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    Laboratorio di Filosofia della Musica

    Parte Prima

    Il ritmo nel tendersi del suono

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    1 Introduzione

    Filosofia della Musica termine vago: nellaccezione che ne ha accompagnato levoluzione nelsecolo che si appena chiuso, esso sembrato essere pi un titolo per sviluppare una serie di rifles-sioni sulle funzioni della musica allinterno della valorizzazione sociale, condivisa dellesperienzamusicale, che non un autonomo terreno di ricerca. Il novecento ha infatti usato spesso lespressioneper designare quel campo di problemi che stringono musica e societ, secondo unaccezione socio-logica, che spesso si colora di connotazioni antropologiche, e che analizza il modo in cui il mondosociale si rispecchia nella ricezione delloggetto musicale. Un altro campo in cui si ricorso a

    questespressione quello delletnomusicologia, che studia il costituirsi delloggetto musicale e deisuoi portati simbolici nelle culture tradizionali, europee ed extraeuropee, fino alla cosiddetta socio-logia della musica, che cerca di interpretare la ricezione e la costruzione dei linguaggi musicaliallinterno della societ. Il termine infine emerge nel campo degli studi psicologici legati allanalisipercettiva delloggetto musicale, declinata secondo le prospettive elaborate da varie correnti, chevanno della psicologia della forma al cognitivismo.

    Frequentemente, queste discipline tendono ad incrociarsi fra di loro, ad indagare la dimensionemusicale, secondo tutte queste accezioni, che fra di loro andrebbero, al contrario, diversificate, edutilizzano il termine filosofia della musica per alludere ad un contesto, di solito piuttosto opaco, diproblemi comuni.

    Unaltra accezione caratteristica del termine filosofia della musica ci porta in un contesto com-pletamente diverso, ovvero sul piano di tutte quel fiorire di riflessioni teoriche attorno al costituirsidi nuovi linguaggi musicali allinterno dellesperienza delle avanguardie del novecento: molti teori-ci, come Schoenberg , Hindemith, Varse ma i nomi che dovremmo fare sono molti di pi, si pon-gono il problema di un rinnovamento radicale del linguaggio musicale e si trovano a fare i conti conuna serie di opzioni teoriche quali la scelta fra tonalit o atonalit, lintroduzione di rumorinellambito del mondo dei suoni musicali, la ricerca dello statuto su cui si poggia la consistenzastessa delle forme musicali ereditate dalla tradizione e nellambito di questa riflessione danno luogoa considerazioni di tipo filosofico sulla consistenza dei materiali che la musica adotta, sulle reazionipercettive che si accompagnano alluso di alcuni intervalli, e tendono a vedere in queste indaginilinizio di una riflessione filosofica sulla natura del suono, sui modi della sua organizzazione, sulla

    natura dei contenuti e delle strutture che danno ragione della consistenza di un linguaggio musicale,della sua coerenza interna. Questo tema ha unorigine antica, e si lega direttamente ad una tradizio-ne speculativa che prende le prime mosse da un terreno non immediatamente riconducibile alla pra-tica musicale ovvero dalla ricerca sperimentale sulle relazioni fra musica e numero, ambito cheprende consistenza dallanalisi pitagorica delle consonanze, ma che ha poi uno sviluppo particolar-mente ricco durante il Medioevo ed il Rinascimento. In quel quadro non si parla quasi mai di filoso-fia della musica, ma di un concetto ampio, e di ardua definizione, quello darmonia, il campo dellaricerca in cui si studiano le regole secondo cui i suoni si legano o si respingono fra di loro. Il con-cetto darmonia si colora fin dal principio di componenti metafisiche e rimarr in uso anche comeindice per tutti i problemi legati alle prime analisi fisicalistiche del suono musicale legate alla sco-perta degli armonici.

    Se ci avventuriamo su un piano pi strettamente filosofico, la riflessione sul musicale accompa-gna la nascita del pensiero occidentale fin dalla filosofia presocratica, ma il termine Filosofia dellaMusica relativamente recente: esso prende piede allinterno delle importanti riflessioni che svi-

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    luppa sui Sistemi delle Arti la filosofia del Settecento, che in questo campo recupera tematiche le-gate allenciclopedismo seicentesco, e viene ripreso, in prospettive assai diverse, dalla filosofiaidealistica di Schelling e di Hegel, che ricorrono esplicitamente a questa dizione, e sviluppato inmodo assai originale, con una connotazione antinomica rispetto allimpostazione idealistica, daSchopenhauer, che dedica a questo tema il mirabile terzo libro del Mondo come Volont e Rappre-

    sentazione.Tracce consistenti dellimpostazione schopenhaeuriana le ritroviamo in due situazioni culturaliben diversificate, ovvero la tradizione positivista, in cui la musica viene studiata in relazione alletematiche connesse alle relazioni con lambiente e con la psicologia umana, e, in una posizione piappartata, nei primi tentativi teorici di Friederich Nietsche. Nel novecento, poi, il termine viene ac-quisito ed usato in accezioni difficilmente avvicinabili tra loro da Adorno, Janklvitch, e Bloch.

    Di tutto questo importante panorama, tracciato in modo criminalmente evasivo, non ci occupe-remo affatto.

    Lo scopo di queste lezioni sar riproporre temi filosofici relativi alla musica, in un quadro leg-germente diverso dalle straordinarie sistematizzazioni, cui abbiamo accennato: parlare di filosofiadella musica vorr dire scendere sul piano che fa capo alle relazioni che collegano le componenti

    temporali alla loro valorizzazione ritmica nella musica, andando a cercare un tessuto di regole, direlazioni, che agiscono sul terreno delle esperienze elementari legate allorganizzazione della duratadei suoni sul piano dellascolto.

    Da questo punto di vista, le valenze estetiche del termine, che risuonano con forza allinterno dialmeno tre fra le griglie interpretative che abbiamo citato, rimarranno, sulle prime, piuttosto in om-bra. Daltra parte, se la filosofia della musica non ha valenza esclusivamente estetica, il suo cam-mino intreccia certamente quello di unestetica musicale, per quanto non vi possa essere pura coin-cidenza. Anche se il punto di partenza, il mondo della sensibilit, comune ai due ambiti, le rela-zioni che essa analizza, poggiano su un terreno pi ristretto, e tecnico: i due ambiti collimano fra diloro nella ricerca del senso dellesperienza messo in gioco dalle relazioni che leganolimmaginazione alla sensibilit.

    Il tema che affronteremo nel laboratorio il ritmo, la dimensione della musica che si legaallorganizzazione della durata del suono: vorremmo tentare di dissodare un terreno preliminare,spesso non esplicitamente dichiarato da quelle prestigiose correnti filosofiche, legato al piano dellacostituzione delle strutture ritmiche, rispetto al piano del loro riconoscimento e della loro struttura-zione allinterno dellesperienza dellascolto. Il tema dellindividuazione del ritmo si intreccia aquello della poliritmia che indica limpiego simultaneo di ritmi diversi nelle singole voci di unacomposizione, che entrano in conflitto fra di loro. Spesso i due temi vengono confusi tra di loro, e sipensa allo studio del ritmo come lambito di analisi dei rapporti fra durate che sostengono la poli-ritmia. Si tratta infatti di dar ragione di come vada inteso il termine durata: cosa vuol dire che unsuono dura nel tempo?

    2 I suoni nel tempo

    Una lunga tradizione filosofica ci affida la musica come unarte del tempo, un arte che lavoracon i suoni, oggetti di natura precipuamente temporale. I suoni non occuperebbero luoghi, sono ete-rei, una volta uditi, sono persi per sempre (Isidoro di Siviglia usava una formula diventata prover-biale, soni pereunt) e la loro flebile consistenza sarebbe limmagine di un flusso temporale seg-mentato dallattivit della coscienza in strutture ritmiche, che si presentano allevidenza gi perfet-tamente costituite, compiute. Esiste una imponente tradizione filosofica, che dal De Musica di Ago-stino fino alla riflessione cartesiana vede nel ritmo e nella natura temporale del suono loggetto pri-vilegiato di ogni speculazione filosofica sulla musica: osservare che la musica gioca una dimensio-

    ne privilegiata con il tempo sarebbe dunque unassoluta ovviet, ovviet che prende di colpo uncolore inquietante quando proviamo a chiederci sulla base di quale presupposto dichiariamo che isuoni costituiscano una struttura essenzialmente temporale, pur affermando che i suoni sono, per lo-

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    ro natura eterei. Questo significa solo che gli oggetti musicali sono nel tempo, ma, a questo punto,non si comprenderebbe la differenza fra un suono o un qualsiasi altro oggetto della nostra esperien-za: che cosa ha di particolare la durata che caratterizza i suoni?

    E evidente che queste presupposizioni vogliono porre laccento su un problema: il suono duranel tempo in modo completamente diverso da tutti gli altri oggetti che ci circondano. Gli oggetti, ad

    esempio, sono contemporaneamente nel flusso temporale, ed a nostra disposizione: si corromponoin relazione a fenomeni chimici, fisici, che hanno a che fare con la loro costituzione materiale. Sa-rebbe difficile dire che una cosa invecchia a causa del tempo, ma dire che invecchia nel tempo cisembra unovviet. Non potremmo mai dire la stessa cosa di un suono: un suono c o non c,emerge sempre grazie al suo durare. Un suono non pu invecchiare: il suono ha il carattere di acca-dere nel tempo, di consumarsi tutto nel tempo, di non essere, per cos dire, a nostra disposizione.Potremmo dire che i suoni sono oggetti temporali, sempre che si riesca a chiarire cosa significhi og-getto temporale: ma questa definizione sembra ancora poco chiara.A dire il vero, le presunte ovviet, di cui dovremmo prendere atto quando parliamo di ritmo, nonsono affatto chiare: cosa significa, segmentare un flusso sonoro dal punto di vista temporale? Qualemisterioso potere deve avere la coscienza per dar vita e sezionare un magma di suoni o strutture,

    semplici e fuggenti, come una melodia? Eppure proprio qui si dovrebbe collocare una prima distin-zione, che separa la percezione di suoni che riescono ad entrare tra loro in relazione, ed il brusiocieco dei rumori, che non hanno forma, che costituiscono fondali inerti, riattivati in modo altrettantomisterioso dalla coscienza, che fra i suoni si muove, li riconosce come segnali, li vive come emo-zione. Proprio su questambito vorremmo collocare una ricerca sul problema della riconoscibilitdel ritmo. Per farlo dobbiamo cercare di dipanare le relazioni che legano allascolto della musica alconcetto di tempo. Finora siamo riusciti a dire che i suoni sono nel tempo, ma lo occupano in mododiverso dagli altri oggetti della nostra esperienza: potremmo dire che cominciamo a capire cosa sia-no non appena facciamo i conti con il loro modo di durare nel tempo, cos diverso da quello dlmondo di oggetti che ci circondano. La distinzione ontologica sembra ancora debole: dire che, ingenerale, il suono dura, impone di chiarire in che modo esso accada nel tempo , o come nel tempoesso venga a costituirsi: daltra parte, una notevole parte della riflessione del novecento ha cercatodi capovolgere il problema proponendo questaltro assioma, per la verit non chiarissimo: la musicaaccade nello spazio, lo connota ed in questo essa non differisce dai rumori. Losservazione sembrapromettente, ma pone immediatamente dei problemi. Proviamo a seguirne larticolazione.

    3 I suoni nello spazio

    Ogni luogo, scrive il teorico R. Murray Schaffer1 ci si presenta come un ambiente abitato da rumo-ri: rumori naturali, come lo scrosciare della cascata, il fischiare del vento, il battere della pioggia sul

    terreno e rumori artificiali, legati allattivit umana. I suoni si stagliano nellambiente e lo caratte-rizzano in modo implacabile: in una spiaggia, ascolteremo sempre il rumore del mare, che si impri-me nella nostra coscienza come un sigillo, immagine della potenza degli elementi naturali, prontoad essere riattivato dal riverberare del suono, che sempre ci ricorda del nostro legame originario conuna natura tradita. I rumori che abitano un luogo si imprimono nella coscienza come un sigillo.Lesperienza di un luogo esperienza di un ambiente abitato da suoni, che ne tracciano in modo in-delebile il profilo. Il suono aspetto del presentarsi del mondo alla nostra coscienza, una spia chene rivela le intime articolazioni. L'esperienza del suono quindi esperienza di un ambiente, dei mo-vimenti che lo permeano e delle emozioni che collegano i suoni alla morfologia dei luoghi in cui loesperiamo.Avremo cos uno schema che si ripete: luogo, suoni, ambiente, toniche di quellambiente, ovvero

    suoni che lo caratterizzano ed unattivit della coscienza presa a sublimarne la natura in simboli.1 R. Murray Schafer, The tuning of the world, McLelland and Stewart Limited, Toronto, 1977, tr. italiana di NemesioAla, Il paesaggio sonoro, Ricordi - Lim, Lucca, 1985.

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    Non un caso che, elaborando una relazione fra suono ed ambiente dalla prospettiva tanto ampia,risulti molto difficile distinguere il suono musicale dal suono non musicale, come se non esistessefra loro una differenza profonda. E cos, osserva Schafer, ascoltiamo i rumori come se ascoltassimoforme musicali in movimento. E, a dire il vero, lassimilazione dun termine ad un altro, risulta as-sai problematica, come risulta equivoco ricorrere ad una nozione misteriosa dinconscio, su cui si

    depositerebbero i detriti dei ricordi passati, fissando le relazioni fra individuo ed ambiente in modofisso ed invariabile. Sembra quasi che ci si trovi di fronte alla ritualizzazione di un gesto, il gestodellascolto, che varrebbe in quanto tale e non in riferimento degli oggetti su cui avrebbe presa.Dovremmo sempre interrogarci di fronte ad affermazioni impostate in modo cos misterioso: cosasignifica ascoltare come, vedere come, intendere come? Vorremmo verificare questa domenda su undominio pi ristretto.

    Nel suo studio sull'origine degli strumenti musicali, Andr Schaefner 2 ci presenta un eloquenteesempio di trasposizione immaginativa di un dato percettivo. Per poterlo fare, egli evoca proprio unpaesaggio sonoro che, nella peculiare interpretazione di un autore che vede l'origine della musicanelle prassi corporee, segna un'importante transizione dal corpo, inteso come risuonatore, alla su-perficie delle acque, assimilabile alle pelli di un tamburo.

    Illustriamolo, senza farci intimidire dalla sua opacit: infatti, evocando un diario di viaggio delsecolo passato (J. Dybowski, La Route du Tchad, p.363), Schaefner apre uno scorcio su una serie diproblemi connessi al rapporto fra musica e corpo, o meglio fra attivit corporea e valorizzazioneemotiva di un luogo nello spazio.

    Il viaggiatore ci narra uno strano cerimoniale: le donne uadda, una trib del Ciad, nelle ore picalde del giorno amano entrare in uno specchio d'acqua, per dedicarsi ad un gioco singolare: facen-do assumere alle mani le forme di un cucchiaio, percuotendo cio con la punta del polpastrello lasuperficie dell'acqua, esse ottengono dei suoni di diverse modulazioni, udibili a grandi distanze.

    Lo specchio d'acqua sembra trasformarsiin un'orchestra di tamburi di legno, e quella superficieimpalpabile, assume la funzione di una pelle tesa, che espanderebbe le potenzialit espressive delcorpo. Se l'origine degli strumenti musicali passa attraverso la percussione di parti del proprio cor-po, che diventano superfici in risonanza, pelle tesa che batte ed amplifica un ritmo, l'acqua oraestensione sonora del corpo battente, un luogo musicale a tutti gli effetti. L'acqua e la pelle del cor-po, intesa come superficie che vibra, producendo suono organizzato, figurazione ritmica, sono di-ventare l'una il doppio dell'altra, in una grande metamorfosi nel modo d'intendere e di abitare la su-perficie, che risuona differenziandosi timbricamente in tante aree che di differenziano fra loro personorit: lomogeneit della superficie dacqua si frammenta in punti sonori in risonanza, ma cosaviene richiamato, in questa celebrazione di ritmo e materia?

    In una serie di registrazioni dedicate alla musica dei Pigmei Baka del Camerun, Simha Arom ciracconta un gioco: ragazze e bambini che, facendo un bagno nel fiume, con le mani incrociate acucchiaio, si divertono a tuffarsi con vigore, a diverse profondit, nell'acqua, dando luogo al tambu-

    ro d'acqua, una base ritmica che accompagna il canto. La tensione della superficie dell'acqua si pre-sta al gioco delle intonazioni: a seconda del modo in cui viene colpita, il suono percussivo che nederiva assumer un timbro particolare, timbro che individua specifiche peculiarit del singolo colpoche scuote la superficie. Ad ogni punto della superficie corrisponde infatti una possibilit timbrica:ancora una volta, non sarebbe possibile giocare la carta del rapporto fra modello e variazione nelgioco ritmico, se non all'interno dell'individuazione di una regola, che ha maglie ampie, ma si pre-sta ad un gioco preciso.

    Cosa si cela dietro a simili attivit ludiche? Che legame potremmo trovare tra acqua e percussi-vit, che relazioni mettono in moto il modo di giocare con la materialit, che propone il contessersidi sonorialit e narrazione?

    2 A. Schaeffner, Origine des instruments de musique.Introduction ethnologique l'histoire de la musique instrumentale,Paris, Payot, 1936, rd. par Mouton & Co et Maison des Sciences de l'Homme, 1959. trad. it a cura di di Diego Car-pitella,.Origine degli strumenti musicali, Sellerio, Palermo, 1985, p. 45.

    http://c/Documenti%20Carlo/Lezioni/Baka,%20Camerun%20-%20Tamburi%20d'acqua%20-%2007%20Track07%20.mp3http://c/Documenti%20Carlo/Lezioni/Baka,%20Camerun%20-%20Tamburi%20d'acqua%20-%2007%20Track07%20.mp3http://c/Documenti%20Carlo/Lezioni/Baka,%20Camerun%20-%20Tamburi%20d'acqua%20-%2006%20Track06%20.mp3http://c/Documenti%20Carlo/Lezioni/Baka,%20Camerun%20-%20Tamburi%20d'acqua%20-%2006%20Track06%20.mp3http://c/Documenti%20Carlo/Lezioni/Baka,%20Camerun%20-%20Tamburi%20d'acqua%20-%2006%20Track06%20.mp3http://c/Documenti%20Carlo/Lezioni/Baka,%20Camerun%20-%20Tamburi%20d'acqua%20-%2007%20Track07%20.mp3
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    Molte cose, naturalmente, ma soprattutto l'idea di segnalare, con forza, la propria posizione nellospazio e di riverberarla all'infinito. Se con un colpo di piede segnalo, il fatto di occupare un luogo ilgioco con l'acqua trasforma il ribollire della superficie in una potente amplificazione della mia pre-senza, che ora si estende per tutto lo spazio che mi circonda, in un movimento di tipo concentrico,dal centro, ad una periferia, sempre pi ampia. Il dilatarsi degli orli di quel movimento, attraverso

    l'amplificazione della risonanza del battito, ha una forte componente espressiva, che richiama l'ideadi una sottolineatura di un carattere espressivo nell'occupazione di un luogo nello spazio, che va ar-ticolandosi in un movimento da un qui ad un l3, di cui parla Giovanni Piana nelle sue riflessioni sulluogo 4. La mia presenza, in questo caso, fa tuttuno con un gesto, lirrompere del colpo percussivo.

    Solo in questo senso, la superficie dell'acqua fa tutt'uno con il mio corpo sommerso. Ora l'acquanon fa solo galleggiare, non solo luogo di un movimento verso una profondit che ci assorbe, incui scompariamo, ma anche superficie differenziata che vibra, e suona, strumento di una elabora-zione ritmica complessa ed evoluta, che racconta, diffonde, il nostro essere l, nel riverbero di unasuperficie. La regola si fa avvertire con tale forza, che i tuffi si modulano fra di loro, in relazione al-l'effetto percussivo che produrranno sul tamburo dacqua: il movimento verso loscuro, l'inabissarsinello slancio dal basso verso l'alto, linterrogare la profondit delle acque va pensato ora come ef-

    fetto percussivo, esplodere del colpo sulla superficie, in cui si interroga una profondit, per rievoca-re una presenza che va espandendosi.

    Ed accade proprio cos, che vogliamo mostrarci, farci sentire sempre pi lontano, come se l'ondaacustica fosse un'emanazione: un buon paradigma del carattere diffusivo del suono, cos poco ur-bano, nellelaborazione estetica legata ad una celebre immagine kantiana, che assimila il diffondersidel suono a quello di un profumo5, che occupa tutto lo spazio in cui si muove e non permette di sce-gliere nulla, rispetto alla propria ingombrante, ed eterea, presenza. I suoni non li puoi arrestare.

    Rispetto ai suoni prodotti nel gioco, la ricezione potr articolarsi in due direzioni, secondo la tra-sparenza o lopacit con cui viene recepito il suono, rispetto alla sua possibilit grammaticale: ungioco musicale, basato sulla poliritmia, oppure l'elaborazione linguistica del segnaleda inviare a di-stanza, come mostra questa struttura ritmica dei banda Linda, che traduce un messaggio verbale eche non rientra, per quella cultura, sul piano del musicale.

    Se volessimo riaprire un discorso sul paesaggio sonoro, prenderemmo le mosse proprio da unagrammatica del movimento dello spazio, che muova da istanze espressive, da un suono che segnaladelle presenze, e che non si lascia ancora imbrigliare nelle presunte trasparenze del concetto di se-gnale, ma che mantiene delle opacit che ci attraggono. Eppure, se arrestassimo il nostro discorso suquesto livello, potremmo solo parlare della tematica di una musica nello spazio, senza ancora averscalfito il livello, pi profondo, di una serie di relazioni spaziali che siano interne alla musica stessa.Non a caso, chiamiamo in causa una serie si intrecci relazionali, che vedono valorizzarsi il contras-segnarsi di un luogo, delle componenti relative alla sua tesaurizzazione sul piano immaginativo, manon saremmo in grado di attingere ad un piano grammaticale delle relazioni spaziali, e non solo

    perch siamo in presenza di un problema di tipo ritmico.3 Nel Dedalus di James Joyce troviamo espresso in altra forma lidea di una valorizzazione espressiva dellessere qui:un bambino, smarrito di fronte allo studio delle prime nozioni di geografia, percorre la storia della propria localizzazio-ne in senso inverso, secondo un tipico procedimento a centri concentrici. Egli sente il bisogno di scrivere sul proprio li-bro, il proprio nome e la propria localizzazione nello spazio, rispetto alla nozione di universo. Con questo gesto, che hauna forte carica espressiva, egli si riappropria del proprio qui: Stephen Dedalus, Classe degli Elementi, Collegio diClongowes Wood, Sallins, Contea di Kildare, Irlanda, Europa, Mondo, Universo. Cfr. James Joyce, Portrait of the Ar-tist as a Young Man (trad. it. di Cesare Pavese, James Joyce, Dedalus. Ritratto dellartista da giovane, Adelphi, Milano,1990, pp. 34 35.4La notte dei lampi. Quattro saggi sulla filosofia dellimmaginazione Editore Guerini e Associati, Milano, 1988. Oggireperibile in edizione digitale nell'archivio di scritti di Giovanni Piana presso il sito internet Spazio Filosofico:http://www.lettere.unimi.it/~sf/index.html

    5 Sul tema, vedi P. Giordanetti, Kant e la musica, CUEM, Milano 2001. Il testo, che fa parte della collana di libri in li-nea Il Dodecaedro, scaricabile presso il Sito Spazio Filosofico http://www.lettere.unimi.it/~sf/saggi.htm.

    http://c/Documenti%20Carlo/Lezioni/Linga%20traduzione%20voce%20tamburo%20-%20Banda%20Linda%20-%2001%20Track01%20.mp3http://c/Documenti%20Carlo/Lezioni/Linga%20traduzione%20voce%20tamburo%20-%20Banda%20Linda%20-%2001%20Track01%20.mp3http://c/Documenti%20Carlo/Lezioni/Linga%20traduzione%20voce%20tamburo%20-%20Banda%20Linda%20-%2001%20Track01%20.mp3
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    Possiamo comunque fare qualche considerazione, osservando che in un ascolto attivo, presodalle dinamiche che muovono la percezione impegnata a stabilire relazioni di somiglianza, l'approc-cio legato a quella distinzione, fondamentale nel costituirsi dell'ambito della nostra esperienza, nonviene in primo piano, mentre emerge l'attivit di un soggetto, che muta il proprio atteggiamento dauna sostanziale passivit, ad una serie di azioni, che attivano lo stato percettivo verso la trasposizio-

    ne immaginativa di un dato, che diventa oggetto d'esperienza. Tale aspetto vale per molti contesti,retti da regole che dobbiamo imparare a decifrare, facendo i conti con la materialit dei suoni stessi.A questo contesto ci riporta anche un ambito molto lontano dalla musica africana, ovvero quellodella musica concreta, come vedremo subito.

    In Ianassa, (1980), tratto da Quatre Phonographies de l'eau, Franois-Bernard Mche 6 ci vuolfar intendere, nella registrazione di uno sgocciolio, i ritmi di una danza. Il compositore ci sta orien-tando, ci sta suggerendo delle regole, ci invita ad un gioco interpretativo, che ha di mira le regola-rit ritmiche che emergono dallo sgocciolare. Concretezza qui significa totale adesione ad un suonoe sua valorizzazione attraverso un irrealistico dilatarsi delle sue proporzioni: attraverso un diffusoreil sommesso gorgogliare della goccia riempie la stanza e si fa ascoltare, passando dallo sfondo alprimo piano, esibendo una caricatura della sua matericit.

    L'ascolto non esperienza del tutto passiva, siamo invitati ad ascoltare andando alla ricerca diqualcosa, pi esattamente di una serie di relazioni ritmiche scandibili, che permettano l'enucleazio-ne di una forma da quel fenomeno naturale. Il ready-made proposto da Mche pur alludendo a re-gole molto strutturate, deve fare i conto con le periodicit di un fenomeno naturale privo di tactus:siamo di fronte ad un gioco che trae la propria ricchezza da vincoli presenti nel modo in cui si pre-senta lo sgocciolare.

    Riconosciamo un intreccio fra regolarit del ritmo e variazione, che ci fa emergere l'andamentoondivago d'una danza. Nel focalizzarsi dell'attenzione che sul fenomeno ritmico, in cui regolarit evariazione debbono presentarsi per adombramenti successivi (se non ci fosse questa dialettica pre-sente nel materiale, non individueremmo proprio nulla), vediamo passare dal primo piano allo sfon-do una sequenza ritmica, che ha una struttura scandibile. Tuttavia, se volessimo danzare, ovvero ri-conoscere il ritmo che sostiene quello sgocciolamento, non riusciremmo a farlo: una delle grandi re-sistenze della teoria musicale ad assumere il rumore in quanto tale allinterno delle sue analisi, at-teggiamento mutato significativamente proprio nel novecento, quando quelle fonti sonore diventanotecnicamente dominabili, trova qui una delle sue motivazioni profonde. Il rumore, la materia, di pers, non facilmente modulabile: rompe gli argini con cui tentiamo di trattenerla, non possiamopienamente dominarla. Essa non individuabile una volta per tutte, se non come molteplicit opaca disuoni che si fanno avanti. Dobbiamo quindi trovare delle formule narrative per poterla tradurre emanipolare a nostro piacimento, ma il gioco pu essere portato avanti solo fino ad un certo punto.

    Un evento viene riconosciuto nel momento in cui noi stiamo individuando delle regole, operiamoselezioni, ed un intero campo percettivo viene riorganizzato attraverso l'animarsi di un gioco inter-

    pretativo su materiali che hanno una struttura che sostiene le inclinazioni immaginative con cui lointerpretiamo.L'immaginazione nel caso della goccia fa presa su di un aspetto materiale, che ne limita le inter-

    pretazioni (non potremmo pensare al canto della goccia, non possiamo intendere quel fenomeno daquesto punto di vista, l'esempio non funzionerebbe pi), mentre gli schemi che contrappongono at-tivit e passivit vengono meno, perch tentiamo di cogliere delle relazioni. La possibilit non vieneindebolita dall'osservare che lascolto orientato verso regole determinato dalla complicit fracompositore ed ascoltatore, che fa presa, per entrambi, sulle propriet fenomenologiche di un mate-riale, che porta in s dei limiti difficili da valicare. La complicit qui un fatto essenziale, e ci dice,ascolta come se fossi di fronte ad una danza.

    6 Per approfondire i temi teorici presenti nell'opera di Franois-Bernard Mche, inviamo alla lettura del suo ultimo libro,Musique au singulier, ditions Odile Jacob, Paris, 2001. Dello stesso autore, vedi ancheMusique, mythe, nature Librai-rie des Mridiens Klincksieck et Cie, Paris,1991 ( Musica, mito, natura. I delfini di Arione, traduzione italiana di Da-niele Ballarini, Bologna, Cappelli, 1992).

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    Dobbiamo cominciare a porci domande sulla presunta essenza temporale della musica: il battitodel tamburo dacqua, il disegnarsi del suo profilo ritmico, si danno certamente nel tempo, comeogni esperienza del mondo che ci circonda, ma la loro essenza non sembra minimamente intaccatadal fatto che quei suoni spariranno.

    Il fatto che sussista una dialettica della corrosione della figura ritmica nel tempo, non ci dice an-

    cora nulla su quella figura, n sulle sue regole costitutive. Allo stesso modo, il fatto che la musica sidia in un paesaggio sonoro cos peculiare, non ci dice ancora nulla sulla natura di quei suoni, mamette in luce un latente problema espressivo, legato alla loro codificazione. Cominciamo a ripren-dere un primo discorso sul ritmo, interrogandoci sul significato di questa parola, un significato chenon si pu richiudere allinterno di un discorso meramente temporale.

    Naturalmente, potremmo insistere sulle caratteristiche astratte e modulari che sempre emergonoquando si comincia a girare attorno al tema del ritmo, in particolare per quanto riguarda l'ambitodella mediazione fra opposizioni legate al contrapporsi di schemi diversificati tra di loro. E ad esso,potremmo meccanicamente associare delle strutture temporali, di cui l'ascoltatore dovrebbe fare,astrattamente, esperienza. Ma perch tutto questo accada, dovremmo chiarire immediatamente unproblema: cosa significa riconoscere un ritmo?

    3 Il problema del riconoscimento del ritmo

    Riprendiamo brevemente la nostra discussione. Siamo partiti dallidea assolutamente ovvia che isuoni si diano nel tempo. Abbiamo subito osservato che la questione, posta in questi termini, cisembrava troppo vaga: mantenendo una nozione di tempo molto ampia, potremmo dire che qualun-que cosa scorre nel tempo, e che ci mancano davvero gli elementi per poter sostenere che i suonisiano oggetti temporali, perch non riusciamo a comprendere il significato di questespressione.Dallaltra parte abbiamo osservato che uno dei principali parametri di riconoscimento del suono ilritmo. Dovremmo allora chiederci cosa significhi riconoscere un ritmo.

    Il tema, a dire il vero, molto antico 7 e va molto oltre l'ambito delle riflessioni musicali. Un an-tico frammento di Archiloco (Fr 67 a), ci suggerisce di non seguire ciecamente le passioni che ciprendono nella gioia o nello sconforto, ma a riconoscere quale ritmo tenga vincolatigli uomini8

    (gignowske d ) oi)=oj r(usmo\j a)nqrwpouj e)xei).La conoscenza del ritmo non immediata, riconoscere quale sia il ritmo che tiene gli uomini

    uno sforzo, nel fluire delle loro passioni, dobbiamo individuare qualcosa che ad esso si contrappo-ne, che non muta con il mutare delle loro emozioni. Un ritmo trattiene in una configurazione deter-minata, in una mobile regolarit un flusso: infatti, se il ritmo vincola o tiene assieme, dobbiamopensare che se esso abbia riferimento proprio allo scorrere delle cose, e che la sua capacit siaquella di regolarne il flusso, di trattenerlo fornendogli una forma appropriata. Il ritmo ( r(uqmoj)presiede alla disposizione dinamica delle parti, rispetto a qualcosa che va muovendosi. Per questo

    motivo, continuiamo a volgerci ((gignowske, gignoskein significa continuare a guardare in unadirezione, compiere cio un atto a carattere iterativo. Opponiamo al flusso la ricerca di una regola-rit nella trasformazione.

    7 Una discussione pi elaborata di tale concetto viene presentata su un libro dedicato alla componente musicale neiframmenti eraclitei, ed stata usata anche per uno studio sulla musica di Conlon Nancarrow, di imminente pubblicazio-ne.8 Cfr. Werner Jaeger, Paideia , (trad. italiana di Luigi Emery), Firenze, La Nuova Italia, 1953 vol I, pp. 240 - 241. Il te-ma tratto da Benveniste (. Benveniste, La notion du rythme dans son expression linguistique, Journal de Psy-chologie, 1951, ripubblicato in:mile Benveniste, Problmes de linguistique generale Gallimard, Parigi, 1966. Citodalla traduzione italiana di Maria Vittoria Giuliani: . Benveniste, Problemi di linguistica generale, Il Saggiatore, Mi-lano, 1971 p. 394. Per il linguista francese, si tratta d'inclinazioni comuni. Va quindi rilevato uno scarto di senso tra idue modi dinterpretare il detto dArchiloco. Per una discussione sul concetto di ritmo, cfr. Giovanni Piana, Filosofiadella musica, Guerini e Associati, Milano, 1991, pp.153 - 157.

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    In un suo saggio discusso da Giovanni Piana 9, Benveniste osservava che per cogliere fino infondo il significato del termine, dobbiamo prestare attenzione alla desinenza qmoj, che applicataalle parole astratte, implica un riferimento al modo in cui una nozione viene a realizzarsi: se qesij si riferisce all'atto del disporre, qesmoj la particolare disposizione delle parti, la configurazioneche essa assumono in un intero. Potremmo dire che si tratta di un movimento grazie a cui un intero

    si assesta, ma non si ancora stabilizzato, in cui le parti stanno raggiungendo una configurazionespaziale, non pienamente raggiunto?

    In parte si ed in parte no. Scrive Benveniste, [...] r(uqmoj [...] designa la forma nell'attimo in cui assunta da ci che si muove, mobile, fluido, la forma di ci che non ha consistenza organica: siaddice al pattern di un elemento fluido...a un peplo che si dispone a piacimento, alla particolare di-sposizione del carattere e dell'umore 10. Il problema non quindi la stabilit dellassetto, o il sem-plice riconoscimento della forma, ma il gioco che scuote il disporsi di qualcosa che non abbia unaconsistenza organica, o spaziale: la caratteristica della fluidit nellelemento scosso dal ritmo lorende qualcosa che soggetto a continue transizioni, a continui mutamenti. Esso, tuttavia, tende adessere frenato dal ritmo stesso, che cerca di contenere, di frenare la fluidit, attraverso un decorsoordinato di transizioni.

    Per questo motivo, il ritmo emerge in situazioni di estrema mobilit, in cui vanno stringendosidelle relazioni: non abbiamo contorni nitidi, ma il movimento di un peplo, che copre il frastagliarsidi un contorno, oppure lagitarsi di una disposizione di carattere, di uno stato danimo che pu mu-tare da un momento allaltro. In altri termini, siamo su un terreno liminare, scivoloso, sulla sogliadel costituirsi di una forma, pi che su quello della forma gi data, e dobbiamo pur trovare qualcosache ci permetta almeno di localizzare le fasi della trasformazione.

    Un esempio tratto dal mondo della percezione visiva, pu esserci utile per cercare di dar ragionedelle ambiguit che legano il rapporto intero - parti rispetto al definirsi di un r(uqmoj.

    Immaginiamo tre punti luminosi, che si dispongano in una configurazione caratteristica. Non cisorprender che il termine r(uqmoj indichi, nella filosofia atomista, la forma dellatomo stesso, il

    suo assumere una morfologia spaziale, di cui faremo esperienza sensibile.

    Nessuno avrebbe dubbi nel riconoscere in questa figura gli estremi di una figura triangolare: essaha certamente pregnanti caratteri geometrici, anche se non abbiamo, ad esempio, tracciato lati, ele-menti caratteristici nella definizione delle propriet continue dello spazio geometrico. Siamo co-munque su una soglia, rispetto alla quale si va configurando una forma definita, colta, nel suo farsi epotremmo chiederci perch mai Benveniste sottolinei con tanta accuratezza il carattere mobile,fluido del concetto di ritmo, perch tutto sembra chiaro. Linsistenza sulla nozione di forma distin-tiva che non si lascia ossificare nella determinatezza dello sxh=ma, dovrebbe trovare un fondamentonel processo d'acquisizione della forma tra una fase ancora sottoposta a mutamento ed un momentoin cui l'individuazione si realizzi a pieno.

    Guardando ad una configurazione appena pi complessa, incontriamo subito problemi che cifanno cogliere il significato della distinzione appena proposta. In un primo momento potremmo ri-9 Trattando del carattere fluido che caratterizza questo livello del configurarsi dello strutturarsi della forma, GiovanniPiana parla della rigida precariet di un movimento rappreso (cfr. Giovanni Piana Filosofia della musica, Guerini e As-

    sociati, Milano, 1991, pp. 153 - 157).10 mile Benveniste, La notion du rythme dans son expression linguistique, Journal de Psychologie, 1951, oggi inmile Benveniste, Problmes de linguistique generale Gallimard, Parigi, 1966, (Problemi di linguistica generale, (trad.italiana di M. Vittoria Giuliani, Il Saggiatore, 1971, p.396.)

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    conoscere nella disposizione spaziale dei quattro punti un quadrilatero, ma alla stessa stregua po-tremmo individuare gli estremi di una croce. Non riusciamo a sciogliere le ambiguit di una struttu-ra tanto semplice, e di conseguenza a prendere una decisione.

    Basterebbe enfatizzare alcune tendenze interne alla raffigurazione, collocando un punto al centrodella figura per rafforzare il richiamo ad una croce oppure connettendo una fila di punti tra lorocreando la traccia di un lato ed uscire dall'ambiguit iniziale. Mancano quindi una serie di caratteri-stiche strutturali, orientabili secondo un unico vettore.

    Emerge cos un livello di raffigurazione della struttura caratterizzato da una fluidit, che va do-minata attraverso scelte e selezioni di materiali, facendoci oscillare fra due rappresentazioni possi-bili, che entrano in conflitto tra loro. Potremmo naturalmente investire di forti vettori immaginativila presenza simultanea delle due figure nella forma ambigua, o intenderle come complementari.

    Nella figura si presenteranno opposizioni: nel momento in cui tracciamo i punti sul centro o lun-go un lato, le condizioni costitutive della figurazione vengono finalmente in chiaro, e la figura di-venta uno schema.

    Solo in quel caso il r(uqmoj andr a coincidere con lo sxh=ma. Il ritmo quindi un primopassopertrattenere la forma. Il r(uqmoj si collega al divenire della forma su un terreno che precede nonsolo cronologicamente l'avvento dell'identit della figura, sxh=ma: r(uqmoj e sxh=ma sono momenticomplementari nello squadernarsi delle relazioni che individuano una struttura ritmica, come mostral'esempio tratto dalla psicologia della forma 11.

    Potremmo cominciare a costruirci un piccolo vocabolario portatile rispetto al concetto di ritmo:ritmo e schema potremmo vederli come due fasi nella costituzione di un intero: nel momento do-minato dal ritmo, lintero va costituendosi sul piano delle relazioni, viene colto da unistantaneache ne indica i contorni, nel momento dello schema lintero si presenta mostrando in modo pi niti-do le proprie relazioni. E chiaro che il problema ritmico si muove tutto allinterno delle transizionifra queste due fasi, che si rincorrono continuamente. Il momento di transizione potremmo definirlo

    come il momento della raffigurazione. Il ritmo si oppone al fluidit, la trattiene.Vorremmo cercare di comprendere queste situazioni su di un piano pi intuitivo, senza passareimmediatamente su un livello musicale, per mostrare quanto il tema del ritmo sia peculiare neiprocessi di raffigurazione. Prendiamo qualche esempio dal mondo delle decorazioni, che si avval-gono di articolazioni ritmiche estremamente ricche.

    4 Cenni alla tematica ritmica nella decorazione

    La decorazione presenta sempre un modo di rappresentare lo spazio, uninterpretazione dellospazio in cui viene presentata una suddivisione. Lidea di suddividere, di misurazione, pu richia-mare la centralit della nozione di misura, ma questo riferimento va interpretato in modo critico,

    perch la decorazione, pur suddividendo, non lo fa certo alla luce di una analisi che ponga in que-

    11 Cfr. Gaetano Kanisza, Grammatica del vedere, 1980 Il Mulino, Bologna, p.13.

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    stione quanto sia lunga la superficie da decorare. Il problema di natura diversa, come vedremo su-bito.

    La decorazione indonesiana che presentiamo ha carattere fortemente iterativo, in cui i moduliritmici che dividono lo spazio, tendono a ripetersi in una sequenza infinita: tanto connettendo fra diloro le estremit, creando un anello, che seguendo invece la regolarit del decorso orizzontale delle

    figure intrecciate, non troveremmo una soluzione di continuit. Il modello decorativo trova quindiil proprio fondamento nel ripetersi dellintreccio fra due moduli che dividono unestensione con unandamento regolare. Notiamo, per inciso, che il ripetersi del modulo in forma circolare presupponeil modello lineare e lo interpreta, quindi, secondo lo schema ciclico del reiterarsi di una narrazioneche riorganizza le sezioni di unestensione. Se il problema della lunghezza quindi del tutto estra-neo allanimazione ritmica di una estensione, non potremmo pensare che ad unistanza espressiva,che sta giocando con le regole di suddivisione dello spazio.

    Il decorso percettivo con cui si presenta literazione dellelemento decorativo un processo con-tinuo, che si organizza da solo, seguendo un andamento orizzontale: il criterio di unificazione chepresenta la partizione dello spazio da parte del modulo impone per, che, rispetto alla sinteticit concui si presenta literazione del modulo che organizza la decorazione, si debbano individuare quellerelazioni costruttive, che permettono di isolare lelemento che viene ripetuto, per decifrarne le ca-

    ratteristiche strutturali. La prima cosa che dobbiamo fare cercare un passo, ovvero la regola chepresiede alla scansione della superficie.

    Una volta isolato il modulo, la relazione geometrico matematica che lega i lati delle figure in-tersecate tra di loro, ci ritroveremmo di fronte ad una matrice che si ripete in una successione mo-

    dulare. La matrice un intreccio di linee, che presenta contemporaneamente due possibili partizionidello spazio, che emergono ed entrano in relazione ritmica grazie allintreccio fra due distinti pro-cessi di suddivisione dello spazio, che si racchiudono luno nellaltro e si inseguono in un gioco po-lifonico fra intervalli spaziali.

    A seconda del gioco di aspetti che propone la nostra decorazione, vedremo squadernarsi due mo-delli di organizzazione spaziale: un andamento a rombi oppure uno a bande parallele. Essi coesisto-no e lo snodarsi dei loro andamenti garantisce due possibili rese percettive, che coabitano nel tes-suto costruttivo della decorazione, in una dialettica fra figura e sfondo. La possibilit di questo gio-co espressivo fa tuttuno con il farsi avanti delle componenti decorative nel decorso percettivo, epostula, al tempo stesso, lunit del riferimento allo spazio, e la molteplicit dei giochi di valorizza-zione dellunit stessa. Vi un solo spazio, e molti modi di modularlo, di narrarne le possibili arti-

    colazioni, di muoverlo in giochi espressivi.Naturalmente, potremmo andare oltre questo primo livello descrittivo, ed analizzare le relazioni

    matematiche, che legano i lati alla diagonale nella figura, ed individuare una proporzione aritmetica,

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    che regge lo snodarsi di quelle suddivisioni dello spazio. Il ritmo potr essere analizzato stratifica-zione dopo stratificazione12, ma non questo il nostro problema.

    Questo buon esempio di poliritmia: il modulo misto, che abbiamo sfiorato, permette che si se-guano entrambe i tipi di partizione dellestensione, che viene modulata secondo due direzioni diver-se e, in certa misura, compatibili. Qui non c davvero nulla da decidere, siamo portati ad oscillare

    nel gioco proposto dalla decorazione Questa apertura del problema del ritmo, ci permetter anche didefinire quali elementi di rinforzo possano portare al prevalere di una suddivisione sullaltra. Pren-diamo un modello pi elementare, che ci porta nel mondo delle arti primitive.

    La decorazione africana contrappone fra loro due bande, ben individuabili. Nela banda superiorela continuit garantita dalla retta rafforza landamento orizzontale, continuo, che sembra alludere almoto di un punto che va tracciandola e al gioco ritmico della suddivisione attraverso il rapporto frale superfici delimitate dal movimento delle parallele.

    Nella banda inferiore si forma invece una decorazione che giustappone due file di triangoli rove-sciati. In questa sequenza, lirrompere delle diagonali nel riempimento dellarea del triangolo piscuro, porta alla luce un ciclo, che propone una partizione ritmica che organizza la scansione, se-condo una sequenza (4 +1), (4 +1), (4+1)

    Tutta la sequenza, che ancora una volta divide unestensione secondo un modulo, trova la pro-pria forza allinterno delliterazione, ovvero di una regola, in cui il rapporto figura sfondo gioca an-cora un ruolo decisivo. Anche qui, landamento lineare presupposto tacito del configurarsi di unaciclicit. Il ripetersi del ciclo garantisca stabilit allintrecciarsi del modulo a triangoli alternati, mala presenza di un elemento che riappare regolarmente allinterno della scansione, e che apre un sotto ciclo caratteristico, si prester ad ulteriori elaborazioni di tipo spaziale. Linearit e ciclo coesisto-no nelliterarsi della suddivisione ritmica. Anche qui il gioco tutto interno alla struttura, che sem-bra chiamarci per esibire delle regole, che sappiamo riconoscere. La forma di questo riconosci-

    mento coincide con lo stesso decorso percettivo: non potremmo che guardare la figura cos, cheadeguarci allandamento proposto dal suo ritmo.

    5 Il ritmo e linquadratura

    Tutto questo mostra che bisogna sottolineare in modo deciso il significato delle relazioni struttu-rali, prima ancora del momento di riconoscimento psicologico: se chiudessi il problema allinternodel rapporto figura-sfondo, emergerebbe un continuo balenare di regole, che danno movimento allarappresentazione, secondo schemi che entrano tra loro in un conflitto, ma non avrei ancora trovatola componente grammaticale della relazione, che ci impone una lettura delle linearit, e segrega-zioni nel continuo, alla ricerca dellelemento modulare.

    12 Sul tema, vedi il secondo volume di Andr Leroi Gourhan, Il gesto e la parola, Torino, Einaudi, 1990, pp. 429 435.

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    In altri termini, lindividuazione di un modulo apre immediatamente alla comprensione di regole,che ripartiscono le nostre estensioni in serie parallele (nel primo caso) o in un tessuto ciclico, chepresuppone un andamento lineare 13.

    Anche in questo caso, il problema dellindividuazione del ritmo, anche se ci porta immediata-mente a confrontarci con il tema della misurazione, non sembra trovare una buona soluzione in quel

    contesto. Animare ritmicamente una superficie non significa solo misurarla, ma organizzarla secon-do una serializzazione, articolarne la suddivisione secondo regole costruttive che la caratterizzino inmodo incisivo. Che il ritmo non si riducesse solo ad una misurazione astratta, e che potesse farsi ca-rico di elementi ambigui, che rimettano in gioco il rapporto fra modalit delle relazioni nel r(uqmojed il loro rafforzamento, legato ad una iterazione, che produce continuit, nello sxh=ma, nella figuraconchiusa, lo mostrava bene limpossibilit di tracciare una sola figura rispetto ai quattro punti.

    Allinterno della figura ritmica vengono messe in luce alcune propriet, alcune relazioni struttu-rali che configurano lo spazio e ne tematizzano unorganizzazione. Si tratta, se vogliamo riprenderelesempio del cammino, piede che batte per terra nellesplorazione di unestensione, di scegliereuna modalit caratteristica della misurazione e di farla prevalere su altre, di cercare quindi uno stiledella configurazione: anche in questo senso il ritmo anima unestensione secondo un progetto

    espressivo. Nel procedere della decorazione, infatti, il disegno ritmico isola degli intervalli, strutturacio lestensione secondo una serie di regole: il ritmo, fornisce delle inquadrature, che poggianotutte su un tessuto comune di propriet spaziali di quellestensione che vanno a suddividere in for-me diverse . Infatti, potremmo chiederci cosa significhi qui inquadrare? Significa dare una specificaorganizzazione interna allarticolazione spaziale dellestensione, avendo individuato un punto di vi-sta. Nellanimarsi dellintervallo, esso si fa seguire, ed articola e disegna sotto i nostri occhi unasuddivisione dello spazio che non misura proprio nulla. Siamo quindi attratti da un gioco con le re-gole di organizzazione dello spazio, regole che isolano sezioni che hanno un valore narrativo.

    E da questo gioco modulare che potremo forse prendere le mosse per dar concretezza ai portatisimbolici di quello che viene isolato allinterno degli intervalli, ma questo un problema che nonpotremmo mai affrontare in questo contesto. Certamente, vi sono interessanti analogie funzionali frauna partizione ritmica ed il concetto di inquadratura potremmo dire che, attraverso linquadratura,comprendiamo meglio larticolarsi delle figure nel passaggio da una transizione ritmica allaltra.Ma il differente statuto ontologico, che separa loggetto spaziale da quello temporale, co imponeuna distinzione netta. Tali osservazioni sarebbero insufficienti per poter delineare la specificit dellafunzione del ritmo nella musica: ci sono per utili, per cominciare ad agitare un problema che ab-biamo sfiorato pi volte nelle nostra introduzione, ovvero quello dellattivit o della passivit nellapercezione di unorganizzazione ritmica.

    Nel contemplare una decorazione, nel seguire il modo in cui essa inquadra una sezione di spaziosuddivisa secondo le proprie regole, non possiamo far altro che seguire la regolarit di un percorsopercettivo, che trova il proprio senso nella struttura che andiamo percorrendo, seguendone i contor-

    ni. Possiamo parlare di inquadrature, di intervalli, solo perch ci troviamo di fronte a qualcosa dipi complesso di una semplice suddivisione dello spazio, di una su misurazione. La scomposizioneper figure tende invece ad organizzare lestensione secondo un proprio cammino, attribuendole unostile specifico.

    Daltra parte, dire che una figurazione ritmica suddivide lo spazio certamente vero, ma nonesaurisce le possibilit dellinquadratura, anzi rischia di farci perdere il senso costruttivo latente inquelle partizioni. E dovremmo subito osservare che non si misura cos, perch in una misurazione ilricorso ad un campione di riferimento devessere univoco.

    Linquadratura propone quindi un proprio modello narrativo, che differenzia qualitativamente ilmodo di articolare unestensione. Nella poliritmia la compresenza di moduli che si differenziano tra

    13 Sul tema delle relazioni fra ritmo e figurazione, oltre al volume di Leroi Gourhan, vedi il classico studio di FranzBoas, Primitive Art, Instituttet for sammenlignende kulturforskning, Oslo, 1927 (tr. it. di Alessandra e Barbara Fiore,Arte Primitiva, Bollati Boringhieri, Torino, 1981, in particolare il capitolo II, Arti Grafiche e Plastiche. Lelementoformale nellarte, pp. 40 89.

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    loro mostra semplicemente che lo spazio pu essere suddiviso in pi modi, secondo intenzioni spe-cifiche, che orientano la percezione, fornendo andamenti, decorsi, che hanno una loro coerenza lin-guistica. Isoliamo un intervallo nello spazio, per mettere in luce la possibilit di animare una super-ficie e per farle raccontare qualcosa, per offrire il respiro di una narrazione.

    6Il suono che vibra nel tempo: lavanzare sopravanzante

    Nello scorrere dello sguardo lungo la figura, nel comprendere le regole della partizione, non fac-ciamo altre che imparare a seguire una sequenza ordinata in un processo, da cui ci facciamo portare.Il tema della processualit si fa avanti in modo ancor pi consistente quando entriamo in contattocon lambito del ritmo musicale: cosa significa riconoscere un processo in una sequenza temporale,rispetto ad un brano musicale?

    In questo caso loggetto non si squaderna davanti ai nostri occhi, non possiamo girargli intorno,decifrandone le regole di costruzione. Il suono ha appunto quel carattere di evenienza di cui parla-vamo prima, c, come scrive Piana, mentre dura. Esso si appoggia al tempo che scorre, ma la suavita prende corpo solo allinterno di quel durare.

    Ci troviamo cos di fronte ad un grande problema, che lega le relazioni temporali nel campo dellapercezione. Siamo cos costretti a retrocedere verso una celebre esemplificazione husserliana, cheha che vedere con lanalisi di una melodia. Incontriamo cos due problemi: la dialettica fra ritenzio-ne e protensione ed il concetto di sintesi passiva, che gi emergevano nelle nostre prime ricognizio-ni sui rapporti visivi.

    Dire che una figurazione ritmica suddivide lo spazio certamente vero, ma non esaurisce le pos-sibilit dellinquadratura, anzi rischia di farci perdere il senso costruttivo latente in quelle partizioni.E dovremmo subito osservare che non si misura cos, perch in una misurazione il ricorso ad uncampione di riferimento devessere univoco.

    Nello scorrere dello sguardo lungo la figura, nel comprendere le regole della partizione, non fac-ciamo altre che imparare a seguire una sequenza ordinata in un processo, da cui ci facciamo condur-re: il decorso percettivo attraversato da una sintesi in cui le regole emergono da sole nella com-plessit delle loro relazioni .

    Dovremmo ancora specificare qualcosa che gioca una funzione fondamentale, allinterno deiprocessi su cui stiamo intrattenendoci: mentre guardiamo la decorazione ritmica effettuare le suepartizioni e le serializzazioni che ne derivano, ci troviamo di fronte ad un processo in cui qualcosaci viene dato, e qualcosa devessere anticipato.

    Possiamo solo immaginare linseguirsi della decorazioni lungo la superficie appoggiandoci alsenso del decorso percettivo proposto dalla struttura che stiamo osservando, ma il momento imma-ginativo trae la regola della continuazione da ci che ha gi imparato a riconoscere . Sembra quasiche il tema della figurazione suggerisca che tra anticipazione e scene passate si facciano luce delle

    funzione sintetiche della percezione.Il richiamo ad una processualit in cui il tema della temporalit, del presente inteso come antici-pazione di qualcosa che arriver alla luce delle regole illuminate dal decorso di una sequenza appe-na passatasi fa avanti in modo ancor pi consistente quando entriamo in contatto con lambito delritmo musicale: cosa significa infatti riconoscere un processo in una sequenza temporale, allinternodi un brano musicale, se non poter anticipare quello che arriver o quanto meno, poter avere una se-rie di aspettative che verranno soddisfatte o deluse dallo svilupparsi dellarticolazione ritmica delbrano?

    Ci troviamo cos di fronte ad un problema, che lega le relazioni temporali nel campo della perce-zione. Siamo costretti a retrocedere verso una celebre esemplificazione husserliana, che ha che ve-dere con lanalisi di una melodia.

    Emergono cos due problemi: la dialettica fra ritenzione e protensione ed il concetto di sintesipassiva, che gi emergevano nelle nostre prime ricognizioni sui rapporti visivi. Tutto ci impone

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    immediatamente un modificarsi delle relazioni fra suono e tempo, alla ricerca delle relazioni che licollegano.

    Lesempio pi famoso certamente quello presente nelle Lezioni sulla coscienza interna deltempo del 1905 14, cui ricorre anche Witold Rudzisky, nella sua opera dedicata al ritmo 15. I suoniaccadono nel tempo, hanno una durata, occupano un intervallo fra il loro inizio e la loro fine, un

    intervallo che diventa processo: il singolo suono musicale si d infatti solo nel suo trascorrere,mentre per le cose il trascorrere mero consumarsi.Ma come si costituisce questa processualit interna al suono, e come viene recepita dalla co-

    scienza?Inquadriamo prima il problema husserliano, e vediamo cosa pu insegnarci rispetto alla natura

    del suono musicale allinterno di una teoria del ritmo.Lesempio husserliano parte proprio dallanalisi di una melodia, ma la cosa potrebbe valere an-

    che per il risuonare di un singolo suono, che dura nel tempo. Husserl usa il termine ritenzione perindicare il modo in cui, nella percezione attuale di un suono, e di qualsiasi altro vissuto, vengonopercettivamente implicate le scene trascorse e con protenzione il modo in cui verranno implicatequelle anticipate.

    Allinterno di un processo percettivo la dimensione temporale del presente assume cos il valoredi un limite mobile, di un punto in movimento che si va estendendo da una sequenza appena tra-scorsa e si protende verso il suo sviluppo.

    Il presente si muove sempre allinterno di un decorso percettivo, di un processo quindi se da unlato ha natura istantanea, un suo ora, che occupa un punto preciso nel decorso delle percezioni,dallaltra ha una dimensione che si estende e si dilata, che si riaggancia alla sequenza appena tra-scorsa e tende a risolversi sugli sviluppi di quella che si va preparando.

    Allidea di un presente puntuale , o di un presente che si dilata misteriosamente nella durata, sicontrappone limmagine di un punto, di un proprio ora, che si estende in avanti ed indietro, secon-do il configurarsi processuale del decorso percettivo.

    Perch si dia esperienza, perch lesperienza sia possibile, devessere possibile collocare ogniistante allinterno di un decorso temporale cui appartiene. Il presente ha cos il carattere di una so-glia, a cui si arriva attraverso un percorso ben determinato (la somma di tutte le scene precedenti) eattraverso cui si transita per dar ragione dei possibili decorsi successivi.

    Stiamo costruendo una sorta di catena, in cui il presente congiunge gli anelli del passato conquelli del futuro.

    Limmagine di un vincolo che orienta il flusso del tempo, che lo trattiene e lo organizza rispettoad una propria scansione ritmica si fa particolarmente potente.

    Esso ha quindi landamento di una sezione del decorso ritenzionale protenzionale, ma questasezione in movimento, raccogliendo il senso di tutte le fasi precedenti e preparandosi ad entrarenel decorso della fase che va sopraggiungendo.

    Nel suo Elementi di una dottrina dellesperienza16

    , Giovanni Piana osserva che una rappresen-tazione del presente come linea in cui tutti i punti istante vadano intesi come limiti, risulterebbeassai povera, perch ridurrebbe tutto il processo ad un semplice tratto temporale, senza entrare nelmerito del senso del decorso, delle latenze, delle aspettative che nel processo percettivo entrano ingioco e che chiamano in causa, al tempo stesso la soggettivit a cui quel processo si va offrendo edil contenuto del decorso percettivo: uninterpretazione del tempo come una linea retta, come sommadi intervalli, di semplici luoghi temporali ove dimora listante che viene individuato nella sua posi-14 Edmund Hussel, Zur Phnomenologie des Innere Zeitbewussteins (Husserliana X) hgg v. Rudolf Boehm, MartinusNijhoff, The Hague, 1966, trad. italiana di Alfredo Marini Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo,Franco Angeli Editore, Milano, 1981, pp. 60 71.15 Witold Rudzisky, Il ritmo musicale. Teoria e Storia, a cura di Rosy Moffa, Libreria Musicale Italiana Editrice, Luc-

    ca, 1993, p. 13- 14.16 Giovanni Piana, Elementi di una dottrina dellesperienza, Il Saggiatore, Milano, 1979, pp. 37 41. Il testo oggi re-peribile in edizione elettronica nellarchivio di Giovanni Piana, presso il Sito Internet Spazio Filosofico, allindirizzohttp://filosofia.dipafilo.unimi.it/%7Epiana/elementi/e_idx.htm.

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    zione oggettiva, ma non in grado di parlare di quellora in cui sto ascoltando un suono che at-trae la mia attenzione, del momento in cui quel suono sta risuonando.

    Egli propone quindi unimmagine che abbiamo gi visto in azione allinterno dellanalisi dellenostre decorazioni. Il fluire del tempo va riportata ad una linea, questa volta intesa come immaginedi un movimento. Il punto ora, il presente istantaneo, avanza e progredisce, generando la linea, che

    diventa immagine del presente che si estende.

    Alla linea progressiva dellora attuale che sta passando, al sopravvenire dellora dobbiamo associarela linea regressiva di un punto- ora che passa:

    Al disegno manca ancora lelemento pi importante, manca cio una rappresentazione per la pre-senza ritenzionale, per ogni punto ora, dei punti ora trascorsi. Questo implica che vi una proie-zione del passato del futuro, che il ricordo non si limita a sprofondare nel nulla, ma lascia una trac-cia, prepara il cammino verso quellorizzonte, quel punto esteso che il presente.

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    La figura ci mostra che nellistante in cui presente la scena B, in cui il suono sta risuonando, lascena A (lattacco del suono) ancora ritenzionalmente presente, e cos tutto il decorso da A a B. Ilpassato non sprofonda in un vuoto, vincola con la sua proiezione il futuro. Il legame tra le rappre-sentazioni devessere ben solido: se cammino per la mia stanza, non posso trovarmi di colpo nelcentro di un bosco: se ci accadesse, osserva Piana, se si spezzasse quel legame, quel vincolo, signi-ficherebbe che sto sognando.

    Ora si chiarifica meglio perch purezza della linea retta non ci bastava, perch cio non ci basta-va isolare le singole scene, le singole sequenze nella loro segmentazione, individuazione, nel tempo.Il loro luogo temporale si proietta sulla linea verticale della presenza ritenzionale (BA). Nellaproiezione, quel luogo varia di continuo al variare del punto ora nel movimento progressivo del far-si del presente. Nel fluire del tempo del tempo, ogni punto temporale, che come istante occupa unluogo fisso nel tempo oggettivo, ma come presente istantaneo, come momento del proprio ora che sicostituisce, sottoposto alla continua variazione dei propri valori ritenzionali.

    Ogni scena percettiva, ogni processo legato ad un contenuto, come lascolto di un singolo suonoche attacca, dura e si spegne, presuppone questa componente temporale, condizione formale della

    sintesi percettiva, che deve pienamente dispiegarsi rispetto ai contenuti giocati nel decorso. Vi unflusso ed unorganizzazione del flusso, che inquadra una scena dietro laltra e riesce a dar ragionedella transizione da una allaltra.

    Ad ogni nuovo ora, deve legarsi la coscienza ritenzionale di ci che appena accaduto e quellaprotensionale di ci che sar. Se landamento del tempo per la soggettivit quello di una catena incui ogni istante si collega a quelli appena trascorsi, lora si presenta come un continuo variare diprospettiva sugli oggetti che ci offrono, determinato dalla catena di relazioni che lo collegano allasequenza appena trascorsa.

    Sembra che il tempo proceda grazie ad una continua espansione dellorizzonte, che ricorda moltolidea di uno spostamento da un qui, il punto in cui mi trovo ora, ad un l, che lorizzonte, il puntodi vista determinato dal percorso spaziale, dalla sequenza di tutti i passi che ho percorso per arriva-

    re qui. La natura processuale del tempo, il suo riferirsi ad una soggettivit cos la condizione for-male che permette alla soggettivit di far esperienza di un suono: il dire che la percezione di unsuono ha un inizio, una durata ed una fine, implica che esiste una processualit che si articola ancherispetto alla durata puntuale del battito, della percussione.

    7 Il tendersi del suono nel consumarsi della sua durata fenomenologica

    Quanto detto non basta ancora, per poter avviare un discorso sulle relazioni contenutistiche le-gate ad una descrittiva del ritmo, ma ci permette di chiarire in che senso presupporremo la valenzatemporale nella percezione di un suono.

    Limmagine del diagramma della coscienza interna del tempo di Husserl ci spiega bene la nostra

    reticenza a contrapporre la dimensione dello spazio a quella del tempo, come abbiamo visto emer-gere allinizio del nostro discorso. Il decorso temporale per una coscienza ha fortissime analogiecon il decorso dellorganizzazione del decorso delle scene temporali: da una catena ad unaltra, ri-

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    mane una sorta di vettore, che indica in fondo lattivit della coscienza, che tiene i due ambiti instrettissima relazione.

    Dobbiamo osservare che, ricorrendo allimmagine della catena, rischiamo di cadere inunequivoca accentuazione del carattere schematico connesso alla dimensione ritmica: sembra in-fatti che, a partire dalla forma temporale del decorso desperienza, venga spontaneo reinterpretare

    tutta la tematica ritmica allinterno di un discorso sulla modularit. Sappiamo che il momento ritmi-co si muove anche sul terreno della raffigurazione, che un lato del problema che sempre una specu-lazione sul ritmo mette in movimento tocca lemergere della dimensione dellevento, del configu-rarsi che irrompe, attira su di s lattenzione, ancor prima daver messo in luce le proprie regole.

    A questo punto potremo comprendere meglio il senso con cui diciamo che il suono , anzitutto,un processo, che ci appare nella forma del trascorrere: un suono anzitutto ha una durata, caratteri-stica fenomenologica che lo distingue dagli altri oggetti che sono in questa stanza. Se dicessimo cheun tavolo o una sedia hanno una durata, vorremmo intendere che superato un certo lasso di tempo,vengono meno le funzioni per cui sono stati costruiti, che essi si corrodono, si corrompono. Ma inquestosservazione giace un equivoco: il fatto che la consistenza di un oggetto sia soggetta a corru-zione, ad alterazione, non un problema temporale: vi sono agenti fisici, chimici, ambientali che

    vanno o corrodere quelle strutture, non il tempo. Tali caratteristiche hanno a che fare con il conte-nuto materiale dellelemento percepito, e non con il trascorrere del tempo.

    Il suono, al contrario ci appare proprio nella forma del trascorrere. Ci appare, appunto, ne fac-ciamo esperienza cos: esso si muove nel tempo e ci attrae in grazia del suo movimento. Esso occu-pa certamente un intervallo di tempo obbiettivo, come mostra bene laccenno alla tematica husser-liana svolto pocanzi, ma si offre a noi proprio nel suo trascorrere, nel suo avere un inizio ed una fi-ne che ci attraggono verso di lui. Irrompe da un silenzio, da un fondale, stagliandosi rispetto a qual-cosaltro: ci appare, appunto, e ne facciamo esperienza cos. Esso si muove nel tempo e ci attrae ingrazia del suo movimento.

    Esso occupa certamente un intervallo di tempo obbiettivo, come mostra laccenno alla tematicahusserliana svolto pocanzi, ma si offre a noi proprio nel suo trascorrere, nel suo avere un inizio eduna fine. Al suono appartiene dunque il carattere di processo: lesperienza percettiva del suono anzitutto contatto con un processo, breve o lungo che sia.

    Il carattere di movimento presente nel suono viene paragonato da Piana 17 al movimento di unpunto luminoso su uno schermo scuro. In questa situazione il movimento cattura lo sguardo inmodo peculiare: esso trascina nel proprio percorso perch non appena locchio si posa sul punto chesi muove, esso tratto subito oltre. Potremmo dire che, per lascolto, accade qualcosa di analogo.

    Tali osservazioni non ci bastano ancora, perch sappiamo che esiste una differenza ontologicafra la cosa spaziale e loggetto temporale, e questa differenza si appoggia, oltre che sul piano mate-riale, sul modo con cui esse si manifestano attraverso la propria durata fenomenologica. Abbiamodetto che il suono vive nel tempo, si consuma esclusivamente sul piano temporale. Potremmo ag-

    giungere che la caratteristica del suono proprio quella di accadere. Il suono accade, proviene daqualche parte, e tende, come scrive Piana, a sopravanzare, ovvero a lasciarci dietro di lui, dietro alsuo bruciarsi nel concreto consumo di tutto lintervallo della propria durata. Il suono produce quindiuna lacerazione nella continuit del flusso, si apre come una ferita, un taglio, che perfora ed animauna superficie: il suono , anzitutto, un processo, che ci appare nella forma del trascorrere .

    Il problema delicato e merita di essere approfondito: da una parte sembra che non si possa giu-stificare in modo cos immediato il rapporto che lega il suono ad una soggettivit, dallaltra parte lapregnanza fenomenologica dellesperienza del suono, si basa proprio su questi dinamismi. Il suononon occupa semplicemente un tratto di tempo, ma quel tratto di tempo viene effettivamente coltocome un decorso che ha uninizio ed una fine che sperimentiamo direttamente, che fanno cio capoalla natura del rapporto desperienza che instauriamo con loro. Dire che un suono si manifesta nel

    tempo, risulta cos una determinazione poco pregnante: dovremmo invece parlare di una durata fe-nomenologica, una durata che si manifesta nella percezione in modo concreto.17 Giovanni Piana, Filosofia della Musica, pp.134 135.

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    La percezione della durata del suono percezione di un processo, di un suono che ha un inizio,dura ed ha una fine: il suono quindi si muove nel tempo, verrebbe voglia di dire che rende percepi-bile il durare come un movimento, ma questo durare il durare del suono stesso, non certo una mi-steriosa essenza della temporalit, un durare che ci viene offerto dalle relazioni peculiari messe ingioco dal processo percettivo nella forma del trascorrere.

    Il tempo non viene colto direttamente, ma attraverso il suono, cos come non esiste una percezio-ne pura dello spazio che non passi attraverso la percezione delle cose. Lidea di un trascorrere im-plica quello di un continuo scivolamento da una fase ad un'altra: ci che trascorre in movimento,proviene da qualcosa e va verso qualcosaltro.

    Ma questa determinazione insufficiente: la caratteristica del trascorrere proprio quella, comescrive Piana, di essere un venir da - andando subito oltre, limmagine di un limite che si muove,che mette in relazione qualcosa che gi stato superato verso un qualcosa che incombe. Lanalogiacoglie in modo elegante il carattere tensivo del suono stesso. Se il suono si presenta come una fasemobile, che sta sopra sopravanzando qualcosa, esso ha carattere tensivo: il suono sempre teso, latensione temporale una sua caratteristica strutturale.

    Comprenderete meglio perch fosse giusto riproporre la concatenazione che lega lora al suo

    passato ritenzionale rispetto alla protensione, e quanto fosse essenziale radicare quel processoallinterno del decorso percettivo. Non esistono esperienze astratte del suono, esso si rende presentea qualcuno.

    Spesso, nelle descrizioni del suono, viene evocata limmagine di un gorgo, di un imbuto che at-trae verso di s: potremmo vedere, in queste immagine, proprio la ricaduta di una caratteristicastrutturale del suono stesso: il suono tensione temporale, che cattura lascolto. Il carattere di ten-sione potr poi essere giocato in modo diverso, a seconda di come vengono elaborati i materialiallinterno del processo compositivo. A questi punto, potremmo osservare che una volta sottolineatele differenze ontologiche che allontanano lapprensione dei contenuti spaziali da quelli temporali,dobbiamo osservare che, in una prospettiva fenomenologica, permane la possibilit di tracciare utilianalogie fra i due ambiti. In entrambe i campi, il concetto di decorso percettivo, fatto di attese cheverranno o meno corrisposte, ma che dovranno necessariamente organizzarsi seconde delle regole,rimane comune. Ma il nostro scopo entrare nel vivo della tematica temporale della durata dei suo-ni, rompendo una contrapposizione con il concetto di spazialit e di tempo obbiettivo, che intorbidasempre le acque, e che abbiamo rifiutato fin dallinizio delle nostra discussione.

    Cerchiamo ora di presentare delle semplificazioni che ci permettano di organizzare una serie ditappe, legate allo svilupparsi di questi discorsi.

    8 Alcune esemplificazioni sonore del problema: emergere della nozione di metro

    Il primo esempio particolarmente elementare e non ancora musicale, ma che riassume molti

    aspetti del discorso che abbiamo sviluppato fina ad ora. Si tratta di una sirena bitonale in movi-mento. La sirena che si muove nello spazio ci pu riportare immediatamente in direzione del suonosegnale, del suono che sta per: il gioco sarebbe anche facile, perch alle sirene bitonali della poliziaamericana siamo tutti abituati, ed il loro risuonare sinistro fa parte della nostra esperienza di spetta-tori televisivi e forse non solo di quella. Ma non necessario incamminarci sul fertile terreno delsimbolismo: prima di porci il problema del rapporto fra segno e significato, tratteniamoci sulle pro-priet fenomenologiche, legate anche al mutare dellintensit, che avvicina e allontana il suono inmodo tanto marcato.

    Siamo di fronte ad un andamento esplicitamente spaziale, con un movimento che va da destraverso sinistra. Il percorso del punto luminoso qui traccia anche uno spostamento nello spazio e nelfarlo mostra una prima dialettica delle propriet espressive giocate dai suoni: essi possono apparirci

    vicini o lontani, a seconda della loro intensit.Si tratta di un suono non ancora musicale e questambiguit merita di essere portata alla luce intutta la sua problematicit: come nel caso della goccia, landamento ritmico che la caratterizza

    http://c/Documenti%20Carlo/Lezioni/01-%2088%20-%20Sound%20Effects%20-%20Police%20car%20passing%20with%20siren_mp3.wavhttp://c/Documenti%20Carlo/Lezioni/01-%2088%20-%20Sound%20Effects%20-%20Police%20car%20passing%20with%20siren_mp3.wavhttp://c/Documenti%20Carlo/Lezioni/01-%2088%20-%20Sound%20Effects%20-%20Police%20car%20passing%20with%20siren_mp3.wav
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    talmente veloce da non renderla facilmente modulabile allinterno di un discorso musicale. Nel ca-so della goccia il periodo troppo irregolare, qui la sequenza intervallare che esso esprime moltoelementare, troppo limitata, persino troppo regolare.

    Possiamo tuttavia osservare che il suono della sirena, che nasce come strumento per lanalisidel numero delle vibrazioni di un suono rispetto allunit di tempo che lo sottende, pu entrare in

    una composizione musicale in condizioni ancora pi elementari. La sirena vibra a bassa velocit,quando il numero di vibrazioni basso, e allora produce un suono grave, che ha consistenza di unsoffio percussivo, oppure pu salire verso lacuto, se il numero di vibrazioni aumenta. Il suono dellasirena un puro vibrare della durata, quasi una traduzione della durata di un suono in evento sonoroNel novecento la sirena stata usata pi volte in composizioni musicali, come in Ionisation18(1929 1931) di Edgar Varse o nella prima Kammermusik(1921) di Paul Hindemith. La sirena adottatada Varse in Ionisation non neppure bitonale, ha il carattere di un indeclinabile, ma ricco divalenze simboliche, ma emerge proprio allinterno di un brano scritto per percussioni. E in quelcontesto, lirrompere dellandamento continuo del suono della sirena, il suo presentarsi come un du-rare, che permane, espandendosi in un glissando che segue un movimento dal basso verso lalto chesembra inghiottire tutto lo spazio musicale, entra in conflitto con lattacco discreto dei suoni percus-

    sivi, con lirrompere di suoni che tendono assieme al materico ed allo schematico. Il suono di unapercussione sempre un colpo, ma il colpo pu essere raggruppato in moduli..

    Qui cominciamo a scorgere il significato del concetto di ritmo come analisi dellorganizzazionedelle durate in un brano musicale. La durata, nel ritmo, anzitutto irrompere di un colpo, un colpoche spezza qualcosa e che si organizza e e si modula in uno schema, oppure di un elemento conti-nuo, di un gorgo sonoro, come quello della sirena, in cui la durata del suono vibra tutta a secondadella sua intensit. Si tratta di dialettiche elementari fra suoni puntiformi, materici e suoni continui,che durano, fra colpo e suono che si trattiene.

    Continuiamo con due ascolti piuttosto istruttivi, che mettono in gioco lattrazione per il suonointeso come punto in movimento. Un punto in movimento richiama uno sfondo e a questo propositola teoria musicale, la pratica compositiva ricorre ad una serie di figure che sembrano alludere a que-sta funzione di fondale, che ambienta, accoglie un suono nel suo movimento, lo colloca in uno spa-zio in cui esso possa risaltare.

    Emerge cos quasi spontaneamente un riferimento al bordone. Con lespressione bordone indi-chiamo una figura del linguaggio musicale: si tratta dellemissione costante ed insistita di una notagrave ad accompagnamento di una melodia, posta in un rapporto consonante con la fondamentaledella nota stessa. Il bordone funge quindi da sfondo, su cui si muove il disegno melodico. Esso po-tr configgere con le note che sostiene o fondersi con esse, facendo cos nascere immediatamenteuna dialettica fra movimento della figura, ambientazione e contrasto.

    Considerazioni analoghe potremmo farle per la figura ritmica dellostinato, una formula melodi-ca che, eseguita da un basso, si oppone al movimento delle altre voci, in una staticit iterativa. Co-

    me vedete, nella descrizione a ricorrere a categoria che richiamino lidea di un movimento con unadirezionalit precisa. Una melodia una sequenza sonora, che ha unarchitettura, relazioni di con-tiguit e contrasto fra gli elementi che la compongono. Essa c mentre risuona . E si fa seguire.

    Ecco un Inno alla Vergine che proviene dalla tradizione melchita, il nome arabo della chiesa im-periale bizantina. Il testo proviene dalla Liturgia Greca di San Giovanni Crisostomo, del Quarto Se-colo. La nota tenuta dal coro unimmagine molto precisa di quello che definiremmo un macro-esempio di suono tenuto fermo, che non muta nelle sue caratteristiche.

    Il vero movimento, saremmo portati a dire, comincia con la melodia che esplora una strutturaintervallare, il primo modo, lo enuncia e poi inizia a dilatare alcuni intervalli , ne colora alcuni av-vicinandoli, altrove ne espande altri. Ed il fondale comincia a seguirla, grado dopo grado, fino allaclausola finale, in cui si toccano gli estremi pi gravi della scala, e la melodia si chiude in unisono.

    18 Vi sarebbe da fare un lungo discorso su questo brano, una delle grandi apoteosi della via timbrista nella musica delnovecento. Rimandiamo un approfondimento a chi volesse dedicarvi una esercitazione, consultando Giovanni Piana,Mondrian e la musica, Milano, Guerini e Associati, 19995.

    http://c/Documenti%20Carlo/Lezioni/Edgard%20Var%E8%B3%A5%20-%20The%20Complete%20Works%20(disc%202)%20-%2010%20Ionisation%20.mp3http://c/Documenti%20Carlo/Lezioni/Edgard%20Var%E8%B3%A5%20-%20The%20Complete%20Works%20(disc%202)%20-%2010%20Ionisation%20.mp3http://c/Documenti%20Carlo/Lezioni/Soeur%20Marie%20Keyrouz%20-%20Chants%20Sacr%E9%B3%A0Melchites,%20Hymnes%20%E0%A0%ACa%20Vierge%20-%2001%20Axion%20esti,%20Hymne%20%E0%A0%ACa%20Vierge,%20liturgie%20grecque%20de%20saint%20Jean%20Chrysostome%20.mp3http://c/Documenti%20Carlo/Lezioni/Soeur%20Marie%20Keyrouz%20-%20Chants%20Sacr%E9%B3%A0Melchites,%20Hymnes%20%E0%A0%ACa%20Vierge%20-%2001%20Axion%20esti,%20Hymne%20%E0%A0%ACa%20Vierge,%20liturgie%20grecque%20de%20saint%20Jean%20Chrysostome%20.mp3http://c/Documenti%20Carlo/Lezioni/Edgard%20Var%E8%B3%A5%20-%20The%20Complete%20Works%20(disc%202)%20-%2010%20Ionisation%20.mp3
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    Siamo costretti a ricorrere sempre a categorie descrittive legate al movimento, ma questa caratteri-stica descrittiva trova il suo fondamento proprio nelle differenziazioni interne del materiale musi-cale. Il gioco intervallare oscilla continuamente sul quarto ed il quinto grado della scala, raggiuntospesso attraverso frizioni che si avvicinano al quarto di tono, ma non possiamo trattenerci suunanalisi del brano.

    Abbiamo comunque due tipi di movimenti: il movimento del suono, che dura nella sua tensioneed il movimento della voce, che si articola anche all'interno di una sequenza di suoni. Anchessa ,naturalmente in movimento, ma qui emergono regole costitutive pi complesse, sulle quali dovremointrattenerci pi avanti. Intanto la sequenza deve avere una sua coerenza interna, che permetta di te-nere insieme gli elementi di contrasto e quelli di contiguit, deve avere regole grammaticali che cipermettano di seguirne larticolazione, in qualche misura anticipandola.

    Il fondale trascolora. Sono proprio queste regole, quando vengono disattese, che ci fanno prova-re un senso di sorpresa: larticolazione della struttura ha avuto un andamento imprevedibile. Il fattoche vi fosse un andamento, dovrebbe chiarire che ci aspettavano qualcosa che non arrivato, o che arrivato troppo presto. Esiste quindi un gioco odi continua differenziazione fra discontinuit econtinuit, anche allinterno della semplice esplorazione di una struttura scalare, che viene qui

    giocata in senso melodico. Lesposizione della scala discendente, ad esempio, non perfettamenteomoritmica, vi un sottile gioco di accelerazione, che vuol mettere in luce alcuni aspetti espressivi.In altri termini, anche in questi esempi apparentemente semplici, esplode subito una dialettica fra lacontinuit, landamento continuo del decorso percettivo, e le discontinuit offerte dai materiali:questa dialettica prende corpo nel presentarsi stesso del brano musicale.

    La componente architettonica del brano offre appigli alla percezione, offre appigli alla forma deltrascorrere che caratterizza il brano stesso, ma entra in dialettica con lei, presenta momenti retroatti-vi, in cui sembra ricominciare identica a se stessa, poi sviluppa una serie di variazioni, chiamiamolealterazioni degli intervalli, per cui ci spinge dove vuole. Forse, quando parliamo di una capacit tra-scinante della musica, vogliamo riferirci proprio a questo gioco. E forse questo gioco potrebbe e se-re gi un primo elemento per entrare pi vicino nella tematica del ritmo.

    E interessante notare che nella sequenza siamo attirati dal passaggio da un suono ad un altro,mentre nel caso del fondale, esso ci attrae nella sua fissit. Ma la cosa importante che questa fis-sit non passiva staticit, pur nel riproporsi dellidentico. Qui emerge un nuovo problema: perquanto sia statica, quella linea musicale, noi non possiamo che seguirla: essa non si d mai tutta in-tera, come una figura che possiamo contemplare da pi punti di vista. Non ci sta di fronte come ladecorazione, che possiamo esplorare con lo sguardo. La linea statica si fa, a sua volta, seguire comeun movimento, un movimento che sostiene qualcosa nel suo durare. Quel suono ha quindi una ten-sione: nella sua sostenersi identico a s stesso, esso si consuma e si muove.

    Un altro esempio che vorrei proporvi un breve brano, proveniente dalla tradizione musicale delRajastan, una regione dellIndia. Si tratta di un flauto a bordone vocale, un flauto che viene suonato

    con un bordone, emesso dalla gola del flautista stesso.Abbiamo scelto un flauto, un aerofono, concentrandoci sullattacco dello strumento, sulla com-ponente timbrica che alona, come unombra, la nota emessa. La tecnica demissione di questo stru-mento piuttosto interessante: esso va tenuto in una posizione obliqua ed il flautista accompagnalemissione delle altezze ricorrendo ad un suono di gola, che fa, appunto, da bordone. Abbiamoquindi un fondale sonoro offerto dallemissione da parte della gola della nota bassa, che rimane re-lativamente inerte, si staglia come sfondo ed una melodia che si muove ed assume un andamento didanza, piuttosto marcato. Lelemento timbrico, nel suo alludere alla continuit, non rimane indiffe-rente al movimento: quando landamento della figurazione ritmica diventa trascinante, esso vienerafforzato dal pulsare del suono di gola. Si fanno cos avanti due andamenti caratteristici: il ritmopuntato del suono di gola, e la figurazione danzante del movimento melodico basato su una sempli-

    cissima figura poliritmica.

    http://c/Documenti%20Carlo/Lezioni/WORLDInstruments%20-%20HarmoniaMundi%20LDX274-675%20-%2018%20Flute%20%E0%A0%A2ourdon%20-%20Rajastan%20.mp3http://c/Documenti%20Carlo/Lezioni/WORLDInstruments%20-%20HarmoniaMundi%20LDX274-675%20-%2018%20Flute%20%E0%A0%A2ourdon%20-%20Rajastan%20.mp3http://c/Documenti%20Carlo/Lezioni/WORLDInstruments%20-%20HarmoniaMundi%20LDX274-675%20-%2018%20Flute%20%E0%A0%A2ourdon%20-%20Rajastan%20.mp3
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    Gli esempi sono molto lontani fra loro, il primo sembra quasi volerci portare per mano verso undiscorso sulle altezze, sugli intervalli. Ma la questione cambia se prestiamo attenzione al modo concui la voce della cantante intona le note e la fa durare, trascolorare tra di loro. Si tratta di un movi-mento di tenuta del suono, che cerca di far fondere i suoni tra di loro, spezzandoli il meno possibile.Luso di unemissione che modella il suono secondo queste regole sottolinea la caratteristica tempo-rale dellandamento del suono: nel canto i suoni permutano luna nellaltro, e vengono concatenatiimmediatamente, cercando di suggerire lidea di una sequenza lineare in cui la nota dappoggiosembra assorbire dentro di s tutto il flusso delle note precedenti.

    E unaltra immagine della concatenazione, ma anche uno splendido esempio di come un sot-tile gioco ritmico, possa far emergere una figura, che si nutre del movimento - verso che connettetutti i suoni concatenati nella sequenza.

    Il brano successivo proviene dal repertorio indiano, e ci permette di uscire dal contesto sublimatodei due primi esempi (escludiamo Ionisation, su cui potremo tornare) ed entrare allinterno deglischemi ritmici.

    Ascolteremo delle tablas, uno strumento costruito da due tamburi, che possono essere accordatimediante la regolazione della tensione delle pelli: modificando laccordatura anche possibile en-fatizzare le relazioni dinamiche, le differenziazioni timbriche. Per la capacit di modulare il suonoattraverso le pelli, le tablas vengono spesso dette tamburi parlanti. Cosa accade in queste registra-zioni? Il maestro indica prima lo schema ritmico con la voce, e poi passa allesecuzione dello sche-ma, fiorendolo. Al colpo come battito, come pulsazione, comincia ad affiancarsi la modularit delloschema. Il maestro indica varie tipologia metriche, e vi invito a fare attenzione al fatto che la con-

    clusione degli schemi pi complessi si chiude nella tessitura pi grave del tamburo. Questi schemimetrici hanno dietro di s una grande tradizione teorica, e permettono fin da un primo ascolto unaserie di riflessioni sul concetto di elasticit ritmica. Spesso il maestro rallenta, prima con la voce,poi sullo strumento, la scansione delle figure ritmiche, alle volte si diletta a rallentare la scansione epoi ad accelerarla, proponendo la stessa figura metrica, ma rallentando la scansione che la sostiene.Questo un problema molto interessante, perch propone una prima distinzione fra flusso misuratodel tempo ed elaborazione della figura, che viene sapientemente deformata. Torneremo su questiaspetti legati alla segmentazione della durata.

    Nel secondo ascolto che vi propongo, alle tabla si affianca il mrdangam. In questo modo il per-cussionista indiano si avvale di quattro tamburi regolabili. Il processo dapprendimento si basa sullatrasmissione orale di una serie di misure ritmiche: i maestri indiani ricorrono ad un set di sillabe ,

    per indicare larticolazione interna del modulo ritmico, ed a ad una serie di gesti per specificare lametrica. Ecco una buona immagine di come nasce lo schema ritmico: la sequenza viene ripetuta,imparata e fissata: qui emerge in modo pi chiaro quello che noi indichiamo con scansione, intesa

    http://c/Documenti%20Carlo/Lezioni/WORLDInstruments%20-%20HarmoniaMundi%20LDX274-675%20-%2013%20Tabla%20-%20Inde%20.mp3http://c/Documenti%20Carlo/Lezioni/WORLDInstruments%20-%20HarmoniaMundi%20LDX274-675%20-%2013%20Tabla%20-%20Inde%20.mp3http://c/Documenti%20Carlo/Lezioni/Bikram%20Ghosh%20-%20Talking%20Tabla%20-%2002%20Khandam%20-%20A%20Sequence%20of%20Five%20.mp3http://c/Documenti%20Carlo/Lezioni/Bikram%20Ghosh%20-%20Talking%20Tabla%20-%2002%20Khandam%20-%20A%20Sequence%20of%20Five%20.mp3http://c/Documenti%20Carlo/Lezioni/WORLDInstruments%20-%20HarmoniaMundi%20LDX