14
L'esperimento di joule-thomson - Pagina 1 L'ESPERIMENTO DI JOULE-THOMSON Durante la prima metà del diciannovesimo secolo, Joule tentò di misurare la variazione di temperatura che si ha quando un gas si espande nel vuoto. Joule progettò un esperimento per scoprire se i gas si raffreddano in espansione ed in caso affermativo quanto. L'apparecchiatura Joule consisteva di due bulbi di vetro collegati da un rubinetto. Figura1. Apparato di Joule - Thomson 1 Un bulbo di rame, quello A alla sinistra, veniva riempito con gas ad un certa pressione P e temperatura T ed isolato da un altro bulbo B contiguo, preventivamente svuotato, mediante una valvola V di regolazione. Ambedue i bulbi erano immersi in un bagno di acqua dotato di un termometro sensibile. Dopo che l'equilibrio termico era stato raggiunto, previo opportuno rimescolamento (vedi mulinello sulla destra), la valvola V veniva aperta consentendo al gas in A di espandersi nel bulbo B adiacente. Joule non rilevò nessun cambio in temperatura e pertanto q = 0 ossia l'esperimento avveniva in condizioni adiabatiche. Poiché il gas si espandeva contro pressione nulla non veniva eseguito nessun lavoro ossia w = 0. Essendo, quindi, q = 0 e w = 0 è chiaro che, allora, ΔU = q + w = 0. Il processo avviene ad energia interna U costante. Chiaramente, ΔV ≠ 0 perché il gas espandendosi ha riempito entrambi i bulbi. La domanda era: la temperatura T cambia? Il cambio ΔT venne misurato pari a zero ovvero nessun cambio termico. (In effetti l'esperienza di Joule era sufficientemente rozza in modo da non poter rilevare la differenza tra un gas ideale e gas reale cosicché le conclusioni che si traggono da questo esperimento si applicano solo ad un gas ideale.)

L'ESPERIMENTO DI JOULE-THOMSON - cryoelectric ESPERIMENTO DI JOULE... · L'esperimento di joule-thomson - Pagina 1 L'ESPERIMENTO DI JOULE-THOMSON Durante la prima metà del diciannovesimo

Embed Size (px)

Citation preview

L'esperimento di joule-thomson - Pagina 1

L'ESPERIMENTO DI JOULE-THOMSON

Durante la prima metà del diciannovesimo secolo, Joule tentò di misurare la

variazione di temperatura che si ha quando un gas si espande nel vuoto. Joule

progettò un esperimento per scoprire se i gas si raffreddano in espansione ed in caso

affermativo quanto.

L'apparecchiatura Joule consisteva di due bulbi di vetro collegati da un

rubinetto.

Figura1. Apparato di Joule - Thomson 1

Un bulbo di rame, quello A alla sinistra, veniva riempito con gas ad un certa

pressione P e temperatura T ed isolato da un altro bulbo B contiguo, preventivamente

svuotato, mediante una valvola V di regolazione. Ambedue i bulbi erano immersi in

un bagno di acqua dotato di un termometro sensibile. Dopo che l'equilibrio termico

era stato raggiunto, previo opportuno rimescolamento (vedi mulinello sulla destra), la

valvola V veniva aperta consentendo al gas in A di espandersi nel bulbo B adiacente.

Joule non rilevò nessun cambio in temperatura e pertanto q = 0 ossia

l'esperimento avveniva in condizioni adiabatiche. Poiché il gas si espandeva contro

pressione nulla non veniva eseguito nessun lavoro ossia w = 0. Essendo, quindi, q =

0 e w = 0 è chiaro che, allora, ΔU = q + w = 0. Il processo avviene ad energia

interna U costante.

Chiaramente, ΔV ≠ 0 perché il gas espandendosi ha riempito entrambi i bulbi.

La domanda era: la temperatura T cambia? Il cambio ΔT venne misurato pari a

zero ovvero nessun cambio termico. (In effetti l'esperienza di Joule era

sufficientemente rozza in modo da non poter rilevare la differenza tra un gas ideale e

gas reale cosicché le conclusioni che si traggono da questo esperimento si applicano

solo ad un gas ideale.)

L'esperimento di joule-thomson - Pagina 2

In effetti Joule cercava di misurare la variazione di T rispetto a V mantenendo

l'energia interna U costante ossia si prefiggeva di conoscere sperimentalmente la

derivata parziale ( ) ed il risultato osservato fu ( ) = 0

implicante, data la relazione ( ) = ( ) ( ) , che

( ) = 0 ossia che l'energia interna U è indipendente dal volume (e perciò

dalla pressione) a temperatura costante. Il suo apparato di misura non era molto

sensibile avendo una capacità termica grande rispetto a quella dell'aria e non fu in

condizione di rilevare, come s'è detto, nessun cambiamento di temperatura T

all'interno dell'intervallo di errore delle misure. In realtà ( ) 0 dato che

il gas nel bulbo A si scaldava leggermente e quello che veniva espanso in B era in

qualche modo più freddo e quando l'equilibrio termico era finalmente raggiunto il gas

si trovava ad una temperatura leggermente differente rispetto a quella anteriore

all'espansione. Risultando, pertanto, ( ) si ha, conseguentemente,

che ( ) 0.

È soltanto quando la pressione gassosa, prima dell'espansione, viene

progressivamente ridotta che il cambio di temperatura diminuisce progressivamente

finché l'effetto si annullerebbe come la pressione, al limite della sua fase di riduzione,

si azzera. In tal caso U sarebbe indipendente dal volume ossia U = U(T) ma questo

è il caso del gas ideale e non del gas reale con U = U(T,V) per il quale il risultato

dell'esperimento di Joule non risulta valido.

Lo studio della dipendenza dell'energia e dell'entalpia di gas reali dal

volume (pressione) fu fatto da Joule in collaborazione con Thomson seguendo

una procedura differente. Essi consentirono al gas di espandere liberamente

attraverso un setto poroso. Questo è un processo irreversibile ma le considerazioni

termodinamiche si applicano a questo sistema semplicemente considerando lo stato di

equilibrio iniziale e finale prima e dopo l'effettuazione del processo. Per studiare

l'espansione gassosa attraverso il filtro costituito dal setto poroso ci focalizzeremo su

una determinata massa di gas. Si può considerare questa massa di gas come racchiusa

tra due pistoni mobili immaginari (infatti sono tratteggiati in figura) tali da mantenere

le pressioni P1 e P2 costanti.

L'esperimento di joule-thomson - Pagina 3

Figura 2. Principio dell'apparato di Joule-Thomson

Come si mostra in Fig. 2 il gas si espande dalla pressione P1 alla pressione P2

mediante l'azione di strozzamento dovuta al setto poroso. L'intero sistema è

termicamente isolato ossia cilindro e pistoni sono supposti impermeabili al calore; in

tal modo non si permette al sistema di ricevere o perdere calore cosicché l'espansione

avviene eseguendo una trasformazione adiabatica, a cui corrisponde

q=0

Al gas viene consentito di fluire con continuità attraverso il setto poroso, e

quando si raggiungono le condizioni di stazionarietà le temperature gassose, prima e

dopo l'espansione, T1 e T2, vengono misurate con termocoppie sensibili. Si

verificherà che l'espansione del gas avviene ad entalpia costante. Si consideri

l'espansione d'una massa determinata di gas attraverso il setto poroso.

Nell'esperimento realizzato da Thompson e da Joule (1852) le porosità erano di

dimensioni abbastanza grandi rispetto al libero cammino medio molecolare, tali da

consentire al gas di passare attraverso il tampone come in un normale flusso, anziché

in un processo di diffusione; nello stesso tempo però erano sufficientemente piccole

da far sì che l'elevata resistenza viscosa incontrata dal gas ne riducesse l'energia

cinetica a valori trascurabili.

Il gas occupa un volume V1 a pressione P1 ed a temperatura T1 prima

dell'espansione ed un volume V2 a P2 e T2 dopo l'espansione. Qual è il lavoro fatto

durante questo processo? La compressione del pistone immaginario a lato sinistro

fornisce un lavoro (eseguito dall'area circostante del sistema) equivalente a

─ P1 dove

= - V1 o wSX = + P2 · V2

Similmente, l'espansione del pistone immaginario a lato destro fornisce un lavoro

sull'ambiente circostante da parte del sistema pari a

─ P2 dove = V2 ─ 0 = V2 o w DX = ─ P2 · V2

Il lavoro fatto sul sistema gassoso durante l'espansione è allora

w = wSX + wDX = + P1·V1 ─ P2·V2

Essendo il gas separato da qualunque fonte di calore non può assorbirne nessuna

quantità per convertirlo in lavoro. Questo deve provenire dall'energia interna del gas

U cosicché questa diminuisce e dato che U è funzione di T ciò significa che la

temperatura del gas deve diminuire.

L'esperimento di joule-thomson - Pagina 4

Il cambio complessivo in energia interna del gas durante l'espansione

adiabatica è allora

ΔU = q + w = 0 + w = + w

ΔU = P1·V1 ─ P2V2 = U2 ─ U1 0

Il processo non avviene ad energia interna U costante. Riordinando si ottiene

U2 + P2V2 = U1 + P1V1

ma ricordando la definizione di entalpia

H = U + PV

si ha

H2 = H1

Questa è perciò un'espansione isoentalpica e l'esperimento misura direttamente

il cambio in temperatura d'un gas con la pressione ad entalpia costante che è

denominato il coefficiente di Joule-Thomson µJT

µJT = (

H =

Per un gas ideale dato che il processo è isoentalpico si può scrivere

( ) = ( ) ( ) = ─ Cp µJT

ma ( ) = + P·V))/ = ( ) + /

quindi ( ) = ( ) = 0 dato che per un gas ideale, come s'è

detto, H ed U sono funzione di T soltanto. Essendo la capacità termica Cp non nulla

a pressione costante, il coefficiente di Joule-Thomson dev'essere nullo per un gas

ideale.

Essendo µJT = 0 per un gas ideale, dove non esistono interazioni molecolari a

differenza che nel gas reale, non c'è alcun effetto Joule-Thomson. Si conclude,

quindi, che suddetto effetto dipende dall'interazione molecolare.

L'esperimento di joule-thomson - Pagina 5

Il coefficiente µJT per un gas reale è diverso da zero. L'espansione gassosa implica

un cambio di temperatura ΔT dipendente dai cambi in energia cinetica direttamente

influenzati dalle condizioni di strozzamento ossia dalla struttura porosa del setto ma

anche dalla natura non ideale del gas ossia dalle interazioni molecolari come già

evidenziato.

Un gas reale può riscaldarsi o raffreddarsi. Facendo riferimento alla Fig. 2

T2 T1 ed, in certe condizioni, è più alta ed in altre è più bassa. Ricordando la

relazione µJT =

( nella fase di espansione ΔP è negativa e perciò un

valore positivo per µJT corrisponde, in quella fase, a raffreddamento e viceversa.

Si fa notare, aspetto non sempre sottolineato in letteratura, che mentre

l'entalpia H rimane invariata nell'espansione di Joule-Thomson, per sua natura

processo isoentalpico, non si può dire lo stesso per l'entropia S: la variazione di

entropia associata all'espansione del gas dev'essere maggiore di quella

associata alla riduzione della sua temperatura, altrimenti il gas non fluirebbe

attraverso il setto poroso.

Esaminiamo, ora, suddetto comportamento fisico per i gas reali.

Se viene eseguito un esperimento di Joule-Thompson, le coppie

corrispondenti di valori di pressione e temperatura, cioè P1 e T1, P2 e T2, P3 e

T3, ecc. determinano un numero di punti sul diagramma pressione-temperatura

come nella Fig. 3a e dato che H1 = H2 = H3 ecc., l'entalpia è la stessa in tutti

questi punti ossia unendo tutti questi punti si ottiene una curva ad entalpia

costante (Fig. 3a).

Un tale grafico di T rispetto a P è chiamato curva isoentalpica e la sua

pendenza è fornita dal coefficiente di Joule-Thompson

µJT = (

H

L'esperimento di joule-thomson - Pagina 6

Si noti che questa curva non rappresenta il processo eseguito dal gas nel

passaggio attraverso il setto poroso, dato che il processo è irreversibile ed il gas non

passa attraverso una serie di stati di equilibrio. La temperatura e pressione finale

vanno misurate ad una certa distanza dal setto poroso in modo da consentire

l'annullamento di disomogeneità presenti nel flusso, ed il gas passa da un punto

presente sulla curva ad un altro mediante un processo irreversibile.

Il coefficiente µJT dell'effetto Joule-Thomson è importante nella

liquefazione dei gas perché indica se un gas si raffredda o si riscalda durante

l'espansione. Va sottolineato che questo coefficiente è una funzione decrescente

della temperatura ed assume il valore nullo quando passa per la Temperatura di

Inversione (TINV). Per liquefare un gas mediante l'effetto Joule-Thomson il gas

dev'essere raffreddato sotto la Temperatura di Inversione.

Eseguendo altre serie di esperimenti, mantenendo invariate la pressione e

temperatura iniziale in ciascuna serie, ma variandole da una serie all'altra, si

può ottenere una famiglia di curve corrispondenti a diversi valori di H. Una tale

famiglia viene mostrata in Fig. 3b che è tipica di tutti i gas reali.

Se la temperatura non è troppo elevata le curve passano attraverso un massimo detto

punto d'inversione. La pendenza d'una curva isoentalpica in qualsiasi punto è

(

H e nel massimo della curva, o punto d'inversione, vale µJT = 0.

L'esperimento di joule-thomson - Pagina 7

La curva di inversione rappresenta i punti del diagramma P-T per i quali il

coefficiente di Joule-Thomson µJT è nullo e separa le due zone in cui la temperatura

cresce (coefficiente negativo) o decresce (coefficiente positivo) al diminuire della

pressione. Sotto questa curva il raffreddamento del fluido avviene per

espansione.

Si noti che, al disotto di una certa temperatura (Temperatura massima

d'inversione TINVMAX), le curve isoentalpiche presentano un massimo; questo

significa che, se ci si mette inizialmente alla pressione e temperatura

corrispondenti al massimo di una delle isoentalpiche e si sottopone il gas a

un'espansione di Joule-Thomson, la temperatura diminuisce. A questo ci si

riferisce quando si afferma che normalmente un gas si raffredda nell'espandersi.

Quando si utilizza l'effetto Joule-Thompson nella liquefazione dei gas per

espansione, è evidente che devono scegliersi condizioni tali da portare alla

diminuzione della temperatura. Ciò è possibile soltanto se temperatura e pressione

iniziale si trovano all'interno della curva d'inversione. Allora una caduta di

temperatura sarebbe prodotta nell'espansione dal punto a al b e poi a quello c, ma un

rialzo di temperatura avverrebbe nell'espansione da d a e, punti esterni alla curva

d'inversione.

Non è scontato che qualsiasi gas con µJT = 0 sia ideale; da quanto detto prima risulta

ovvio che i gas reali hanno molte temperature a cui µJT = 0 .

Sotto si presenta un grafico del coefficiente di Joule-Thomson per vari gas a

pressione atmosferica.

L'esperimento di joule-thomson - Pagina 8

Tanti gas a temperatura ambiente e pressioni moderate si trovano all'interno

dell'area di "raffreddamento" della Fig. 3b; va notato che idrogeno ed elio presentano

un comportamento anomalo avendo una temperatura d'inversione ben al di sotto della

temperatura ambiente, ed a quella ambiente si comportano come nella trasformazione

da d ad e, cioè nell'espansione si riscaldano.

Vediamo di comprendere i meccanismi fisici in gioco. Quando un gas si

espande la distanza media tra le sue molecole aumenta. Data la presenza di forze

attrattive intermolecolari, l'espansione causa un aumento di energia potenziale

del gas. Se non viene estratto lavoro dal sistema durante il processo di

espansione ("espansione libera") e non viene trasferito calore, l'energia totale

del gas rimane la stessa per la conservazione dell'energia. L'aumento di energia

potenziale produce quindi una diminuzione dell'energia cinetica e quindi una

diminuzione di temperatura del gas. Un altro meccanismo ha invece effetti

opposti: durante le collisioni tra le molecole del gas, l'energia cinetica viene

temporaneamente convertita in energia potenziale. Mentre la distanza

intermolecolare media aumenta, c'è una diminuzione del numero di collisioni

per unità di tempo, che causa a sua volta una diminuzione dell'energia

potenziale media. Dato che l'energia totale viene conservata questo comporta un

aumento dell'energia cinetica (e quindi della temperatura). Dentro la curva di

inversione Joule-Thomson, il primo effetto (lavoro interno fatto contro le forze

attrattive intermolecolari) domina e l'espansione libera causa una diminuzione

della temperatura. Fuori dalla curva di inversione prevale il secondo effetto

(diminuzione dell'energia potenziale associata alle collisioni) e l'espansione

libera provoca un aumento di temperatura.

L'esperimento di joule-thomson - Pagina 9

CALCOLO DEL COEFFICIENTE DI JOULE-THOMSON

E' spesso necessario esprimere il coefficiente di Joule – Thomson in termini di

altre derivate parziali. Essendo l'entalpia una funzione dipendente dallo stato del

sistema ossia dalla temperatura e dalla pressione cioè H = H(T,P), possiamo scrivere

il differenziale totale come

Nell'esperimento di Joule-Thomson H = Cost cioè dH = 0 e, quindi,

riordinando l'espressione precedente uguagliata a zero si ottiene

ma (∂H/∂T)P , derivata parziale entalpica, costituisce Cp, capacità termica a

pressione costante. Tenendo presente che in un sistema chiuso dU = dQ – dw dove

dw è il lavoro fatto dal sistema ed, inoltre, facendo il differenziale dell'entalpia H =

U +PV, si ricava dH = dU + d(PV) ma dU = dQ – dw = Tds –PdV essendo

un processo reversibile e quindi dH = dU + d(PV) = Tds –PdV + PdV +VdP =

TdS +VdP da cui (∂H/∂P)T = T (∂S/∂P)P + V ; infine, per la relazione di

Maxwell applicata al differenziale dell'energia libera di Gibbs dG = d(U-TS +PV)

= VdP – SdT, si ottiene (∂S/∂P)T = (∂V/∂T) P .

Sostituendo questo risultato nell'espressione equivalente del differenziale

dell'entalpia H rispetto alla pressione con T costante si ottiene

( = V ─

Allora

µJT =

Per un gas reale può ottenersi da qualsiasi equazione di stato

come si mostra qui di seguito con l'equazione di Van der Waals.

L'esperimento di joule-thomson - Pagina 10

EQUAZIONE DI STATO DI VAN DER WAALS

L'equazione di stato di Van der Waals per una mole di gas reale è la seguente

(P +

) (V – b) = RT

dove le costanti a e b, sempre positive, dipendono dalla natura del gas. Il termine

correttivo

tiene conto delle forze di attrazione tra le molecole che tendono a

tenerle più lontane dalle pareti facendo diminuire la pressione sulle stesse,

diminuzione proporzionale al numero di coppie di particelle presenti ossia ∝ n2

mentre b fa riferimento al volume materialmente occupato dalle molecole di una

mole di gas (covolume), ossia (V-b) è il volume "libero" e questo parametro la fa

aumentare.

A basse temperature le interazioni tra le molecole possono risultare

significative rispetto all’energia termica e pertanto il termine a diviene importante

mentre ad alte temperature, invece, diventa significativo il termine b in quanto

l’energia termica diviene più grande rispetto ad ogni interazione.

Suddetta equazione per i gas reali nella forma standard può essere riscritta,

dopo aver moltiplicato i termini tra parentesi e riordinando, in modo da ottenere PV in funzione delle altre grandezze

PV = RT

bP

Il tutto può riscriversi trascurando il termine

dato che a e b sono piccoli e

sostituendo il termine

con

nella forma indicata sotto

V =

b

Differenziando l'espressione rispetto alla temperatura T con P, pressione,

mantenuta costante si ottiene

L'esperimento di joule-thomson - Pagina 11

− V =

– b

Sostituendolo nell'espressione µJT =

si ottiene

µJT =

Questa equazione non si presenta in modo semplice ma viene trattata dai teorici

guardando le condizioni estreme. A temperature T tendenti a zero il termine

diventa molto più grande di b, il quale può, pertanto, essere trascurato. Si ha, quindi,

come risultato il coefficiente di Joule-Thompson

, espressione

positiva dato che ogni termine ivi presente è positivo. Ciò si accorda con

l'esperimento.

Un coefficiente di Joule-Thomson positivo significa raffreddamento a

temperature molto basse.

Ad alte temperature il termine contenente T a denominatore va a 0 e si ha

pertanto

µJT =

Risultato che concorda con l'esperimento dato che è negativo, il che significa

riscaldamento. Si noti che il termine con il coefficiente a è scomparso, rimanendo

solo b. La misurazione del coefficiente di Joule-Thompson permette la ricostruzione

della funzione di stato dei gas ed è essenziale nella progettazione delle pompe di

calore.

PROCEDURA SPERIMENTALE

L'apparato di Joule-Thomson viene mostrato nella Fig. 3. Dato che il setto

poroso abbisogna d'un tempo piuttosto lungo per arrivare ad uno stato termico

stazionario, il gas sarà acceso circa due ore prima dell'inizio del laboratorio per

garantire che la differenza di temperatura attraverso il setto poroso ha raggiunto un

valore costante. Ciò è indicato dalla costanza della f.e.m. tra i cavi della termocoppia.

L'esperimento di joule-thomson - Pagina 12

Fig 3. Apparato di Joule-Thompson

1) Per usare e far funzionare il manometro digitale, c'è bisogno di circa 5 minuti.

In primo luogo, bisogna attendere circa 90 secondi per andare a 780 Tor, poi

azzerare premendo e tenendo premuto il tasto zero sul manometro per 2

secondi.

2) I valori cambieranno per alcuni secondi, ma, in questo caso, non è un grosso

problema. In secondo luogo, dopo l'azzeramento, ci sarà da regolare il valore

desiderato di pressione aprendo la valvola a spillo sulla bombola del gas

MOLTO LENTAMENTE ed operando un controllo della pressione ad un

valore di circa 250 Tor e prendendo la lettura col voltmetro scollegato

3) Si prendano le letture come descritto sopra a intervalli di 5 minuti finché

quattro letture (f.e.m., ∆P) non mostrano differenze significative (cioè senza

derive sistematiche).

L'esperimento di joule-thomson - Pagina 13

4) Si faccia la media delle quattro letture e le si assegni il limite dell' intervallo di

confidenza.

5) 4) MOLTO LENTAMENTE (per circa 90 secondi) si aumenti la

differenza di pressione, ∆P, di circa 100 Tor ai capi del setto poroso aprendo

molto lentamente la valvola a spillo sulla bombola del gas. Si inizino a

prendere dei valori 5 minuti dopo che è stato fatto il cambio di pressione e poi

via via ad intervalli di 5 minuti fino a quando, come prima, quattro letture non

mostrano una differenza significativa. In questo modo si ottengono 8 punti

sperimentali. Utilizzando il grafico di taratura si calcola ∆T, il cambio di

temperatura attraverso il setto poroso.

CALCOLI

Per ciascun punto si determinino i valori medi di ∆P e ∆T. Si determinino le

indeterminazioni nei valori di T e P e si tracci un grafico di T rispetto a P racchiudendo ciascun punto in una casella d'indeterminazione. Si tracci la linea che

meglio si adatta ai suddetti punti sperimentali e se ne determini la pendenza. Si

disegnino, anche, le linee aventi pendenze massime e minime. Si calcoli quindi la

pendenza m e l'intercetta b per la linea applicando il metodo dei minimi quadrati al

foglio elettronico dei dati.. Infine si calcola m e b e si confronta il tutto con

l'analisi effettuata graficamente.

Dalla pendenza si determini il coefficiente di Joule-Thompson, µJT, in °C/atm.

e l'indeterminazione ±µJT. Si calcoli il coefficiente di Joule-Thompson µJT per il

gas dall'equazione di stato di Van der Waals utilizzando l'equazione

µJT =

Sotto si riportano i valori delle costanti a e b relative a biossido di carbonio,

elio ed azoto dall'equazione di Van der Waals

L'esperimento di joule-thomson - Pagina 14

Valori delle costanti (in unità MKS)

CO2 He N2

Van derWaals

a(j m3mole

-2) 0.364 3.457x 10

-3 0.141

b(m3 mole

-1) 4.267 x 10

-5 2.370 x 10

-5 3.913 x 10

-5

CP (joule mole-1

deg-1

) 37.085 20.670 26.952

N.B. 1 atm / 760 mm Hg /760 Torr/ 101.32 kPa.

ROBERTO GIARDELLI