Libro Una Voce Nazionale Bruno Pizzul _Pira_Femia_ LupettiEditore

Embed Size (px)

Citation preview

Collana Saggistica e varia

Francesco Pira e Matteo Femia BRUNO PIZZUL Una voce Nazionale Copertina progetto grafico: Ilas Istituto Superiore di Comunicazione 2012 logo fausto lupetti editore logo fausto lupetti editore via del Pratello, 31 - 40122 Bologna - Italy tel. 0039 051 5870758 www.faustolupettieditore.it distribuito da Messaggerie Libri Isbn 9788897686156 Le immagini delle nazionali di calcio sono tratte da: German Aczel, I MONDIALI 1930-2010 Storia illustrata dei Mondiali di calcio, Dodici Edizioni, 2010

Francesco Pira e Matteo Femia

BRUNO PIZZUL Una voce NazionalePrefazione di Riccardo Cucchi

Interventi di Italo Cucci, Eleonora Giovio e Daniele Redaelli

Dedico questo lavoro al mio Pap, che ho perso quando avevo tredici anni, e che mi ha trasmesso lamore per il calcio e per il giornalismo. Alla mia mamma, che non ama il calcio, ma che ha sopportato le mie avventure da cronista sportivo. Alla mia nonna, Cettina, che mi manca tantissimo e che mi ha saputo coccolare. A tutti coloro che hanno apprezzato le mie cronache sportive e persino le mie radiocronache e telecronache. E a quelli che invece non sopportavano la mia voce. A tutti i miei studenti ai quali ho cercato di consegnare la mia esperienza. A tutti gli amici di Cormons che ho imparato ad amare e che mi parlano ancora nonostante il mio grande difetto: essere astemio. Un grazie speciale a Vania per il sostegno morale. E un pensiero speciale a mio figlio Gino, ai miei nipoti Gianmarco e Rossella. Francesco Pira Dedico questo libro ai miei splendidi genitori, a tutti i giornalisti precari italiani sfruttati e sottopagati, e a tutte le persone che in questi ultimi anni mi hanno fatto crescere come professionista, come uomo e come amante della vita. Un ringraziamento particolare va a Gigi Bigot, Diego Picelli e lA.c.d. Cormonese, Massimo Falato e Bruno Castello per lamichevole aiuto e i preziosi consigli. Matteo Femia

Indice

Breve storia di una autobiografia semi-autorizzata Prefazione, di Riccardo Cucchi Per chi suonan le campane Da Platone a Platini Un friulano a Catania Da mamma Ada a mamma RAI, da Cormons al Messico Un giorno di maggio Per un pugno di secondi Il cerchio si chiude Youpizzul Il professor Pizzul un uomo solidale Il mio Bruno Pizzul Italo Cucci, Italpress, Rai, ex direttore Guerin Sportivo Eleonora Govio, El Pais Daniele Redaelli, La Gazzetta dello Sport

7 11 15 29 39 47 57 63 69 73 85 90

Breve storia di una quasi biografia semi-autorizzata

Lidea di scrivere questo libro sulla storia della vita di Bruno Pizzul venuta a man mano che conoscevamo sempre di pi questo grande italiano. Un personaggio straordinario del mondo del calcio: un ex calciatore che diventato un giornalista sportivo. Anzi uno dei pi importanti telecronisti della Radio Televisione Italiana e uno dei pi conosciuti al mondo. Abbiamo dovuto faticare non poco per convincere Bruno a dare il suo assenso a pubblicare queste pagine. Non perch non avesse voglia di raccontare la sua vita, di farci conoscere gli episodi incredibili vissuti sui campi, da giocatore o da giornalista, ma perch questo uomo cos alto e cos in gamba non ama essere celebrato. Ha tentato di convincerci a desistere da questa nostra impresa. Alla fine labbiamo preso per stanchezza e ci ha regalato un bel po di ore per narrare le storie che in queste pagine abbiamo provato a raccontarvi. Quando poi ha saputo che tutti i diritti del libro sarebbero stati devoluti a una Fondazione, quella dellex calciatore Bor7

Bruno Pizzul una voce Nazionale

gonovo, ha capito che dietro questo piccolo grande volume non cera nessun tentativo di operazione commerciale, ma soltanto la voglia di fissare la storia di un uomo che ama il calcio, che lo ha giocato, e lo ha raccontato con grande professionalit, onest e stile. Bruno Pizzul questo. Qualche anno fa lUniversit di Udine lo ha coinvolto come Direttore Scientifico del Corso di Perfezionamento in Giornalismo Sportivo, presso la sede di Gorizia, organizzato dal Centro Polifunzionale, diretto dal professor Mauro Pascolini. Anche in quelloccasione fu capace di trasmettere la sua esperienza ai quindici corsisti. Lo fece spiegando come si fa e come si vive una telecronaca. Gi in quelloccasione provammo a prendere appunti. Gli aneddoti e le storie erano davvero appetitosi. E poi lo abbiamo ascoltato con passione nella sua Cormons, durante levento Goal a Grappoli dove riesce sempre a dare il meglio di s. In questo libro ci sono gli anni trascorsi nella sua Cormons (e non a caso uno dei due autori proprio di questa cittadina della provincia di Gorizia, nota per i suoi straordinari vini) e in Sicilia (e non a caso uno dei due autori siciliano) dove Pizzul ha giocato e ha ancora tantissimi amici. Bruno Pizzul un uomo che ama spendersi per i progetti di solidariet. Quando pu partecipa a eventi e kermesse dedicate alla donazione. Lo fa in molte parti dItalia, per dare un contributo nella raccolta fondi o per sensibilizzare su temi importanti. E anche di questo gli va dato merito. E poi stato, ed , anche un marito, un padre e un nonno fantastico. Ma non vuole che scriviamo della sua famiglia. Anche se il suo bene pi prezioso. Vogliamo ringraziarlo tantissimo Bruno, per questa opportunit di scrivere della sua vita, in un momento in cui il calcio sembra sporcato da vicende poco chiare e dopo gli anni di Calciopoli.8

Breve storia di una quasi autobiografia semi-autorizzata

Bruno Pizzul lemblema del calcio pulito. la voce della nazionale raccontata da ogni parte nel mondo. Lui, dopo Nicol Carosio e dopo Nando Martellini. Lui, un ragazzone di Cormons, capace di emozionarci, senza urla, senza grandi esclamazioni, senza super eccitazioni. La storia che leggerete una storia italiana. Una di quelle che unisce il nostro stivale. Una storia che pensiamo il grande Enzo Biagi o il bravo Gianni Brera avrebbero voluto scrivere. Ci siamo permessi di farlo noi. Speriamo vi piaccia, anche se il giudizio che temiamo di pi proprio quello di Bruno. Se leggerete questo libro vuol dire che abbiamo superato lesame pi difficile. Grazie Bruno, sei un vero esempio e per questo bello raccontare la tua storia. Gli Autori

9

Prefazionedi Riccardo Cucchi

Barcellona 1992, Olimpiade spagnola. Unestate torrida e una grande responsabilit che rendeva la canicola ancora pi insopportabile: raccontare latletica leggera per la televisione. Mi era stato chiesto dallallora direttore Gilberto Evangelisti. Questa volta lasci la radio e lavori per la tv, mi disse. Nessuna possibilit di obiettare che avrei preferito i microfoni radiofonici, che avevo ormai dentro i ritmi, imparati dopo quattro anni di paziente applicazione, da Seoul 88, che la radio impone. Tocca a te, e basta, fu la replica senza appello di Evangelisti. Stadio Olimpico, sala stampa. Un po di refrigerio grazie allaria condizionata. Meno di tre ore allinizio della primaCapo Redattore di Rai Sport, radiocronista della Nazionale e conduttore di Tutto il calcio minuto per minuto. 11

Bruno Pizzul una voce Nazionale

giornata di gare. Tanti fogli davanti a me, pieni di appunti. Biografie degli atleti, tempi personali, record di specialit, i migliori risultati dellanno, le liste di partenza. E una pesantissima borsa piena di libri, almanacchi, statistiche. E, soprattutto, limmane sforzo di riordinare le idee. Bruno si stagli davanti a me con la sua figura imponente, e laria di chi era l quasi di passaggio. Riky. Alzai la testa dai fogli sparsi sul tavolo. Piantala di studiare. Ti si confondono le idee. Lascia perdere. Quello che ti rimasto in testa quello che conta davvero. E lo tirerai fuori al momento giusto. Prendiamoci qualcosa da bere. Un sorriso e un pacca sulle spalle. Lasciai i fogli l e andai al bar con lui. I fogli rimasero in gran parte nella pesante borsa quando, in cuffia, il regista mi intim: sei in onda. E ci rimangono tuttora, a tanti anni di distanza. A volte rimangono addirittura a casa. In postazione, ai microfoni della radio, porto quello che conta davvero, quello che tiri fuori quando serve, senza abbassare lo sguardo per leggere rischiando di perdere ci che avviene sul campo di gioco. Una grande lezione, impartita con la semplicit dei veri maestri. Quelli che salgono in cattedra, raramente lo sono. il ricordo personale pi intenso, non lunico naturalmente, che conservo di Bruno. Come non essere orgoglioso di aver occupato, accanto a lui, uno dei tre posti della postazione Tv alla cerimonia di apertura dei giochi spagnoli. E di aver potuto commentare quei momenti cos densi di emozione. La voce guida era la sua, ovviamente. E la mia inclinazione a esaltare, veniva corretta, indirizzata, ammorbidita dal suo buon senso di cronista pronto anche a cogliere, con ironia, tutte le esagerazioni spettacolari che si nascondono dietro ogni cerimonia di apertura. Un ricordo indelebile. La calma, la serenit. Sono doti di Bruno che mi hanno sempre fatto riflettere. Il nostro un mestiere affascinante12

Prefazione

che rischia, per, di farci sentire troppo al centro del mondo. Non prenderti troppo sul serio, sembrava dirmi Bruno. Me lo ripeto spesso, anche oggi: non prenderti troppo sul serio. Ma le sue telecronache di calcio sprigionavano passione, vera. Quella di chi il calcio lha giocato e riesce a raccontarlo con semplicit. Perch il calcio un gioco semplice. Per questo piace cos tanto. comprensibile e immediato, al di l delle alchimie tattiche che alcuni vorrebbero, oggi, prioritarie su tutto il resto. Da telespettatore ho amato i suoi commenti. Da giovane cronista che voleva imparare, ho preso appunti quando Bruno parlava in Tv. Lui non lo sa, non glielho mai detto. Forse, lo legger adesso.

13

Per chi suonan le campane

Sono ormai quasi le otto di sera di un bel fine pomeriggio di maggio. La primavera si sta pian piano trasformando sempre pi in estate: la temperatura dolcemente mite, le luci del giorno sono ancora vive e decise, e il tramonto comincer a fare capolino tra i tetti delle case e le fessure di ogni strada solo da l a qualche minuto. Cormons vestita a festa: in piazza XXIV Maggio c infatti levento inaugurale di una manifestazione che unisce tutti i frutti principali del suo territorio. Goal a Grappoli infatti vuole esaltare le passioni naturali di una zona che ha dato tanto sia al mondo del calcio che a quello del vino: in questo lembo di terra al confine con lex Jugoslavia che si chiama Isontino mossero infatti i primi passi campioni come Capello e Zoff e nello stesso tempo si possono assaggiare alcuni tra i migliori vini bianchi dItalia. Al centro della piazza gremita di gente, tanti personaggi del mondo del calcio e del giornalismo sportivo, che dibattono di come questo mondo pallonaro sia cambiato nei decenni sia nel suo modo di essere vissuto che nella15

Bruno Pizzul una voce Nazionale

forma del suo essere raccontato: dalla voce radiofonica del mitico Niccol Carosio alle urla di gioia a Berlino 2006 di Marco Civoli e Fabio Caressa, passando per lindimenticabile, triplice Campioni del Mondo di Nando Martellini al Mundial 82. Dino Zoff, Renzo Ulivieri, Giovanni Galeone e tanti altri nomi importanti del calcio italiano sono arrivati qui per lamicizia che li lega al padrone di casa della manifestazione. A un certo punto per, la chiacchierata sui tempi che furono e che sono viene ostacolata da un suono che pi tradizionale e allo stesso tempo moderno non si pu: le campane del vicino Duomo parrocchiale. Il meccanismo automatico che le fa cominciare a dondolare pi preciso di un orologio svizzero: sono le otto della sera, ora dellAve Maria. Il rumore delle campane, nella piccola e suggestiva piazza sulla quale il campanile incombe, forte, talmente imponente che i relatori della conferenza allaperto sono costretti a fermarsi: impossibile ascoltare le loro voci. a quel punto che si entra pienamente nel mondo di Bruno Pizzul:Quando ero piccolo spiega con un sorriso sulle labbra Bruno agli ospiti e al pubblico mentre il suono delle campane man mano cala dintensit abitavo proprio qui dietro la piazza e a questora giocavo a calcio con gli amici in strada. Quando le campane suonavano alle otto di sera significava che bisognava tornare a casa per la cena, e guai se si ritardava: non cerano scuse, non si poteva arrivare tardi, e anzi, a volte le sentivamo pure: pensi solo a giocare a calcio, non studi, non fai niente. Queste erano le parole che mia mamma mi ripeteva sempre, anche se poi non era vero. Il fatto che i figli andassero a giocare a calcio per i genitori rappresentava solo una perdita di tempo e questo mi fa riflettere su come siano cambiati i tempi. Oggi16

Per chi suonan le campane

invece assistiamo allesatto contrario: gli adulti mandano i propri figli a giocare a pallone come fosse un investimento a futura memoria, li costringono a impegnarsi perch vogliono che diventino campioni. Una cosa impensabile allora: quante cose sono cambiate oggi. Possiamo per sicuramente affermare che il suono delle campane delle otto rimasto lo stesso.

Il sorriso affiora naturale sulle labbra dei tanti presenti, a cui i ricordi si risvegliano. Per capire il mondo di Bruno Pizzul questa forse la scena pi significativa: perfettamente in sintonia con la sua Cormons, paese di meno di ottomila anime nella quale cresciuto e dove torna spessissimo, in un momento nel quale emerge quellironia che navigando placida in lui si mescola alla sua umanit. Perch nella tranquillit dei ritmi quotidiani e nelle tradizioni della sua terra che si pu conoscere a fondo lanimo di Bruno, parlando di football e magari sorseggiando quel bicchiere di vino che non manca mai da queste parti. La storia di una terra di confine Una storia personale, quella di Bruno, che parte dunque dallentroterra friulano, in una giornata di fine inverno del 1938. Non a Cormons, dove si sarebbe trasferito pochi giorni dopo la nascita, ma a Udine, perch racconta allora si usava far nascere i bambini nella casa della nonna materna. Fin dalla scelta del giorno nel quale venire al mondo Pizzul fu elegante, regalando alla mamma Ada l8 marzo pi bello della sua vita. Dopo la nascita rimarr a Udine un paio di settimane, fino a quando non compie il suo primo tragitto verso Cormons. Se gli chiedi di dove sia, la risposta netta: Sono cresciuto a Cormons e mi repu17

Bruno Pizzul una voce Nazionale

to cormonese anche se tanti miei compaesani ride mi chiamano talian. Termine un po dispregiativo con cui un tempo i friulani appartenenti allImpero austroungarico definivano gli italiani del Regno sabaudo nella marilenghe, la madrelingua (guai a chiamare il friulano altrimenti, perch si tratta proprio di un idioma al 100%). Una controversia che nacque a causa del confine che fino alla Grande Guerra separava questo lembo di terra sul fiume Judrio, vero e proprio spartiacque non solo territoriale ma culturale. Da una parte cerano Cormons, gli Asburgo e la ferrea mentalit austroungarica, mentre al di l del corso dacqua cerano Udine, i Savoia e tutti i pregi e i difetti dellItalia vista gi allora come la patria del compromesso, del tutto lontana dal modo di pensare e di agire di chi si rifaceva alla precisa forma mentis teutonica. Per i cormonesi, nascere al di l del fiume Judrio significava essere dei rozzi talians, cos, proprio senza la i iniziale, quasi a significare con questamputazione linguistica tutte le mancanze che lacculturata Austria-Ungheria imputava alla povera, sventurata Italia. Una differenza che tuttora resiste nella divisione storica tra lasburgica, aristocratica e cosmopolita Trieste, e litaliana Udine, maggiormente legata ai valori della terra e dellagricoltura: una divisione riassunta anche in quellarticolato nome della regione, Friuli Venezia Giulia, che evidenzia la natura egualmente giuliana e veneto-friulana locale. Con il territorio dellattuale provincia di Gorizia a fungere come una sorta di cuscinetto tra le due filosofie di vita, per met legata a Trieste e al mare (larea monfalconese), e per met friulana e rurale (quella orbitante nella cosiddetta Destra Isonzo). Cormons sta praticamente nel mezzo: fa parte proprio di questultimo nucleo, perch friulana fino al midollo, ma stata anchessa territorio fieramente asburgico. E cos, agli18

Per chi suonan le campane

occhi degli anziani di allora, quel piccoletto, figlio di una elegante donna udinese e di un robusto macellaio cormonese, non poteva che essere talian proprio perch mezzosangue, nonostante alla vigilia del secondo conflitto mondiale i confini tra Austria-Ungheria e Italia fossero stati cancellati ormai da ventanni. Una diatriba, quella tra Italia ed ex Impero asburgico, che a Bruno sar per sempre ricordata dalle posizioni quantomeno malinconiche del padre Ferrino.Come molti vecchi del paese ostentava nostalgia per lImpero austroungarico ricorda Bruno una volta telefonai a casa da Salisburgo, dove andai a fare una telecronaca dello spareggio tra Austria e Ungheria per qualificarsi a non ricordo quale manifestazione. Rispose mio padre e quando seppe che ero l per la partita che opponeva le sue due nazioni, il commento fu lapidario: Dai subito le dimissioni perch pi in alto di cos non potrai mai arrivare. Il tutto, ovviamente, non certo detto in italiano: Mio padre, cos come mia madre, con me ha sempre parlato in friulano, mentre tra loro vigeva la regola non scritta di comunicare in dialetto. Mamma infatti proveniva dalla citt, e gli udinesi allora non gradivano molto che si parlasse in marilenghe, che era vista un po come una lingua troppo popolana: quando si conobbero iniziarono a comunicare in dialetto e cos hanno continuato per tutta la vita.

Due figure sicuramente fondamentali nella vita di Bruno, mamma Ada e pap Ferrino: gestivano la macelleria di famiglia, sita prima in piazza Libert e poi in piazza XXIV Maggio. Dai caratteri completamente differenti (pi intransigente la signora Ada, pi accomodante il signor Ferrino), entram19

Bruno Pizzul una voce Nazionale

bi erano di tradizione cattolica e molto conosciuti in paese: Ferrino Pizzul ha anche ricoperto la carica di vicesindaco nellimmediato dopoguerra. Ma sicuramente con lattivit di macellaio e norcino che il pap di Bruno si fatto conoscere da tutti i cormonesi, cercando di tramandare la passione per un breve periodo anche al figlio, con risultati non proprio sempre eccelsi, sebbene un certo istinto per la gastronomia e in particolare per la carne di qualit sia rimasta nel dna di Pizzul. Il piccolo Bruno abitava nella vecchia casa di via Dante, proprio a ridosso della piazza principale del paese, dove una volta cera una scuola che insegnava lo sloveno. Oggi dipinta di rosso:A Cormons passai la mia infanzia e la mia adolescenza: il periodo era duro, io sono del 38. Da bambino nellimmediato dopoguerra nonostante le difficolt la zona era tuttavia uno spettacolo: come dimenticare quando di mattina alle 7 in punto nella piazza antistante cerano tutti i cesti di verdura e frutta che provenivano dal Collio rammenta Bruno la guardia fischiava al terzo suono di campana e tutti i cesti dovevano essere aperti in quellistante, non prima n dopo.

Nellimmediato dopoguerra Cormons era infatti diventato un mercato di riferimento per Vienna e Budapest per quanto riguarda i prodotti della terra. in quegli anni di ripresa dai drammi della guerra che Bruno incontra lallora prete della parrocchia, don Rino Cocolin, che poi sarebbe diventato Arcivescovo di Gorizia. Fu il sacerdote che, inconsciamente o meno, grazie a una sfera raffazzonata riusc a perfezionare un perfetto progetto di integrazione sociale in un momento tra i pi difficili della storia di queste parti.

20

Per chi suonan le campane

Riusc a trovare incredibilmente un pallone ricorda Bruno e definirlo tale era un po un eufemismo. Era una cosa piena di stracci e cuciture, e lui lo port l al Ricreatorio. Attorno a quella fattispecie di palla, che era lunica di tutto il paese, si raggruppavano tutti i ragazzi di Cormons. Quelloggetto un e divert tutti noi per tantissimo tempo, e in qualche modo divent anche una specie di equilibratore sociopolitico: in quel periodo non si sapeva se Cormons sarebbe passata con la Jugoslavia o meno. Cerano pressioni da parte di tutte le fazioni politiche e anche le famiglie erano molto divise e si guardavano in cagnesco. Quel pallone faceva si che tutti i ragazzi del paese andassero l e giocassero insieme, senza divisioni, e dunque divenne qualcosa che aiut davvero a ripianare i problemi che cerano nei rapporti interfamiliari.

Episodi che spiegano bene i motivi per cui Bruno sia legato ancora oggi a questi territori. Perch crescere in queste zone travagliate, aree di confine e passaggio di popoli per secoli, ti segna indelebilmente. qui, da queste parti, anche grazie a un pallone, che prima di ogni altra parte del continente nata lidea e la volont di unEuropa unita e libera da qualsiasi tipo di barriera. Chi ha vissuto qui, in questa parte dItalia che pi in periferia non si pu, sa bene cosa significhino la parola nemico o il termine divisione. Sono concetti entrati purtroppo a piedi uniti nel sangue di questa gente, che ha percepito prima di chiunque altro quanto un confine possa essere doloroso, possa costare morti, separazioni, lacerazioni. Quanto possa essere quotidiana la Guerra Fredda di cui tanti hanno sentito parlare solo in televisione o sui giornali: perch chi si avventurava, armato di prepusnica (il passaporto che le solerti guardie confinarie slovene chiedevano con fare perentorio) a fare, ad esempio, il pieno di benzina oltre confine attirato dai21

Bruno Pizzul una voce Nazionale

prezzi irrisori praticati in Jugoslavia, rischiava sempre grosso nel caso in cui ai graniciari, come venivano chiamati i funzionari di polizia jugoslava, qualcosa nei controlli non andasse a genio. C chi, ad esempio, era andato di l a fare benzina e prima di tornare di qua se lera vista brutta rischiando addirittura larresto, perch in auto trasportava riviste didattiche italiane, dovute al fatto che di professione faceva linsegnante alla scuola materna. E quei libri potevano sobillare ed essere provocatori per il ferreo e intransigente regime comunista. Distrazioni che chi attraversava la frontiera con laltro mondo non poteva permettersi per non incorrere, se andava bene, anche solo in qualche lieve spavento. Winston Churchill fu chiaro: calata una cortina di ferro in Europa che parte da Danzica e va fino a Trieste, e il territorio della provincia di Gorizia fu tagliato in pieno da questoperazione geometrica. E siccome a tracciare i confini furono gli statunitensi, piuttosto lineari quando si tratta di frontiere (basti pensare ai tanti stati americani separati gli uni dagli altri da vere e proprie rette orizzontali), non si and per il sottile. C anche chi si ritrovato a Gorizia con la cucina in Italia e la camera da letto in Jugoslavia, o la tomba del nonno da una parte, e quella dello zio dallaltra. Per questi motivi la gente nel Goriziano, prima di qualunque altra popolazione europea, ha desiderato che tutto questo finisse il prima possibile, e che la convivenza serena fra famiglie residenti nella stessa porzione di territorio (il Collio si divide infatti anchesso a met tra Italia e Slovenia) potesse avvenire senza traumi, pacificamente. Non a caso negli anni Ottanta una cooperativa di produttori vitivinicoli di Cormons diede vita, prima ancora che quella maledetta cortina di ferro cadesse, a unidea geniale,22

Per chi suonan le campane

intrisa di un mosto di fratellanza e di un aroma di lungimiranza: il Vino della Pace, le cui bottiglie da allora, ogni anno, vengono inviate a tutti i Capi di Stato del Mondo, proprio a sottolineare limportanza di quel valore, lamicizia tra i popoli, che per troppo tempo stata dimenticata da queste parti, causando sofferenze e dissapori difficili da cancellare. Situazioni che per hanno anche portato a esperienze personali vissute con senso dellumorismo:Cera un vecchio amico di mio padre che abitava in Slovenia e che morto poco tempo fa quasi centenario ricorda sorridendo Bruno e ogni volta che lo andavo a trovare mi diceva: sono nato austriaco, sotto lImpero Asburgico, sono stato poi suddito italiano, e poi dopo la seconda guerra mondiale sono diventato cittadino jugoslavo, e poi ancora mi hanno fatto diventare sloveno. Infine, mi hanno detto che adesso sono cittadino europeo: ma che vadin tuti in mona!

Termini dialettali tipici di questi posti, che fanno partire una risata contagiosa e che serve a stemperare, ma nello stesso tempo a capire come la Storia sia entrata a gambe unite su questi territori. Ci sono infatti molti modi per ricordare il passato che fu, tra cui anche lironia. Per questo oggi cos forte qui il senso della parola pace, tanto da accostarla anche al prodotto per antonomasia di queste terre, il vino. Vino e pace: termini che riassumono cosa sia stata e cosa sia tuttora la Cormons di Bruno Pizzul, territorio ricco anche di buon mangiare e paesaggi mozzafiato, e che oggi, superati i retaggi del passato, si presta assai bene a un vivere slow.

23

Bruno Pizzul una voce Nazionale

Cormons, dove nasce la passione del calcioLa qualit della vita che c qui eccezionale: quando torno da Milano evidenzia Bruno mi trovo sempre con i vecchi amici della Cormonese in osteria e passiamo ore a parlare di quando giocavamo contro le squadre degli altri paesi qui vicini.

Tra questi, uno degli amici storici di Bruno Gigi Bigot, il cui padre, Marino stato un grande dirigente arbitrale nonch un fondamentale insegnante di calcio per generazioni di giovani cormonesi, al quale, da trentadue anni, dedicato un torneo amatoriale estivo in paese.

Bruno Pizzul (il terzo da sinistra in basso) a un campo estivo con i ragazzi della parrocchia di Cormons. Assieme a lui altri due giovani che faranno carriera nel mondo del calcio: i futuri arbitri di serie A Paolo Toselli (il settimo in piedi da sinistra) ed Enzo Barbaresco (il secondo in piedi da destra)

24

Per chi suonan le campane

Pizzul il primo accosciato da sinistra nella Cormonese 1964-65 partecipante al campionato di Prima categoria

Bruno sempre stata una persona che ha mantenuto forte il legame con i suoi amici di Cormons sottolinea Bigot sono tanti gli episodi che ci uniscono, perch da ragazzi partecipavamo alle gite in montagna della parrocchia, e frequentavamo gli stessi posti: si giocava insieme nei campi del ricreatorio prima e con la maglia della Cormonese poi. Tanti gli articoli dei giornali locali nei quali (siamo alla fine degli anni Cinquanta) si pu incontrare nelle formazioni della squadra locale il giovane Pizzul, con la maglia numero 2 o con quella numero 11: Era un difensore di razza, dal fisico molto imponente ricorda Bigot ma Bruno ha sempre avuto ottime qualit25

Bruno Pizzul una voce Nazionale

anche fuori dal campo, soprattutto sul tavolo da biliardo, dove nel gioco cosiddetto alla goriziana aveva gran talento. E che la famiglia di Pizzul dal lato paterno fosse molto legata al passato austroungarico viene confermato dallo stesso Bigot: Lattaccamento allAustria da parte del pap e anche da parte del nonno di Bruno era evidente, e spesso fioccavano gli episodi divertenti quando ricordavano quanto si stesse meglio sotto Vienna: indimenticabile il punto di vista del nonno di Bruno, che ogni tanto se la prendeva con lItalia esclamando Avete vinto solo una guerra in tutta la vostra storia, e lavete dovuta vincere proprio contro di noi. Oppure la storia che raccont il pap di Bruno, quando nel 1918, appena conclusasi la Grande Guerra e Cormons divenne territorio italiano, andando a prendere il latte pass sotto la statua di Massimiliano dAsburgo, ancora in piedi nella piazza principale del paese, e l vide un soldato italiano dai vestiti non certo eleganti come quelli austroungarici, fermo con il fucile in mano. Tornando a casa, a dimostrazione di come lItalia agli occhi di un suddito austriaco fosse vista come una Nazione di poveri, disse a sua madre, la nonna di Bruno, con il suo friulano pungente: Ai viodt un talan che sire la caritat con une slope in man (ho visto un italiano che chiede la carit con un fucile in mano). Tale era la sorpresa di vedere un militare con un uniforme tanto rabberciata, con uno stile non certo asburgico. Daltronde bisogna capire lepoca: i ragazzi nella Cormons austroungarica andavano tutti a scuola raggiungendo un buon livello culturale, le donne del paese spesso e volentieri andavano a teatro a Trieste. Pochi chilometri pi in l, in territorio italiano, non succedeva nulla di tutto questo: per questo i vecchi cormonesi hanno sempre mantenuto unidea nostalgica dellImpero.26

Per chi suonan le campane

E a dimostrare il legame fortissimo tra Cormons e lAustria, c anche una particolarit del tutto locale riguardante proprio il football: qui infatti, e in pochi altri paesi del circondario, le scarpette bullonate da calcio vengono chiamate tretars, parola derivante da un termine tedesco usato Unimmagine curiosa sulla differenza di dai militari austroungarici statura tra Bruno Pizzul e lamico Piut che indicava le scarpe da Cernola con cui gioc nella Cormonese fatica utilizzate in caserma, nel capionato del 1964-1965 con le quali evidentemente giocavano anche a calcio nelle partitelle tra commilitoni. Insomma, il pallone qui nelle vene e nel vocabolario. Bruno a 14 anni era molto bravo continua Bigot e cos, come tutti quelli che dimostravano di avere un po pi talento degli altri, lasci lAlba, la squadra della parrocchia, per andare alla Cormonese. Fu in quel momento che cominci la sua carriera calcistica. Ma anche se poi lasci Cormons non rescisse il legame con noi amici: ogni volta che torna, e lo fa spesso, sempre una grande festa. Ed cosa usuale, anche oggi, vederlo per le strade del suo paese dorigine guidando la sua immancabile bicicletta, il suo mezzo di locomozione preferito, che vi sia un caldo torrido o un freddo pungente: la stoffa teutonica di Bruno, rinforzata da decenni di telecronache tra lafa di Pasadena e il gelo di Mosca, non si scalfisce con nessuna temperatura, tantomeno nella sua Cormons.Sento molto bene le mie radici e per temperamento amo di pi i luoghi tranquilli che quelli chiassosi perch fonda27

Bruno Pizzul una voce Nazionale

mentalmente sono un pantofolaio anche se quando sono qui sono sempre in giro perch mi invitano a una manifestazione o a un convegno, e io presenzio sempre volentieri. Io lo dico sempre sorride Bruno mentre una delle sue inseparabili sigarette brucia, causando un fumo che pare avvolgere e addolcire i ricordi la verit che io ho cominciato a lavorare quando sono andato in pensione.

28

Da Platone a Platini

Oggi scorrendo le rose delle squadre professionistiche di serie A, trovare un calciatore proveniente dal Friuli Venezia Giulia come cercare un ago in un pagliaio. Sebbene una delle pi floride realt calcistiche nazionali sia proprio di queste zone, trovare giovani virgulti promettenti un po come lottare con don Chisciotte contro i mulini a vento. Sembra che il filone, da queste parti, si sia improvvisamente inaridito, e lUdinese ne lesempio perfetto: un melting pot calcistico con giocatori provenienti da ogni dove, ma con nessun friulano doc tra di essi. Eppure questa terra che ha dato al grande calcio nomi importantissimi.Credo che questa crisi di vocazioni spiega Bruno dipenda proprio da quelle mamme e da quei pap che oggi spronano con forza il figlio a emergere, a giocare, a vincere. Con leffetto paradossale che si crea disattenzione, con tanti ragazzini che iniziano e poi smettono perch non si appassionano: la percentuale di dispersione calcistica altissima da queste parti, tanti si fermano perch vedono il calcio come unimposizione.29

Bruno Pizzul una voce Nazionale

Incredibile ma vero, se si pensa ai tempi che furono: basta prendere un almanacco degli anni 50 e 60. Nelle rose di allora era strano il contrario: non trovarci alcun friulano.Il fatto che nemmeno lUdinese, che sta facendo cos bene in questi anni, ne abbia uno, sintomatico di come vadano le cose commenta Bruno anche un problema socioeconomico: una volta andavi a calcio e non cerano tante altre forme per divertirsi. Oggi giocare a calcio per i ragazzini significa non poter andare in discoteca, o non stare con i compagni e fare qualcosaltro. Quindi tutto sommato non sbagliato dire che per fare bene nello sport ci voglia un po di fame.

Il discorso si fa troppo serio per uno abituato alla battuta come Bruno, che infatti non ci pensa su due volte:Oggi invece sono quasi tutti meridionali nelle nostre squadre di calcio, forse perch i ragazzi di gi hanno bisogno di sacrificarsi, non hanno la pancia piena come quelli del nord. Ricordo che ai miei tempi non cerano calciatori di serie A provenienti dal Sud: noi a Catania chiamavano terrone Michelotti perch era il pi meridionale della rosa. Era della provincia di Firenze.

S perch Bruno Pizzul, per quelli che non lo sapessero, stato anche un calciatore professionista. Era insomma uno dei tanti friulani del calcio italiano. Arriv fino alla serie B, con la maglia del Catania. Un percorso partito dai campi spelacchiati della sua Cormons.Mia mamma non vedeva di buon occhio questa mia passione per il calcio, fin da quando ero ragazzino. Era integerrima, lo studio doveva essere davanti a ogni altra cosa. Tutto il contrario di mio padre.30

Da Platone a Platini

Una diversit che per poco non sfoci in una crisi diplomatica tra i due:Si bilanciavano, smussavano gli eccessi da una parte e dallaltra. A scuola andavo bene: mia madre pretendeva che mi impegnassi, mentre mio padre non ci faceva caso, anzi. Mia mamma al primo 5 in pagella, in un compito di matematica, mi disse: Adesso vai a letto senza cena! Mio padre invece mi prese da parte, e mi fece i complimenti: per loccasione fu cos contento che la mattina successiva mi trovai in giardino una bicicletta nuova. Era un suo regalo per aver finalmente preso uninsufficienza. A mia mamma per poco non le prese un colpo.

Nonostante i tentativi di depistaggio da parte del padre sul suo percorso da studente modello, Bruno crescer deludendo il genitore: il potere carismatico di mamma Ada infatti superava le proposte indecenti del pap.Ero bravo, perch mia madre mi spronava. Mi ricordo che mi mandarono in prima elementare e mi misero alla lavagna con dei gessetti per fare dei disegni e scrissi il mio nome perch me laveva gi insegnato mia madre: la maestra Feresin mi disse: E chi sei tu? Per questa abilit mi prese per genio, mia mamma ne fu orgogliosa. Insegnarmi a scrivere aveva portato subito frutti importanti ai suoi occhi.

Non mancheranno per i lati oscuri nel curriculum scolastico di Bruno.A scuola andavo bene ma non come condotta. Tra i miei fiori allocchiello c infatti quello di essere stato espulso dal liceo Stellini di Udine.

Difficile la vita per Bruno, al liceo del capoluogo friulano:31

Bruno Pizzul una voce Nazionale

Gli stelliniani sono una razza un po particolare: mia mamma, da buona udinese, un giorno mi disse senza possibilit di smentita: Devi andare allo Stellini. Ovviamente ubbidii e mi trovai in questo liceo indubbiamente molto valido ma con una mentalit un po diversa dalla nostra. Io dovevo prendere il treno delle 13.05 per venire a casa a Cormons: la campanella di fine lezione suonava alle 12.50 e io ce la facevo sempre ad arrivare in tempo alla stazione. Un giorno, per, successe il patatrac: suonata la campanella, fui fermato da un individuo nemmeno particolarmente vistoso che mi blocc e mi intim: Non puoi andare! E io: Come non posso andare, suonata la campanella. E lui: Non puoi andare: devono uscire prima le signorine! Facevano uscire tutte queste tizie che tra laltro camminavano lentamente, parlavano, facevano tutto con estrema, olimpica calma: Prima tutte le ragazze e poi i ragazzi insisteva il personaggio che mi aveva bloccato. Ebbi cos un alterco con questo signore: era niente di meno che il vicepreside. Da quel momento presi la nomea di uno particolarmente discolo per riuscii nonostante tutto a passare fino alla prima liceo. Poi al secondo trimestre di quellanno ebbi un tremendo 6 in condotta. Mi contatt cos il preside, che tra laltro aveva una simpatia per me e mi disse: Guarda Bruno, noi ti diamo l8 in condotta, per te ne devi andare, non possiamo tenerti qui. Tutto quello che succedeva era colpa mia. Io pensavo che fosse uno scherzo, ma non fu cos: dovetti prendere le mie cose e mi trasferii cos a Gorizia al liceo Dante, dove ero clamorosamente e largamente il pi disciplinato, per distacco ride Bruno Questo la dice lunga su quanta differenza di percezione ci fosse nel comportamento tra i due licei. A Udine guardavano inoltre molto di cattivo occhio il fatto che giocassi a calcio. Mi dicevano: Non puoi avere la presunzione di tradurre Platone e giocare a calcio. Cosa che ritengo una sciocchezza inaudita.32

Da Platone a Platini

Anche perch Bruno negli anni sarebbe passato da Platone a Platini, transitando prima per un duello sul campo con un grandissimo come Sivori, con buona pace dei suoi insegnanti udinesi.A Gorizia invece il fatto che giocassi a calcio era una bella cosa, i prof erano molto contenti di questo. A Udine allo Stellini per era cos: se parli con Massimo Giacomini, lex allenatore di Milan e Udinese, che ha fatto anche lui lo stesso istituto con me, vi dir le stesse cose, anche se lui era di una famiglia notabile di Udine, e quindi sorride Pizzul il background familiare lo legittimava. Io invece ero figlio di un macellaio della provincia di Gorizia: nemmeno di quella di Udine, ma della lontana e proletaria Gorizia. La domanda che dunque si ponevano su di me era: E chi mai sar questo?

Ma lintransigenza della madre, se ebbe ottimi risultati sotto il profilo scolastico, non potette nulla nellambito della sconfinata passione per il pallone che Bruno sentiva nel sangue. In quella che era la vita sociale di allora, caratterizzata da rapporti di paese molto stretti, allinterno di quella convivenza cera una serie di valori: quello che giocava bene a carte, quello che giocava bene a biliardo, quello che giocava bene a calcio e via discorrendo. Tutte queste capacit, tra i ragazzi del paese, costituivano un motivo significativo di importanza sociale. Bruno giustamente, per la gioia di mamma Ada, si distingueva un po in tutti questi settori, ma in quello del tirare calci a un pallone soprattutto.A 16 anni giocavo con lAlba Cormons, squadra dei preti del paese, e quando Germano Mian, allora dirigente della Cormonese, and dal parroco a dire che mi voleva tra i33

Bruno Pizzul una voce Nazionale

suoi, nella squadra per eccellenza della citt, fu per me motivo di immenso orgoglio: andavo baldanzoso in giro per il paese pensando perch non mi salutano tutti?? E gi risata e fumata: Tutti allora cominciavamo con lAlba: andavi ad allenarti l e poi i pi bravi finivano alla Cormonese,e quando arrivavi l, dovevi gi saper giocare. Dovevi praticamente esserti formato da solo, perch allora non era come adesso. Oggi c questo reclutamento di ragazzini: a 7-8-9 anni insegnano loro a giocare con le scuole calcio, e nonostante ci ci sono sempre carenze tecniche importanti. Quando parlo con i responsabili dei settori giovanili di Inter o Milan me lo dicono spesso: a questi qua noi non dobbiamo solo insegnare a giocare a calcio, ma dobbiamo mostrare anche come si deve correre, cadere, alzarsi, perch non hanno la motricit che cera una volta nei paesi quando si giocava nelle piazze, ci si arrampicava sui muri, si saltava da una parte allaltra della strada. Una volta nella squadra dilettantistica del paese non ti insegnavano a giocare, dovevi aver gi imparato sulla strada con una palla di stracci, con le castagne selvatiche dinverno. Oggi c chi guarda Ronaldinho calciare le punizioni telecomandate sulla traversa, in un famoso spot. Allora ricorda non meno solennemente Bruno cerano le sfide a infilare la castagna nel tombino.

Dal calcio giocato al calcio raccontato Castagna dopo castagna, Pizzul arriver in alto. Mamma Ada per, negli anni del professionismo calcistico, ha un chiodo fisso in testa: far tornare il figlio a casa. Loccasionissima si presenta quando Bruno sar costretto a uno stop forzato che di fatto gli pregiudica la carriera: il 1962.

34

Da Platone a Platini

Ho smesso a 25 anni perch mi ero infortunato in modo serio, perch la passione era inversamente proporzionale al talento si schermisce Bruno ma anche per un altro motivo: sono dovuto tornare a casa perch mia mamma mi aveva giocato un colpo gobbo.

La signora Ada, infatti, anche in quellanno avrebbe dovuto compilare i moduli per il rinvio del servizio militare perch oltre a essere calciatore professionista, Bruno era contemporaneamente studente universitario alla Facolt di Giurisprudenza dellAteneo di Catania.Ovviamente non compil mai quei moduli, lo fece sicuramente apposta: e cos dovetti partire. Feci il corso per Allievi e Ufficiali, quattro mesi ad Ascoli e quattro mesi ad Aosta alla scuola militare alpina. Dovrei essere Capitano, ma sono Tenente: mi richiamarono dopo che ero stato assunto in Rai per elevarmi di grado, ma era il periodo in cui dovevo partire per le Olimpiadi di Monaco e allora rinunciai. Ma con gli Alpini vado ancora in giro spesso.

Al termine della leva, Bruno taglia il traguardo della laurea: il 1963, sono gli anni ruggenti del boom economico, dellItalia che si lascia alle spalle la povert per diventare uno dei Paesi pi sviluppati dellOccidente. Il mondo del lavoro apre cos le porte al giovane Pizzul:Feci lesame di abilitazione allinsegnamento e andai a svolgere le mie prime lezioni alle scuole medie a San Lorenzo Isontino, succursale delle medie Locchi di Gorizia: materie letterarie, italiano, storia, geografia e qualche rudimento di latino. Le cose procedevano bene, e avevo addirittura una mezza intenzione di aprire uno studio di procuratore legale a Gorizia.

35

Bruno Pizzul una voce Nazionale

La tranquilla vita di provincia riporta Bruno nel suo habitat naturale.Ero gi stato in giro per lItalia, credevo di aver trovato una collocazione definitiva, mi ero da tempo sistemato anche sentimentalmente.

Se gli si chiede del suo essere fidanzato allepoca, la risposta fantastica:Fidanzato un concetto un po siciliano. Diciamo che il mondo studentesco di Cormons allepoca era molto spaccato: la mia futura moglie faceva parte di quel gruppo che andava a sentire Beethoven e quelle balle l, io ero pi da osteria. Lho conosciuta una sera a un ballo di Carnevale al Ricreatorio, a cui ero arrivato tardi e probabilmente gi un po alticcio, e ho avuto un approccio non molto delicato nei suoi confronti. Lei mi tratt malissimo, e l ci siamo conosciuti. Siamo sposati dal 1965: io insegnavo, stavo bene, mi ero fatto un certo nome come giocatore di briscola e tressette e grazie a questo avevo una mia collocazione naturale nella societ cormonese di allora.

Lidillio venne interrotto nel momento in cui Radio Trieste attraverso il Gazzettino Radiofonico band un concorso nazionale per programmisti alla Rai: i bar di Cormons persero cos improvvisamente un campione di carte dal futuro assicurato.A quel concorso non si present nessuno. Un responsabile della Rai di Trieste, piuttosto contrariato, esclam: Che figura fasemo qua, no s g present nanca un can!. E allora mandarono delle lettere nominali ai laureati della regione per presentarsi ai colloqui. Per curiosit ci andai: feci un36

Da Platone a Platini

paio di incontri a Trieste e poi continuarono a chiamarmi per una prova scritta a Roma che passai. Tornai nella Capitale per un colloquio orale sempre relativo al concorso per programmisti, e in quel frangente nella commissione cera Paolo Valenti, che si ricordava di avermi visto giocare e mi disse: Ma cosa ci fai qui? Guarda che c un concorso per radiotelecronisti, ti sposto io da questaltra parte. Mi mand cos allaltro concorso e alla fine mi presero: tre provini a Milano, tre a Roma, ma era un corso di preparazione professionale di sei mesi che non garantiva lassunzione. Soprattutto per questo motivo non che fossi molto convinto. Furono Paolo Valenti stesso e mia moglie Maria a convincermi. Paolo mi disse: Dai Bruno vieni, ne vale la pena. Fummo in trentadue, ne assunsero diciotto: con me cerano tra gli altri Bruno Vespa, Paolo Frajese, Angela Buttiglione. Mi presero alla redazione sportiva di Milano, dalla quale non mi sono mai voluto muovere. Mille volte mi hanno detto di andare a Roma perch cera la possibilit di fare carriera. Ma avrebbe significato lasciare le telecronache, e a me piacevano troppo: non ho mai avuto una promozione ma non mi sono mai lamentato perch temevo proprio il fatto di dover lasciare il microfono. Rifarei la scelta di restare telecronista mille altre volte: per lamor di Dio, stare in redazione la morte civile!

37

Un friulano a Catania

Cera una volta lemigrazione friulana nel Nord o Sud America: gente che prima e dopo la Grande Guerra, fagottino in spalla, lasciava la Patria natia per andar a cercare fortuna dallaltra parte del mondo, dando poi vita nei decenni alle Little Italy newyorchesi o alle colonie argentine, o ancora, per restare in ambito strettamente friulano, ai Fogolar Furlans, vere e proprie associazioni di emigranti che parlavano la marilenghe tra Canada e Terra del Fuoco. Venne un tempo, poi, in cui ci fu un altro tipo di emigrazione friulana, ben pi profana e meno condizionata dallemergenza del mettere insieme il pranzo con la cena: quella del calcio, con destinazioni del tutto inusitate per gli allora tantissimi calciatori che da Pordenone a Gorizia, passando per Udine, popolavano il football italiano. Un esempio clamoroso di questo vero e proprio trasferimento di massa dei talenti regionali fu il Catania nel quale gioc Bruno Pizzul. Una meta, la Sicilia, che se nella vita normale poteva essere quantomeno singolare per trovare fortuna e ricchezza, nel mondo del calcio era molto ambita: la bellezza dei luoghi, il39

Bruno Pizzul una voce Nazionale

calore della gente, un seguito fortissimo. Tanto che divenne il Bengodi di una truppa di friulani doc che fecero la storia della societ rosso azzurra del Dopoguerra. Bruno ci arriv nel 1958, a nemmeno ventanni: a sponsorizzare il suo arrivo fu il capitano del Catania di allora, il suo compaesano Sebastiano Buzzin, uomo dal carisma e dalla personalit innate, che sicuramente mise una buona parola sullacquisto di quel giovane difensore dalla statura imponente che proveniva dalla sua Cormons. Buzzin era lelemento pi rappresentativo di una rosa nella quale figuravano altri quattro friulani purosangue: Guido Macor, i fratelli Boldi, originari di Tricesimo, Luigi Zannier. A Catania qualche anno prima era transitato anche un certo Enzo Bearzot, mentre nellanno in cui Bruno approda in Sicilia, lasciano la maglia rosanero altri due isontini doc: Perin e Gugliemo Memo Toros, scomparso pochi mesi fa.Una persona dal carattere sempre solare lo ricorda Bruno che lasci un ottimo ricordo a Catania: quando arrivai io lui era appena andato via ma si vedeva che tutti gli volevano ancora molto bene.

Il nucleo friulano a Catania dunque era assai compatto e contava parecchio: Pizzul si inser subito alla perfezione.La gag nella quale chiamavamo il toscano Michelotti terrone la dice lunga su quali fossero le componenti territoriali della rosa del Catania di allora spiega Bruno allora in tutte le squadre professionistiche trovare un ragazzo del sud era una rarit: il calcio italiano era retto quasi esclusivamente da giocatori del nord, con unaltissima percentuale di giovani provenienti dal Friuli Venezia Giulia. Catania rappresentava in questo in pieno il trend di allora.

40

Un friulano a Catania

Tanto che un giovanissimo Candido Cannav, allepoca redattore de La Sicilia di Catania impazziva ogni volta che doveva fare unintervista a qualcuno del gruppo dei friulani, che tra loro parlavano quella strana lingua incomprensibile. Minchia che isola sfortunata questa ci diceva Candido abbiamo subito invasioni di tutti: Fenici, Arabi, e adesso anche questi che parlano questo linguaggio barbaro. Eppure la colonia friulana rosso azzurra poteva essere addirittura pi numerosa: e il tassello mancante fu piuttosto clamoroso. Lapprodo di Pizzul a Catania infatti ebbe un retroscena abbastanza singolare:

Bruno Pizzul con la maglia del Catania, terzo, in seconda fila,da sinistra

41

Bruno Pizzul una voce Nazionale

Al provino in Friuli tra i tanti ragazzi che la societ test cera anche Tarcisio Burgnich ricorda Pizzul e non si sa bene come e perch, ma al termine del raduno scelsero me e non lui. Forse un piccolo errore di valutazione venne fatto visto che poi Tarcisio divenne uno dei difensori pi forti della storia azzurra sorride Bruno ma questo non toglie che quando lo vedo lo prendo sempre in giro: Dai che non ti ha voluto nemmeno il Catania! sono soddisfazioni anche queste. Ma in Sicilia il capitano era Sebastiano Buzzin, che era di Cormons: sicuramente mi sponsorizz.

In campo Pizzul fu un discreto difensore, che faceva della fisicit e del senso della posizione le sue caratteristiche principali: il Catania in quegli anni (biennio 1958-1960) veleggiava tranquillamente in serie B, scontrandosi con le grandi del calcio italiano solo in Coppa Italia. Fu invece durante unamichevole, affrontando la Juventus, che Bruno marc un certo Omar Sivori, tenendo botta alla grande: Averlo avuto come avversario in campo uno dei miei ricordi sportivi pi belli sottolinea ancor oggi Bruno. Pizzul in campo era uno degli elementi portanti di quel Catania, ma anche allinterno dello spogliatoio si ritaglier nel tempo un ruolo di riferimento non da poco: il tramite con le giovani studentesse dellAteneo, essendo lui stesso iscritto a Giurisprudenza allUniversit di Catania.Mi vedevano come quello che frequentando i corsi poteva essere un ottimo aggancio per le universitarie. In realt per non ero lunico studente: con me giocava Ramon Morelli, che era mio compagno di stanza e anche lui studiava allUniversit, alla Facolt di Medicina: eravamo gli unici due corsisti in organico a Catania. Nel tempo il rapporto di amicizia rimasto molto intenso: stato Ramon infatti a far nascere in Maternit allOspedale di Rho i miei nipoti.42

Un friulano a Catania

Pizzul rincorre Omar Sivori in una amichevole Catania-Juventus

Il rapporto di Pizzul con Catania, dove ritorn anche successivamente dopo una breve parentesi a Ischia, sempre rimasto viscerale.Una volta racconta Bruno mi invitarono con il portiere Antonio Seveso a un battesimo nel quartiere di San Cristoforo e ci trattarono come ospiti donore: il piatto prelibato che ci diedero erano delle interiora di pollo bollite, e sia a me che a lui non piacevano granch, ma dovemmo fare buon viso a cattivo gioco. Con Morelli andammo a fare il bagno a Capo Mulini, una spiaggia in zona: lui aveva una macchina presa in prestito e mentre eravamo in acqua ci43

Bruno Pizzul una voce Nazionale

rubarono il borsello con il portafogli. Dai documenti videro che eravamo due calciatori del Catania. Il giorno dopo nella sede del Catania rimandarono tutto indietro con tante scuse scrivendoci: non sapevamo che eravate voi.

Essere un calciatore aveva dei risvolti positivi non solo nelle disavventure:Alluniversit gli esami erano pubblici. Ricordo che feci Psicologia del Diritto, cerano diversi ragazzi che ascoltavano la mia prova, che non fu eccelsa, ma di fronte avevo un professore che era tifoso del Catania, e dopo un po, invece di parlare della materia, ci mettemmo a interloquire sulle sorti rosso azzurre, sul campionato di B, sul calcio in generale. Presi un voto molto alto, molto pi alto di quanto in realt meritassi.

La Catania di allora era nel pieno dei suoi anni migliori.A quellepoca, tra fine anni Cinquanta e primi anni Sessanta, era in pieno sviluppo, tanto che la chiamavano la Milano del Sud ricorda Pizzul i catanesi sono molto arguti, era un bel periodo per la citt: ogni tanto cera qualche distrazione malavitosa, ma nel complesso ci si viveva molto bene. E ci torno sempre molto volentieri.

E non sono mancati negli anni gli equivoci dettati da interpretazioni piuttosto locali dei comportamenti della famiglia Pizzul:Una decina di anni fa venni invitato a un ricevimento a Catania: nelloccasione con me cera anche mia moglie. Quando arrivammo nel luogo dove ci avevano portato gli amici siciliani, una donna del posto che non vedevo da44

Un friulano a Catania

anni mi riconobbe e mi salt letteralmente al collo abbracciandomi calorosamente e chiedendo come stessi dopo tutto quel tempo. Dopo la festa, in tarda serata, ci giunse notizia che mia figlia Silvia era stata poco bene a Milano: e cos io e mia moglie dovemmo ripartire immediatamente, invece di fermarci a dormire come previsto, senza spiegare nel dettaglio il motivo che ci spingeva a fare subito ritorno a casa. Il commento dei miei ignari amici catanesi fu quindi il seguente: Minchia hai visto la signora quanto gelosa? E poi dicono di noi siciliani!

45

Da mamma Ada a mamma RAI, da Cormons al Messico

La carriera del Bruno Pizzul calciatore, dopo essere transitata fugacemente per la splendida isola dIschia e aver fatto un breve ritorno a Catania, si concluder laddove era iniziata a met anni Cinquanta, tornando a casa da mamma Ada. Nella stagione 1964-65 infatti Bruno vestir ancora per un anno, prima di appendere le scarpette al chiodo, la maglia grigiorossa della sua amata Cormonese, in uno sfortunato campionato di Prima categoria che culminer con la retrocessione della sua squadra. Due colori, il grigio e il rosso, che gli sono rimasti sulla pelle per sempre:Da sempre da quando vivo a Milano, la prima cosa che faccio il luned mattina leggere i giornali locali della mia regione, che mi arrivano puntualmente a casa via posta, per sapere cosa abbia fatto il giorno prima la Cormonese.

Un bagaglio desperienza, quello del calciatore professionista, che negli anni in cui Bruno diventa telecronista47

Bruno Pizzul una voce Nazionale

sportivo della Rai sar di fondamentale importanza. Come forse nessun altro suo collega, infatti, Pizzul sapr calarsi nel ruolo del giocatore, essendolo stato per diversi anni. Una competenza in pi che affina le sue capacit di racconto e di spiegazione tecnica.Nelle telecronache di una volta era tutto molto diverso rispetto a oggi. Si pu davvero dire che sia cambiato tutto, non solo il tono, sempre cos concitato e urlato e non solo nelle telecronache sportive, ma si modificato proprio il modo di comunicare. Adesso si pu notare come anche la semplice lettura dei titoli dei telegiornali sia svolta in modo ansioso, urlando. una modalit comunicativa che risponde al momento attuale. cambiato soprattutto il linguaggio televisivo per immagini pi che per parole: quando iniziai io la televisione stava muovendo i suoi primi passi, cerano le due telecamere dallalto che proponevano la partita in campo lungo e vedevi tutto lo svolgimento della gara cos. Se ci si rimette a vedere adesso quelle partite la sensazione quella di assistere a una televisione ai primordi, per dopo un po ti viene il sospetto che assistevi meglio al gioco, perch adesso che i registi hanno una ventina di telecamere a disposizione inevitabilmente sono portati a utilizzarle tutte creando pi che una riproduzione della realt agonistica, una good television, come si dice in gergo. Allora tutti questi artifizi, il replay, lo stacco della luna piena, la bella ragazza in tribuna, il labiale, erano impensabili. Oggi c una frammentazione che influenza anche il commento televisivo perch quello che parla deve avere un supporto delle immagini, e quindi cambiato tutto, dalla seconda voce in poi. Per se si mettesse maggior cura del dettaglio nel racconto di una partita si apprezzerebbe di pi anche la coralit della manovra: adesso invece la48

Da mamma Ada a mamma RAI, da Cormons al Messico

tendenza quella di fare molti primi piani. Siamo diventati tutti esperti in labiali: tutti a guardare e a pensare chiss cosavr detto quel giocatore? Cosa vuoi che abbia detto, se lha sostituito lavr mandato a quel paese, sempre successo ed naturale che sia cos, se io fossi lallenatore e sostituissi un giocatore che non si arrabbia penserei che non gliene frega niente.

Ma il cambiamento stato anche nella forma del prodotto televisivo:Cera molta pi attenzione su particolari che oggi sono scomparsi evidenzia Pizzul quando sono arrivato in Rai per esempio per diversi anni sui servizi filmati delle partite noi giornalisti dovevamo montare le immagini e scrivere il commento, che poi per veniva letto da uno speaker professionista: allora infatti cera un modo di proporre il commento per parole assolutamente senza inflessioni dialettali, quasi in modo neutro. Per anni quando preparavamo i pezzi, arrivava lo speaker ufficiale, proiettavano le immagini e tu dovevi aiutarli a fare il sincro con le immagini. E ogni volta capitavano le gag pi disparate: Questi arrivavano sorride Bruno e non avevano idea di quello di cui avrebbero dovuto parlare: magari poco prima avevano fatto lo speakeraggio di un pezzo scientifico e poi venivano li e dovevano farne uno sul calcio, ma il tono rimaneva a volte quello usato per la registrazione precedente, per cui per noi erano risate a non finire.

Tutto cambi a Novantesimo Minuto grazie allintuizione geniale del duo Barendson-Valenti:Furono grandissimi evidenzia Pizzul perch in quel caso invece provenivi direttamente dal campo e quindi il49

Bruno Pizzul una voce Nazionale

servizio doveva essere fatto in tempo reale: Barenson e Valenti avevano capito che un tocco di folclore locale al collegamento, con la voce di un napoletano da Napoli o di un fiorentino da Firenze, era un incredibile valore aggiunto. Fu una trovata splendida, da cui dipese in parte il grande successo popolare che ebbe poi negli anni quella fortunata trasmissione: era entrata nel cuore della gente parlandole la sua stessa lingua.

La carriera di Bruno un ricco, splendido puzzle di ricordi, avvenimenti, curiosit, ma pochi sanno che avrebbe potuto essere stroncata sul nascere, per colpa di una di quelle leggerezze tipiche del primo scanzonato giorno di scuola. Il giovane neo-assunto Rai rischi infatti immediatamente di essere rispedito a giocare a carte con gli amici del bar di Cormons in occasione del suo primo servizio. Per questo se gli chiedi ignaro se fu emozionato il giorno della sua prima telecronaca, la risposta spiazzante:Fu unemozione, s, ma sai perch? Per la situazione terribile in cui mi ficcai e che si era venuta a creare.

In pratica successe che Bruno venne mandato a Como per raccontare la partita Como-Juventus, che sarebbe stata poi trasmessa in differita, ma che avrebbe dovuto commentare in diretta, a partire dalle 15.00. Orario che, partendo in mattinata dalla vicina Milano, teoricamente non avrebbe dovuto rappresentare un problema. Ma solo teoricamente.La Rai mi volle dare una macchina aziendale con tanto di autista con la quale prendere la strada per la cittadina lariana in mattinata: Arrivi l, pranzi con calma e poi fai la telecronaca della partita, mi dissero. Solo che io anche se ero appena stato assunto mi ero subito legato di amicizia50

Da mamma Ada a mamma RAI, da Cormons al Messico

fraterna a Beppe Viola. Il quale mi incontr verso le 10.00 del mattino, e mi disse: Ma dove vai? A Como, dissi io. Ma non giocano alle tre del pomeriggio? E parti adesso, cos presto? Ma sei scemo? Dai vieni che mangiamo qui a Milano tranquilli. E allora dissi alla Rai che sarei andato a Como con mezzi miei. Mangiammo, partimmo da Milano verso luna. Solo che sai, la Brianza terra di tifosi juventini e per arrivare fino a Como non ti dico, fu una Via Crucis. Morale: arrivai allo stadio che la partita era iniziata da un quarto dora. Ero tutto agitato, e pensai: Dio che figura, la prima partita che mi fanno fare e arrivo in ritardo, cosa mi diranno? Poi siccome sarebbe stata trasmessa in differita, ho registrato a fine match la cronaca del primo quarto dora, con lanimo di chi si sentiva un verme. Accanto a me cera Viola che rideva come un matto: lemozione quindi stata non quella di fare la partita, ma di non riuscire a farla

Nonostante la disavventura, tutto and liscio, e la carriera di Bruno simpenn rapidamente: Pizzul, assunto nel 1969 in Rai, fin da subito divenne la voce della partita, o meglio, del secondo tempo (allora venivano trasmessi solo i secondi 45 minuti del match), principale della settimana in serie B, con Nando Martellini che invece si occupava della telecronaca del secondo tempo dellincontro clou della serie A. Nonostante fosse entrato in Rai solo da pochi mesi, i vertici credono fin da subito in Pizzul e in quella voce cos sicura, dal lessico cos forbito. Nel 1970 cos gi convocato nella truppa dei telecronisti Rai inviati al Mondiale, che si disputer tra le alture del Messico.Erano tutti mostri sacri per me: fino a pochi mesi prima non ne conoscevo nessuno, e ora ero aggregato a loro. Carosio, Martellini, il cronista della tv svizzera-italiana Giu51

Bruno Pizzul una voce Nazionale

seppe Albertini, che faceva la telecronaca sia per la Rai che per la tv elvetica grazie allaccordo tra le due testate motivata da unevidente ragione di budget, visto che una voce italiana utile per due tv pi economica di due che commentassero ognuna per la propria. Albertini era un gran personaggio: ex nazionale svizzero, un gentiluomo vecchia maniera, gran giocatore al casin nonch profondo conoscitore di cavalli. Era una persona con la quale era piacevole stare, amante della vita in ogni suo particolare.

Ma il totem allepoca era sicuramente Niccol Carosio, la mitica voce che accompagn lItalia nelle sue cavalcate mondiali degli anni Trenta. Un uomo tutto dun pezzo, daltri tempi, rimasto necessariamente legato ai momenti in cui gli Azzurri trionfavano in campo internazionale e lo Stivale era una presunta potenza politico-militare prima che la tragedia della guerra calasse la sua scure sul mondo spazzando via ogni proposito coloniale italiano.Carosio era un tipo imprevedibile e geniale. Io con lui ho avuto rapporti professionali pressoch immediati una volta giunto in Messico. Ho conosciuto infatti prima lui di tutti gli altri colleghi telecronisti. Ai Mondiali venni mandato a fare le partite del girone eliminatorio che si svolgeva a Leon, mentre Carosio seguiva lItalia e Martellini gli altri gironi. Niccol per in Messico ebbe quel noto problema durante la partita Italia-Israele: cera infatti un guardalinee etiope che sbandierava un po a sproposito e per qualche decina di minuti lui sopport. Poi per il metro di giudizio anti-italiano del segnalinee non mut e allora Carosio si lasci andare ad affermazioni un po pesanti contro di lui. Io non credo che abbia mai detto quella parola, negraccio, che qualcuno gli ha attribuito, perch non documentata da nessuna parte. Disse invece ma questo qua cosa vuole, ce lha con noi. Sai, Carosio era cresciuto nella cultura del52

Da mamma Ada a mamma RAI, da Cormons al Messico

Ventennio per cui un etiope, era uno dei nostri sorride Pizzul fatto sta che alla fine di quella partita part una protesta ufficiale a livello di ambasciata. La Rai prese le distanze, sostenendo che Carosio dovesse rientrare immediatamente in Italia, ma il nostro capodelegazione, un dirigente Rai di quelli vecchio stampo, che si chiamava Boriani, medi un po la situazione, togliendo le telecronache dellItalia a Carosio, dandole cos a Martellini, che da quel momento divenne il titolare degli Azzurri. Intanto per si era arrivati alle fasi cruciali del Mondiale, e Carosio doveva seguire laltra semifinale, quella di Guadalajara tra Brasile e Uruguay. Io che mi trovavo a Leon sarei dovuto rientrare a Citt del Messico, ma mi contatt Boriani e, sempre dandomi del lei anche se ero un ragazzino perch allora si usava cos, mi disse con tono perentorio: Prenda il primo aereo e vada da Leon a Guadalajara. Una volta arrivato si fermi in aeroporto e aspetti che arrivi Carosio: non pu certo stare da solo. Finalmente arriv questo aereo da Citt del Messico, scese Carosio, mi presentai, mi disse S, ho sentito parlare di te e poi stetti l con lui con lui mentre si sfogava con me. A tavola mangiando lui parlava sempre con questo tono di voce stentoreo, e mi chiese: Ma tu davvero vuoi fare questo mestiere? Io gli risposi imbarazzato che s, ci volevo provare. E allora lui mi disse: Guarda, io non ti do nessun consiglio pratico, ma se per malaugurata ipotesi tu fossi astemio, quando sei in pubblico fatti sempre vedere con un bicchiere di vino o di whisky davanti perch quando vai l a parlare prima o poi una stronzata la dirai di sicuro e allora in quel caso almeno potranno dire che hai bevuto.

Non sappiamo se Bruno abbia mai seguito il consiglio di Carosio, ma una cosa certa: quel Mondiale in Messico fu unesperienza che influenz molto la vita professionale di Pizzul.53

Bruno Pizzul una voce Nazionale

Tanti mi dicono ma va l, sei il solito patacca, ma io ripensando alla mia carriera lo dico sempre: io mi sono veramente divertito a fare questo tipo di lavoro fino a quando nelle grandi competizioni internazionali non ho dovuto seguire lItalia. Chiaramente fare la Nazionale era un punto darrivo, che ti coinvolge molto, ma quando ero la seconda scelta dopo Martellini avevo diritto di scegliere quale altra partita vedere in una grande competizione internazionale. Capitava di vedere incontri memorabili, sicuramente di valore assai migliore rispetto a quelle che magari avrei dovuto seguire commentando lItalia: non c paragone tra il fascino di un Italia-Azerbaigian e quello di un BrasileArgentina o Germania-Inghilterra.

Di partite cos Pizzul ne ha viste davvero tantissime:Ho fatto pi di tremila telecronache sicuramente: non saprei dire quale sia stata la partita pi bella che abbia mai commentato. Per dare un giudizio infatti non conta solo la partita come evento agonistico, ma anche il tuo stato danimo, come ti senti in quel momento. Per me ad esempio andare a fare il telecronista dei Mondiali in Messico stato un impatto emotivo incredibile. Se qualcuno sei mesi prima mi avesse detto, non che sarei andato a fare alcune telecronache dei Mondiali in Messico, ma che avrei seguito delle partite per la Rai, gli avrei risposto se fosse stato fuori di testa. Era infatti inimmaginabile per me una cosa del genere solo pochi mesi prima. Quindi sai inevitabilmente trovarmi in Messico pochi mesi dopo essere stato assunto, con tutto quel che ne concerne riguardo la novit, il Paese incredibile che stavo visitando, le avventure di tutti i tipi per arrivare ai campi da gioco, con asini morti in mezzo alla strada tra Citt del Messico e Leon e bambini che ci chiedevano ogni cosa fuori dagli hotel, ed ecco che54

Da mamma Ada a mamma RAI, da Cormons al Messico

si capisce perch lesperienza del 1970 fu per me unica e perch le partite che commentai in quel Mondiale avessero un sapore tutto particolare. Per tutti questi motivi la partita pi bella che ho visto stata il quarto di finale ai Mondiali messicani del 70 tra Germania e Inghilterra a Leon. Un match in effetti condito da tantissimi motivi di passione, calcistica e non solo: una rivalit infinita dentro e fuori dal campo, con le due squadre che provenivano dalle polemiche di quattro anni prima, quando gli inglesi vinsero in casa contro i tedeschi una finale contestatissima, con quel famoso gol-non-gol di Hurst che mand su tutte le furie gli sconfitti. Era la rivincita della finale di quattro anni prima: fu giocata a mezzogiorno con un clima torrido: lInghilterra vinceva 2-0 fino al 30 del secondo tempo, ma la Germania pareggi negli ultimi minuti vincendo poi ai tempi supplementari. Fu una partita per me di una bellezza unica, probabilmente anche perch era condita da questo approccio mio personale alla situazione.

Ma nel Messico& nuvole di Pizzul non sono mancati anche altri episodi tutti da raccontare. Ai Mondiali 70 cera anche la Bulgaria che era in ritiro in un albergo nelle immediate vicinanze di Leon: un bellhotel, con piscina e comfort di tutti i tipi. Il giorno dopo larrivo dei bulgari si presentarono intorno a quella piscina 50 ragazze tedesche, delle sventole mai viste: il commissario tecnico della Bulgaria verificava la situazione piuttosto insospettito. Siamo tornati il giorno dopo e aveva fatto costruire una staccionata per separare i giocatori dalle valchirie sorride non voleva proprio vederle ronzare attorno ai suoi ragazzi. Pizzul lo ricorda comeun Messico straordinario, dove non funzionava nulla ma nonostante ci la gente ci ripeteva sempre no hay pro55

Bruno Pizzul una voce Nazionale

blema: tutti volevano aiutarci, farci sentire che eravamo a loro disposizione per qualsiasi cosa, cera grande calore umano.

Poteva mancare lepisodio di colore sulla squadra africana? Certo che non poteva mancare.Cera anche il Marocco in quel girone a Leon e il commissario tecnico dei maghrebini era un gentiluomo slavo, un certo Vidinic, diventato poi addirittura amministratore delegato dellAdidas. Era davvero una gran testa pensante. Ci trovavamo nello stesso albergo, ed eravamo diventati amici: lui parlava benissimo litaliano, ed eravamo entrati in confidenza. Io e Alfredo Provenzali, che seguiva il girone per la radio, ogni tanto venivamo chiamati a rapporto da Vidinic, che il giorno prima delle partite ci diceva la formazione titolare del giorno dopo. Allo stadio per gli spogliatoi erano dallaltra parte del campo rispetto alle nostre postazioni e sistematicamente ogni volta che giocava il Marocco notavi che 15-20 minuti prima che iniziasse la partita Vidinic correva veniva sotto la nostra postazione per dirci qualcosa come: Non gioca il 4. E perch? Non so, non lo trovo, non so dove sia finito. La cosa pi divertente a quel punto era un radiocronista del Marocco che andava da Alfredo per farsi prestare le attrezzature radiofoniche con cui spedire i servizi nel suo Paese: quando ascoltavamo i suoi pezzi non comprendevamo nulla della sua lingua, ma capivamo che ce lavesse con Vidinic. Dopo un po ci vennero a spiegare che nei suoi reportage accusava Vidinic, di essere un sergente di ferro, troppo duro nei modi: I nostri ragazzi sosteneva il cronista marocchino hanno bisogno di maggior libert. Maggior libert ride Bruno ma se Vidinic non riusciva neanche a trovarli, i suoi giocatori!56

Un giorno di maggio

Non sempre il silenzio significa tatto: il tatto ch doro, non il silenzio affermava lo scrittore inglese ottocentesco Samuel Butler. Ci sono momenti della vita di un uomo in cui a volte, in effetti, i termini usati assumono un significato fondamentale, imprescindibile. Frasi che possono garantire serenit, in un momento difficilissimo. Vocaboli che per possono anche tagliare come lame, rappresentare allo stesso tempo la differenza tra la sofferenza e il sollievo. Lequilibrio tra parole dette e non dette forse non mai stato cos sottile come in quella calda, tremenda notte nata come festa, e finita in tragedia. Se lo ricorda molto bene Bruno Pizzul quale sia stato il giorno pi brutto della sua lunga carriera da giornalista sportivo.Il 29 maggio 1985 purtroppo una data che non dimenticher mai. Quello un episodio che cerco di cancellare dalla mia coscienza di uomo prima ancora che del giorna57

Bruno Pizzul una voce Nazionale

lista. stata una serata terribile, con dei ricordi personali anche piuttosto struggenti.

La Juventus era arrivata a qualificarsi alla finale di Coppa dei Campioni 1985 al termine di un cammino tortuoso, rischiando grosso in semifinale, quando i francesi del Bordeaux sfiorarono la rimonta dopo essere stati sconfitti allandata per 3-0: ma il 2-0 in Francia non bast ai bordolesi per acciuffare il pass per la finalissima di Bruxelles. Vittoria netta allandata, sconfitta al ritorno: era gi successo anche nei quarti, contro lo Sparta Praga. Il percorso del Liverpool, invece, era stato pi lineare, fatta eccezione per un ko al ritorno dei quarti contro il Benfica. In semifinale, gli inglesi avevano liquidato la pratica-Panathinaikos gi dopo 90 minuti, distruggendo i greci per 4-0, e bissando il successo anche al ritorno con un basilare 1-0. Di fronte cerano cos le due squadre che avevano dimostrato di essere pi forti, e che da anni dominavano la scena europea: il Liverpool era il team campione in carica, dopo aver beffato lanno prima a casa propria la Roma di Pruzzo e Falcao, mentre sulla sponda juventina il match era sentitissimo perch per la seconda volta in tre anni i bianconeri avevano la possibilit di aggiudicarsi la Coppa pi ambita, dopo il clamoroso ko del 1983 contro i tedeschi dellAmburgo. Il torneo ormai era diventato una maledizione per il calcio italiano, che da due anni arrivava fino in fondo senza tuttavia riuscire ad alzare la Coppa dalle grandi orecchie. Ma la dannazione peggiore doveva purtroppo ancora arrivare. LUefa scelse come sede di quella finale lo stadio Heysel: la decisione fu molto criticata da entrambi i club, perch la struttura si presentava priva di adeguate uscite di sicurezza e corridoi di soccorso, con muretti divisori che cadevano letteralmente a pezzi. Nonostante levidente inaffidabilit58

Un giorno di maggio

dello stadio, per, si decise di dare ugualmente il via libera alla manifestazione: i tifosi juventini arrivarono in massa, e tutti i gruppi organizzati vennero posizionati nella tribuna N, esattamente dallaltro lato rispetto ai tifosi inglesi. In molti per, soprattutto supporter mossisi autonomamente nellacquisto dei biglietti, si trovarono nella tribuna Z, a stretto contatto con gli hooligan inglesi: non solo fan del Liverpool, ma anche del Chelsea, unitisi per loccasione e noti allepoca per la loro violenza, tanto da essere chiamati in patria headhunter, cacciatori di teste. A separare inglesi e italiani, solo due reti metalliche, facilmente abbattibili. Fu proprio la facilit nel dirigersi verso gli italiani che spian la strada allattacco degli esagitati di nazionalit britannica. Le reti divisorie furono sfondate senza difficolt, con gli inglesi che si aspettavano una risposta alla loro iniziativa da parte dei tifosi bianconeri: reazione che per non ci fu, perch i gruppi organizzati juventini si trovavano dalla parte opposta dello stadio. Chi stava in quella curva, invece, era un semplice appassionato, non certo pratico a cariche da curva. Gli spettatori italiani istintivamente quindi arretrarono presi dal panico, anche perch non ci fu contemporaneamente azione di difesa da parte della polizia che anzi, nel fuggi-fuggi generale manganellava i tifosi juventini che cercavano scampo invadendo il campo da gioco. Tutti cos dovettero dirigersi verso laltro muro, quello pi lontano dagli inglesi: si consum cos la tragedia di corpi calpestati, schiacciati, lanciatisi nel vuoto per sfuggire al disastro. Il muro a un certo punto croll per il troppo peso, e centinaia di persone rimasero coinvolte nella caduta senza alcuna via duscita. I morti furono 39, dei quali 32 italiani, 4 belgi, 2 francesi e un irlandese, con pi di 600 feriti. Un primo battaglione mobile della polizia belga giunse dopo pi di mezzora per ristabilire lordine, ma ormai la strage era compiuta.59

Bruno Pizzul una voce Nazionale

Bruno Pizzul era stato incaricato della telecronaca diretta della partita, che venne trasmessa su Raidue. Al telegiornale precedente lincontro, era gi stata data la notizia degli incidenti verificatisi allo stadio, con le terribili immagini che milioni di persone stavano osservando. Bruno manifest in diretta la sua contrariet riguardo la decisione dellUefa di disputare ugualmente il match:Sono immagini che nessun commentatore sportivo vorrebbe mai raccontare disse in diretta televisiva, dando anche per primo la notizia che in seguito agli scontri erano morte alcune persone . Una delle cose che sul momento mi cost di pi ricorda Bruno fu negare a un paio di ragazzi lassenso nel poter dire alla loro mamma in diretta televisiva che erano vivi e stavano bene. Mi imploravano di dire i loro nomi, ma io non potevo farlo: immagina, se migliaia di altre mamme che hanno i figli l in quel momento sentono parole del genere, istintivamente sono portate a pensare il mio morto. Fu una decisione difficilissima che dovetti prendere quasi distinto, nel giro di pochi secondi, in una situazione del tutto caotica: per molto tempo mi chiesi cosa dovessero aver pensato di me quei ragazzi che mi stavano chiedendo quel favore sotto la mia postazione. Un giorno invece entrambi quei giovani mi chiamarono per dirmi che avevano compreso i motivi del mio diniego di quella sera: da allora siamo rimasti in contatto e siamo diventati amici con le loro famiglie e ci vediamo ogni anno anche adesso.

Scene e attimi concitati che Bruno, come tutti coloro che allHeysel cerano, si portato sempre con s.Lepisodio pi toccante me lo raccont Boniperti, che era accorso subito dopo il crollo del muro l sotto quella curva60

Un giorno di maggio

maledetta: vedeva gente che moriva e i sopravvissuti che li assistevano. Tantissime persone gli chiedevano disperate: Presidente ci trovi un prete ma ovviamente in quella situazione trovarlo era impossibile. Furono momenti terribili. Soprattutto per chi, come Bruno, aveva il compito di raccontarli in diretta: Quando adesso risentono quella telecronaca mi fanno i complimenti, per allora subito dopo ci furono delle polemiche feroci sulla mia condotta perch dicevano che avevo raccontato la partita come se non fosse successo niente, perch non ho censurato, perch non ho stigmatizzato il fatto che i giocatori della Juventus abbiano fatto il giro di campo a fine match.

Anni dopo quella terribile sera, in un servizio televisivo che ricordava i tragici avvenimenti del 29 maggio 1985, il giornalista di Raisport Sandro Fioravanti dir: Bruno Pizzul era solo in quel dramma, a commentare come nessuno di noi avrebbe saputo fare.

61

La nazionale brasiliana, vincitrice dei Mondiali del 1970 in Messico. Da sinistra a destra: Carlos Alberto, Brito, Gerson, Piazza, Everaldo, Tosto, Clodoaldo, Rivelino, Pel, Jairzinho, Flix.

La nazionale argentina, vincitrice dei Mondiali del 1986 in Messico. In piedi, da sinistra a destra: Sergio Batista, Jos Cuciuffo, Julio Olarticoechea, Nery Pumpido, Jos Brown, Oscar Ruggeri, Diego Armando Maradona. In prima fila: Jorge Burruchaga, Ricardo Giusti, Hector Enrique, Jorge Valdano.

Per un pugno di secondi

In molti mi hanno chiesto se ci fossi restato male ad aver commentato la Nazionale per cinque Mondiali e tre Europei in cui lItalia non ha mai vinto niente Sinceramente, non ci ho mai perso il sonno.

Il microfono di Bruno diventa azzurro nel 1986 ai Mondiali in Messico e continuer a essere tale per 16 lunghi anni tra Europei in Germania Occidentale (1988), Notti Magiche inseguendo un gol, come cantavano la Nannini e Bennato (1990), Mondiali nella nuova frontiera del soccer Usa (1994, nel 1992 salt un turno perch lItalia di Vicini non riusc a qualificarsi agli Europei in Svezia ricacciata a casa da un malandrino palo colto da Rizzitelli nella decisiva sfida di Mosca contro lallora Csi), Europei inglesi (1996), revanches della grandeur franais (1998), gli amarissimi Wiltord e Trezeguet di Belgio-Olanda (2000), i Moreno coreani (2002). Tante delusioni, molte soddisfazioni, parecchie imprese al cardiopalma, due titoli sfumati al fotofinish (Usa 94, con i rigori che premiano il Brasile, e gli Europei63

Bruno Pizzul una voce Nazionale

2000 nei quali veniamo condannati da quel golden gol che ci sar fatale anche due anni dopo in Corea del Sud), un Mondiale nel quale ci stampiamo sulla traversa di Di Biagio (Francia 98, ma poco prima Baggio era andato a tanto cos dalla rete, come mostrer in diretta davanti alle telecamere di tutto il globo il Divin Codino), e soprattutto quelle Notti che sono state magiche solo fino a un certo punto.Il pi grande dispiacere ripercorre quegli anni con la mente Bruno stato proprio Italia 90: la squadra giocava benissimo, Vicini aveva fatto un ottimo lavoro, il Mondiale si disputava in casa tra un grandissimo entusiasmo della gente e lItalia sembrava dovesse vincere quasi per forza anche perch avevamo dimostrato sul campo di essere i migliori, ma venne commesso un errore organizzativo madornale. Noi italiani che passiamo spesso per furbi siamo riusciti a far capitare lunica cosa che invece non doveva capitare: far giocare lArgentina a Napoli, facendo dividere il cuore ai napoletani e caricando altres Maradona, per il quale inizialmente tanti allo stadio facevano il tifo, anche se poi alla fine tutto il San Paolo era disperato per come era andata a finire. Siamo stati a un passo dalla vittoria anche a Usa 94 perdendo ai rigori ma l, nei Mondiali di casa, fu pi doloroso ed eclatante.

Quel colpo di testa di Caniggia su uscita quantomeno azzardata di Zenga che ci mand ai maledetti rigori in cui Goicoechea divenne eroe di giornata, per, non infici la telecronaca di Bruno:Tra tutte le telecronache della Nazionale che ho fatto, quella semifinale di Italia 90 mi rimasta comunque nel cuore, pi di qualunque altra partita, anche pi di un altro match che rimasto nella memoria di tutti noi, lincredibile Italia-Olanda degli Europei 2000.64

Per un pugno di secondi

In cui forse come poche altre volte nella storia del calcio italiano, gli Azzurri ersero un muro invalicabile fatto di coraggio e fortuna, trovando la partita della vita del portierone Francesco Toldo, che par tutto. Fu una tesi di laurea del catenaccio allitaliana, dovuto allespulsione di Zambrotta a met primo tempo e a unOlanda che giocando nella sua Amsterdam, voleva fare dellItalia un sol boccone, ma non ci riusc grazie a una difesa stellare e a una buona sorte ciclopica, che sconteremo con gli interessi qualche giorno pi tardi. Per Bruno per c imbarazzo a ricordare partite come quella semifinale europea.Il risultato finale colto in match come quello diventava un problema per noi cronisti italiani ridacchia ricordo su tutte una partita: la finale di Coppa delle Coppe tra Milan e Leeds a Salonicco, lanno in cui i rossoneri persero lo scudetto a Verona qualche giorno dopo. Io facevo la telecronaca ed erano gi alcuni anni che ero nel giro: tra telecronisti a quegli eventi ci conosciamo un po tutti, siamo sempre gli stessi. Ebbene era il periodo in cui si diceva calcio italiano uguale catenaccio: in quelloccasione allo stadio la mia postazione era lultima in fondo al corridoio, e per arrivarci dovevo passare dietro a tutti gli altri colleghi delle altre testate internazionali. La partita si gioc sotto un diluvio incredibile, fu letteralmente orrenda e il Milan vinse 1-0 con un gol di Chiarugi dopo il quale i rossoneri non riuscirono pi a passare la met campo: arroccati tutti in difesa con clamorose parate del portiere, pali, episodi dubbi alla fine, nonostante tutto, il Milan aveva vinto la Coppa e lentourage italiano stava festeggiando. Lunico che le sent ride Pizzul fui io: siccome per uscire dallo stadio dovevo ripassare dietro a tutti gli altri giornalisti, sapevo che sarebbe stato meglio non muoversi e stavo l, in attesa che fossero loro ad andarsene per primi. Non si65

Bruno Pizzul una voce Nazionale

mosse nessuno. Tutti mi attendevano al varco: il luogo comune della squadra italiana che vince senza meritare giocando tutta la partita in difesa si era ancora una volta manifestato, e non potevo passarla liscia. E cos quando mincamminai dietro i cronisti delle altre testate europee venni subissato di ironici bravo, complimenti, bellissima partita Sono ricordi che ora fan ridere, ma allora mi vergognai come un verme.

Un tema, quello del calcio allitaliana, che Bruno affronta con onest:Nel 94 negli Stati Uniti non giocammo bene, fummo sicuramente coraggiosi e indomiti, e nessuno mette in dubbio le enormi difficolt ambientali che ci furono, con un caldo terrificante e partite giocate a mezzogiorno sotto una calura impressionante. Per al di l di questo eravamo arrivati in finale pi per fortuna che per giudizio, ripescati come ultimi tra i terzi, con partite vinte per il rotto della cuffia, per quando vinci tutto va bene: questa la mentalit italiana, e se avessimo trionfato a quei Mondiali credo che tutti avrebbero tessuto le lodi di quella Nazionale. Nel calcio, in Italia, cos.

Tra Salonicco e Pasadena, per, fu proprio un Milan allenato da quello che sarebbe diventato anni dopo il ct di Usa 94, Arrigo Sacchi, a dare a Bruno la possibilit di gioire pienamente, senza doversi nascondere dal fuoco amico dei colleghi.Il Milan di fine anni 80 fu sicuramente una rivincita rispetto a quello della finale col Leeds in Coppa delle Coppe. Con Sacchi personalmente non sempre ci siamo trovati daccordo sulla visione complessiva del calcio, per66

Per un pugno di secondi

il Milan, quel Milan di Sacchi, in campo europeo ci aveva fatto ringalluzzire perch giocava bene: Arrigo era un po integralista per allo stesso tempo era anche un grandissimo allenatore.

Dopo Sacchi, al Milan arriv Capello, che Bruno definisce cos:Al di l delle sue enormi doti da tecnico, io dico che stato la miglior seconda voce di sempre alla televisione. Aveva una preparazione e una capacit di sintesi che non ho mai pi ritrovato in nessuna spalla di un telecronista. Io personalmente mi sono sempre dichiarato favorevole alle telecronache a una voce: ho avuto tante seconde voci e sono andato daccordo con tutti, alcuni di loro sono amici ma non ne vedo lutilit. A cosa serve? O viene ripetuto quello che ha detto il telecronista e allora non ne vedo lindispensabilit, oppure bisogna spiegare con dovizia di particolari il perch di un atto tecnico-tattico, e per farlo bisogna essere veramente bravi. Capello parlava poco, aveva il dono della sintesi e diceva quello che cera da dire. Cosa vai a spiegare il calcio agli italiani che quelli che ti ascoltano ne sanno pi di te? E cos lui dava spiegazioni di carattere tattico: inutile dire che ha sbagliato il tiro perch ha colpito desterno: lo so anchio. sulla tattica che la seconda voce pu fare la differenza.

Un giudizio, quello sulle seconde voci nelle telecronache, che Bruno quindi lascia quantomeno in sospeso:Non un ruolo facile: gli ex calciatori sono portati inevitabilmente a dare dei giudizi. Non pu essere altrimenti, perch quando sei l devi dare anche una valutazione, per credo che non sia molto simpatico nei confronti di quelli67

Bruno Pizzul una voce Nazionale

che fino a poco prima erano dei colleghi. No, rimango un convinto sostenitore delle vecchie telecronache di una volta: a una sola voce.

Tante le partite rimaste nella memoria degli appassionati grazie agli inconfondibili gollllll raccontati da Bruno: dalla cavalcata monca dellItalia di Vicini trascinata dagli occhi spiritati di Tot Schillaci, al Roby Baggio che ci resuscita dallinferno nei minuti conclusivi di Italia-Nigeria, ottavo di finale a Usa 94, per portarci poi fino al decisivo rigore fallito nella finalissima contro il Brasile, fino al golden gol di Ahn Jung Hwan a Daejeon, ottavi di finale del mondiale 2002 in Corea del Sud e Giappone, passando per i colpi di genio di Zinedine Zidane a Francia 98. E ancora, con le emozioni europee della finalmente vincente Olanda nell88, della sorpresissima Danimarca nel 92, della gioia teutonica del friulano Bierhoff nel 96, dellelettrizzante Europeo 2000, tra i miracoli di Toldo e la beffa francese. Sono state tante le indimenticabili gragnuole di reti descritte da Bruno, tra un traversone e un rinvio sbilenco, e sono stati tanti i fuoriclasse le cui prodezze sono state messe in risalto dalla voce di Pizzul. Tra i migliaia di gol raccontati nelle tremila e pi telecronache fatte, citiamo il pi bello descritto da Bruno, con un indimenticabile crescendo emotivo in diretta in un pomeriggio estivo del 1988 che regal allOlanda il suo primo e unico titolo europeo, grazie a una pennellata artistica di uno tra i pi eleganti geni della storia del pallone:Attenzione, Van Basten si coordina! e lascia partire uno stupendo tiro che batte Dassaev! Grandissimo gol di Marco Van Basten!

68

Il cerchio che si chiude

La storia tra Bruno e la Nazionale non poteva che chiudersi nel suo Friuli Venezia Giulia, quasi che quellItaliaSlovenia giocato a Trieste il 20 agosto 2002 e vinto tra mille polemiche per 1-0 dagli ospiti, pi che il primo test dellItalia di Trapattoni verso lEuropeo 2004, fosse soprattutto un omaggio al pi amato telecronista dellepoca. La sua Nazionale, nella sua regione, contro la sua vicina di casa, quella Slovenia che ha sempre sfiorato Bruno fin dallinfanzia, per motivi geografici. Quasi come se il destino si fosse accorto che fosse tutto molto bello solo cos, in questo modo, in quello scenario e con quellavversario, per lultima azzurra di Bruno. stato un amore che ha segnato lepoca della Nazionale in mezzo agli ultimi due titoli di Campioni del Mondo, e come tutte le storie che tirano in ballo il cuore, iniziata per caso.La mia prima telecronaca della Nazionale ricorda Bruno avvenne con la partita desordio ai secondi Mondiali messicani, nel 1986, contro la Bulgaria. A volte la vita 69