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LE RADICI
Libro di sole
A cura di An
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“Uno dei simboli che si ritrovano nelle tradizioni più varie e più lontane nel tempo e nello spazio, è quello dell’Albero.
Metafisicamente, esso esprime la forza universale, che si dispiega nella manifestazione come l’energia della pianta dalle radici invisibili si dispiega nel tronco, nei rami, nel fogliame, nei frutti..
Esiste un ciclo di miti concernenti vicende drammatiche che hanno per centro l’Albero, e che dietro l’allegoria celano significati profondi. Di tali miti, è popolarmente noto quello biblico, conclusosi con la caduta di Adamo…
Già nei Veda e nelle Upanishad incontriamo “L’Albero del mondo”, talvolta capovolto, a significare che “in alto”, nei “cieli”, risiede l’origine della sua forza..
La mitologia assira conosce anch’essa un albero cosmico”, radicato in “Eridu”, la “Casa della Profondità”, detta anche “Casa della Sapienza”.
L’ermetismo riprende integralmente la tradizione simbolica primordiale e presenta la stessa associazione di idee. Il simbolo dell’Albero nei testi alchemici è frequentissimo..”.
(Julius Evola – La Tradizione Ermetica)
Non dico
Non dico, io
degli alberi che non ho.
È il deserto
in chi non se li cresce dentro.
(Pietro Sotgia – Per un istante almeno)
“Dei due termini sanscriti che servono a designare
l’”Albero del Mondo”, uno, nyagrodha, dà luogo ad
un’osservazione interessante, poiché significa
letteralmente “che cresce verso il basso”, non solo
perché tale crescita è di fatto rappresentata da quella
delle radici aeree nella specie d’albero che porta
questo nome, ma anche perché, quando si tratta
dell’albero simbolico, esso è considerato proprio
rovesciato”.
(Renè Guenon - Simboli della scienza sacra)
Gli alberi
“Perché siamo come tronchi nella neve.
Apparentemente vi sono appoggiati, lisci, sopra, e
con una piccola scossa si dovrebbe poterli spingere
da una parte. No, non si può, perché sono legati
solidamente al terreno. Ma guarda, anche questa è
solo un’apparenza”.
(Franz Kafka – Meditazione)
Il Viaggio Finale
“Secondo don Juan il culmine della ricerca degli Sciamani è ciò che considerava
l’ultimo fatto energetico, non solo per gli stregoni, ma per ogni essere umano.
Chiamò questo fatto il “Viaggio finale”.
Il “Viaggio finale” consiste nella possibilità che la consapevolezza individuale,
portata alla sua massima espansione, potrebbe essere mantenuta oltre il punto in cui l’organismo è in grado di funzionare come unità coesa, vale a dire oltre la morte.
Gli Sciamani come don Juan definirono la loro ricerca come il tentativo di diventare “Energia consapevole di sè” che agisce come Unità coesa, ma senza organismo.
Chiamarono questo stato della loro ricerca Libertà Totale”
(Carlos Castaneda – Viaggio a Ixtlan)
“Cerca qualcosa?
No! Non ho perduto niente!
Non le ho chiesto se ha perduto qualcosa,
ma se cerca qualcosa.
A quel punto mi svegliai completamente”.
(Felì Secci - Il Ribelle)
“Il Separando è l’enigma della magia dei
grandi maghi, ed è la sola finalità assoluta”
(Giuiano Kremmerz - Introduzione alla scienza dei Magi – Vol. 2°)
“Musica curiosa e spugnosa che permea e si fa permeare viaggiando ormai per il pianeta alla ricerca di radici dalle quali nutrirsi. Per questo il jazz mi ha cambiato la vita. Perché mi ha dato modo di respirare attraverso le note la bellezza che c’è intorno a noi e la speranza che sia possibile cambiare con la poesia e la creatività ciò che bello non è….
... La Bellezza di quella musica era racchiusa nel suo essere imperfetta, umana, profonda, e al tempo stesso misteriosa: la profondità stava nel suono, il mistero nel silenzio. Due elementi apparentemente inconciliabili ma di fatto indissolubili. Se non c’è suono e non c’è silenzio, non c’è musica…
… Cosciente di essere un sardo che gira il mondo, mi pongo in un crocevia comunicativo senza dimenticare la mia cultura ma neanche cercando di affermarla perentoriamente. Non è una guerra. Semplicemente, un modo moderno di vivere”.
(Paolo Fresu - Musica dentro)
“Uscì dal cortile e attinse l’acqua: il cielo non ancora bianco, ma già pallido di un vago chiarore, annunziava l’alba; la luna, grande e triste, calava dietro il muro del cortile, le stelle tremolavano, velandosi, quasi impazienti di andarsene. Annesa avrebbe voluto che la notte non finisse ancora; aveva paura della luce, della gente che si sveglia e pensa ai casi altrui con malignità.
La gente? Ella odiava la gente, questa vipera crudele alla quale bisogna dar da succhiare il proprio sangue. Per la gente ella aveva rinunziato al sogno di tutte le donne oneste: al sogno di sposare l’uomo che amava. Per la gente, per le sue mormorazioni, per il martirio che avrebbe fatto subire a Paulu se egli lasciava scacciare i nonni e la madre dalla casa degli avi, ella aveva commesso un delitto.
Ed ecco che fra poco la gente si sarebbe svegliata, e avrebbe invaso la camera ove giaceva il morto, e lo avrebbe scoperto, denudato, esaminato, forse avrebbe indovinato la terribile verità…Sedette sul primo gradino della scaletta e cercò di esaminare meglio la sua situazione: a poco a poco il suo terrore e il suo dolore diminuirono, e un barlume di luce brillò nella sua anima tenebrosa. Ella tornò ad essere ciò che era stata sempre: l’edera che non poteva vivere senza il tronco”.
(Grazia Deledda – L’Edera)
Se non siete nel vostro corpo, dove siete?
(Ken Wilber – Oltre i confini. La dimensione transpersonale in psicologia)
“Le persone, come le colpe, iniziano ad esistere se qualcuno se ne accorge”
(Michela Murgia – Accabadora)
“C’era una volta un povero contadino. Egli
aveva un solo figlio e voleva farlo studiare. Ma,
poiché aveva potuto mandarlo all’università
soltanto con una piccola somma, il denaro fu
presto consumato, molto prima di giungere al
tempo degli esami. Così il figlio tornò a casa e
aiutò il padre a lavorare nel bosco. Una volta,
mentre gironzolava durante il riposo di mezzodì,
egli giunse presso una grande vecchia quercia.
Udì là una voce dal suolo che gridava:
“Liberami, Liberami!” Scavò e trovò fra le
radici dell’albero una bottiglia ben chiusa, da cui
evidentemente era venuta la voce. Egli tolse il
tappo, e ne uscì uno spirito, che diventò subito
grande come mezza quercia. Questo spirito gli
parlò e disse: “Ero rinchiuso per castigo. Sono il
potentissimo Mercurio. A colui che mi
libera…”
(Fratelli Grimm – Lo Spirito nella bottiglia)
“A forza di coltivare il proprio giardino si
dimentica che le piante crescono verso il
cielo, che vegetare significa elevarsi e che
elevarsi significa rendere leggero il pesante,
annullare la gravità”.
(Renè A. Schwaller de Lubicz – Simbolo e simbolica)
“Più mi allontano e più mi ritrovo al punto di partenza. Anni di distanza e basta un odore a riportarmi indietro. Basta un
sapore a riportarmi indietro… un accento percepito in ristorante, in un ufficio pubblico, al market, in tv…tutto, tutto
mi riporta a casa quando credo di esserne definitivamente partito…
Vorrei una Sardegna in cui non sia tanto facile essere speciali. Essere sardi non significa automaticamente essere speciali.
Essere speciali significa fare meglio, raggiungere con sofferenza un risultato, meritare di uscire dalla normalità. L’illusione della specialità etnica è sottilmente fascista e
produce pigrizia.
Vorrei una Sardegna dove si impara anche ad essere sardi.
Dove si smette di parlare dei massimi sistemi e si affrontano le questioni del quotidiano.
Dove non siamo solo quello a cui vogliamo assomigliare.
Dove dovrebbe dichiararsi tradimento il bisogno di adattarsi alle visioni altrui.
Dove ci si possa vedere da fuori.
Dove vedessimo come ci siamo ridotti e lasciati ridurre”.
(MarcelloFois – In Sardegna non c’è il mare)
“Colui che, senza cadere, può riconoscere in
se stesso gli istinti che lo rendono affine al
più abbietto e può, senza orgoglio, diventare
cosciente di ciò che lo accomuna al più alto,
ha trovato l’elemento di concordia, perché
egli conosce le nature dei due antagonisti e
diventa il loro mediatore”.
(Isha Schwaller de Lubicz - L’Apertura del cammino)
Ed io sarò un albero
E dopo aver ascoltato
all’infinito
ripetuto, amato odiato
la parola pace,
ora che si gioca con la morte:
io sarò un albero,
ed avrò frutti per parole.
Avrò nidi di cuore,
per bambini sorriso,
e musica d’erba per concerti universo,
e braccia, per amplessi senza piaghe.
Avrò fronde per pensieri d’alba
per nuove fonti d’anima, e
luce, per il buio che acceca…
(Pietro Sotgia - Per un istante almeno)
“L’uomo del nostro tempo fonda la propria
identità sul conoscibile.
Gli è richiesta invece l’apertura al non-
conoscibile, al mistero, la dilatazione e la
liberazione dai vincoli delle definizioni e il
salto nella commozione.
Al limite del pensabile l’uomo si trova di
fronte alla fascinazione e al tremendo, con
la possibilità di aprirsi e di abbandonarsi
alle proprie inimmaginabili potenzialità
umane, alla trascendenza”.
(P. Johannes Kopp - Così la neve al sol si disigilla)
“Io non vengo dal basso, ma dall’alto, come le
radici di quel grande albero che spesso si vede
lungo le strade dell’India, il banyan tree, o più
semplicemente il baniano.
Albero stupefacente per dimensione… per
longevità… e per la sua morfologia: non viene
piantato, si pianta da solo, lasciando cadere
dall’alto le sue radici, come delle grandi liane
che, se non vengono tagliate, scendono fino a
terra e vi mettono radice per produrre un altro
albero.
Un solo albero può dare così origine ad una
foresta…
Magnifica immagine, che ci ricorda quanto
dobbiamo essere radicati in alto per poter
scendere senza pericolo nelle profondità, in
basso”.
(Pierre Ceyrac - Le mie radici sono in cielo)
“Abbiamo già parlato in varie occasioni dell’”Albero del Mondo” e del suo simbolismo “assiale”; senza tornare qui su ciò che abbiamo detto allora, aggiungeremo alcune osservazioni che vertono su certi punti più particolari di questo simbolismo, e specialmente sul caso in cui l’Albero appare rovesciato, cioè con le radici in alto e i rami in basso.
È facile capire che se ciò accade è anzitutto perché la radice rappresenta il Principio, mentre i rami rappresentano lo spiegamento della manifestazione; ma a questa spiegazione generale è opportuno aggiungere certe considerazioni di carattere più complesso, che d’altronde poggiano sempre sull’applicazione del “senso inverso” dell’analogia, cui si riferisce palesemente la posizione rovesciata dell’Albero…
L’Albero rovesciato non è solo simbolo “macrocosmico”; talvolta è anche simbolo “microcosmico”, cioè simbolo dell’uomo. Platone dice che “L’uomo è una pianta celeste, il che significa che è come un albero rovesciato, le cui radici tendono verso il cielo e i rami in basso verso la terra”.
(Renè Guenon – Simboli della scienza sacra)
“Il momento in cui un uomo che cerca la “Via”,
incontra un uomo che la conosce è chiamato la
prima soglia o il primo gradino. A partire da
questa prima soglia, comincia la “Scala”.
Tra la “Vita” e la “Via”, vi è la “Scala”.
Ed è soltanto per mezzo della “Scala” che l’uomo
può incamminarsi nella “Via”. Inoltre, l’uomo
sale questa “Scala” con l’aiuto della sua guida;
egli non può salirla da solo.
La “Via” comincia soltanto alla sommità della
“Scala”, cioè dopo l’ultimo gradino o l’ultima
soglia, ad un livello molto al di sopra della Vita
ordinaria”.
(P. D. Ouspensky - Frammenti di un insegnamento sconosciuto)
“Gli alberi hanno un’individualità.
Sono quindi, sovente, sinonimo di personalità…
…In ogni caso Mefistofele e la grande
iniziazione finale rimanevano per me
un’esperienza mirabile e misteriosa al limite
del mio mondo cosciente”.
(Carl Gustav Jung - La simbolica dello spirito;
Ricordi, Sogni, Riflessioni)
“Ma tosto ruppe le dolci ragioni
Un alber che trovammo in mezza strada,
con pomi a odorar soavi e boni;
e come abete in alto si digrada
di ramo in ramo, così quello in giuso,
cred’io, perché persona su non vada…”.
(Dante Alighieri - Purgatorio 22, 130-135)
“C’è un quadro di Klee che si intitola Angelus Novus.
Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi
da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi
spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo
della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso
rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi,
egli vede una sola catastrofe, che accumula senza
tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli
vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre
l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è
impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può
più chiuderle. Questa tempesta lo spinge
irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle,
mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo.
Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta”.
(Walter Benjamin – Tesi di filosofia della storia)
“Ciò che fornisce l’impulso “evolutivo” alla
Coscienza è in primo luogo la fine
desiderata all’inizio.
Detto altrimenti: la finalità è
necessariamente implicita nella Causa”.
(Renè Schwaller de Lubicz - Verbo Natura)
“Un’altra vita. Questo le aveva detto Maestra Luciana. Ti serve un’altra vita, dove nessuno sappia chi sei, di chi o di cosa sei figlia. Un’altra vita, le ripeteva Luciana Tellani con decisione, come se fosse niente rinascere..
Stare sul mare tra Olbia e Genova, aggrappata alla ringhiera appiccicosa di salsedine del ponte della Tirrenia, la fece sentire forte, adulta, quasi libera…
Durante quel viaggio… Il tempo le servì tutto per farsi accabadora dei suoi ricordi…
Uno per uno li segnò, mentre li ricordava per dimenticarli, e quando arrivò al porto di Genova scese dalla nave sentendosi più leggera, convinta di aver lasciato sull’altra terra tutta la zavorra delle sue ferite…
…Me ne sono mai andata via, Andrì?”.
(Michela Murgia - Accabadora)
“E’ banale e fortuita la circostanza che sia
tu il lettore di questi esercizi
ed io il loro estensore”.
(J.L. Borges – Fervore di Buenos Aires)
“Egli mi insegnò che nel mondo esistevano due morali: l’una oggettiva, stabilita dalla vita da migliaia di anni, e l’altra soggettiva, propria tanto di singoli individui quanto di intere nazioni, imperi, famiglie, culture, categorie sociali.
La morale oggettiva, mi disse un giorno, si fonda o sulla vita, o su alcuni comandamenti che Dio stesso ci ha dato tramite la voce dei suoi profeti. La morale oggettiva non cambia mai, può soltanto acquistare maggiore ampiezza col tempo.
Quanto alla morale soggettiva, invenzione umana, essa è una concezione relativa, differente per ogni uomo, differente in ogni luogo, e fondata sulla comprensione particolare del bene e del male che prevale in una data epoca.
Per esempio qui, in Transcaucasia, se una donna non si copre il viso, se parla con gli invitati, tutti la considerano una donna immorale, perversa, priva di educazione.
In Russia, invece, se a una donna venisse in mente di coprirsi il viso, di non accogliere i suoi invitati e di non intrattenersi con loro, tutti la considererebbero maleducata, volgare, poco cortese e così via…”.
(Georges I. Gurdjieff - Incontri con uomini straordinari)
“Nulla è tanto ordinato e perfetto quanto
immotivato e misterioso
come il Cielo e la volta stellata…”
(Sergio Atzeni - Passavamo sulla terra leggeri)
“La radice più difficile da estirpare, quella che ci
tiene saldamente legati alla Terra, è la convinzione
che uno sguardo, interminabile ed esterno, osservi
e registri i nostri comportamenti ed i moti più
intimi della nostra anima. Questa radice è lo
specchio in cui ci riflettiamo, ci riconosciamo, ci
identifichiamo: per ammirarci o per punirci.
Come l’Orco delle fiabe e il Polifemo omerico,
questo specchio, anzi, questa radice, prima
uniforma le esistenze, poi se le divora”.
(Tonino Fancello – Pensando&Scrivendo)
Silentium
“Il gran mistero è nel Silenzio dei sensi
per permettere l’evoluzione di lavanda
o purificazione dello spirito involuto”.
(Giuliano Kremmerz - Introduzione alla Scienza dei Magi, Vol.1°)
“La Pace è conciliazione del Cielo e della
Terra. Ma tutto ciò per il mondo è “parola
perduta” perché l’uomo non conosce affatto
il senso né del proprio Cielo, né della
propria Terra. Il suo corpo è venuto dalla
Terra, il suo Spirito è venuto dal Cielo per
conoscere la Terra.. e l’uomo cerca Dio nel
cielo stellato, commettendo l’errore mentale
di separare lo Spirito del Cielo dallo Spirito
della Terra”.
(Isha Schwaller de Lubicz - L’Apertura del cammino)
“Cosa ci fai a Londra…? mi chiedeva mia
nonna ogni volta che andavo a salutarla prima
di partire…”.
(Flavio Soriga – Sardinia Blues)
“Di notte in questa parte del West, le stelle,
le stesse che avevo visto nel Wyoming,
sono grandi come fuochi d’artificio e
solitarie come il principe del Dharma che ha
perso il suo boschetto sacro e viaggia negli
spazi da un punto all’altro del timone
dell’Orsa Maggiore nel tentativo di
ritrovarlo…”
(Jack Kerouac - Sulla strada)
“Un’immagine archetipica non è solo un modello
di pensiero, ma è anche un’esperienza emotiva, e
precisamente esperienza emotiva individuale…
È impossibile descrivere gli archetipi facendo
astrazione dall’individuo umano che ne è la base:
ed è impossibile escludere la psicologia del
profondo, che ha per oggetto lo studio della
matrice vivente da cui provengono le immagini
archetipiche. Malgrado il loro carattere del tutto
collettivo, i miti sono legati in modo stretto e
indissolubile all’individuo”.
(Marie Luise von Franz - Le fiabe interpretate)
Lo straniero
“Chi ami, sopra ogni cosa? Parla, uomo enigmatico! Tuo padre? Tua madre? Un fratello? Una sorella?”
“Non ho né padre né madre, né fratello né sorella”.
“Gli amici?”
“Usate una parola il cui senso, fino ad oggi, mi è rimasto ignoto”.
“La tua patria?”
“Ignoro sotto quale latitudine si trovi”.
“La bellezza?”
“L’amerei volentieri, dea e immortale”.
“L’oro?”
“Lo odio come voi odiate Dio”.
“Eh! Ma allora che cosa ami, straordinario straniero?”.
“Amo le nuvole… le nuvole che passano… laggiù!... laggiù!... le nuvole meravigliose”.
(Charles Baudelaire - Lo spleen di Parigi)
“Coelum viene da coelare, nascondere,
occultare con un velo.
Gli dei stanno tutti nei coeli, in quel punto
dell’orizzonte dove tacciono i nostri ricordi
e comincia la sorprendente miniera
dell’ignoto di oggi, che prima fu nostra vita
e nostro respiro.
L’utopia del cielo, nascondiglio degli dei e
delle anime, è una favola.
Le cose stanno qui, tutte qui, tutte in questo
bellissimo e simpatico pianeta.
L’invisibile, il coelato, sta alla portata dei
nostri occhi, ma v’è molta gente che non ha
perfezionata la vista e che non vede”.
(Giuliano Kremmerz - Avviamento alla scienza dei magi, vol. 2°)
“… La vita, questa mia vita.. non è più mia.
Ora vedo chiaro, la vita non è mai stata mia.
Mi ha trascinato fino a qui, mi ha illuso che fossi
libero, ha guidato le mie azioni, le mie scelte, i miei
pensieri, i miei sentimenti.
Perché ho sempre fatto finta di non sapere?
Credevo bastasse essere giusti, credevo bastasse la
mia onestà per quel Dio che ora non si fa vedere.
Ora lo so, lo vedo… quel macigno dietro a me,
massa scura che tutto trascina via, mi assorbirà
come un granello di polvere e… niente più ricordi,
niente più pensieri.
Io… sarò il suo nutrimento.
Potessi volare. Dio mio, perché non ho imparato a volare!”
(Felì Secci - Il Silenzio)
“Se tu potessi avere le ali, volare nell’aria e là, tra
cielo e terra, vedere la solidità di questa, la fluidità
dei mari, i corsi dei fiumi, la leggerezza dell’aria, la
sottigliezza del fuoco, il corso degli astri e il
movimento del cielo che li avvolge, o figlio mio,
che magnifico spettacolo osserveresti?
Esamina con attenzione l’arte dell’Artefice e
impara quindi a conoscere l’autore di questa bella e
divina immagine..
… E sappi che nessun Dio celeste lascia la sua sfera
per venire sulla terra, mentre l’uomo sale al cielo e
lo misura, e sa con esattezza ciò che c’è in alto e ciò
che c’è in basso.
E per di più, non ha bisogno di lasciar la terra per
elevarsi, tale è la grandiosità della sua condizione”.
(Ermete Trimegisto - Il Pimandro)
“Compiuta la sua educazione alla scuola del centauro Chirone, Ercole sentì il bisogno di riflettere sull’uso che avrebbe fatto nella vita della forza acquisita.
Si era isolato nella solitudine per potersi raccogliere quando all’improvviso gli apparvero due giovani donne di rara bellezza, ciascuna delle quali l’invitò a seguirlo…”
(Oswald Wirth - I Tarocchi)
“Benché i piedi dell'uomo non occupino che un piccolo angolo della terra, è grazie a tutto lo spazio che non occupa che l'uomo può camminare sulla terra immensa. Benché l'intelligenza dell'uomo non penetri che una particella della verità totale, è grazie a ciò che non penetra che l'uomo può comprendere il cielo. Chiunque conosca la grande unità, la grande oscurità, la grande vista, la grande equità, la grande legge, la grande fiducia e il grande equilibrio giungerà alla conoscenza suprema. Perché la grande unità tutto collega; la grande oscurità tutto dissolve; la grande vista tutto penetra; la grande equità tutto racchiude; la grande legge tutto regola; la grande fiducia tutto vince; il grande equilibrio tutto sostiene. Ogni esistenza ha il suo cielo; ogni ricerca la sua luce; ogni comunione il suo cardine; il principio ha il suo Ciò. Colui che lo decifra non sembra decifrarlo; colui che lo conosce non sembra conoscerlo; soltanto colui che non cercherà di conoscerlo può conoscerlo. Quindi non lo interroga più né come finito né come infinito. Dietro i fenomeni disordinati, c'è qualcosa che non cambia. Rimane insostituibile e inalterabile da sempre”.
(Zhuang – Zi)
“Il nostro cuore non può accorgersi di
essere un cuore che pensa in modo
immaginativo, perché da troppo tempo ci
sentiamo ripetere che la mente pensa i
pensieri e il cuore sente i sentimenti e che
l’immaginazione ci svia dagli uni e dagli
altri”.
(James Hilmann - L’anima del mondo e il pensiero del cuore)
“… Solleva gli enormi tuoi occhi di raso nero che sembrano cuscini dove si può sprofondare, fantastica Sfinge,
e distesa ai miei piedi ora canta i tuoi ricordi per me…
… E ora vattene disgustoso mistero. Allontanati orrendo
animale: tu ridesti nel sangue ogni istinto bestiale,
mi rendi quale mai vorrei essere, trasformi il mio credo
in un’arida menzogna, risvegli pazzesche visioni
di vita sensuale: forse Ati che levò il suo coltello
bagnato di sangue fu meno corrotto di me.
Tu Sfinge insincera! Tu falsa! Ma ormai sulle rive
dello Stige circondato di canne Caronte
attende il mio obolo appoggiato al remo.
Raggiungilo tu per prima: ora lasciami solo col mio crocefisso
che pallido, con occhi di dolore, guarda il mondo e
stanco, piange per ogni anima che muore: per ogni anima invano”.
(Oscar Wilde – La Sfinge)
“L’opera è solo una sorta di strumento ottico
che lo scrittore offre al lettore per consentirgli
di scoprire ciò che forse, senza il libro, non
avrebbe visto in se stesso”.
(Marcel Proust - Alla ricerca del tempo perduto – Il tempo ritrovato)
“Una storia di dieci anni può stare in dieci minuti di parole. Dieci minuti di parole possono stare in un attimo di pensiero…
Il mio infermiere mi aveva raccomandato di non abbandonare il quartiere degli Scienti senza fare una visita ai loro Epuratori dei conti.
“Ma diffidate di quelle sirene intellettuali” mi aveva detto, e quella messa in guardia non era superflua.
Quasi mi lasciai sedurre da quelle sirene intellettuali, ma specialmente da una di loro, un giovane dal cervello agilissimo e dal corpo diventato quasi trasparente per l’oblio in cui lo lasciava il suo inquilino. Ecco a grandi linee, la teoria che aveva concepito:
“Se la scienza matematica non riesce a strapparsi definitivamente dal mondo sensibile, è perché dimentica di spingere alle sue ultime conseguenze la grande osservazione di Einstein (o forse di Hegel) che l’oggetto conosciuto è modificato dall’atto del conoscere”.
(Renè Daumal - La gran bevuta)
“Perché dunque ti spaventi?
Agli uomini accade quel che accade all’albero.
Quanto più in alto e più nella luce vuole ascendere,
con tanta più forza le sue radici si spingono verso la terra, verso il basso,
nel buio, nel profondo, nel male..
quest’albero se ne sta qui solitario sul fianco del monte,
è cresciuto alto superando l’uomo e l’animale.
Ora attende e attende, ma che cosa attende?
Abita troppo vicino alla dimora delle nubi: aspetta forse la prima folgore?..
A libere altezze vuoi ascendere, di stelle ha sete la tua anima.
Ma anche i tuoi impulsi malvagi hanno sete di libertà…
…Devi volerti bruciare dentro la tua fiamma:
come vuoi rinnovarti se non sei ridotto in cenere?”.
(Friedrich Nietzsche - Così parlò Zarathustra)
“Solo quando l’anima è separata dal corpo ed
è in grado di contemplare le sue caratteristiche
naturali di eternità e di unicità, allora e solo
allora raggiunge una vera autoconoscenza.
Dopo aver scoperto questo tesoro, l’anima fa
ritorno al corpo, animandolo e modellandolo
sulla sua autentica natura”.
(Jeffrey Raff - Jung e l’immaginario alchemico)
“Ordinariamente gli uomini che hanno potestà di
percepire le occulte verità si sentono spronati al
tentativo da una di quelle luci indefinite per i
profani, le quali – secondo i tempi – presero forma di
dei, di eroi, di angeli e di spiriti dei morti. E questa
Luce parla alla mente del discepolo e gli dice: tenta,
vedi, tocca, arriverai.
Ma se questa Luce si marita all’orgoglio dell’uomo,
diventa falsa, ed egli entra nel labirinto del
minotauro, via senza uscita, lunga e tortuosa, in
fondo alla quale vi è la pazzia, la morte e la
dissoluzione.
Quella Luce che si affaccia nell’anima del discepolo
gli dice: studia, intendi, opera, ama. Nello studio,
nell’intendimento, nell’amore, egli deve in amplesso
abbracciare tutto il mondo invisibile ed il visibile.
(Giuliano Kremmerz – Avviamento alla Scienza dei Magi, Vol. 1°)
“Non è la Terra che fa vivere la pianta,
ma le forze della pianta
che strappano alla Terra elementi per la propria
vita”.
(Gruppo di Ur - Introduzione alla Magia, Vol. 1° – Leo, Barriere)
“Da quando mi trovo qui all’istituto
Benjamenta, sono già riuscito a diventarmi
enigmatico…
Forse in fondo a me c’è un essere
estremamente volgare.
O forse, invece, ho sangue azzurro nelle vene.
Ma una cosa so di certo: nella mia vita futura
sarò un magnifico zero, rotondo come una
palla.
Da vecchio sarò costretto a servire giovani
tangheri presuntuosi e maleducati, oppure farò
il mendicante, oppure andrò in malora”.
(Robert Walser - Jacob von Gunten)
“Continuarono a sussurrarmi nelle orecchie finchè
ebbi di nuovo la sensazione d’essere stato diviso in
due.
Divenni una nebbia, come il giorno prima, una
bruma gialla che sentiva direttamente ogni cosa.
Cioè: “sapevo” le cose.
Non c’erano di mezzo pensieri; vi erano solo
certezze.
E quando venni in contatto con una sensazione
morbida, elastica, che era fuori di me e tuttavia
faceva parte di me, “seppi” che era un albero.
Intuii che era un albero per il suo odore. Non
odorava come alcun albero particolare che io
potessi ricordare: ciò nonostante qualcosa in me
“seppe” che quello speciale odore era l’”Essenza”
dell’albero.
(Carlos Castaneda - L’isola del Tonal)
“Forse l’immobilità delle cose che ci
circondano è imposta loro dalla nostra
certezza che si tratta proprio di quelle cose e
non di altre, dall’immobilità del nostro
pensiero nei loro confronti”.
(Marcel Proust - Alla ricerca del tempo perduto, Dalla parte di Swann)
“Ogni simbolo, anche al di là di ogni
interpretazione, è di per se direttamente
congiunto alla cosa che dice (che è, e che
forse rappresenta), sicuramente attraverso
ciò che evoca.
Perciò delle ali non possono essere altro che
l’evocazione del fatto di volare. Ciò che
vola non può essere altro che ciò che sale,
fugge la Terra; non può essere altro che il
principio volatile, uno dei principi della
separazione originaria”.
(Renè Schwaller de Lubicz - Il Tempio dell’Uomo)
“… E per tale via si è giunti al nucleo centrale
del problema…
Si è usata, per l’Io, l’immagine di un riflesso
legato al mezzo in cui esso si è formato. Ora si
può concepire un risalire dal riflesso all’origine,
cosa che implica appunto una separazione, una
revulsione, un distacco corrispondente anch’esso
ad un cambiamento di stato e ad una crisi
profonda, perché vi si realizza più o meno come
nella morte un venir meno dell’appoggio abituale
fornito dal corpo.
Tale è la morte iniziatica, la quale può ben dirsi
una morte effettiva realizzata in via sperimentale,
dopo che alla persona in questione è stato
trasmesso un potere capace di sorreggerne la
coscienza”.
( Gruppo di Ur - Introduzione alla Magia;
Ea, Il problema dell’immortalità, Vol. 1°)
“Pretendere di “osservare” l’uomo significa andare
incontro a diverse delusioni. Vediamo il tronco da
cui trae sostentamento, ma lui è molto di più,
dispiegato nella cupola della chioma, attraversato
dai mormorii del vento, popolato da nidi di
usignoli. E il vero realismo è quello dei poeti che
lo seguono quando si arrampica come uno
scoiattolo e riescono così a intravedere un pezzo del
cielo per il quale egli vive”.
(R. L. Stevenson - Una chiacchierata sul romanzesco)
“Secondo la tradizione cabalistica , tra coloro che
penetrarono nel Pardes, ve ne furono alcuni che
“devastarono il giardino”, e si dice che queste
devastazioni consistessero più precisamente nel
“tagliare le radici delle piante”. Per capire cosa
significhino queste frasi bisogna anzitutto riferirsi al
simbolismo dell’Albero rovesciato di cui abbiamo
parlato in altre occasioni: le radici sono in alto, cioè
nel Principio stesso; tagliarle equivale dunque a
considerare le “piante”, o gli esseri che
simbolizzano, come se avessero in certo qual modo
un’esistenza e una realtà indipendenti dal Principio”.
(Renè Guenon - Simboli della Scienza sacra)
Hong - La Durata
Tuono e vento
L’immagine della durata.
Così il nobile sta saldo e non muta l’indirizzo suo.
Il tuono rimbomba e il vento soffia. Entrambi sono estremamente mobili così che sembrano essere l’opposto della Durata.
Ma il loro comparire ed il loro sparire, il loro andare e venire seguono leggi durevoli.
La rapidità fugace del lampo e la mobilità del vento che compongono l’esagramma danno il senso della mutazione del Tempo e della stabilità del Tempo che resta periodicamente costante, che si ripete. .
È il mondo terrestre che si realizza, che cresce col crescere della Luna e si distende quando essa cala.
Ma anche se varia di forma, se si allarga e sparisce, la Luna non muta e sarà bene, in questo tempo di Hong, avere una fede perseverante.
Come i fenomeni del cielo le nostre azioni sono parte dell’equilibrio sia del piccolo universo umano, sia del vasto universo che comprende Cielo e Terra.
(I Ching - Il libro dei mutamenti)