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LEGAMI CHIMICI E FORZE INTERMOLECOLARI
Con termine LEGAME CHIMICO si indica una forza di natura elettrostatica che tiene uniti tra loro due atomi,
da non confondere con le forze intermolecolari che si instaurano tra molecole.
Qual è la spinta che conduce due atomi isolati ad instaurare un legame tra loro? Il guadagno di stabilità,
ovvero il raggiungimento di uno stato a minore energia.
Intuitivamente, minore è l’energia di un corpo, maggiore è la sua stabilità: siete più stabili in posizione seduta
o mentre correte? Possedete più energia quando state correndo o se rimanete seduti?
La stessa cosa vale per gli atomi che si uniscono tra loro formando un legame chimico. Ne deriva che la
formazione di un legame chimico comporta la liberazione di una certa quantità di energia, tanto maggiore
quanto più forte è il legame che si stabilisce tra gli atomi.
Quindi, quando si forma un legami chimico si libera una certa
quantità di energia, mentre se si vuole rompere un legame è
necessario fornire energia.
+
+
Si definisce energia di legame la quantità di energia liberata nel processo di formazione di un legame a partire
dagli atomi isolati: più grande è l’energia liberata, più forte è il legame e minore è la distanza tra gli atomi.
Il chimico statunitense G. Lewis, nel 1916, identificò negli elettroni del livello esterno (livello di valenza) i
responsabili dell’unione tra atomi. Infatti, osservando il comportamento dei gas nobili, egli notò che essi
esistono solo come molecole monoatomiche e, in condizioni normali, non hanno nessuna tendenza a legarsi.
Inoltre, i gas nobili hanno otto elettroni nel guscio più esterno (ottetto), cosa che conferisce loro questa
notevole stabilità. Lewis stabilì così la REGOLA DELL’OTTETTO secondo quale ogni atomo, in base al numero
di elettroni di valenza, tende a cedere, acquistare o mettere in comune gli elettroni necessari al
raggiungimento dell’ottetto completo. Per studiare la formazione dei legami, egli adottò una
rappresentazione simbolica (simboli di Lewis) in cui gli elettroni di valenza sono indicati con puntini che si
dispongono intorno al simbolo dell’atomo in numero massimo di otto seguendo la regola di Hund.
Per comprendere meglio la regola dell’ottetto, seguono alcuni esempi. Il cloro, Cl, del gruppo VII A (alogeni) ha 7 elettroni di valenza
perciò, nelle reazioni con altri elementi, cerca di acquistare
un elettrone (dato che ha una elevata affinità elettronica)
per raggiungere la configurazione ad ottetto dell’argon. Si
forma così un anione, un atomo carico negativamente.
In modo analogo si comportano gli altri elementi del VII gruppo,
del VI e del V che acquistano rispettivamente 1,2,3 elettroni.
E
ENERGIA
ENERGIA
Formazione di un
legame
Rottura di un
legame
2
Il sodio, Na, del gruppo I A (metalli alcalini) ha 1 elettrone di
valenza perciò, nelle reazioni con altri elementi, cerca di
cedere il suo elettrone (avendo una bassa energia di
ionizzazione) per raggiungere la configurazione ad ottetto del
neon. Si forma così un catione, un atomo carico
positivamente.
In modo analogo si comportano gli elementi del I gruppo, del
II e del III che cedono rispettivamente 1,2 3 elettroni.
Quindi, il fatto che gli elettroni di valenza siano alla base della formazione dei legami permette anche di
spiegare il comportamento chimico degli elementi di uno stesso gruppo: le loro proprietà chimiche devono
essere molto simile poiché nella Tavola Periodica le configurazioni elettroniche esterne si presentano uguali
per colonna.
Negli anni Trenta del secolo scorso, L. Pauling affermò che per formare legami chimici è necessaria la
presenza nell’atomo di elettroni spaiati, ovvero di orbitali incompleti. Secondo la sua teoria del legame di
valenza (Valence Bond o VB), il tipo e il numero di legami che gli atomi sono in grado di stabilire si spiegano
tenendo presente che gli orbitali semioccupati dei loro livelli di valenza si sovrappongono.
I legami interatomici si instaurano tra atomi o tra ioni per formare molecole e sono molto forti
(50 – 250 kcal/mol). A seconda che avvengano per acquisto, cessione o condivisione di elettroni si distinguono
in legame ionico, legame covalente e legame metallico.
Una prima distinzione tra essi si può effettuare considerando la differenza di elettronegatività En tra gli
atomi coinvolti nel legame. L’elettronegatività è la misura della tendenza di un atomo ad attrarre su di se gli
elettroni di legame; ideata da L. Pauling, è espressa da un numero adimensionale presente sulla Tavola
Periodica e varia seguendo lo stesso andamento dell’energia di ionizzazione e dell’affinità elettronica:
aumenta lungo il periodo e diminuisce lungo il gruppo (l’elemento più elettronegativo è il fluoro e, non a
caso, gli elementi più elettronegativi sono i non metalli che si trovano in alto a destra). Orientativamente, se
En > 1,7 il legame è ionico, mentre se En < 1,7 il legame è covalente; all’interno dell’intervallo 0 – 1,7 si
distinguono ulteriormente il legame covalente puro per 0 < En < 0,4 e il legame covalente polare per
0,4 < En < 1,7.
LEGAMI CHIMICI
IONICO COVALENTE METALLICO
PURO POLARE DATIVO
COVALENTE PURO COVALENTE POLARE IONICO
0 0,4 1,7
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LEGAME IONICO
Il legame ionico si forma in seguito al trasferimento di uno o più elettroni tra atomi con conseguente
formazione di ioni di carica opposta che si attraggono reciprocamente. Ovviamente, non può mai instaurarsi
tra atomi dello stesso tipo, anzi, vista la notevole differenza di elettronegatività richiesta, si realizza tra metalli
e non metalli.
Sono di seguito riportati alcuni esempi di formazione del legame ionico.
Formazione della molecola di cloruro di sodio, NaCl (il comune sale da cucina).
Na Cl Na+ Cl - ≡ Na+ Cl- O,9 3,0 (3,0 – 0,9) = 2,1
Formazione della molecola di ossido di magnesio, MgO (leggero purgante ed antiacido).
Mg O Mg2+ O 2- ≡ Mg2+ O2-
1,2 3,5 (3,5 – 1,2) = 2,3
Formazione della molecola di cloruro di bario, BaCl2 (mordente nell’industria tessile).
Ba Cl 0,9 3,0 Ba2+ 2 Cl - ≡ Ba2+ Cl2- Cl (3,0 – 0,9) = 2,1
LEGAME COVALENTE
Il legame covalente consiste nella condivisione di coppie di elettroni di valenza tra due atomi uguali o diversi,
con differenza di elettronegatività comunque minore di 1,7.
I due atomi mettono in comune elettroni spaiati attraverso una parziale sovrapposizione degli orbitali atomici
che li contengono: i due orbitali si compenetrano l’uno nell’altro per una certa regione di spazio che
appartiene contemporaneamente ad entrambi gli orbitali e, di conseguenza, gli elettroni che si trovano in
questo spazio appartengono contemporaneamente ai due atomi che si legano.
Un legame covalente è detto PURO quando si forma tra atomi della stessa specie o tra atomi diversi, ma con
valori molto vicini di elettronegatività. Gli elettroni che vengono messi in comune tra i due atomi sono attratti
con la stessa forza da entrambi i nuclei e sono pertanto condivisi in maniera uguale, ovvero con distribuzione
simmetrica lungo la retta che congiunge i due nuclei.
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Formazione della molecola di idrogeno, H2.
L’atomo di idrogeno possiede un solo elettrone nell’orbitale 1s; per raggiungere una maggiore stabilità, deve
assumere la configurazione elettronica del gas nobile più vicino, l’elio (1s2): tende perciò a formare un legame
covalente con un altro atomo che mette a disposizione un altro elettrone. Se due atomi di idrogeno si
avvicinano, gli orbitali s di entrambi gli atomi si fondono a formare un’unica nuvola elettronica, che avvolge
entrambi i nuclei e contiene ora due elettroni ed è più stabile.
orbitale 1s orbitale 1s sovrapposizione
H H H H ≡ H – H
Formazione della molecola di cloro, Cl2.
L’atomo di cloro ha configurazione elettronica esterna s2p5, per cui i due elettroni che vengono messi in
compartecipazione per realizzare l’ottetto appartengono a orbitali p e l’orbitale molecolare che ne risulta
avrà una forma diversa da quella della molecola di idrogeno.
Un legame covalente POLARE si forma tra atomi che hanno elettronegatività diversa, ma non tanto diversa
da rendere possibile la formazione di ioni. I due atomi mettono in comune i loro elettroni spaiati tramite la
sovrapposizione degli orbitali, ma la coppia di elettroni di legame non è equamente condivisa: gli elettroni
passano più tempo attorno all’atomo più elettronegativo, rendendolo parzialmente negativo, mentre l’altro
atomo diviene parzialmente positivo (non c’è un trasferimento completo di un elettrone, quindi non si
formano ioni).
Cl Cl
Cl
Cl
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Formazione della molecola di acido cloridrico, HCl.
L’atomo di idrogeno ha un elettrone spaiato nell’orbitale 1s mentre l’atomo di cloro ha un elettrone
spaiato in uno degli orbitali 3p. Quando i due atomi si avvicinano i due orbitali si sovrappongono formando
il legame covalente; l’atomo di cloro, essendo più elettronegativo, attira su di sé la coppia elettronica di
legame ed acquista una parziale carica negativa, mentre l’idrogeno una parziale carica positiva (la parziale
carica si indica con la lettera greca delta seguita dal segno della carica). In tal modo, gli elettroni di
legame non sono distribuiti in maniera simmetrica tra i nuclei e la molecola si comporta come un dipolo
elettrico, cioè come un’unità che ha cariche di segno opposto alle due estremità.
Formazione della molecola di acqua, H2O.
L’atomo di ossigeno ha sei di elettroni di valenza di cui quattro negli orbitali 2p: una coppia in un orbitale
p e gli altri due spaiati nei rimanenti orbitali p. Gli orbitali p semipieni dell’ossigeno si sovrappongo con gli
orbitali s dei due atomi di idrogeno originando due legami covalente polari in cui l’ossigeno acquista una
parziale carica negativa.
H H H H
O
O
6
Riassumendo:
Alcuni atomi che possiedono più di un elettrone spaiato da mettere in comune possono formare LEGAMI
MULTIPLI come nel caso delle molecole di O2 e N2. Nell’ossigeno è presente un doppio legame, mentre
nell’azoto un triplo legame.
Un legame multiplo è sempre costituito da due tipi di legami covalenti:
1. il legame sigma che deriva dalla sovrapposizione frontale di due orbitali lungo la retta che congiunge i
nuclei degli atomi coinvolti; gli elettroni di legame si trovano quindi tra i due nuclei e tale legame è molto
forte:
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2. il legame pi greco che deriva dalla sovrapposizione laterale di due orbitali p: gli elettroni di legame si
trovano al di fuori della retta che congiunge i due nuclei ed il legame che ne deriva è più debole.
Nella molecola di ossigeno, O2, i due
atomi formano un doppio legame,
mettendo in comune due coppie di
elettroni per raggiungere l’ottetto;
solo uno dei due legami è di tipo sigma
(σ), mentre l’altro è lungo una retta
perpendicolare al legame sigma, per
cui la nuvola elettronica non può
avvolgere completamente l’asse di
legame.
La molecola di azoto, N2, forma un
legame triplo, con tre coppie di
elettroni, appartenenti a orbitali p e
quindi disposti lungo rette tra loro
perpendicolari: solo un legame è di
tipo σ, mentre il secondo e il terzo
legame tra i due atomi di azoto sono
di tipo π, perché gli orbitali molecolari
che si vengono a formare non
includono la retta che collega i due
nuclei.
Quando due atomi instaurano legami multipli uno solo è di tipo , mentre tutti gli altri saranno (poiché una
sola sovrapposizione degli orbitali può essere frontale). Ne segue che un doppio legame consiste in un legame
e in un legame (condivisione di due coppie di elettroni = 4 elettroni di legame), mentre un triplo legame
in un legame e due legami (condivisione di tre coppie di elettroni = 6 elettroni di legame).
Un legame multiplo è sempre più corto di un legame singolo, essendo gli atomi vincolati più saldamente.
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Un caso particolare è il LEGAME COVALENTE DATIVO in cui un unico atomo (donatore o nucleofilo) fornisce
entrambi gli elettroni per metterli in comune con un altro atomo (accettore o elettrofilo).
Gli atomi che partecipano a tale legame devono rispettare i seguenti requisiti:
1. il donatore deve possedere almeno una coppia di elettroni non impegnata in altri legami;
2. l’accettore deve avere un orbitale vuoto nel suo livello di valenza e, ricevendo la coppia, deve completare
la sua configurazione esterna.
Un esempio di legame dativo è dato dallo ione ammonio in cui l’ammoniaca,
NH3, funge da donatore avendo una coppia di elettroni non condivisa
nell’orbitale 2s, e lo ione H+ da accettore, essendo un orbitale 1s vuoto.
Altro esempio è dato dai
composti del cloro con
l’ossigeno e l’idrogeno: in
questo caso il cloro funge
da donatore e l’ossigeno
da accettore.
Ma come può l’ossigeno accettare una coppia di elettroni dal cloro se ha tutti gli orbitali p occupati?
Semplice! Di necessità virtù… il raggiungimento dell’ottetto induce l’atomo di ossigeno ad accoppiare i suoi
due elettroni spaiati in un unico orbitale p, liberando così un orbitale che diviene capace di ricevere la coppia
di elettroni messa in comune dal cloro.
A questo punto è opportuno sottolineare la differenza fondamentale esistente tra il legame ionico ed il
legame covalente. Mentre nei legami covalenti esiste un vincolo diretto tra un atomo e l’altro, rappresentato
dalla coppia di elettroni nelle formule di Lewis o dalla sovrapposizione degli orbitali nel metodo VB, ciò non
si verifica nel legame ionico dove cationi ed anioni sono indipendenti l’uno dall’altro e sono uniti solo a causa
dell’interazione elettrostatica.
Il legame covalente puro ed il legame ionico sono comunque solo casi estremi; la maggior parte dei legami è
di tipo covalente polare. Il legame ionico può essere considerato come la deformazione estrema della nuvola
elettronica che costituisce il legame covalente polare; infatti, mentre nel legame covalente polare la coppia
elettronica di legame si trova per più tempo vicino all’atomo più elettronegativo, nel legame questa vi sta
quasi sempre, ovvero l’elettrone si trasferisce definitivamente sull’atomo.
Ne deriva che il passaggio dal legame ionico al legame covalente non è netto, ma avviene in modo graduale
(si parla infatti di % di carattere ionico).
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LEGAME METALLICO
Il legame metallico consiste nella sovrapposizione degli orbitali relativi agli elettroni spaiati di ciascun atomo
presente, da cui prende origine un’unica nube elettronica, formata dagli elettroni di valenza di tutti gli atomi
in continuo movimento, che tiene uniti gli ioni positivi.
Infatti, i metalli presentano una bassa energia di ionizzazione per cui gli elettroni di valenza sono trattenuti
molto debolmente dai nuclei; questo fa sì che essi possano facilmente “scappare” e muoversi tra i vari cationi,
con un effetto di delocalizzazione elettronica.
In altre parole, tale legame è un “mare di elettroni” che avvolge fortemente gli ioni metallici positivi,
vincolandoli in posizioni ben definite e originando un aggregato cristallino.
Ma come le varie molecole di una sostanza interagiscono tra loro in modo da permetterne l’aggregazione nei
vari stati fisici? Se non esistessero interazioni tra molecole della stessa sostanza, questa si presenterebbe
esclusivamente allo stato gassoso. Quindi, l’esistenza di solidi e liquidi in grande quantità consente di
affermare che esistono interazioni tra le molecole, dette FORZE INTERMOLECOLARI, molto meno intense dei
legami chimici veri e propri, ma estese contemporaneamente a più molecole.
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LEGAME A IDROGENO (LEGAME H o PONTE DI IDROGENO)
Il legame a idrogeno è una forza attrattiva che si instaura tra molecole che contengono un atomo di idrogeno
legato covalentemente a un atomo piccolo, molto elettronegativo e con una coppia elettronica libera (N, O,
F).
Il legame a idrogeno è circa 10 volte più debole di un legame covalente.
Il legame a idrogeno è il responsabile di molte proprietà dell’acqua quali la
minore densità del ghiaccio rispetto all’acqua liquida e l’elevato punto di
ebollizione. Infatti, la molecola di acqua contiene due legami covalenti
polari per cui l’ossigeno, parzialmente negativo, è capace di legare due
atomi di idrogeno, parzialmente positivi, di altre molecole di acqua; ne
segue che le molecole di acqua allo stato solido ed allo stato liquido sono
tutte collegate tra loro.
L’elevato punto di ebollizione dell’acqua rispetto a sostanze di struttura
simile, come il solfuro di idrogeno [H2S], è spiegato proprio dalla presenza
di numerosi legami idrogeno che devono essere rotti per farla evaporare.
Questo spiega perché a temperatura ambiente l’acqua si trova allo stato liquido, mentre il solfuro di idrogeno
allo stato gassoso.
Il ghiaccio (b) è meno denso dell’acqua
liquida (a) (galleggia sulla stessa) perché allo
stato solido i legami idrogeno tra le molecole
di acqua determinano una struttura
reticolare molto ordinata la quale, durante la
fusione, origina un sistema molto più
compatto di molecole (che occupa un
volume minore).
Altre sostanze capaci di formare legami idrogeno sono l’ammoniaca [NH3] e l’acido fluoridrico [HF].
FORZE INTERMOLECOLARI
LEGAMI A IDROGENO INTERAZIONI
DIPOLO - DIPOLO
FORZE DI VAN DER WAALS
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INTERAZIONI DIPOLO - DIPOLO
Si instaurano tra molecole polari, ovvero sostanze che presentano un dipolo permanente come, ad esempio,
l’acido cloridrico [HCl]. Si tratta sempre di forze di attrazione elettrostatica tra parziali cariche opposte
presenti nelle molecole.
FORZE DI VAN DER WAALS (FORZE DI LONDON)
Si instaurano tra molecole apolari, prive cioè di una parziale separazione di carica. Una molecola apolare
forma un dipolo istantaneo in seguito ad uno sbilanciamento della distribuzione di elettroni e questo induce
dei dipoli indotti nelle molecole vicine che pertanto subiscono una reciproca attrazione elettrostatica.
Ammoniaca
Acqua
Ripiegamento di una catena proteica dovuto alla formazione di legami idrogeno tra gli atomi di ossigeno legati al carbonio e gli atomi di idrogeno legati all’azoto
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A rigore tra molecole polari e apolari possono
generarsi altre forze di attrazione elettrostatica
riconducibili comunque ai modelli sopra visti: le
interazioni dipolo – dipolo indotto tra molecole
polari e molecole inizialmente apolari e le
interazioni ione – dipolo.
Prima di vedere come i legami chimici e le forze intermolecolari influiscono sullo stato di aggregazione delle
varie sostanze, si riporta un quadro riassuntivo di queste interazioni in termini di forza relativa.
PROPRIETA’ DEI SOLIDI IN FUNZIONE DEL TIPO DI LEGAME
La materia si presenta allo stato solido quando le attrazioni che vincolano le particelle (atomi, ioni o molecole)
sono più forti delle vibrazioni dovute all’agitazione termica. In fase solida i legami chimici costringono le
particelle in posizioni reciproche fisse creando strutture altamente ordinate e con specifiche geometrie
regolari che si ripetono: il CRISTALLO. Da sottolineare che alcuni solidi, ad esempio il vetro e l’ossidiana
(roccia effusiva di origine vulcanica), non presentano tale struttura cristallina e le loro particelle costituenti
sono disperse in modo casuale (solidi amorfi).
L’ordine caratteristico di un solido cristallino è
dovuto al reticolo cristallino, una struttura
formata da punti (nodi del reticolo) che indicano le
posizioni occupate in un cristallo dagli atomi (nei
solidi covalenti), dagli ioni (nei metalli e nei solidi
ionici) o dalle molecole (nei solidi molecolari). Ogni
reticolo è una ripetizione ordinata e periodica nello
spazio di blocchi identici di punti detti celle
elementari.
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SOLIDI IONICI
Nei solidi ionici ogni ione è attratto dagli altri di segno opposto che si sistemano secondo orientazioni imposte
dalle rispettive dimensioni. Infatti, anioni e cationi hanno dimensioni molto diverse, ma solitamente più
grande è un catione (o un anione) maggiore è il numero di anioni (o cationi) con cui esso può venire in
contatto.
Si origina così una struttura in cui gli ioni sono fortemente vincolati tra loro con conseguenti alti punti di
fusione e elevata durezza, ma con superfici di frattura molto nette disposte secondo piani in cui il vincolo tra
gli ioni è minore.
SOLIDI CRISTALLINI
IONICI COVALENTI METALLICI MOLECOLARI
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I composti ionici non conducono corrente allo stato solido (gli ioni sono vincolati nelle posizioni fisse e non
possono muoversi), ma sono buoni conduttori allo stato fuso o in soluzione acquosa perché gli ioni divengono
liberi di muoversi in seguito della rottura dei legami ionici.
SOLIDI COVALENTI (RETICOLARI)
Sono costituiti da atomi (uguali o diversi) tutti uniti tra loro da legami covalenti, molto forti, per cui mostrano
anch’essi elevata durezza ed alti punti di fusione. Dato che gli atomi sono disposti in modo da costruire un
reticolo tridimensionale in cui tutti gli elettroni di valenza sono occupati nei legami, è impossibile che essi
conducano corrente elettrica.
Tipici esempi di solidi covalenti sono il diamante, la grafite ed il quarzo.
Diamante e grafite sono costituiti da carbonio puro, ma le loro proprietà
sono nettamente diverse proprio a causa della disposizione degli atomi nel
reticolo cristallino. Nel diamante gli atomi di carbonio si dispongono in una
struttura tridimensionale altamente compatta la cui cella elementare è
rappresentata da un tetraedro che
forma un reticolo cubico, mentre
nella grafite essi costituiscono una
struttura planare formata da
esagoni. I diversi strati sono tenuti
insieme da una nuvola elettronica
simile a quella che caratterizza il legame metallico.
Ne segue che il diamante è duro ed isolante, mentre la grafite è facilmente sfaldabile e buona conduttrice di
elettricità.
Il quarzo [silice, SiO2] è costituito da atomi di silicio e di ossigeno disposti in
una struttura simile a quella del diamante che si ripete nello spazio formando
differenti reticoli cristallini. Pertanto, esistono numerose varietà di quarzo tra
le quali l’ametista.
L’analogo solido amorfo del quarzo è il
vetro, costituito sempre da silice, ma con
disposizione casuale degli atomi.
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SOLIDI METALLICI
In questi solidi gli elettroni messi in comune dagli atomi permeano come un “gas” gli spazi tra gli ioni positivi
che si sono formati. In un metallo gli atomi presenti hanno le stesse dimensioni per cui, all’atto della
cristallizzazione, essi si dispongono in modo da occupare il minor spazio possibile in reticoli esagonale
compatto (EC) tipica di zinco, cobalto, magnesio, zirconio,
rutenio, osmio e di molti lantanidi, o cubico a facce centrate
(CFC) caratteristica di nichel, rame, rodio, palladio, argento,
indio, platino e oro. Ferro, cromo, molibdeno, tungsteno e
tutti i metalli alcalini assumono una struttura cubica a corpo
centrato (CCC).
Ne deriva che la diversa struttura con cui gli atomi si dispongono nel reticolo influisce sulle caratteristiche
tecnologiche: la CFC conferisce ai metalli notevole duttilità e malleabilità.
La struttura a ioni immersi in un “gas” di elettroni spiega la buona conducibilità termica e elettrica dei metalli
e la loro eccezionale deformabilità (interi blocchi di atomi possono scorrere tra di loro senza che si rompa il
reticolo cristallino); esempi notevoli sono l’oro che può essere lavorato a foglie nella tecnica artistica della
doratura e l’alluminio che può essere ridotto in sottili fogli (la carta stagnola per avvolgere gli alimenti).
SOLIDI MOLECOLARI
Sono sostanze costituite da molecole che si attraggono grazie al legame idrogeno, al legame dipolo – dipolo
ed alle forze di Van der Waals; i nodi del reticolo sono quindi occupati da molecole tenute insieme da deboli
interazioni. Questo spiega il loro basso punto di fusione rispetto ai solidi finora visti.
Le sostanze costituite da molecole apolari presentano deboli legami tra le molecole (forze di van der Waals)
e forti legami tra gli atomi; sono pertanto allo stato gassoso (H2, Cl2, O2, N2) e quelle solide sono tenere e
basso-fondenti (I2, P4, S8). Non conducono corrente né allo stato solido né allo stato liquido.
IODIO
FOSFORO ROSSO ZOLFO
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Le sostanze costituite da molecole polari hanno invece legami intermolecolari più forti (dalle interazioni
dipolo – dipolo ai legami a idrogeno) per cui hanno punti di fusione e di ebollizione maggiori. Ne sono esempi
il ghiaccio e lo zucchero.
Concludendo: