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Presentazione di Maria Caterina Bianchini Riccardo Bacchelli e il teatro Presentazione di Lamberto Trezzini Leonardo Bragaglia

Leonardo Bragaglia Riccardo Bacchelli e il teatro

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Riccardo Bacchelli è stato oggetto di interessanti saggi, articoli e studi, soprattutto nella sua veste di romanziere, grazie all'enorme successo di capolavori quali Il mulino del Po e Il diavolo al Pontelungo. Leonardo Bragaglia, in questa ultima opera, ne traccia un profilo assolutamente inedito: quello di autore teatrale. La testimonianza di Bragaglia diventa ancora più preziosa se si considera la lunga conoscenza che ha unito i due, a partire dalla fruttuosa collaborazione alla regia, fatta a quattro mani, nel dramma Giorni di verità. Leonardo Bragaglia attinge a ricordi personali, notizie di prima mano e documenti inediti del suo archivio personale, e con mano affezionata regala al lettore un ritratto delle fortune e insieme delle delusioni che il teatro riservò a Bacchelli, rendendo così giustizia a questo lato trascurato.

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Presentazione di Maria Caterina Bianchini

Riccardo Bacchelli è stato oggetto di interessanti saggi, articoli e studi, soprattutto nella sua veste di romanziere, grazie all’enorme successo di capolavori quali Il mulino del Po e Il diavolo al Pontelungo. Leonardo Bragaglia, in questa ultima opera, ne traccia un profi lo assolutamente inedito: quello di autore teatrale. La testimonianza dell’autore diventa ancora più preziosa se si considera la lunga conoscenza che ha unito i due, a partire dalla fruttuosa collaborazione alla regia, fatta a quattro mani, nel dramma Giorni di verità.Bragaglia attinge a ricordi personali, notizie di prima mano e documenti inediti del suo archivio personale, e con mano affezionata regala al lettore un ritratto delle fortune e insieme delle delusioni che il teatro riservò a Bacchelli, rendendo così giustizia a questo lato trascurato.

Leonardo Bragaglia, nato a Roma il 9 novembre 1932, è attore, regista e saggista drammatico. Ha iniziato la carriera recitando per il cinema con Vittorio De Sica, Totò, Anna Magnani, Nino Manfredi, per la regia di Carlo Ludovico Bragaglia al quale ha recentemente dedicato una monografi a. Ha debuttato in teatro con la compagnia di Anton Giulio Bragaglia al Ridotto di Venezia assieme a Memo Benassi. Ha frequentato l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico vincendo la borsa di studio primo ex aequo con Glauco Mauri. Dopo aver interpretato Goldoni e Molière nella compagnia di Antonio Gandusio diviene l’allievo prediletto di Lamberto Picasso recitando con lui oltre 100 rappresentazioni dell’Enrico IV di Pirandello. Ha fi rmato la regia di Giorni di Verità assieme a Riccardo Bacchelli. Tra regie teatrali e radiofoniche ha diretto attori come Paola Borboni, Massimo D’Apporto, Elsa Merlini, Mario Scaccia, Wanda Capodaglio, Elena Zareschi, Lia Zoppelli. E’ autore di più di quaranta volumi, in particolare monografi e su Shakespeare in Italia, Memo Benassi, Maria Callas, e Rodolfo Valentino, editi dalla Persiani Editore per cui dirige la collana dello spettacolo. E’ inoltre condirettore del Premio “Ermete Novelli”.

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Riccardo Bacchellie il teatro

Presentazione di Lamberto Trezzini

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Leonardo Bragaglia

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Teatro

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LEONARDO BRAGAGLIA

RICCARDO BACCHELLIE IL TEATRO

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Riccardo Bacchellie il Teatro

diLeonardo Bragaglia

Paolo Emilio PersianiEditore

piazza San Martino 9/C40126 Bologna

Tel. (+39) 051/9913920Fax (+39) 051/19901229

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Grafica copertina: Con-fine Studio ImmagineCuratori del testo: Chiara Cattini, Enea Conti, Marianna Pinto,

Valentina Trebbi

Copyright © 2010 by Gruppo Persiani Editore di Paolo Emilio Persiani.

TUTTI I DIRITTI RISERVATI – Printed in Italy

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Indice

PRESENTAZIONE DI LAMBERTO TREZZINI.................6

PREMESSA............................................................................10

NOTE ALLA PREMESSA....................................................13

PARTE PRIMA......................................................................30

PARTE SECONDA...............................................................41

PARTE TERZA.....................................................................59

EPILOGO..............................................................................79

ANTOLOGIA CRITICA......................................................85

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Presentazione

Diciamolo subito: la singolarità e l’importanza di questa nuova produzione di Leonardo Bragaglia, non si trova tanto (o soltanto) nelle pur interessanti riflessioni critiche svolte sulla drammaturgia bacchelliana così ricca di studi e di analisi, che in larga parte lo stesso Bragaglia richiama in questo scritto, quanto piuttosto nell’acuta analisi dell’ambiente teatrale italiano, il quale era prevenuto verso il giovane Bacchelli che ardiva riscrivere nientemeno che Amleto!Si pensi, inoltre, come il Teatro di Bacchelli sia stato oggetto di contrapposti pensieri, se si osserva una delle sue opere più importanti, L’alba dell’ultima sera, rappresentata dal Piccolo Teatro di Milano con Silvio D’Amico che ne dà un giudizio carico di contraddizioni: «Le sue linee sono sfocate: la propensione della sua vicenda è lenta e sbandata», in una dialettica che si disperde ad ogni occasione in oratori di una eloquenza estremamente difficoltosa; e dall’altro viene giudicata1 come opera di vigorosa ispirazione e costruzione, suscitando ampi consensi pur assieme a riserve esplicite.Non è nelle intenzioni di chi scrive soffermarsi sull’ampia produzione, in particolare teatrale, di Riccardo Bacchelli, quanto richiamare l’attenzione del lettore su un altro dramma, Giorni di verità, che ha offerto il destro e

1 Mario Saccenti 1972

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l’occasione a Leonardo Bragaglia di raccontare i suoi rapporti con lo scrittore bolognese, quando gli venne affidata la regia di quest’opera, assieme all’autore.Argomento di quel dramma, quantomai attuale, è l’eutanasia: si rispecchiano negli atteggiamenti dei personaggi argomenti diversi come vita e morte, carità ed egoismo, incredulità e fede, dolore e amore. E qui emerge, a parer nostro, il Bacchelli migliore, il Bacchelli drammaturgo naturalmente; dal profondo scavo psicologico, «in tre atti volutamente immobili in cui tuttavia una tensione drammatica, tutta morale, tutta interna si crea»2. La si crea anche grazie, appunto, alla messinscena dello stesso Bacchelli, ma che ha nelle mani del giovane Leonardo Bragaglia, la sensibilità e la professionalità di una regia concreativa; nella messinscena di cui in questo volume sono riprodotte alcune delle recensioni più significative: di Alfredo Orecchio, ad esempio, ne “Il Messaggero” del 1965; di Eugenio Ferdinando Palmieri nella terza pagina de La notte, in data 16 marzo dello stesso anno.Ha ragione lo stesso Palmieri quando nei suoi Appunti su Bacchelli scrive «nessuno si è mai accorto, nel considerare il letterato Bacchelli, del molto teatro che è un’altra peculiarità di tutta una narrativa?».Insomma il dialogare de Il Diavolo al Pontelungo, de Il mulino del Po è il medesimo dialogare d’autore dell’intera sua produzione drammatica.

2 Roberto De Monticelli in Epoca, 11 aprile 1965.

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In definitiva non si potrà non riconoscere l’esistenza di una continua intercomunicazione tra narrativa e teatro nel romanzo. Nel teatro bacchelliano, dramma e racconto convivono trovando la loro naturale contaminazione. Mi sia consentito ricordare, da ultimo, alcuni pensieri di Bacchelli sulla sua “Bologna teatrale” il suo saggio Vocazione teatrale del Settecento italiano:

«Certe città stesse, come la parte settecentesca di Bologna, specie dove riuscivano propizie strutture già tradizionali, si edificarono secondo il gusto e la fantasia delle sapienti e favolose architetture di scena, di quelle appunto in cui furono maestri i Bibiena in Bologna. Qui il ricordo di codeste architetture e prospettive – prosegue Bacchelli - nelle vie e sotto i portici bolognesi nativi, la memoria mi tira a rivedere, nel ricordo, le ultime mascherate di Carnevale, eredità, in gran parte con le maschere stesse e coi travestimenti, di quel gusto e attitudine e passione, di origini e modi teatrali e nostrani di darsi in rappresentazione agli altri e a se stessi in una comune e collettiva e animata, e furoreggiante, e delirante improvvisazione orgiastica trasformando le strade e le piazze e spesso le case, in un teatro di commedia dell’Arte...».

Bacchellianamente in questo suo scritto, come peraltro nella più parte della sua produzione, Leonardo Bragaglia mostra, appunto, «di darsi in rappresentazione agli altri e innanzitutto a se stesso».In definitiva all’autore Bragaglia non si può non riconoscere una qualità non sempre comune, quella di

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«farsi capire».Bisogna scrivere per farsi leggere, questo sembra essere il suo motto; variegate sembrano essere le vene di un’ampia miniera produttiva qual è l’insieme dei suoi lavori caratterizzati da spirito divulgativo e animati da una forte passione.

Lamberto Trezzini

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PREMESSA

Più volte mi è stato chiesto di parlare in un mio volumetto dei miei incontri con Riccardo Bacchelli e il suo teatro.La mole e la qualità classica e filosofica del teatro di Bacchelli, per la verità, mi ha intimidito.Prima che mi venisse affidata la regia di Giorni di verità, conoscevo il teatro di Bacchelli per sentito dire o per aver visto Paola Borboni tutta presa e compresa nel recitare il suo primo monologo, da lei stessa richiesto all’autore de Il mulino del Po.Avevo naturalmente saputo dell’ardimentoso allestimento di mio zio Anton Giulio Bragaglia di La notte di un nevrastenico – dieci anni prima che io nascessi – e del tiepido successo di stima riservato a L’alba dell’ultima sera, messo in scena da Strehler al Piccolo Teatro della città di Milano.Si parlava di difficoltà e preziosità linguistiche.Si parlava dei cosiddetti drammi letterari (cosa che mandava in bestia Bacchelli stesso) e di conseguenti inintelligibilità dell’ardua parola scenica bacchelliana.Mi gettai allora, prima di conoscere personalmente il maestro, nello studio della carriera, della vita e soprattutto della vastissima produzione letteraria dell’autore de Il mulino del Po e de Il diavolo al Pontelungo, i più noti poiché portati con successo anche

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sullo schermo da registi del calibro di Pietro Germi e Alberto Lattuada.Di teatro, pochissimo, anche se sapevo bene, quale biografo di Ruggero Ruggeri, della diffidenza e dell’incredulità suscitata dal suo troppo ambizioso e presuntuoso Amleto.Conoscevo assai bene, invece, il suo meraviglioso libro su Rossini, che rimane il migliore e più approfondito studio che sia stato scritto e pubblicato, dopo Stendhal, sulla vita e le opere del Cigno di Pesaro.Ma poi ebbi la ventura di conoscere personalmente Bacchelli e tutto fu chiarito.

Leonardo Bragaglia

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Nota alla premessa

La cosa che maggiormente può impressionare uno studioso, un vecchio teatrante come me, rivedendo i molti, preziosi e approfonditi studi intorno all’immensa opera letteraria di Riccardo Bacchelli, è la quasi totale assenza di meditazioni per il suo teatro.Bacchelli amò moltissimo il teatro, visceralmente.Egli stesso poteva apparire un grande personaggio di teatro.E fu cultore appassionato di opere e balletti: quante volte, tra il 1963 e il 1969 mi condusse in un vecchio palco della Scala!Sovente era con noi l’illustre storico, musicologo e studioso donizzettiano Guglielmo Barblan, e le discussioni si facevano accese.Ma Bacchelli era rossinista per la pelle, come diceva una bella dedica che mi fece sul frontespizio del suo magnifico libro, intitolato semplicemente Rossini.Ma anche di questo si parla pochissimo, marginalmente.Si parla molto dei suoi due famosi viaggi in Grecia, il primo intorno al 1958 e il secondo cinque anni più tardi, nel 1963. Ma non si parla del loro maggiore scopo: ritrovare o riscoprire le fonti ispiratrici, i luoghi sacri della tragedia greca.Nella nuova edizione del suo Amleto, pubblicata sulla Ronda nel 1923, appare chiarissimo il riferimento al teatro classico, cosa del resto già manifestata nel 1920, sempre

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Il recital spaziale al Teatro del Conventino

«Non ricordo da quanto tempo nata...» è la luna che parla nel monologo Luna lunatica di Bacchelli, che inaugurò il mio Teatro del Conventino di Mentana dopo aver trionfato al Teatro Rendano di Cosenza per la serata del Rotary Club, ovvero è una folle lunatica che si crede di essere la Luna?Con questa angosciosa domanda iniziava il recital di Paola Borboni, recital spaziale che oltre al pezzo forte di Bacchelli, che dava il la a tutte le altre manifestazioni di bravura della grande e infaticabile attrice, comprendeva – per tutta risposta – La voce della Terra di Stefano Landi Pirandello.Qui parla, o parlerebbe, la Terra, mentre in Bacchelli è una singolare Donna-Luna a parlare scientificamente, attraverso un suo particolarissimo linguaggio, estremamente ricco e colorito. La Donna-Luna cerca di giustificare la sua faccia piena di buchi, faccia determinata da quando essa fu presa a sassate. E parla naturalmente, senza sforzi, né sfarzi poetici, cosa che del resto lasciava al personaggio della Donna-Terra.Assai più eloquente della lunatica Donna-Luna, la Terra cercherà di rispondere a tutti gli interrogativi proposti da Bacchelli.Era stata la stessa Paola Borboni a stimolare Bacchelli affinché le scrivesse un monologo da abbinare a quello del figlio di Luigi Pirandello.

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Opere teatrali di Riccardo Bacchelli

Amleto, tragedia scritta nel 1918 ma pubblicata a puntate su “La Ronda” nel maggio-settembre del 1919 e non rappresentata che dopo oltre trent’anni (1956) al Teatro Olimpico di Vicenza, con la regia di Enzo Ferrieri e come protagonista Antonio Pierfederici.

Spartaco e gli schiavi, dramma, ne "La Ronda", gennaio-aprile 1920.

La smorfia, ovvero cabala in farmacia, in "Comoedia", febbraio-marzo 1930.

La notte di un nevrastenico, atto unico, rappresentato nel Teatro degli Indipendenti diretto da Anton Giulio Bragaglia nella stagione teatrale 1923.

Il figlio di Ettore, tre atti del 1957, ampliamento dell’atto unico Presso i termini del destino (agosto 1922), dovette attendere trentacinque anni per avere l’onore della rappresentazione nel Teatro del Convegno di Milano diretto da Enzo Ferrieri, con protagonista Fausto Tommei.

L’alba dell’ultima sera, dramma in tre atti rappresentato al Piccolo Teatro di Milano diretto da Paolo Grassi e Giorgio Strehler (1949-50), Garzanti, Milano, 1949

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Bacchelli librettista

La smorfia, atto buffo in due quadri, per le musiche di Bruno Bettinelli (Ricordi, Milano 1959)

La notte di un nevrastenico, dramma buffo in un atto per la musica di Nino Rota (Ricordi, Milano 1960)

Il calzare d’argento, commedia musicale originale in due atti con la musica di Ildebrando Pizzetti, rappresentato al Teatro alla Scala Di Milano nella stagione lirica 1960-61 (direttore: Gianandrea Gavazzeni; regia: Margherita Wallmann; Protagonista: Giuseppe Di Stefano; edizioni Ricordi, Milano 1961)

Amleto, adattamento librettistico della omonima tragedia di Bacchelli, probabilmente per la musica di Ildebrando Pizzetti (sospeso e annullato).

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Opere letterarie di Riccardo Bacchelli

Il filo meraviglioso di Lodovico Clò, pubblicato in fascicoli, Bologna 1911.

Poemi Lirici, Zanichelli, Bologna 1914.

Amleto, ne "La Ronda", maggio-settembre 1919. Nuova edizione nella stampa del ’23 ("La Ronda").

Memorie del tempo presente, ne "La Ronda", ottobre 1919-novembre 1920.

Spartaco e gli schiavi, dramma, ne "La Ronda", gennaio-aprile 1920.

Presso i termini del destino, tragedia in un atto, ne "La Ronda", luglio-agosto 1922. Rifatta e ampliata sotto il titolo Il figlio di Ettore, 1957.

Lo sa il tonno (favola mondana e filosofica), Ceschina, Milano 1923. Nella edizione del 1927 sono state aggiunte Le avventure del pesce spada e del remora.

Il diavolo al Pontelungo, Ceschina, Milano 1927.

La ruota del tempo (scritti d’occasione), L’Italiano Editore, Bologna 1928.

Bella Italia (novelle, fiabe, racconti), Ceschina, Milano 1928.

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Filmografia di Riccardo Bacchelli

Il mulino del Po (1959): un film di Alberto Lattuada, con Carla Del Poggio, Jacques Sernas, Leda Gloria, Isabella Riva e Giacomo Giuradei.

Il brigante di Tacca del Lupo (1952): un film di Pietro Germi, con Fausto Tozzi, Cosetta Greco, Saro Urzì e con Amedeo Nazari.

Il mulino del Po (1963): un film di Sandro Bolchi – prima parte con Raf Vallone, Giulia Lazzarini, Tino Carraro.

Il mulino del Po (1971): un film di Sandro Bolchi – seconda parte con Valeria Moriconi, Raoul Grassilli, Ottavia Piccolo.

Il diavolo al Pontelungo (1982): un film di Pino Passalacqua, con Paolo Bonacelli e Flavio Bucci.

L’inseguimento (1960): originale per Mario Scaccia (Milano, TV)

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Registrazioni radiofoniche

Giorni di verità (Milano, 1965): dramma in tre atti, con la regia di Leonardo Bragaglia, con Carlo Ninchi, Franca Nuti, Cesarina Gheraldi.

N.B. Avrebbe dovuto esserci anche un Amleto diretto da Enzo Ferrieri, già noto regista radiofonico, il quale nel 1956 aveva curato la regia della prima messinscena dell’Amleto di Bacchelli, nella prestigiosa sala palladiana del Teatro Olimpico di Vicenza con, come protagonista, Antonio Pierfederici.

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PARTE PRIMA

Per la stagione teatrale milanese 1964-65, ero stato scritturato in qualità di “attore promiscuo” e di aiuto-regista stabile dal Teatro del Convegno diretto da Eligio Possenti.Dopo un clamoroso debutto con una rituale celebrazione Shakespeariana, con Molto rumore per nulla – titolo da me suggerito per Elsa Merlini e Tino Carraro protagonisti nei ruoli di Beatrice e Benedict – erano annunciate due importanti novità: la prima di Max Frisch Il signor Biedermann e gli incendiari; la seconda di Riccardo Bacchelli Giorni di verità, già da anni annunciata con il titolo di Eutanasia, ma rimasta da tempo, da troppo lungo tempo, nel cassetto del Maestro.Bacchelli teneva moltissimo a questa sua opera estrema (l’ultima da lui scritta e concepita per la scena) e pretendeva un regista devoto e intelligente.Sbrigò in fretta due registi collaboratori propostigli da Possenti, poi si rivolse a questi, già critico drammatico illustre, successore di Renato Simoni per le cronache teatrali del Corriere della Sera, chiedendo se avessero al Convegno un bravo aiuto-regista.Gli venne fatto il mio nome ed egli esclamò: «Benissimo, farò io stesso la regia con questo aiuto!». E così fu.Incontrai più volte Bacchelli nel suo magnifico studio in Borgonovo al numero 20, e mi disse subito: «Fintanto che

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PARTE SECONDA

Nato a Bologna da una delle più illustri famiglie emiliane, Bacchelli era appena studente universitario (nel 1914 era ventitreenne) quando esplose con i suoi splendidi Poemi lirici, opera densa di significati e di rara bellezza e musicalità che senza distaccarsi dalla tradizione (Carducci e Pascoli) annunciava nuove visioni e nuovissimi umori.Annunciava purtroppo anche lo scoppio della Prima Guerra Mondiale.Si dedicò allo studio, senza mai partecipare in prima persona alla guerra né senza prendere mai una laurea (ma ne ottenne due in seguito honoris causa, la prima presso l’Università di Bologna, la seconda presso l’Università di Milano).Dopo la poesia e la prima timida narrativa, passò automaticamente – come ebbe a dire Vincenzo Cardarelli – al teatro, al dramma “come conseguenza necessaria”.Passato da “La voce” a “La Ronda”, della quale divenne una colonna autentica e vitalissima, pubblicò qui il suo scandaloso Amleto concepito e scritto intorno ai ventisette-ventotto anni d’età.Considerato una grande temerarietà.Apparve nella primissima edizione de “La Ronda”, nel 1918, e fu considerata opera «di grande accrescimento lirico e di stile» (Cardarelli), ma non arrivò alle scene che trent’anni più tardi sullo splendido palcoscenico del

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PARTE TERZA

L’uomo Riccardo Bacchelli

Da giovane era stato, e se ne vantava moltissimo, anche uno “spavaldo sportivo”.Aveva amato moltissimo la guida dell’automobile.A questo proposito raccontava un gustoso episodio. A Milano, ai tempi del Podestà Guido Visconti di Modrone, c’erano soltanto due automobili sportive – da corsa, si fa per dire – quella di Bacchelli e quella del Podestà. Eppure ebbero il loro scontro in piazza della Scala, proprio sotto il monumento a Leonardo da Vinci circondato dai suoi “giovinetti servizievoli”.Fu un bell’avvenimento davvero!Ai tempi nei quali lo conobbi io, e lo frequentai moltissimo, Bacchelli era già settantenne.Da via Borgonuovo 20 al Teatro del Convegno – in via degli Omenoni – se la faceva a piedi: «per igiene», aggiungeva.Io gli andavo incontro e preparavo con lui la prova del giorno: praticamente gli sottoponevo un mio progetto di lavoro che lui approvava pienamente. Ma dopo le estenuanti prove, con ripetizioni di intere scene con Cesarina Gheraldi e Carlo Ninchi, la giovane Cecilia Sacchi, Franco Morgan e Leonardo Severini, mi invitava quasi sempre ad una lauta cenetta da “Don Lisander” in

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Il contenuto del dramma Giorni di verità

L’intera vicenda del dramma di Riccardo Bacchelli Giorni di Verità nei suoi tempi e momenti risolutivi, svela le maschere e i volti della quotidiana verità, mescolata alle superstizioni, ai timori, agli interessi diversi, nelle posizioni e nelle parti dei protagonisti.Opponendone gli aspetti passionali, intellettuali o morali e mistici riflessi in ciascuno dei personaggi, appunto come personificazione di situazioni ideali e pratiche, secondo i vari punti di vista, le verità dilaniate si scontrano tradendo riposti pensieri e comportamenti sospetti.Il conflitto degli affetti, dei doveri e dei desideri, dal ristretto ambito familiare, s’innalza alle più elevate istanze, morali e religiose, additando i dubbi insorgenti contro le materialistiche considerazioni, gli entusiasmi scientisti, e il generico pietismo, da cui può essere celato l’errore e il male.L’accento sul tormentoso chiarirsi progressivo della verità che si fa strada negli animi perplessi dei protagonisti, sta nel superamento di problemi morali e religiosi, o meglio nella affermazione superiore delle loro eque soluzioni.Così allegoricamente ambientato nelle tre stagioni, estate, inverno e primavera, il dramma rientra nel vivo della dibattuta antitesi tra scienza e fede, tra filosofia e religione.Riproponendo il problema dell’eutanasia, la vicenda drammatica svela attraverso discorsi allusivi, le riposte

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Amleto: un piccolo mistero, forse qui risolto

Cos’è che spinse il giovane Bacchelli, appena ventisettenne, a porsi a confronto addirittura con William Shakespeare e il suo dolce principe di Danimarca, e a esordire così scandalosamente allo scoperto in teatro, senza peraltro raggiungere la scena se non quarant’anni più tardi?Probabilmente Bacchelli, da vero erudito e studioso, conosceva il rivoluzionario volumetto di August Strindberg Ma chi è Amleto. Chi è dunque Amleto?E’ l’uomo della strada, il giovane principe o un simbolo?E’ Shakespeare stesso che fa il suo ingresso nella vita e si scontra con la realtà, e scopre, inorridendo, che ogni cosa va al contrario di come egli aveva sognato, desiderato, immaginato.L’Amleto di Riccardo Bacchelli è anche questo: è la tragedia dell’impotenza umana e del dubbio.Correva l’anno 1910 e le ardite, geniali scenografie di Gordon Craig e la famosa regia di Max Reinhardt a Salisburgo, protagonista il mitteleuropeo Alessandro Moissi, avevano già tentato di sostenere questa tesi: l’impotenza dell’uomo a correggere gli errori della natura, a ridimensionare l’universo.Furono sempre le ardite scenografie e i disegni di Edwad Gordon Craig a influenzare Konstantin Stanislawsckj.

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Epilogo

Anche Bacchelli quindi, come abbiamo visto, era sceso in campo, e in maniera tanto clamorosa, contro i futuristi della seconda ora e in chiara e aperta polemica con questi.E ciò lo fece fermamente in difesa dei nostri classici, attraverso la piena adesione al movimento artistico che si era creato intorno a “La Ronda”.Ciò che soprattutto stava a cuore a Bacchelli era la pulizia estrema della forma del linguaggio, della scrittura.Sviluppando un proprio stile – uno stile nobile e classicheggiante – egli aveva inteso esaltare la bellezza e l’armonia della lingua italiana anche nel romanzo della predicazione anarchica, vale a dire ne Il diavolo a Pontelungo (1926-27), su su fino a Il mulino del Po – suo capolavoro – lunghissima storia in tre parti dove Bacchelli si fa acutissimo osservatore della condizione umana ’umiliata e offesa’.Avrebbe molto gradito il paragone con Dostoevskij, anche se una volta ebbe a confessarmi, in un vecchio palco della Scala, di sentirsi molto più vicino a Goethe (Bacchelli conosceva molto bene il proprio valore e il posto che gli competeva nella restaurazione della lingua italiana, rispettoso e studioso attento di Ippolito Nievo, del Leopardi e del Manzoni).Il linguaggio dei suoi personaggi, anche nel suo teatro, fu forse troppo colto e raffinato, e avrebbe trascinato i suoi

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ANTOLOGIA CRITICA

Una novità italiana ieri sera al «Centrale»

Bacchelli: fede e dolce morteL’illustre romanziere è tornato al teatro con un dramma di aulica eloquenza che attorno al problema dell’eutanasia registra i conflitti di una famiglia borghese.

Giorni di verità, come si sarebbe detto in altri tempi, è un dramma di anime e di idee: anime sconvolte e poi smascherate, idee poste fulmineamente in combustione e poi in armi, all’interno di una rispettabile e ricca famiglia borghese, per l’incombere della morte su un membro di essa, il padre, e per le gravi implicazioni, solo apparentemente oggettive ma in effetti soggettivissime, che il protrarsi angoscioso di questo evento determina in ciascuno dei personaggi. Riccardo Bacchelli si avvale insomma di un pretesto tragico, di un punto di rottura degli equilibri, per sottoporre a verifica, in un chiuso circuito introspettivo, valori e sentimenti, principi ed oscuri impulsi individuali. Egli non presume di definire o tipicizzare una situazione, non ambisce alla compresenza, alla identificazione storica. Si limita a raccontare una vicenda di tutti i giorni tuffandovisi con una libertà indagatrice alla quale fa da supporto il linguaggio: un linguaggio che inclina alla magniloquenza e che rifiuta sdegnosamente le ovvietà del «parlato» dimostrando una volta di più quanto sia sciocco il credere che a teatro ci si debba esprimere come sulla strada. A parte questa

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Convegno: Giorni di verità novità di Riccardo Bacchelli

L’autore ha anche firmato la regia dello spettacolo insieme a Leonardo Bragaglia

L’eutanasia, il diritto di decidere se si debbano prolungare le sofferenze di una creatura inguaribile o non convenga affrettarne la fine, sta al centro di questo dramma che ieri sera il pubblico ha ascoltato con vivissima attenzione. Bacchelli affaccia il problema nei suoi aspetti salienti: affettivi, morali, scientifici, giuridici, sociologici e religiosi. E tuttavia Giorni di verità, lungi dal farne un semplice pretesto, oltrepassa la disputa sulla eutanasia. La quale diventa piuttosto una eventualità tragica, la pietra di paragone che mette a nudo gli animi dei protagonisti e dal loro fondo libera sentimenti segreti dalla cui realtà ognuno vorrebbe (e non può) rifuggire.

Fatta eccezione per il professor Salimbeni, un vecchio clinico che dai dolori e dall’esperienza professionale ha attinto il senso del limite, e per la giovanissima fidanzata di Marcello Abentora, Lucilla, sorretta da una fede atavica, gli altri personaggi, la matura Giovanna, i suoi due figli Marcello ed Elettra, il dottor Mattia, medico di famiglia che sotto la programmatica fedeltà alle proprie idee cela un’indole ambigua entro uno schema formalmente e sostanzialmente classico. Se è vero che condizione precipua della tragedia è la perfetta

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Bacchelli: l’eutanasia un pretesto

Le idee sul teatro (suo e degli altri) del famoso romanziere autore de Giorni di verità

Riccardo Bacchelli è ospite in questi giorni a Roma, dove si rappresenta il suo dramma Giorni di verità nell’interpretazione di Cesarina Gheraldi, Anna Miserocchi, Giuliana Lojodice, Leonardo Severini, regia di Leonardo Bragaglia. Abbiamo rivolto a Bacchelli alcune domande:A proposito del rapporto fra letteratura e teatro di cui le nostre “Cronache dello spettacolo” si sono largamente occupate qual è il suo pensiero?Io direi che il teatro non è un genere artistico perché, come si sa, i generi non esistono. In pratica però il teatro esige particolari attitudini anzi una vera vocazione (aggiungo che esige, da parte dell’autore, molto coraggio e vorrei dire una forma di concreta accettazione dei giudizi del pubblico anche quando siano ingiusti).In un recente incontro teatrale tenutosi a Roma si è cercato di individuare gli attributi del fatto teatrale rispetto ad altre forme di linguaggio. Vorrebbe darci una sua definizione dell’evento teatrale?In fondo mi riferisco a quel che ho detto prima: il teatro e il suo linguaggio e soprattutto la sua economia si distinguono dalle altre forme letterarie soltanto per motivi pratici. Quanto al linguaggio, se ha da essere un

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Articoli su Bacchelli e il teatroM. Apollonio, Il teatro di Bacchelli, in “L’Italia”, 7 gennaio 1965L. Arruga, «Rossini e saggi musicali»: Bacchelli illumina la musica, in “Il Giorno”, 30 aprile 1969L. Baccolo, Teatro di Bacchelli, in Il Dramma, marzo 1965G. Baldini, Bacchelli regista della sua commedia, in “Corriere della sera”, 12 marzo 1965E. Barbetti, Amleto 1918, in Il Ponte, febbraio 1958A. Boccelli, L’«Afrodite» di Bacchelli, in “La Stampa”, 16 marzo 1969M. Boni, Amleto da noi, Edizioni Italiane Moderne, Bologna 1964S. Cabassi, Clamoroso successo di Bacchelli al Teatro Comunale di Bologna, in “Il Resto del Carlino”, 23 gennaio 1958F. Callari, Quasi ignorato Bacchelli drammaturgo, in Théatron, 15 luglio-15 agosto 1965ArrugaCappellini, Bacchelli fa il regista, in “Corriere lombardo”, 22 marzo 1957S. D’Amico, Quest’altro Amleto [1923], in Dramma sacro e profano, Tumminelli, Roma 1942S. D’Amico, Il teatro italiano, Treves-Treccani-Tumminelli, Milano-Roma 1932S. De Feo, Il tonno di Bacchelli è un bravo ragazzo, in “L’Europeo”, 21 giugno 1953

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Presentazione di Maria Caterina Bianchini

Riccardo Bacchelli è stato oggetto di interessanti saggi, articoli e studi, soprattutto nella sua veste di romanziere, grazie all’enorme successo di capolavori quali Il mulino del Po e Il diavolo al Pontelungo. Leonardo Bragaglia, in questa ultima opera, ne traccia un profi lo assolutamente inedito: quello di autore teatrale. La testimonianza dell’autore diventa ancora più preziosa se si considera la lunga conoscenza che ha unito i due, a partire dalla fruttuosa collaborazione alla regia, fatta a quattro mani, nel dramma Giorni di verità.Bragaglia attinge a ricordi personali, notizie di prima mano e documenti inediti del suo archivio personale, e con mano affezionata regala al lettore un ritratto delle fortune e insieme delle delusioni che il teatro riservò a Bacchelli, rendendo così giustizia a questo lato trascurato.

Leonardo Bragaglia, nato a Roma il 9 novembre 1932, è attore, regista e saggista drammatico. Ha iniziato la carriera recitando per il cinema con Vittorio De Sica, Totò, Anna Magnani, Nino Manfredi, per la regia di Carlo Ludovico Bragaglia al quale ha recentemente dedicato una monografi a. Ha debuttato in teatro con la compagnia di Anton Giulio Bragaglia al Ridotto di Venezia assieme a Memo Benassi. Ha frequentato l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico vincendo la borsa di studio primo ex aequo con Glauco Mauri. Dopo aver interpretato Goldoni e Molière nella compagnia di Antonio Gandusio diviene l’allievo prediletto di Lamberto Picasso recitando con lui oltre 100 rappresentazioni dell’Enrico IV di Pirandello. Ha fi rmato la regia di Giorni di Verità assieme a Riccardo Bacchelli. Tra regie teatrali e radiofoniche ha diretto attori come Paola Borboni, Massimo D’Apporto, Elsa Merlini, Mario Scaccia, Wanda Capodaglio, Elena Zareschi, Lia Zoppelli. E’ autore di più di quaranta volumi, in particolare monografi e su Shakespeare in Italia, Memo Benassi, Maria Callas, e Rodolfo Valentino, editi dalla Persiani Editore per cui dirige la collana dello spettacolo. E’ inoltre condirettore del Premio “Ermete Novelli”.

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Riccardo Bacchellie il teatro

Presentazione di Lamberto Trezzini

Della stesso autore:

Carlo Ludovico BragagliaI suoi fi lm, i suoi fratelli, la sua vita Pag. 92€ 14,90

Della stessa collana:

Mario ScacciaInterpretando la mia vita Pag. 144€ 14,90

Maschere Romanecon Mario ScacciaRegia di Edoardo Sala 147 min€ 15,00

Leonardo Bragaglia

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