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LE ARTI DEL SUONO

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le arti del suonon. 7/2013 Suoni dell’architettura.Abitare il sonoro, ascoltare l’ambientea cura diRoberta Lucente, Ida Recchia

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le arti del suono

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Suoni dell’architettura.Abitare il sonoro, ascoltare l’ambiente

a cura diRoberta Lucente, Ida Recchia

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I edizione: novembre

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le arti del suonon. 7 / 2013Indice

Editoriale 7

Suono e architettura:isomorfismi e nuove aperture disciplinari 11di Roberta Lucente

Codici sonori del progetto d’architettura 27di Ida Recchia

Spazio sonoro in azione: l’architettura come strumento fonico 45di Grégoire Chelkoff

Verso un’architettura immersiva 65di Lorenzo Brusci

Paesaggi sonori dalla città.Il caso di Via del Pratello a Bologna 79di Stefania Giametta

Embodied Sound.Il corpo e le architetture aurali 93di Gascia Ouzounian

Tra il visionario e l’arcaico:la “Città Cosmica” di Iannis Xenakis 109di Sven Sterken

Schede librarie 119

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EDITORIALE

Temi ed esperienze

Può l’architettura essere annoverata tra le arti del suono? Certamente è unaforma d’arte che si interfaccia con il suono. In alcune delle sue applicazionispecialistiche modella il proprio spazio per accogliere altre forme artistichebasate sul suono. Nell’esperienza di tutti i giorni, suono e architettura siconfrontano, si attraversano, in maniera spesso non consapevole, ma purecon reciproche esplorazioni d’arte che, quando giungono a corrispondersi,riescono a farlo proprio in virtù di tensioni e intenzioni condivise e conver-genti. Nella maggior parte delle sue espressioni, tuttavia, l’architettura per-cepisce il suono in quanto entità solo occasionalmente adoperabile comemateriale per il compimento della sua dimensione artistica più cogente,quella estrinsecata attraverso il progetto. Essa sceglie questa opzione nelleambientazioni destinate a ospitare esecuzioni musicali di vario tipo, ambitonel quale sono infatti numerose le occasioni che, dall’antichità a oggi, hannovisto architettura e musica confrontarsi, come documenta una letteraturaricca e articolata. Minore consapevolezza si registra, invece, rispetto allemolte altre possibilità che suono e architettura hanno in realtà di corrispon-dersi fruttuosamente, come accade in un numero per fortuna crescente diintersezioni, progettuali, artistiche e scientifiche, di grande interesse.

Muovendo da tale assunto, abbiamo inteso strutturare questo numerodi Le Arti del Suono a partire proprio dai territori di sperimentazione menoesplorati e più innovativi, rinviando una possibile trattazione più puntuale(e anche più canonica) del rapporto tra suono e spazi d’ascolto musicalespecialistici ad altra occasione. Abbiamo preferito focalizzare l’interesse suricerche che esaltano la dimensione dell’ascolto come chiave privilegiataper la lettura dello spazio architettonico, nelle sue diverse e ampie scale;un’architettura, come quella di cui parla Brusci, intesa come dimensioneimmersiva che “contiene” l’esperienza sonora, la quale a sua volta si con-testualizza al suo interno traendone la definizione spaziale del suo conte-nimento. Sono ricerche che propongono una maggiore consapevolezza del datosonoro nella fruizione ma anche nella costruzione dell’architettura, sia a livello dipercezione e riconoscimento, sia a livello di potenziale progettuale. Mirano alla

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messa a punto di nuovi strumenti di descrizione dello spazio sonoro, maanche di codificazione delle sue forme, all’interno di un possibile linguaggiotrasversale alla “cultura del suono” e alla “cultura dell’abitare”. Allo stessotempo, queste ricerche pongono al centro della fruizione dell’architetturail dato corporeo, con relativa esaltazione della dimensione sensibile. Ma,pure, chiamano in causa una dimensione immateriale dell’architettura, adesempio in relazione alla materia sociale, non ponderabile perché non fisica,sebbene fatta di persone, ma proprio per questo rilevante come poche altre,data la funzione civile legata all’architettura. L’introduzione al tema (Ro-berta Lucente), cerca di costruire la necessaria cornice di riferimento entrocui collocare gli altri contributi accolti. La chiave utilizzata è di tipo episte-mologico, con l’intenzione di illustrare le molteplici sfumature del rapportotra architettura e suono riconducendole ai rispettivi statuti concettuali, ecogliendo l’occasione per riconsiderare la globalità delle esperienze com-piute in direzione di una sempre più consapevole interazione tra due “cul-ture” – sia in senso materiale, sia immateriale – come lente utile a guardarecon occhi nuovi alla disciplina architettonica e all’aggiornamento delle suestrumentazioni specifiche.

Allo stesso modo il testo successivo (Ida Recchia) affronta la questionedella possibile incidenza sul metodo e sulla pratica architettonica di un usodel suono come componente materiale del progetto, scandendo la tratta-zione con preziosi riferimenti a concrete realizzazioni, richiamate a dimo-strare l’assunto di fondo, ma anche a rappresentare tappe di un percorsoforse mai davvero interrotto ma certamente divenuto solo di recente piùconsapevole, e soprattutto per fondare un percorso di metodo in fieri. Icontributi di Brusci e Giametta esemplificano due interpretazioni di pos-sibili concretizzazioni di tale obiettivo, sia attraverso un approccio che miraall’esito artistico (Brusci), sia attraverso un approccio che invece guarda allaricaduta sociale (Giametta). Il testo di Grégoire Chelkoff ci regala il privi-legio di un aggiornamento inedito sulle sperimentazioni più recenti del la-boratorio CRESSON, a Grenoble, dalla costruzione dei nuovi repertori di“cartofonie” fino all’introduzione di nozioni concettuali utili a collocareall’interno delle operazioni progettuali intenzionalità indotte da un uso re-almente consapevole (e commensurabile) del parametro sonoro.

Sono testi raccolti attorno all’idea di suono nello spazio che ci circonda,nello spazio costruito ordinario, nell’architettura pensata e non sempre rea-

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Editoriale

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lizzata, nella sala da concerto, in un quartiere dove il suono è fonte di con-flitto, nei giardini d’arte: nei giardini di suono. Sono visioni disomogenee,esperienze sul campo e riletture al tavolo che offrono un quadro ricco e di-versificato, perché proposto secondo diverse prospettive e variabili punti divista. Il suono è indagato sur place, oppure scoperto come nuova fonte diidentità architettoniche e urbane, ma anche inteso come strumento opera-tivo nel progetto di nuove architetture, come mezzo per la costruzione diuno spazio da abitare. Possiamo ascoltare il suono immergendoci neglispazi che lo contengono, lo articolano, lo limitano e possiamo leggerlo at-traverso le intenzioni di progettisti, artisti, musicisti messe in atto, dichiarateo talvolta perfino inespresse. Possiamo pensare di agire su un territorioconteso, su un ambiente sonoro che i suoi abitanti interpretano in manieracontrastante, possiamo tentare di operare – col suono – la costruzione diuna identità e di una consapevolezza comune. I testi degli autori qui invitatiintroducono a queste diverse possibilità, sperimentate in prima personacon esplorazioni e ricerche che verificano ipotesi originali; sono riscontri sulcampo che si concretizzano in azioni narrate.

Roberta LucenteIda Recchia

Nota

Agli scritti raccolti dalle curatrici di questo numero di Le Arti del Suono - cheringraziamo per la pregevole collaborazione - la redazione accosta due ul-teriori contributi, ad ampliare il panorama di esperienze presentato. L’am-pliamento avviene in due direzioni, per così dire: “verso l’interno”, vale adire nel corpo stesso dell’ascoltatore, che nel lavoro degli artisti su cui vertela riflessione di Gascia Ouzounian diventa “spazio di risonanza”, luogo incui abita il suono; e “verso l’esterno”, vale a dire verso lo spazio illimitatocosmico, come nel progetto utopico di Iannis Xenakis, analizzato con pre-cisione storica e acume critico da Sven Sterken (due modi opposti dell’abi-tare, due mondi diversi di stare nello spazio e nel suono).

Agostino Di Scipio

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ROBERTA LUCENTE

SUONO E ARCHITETTURA:ISOMORFISMI E NUOVE APERTURE DISCIPLINARI

Se, vestendo i panni di utenti generici, ci limitassimo a considerareSuono e Architettura a partire dalle loro accezioni più immediata-mente intuibili e più largamente condivise, in quanto evidenze feno-menologiche esperibili attraverso i sensi, non potremmo checonstatarne la condizione immanente di perenne coesistenza. Nonesiste infatti architettura priva di sonorità come non esiste suono inassenza di uno spazio fisicamente definito nel quale potersi manife-stare. Se invece provassimo ad addentrarci nei molti e diversi specia-lismi declinabili a partire sia dalla nozione di suono che da quella diarchitettura, ci troveremmo di fronte a una gamma di possibili rela-zioni tra i due enti molto più che intuitiva e molto diversificata. Inogni caso ci troveremmo di fronte all’evidenza del fatto che, qualun-que sia il punto di vista scelto o l’aspetto specialistico indagato, i duetermini si pongono comunque in relazione reciproca.

Cercando una chiave comune per accedere a queste innumerevolirelazioni, potremmo dunque dire che Suono e Architettura si pre-stano ad essere descritte come corrispondenze isomorfiche, in sensostrettamente matematico. I due termini individuano infatti due strut-ture complesse, applicabili l’una all’altra e corrispondentisi in moltedelle loro parti. La matematica stessa realizza una di queste corri-spondenze, intervenendo non solo a decifrare la natura fisica di en-trambi i fattori ma anche a sostanziarne i relativi fondamenti artistici.Ad un livello ancora precedente cogliamo un’affinità nel poter de-scrivere sia il Suono sia l’Architettura in quanto statuti concettualiche riassumono in sé oltre che il manifestarsi di fenomeni fisicamentepercepibili, le ragioni e le modalità del loro determinarsi e, insieme,gli apparati teorici (anche culturali) che ne definiscono i significati, daquelli più intuitivi a quelli più reconditi.

Il Suono appartiene all’Architettura, la pervade con le sue rivela-zioni, di derivazione naturale come artificiale, e da essa non di rado

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scaturisce. Soprattutto, la permea in tutte le sue scale: territoriali,paesaggistiche, urbane, edilizie, di dettaglio, di finitura, di arredo.L’estensione proposta da Ernesto Nathan Rogers dell’ambito di in-tervento del progetto di architettura “dal cucchiaio alla città”, e -molto prima - la visione speculare evocata da Leon Battista Albertiche ritrae la casa come una piccola città e la città come una grandecasa, confermano infatti l’essenza dell’architettura in quanto entitàmultiscalare e multiforme comunque dotata di natura artistica, nellasua evoluzione da ars mechanica ad ars liberalis. Nel linguaggio tecnicodell’idioma italiano parliamo ugualmente, ma distintamente, di archi-tettura del paesaggio, della città, dell’edificio, degli interni, degli og-getti1. Ed è in questa stessa ampiezza di accezioni che possiamocomprendere l’Architettura come una delle arti del suono e per ilsuono. Essa è infatti, al tempo stesso, l’entità transcalare che defini-sce e/o confina lo spazio - aperto e chiuso, pubblico e privato - in cuisi inverano le vibrazioni che percepiamo come suoni ma anche l’am-bito spaziale stesso - aperto e chiuso, pubblico e privato - modella-bile, tipizzabile e allestibile per accogliere e propagare le espressionidell’arte musicale. Sia quando questa utilizza il suono come materialecreativo per offrirlo a un pubblico di spettatori volontariamente

1 Può essere utile evidenziare la somiglianza fonetica e letterale che la parola ar-chitettura, nella sua totale ampiezza di significati - riferita sia alla teoria che alla pra-tica, sia alla prassi che al suo risultato oggettuale - mantiene nelle lingue europee:architecture in francese, architecture in inglese, Architektur in tedesco, arquitectura inspagnolo, arquitetura in portoghese. Nel comune riferimento al termine latino ar-chitectura (a sua volta derivato dal greco architéktôn), questo dato conferma la capa-cità del termine stesso di riassumere in sé una varietà molto ampia di sfumature disignificati, decifrabili nella loro specificità a seconda del contesto d’uso. Si puòanalogamente verificare la permanenza di sonorità simili nelle varie versioni idio-matiche delle parole suono e musica - la prima, con derivazione dalla matrice latinasonus, diviene: son, sound, sonido, som (fa eccezione il tedesco Klang); la seconda, apartire dal greco mousiké, si ripropone in tutte le lingue in maniera riconoscibile. Ildato che si può trarre da queste circostanze è dunque proprio la forza evocativa deitre termini, costruita da tempi remoti e fondata su un’ampiezza di senso che va dacontenuti di valore simbolico a contenuti di riferimento invece assai specifico econcreto.

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ascesi ai templi deputati all’ascolto, sia quando si rivolge a spettatorioccasionali, destinatari involontari ma non di rado anche chiamati aessere testimoni attivi e partecipi delle varie forme di ricerca musi-cale.

Allo stesso modo e con analoga estensione di scala, la ricerca nelcampo dei suoni utilizza l’architettura come materiale suo proprio2. Inparticolare la questione del rapporto tra Musica (in quanto suono formal-mente strutturato e codificato) e Architettura (in quanto spazio formal-mente strutturato e codificato) si ripropone periodicamente sin da tempiremoti, a livello critico, metodologico, creativo, ed è scandita da occasionie opere che possono essere assunte come pietre miliari per misurare la di-stanza di volta in volta intercorsa tra i due ambiti3. La questione del rap-porto tra Suono (nella sua accezione più ampia e generica) e Ambiente(anch’esso nella sua accezione più ampia e generica, di spazio non neces-sariamente confinato, di paesaggio multiforme e transcalare), è stata inveceoggetto di sperimentazioni e studi più recenti, dall’uno come dall’altrofronte, riconducibili al XX secolo e spesso mirati appunto a istituire nuove

2 Ida Recchia, Costruire per e con i suoni. Qualità sonore del progetto d’architettura,Dottorato di ricerca internazionale in architettura e urbanistica QUOD (Qua-lity of Design), Università della Calabria e IUAV Venezia, 2010.

3 Nella prima forma rinvenuta di trattato di architettura, il De Architecturalibri decem di Marco Vitruvio Pollione (I sec. a.C.), l’Architettura è descrittacome una scienza adornata da più dottrine, tra cui la musica, che viene a piùriprese invocata come dottrina necessaria a infondere negli architetti la capa-cità di “intender le regole della scala armonica ed i rapporti matematici”. Il ri-chiamo alla musica ricorre in quasi tutta la trattatistica successiva fiorita apartire dal XV secolo. Lo stesso Leon Battista Alberti, il più autorevole tra gliumanisti autori di trattati di architettura (De re aedificaoria, 1480), fu umanistanel senso più pieno e dunque edotto di musica oltre che di letteratura e diogni altra forma di arte. Ben noto è poi il dibattito sul tema del rapporto tral’architettura rinascimentale e i principi dell’armonia musicale, lanciato da Ru-dolf Wittkower nel suo Architectural principles in the age of Humanism (1951) esviluppatosi subito dopo in numerose sedi e con toni vari. Sul tema si veda W.Oechslin, “Musica e armonia: gli universali in architettura. Tentativi di ap-proccio”, in Quaderni della Civica Scuola di musica, n. 25, 1995, pp. 78-86.

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modalità di riconoscimento e di codificazione delle possibili interazioni trale ramificazioni più ampie e inesplorate dei due statuti culturali4. Interazioniche continuano a proporsi in termini di reciprocità, a larga come a piccolascala. Le esplorazioni sonore del Novecento partono infatti dalla dimen-sione dell’oggetto, come nelle ricognizioni di John Cage5, per giungere finoall’estensione sottesa dalla nozione di “paesaggio sonoro” che, pur se in-trodotta in termini scientifici solo nella seconda metà del secolo, deve moltedelle sue declinazioni contemporanee al palesarsi in forma inedita di nuovecause e nuovi effetti sonori legati alla condizione dell’abitare moderno e, so-prattutto, agli spazi, aperti e chiusi, pubblici e privati in cui questa condi-zione si determina (il rumore degli zoccoli sul selciato della città, il tram, lametropolitana, lo stridio degli pneumatici sull’asfalto…). Effetti che già i fu-turisti avevano elevato tempestivamente al rango di dimensioni esteticheda esplorare nella musica come nell’architettura e in altre forme espressive,al pari della velocità e di altri caratteri distintivi di quella modernità di cuisubivano la fascinazione e che intendevano celebrare6.

Questi passaggi di scala, dall’uno all’altro versante, introducono a ungioco di scatole cinesi. Si può ad esempio ritenere legittimo affermare chel’Architettura del paesaggio, come disciplina propria degli studi di architet-

4 La questione della nomenclatura continua a essere significativa e complessa.Il termine ambiente, ad esempio, nella ricerca francese si traduce in modi differenticon preciso rifermento all’ambito di applicazione. Parliamo perciò di environnementcon riferimento all’ambiente naturale nelle sue descrizioni geografiche, geomor-fologiche e biologiche; parliamo di paysage se ci riferiamo all’ambiente in quantodato culturale, modellabile e analizzabile con gli strumenti della progettazione;parliamo di milieu per significare invece l’ambiente percepito, in un’accezione fe-nomenologica che include e pone in primo piano il dato percettivo, in tutte le sueespressioni. In quest’ultima cornice si inquadra il lavoro svolto dal laboratorioCRESSON di Grenoble [si veda il contributo di Grégoire Chelkoff, in questo nu-mero] e del laboratorio CERMA di Nantes, anche a seguito degli studi avviati dallascuola canadese di Raymond Murray Schafer.

5 Cfr. John Cage, Per gli uccelli. Conversazione con Daniel Charles, Testo & Imma-gine, Torino 1999.

6 È utile, oltre che interessante e suggestivo, un raffronto tra i “manifesti” fu-turisti riguardanti la musica e quelli relativi all’architettura (cfr. Luigi Russolo,L’Arte dei Rumori. Manifesto futurista, 1913). È inoltre doveroso il richiamo alle suc-cessive sperimentazioni di “musica concreta” di Pierre Schaeffer [a partire dal1948], peraltro ingegnere e dunque ulteriore testimone delle intersezioni discipli-nari che qui interessano.

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tura oltre che come categoria fisica, contiene al suo interno il Paesaggiosonoro definito da Murray Schafer in chiave ecologica, e in parte lo genera.Possiamo infatti parlare, per l’una come per l’altra locuzione, di paesaggi“rurali, urbani, metropolitani, marittimi, domestici”, adoperando le classi-ficazioni proposte dallo studioso canadese, e constatare che l’architetturaappare sia come parte attiva che come parte passiva in tutte le declinazioniindividuate dalle categorie “suoni e società”, ma accoglie e restituisce anche“suoni della natura”, “suoni dell’uomo”, “suoni meccanici” [cioè suonidelle macchine, dei sistemi tecnologici]; essa inoltre manifesta anche la pre-senza di “indicatori sonori”, la cui descrizione può giovarsi tanto di rappre-sentazioni grafiche (o fotografiche o video) quanto di descrizioni acustiche.

Una simile traslazione di significati, non direttamente contemplata daglistudi canadesi7, conferma l’esistenza di numerosi margini di sovrapposi-zione tra architettura e ricerca sonora, ascrivendo la prima tra le disciplinemaggiormente legittimate a interfacciarsi con la seconda. Il dato banale chedetermina tale sovrapponibilità è il riferimento, potremmo dire imprescin-dibile, alla condizione dell’abitare, che trova nell’architettura lo strumentopiù consono ad essere soddisfatta al meglio delle possibilità umane.

L’Architettura, per parte sua, può riscoprire attraverso cortocircuiti diquesto tipo la propria attitudine a essere fruita soprattutto per via percettiva,e così facendo riconsiderare la consueta predilezione delle chiavi sensorialivisive e tattili rispetto a quella uditiva. E quindi guadagnare posizioni utiliverso alcune tematiche peraltro care alla ricerca contemporanea, nell’ambitodella quale oggi infatti si registra una amplificazione del ruolo della dimen-sione sensibile, elevata sempre più di frequente al rango di materiale pro-gettuale (e simbolico) prediletto8. Così facendo, l’obiettivo più significativoche essa può quindi raggiungere è la conquista di modalità di percezionedelle sue componenti di tipo sinestetico, utili a rivelare aspetti della sua na-tura ancora non adeguatamente sviscerati.

7 Com’è noto, tali studi sono inquadrati in una ricerca di carattere musicologicoe mirati soprattutto a promuovere e conquistare una maggiore sensibilità e consa-pevolezza verso l’ambiente acustico, in un’ottica ecologica. Cfr. Raymond MurraySchafer, The Tuning of the World, Toronto, 1977 (trad. it., Il paesaggio sonoro, Ricordie LIM Editrice, 1985).

8 Si vedano, tra gli altri, S. Holl, Parallax. Architettura e percezione, Postmedia, Mi-lano 2004 e Paul Zumthor, Atmospheres, Birkhauser, Basel 2006.

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Continuando in questo gioco di specchi, si riscontrano ulteriori possi-bilità per l’architettura di ridefinire le potenzialità dei propri portatiattraverso le rappresentazioni di essa fornite dalla ricerca musicale. Sead esempio focalizziamo l’attenzione sulla componente sociale, certa-mente centrale nelle applicazioni dell’architettura, possiamo rilevareche in non poche esplorazioni artistiche di tipo musicologico essaviene assurta al ruolo di carattere identitario dei luoghi oggetto di in-terpretazione artistico-musicale. E infatti si pone come tema centralenei ritratti sonori di città, ambienti, localizzazioni oggetto di rileva-mento e rielaborazione artistica in chiave acustica, a partire dalle spe-rimentazioni di Hèctor Berlioz (fin dal 1852) e Luigi Russolo (1913),fino a Llorenc Barber (dal 1988) per arrivare agli allestimenti di O+A[cioè degli artisti Bruce Odland e Sam Auinger, cfr. “Reflections onthe Sonic Commons”, Leonardo Music Journal, n.19, pp.63-68, 2009] oalle sculture sonore di Bill Fontana9.

Nell’architettura in quanto prassi, nelle sue singole realizzazioni, lafunzione sociale interviene come premessa programmatica e fine ul-timo; nell’architettura in quanto pratica disciplinare, si esplica attra-verso la selezione e la definizione, spesso all’interno di processisecolari, di quelli che poi si definiscono “caratteri tipologici” delle variespecializzazioni funzionali degli edifici, espressioni della utilitas vitru-viana e, nell’interpretazione proposta da Gianfranco Caniggia, custodidei meccanismi evolutivi degli ambienti abitati dall’uomo. Per questavia quindi, attraverso l’intersezione con le rappresentazioni sonore dipaesaggi colti nel vivo della propria socialità, l’architettura può tornareal significato profondo del proprio mandato civile, e trovare nuove ra-gioni di sperimentazione e nuove chiavi per interpretare la contempo-raneità, forte delle forme di rilevamento delle sue dinamiche socialiattingibili a tutti gli approcci utilizzati nelle esplorazioni sonore: feno-menologici, ecologici, antropologici, artistici.

Al di là di simili proficue contaminazioni, nelle singole applicazioniintervengono naturalmente questioni di rappresentazione, codifica-zione e metodo a descrivere e anche circoscrivere lo specifico deimondi dell’architettura e dei suoni. Nondimeno, la comune attitudine

9 Cfr. R.Belgiojoso, Costruire con i suoni, Franco Angeli, Milano 2009.

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semantica coglie a più riprese i rispettivi linguaggi nell’atto di sovrap-porsi, soprattutto nell’ambito dei rapporti di reciprocità intessuti dal-l’architettura con l’arte musicale. A partire dai riferimenti pitagorici alconcetto di armonia, che introduce, attraverso la matematica, la nozionedi misura di ciò che percepiamo come “ben composto nell’equilibrio delleparti”, sia visivamente che acusticamente; per arrivare alla nozione stessa di“composizione”, adottata nella disciplina architettonica come in quellamusicale.

Nello specifico della pratica artistica, Musica e Architettura si pon-gono, a seconda dei casi e con ritmi più o meno cadenzati, come ter-mini omologhi o antitetici, come protagonisti di un isomorfismo chepuò apparire al tempo stesso forte o debole. In campo filosofico sipongono come forme artistiche affini o opposte ma comunque ugual-mente distinguibili per primato dalle altre forme artistiche.

Se per un verso il fondamento epistemologico che inquadra la que-stione del rapporto tra scienze umane e scienze naturali può trovarenell’architettura in quanto “arte che si serve della tecnica” un signifi-cativo punto di contatto, per altro verso la stessa componente tettonicadell’architettura diviene infatti il fattore che sul piano filosofico, se-condo Hegel, la oppone alla musica, essendo la prima compromessanel raggiungimento della « piena artisticità » da una sorta di « ecce-denza di materia sensibile »10 e affermandosi la seconda come la piùpura delle arti in ragione dell’assoluta rarefazione della sua materia.Anche nella visione di Goethe, poi ribadita da Schelling, che ritrae l’ar-chitettura come « musica congelata », si allude a una entità inerte e per-sino immota, accomunata all’arte musicale unicamente dal sistema dimisura e di proporzione rivelato da Pitagora. Ma qui la cristallizzazionedell’armonia in spazio costruito, e dunque la sua rappresentazione informa perenne, sembra potersi interpretare anche come condizioneprivilegiata, che sottrae la bellezza alla dimensione effimera della per-cezione per via uditiva.

L’oscillazione tra le diverse accezioni filosofiche di musica e architet-tura non si esaurisce nel ricorrere in forma alterna della polarità tra ledue arti, poiché si avvale anche di altri registri comunicativi. Si esprime

10 S. Chiodo (a cura di), Il suono congelato, Edizioni Unicopli, Milano 2009.

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in forma simbolica, ad esempio, nelle varie altre occasioni in cui i duetermini si propongo l’uno come chiave metaforica per l’altro. Abbiamo cosìgli edifici che « cantano » celebrati da Paul Valery11 nel 1921, distinguibilidagli edifici « che parlano », o, nella visione proposta da Nathaniel Haw-thorne inAmerican Notebooks (pubblicati postumi nel 1868) quegli edifici che« se le città fossero costruite col suono della musica […] sembrerebbero co-struiti in toni gravi, solenni » oppure « prodotti al ritmo di lievi e fantastichearie ».

E altre forme metaforiche scaturiscono dalla citata sovrapposizione deicodici semantici che intervengono nella descrizione delle due arti. All’eser-cizio della composizione si associano infatti qualità descrivibili in ambo icasi in termini di ritmo, struttura, serie, sequenza, pausa, contrappunto; men-tre la parola spazio, sopra ogni altra, ne suggella il legame profondo, nonsolo nel suo significato di entità incorporea ma fisicamente individuabile incui il suono si manifesta, ma anche in quello di possibile materiale compo-sitivo, per l’architettura come per la musica.

È una strada, questa, attraverso la quale si giunge alla traslazione di signi-ficati che si invera nelle forme concrete delle rispettive costruzioni. Quellemusicali, ispirate ai rapporti dell’architettura edificata, come il sempre citatomottetto Nuper Rosarum Flores di Dufay, capostipite del genere, compostonel 1436 per l’inaugurazione della chiesa di Santa Maria del Fiore mettendoin musica le proporzioni della cattedrale, e come nelle più numerose costru-zioni architettoniche ispirate alle proporzioni musicali (come il teatro di Epi-dauro di Policleto, oppure il pan de verre del convento de La Tourrette di LeCorbusier, anticipati dal mito di Anfione che costruisce le mura di Tebe conmateria musicale). Quando non si realizzi poi la sintesi perfetta dell’operad’arte totale, del progetto creativo condiviso e declinato nelle varie espres-sioni artistiche tra cui lo spazio architettonico progettato ad hoc, come nel pa-diglione Philips di Le Corbusier e Xenakis concepito all’unisono con il Poèmeélectronique di Varèse, nel 1958, oppure il Prometeo, frutto del connubio arti-

11 Paul Valery,Eupalino o l’architetto, Edizioni Biblioteca dell’immagine, Pordenone 1997.12 Molteplici sarebbero i riferimenti bibliografici relativi a queste esperienze. Tra i con-

tributi più recenti e ampi si segnalano: R. Favaro,Spazio sonoro.Musica e architettura tra analogie,riflessi, complicità, Marsilio, Venezia, 2010, e il volume antologicoMusica&architettura (a curadi A.Capanna, F. Cifariello Ciardi et al.), Edizioni Nuova Cultura, Roma, 2012.

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stico di Nono, Piano, Cacciari e Vedova12.Episodi come questi chiamano tuttavia in causa una componente auto-

riale che interviene sempre nelle esperienze programmaticamente trasver-sali ai due mondi del Suono e dell’Architettura. Sono infatti esperienze chenascono dalla volontà di autori spinti a percorrere fino in fondo la stradacomune ai due territori per precisa formazione culturale, interesse o per-sonale affinità con altri autori. Si deve infatti, ad esempio, a Iannis Xenakis,matematico e musicista prima che architetto e collaboratore di Le Corbu-sier, la forza evocativa, polisensoriale ed espressionistica del Padiglione Phi-lips, parallela ad una ricerca e sperimentazione di scrittura musicale secondomodalità che egli stesso definisce architettoniche13. Mentre di contro col-pisce, nella lettura di testi del Novecento che hanno più profondamentesegnato la cultura architettonica e urbana del mondo occidentale come

13 [di Iannis Xenakis si veda il libroMusica. Architettura, Spirali Edizioni, Milano,1982, e vari passaggi di Universi del suono. Scritti e interventi 1955-1994 (a cura di A.Di Scipio) Ricordi-LIM, 2003].

Luigi Nono, Studi per Prometeo, in Nono L., Verso Prometeo, a curadi Cacciari M., Ricordi, Milano, 1984

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Space, time and architecture di Sigfried Gideon, L’Architettura della città di AldoRossi), l’assenza di un riferimento mirato alla componente sonora nella de-scrizione dei fenomeni architettonici e urbani14.

Proprio nel solco tracciato dalla ricerca nel campo della musica spazia-lizzata e dell’ascolto pluridirezionale, si collocano ulteriori e specifiche in-tersezioni tra Suono e Architettura, che innescano nuovi meccanismi diattenzione dedicata, investendo direttamente la ricerca architettonica e ti-pologica nel campo degli spazi specializzati per la musica. Qui, edifici sem-pre più capienti e numerosi si dispongono a rispondere alle esigenze dellamusica di ricerca, come fossero personaggi in cerca di autore, dotati di ca-ratteri riconoscibili ma disponibili a plasmarsi a seconda del testo, in virtùdei segreti assetti variabili delle loro sale, custodi dell’intrinseca attitudinemacchinistica del genere15. Si manifestano quindi anche inclinazioni, daparte degli autori, a porsi come specialisti del genere stesso. Renzo Pianoparte dalla famosa sala dell’IRCAM di Parigi [Espace de projection] per arrivareall’Auditorium [del Parco della Musica] di Roma; Christian de Portzamparcesordisce con la Cité de la Musique, sempre a Parigi, per giungere all’Au-ditorium di Lussemburgo e alla Cidade da Musica di Rio de Janeiro; Hen-ning Larsen opera in direzione simile a Copenaghen e ad Uppsala…

Queste tipologie di specialismi investono persino lo specifico dei codiciunivocamente chiamati a significare le due forme espressive, cioè la nota-zione musicale e il disegno, in cui si possono verificare delle insospettabilisimmetrie. In alcune ricerche di musica “spazializzata” le partiture assu-mono i connotati di piante architettoniche in cui rappresentare la disposi-

14 Altri capisaldi come L’immagine della città di Kevin Lynch pongono marcata-mente l’accento sulla dimensione percettiva come chiave privilegiata di interpreta-zione delle forme della città. Il libro di Rossi invece, richiamandosi alla forza“analogica” dell’architettura, sembra prediligere la potenza evocativa, la quale tut-tavia si esaurisce, anche nella lezione rossiana, nella restituzione meramente iconicadell’architettura stessa - nuovamente svilita, dunque, del valore aggiunto dalle so-norità da essa evocabili.

15 Sul rapporto tra musica spazializzata e sale modulabili, con riferimento al-l’evoluzione tipologica di tali sale in rapporto alla corrispondente ricerca musicalee nel quadro della produzione architettonica, si veda il contributo di Roberta Lu-cente e Ida Recchia al numero tematico di Metamorfosi. Quaderni di architettura, nn.68-69, 2007, intitolato “Macchine sonore”.