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100 numeri: ricordare e progettare Di fronte al terrore. Cristiani e Musulmani più fragili e più uniti Per tutti... Nando Budoia-Torino filo diretto con le Olimpiadi Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia Anno XXXII · Dicembre 2003 · Numero 100 Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.

l'Artugna 100_ 2003

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Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia Anno XXXII · Dicembre 2003 · Numero 100 Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.

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100 numeri: ricordare e progettare

Di fronte al terrore. Cristiani e Musulmani più fragili e più uniti

Per tutti... Nando

Budoia-Torinofilo diretto con le Olimpiadi

Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa LuciaAnno XXXII · Dicembre 2003 · Numero 100S

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numeri

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100

Questo numero de «l’Artugna»,che esce per il Natale 2003, chiu-de il 32° anno di pubblicazioni eporta il numero 100. È un bel tra-guardo per il nostro periodico, untraguardo che ci fornisce l’occa-sione per ricordare il lavoro diquesti lunghi anni e ci stimola aprogettare il nostro futuro.

Già con il primo numero diquest’anno particolare, abbiamodato una nuova veste grafica alperiodico. L’Artugna viene citataspesso per come si presenta eper come ha saputo adeguarsi,negli anni, in seguito ai mutamen-ti del gusto estetico e all’avventodelle nuove tecnologie.

Ciò ci fa molto piacere ma nonci fa dimenticare che il futuro del’Artugna va ricercato in un infolti-mento del numero di collaborato-ri e, in particolar modo, di giovanicolla boratori.

È una sfida che dobbiamo af-frontare e vincere se vogliamoche il periodico della comunità di Dardago, Budoia e SantaLucia, possa raggiungere ulte-riori traguardi.

32 anni di vita della nostra co-munità sono raccolti in qualchemigliaio di pagine del periodico.Ma esiste una tradizione ancorpiù lunga in questo campo. ADardago, il bollettino La Voce delPastore, fin dal lontano 1943 – anno in cui fu voluto dall’allorapievano, don Nicolò del Toso –per circa 20 anni è arrivato nellenostre case. In questo numero ciè sembrato opportuno dare il giu-sto risalto a quell’iniziativa che,considerati gli anni bui in cui nac-que, ha del miracoloso. Anchedon Alberto Semeia continuò perqualche anno le pubblicazioni e,pertanto, possiamo affermareche la nostra comunità, da 60anni, con qualche breve interru-zione, ha un suo bollettino.

Se non è un record è senz’al-tro una situazione particolaris -sima di cui possiamo essere orgogliosi.

È, allo stesso tempo, ancheuna grossa responsabilità perchénon si può lasciar morire una ini-ziativa così importante e radicatanella nostra comunità.

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Eravamo un po’ in apprensio-ne, perché il cambiamento pro-posto era abbastanza radicale. Icommenti, però, sono stati posi-tivi e ciò ci conforta.

Un inserto è dedicato ai nostriprimi 100 numeri. Sono stati rac-colti gli interventi di autorità e col-laboratori in occasione della bellaricorrenza. Tessere di un preziosomosaico celebrativo dell’eventoche sono particolarmente bene-voli nello stilare un bilancio diquesto esperienza.

ricordare e progettare

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È ancora Natale! In questo tem-po così particolare e così difficile!

Iniziata con l’11 settembrel’impresa dell’odio e della violen-za sembra continuare e il mondoguarda questo scenario sangui-noso ed apocalittico che affliggegli uomini. Sembra non bastino lasituazione della fame e delle ma-lattie... Alle situazioni sociali cheproducono la morte si aggiungela guerra che sembra essere infinita!

Certo che è possibile perchél’amore è un irrinunciabile donodato agli uomini. Gesù prenden-do su di sé tutta la nostra uma-nità ci ha donato tutta la sua divi-nità quindi gli stessi atteggiamentidi Dio. Praticarli, dipende dallanostra buona volontà, dandospazio nella nostra vita all’amoree al perdono. Dio si è fatto comenoi, per farci Lui.

«Oggi è nato per noi unSalvatore, Cristo Signore». Ac -cogliamolo nella nostra casa,apriamogli il nostro cuore, confi-diamogli le nostre miserie. Ac -costiamoci alla confessione, peressere purificati e perdonati. LaVergine Maria, Madre di Dio e no-stra, Donna del silenzio e dell’at-tesa, ci faccia vivere il veroNatale; quello consumistico, deidoni, dei pranzi, dei viaggi, finiscepresto. Il Natale con Cristo rima-ne per sempre.

Vieni Signore Gesù, discendidal cielo e rimani con noi. Ascoltail grido dell’umanità sofferenteche ha bisogno di vera pace; toc-ca il cuore di pietra degli uominiinsensibili e trasformalo in cuoredi carne. Ove ha sede l’amore, lacomprensione, il vicendevole aiu-to, la carità senza limiti.

È ancora Natale. A voi carefamiglie, ai piccoli, ai giovani, agliammalati, ai forestieri, alle perso-ne sole e senza speranza, il miocordiale augurio di pace e bene.Buon Natale, Buon Anno a tutti.

vostro DON ADEL

la lettera del Plevàn

Purtroppo carissimi questa èla situazione del nostro tempoanche se noi ancora prepariamole luci e gli addobbi e gli alberi na-talizi ricordiamoci che c’è genteche soffre e muore; non sono so-lo gli altri, di altri Paesi che non citoccano più di tanto, ma la nostragente che è andata in Iraq peruna missione di pace. Pensiamoanche a loro.

È ancora Natale. NasceGesù. Sorge spontanea una do-manda, noi ci facciamo questadomanda: «è possibile sperareed amare ancora»?

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IMPORTANTE

Giungono talvolta lamentele peromissioni di nominativi nella rubricaAvvenimenti.Ricordiamo che la nostra fontedi informazioni sono i registridell’Anagrafe comunale.Pertanto, chi è interessato a pubblicarenominativi relativi ad avvenimenti fuoriComune o relativi a particolariricorrenze (nascite, nozze d’argento,d’oro, risultati scolastici ecc.)è pregato di comunicarli alla Redazione.I nominativi pubblicati sono pervenutiin Redazione entro il 13 dicembre 2003. Chi desidera usufruire di questarubrica è invitato a comunicare i datialmeno venti giorni prima dell’uscitadel periodico.

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N A S C I T E

Benvenuti! Abbiamo suonato le campane per l’arrivo di...

Eva Puiatti di Stefano ed Elisabetta Crovato – BudoiaKarim Ben Safir di Ali e di Khadija Rochdi – Santa LuciaEdoardo Del Maschio di Giovanni e di Marta Saksida – BudoiaEmrah Selimoski di Tamir e di Zurejma Selimoska – Santa LuciaLeonardo Polo Del Vecchio di Andrea e di Maria Tassan Zanin – BudoiaChiara Forti di Stefano e di Maria Masutti – Santa LuciaAlice Canzian di Mauro e di Katia Santarossa – BudoiaMaria Vittoria Faion di Massimo e di Lucia Sandra Spiga – BudoiaMaria Rachele Faion di Massimo e di Lucia Sandra Spiga – BudoiaMartina Zoni di Massimo e di Alessia Zambon – Dardago

M AT R I M O N I

Hanno unito il loro amore. Felicitazioni a…

Antonio Mezzarobba con Berangere Crouigneau – BudoiaMarco Minuz con Elena Dal Mas – BudoiaAndrea Baccaro con Orienne Tomasella – Santa LuciaAnna Lis con Marco Groppi – Castello di AvianoAndrea Burigana con Giulia Del Gobbo – Torre di PordenoneVictoriano Fort Pitus con Antonella Gariboldi – MilanoMatteo Zambon Rosit con Nadia Dainese – VeneziaDavide Viola con Simona Zambon Pala – MilanoAndrea Fabris con Denise Romani – Milano

Nozze d’oroAngelo Polo e Stefania Busetti Caporal – Milano

Nozze di diamanteGiuseppe Ianna Bernardo e Ermellina Zambon – DardagoCamillo Zambon Pinal e Lidia Zambon – Dardago

Nozze d’argentoGiorgio Bocus e Giuliana Allegretto – Dardago

L A U R E E , D I P LO M I E . . .

Complimenti!

Lauree

Cristina Moreschi – Psicologia – BresciaLisa Bottan – Architettura – OrsagoDaniela Ferrario – Giurisprudenza – MilanoMauro Vago – Economia Aziendale (triennio) – PordenoneValentina Zambon – Diplomata Conservatorio (Flauto) – Budoia

D E F U N T I

Riposano nella pace di Cristo.Condoglianze ai famigliari di…

Luigia Fort di anni 83 – Santa LuciaArturo Busetti di anni 70 – DardagoArturo Steffinlongo di anni 95 – VeneziaSilveria Del Maschio di anni 89 – BudoiaSergio Zambon di anni 72 – FranciaMaria Clara Zambon di anni 49 – VallenoncelloFerdinando Carlon di anni 82 – BudoiaRenato Del Ponte di anni 80 – MilanoGiuseppe Pian di anni 87 – PrataEnrico Carlon di anni 82 – BudoiaMaria Zambon di anni 92 – BudoiaAlbino Carlon di anni 82 – BudoiaAnita De Riz di anni 79 – DardagoElide Tomasella di anni 79 – Santa LuciaMassimo Zambon di anni 34 – FranciaRina Zambon di anni 87 – VeneziaGelinda Pantano di anni 78 – DardagoGuido Zambon di anni 72 – DardagoAnita Adams – GhanaRenata Panizzut di anni 76 – BudoiaOttorino Rigo Dell’Angela di anni 64 – DardagoDorino Bastianello di anni 88 – DardagoMario Mezzarobba di anni 73 – PordenoneGiovanna Basso di anni 82 – DardagoMaria Besa di anni 99 – Santa LuciaAugusta Cescutti di anni 82 – MilanoNadia Lacchin di anni 73 – Budoia

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Periodico quadrimestrale della Comunità di Dardago, Budoia e Santa Lucia (Pn)

sommario

2 100 numeri: ricordare e progettare

3 La lettera del Plevàndi don Adel Nasr

4 La ruota della vita

6 Di fronte al terroredi Maria Grazia Zambon

8 Don Nicolò tra noi conla sua... «La Voce del Pastore»a cura di Roberto Zambon

15 Per tutti... Nandodi Mario Povoledo

17 Il mio ricordo di Nandodi Giacomo Del Maschio

18 Budoia-TorinoFilo diretto con le Olimpiadia cura di Magda Carlon

20 Oltre il primo sguardodi Marta Zambon

21 Cefalonia · Testimonianzedi Santo Cantadi Edoardo Calderan

23 Don Umberto FortSignificativi ricordi di unavita brevedi Leontina Busetti

24 ’N te la vetrina

26 ’L è tornàt a nassedi Giacomo Del Maschio

27 Grazie, Mary, per la tua missione d’amoredi Espedito Zambon

28 Lasciano un grande vuoto

29 Intorvìa la tòlaa cura di Adelaide Bastianello

30 Cronaca

36 Inno alla vita

37 I ne à scrit

39 Programma Bilancio Economico

ed inoltre...Albero genealogico della famigliaZambon Pinal Bavan(undicesimo inserto)

Supplemento speciale in occasionedel 100° numero de l’Artugna

Autorizzazione del Tribunale di Pordenonen. 89 del 13 aprile 1973Spedizione in abbonamento postale. Art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96.Filiale di Pordenone.

Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzionedi qualsiasi parte del periodico, foto incluse, senza ilconsenso scritto della redazione, degli autori e deiproprietari del materiale iconografico.

Direzione, Redazione, Amministrazionetel. 0434.654033 · C.C.P. 11716594

Internet www.naonis.com/artugna

[email protected]

Direttore responsabileRoberto Zambon · tel. 0434.654616

Per la redazioneVittorina Carlon

Impaginazione Vittorio Janna

Ed inoltre hanno collaborato Alessandro Baracchini, Adelaide Bastianello,Ennio Carlon, Giovanni Bufalo, Marta Zambon

StampaArti Grafiche Risma · Roveredo in Piano/Pn

In copertina

Tre colli, tre comunità vive, in 100 numeri.

100

anno

XXXI

I ·dic

embre 2003

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Istanbul (AsiaNews)Da giorni, spenti i riflettori delmondo sugli attentati che hannocolpito il suo cuore, una fitta neb-bia avvolge la grande metropoli diIstanbul. Come un velo che copree protegge, attenuando suoni erumori. Quasi a voler custodirenel suo silenzio il dolore strazian-te di numerose famiglie di ognireligione, cultura e ceto sociale.

Il silenzio, denso di emozionicontrastanti, è calato su tutta laTurchia.

Silenzio chiesto ai massmediadal primo ministro Erdogan per-ché le indagini non siano intral-ciate con fughe di notizie e il tri-bunale per la sicurezza haimposto il segreto istruttorio.

Silenzio voluto dai sindacati edalle organizzazioni non governa-tive e attuato con una silenziosaprotesta per la pace, svoltasi nel-le piazze delle principali città delPaese. Non urla arrabbiate, nonrivendicazioni di vendette, nonscene di isterismo, ma folle di mi-gliaia di giovani, anziani, donne,lavoratori e bambini, composte ecompatte in una presenza mutada mozzare il fiato.

Un silenzio denso, per ribadireil rifiuto di ogni violenza terroristi-ca. Violenza senza volto che hamietuto vittime tra i turchi di reli-gione musulmama, ebraica e cri-stiana. Uno spettro che – non sisa quando, dove e come torneràa colpire – si aggira ancora e cheha minato una pace a fatica co-struita negli anni.

Commentando i fatti di questigiorni, Kenan Gürsoy, docenteall’Università Galatasaray di Istan -bul ha detto: «La Turchia ha intra-preso ormai da due secoli la suaoccidentalizzazione, direi la suade-ottomanizzazione, attraversoenormi problemi e rivoluzioni chehanno lasciato tracce nel nostrosistema politico, sociale e cultura-le. Fino all’anno scorso, in Turchianon vi era una vera pace interna,una riconciliazione tra i differentigruppi. Di fronte alla modernità ilpopolo turco non si era definitocome musulmano. Adesso, inve-ce, grazie alla vittoria elettoraledell’Akp di Erdogan, ha avuto lapossibilità di essere insieme mo-derato e radicato in una tradizio-ne che gli appartiene. Anche co-loro che non hanno votato l’Akp –e io sono tra questi – ritengo orache un governo islami co modera-to rappresenti un’op portunità

Intraprendere

la via della violenza è sempre

una scelta inefficace per raggiungere pa-

ce e democrazia in Medio Oriente. Il 12 novem-

bre è successo anche ai nostri carabinieri e soldati.

In un attimo, dolore e sgomento hanno pietrificato

l’Italia da Nord a Sud. Di violenza ci documenta Maria

Grazia, figlia di Arturo Zambon Tarabin, che alla ricerca

delle proprie radici cristiane è giunta ad Antiochia dove vi-

ve con la piccola comunità cristiana locale, dedicandosi

all’accoglienza e dove opera per far si che una certa

presenza non si disperda. È una testimonianza di

una cristiana in un paese, la Turchia, scon-

volto dagli attentati successivi al -

la strage di Nassiriya.

Di fronte al terroreCristiani e Musulmani più fragili

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unica e un ponte tra laicità eIslam. Certamente, questo Islamnon piace agli estremisti i quali,con le bombe, puntano a intral-ciare questo cammino di riconci-liazione interna ed esterna».Dopo gli attacchi del 15 e del 20novembre la Turchia non è più lastessa: mai avrebbe immaginatoun affronto di tale portata. Vi si -tando diversi luoghi il paese sem-bra si sia indebolito terribilmente.

Durante questo speciale pastoin comune, i membri della fami-glia e gli amici si riuniscono inun’atmosfera di gioia e in molticasi, senza alcuna discriminazio-ne, persone di altre religioni, so-prattutto se vicini di casa e colle-ghi di lavoro, sono invitate acondividere questo momentoconviviale: segni di amicizia pre-ziosi, specialmente in questo mo-mento in cui si vivono tante in-quietudini e si percepisce nell’ariaun senso di paura e di morte, cheattanaglia gli animi ed è difficileda scrollarsi di dosso.

La novità è evidente soprattut-to ad Antiochia, conosciuta come«la città della pace e della comu-nanza fra le religioni». In questi

giorni di vacanza essa è diventatamèta di viaggi e di famiglie egruppi, quasi a testimoniare chesi vuole vincere la paura.

Guerre e di violenza sono unaferita aperta nel cuore dell’uma-nità; i conflitti che fanno vittimeinnocenti spingono la popolazio-ne a perdere la speranza.

Ma è proprio in questo mo-mento di estrema fragilità e de-bolezza, che ci si ritrova uniti in-torno all’unico Signore del Cielo edella Terra.

Sabato scorso, la «notte delladiscesa del Corano sulla terra» lemoschee erano straripanti di per-sone ad invocare la pace e la luce.La domenica è stata la volta deicristiani per la festa di Cristo Re.

Nell’augurio di quest’anno aconclusione del Ramadan 2003Monsignor Fitzgerald, il presiden-te del Pontificio Consiglio per ildialogo interreligioso, ricorda leparole di Giovanni Paolo II: «Se lapace è dono di Dio ed ha in Lui lasua sorgente, dove è possibilecercarla e come possiamo co-struirla se non in un rapporto inti-mo e profondo con Lui? Edificarela pace nell’ordine, nella giustiziae nella libertà richiede, pertanto,l’impegno prioritario della pre-ghiera, che è apertura, ascolto,dialogo e ultimamente unionecon Dio, fonte originaria della pa-ce vera». (Discorso del 24 gen-naio 2002).

In questo momento di tenebrache oscura l’umanità in numerosiluoghi del Medio Oriente gli uomi-ni e le donne di qualunque fede inTurchia credono e sperano inquesta pace.

e più uniti

Nello stesso tempo si è rafforzatoil desiderio di mostrare il volto fra-terno e pacifico dell’Islam.

Oggi è il primo giorno di festadel dopo Ramadan. Dopo l’at-tentato molti rimanevano barricatiin casa. Ora le famiglie a poco apoco si sono fatte coraggio ehanno invaso i mercati per com-prare i cibi indispensabili al tradi-zionale pranzo, i regali da distri-buire a bambini, amici e parentiche si vanno a visitare, i vestiti daindossare per l’occasione e so-prattutto i dolci che non possonomancare sulla tavola in questigiorni di Seker Bayram («festadello zucchero»).

Maria Grazia Zambon

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Lino-Tipografico di G. Martano aChie ri (TO) che erano specializza-te nella realizzazione di un bollet-tino a carattere generale con lepagine interne dedicate alle sin-gole realtà parrocchiali. Forse, l’idea iniziale di don Ni colòera quella di stampare un fogliet-to dedicato esclusivamente aimolti dardaghesi lontani dal loro

pae se. Il primo numero, uscito inoccasione della Pasqua nel -l’Aprile del 1943, fu spedito aidardaghesi dimoranti nelle variecittà italiane e ai molti soldatiimpe gnati sui vari fronti di guerra.Insieme al bollettino fu inviataun’immagine benedetta del Sa -cro Cuore, del quale don Nicolòera particolarmente devoto. Il fa-scicoletto era interamente dedi-cato a loro, con auguri ed esorta-zioni per i giovani, le domestiche,i soldati lontani. Veniva ricordatoche la seconda Messa di ognidomenica era per gli emigranti eper i soldati, come pure il rosariorecitato ogni sera all’Ave Maria.E, infine, una domanda:

Vi piacerebbe che ogni tantovi mandassi un foglietto comequesto, con qualche buon consi-glio, con qualche notizia del pae-se? Un foglio insomma che vi aiu-ti a mantenervi buoni, che porti lamia parola a voi che, pur lontani,siete pecorelle del mio greggespirituale e che mi state tanto piùa cuore quanto più siete lontanied esposti a maggiori pericoli. Vipiacerebbe?

Don Nicolò, da Castelnovo delFriuli, terra di emigrazione, cono-sceva bene l’angoscia di chi perlavoro o per dovere era costretto

«La Voce del a cura di Roberto Zambon

Don Nicolò tra noi con la sua...

Sessanta anni fa entrava nellecase dei dardaghesi (forse perla prima volta nella loro storia)un bollettino parrocchiale.Era una iniziativa del nuovopievano, don Nicolò del Toso,giunto a Dardago poco tempoprima (il 13 ottobre 1942)in sostituzione del defuntodon Romano Zambon.

Il bollettino, «La Voce del Pa -store», si presentava come un fa-scicoletto (formato cm 17,8x 25)composto da 10 pagine dellequali solamente le 4 interne eranorelative alla parrocchia di Darda -go. Infatti, il bollettino era stam-pato dalle Edizioni Voce del Pa -store presso lo Stabilimento

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Vi porterà sempre un buonpensiero, qualche notizia del pae-se, l’elenco delle offerte che per-vengono alla chiesa e tante altrecose. Va, o piccolo foglio, portala voce del Pastore dovunque sitrovano le pecorelle del suo greg-ge. Ai Soldati, alle Domestiche, atutti i lontani dalla parrocchia por-ta il ricordo dei loro cari ed essi

vivranno così con il loro Paese,con la loro Famiglia e con i lorocari e sembrerà di essere ancoranelle loro case e nella loroParrocchia.

A tutti: Pace e bene.Inizia così la pubblicazione re-

golare del bollettino. Non abbia-mo a disposizione, purtroppo, laraccolta completa ma da infor-mazioni e da documenti presentinell’archivio parrocchiale c’è daritenere che quasi ogni mese eper una ventina d’anni la Voce delPastore entrò nelle case darda-ghesi e venne spedita agli emi-granti. La pubblicazione del bol-lettino fu continuata per qualcheanno anche dal successivo pie-vano, don Alberto Semeia.

Quanto lavoro per don Nicolò.

Preparare da solo il materiale perpubblicare ogni mese il bollettino– seppur composto da pochepagine – fu senza dubbio un’im-presa ardua. Eppure, il pievanoera talmente convinto dell’utilitàdi questa iniziativa che la ripropo-se anche nelle altre parrocchie dalui curate dopo aver lasciatoDarda go. (1)

Scorrendo le pagine abbiamouna visione della vita di Dardagoin un periodo, dal 1943 fino ametà degli anni ‘50, che ha se-gnato un cambiamento epocale.Si era passati, non senza diffi-coltà e contraddizioni, dagli annibui e terribili della guerra, agli annidell’inizio del boom economico.Un periodo che segnò il passag-gio da una società prevalente-mente rurale – profondamenteattaccata ai valori umani e cristia-ni ma anche contrassegnata dapovertà ed emigrazione – ad unasocietà in cui le famiglie, graziealla creazione di nuove e diverseopportunità di lavoro, potevanovivere più dignitosamente. DonNicolò, conscio di questi cambia-menti li registra fedelmente. Vedecon molto favore il progresso chepuò migliorare la vita degli uomi-ni. Allo stesso tempo, però, èprofondamente preoccupato chequesto passaggio epocale nonallontani i parrocchiani dagli inse-gnamenti della chiesa.

Non è possibile, in poco spa-zio fare una disamina di molti annidi pubblicazione. Ci piace, però,raccogliere qua e là, tra i numeri anostra disposizione, qualche bra-no, qualche spunto che ci facciavivere (o rivivere) alcuni momentidella vita paesana di tanti anni fa.In questo modo possiamo, dopotanti anni, ancora sentire LaVoce...

Il lavoro è necessariamente la-cunoso a causa della mancanza,nella nostra raccolta, di interi annidi pubblicazione.

Pastore»

tino poteva essere utile ancheper le famiglie di Dardago. Nelgiugno successivo, infatti, vennepubblicato un altro numero della«Voce del Pastore». Dalla «lette-ra» che apre il bollettino si com-prendono le motivazioni chespinsero don Nicolò a portareavanti questo impegnativo pro-getto.

Carissimi parrocchiani, questobollettino che per la prima voltaentra oggi nelle vostre case, eche si propone di ritornare ognimese, vuole essere il portavocedel Pastore che desidera dire a tutti vicini e lontani una buonaparola.

Questo l’unico suo scopo emotivo: fare un po’ di bene.

Accoglietelo e leggetelo.

ad allontanarsi dagli affetti più ca-ri, dalla casa, dal paese. Co -nosceva anche il sentimento cheun emigrante provava nel riceverenotizie dal paese: una boccata diossigeno che dava forza e corag-gio per continuare.

L’esperienza del primo nume-ro e gli apprezzamenti ricevuticonvinsero il Pievano che il bollet-

La Voce negli anni

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Nell’aprile 1943 viene pubbli-cata la lettera di un giovane (Z. G.)che si trova sul fronte russo. Lalettera termina così: Se nella no-stra bella chiesa ci fosse da farequalcosa di nuovo sono io il pri-mo a prestarmi…. Tutti abbiamobisogno di essere aiutati nellesante preghiere perché Dio sten-da la sua mano su di noi e ci aiutia compiere il nostro sacro doveredi veri soldati e cristiani italiani.

Com’è commovente questogiovane che in mezzo al gelo e aipericoli della sterminata pianurarussa cerca di darsi coraggioproiettandosi in un futuro di pacetra la sua gente a lavorare per lasua chiesa. Allo stesso tempo,conscio dell’immane pericolo,chiede di pregare per lui. Nellacopia che possediamo, qualcunoha tracciato un nome, a matita,vicino a questo brano: ZambonGino. Gino non tornò più dallafredda pianura russa!

Negli altri numeri del 1943 tro-va spazio la relazione dell’Ing. LeoGirolami sulla necessità di costrui-re in cima al campanile una cuspi-de al posto della cupola che ave-va il manto esterno di eternit.L’Ing. Girolami aggiunge un po’ diretorica quando ricorda che la cu-spide è il più logico coronamentoe presenta una soluzione espres-siva e suggestiva anche perché ilcampanile è visibile da grandi di-stanze poiché si erge solenne dicontro allo sfondo dei monti svet-tando solenne nell’azzurro dei cie-li. Don Nicolò non vuol lasciarsisuperare quando, poco sotto,domanda ai dardaghesi il contri-buto d’amore e di generosità peril decoro del tempio, la bellezzadel paese e l’onore dei dardaghe-si. L’invito così si conclude: Pernoi, per la gloria del paese, per ot-tenere su tutti, vicini e lontani, lebenedizioni di Dio siamo generosisecondo le nostre possibilità!

In un numero del 1947 sono ri-portate offerte per il campanile,segno che il paese aveva raccoltol’appello. Finalmente, nel bolletti-

[ ]Sarebbe utile ricostituire una raccolta completa de La Voce

del Pastore. Diventerebbe un documento storico importante

da conservare nell’archivio della nostra redazione. A tale

scopo invitiamo i lettori che fossero in possesso di qualche

numero del bollettino di informarci. I numeri saranno fotocopiati

e l’originale, se richiesto, sarà ritornato al proprietario.

no del luglio 1951 leggiamo che ilavori del campanile continuanosenza interruzioni; la ricostruzionesarà ultimata per la fine di luglio.

Nel 1947 viene ricordato che,in occasione della Visita Pasto -rale la Scuola di Canto, istruitadal M. Armando Del Maschio,sot to la direzione del capocoroZambon Raimondo, ha felice-mente eseguita la Messa «TeDeum laudamus» del Perosi.

Dalla lettura della Voce del Pa -store del maggio 1949 veniamo aco noscenza che il secondo ve-nerdì di maggio si teneva laProcessione dei Torcui a SanMarti no. Questo atto devozionaleveniva effettuato negli anni in cuisi verificavano le dannose inva-

appello ai lettori

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sione dei maggiolini (Torcui) chemettevano a repentaglio il raccol-to dei campi. Altre processioniche si tenevano in quegli anni perinvocare la protezione celeste suila vori dei campi erano quella diSan Marco che arrivava fino allaChiesetta di San Tomè e le Ro ga -zioni che si svolgevano il lunedì, ilmartedì e il mercoledì prima dellafesta dell’Ascenzione. I tre itinera-ri portavano a San Tomè, a SanMartino e ancora a San Tomè.Dal bollettino dell’aprile 1952 ve-niamo a conoscenza che in oc-casione della processione del 25aprile a San Tomè si tenne l’inau-gurazione dei lavori di restaurodella chiesetta.

Nei primi anni ’50 la cronaca sioccupa spesso dell’evoluzionedel paese, dal mutuo per l’ac-quedotto e per le strade da asfal-tare del 1953, ai primi lavori per lastrada verso Piancavallo, dalleiniziative culturali, alle nuove atti-vità produttive. Nel 1954 vengo-no segnalati un corso serale dilingua inglese e di economia do-mestica, la Scuola di disegno evengono ricordate le tre falegna-merie del paese ovvero quelle diZambon Giovanni Rosit, di Pietro

Melocco e di Antonio Zambon.Viene data notizia anche dell’av-vio della fabbrica di piastrelle deifratelli Janna.

Sempre nel 1954 appare unsignificativo trafiletto:

Il nostro paese ha bisogno diun elettricista, di un idraulico e diun imbianchino. Ci sono tanti gio-vani a cui non manca la capacitàné la buona volontà che ne po-trebbero prendere l’iniziativa, vi-vere serenamente accanto i vec-chi genitori ed assisterli.

Il tema del lavoro e della fami-glia è spesso presente nei vari in-terventi di don Nicolò.

Il Pievano era anche convintodella necessità di una buona istru-zione per tutti i giovani. Nel nume-ro di ottobre 1952 in un articolodal titolo perentorio: Istruite vi,spro nava i giovani a non passarele serate invernali tra il gioco e l’al-cool. Avete la vita davanti, pre pa -ratevi durante l’inverno a diventaredegli operai ca paci, dei pro -fessionisti colti. Imparare il di se -gno e i primi elementi di contabilitàè cosa indispensabile per coloroche desiderano diventare mu ratoriap prezzati, capimastri, impresari,esercenti. Completate la vostra

DARDAGO 1947. CERIMONIA DI PRIMA COMUNIONE

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Si ringraziano per lacollaborazione:la signora Pasquetta Del Tosoper il dono della raccoltadi due anni del periodico,le parrocchie di Sesto al Reghenae di Fanna, Flavio Zambon eGuerrino Bocus che per primihanno raccolto l’appello e cihanno messo a disposizionealcuni numeri de La Voce delPastore.

Quanto costava la pubblicazionede La Voce del Pastore?Da una ricerca effettuata pressogli archivi parrocchiali possiamostabilire con una certa precisioneil costo per la stampa e la spedizionedel bollettino. Per i primi anni nonsappiamo quante copie venivanostampate.La stampa del bollettino del mesedi ottobre 1945 costava 623 Lire,un anno più tardi il costo era di 450Lire (furono stampate meno copie?).L’inflazione cominciò a farsi sentiree nel 1947 la stampa di un numerocostava mediamente 4.000 Lire.Nel 1951 il costo medio di un numeroera di 5.500 Lire.Nel 1952 venivano stampate 600copie al costo medio mensile di 6.500Lire. Era inviato, oltre che nella varielocalità italiane, anche in Francia,Belgio, Sviz zera, Inghilter ra e inalcuni paesi dell’America del Norde del Sud.Nel 1954 venivano stampate700 copie del bollettino al mese.250 venivano distribuite in parrocchiae 450 venivano spedite agli emigranti.Il costo mensile fu di 11.000 Lire.

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in occasione delle sue visite aDardago.

Dopo la visita a Milano del1951, don Nicolò ritornò a trovarei dardaghesi nella metropoli lom-barda ai primi di aprile del 1954.Nella Voce ne fa un dettagliato re-soconto accompagnato dalla fotodel folto gruppo di compaesanidavanti la chiesa di San Carlo.Davvero encomiabile la continuaattenzione del pievano verso gliemigranti!

I dardaghesi di Milano, l’annosuccessivo faranno dono a DonNicolò di una Lambretta. Semprenel 1954 appare la rubrica Diecianni fa... in cui don Nicolò ricor-

istruzione con un buon corso dilingua. Non dimenticate, pe rò, l’i-struzione religiosa. È la fe de che vidarà la soluzione anche dei pro-blemi umanamente insolubili.

Erano gli anni della ricostruzio-ne. La fiducia e la speranza in undomani migliore favoriva la na -scita o il rilancio delle attività.Abbiamo notizie della sistemazio-ne di alcuni esercizi commerciali:quelli di Luigia Bocus in Via Brait,di Luigi Bocus in Via San Tomè equelli di «Moreal». Quest’ultimoviene ricostruito dopo essere sta-to bruciato dai tedeschi durantel’ultima guerra. Oltre al bar, il ge-store Vettor Antonio ha iniziato larivendita di materiale da costru-zione, legnami e altri articoli delgenere.

E, come in quasi tutti i piccolipaesi, il primo televisore viene in-stallato in un bar: siamo nell’esta-te del 1954 e il locale è quello diLuigi Bocus.

Anche le auto e i trattori fannola loro rumorosa apparizione tra lestrette strade del paese non an-cora asfaltate. Nel 1953 Giu sep peCarlon sostituisce la vecchia mo -toaratrice con un moderno trat -tore, Serafino Zambon inizia nel1954 un servizio automobilistico(l’odierno Taxi), Achil le Zambonacquista una mo derna falcia tricemeccanica, Guer rino Basso eAlfredo Janna si attrezzano conun trattore nuovo fiammante con35/40 cavalli di potenza. Oltre aquesti, di cui abbiamo notizia dalbollettino, altri automezzi arrivanoin paese e nel mese di novembre1954, in occasione della giornatadel rin gra ziamento ebbe luogoper la prima volta a Dardago labenedizione delle macchine, unatrentina tra motoaratrici, «gli auto»e le mo torette di vario genere. Intutto questo fervore di iniziative,una sta particolarmente a cuore adon Nicolò. Viene sentita la ne-cessità di avere al più presto l’asi-lo a Dardago. A tale proposito, inun articoletto del marzo 1954 leg-giamo:

Il Pievano ha agitato più voltel’idea: ma parecchie sono state ledifficoltà incontrate. Ad ogni mo-do si può assicurare tutte lemam me che si preoccupano dellaeducazione dei loro figliuoli, che ilproblema è allo studio e in breve,o meglio, nel prossimo autun no sispera di dare inizio ai lavori.

Le difficoltà non mancarono e itempi si allungarono di molto.L’idea iniziale di adattare in asilola ciasa del Capelan non era per-corribile e nel 1955 i capifamigliadecidono di demolirla per far po-sto alla futura costruzione delnuovo asilo.

Il numero di maggio 1954 è

dedicato principalmente all’ordi-nazione sacerdotale di PadreAgostino Selva e alla visita delPlevan ai dargaghesi di Milano. DiPadre Agostino troviamo scritto:

Padre Agostino Selva di Ago -stino e fu Cornelia Bastianello(Fu ser) è nato a Venezia nel1926. Il padre suo è oriundo daMa niago, la defunta mamma daDardago, figlia di Angela Bastia -nello di 87 anni, sorella di donRomano Zambon. Ha passato lasua infanzia a Dardago nella casadella nonna materna.

Padre Agostino verrà ricordatoanche in altri numeri del bollettino

dava i terribili giorni della guerra. La guerra durava già da anni.

La parrocchia di Dardago non l’a-veva ancora sentita. Molti giovanie uomini erano lontani, due eranocaduti in combattimento, c’eranole tessere. Un reparto di soldati te-deschi era di stanza a Budoia,sulle montagne c’erano le forma-zioni partigiane ma nessun inci-dente si era ancora verificato. Ilgiorno 24 giugno 1944 la popola-zione di Dardago è svegliata di so-prassalto. Così inizia la rubricache durerà per circa un anno.Vengono elencati gli avvenimentipiù dolorosi del 1944/45: dal ra-

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rio liturgico (di solito un brevecommento del Vangelo delle do-meniche) e nelle ultime paginevenivano proposti massime, fer-vorini, piccoli racconti, storielle etalvolta, qualche vignetta.

Dal 1947 l’ultima pagina eradedicata alla pubblicità. Troviamopresente quasi sempre la Bertelliche presentava il famoso cerotto,il purgante o l’antinevralgico.Veniva proposto anche l’insettici-da antitarme Timor (1000 lire unabomboletta nel 1949!!). Alle mas-saie si consigliava di offrire al ma-rito la minestra preparata conItaldado e la Ditta Sutter invitavaa provare il suo Nero Chinese per

Durante gli anni di pubblicazione,la veste grafica del bollettino subìnumerose modifiche.

Inizialmente, come già ricorda-to, il formato era molto piccolo.La prima pagina era dedicata allacopertina. L’immagine era sem-pre la stessa: un disegno delBuon Pastore con, ai lati, un sa-cerdote che distribuisce la comu-nione e ancora un sacerdote cheillustra ai fedeli, dal pulpito, labuona novella.

Normalmente a pag. 2, con iltitolo «Pensiero evangelico» veni-vano ricordati i temi del calenda-

si possono trarre dalla lettura delbollettino. Eccone solo alcune:da un articoletto sulle nuove sco-perte (vere o presunte) per la lottaal cancro veniamo a conoscenzache nel comune di Bu doia su 42decessi, 27 sono avvenuti in con-seguenza di cancro; il 25 maggio1954 una radiosquadra della RAIha effettuato il 25 maggio la regi-strazione di cori, usi e costumi delnostro comune.

Spesso venivano ricordati idardaghesi che si sono fatti onorefuori dal loro paese. Ricordia mo,per tutti, il premio di bontà asse-gnato in Piemonte alla nostracompaesana Graziosa Bo cus.

strellamento del giugno 1944 allamancata decimazione già stabilitaper il 30 luglio 1944 e revocatadopo una drammatica riunione nelmu nicipio di Aviano; dai pre le -vamenti di molti giovani al trasferi-mento di alcuni di loro in Ger -mania da dove, purtroppo, nontutti sarebbero ritornati. Vengonoricordati gli incendi dell’osteria diMoreal, la casa in fondo al paesedi Zambon Vit torio Mao e la casadi De Chiara Marco. In un bom-bardamento avvenuto il 18 no-vembre, perdono la vita alcuni delcomune di Budoia. Restano feritianche i nostri Zambon MarcoMarin e il figlio Romolo che si tro-

vavano al lavoro vicino alla chie-setta di San Martino.

Don Nicolò ricorda pure gli innumerevoli viaggi al Comandotedesco di Roveredo e di Porde -none a intercedere per i par roc -chiani di Dardago. La rubrica siconclude con il ricordo della mor-te dei due cugini Pietro e EnricoZambon Rosit trucidati dai tede-schi comandati dal tenente medi-co di Roveredo tristemente famo-so per il numero delle sue vittimee per il numero di case da lui bru-ciate, tanto che comunementeera chiamato «il foghin».

Molte altre sono le notizie che

A PAGINA 12: AVIANO 1944.

SCUOLA DI TAGLIO E CUCITO.

AL CENTRO, SEDUTA ALLA DESTRA DELLA SUORA,

ROSINA VETTOR CARIOLA.

FOTO DI PROPRIETÀ DI VITTORIA SANTIN TESSER.

IN PRIMA FILA: SPINA ELVIRA, ZAMBON TERESA

BISO, BUSETTI MARIA DI BRUNO, BUSETTI MARCO

DI EUGENIO, ZAMBON ANTONIO FU GIO.BATTA,

ZAMBON QUINTO DI LUCIANO, ZAMBON IRMA

DI RINO PINAL, JANNA MARIUCCIA DI GINO TAVAN,

ZAMBON RITA BONAPARTE.

IN SECONDA FILA: RIGO MIRCA DI ERNESTO

VENDRAMIN, ZAMBON FRANCO DI ANTONIO MOMO,

ZAMBON BRUNO DI ABRAMO, ZAMBON ROBERTO

DI GIUSEPPE, ZAMBON GIUSEPPE DI SEVERINO

LUSSOL, ZAMBON FRANCO DI ERCOLE, ZAMBON

MARINO DI ACHILLE, BUSETTI FRANCESCA.

FOTO E DIDASCALIA APPARSE NEL BOLLETTINO

DEL LUGLIO 1955

Formato e curiosità

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rinnovare gli oggetti di pelle...Le pagine interne, quelle di

interesse parrocchiale, abitual-mente riportavano il saluto del pie -vano, un pensiero legato al parti -colare periodo liturgico (Pasqua,Mese Mariano, l’As sunta ecc),qualche esortazione, la rubrica«Cose di Casa nostra» in cui veni-vano riportati avvenimenti piccoli ograndi del paese, le offerte perve-nute alla chiesa e, sotto il titolo«Culle focolari e tombe», il movi-mento anagrafico del periodo.Non mancava mai un pensiero pergli emigranti.

Dal secondo numero, fu sem-pre presente, all’inizio dell’edizioneparrocchiale, una invocazione:Sacro Cuore di Gesù: Venga il Tuoregno! Confido in Te. L’invo ca -zione al Sacro Cuore testimoniauna particolare devozione di donNicolò per una grazia ricevuta. Lacircostanza ci viene confermatadalla sorella, Signora Pasquetta.

Negli anni successivi, fermorestando il piccolo formato, cam-biò l’impaginazione. Dal 1952, in-fatti, la prima pagina ospita, nellaparte superiore, la testata che ri-propone – seppur con un dise-gno diverso e molto più piccolo –lo stesso motivo degli anni prece-denti; sotto la testata inizia subitola parte del bollettino dedicata aDardago. La parte a carattere ge-nerale occupa le pagine centrali efinali del fascicoletto.

Dal 1954 il bollettino cambiaradicalmente. Non venne più pub -blicato come inserto, ma stampa-to direttamente dalla Par roc chia diDardago presso le Arti GraficheFriulane di Udine.

Cambia anche il formato(25x35) e fanno la loro apparizio-ne alcune foto (naturalmente inbianco e nero). Normalmente il fa -sci colo è composto da 4 pa gine.

La testata, nei primi mesi, subìcontinui cambiamenti. In gen-naio, La Voce del Pastore avevacome sottotitolo: Circolare dellaParrocchia di Dardago. A sinistradel titolo trovava posto una ripro-

duzione di un quadro del BuonPa store. In febbraio, il titolo rima-se solo La voce del Pastore con asinistra la riproduzione di un qua-dro del Sacro Cuore. Finalmentecon il mese di marzo si arrivò auna stabilizzazione della testata.Per alcuni anni il titolo, nella partesuperiore della prima pagina sarà:Bollettino Parrocchiale – edi zionedi Dardago (Udine-Italia) – La Vo -ce del Pastore. A sinistra del tito-lo, la foto della nostra statua dellaB. V. della Salute.

NOTE. (1) Dopo aver lasciato Dardago, don Nicolò divenne parroco di Fanna nel gen-naio 1956. In questa parrocchia, nel cui territorio si trova il famoso santuario dellaMadonna di Strada, venne pubblicato per 5 anni – dal 1946 al 1951 – un fascicoletto,stampato presso la Tipografia della Basilica del Santo di Padova, intitolato Bollettino del

Santuario della Madonna di Strada in cui veniva riportata la storia e la vita del santuario.Al suo arrivo, don Nicolò iniziò la pubblicazione del Bollet tino Parrocchiale di Fanna e, insegno di continuazione con il precedente, venne indicato nella testata «Anno VI».

Il bollettino si presentava con la identica veste della nostra «Voce del Pastore» deglianni ‘50; unica differenza era l’immagine della Madonna di Strada invece dellaMadonna della Salute o del Buon Pastore. Appare anche la consueta invocazione alSacro Cuore di Gesù. Dal mese di ottobre il bollettino assunse anche il titolo «La Vocedel Pastore» e l’immagine della Madonna fu sostituita dalla raffigurazione del BuonPastore. L’esperienza e il ricordo di Dardago giocavano un ruolo fondamentale nei primianni del bollettino di Fanna. Negli anni successivi il bollettino cambiò più volte veste gra-fica e si alternò con il bollettino del santuario (L’eco del Santuario). Attualmen te vienepubblicato, una volta all’anno, un bollettino a colori di 16 pagine dal titolo In dialogo.

Poco dopo essere stato nominato Abate di Sesto al Reghena (luglio 1967), donNicolò diede vita al «Bollettino Par roc chiale» che dal mese di marzo 1968 verrà pubbli-cato per molti anni. La veste grafica e i contenuti erano molto simili a quelli de La Vocedel Pastore, segno che l’esperienza dardaghese fu molto utile e positiva. La pubblica-zione verrà proseguita anche dai parroci che gli succedettero, don Pietro Furlanis edon Giovanni Perin, il quale – come don Nicolò – fu dapprima pievano di Dardago epoi parroco-abate di Sesto al Reghena.

Memore de l’Artugna, don Giovanni, a metà degli anni ’90, cambiò notevolmente ilbollettino parrocchiale dando vita al periodico l’Abbazia.

INTERNO DELL’ALBERGO BAR MONTECAVALLO. DA SINISTRA: VITTORIA SANTIN TESSER, (? DI SPALLE),

AGOSTINO VETTOR CARIOLA, ANTONIO VETTOR E LA MOGLIE CATERINA BOCUS FRITH.

Negli ultimi anni di pubblicazio-ne cambiò ancora. Abbiamo a di-sposizione alcuni numeri del 1957e del 1959. In questi numeri, Il ti-tolo è: Bollettino Parroc chiale esotto l’immagine a sinistra (ritornail Buon Pastore del 1954) trovia-mo la scritta La Voce del Pastore.

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Nando

questo restaurato sotto la suaguida. A livello provinciale nontralasciò mai il lavoro verso ilprossimo in difficoltà: terremotodel 1976 Cantie re 10 di Pinzano,insieme ad altri Alpini del Gruppo,con l’immancabile capo campoMario Barbie ri di Aviano, anch’e-gli da poco scomparso e il gran-de Presidente dott. Mario Can -dot ti; insieme fondarono il primonucleo di Pro tezione Civile; lastrada della Frazione di Lesis diClaut, per permettere ad una gio-vane con gravi problemi di handi-cap di poter scendere in paese; ilnuovo reparto scolastico delVillaggio del Fanciullo; l’Oratoriodon Bosco, la sede CEDIS di Az -za nello, l’attuale sede della sezio-ne ANA di Pordenone; il suo im-pegno per la Casa di Natale delC.R.O.; questi sono solo le operepiù grandi, senza contare le altre.

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Un uomo giusto, patriota esem-plare e grande alpino, attaccatoai valori imperituri, ai principi sanie genuini, alla montagna, uomodi poche parole, nemico deicompromessi. Ecco delineata lafigura di Nando Carlon, mortodopo breve malattia nella sua ca-sa di via Cialata. Figura nota inpaese ma in modo particolarenella famiglia degli Alpini, per es-sere stato combattente in Grecia,Jugo sla via e Francia (ove conob-be fra gli altri il cappellano donCarlo Gnoc chi) nel BattaglioneVal Taglia mento, 8° ReggimentoAlpin i. Clas se 1920.

Dopo gli studi ginnasiali in se-minario, nipote del più conosciutomonsignor Lozer, ecco la cartoli-na precetto. Al termine del conflit-to, dopo un periodo trascorso aVenezia, come tanti nostri, vinse ilconcorso ed entrò in Municipio aBudoia, in un’epoca cui manca-vano le tecnologie moderne. Negliarchivi comunali, migliaia di carto-lari portano la sua bella calligrafia.

Si attivò subito come segreta-rio di Gruppo (per ben 28 anni),dell’allora Capo Gruppo BepiRosa, e degli altri che si susse-guirono, sino agli anni ’80, quan-do divenne Capo Gruppo, caricache espletò per ben 18 anni. Lasua esperienza e determinazionelo porteranno a ricoprire il ruolo diconsigliere Delegato della ZonaPedemontana, Segretario e Alfie -re della Sezione Alpini di Porde -none. Il suo non docile tempera-mento non influirà negativamenteall’Associazione; se doveva direqualche cosa, la diceva e basta;poi tornava tutto come prima. ABudoia ha lasciato un grande se-gno: il restauro o ripristino o edifi-cazione di Mo numenti e Cippi, dimura, di Croci, la pulizia dell’areaverde del capitello Costa, anche

di Mario Povoledo

Per tutti...

APRILE 1998. GLI ALPINI DEL GRUPPO DI BUDOIA

FESTEGGIANO NANDO PER I SUOI 28 ANNI COME

SEGRETARIO E 18 COME CAPOGRUPPO.

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Non trascurò neppure il folclo-re: fu infatti socio fondatore e perlunghi anni Presidente e segreta-rio del Gruppo Artugna insieme adon Giovanni Perin e alle inse-gnanti Bruna Fabbro e Nadia Ra -gagnin e la lingua friulana, colti-vando una stretta amicizia con ildottor Degano, Presidente delFogolar Furlan di Roma. In Par -rocchia fu tra i primi cantori conl’allora amico e collega AndreaBesa. Collaboratore entusiastadel nostro periodico l’Artugna.

Un grande uomo generoso eschivo, un credente, che ha sem-

alla Parrocchia la sua casa, oveha vissuto, custodita gelosamen-te con cura, piena di ricordi an-che dei bei momenti passati conquanti andavano a fargli visita, fi-no alla fine.

Nando, è stato grande anchein questo.

* * *Il primo impatto con lui, come

segretario negli anni che fu capo-gruppo degli Alpini di Budoia, fucatastrofico, iniziò con lo scontrosul metodo, non sui contenuti,circa la compilazione di un verba-le. Gli feci notare che due teste

da scrivere, come la cazzuola, lapala, il picco, la falce e la carriola.

Era il Capo, ma sapeva farebene anche i lavori più umili.Quando alla fine di ogni triennio,per sei volte consecutive, gli pre-sentavo le dimissioni da segreta-rio egli, perentorio mi rispondeva:«se mi fermo io, ti fermi anche tu!»

I Gruppi Alpini di Aviano, Bu -doia, Giais, Malnisio, Marsure,Polcenigo, San Leonardo Valcel -lina, San Martino di Campagnache lo hanno avuto come loro at-tento e preciso Delegato, insiemead un altro Alpino verace andatoavanti, Mario Barbieri, con il qualeè stato l’artefice degli albori dellaProtezione Civile, mio tramite, losalutano e alzano i gagliardettisulla sua bara, ricoperta dalTricolore, cucito dalle espertemani della moglie Anna, con ap-poggiato al cuore il cappello delcognato Giovanni, disperso inRussia. Da uomo metodico e pi-gnolo, aveva scritto anche comedovevano essere i suoi funerali.«Niente discorsi per me!» Scusa,Nando, forse in questo, sia io cheil nostro e tuo Pre sidente – alquale sei stato fedele segretariosin dalla tua nomina e del qualetu dicevi che era figlio spiritualeerede di Mario Candotti – ti ab-biamo disobbedito! Mi sembra divederti: occhiali sul naso e l’indi-ce della destra vorticare in un nosecco e deciso. Ma intravvedoancora il tuo sorriso schietto esincero, sento la parlata friulana,noto il tuo incedere marziale e di-ritto con in mano quel Vessilloche dal giorno della tua dipartita,ha vegliato le tue spoglie mortali,parimenti la tua schiena ricurvadal peso degli anni e della soffe-renza. Così ti ricorderemo. Persempre. Come si vive, così simuore.

Ciao Nando, riposa in pace!Grazie di tutto, grazie per tutto!

pre dato senza mai voltarsi indie-tro. se n’è andato in punta di pie-di, senza disturbare più di tanto,lasciando, da uomo metodicocom’era, precise disposizioni peri suoi funerali svoltisi sabato 16agosto.

Erano presenti circa 400 alpinicon 64 gagliardetti guidati dalPresidente Gasparet con tutto ilDirettivo; le autorità civili e militari,una rappresentanza del gruppoArtugna con il presidente Cadelli.

La Santa Messa concelebratada don Adel, don Giovanni Perin,monsignor Mario dal Bosco, pa-dre Bruno Del Piero, padre LuigiDa Ros, don Giovanni Tassan èstata accompagnata dal corodella parrocchia.

Non di poco conto anche lasua volontà di lasciare in eredità

pensanti come noi, che condivi-devano gli stessi valori e principi,potevano anche differenziarsi sulmetodo. Non replicò; firmò il ver-bale poi tirò fuori due bicchieri eservì il tradizionale vino nero.

Winston Churcill diceva che«un uomo di carattere ha un brut-to carattere».

Ecco il ritratto di Nando.Uomo dal carattere forte e spigo-loso, onesto, sincero, generoso,leale, altruista, misurato nelle pa-role e nel sorridere, nemico deldisordine, della perdita di tempo,dei compromessi e delle sman-cerie, fortemente attaccato alleIstituzioni – orgoglioso dell’appar-tenenza di un nipote all’Arma deiCarabinieri – riusciva a gestirecon uguale perizia e competen-za, documenti, carte, macchina

FOTO IN ALTO. 13 AGOSTO 2003.

LA SALMA DI NANDO, TRASPORTATA A SPALLA

DAI SUOI ALPINI, S’AVVIA VERSO LA CHIESA.

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Porto le più sentite condoglianzea nome del Sindaco, degli ammini-stratori, dei dipendenti e mie per-sonali ai parenti di FerdinandoCarlon.Ferdinando Carlon, ma per tuttinoi semplicemente Nando, era na-to a Budoia il 4 novembre 1920.Incominciò la sua carriera di im-piegato presso il Municipio diBudoia con incarichi saltuari giàall’età di 16 anni nel 1936-’37 e nel1939-’40, poi la guerra, fu Ca -porale Maggiore nell’Ottavo, forseè superfluo aggiungere, Reg -gimento Alpini, fu impegnato nellecampagne di Grecia, Yugo slavia eFrancia e quindi terminata la guer-ra riprese l’incarico comunale finoal ’51. Dal ’51 al ’55 anche se conincarico provvisorio, ricoprì il ruo-lo, lasciato dal defunto AdrianoSanson, di scrivano e successiva-mente e fino alla pensione avve-nuta nel ’78, di Applicato diConcetto; 42 anni di servizio pre-stato a favore delle nostre fami-glie, di molti di noi qui presenti, nelfrattempo sempre impegnato nelvolontariato; grazie Nando.Vista la folta presenza di autoritàecclesiastiche, civili e militari, diamici, di alpini e di conoscentiraccolti oggi in questa Chiesa perstargli vicino e dimostrargli rico-noscenza e affetto, viene sponta-neo credere che la sua notorietàper la sua costante partecipazionealle varie attività locali non abbiabisogno di grande eloquenza, eramolto conosciuto e non spetta ame cogliere tutti i momenti dellasua vita, ma mi sia concesso di

ricordarlo con un aneddoto, forseun po’ banale, ma a me moltocaro.Ho avuto l’occasione di incontrar-lo e conoscerlo in Municipio nelsuo ambiente di lavoro, molto di-verso da ora, 2 o 3 impiegati intutto, negli anni cinquanta quandomio padre, allora Sindaco, mi por-tava qualche pomeriggio con luiperché non andassi «a tordio», emi obbligava, erano altri tempi, astare seduto anche qualche ora suuna sedia in corridoio al primopiano a fare qualche disegno e adattendere che lui disbrigasse lepratiche amministrative di allora; ilsignor Ferdinando, così lo chia-mavamo noi bambini di quei tem-pi, appena mio padre si ritirava nelsuo studio, mi faceva entrare nelsuo ufficio, mi metteva seduto da-vanti ad una vecchia scrivania emi permetteva di provare a scrive-re a macchina, oggi fa un po’ sor-ridere, per me era una gioia e unaemozione immensa e, fino a pocotempo fa, a distanza di tanti anniquando ci incontravamo, ricorda-vamo con nostalgia quei momenti,assieme a tanti altri da lui vissutinel gruppo ANA «Bepi Rosa», nelgruppo folkloristico «Artugna»,con i donatori di sangue, nella ProLoco, nella sua amata montagna,il Sauc e così via; grazie Nando.

Caro Nando, so che hai dato mol-to e lo hai fatto con coerenza epassione, e se qualche volta, nellosvolgimento dei rispettivi ruoli, tuda capo gruppo ANA, quando tiprestavi organizzando il restauro ola sistemazione di opere di pro-prietà comunale, quali il monu-mento ai caduti di Budoia, la fon-tana di Dardago, l’area dell’Altarolde la Madoneta ed altre ancora eio da amministratore locale, ab-biamo avuto qualche malinteso,pur nella consapevolezza di benoperare di entrambi, da parte mianon ho mai mancato di stimarti evolerti bene.Gli amministratori e i dipendenticomunali di oggi e di ieri ti abbrac-ciano con affetto.Ciao, Nando! Le brave personecome te si ricordano facilmente.

GIACOMO DEL MASCHIO

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6 MAGGIO 1992. POSA DELLA CROCE IN VIA

PANIZZUT, DOPO I LAVORI DI RESTAURO.

FOTO IN ALTO. 29 DICEMBRE 1980. CONGRESSO

INTERNAZIONALE DEI PUERI CANTORES. NANDO,

ALLORA PRESIDENTE DEL GRUPPO, DONA

UN’ARTISTICA PERGAMENA AL PRESIDENTE

DEL FOGOLÂR FURLAN DI ROMA, DOTT. ADRIANO

DEGANO.

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Filo diretto con le Olimpiadi

Budoia-Torino

Come vengono organizzati iGiochi Olimpici del 2006?

La struttura preposta all’orga-nizzazione dei XX Giochi OlimpiciInvernali del 2006 è un comitatoprivato che utilizza solo fondi pri-vati, di cui fanno parte la città diTorino e il CONI. Nei nostri finan-ziamenti rientrano gruppi televisivi(il finanziatore principale è una te-levisione americana) e sponsoriz-zazioni internazionali e nazionali(ad esempio la FIAT).

Lo Stato italiano intervienenella costruzione degli impianti edelle strutture collegate che nonvengono gestite da noi, bensì daun altro ente. A mio avviso l’Italiaha optato per una scelta corretta,affidando ad un’agenzia di tipogovernativo la gestione dei fondipubblici per la costruzione degliimpianti di cui non ci occupiamo.Noi diamo solo le specifiche dellacostruzione di tali opere, perchésappiamo di che cosa abbiamonecessità per le diverse tipologiedi sports; a queste si integranoquelle dei progettisti per un utiliz-zo post olimpico. Riceviamo,quindi, in consegna gli impiantiper l’arco di tempo dello svolgi-mento dei Giochi e gestiamo tut-te le strutture temporanee, comel’aggiunta di posti a sedere...

Noi ci occupiamo dei serviziagli atleti, agli spettatori, e ai giornalisti di carta stampata e televisivi.

Intervista ad Andrea Varnier a cura di Magda Carlon

Pare cosa insolita parlare di giochi olimpici invernali in un modesto periodico come il nostro, oltrettutto con un anticipo di due anni dall’avvio

dei giochi in territorio italiano.È ancora vicino il ricordo della sfida alla candidatura da parte di Tarvisio,unitamente a Carinzia e Slovenia, per ottenerne la sede, alla fine ceduta

con tanto amaro in bocca a Torino e alle sue montagne.Un pizzico di spirito friulano è decollato, però, in Piemonte. La direzione

di Immagine e Comu nicazione del Toroc, il comitato organizzatore torine-se dei XX Giochi Olimpici Invernali del 2006, è affidata ad Andrea Varnier,

nato a Verona, figlio dei budoiesi Clelia Dedor e Angelo Varnier.Il giovane ha battuto sul filo di lana concorrenti assai qualificati. Al diret-

tore generale deve essere piaciuto il suo effervescente curriculum.Laureatosi al DAMS di Bologna con una tesi sul sistema radiotelevisivosvedese, Andrea ricoprì prima la carica di responsabile eventi e promo-

zione alla Gore ed Associati, poi la carica di responsabile dell’ufficiostampa e pubbliche relazioni alla Honda, a Verona, quindi alla casa auto-

mobilistica Chrysler-ltalia, per approdare come direttore responsabiledell’immagine alla Tim, a Roma. Attualmente è anche docente di Master

Universitario in Mana gement e Gestione dello Sport alla Facoltà diScienze Motorie dell’Università La Statale di Milano.

Una sua breve vacanza a Budoia è stata l’occasione per parlare del suo lavoro in una informale intervista.

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Quale ruolo ricopri all'internodi questo Comitato?

All’interno di questo Comitato,composto di un migliaio di perso-ne, mi occupo del settore Imma -gine e Comunicazione, definizio-ne forse un po’ insolita, perchéseguo principalmente eventi chesuccedono durante i giochi.

Cinque sono i settori di miacompetenza: cerimonie, immagi-ne, servizio editoriale, cultura,torcia. Coordino un’ottantina dipersone.

Il settore delle cerimonie diapertura e di chiusura, delle pre-miazioni e degli altri eventi colla-terali ai giochi, costituito da ungruppo di quindici persone checoordinano gli esterni, è sicura-mente il più complesso e anche ilpiù criticabile.

Gli avvenimenti più eclatantisono le cerimonie di apertura e dichiusura con quattro ore di diret-ta televisiva. Sono eventi che ca-

ratterizzano l’intera kermesse eche, visto I’alto contenuto simbo-lico e rituale, conferiscono un va-lore aggiunto e un appeal parti-colare alle olimpiadi. Sono ancheuna vetrina per il paese ospite,un’occasione di presentarsi almondo con un imprinting origina-le e caratterizzante.

Televisivamente parlando, so-no gli eventi che fanno più au-dience dell’intera manifestazione.È un lavoro molto complesso: vuoIdire mettere in piedi il cast, gliaspetti protocollari che sono quelliche rendono la cerimonia simboli-ca e tradizionale: sfilata degli atleti,discorsi del capo dello Stato, il vo-lo delle colombe... Ri chiede alme-no tre anni di sviluppo.

Il bello è che c’è partecipazio-ne. Stiamo mettendo insiemequesto gruppo di lavoro per deci-dere i temi generali della cerimo-nia, non la creatività, e abbiamosentito varie personalità che han-no accettato l’invito; tutto il castdi nome viene gratuitamente.

L’altro settore, quello dell’Im -ma gine che noi chiamiamo «look»dei giochi, predispone tutto unpiano di decorazione dei giochi. Èun lavoro altrettanto complesso:dal logo creato dal mio gruppo,alle medaglie, alle mascotte e atutti gli oggetti che fanno partedel carattere, del look delle cose.

Il servizio di produzione edito-riale è un altro settore di miacompetenza. Per l’occasione sirealizzano pubblicazioni sui gio-chi, di cui mi occupo personal-mente, il contenuto editoriale delsito internet, curato dal mio grup-po, e una serie di libri: dalla guidaper gli spettatori al libro comme-morativo finale, dalla guida dellosport ai regolamenti. Il tutto tra-dotto in inglese e francese.

Per la sezione cultura è statoideato il servizio «Arti e cultura»,perché siamo obbligati come CIOad offrire attività culturali collate-rali ai giochi, programmi d’intrat-tenimento durante l’intero arco ditempo delle olimpiadi.

Essendoci risorse limitate perquesto settore, cerchiamo deicontatti con il Ministero dei BeniCulturali, con le istituzioni culturalisia locali, come con il TeatroRegio, sia nazionali. Già da que-st’anno una delle mostre dellaBiennale di Venezia è da noi pa-trocinata. Speriamo che nel 2005si possa realizzare una sezionededicata al movimento o allosport e programmata fino a feb-braio 2006. Il nostro comitato ga-rantisce tutti i servizi. In questoperiodo stiamo progettando il«percorso della fiamma olimpi-ca», tragitto che farà la fiammalungo il territorio nazionale primadi arrivare, la sera dell’inaugura-zione, a Torino; momento cloucon l’accensione del braciere, il10 febbraio 2006. Il percorso del-la torcia sarà lungo due mesi conpartenza l’8 dicembre 2005 daRoma, dove il presidente della re-pubblica accenderà la fiammaproveniente dalla Grecia e il Papabenedirà la manifestazione, eproseguirà per tutte le regioni ita-liane, e per molte città, Porde -none compresa. Alcuni appunta-menti sicuri dal sud al nord: aLampe dusa, a Napoli con unamega-festa in Piazza Plebiscito,l’ultimo giorno del 2005, a Pisa,sulla torre pendente, a Veneziasul Ponte di Rialto, nei parchi na-zionali; a Cortina, il 26 gennaio2006, in occasione del cinquan-tesimo delle Olimpiadi Invernalidel 1956.

Perché hai optato per questascelta?

L’idea di lavorare intorno ad ungrande evento mi affascinava, el’opportunità è giunta con questamega-manifestazione. È una cre-scita, è come gestire una mediaazienda. Mi piace anche l’ideache il lavoro abbia un termine; la-vori, infatti, per un obiettivo finalee questo è molto stimolante.

Auguriamo ad Andrea fuochid’artificio a conclusione dei«suoi» giochi olimpici.

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Oltre

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Man mano che passano gli annile esperienze mutano in ricordi, lavita si trasforma in un album di fo-tografie. In una di queste «foto»mi vedo seduta in un ceppo tragli alberi del bosco. Sono con imiei compagni di classe, perchéla maestra Bruna ha voluto ac-compagnarci sul posto a racco-gliere la nostre impressioni, persvolgere un tema sui colori del-l’autunno. Lì vicino c’è uno sta-gno, una volta era circondato datantissime margherite gialle.

Dopo anni, nelle mie passeg-giate con Stefano, risento sem-pre quella frase: – Bambini, quan-do sarete grandi, passerete di quicon i vostri fidanzati e le vostre fi-danzate e vi ricorderete della vo-stra maestra! – Oggi queste pa-role si fanno accompagnare datante emozioni e ricordi. Mi sonotrovata a condividerli con Anto -nella, ripercorrendo quel sentierodurante una delle ultime marcedei funghi. Riflettevamo su una

lezione che la maestra ci ha la-sciato durante le elementari mache ci è servita fino all’università,e anche oltre: non fermarsi maialla superficie, cercare sempre ciòche sta al di là del primo sguardofugace. Un tema non doveva es-sere una cronaca, dovevamoesprimere sentimenti e opinioni.Una frase non doveva essere mi-nima, dovevamo sfruttare le millerisorse della lingua italiana, nonstancarci di cercare gli aggettivi ei sinonimi più adatti. Raramente ilvoto era il massimo, quasi sem-pre potevamo fare di più, non do-vevamo accontentarci o sederesugli allori.

Tramite la maestra Bruna io,Flavia, Antonella, Loretta, Fabio,Giampaolo, Donato, e Andrea cisiamo iscritti al gruppo Artugna.Qualcuno si è fermato per moltianni e può confermare che anchequesta è stata un’esperienza divita. Anche nelle danze , senzache ne accorgessimo, la maestraci insegnava una cosa fondamen-tale: non basta «fare» le cose, bi-sogna «farle bene». Ci ricordere-mo sempre quell’«un due tre»ripetuto per mesi prima del nostrodebutto!

Dopo molti anni di appassionato insegnamento, la maestra Bruna Fabbro Coassin lascia la scuola.L’Artugna la ringrazia per l’amore e la professionalità con cui ha fatto crescere molti bambini dei nostri paesi e per l’impegno profuso in altre attività, prima fra tutte, il gruppo dei Piccoli Cantori e Danzerini «Artugna».

il primo sguardo

È FINITA LA SECONDA. TUTTI PROMOSSI!

I BAMBINI CONTENTI CON LA MAESTRA BRUNA,

A SINISTRA, E CON LA MAESTRA MARINA TURCHET.

È L’ANNO 1984.

In queste righe rischio inevita-bilmente di perdermi nei ricordi, eproseguire è difficile perché la go-la si stringe, il foglio si inumidiscee nella mia mente compaionotantissime immagini: la maestrache ci cucina le patate americaneo le castagne, la torta che ha pre-parato per il suo compleanno, lerisate che facciamo mentre mi le-ga le gambe con lo scotch per-ché non sto mai ferma…

Scrivendo mi accorgo di tuttele cancellature e le correzioni, e inun certo modo mi sembra di tor-nare alle elementari perché soche probabilmente la maestraleggerà questo articolo.

Approfitto quindi per scriverlequello che a voce non si trovamai il modo di esprimere, e chesicuramente tantissimi suoi alunniora le direbbero assieme a me,senza alcuna retorica: – Graziemaestra Bruna, perché per noisei stata maestra… di vita!

di Marta Zambon

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Santo Canta

IL RANCIO DI SANTO E DEI SUOI COMILITONI.

MOLTI DI QUESTI NON SAREBBERO SOPRAVVISSUTI

ALLA TRAGEDIA DI CEFALONIA. SANTO

È IL SECONDO, DA SINISTRA, DELLA SECONDA FILA,

PARTENDO DALL’ALTO.

Nel numero 92 dell’Aprile 2001fu pubblicato un articolodi Lucio Carlon sulla tragediadi Cefalonia. Ora, a 60 anni daquei drammatici eventi,Edoardo Calderan ci proponei ricordi di un altro reduce:Santo Zambon Canta.

di Edoardo Calderan

Molti a Dardago probabilmenteconoscono Santo Canta Zambon,ma pochi forse sanno che appar-tiene ad una stretta cerchia di uo-mini, quelli cioè che partirono trail 1941 e il 1942 per Cefalonia, eriuscirono miracolosamente a fa-re ritorno a casa.

Esattamente sessanta anni fasi apriva uno dei capitoli più umi-lianti e vergognosi della storia italiana del ‘900. Il PresidenteCiampi in occasione delle cele-brazioni ha affermato che «con l’8

Cefaloniatestimonianze di

settembre non è morta la patria»,può darsi, ma una cosa è sicura:le decisioni prese dai badoglianied il modo in cui i nostri soldati fu-rono abbandonati al loro destinodalla «patria» meritano qualche at-tenzione in più che l’ambiguo si-lenzio di questi decenni. L’8 set-tembre l’Italia si arrende. Ilgoverno Ba doglio firma un armi-stizio pesante, una pace senzacondizioni imposta dagli anglo-americani.

Mentre il re, Badoglio e gli altrigenerali si rifugiano nei demaniregi di Brindisi protetti dalla RoyalNavy, le nostre armate stanno per

scoprire l’incubo della rappresa-glia tedesca.

A Cefalonia, un’isola strategicache permetteva il collegamentotra il mar Ionio e il mare Adria tico,la divisione Acqui contava 11.000uomini, contro i soli 1.800 tede-schi, fino a quel momento alleati.

Dopo i primi giorni d’incertez-za, il comandante in capo, il Gen.Gandin, decide di rompere gli in-dugi e, con il rifiuto del 14 set-tembre a consegnare le armi, labattaglia ha inizio. Gandin era un

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generale esperto e tatticamentelucido, sapeva bene che unoscontro amato sull’isola contro leforze tedesche poteva esseremolto pericoloso. Il comando te-desco, infatti, stava facendo arri-vare sull’isola pezzi d’artiglieriapesante già dai primi giorni ditrattative e l’intervento dei bom-bardieri tedeschi, gli Stukas, po-teva risultare determinate. I dieci-mila soldati italiani però, avevanoidee completamente diverse.Forti della superiorità numerica emilitare, confidando in un suppor-to logistico da Brindisi ed animatida un’ardente volontà di resisten-za, decisero di combattere. Labattaglia sembrava volgere a favore degli italiani, ma lo sbarcosull’isola del feldmarescialloHarald Von Hirschfeld con trebattaglioni di fanteria e due bat-terie d’artiglieria, cambiò comple-tamente il corso dello scontro. Ladisposizione ufficiale del coman-do supremo tedesco recitava:«...non devono essere fatti prigio-nieri stra nieri». Il destino di più di11.000 uomini era segnato.

Eravamo convinti di farcela, e li avremmo anche cacciati dal -l’isola se Badoglio ci avesse inviato gli aiuti promessi – i primi ri cordi della battaglia sono anchequelli più carichi di rabbia, controquell’Italia che abbandonò lui e glialtri 11.000 soldati. – Non pote-vamo impedire ai tedeschi di farsbarcare gli aiuti sull’isola, nonavevamo navi per farlo. L’idea eraquella di aspettare lo sbarco esorprenderli lungo le strade stret-te e tortuose dell’isola. Io e altridue miei compagni eravamo statiincaricati di scrutare la baia e,non appena i tedeschi avesserolasciato la nave per la salita,avremmo dovuto avvisare il co-mando. Ci eravamo appostati sulcampanile del vicino paese ormaidisabitato, dall’alto infatti si avevauna perfetta visuale della baiasottostante. Era giunto il momen-to: ma dopo aver dato il segnalevia radio, cosa ci fu risposto?

«Aprite il fuoco!» Aprite il fuoco?Cose da pazzi!! Non è difficile im-maginare chi poteva avere la me-glio: noi in tre con un fucile controun battaglione armato fino aidenti. Nel giro di qualche secon-do un’ondata di pallottole ci colpìin pieno, il ragazzo al mio fiancofu falciato all’istante dai mitra. Io el’altro mio compagno eravamoriusciti ad abbassarci appena intempo, poi di corsa giù per lescale del campanile fino ad arri-vare al piccolo cimitero dietro lachiesetta ortodossa. Il mio amicoscavalcò il muro del cimitero, di làperò c’erano i tedeschi. Sentii trecolpi. Subito mi precipitai nella di-rezione opposta, scesi rapida-mente il fianco della collina, riu-scendo a non essere visto daitedeschi, e tornai di corsa alcampo base.

Lo interrompo solo ora, perchiedergli se abbia mai avutopaura in questa o in altre circo-stanze. La risposta è altrettantolapidaria: No, mai! Solo in un’oc -casione ho pensato di non farce-la, ma ugualmente non sono riuscito ad avere paura. – Poi ac -cenna un sorriso – Forse perchénon avevo nemmeno il tempo perpensarci!

Eravamo al ponte sul fiumeKimoniko, stavamo combattendonella zona nord-ovest, nella peni-sola di Lixuri. Ci era stata ordinatauna ritirata strategica per ordinaremeglio le forze più a sud ma l’uni-ca via possibile per spostare rapi-damente i reparti, era un ponte inprossimità del fiume Ki moniko. Itedeschi però, che conoscevanoquell’unico passag gio, non si la-sciarono scappare l’occasione.Furono i bombardamenti degliStukas a massacrare il nostrobattaglione: quando ci piombaro-no dal cielo, capimmo che nonc’era più nulla da fare. Le collinearide e spoglie non ci lasciavanopossibilità di difenderci, non pote-vamo ne rispondere al fuoco neripararci dai bombardamenti atappeto. Mentre correvo, cercan-

do di salvare la pelle, intorno a mec’era il caos: vedevo decine di uo-mini saltare in aria e urla straziantiprovenire da ogni parte. Non soquanti soldati caddero quel gior-no, ma furono davvero tanti.

Le cifre riportate dalla storiarendono bene l’idea di quello cheaccade quel giorno: su 11.000uomini dell’Acqui, 3.700 moriro-no durante gli scontri dal 14 al 22settembre, di questi, la metà nellabattaglia sul fiume Kimoniko.

Tornando al mio incontro conSanto, mi viene spontaneo chie-dergli: «Ma, poi come ha fatto sal-varsi dalla rappresaglia tede-sca?». Lui, che già si aspettava lamia domanda, riprese subito arac contare. Dopo la consegnadelle armi, ci radunarono nel cam-po di concentramento di Argo -stoli, la cittadina più importantenel sud dell’isola, e qualche gior-no dopo mi ammalai di malaria.Ho passato quasi tutto il periododi prigionia ricoverato in inferme-ria. Inutile dire che fu la mia sal-vezza. Lì avevo conosciuto un co -lonnello, si chiamava Briganti, edogni giorno mi raccontava quelloche stava succedendo sull’isola.La rappresaglia tedesca stavacolpendo anche i civili greci col-pevoli di nascondere ufficiali osoldati. Le strade erano così pie-ne di cadaveri che i tedeschi ave-vano usato 500 prigionieri italianiper sgomberarle. Nessuno li hapiù visti tornare indietro, furonoimmediatamente uccisi sul posto.I più alti in grado della divisionesono stati fucilati tutti nei primigiorni dietro ad alcune abitazionidisabitate, costruite lungo la stra-da che portava ad Argostoli, chia -mate le «case rosse». Gandin fu ilprimo, poi tutti gli altri. Ci avevanopromesso che ci avrebbero libe-rato dopo cinque o sei giorni perpoter tornare in Italia. Ma prima ciimbarcarono sulle navi e poi, ap-pena preso il largo, ci presero acannonate dalla costa dell’isola.Quelli che erano sottocoperta,morirono tutti annegati. Io, non so

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come, raggiunsi la riva a nuoto.Mi riportarono in infermeria, guariirapidamente nel giro di un paio digiorni. Nel frattempo continuava-no le esecuzioni sommarie ed imorti non si contavano più. Per lestrade, l’odore di morte era nau-seante. Ai primi di dicembre, il co-lonnello Briganti, con cui ormaiero in ottimi rapporti, mi avevaconfidato che lo Sta to Mag gioretedesco era intenzionato a conce-dere il rimpatrio ai dieci medici e aiquattro cappellani dell’esercitoitaliano, presenti sull’isola. I cap-pellani rifiuta rono quest’opportu-nità, men tre di uno dei dieci dotto-ri, non se ne sapeva più nulla.Bri ganti mi aveva inserito nella li-sta dei partenti, spacciandomi peril decimo medico mancante. Ame tà dicembre partimmo con l’a-viazione con destinazione Ate ne.Da qui salimmo su un treno perTrieste, passando per Sa lo nicco,

Sofia, Budapest per poi giungerein Italia dalla Slovenia. Ricordoche passai per Sofia verso Natale,e quando entrai in Trieste, eranogià i primi di Gennaio del ’44. Quia Dardago c’erano ancora i tede-schi, non potevo nascondermi incasa, se mi avessero scoperto lamia famiglia avrebbe passato guaiseri. Così, nemmeno il tempo diriabbracciare mia madre, e dopoqualche giorno ero ancora in viag-gio, questa volta per Milano. Lìavevo dei parenti di mio padreche mi avrebbero aiutato, ma al-l’incirca all’altezza di Padova, do-po una rapida perquisizione sultreno, mi arrestarono. Dopo qual-che mese mi rinchiusero nel cam-po di concentramento di Monza.Eravamo ormai ad aprile, di lì abreve la guerra sarebbe finita, esolo allora, dopo tre anni e mezzo,sarei potuto tornare liberamente acasa.

Le cose da chiedergli sareb-bero ancora tante, ma si è fattotardi, è già ora di cena e così ringrazio Santo della sua incredi-bile testimonianza. Quando ci sa-lutiamo appare chiaro che c’è inlui la speranza che tutto questovenga un giorno ricordato ancheda quella «patria» che, purtroppo,ha la memoria un po’ troppo corta.

Dondi Leontina Busetti

Don Umberto Fort era nato a SantaLu cia nel 1885 e morì in provincia diVe rona, dove era cappellano militare,a so li 33 anni. È vissuto così pocoche ha lasciato poco di sé, se non do-lore e po chi ricordi che stanno sva-nendo! Come pronipote desidero fer-marli, perché freschi, toccanti esignificativi di una vita che avrebbepotuto dare molto di più.

Mi riferisco a tre episodi precisiraccontati dalla nonna, sua sorella.Uno, forse il più importante dal puntodi vista re ligioso, risale a quando eracurato a Mez zo monte, che raggiun-geva a piedi. Lungo la strada si ferma-va presso una fa miglia che era notaper avere un comportamento religio-so poco ortodosso e scarsa corret-tezza morale. Ven ne richiamato dalVescovo al quale ri spose che lui an-dava «per portare la fede dove nonc’era».

Il secondo episodio, più spiritoso,ricorda di una vecchietta che gli avevaportato dell’olio per accendere il lumi-no al Signore. Ma lui disse che conquell’olio «la consasse la minestra agliuomini di casa quando sarebbero tor-nati dal lavoro e che Nostro Signorepo teva starsene anche al buio».

L’ultimo episodio raccontato dallanonna riguarda una vecchia zia che sila mentava di molti insetti che le attac-cavano un albero da frutto e lo prega-va di cacciarli con una benedizione;poi, sempre gli stessi insetti, avevanoattaccato le verze, necessarie per sfa-mare la famiglia, d’inverno. Al terzospostamento lo zio Berto le disse che«que lle povere bestie dovevano purstare da qualche parte». Gli aneddotifiniscono qui: peccato! Mi ha fatto pia-cere raccontarli, perché esprimononella loro semplicità quei principi disaggezza popolare che ci rinforzano.

SIGNIFICATIVI RICORDI DI UNA VITA BREVE

DON UMBERTO FORT IN DIVISA

QUANDO ERA CAPPELLANO MILITARE.

Umberto Fort

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’n te la vetrinaMaria Besa Coda era nata a Santa Lucia nel 1905ed è morta nel 1983.La foto è stata scattata da Lord Snowdon, maritodella principessa Margaret d’Inghilterra, e già fo-tografo di Vogue, quando Maria Besa lavorava al-la villa Malcontenta e lui era ospite con la mogliedei signori Landsbergh, proprietari allora della fa-mosa villa palladiana.

Un giorno a sorpresa le disse: «Ferma Maria» e lescattò questa foto, così semplicemente: per noiun capolavoro che fissò in modo splendido un ca-rattere fermo, volonteroso, onesto, specchio diuna vita dedicata al lavoro come governantepresso la ricchissima famiglia americana.

I signori Landsbergh possedevano oltre allaMalcontenta un villa in Portogallo e un’altra nelConnecticut.

Da amanti dell’arte riportarono questa residenzaal suo autentico splendore. In seguito, essendosenza eredi, la restituirono ai naturali proprietari,perfettamente restaurata. Maria Besa li seguì conresponsabilità e correttezza tali da ricevere le loroconfidenze importanti, quali quelle che avrebberolasciato la Villa Malcontenta ai Signori Foscari,che in passato avevano dovuto cederla.

LEONTINA BUSETTI

(FOTO DI PROPRIETÀ DELLA FAMIGLIA BESA CODA)

NELLA FOTO: ANNEMASSE (ALTA SAVOIA - FRANCIA) 1936.INES (NATA NEL 1914) E ILARIO ZAMBON (NATO NEL 1922), EMIGRATI IN FRANCIA CON LA LORO FAMIGLIA.

(FOTO DI PROPRIETÀ DI INES ZAMBON PUPPIN)

NELLA FOTO: PIAN CANSIGLIO 1949.UN GRUPPO DI GIOVANI BUDOIESI CON DONALFREDO, DURANTE UN’ESCURSIONE.

(FOTO DI PROPRIETÀ DI ANGELO VARNIER)

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NELLA FOTO: ANNI ’20UN SERENO GRUPPO FAMIGLIARE, A MILANO.MARIA CARLON CON IL MARITO ANGELO DEL MASCHIO E I FIGLI ADA E ROMEO.

(FOTO DI PROPRIETÀ DI DONATELLA E DANIELA ANGELIN)

NELLA FOTO: VINCENZO CARLON(1887/1974) ALL’INIZIO DEL 1900, DURANTE ILSERVIZIO MILITARE COME ALPINO, IN CARNIA.

(FOTO DI PROPRIETÀ DI ADRIANO CARLON)

FOTO SOPRA: NOTA FOLKRORICA CON ITALIA BASTIANELLO THISA E GIUSEPPE TASSANIN COSTUME POPOLARE, AD UN RITROVO TRAEMIGRANTI A MILANO.

(FOTO DI PROPRIETÀ DI ITALIA BASTIANELLO)

SOTTO A DESTRA: DARDAGO 1932IL PICCOLO MARINO ZAMBON ACCANTO AL FRATELLINO AURELIO CON I GENITORI AUGUSTA JANNA E LUIGI.

(FOTO DI PROPRIETÀ DI MARINO ZAMBON MARIN CEP)

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A proposito del nostro Teatro:«Nossignori, continuiamo in inutilidiscussioni… fra non molto unammasso di calcinacci», così ini-ziavo e concludevo il primo perio-do del mio articolo, nel lontano 1°numero de l’Artugna datato 1972;e ancora, nel 1973 altri darda-ghesi ripresero il tema del «vecioTeatro», ma non si fece nulla.

Non fu profezia la mia, masemplicemente il naturale succe-dersi degli eventi e così dopotanti anni di indifferenza e di nonmanutenzione si arrivò al fatidico29 giugno 2002 in cui il vecchio«leone» dovette cedere e crollareal suolo e lo fece con un legittimogran fracasso, ma ancora unavolta da gran «re», nel giorno enell’attimo in cui attorno nessunopotesse soccombervi.

Oggi a distanza di un solo an-no possiamo affermare che nontutti i mali vengono per nuocere ecome dal cappello di un magoeccolo lì più bello di prima, forsenon ha il fascino del restaurato,perché è nuovo, ma indossa unvecchio vestito, i suoi sassi.

’L è tornàt a nassePROSSIMA L’INAUGURAZIONE DEL «VECCHIO»

TEATRO, SIMBOLO DEI DARDAGHESI.

di Giacomo Del Maschio

QUADRO ECONOMICO

Lavori a base d’asta euro 278.189,94

Somme a disposizione per spese tecniche, Iva

e imprevisti euro 74.124,25

Costo complessivo dell’opera euro 352.314,19

L’Amministrazione comunaleha concluso l’iter programmaticonel quale si prefiggeva di riportarealla vita un edificio simbolo e ric-co di ricordi; per me amministra-tore di oggi, dardaghese da sem-pre, aver contribuito a portare acompimento questa opera è unmotivo di grande appagamento,quasi un sentimento, che oggi, adistanza di tanti anni, riscopro nelveder realizzato un sogno chepenso sia comune a tutti i darda-ghesi.

I lavori, iniziati il 18 marzo2003, sono stati ultimati in questigiorni e mi sembra giusto ricorda-re che l’impegno economico pro-fuso dal Comune, non deriva dacontributi Statali, Regionali o Pro -vinciali, ma da soldi del propriobilancio e quindi di tutti noi, eccoperché l’opera di recupero appa-re ancor più soddisfacente.

Ora il «Nuovo Teatro» saràinaugurato a breve e spero che ri-torni ad essere, oltre che salamulti funzionale per la scuola ma-terna, luogo di ritrovo e, perchéno, teatro.

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È mancata all’età d’anni 48 MariaClara Zambon, chiamata Mary,sposata Gelisi, rapita da un maleche non perdona, lasciando nellosconforto il marito Fabio, la figliaBarbara di recente laureata in far-maceutica, la mamma Iole, la so-rella Anita ed il fratello Franco equanti la conobbero ed apprez-zarono a partire delle colleghemaestre d’asilo, i genitori ed ibambini nella scuola maternadi Vallenoncello di Porde none.Un’impo nente folla parte cipò aisuoi funerali, colleghi, docenti emolti genitori con i loro bambini ediversi paesani di Dardago. Du -

loro un abbraccio, una carezza,una parola di conforto, un com-plimento, un sorriso. Ti vedo inmez zo a colori, disegni, canzoni,filastrocche, favole: un mondoac cessibile a pochi perché prero-gativa dei piccoli e solo di coloroche riescono a rimanere tali. Tiringrazio per aver percorso buo-na parte della tua breve vita con inostri figli, perché da te hannoimparato tanto, in tutti i sensi.Gra zie, maestra Mary, per aversa puto trasformare il tuo lavoro inuna missione d’amore». Con me-stizia è stata accompagnata nelcimitero di Valle noncel lo ove ripo-sa in pace. A tre mesi dalla suascomparsa, avvenuta nella primadecade di agosto 2003, unaSanta Mes sa è stata celebratasempre nella Chiesa di Val le -noncel lo voluta dalle colleghe insuffragio, alla presenza di moltepersone, in particolare genitori ebambini. Al termine della Messa,Don Gia como ha chiamato i pic-coli a sé attorno all’Altare e li hafatti pregare assieme alla comu-nità per Mary. Un gesto moltocommovente. Le offerte raccoltesono state devolute per la ricercacontro i tumori.

Grazie

A volte mi piace pensare a quando tiho conosciuto. Sapevo che tu ed ioeravamo in qualche modo simili; è co-me il giorno e la notte… due oppostiche si alternano nello stesso ambiente,come se ognuno sorvegliasse l’altro egli portasse conforto e rifugio.

Mi sono seduto nel posto più altoche potessi trovare perché voglio cer-care di starti vicino e di sentire ancora latua voce che echeggia nelle mie paroleperché, lo sai, i tuoi pensieri sono i mieiricordi dei momenti trascorsi con te….

Tu sei ancora vivo! Ricordatelo! Hoscritto queste parole perché, vedi, èbello possedere qualcosa che possaricordare chi ti ha sempre voluto benenel tuo breve cammino su questa ter-ra; in questo modo non morirai ma...diverrai immortale….

Addio, amico mio…TUO CUGINO LUCA

di Espedito Zambon

nel suo secondo anniversario31 ottobre 2003

Mary, per la tua missione d’amore

Riccardo carissimo,due lunghi anni sono trascorsi dalgiorno che hai lasciato questa terra.Ci conforta tuttora il ricordo di esserestati vicini a te fino al tuo ultimo saluto.Non abbiamo più parole da pronun-ciare, ti vediamo sempre accanto anoi in qualsiasi luogo.

rante la Santa Messa celebratada Don Giacomo Tolot, fu ricor-data per la sua professionalità in-novatrice e per l’amore rivoltoverso i bambini. Alla fine dellaMes sa una collega a nome pen-so della comunità ha letto questobrano molto significativo nel suoinsieme: «Ti vedo nella tua scuo-la, tra i tuoi bambini. Si, i tuoibambini, perché ognuno di loro èstato per un po’ anche tuo figlio.Non hai risparmiato a nessuno di

Però, se torniamo indietro nel tempo,pensiamo a quegli anni intensi e felicipassati assieme e capiamo la nostranon rassegnazione.Sappiamo di aver perduto un dolce,buono ed indimenticabile figlio.Ti ricordiamo sempre con immutatoaffetto.

LA MAMMA E I TUOI CARI

RICCARDO ZAMBON

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Come un fulmine a ciel sereno si èsparsa la voce della breve malattia edella morte di Silvia, increduli che aquell’età, 89 anni, fosse quasi intoc-cabile, vista la sua bella e solare figu-ra, la sua compostezza, la sua alle-gria, non smodata, la voglia di vivereche trasmetteva agli altri. Ma la vita ri-serva anche i ma, i se, i però.

La ricordiamo così, anche ora chepassata al di là ed ha raggiunto i suoiamati genitori, fratello e sorelle, con losguardo materno sempre verso il bas-

Silvia Del Maschio

Adorato papà,ci hai lasciati, ma io so che sei semprevicino a me e alla mamma, tu non ciavresti mai abbandonato.

Sei stato un marito fedele e unpapà esemplare. Insieme alla mammami avete educato, donandomi un’in-fanzia e un’adolescenza felice. Mi so-no sposata, non è trascorso giornosenza vederti; ricordo che qualchevolta mi dicevi di non preoccuparmi, distare a casa che avevo tante cose dafare, però io vedevo nei tuoi occhi unaluce di gioia ogni volta che mi vedevi.Non ci hai mai fatto mancare nulla; in-sieme alla mamma mi avete dato una

casa, frutto di una vita di sacrifici fattiinsieme.

Nei miei momenti di difficoltà, tunon mi hai mai chiesto niente, un tuosguardo valeva più di tante parole. Tuc’eri, insieme alla mamma, e questomi ha sempre dato la forza per anda-re avanti.

Grazie, papà, di essere stato sem-pre presente, mai invadente e soprat-tutto di averci voluto tanto, tanto bene.

Papà, aiutaci a superare la tuascomparsa, io e la mamma e tutte lepersone che ti vogliono bene, non tidimenticheremo mai.

Grazie, papà.LORELLA

Enrico Carlon

Lasciano un grande vuoto...

A soli 34 anni è deceduto in FranciaMassimo Zambon di Basilio Pala eBattistina Pertia lasciando nel dolore igenitori, il fratello Luigi e tutti i parenti.Ora riposa nel Cimitero di Ville-la-Grand. Emigrati i genitori da circa 45anni in Alta Savoia erano riusciti a co-struirsi la casetta a Carnieres de Ville-la-Grand in prossimità dei confini conla Svizzera.

ESPEDITO ZAMBON

so, a consolare le figlie ed i numerosiparenti, ad intercedere per quanti lehanno voluto bene ed ha incontrato nelsuo lungo cammino. A dirci che, nono-stante la precarietà, la vita è bella e me-rita viverla in pace e fraternità. «Vitamutàtur non tóllitur», recita il prefaziodei defunti «con la morte la vita non ètolta ma trasformata». La chiesa gremi-ta di gente, il giorno del funerale, ha ri-velato quanto Silvia fosse ben voluta.

Con questa certezza, continuiamoa pensarla con affetto.

MARIO POVOLEDO

l’Artugna porge le più sentite condoglianze ai famigliari

Massimo Zambon

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Into

rvìa

latòla

VIN BRULÈ

IngredientiUn bicchiere di vino rosso a personaun cucchiaio di zucchero a personachiodi di garofanouna stecca di cannellala buccia di un limone e di un’arancia una mela tagliata a fettine

PreparazioneMettere sul fuoco una pentola con il vino e tutti gliingredienti, tranne lo zucchero e porrare a bollore;quindi con un fiammifero incendiare l’alcool, dopoqualche secondo spegnete versandoci sopra lozucchero. Togliere la pentola dal fuoco e servire il vinbrulè bollente.

29

PINTHA [LEGGERA]

Ingredienti500 g di zucca lessata 125 g di burro 200 g di zucchero 1 bicchierino di rhum 50 g di lievito1 arancia, 1 limone250 g di uvetta500 g di fichi secchi1 bicchiere di latte1 kg di farina 00un po’ di sale, semi di finocchio

PreparazioneA parte sciogliere il lievito nel latte appena tiepido. Inuna terrina, contenente la zucca lessata, aggiungereil burro fuso, lo zucchero, il latte con il lievito, la buc-cia grattugiata del limone e dell’arancia, un bicchie-rino di rhum e mezzo cucchiaino da cucina di sale fi-no; mescolare il tutto aggiungendo quasi tutta lafarina. Dopo aver ben impastato, aggiungere l’uvet-ta, i fichi tagliati a pezzetti e i semi di finocchio; conla rimanente farina, lavorare il tutto su un tavolo finoad ottenere un impasto ben amalgamato. Lasciareriposare in luogo fresco per una notte. Riprenderel’impasto e dopo aver dato la forma desiderata, la-sciarlo lievitare ancora per qualche ora. Cuocere inforno a 180 °C per circa un’ora.

CROSTUI

Ingredienti500 g di farina 0040 g di burro50 g di zucchero2 uovavino bianco secco (1/4 di litro)olio per friggere (un litro)

PreparazionePreparare la farina a fontana, mettere le uova al cen-tro; una presina di sale, lo zucchero, il burro appenafuso e quindi impastare tutto come se si facesseuna comune pasta per tagliatelle, con la differenzache questa va impastata con il vino bianco.Ottenuto un impasto di giusta consistenza lasciareriposare per qualche minuto. Procedere a «tirare» (ostendere) la pasta molto fine e tagliarla a strisce conla rotellina apposita. In una pentola dai bordi altimettere a scaldare l’olio; quando questo sarà bol-lente, versare (pochi alla volta) i crostui. Quandoavranno preso un bel colore dorato, levarli e posarlisu carta assorbente da cucina e spolverarli di zuc-chero a velo mentre sono ancora caldi.

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Cronaca

In una splendida cornice di mo-dernità, l’antica Portus Naonis,dalla Sala Congressi della Fiera diPordenone, ha dato il via al 1°Convegno dei Volontari AUSERdella provincia di Pordenone, lacui partecipazione è stata nume-rosa e molto sentita.

L’apertura dei lavori del Con -vegno è stata fatta dal Pre sidentesig. Vincenzo Buffo, il quale dopouna chiara presentazione dell’o-perato attivo dei volontari porde-nonesi, ha evidenziato, non sen-za una certa soddisfazione, chela provincia di Pordenone si collo-ca in testa alla media nazionalecon il più alto numero di ore divolontariato «donate».

Tale esposizione dei dati è statasottolineata anche da tutti i vari

I volontari Ausera Pordenon

Il 10 agosto scorso, un gruppo diamici ha deciso di incontrarsi e difesteggiare con la Santa Messa,rinfresco e pranzo, alla grande,una ricorrenza che li riguardavatutti.

Durante la funzione religiosadon Adel ha rivolto belle parole aiconvenuti, tanto che tutti, impet-titi e seri le sentiva rivolte a sestesso.

All’uscita dalla chiesa Rosapiae René ci hanno accolto nel loronuovo bar dove era stata prepa-rata una tavolata con un deliziosorinfresco. L’ambiente era fami -liare, ci si sentiva come a casa,specialmente gli uomini. L’alle -gria, lo scambio di opinioni e pet-tegolezzi non facevano rifletteresul perché eravamo tutti lì. Lo sa-pevano ma nessuno pensava diribadirlo, tutto era come tanti anniprima.

Stavamo festeggiando i 65anni, classe 1938, ma quantaenergia e voglia di vivere... Congioia e spensieratezza verso le 13abbiamo raggiunto il ristoranteFonta niva per il pranzo. Lì tuttierano ben allineati, mandiboleforti, dentiere... pericolose.

Che peccato che il corpo in-vecchi mentre la mente, lo spirito,la voglia di vivere restano quellispensierati di tanti anni fa.

UNO DEL ’38

I coscriti del ’38...

sig. Sandro Gislon, terminato ilConvegno, si sono festosamenteincontrati con parenti ed amicidelle altre comunità della provin-cia pordenonese davanti ad unlauto rinfresco innaffiato da ottimivini che hanno largamente contri-buito a scaldare gli animi e achiudere in allegria questo primoConvegno.

FORTUNATO RUI

UN MOMENTO DEL 1° CONVEGNO DEI VOLONTARI

AUSER. (FOTO F. RUI)oratori che si sono susseguiti du-rante il Convegno, facendo sì chetutti questi giovani «leggermentestagionati» si sentissero orgogliosidi quanto avevano donato, impe-gnandosi a dare, nel limite del pos-sibile, ancora tanto per il futuro.

Gli iscritti al Circolo AUSERBudoia-Santa Lucia-Dardago, conuna presenza numerosa di volon-tari guidata dal presidente signorMarcello Zambon e dal segretario

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Grande festa per i coscritti del1928 che si ritrovano domenica12 ottobre per onorare come sideve il traguardo dei 75 anni.All’incontro sono presenti molticoscritti di tutto il Comune.

Setantathinque portadibin

7° Premio Gante

Si è concluso con il concerto finaleeseguito dai vincitori della manife-stazione il 7° Concorso pia nisticoeuropeo «Luciano Gante», orga-nizzato dall’Istituto di Musica del-la Pedemontana con il patrociniodelle Amministrazioni regionali,provinciali e comunali e dellaFondazione Cassa di Risparmiodi Udine e Porde none, in memo-ria dell’artista triestino scompar-so nel ’93.

Il concorso si è svolto pressol’Audi torium Concordia di Porde -none dal 21 al 25 ottobre 2003. Il Concorso Pianistico Nazio nale«Luciano Gante» si è aperto aiconcorrenti dei Paesi dell'Unio neEuropea. Tale novità vuol essere,oltre che una giusta evo luzione diuna manifestazione ormai matura

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Sabato 4 ottobre, i coscritti del1963 del Comune di Budoia e diSan Giovanni si riuniscono per fe-steggiare il loro 40° anno di vitainsieme con la loro insegnantemaestra Renza Gattesco Sanson,particolarmente commossa, peraver rivisto i suoi ex alunni.

Dopo la cerimonia religiosa, ilgruppo raggiunge una localitàdella Slovenia per proseguire lafesta con l’immancabile pranzo.

...e chei del ’63

Au guri ai coscritti da partedella redazione.

Semplice ma ben riuscito ilprogramma che prevede, tra l’al-tro, la Santa Messa di ringrazia-mento a Budoia e un incontroconviviale al Ristorante Masaret di Coltura. Impeccabile l’organiz-zazione.

FOTO A SINISTRA. IL GRUPPO DEL 1938

DOPO LA CELEBRAZIONE DELLA SANTA MESSA

A BUDOIA.

FOTO AL CENTRO. I GIOVANI DEL 1963 CON LA

LORO MAESTRA RENZA GATTESCO SANSON NELLA

CHIESA DI BUDOIA.

FOTO IN BASSO. 12 OTTOBRE 2003.

FESTA DEI COSCRITTI DEL 1928.

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Con l’apposizione sul basamentodel monumento ai caduti in piazzaa Dardago di due lapidi in memo-ria dei dispersi e dei morti dell’ulti-ma guerra si è, finalmente, postorimedio a una lacuna. Questi i loronomi: Basso Carlo (1922), Bo cusGuido (1911), Busetti Angelo(1914), Ian na Gio vanni (1914),Ianna Menotti (1911), Parme sanFrancesco (1914), Vet tor Gildo(1912), Zambon Er me negildo

Doe lapidi in Platha

ed affermata nel proprio settore,anche un piccolo segnale, dopol’anno 2002, verso un'unione nonsolo monetaria ma anche cultura-le, veicolata dall'unico linguaggiocondivisibile che non necessita ditraduzioni. Alla settima edizione,in virtù del nuovo regolamentoche prevede l’ammissione allacompetizione ai pianisti in pos-sesso di particolari requisiti arti-stici, sono pervenute 29 domandedi Concor renti provenienti da Ita -lia, Austria, Svizzera, Ger mania,Giappone, Belgio, Porto gallo,Francia e Spagna.

A seguito dell’analisi dei curri-culum sono stati ammessi a par-tecipare al Concorso ventunoConcorrenti.

La giuria composta da pianistidi fama internazionale, a maggio-ranza ha assegnato il primo pre mio «Pro vincia di Pordenone»,consistente in seimila euro, diplo-ma di partecipazione e quattroconcerti offerti da Comuni edAssociazioni, al pianista franceseDurupt Laurent.

Al secondo posto si è classifi-cato Montemurro Michele (Italia).Al terzo posto si sono classificatiex æquo Secchi Andrea (Italia) e Gianello Federico (Italia).

Il premio speciale (offerto dallaF.I.D.A.P.A. di Pordenone) alla mi-

glior concorrente femminile è sta-to assegnato ex æquo a CataniaMonica (Italia) e De Piante VicinPaola (Svizzera).

Il premio speciale «Chopin»per la miglior esecuzione dellostudio è stata assegnato a FabioRosai (Italia) con l’esecuzionedello studio op. 10 n. 1 Il premiospeciale «Enrico Belfiore» per lamiglior esecuzione della sonata diBeethoven è stato assegnato aGianello Federico per l’esecuzio-ne della Sonata op. 2 n. 3 e il pre-mio speciale «’900» per la miglioresecuzione del brano compostonel 1900 è stato vinto da SecchiAndrea che ha eseguito tre pezziop.11 di A. Schoenberg.

DAVIDE FREGONA

IL VINCITORE DEL 7° CONCORSO PIANISTICO,

IL FRANCESE LAURENT DURUPT.

UNA DELLE DUE LAPIDI IN MEMORIA DEI DISPERSI

DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE.

(1912), Zambon Gia como (1920),Zambon Gino (1912), ZambonGino (1921), Zambon Giu seppe(1921), Zambon Longi no (1914),Zambon Luigia (1908), ZambonValentino (1920).

Sarebbe opportuno porre ma-no anche alla lapide posta a curadell’Associazione Combattenti eReduci del Comune di Budoia il 4novembre del 1954. La lapide èpraticamente illeggibile ma, gra-zie alla Voce del Pastore del me-se di dicembre 1954, sappiamoche questa era l’iscrizione:

Questa pietra eterniil sacrificio dei

caduti e dispersidi tutti i fronti

che la patria venerae Dardago tacita ricorda.

Guerra 1940-45.

Ricorrendo, il prossimo anno,il 50° anniversario della posa del-la lapide, sarebbe meritoria unaoperazione di restauro. Tanti so-no i nostri giovani strap pati alla vi-ta e ai loro affetti dalle guerre delsecolo appena chiuso.

Nel loro ricordo speriamo chemai più altri nostri giovani sianochiamati a questo estremo sacri-ficio. In un periodo di violenza edi terrorismo internazionale co-me quello in cui stiamo vivendo,è più che mai necessario pregareDio perché, nella sua infinitabontà, guidi il mondo su sentieridi pace.

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Tutti conoscono l’area pic-nic Valde Croda, il parco attrezzato inlocalità Ciàmpore, nella splendidacornice della Val Granda. Proprioper la sua suggestiva posizione,l’area richiama moltissime perso-ne, residenti nel nostro Comune,ma anche turisti provenienti dapaesi più o meno lontani.

Era proprio questo l’obiettivoal momento della creazione delparco per opera della ComunitàPedemontana del Livenza: inun’ot tica di tutela dell’ambiente evalorizzazione turistica si era indi-viduata un’area apposita in mododa evitare che per i pic-nic fosse-ro utilizzati gli angoli più disparatidelle nostre montagne.

Al turista che così trova un’a-rea attrezzata con tavoli, caminet-ti, giochi per bambini e percorsoginnico, si chiede in cambio soloun po’ di buon senso.

S.O.S. Parco de Val de Croda

LOCALITÀ CIÀMPORE,

DOPO UNA GIORNATA DI PIC-NIC.

(FOTO DI ANTONIETTA TORCHIETTI).

Per Ezio Panizzut, fin dagli inizidegli anni ’70, al suo arrivo daTrieste, la biblioteca comunaleappena costituita in paese fu unpreciso punto di riferimento; nontrascorreva giornata di aperturadella sede che egli non fosse sta-to presente per la consultazione,per la ricerca delle novità biblio-grafiche, per la sostituzione del li-bro. Riempiva saggiamente lesue giornate leggendo, oltre cheseguendo i genitori ormai anzianie presenziando quotidianamentealla Messa come aiutante di don

I libres de Ezio

Ma questo spesso manca:senza considerare gli atti di van-dalismo, cui comunque nel pas-sato i volontari della Pro Loco(1995) hanno voluto porre rime-dio. Basta dare un’occhiata allecondizioni del parco dopo le gior-nate tradizionalmente più affollateper capire che qualcosa non va.Solo per fare un esempio, già unavolta si sono dovuti riparare i ca-minetti perché qualcuno, in man-canza di legna da ardere, non hatrovato di meglio che usarne lacopertura.

Bisogna quindi trovare una so-luzione, in primo luogo per evitarela spesa per il ripristino, che rica-de sulla collettività budoiese e se-condariamente offrire una pro-spettiva di gestione.

Serve un progetto per l’utilizzoe la valorizzazione dell’area: unaidea potrebbe consistere nel po-tenziamento della struttura ed ilsuccessivo affidamento ad unsoggetto che si occupi dell’am-ministrazione, in modo da garan-

tire una sorveglianza e una ma-nutenzione ordinaria e che maga-ri tenga aperto un servizio bar nelperiodo estivo. I fruitori del parco,in buon numero non residenti eche usufruiscono della strutturacomunale gratuitamente, trove-rebbero un servizio ancora mi-gliore, e dovrebbero contribuireversando al gestore una quotamagari sotto forma di parcheggiodell’auto.

In questo modo si arricchireb-be l’offerta turistica della vallata, ingrado di soddisfare appieno leesigenze delle diverse tipologie dipersone senza far ricadere le spe-se ordinarie (pulizia, raccolta, rifiutiecc.) solo ai cittadini budoiesi.

DAVIDE FREGONAVice Presidente Pro Loco Budoia

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Domenica 26 ottobre 2003, laPro Loco, sotto la guida del no-stro filatelico Felice Modolo, or-ganizza una gita a Levade, picco-la cittadina dell’Istria nota agliappassionati di tartufi.

Anche i budoiesi si stanno av-vicinando a questo pregiato pro-

Alla scoperta del tartufo d’Istria

Il 2003 è stato un anno di stagio-ni pazze. Alberi con fiori e frutti,durante il periodo autunnale, so-no sicuramente sinonimo di stra-vaganze metereologiche.

I pomèrs... in flôr

È deceduto a Trieste Pietro Covre,collaboratore e generoso lettorede l’Artugna. Nativo di Polcenigo,operava nel capoluogo giulianodove era conosciuto e stimato ne-gli ambienti giornalistici e culturali;recentemente aveva ricevuto dal -l’Amministrazione Comunale diTrieste un prestigioso riconosci-mento per la sua meritoria attivitàdi studioso e ricercatore. Molto le-gato alla zona che gli diede i natali,ha ricordato, più volte, su questepagine alcuni momenti della suainfanzia.

Pietro Covre, un amigoche no ’l è pì

FOTO A DESTRA. UN POMÈR IN VIA STRADON.

(FOTO DI RENZO ZAMBON).

FOTO SOTTO. IL PRESIDENTE DELLA PRO LOCO

GIANPIETRO FORT E IL SINDACO DI BUDOIA

ANTONIO ZAMBON IN VISITA NELLA LOCALITÀ

DI LEVADE (ISTRIA).

Per il quinto anno consecutivo è ri-preso il corso di lingua e culturafriulana indetto dall’amministrazio-ne comunale in collaborazionecon la Società Filologica Friulana.Insegnante, «budoiese d’adozio-ne», è Erika Cristante, che ha se-guito fin dall’inizio un nutrito grup-po di corsisti al quale rivolgiamo ilnostro appello per sollecitarlo acollaborare con il periodico.

Ancia ’sto an col furlan

Novità in glesia a Buduoia

In occasione della festività diSant’Andrea, a Budoia, si è svoltala cerimonia d’inaugurazione delrestauro della cappella e della scul-tura marmorea del Crocifisso. Ladocumentazione del lavoro, realiz -zato dall’equipe coordinata dalladottoressa Simonetta Gher bez zadi Udine, verrà ampliamente pub-blicata nel prossimo numero.

Alfredo. La sua morte avvenne al-cuni anni fa e da allora lo zio,Giuseppe Rigo, conserva nel cuo -re il desiderio di donare il nutritonumero di volumi appartenentealla biblioteca del nipote alla sedecomunale. In questi giorni, alcunidipendendi dell’amministrazionecomunale hanno provveduto altrasferimento del materiale libra-rio in biblioteca.

Un grazie della comunità al si-gnor Giuseppe per il generosogesto e un ricordo ad Ezio nellapreghiera.

dotto della terra, a cui da alcunianni la nostra Mostra Micologicadedica particolare attenzione, vi-sto che inaspettatamente il FriuliVenezia Giulia si è rivelata una re-gione vocata alla crescita e allacoltivazione di varie specie di tartufo.

Alla gita era presente anche ilnostro sindaco Antonio Zambon,che ha manifestato alle autoritàlocali l’amicizia che ci lega nel no-me dell’interesse per questo pro-dotto, che naturalmente è statogustato da tutti durante il pranzoche ha coronato la giornata.

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La farmacia ’l à cambiatposto

Kahol, è proprietaria della sede incui si continua la tradizione di fa-miglia, iniziata dal padre, dottorItalo, e successivamente prose-guita – per quasi quarant’anni –dalla madre, dottoressa GiuliaCargnello, che con notevole pro-fessionalità e con discrezione egentilezza ha vigilato la salutedella popolazione fino a settem-bre del 1995, anno in cui cedettela titolarità alla secondogenitaFrancesca.

Complimenti ed auguri dallaredazione.

In quest’ultimo scampolo del2003 è avvenuto l’annunciatotrasferimento della sede della far-macia «Due mondi» dai locali diCasa Callegari, in piazzettaSant’Andrea, alla nuova strutturain piazza centrale.

Con questa nuova collocazio-ne, la piazza si è ulteriormenteanimata dopo la riapertura delbar di Renè e Rosa Pia, dell’uffi-cio postale e l’apertura della nuo-va attività di pulitura a secco.

Lo spazio interno, moderno,molto ampio e luminoso, ripropo-ne le varie specialità della farma-cia Callegari: dai classici prodottifarmaceutici ai reparti di omeo-patia ed erboristeria. Non vienetralasciato neppure lo spazio ri-servato alla cosmesi naturale,settore ben fornito che – già daparecchi anni – la famiglia Cal -legari riserva ai suoi clienti, nonsolo locali, insieme con le produ-zioni galeniche, i cui laboratoritrovano collocazione nel pianoseminterrato del nuovo edificio.

Ovviamente ritroviamo la pro-fessionalità, la cortesia e la sim-patia della dottoressa FrancescaCallegari, che con il marito Nabil

FOTO SOPRA. LA DOTTORESSA FRANCESCA CALLEGARI

CON IL MARITO DOTTOR NABIL KAHOL, PURE FARMACISTA.

Per il Comune di Budoia, Ca l le gari-Cargnello è sinonimo di farmacia.Correva l’anno 1957 quando il dottorItalo Callegari, ori ginario del Soli ghe -se, approdò a Budoia nella vecchiasede della farmacia, nel Palath di Bi -scontin, già proprietà del dottor SistoCardazzo, nell’omonima via. Vi erauno spazio angusto riservato al set-tore commerciale, mentre ben piùampio ap pariva il retrobottega per lapre parazione dei prodotti galenici.Egli sostituì il primo farmacista delco mune, dottor Rapisardi, giunto aca vallo degli anni ’30/’40. Prima di al-lora la gente era costretta a raggiun-gere la farmacia del sior Tita, a Ca -stello, in piazzetta Calchera, anchese, per le necessità più impellenti,una negoziante vendeva abusiva-mente le bottigliette scure dell’oliodi ricino.

*

*

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20 luglio 2003Festa a Sarone per il battesimodella piccola Guia Davanzo, qui in braccio alla mammaElena Flaiban. Vicino la nonna Valeria Bocus e la bisnonnaErmellina Zambon.

Inno a

lla v

ita

Ermellina Zambon e Bepi Janna Bernardofesteggiano 60 anni di matrimonio.

Quattro generazioni. Da sinistra, Luigino ZambonMomoleti (1951), la nonna Maria (1920) conla piccola Giada (2002), e il papàMirco (1976).

Foto sopra. Con tutti i propri cari Stefania Busetti Caporal eAngelo Polo, il primo giugno 2003, hanno festeggiato con gioiae serenità a Milano il loro 50° anniversario di matrimonio.

Foto sotto. Mestre, 11 marzo 2003. Lucia e Gino Zambon con i loro 10 figli festeggiano il 25° anniversario di matrimonio.

Auguri dalla Redazione!

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Sori, 21 settembre 2003

Carissimi, Vi invio il mio profondo grazie peril bene che mi procura l’Artugnacon tutte le cose che vedo diDardago.

Il teatro è un punto solennedei miei ricordi di Dardac di allora.Lavoravano con la luce elettricache Dardac aveva avuto prima ditutti i paesi vicini.

Il mio pensiero è sempre aDardago perché da quello che horicevuto nella mia infanzia, ho tra-dotto in realtà molte cose. Vive inme la speranza di venire un gior-no ancora, dopo tanti anni.

Ora sono l’ultimo Burigana diDardac, il resto è a Budoia, Ba -stia nella. Ma non mi devo intristi-re ma ringraziarVi di tutte le opereche fate a Dardago.

Allego una piccola offerta peronorare la memoria di Irma, miasorella, e Anita.

Vi prego di accettare i senti-menti della mia gratitudine, contante cordialità.

BEPIN CIAMPANER

Milano, 8 settembre 2003

Spett. Redazione,Vi prego di inserire nella rubricaMatrimoni, accanto al mio nome,quello della futura mia sposa.

Mi complimento con Voi, nel-l’occasione, per la varietà e ric-chezza dei contenuti del Pe rio -dico, splendida luce della nostraterra friulana.

AffettuosamenteVICTORIANO FORT PITUS

Gent. Sig. Victoriano,giungano da queste colonne allasua sposa, Sig.ra Antonella, e aLei le nostre più vive congratula-zioni e il nostro augurio per unavita famigliare ricca di soddisfa-zioni e di serenità. La ringraziamoper i complimenti.

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Maniago, 17 settembre 2003

Spett. Redazione,Vi giungano i miei più sinceri rin-graziamenti per l’articolo dedica-to a mio fratello, Mons. Nicolò DelToso, apparso sull’ultimo numerode «l’Artugna».

Ne sono rimasta veramentecommossa, anche perché DonNi colò, per la parrocchia di Dar -da go, aveva un posto specialenel suo cuore…

Vi ringrazio ancora moltissimo.Tantissimi auguri e saluti.

PASQUETTA DEL TOSO

Gent.ma Sig.ra Pasquetta,l’Artu gna non poteva certo di-menticarsi di don Nicolò, un sa-cerdote che ha lasciato moltissi-mi buoni ricordi tra i dardaghesi

per tutte le opere compiute neglianni passati nella nostra comu-nità come pievano amato e rispettato.

In questo numero, come pro-messo, la Redazione intende ri -cordarLo con un articolo sullasplendida iniziativa della Voce delPastore.

La ringraziamo per la sua col-laborazione. Distinti saluti

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Milano, 8 ottobre 2003

Cara Redazione,vi scrivo in quanto ieri sera, conIda Zambon in Vettor residente aSan Donato, abbiamo conosciu-to una oriunda dardaghese...molto in gamba.

Maria Grazia Zambon, alla ri-cerca delle proprie radici cristia-ne, è finita ad Antiochia (ex Siria,ora Turchia, luogo ove i cristianicominciarono a chiamarsi tali) edora vive con la piccolissima co-munità cristiana locale (una deci-na di famiglie) dedicandosi all’ac-coglienza, a far sì che una certapresenza non finisca dispersa.

Noi abbiamo ascoltato la suatestimonianza, assieme a quelladi una sua amica turca neocon-vertita. Tra l’altro il 13 settembrescorso Maria Grazia è entrata

nell’Ordo Virginum, consacrata inDuomo dal nostro Arcivescovo (èuna consacrazione di laiche chevivono poi ciascuna nel mondo,per proprio conto, tipicamenteambrosiana...).

Con Ida, abbiamo pensato difar scrivere a Maria Grazia, che ègiornalista, un articolo che de-scriva l’esperienza, e pubblicabilesu l’Artugna date le sue radici. Èfiglia di Arturo Zambon nato nel1938, emigrato a Milano ove si èsposato. Il padre di Arturo èChecco Zambon, nato nel 1913,vivente e vedovo di Amelia Bassosepolta a Dardago.

Ciao a tuttiOSVALDO PUPPIN

Caro Osvaldo, manifestiamogratitudine a te e ad Ida per averpensato a l’Artugna. Ci fa piacerericevere testimonianze di unadardaghese che vive un’eccezio-nale esperienza in terra così lon-tana dalle sue radici.

In attesa di rivederci, vi ringra-ziamo cordialmente.

Vi ringrazio per la spedizione del’Artugna. Quando la ricevo honostalgia del paese.

PIETRO ZAMBON VIALMIN · FRANCIA

Cara l’Artugna, sei sempre forte.Ringrazio e invio saluti ed auguri.

REMIGIO IANNA · VENEZIA

In ricordo dei miei defunti.MARIO GIUSSANI · VERUNO (NO)

In ricordo di Ferdinando Rigo.NATALE DE MARCHI · SANTA LUCIA

In ricordo dei miei cari defunti.CAMILLO ZAMBON · TRIESTE

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Gentilissimo Sig. Giuseppe,co me sempre, leggere la Suacorrispondenza ci procura unaforte emozione, perché da quellerighe scritte con una grafia invi-diabile, nonostante la venerandaetà, emerge un amore visceraleper questa nostra terra, senti-mento che moltissimi giovani nonriescono nemmeno a concepire.

Perciò siamo noi che La rin-graziamo, non tanto per l’offerta,ma per le Sue parole e per il Suoattaccamento a Dardac. Anchenoi speriamo che possa realizza-re il desiderio di tornare ancoranel paese della Sua infanzia.IncontrarLa sarebbe un piacereper tutta la Redazione.

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MERCOLEDI 24 DICEMBRE 2003 Budoia Dardago

• Santa Messa a San Tomè – 20.30• Santa Messa della Natività 23.3024.00

GIOVEDI 25 DICEMBRE 2003 · SANTO NATALE

• Santa Messa Solenne 10.00 11.00• Santa Messa vespertina 18.00 –

VENERDI 26 DICEMBRE 2003

• Santa Messa 10.00 11.00

DOMENICA 28 DICEMBRE 2003

• Santa Messa 10.00 11.00• Santa Messa vespertina 18.00 –

MERCOLEDI 31 DICEMBRE 2003

• Santa Messa e canto del TE DEUMdi ringraziamento 17.00 18.00

GIOVEDI 1 GENNAIO 2004

• Santa Messa solenne e cantodel VENI CREATOR SPIRITUS 11.00 18.00

LUNEDI 5 GENNAIO 2004

• Santa Messa vespertinae benedizione acqua, sale e frutta 17.00 18.00

• Accensione dei Panevin 20.30 20.30

MARTEDI 6 GENNAIO 2004

• Santa Messa solenne 10.00 11.00• Benedizione dei bambini 15.30 15.00• Santa Messa vespertina 18.00 –

religioso natalizio

Situazione economica del periodico l’Artugna

Periodico n. 99 entrate uscite

Costo per la realizzazione+sito Web 3.316,00Spedizioni e varie 707,00Entrate dal 11/7/2003 al 12/12/2003 4.556,50

Totale 4.556,50 4.023,00

programma

gli

auguri

della

redaz

ione

bilancio

Sabato 20 dicembre, durante il catechismo, per i bambiniDomenica 21 dicembre 17.30/18.00Martedi 23 dicembre 17.30/18.00 18.30/20.00Mercoledi 24 dicembre 16.30/18.30 18.30/20.00

CONFESSIONI

Anch’EgliVerbo fatto carne, anch’Eglipercorso da veneazzurre. E le stelleGli camminano sul capo.

DAVID MARIA TUROLDO

tratto da:O sensi miei... Poesie 1948-1988,Rizzoli, Milano 1990

Page 40: l'Artugna 100_ 2003

L’artistico presepio è opera di Bruno Zambon Rosit(classe 1932), che ha appreso l’arte dell’intaglio da

Giovanni Zambon Rosit, detto Nani.

La composizione fu scolpita negli anni ’83-’84 aVenezia dove, durante il periodo natalizio, la si pote-va ammirare nella vetrina del bar-pasticceria di

Bruno in campo San Giovanni Evangelista.

L’autore ha utilizzato solo legno made in Dardago:abete (albéo) per la base di sostegno, acacia (cas-sia) per la capanna e nocciolo (noseglér) per i 29personaggi. La sacra scena misura 85 cm di lar-ghezza, 45 cm di profondità e 35 cm di altezza.

Dardago... tutto da scoprire!

un Presepiotutto di legno