitsdi S. Nicola, al quale venivano i Dogi per riceve-re gli ospiti che arrivavano con le navi da lonta-ni luoghi, ha cambiato completamente aspetto.

Ora e una Ostenda italiana.Le case imitano lo stile veneziano o sono di ti-

po commerciale, come del resto a Venezia stessa.Presso it giardino pubblico, una casa in questofalso stifle e affiancata a un chiostro pitturato inun verde molto secessionista, comune in Italia, co-me nell'Hotel Ausonia, che ha delle strane maio-

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c

NI COLA lORGA

liche fortemente colorate e Belle deita simbolichetroneggianti.

Il terreno e stato diviso perche i privati vi sifa cciano ville e giardini. La spiaggia e fiancheg-giata da una infinita di cabine, poste l'una vicinoall'altra, tutte assolutamente uguali, e dietro aecabine ci sono ristoranti e bars fatti secondo l'ul-timo sistema americano.

Una folla enorme si ammassa ai bagni, genteche parla tutte le lingue del globo.

Qui it veneziano non ha pit nessuna Belle suecaratteristiche estetiche ; it suo cappello di pagliala sua giacca, l'abito corto della moglie o della fi-glia sono uguali a quelli di tutti gli altri. Egli euno qualunque del pubblico e basta. Il suo mezzodi trasporto e it tranvai. In disparte, non richie-sta da nessuno, un'unica carrozza con un cavallo,i! cocchiere sonnecchia pietosamente.

Anche it loco tempo e passato. Cavalli se ne so-no veduti abbastanza in guerra alcuni anzicredono fin troppi...

* * *Ai Giardini Pubblici l'esposizione d'arte. Nel

grande padiglione italiano, nel quale sono accol-ti anche gli artisti di altre nazioni, nel padiglio-ne francese e tedesco in faccia, nell'olandese, nelbelga, e nell'ungherese molto ornato e doratovi sono in due file alla rinfusa tele di tutte le epo-che. Ii padiglione russo rimane chiuso. Ebbene,all'infuori di qualche onorevole eccezione che cer-cherO di segnalare, questa nuova esposizione e lapit fantastica esibizione di un modernismo cheraggiunge la pazzia.

Nel gran padiglione ho veduto presso ai vecchi330

.I./ITADIA VISTA DA UN ROMENO

quadri, con i ritratti cosi onestamente eseguiti, delvecchio Havez, vicino ai documenti di vita italia-na di Mose Bianchi, nato a Monza, nella quale cit-ta visse e mori nel 1904 particolarmente espres-siva a questo riguardo la scena dei cantanti pro-vando i canti che eseguiranno alla Sagra, note-voli tele che ritraggono soggetti di vita rurale diP. Chiesa. Ecco, di una semplicita commovente,la donna dal tragico sguardo, col viso coperto dinero, tra it padre e la madre uceisi e che in facciaal paese distrutto, allatta nel bambino la speranzadella riscossa ; o le due vecchie ferme alle ultimecasette del paese una di queste vecchie con le manialzate sembra invocare la benedizione di Dio sopragli umili abitanti.

I tipi di Lino Selvatico sono potentementeatti ; e la sua maestria si rivela anche nelle sce-

ne arrisciate che ora piacciono al pubblico, qualiquella della donna che si cambia la camicia.

Il Museo d'arte di Tokio ha acquistato tra l'al-tro, una scena di interno, con le figure bionde, didifferenti eta, dei componenti la famiglia, seduti atavola. 11 triestino Veruda, di unc esnttezza e diuna « ufficialita » diremo ancora austriaca, da buo-ne scene di Venezia a grandi dimensioni, pressoad altre che riproducono scene di vita moderna,e giunge fino al melodramma nel Sii onesta, doveit padre agonizzante con la mani gia quasi rattrap-pite dalla morte, benedice la figlia inginocchiata.

Una donna con un bambino, di Achille Fumi,interessante, merita pure tutte le lodi la donna

di Sartori, vestita di viola con it viso fortementeespressivo..

331

ri-tt

e

NI2OLA lORGA

Il ritratto di donna con una specie di « scesciaalgerina in capo, di Carlo Siviero, merita di essereriprodotta nelle poche cartoline illustrate ricordo.

L'esperienza coraggiosa di V. Rossi di farecon i colori forti una vera epopea cromatica,come nelle due donne, madre e figlia, che aeggonouna lettera, o in quelle che tra rifrazioni verdi,lavorano a un tessuto pure verde, con it vecchioviolinista che chiede la carita nell'ombra dellasua miseria, e molto interessante ; negli altriquadri egli mostra meno la sua grande virtuosia..

Tito Veneziano ha una intera serie di pitturedi carattere fermo e armonioso, e fa anche it ten-tativo di dare una nuova e commoventissima disce-s.t dalla croce.

Ammetto anche la sfilata di crudeli e strambefigure che per Normellini vuole significare it su-premo omaggio reso al « soldato ignoto n.

Ma veramente vi sono molti altri pittori che innessuna maniera si possono classificare, sia purenelle piu libere e azzardate formule futuristiche.

Che senso puo avere, per esempio, in questopadiglione centrale, nel quale espongono anchedegli stranieri, un Gesil appoggiato a Maria,dello slavo Westrv, entrambi cosi umanizzati ;un francese, Sezanne, che raffigura donne gigantiche spargono fiori mistici sulle piccole barche diVenezia, o la Donna Santa con l'aureola d'oro in-torno al capo, dipinta su un vaso e che porta it San-to Bambino , e che contiene specialmente operedi italiani, come quelli di cui sto per schizzareit soggetto?

Da un lato un San Francesco totalmente idiota,

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L'ITADIA VISTA DA UN ROMENO

perduto in un'atmosfera cenerognola, it quale sivolge amichevolmente verso alcune cornacchie ; odue quadri nei quali tutto e un volo obliquo dianatre ; o questa interessante figurazione : una don-na dall'espressione stupida sdraiata su tre cusci-ni e al di sopra tre arancie ; o Santa Maria dellaSalute in contorsioni violente, di un certo Ma-russig?

Il pin strano spettacolo Qo offre l'esibizione delsignor a professore D cosi si sottoscrive di Bol-zano. Lieuz. Sono figure di contadini tedeschi, os-.suti, legnosi, che alle volte sembra appartengano.a specie umane da molto tempo scomparse.

In un'altra parte c'e un monaco con it cappuc-cio che ha dietro di se una fila di frati tenendo in-mano delle sbarre informi. E' questa la prima cro-,ciata? Pun darsi ! Almeno ne ha it movimento.Cali altri quadri sono odiose caricature.

Lo riconosce anche Ugo Ojetti.Mentre gli ungheresi hanno raccolto cio che

:avevano di pin Buono dei tempi moderni e del pas-.sato, l'Olanda da strane tortuosity nelle quali conuna persistenza riprovevok mescola un motivo-degno di ogni discrezione : Cristo. Dai Belgi lastessa eosa. Un gruppo di contadine assurdamen-tc stilizzate calzate di enormi zoccoli, oggetto di:speciale preoccupazione del pittore.

Le statue fanno credere che possa esistere, a la-to del nostro, un altro corpo umano, mostruosa-mente « sottile triangolare, dal quale si ispira-no i maestri moderni.

Il padiglione speciale della Francia sembra pro-mettere la misura ; ma subito it cattivo gusto con-temporaneo guadagna terreno con orrori senza

ome.333

u,

NICOLA IORGA

Dai tedeschi bisognerebbe chiamare la polizia,e ho domandato al soldato di guardia se non fa so-gni cattivi.

lana donna spaventosa, con it collo tagliato ur-la in fondo tra due gruppi di persone raccolti ladove forse it Diavolo alleva i bambini.

Mi vien freddo solo a pensarci. Credo che fos-sero parenti del pittore.

Uno pin modesto, vicino all'uscio, ha dipintoyenti triangoli che si accavalcano ; egli e it nemi-co di quelli la cui pazzia consiste nel costruire cu-bi di diversi colori.

Anche fra gli inglesi la malattia e penetrata.Estetici, critici d'arte e signori guardano con la

voglia di rompere con it bastone questi insulti al-arte e raccomando di fronte a simi1i provocazioni

di non portare it bastone che, contro la volonta stes-sa di chi lo tiene, potrebbe entrare in azione, pro-vocando perdite irreparabiti... che si tratta di ope-re di pazzi non comuni.

Guardavano anche dei lavoratori, delle donnedel popolo, dei bambini. E mi domandavo : checosa impara questa gente da questi quadri? Checosa puo pensare se non che l'arte e una cosa inu-tile e pericolosa?

Penso all'Evo Medic), nel quale le costruzioniammirevoli costituivano per it popolo un insegna-mento quasi direi sacro, al Rinascimento, quandola pittura e la scultura elevava ed esaltava Puma-nita ; al secolo XVIII, quando l'artista, attraver-so la sua opera studiava la vita sociale ; all'epocaromantica nella quale l'artista attraverso l'artestudiava gli intimi sentimenti dell'animo suo ;

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I.:ITALIA VISTA DA UN ROMENO

ma queste opere attuali che sembrano una sfidaal boon gusto perche si fanno e per chi?

L'arte deve star lontano dalle abberazioni per-sonali. Al le masse l'artista deve parlare solamen-te un linguaggio che possono comprendere. L'ar-te e l'espressione unica delle realta ammesse, dauna parte e, dall' altra, l'interpretazione sinceradale tendenze della societa.

E, anche se qualcuno sentisse it bisogno di ester-nave la malattia mentale della quale soffre, do-vrebbe mostrarla altrove e non gia a Venezia, dovesimili espressioni sarebbero ammissibili soltantodopo che si fosse arso it Palazzo Duca le, la Loggiadel Sansovino, Ga Biblioteca Marciana e tutti iquadri conservati in cento collezioni che cantanola gloria immortale della famiglia Bellini, delGiorgione, del Tiziano, del Tintoretto, del Vero-nese e di Giambattista Tiepolo.

*

Mattinata di domenica.La gente si sveglia piu tardi..In una comunita umana che si stende da un la-

to aJll'altro di una stradetta e da un canale all'al-tro, appare prima a una finestra una gatta bian:ca grassa, indifferente a quanto la circonda ; poiuno studente, con gli occhiali da sole, sono gial-li, odiosi, si allaccia le brettele sul balconcino.

Le teste dai capelli crespi non appaio-no ancora.

Giu un uomo con it cappello di paglia scopa lavia.

Una vecchietta, piccola quasi come un gomito-lo, scende dal terzo piano dove coltiva con per-

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folti,'neri,

NICOLA IORGA

severanza sul balcone dei gerani, e reca i rifiu-ti di casa.

Lo spazzino avverte che i rifiuti non si gettanonel canale, e, aprendo con attenzione it coperchiodel secchio di ferro all'angolo delle « fondamentaMorosini della Regina v, mette questi resti insie-me ad altri pronti per essere scaricati altrove. Av-viso agli edili di Bucarest.

A destra una mano quasi invisibile pulisce itbalcone, e chi fa questo lavoro lo fa con un gra-zioso movimento.

Qui ogni atto della vita anche it pin umile, for-ma un quadro.

Appare nella viuzza un agile figurina, le cui ma-niche di stofEa sottile, rosa sembrano ali ; paresfiori appena it suolo quando cammina. Ed eccosi avanza un'altra farfalla, in azzurro, e in untremolio di colori la coppia gentile par che volimentre attraversa it ponte.

Con un fiaschetto impagliato una figurina slan-ciata passa con gesti delicati nel corpo fragile, mo-vendo con civetteria di uccellino la bella testa ac-conciata ally romana, che potrebbe esser presa amodello da una danzatrice. Va a fare le provvistedi vino.

Mentre in basso le pesanti barche trasportanola prosa di tutti i giorni, la gatta bianca passeg-gia filosoficamente sul balcone che le appartie-ne, ed a lato, su di un altro balcone una aggraz-ziata figura di donna, sembra una damn del tre-cento che, tra i veli, attenda it suo cavaliere. Unaprirsi di vecchi souri ; mani con le lunghe ditasottili che assestano un fiore, e una testa dallalussureggiante chioma si china ad aspirarne ill

profumo.336

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

Uno stuoino rosso si abbassa e quasi la sfiora.Il quadro per oggi e fissato.Di migliaia di questi quadri si compone Venezia

inimitabile.

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22 . N. IORGA

VENEZIA D'INVERNO

Le veneziane, che in estate, nei lora leggeri ve-stiti azzurri e rossi, sembrano graziose farfalle svo-lazzanti, portano nell'inverno, se non i loro abitipin pesanti, lunghi scialli con fili pendenti comenelle sottane dei costumi femminili del Banato.Vedute cosi, hanno qualcosa di quell'Oriente dalquale viene in gran parte la nota speciale che di-stingue la fantastica citta.

La parte. dello scialle che pende e portato allaboccal con lo stesso gesto discreto che usano lemussulmane per nascondere it viso ; gesto che pro-babilmente fu trasmesso di generazione in genera-zione fin dai tempi pin remoti.

Di notte, la citta medioevale risorge integra ;con costumi orientali conservatasi tale in tutto itmondo, difesa dalla modernizzazione profanante,dal mistero profondo delle acque. Qui e la, sola-mente, le finestre sono illuminate, e, anche gliscuri chiusi danno un che di misterioso alla luceche filtra tra essi.

Le lucciole di prua delle barche nere si incro-ciano nei canali silenziosi.

Il cielo, leggermente coperto dalla nebbia vesper-tina, lascia appena intravedere, ombra incerta, itcampanile della chiesa vicina.

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NICOLA IORGA

I gatti abbandonati m.iagolano disperatamentesu per le infinite scale umide, e in alto sbattonogli scuri lasciati in balia del vento. Negli anfrattidel muro un lieve battere di ali rivela iQ ricoveronotturno dei piccioni. Ma ecco, dentro una barca,ferma in mezzo alle acque, piene di rimasugli spar-si, si e accesso it fuoco per preparare la cena, e laluce rossa palpita sui volti dalle linee forti e duredei pescatori della daguna. E, nell'arco che de-scrive al di sopra del canale it ponte di marmo,passano in una luce fatata che non riesce a yin-cere it profondo buio d'intorno, gli ospiti di oggidella citta padroneggiata nel suo intimo dalle vec-chie ombre. Sembra la proiezione miracolosa diuna visione. Si ha l'impressione della fragility diqueste generazioni che passano attraverso l'eterni-ta di pietra di questa creazione immortale.

* * *

fascismo conquistatore appare anche qui do-vunque. Le vetrine sono piene dei molti suoi em-blemi : medaglie, spille, bottoni.

Una speciale arte si occupa della variety loro.La figura del dittatore appare dominatrice, e leiscrizioni dicono tutto quello che l'Italia deve acolui che ne ha riaffermato la vitality e le ha aper-to con fede la via del futuro.

La gioventii si volge con entusiasmo verso lanuova religione politica. Mi si dice che questo sen-timento lo provano anche quelli che, la sera, sottoi portici, davanti alla meravigliosa basilica, canta-no la gioia della vita e un po' anche it piacere difare chiasso a dispetto dei borghesi che vorrebberadormire.

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Il

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

* * *

Essendovi ora pochi stranieri, la passeggiata sot..to it sole, e che sole caldo ! verso sera, sulla Rivadegli Schiavoni e un ammirevole spettacolo di vitaitaliana con carattere locale.

Ci sono tutte le classi ; dal vecchio alto con gliabbondanti baffi bianchi, che, nella sua pelliccia difamiglia, pare un patrizio sceso da un quadro delTiziano, al negoziante agile nel suo cappotto tie-pido, fino alle popolane che hanno un abbondantequantita di capelli neri o biondi pettinati in formestrane e battono forte it selciato col tacco degli zoc-coletti, appena trattenuti con la punta del piedesopra la calza nera che si intona benissimo al restodell' abbigliamento.

Molti siedono fuceri dei calle, come nei giornicaldi; guardano la folla vivace e allegra che sale escende dai ponti di marmo bianco.

In faccia it mare e di un azzurro profondo, pie-no di riflessi brillanti. Nella strada verso it Lido,con le sue case nuove che si moltiplicano e, i brut-ti stabilimenti di bagni impediscono la vista delmare con le loro tende rosse e grigie ; gabbia-ni bianchi passano quali freccie di argento o si po-sano sulle acque e con una mossa agile si alzanonuovamente vagando per giuoco o in cerca dipreda.

Il sole rosso del tramonto fa ardere tutta la lineadelle facciate della piazzetta fino ai giardini, infondo, fino alle isole che paiono disporsi a cerchioper godersi fin Pultima carezza del sole che se neva. E i Verdi occhi elettrici trapuntano l'orizzonteinfiammato.

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NICOLA IORGA

* * *

Dal lato del Palazzo Duca le che da sul mare, sutra i santi rosati, dagli abiti colore dei fiori, la Ma-donna bizantina sullo sfondo d'oro, stringe, magra,scura in volto, it Bambino che, per quanto severoanch'esso, pure dalla faccia rotonda par emaniuna benedizione. La luce del sole raggiunge rispet-tosamente la vecchia immagine che non conosceit sorriso.

Li presso alcuni operai riparano in alcuni puntii mosaici del secolo XVI e quelli dei primi tempi,nei quali le figure oscure dei santi pare si dispiac-ciano della rinnovazione del loro oro.

* * *

A S. Giorgio dei Greci, la chiesa orientale del156r, creazione di Gabriele Severo, arcivescovo diFilandelfia e corrispondente di Pietro lo Zoppo, si-gnore della Moldavia, da rivelazioni nuove.

Il cortile, pieno di sepolcri greci, russi, serbi,fra i quali e anche l'iscrizione latina di un Giusti-niano ortodosso di Creta, e invaso d'ombre. In unacapella ortodossa ci sono immagini dei secoli XV,XVI e XVII, sul legno, sulle tele e sulla pietra.Alcune portano it nome del pittore : un Giovan-ni Antaco, del 165o, un Vittorio del 1674, un Gior-gio Chrysoloras e it prete Emanuele I di ZaneFurnara del 1686. Questi ha fatto anche la tova-glia dell'altare della grande chiesa, le cui figurein rilievo hanno un aspetto impressionante.

Cristoforo Markuris di Corfu ha lavorato, assaipiu tardi, agli sportelli dell'altare.

E su Una immagine donata da Dionisio it Garo-nito, forse un Macedone, pensando al vecchio va-

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

lacco Taronas del 1300, si firma come pittore itmonaco Partenio della Cancelleria di Atene nel1729. E per quello che riguarda i Valacchi della.stirpe del principe Mihnea vi sono stati : il-princi-pe Pietro un episcopo di Filandelfia nel 1685, quan-do aveva sessantotto anni, Gherasimo Vlaco di Cre-ta, autore di libri e che ha fatto dei doni alla biblio-teca « della chiesa e della sua nazione ». Il suoritratto si vede nella sala del Consiglio, dove, se-condo i vecchi costumi di scrutinio veneziani, sivotava per S. Giorgio o San Nicola, con si e nonell'imbuto delle urne che non permettono, quan-do la mano vi si e sprofondata, di vedere se lapallina veniva fatta cadere in una parte o nel-l'altra.

Nel 1660, quando .si faceva anche lo splendidopulpito della chiesa, con incrostazioni di madre-perla e borchie di avorio, molti romeni del Pindoerano qui membri influenti della comunita, aven-do anche la scuola che portava it nome dello spo-so di una nipote per la figlia di Pietro lo Zoppoquella Maria, vedova di Zoto Zigara e poi moglieal nobile Polo Minio : Flangini.

Da molto tempo la for razza, che legava la gen-te romena a Venezia ancora fiorente, si e spenta.

* * *

Di fronte alla chiesa una piccola lapide ricordala bomba austriaca qui scoppiata durante la guer-ra, che fortunatamente non distrusse la splendi-da facciata con i suoi fiori, i suoi santi di pietrae i suoi mosaici.

Ma troppo spesso si dimentico quello the e scrit-to su questa pietra calpestata dal passo di mi-

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NICOLA IORGA

gliaia di visitatori di tutte le razze. Anche i te-deschi sono tornati qui e, mentre la Francia perse-vera nelle sue misure punitive, qualcuno pensa al-la possibility di un'alleanza da contraporre a quel-la colla quale si e tagliato a41a piii feconda e pe-netrante nazione it cammino verso questo golferazzurro del piit bel mare !

* * *Le colonne del Palazzo Ducale hanno i capitelli

di un valore artistico immenso.La sovrabbondanza bizantina si unisce allo slan-

cio creatore dell'arte francese dell'evo medio.Cosi che le volute di foglie stanno vicino alle

rigide figure dei santi, ai cesti di frutta, agli uc-cern dai lunghi colli che affondano it becco nel-la verdura.

* * *Lungo le vie larghe che portano al giardino

pubblico, sulle facciate delle vecchie case, si vedeancora scolpito it Leone di S. Marco, un S. Gior-gio, rappresentato alla maniera orientale, tra lafigura del drago trafitto e quella della figlia del-l'imperatore, che riflette sul viso it suo lieto stu-pore per lo scampato pericolo, emblemi con trepesci, frontoni gotici come di monastero e sottoqueste scolture stride la reclame del cinemato-grafo.

Febbraio 1923

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SESTA PARTE

IMPRESSIONI

PADOVA

A Padova passando da Fusina.I campi di grano sono cosparsi di papaveri,

che in alcuni punti si adunano quasi a formareuna larga macchia di sangue fiammante.

Le barche avanzano tirate a rimorchio, sull'ac-qua verde dei canali che servono anche all'irriga-zione dei campi e all'innaffiamento delle larghestrade bianche di polvere.

Stendendo i propri pampini, quasi a formareun merletto, da un tronco all'altro, la vite, sottoit sole straordinariamente caldo della fine di mag-gio, prepara l'abbondante raccolto.

Si costruisce molto dopo la guerra anche daqueste parti.

Le case nuove, qualcuna anche con le bizzar-rie e gli ornaments dell'impressionismo, si aggiun-gono a quelk di stile misto esistenti.

Il tipo pift comune, e la vecchia, anzi stravec-chia casa colonica, straordinariamente simile amolte della campagna romena, con l'enorme tettodi legno aguzzo, e al di sotto un palco di rozzolegno, generalmente diviso in due, con un largospazio vuoto in mezzo per mettervi fieno e iraccolti.

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NICOLA IORGA

Si vedono inoltre costruzioni di mattoni con fi-nestrelle quadrate irregolari, finestre che pare perunica chiusura abbiano solamente gli scurf. Gliabitanti di queste tane appaiono miseri come leloro dimore ; donne e ragazze spettinate lavorano,duramente dalla mattina alla sera ; hanno i piediscalzi come i contadini romeni.

Ci sono poi le case degli agricoltori arricchiti,che hanno it tetto coperto di tegole, muri alti e benproporzionanti, belle colonne nella facciata e tet-toie per le merci, e gli uomini che Ile abitano rin-casano la sera contenti e sereni e sull'uscio e ablefinestre attendono le donne con i bei capelli raccol-ti in acconciature graziose.

La casa di campagna, it villino dell'arricchito dioggi, la villa del nobile di ieri formano in uno conle vecchie e le nuove chiese l'ornamento di tuttala regione.

Dalle porte custodite da riproduzioni di statueantiche, spesso mutilate dalle vicissitudini del tem-po ; dai portici e dalle facciate delle costruzioni cir-condate da ricca vegetazione, dalla quale emergono,le palme di importazione ed immensi olmi secola-ri che hanno visto passare parrucche e fiocchi dinastri, babbuccie bianche e dolci guance cold-rate di rosso artificiale con le sfidanti macchie neredei nei spira un'aria di un passato glorioso, ric-co e nobile, che evoca i tempi nei quali almeno l'e-quilibrio della societa umana era pin sicuro.

In alcuni punti compaiono opere di grande va --lore artistico, quasi dimenticate, ne'lle quali, qual-che anno fa, studiando le facciate disegnate daIPalladio nel secolo XVI, it viaggiatore franceseGabriel Faure cercava, a Dolo e a Stra, i resti de-

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

gli affreschi dipinti per it piacere di quelli i cuistemmi si ostinano a rimanere sui muri anneritidagli anni e segnati dalla condanna dell'abban-dono.

La guerra ha migliorato moltissimo le condi-zioni economiche dell'operaio senza che, da par-te sua, la cultura moderna sia venuta per aiu-tarlo a vincere le tentazioni del sovversivismohe distruggerebbe l'opera di secoli senza dare

nulla in cambio.Alcuni teatri, cinematografi dove si danno « I

due sergenti D o altri drammi popolari del gene-re, non possono essere sufficienti a vincere que-sto spirito di ribellione.

Viva Lenin, Viva it socialismo si alternano suimuri con altre diciture che hanno questo signifi-cato : Viva i sovieti russi, viva la internazionalezomunista. con i segni sovietici e consigli ai lavo-ratori di non a tradire » nelle elezioni votando pergli altri.

I socialisti perdono terreno mi dice un ami-co veneziano. Gli si sono presi circa venti postialle ultime elezioni._

Ma a Roma, si e appena ora composto unosciopero durato venticinque giorni, scoppiatoperche, mentre dei fascisti portavano alla sepol--tura un Eroe della guerra, attraverso it quartie-re di San Lorenzo, dalle finestre di una casa cheera un vero arsenale fu tirato contro it corteo condei fucili e delle rivoltelle.

Si e versato del sangue anche a Bologna. Edanche qui, a Dolo, che sembra oggi cosi tranquil-

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. * *

-

NICOLA IORGA

lo, ieri fu assalito un tramvai elettrico dai so-cialisti perche c'erano dentro dei fascisti.

E, siccome parlavamo del progetto del governoitaliano di mandare, con regolari autorizzazioni,dei lavoratori italiani in Russia, it mio interlocu-tore si lel/6 dal petto it tricolore del fascismo e dissebreve : « Se non ci fosse stato questo, avremmaavuto in Italia un bolscevismo piu terribile di quel-lo della Russia ».

Di fatti e cosi : it Governo non ha sostenuto lalotta con gli stessi metodi terroristici usati dalsocialismo rivoluzionario.

Nitti e accusato apertamente di aver compro-messo l'industria italiana, dando provvisoriamen-te le fabbriche ai lavoratori. Ma i fedeli del na-zionalismo hanno lavorato piu saggiamente : inuna terra nella quale manca l'ammirevole piccolaborghesia della Francia, essi hanno creato it con-trappeso necessario per arrestare uno dei piugrandi cataclismi del mondo.

* * *

A Padova e fresco it ricordo delle feste univer-sitarie. C'e stato oggi anche S. M. it Re, nobileanimo comprensivo, che riesce di tanto in tantoa ricordare all'Italia, divisa dalle lotte di partito,la sua solidarieta nazionale. Alcuni capi di As-sociazioni hanno parlato al pubblico di Colui cheha consacrato tutta la sua vita al compimentadel suo dovere verso la Patria.

Sono venuti anche molti stranieri, e pure deitedeschi che sembrano aver dimenticato le stragifatte, con le lora bombe micidiali, di donne e bana-

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

bini che invano cercavano di nascondersi persfuggirle, e che, per poco, non hanno distruttaanche aa immensa chiesa di Sant'Antonio, pienadi tesori artistici, e it vicino Museo, dovuto alleamorevoli cure del signor Moschetti.

Lei ha dimenticato questo? Mi chiede uncollega.

Ho perdonato, ma non ho dimenticato.E all'uomo del popolo che mi diceva che i te-

deschi non sapevano dove potevano cadere le bom-be ho replicato che una cosa sola potevano sa-pere : che Padova non e citte. fortificata.

* * *

Durante la festa alPUniversita, i romeni nonhanno preso la parola.

Il ministro romeno signor A. Lahovary hamandato in nome dello Stato romeno una a bellalettera B al Rettore.

Non si pote di pia una curiosa disposizioneammetteva solamente cinque o sei discorsi dairappresentanti delle nazioni invitate, e per tuttequelk neo-latine parlo it signor Richet della Sor-bona.

Ho ritrovato le lettere dell'Accademia Romenadella Societe Geografica, l'elaborato latino dell'U-niversita romena di Cernauzi.

Un ungherese si e scandalizzato che i suoi con-nazionali furono raggruppati, etnograficamente elinguisticamente, con la Finlandia.

* * *Ci siamo attardati tra i lunghi portici dei guar-

tieri lontani.

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NICOLA IORGA

Qui e la, come anche vicino a Santa Giustina,sono stati portati alla luce, sotto gli archi, in-teressanti affreschi. Archi gotici sono incastratinei muri pin nuovi ; qualche vecchia palazzinaabbandonata che si scrosta per l'opera del tempo.Santa Sofia, restaurata, ha al primo piano dellafacciata, piccoli capitelli bizantini, nei quali so-no scolpiti uccello e la croce,come nei pilastri delpalazzo Ducale di Venezia. Due figure di san-ti, come quelli meravigliosi di Giotto alla Ma-donna dell'Arena o Cappella degli Scrovegni, eda compararsi con quelli della Chiesa Principescadi Argess e della Moschea Cahrie di Costantino-poli, spuntano nella stessa facciata.

E, guardando le cupole di Sant'Antonio, essepure risentono l'influsso orientale di Santa Giu-stina che, con mutamenti, come la costruzione diGiustiniano di Bisanzio, per le costruzioni aggiun-te ai lati, l'Imperatrice Giustina corrisponde al-l'Imperatrice Sofia, mi meraviglio come lo sti-le bizantino sia profondamente penetrato in questeregioni, attraverso it romanesimo, e domini anco-ra oggi a Venezia, Ravenna, Ancona, Bari e anchein Sicilia.

1920

-.352

LA CAPPELLA DI GIOTTO A PADOVA

A Padova si puo andare oggi con un tramvaielettrico che fa fermate abbastanza lunghe e nu-merose, parte da un punto della laguna e passatra parti verdi, boschetti di vecchi alberi comequelli che si vedono nelle tele di Claudio Lorrami,ma senza le grotte e le roccie di Salvator Rosatra facciate di case di villaggio solide, nere, mono-tone, che hanno dietro i cortili selciati, e frontonipomposi adorni di grandi statue, di dubbio gusto,di alcune vine, nelle quali abitavano, una volta, inegozianti che si atteggiano ad aristocratici, manelle quali ora c'e una grande solitudine e it silen-zio dell'abbandono. A Padova sono cambiate parec-chie cose. Gli studenti che passano a gruppi chias-sosi e le automobili veloci le conferiscono una mag-giore vivacity. Per la prima volta vedo le aule del-la celebre University che ha accolto, un tempo,anche la giovinezza di Costantino Cantacuzino Sto-nico desiderosa di istruirsi. Nella sala degli stemmila grande aula per i ricevimenti, nella quale si ten-gono anche le sedute solenni, ci sono stemmi deipaesi del Nord e del Sud, dell'Ovest e dell'Est ;mancano solamente quelli romeni. I romeni nonbattevano queste strade, spesso percorse dai greci

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23 - A. IORGA

NICOLA IORGA

desiderosi di addottorarsi in medicina ; it Canta-cuzino e rimasto senza seguaci, come fu senzacompagni.

Il fabbricato comprende la modesta sala nellaquale furono fatte le prime dissertazioni e moltealtre nelle quali ha risonato la parola dei maggio-ri cultori della scienza italiana e dei grandi innova-tori.

Nel suo insieme l'Universita e come un vecchioalbergo medioevale, che, non potendo essere neriparato, ne adattato per i bisogni di oggi, dovraessere sostituito con una costruzione moderna allaquale per() mancheranno le gloriose vestigia e lememorie antiche. Sotto la guida assai competentedel direttore, sig. Moschetti, ho visitato it Museodella citta, la chiesa arricchita dagli affreschi diAndrea Mantegna e la cappella che conserva, qua-si interamente, in tutto it suo splendore le pitturedi Giotto.

Il Museo raccoglie un gran numero di quadriveramente di prim'ordine, perch& appartengonoprevalentemente alle vecchie scuole veneziane ; adessi si aggiunge qualche bell'arazzo, tra i quali unodi vastissime proporzioni, portato da un mercan-te, rappresenta scene della vita guerriera dellaPolonia. Qualcuna delle sculture, quali la Prima-vera una gentile fanciulla circondata da ricchifiori che le avviluppano it corpo, o la Lettricedi una idealita quasi eterea farebbero onore an-che alle maggiori collezioni. Presso un contadino,it sig. Moschetti ha scoperto e acquistato un mira-bile gruppo in terracotta che rappresenta la Depo-sizione della Croce con figure di un dolore strug-gente.

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

E non parliamo della bella collezione di oggettiromani, del materiale di coltura di tutti i campidella vita medioevale e moderna, dei manoscritti ar-ricchiti da miniature e dai cimeli della battagliadi Solferino, tra i quali it affettuose lettere deigenitori e delle amate, trovate sui corpi dei sol-dati morti.

Forse i pin bei lavori di Mantegna sono nellacappella di destra della chiesa, piena dei sepolcrimedievali che ne coprono le pareti. Opere di gio-yenta, ma dimostrano una scienza del movimentoche stupirebbe anche ail termine di una intera car-riera. Al di la la cappella degli Scrovegni co-struita sotto it patrocinio di S. Maria, nell'internodella vecchia Arena la di cui ottima conserva-zione si deve certamente al fatto che fu in pos-sesso di una famiglia privata.

Giotto vi ha illustrato, con una maldestra inge-nuity che non esclude la conoscenza profonda deldisegno e la perfetta rappresentazione dei senti-menti, it racconto intero della vita del Salvatore,e in nessuno altro posto essa parla di pia all'ani-ma attraverso l'armoniosa semplicita Belle linee econ la sincerity perfetta dell'ispirazione.

Qui it bizantinismo si individualizza e fa it pri-mo passo capace di sviluppo e di progresso sullavia dell'arte.

1928

355

ITINERARI

Al le porte di Roma, la campagna e seminata dal-le rovine degli acquedotti. La oscura pietra mille-naria si mescola al modesto piccolo mattone dei« giovani n muri medioevali. In fondo, ai piedidei sette colli, congiunti ai vicini monti, che man-dano vento freddo, la grande citta si adagia con isuoi nuovi quartieri svolgentisi in linee dritte,disciplinate.

Dall'altra parte la collina rotonda, che la pit-tura ha fatto conoscere da per tutto, si copre delverde cupo delle piante. Al di sopra della linea fer-rata cosparsa ai margini dal pallido oro dei fioridella primavera, la vite si attacca, come in Roma-nia a pali o tagliata corta come nella regione fran-co-spagnola. Nei campi manca pet-6 lo sfondo de-gli alberi, all'infuori dei lontani tormentati olivi,dei peschi e dei man dorli in fiore. Le coltivazionidei legunii sono fatte fra i filari degli alberi.

All'improvviso appaiono delle colline sulle cuipendici si aggrappano : i Caste lli Romani.

Si avrebbe l'impressione di trovatsi nel mezzodi una sierra spagnuola, se non ci fosse una mag-gior alacrity nei lavori dei campi da parte di colo-ro che escono dalle casette scure poste sulfa som-

357-

NICOLA IORGA

mita, unite in borgate e the la ferrovia fa passarerapidamente. Nei campi, ora verdi, i buoi aggio-gati all'aratro tracciano solchi con it ritmico pigrodel movimento della testa a destra e a sinistra. Inun momento la regione diviene esclusivamente ru-rale. S'odono nomi poco noti : Zagarolo, Palestri-na. Le bestie si abbeverano alle fontane come nelleGeorgiche romene. A Valmontone una larga cupolatra due torri domina un raggruppamento di casegiallastre, ancora per la massima parte chiuse frale vecchie mura ; vedo anche una bella statua sim-bolica di bronzo eretta a commemorazione dei mor-ti in guerra. In alcuni campi la terra viene rottapazientemente e minuziosamente con la zappa.

Dai monti, scendono e passano sotto gli arcua-ti ponti romani fiumicelli dalle acque argentee.

I cani dei pastori stanno sdraiati e un somarellofilosofo bruca l'erba sulla costa del monte. Le don-ne con le sottane a molte pieghe passano reggendoin equillibrio sul capo, come le romene dell'Olt,grandi conche di rame rossastro. Capelli abbon-danti, calme figure rotonde di statue, vanno len-tamente come in una procession davanti agli alta-ri pagani. Altre portano invece sul capo pietre ofasci di fieno. La vite qui e attaccata a robusti al-beri.

A Frosinone una torre si stacca agile al di so-pra dei tetti scuri. Un po' piii lontano c'e una ca-setta coperta di legno, con i1 forno vicino alla casadi abitazione ; it fieno, viene raccolto in pagliai co-me si usa nell'Oltenia.

* * *

Siamo ora vicini a dei monti coperti di neve, mala campagna intorno rimane verde. Due contadini

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I,'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

si riposano sdraiati sull'erba fresca : tra i campis'avvanza una donna che reca loro it mangiare.

Un seminatore getta la semente nel solco.Appare una vasta palude la cui superficie ha ill

lento ondeggiare delle acque lacustri.L'aspetto della campagna si mantiene unifor-

me fino a Cassino, che giace col suo folto raggrup-pamento di case sotto it potente castello, dalla tor-re merlata.

Dopo questa locality la strada si sprofonda nel-la valle sempre pin fra i monti pietrosi. Finiti imonti ritornano i campi verdi e la vite. La disce-sa e rapida e vivace. I gruppi di case delle borga-te sembrano pin allegri.

Di nuovo i buoi bianchi tracciano i solchi neicampi umidi per la pioggia di marzo. E' di sicurouna delle pin belle parti d'Italia, ammirabilmentecoltivata, rallegrata dalla linea verde dei boschiverso la costa. Su lle strade passano carri trainatilentamente dai buoi.

Capua, « luogo di delizie » per Annibale, si sten-de ampia ai piedi dei monti ancora avvolti dallenebbie. Le cupole delle chiese dominano l'intricomulticolore delle case.

Ai margini della citta f1 flume largo scorre quie-to verso it mare. Li presso una antica cupola e unatorre merlata resistono all'opera del tempo.

Si entra poi nella regione delle terrazze e degliaranci. I pini ombrosi sparsi qua e la si inalzanopresso giardini con gli alberi carichi di fruttid'oro. Cactus spagnoli limitano le propriety man-cano pero i giardini degli Arabi, e i monti alti,la vite e i pini sottili mantengono alla regione itcostante carattere di Europa temperata.

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NICOLA' 1ORG,1

* * *

Dall'alto Roma appare come abbracciata dallefamose colline. Sparse per la campagna circostan-te lunghe file di muri medioevali che sembra sba-diglino dalle porte e dalle finestre diroccate.

Una veduta generale della grandiosa citta dall'e-terno prestigio manca. Un mondo rurale la chin-de da tutte le parti e la nasconde.

Ora c'e molta pin attivita di un tempo.La dove una volta c'era lo squallore delle gran-

di propriety abbandonate, l'intervento dello Statoche ha obbligato al frazionamento e alla coltiva-zione della terra, con tutte le riserve necessarie euna continua ed attenta sorveglianza, ha creatocampi razionalmente coltivati.

Uomini e donne in abiti a vivaci colori, senzaquel vecchio costume riprodotto dalla pittura ro-mantica del secdlo scorso e ora da circa trent'anniconservato solo dagli antiquari, tagliano le viti edissodano i campi un tempo malarici.

Tanti cambiamenti sono avvenuti da quando,circa quarant'anni fa, ho calcato per la prima vol-ta questa terra dai ricordi immortali... Se il cen-tro e lo stesso, ma invaso da automobili che cir-colano con una incredibile prudenza e ability, in-tieri quartieri nuovi s'arrampicano su pei fianchidelle colline che hanno sostenuto la grandezza e laricchezza del mondo intero.

Al le volte predomina it palazzo in stile, altrevolte disgraziatamente quello banale delle case doz-zinali. L'insieme per() e molto imponente e mostrauna grande vitality e un continuo progresso.

Cosi pure in luogo del deserto malarico dove lot-tavano purificatori gli eucalipti, c'e oggi una lar-

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

ga strada moderna percorsa dal treno elettrico checonduce ad Ostia.

La facciata di San Paolo « fuori le mura » sem-bra sorvegli it lavoro di una folla alacre di lavora-tori. Sopra la morta, distesa sulle orme del pas-sato, si getta, assetata di cambiare, di affermarsi,di creare la nuova generazione.

Le sacre vestigia del passato sono pet-6 conser-vate dalla bella fierezza romana del nuovo regimedi creazione. Qua e la riappaiono monumenti damolto tempo nascosti. Si demoliscono interi gruppidi case popolari strette le une alle altre per aprire

prospettiva alle magnifiche rovine.

* * *

Ostia, almeno, e un miracolo di conservazionesfuggita all'opera distruggitrice del tempo.

Per una grande estensione si e portata alla lucetutta una rete di strade antiche e si cammina sul-le larghe loro pietre lucide. Le case dei lavoratorisi presentano nella semplicita dei muri nudi vicinoalle abitazioni della gente arricchita che sono fat-te con materiali pift rari. Ecco le botteghe degli ar-tigiani d'ogni specie, con i loro nomi scritti a let-tere nere sul Bianco mosaico. Tubi di piombo por-tanti i nomi dei sorveglianti si insinuano sotto ter-ra riapparendo in qualche punto alla superficie.

Si empiono col tufo i vuoti del grande anfitea-tro, nel quale nuovamente verranno chiamati glispettatori. La basilica, i tempi, profilano le impo-nenti severe colonne e qua e la le statue biancheproprio nel posto dove sono state tolte dal buio umi-do della terra.

361

la

NICOLA IORGA

* * *

Neppure Napoli non e pin quella conosciuta dame un quarto di secolo fa. 11 grande sviltippo del-la vita italiana ha raggiunto anche lei. Dove eranole rive solitarie, c'e ora come una grande terrazzabianca sulla quale sorgono grandiosi ,palazzi cheraggiungono da un lato Castello dell'Ovo, attornoal quale battono rumorose le onde che si infrango-no sulla vecchia pietra nera, e di fronte la solitariamalvagita del Vesuvio con la cima rovinata dal-

eruzione.Non si passeggia pin lentamente chiacchieran-

do nella spaonola via Toledo, oggi e un continuoavvicendarsi di gente che s'agglomera e si disper-de ad ogni passo. Non si trova pin un. « lazzaro-ne D a pagarlo un occhio.

La Riva di S. Lucia e oggi una passeggiata sa-lubre e costituira fra breve un tratto della supet bastrada « littoranea ». Infine presso it rosso palazzospagnuolo dei BOrboni la citta ha trovato it centromonurnentale nel rastello degli Angioini, comple-tamente riportato alla luce e isolato. Avanti daadito alle belle sale l'arco d'Alfonso d'Aragona,« Hispanus Italus » con le sue delicate sculture ela maesta del suo insierne compost() nel puro stiledella Rinascenza.

Questa opera di completa epurazione si propa-ne l'abbattimento delle stradette strette e tortuosedove si ammassa la popolazione piu misera.

Malgrado i tempi difficili per chi e povero, que-sta benefica opera si estendera anche al circonda-rio, dove it nittoresco nasconde tante miserie e tri-stezze, come le recenti inchieste hanno rivelato conterribile evidenza.

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1'ultima

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

Speriamo che questo lavoro di risanamento siproponga pero, giustamente, di non alterare i ca-ratteri fondamentali di questa vita rustico-urbana,le cui passioni sono state, con tanto doloroso rea-lismo, descritte dal grande romanziere Verga e chemerita d'essere conservata.

* * *

A Pompei, dove la stazione e un gioiello di imi-tazione della casetta romana, nuovi importanti la-vori hanno portato al risultato che tutti sappia-mo negli scavi. Nella parte degli scavi piu antichitutto e liberato dal terreno, isolato, pulito e ordi-nato : la basilica, i tempi, le ville, le case dei la-voratori le botteghe, le taverne e le sale di spetta-colo. Delle iscrizioni indicano le localita e lestrade.

Si e andati fino al margine dove le colonne di unteatro antico guardano in gill la nuova Bianca cittavigilata dall'alta torre del Santuario.

In altra direzione piu lontana, nen « Stradadell'Abbondanza D, nuovi lavori hanno portato inluce e liberato un quartiere di ricchi, con le fac-ciate delle case in marmi preziosi, con altari di pie-tra, con belle colonne scolpite ; gli affreschi illu-strano scene della leggenda di Troia e altre mitd-logiche.

Tutti gli oggetti trovati sono stati lasciati alloro posto e contribuiscono cosi a dare una mera-vigliosa visione d'insieme.

Mancano pero alcune opere d'arte e dei mosai-ci portati nel Museo di Napoli, che rappresen-tano scene di carattere epico, mitologico, di cac-

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NICOLA IORGA

cia, o mostrano dei gatti, con occhi di straordina-ria espressione, the giocano a rincorrersi. Net mu-seo vi sono pure delle statue e dei bronzi di Erco-lano.

Ad Ercolano poi it regime fascista ha ripreso ilavori di scavo, con lo scopo giustissimo di nonpresentare ai visitatori un inventario archeologi-co, ma di far rivivere dinanzi ai loro occhi l'an-tica citta com'era quando fu sepolta dalla lava edal Ilapillo.

Settembre 1928

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PANORAMI

Da Padova in poi la strada prende in trasversalela penisola fino a Roma.

Se la stessa vite corre tra i pioppi ai qualiappena spuntata la nuova foglia fresca, se gli stes-si fiori di, macerone colorano la ricca vegetazione,lo sfondo e un altro.

Appaiono strane colline con iche, qui e la coper-te di boschi, simili a delle enormi bestie lanose inriposo. In vari punti, sulle cime, tra gli alberi fit-ti, spuntano i ruderi di vecchi castelli abbandona-ti o gruppi di rustiche case abitate da secoli.

Quando, passata la galleria che attraversa i fian-chi di uno di questi inostri in riposo, si sbuca aldi la, si nota subito che it paesaggio e cambiato.

La vite che prima dominava nei campi ora nonc'e piu ; la sostituiscono piccoli campicelli di ce-reali. La valle che si apre in fondo lascia scor-gere un'altra fila di monti, it cui azzurro e intac-cato qua e la dal bianco delle piccole sorgen,ti. Suin alto, bene in alto, sale ancora a sfidare i secoli,it muro del vecchio maniero feudale, vero nido difalco : deserto, diroccato. I pini neri e solenni chefiancheggiano la salita sembrano immobili gendar-mi ancora pronti alla difesa del castellano.

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NICOLA IORGA

La valle e ora assai pin vasta. Solamente le ci-me dei monti la in fondo, a destra, sono rimastedelle pin impensate e strane forme.

I campanili dei paesi accoccolati nelle cinie nonhanno pin nulla della leggerezza di quelli veneti.Solamente it contadino e la sua fattoria sono rima-sti gli stessi. Siamo nella terra che appartenne untempo ad una delle maggiori famiglie italiane. Lacasa d'Este ha dominato in questi luoghi questevigne magnifiche e questi perfetti agricoltori. Pa-re che risorgano anche le figure dei vecchi mar-chesi : it cavalleresco ed ospitale NiccolO e a di-stanza di un centinaio d'anni ii suo degno suc-cessore e seguace Lionel lo, dal nome che sa di leg-genda bretone, che offriva Ferrara come sede allasvo'lgersi dell'esotico congresso con i greci ; e per-sino l'immagine e it ricordo di quella bionda figliadella Catalogna poetica e della fastosa e giocondaRoma papale del boo : Lucrezia Borgia. Poi tuttoscompare sommerso nella immensa vastita verdesulla quale infierisce it calore che le basse e fittenuvole riverberano sopra it campo fertile.

Gruppi isolati di case passano veloci nel rapidofuggire dal treno. Ecco dell'acqua, daille rivedritte, basse, bianche e poi l'agglomeramento del-le case di Rovigo, mercato di grande importanzaper it vasto contado.

Qui la Societa del petrolio italo-americana diGenova ha i suoi serbatoi che contro Qa luce del so-le sembrano giganti in agguato. Questi luoghiprendono it nome di polesine di Rovigo. Non po-trebbero essere it ricordo di vecchie colonie slavein cui nome « poliana n, (che significa campo co-perto di erba, radura) si sia conservato dopo la

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

scomparsa della razza che ha lasciato in varicapigliature bionde in questo oriente italiano?

Rare fattorie senza nulla di caratteristico sotto iloro vasti tetti di tegole circondato delle grondaieper raccogliere l'acqua piovana.

Nei giorni di festa alcuni contadini in manichedi camicia gettano le reti per la pesca sopra l'ac-qua del flume grande come un canale. Altri fru-gano nei pantani con una pertica per cercarvi leanguille.

Questi sono luoghi veramente ideali per impian-tare qualche fabbrica.

La coltivazione delle cam pagne eLe sementi danno la spiga al principio di maggio.Nei campi le donne, i bambini in ginocchio soprai solchi fanno una attenta sarchiatura. In qualchepunto pantani quadrati coperti dal muschio sonoutilizzati per la macerazione della canapa.

* * *

Attraversiamo it Po, in questo punto largo qua-si come it Danubio, limitato da argini d'argillacenerognola sui quali stanno poche povere case.

Con le imponenti sue costruzioni si annunciauna grande citta industriale. E' Pontelagoscuro,su la strada di Ferrara.

Qui nel 1586, da questo piano, davanti a questaacqua color d'acciaio, dove le sue infinite avventu-re l'avevano condotto, Giovanni Bogdan, it pre-tendente moldavo, scriveva una di quelle 'lettereche ce lo ricordano dettate dalla sua miseria e dal-le sue speranze.

Le grandi antenne che conducono l'energia elet-trica delimitano i larghi viali, nei quali gli auto-

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ghi

ammirabile.

alto-

NICOLA 1ORGA

mobili trovano una comoda via per correre veloci.Ed eccoci finalmente giunti a Ferrara, dove fu

la Corte dell'eleganza e della poesia. Dal lontanopassato risorge in me it ricordo del castello con isuoi merli, circondato di fossati, ora asciutti, del-le larghe strade dale case multicolori, ed allamente si affollano tante cose e ricordi cari all'u-manita intera che tutt'ora vivono in questo am-biente d'oggi, fra it pittoresco della natura e dellerovine

Qui Ariosto cantavaE Dante ha sofferto qui

Nelle vicinanze, sulla facciata di una scuolacomuna1e costruita in mattoni rossi, una grandelapide di marmo, fregiata di un bronzeo lauro,commemora i morti della guerra.

Piove una pioggia di mezzogiorno, calda, buona,in un cielo quasi sereno, pioggia lenta, benedettaristorando questa bella regione che possiede i piilbei pioppi del mondo. Nelle fattorie i buoi grossi,grassi, aggiogati attendono it cessare della piog-gia per riprendere it quotidiano lavoro.

Presso Poggio Renatico un ponte a tre archi at-traversa lo specchio angusto del Reno. E' anchequesto una diritta striscia d'acqua da molto tem-po disciplinata. Sotto la guardia dei pioppi legatitra loro da ghirlande di vite si distendono variefiorenti piantagioni. Qui vicino una fabbrica diconcimi mostra da dove deriva, almeno in parte,questa trionfante abbondanza. Presso alcuni pratiche gia si incomincia a falciare, si scorge un ortomolto ben curato. E' una « Casa Agricola D. Sia-mo a S. Pietro in Casale.

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L'ITALIA VISTA DA UNROAIENO

Fu terra della Chiesa, gla possession del pon-tefice di Roma ; qui non si svilupparono citta li-bere e neppure nobilta feudale. I 'contadini visserosotto it pastorale pin dolce che la spada. Lo mostraa sufficienza la prosperity di questa regione daipaesi rari, raccolti, e le molteplici borgate.

* * *

Dopo la pioggia tutti i campi sembrano rinvi-goriti. Non fu che una annaffiata, una spruzzatu-ra. Non piove pin del bisogno in questo mese in-cantevole che unisce tutti i fiori dei campi al-l'abbondanza del raccolto. Ancora un paese dalnome di un santo : San Giorgio del Piano ; la chie-sa possente mostra come solo da essa venisse it co-mando. Davanti alle case si scorgono gruppi diuomini robusti, solidi, ben nutriti ; occhi domina-tori ; ma nessun elemento di bellezza ravviva i To-ro monotoni abiti .cenerognoli.

E per contrasto rivedo come in rilievo lontanolontano i miseri paesi della mia terra dove gli no-mini hanno re camicie bianche come it latte e ledonne gli abiti ricamati come un prato fiorito.

* * *

Castel, Maggiore. S,i it castello dal quale domi-nava it legato del Santo Padre. Ma ci sono tantialberi intorno, che quasi non lo si vede.

Laggin dove un bambino con una vestina Biancasalta come un cherubino nella via del Signore, c'eanche un giardino la cui porta e fiancheggiata dastatue antiche. Sembra strano in mezzo a tan-ta vita libera, rurale !

Per chi saranno state erette? In un altro punto

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24 - N. IORGA

NICOLA IORGA

si sta selciando un sentiero con pietre abbastanzaappuntite.

(amini di officine. Un piccolo tramvai corre itBianco viale. I fili dell'energia elettrica taglianoit cielo.

Si ritorna tra le colline, e sopra una cima eccouna grande chiesa sormontata da una grossa cu-pola. Siamo giunti nella capitale di queste terredel possesso Pontificio, nel vecchio centro celticodi Bologna.

E' qui che Costantino lo Stolnico Cantacuzinomandava al dotto bolognese Marsili, generale alservizio dell'imperatore e appassionato studios°delle regioni del Danubio, informazioni sulla Ter-ra Romena del suo tempo.

AlT'uscire da Bologna, i monti lontani all'oriz-zonte sono ancora coperti dalla nebbia prodottadalla pioggia del pomeriggio. Davanti, sul piano,ride invece it sole. Come in un vecchio quadro, trai piu svariati toni di verde pallido appare sullasommita del colle la massa rossiccia della chiesi-na. La fila dei pioppi abbracciati alla vite nascon-de l'ingresso al santuario che si mostra poi all'im-provviso nitido in fondo al viale ombroso.

La citta dalle molte torri si nasconde alla primasvolta della strada che conduce al « paesetto delReno », Casalecchio del Reno. Sotto i monti, oracupi e spogli, ora verdi di piante, si stendono cam-pi ampissimi fiancheggiati da pioppi svelti. Pae-saggio di monte aspro e scosceso. Siamo alle fal-de degli Appennini ; li passeremo per proseguireverso Roma. In vari punti la roccia spaccata mo-stra le rigature oblique dei vari strati. L'acqualimpida e azzurra pare un nastro nel suo lett° di

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

ghiaia. E' sempre cosi azzurra anche nel Reno disopra e spumeggia sui sassi come fa, da noi, it flu-me Prahova a Sinaia.

* * *

Tra i cespugli appaiono i primi greggi di peco-re, che sembrano magre perche appena tosate. Neimonti, dove it freddo dura pia a lungo, solamenteora fioriscono i ciliegi e gli alberi selvatici met-tono i primi germogli, mentre nella valle it verdepia cupo e smaltato da fiori di ogni colore.

Piu in su ancora, alcuni fili di acqua possonoa stento filtrare tra l'intrico delle pietre smossedal torrente. Colossali muri di rinforzo sostengonoit monte tagliato e attraversato dalle gallerie. Inqualche luogo l'erba cresce in due linee paralleleai margini dello stretto sentiero segnato attra-verso i secoli dalle piccole zampe delle pecore.

Ecco anche una citta montana, intorno a unasorgente di salute, « l'acqua orticaia », « sorgenteorticaia ».

L'acqua delle caseate, tramutata in forza elet-trica, ci porta pill lontano da una galleria all'a11-tra. Poi, a sinistra, come se si sollevasse all'im-provviso una cortina, it panorama si apre su unavasta region. Sui monti che sfumano all'orizzon-te in varie gradazioni di azzurro, spuntano a mi-gliaia i bianchi paesetti seminati dovunque.

A Piteccio, dove erba e foltissima, raggiungia-mo it vertice della salita.

A Vaioni ci sono pini, olivi, peschi, rose infiore. La in fondo aggrappata al monte pietroso sistende una citta sulla quale dominano le alte torriquadrate, e chiese dalla superba cupola.

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NICOLA IORGA

Da lla terra dei pastori siamo passati cosi inquella dei pia antichi e fedeli cittadini, in .questodominio degli Etruschi, che anche per le tombeusavano lussuose costruzioni di pietra. I caratteridi questa civilta sono scritti nelle linee chiare del-l'architettura dei paesi posti su questo versantedegli Appennini toscano. E' questa la terradalle colline piene di case, di chiesette, di mo-nasteri, la terra dell'uomo che penetra e si stabi-lisce dappertutto, la terra nella quale i calcoli ele decisioni sono prese senza molto sforzo, senzaabbondanza, senza sperpero, ma con perfetta ar-monia sopra Qa quale sembra che per l'eternita sisia fermato un raggio di sole.

Nelle strade asciutte piene di polvere corre itcarro contadinesco a due ruote.

Ora vengono fiumi larghi, dilettevoli, come aPrato, dove le case sono strette le une alle altreformando la bianca massa di pietra che distinguele citta toscane.

Alla fine Firenze. Se non ci sono i gigli, gli iriscon i loro carnosi calici viola e i rami delle glicineviolette circondano e avvolgono i vecchi muri,dando loro una nuova giovinezza. La gentilezzatoscana si rivela anche nei bambini pia o menograndi, pia o meno bruni o biondi, che affacciatialle finestre sventolano it fazzoletto in segno di sa-lute agli ignoti passanti.

Case bianche, tra alberi neri, sparse ovunquenel mo do pia vario, pia pazzo. Si scorgono an-cora le traccie delle vecchie case etrusche sotto imattoni anneriti. In basso l'Arno con le sue isolee le sue pietre ; none un fiume, ma piuttosto unlargo specchio azzurrognolo, che scorre civet-

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L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

tuolo e allegro in mezzo all'abbondante vegetazio-ne che ila primavera ha ricondotto sulle rive. Suicarri a due ruote, vanno i contadini dalle faccieabbronzate e donne dal placido profilo, tante vol-te ripreso dai pittori sempre ammirati della. bel-lezza fiorentina e senese.

Paesi dagli strani nomi non latini, anzi anti-latini : Compiobbi, Sieci, Fig-line. Il mistero delloro significato, nella lingua indecifrabile, e gelo-samente custodito dalle tombe. Su tutte le colli-ne si vedono muri merlati. Qui per interi secoli lepopolazioni hanno combattuto citta contro citta ;e spesso i grandi pini marittimi costantemente ne-ri malgrado la polvere che it vento vi deposita

solenni alberi del mondo sono rimasti solia guardia delle rovine. L'alto monte che mi e difronte si avvolge nelle nebbie azzurre che len-tamente lo sommergono nel loro morbido velo e lonascondono sempre phi al mio sguardo. La stradasale incessantemente verso 11 monte disabitato sulquale gli alberi sottili si drizzano e dominano itverde manto vellutato che la primavera ha stesoovunque.

La notte scende mentre giungiamo ad Arezzo.Le case nere, strette le utie alle altre si disegnanosu uno sfondo di sacra aureola.

1929

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i pia

VAGABONDAGGIO

MIRAMARE

Lontano, nell'Adriatico che si stende maestosoin faccia a Trieste, si scorge, caduto segno didominio, emblema di fierezza, l'arciducale, l'im-periale, l'esotico, tragico palazzo di Miramare.

Torre diroccata di vecchio castello austriaco,pesante svolgersi di appartamenti : it castello sor-ge sulla nuda roccia, aypena intaccata da una po-vera vegetazione parassitaria ed e circondata dagiardini da leggenda.

Oggi, alla dimora abbondanata dall'ambizioneerrante di Massimiliano d'Asburgo, le cui ossagiacciono lontano, nella cripta dei Capuccini diVienna, portano molti mezzi di comunicazione peri turisti desiderosi di sensazioni romantiche.. Mi-gliore di tutti e it vaporetto che conduce noi, ses-santa romeni, per tre lire a persona, verso i pas-sati splendori arciducali.

Non ci sono piu come un tempo le camelie fio-rite ; e sopra la maggior parte della variata vege-tazione e passato ii vento aspro, lasciando dietro di

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NICOLA IORGA

se la triste e pallida ruggine delle foglie appas-site.

I sentieri dei giardini, affidati ad un consorziodi sfruttamento, si empiono qua e la di erbe selva-tiche. Abbandonato it cigno solitario languisce da-vanti alla casetta del lago che si impantana.

Gli alberi sferzati dailla bora sentono it brividodell'inverno prossimo.

Solamente it volgare trattore senza clienti sicurato di piantare dei chiassosi fiori davanti allasua insignificante bottega.

Per la prima volta penetro nel castello the daldi fuori ho visto quarant'anni fa, quando tutta lasuperbia degli Asburgo dominava sotto la bandie-ra gialla e nera.

Che confusion di strani capricci nella riprodu-zione al pian terreno delle salette dell'amato ba-stimento Novara ! Che intreccio di appartamentimal disposti ! Che mancanza di ogni mezzo per ri-conoscere le linee principali in questo caos pienodi pretensione ! E sopra tutto, in uno ai mobili rac-colti in ogni angolo del mondo, che poverta d'artenella filla di tele che rappresentano la lunga seriedegli antenati e la descrizione fatta da artisti me-diocri di tutti i brevi momenti della for vita ; se-rie che doveva chiudersi sotto it piombo del pic-chetto di esecuzione di Queretaro !

La stanza degli ospiti mostra be effigi di tutti isovrani che si sono riposati o dovevano riposarsiqui, e non mancano i generali austriaci, fino al vil-lano Haynau dai lunghi baffi pendenti.

CiO che la nostra immaginazione si era figuratadi grande e di poetico dilegua ben presto in que-sto ambiente indegno del dramma che rievoca.376

L'ITAI,IA VISTA IA UN ROMENO

Ma il mare, tanto amato dal bell'arciduca dallabarba fluente e qui, per accarezzare con it suo ri-verbero dolcemente azzurro e con le nebbie chevengono adagio da lontano, col tramonto rosso,che macchia le acque di sangue, a ridonare unasuggestiva illusione.

S. MAFFIO DI MURANO

Dove, a Murano, nell'isola dalla bella basilicabizantina con it pavimento a mosaico multicolore,come le ali delle farfalle ; col dominante campa-nile alla cui ombra ha trovato posto una commo-vente lapide che ricorda i morti in guerra ; colpalazzo Giustiniani, trasformato in Museo per tut-te le anti del vetro ; dove in questo alveare dilavoro popolare, abbandonato dalla ricchezza e dal-la storia, con le torri distrutte e i monasteri rasial suolo ; dov'e la chiesetta in cui Marioara AdornoVallarga, vivendo tra le monache di S. Maffio, in-alzo per it figlio della sorella Caterina, Mihnea,che regnava sul paese di Valacchia, l'altare dimarmo nelle iscrizioni del quale si parlava di Mih-nea e della sua origine romana, e dove si dette se-poltura al corpo della « monaca » e della nipoteMaria, figlia di Pietro lo Zoppo, moglie prima diZoto Zigara e poi del nobile veneziano Polo Minio?

Di nuovo, dopo le vane ricerche degli altri anni,la domanda mi ritorna ora alla mente.

L'amabile custode del Museo, portandomi da-vanti la « Guida » dell'abate Zanetti, chiarisce tut-ti i miei dubbi.

Non c'e un S. Maffio delle Monache vicino a

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NICOLA IORGA

S. Matteo dei Monaci. Invece di Matteo not dicia-mo (e riconosco qui le traccie della lingua greca) :

Maffio.Zanetti dice (con confusione di un secolo e con

Vallarga diventato Valargin) che a S. Matteo c'e-rano anche le monache.

E dove era S. Matteo?Al secondo ponte a destra.

Tutta la comitiva romena si incammina la .

Per le « Fondamenta » che portano oggi it no-me di un borghese moderno, arriviamo a un grup-po di case, nelle peggiori condizioni, che circon-dano una banale chiesetta moderna.

Uno sguardo dna facciata di mattoni rossi chia-rifica. Si, qui al posto del distrutto monastero ifedeli di cento anni fa hanno innalzato questameschina cappella. Che sarebbe se dentro potes-simo trovare quello che cerchiamo con tanta setee desiderio : l'altare corviniano di Mihnea e letombe delle due Marie? Ma no, le buone donne chesi radunano dalle case che furono un tempo le cel-Qe di dove « la monaca » del luogo e la principes-sa ospite potevano guardare, proprio dall'angolodell'isola, it riso azzurro della dolce laguna nellaquale si specchiano le torri della citta ducale,ci spiegano, la cappella fu venduta, e un fabbroferraio lavora con it ferro del diavolo la dove ledolci voci femminili hanno cantato le lodi del Si-gnore.

E it fabbro ferraio viene. I suoi utensili sonosparsi nell'ambiente completamente vuoto. Nellaparete sinistra e infisso it sarcofago di un Cocco.In fondo si vede it luogo da dove fu tolto l'altareromeno.

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e

L'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

L'hanno portato a S. Donato.Ma tra i suoi marmi grandi e rani la cattedrale

non ha quello che ci interessa.In faccia, in un muro rosso, una porticina sgan-

gherata conduce attraverso l'acqua, a un cimitero.E' delle monache?Si. Ma anche di tutti. Ora gli cambiano it

posto. Si stanno radunando le ossa.E, condotti da un ragazzino con le gambette

magre come stecchi da fiammiferi, giriamo al lar-go per entrare in quel cimitero che sta cambiandosede... Chissa... forse... Le donne infilano, per conto delle fabbriche, i coralli rossi da fame colla-te per i forestieri : non sanno nulla ; non importanulla a loro.

Ed, ora attraverso cespugli lucidi di borra, perscale vischiose, per sentieri invasi da ogni erbac-cia dei luoghi abbandonati, entriamo nel recintodei morti.

Sui muri rimane ancora qualche marmo mo-derno con iscrizioni banali ; sepolcri aperti ; cra-ni rotti ; qualche rosa che si ostina a fiorire anco-ra. No, no, non e qui it posto dove sono affratel-lati in terre veneta it nome del Doge genovesee la discendente dei regnanti della terra romena emoldava.

In qualche luogo profondo giacciono certamentequelle due donne di cui solo la parola e rimastaper allacciare la storia dei Romeni a questa terraoccidentale delle passate grandezze, e par quasiogni tanto di scorgere, confuse con le nebbie se-rotine, le loro anime candide di straniere sognan-ti nostalgicamente la terra lontana.

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NICOLA IORGA

IL TORCELLO

Bisanzio e la base di Venezia.Sotto it civettuolo Rinascimento fiorentino di

Sansovino, sotto l'armatura gotica del 400, it bi-zantinismo e la sempre visibile negli splendori diS. Marco e persino nelle scene di strada dei popo-lani che vivono liberamente a piacer loro sotto lavolta del cielo, con la sete dei « circenses » di ognispecie e sotto ogni regime.

Ma it bizantinismo senza foggie cinquecenteschee le bardature del 1VIedio Evo non si pile vedere chea Torcello, in questa isola resa deserta dalla ma-laria e Ilasciata in abbandono con conseguente di-struzione dei suoi splendori d'altri tempi, nel ci-mitero che data dal principio della grandezza edello sviluppo di Venezia.

Il vaporino che, passando vicino all'isola deiMorti, tocca Murano con i suoi vetri, pure di ori-gine bizantina, Burano con le operose dita mulie-bri prese nel groviglio dei merletti, ti Ilascia a unrozzo pontile, vicino ad un canale abbandonato,al principio di una vigna dai grappoli d'ambra edi oro vecchio.

Scena campestre che non sembrerebbe toccatadalla storia.

Splendidi frutti crescono nella melma paludo-sa seccata. Nel cortile delle fattorie si affratellanonello spazio angusto che e concesso loro, volatilid'ogni specie, conigli dal pelo arruffato, e it caneche, legato, alla catena, abbaia rabbiosamente.

Tutta la famiglia e occupata ne la scelta dellepesche e dei grappoli d'uva e nel loro collocamentonegli appositi cestini con i quali tali frutti saran-no portati a Venezia.380

I,'ITALIA VISTA DA UN ROMENO

I pescatori vao-ano in barche primitive sulle ver-di acque morte bdei canali.

Ma al di sotto e seppellito un mondo di chiese,di palazzi, di case, di una aristocrazia scomparsa.

La condanna e caduta grave, implacabile, de-finitiva sopra di loro. Lo sgombero generale fu or-dinato con decreti della Serenissima. Il vescovostesso era in testa ai profughi.

Anche i sassi dovevano traslocare dall'imperodella morte. Ma it centro della citta condannata,battuta da Dio e dagli uomini, e rimasto, per unfelice miracolo, intatta. Ed ecco andiamo verso diesso. Tra le casette per gli umili superstiti, lapiazza si dischiude larga.

I muri, e gli archi ricordano i palazzi che, pianopiano, si sono diroccati.

Solo l'archeologia puo comprendere qualcosa efinora nell'opera di scavo si e fatto molto poco,con tutto che sia affiorata Ala pin vecchia iscrizio-ne di questa « Venezia D.

Solo le chiese sono in piedi intere e con pietaed amore si lavora ora alla loro restaurazione.

Il Battistero con le belle colonne bizantine ap-poggia la sua volta sopra una fila di archi sotto-posti l'uno all'altro fin che rultimo stadio di di-scesa della gravita ricade sulle colonne dei quat-tro angoli.

Come a Murano i pill bei marmi- colorati han-no contribuito alla formazione del capricciosomosaico del pavimento.

E fuori, con l'alta torre rimasta sola di morltealtre, la basilica larga scintilla dell'oro dei mo-saici del iioo, con le ingenue grandi figure, con

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NICOLA IORGA

le terrificanti scene dell'inferno e le dolciastreimmaginazioni di eterna felicity, del Paradisomedioevale.

Nel la piazza e ammirata la senaplice sedia dipietra sulla quale la fantasia popolare crede sisia assiso Attila e ricorda i tempi in cui nellafresca ingenuity di queste scene i a romani D oc-cidentali portavano per i luoghi di preghiera co-me nei loro giudizi elementi di popolarita indi-cibilmente preziosi per it futuro.

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Prefazione Pag, 7

PRIMA PARTE

ITALIA E ROMANIALe vie della penetrazione italiana in Romania Pag. 21Italiani e Romeni » 31

SECONDA PARTE

LETTERATURADante Alighieri Pag. 59Francesco Petrarca » 73

TERZA PARTE

IN DALMAZIA TRENT'ANNI FAVerso Ragusa Pag. 95Ragusa )) 105

Da Ragusa verso l'Italia 111

QUARTA PARTE

L'ITALIA. DI TRENT'ANNI FAVERSO I/ITALIA

Mare Adriatico Pag. 119Nelle Alpi , 121

Fiume, Trieste, Miramare )) 124

Versp. Venezia » 130

IN ITALIA

Ferrara » 135Parma , 145Pavia ). 150

A

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INDICE

Genova D 155

Verso Napoli, per Brindisi e Bari . a 165Napoli » 171

Firenze » 193

QUINTA PARTE

VENEZIAPRIMA PARTE.

Venezia e 1'Oriente Pag, 211Letteratura ed Arte Veneziana » 235Venezia ignorata » 267Esposizione d'Arte del XVIII Seco lo italiano

a Venezia a 279

SECONDA PARTE.

Venezia trent'anni fa Fag. 299Venezia nel novecentodieci a 315Cose nnove in luogo di quelle vecchie a 319I tedeschi a VeneziaNel GhettoDai " Padri ArmeniVenezia nel novecentoventidue ° 325Venezia d'Inverno a 339

SESTA PARTE

IMPRESSIONIPadova . Pag. 347La cappella di Giotto a Padova a 353Itinerari » 357Panorami 0 365Vagahondaggio » 375MiramareS. Muffle. di Murano11 Torcello

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LIRE SEDICI

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