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LE OPERE DI IDRAULICA TORRENTIZIA PER IL CONTROLLO DEI SEDIMENTI Sediments control works in mountain streams V. D’Agostino* Sommario Grazie alle conoscenze maturate sulla dinamica d’alveo e sul fenomeno del trasporto dei sedimenti nei torrenti montani, le opere di idraulica torrenti- zia hanno registrato dei sensibili miglioramenti nella loro impostazione pro- gettuale. Nel lavoro è proposta preliminarmente una rivisitazione delle espe- rienze sul trasporto solido di fondo condotte presso il politecnico di Zurigo (1948-1991) e delle ricerche sulla portata totale da attribuire ai debris flow. Si sono di seguito formulate alcune notazioni circa il dimensionamento delle principali opere intensive per il controllo dei sedimenti: opere trasversali di consolidamento del letto, dispositivi di trattenuta, canalizzazioni. Ognuna di queste categorie di opere, che rientrano nella pratica tradizionale delle siste- mazioni idraulico-forestali, riescono a conseguire una migliore efficienza, quando si riescono a definire con chiarezza, in sede di progettazione, gli obiettivi funzionali che spingono alla loro realizzazione. Summary Thanks to updated knowledge on river dynamic and sediment transport in steep streams, hydraulic work in mountain rivers improved their planning out in the design phase. First, we revisited the bedload discharge data carried out in the ETH of Zurich (1948-1991), and debris flow researches focused on total discharge assessment. Then, we formulated some notations on the main hydraulic works to control sediments in mountain torrents: closed and open check dams, grade control structures, retention systems, canalisations. These works are since long time in use for mountain basin protection and mitiga- tion of flood hazards, but they could increase the efficiency if we clarify, during the design, their functioning objectives. 1. Le sistemazioni idraulico-forestali per il controllo dei sedimenti Le principali finalità degli interventi di sistemazione idraulico-forestale con- sistono: 231 © Nuova Editoriale Bios Idronomia montana 26 * Professore Associato di Sistemazioni Idraulico-Forestali, presso il Dipartimento Territorio e Sistemi Agro-Forestali, Facoltà di Agraria, Università degli Studi di Padova.

LE OPERE DI IDRAULICA TORRENTIZIA PER IL CONTROLLO …intra.tesaf.unipd.it/people/dagostino/Pubblicazioni/P68_2006.pdf · rienze sul trasporto solido di fondo condotte presso il politecnico

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LE OPERE DI IDRAULICA TORRENTIZIAPER IL CONTROLLO DEI SEDIMENTI

Sediments control works in mountain streams

V. D’Agostino*

Sommario

Grazie alle conoscenze maturate sulla dinamica d’alveo e sul fenomenodel trasporto dei sedimenti nei torrenti montani, le opere di idraulica torrenti-zia hanno registrato dei sensibili miglioramenti nella loro impostazione pro-gettuale. Nel lavoro è proposta preliminarmente una rivisitazione delle espe-rienze sul trasporto solido di fondo condotte presso il politecnico di Zurigo(1948-1991) e delle ricerche sulla portata totale da attribuire ai debris flow. Sisono di seguito formulate alcune notazioni circa il dimensionamento delleprincipali opere intensive per il controllo dei sedimenti: opere trasversali diconsolidamento del letto, dispositivi di trattenuta, canalizzazioni. Ognuna diqueste categorie di opere, che rientrano nella pratica tradizionale delle siste-mazioni idraulico-forestali, riescono a conseguire una migliore efficienza,quando si riescono a definire con chiarezza, in sede di progettazione, gliobiettivi funzionali che spingono alla loro realizzazione.

Summary

Thanks to updated knowledge on river dynamic and sediment transportin steep streams, hydraulic work in mountain rivers improved their planningout in the design phase. First, we revisited the bedload discharge data carriedout in the ETH of Zurich (1948-1991), and debris flow researches focused ontotal discharge assessment. Then, we formulated some notations on the mainhydraulic works to control sediments in mountain torrents: closed and opencheck dams, grade control structures, retention systems, canalisations. Theseworks are since long time in use for mountain basin protection and mitiga-tion of flood hazards, but they could increase the efficiency if we clarify,during the design, their functioning objectives.

1. Le sistemazioni idraulico-forestali per il controllo dei sedimenti

Le principali finalità degli interventi di sistemazione idraulico-forestale con-sistono:

231© Nuova Editoriale BiosIdronomia montana 26

* Professore Associato di Sistemazioni Idraulico-Forestali, presso il DipartimentoTerritorio e Sistemi Agro-Forestali, Facoltà di Agraria, Università degli Studi diPadova.

a) nella conservazione del suolo in senso stretto, con particolare riferimento aiversanti acclivi dei bacini collinari e montani (controllo dei dissesti e dellearee in frana);

b) nella limitazione dei processi di erosione idrica che avvengono nel reticoloidrografico (e aree limitrofe) e nei versanti non protetti dalla vegetazione;

c) nella regolazione delle alluvioni solide dei torrenti, specialmente in tuttequelle situazioni nelle quali l’elevata concentrazione solida dei sedimentitrasportati dalle piene rischia di non essere contenuta dalle sezioni idrauli-che e di generare sia fenomeni di avulsione del corso d’acqua, sia un com-plessivo sovralluvionamento del territorio ad esso circostante. L’ultimo obiettivo è di particolare rilievo, poiché nei conoidi o nei tratti ter-

minali dei corsi d’acqua montani si possono localizzare centri abitati ed infra-strutture contigui al corso d’acqua. Queste situazioni, piuttosto frequenti nellaregione alpina, esigono misure di protezione di comprovata efficienza, soprat-tutto in ragione del fatto che l’evoluzione delle piene torrentizie è molto rapidae di natura impulsiva e offre di rado tempi di preavviso utili per l’evacuazionedell’area e per l’approntamento di misure provvisorie di difesa.

La profonda differenza che esiste fra il transito di una corrente liquida eduna corrente carica di materiale solido è stata sottolineata da diversi Autori,anche nei primi trattati sistematici sulle sistemazioni montane (Valentini, 1912).Molto efficace, a questo proposito, è l’approccio semplificato che Valentini (1912,p. 12-14) riprende da Thiéry (1891) per quantificare “L’influenza delle materiesul moto dell’acqua”. Ipotizzando che una portata interamente solida (Qs) siimmetta entro una corrente liquida (Q) ed applicando il principio di conserva-zione della quantità di moto al tronco di corrente sotteso dalle sezioni d’alveo amonte (sezione 1) e a valle (sezione 2) dell’immissione solida, l’Autore ottieneuna stima di prima approssimazione della velocità media del flusso arricchito disedimenti (U2) rispetto a quello di acqua chiara (U1). Esprimendo Qs come pro-dotto di una costante α per Q ed indicando con ρ e ρs rispettivamente le densitàdell’acqua e del sedimento, la formula ottenuta da Valentini risulta:

(1)

ove il coefficiente che compare entro parentesi quadra era chiamato da Thiéry(1891) fattore di torrenzialità. Se a questa equazione si abbina la conservazionedella massa tra le due sezioni, ipotizzando che all’interno del volume di con-trollo non avvengano deposizioni o prese in carico di sedimento, si può stimarela profondità del flusso solido-liquido (h2) rispetto a quello di quello di acquachiara (h1). Indicando con B1 e B2 le rispettive larghezze dell’alveo di una sezio-ne simil-rettangolare, si ottiene l’espressione:

(2)hU

Uh

B

B21

21

1

2

1= +( )α

U Us

2 1=+ −( )

ρρ α ρ ρ

232

La costante α può essere legata alla concentrazione volumetrica dei sedi-menti (Cv) mediante la relazione:

(3)

Le eq.ni (1) e (2) combinate con l’eq.(3) forniscono un andamento (Fig. 1) dicome i rapporti tra velocità e altezze di flusso subiscano una variazione assaisensibile passando da un trasporto solido di fondo (Cv<0.2), ad una correnteiperconcentrata (Cv=0.2-0.35) e, infine, ad un debris flow (Cv=0.35-0.70).

Alla luce delle sperimentazioni di laboratorio e delle osservazioni di campoche sono state condotte sui flussi iperconcentrati e sulle colate detritiche(Takahashi, 1991; Tubino e Lanzoni, 1992; Rickenmann, 1999) l’approccio diThiéry-Valentini (che sottintendevano nella loro trattazione valori di α inferioriall’unità) conserva la sua validità anche per Cv molto elevati. È sufficiente tene-re conto che i valori sperimentali del coefficiente di resistenza al moto usual-mente proposti per i flussi a forte concentrazione solida sono congruenti conquelli si desumerebbero a partire dalle eq.(1)-(3). Per i debris flow sono suggeri-ti coefficienti di scabrezza secondo Chézy dell’ordine di 3-5 m1/2 s-1, valori che,rispetto a quelli di riferimento per un torrente con acqua chiara 10-20 m1/2 s-1

,determinano un incremento della profondità della corrente di quasi un ordinedi grandezza (si veda, per confronto, la figura 1 per Cv=0.5-0.6).

Nel lavoro saranno formulate alcune notazioni che si ritengono di interesse perl’impostazione progettuale delle opere di idraulica torrentizia finalizzate al con-trollo dei sedimenti. Le azioni di protezione si possono schematicamente distin-guere in tre categorie: consolidare il corso d’acqua, trattenere i sedimenti, smaltirei flussi a concentrazione solida elevata. Necessaria premessa ad un dimensiona-mento corretto di questi interventi è la stima della portata solida attesa.

2. Valutare la portata solida

La portata solida, essendo una delle variabili di maggiore attenzione per ildimensionamento delle opere di idraulica torrentizia, necessiterebbe di unastima il più possibile accurata. Ai fini sistematori l’attenzione si focalizza sulleintensità di trasporto di fondo e sulle grandezze di riferimento (portata al piccoe volume) da associare ai debris flow.

Le numerosissime equazioni di trasporto che sono proposte in letteraturatestimoniano le difficoltà riscontrate nel pervenire ad una quantificazione pre-cisa delle intensità delle due forme di trasporto.

Relativamente al trasporto di cernita è consigliabile, in ambito progettuale,fare riferimento alle equazioni che stimano la capacità di trasporto solido teori-ca. Quest’ultima è la capacità che una corrente, che scorre su di un letto alluvio-nale, possiede nel veicolare una certa portata solida, quando il corso d’acqua,non mutando il suo profilo di fondo, riceve da monte un’alimentazione solidaesattamente pari a quella che la corrente è in grado di smaltire. Le misure delle

CQ

Q Q

Q

Q Qvs

s

=+

=+

=+

αα

αα 1

233

portate solide nei corsi d’acqua montani hanno messo in evidenza come possa-no sussistere differenze anche di alcuni ordini di grandezza andando a con-frontare i valori misurati con quelli ben più elevati forniti dalle formule di tra-sporto solido (D’Agostino e Lenzi, 1994).

Fra le ricerche di più indiscusso valore sul trasporto di fondo sono da inclu-dere quelle condotte presso il Politecnico di Zurigo da Meyer-Peter e Mueller(1948), poi proseguite da Smart e Jaeggy (1983) e infine da Rickenmann (1991).Le esperienze di questi ricercatori hanno il merito di avere progressivamenteesteso il campo di indagine a pendenze del fondo via via più elevate sino adarrivare a coprirne un intervallo compreso fra lo 0.004 ed il 20%.

Nell’ambito del presente lavoro, i dati del ETH, che consistono complessiva-mente in 272 prove, sono stati presi nuovamente in esame, al fine di valutare sel’equazione di trasporto nella forma proposta da Smart e Jaeggy (1983) fossesuscettibile di ulteriori miglioramenti. A tutti i dati è stato applicato il fattore dicorrezione degli effetti di parete proposto da Einstein (1942). L’uso di uno stru-mento statistico ha evidenziato che il fattore di assortimento granulometricointrodotto da Smart e Jaeggi (rapporto fra i diametri relativi al novantesimo e altrentesimo percentile della curva granulometrica) non migliora significativa-

234

Fig. 1 - Andamento delle eq.(1) e (2) in funzione della concentrazione volumetrica Cv (eq. 2 perB2=B1)

0.0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1.0

0.1

0

0.1

4

0.1

8

0.2

2

0.2

6

0.3

0

0.3

4

0.3

8

0.4

2

0.4

6

0.5

0

0.5

4

0.5

8

0.6

2

0.6

6

0.7

0

Cv (-)

U2

/ U

1

0

2

4

6

8

10

12

14

16

18

h2

/ h

1

U

h

poi passare alla stima della portata solido-liquida totale (Qt) del debris flowmediante l’approccio volumetrico proposto da Takahashi (1991) e verificatosuccessivamente anche da Tubino e Lanzoni (1992); secondo questo metodo lastima di Qt risulta:

(5)

essendo c* la concentrazione dei sedimenti prima che essi siano interessatidall’innesco della colata (c* è anche nota come concentrazione di massimoimpaccamento o concentrazione statica dei sedimenti, c*=0.55-0.75), Q’ la porta-ta d’acqua che innesca la colata e Qt la portata totale (sedimento più acqua) deldebris flow. L’eq.(5) é ottenuta nell’ipotesi che il letto di sedimenti dal quale sigenera la colata abbia una grado di saturazione (s) pari all’unità. Per differentivalori di s (0≤s≤1) l’eq.(5) risulta:

(6)

avendo indicato sinteticamente con k la quantità racchiusa entro parentesi graf-fa. Per s=0, l’eq.(6) si riduce alla nota relazione di Costa (1984): Qt=Q’/(1-Cv).

La concentrazione Cv della colata può essere espressa in funzione della pen-denza del canale (i=tan β), dell’angolo di attrito φ (statico o quasi statico) delmateriale. L’espressione di Takahashi (1991) fornisce i valori di Cv più elevatied è relativa al fronte del debris flow:

(7)

La relazione raggiunge il valore massimo (Cv max) per pendenze intorno ai20°, mentre si assume generalmente Cv = Cv max = costante per pendenze più ele-vate (Fig. 3). Un’interessante alternativa alla eq.(7) è l’espressione sperimentaledi Ou e Mizuyama (1994), che si riferisce ad una valutazione globale (fronte ecoda della colata) di Cv; l’espressione è la seguente:

(8)

e ha il vantaggio, rispetto a quella di Takahashi (1991), di non presentare alcunpunto di discontinuità al crescere della pendenza (Fig. 3).

È interessante poter confrontare le due ultime relazioni, tratte da esperienzedi laboratorio, con una rielaborazione della relazione di tipo semi-empiricodedotta da Marchi e D’Agostino (2004) tramite l’analisi dei dati volumetrici di127 eventi di debris flow (Italia nord orientale). L’espressione ottenuta origina-riamente è la seguente:

Cc

cv =

( )+ ( )4 3

1 4 3

1 5

1 5

. * tan

. * tan

.

.

β

β

Cvs

=−

ρρ ρ

βφ βtan

tan tan

Qc

c s s c CQ k Qt

v

=− + −( )[ ]

=

** *

' '1

Q t =c *

c *− C v

Q '

236

(9)

essendo Vs il volume solido della colata e V il volume liquido dell’idrogrammache la ha generata. L’eq.(3), integrata temporalmente, risulta:

(10)

Se ora si inserisce l’eq.(9) nella (10) si ottiene:

(11)

L’eq.(11), pur essendo ottenuta con un approccio differente rispetto alle pre-cedenti, risulta sorprendentemente vicina all’eq.(8) (Fig. 3).

Una volta assegnato il Cv di riferimento (eq.ni 7, o 8, oppure 11), le eq.ni (5)-(6) permettono di stimare la portata complessiva della colata. È appena neces-sario osservare che queste ultime espressioni, poiché danno luogo a portatetotali Qt anche di un ordine di grandezza più elevate (il k dell’eq.6 risulta ingenere compreso tra 2 e 10) rispetto alla portata liquida (Q’), sembrano appa-rentemente violare la conservazione della massa. In realtà bisogna tenere pre-sente che Qt è data dalla somma di tre componenti: portata solida Qs, portataliquida innescante Q’, portata liquida Q’’ liberata dal letto di materiale saturodi acqua. Tenendo conto di questa scomposizione, dopo opportuni passaggi,può esplicitarsi il rapporto Q’’/Q’ in funzione di Cv:

Cv =( )

+ ( )2 9

1 2 9

2

2

. tan

. tan

β

β

CV

V Vvs

s

=+

V

Vs = ( )2 9

2. tanβ

237

Fig. 3 - Concen-trazione volume-trica Cv di undebris flow infunzione dellapendenza delcanale: eq.7 perc*=0.65, densitàrelativa dei sedi-m e n t i = 2 . 6 5 ,angolo di attritodel materia-le=35°; eq.8 perc*=0.65

(12)

Rappresentando l’andamento dell’eq.(12) per differenti gradi di saturazione(s), si può evidenziare come il contributo idrico del pendio-canale saturo o par-zialmente saturo risulti molto influente nel determinare la portata solida di unacolata detritica (Fig. 4).

3. Consolidare il corso d’acqua

Il consolidamento dell’alveo è la tecnica di sistemazione intensiva di forsepiù lunga tradizione (le prime raccomandazioni tecniche risalgono all’anno1500). Essa prevede il ricorso alla realizzazione di opere trasversali (briglie, stepartificiali, rampe) disposte in sequenza che siano dimensionate, per altezza edinterdistanza, in modo da conseguire la pendenza di sistemazione in progetto.

L’effetto locale è quello di rendere meno erodibili alveo e sponde; una fun-zione sussidiaria è quella di diminuire la portata solida a valle, giacché sia la Qsdel trasporto di fondo (eq. 4), sia la Qs delle colate detritiche (eq.ni 5-11; Qs=Qt -Q’-Q’’) sono fortemente dipendenti dal gradiente del canale.

In tema di pendenza di sistemazione dei torrenti, o meglio di pendenza dicorrezione, si deve prendere atto di una profonda divergenza fra quanto è sug-gerito dai diversi approcci teorico-concettuali che portano alla sua formulazio-ne (si veda l’ampia rassegna di Ferro (2006, p. 341-373)) e ciò che di fatto vienemesso in atto in numerosi interventi. Talora si ha persino la sensazione che perquanto i ricercatori si sforzino di migliorare e di rendere più esaustivi gliapprocci teorici per la stima della pendenza di correzione, nei progetti si conti-nuino ad operare scelte di tipo approssimato e comandate dall’empirismo.

Q

Qk C kv

"'

= − −1

238

Fig. 4 - Formazione di un debrisflow: rapporto tra la portata liqui-da liberata dal letto Q’’ e la porta-ta innescante Q’ in funzione dellaconcentrazione volumetrica Cv;rappresentazione dell’eq.12 pertre differenti gradi di saturaziones del letto e c*=0.65

Questa scollatura tra teoria e pratica non è priva di conseguenze sulla dinamicad’alveo e sull’efficienza stessa degli interventi di consolidamento.

In primo luogo si è posta poca attenzione nell’adeguare la scelta della pen-denza di correzione alla forma di trasporto prevalente e al regime di alimenta-zione solida del tratto da sistemare. In secondo luogo le scelte sono state pocodifferenziate sia da bacino a bacino, sia all’interno dei diversi tratti (testata, trat-to intermedio, conoide) di uno stesso collettore. Con riferimento all’impiantogenerale di molti interventi realizzati nelle Regioni Veneto e Trentino AltoAdige si può affermare che alla pendenza di correzione sia stato assegnatomediamente un valore pressoché nullo, oppure ottenuto applicando un coeffi-ciente di riduzione molto basso (<0.5) alla pendenza originale del profilo.Questa esigenza è stata suggerita, a parere dello scrivente, dalla ricerca di uneccessivo grado di sicurezza (se si sistema un torrente a pendenza zero la gàvetadi ciascuna opera protegge quasi automaticamente la fondazione della briglia amonte), sia dalla minore economicità di un intervento a carattere più graduale(il costo di reimpianto di un cantiere fa propendere per realizzare qualche operain più, piuttosto di dover correre il rischio di intervenire nuovamente).

Tale pratica non gioca, però, a favore dell’efficienza sistematoria, poiché ilridurre eccessivamente la pendenza porta con sé alcune possibili conseguenzenegative:a) si interrompe bruscamente l’apporto di sedimento nei tratti vallivi, trasfe-

rendo a valle il problema di incisione del talweg e facendo nascere nuovecondizioni di criticità anche nel reticolo non minore; secondo l’ eq.(4) passa-re, ad esempio, da una pendenza del 5% ad una pendenza del 1% significaabbattere la capacità di trasporto solido al fondo di circa il 95%;

b) si induce la formazione di barre deposizionali fra una briglia e l’altra e, quan-do su queste barre si afferma la vegetazione, si è costretti ad una manutenzio-ne attenta sia per ripristinare la sicurezza idraulica, sia per evitare, durante lepiene, un eccessivo trasporto per fluitazione (contenimento del woody debris);

c) si ottiene la riduzione degli apporti solidi a valle ma solo per un certo nume-ro di anni; se la riduzione di pendenza è troppo brusca, gli accumuli di sedi-mento fra un’opera trasversale e la successiva possono crescere a tal puntoda seppellire le opere e creare una coltre detritica che costituisce una poten-ziale fonte di rilascio impulsivo di sedimenti durante le piene; il tempo diformazione del letto di detriti può essere anche considerevole (80-100 anni),tuttavia, quando il processo di ricarica giunge a maturazione, ci si trovaquasi nella stessa condizione che precedeva la realizzazione delle briglie;

d) quando i torrenti sono molto larghi e poco pendenti, è il caso ad esempiodelle fiumare calabre o siciliane, la larghezza formativa degli alvei è ancorapiù sensibile alle variazioni di pendenza e si è costretti a realizzare operemolto sviluppate in senso trasversale se non si vuole che esse corrano unserio pericolo di aggiramento.Volendo tenere conto di questi fattori, la scelta della pendenza di correzione

deve essere ispirata da un giusto compromesso fra le esigenze di stabilizzare illetto e di contenere le alluvioni solide a valle nel breve-medio periodo e l’oppor-

239

tunità di garantire un’apprezzabile dinamicità all’alveo nel medio-lungo periodo.In quest’ottica D’Agostino e Cerato (2004) hanno proposto di legare il tempo

di ritorno della portata di progetto per la quale si calcola la pendenza di equili-brio alla natura del problema sistematorio e al regime di alimentazione solida.Applicando il criterio dell’equilibrio limite ad una sezione simil-rettangolare, lapendenza di correzione (ic) può essere calcolata tramite la relazione:

(13)

ove τ*c (-) è lo sforzo tangenziale critico di Shields associato al diametro di riferi-mento dxx (m) con passante xx%, Ks (m1/3/s) il coefficiente di scabrezza del fondosecondo Strickler, QTr (m3/s) la portata liquida al colmo con tempo di ritorno Tr,Ba (m) la larghezza dell’alveo. Come tempo di ritorno Tr è consigliabile assume-re valori anche di 30-50 anni, ove la concentrazione volumetrica del trasportosolido di fondo degli eventi di piena dominanti è contenuta (Cv<1-2%) e l’assor-timento granulometrico dei sedimenti è modesto (come dxx potrà scegliersi inquesto caso il d50). Tr può scendere intorno ai 15-20 anni in quegli alvei chehanno un trasporto di fondo apprezzabile (pendenze del letto generalmentesuperiori al 5%) e che, grazie alla eterogeneità granulometrica dei sedimenti,sono in grado di sviluppare, dopo la sistemazione, un discreto corazzamentodell’alveo (il dxx potrà scegliersi tra il d70 e il d90). Si può propendere, infine, perun Tr ancora più contenuto e compreso tra i 1.5 e 5 anni, se le piene dominantisi accompagnano a trasporto solido di fondo molto sviluppato od anche a cor-renti a carattere iperconcentrato. Questa ultima scelta può essere anche relativaad una leggera azione consolidante che si vuole assicurare al tratto terminale diun torrente quando, durante i periodi che intercorrono tra il ripetersi di pienesignificative (Tr>30 anni), si vuole evitare che eventi minori inducano unabbassamento del profilo di fondo.

Se si tratta di assegnare una pendenza di sistemazione a quei tratti instabilidi torrente percorsi da colate detritiche e si vuole evitare che il fondo vengaarato e che la colata, traendo alimentazione dal letto, accresca progressivamentela sua volumetria, è consigliabile abbandonare l’approccio deterministico basatosull’equilibrio limite di dxx (eq.13) ed assegnare piuttosto ad ic il valore che carat-terizza più tipicamente il rallentamento dei debris flow (ic=8-15%). Portarsi supendenze di correzione troppo contenute può significare indurre l’arresto par-ziale della colata e la formazione di aree di deposito poco controllabili e che rap-presentano delle ulteriori fonti di alimentazione del fenomeno (Fig. 5).

Una notazione meritano infine gli interventi consolidanti basati sulla “rico-struzione morfologica” (D’Agostino, 1996) e che prevedono la realizzazione disequenze a step pool o di rapide artificiali (D’Agostino, 2005) mediante massidi grossa pezzatura. Questa tipologia di interventi ha introdotto nelle sistema-zioni torrentizie un metodo di consolidamento che è, al tempo stesso, un“modus operandi” improntato ad una maggiore naturalità. È bene precisare,

id K B

Qcc xx s a

Tr

s=−

τ ρ ρρ

* / /

/

/3 5 3 5

3 5

10 7

240

tuttavia, che l’approccio fluviomorfologico affianca e non sostituisce le tecnichetradizionali, poiché, a seconda del contesto sistematorio, della dinamica d’alveoe dei beni esposti a rischio idrogeologico, si deve optare per la soluzione tecni-camente più sostenibile, affrancandosi dal falso pregiudizio che una briglia tra-dizionale debba per forza avere una connotazione meno positiva rispetto aduno step in massi.

Le sequenze a step pool, ad esempio, se impiegate troppo intensamente,abbattono in maniera drastica il trasporto solido a valle e, se realizzate su pen-denze molto forti (>15%), impongono interdistanze tra le opere non semprerealizzabili in cantiere. Non infrequentemente è anche il problema dell’approv-vigionamento dei massi, che, se non vengono importati esternamente, può por-tare ad un depauperamento dell’alveo.

Alcuni aspetti dell’approccio fluviomorfologico sono ancora in fase di stu-dio e maturazione. Si citano, fra i più importanti: la progettazione di una corret-ta alternanza longitudinale delle diverse tipologie morfologiche (rapide, trattideposizionali, riffe pool,…); la codifica delle tecniche costruttive per ricreare itratti a rapida; il corretto abbinamento fra tipo di unità morfologica, andamentodel profilo di fondo e relativa larghezza di piene rive.

Le rapide, ad esempio, tendono a possedere larghezze di piene rive chesono di un 10% più elevate rispetto agli step pool e che crescono più rapida-mente con l’area drenata.

L’estensione longitudinale di un tratto a rapida, inoltre, può arrivare acoprire una lunghezza pari anche a 5-6 volte la larghezza di piene rive(D’Agostino e Vianello, 2004). In questo caso l’emulazione morfologica di unarapida non può essere sostituita da una semplice rampa, ma deve prevedere laricostruzione di un intero tratto di alveo corazzato (“armour layer”) mediantel’impiego di un appropriato fuso granulometrico di massi e ciottoli.

241

Fig. 5 - Briglie diconsol idamentosul Torrente ValRossa (Selva diProgno, Verona):esempio di un’ec-cessiva azione diintrappolamentodei sedimenti

4. Trattenere i sedimenti

Il dispositivo canonico per la trattenuta dei sedimenti è costituito dal siste-ma integrato bacino di deposito-briglia di trattenuta, che si localizza, eccettocasi particolari, a monte della zona per la quale si teme il sovralluvionamentodel canale e la diversione del flusso. Grazie alla crescente specializzazione fun-zionale delle briglie di tipo aperto, la progettazione delle opere di trattenuta ditipo chiuso sta quasi scomparendo.

Alle briglie di trattenuta aperte si è soliti associare una funzione di controlloselettivo dei flussi acqua-sedimento che si esplica secondo le tre principali azio-ni (D’Agostino, 2001): - prevalente azione meccanica di un filtro separatore (effetto setaccio); - meccanismo idraulico di sedimentazione dovuto al rigurgito della corrente

indotto dalla presenza del restringimento (filtro);- meccanismo collisionale tra le particelle; i materiali solidi, convergendo

verso le aperture del filtro, urtano reciprocamente e subiscono un processodi rallentamento che induce una parziale o totale deposizione dei sedimenti. I risultati delle indagini condotte sul comportamento di campo di queste

opere hanno evidenziato che i tre meccanismi non sono facilmente separabili,ma che esistono piuttosto tipologie di filtri, come quelli a fessura verticale sem-plice (Fig. 6) o multipla, che fanno prevalere il meccanismo puramente idrauli-co, mentre altri, caratterizzati da strutture graticciate con luci rettangolari (Fig.7) che fanno prevalere il funzionamento meccanico e collisionale.

Il primo aspetto da valutare è la forma di trasporto che si intende, in viaprioritaria, controllare.

Se si pensa di contenere il volume potenziale di una colata detritica, le strut-ture di tipo graticciato, magari con filtro inclinato ed irrigidito da contrafforti,sono tra le più funzionali. Il concetto di azione selettiva o di trattenuta parzialedeve essere peraltro riconsiderato, poiché il sistema briglia-bacino, per essere

242

Fig. 6 - Briglia a fes-sura per il dosaggiodel trasporto solido:torrente Biois in fasedi esaurimento dellapiena (CencenigheAgordino, Belluno,Servizi ForestaliRegionali, Regionedel Veneto)

efficiente e mettere in sicurezza il territorio, dovrebbe poter contenere volumisolidi comparabili al volume potenziale atteso (non inferiori al 35-40% di que-sto volume). In diverse ricerche (Ikeya, 1989, D’Agostino et. al., 2004) si è dimo-strato che le aperture del graticcio riescono ad operare una trattenuta quasitotale del debris flow, se risultano comprese entro una valore pari ad 1.5-2 voltela dimensione dei clasti più grossolani costituenti il debris flow (Fig. 7). In que-sto caso il filtro è utile, più che per operare una laminazione della colata, permigliorarne le condizioni di arresto. Il fronte che impatta su di un paramentodrenante ha maggiori probabilità di essere fermato; il filtro, inoltre, induce laformazione di un profilo superiore del deposito su angoli più elevati rispettoall’orizzontale, incrementando così la capacità di invaso del bacino stesso.

Se la forma di trasporto è una corrente iperconcentrata, si può ricorrere adispositivi filtranti simili a quelli che si utilizzano per le colate. È però opportunoricercare una certa laminazione delle portate solide, spingendo l’ampiezza delleluce minima anche a valori pari a 2-4 volte le dimensioni dei clasti più grossolani.In questo modo si cercherà di perseguire, attraverso la briglia, la trasformazionedi un flusso ipercontrato in un trasporto solido di fondo. Si ricorda che, dal puntodi vista volumetrico, i flussi iperconcentrati sono di frequente i più temibili, poi-ché costituiscono quelle alluvioni solide che combinano concentrazioni non moltoinferiori a quelle di una colata con durate dell’evento idrologico più prolungate.

Quando si opera il controllo del trasporto di fondo si ricerca la laminazione delpicco di portata solida, mirando a dosare il sedimentogramma associato all’idro-gramma di progetto. La briglia a fessura è univocamente riconosciuta come latipologia di opera più adatta ad esplicare questa funzione. La larghezza (B) dellafessura si dimensiona in modo da rendere necessario un vistoso recupero energe-tico da parte della corrente di monte, controllando cinematicamente le dimensionidei sedimenti che possono essere trattenute dall’opera (D’Agostino et al., 2004).

243

Fig. 7 - Briglia aper-ta per il controllo didebris flow: torrenteChiesa dopo l’eventodel Luglio 2006(Pieve di Livinal-longo, Belluno; pro-getto dell’Autorerealizzato dai Ser-vizi Forestali Regio-nali, Regione delVeneto)

Pochi progettisti si soffermano su di una possibile limitata efficacia temporale diquesta dispositivo di trattenuta, poiché i sedimenti iniziano a depositarsi in corri-spondenza del risalto idraulico (o comunque all’inizio del profilo di moto ritarda-to) e la barra di deposito cresce progressivamente in estensione fino ad arrivare aridosso della fessura (Fig. 8). In questa condizione si è raggiunto il massimo volu-me invasabile (Vi), che dipende principalmente da due parametri: l’altezza di valledel deposito (∆Z3) e la pendenza di equilibrio (ic) dello stesso deposito (Fig. 8); ilcalcolo di Vi può effettuarsi, con qualche approssimazione, con la formula:

(14)

avendo indicato con Ba la larghezza media del tratto d’alveo a monte della bri-glia e con i0 la pendenza del fondo prima della formazione del deposito (Fig. 8).L’altezza ∆Z3 si può determinare rapidamente mediante il bilancio energeticofra la sezione al termine del deposito (sezione 3, Fig. 8) e la sezione di controllodel moto entro la fessura (corrente allo stato critico, sezione c, Fig. 8); trascuran-do la perdita energetica che avviene nell’attraversamento della fessura, l’equa-zione, verificata anche sperimentalmente da Benedetti (1997), risulta:

H3 + ∆Z3 = z + Hc (15)

ove H3 e Hc sono le energie specifiche della corrente rispetto al fondo nelle duesezioni e z la distanza fra il fondo e la base della fessura (Fig. 8). Se si fa riferi-mento ad una portata di progetto (Qp) e si considera un alveo simil-rettangola-re, si perviene alla relazione:

(16)

essendo h3 (m) la profondità della corrente al termine del deposito (Fig. 8).Si propone adesso di introdurre un tempo di efficienza della briglia a fessu-

ra (Teff), tale da stimare la durata della funzione dosante nell’ipotesi di staziona-rietà della portata di progetto Qp ; Teff può esprimersi con la relazione:

(17)

e può essere calcolato accoppiando le eq.ni (4) (con i=i0 e q=Qp/Ba), (13) (conQTr=Qp e dxx=d50), (14) e (16). L’uso dell’eq.(17) è da considerarsi una procedu-ra approssimata per standardizzare il tempo di efficienza dell’opera, poiché siassume che, fino alla completa formazione del deposito, la portata qs, relativaalla pendenza d’alveo a monte (io), sia completamente intercettata dalla bri-glia. Con riferimento ad un’ipotesi di progetto: i0=0.05 m/m; Ba=15 m; d50=0.1m; Qp=30 m3/s, coefficiente di scabrezza di Strickler Ks=20 m1/3/s, τc*=0.06 ez=0 (z, Fig. 8), si riporta in figura 9 l’andamento di Teff e di Vi in funzione di

TV

q Beffi

s a

=

∆Z zQ

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244

245

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diverse possibili larghezze di progetto della fessura B. È interessante osserva-re come, pur rientrando sempre nel campo dei valori di B che determinano unrecupero energetico, il tempo di efficienza sia suscettibile di una variazionemolto sensibile e la briglia mostri, già per valori di B>2m, un tempo di effi-cienza piuttosto limitato. Inoltre, affinché ci si possa orientare verso i tempi diefficienza più elevati, deve essere disponibile una considerevole lunghezzad’alveo a monte dell’opera (si veda la “lunghezza bacino” indicata in figura9), condizione che non può essere sempre assicurata dalla morfologia del trat-to d’alveo sotteso. È anche da precisare che un’eccessiva larghezza del bacinodi deposito a ridosso della fessura induce, durante la fase di esaurimentodella piena, una ripulitura disomogenea dello stesso e la formazione di barremediane all’interno del bacino. Si instaurano così dei filoni della corrente che,convergendo verso la fessura, corrono quasi parallelamente alle ali e richiedo-no la presenza di scogliere antierosive che evitano l’aggiramento dell’opera elo scalzamento della fondazione (Fig. 6).

Per ovviare alla limitata funzionalità temporale delle briglie a fessura, èstata proposta dallo scrivente una briglia di trattenuta con funzionamento adue stadi: nella parte bassa del filtro si è inserita una struttura reticolare confunzionamento prevalentemente meccanico, alla quale si è sovrapposta unageometria a fessura (Fig. 10). L’opera è ispirata dall’idea di rendere progressi-vamente meno selettiva la trattenuta a mano a mano che si va esaurendo lacapacità di invaso del bacino di deposito retrostante.

246

Fig. 9 - Andamento del tempo di efficienza Teff e del volume invasato Vi di una briglia a fessurain funzione della larghezza B assegnata alla fessura; ipotesi di progetto: i0=0.05 m/m; Ba=15 m;d50=0.10 m; Qp=30 m3/s, coefficiente di scabrezza di Strickler Ks=20 m1/3/s, τ*c =0.06, z=0

Per i limiti temporali prima evidenziati, le briglie a fessura possono risultareforse di maggiore utilità, se impiegate come opere di consolidamento dispostein serie, poiché, rispetto alle briglie chiuse, hanno un impatto molto più conte-nuto sul transito del trasporto solido a valle e lasciano che la pendenza di equi-librio si adegui nel tempo alla successione degli eventi di piena e all’evoluzionedella produzione dei sedimenti del bacino. Pagliara (2006) riporta per questasoluzione un positivo riscontro di campo per sei briglie a fessura disposte inserie che sono state realizzate sul torrente Egola (bacino dell’Arno), distanzian-dole mediamente 500 m l’una dall’altra.

5. Smaltire i flussi a concentrazione solida elevata

A valle dei sistemi di trattenuta vi è spesso la necessità di approntare la siste-mazione del successivo canale in modo che sia garantita un’efficiente funzione dismaltimento dei flussi solido-liquido residui che possono transitare in occasionedelle piene. Se poi a monte non è presente alcun dispositivo di intercettazione delmateriale solido, se il torrente transita in prossimità di un centro abitato e seincontra degli attraversamenti stradali, questa esigenza è ancora più incombente.

Dal momento che queste sistemazioni interessano il tratto terminale del tor-rente, ove le pendenze sono di solito contenute, è opportuno prevedere unaforma del canale avente la massima efficienza di trasporto. Le prime indicazio-ni di carattere generale sono: la ricerca di un profilo di fondo con il massimo

247

Fig. 10 - Briglia di trattenuta aperta a due stadi: Rio degli Uccelli (Pontebba, Udine; progettoidraulico dell’Autore)

gradiente topograficamente disponibile e la scelta di una sezione di formasimil-parabolica, che assicuri una più uniforme distribuzione degli sforzi tan-genziali lungo il contorno bagnato.

In molti casi l’errore più macroscopico è quello di riservare al canale unasezione troppo ristretta. In altri casi si sceglie erroneamente, quando vi è dispo-nibilità di spazio e si vuole aumentare il livello di sicurezza, di sovrabbondarenell’assegnazione della larghezza del canale (Bc). In verità è sufficiente accop-piare l’eq.(4) sulla capacità di trasporto alla legge del moto turbolento unifor-me, per rendersi conto di come il rapporto tra Bc e la profondità della correnteh, possa condizionare considerevolmente la capacità di smaltimento dei sedi-menti. A titolo esemplificativo si riporta in figura 11 la portata solida di massaGs (kg/s) che transiterebbe in un canale rettangolare con una pendenza del 5%alimentato da una portata liquida costante Q=10 m3/s. Si è fatto riferimento adun fondo di tipo alluvionale caratterizzato dai seguenti parametri: d50=0.1 m,d84=0.25 m, τc =100 (N/m2). La scabrezza del fondo è stata calcolata in funzionedella sommergenza relativa tramite la nota relazione di Bathurst (1985, p.640),ipotizzando che le sponde del canale siano costituite da blocchi lapidei didimensioni paragonabili al d84 del letto e diano luogo alla medesima legge diresistenza utilizzata per il fondo.

La figura 11 indica come esista sempre una larghezza ottimale in termini diefficienza del trasporto (Bc=2.5 m; Bc/h=2.44; nel caso analizzato) e che, allonta-nandosi da questo punto di optimum, la portata solida convogliabile possarisultare anche più che dimezzata.

In sede di progettazione debbono infine porsi per Bc un limite inferiore eduno superiore. Il primo corrisponde al pericolo di ostruzione meccanico-colli-

248

0

100

200

300

400

0 5 10 15 20 25 30

Bc (m)

Gs (

kg

/s)

pendenza canale = 5%; Q=cost.inizio formazione di barrelimite di ostruzione meccanica

Fig. 11 - Andamento della capacità di trasporto solido di fondo Gs per una sezione rettangolarescabra al variare della larghezza Bc del canale: portata liquida (Q=10 m3/s) e pendenza del fondo(i=0.05) sono costanti

sionale, per evitare il quale si consiglia di porre Bc > 3.5 d84 (Fig. 11). Il secondolimite è relativo alla possibile formazione di barre di deposito centrali, che, alcrescere di Bc, comportano la ramificazione della corrente e la riduzione dellasezione utile di deflusso. L’ultima condizione può esprimersi analiticamente,ricorrendo ad un’espressione teorico-sperimentale suggerita da Parker (1976)secondo la quale, per mantenere la morfologia di canale unicursale e rettilineo,deve risultare:

(18)

essendo Fr il numero di Froude della corrente ed h la sua profondità media(nell’ esempio sviluppato questo limite superiore è di circa 10 m, figura 11).

6. Nota conclusiva

La progettazione degli interventi di idraulica torrentizia per il controllo deisedimenti deve tendere ad un giusto compromesso fra l’utilizzo dei presuppo-sti teorici che sono forniti dalle elaborazioni concettuali ed il riscontro “speri-mentale” che le opere realizzate forniscono quando, a seguito degli eventi allu-vionali, manifestano il loro grado di efficienza.

Il concepimento delle azioni di protezione deve essere guidato, prima ditutto, dalla tipologia della forma di trasporto dominante che si intende control-lare e quindi dalla stima degli effetti che avranno le opere tanto nel breve (5-20anni), come nel medio-lungo periodo (50-100 anni).

Se si indulge eccessivamente verso l’approccio teorico, si può essere pocopreparati nei confronti della aleatorietà ed eterogeneità di processi idrogeologi-ci che si innescano ed evolvono su una scala temporale molto rapida. Se ci siancora esclusivamente all’esperienza pratica, si rischia di proporre soluzionitroppo standardizzate, poco differenziate e non centrate sulla specificità chedovrebbe contraddistinguere ogni intervento di sistemazione di un torrentemontano. Compenetrare i due aspetti significa da un lato ricorrere a quelleinformazioni teoriche di più comprovata affidabilità e validate in pieno campo,dall’altro monitorare il più possibile il comportamento di opere già realizzate.

RINGRAZIAMENTIIl lavoro è stato finanziato da fondi PRIN 2005: “Monitoraggio e modellazione integrata dei processi idrologi-ci di piena e di innesco dei fenomeni di franamento superficiale per piccoli e medi bacini montani”, responsa-bile scientifico Prof. Sergio Fattorelli e da fondi Murst quota ex 60% - anno 2006: “Resistenza al moto e velo-cità della corrente nei torrenti montani a forte pendenza”, responsabile scientifico prof. Vincenzo D’Agostino.

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Bh Fr

ic ≤

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