LINGUAGGIO DELLA menzogna

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    Indice

    Introduzione 1

    1. Come,quandoeperchmentiamo 5

    Cos la menzogna 5

    Ma quanto mentiamo? 6

    C bugia e bugia 8

    Quattro ragioni per mentire 10Anche la bugia ha i suoi anni migliori 11

    Le bugie di lei e quelle di lui 13

    Pi ricchi, pi disonesti 17

    Anche i medici mentono 18

    Questione di personalit 19

    2. Smascherarelemenzogne 27

    Cosa rende credibile una bugia 27Quanto siamo abili a riconoscere i bugiardi? 32

    Fidarsi bene, non fidarsi meglio 34

    Prendere esempio dai lie detector umani 34

    Migliorare il proprio fiuto 38

    Fidarsi dellintuito 39

    La sicurezza di s porta a sbagliare 40

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    Come reagiamo allinganno? 41

    Le scienze esatte e la ricerca sulla menzogna 42

    3. Isegnalinonverbalidellamenzogna(parteprima) 53

    Premessa 53

    Facciamo i conti con la realt 54

    Pregiudizi e luoghi comuni 55

    Perch il corpo non mente? 61

    La triade delle emozioni-spia 62

    Il sovraccarico cognitivo 69

    Il controllo del comportamento 71Perch difficile interpretare i segnali emotivi? 73

    Lincoerenza tra piano verbale e non verbale 76

    Il naso di Pinocchio 78

    Ammiccamenti ambigui 79

    Indizi vocali 83

    Lo sguardo parla 85

    Gli indizi nei gesti 93

    Gesti traditori 95

    4. Isegnalinonverbalidellamenzogna(parteseconda) 103

    Le espressioni del volto: una lingua universale 103

    Cosa ci dice unespressione? 105

    Come si mostra unespressione? 105

    Sorpresa 106

    Paura 107

    Collera 111Disgusto 113

    Scetticismo, incredulit 115

    Tristezza 116

    Delusione 117

    Dolore 118

    Felicit 118

    Le microespressioni 120

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    Le espressioni soffocate 128

    Eloquenti asimmetrie 129

    Questione di tempo 130Cambiamenti incontrollabili 131

    Espressioni mescolate 134

    La mimica facciale come segnale convenzionale 135

    Unindagine illuminante 136

    5. Gliindiziverbalinellamenzogna 149

    Uno strumento efficace: la SVA 150

    Fuga di informazioni 158Chiamate rivelatrici 166

    Gli strumenti della linguistica 175

    6. Lamenzognanellacoppia 187

    Perch il partner mente? 188

    Chi ben comincia 190

    Dating on line: i cacciatori di frodo della rete 191

    La bugia pi grossa 194Indizi di tradimento 196

    I gelosi: troppo sospettosi 200

    7. Ilterzogrado:comefarconfessareunbugiardo 203

    Il peso di una confessione 203

    I sentimenti dellaccusato 204

    Le false confessioni 205

    Intervista o terzo grado? 208La tecnica Reid 210

    Una linea ancora pi dura 217

    Imparare ad ascoltare 219

    Lintervista indagatoria 222

    Luso del silenzio 226

    Domande inattese: una prova ardua 227

    Carpire le intenzioni senza scoprirsi 228

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    Lesibizione delle prove 234

    Il riepilogo sbagliato 237

    La ripetizione in ordine inverso 237Nella mischia 240

    Ringraziamenti 251

    Bibliografia 253

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    Introduzione

    Smascherare le bugie un tema accattivante e intrigante per chiunque.

    Se ne sono occupati filosofi come Socrate, Kant, Vico e Nietzsche;

    teologi quali Tommaso dAquino e, in tempi moderni, psicologi come

    Paul Ekman, e molti altri.

    La prima cosa che ho imparato approfondendo questa materia

    stata una scoperta sconcertante: non esistono segni di menzogna!

    Proprio lanalisi del comportamento menzognero ha messo in

    evidenza che non c niente di analogo al naso di Pinocchio per di-

    stinguere il falso dalla verit. La ricerca scientifica o lesperienza di

    agenti speciali come Joe Navarro e Mark McClish hanno portato a

    rilevare numerosi indizi (prove fisiche, segnali non verbali, modi di

    dire, espressioni e microespressioni facciali); non uno di questi segni,

    per, preso di per s, ci dice con certezza che ci troviamo di fronte a

    una bugia.

    Sbugiardando ( il caso di dirlo) la facilit con cui i detective deitelefilm riconoscono la menzogna, mi sono allora reso conto che in-

    dividuare le bugie un compito complesso, che richiede di prestare

    attenzione al contesto, al comportamento usuale del sospettato, alla

    personalit di chi abbiamo di fronte eccetera.

    Perfino lindagine scientifica ha prodotto studi frequentemente in

    contrasto fra di loro, specie se si confrontano le analisi svolte fino agli

    anni Ottanta-Novanta con quelle pi recenti; inoltre, le osservazioni

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    sul campo di agenti di polizia spesso non coincidono con quanto

    emerso dalle ricerche degli psicologi, e lesperienza comune al riguardo

    ancora diversa.In questo quadro caotico mi sono trovato inizialmente spiazzato e

    ho individuato il bandolo della matassa solo dopo aver letto tantissimo

    ed essermi allenato a riconoscere le menzogne analizzando filmati,

    trascrizioni di interrogatori e altro materiale.

    Il frutto del mio lavoro sono i sette capitoli del libro: alla fine, credo,

    il migliore che abbia scritto.

    Il primo capitolo tratta della definizione di bugia, di quanto

    diffusa, di come cambia a seconda del sesso, della classe sociale, dellapersonalit e cos via.

    Il secondo spiega quali sono gli ingredienti di una buona bugia e

    quali strategie adottare per migliorare il proprio fiuto, anche prendendo

    esempio dai cosiddetti lie detector umani.

    I successivi due capitoli sono interamente dedicati allillustrazione

    degli indizi non verbali della menzogna (posture, gesti, movimenti

    degli occhi eccetera) e del modo corretto in cui vanno interpretati.

    Il quarto capitolo, nello specifico, tratta delle espressioni facciali, dicome riconoscerle e di come essere in grado di coglierle quando sono

    associate alla bugia (a volte, in questo caso, si presentano per un ven-

    ticinquesimo di secondo!). Qui sono stati analizzati anche dei filmati

    legati a fatti di cronaca, come gli omicidi di Sarah Scazzi e di Melania

    Rea, individuando i potenziali segni di menzogna degli indagati.

    Il capitolo che segue si occupa invece di un nuovo strumento per

    lindividuazione delle bugie attraverso lanalisi del linguaggio: pro-

    babilmente il capitolo pi originale, e riporta numerosi esempi trattida interrogatori o chiamate ai servizi demergenza.

    Il sesto si concentra su uno dei temi pi vicini al lettore comune:

    i segni di infedelt. Sono stati infatti scoperti indizi specifici che si

    manifestano in quellambito.

    Lultimo capitolo spiega quali tecniche dialettiche sono state usate

    dalla polizia per gli interrogatori e quali sono le attuali strategie per

    indurre un bugiardo a tradirsi o a confessare.

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    I segnali non verbalidella menzogna

    (parte prima)

    Premessa

    Una primitiva forma di riconoscimento della menzogna era in uso

    ben duemila anni fa in India: allipotetico bugiardo veniva messo un

    chicco di riso in bocca e gli veniva detto di masticarlo; se riusciva a

    sputarlo significava che stava sostenendo la verit; in caso contrario,

    voleva dire che la paura di essere scoperto gli aveva reso la gola asciuttae cos la sua colpevolezza veniva confermata.

    Ricerche scientifiche e aneddoti di agenti di polizia o esperti truffa-

    tori hanno messo in evidenza che smascherare un bugiardo tuttaltro

    che semplice.

    Per prima cosa, non esistono segni verbali o non verbali che ac-

    compagnino in modo inequivocabile la menzogna: spesso si tratta di

    indizi che vanno quindi approfonditi; inoltre, solo la combinazione di

    segni verbali e non verbali ci porta a supporre con buona probabilitdi trovarci di fronte a una bugia.

    Lanalisi di questi comportamenti ha messo in luce che esistono al

    riguardo due fronti opposti: da un lato lindagine accademica, seria,

    rigorosa, ripetibile, che per non crea la stessa condizione di stress delle

    menzogne spontanee; dallaltro gli aneddoti riportati da investigatori

    e criminali che, pur non possedendo alcuna preparazione scientifica,

    dimostrano un particolare talento per sbugiardare i truffatori.

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    Il confronto fra queste due posizioni porta inevitabilmente a co-

    gliere numerose contraddizioni: quelli che sono segni di menzogna

    per gli uni, non lo sono per gli altri.Comportamenti come deglutire, stringere le labbra o un improvviso

    abbassamento di voce, che dagli accademici sono interpretati solo

    come sintomi dansia, possono diventare indici attendibili di bugia

    quando colti nel giusto contesto e valutando con attenzione chi si ha

    di fronte. Inoltre, come spiegheremo approfonditamente nel prossimo

    paragrafo, spesso ci avvaliamo di indizi che esulano dallosservazione

    del comportamento non verbale o dallanalisi dello stile linguistico

    dellindiziato. Infine, chi particolarmente abile nel riconoscimentodella menzogna si avvale dellesperienza e dellintuito.

    Facciamo i conti con la realt

    In questo e nel prossimo capitolo andremo a illustrare gli indizi

    non verbali che segnalano una menzogna, cos come sono emersi

    dallindagine scientifica e dalle intuizioni di investigatori navigati.

    I ricercatori Hee Sun Park, Timothy Levine, Steven McCornack e

    altri hanno per mosso unimportante critica a queste scoperte: non

    cos che la gente scopre le menzogne nella vita vera!

    In un tipico esperimento sul tema viene assoldato un certo nu-

    mero di partecipanti: questi sono invitati a dire una bugia oppure la

    verit. Un altro gruppo di volontari ha invece il compito di stabilire

    chi menta e chi no. Sulla base di un procedimento di questo tipo, i

    giudici superano appena la media, cio nelle loro valutazioni sono

    molto vicini alla casualit.

    La cosa non deve sorprendere, sostengono gli studiosi: innanzitutto,

    gli unici comportamenti su cui i giudici devono basarsi sono segnali

    verbali e non verbali. Inoltre, vengono costretti a farlo immediatamente

    dopo losservazione di un breve filmato. In sostanza, non conoscono

    di persona gli individui ripresi; non hanno interazioni a faccia a faccia

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    con loro, non dispongono di informazioni sulla loro vita, sulle loro

    abitudini o sulla loro personalit, n hanno altri indizi.

    Nella realt, puntualizzano gli autori della ricerca, una menzognaviene scoperta dopo unora, una settimana e perfino dopo qualche

    anno, e le spie che portano a questa conclusione sono molteplici. I

    ricercatori hanno cos condotto unindagine e hanno appurato che,

    di norma, chi viene a sapere di essere stato ingannato viene spesso

    imbeccato da terze persone (nel 32% dei casi) oppure lo accerta

    in base a molteplici elementi (30,9%) o a prove (nell85% dei casi)

    come lestratto conto della carta di credito, una ricevuta dalbergo

    lasciata inavvertitamente nella giacca o uno squillo del cellulare inun orario insolito.

    Non solo la carenza di indizi a rendere la ricerca scientifica al

    riguardo deludente, ma anche, secondo gli psicologi Stephen Porter

    e Leanne ten Brinke, il fatto che in quel contesto la posta in gioco

    modesta: non ci sono grandi vantaggi a mentire e le conseguenze,

    nel caso si fosse scoperti, sono praticamente inesistenti. Se il rischio

    aumenta, anche le reazioni emotive (paura, rimorso, rabbia e perfino

    eccitazione) crescono, cos come lo sforzo mentale e il bisogno diautocontrollo: con leffetto che il bugiardo si lascia inevitabilmente

    scappare una maggiore quantit di segnali involontari a livello sia

    verbale sia non verbale.

    Pregiudizi e luoghi comuni

    Segnali ingannevoli, anche per gli esperti

    Come in altri campi, anche a proposito degli indizi di menzogna

    fioccano leggende e convinzioni popolari.

    Le credenze pi diffuse riguardano soprattutto i movimenti del

    volto; in uno studio condotto da 91 ricercatori in 75 Paesi e 45 diverse

    lingue emerso che ben 4 di 9 presunti segni coinvolgono la faccia: in

    particolare, i movimenti degli occhi, levitare lo sguardo, le espressioni

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    facciali e i cambiamenti di colore del volto (rossore o pallore). Lin-

    dagine ha messo in luce che il 71,5% dei partecipanti ritiene che chi

    mente distolga lo sguardo mentre parla; il 65,2% crede che il mentitoresia piuttosto irrequieto e cambi spesso posizione del corpo; il 64,8%

    ritiene che il bugiardo si tocchi e si gratti pi del comune; il 62,2%,

    poi, pensa che il discorso di chi dice il falso sia pi lungo del normale.

    Aldert Vrij, in un sondaggio sulle menzogne quotidiane (le pi

    comuni con cui abbiamo a che fare), ha appurato che i partecipanti,

    invitati a riferire le loro esperienze e i loro sentimenti al riguardo,

    puntualizzavano di sentirsi particolarmente a disagio a mentire e

    di trovarlo difficile e penoso: questo spiegherebbe perch esista laconvinzione diffusa che chi mente appaia nervoso, mentre negli studi

    scientifici al riguardo i soggetti risultino alla peggio un po tesi.

    Altri segni non universali per sono il balbettio, le pause lunghe,

    le gesticolazioni eccessive, unespressione cupa e seriosa.

    Esiste anche unaltra convinzione piuttosto radicata nel pensiero

    popolare: chi mente tende a ridere. Non riuscire a trattenere il riso

    quando si viene accusati di qualcosa in realt un modo di sfogare un

    senso di imbarazzo; non escluso che questo possa anche dipenderedallansia di essere scoperti, ma un segnale altamente inaffidabile.

    Lelenco degli stereotipi sulla bugia non solo condiviso dalla

    gente comune; purtroppo le forze dellordine non sono esenti da

    questi pregiudizi: un esame della capacit di giudizio di poliziotti e

    investigatori ha messo in evidenza che il 75% di chi fa parte di questa

    categoria reputa che segni di ansia come distogliere lo sguardo o strin-

    gere nervosamente qualcosa (per esempio un lembo dei pantaloni o

    una pallina di carta) siano sicuri indicatori di inganno.In unindagine sui pregiudizi sulla menzogna Aldert Vrij e Gn

    Semin hanno messo a confronto studenti universitari, professionisti

    nel riconoscimento delle bugie (investigatori, guardie carcerarie, agenti

    di custodia) e criminali incarcerati. Lesito ha dimostrato che solo i

    malfattori erano sufficientemente scaltri e capaci di distinguere pos-

    sibili indizi di menzogna da luoghi comuni: per esempio, i malviventi

    giudicavano che comportamenti come cambiare spesso posizione,

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    gli autocontatti e i movimenti di mani e piedi diminuiscono quando

    uno mente, mentre secondo le altre due categorie aumentano. Inol-

    tre, studenti e professionisti ritenevano che distogliere lo sguardo siaun segno attendibile di menzogna; per contro, i galeotti pensavano

    lesatto contrario (che cio sia un indizio maggiormente affidabile il

    guardare pi fissamente del normale).

    I due sessi hanno unidea diversa di quali siano i sintomi della bu-

    gia: quanto hanno rilevato Taku Sato e Yoshiaki Nihei dellUniversit

    del Tohoku, in Giappone. Esaminando un gruppo di 171 persone (91

    donne e 80 uomini) hanno scoperto che le donne, pi degli uomini,

    ritengono che chi mente mostri dei segnali non verbali (come toccareil proprio corpo o mordersi le labbra), appaia piuttosto inespressivo e

    sorrida poco. Inoltre, sempre le donne reputano che un bugiardo sia

    pi irrequieto e abbia un discorso stentato e ingarbugliato.

    Giovane e bello = innocente?

    Giudici e giurie sono tuttaltro che indifferenti allaspetto fisico

    degli imputati; numerose ricerche infatti dimostrano che la percezio-ne dellonest o della colpevolezza influenzata dalla fisionomia del

    volto, e questo incide perfino nelle decisioni della pena da comminare.

    Ancora adesso, insomma, non ci siamo emancipati dalle teorie

    del criminologo Cesare Lombroso che, nel XIX secolo, sosteneva

    che i criminali possedessero dei lineamenti diversi da chi non aveva

    uninclinazione a delinquere.

    In unindagine condotta dagli psicologi Ran Hassin e Yaacov Trope

    su 535 israeliani, intervistati in merito allopinione che le fattezze delvolto possano riflettere la personalit di un individuo, ben il 75% delle

    persone interpellate ha risposto di s; questa credenza per stata

    ampiamente disconfermata dalla scienza: in sostanza, non c nessuna

    relazione tra aspetto esteriore e determinate attitudini.

    Le psicologhe Diane Berry e Leslie Zebrowitz-McArthur hanno

    messo in luce, per esempio, che chi ha un volto dai tratti infantili

    (sopracciglia alte, occhi grandi, guance rotonde, fronte larga e mento

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    rotondo) viene percepito come pi sincero e onesto rispetto a chi

    presenta lineamenti pi maturi.

    In un esperimento condotto dalle due studiose, una giuria fittiziadoveva esprimere il proprio parere su un fatto compiuto da individui

    con un volto dalle caratteristiche infantili. In una versione, un com-

    messo mostrava una certa negligenza non avvertendo il cliente dei

    potenziali pericoli cui poteva andare incontro nellusare il prodotto

    che gli stava vendendo. In unaltra versione, il venditore ingannava

    deliberatamente il cliente. Curiosamente, i giurati reputavano chi aveva

    tratti infantili negligente (un comportamento che si accordava con le

    sue fattezze), mentre trovavano difficile pensare che avesse ingannato

    in modo volontario (perch questo non era in linea con il suo aspetto).

    In unindagine analoga, la stessa Zebrowitz, insieme con Susan

    McDonald, ha evidenziato che pi facile che chi ha un aspetto in-

    Pregiudizi razziali

    Perno la razza dellimputato pu inuenzare giudici e giurati: negli

    Stati Uniti le statistiche dimostrano per esempio che i colpevoli di colore

    hanno ricevuto condanne pi severe dei bianchi; nemmeno la polizia

    immune da questi pregiudizi: Aldert Vrij ha provato infatti che gli agenti

    di polizia in America tendono a essere pi sospettosi se lindiziato

    afroamericano invece che caucasico.

    Questa propensione negli States talmente marcata che gli psicologi

    Irene Blair, Charles Judd e Kristine Chapleau, analizzando gli schedari

    di un carcere americano, hanno scoperto che per quanto bianchi e neriavessero ricevuto in media la stessa pena per crimini analoghi, allinterno

    della stessa razza i detenuti con un aspetto pi marcatamente africano

    subivano pene pi pesanti.

    Tale pregiudizio razziale non un fenomeno solo a stelle e strisce:

    basta pensare al caso tutto italiano della scomparsa di Yara Gambirasio,

    di cui stato accusato in prima battuta il marocchino Mohammed Fikri,

    additato da tutti come colpevole e rivelatosi poi innocente.

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    comportamentoabitualeperpoicoglierelealterazioniquandosi

    affrontanogliargomenticritici. Cos, se supponiamo che linterlo-

    cutore abbia qualcosa da nascondere, buona regola iniziare a parlaredel pi e del meno e, solo dopo aver capito qual il suo modo di fare

    standard, passare alle questioni su cui supponiamo menta e rizzare

    le antenne per cogliere eventuali variazioni nel comportamento. Se una

    persona nervosa di suo, potrebbe diventare pi composta e rigida;

    se estroversa e tende a gesticolare, potrebbe continuare a farlo ma

    in modo artefatto ed eccessivo.

    Lincoerenza tra piano verbale e non verbale

    La contraddizione tra ci che viene espresso a parole e quello

    che comunica il corpo sembra un segnale attendibile di menzogna:

    questa constatazione stata messa in evidenza dagli psicologi David

    Matsumoto e Hyi Sung Hwang, della San Francisco State University,

    insieme con Lisa Skinner e Mark Frank.

    In una loro indagine i partecipanti si trovavano in due condizionisperimentali. Nella prima avevano la possibilit di commettere un

    crimine (rubare 50 dollari da una borsa) e poi veniva chiesto loro se

    avessero compiuto il furto o meno. In una seconda situazione i volon-

    tari dovevano dire la verit o una bugia riguardo ai loro orientamenti

    politici. In entrambi i casi, se fossero stati giudicati bugiardi, la pena

    comportava la perdita del contributo ricevuto per la partecipazione

    allesperimento e lattesa obbligata di unora in una stanza angusta,

    seduti su scomode sedie di metallo ad ascoltare un suono fastidioso(quindi erano molto motivati a risultare credibili).

    Dopo aver selezionato 20 persone, 10 per ogni condizione spe-

    rimentale, i ricercatori hanno codificato i loro comportamenti non

    verbali (le espressioni facciali e i gesti) e hanno preso nota del fatto che

    fossero coerenti o meno con ci che ammettevano (gli sperimentatori

    sapevano come erano andati i fatti e quale fosse la tendenza politica dei

    volontari). Inoltre, hanno trascritto quanto detto dal gruppo e lhanno

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    analizzato con uno strumento che esamineremo in un successivo ca-

    pitolo, lanalisi delle dichiarazioni (in sintesi, hanno osservato alcuni

    parametri come minimizzare o amplificare gli avverbi, cambiare laforma dei verbi per esempio dire pensavo di andarmene invece di

    me ne andavo , poche espressioni riferite ai sensi come vedere,

    sentire, toccare, appoggiare, sbirciare eccetera, e cambiamenti

    dei sostantivi per esempio, usare attrezzo invece che corda).

    Lanalisi ha messo in luce che chi mentiva generava pi compor-

    tamenti non verbali incoerenti con il contesto o con il contesto di

    quello che diceva rispetto a chi dichiarava la verit: un partecipante,

    per intenderci, ha affermato che non aveva trafugato il denaro, mamostrava segni di paura e di stress mentre lo diceva. Per contro, chi

    era onesto produceva molti pi segnali in linea con quanto sosteneva,

    come per esempio annuire mentre dicevano s.

    Curiosamente, affermano gli autori della ricerca, non cerano se-

    gnali non verbali che di per s esprimessero la verit o la menzogna;

    invece era molto attendibile lincongruenzatraquantosostenutoa

    paroleequantoespressoconilcorpo.

    Vediamo qualche altro esempio. Una donna che non voglia darea intendere al suo accompagnatore che venale pu rispondere alla

    domanda: Ti va di venire a fare un giro sulla mia Ferrari? con un

    rifiuto, ma contemporaneamente portare il busto in avanti in segno

    di interesse.

    In modo analogo, unopportunista che riceve in regalo dal suo

    fidanzato un anello con diamante pu dire: Sai che non ci tengo

    a queste cose: quello che mi piace in un uomo sono la sensibilit e

    laffidabilit, e al tempo stesso non distogliere un attimo lo sguardodallanello.

    Si pu paragonare a questi casi latteggiamento di una moglie che,

    infuriata perch la sera prima il marito tornato ubriaco, affermi: Non

    ti giudico e intanto incroci le braccia in segno di chiusura basta

    che tu mi racconti perch lhai fatto.

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    Il naso di Pinocchio

    Per quanto, come abbiamo precisato, gli indizi non verbali di men-zogna vadano esaminati caso per caso, in rapporto alla persona con cui

    abbiamo a che fare e, soprattutto, in riferimento al comportamentonormale del sospettato, esistono alcuni comportamenti o schemidi comportamenti che valgono per tutti.

    In un esperimento condotto da Paul Ekman e Wallace Friesen,

    alcune allieve infermiere assistevano a dei filmati piacevoli o impres-sionanti (come lamputazione di un arto o unautopsia). Dopodich

    dovevano raccontare quanto avevano visto a un gruppo di volontari;alcune, indipendentemente dal video, dovevano dire la verit, altrementire. In entrambi i casi, le volontarie apparivano piuttosto im-

    mobili; quando per dovevano dire una bugia sulle scene pi crudetendevano a portare le mani sul volto: toccandosi il naso, avvicinando

    la mano alla bocca, tirandosi una ciocca di capelli eccetera. Inoltre,cambiavano la posizione da sedute, gesticolavano poco e si lasciava-no sfuggire delle brevi espressioni facciali che rivelavano la loro vera

    reazione emotiva al filmato.Latto di sfregarsiilnaso, preceduto da un reale prurito, viene damolti indicato come un indizio di menzogna. stato osservato, peresempio, da diversi venditori quando il cliente dava un appuntamento

    a cui non si sarebbe presentato.In un comizio pubblico, Barack Obama ha dichiarato: [] come

    alcuni di voi hanno sentito, lo Stato delle Hawaii ha rilasciato il miocertificato di nascita completo e ufficiale; dopo queste parole si

    pizzicato il naso. E in effetti, si scoperto che il certificato era falso.Un altro esempio analogo quello di Hillary Clinton durante unaconferenza stampa svoltasi il 29 luglio 2009 a Washington. Sta parlando

    della situazione in Iran: [] come mi avete sentito dire prima, disostegno al popolo iracheno, che possa esprimere le proprie opinioni,

    che possa manifestare liberamente e apertamente e mettere in atto

    proteste pacifiche per la libert di stampa, perch i giornalisti non siano

    presi, arrestati e deportati, e ci fa parte di tutte le preoccupazioni che

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    abbiamo espresso/qui solleva le sopracciglia in una microespressione

    di perplessit e si gratta velocemente la narice sinistra in questo caso,

    verosimilmente indica che probabilmente non si identifica in coloro chehanno preso quella posizione, ma non pu ammetterlo/per settimane

    su ci che avevamo visto nel comportamento delle autorit in Iran.

    Ammiccamenti ambigui

    Alcune ricerche hanno messo in luce che chi racconta bugie tende

    a battere le ciglia pi spesso di chi onesto, mentre altre hanno evi-denziato che chi mente le batte meno: molto dipende dal momento

    in cui viene colto il segno, dalla personalit, dal contesto, da quanto

    uno si sia preparato a mentire eccetera.

    Mediamente, noi battiamo le ciglia 12 volte al minuto per motivi

    fisiologici (per umidificare locchio). Si appurato che in condizioni

    di tensione emotiva o di eccitazione, la frequenza dellammiccamento

    aumenta; chi pi a disagio, rischia di pi o pi ansioso tender a

    sbattere le ciglia pi spesso di chi pi calmo o pi sicuro di s.

    Quando una persona attenta o in allerta lammiccamento ral-

    lenta; quando qualcuno legge qualcosa di interessante le palpebre

    vibrano leggermente e, per contro, battono poco se ci si annoia. Se si

    concentrati fisicamente o mentalmente le palpebre sbattono meno;

    al contrario, se si confusi, disorientati, preoccupati, seccati si tende

    ad ammiccare pi del normale. Le persone dominanti o sicure di s

    sbattono le ciglia poco; lo fanno tanto invece le persone timide e ini-

    bite. Anche chi ha poca stima di s tende ad ammiccare velocemente;

    per questo motivo talvolta chi deve fare un discorso si isola in modo

    da distendersi prima di iniziare e inibire lo sfarfallio. I conduttori

    dei telegiornali riducono la frequenza del battito delle ciglia quando

    sbagliano per minimizzare i loro errori.

    Va sottolineato comunque che laumento dellammiccamento

    palpebrale o lo sfarfallio delle palpebre (una vibrazione scomposta

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    associata a volte a un rovesciamento dei bulbi oculari) possono anche

    valere come indizi di menzogna.

    Dal momento che questa alterazione del comportamento insostanza un segno dansia, chi mente pu mostrare unintensifica-

    zionedellafrequenzadiammiccamento dopo che gli stata posta

    unadomandaspecifica.

    Poniamo che una moglie sospetti che il marito la stia tradendo e

    abbia trovato in una tasca della sua giacca il conto di un ristorante: a

    quel punto, potrebbe iniziare a parlargli del pi e del meno (in modo

    da non metterlo sulla difensiva e fare leva sul fattore sorpresa) e poi,

    allimprovviso, chiedergli: Cosa mi dici della ricevuta del ristoranteche ho trovato nella tua giacca? Se il marito batte le ciglia pi velo-

    cemente probabile che abbia qualcosa da nascondere.

    Naturalmente lo stesso non vale se la domanda pu suscitare di-

    sagio per il fatto di essere sospettati. Per esempio, mettiamo che un

    agente di polizia dica: Hai rubato tu i soldi?! al commesso di un

    negozio dove stato trafugato lincasso: se questultimo intensifica la

    frequenza del battito delle ciglia vuol dire che va in ansia per essere

    stato accusato, ma non che sia colpevole.Una particolare sequenza di ammiccamento si rivelata uno degli

    indici di menzogna pi simili al naso di Pinocchio.

    Numerose ricerche hanno infatti dimostrato che lammiccamento

    delle palpebre diminuisce quando si impegnati in compiti mentali

    complessi e come gi sappiamo spesso mentire richiede uno sforzo

    intellettuale maggiore.

    Sharon Leal e Aldert Vrij con altri colleghi hanno cos voluto veri-

    ficare se, con questi presupposti, si potesse cogliere un cambiamentosignificativo nel comportamento di sbattere le palpebre. Hanno quindi

    ideato un test: a met dei partecipanti stato chiesto di parlare dei

    propri affari, allaltra met di rubare il testo di un esame dallufficio

    del professore e poi negare di averlo fatto.

    Lesperimento ha dato un esito importante: chierainvitatoa

    mentirediminuivalafrequenzadellammiccamento,masubito

    dopoaverdettolabugiailbattitodicigliaaccelerava per una

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    sorta di effetto compensazione. Chi invece diceva la verit aveva un

    aumento della frequenza di ammiccamento quando veniva invitato

    a riferire un fatto accaduto rispetto a quando doveva parlare di s:questo probabilmente avveniva per il fatto che, nel momento in

    cui sapeva di essere esaminato, si sentiva giudicato e viveva uno

    stato dansia.

    IL CASO

    La sparizione della piccola Ayla

    Lammiccamento come segnale di menzogna stato rilevato in unintervista a

    Phoebe DiPietro, nonna di una bambina di 20 mesi, Ayla Reynolds, sparita il 16

    dicembre 2011 dalla sua casa di Waterville, nel Maine.

    La bambina scomparsa dalla sua camera da letto: il padre, Justin DiPietro,

    laveva messa a dormire alle 20 circa e il mattino dopo si accorto che non cera pi.

    Stranamente, la cuginetta che dormiva nella stessa stanza non era stata toccata. Il

    giorno successivo, la madre di Justin, Phoebe, ha rilasciato una dichiarazione a una

    rete televisiva, rispondendo in modo evasivo quando le stato chiesto se cerano

    stati incidenti la sera precedente alla scomparsa e se ci fossero altre persone in

    casa oltre a lei e Justin. Allindomani dellintervista, Phoebe ha ammesso invece

    che lei non cera quella sera.

    Quello che segue uno stralcio dellintervista con i commenti sul comportamento

    verbale e non verbale della donna.

    Giornalista: Poteva essere successo qualche incidente quella sera?

    Phoebe DiPietro:/scuote la testa/No/chiude gli occhi/

    Giornalista: Non cera nessun altro qui?Phoebe DiPietro:/continua a scuotere la testa/No/chiude gli occhi/

    Giornalista: Lei, Justin

    Phoebe DiPietro: No/chiude gli occhi/

    Giornalista: Cerano altre persone qui?

    Phoebe DiPietro:/scuote nuovamente la testa/No, no/chiude gli occhi/

    [pi avanti nellintervista]

    Giornalista: Quando ha scoperto che lei [la nipote] non era l, cosa ha pensato?

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    Phoebe DiPietro: Iooo/batte tre volte le ciglia mentre lo dice; poi accenna un

    sorriso ha gli angoli delle labbra sollevati, la bocca socchiusa e un visibile

    rigonfiamento degli zigomi , prontamente bloccato/ho pensato che non

    volevo che mio figlio andasse a prendere qualche amico e assieme andassero

    a prendere a calci le porte [delle case] per cercarla.

    Commento: allo stato attuale delle indagini (agosto 2012) Justin DiPietro non

    stato accusato di aver fatto del male alla bambina e ha superato il test con il

    lie detector.

    Tuttavia, ci sono degli elementi sospetti nel comportamento della madre di

    lui: forse ha mentito solo per

    far s che il figlio non fossesospettato di essere implicato

    nella sparizione di Ayla. In ogni

    caso, chiudere gli occhi dopo

    ogni No (per altro, come gi

    detto, rispondere s o no

    un modo comune adottato dai

    mentitori per evitare di dare

    risposte pi compromettenti) eccessivo e verosimilmente

    indicava anche alla luce dei

    fatti che stava omettendo

    qualcosa.

    Quando poi la giornalista

    le ha chiesto Cosa ha pensa-

    to in relazione alla scompar-

    sa della nipote, Phoebe ha battuto le ciglia tre volte, mentre esitava verbalmente

    (Iooo), segno che non sapeva cosa rispondere.

    La reazione pi strana per il sorriso trattenuto: un comportamento del tutto

    fuori luogo per una nonna che si mostra disperata per la scomparsa dellamata

    nipote.

    Phoebe DiPietro trattiene a stento un sorriso; segnoche sta nascondendo qualcosa

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    I segnali non verbalidella menzogna

    (parte seconda)

    Le espressioni del volto: una lingua universale

    Il nostro volto una sorta di orologio svizzero, un meccanismo

    congegnato alla perfezione composto da 43 diversi muscoli che possono

    essere combinati in modo da produrre innumerevoli espressioni; si

    calcolato che il numero di combinazioni possibili pu dare luogo

    a circa 11.000 atteggiamenti diversi. La loro funzione principale dicomunicare le emozioni.

    Il primo scienziato a cogliere il valore emotivo delle espressioni

    facciali stato Charles Darwin, lideatore della teoria dellevoluzione.

    Il biologo sosteneva che molte delle espressioni facciali (emozioni)

    fossero state selezionate per ragioni di adattamento allambiente, cio

    servissero a comunicare qualcosa: lo stato interiore di una persona

    che, senza bisogno di parole, trasmette agli altri come si sente in quel

    momento (triste, felice, timoroso e via dicendo). Tutto ci ha un valoresul piano personale e sociale; per esempio la paura unemozione che

    segnala in genere un pericolo, e quindi utile comunicarla ad altri

    membri della stessa specie.

    In tempi attuali, le osservazioni di Darwin sono state approfon-

    dite e sviluppate dallo psicologo americano Paul Ekman. Ekman ha

    esaminato migliaia di espressioni facciali e ha elaborato un modello

    scientifico per la loro interpretazione.

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    Gli atteggiamenti del volto osservati da questo ricercatore sono

    gli stessi anche allinterno di culture molto diverse. Per esempio, in

    un gruppo della Nuova Guinea, di cultura primitiva, le espressionifacciali che gli individui esibiscono quando provano unemozione

    sono identiche a quelle mostrate da chi vive nel mondo occidentale.

    A cambiare da cultura a cultura sono invece le cosiddette regole

    di esibizione; in Oriente, per esempio, c una forte inibizione a mo-

    strare pubblicamente le emozioni negative come rancore, tristezza o

    dolore (specie tra gli uomini).

    Un nuovo studio di David Matsumoto e altri ricercatori della San

    Francisco State University ha dato prova che la mimica facciale non

    si apprende, ma nasce con noi.

    Gli scienziati hanno condotto lindagine analizzando le foto di

    4.800 atleti di judo provenienti da 23 diversi Paesi, ripresi alla ceri-

    monia di premiazione dei Giochi olimpici e paraolimpici del 2004;

    tra questi cera anche un nutrito gruppo di non vedenti. Dallesame

    delle espressioni facciali emerso che gli atleti ciechi e quelli vedentiavevano la stessa mimica in tutto e per tutto: per esempio, chi aveva

    conquistato la medaglia doro esprimeva felicit ed entusiasmo, mentre

    chi era arrivato secondo esibiva un sorriso di circostanza, che lasciava

    trapelare una certa amarezza.

    Questo riscontro ha portato gli studiosi ad affermare che le espres-

    sioni emotive sono scritte nel nostro DNA proprio perch, anche

    chi non le aveva mai potute vedere e quindi assimilare, le mostrava

    nellidentico modo degli altri.

    A ulteriore riprova del fatto che le espressioni emotive sono innate

    contribuisce una recente ricerca di un team composto da una psicologa,

    Nadja Reissland, un medico, James Mason, un docente di statistica so-

    ciale, Brian Francis, e Karen Lincoln, ostetrica e ginecologa; lindagine,

    in questo caso, stata condotta studiando latteggiamento facciale dei

    feti attraverso unapparecchiatura a ultrasuoni che permette di avere

    unimmagine tridimensionale del nascituro. Il comportamento sta-

    to analizzato nel periodo tra la ventiquattresima e la trentaseiesima

    settimana di gestazione.

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    Si cos osservato che alla ventiquattresima settimana i feti sono

    in grado di muovere un solo muscolo facciale alla volta: per esempio,

    possono tirare le labbra o aprire la bocca; dalla trentacinquesima,invece, diventano capaci di muovere i muscoli del volto in combina-

    zione: possono stirare le labbra, e al contempo abbassarle e rendere

    il solco naso-labiale (quello che va dal naso agli angoli della bocca)

    pi profondo. In definitiva, possono mostrare unespressione facciale

    completa.

    In questo capitolo preciseremo quali sono gli indici espressivi

    delle emozioni principali e le loro pi significative varianti; inoltre,

    parleremo di come queste espressioni si legano agli atti non verbali.Avremo cos uno strumento in pi per leggere il nostro interlocutore

    e capire se sincero o bugiardo.

    Cosa ci dice unespressione?

    Losservazione dei cambiamenti dellespressione del volto in rela-

    zione a degli stimoli ci pu dire:

    quale emozione sta vivendo lindividuo;

    se prova due emozioni contemporaneamente;

    lintensit dellemozione.

    Come si mostra unespressione?

    Lespressione del volto si pu mostrare:

    in modo completo per alcuni secondi (se permane di pi non

    genuina);

    come microespressione (per pochissimi istanti): lespressione

    completa, ma si mostra per un tempo brevissimo;

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    in modo soffocato: lespressione appare in modo parziale; cosa

    che, in certi casi, ne rende difficile linterpretazione;

    in modo asimmetrico: gli stessi atteggiamenti compaiono sulledue met del viso, ma con intensit diversa; in questo caso siamo

    di fronte a unespressione fasulla, simulata.

    Passiamo ora a elencare i tratti distintivi delle principali emozioni.

    Sorpresa

    Il tratto pi distintivo della sorpresa un repentino sollevamen-

    to delle sopracciglia, che appaiono curve; inoltre, il lembo di pelle

    tra palpebra e sopracciglia ha un

    aspetto teso e risulta pi esteso che

    in condizioni normali.

    Se linarcamento delle soprac-

    ciglia viene esibito senza le conco-

    mitanti modificazioni della pellesopra le palpebre e dellocchio, un

    modo per esprimere incredulit (in

    questo caso, si tratta di un segnale

    intenzionale).

    Questa posa delle sopracciglia

    determina un corrugamento del-

    la fronte provocando delle lunghe

    pieghe che lattraversano orizzontalmente.

    Gli occhi sono spalancati: le palpebre superiori sono sollevate e

    quelle inferiori abbassate; la parte bianca dellocchio, la sclera, visi-

    bile sopra liride (il cerchio colorato al centro) e talvolta anche sotto.

    Alle volte potremo osservare che gli occhi vengono aperti per un

    istante senza che ci sia linteressamento delle sopracciglia: in quel caso,

    lespressione segnala un inatteso aumento dellinteresse.

    Il mento tende a cadere verso il basso, portando le labbra a dischiu-

    Espressione di sorpresa

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    intende rimarcare che ci che dice serio e grave oppure che prova

    disappunto per la situazione o largomento.

    Unindagine illuminante

    Come abbiamo commentato nel capitolo precedente, Porter e

    ten Brinke hanno evidenziato un limite negli studi sul riconoscimento

    della menzogna: il fatto che i soggetti esaminati non hanno in genere

    grandi ragioni per scomporsi mentre mentono, tanto si tratta solo

    di simulazioni.I ricercatori hanno cos pensato di analizzare il comportamento

    di persone che potenzialmente avevano molto da perdere a essere

    scoperte: per questo motivo hanno studiato 78 appelli televisivi di

    familiari o parenti che si rivolgevano a presunti rapitori affinch

    liberassero i loro cari; la scelta caduta su queste situazioni perch lo

    abbiamo gi anticipato nella realt stato dimostrato che almeno

    nel 50% dei casi chi faceva lappello era il colpevole della sparizione,

    o almeno ne era coinvolto.I filmati sono stati esaminati alla ricerca di indizi verbali e non

    verbali di menzogna, analizzando le espressioni facciali e il discorso.

    Per essere certi che le loro conclusioni fossero corrette, gli autori

    hanno confrontato ci che avevano riscontrato con prove oggettive

    (raccolte dalla polizia e utilizzate nelle aule di tribunale, come lanalisi

    del DNA, oppure tabulati telefonici e testimonianze) che avevano

    portato alla condanna dei familiari o alla loro esclusione dalla rosa

    degli indiziati.Il risultato ha dato cos prova che c modo di distinguere i colpe-

    voli dagli innocenti soprattutto dallesame delle espressioni del volto.

    Gli assassini che mentivano pi facilmente esprimevano segni

    di disgusto, specie sollevando il labbro superiore: quando questo

    atteggiamento non era legato a un contenuto specifico, ipotizzano

    gli autori della ricerca, probabilmente rifletteva la ripugnanza per

    lomicidio commesso, il senso di colpa e la vergogna per le loro azioni

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    o un sentimento di repulsione per la vittima; per contro era difficile

    trovare segni di tristezza genuina. Il contrario avveniva invece con chi

    era innocente: questi ultimi esprimevano segni di tristezza e ansia. Sor-prendentemente, sono state notate parecchie espressioni di sorpresa in

    chi mentiva; secondo gli autori, ci accadeva non perch questi ultimi

    provassero davvero quella emozione, ma perch cercavano di simulare

    in modo maldestro preoccupazione e afflizione. Latteggiamento an-

    golato delle sopracciglia nella tristezza e la forma a triangolo scaleno

    praticamente impossibile da ricreare; in modo analogo, lapprensione,

    in cui le sopracciglia vengono sollevate (come appunto nella sorpresa)

    ma unite al centro, formando un solco verticale sulla fronte, quasialtrettanto difficile da riprodurre in modo volontario. Proprio neltentativo di fingere queste espressioni i mentitori rivelavano la loro

    effettiva mancanza di genuino coinvolgimento emotivo.

    Un altro segno distintivo dei bugiardi era la presenza, in genere

    molto rapida, di un sorriso: probabilmente, commentano i due ri-cercatori, si trattava di un sorriso nervoso oppure di una sorta di

    piacere sadico. In ogni caso, proprio questo tratto si era dimostrato

    uno degli indizi pi attendibili di menzogna.A livello linguistico, chi diceva il falso usava molte pi espressioni

    verbali di incertezza (forse, pi o meno eccetera). stato poirilevato che questi appelli venivano fatti molto prima dai colpevoli

    che dagli innocenti.

    IL CASO

    Lomicidio di Sarah Scazzi

    Mettiamo ora alla prova queste osservazioni in un caso reale: il caso di Sarah

    Scazzi, noto anche come il delitto di Avetrana. Lomicidio della quindicenne di

    Avetrana, in provincia di Taranto, ha suscitato molto scalpore a livello mediatico.

    Del fatto, accaduto il 26 agosto 2010, accusata la cugina Sabrina Misseri, la

    madre di lei, Cosima Serrano (che avrebbe architettato il tutto) e il padre, Michele

    Misseri, prima reo confesso e attualmente sotto accusa per occultamento di cadavere.

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    Analizzando la prima intervista che Sabrina Misseri ha rilasciato alla trasmissione

    Chi lha visto?possiamo cogliere dei segnali che sembrano esprimere proprio un

    atteggiamento di disprezzo e disgusto parlando della cugina: si tratta di microe-

    spressioni che durano meno di 1 secondo.

    Quella che segue la trascrizione dellintervista con gli atteggiamenti sospetti

    rilevabili in base a quanto esposto in queste pagine.

    Giornalista: So che vi scrivevate messaggi

    quotidianamente con il cellulare.

    Sabrina: S, erano semplici messaggiii

    per parlare di uscite; cosa stai facen-

    do o quando ci potevamo vedere, sepoteva venire a casa mia messaggi

    normalissimi.

    Giornalista (parzialmente sovrapponen-

    dosi a Sabrina): Ma Sarah non ti ha

    mai parlato di Internet /qui Sabrina

    socchiude gli occhi e assottiglia le labbra

    in quella che unespressione di collera/

    non ti ha mai detto nulla?Sabrina: Lei raccontava che qualche volta andava a casa di unamica per entrare

    nel profilo di Facebook; per lei si lamentava perch diceva che ogni volta mi

    diceva che non riusciva ad entrare, perch ogni volta non ricordava la password

    Giornalista: Ma che tu sappia, lei usava

    un nickname, un nomignolo

    Sabrina: No, lei mi diceva sempre che

    usava solo il nome e il cognome e

    basta; poi non lo so io so soltanto

    che la password ce lha pi di qual-

    cuno, poi non lo so /tira langolo destro

    delle labbra e solleva lo zigomo, tanto da

    rendere pi evidente il solco naso-labiale

    in unespressione a met tra il disprezzo e

    un sorriso crudele/

    Sabrina Misseri: espressione di rabbia

    Sabrina Misseri: espressione di disprezzo

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    Commento:riassumendo, siamo di fronte a due indizi che, secondo lo studio

    di Porter e ten Brinke, potrebbero essere indicativi del rancore di Sabrina per la

    cugina; inoltre, tutti e due si riferiscono a Internet o Facebook, quindi potrebbero

    essere legati a quello che considerato il movente della cugina di Sarah: la gelosia

    per il rapporto di questultima con Ivano Russo, di cui Sabrina era innamorata. In

    altre parole, Sabrina potrebbe aver espresso quella mimica facciale riguardo ai

    possibili messaggi che i due si sarebbero mandati via Internet.

    Esaminiamo a questo punto anche la prima intervista di Michele Misseri: in

    quelloccasione, aveva finto di aver ritrovato il cellulare della nipote per una casualit.

    Quella che segue la trascrizione dellintervista.

    Michele Misseri: stataaa proprio un

    caso, proprio io non volevo che lo

    trovassi magari la gente dice ma

    proprio lo zio lo doveva trovare? /sol-

    leva le braccia in un gesto plateale/ non

    volevo. Ho detto ai carabinieri di non

    dire niente a nessuno purtroppo, si

    saputo lo stesso.Giornalista: Mi racconta come suc-

    cesso?

    Michele Misseri: Allora, eee, ieri abbia-

    mo pulito gli alberi dellolivo con una

    scopatrice con un amico, ahh, un

    certo Bellino Dicimmo di Avetrana.

    Mi sono dimenticato un cacciavi-te, che per caso del cacciavite s

    trovata questa fortuna. Come sono

    sceso dove ho parcheggiato que-

    sta mattina ho visto una cosa della

    bruciacchiatura e mi venuta/mette

    entrambe le mani sul petto e incassa la

    testa/una cosa forte/si mette a pian-

    gere e si massaggia il petto/e/mette la

    Michele Misseri: atteggiamento normale

    Michele Misseri: espressione dansia

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    Gli indizi verbalinella menzogna

    Nel 1994 Susan Smith, una ventitreenne del South Carolina, rilasciunintervista in televisione sostenendo che i suoi due bambini eranostati rapiti. Successivamente, la polizia scopr che la donna aveva

    affogato i figli in un lago e inscenato il rapimento per nascondere ilsuo gesto.

    Quando ancora non era sospettata dellomicidio la Smith avevaaffermato pubblicamente: I miei bambini mi volevano; avevano bi-sogno di me e adesso io non posso aiutarli

    . stata proprio lanalisi

    linguistica delle dichiarazioni della donna a smascherarla. Mentre nelle

    sue interviste il padre parlava al presente (ritenendo appunto che ifigli fossero ancora vivi), la madre si riferiva a loro usando i verbi alpassato: un modo di esprimersi decisamente inconsueto in chi nutrela speranza di ritrovare i propri cari dispersi.

    Sulla base dellesame delle dichiarazioni di mentitori e persone

    sincere si potuto evidenziare che esistono degli elementi del lin-guaggio che maggiormente tradiscono le bugie. In questo capitolo

    vedremo quali sono.

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    Uno strumento efficace: la SVA

    Il primo modello strutturato per la discriminazione delle dichia-razioni veritiere da quelle false la SVA.

    La sigla sta per Statement Validity Analysis, o Analisi della veri-

    dicit delle dichiarazioni, ed la tecnica pi diffusa per misurare la

    credibilit delle testimonianze, e in particolare per cogliere gli indizi

    verbali della menzogna.

    Questo strumento stato ideato dallo psicologo tedesco Udo

    Undeutsch nel 1967 e poi riformulato e perfezionato da altri studiosi

    per lanalisi dei casi di abuso fisico su minori. Successivamente,si appurato che un metodo di analisi valido anche nellesame

    dei racconti degli adulti riguardo ad argomenti diversi dai reati di

    stampo sessuale.

    La SVA si compone di tre elementi principali:

    un colloquio strutturato;

    lanalisi dei contenuti determinata con precisi criteri (CBCA,

    Criteria-based content analysis); il confronto fra gli esiti dellanalisi e gli altri elementi di prova.

    Il punto di forza della SVA proprio la CBCA. La tecnica, che stata

    affinata da Max Steller e Gnter Khnken, comprende 19 criteri che

    si presume riflettano la qualit del contenuto di una dichiarazione (in

    termini di vivacit, concretezza, vividezza, coerenza psicologica ecce-

    tera) e alcuni aspetti quantitativi (il numero di dettagli, la lunghezza

    degli enunciati, la presenza e la ripetitivit di esitazioni, intercalari,pause eccessive e cos via).

    Tali criteri sono stati studiati per consentire di riconoscere le

    differenze tra un racconto credibile e uno inventato: per esempio, un

    elevato numero di dettagli un buon indice di credibilit; al riguardo

    le ricerche hanno dimostrato che chi mente fornisce, in effetti, meno

    informazioni di chi dice la verit.

    Lanalisi condotta con la SVA viene accettata come elemento pro-

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    IL CASO

    Una battuta fuori luogo

    Mettiamo alla prova gli elementi di cui disponiamo finora per analizzare la

    chiamata al 911 di Sergio Celis in occasione della scomparsa di sua figlia Isabel.

    Ascoltando la telefonata (la si pu trovare su YouTube e su Internet disponibile

    la trascrizione), la prima anomalia che salta allocchio il tono pacato e calmo

    di lui; del tutto implausibile per un padre a cui non solo scomparsa la figlia, ma

    che ha motivi fondati per ritenere che sia stata rapita (ricordiamo che la bambina

    sparita dalla sua stanza, e che inoltre la finestra era aperta e il vetro era stato

    tolto e appoggiato sul muro esterno della casa).Quelli che seguono sono alcuni passaggi della telefonata.

    Centralino: Qual la sua emergenza?

    Sergio Celis: Voglio denunciare la scomparsa di una persona; di mia figlia piccola

    di 6 anni. Credo sia stata rapita da casa mia.

    Centralino: Dove abita?

    (Alla risposta, laddetto gli dice di rimanere in linea per parlare con la polizia di

    Tucson.)

    Receptionist: Polizia di Tucson, dipartimento di Gabhart

    Sergio Celis: Salve, devo denunciare un, uhm, la scomparsa di una bambina. Credo

    sia stata rapita da casa mia.

    Receptionist: Bene, si tratta di sua figlia o?

    Sergio Celis: S.

    Receptionist: Perch pensa sia stata rapita?

    Sergio Celis:Non ne ho idea. Ci siamo alzati questa mattina e siamo andati a sve-

    gliarla per portarla alla partita di baseball che aveva e lei non cera. Ho svegliato i

    miei, miei figli. Ho guardato dovunque in casa e il mio figlio pi grande ha notatoche la sua finestra [di Isabel] era aperta e il vetro era appoggiato nel cortile.

    []

    Receptionist: C anche la mamma?

    Sergio Celis: Uhm, lei era appena uscita per andare al lavoro: lho giusto chiamata

    e le ho detto di portare a casail culo (risate).

    []

    Receptionist: Avete

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    Sergio Celis: Ah, ah

    Receptionist: avete ricevuto qualche strana telefonata; qualcosa del genere, visto

    qualcuno aggirarsi nei paraggi?

    Sergio Celis: No. Siamo tornati tardi dalla partita di baseball dei miei figli [] mi

    sentivo assonnato e non ho maisentito niente di strano.

    Commento: come abbiamo gi sottolineato, la voce tradisce la mancanza di

    preoccupazione del padre (in totale contrasto con quanto mostrato nellappello in

    TV che abbiamo esaminato in precedenza).

    Lanalisi del discorso evidenzia poi alcuni elementi decisamente sospetti: in-

    nanzitutto, nella prima telefonata si riferisce alla propria figlia prima dicendo che

    unapersona scomparsa e successivamente una bambina; per altro, mentre nel

    primo caso specifica che si tratta di sua figlia, in seguito non si prende nemmeno

    la briga di precisarlo, tanto che tocca al centralinista chiederlo. Come abbiamo

    detto, usare espressioni impersonali per parlare di un proprio familiare un modo

    per esprimere una dissociazione emotiva dalla persona o dalle eventuali azioni

    compiute contro di lei.

    Inoltre, quando laddetto gli chiede perch pensa sia stata rapita, Celis risponde

    in prima battuta che non ne ha idea, quando invece ha visto la finestra aperta senza

    il vetro; ma precisa questo dettaglio solo in un secondo momento.Del tutto fuori luogo anche la battuta sulla moglie: le ho detto di portare a

    casa il culo e la risata che ne segue. A un genitore in ansia non verrebbe mai in

    mente di fare dello spirito, per di pi da caserma.

    Infine, in risposta alla richiesta del receptionist se avesse notato qualcosa di

    insolito, replica commentando che si sentiva assonnato e che non ha maisentito

    niente di strano: quellavverbio stride se riferito a un fatto specifico.

    In definitiva, lanalisi della telefonata avvalora ancora di pi lipotesi di coin-

    volgimento di Celis nella sparizione della bambina; cosa gi emersa dallesamedella mimica facciale nel corso dellappello in TV.

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    Alla successiva domanda delloperatore (cos successo?), Peterson non

    menziona come stia la moglie, se stia sanguinando o qualcosa del genere, ma si

    premura a precisare che le capitato un incidente (verosimilmente per prendere

    le distanze dal fatto); solo alla successiva domanda (la terza) precisa che caduta

    dalle scale: questo tergiversare sullaccaduto decisamente sospetto.

    La puntualizzazione Non avrei mai voluto che le accadesse qualcosa di male

    stride con la dichiarazione che si sia trattato di un incidente: la propria volont non

    centra niente con una disgrazia; la frase diventa quindi unimplicita e involontaria

    ammissione di colpa.

    Ma il punto pi significativo che in nessun momento luomo chiede espli-

    citamente assistenza medica per la vittima!

    Il tono di voce

    Nellindagine di Adams e Harpster le richieste di assistenza medi-

    ca sincere erano accompagnate da una modulazione della voce. Per

    contro, un tononeutroepacatosospetto; solo il 4% dei chiamanti

    innocenti non mostrava variazioni di voce, mentre il 35% dei colpevoli

    aveva un tono uniforme e controllato.

    In modo analogo, in tale situazione chi telefona fa unesplicita

    richiesta di intervento medico. Nello studio, il 37% dei chiamanti ha

    espresso questa urgenza: tutti erano innocenti. Al contrario, il 22%

    dei soggetti dichiarava una situazione demergenza,masimostrava

    pazienteecontrollato:si sono rivelati tutti colpevoli.

    Altri parametri significativi

    Il grado di collaborazione del chiamante unaltra importante

    discriminante tra individui innocenti e colpevoli: i primi sono pronti a

    rispondere alle domande e danno numerose informazioni;icolpevoli,

    per contro, appaionoriluttantiaparlare,ripetonoleparoleedanno

    rispostepocochiare. Nellindagine di Adams e Harpster, il 51% di

    chi ha chiamato il servizio emergenze per denunciare un omicidio ha

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    ripetuto delle parole nel corso della telefonata: la totalit di costoro

    era colpevole.

    Quando un chiamante risponde a una domanda rilevante conespressioni come ah, uhm, cosa? eccetera in stato confusionale

    (a meno che non ci siano dei rumori che disturbino la ricezione) e,

    di per s, ci non indice di colpevolezza. Rilevantisono invece le

    interruzionideldiscorsoe il fatto dicambiareargomento rispetto

    al motivo della telefonata. Il 30% dei chiamanti che si comportato

    cos si rivelato colpevole: la presenza di questi segni, sostengono gli

    studiosi, un indizio frequente di colpevolezza.

    IL CASO

    Che fine ha fatto Zahra?

    Una chiamata che ripropone proprio cambiamenti di discorso, mancanza di

    interesse per quello che si sta dicendo e altri elementi sospetti quella di Adam

    Baker in relazione alla sparizione di sua figlia Zahra Claire.

    La bambina, di 10 anni, scomparve dalla sua casa nel North Carolina il 9

    ottobre 2010: due mesi dopo, nel novembre di quellanno, furono ritrovati i suoi

    resti smembrati.

    Elisa Baker, la matrigna, aveva chiamato il 911 alle 5.20 circa di quel giorno per

    denunciare un incendio nel giardino. Nella sua telefonata parla del fatto che il giardino

    andava a fuoco, ma non fa alcun cenno alla scomparsa della figliastra. Ci penser

    il marito, Adam Baker, numerose ore dopo (circa alle 14), ad avvisare le autorit.

    Successivamente, Elisa Baker stata incriminata e condannata per lomicidio

    della ragazzina, con laccusa di aver redatto anche una falsa richiesta di riscatto.

    Per completare il quadro va menzionato il padre, Adam, che seppure sia risultatoestraneo allomicidio, non detto che non ne fosse a conoscenza; inoltre, si tratta

    di una figura tuttaltro che immacolata: il 5 gennaio 2012 stato condannato pure

    lui per aggressione a mano armata e per altri reati minori.

    Esaminiamo quindi la chiamata al 911 di Adam Baker.

    Adam Baker:Hey, come va? /il suo tono calmo e controllato/

    Centralino: Bene

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    Adam Baker: Ho bisogno della polizia (a quel punto la telefonata viene dirottata

    al distretto giusto).

    Centralino: 911, qual lemergenza?

    Adam Baker:Ah s, mia figlia scomparsa []. La polizia stata qui ieri notte

    [per la denuncia di incendio].Hanno trovato una richiesta di riscatto per la

    figlia del mio capo... ehm... mi sono alzato un po di tempo fa... e sembra che

    abbiano preso mia figlia al posto della figlia del mio capo [].

    Centralino: Quando scomparsa?

    Adam Baker: Uhmmm abbiamo controllato questa notte attorno alle 2.30 e

    lei era l: tutto successo stanotte attorno alle 5.00 cos, io non so se loro

    hanno dato fuoco al giardino per distrarci e farci uscire per poi entrare con tutta

    calma dalla porta o non so.

    Centralino:Non sono a conoscenza di quanto accaduto stanotte cosa suc-

    cesso questa notte?

    Adam Baker: Ok, questa notte ci siamo alzati il mio cane mi ha svegliato e cera

    un incendio nel cortile e qualcuno ha versato della benzina nel camion della

    mia compagnia che io guido per lavoro. Hanno lasciato una lettera di riscatto

    sul veicolo indirizzata al mio capo dicendo che avevano sua figlia e che suo

    figlio sarebbe stato il prossimo. [] e sua figlia gentile. Sua figlia venuta

    con lui ieri sera quando lho chiamato [si riferisce al capo]. E ah, sembra cheabbiano preso mia figlia al posto di sua figlia.

    Commento:il padre non vede la figlia dal momento in cui va a letto; non si

    preoccupa di controllarla quando scoppia lincendio n sembra allarmarsi di non

    trovarla in piedi quando arrivano i mezzi di soccorso che sicuramente fanno un

    sacco di rumore. Nemmeno gli viene il dubbio che la figlia di cui si parla nella

    richiesta del riscatto possa essere la sua. La sua preoccupazione tale che d

    lallarme 6 ore dopo che il giardino andato in fiammeDel tutto insoliti sono il suo modo di presentarsi al 911 (Hey, come va?) e il

    tono pacato: esprimono un totale disinteresse per le sorti della figlia (forse perch

    sa che le successo qualcosa?).

    Inoltre, quando gli viene chiesto qual lemergenza, risponde in modo stupito;

    parla del supposto equivoco di persona e fa un commento del tutto irrilevante

    come: ehm... mi sono alzato un po di tempo fa; le sue espressioni sono con-

    fuse: uhmmm,non so; inoltre, a un certo punto, sembra dimenticarsi della