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del gigante latino. A dispetto della sua stessa volontà. Perché il Brasile è un universo, ribadiva. Impossibile, dunque, "racchiuderlo" in una sola penna, quantunque eccezionale. Questo è tanto più vero ora, che un boom impetuoso ha catapultato la nazione sul palcoscenico delle grandi potenze in appena un decennio. Mentre reddito e investimenti schizzano alle stelle, la lotta alla povertà si scontra con l’assenza di quei servizi – scuola, sanità, trasporti – indispensabili per rendere omogenei e sostenibili nel tempo i progressi raggiunti. Lo sviluppo marcia dunque a velocità differenti. Centro e periferie si allontanano nella realtà proprio adesso che Internet le avvicina. E il Brasile si scompone in un arcipelago frastagliato di identità, contesti, microcosmi. E’ questo contesto complesso, cangiante, sfaccettato, quello con cui si trovano a fare i conti gli oltre 70 autori locali che, da mercoledì, affolleranno la Buchmesse di Francoforte, in cui il Brasile è ospite d’onore. Una generazione che ha fatto della pluralità la sua cifra – forse l’unica – distintiva. La letteratura del Brasile "del miracolo economico" è un arcipelago. Di sensibilità, prose, stili e contenuti differenti. In cui l’eredità di Amado e Machado de Assis si mescola con influenze d’oltreconfine. In primis il surrealismo latinoamericano di Borges e Bolaño. Ma anche – o soprattutto – la narrativa degli amati-odiati Stati Uniti. L’ambientazione prevalente del racconto è urbana, ogni scrittore, però, ne rappresenta un frammento distinto. O lo ricrea. Si passa dall’iperealismo di Paulo Lins, Reginaldo Ferreira da Silva, Patricia Melo, Luiz Ruffato, Rodrigo Lacerda, Marcelo Aquino – in cui riecheggiano tracce dei noir metropolitani di Rubem Fonseca – all’intimismo lirico Milton Hatoum, Bernardo Carvalho e Tatiana Salem Levy – che richiama il romanzo introspettivo di Clarice Lispector –, al nuovo regionalismo di Ronaldo Brito, alle memorie-romanzo di Adriana Lisboa. Il risultato è, secondo la formula dell’autore e critico Altair Martins, un «insieme Cinema e letteratura tengono alto il vessillo del Paese latinoamericano. I giovani narratori guardano la realtà con occhi più liberi dei loro padri, mischiando generi espressivi e temi, esistenziali e sociali insieme. Alle accuse di disimpegno, replicano con storie ambientate nelle favelas o nei luoghi urbani del disagio produzione letteraria attuale del "suo" Brasile. La nazione- continente per antonomasia, come amava ripetere l’ideatore di Donna Flor, Teresa Batista, Gabriela. Eroine sulle quali si è modellato l’immaginario mondiale a proposito della femminilità brasiliana. Eppure, quasi tutti i personaggi – e le storie – di Amado appartengono alla geografia sensuale del nord- est, un porzione limitata del quinto Paese più grande del mondo. Per lo meno all’estero, però, tra gli anni Sessanta e Ottanta, l’autore – sull’onda della scoperta del realismo magico e dell’interesse per ogni sua declinazione – è stato considerato come la voce narrante FRONTIERE ADRIANA LISBOA «Oggi siamo più liberi dalle ideologie» l rapporto con le parole è parte di ciò che sono. Eppure amo il silenzio. Anzi, dato che mi reputo un’introversa, i romanzi e i racconti mi permettono vivere le parole nel mio intimo. Poi, escono e trovano la loro strada nel mondo». Adriana Lisboa è considerata una voci più promettenti dell’attualità letteraria brasiliana. «Non so. Quando scrivo cerco di tenere in mente tre aggettivi: semplicità, leggerezza e precisione», dice prima di prendere l’aereo per Francoforte. Nota da tempo negli Stati Uniti, dove risiede, ad aprirle le "porte" dell’Europa è stato il Premio Saramago, nel 2003. In Italia, la Nuova Frontiera ha appena pubblicato il romanzo Blu corvino, la storia di un’adolescente trapiantata negli Usa e costretta a confrontarsi con il passato dei suoi genitori che affonda negli anni bui (1965-1985) della dittatura. Il regime, però, è solo lo sfondo remoto di un’opera incentrata sulla difficile costruzione dell’identità. Questa è una differenza rispetto alla letteratura più spiccatamente politica degli anni Ottanta… «La situazione è cambiata e, dunque, anche la narrativa. Ora è più libera dalle definizioni ideologiche. Dalle formule precostituite. Non c’è un canone a cui doversi adeguare o, per lo meno, confrontare. Questo ci consente di affrontare uno spettro molto più ampio di temi». Quali in particolare? «Ribadisco: non c’è una "scuola". Le sensibilità sono diverse. Le violenza metropolitana è senza dubbio abbastanza presente, come pure l’emigrazione e la perdita del senso di appartenenza, il noir, la complessità dei legami familiari. Anche gli stili sono molteplici. Alcuni preferiscono l’auto-fiction (un misto tra memoria e romanzo), altri i racconti brevi, di taglio giornalistico». Lei di che cosa scrive? «Nei miei primi romanzi mi sono occupata del tema della memoria. Ora mi sto concentrando sull’idea dello sradicamento, sulla ricerca di un proprio posto nel mondo: molti dei miei personaggi più recenti sono migranti, rifugiati, esiliati. Allo stesso tempo, scrivo molto sulla transitorietà dell’esistenza. Una delle mie tematiche ricorrenti, oltre all’amore, è la morte: mi sforzo, però, di raccontarla con delicatezza e creatività». (L.C.) © RIPRODUZIONE RISERVATA I « a letteratura latinoamericana non esiste. Penso che si tratti di una definizione colonialista. Ogni Paese del continente ha una propria letteratura. Che, tra parentesi, è molto buona». Con tutta probabilità, a oltre trent’anni di distanza, Jorge Amado riproporrebbe la stessa affermazione a proposito della L « di Lucia Capuzzi 3 AGORÀ DOMENICA DOMENICA 6 OTTOBRE 2013 LUIZ RUFFATO «I miei modelli? Cosmopoliti» i ha influenzato più Rubem Fonseca di Jorge Amado. Anche se i miei modelli, come quelli della maggior parte della mia generazione, sono cosmopoliti e spaziano dagli Stati Uniti alla Francia». Luiz Ruffato è tra gli autori brasiliani più letti all’estero. In Italia è uscito Sono stato a Lisbona e ho pensato a te, edito da Nuova Frontiera che, il prossimo anno, pubblicherà anche Di me neanche ti ricordi. Non a caso sarà Ruffato a tenere, martedì, la conferenza inaugurale della Buchmesse. «Cercherò di riassumere la storia del Brasile, dalla "scoperta" all’attualità. Perché? Per mostrare che ci sono nodi costantemente irrisolti». A che cosa si riferisce? «Al problema educativo: il principale fardello del Brasile contemporaneo. Tuttora nel Paese esiste un 9-10 per cento di analfabetismo. E un terzo della popolazione legge e scrive a stento. Senza istruzione non può esserci autentico esercizio della cittadinanza e, dunque, democrazia. Questo spiega il dilagare della corruzione». Che ruolo hanno i libri nella diffusione della cultura all’interno del Paese? «Negli ultimi 10-20, i governi hanno fatto uno sforzo per promuovere la circolazione dei libri. La domanda pubblica ha fatto crescere il mercato editoriale, si parla di un giro d’affari da 2 miliardi di dollari. Il che ha prodotto un paradosso. È aumentato il numero di autori mentre quello di lettori resta scarso: i brasiliani leggono in media 4 libri in 12 mesi». Come lo spiega? «La pessima qualità dell’educazione pubblica non incentiva la lettura. Così i privati non comprano romanzi. Questi, inoltre, hanno prezzi proibitivi per le fasce medio-basse». La presenza brasiliana sul mercato dell’editoria internazionale sta crescendo? «Si fanno dei progressi. Il Brasile è diventato un Paese importante e questo attira gli sguardi del mondo». Se dovesse dire a uno straniero quali autori leggere per conoscere il Brasile reale, chi sceglierebbe? «Bernardo Carvalho, per il suo stile sofisticato, Paulo Lins e Marcelo Aquino per l’attenzione alle periferie, Adriana Lisboa, per la capacità introspettiva. E Luiz Ruffato ovviamente! Il perché lo trova nei miei libri... (ride)». (L.C.) © RIPRODUZIONE RISERVATA M « di isole linguistiche sconnesse», che ha fatto della pluralità l’arma per scongiurare lo stereotipo. E dimostrare che il Brasile è molto più del trinomio «samba-calcio- carnevale». La sfida è ardua. A parte il "fenomeno Coelho" – dovuto però alla moda della New Age –, gli autori attuali sono poco tradotti all’estero. La barriera linguistica ne limita la proiezione internazionale: il portoghese, a differenza dello spagnolo, è ancora un idioma poco conosciuto. E se la molteplicità è una ricchezza, l’assenza di un "cantore unico" o almeno prevalente rende più arduo per il Brasile conquistarsi uno spazio nel mercato letterario internazionale. I segnali, comunque, sono incoraggianti. La Fiera di Francoforte dovrebbe portare alla pubblicazione di 250 nuovi titoli in diverse nazioni. Con i grandi eventi sportivi – Mondiali e Olimpiadi –, poi, l’interesse per il Brasile è destinato a crescere. E la letteratura è pronta a cogliere l’occasione. © RIPRODUZIONE RISERVATA PAULO LINS «I film, nostro miracolo» l cinema ci salverà». Adora scherzare Paulo Lins. «Ma non poi tanto» si affretta a sottolineare, mentre prepara le valigie per la Buchmesse. Perché il successo internazionale dei film brasiliani negli ultimi dieci anni ha avuto un effetto-traino importante sui romanzi del gigante latinoamericano. Consentendo a questi ultimi, nonostante lo scoglio della lingua, di "approdare" nell’altra riva dell’Atlantico. Paulo Lins lo sa bene. L’adattamento cinematografico della sua Città di Dio – uscito nelle sale italiane con il titolo City of God – da parte del regista Fernando Meirelles, nel 2002, ha trasformato il libro in un caso editoriale. Anche in Italia – dove l’opera è stata pubblicata da Einaudi –, il nome "Città di Dio" è diventato sinonimo di tutte le favelas di Rio de Janeiro. E, per estensione, del Brasile. Pensa che la magia potrebbe ripetersi? «Si è già ripetuto. Mi riferisco a Tropa de elite di José Padilla. Il successo del film ha spinto addirittura gli autori ha scrivere il proseguo: Tropa de elite 2. E i riscontri sono stati ottimi». Perché il cinema ha questo potere? «Perché riesce a catturare l’essenza del Brasile. Ben oltre gli stereotipi "samba e pallone". Il cinema attuale sta mostrando il Paese nella sua crudezza, complessità, poesia, ambivalenza. Basta pensare a Central do Brasil di Walter Sellers. I film, inoltre, circolano più facilmente sul mercato internazionale, facendo crescere l’interesse per il Brasile. E questo ha ricadute positive sulla cultura a 360 gradi». I suoi libri raccontano la violenza e l’emarginazione delle favelas. Hanno dunque un forte contenuto di denuncia sociale. Eppure tanti sostengono che la letteratura brasiliana attuale sia poco impegnata rispetto al passato… «Non è così. È solo cambiato il modo di vivere e narrare l’impegno. Gli autori ora rivendicano libertà dai cliché ideologici. Questo non implica un disinteresse per ciò che accade. Anzi, tanti di noi cercano di portare alla luce i lati "bui" del "miracolo" entrando in quei mondi separati che sono le favelas. Anche in questo caso, però, si deve andare oltre lo stereotipo: Cidade de Deus è miseria, discriminazione e rabbia ma anche un concentrato di speranza». (L.C.) © RIPRODUZIONE RISERVATA I « Una generazione di scrittori salpa verso Francoforte UN’IMMAGINE DELLA LIVRARIA CULTURA, CHE VANTA UNO DEI PIÙ VASTI ASSORTIMENTI LIBRARI DI SAN PAOLO, IN BRASILE (© PAULO FRIDMAN/CORBIS) Brasile

Letteratura Brasiliana contemporanea – l'Avvenire 6 Ottobre 2013

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Adriana Lisboa e Luiz Ruffato intervistati da l'Avvenire il 6 Ottobre 2013

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del gigante latino. A dispetto dellasua stessa volontà. Perché ilBrasile è un universo, ribadiva.Impossibile, dunque,"racchiuderlo" in una sola penna,quantunque eccezionale. Questo ètanto più vero ora, che un boomimpetuoso ha catapultato lanazione sul palcoscenico dellegrandi potenze in appena undecennio. Mentre reddito einvestimenti schizzano alle stelle,la lotta alla povertà si scontra conl’assenza di quei servizi – scuola,sanità, trasporti – indispensabiliper rendere omogenei e sostenibilinel tempo i progressi raggiunti. Losviluppo marcia dunque a velocitàdifferenti. Centro e periferie siallontanano nella realtà proprioadesso che Internet le avvicina. Eil Brasile si scompone in unarcipelago frastagliato di identità,contesti, microcosmi. E’ questocontesto complesso, cangiante,sfaccettato, quello con cui sitrovano a fare i conti gli oltre 70autori locali che, da mercoledì,affolleranno la Buchmesse diFrancoforte, in cui il Brasile èospite d’onore. Una generazione

che ha fatto della pluralità la suacifra – forse l’unica – distintiva. Laletteratura del Brasile "del miracoloeconomico" è un arcipelago. Disensibilità, prose, stili e contenutidifferenti. In cui l’eredità di Amadoe Machado de Assis si mescola coninfluenze d’oltreconfine. In primisil surrealismo latinoamericano diBorges e Bolaño. Ma anche – osoprattutto – la narrativa degliamati-odiati Stati Uniti.L’ambientazione prevalente delracconto è urbana, ogni scrittore,però, ne rappresenta un frammentodistinto. O lo ricrea. Si passadall’iperealismo di Paulo Lins,Reginaldo Ferreira da Silva, PatriciaMelo, Luiz Ruffato, RodrigoLacerda, Marcelo Aquino – in cuiriecheggiano tracce dei noirmetropolitani di Rubem Fonseca –all’intimismo lirico Milton Hatoum,Bernardo Carvalho e Tatiana SalemLevy – che richiama il romanzointrospettivo di Clarice Lispector –,al nuovo regionalismo di RonaldoBrito, alle memorie-romanzo diAdriana Lisboa. Il risultato è,secondo la formula dell’autore ecritico Altair Martins, un «insieme

Cinema e letteratura tengono altoil vessillo del Paese latinoamericano.I giovani narratori guardano la realtà

con occhi più liberi dei loro padri,mischiando generi espressivi e temi, esistenziali e sociali insieme.

Alle accuse di disimpegno, replicanocon storie ambientate nelle favelas o nei luoghi urbani del disagio

produzione letteraria attuale del"suo" Brasile. La nazione-continente per antonomasia, comeamava ripetere l’ideatore di DonnaFlor, Teresa Batista, Gabriela.Eroine sulle quali si è modellatol’immaginario mondiale a propositodella femminilità brasiliana.Eppure, quasi tutti i personaggi – ele storie – di Amado appartengonoalla geografia sensuale del nord-est, un porzione limitata del quintoPaese più grande del mondo. Per lomeno all’estero, però, tra gli anniSessanta e Ottanta, l’autore –sull’onda della scoperta delrealismo magico e dell’interesse perogni sua declinazione – è statoconsiderato come la voce narrante

FRONTIERE

ADRIANA LISBOA«Oggi siamo più liberi dalle ideologie»

l rapporto con le parole è parte di ciò che sono. Eppure amo il silenzio. Anzi,dato che mi reputo un’introversa, i romanzi e i racconti mi permettono viverele parole nel mio intimo. Poi, escono e trovano la loro strada nel mondo».Adriana Lisboa è considerata una voci più promettenti dell’attualità letteraria

brasiliana. «Non so. Quando scrivo cerco di tenere in mente tre aggettivi: semplicità,leggerezza e precisione», dice prima di prendere l’aereo per Francoforte. Nota da temponegli Stati Uniti, dove risiede, ad aprirle le "porte" dell’Europa è stato il Premio Saramago,nel 2003. In Italia, la Nuova Frontiera ha appena pubblicato il romanzo Blu corvino, lastoria di un’adolescente trapiantata negli Usa e costretta a confrontarsi con il passato deisuoi genitori che affonda negli anni bui (1965-1985) della dittatura. Il regime, però, èsolo lo sfondo remoto di un’opera incentrata sulla difficile costruzione dell’identità.Questa è una differenza rispetto alla letteratura più spiccatamente politica deglianni Ottanta…«La situazione è cambiata e, dunque, anche la narrativa. Ora è più libera dalle definizioniideologiche. Dalle formule precostituite. Non c’è un canone a cui doversi adeguare o, perlo meno, confrontare. Questo ci consente di affrontare uno spettro molto più ampio ditemi».Quali in particolare?«Ribadisco: non c’è una "scuola". Le sensibilità sono diverse. Le violenza metropolitana èsenza dubbio abbastanza presente, come pure l’emigrazione e la perdita del senso diappartenenza, il noir, la complessità dei legami familiari. Anche gli stili sono molteplici.Alcuni preferiscono l’auto-fiction (un misto tra memoria e romanzo), altri i racconti brevi,di taglio giornalistico».Lei di che cosa scrive?«Nei miei primi romanzi mi sono occupata del tema della memoria. Ora mi stoconcentrando sull’idea dello sradicamento, sulla ricerca di un proprio posto nel mondo:molti dei miei personaggi più recenti sono migranti, rifugiati, esiliati. Allo stesso tempo,scrivo molto sulla transitorietà dell’esistenza. Una delle mie tematiche ricorrenti, oltreall’amore, è la morte: mi sforzo, però, di raccontarla con delicatezza e creatività». (L.C.)

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a letteraturalatinoamericana nonesiste. Penso che sitratti di una

definizione colonialista. Ogni Paesedel continente ha una proprialetteratura. Che, tra parentesi, èmolto buona». Con tuttaprobabilità, a oltre trent’anni didistanza, Jorge Amadoriproporrebbe la stessaaffermazione a proposito della

L«di Lucia Capuzzi

3AGORÀDOMENICA DOMENICA6 OTTOBRE 2013

LUIZ RUFFATO«I miei modelli?Cosmopoliti»

i ha influenzato più Rubem Fonseca diJorge Amado. Anche se i miei modelli,come quelli della maggior parte dellamia generazione, sono cosmopoliti e

spaziano dagli Stati Uniti alla Francia». Luiz Ruffato ètra gli autori brasiliani più letti all’estero. In Italia èuscito Sono stato a Lisbona e ho pensato a te, edito daNuova Frontiera che, il prossimo anno, pubblicheràanche Di me neanche ti ricordi. Non a caso sarà Ruffatoa tenere, martedì, la conferenza inaugurale dellaBuchmesse. «Cercherò di riassumere la storia del Brasile,dalla "scoperta" all’attualità. Perché? Per mostrare checi sono nodi costantemente irrisolti».A che cosa si riferisce?«Al problema educativo: il principale fardello del Brasilecontemporaneo. Tuttora nel Paese esiste un 9-10 percento di analfabetismo. E un terzo della popolazionelegge e scrive a stento. Senza istruzione non puòesserci autentico esercizio della cittadinanza e, dunque,democrazia. Questo spiega il dilagare della corruzione».Che ruolo hanno i libri nella diffusione della culturaall’interno del Paese?«Negli ultimi 10-20, i governi hanno fatto uno sforzoper promuovere la circolazione dei libri. La domandapubblica ha fatto crescere il mercato editoriale, si parladi un giro d’affari da 2 miliardi di dollari. Il che haprodotto un paradosso. È aumentato il numero di autorimentre quello di lettori resta scarso: i brasiliani leggonoin media 4 libri in 12 mesi».Come lo spiega?«La pessima qualità dell’educazione pubblica nonincentiva la lettura. Così i privati non compranoromanzi. Questi, inoltre, hanno prezzi proibitivi per lefasce medio-basse».La presenza brasiliana sul mercato dell’editoriainternazionale sta crescendo?«Si fanno dei progressi. Il Brasile è diventato un Paeseimportante e questo attira gli sguardi del mondo».Se dovesse dire a uno straniero quali autori leggereper conoscere il Brasile reale, chi sceglierebbe?«Bernardo Carvalho, per il suo stile sofisticato, PauloLins e Marcelo Aquino per l’attenzione alle periferie,Adriana Lisboa, per la capacità introspettiva. E LuizRuffato ovviamente! Il perché lo trova nei miei libri...(ride)». (L.C.)

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di isole linguistiche sconnesse»,che ha fatto della pluralità l’armaper scongiurare lo stereotipo. Edimostrare che il Brasile è moltopiù del trinomio «samba-calcio-carnevale». La sfida è ardua. Aparte il "fenomeno Coelho" –dovuto però alla moda della NewAge –, gli autori attuali sono pocotradotti all’estero. La barrieralinguistica ne limita la proiezioneinternazionale: il portoghese, adifferenza dello spagnolo, è ancoraun idioma poco conosciuto. E se lamolteplicità è una ricchezza,

l’assenza di un "cantore unico" oalmeno prevalente rende più arduoper il Brasile conquistarsi unospazio nel mercato letterariointernazionale. I segnali,comunque, sono incoraggianti. LaFiera di Francoforte dovrebbeportare alla pubblicazione di 250nuovi titoli in diverse nazioni. Coni grandi eventi sportivi – Mondialie Olimpiadi –, poi, l’interesse per ilBrasile è destinato a crescere. E laletteratura è pronta a coglierel’occasione.

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PAULO LINS«I film, nostromiracolo»

l cinema ci salverà». Adora scherzarePaulo Lins. «Ma non poi tanto» si affrettaa sottolineare, mentre prepara le valigieper la Buchmesse. Perché il successo

internazionale dei film brasiliani negli ultimi diecianni ha avuto un effetto-traino importante suiromanzi del gigante latinoamericano. Consentendo aquesti ultimi, nonostante lo scoglio della lingua, di"approdare" nell’altra riva dell’Atlantico. Paulo Lins losa bene. L’adattamento cinematografico della sua Cittàdi Dio – uscito nelle sale italiane con il titolo City ofGod – da parte del regista Fernando Meirelles, nel2002, ha trasformato il libro in un caso editoriale.Anche in Italia – dove l’opera è stata pubblicata daEinaudi –, il nome "Città di Dio" è diventato sinonimodi tutte le favelas di Rio de Janeiro. E, per estensione,del Brasile. Pensa che la magia potrebbe ripetersi?«Si è già ripetuto. Mi riferisco a Tropa de elite di JoséPadilla. Il successo del film ha spinto addirittura gliautori ha scrivere il proseguo: Tropa de elite 2. E iriscontri sono stati ottimi». Perché il cinema ha questo potere?«Perché riesce a catturare l’essenza del Brasile. Benoltre gli stereotipi "samba e pallone". Il cinemaattuale sta mostrando il Paese nella sua crudezza,complessità, poesia, ambivalenza. Basta pensare aCentral do Brasil di Walter Sellers. I film, inoltre,circolano più facilmente sul mercato internazionale,facendo crescere l’interesse per il Brasile. E questo haricadute positive sulla cultura a 360 gradi». I suoi libri raccontano la violenza el’emarginazione delle favelas. Hanno dunque unforte contenuto di denuncia sociale. Eppure tantisostengono che la letteratura brasiliana attuale siapoco impegnata rispetto al passato…«Non è così. È solo cambiato il modo di vivere enarrare l’impegno. Gli autori ora rivendicano libertàdai cliché ideologici. Questo non implica undisinteresse per ciò che accade. Anzi, tanti di noicercano di portare alla luce i lati "bui" del "miracolo"entrando in quei mondi separati che sono le favelas.Anche in questo caso, però, si deve andare oltre lostereotipo: Cidade de Deus è miseria, discriminazionee rabbia ma anche un concentrato di speranza». (L.C.)

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Una generazione di scrittorisalpa verso Francoforte

UN’IMMAGINE DELLA LIVRARIA CULTURA, CHE VANTA UNO DEI PIÙ VASTI ASSORTIMENTI LIBRARI DI SAN PAOLO, IN BRASILE (© PAULO FRIDMAN/CORBIS)

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