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L’architettura Razionalista

l'architettura razionalista

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viaggio nella storia dell'architettura razionalista

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L’architettura Razionalista

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In questo breve saggio si cerca di osservare come i principi dell’architettura razionalista si siano evoluti nel tempo, assimilati in altri stili per giungere fino ai giorni nostri sotto altra forma. Un

breve percorso nella storia del 900 ci porta ad analizzare la nas-cita del Razionalismo in Germania nei suoi esponenti eccellenti Gropius e Le Corbusier. I principi della forma funzione vengono assimilati anche in Italia per poi convergere nella più complessa

corrente del Futurismo. Nel tentativo di un ammodernamento dell’architettura nazionale

il Razionalismo italiano si esprime nella costruzione di opere pubbliche e sociali. Successivamente si noterà come negli Stati Uniti sia nata una corrente di pensiero alternativa al Razionalis-

mo che preferiva forme articolate e libere capaci di armonizzarsi con l’ambiente circostante. Per queste ragioni verrà ribattezzata

architettura organica e ha come maggiore esponente Frank Lloyd Wrighrt. Ancora una volta i principi del Razionalismo si

reincarnano, cambiati di senso, in una nuova filosofia sviluppa-tasi negli anni 60 tra l’Europa e il Giappone: il Neorazionalismo. Rifiutando il principio di “forma funzione” e ricercando le “forme pure” il Neorazionalismo si articola come la più recente traspo-

sizione dei principi dell’architettura razionalista dei primi del 900.

Abstract

Indice L’architettura Razionalista

L’architettura Razionalista in Italia

L’architettura Organica

L’architettura Neorazionalista

Bibliografia

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Al termine della Prima Guerra Mondiale, l’Europa prostrata dal conflitto doveva affrontare gravissimi problemi di rico-struzione, cui si affiancavano il crescente boom demo-grafico e la conseguente sempre maggiore richiesta di abitazioni. Fu per questa ragione che le avanguardie del cosiddetto “ Protora-zionalismo “, che, fino a quel momento, si erano dedicate alla soluzione dei problemi soprattutto astratti e di carat-tere meramente estetico, passarono ad occuparsi di questioni ormai imprescind-ibili, come la riproducibilità in grande serie, l’uso di nuovi materiali e di prefabbricati, in modo da fornire un prodotto competitivo ed economica-mente possibile, dando avvio al vero e proprio Razional-ismo , cioè lo sfruttamento razionale dello spazio e delle risorse disponibili. Questo movimento cercava una soluzione alla questione del rapporto tra individuo e società moderna, nata dall’ industrializzazione e dall’ urbanizzazione. Il problema fu analizzato inizialmente dal tedesco Walter Gropius,

fondatore del Bauhaus, le cui soluzioni restarono al cen-tro del movimento insieme a quelle del belga Mies van der Rohe e del francese Le Corbusier. Questi cercarono di dare vita ad un’ architettura che si diversificasse da quella classicista e da quella roman-tica grazie alla priorità della funzionalità rispetto al deco-rativismo. L’ opera architet-tonica doveva essere funzio-nale, avere cioè un rapporto razionale con le tecniche della produzione industriale e con le esigenze della società mod-erna. L’architettura razional-ista si diffonde all’indomani della prima guerra mondiale caratterizzata dalla sempre più perfetta identificazione tra forma e funzione, l’utilizzo di volumi semplici e netti, la pre-ponderanza della linea e degli angoli retti e l’abolizione di ogni decorazione. Dal punto di vista costruttivo il razion-alismo adottò pienamente la progettazione in serie di pezzi prefabbricati, come gli infissi in acciaio, da porre veloce-mente su strutture portanti a griglia in cemento armato, rifuggendo da qualsiasi dec-orazione applicata e privilegi-

partendo dall’alto:1 Walter Gropius. 2 Mies Van Der Rohe 3 Le Corbusier

L’architettura Razionalista

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ando superfici pure a intonaco che però si sono poi rivelate di veloce deperimento. Il Bauhaus rappresenta il più alto e significativo momento del Razionalismo tedesco. E’ una scuola pubblica di architettura e arti applicate, centro propulsore del dibat-tito sull’architettura, luogo in cui si partoriscono idee ed ideali prima ancora che opere. Esso in effetti è fondato da un ceto intellettuale convinto che dopo la guerra gli ideali socialisti siano gli unici a poter risolvere i problemi sociali ed economici. In questa scuola sono rappresentate tutte le tendenze della moderna ricerca artistica, dalla pittura alla scultura, dalla grafica all’architettura, dall’urbanistica fino all’industrial design. In linea con le esperienze di Mor-ris, la Bauhaus propone una “sintesi” di arte, artigianato e industria: realizzare prodotti funzionali e allo stesso tempo di elevato valore estetico per la società di massa. Nel 1933 la scuola fu chiusa dai nazisti con l’accusa di essere un centro di intellet-tuali comunisti. Malgrado l’abolizione dell’istituto, le

sue idee si propagarono nel resto del mondo a seguito dell’emigrazione di molti suoi esponenti. Le Corbusier , in-fatti, che in gioventù era stato pittore cubista, legato all’ “Es-prit Nouveau” di Ozenfant, fu dapprima un architetto utopis-tico e, quando infine abban-donò questa fase giovanile per dedicarsi alla soluzione di problemi architettonici più concreti, non abbandonò mai la sua visione plastica delle forme e progettò ogni nuovo modello di abitazione come una scultura, non dimentican-do però che la “misura” su cui ogni edificio si doveva basare era la figura umana con le sue dimensioni , cui diede il nome di Modulor : se Gropius parti-va dalla geometria per ricava-re forme semplici e facilmente standardizzabili e quindi riproducibili in serie per creare moduli abitativi, Le Corbusier parte sempre dalla funzione per cui l’edificio nasce - cioè l’uomo - ma non rinuncia mai ad esprimersi attraverso forme plastiche che non de-turpino l’ambiente in cui sono inserite . Significativi, a questo proposito, sono i suoi edifici sospesi su piloncini (Pilotis),

partendo dall’alto:1 Le Corbusier, ville Savoye

costruita con il sistema dei Pilotis. 2 Le Courbusier, siedlung di Weisenhof.3 Van Der Rohe, siedlung di weisenhof.

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partendo dall’alto:1 Walter Gropius, officine Fagus.2 Gropius, nuova sede di Dessau.3 Gropius, Sede Bauhaus di Dessau.

che sembrano galleggiare sullo spazio circostante, senza interromperlo.Di vere e proprie realizzazioni razionali-ste si deve parlare soprattutto quando ci si confronta con la scala urbana: in Germania molte città vengono dotate di Siedlungen, corone di quart-ieri operai ai limiti del centro urbano: i quartieri di E. May a Francoforte (1925), di B. Taut a Berlin-Britz (1925-31), di W. Gropius a Dammerstock-Karlsruhe e alla Siemensstadt a Berlino (1928) risolsero il problema di conciliare l’alta densità abitativa e il man-tenimento degli spazi verdi con edifici alti ma interval-lati da aree comuni dotate di servizi collettivi. Il già citato Walter Gropius eccelse nella progettazione di edifici col-lettivi, come le Officine Fagus (1911), in cui sfruttò la leg-gerezza del vetro iscritto in strutture metalliche a vista, e il Bauhaus di Dessau (1925). Quando la sede del Bauhaus fu trasferita, essa fu ricostruita concretizzando un esempio di architettura razionalista per-fetta, esempio di uno straor-dinario rigore compositivo e formale, di un attento studio

delle funzioni e di grande abilità tecnica. La struttura è articolata in due volumi che si intersecano come due L, a formare un rigoroso parallel-epipedo. In un volume vi sono le aule per l’insegnamento, nell’altro i laboratori. Le pareti dei vari settori sono realizzate in base alla funzione dei vani interni, ad esempio, le pareti dei laboratori sono di vetro per permettere il maggior soleg-giamento possibile. Gli unici materiali visibili sono il vetro, il ferro e l’intonaco; non esis-tono cornici né altri elementi decorativi non direttamente necessari alla struttura. Dal Bauhaus proviene anche Lud-wig Mies van der Rohe (1886-1969), architetto di estrema raffinatezza formale, riassunta dal motto “less is more”, quin-di dal rifiuto dell’ornamento in favore di un dettaglio intrin-seco alla costruzione.

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In Italia il razionalismo con-vergeva nel futurismo, nell’ intento di modernizzare l’ architettura italiana. Le prime tendenze razionaliste si erano mostrate con il “Gruppo 7”(Luigi Figini, Guido Frette, Sebastiano Larco, Gino Pollini, Carlo Enrico Rava, Giuseppe Terragni e Ubaldo Castag-nola, sostituito l’anno dopo da Adalberto Libera), operante a Milano negli anni 1926/27 con lo scopo di elaborare un lin-guaggio comune per rinnovare l’ architettura; nel giro di poco tempo nacque il MIAR (Movi-mento Italiano Architettura Razionale), a cui aderirono molti tra i maggiori architetti italiani del tempo, che propo-nevano le stesse idee base della contemporanea architet-tura europea: semplificazione, essenzialità delle strutture, analisi logica delle funzioni, estrema razionalità.La prima esposizione del MIAR ebbe luogo a Roma nel 1928, ma già in precedenza c’ era stata la partecipazione alle mostre italiane più importanti con progetti spesso audaci che erano andati incontro a forti critiche; critiche lanciate dai classicisti che non accet-

tavano le idee architettoniche di questo nuovo movimento. È importante considerare che le progettazioni razionaliste spesso non comprendevano solo l’ esterno, ma anche l’ arredamento interno, in modo che ogni singolo particolare dell’ edificio garantisse la massima funzionalità all’ indi-viduo secondo le sue neces-sità (e secondo la funzione dell’ edificio).Il MIAR si sciolse nel 1931 a causa di dissidi interni. Ma l’opera dei razionalisti con-tinuò, anche se per strade diverse; anzi, furono proprio gli anni tra il ‘32 e il ‘36 ad essere tra i più fecondi. L’ architettura era in Italia al centro delle attenzioni di Stato e cittadini, proprio per la sua importanza nella vita quo-tidiana, e per la sua funzione rappresentativa dello Stato, per gli edifici pubblici, o delle personalità più importanti, per le abitazioni private. Molti fu-rono i progetti ideati in quegli anni, anche se quelli che furono attuati furono una pic-cola parte rispetto al loro nu-mero e al panorama globale italiano, di cui il razionalismo rappresentò una delle compo-

partendo dall’alto:1 Giuseppe Terragni, Casa del fascio , Como.

2 Luigi Figini, villaggio dei giornalist, Milano. 3 Gino polini, asilo nido, Ivrea.

L’architettura Razionalista

in Italia

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partendo dall’alto:1 L. Figini, Quartire degli operai Olivetti.2 G. Polini, stabilimenti Olivetti.

nenti più valide. I razionalisti trovarono modo di esprimersi sia attraverso la committenza pubblica che quella privata. Una parte della borghesia commissionò progetti per abitazioni molto moderne, anche se in generale i sin-goli interventi razionalisti non poterono concorrere a cam-biare i volti delle città, poiché insieme a loro operavano molte tendenze; un’altra parte consistente della borghesia, più conservatrice, prediligeva l’ architettura tradizionalista. Sono numerose comunque le abitazioni costruite con criteri razionalisti nelle città italiane (Roma, Milano); i migliori risul-tati si ebbero comunque con l’ edificazione di ville in zone isolate, dove alla fantasia dell’ architetto erano concesse molte più possibilità.I razionalisti erano altrettanto impegnati nel settore pub-blico, dove meglio potevano mettere in pratica il loro dichi-arato impegno sociale. Nel Nord si ebbero soprattutto realizzazioni per la grande im-prenditoria, sempre secondo i criteri della massima moder-nità e funzionalità al servizio della tecnologia, mentre nel

Sud, più arretrato, lo Stato in-tervenne massicciamente per garantire i suoi servizi con la costruzione di numerosi edifici (scuole, uffici, ospedali, caser-me, strutture assistenziali di ogni tipo), che erano sempre improntati a dare un’ idea di efficienza, igiene e modernità.Non sempre l’ inserimento dei nuovi edifici nel tessuto urbano fu studiato, e spesso si ebbero forti contrasti tra la nuova architettura e quella preesistente.

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Una alternativa all’ architettura razionalistica, viene formulata negli Stati Uniti, sempre nei primi decenni del Novecento. Comune è la volontà di romp-ere con l’ architettura del pas-sato, l’ eliminazione dei motivi decorativi per poter esaltare la struttura dell’ edificio. Al geometrismo dell’ architettura razionalista, quella definita “or-ganica” preferisce delle forme più libere e articolate, capaci di armonizzarsi con l’ ambi-ente circostante.Il principale protagonista di questo nuovo stile di architet-tura chiamato organico, è Frank Lloyd Wright (1869-1959).Le sue costruzioni hanno come caratteristica principale, l’ integrazione armoniosa nel paesaggio, in cui sono ed-ificate, con una pianta molto libera, e non costituiscono un blocco unico e compatto, ma si dilatano come un organis-mo vivente in diverse direzioni, con portici e terrazzi, che si prolungano al di là del corpo centrale e stabiliscono dei rapporti tra interno ed esterno.In Wright la tecnologia mod-erna (ferro e cemento armato), i materiali naturali (legno e

pietra), e la natura (roccia, acqua e alberi) si integrano in modo perfetto.La celebre casa Kaufmann, costruita su una piccola cas-cata, diventa parte del pae-saggio, legandosi armoniosa-mente con l’ acqua, le rocce e le piante che la circondano (vedi particolare a lato della casa di Kaufmann 1936-1938 in Pennsylvania).

partendo dall’alto:1 F. Wright, casa Kaufmann.

2 F. Wright, proogetto Guggenheim. 3 F.Wright, casa Robi.

L’architettura Organica

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Il neorazionalismo, svilup-patosi a partire dal 1960-70, si è diffuso in alcuni paesi europei,tra cui l’Italia, ed anche negli Stati Uniti ed in Giappone ed ha nel tempo raccolto al suo interno, diverse scuole di pensiero architettonico. Si tende a recuperare la cosiddetta “forma pura” nell’intento di promuovere una architettura che, pur tenendo conto della funzionalità, rifiuti il principio che “dalla funzione discenda la forma”. Anche la città è guardata con occhio diverso: deve esser vista come un in-sieme di pezzi in sè compiuti, e la storia secondo una idea di continuità. Nato a Mendrisio nel 1943, Mario Botta, rappresenta una delle figure di maggiore rilievo nell’attuale panorama architettonico europeo. Al-lievo di Scarpa, ha saputo creare un suo originalissimo linguaggio attingendo alle teorie del neorazionalismo ed alle suggestioni derivategli dalla tradizione costruttiva dell’architettura rurale tici-nese, dalle costruzioni ro-maniche ed anche al reperto-rio architettonico italiano degli

anni 1970. Le opere di Botta sono gioco di masse, dove il taglio, sempre presente nel particolare come nel disegno complessivo, smaterializza la pesantezza fino a ren-derla leggera ed al contempo, consistente. Esponente della cosiddetta Scuola Ticinese, Botta, ai suoi esordi opera at-traverso la rielaborazione della tradizione italiana e moderna nel clima culturale degli anni 1970/80.Egli entra in contatto con quella parte di pensiero che provava a trovare una me-diazione dell’architettura organica con le influenze ricevute dal Movimento Mod-erno. Indispensabile per la sua formazione fu anche il contatto che ebbe con Kahn nei primi anni della sua car-riera. Nel 1967 realizza la “Casa a Stabio” in cemento a vista, che rappresenta una delle sue prime opere dove è leggibile l’influenza di C. Scarpa. Ma è con la “Casa a Riva S. Vitale” che il maestro della scuola ticinese, offre la prima vera originale interpre-tazione della casa unifamiliare. La casa è riparo, rifugio, ma è anche posta in relazione con

partendo dall’alto:1 Mario Botta, Casa a Stabio.2 M. Botta, casa unifamiliare.3 M. Botta, casa unifamiliare a S. Vitale.

L’architettura Neorazionalista

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l’esterno. Il materiale, mattoni di cemento, costituiranno in seguito un motivo ricorrente nelle opere di Botta insieme a quelli in cotto. La “Casa rotonda di Stabio” è del 1982; con questa ed altre progettazioni del periodo Botta definisce il suo modo di costruire che diverrà immedi-atamente riconoscibile, come una firma. Forte è l’impatto percettivo, non solo per un codificato repertorio di segni ricorrenti, come i tagli, le bu-cature, i materiali, ma per l’uso che fa dei volumi nello spazio. Volumi, sempre generati dalla elaborazione di elementi geo-metrici primari, quali il qua-drato, il cerchio, il triangolo. La muratura è sempre esaltata nella sua tessitura, ed è sem-pre presente la simmetria delle parti.

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Le radici tedesche dell’architettura moderna Oechslin Werner, Allemandi.

Storia dell’architettura contemporaneaBiraghi Marco, Einaudi.

Bibliografia

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Patrick Suriani