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Commemorazione di Giovanni Leone nel centenario della nascita

Palazzo Madama, 12 novembre 2008

Giovanni Leone1908 - 2001

Senato della Repubblica

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Il presente volume raccoglie il resoconto stenografico della commemorazione di Giovanni Leone svoltasi nell’Aula di Palazzo Madama il 12 novembre 2008 in occasione del centenario della nascita.In appendice è riportato il resoconto della seduta comune delle due Camere di mercoledì 29 dicembre 1971, in occasione del Giuramento e Messaggio del Presidente della Repubblica, Giovanni Leone.

ll fondo Leone, acquisito dal Senato della Repubblica nel 2003, è conservato nella sala studio dell'Archivio storico, al primo piano di PalazzoGiustiniani.

La presente pubblicazione è stata curata dal Servizio dei resoconti e dellacomunicazione istituzionale.

Impaginazione e editing Luciano Baldini - Ufficio comunicazione istituzionaleFinito di stampare nel mese di dicembre 2008

© 2008 Senato della RepubblicaUfficio comunicazione istituzionale

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SENATO DELLA REPUBBLICAXVI LEGISLATURA

90ª seduta pubblica (pomeridiana):mercoledì 12 novembre 2008

Commemorazione di Giovanni Leone nel centenario della nascita

PRESIDENTE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5, 9, 12 e passimD’ALIA (UDC-SVP-Aut) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9LI GOTTI (IdV) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12BODEGA (LNP) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15PISTORIO (Misto-MPA) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17FOLLINI (PD) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21COMPAGNA (PdL) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

Appendice:Giuramento e Messaggio del Presidente della Repubblica, Gio-vanni Leone.Camera dei deputati - Senato della Repubblica - V legislaturaResoconto stenografico della seduta comune di mercoledì 29dicembre 1971 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

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Presidenza del presidente SCHIFANI

(...)Commemorazione di Giovanni Leonenel centenario della nascita

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e conlui tutta l’Assemblea). Onorevoli colle-ghi, è per il Senato un momento solen-ne ricordare, in occasione dei centoanni dalla nascita, Giovanni Leone, giànostro collega, figura di primo pianonella vita istituzionale del Paese, uomodalle grandi doti umane e civili.

Giovanni Leone nacque a Napoli il3 novembre del 1908. Ricordare letappe della sua vita significa ripercor-rere quasi un secolo di vicende dellastoria e della politica italiane, a comin-ciare da quando a Napoli, avvocato estudioso di diritto e procedura penale,cominciò a militare con passione poli-tica e civile nell’Azione cattolica. Si im-pegnò allora, in clandestinità, perun’Italia democratica che portasse ilPaese fuori dal regime fascista, ripren-dendo il filo della partecipazione popo-lare attraverso i grandi partiti e contri-buendo in quest’ottica alla nascita dellaDemocrazia Cristiana.

Eletto il 2 giugno 1946 deputato al-l’Assemblea costituente, fece parte dellaCommissione dei Settantacinque, inca-

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ricata di redigere la Carta costituziona-le. Dai suoi interventi in quella sede fusubito chiaro quanto fosse prioritariaper lui la tutela dei diritti della personaumana, nella consapevolezza che unvero ordinamento democratico non po-tesse prescindere da un sistema ade-guato di norme di garanzia. Il preziosocontributo del giurista Giovanni Leonenelle aule della Costituente gli valse ilprestigio e un’autorevolezza tale daportarlo a ricoprire la carica di Vicepresidente della Camera dei deputatinel 1950 e nel 1953 e quindi, nel mag-gio 1955, ad essere eletto Presidente diquel ramo del Parlamento. Carica, que-sta, confermata poi nella III e IV legi-slatura.

Anche in questo ruolo seppe distin-guersi per equilibrio, offrendo le suedoti di guida e mediazione nella dire-zione delle discussioni parlamentari inun periodo di grandi contrapposizionipolitiche. Con questo stesso spirito af-frontò i successivi incarichi di Governonegli anni Sessanta, impegnandosi afavorire il dialogo tra democristiani esocialisti, in un’ottica che aveva comefine primario il mantenimento di un or-dinato clima politico che potesse poieventualmente garantire equilibri di-versi fra i partiti.

Il 24 agosto del 1967 è nominatosenatore a vita dal Presidente della Re-

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pubblica Giuseppe Saragat per altissimimeriti in campo scientifico e sociale, unriconoscimento a Leone maestro del di-ritto, che precede di pochi anni il rag-giungimento da parte sua del gradinopiù alto delle nostre istituzioni, conl’elezione a Presidente della Repubblicail 24 dicembre 1971.

Le sue parole nel discorso di inse-diamento ribadirono il compito chenella sua visione costituzionale la mas-sima carica doveva svolgere: vigilaresull’osservanza della Costituzione epromuovere il buon funzionamento deicongegni costituzionali, tenendosi al difuori dei difficili equilibri politici delmomento. Il periodo della presidenzaLeone fu infatti tra i più complessi dellastoria politica italiana, caratterizzatoda profondi cambiamenti nella societàe da avvenimenti drammatici che col-pirono profondamente l’intero Paese.

Tale periodo fu accompagnato dauna forte instabilità del quadro politicoed elettorale e negli stessi anni si assi-stette ad un inasprimento dei conflittisociali e all’offensiva del terrorismo edello stragismo, in una spirale di vio-lenza sempre più cieca, culminata conil rapimento e l’uccisione di Aldo Moronel 1978. Furono, questi, giorni di do-lore e di incertezza per il Paese e il pre-sidente Leone si adoperò per contribui-re ad una soluzione che non fosse quel-

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la, poi drammaticamente verificatasi,dell’uccisione dello statista. La fine tra-gica di quella vicenda determinò l’im-possibilità di ricomporre il quadro poli-tico e segnò l’inizio della fase finaledella cosiddetta prima Repubblica.

In questo contesto, lo stesso Leonepagò un prezzo altissimo: dimessosidalla carica, fortemente amareggiato,tornò a dedicarsi agli studi ed alla rico-struzione puntuale, in tutte le sedi,delle vicende drammatiche di queglianni. Del presidente Leone ricordiamooggi lo spirito di dedizione allo Statorepubblicano, il senso di equilibrio, ilrigore sempre accompagnato da grandeumanità, la lunga attività politica in di-fesa della democrazia e dei diritti indi-viduali e collettivi, la passione – che loaccompagnò fino alla fine – per il dirit-to.

Prima di concludere, voglio ricor-dare l’impegno del Senato per conser-vare la documentazione del FondoLeone; l’Archivio storico ha intrapresol’opera di ordinamento ed inventaria-zione analitica del Fondo, che coprel’arco cronologico compreso tra glianni Venti e il 2001. Il Fondo compren-de lettere, discorsi, articoli ed intervi-ste, documenti e questioni relativi al-l’attività istituzionale, nonchè a quelladi docente universitario e avvocato, in-sieme alle memorie dettate dal presi-

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dente Leone ai suoi collaboratori nelcorso della sua vita e a numerosi albumfotografici, cassette audio e video.

Di tale rilevante contributo all’Ar-chivio storico del Senato ringraziamosentitamente la famiglia. Ed alla fami-glia, sempre punto centrale della suaesistenza e a lui sempre vicina, certo diinterpretare i sentimenti di tutta l’As-semblea, rinnovo oggi il nostro salutoaffettuoso e commosso.(Vivi, prolungati, generali applausi).

PRESIDENTE. Alcuni colleghihanno chiesto di parlare per comme-morare la figura di Giovanni Leone. Dola parola al senatore D’Alia.

D’ALIA (UDC-SVP-Aut). Non pos-siamo che associarci a quanto da leidetto, signor Presidente, per ricordarela figura di Giovanni Leone: un uomoche ha dedicato la propria vita allaconcretezza degli ideali, una figura em-blematica della storia della nostra Re-pubblica; costituente, deputato e sena-tore ma soprattutto, almeno per noi,giurista di chiara fama e, infine, gran-de Presidente della Repubblica. Grandegiurista il presidente Leone; chi, comenoi, ha studiato i suoi libri, a comincia-re dal manuale di procedura penale,può apprezzare forse ancora di più laveste di questo insigne padre della Pa-

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tria e può apprezzare il contributo dalui dato alla storia repubblicana da giu-rista e da cultore della Costituzioneprestato alla politica, quale secondo noiegli è stato, nonché il contributo che luiha dato con grande impegno alla cre-scita delle istituzioni italiane.

Non credo sia necessario ricordare ipassaggi importanti, perché lo ha giàfatto lei, della vita di Giovanni Leone.Certamente a noi preme sottolineare al-cuni aspetti che sono importanti: primotra tutti la circostanza che per Leone lapolitica non era un mestiere. Egli nonera un politico di ruolo ma molto dipiù, perché aveva un impegno moraleed etico superiore a ciò che ciascunopotesse immaginare. E dedicò alla poli-tica come missione tutta la sua vitaportando nelle istituzioni quella suaprofonda e grande cultura giuridica ecostituzionale che troviamo, ad esem-pio, anche e soprattutto nella parte re-lativa alla disciplina del Consiglio su-periore della magistratura, che fu laparte di cui egli si occupò quando fueletto alla Costituente.

L’altra considerazione che a noipiace fare sulla vita e sull’attività diGiovanni Leone è quella che ha segna-to il suo settennato di Presidente dellaRepubblica. Un settennato che lui hainterpretato con il ruolo tradizionale ediscreto del Capo dello Stato; un set-

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tennato nel quale ha dimostrato diavere una grande capacità anche dimediazione e di risoluzione di contro-versie che riguardavano la contesa po-litica di quegli anni, a cominciare dallaelezione dei primi giudici costituziona-li. Un settennato contrassegnato anchedalla triste vicenda del caso Moro e delruolo che anche sotto il profilo umani-tario oltre che istituzionale il presiden-te Leone ha svolto in quel periodo, eche è tutto da approfondire e da studia-re anche oggi, a distanza di 30 annidall’eccidio di via Fani.

Credo sia giusto in questo momen-to, anche al di là della retorica di que-sti momenti particolari e cerimoniali,fare una considerazione che può appa-rire un po’ fuori dalle righe. Le dimis-sioni del presidente Leone suscitaronoallora grande scalpore e furono il frut-to di una campagna mediatica di pessi-mo gusto e di profondo squallore, chelui visse con grande sofferenza, ma chelo portò, con grande dignità, a dimet-tersi, uscendo dalla scena politica senzagrossi clamori, in punta di piedi, por-tando con sé una profonda malinconia,convinto di essere vittima di un’ingiu-stizia, così come la storia ha accertato,fidando con fatalismo tutto meridiona-le nel tempo che, a volte, sa essere ga-lantuomo. Riteniamo che il tempo siastato galantuomo con il presidente

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Leone e che alcuni personaggi protago-nisti allora della campagna di delegitti-mazione del presidente Leone neltempo gli abbiano chiesto scusa. Man-cano all’appello ancora alcuni, che do-vrebbero chiedere scusa a questo gran-de democristiano che ha fatto la storiae le istituzioni di questo Paese.

Riteniamo sia giusto oggi ricordar-lo come merita e la ringraziamo per ciòche lei, come Presidente del Senato, hafatto e sta facendo perché l’esperienzae la storia di Giovanni Leone sia ascrit-ta alle pagine migliori della storia re-pubblicana italiana. (Generali applausi).

LI GOTTI (IdV). Domando di parla-re.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente,considero un grande onore poter ricor-dare in quest’Aula la figura di Giovan-ni Leone, politico, maestro di diritto eavvocato. Mi emoziona farlo perchéanch’io, come intere generazioni – emolti siedono in quest’Aula – mi sonoformato sui libri di Giovanni Leone, sulsuo manuale di diritto processuale, chedal 1960 divenne il testo adottato daquasi tutte le università italiane; consi-derato maestro da tutti, lui, che era

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stato l’allievo prediletto di Enrico DeNicola.

Mi piace ricordare che la sua tesi dilaurea ebbe come argomento la viola-zione agli obblighi di assistenza fami-liare; era una tesi sperimentale, perchéquella norma ancora nel nostro codiceRocco non c’era; lui si ispirò al dirittofrancese e quindi fece qualcosa di in-novativo e di rivoluzionario: entravanel diritto la tutela penale della fami-glia.

A venticinque anni scrisse un librofondamentale sul reato continuato, sulreato abituale e sul reato permanente,libro che rimane tale; a ventisette anniscrisse un libro che ancora oggi è fon-damentale, quello sul reato aberrante.Fu all’inizio un conoscitore e uno stu-dioso del diritto penale sostanziale.

Poi, in un periodo in cui la discipli-na del diritto penale sostanziale eraunificata a quella del diritto penaleprocessuale, perché la cattedra eraunica e quindi unico l’insegnamento,partecipò al concorso con un testo didiritto processuale. Da quel momentoiniziò la sua enorme produzione di di-ritto processuale, attraverso i manuali,per arrivare poi a questa opera monu-mentale che è stata ed è il trattato didiritto processuale penale.

Non amava il nuovo codice, quelloche è entrato in vigore nel nostro Paese

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nel 1989; esso non era amato e non eraapprezzato da Giovanni Leone, che erariuscito a capirne alcuni profondi limi-ti, quelli dei quali noi ci siamo accortinel corso degli anni. Eppure, la sua cri-tica non riuscì, se non limitatamente, aprodurre risultati perché ormai comin-ciava ad essere stanco nella sua produ-zione.

Fondamentale fu, però, la battagliache egli condusse nel 1955, quandocontrastò la Corte di cassazione che, intema di diritti della difesa, riteneva chequei diritti si applicassero all’istruttoriaformale e non all’istruttoria sommaria.Fu una battaglia fondamentale, che siconcluse poi con la vittoria di queiprincipi, tant'è che la Corte costituzio-nale dovette intervenire. Da lì cominciòil processo moderno con i diritti delladifesa; arriveremo poi al giusto proces-so, ma fu da quella battaglia condottada Giovanni Leone che cominciarono aconcretizzarsi i diritti della difesa nelprocesso penale.

Io ritengo che debba anche ricor-darsi un suo cruccio, la sua voglia dipoter cambiare anche il codice penale,che egli riteneva superato. In quest’Au-la, egli fu relatore per la riforma del co-dice penale: il progetto Gonella del1968 proprio in quest’Aula vide prota-gonista Giovanni Leone.

Poi quel progetto si arenò, come

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tutti gli altri progetti che seguirono, maegli aveva comunque visto la necessitàdi intervenire sul codice penale del1930 e rimase un suo cruccio non averpotuto vedere la realizzazione di questosuo sogno.

Io lo ricordo come maestro di dirit-to – la parte politica della sua vita, purrilevante, rimane consacrata negli attida lui compiuti che lei, signor Presi-dente, ha qui ricordato – lo ricordocome avvocato e come principe nelleaule giudiziarie, nonché come profes-sore di intere generazioni di italiani.(Generali applausi).

Presidenza del vice presidenteCHITI (ore 16,57)

BODEGA (LNP). Domando di parla-re.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BODEGA (LNP). Signor Presidente,anche noi del Gruppo della Lega Nordci associamo e condividiamo le paroleespresse dal presidente Schifani e rin-graziamo la Presidenza di questo Sena-to per aver voluto ricordare in questomomento la figura di Giovanni Leone,che è stata una delle più discusse dellastoria politica italiana. La sua Presiden-za della Repubblica, scaturita dopo

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oltre 20 votazioni con una manciata divoti, è stata purtroppo attraversata dascandali e da accuse che lo costrinseroalle dimissioni.

Ad ipotecare, se non ad inquinare,la sua elezione furono i voti decisividell’allora Movimento Sociale Italiano.Poi la vicenda della Lockheed, che lomise in ginocchio e per la quale fu ria-bilitato solo vent’anni dopo: immagi-nate le sofferenze dell’uomo, in una si-tuazione del genere.

Fu anche Presidente del Consigliodi quel Governo che fu definito balnea-re per la sua durata stagionale, e fu ap-prezzato Presidente della Camera,com'è già stato ben ricordato.

Oggi, a cento anni dalla sua nasci-ta, occorre menzionarne la statura digiurista ed avvocato, in cui la culturaben si sposava con l’acuta intelligenzae quella fervida vivacità napoletanache lo vide protagonista negli storiciprocessi in tutta Italia. Il senatore LiGotti ha ricordato che sui suoi testi diprocedura penale hanno studiato e sisono formate generazioni di studenti,conquistati dalla sua chiarezza scienti-fica ed espositiva.

Fu tra i padri della Repubblica egiocò un ruolo importante nella scrit-tura della Costituzione; ma voglioanche simpaticamente ricordarne lepratiche scaramantiche, che gli valsero

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molte critiche e che ne sminuirono ilpersonaggio e la figura, di assoluta ca-ratura professionale e politica.

Ma la sua verve, il suo ottimismo ele sue battute furono smorzati dalle vi-cende che travolsero lui e la sua fami-glia, anche soprattutto per la campagnache il settimanale «L’Espresso» condus-se contro di lui, senza esclusione dicolpi.

GRAMAZIO (PdL). La Cederna,Pannella e i comunisti!

BODEGA (LNP). Ma oggi lo ricor-diamo con la nobiltà del tempo, che siè rivelato galantuomo con lui e che gliha dato da morto quello che gli avevatolto in vita.

Riposi in pace, professor GiovanniLeone! (Applausi dai Gruppi LNP ePdL. Congratulazioni).

PISTORIO (Misto-MPA). Domandodi parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PISTORIO (Misto-MPA). SignorPresidente, desidero associarmi, a nomemio personale e del Gruppo che rappre-sento, al ricordo espresso in quest’Auladel presidente Giovanni Leone.

Nel farlo, vorrei cominciare dalla

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fine della vita pubblica dell’ex Presi-dente, da quella sera drammatica del 15giugno 1978 quando, alle ore 20,10, siaffacciò sugli schermi televisivi per ilsuo ultimo messaggio agli italiani, di-cendo: «Non v'è in me il rimpianto dilasciare questa carica, ma rimpiantograve sarebbe quello di lasciare in voiun’ombra di sospetto sulla supremaistituzione della Repubblica. Credo cheoggi abbia io il dovere di dirvi – e voi,come cittadini italiani, abbiate il dirittodi essere da me rassicurati – che per seianni e mezzo avete avuto come Presi-dente della Repubblica un uomo one-sto, che ritiene di aver servito il Paesecon correttezza costituzionale e dignitàmorale».

Non solo per noi che oggi lo ono-riamo, ma da tempo queste tre doti diGiovanni Leone (l’onestà, la correttezzacostituzionale e la dignità) gli sono ri-conosciute unanimemente; anche senon manca, tra coloro che ne favoriro-no o ne vollero allora la caduta, chi an-cora si attarda in giustificazioni o im-barazzati silenzi.

Ma quella sera drammatica il presi-dente Leone disse, proprio in chiusura,anche un’altra cosa che dimostra un’ul-teriore sua dote, quella dell’intuizione,che precede l’intelligenza e la com-prensione dei fenomeni. Parlando nonpiù a difesa sua, ma di tutti i cittadini,

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delle nostre istituzioni e della correttavita democratica, disse: «Sono certoche la verità finirà per illuminare pre-sente e passato e sconfessare un meto-do che, se mettesse radici, diventerebbeuno strumento fin troppo comodo perdeterminare la sorte degli uomini e levicende della politica».

Giovanni Leone è stato una figuraemblematica della storia della Repub-blica: costituente, deputato, senatore,giurista di chiarissima fama e, infine,Presidente della Repubblica. La suaascesa e la sua eclissi fanno parte di unperiodo storico in cui la DemocraziaCristiana era padrona assoluta dellascena politica.

Come giurista lavorò a fianco di DeNicola e di Francesco De Martino;come docente universitario ebbe tra isuoi assistenti Aldo Moro. Con i suoistudi monografici e con i suoi trattatifu maestro in Italia e all’estero di gene-razioni di studenti e di studiosi. Questapassione, questa competenza giuridicaegli portò in politica quando alla finedella guerra, sulle orme del padre chefu tra i fondatori del Partito Popolare,entrò nella Democrazia Cristiana.

La sua straordinaria competenzagiuridica fu unanimemente apprezzatasin dalla Costituente dove, divenutomembro della Commissione dei 75,dette il meglio di sé sulle questioni ri-

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guardanti l’ordinamento della magi-stratura. Qui le sue intuizioni si rivela-rono giuste e lungimiranti: quando siimpegnò a difesa dell’ordine giudiziarioper la istituzione del Consiglio superio-re della magistratura, come quando sibatté per la separazione del ruolo deimagistrati giudicanti da quelli requi-renti che egli vedeva, come accadenella maggior parte degli ordinamenticontinentali, espressione del potere pu-nitivo dello Stato.

La presidenza Leone inizia nel 1971e termina nel 1978 con sei mesi di an-ticipo sulla scadenza naturale del man-dato poiché, a seguito dello scandaloLockheed, vennero richieste e ottenutele sue dimissioni.

Da un punto di vista politico e giu-ridico, come hanno ricordato molti in-signi giuristi e uomini politici, il setten-nato del presidente Leone fu perfetta-mente corretto. Si cercò di imputargli ilcoinvolgimento in alcuni scandali pub-blici sulla base di argomenti del tuttoinfondati che mai trovarono prova e, adimostrazione di ciò, anche se a distan-za di anni, tutti o quasi gli accusatori diallora – a cominciare da Marco Pannel-la – chiesero scusa all’ex Presidente.

Tutto ciò – disse il presidente Leonea commento di queste tardive scuse –dimostra che non sempre è necessariodover aspettare la conclusione di una

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vita per restituire dignità e onore a chiha sempre operato con correttezza. Pa-role dalle quali tutti noi dovremmotrarre insegnamento, tanto più in unmomento come quello attuale in cuisentiamo il bisogno di una politica che,pur affermando i suoi ruoli di apparte-nenza, deve essere capace di interpreta-re il bene comune e un senso di respon-sabilità alto verso le istituzioni e versoil Paese.

Commemorare significa ricordareinsieme, ma le commemorazioni rap-presentano anche un rischio perchéracchiudono il significato della vita diuna persona in una gabbia di paroleche non rappresentano interamentequella persona, ma solo ciò che noi,spesso arbitrariamente, vogliamo con-servare di lui. Ecco, se dovessimo sinte-tizzare, l’interesse generale e il benecomune sono stati i fondamenti del-l’azione politica di un grande uomo ita-liano che oggi anche qui in Senato vo-gliamo ricordare non solo con affetto,ma anche con la gratitudine che si devea chi ha contribuito a rendere questoPaese democratico. (Generali applausi).

FOLLINI (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FOLLINI (PD). Giovanni Leone fu

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una figura politica e istituzionale cru-ciale di quella che, con un certo arbi-trio, ci ostiniamo a chiamare prima Re-pubblica, come se nel frattempo avessi-mo davvero costruito la seconda.

Figura politica e istituzionale, mamolto più istituzionale che politica,ebbe un ruolo centrale nella vita delloStato e un ruolo molto più perifericonegli equilibri del suo partito. Scalògrado a grado le vette della Repubblica:fu Presidente della Camera, Presidentedel Consiglio, Capo dello Stato. Non fuleader politico, non fu figura di parte,non ebbe mai dalla sua il sostegno digruppi organizzati, di tessere di partito,di correnti, tanto meno di clientele.Questa fu la sua debolezza ma credoanche, in qualche modo, il suo orgo-glio; in ogni caso, fu la sua cifra.

Era un uomo all’antica, custode diun’Italia tradizionale, che con la demo-crazia e con il miracolo economicostava cambiando pelle. Un grande av-vocato, un maestro di diritto, tenace-mente legato ai suoi studi e alla suaprofessione. Un uomo, se così si puòdire, più figlio dell’Ottocento che padredel Novecento, più legato al misurato eprudente notabilato cattolico e liberaledell’Italia del Sud, che alle smisurate,eccessive ideologie del secolo breve fi-nito nel 1989.

Oggi ricordiamo il primo centenario

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della nascita e l’occasione celebrativainduce a ricordi dolci e non troppocontroversi, ma faremmo un eserciziodi ipocrisia – e non lo hanno fatto icolleghi intervenuti prima di me – senascondessimo a noi stessi la ferita diquella controversia profonda che loportò alle dimissioni prima del tempo.Negli ultimi anni del suo settennatopresidenziale, Giovanni Leone fu og-getto di un’aggressione politica e me-diatica che lasciò il segno, un’aggres-sione da cui Leone si può dire che quasinon si sia difeso, opponendovi più lasua incredulità, che non le sue preroga-tive politiche e presidenziali. Le sue di-missioni furono il primo evento che siprodusse nella nostra vita pubblica al-l’indomani dell’assassinio di Moro, etutto avvenne in modo così lacerante,credo anche per il venir meno di quel-l’accorta regia negli equilibri del Paesedi cui Moro, più di tutti, si era dimo-strato capace in quegli anni. All’indo-mani della sua uscita dal Quirinale,Leone votò per Pertini, un uomo politi-co e un Presidente tanto diverso da lui;si iscrisse al Gruppo Misto e qualcheanno dopo rientrò in punta di piedi nelGruppo del suo partito. Se ebbe delleamarezze, riuscì a non trasformarle mainé in rancori, né in veleni, e anche inquesto si può ravvisare una culturadelle istituzioni che, da allora ad oggi,

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si è un pochino dispersa. In quegli annila sua famiglia fu la sua tana e la ra-gione del suo compiacimento.

Non si tratta oggi, a distanza ditanto tempo, di ripercorrere passo dopopasso quella vicenda; semmai si puòsegnalare che molti di coloro che furo-no in prima fila nell’animare quellacampagna contro il Quirinale, annidopo sono stati altrettanto in prima filanel capovolgerne valori e significati.

Il destino di Giovanni Leone è stato,in fondo, quello di tanti democraticicristiani, avversati con durezza neglianni della gloria e rivalutati, perfinorimpianti, dai loro avversari di unavolta, quando quella gloria poi è finita.Ogni figura che ha lasciato un segnonella vita pubblica del Paese deve ras-segnarsi ad accettare la controversia edanche certe asprezze che la accompa-gnano; ma un grande Paese, a suavolta, deve essere in grado di ricucire lesue ferite, di chiudere le sue controver-sie e restituire alle sue figure più signi-ficative l’onore politico che non aveva-no mai perduto.

Credo che faccia bene alla Repub-blica ricordare uno dei suoi Presidenticome un uomo di valore che ha servitoil proprio Paese in anni non facili comemeglio poteva, con quella lealtà repub-blicana che lega i padri e i figli, e cheriguarda il nostro tempo non meno di

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quello che è toccato in sorte a Giovan-ni Leone. (Generali applausi. Congratu-lazioni).

COMPAGNA (PdL). Domando diparlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COMPAGNA (PdL). Signor Presi-dente, nel 1978, all’indomani del dram-ma di Moro, a qualcuno parve cheLeone potesse prestarsi a diventare unCapo dello Stato ricattabile. Di frontealla sola ipotesi, Giovanni Leone prefe-rì dimettersi, pur di non destare un’im-pressione del genere.

Il diritto al «non ci sto» volle pre-cluderselo con estrema fermezza e forsefu questa la ragione, non ultima, dellasua grandezza e della nostra gratitudi-ne.

Quando in quella drammatica sera– lo ricordava il collega Pistorio –Leone disse che la campagna diffama-toria sembrava aver intaccato la fiduciadelle forze politiche e che la sua sceltanon poteva che essere quella, non sitrattava affatto di sudditanza ai partitipolitici. Al contrario, nella storia dellacultura politica italiana Leone, congarbo e moderazione, ha iniziato, alprincipio degli anni Sessanta, una criti-ca alla cosiddetta partitocrazia meno

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retorica, ma non meno efficace, diquella dei Maranini e dei Sartori, perrestare nell’ambito accademico, o diquella degli Jemolo o dei Pacciardi, perfar riferimento al dibattito più generaledelle idee.

In Leone quella scelta fu dettata dafedeltà alla Costituzione, allo Stato, aldiritto: era la convinzione dolorosa,sofferta, ma nitida, di dover opporrealla bassezza di uomini e cose di quelperiodo null’altro che la fedeltà allapropria vita, alla propria storia, allapropria Patria.

Per lui, allora, lo ricordò MarcelloPera in chiesa all’indomani della suascomparsa nel 2001, si aprì una silen-ziosa eppure orgogliosa stagione, lastagione nella quale ci si trova in quel-la zona grigia ai confini tra i tempi perloro natura ingenerosi della politica equelli altrettanto ingiusti talvolta delleprocedure del diritto.

A Leone il proprio Paese chiese divoler più bene allo Stato che a se stes-so. A suo modo era una richiesta conaspetti odiosi, ma ad essa Leone scelsedi rispondere con quell’altissima ideadello Stato nazionale e della Patria co-stituzionale nella quale credeva eaveva saputo insegnare a credere allagenerazione dei frequentatori dei suoilibri. Il Capo dello Stato, secondoLeone, è prigioniero della sua posizione

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e come tale è più debole ed indifeso diqualunque altro uomo politico. Ricor-derà Giovanni Leone a Pietro Chiara,un uomo che gli fu assai più vicino,con sensibilità, di tanti altri, che nonpoteva presentarsi e difendersi in Par-lamento, perché era fuori dai suoi pote-ri e dalle sue prerogative costituziona-li, né poteva emettere volta per voltauna dichiarazione televisiva (le cosid-dette esternazioni), perché il Presidentesi doveva avvalere di tale mezzo soloper messaggi al Paese. Queste sono pa-role di Leone.

Altro che basso profilo! Quello dellasua Presidenza fu il profilo del diritto,del ruolo di garanzia, mai di governoeffettivo, che il Presidente della Repub-blica deve sempre e comunque rappre-sentare e di cui gli avrebbero dato attoanche avversari politici: ricordo quan-do i radicali consegnarono a Leone laricerca sugli atti della sua Presidenzacoordinata da un grande giurista e ungrande amico di Giovanni e VittoriaLeone, il compianto Vincenzo Caianiel-lo.

La dignità del vertice dello Statocome garanzia di potere neutro era inLeone dottrina che risaliva al Risorgi-mento, alla monarchia costituzionale.

Come giurista l’aveva appresa daVittorio Emanuele Orlando, del qualeLeone aveva scolpito nella sua memo-

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ria giovanile il discorso fatto a Napolial principio degli anni Venti (Leone eracon suo padre, il giovane popolareMauro Leone) e che poi fu pubblicatosu «Il Mattino» del 1923.

Il succo di tale discorso, che era de-dicato a Francesco Crispi, patriota estatista, era nella scelta che Leone fece50 anni fa: la Repubblica ha anch’essa,non meno della monarchia, necessità dirisorse, di potere neutro, in alcuni mo-menti. Ecco perché Leone precluse a sestesso – credo non ci abbia mai pensa-to – l’esercizio del personale diritto al«non ci sto».

Per quelli che come me hannoavuto 20 anni nel 1968, ma il 1968 nonlo hanno fatto, due sono stati i maestriincontrati a cavallo fra le facoltà digiurisprudenza e di scienze politichesui cui scritti e discorsi ci siamo forma-ti: uno era Norberto Bobbio e l’altroGiovanni Leone, due grandi amici. Sierano conosciuti nel 1935 quandoLeone, professore antifascista, avevadato il benvenuto al giovane professo-re di filosofia del diritto, risultato in unconcorso, sotto il profilo antifascista,assai più discusso; poi, fra Leone eBobbio c’era stata una staffetta qui inSenato in Commissione giustizia.

Ebbene, rispetto alla memoria diqueste due importantissime figure piùpassano gli anni e più mi accade che il

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primo, Bobbio, mi sembri, non vogliodire sempre più piccolo, ma sempre piùtecnico per quella sua stessa straordi-naria capacità di giocare con le defini-zioni e le dottrine; il secondo, Leone,che mi sembrava troppo tecnicamentegiurista negli anni Sessanta, oggi miappare sempre più grande, proprio pernon essersi mai fatto strumentalizzareo asservire alle sue definizioni e allesue stesse dottrine.

Mi è capitata poi la strana avventu-ra in Senato di trovarmi «collega» dientrambi e di avere oggi l’onore di ri-cordare Giovanni Leone a 100 annidalla sua nascita. Ricordare GiovanniLeone significa ricordare l’ultimo gran-de di una certa idea della storia d’Italia,un’idea di cattolicesimo liberale. Neparlavo prima con un suo grandeamico, il senatore Pisanu, che si trova acavallo tra la generazione di GiovanniLeone e quella di mio padre.

Leone da questo punto di vista èuna figura estremamente interessante.

Per Leone l’espressione cattolicesi-mo liberale è un’espressione vera eseria, non uno schema giornalistico. InLeone c'è la persona umana, la filoso-fia del diritto di Giuseppe Capograssi,ma anche tutta la tradizione della de-stra storica, di Minghetti, di Arcoleo,nonché una conciliazione tra cattolice-simo e liberalismo, propria anche dello

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stesso Alessandro Manzoni.Rispetto ai colleghi che mi hanno

preceduto non mi sento di attribuirlotutto e soltanto alla tradizione repub-blicana. Vi sono molti istituti monar-chici che Leone rispettava ed amava,però mi sento di attribuirgli il pesodella tradizione del Risorgimento. Soche Leone ha significato moltissimonella storia del cattolicesimo organiz-zato. Per Leone quella storia iniziavamolto prima che l’appello ai liberi eforti e quanto alla Costituzione repub-blicana, di cui fu maestro, per Leoneantifascismo e Resistenza significavanotutto tranne che un potere o, peggioancora, un monopolio di parte. Leonenon aveva difficoltà a sentirsi onoratodi avere la tradizione della Resistenzadegli Arrigo Boldrini, dei Giancarlo Pa-jetta, ma non ha mai avuto la viltà, col-leghi della sinistra, di cancellare daquesta storia né Randolfo Pacciardi néEdgardo Sogno.

Ecco perché quel discorso su Crispiche aveva ascoltato a Napoli da ragaz-zo insieme a suo padre Mauro ne hacondizionato un momento altissimo incui si riflette una delle più degne tradi-zioni della nostra storia patria dellaquale credo che quest’Assemblea debbaessere sempre riconoscente. (Generaliapplausi. Congratulazioni).

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PRESIDENTE. Termina così la com-memorazione della figura di GiovanniLeone in occasione del centesimo anni-versario della nascita.

Il Senato ha reso, in modo unani-me, omaggio ad un eminente giurista,ad un uomo onesto, ad un grande Pre-sidente della Repubblica. Il Senato nonpuò – non è purtroppo nei nostri pote-ri – annullare le amarezze dell’ultimafase della sua Presidenza, ma può – e loha fatto oggi – rendergli l’onore dovu-to con una sola voce.

Ringrazio di nuovo e saluto la fa-miglia di Giovanni Leone, presenteoggi alla sua commemorazione. (Il Pre-sidente si leva in piedi e con lui tuttal’Assemblea. Vivi, prolungati, generaliapplausi).

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APPENDICE

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Palazzo Montecitorio, 29 dicembre 1971: Giuramento e Messaggio del Presidente della Repubblica 1971

CAMERA DEI DEPUTATI - SENATO DELLA REPUBBLICAV LEGISLATURA

SEDUTA COMUNE

MERCOLEDÌ 29 DICEMBRE 1971

GIURAMENTO E MESSAGGIODEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

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La seduta comincia alle 10.

Quando il Presidente dellaRepubblica, Leone, accompa-gnato dal Presidente dellaCamera, Pertini, e dal Presi-dente del Senato, Fanfani,entra nell'aula, l'Assembleasorge in piedi - Vivissimi,prolungati applausi, cui siassocia il pubblico delle tri-bune.Il Presidente della Cameraprende posto al suo seggio,con alla destra il Presidentedella Repubblica e alla sini-stra il Presidente del Senato.

PRESIDENTE. Invito il Presi-dente della Repubblica a pre-stare giuramento davanti alParlamento a norma dell'arti-colo 91 della Costituzione.

Il Presidente della Repubblica

legge la formula:«Giuro di essere fedele allaRepubblica e di osservarnelealmente la Costituzione».(Vivissimi applausi).

PRESIDENTE. Onorevoli de-putati, onorevoli senatori, ilPresidente della Repubblicavi invita a sedere.Il Presidente della Repubblicarivolgerà ora il suo messag-gio al Parlamento.

Il Presidente della Cameracede il suo seggio al Presi-dente della Repubblica eprende posto alla sua destra.Il Presidente della Repubblicapronuncia il seguente mes-saggio:

Onorevoli senatori, onorevolideputati! Rendo omaggio alParlamento della Repubblica

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italiana, diretta espressionedella sovranità popolare.Da questa Assemblea il miosaluto si estende al popoloitaliano, al quale chiedo direndersi depositario dell'im-pegno che assumo in umiltàdi spirito e con fermezza divolontà.Il Presidente della Repubblicaattinge dalla Costituzione ilcomplesso dei suoi poteri el'indicazione dei relativi limi-ti. Non spetta a lui formulareprogrammi o indicare solu-zioni. Gli spetta invece ilcompito di vigilare sull'osser-vanza della Costituzione e dimantenere intatto lo spiritoche alimenta la nostra Re-pubblica democratica fonda-ta sul lavoro, favorendol'azione degli organi respon-sabili e promuovendo il buonfunzionamento dei congegnicostituzionali. Interprete del-l'unità nazionale, secondo lasolenne formula costituzio-

nale.È nella Costituzione che noiitaliani dobbiamo tutti rico-noscerci. La Costituzione -nata dalle rovine del paesedopo una guerra che, pur noncondivisa, testimoniò il sensodel dovere dei cittadini, mili-tari e civili, il cui sacrificio eil cui olocausto devono esse-re qui ricordati - trasse ispi-razione e contenuto dalla Re-sistenza che, esprimendol'ansia di libertà di italiani diogni condizione sociale, diogni ideale politico e di ognifede religiosa, volle essere ri-bellione alla dittatura e al-l'asservimento straniero, ane-lito alla libertà e ad un regi-me di autentica democrazia.Una democrazia intesa nontanto come complesso di isti-tuti e di norme in cui talvol-ta l'individuo sembra incapa-ce di ritrovarsi, quanto comepiattaforma idonea a realiz-zare il principio di ugua-

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glianza, la dignità della per-sona umana, la giustizia so-ciale.Proprio in tale prospettiva dirinnovamento hanno sensoprofondo le parole di un con-dannato a morte della Resi-stenza: «Offro questo mio ul-timo istante per la pace delmondo e sovrattutto per lamia diletta patria, alla qualeauguro figli più degni e unavvenire più splendente».È alla Carta fondamentaledella Repubblica che il Presi-dente, come le altre istituzio-ni, chiederà la risposta aigravi interrogativi, alle diffu-se preoccupazioni ed incer-tezze che si colgono nella so-cietà italiana.È per questo dovere e senti-mento di ritrovarci tutti nellaCostituzione che le tensionisociali, le diverse impostazio-ni dei problemi economici,politici e culturali in un mo-mento così complesso devo-

no trovare per volontà gene-rale, per spontanea convin-zione sovrattutto dei cittadinie dei responsabili dell'orien-tamento di ceti e di masse,un'espressione civile e demo-cratica; si che alle misureadottate dal Parlamento e dalGoverno - ciascuno nellasfera delle proprie attribuzio-ni e tuttavia in un quadro dicollaborazione organica -corrisponda quel clima di fi-ducia che nasce dalla pacesociale. La pace sociale nonsignifica rinunzia alle legitti-me aspirazioni e ai modianche solleciti di farle valere;significa rinunzia al metododella violenza e della intolle-ranza. Soltanto l'ordine de-mocratico può garantire ilconseguimento di un risulta-to positivo. Questo non vuolessere invito ad un rassegna-to fatalismo. Occorre, invece,avere l'anima pronta ad in-tendere tutti i fermenti di

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giuste rivendicazioni ed in-quietudini, considerando chei mezzi e gli strumenti predi-sposti dalla Costituzione nonsono limiti od ostacoli al lorosoddisfacimento: sono lestrade maestre per la lororealizzazione stabile ed effet-tiva.In questa polarizzazionedella varia e viva problemati-ca sociale verso il richiamodella legalità repubblicanadevono operare le forze poli-tiche, le istituzioni, i sindaca-ti, la scuola, le associazioni, ilmondo della scienza e dellacultura, gli organi di infor-mazione: elementi costitutividel tessuto di un popolo, chenella sua ricca varietà ha sa-puto in passato dare manife-stazione di prodigiosa capa-cità di rinascita e non puòoggi non alimentare le splen-dide luci della sua tradizione.Il senso di incertezza e di in-sicurezza che si riscontra

nella nostra società ha causevarie. Tra queste prevalgonotalune disfunzioni delle isti-tuzioni e l'accentuarsi a voltenominalistico dei contrastitra le forze politiche. Masono cause tutte rimovibili.Occorre scoprire quello cheunisce invece di disperdersinella ricerca di ciò che divi-de.È necessario accentuare lasaldatura tra coscienza socia-le ed istituzioni. È questo ilcompito fondamentale cuisono chiamati i partiti politi-ci e, nel loro ambito, le gran-di organizzazioni sociali, me-diatrici delle istanze delpaese. È questa la condizioneper conseguire l'effettivafunzionalità di tutte le istitu-zioni, la loro armonia nelquadro di una Costituzioneche ne ha definito chiara-mente i compiti e le respon-sabilità e che costituisce ilpunto obbligato di riferimen-

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to per tutti. In tal modo sipotrà garantire la maggiorepartecipazione del cittadinoalla vita dello Stato, caratte-ristica essenziale della demo-crazia.Coerente con la linea politicadi progresso e di giustizia sipone la nostra azione incampo internazionale, nellaconsapevolezza che solo dauomini educati all'eserciziodelle virtù sociali sarà possi-bile attendersi la realizzazio-ne dell'armonica convivenzainternazionale, presuppostoindispensabile per il conse-guimento del bene della pace,al quale l'Italia ha dato e daràsempre il più caloroso contri-buto.In tale spirito si inserisce lanostra partecipazione all'al-leanza difensiva atlantica,che si è gradualmente rivela-ta valido strumento di disten-sione.Con lo stesso spirito i paesi

occidentali, e con essi l'Italia,si adoperano con pazienteimpegno a predisporre unaconferenza per la sicurezza ela cooperazione in Europa - acui partecipino con gli StatiUniti e il Canadà tutti gliStati europei interessati - alloscopo di raggiungere condi-zioni atte ad assicurare unapiù feconda convivenza eduna più efficace collabora-zione tra tutti i popoli euro-pei, nella garanzia e nel ri-spetto dell'indipendenza edella libertà di tutte le nazio-ni.Sempre nella considerazionedella necessità di raggiungerepiù giusti e più stabili equili-bri, l'Italia ritiene essenzialeil suo costante appoggio aipaesi in via di sviluppo, nel-l'intento di contribuire allasoluzione dei problemi cheritardano e rendono piùarduo il loro inserimentonella società tecnologica

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contemporanea. Per quantoriguarda i rapporti tra Stato eChiesa, è nella Costituzionela direttrice di operare perchévengano salvaguardate lecondizioni della pace religio-sa in Italia. Non si tratta solodi osservare i precetti dell'ar-ticolo 7 della Costituzione,che fanno il giusto posto allaindipendenza ed alla sovra-nità dello Stato e della Chie-sa cattolica, ciascuno nelproprio ordine; si tratta dimantenere un clima cherenda impossibile ogni ana-cronistico steccato.Nel rendere omaggio all'altomagistero spirituale che eser-cita il Sommo Pontefice conl'appello angosciato e quoti-diano alla pace, la dura con-danna della guerra, la fermaaspirazione alla giustizia trale classi e tra i popoli, sentod'interpretare l'animo cristia-no del popolo italiano. (Vi-vissimi applausi).

Con lo stesso spirito occorrecogliere l'anelito ad una ri-consacrazione dei principimorali, che sono condizioneessenziale per una felice sin-tesi dei valori individuali, fa-miliari e sociali.Il mio saluto va a tutte le isti-tuzioni sulle quali si incardi-na la Repubblica.Al Parlamento, sede insosti-tuibile di tutte le istanze diconfronto e di conciliazione,teso ad interpretare le esigen-ze di una società che progre-disce, alla quale deve offrirestrumenti legislativi anchetecnicamente più moderni edefficienti.Alla Corte costituzionale,scultoreamente definita daEnrico De Nicola «vestaledella Costituzione», la qualecon costante impegno e consempre più decisa incisività,operando sul tessuto delleleggi, specie di quelle prece-denti alla Costituzione, rende

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vivi i principi fondamentaliin questa enunciati.Alle regioni, che nel quadrodell'unità nazionale sonochiamate ad esprimere sulpiano legislativo ed ammini-strativo la varietà di questocomplesso e rigoglioso paese,accostando più direttamentelegislazione e attività esecu-tiva agli interessi e alle aspi-razioni delle singole comuni-tà regionali, contribuendocosì a realizzare il pluralismoistituzionale previsto dallaCostituzione.Le regioni sono strumentoessenziale per la eliminazio-ne degli squilibri settoriali eterritoriali, tra i quali emergetuttora preminente il proble-ma del Mezzogiorno e dellealtre zone depresse.Alla magistratura, presidio digiustizia, punto di riferimen-to delle aspettative di legali-tà, severa custode dei dirittidell'uomo che sono l'essenza

stessa della nostra democra-zia. Essa, ricca di gloriosetradizioni di probità e di cul-tura, saprà con alto impegnomorale rispondere alle aspet-tative di giustizia del paese.Di questa convinzione possochiamare a testimonianza laconoscenza che ho della ab-negazione e del senso del do-vere dei magistrati italiani.Occorre però richiamare an-cora una volta l'attenzionesulla necessità che all'ammi-nistrazione della giustiziasiano forniti strumenti piùmoderni, più rapidi ed incisi-vi. Si tratta non solo di stru-menti legislativi (accanto allariforma dei codici, urge quel-la dell'ordinamento giudizia-rio, da lungo tempo auspica-ta); ma anche di strumentimateriali indispensabili per ilbuon funzionamento dellavita giudiziaria.L'ansia di certezza del dirittoe l'effettiva garanzia dell'ac-

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cesso alla giustizia per imeno abbienti vanno coltenella loro essenziale impor-tanza.Alle forze armate, garanziadell'indipendenza nazionalee della sovranità dello Stato,nelle quali i nostri giovanitrovano una grande scuola didedizione al bene supremodella patria e di alta educa-zione democratica.Alla pubblica amministrazio-ne, che - nonostante il ritar-do in cui si dibatte l'attuazio-ne dell'opera di riforma, peraltro collegata all'ordina-mento regionale - trova nelsenso del dovere e nel sacri-ficio dei molti servitori delloStato un punto di fiducia.Va rinnovato in questa sedel'invito a garantire semprepiù attraverso gli ordinamen-ti e il costume il rispetto delleaspettative e delle esigenzedel singolo cittadino.Ai sindacati, ai quali è com-

messa la responsabilità di in-terpretare le ansie non soloeconomiche ma anche mora-li dei lavoratori, che costitui-scono la parte più nobile erappresentativa del paese pertradizione di laboriosità,d'inventiva e di preparazio-ne.Noi vogliamo ricordarequanto spetta di merito e diorgoglio alla classe lavoratri-ce nell'opera prodigiosa di ri-costruzione dalle rovine edalla miseria e quale ruoloessa giustamente ricopranella nostra democrazia, chedalla sua fattiva adesione ri-ceve uno slancio vitale.Al senso di responsabilitàdella classe lavoratrice devecorrispondere analogo impe-gno del mondo imprendito-riale, che ha dato un essen-ziale contributo al progressodel paese e che è chiamato arealizzare quelle sintesi ope-rative che possono assicurare

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un ulteriore e necessario svi-luppo economico, non sepa-rato certo, da una piena sod-disfazione delle legittimeaspirazioni dei lavoratori.Tutti i problemi connessi di-rettamente o indirettamenteal lavoro e alla produzione,condizione del benessere delpopolo italiano, saranno per-ciò seguiti con vigile interes-se.La congiuntura economica ètuttora oggetto di preoccupa-ta attenzione. Non vi sonoancora apprezzabili datiquantitativi sull'inversionedel ciclo economico, ma èabbastanza diffusa la sensa-zione che si sia giunti allafine della fase regressiva.Il recente accordo monetarioconsentirà al mercato inter-nazionale di riprendere slan-cio e vigore rispetto alla si-tuazione creatasi nell'agostoscorso.L'Italia ha dimostrato, da

ormai un quarto di secolo, dicredere nella libertà degliscambi internazionali e divolerla. È nell'ambito di talescelta che abbiamo operato,sulla linea indicata da De Ga-speri, per costruire l'«Europadei sei» e per allargarla allaGran Bretagna ed agli altripaesi candidati, mirando allacostruzione dell'unità politi-ca europea.Un saluto particolare va ainostri connazionali all'estero,a quelli che, da lungo tempoinseriti in altre comunità, condignità e lealtà concorronoad accrescere il prestigio del-l'Italia; a quelli che, costrettia chiedere un posto di lavorofuori dei confini nazionali,giustamente aspirano a tor-nare alla loro terra. Desiderorivolgere un pensiero rive-rente e grato ai miei prede-cessori, che, con diversità ditemperamento ma con egualesenso di dedizione al paese,

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hanno rappresentato l'unitànazionale.Sento la responsabilità di es-sere il continuatore di unatradizione che si inizia conEnrico De Nicola, il quale -arroccato nella sua alta co-scienza giuridica e in una vi-sione austera dello Stato -accompagnò l'opera di DeGasperi per la rinascita delpaese.Al Presidente Saragat rivolgoil mio deferente saluto e ilpensiero riconoscente delpaese, che gli esprimo nellostesso momento in cui assu-mo la funzione di rappresen-tante dell'unità nazionale.Egli ha esplicato il mandatoin uno dei periodi più com-plessi e travagliati della no-stra vita nazionale con limpi-da coscienza democratica,con larga visione sociale, conun senso religioso della liber-tà.Onorevoli senatori, onorevoli

deputati, la mia elezionecoincide con il venticinquesi-mo anniversario della fonda-zione dello Stato repubblica-no ed è prossima all'annocentenario della morte diGiuseppe Mazzini.Da queste coincidenze pos-siamo trarre auspicio.La Repubblica democratica,che fu il tormentoso sogno diuno dei maggiori artefici delnostro Risorgimento, è daventicinque anni una realtàviva ed operante. Occorre cu-stodirla, nei suoi valori fon-damentali di giustizia e di li-bertà, vivificandola con ilnostro lavoro, con il nostrosacrificio, con la coscienzadei nostri diritti e con l'accet-tazione dei nostri doveri;convinti che democrazia èsovrattutto responsabile par-tecipazione della collettivitàalla costruzione del proprioavvenire.La classe politica ha dato

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Palazzo Montecitorio, 29 dicembre 1971: Giuramento e Messaggio del Presidente della Repubblica1971

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ampio respiro alla libertà; si èadoperata a costruire un si-stema democratico pluralisti-co; ha posto le premesse perun progresso che sia promo-tore di autentica giustizia.Non possiamo disperderetutto questo. Dobbiamo com-pletare la costruzione delloStato così com'è delineatonella Costituzione repubbli-cana; dobbiamo operare inmodo che esso si fondi suleggi giuste.Con l'aiuto di Dio dedicheròogni mio pensiero, ogni mioatto al servizio del popoloitaliano, nel nome augustodella patria. Viva l'Italia!(L'Assemblea si leva in piedi- Vivissimi, prolungati ap-plausi, cui si associa il pub-blico delle tribune).

La seduta termina alle10,20.

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