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Scuola secondaria di I grado statale “Leonardo da Vinci” - MISSAGLIA
L’applicazione delle Nuove tecnologie in ambito didattico
Relazione conclusiva dell’anno di prova
Docente: Prof. Angelo G. Rossi Tutor: Prof.ssa Roberta Corno
Anno scolastico 2011/2012
1
Indice
0. Premessa pag. 2 1. Le Nuove tecnologie e la didattica: il punto della situazione pag. 3 2. La LIM pag. 7
2.1. Caratteristiche tecniche pag. 7 2.2. Pro e contro la LIM pag. 9 2.3. I software pag. 18
3. Il sito della scuola pag. 21 4. I Podcast didattici pag. 24
4.1. Cosa sono pag.24 4.2. Due situazioni concrete pag. 24 4.3. I podcast e la didattica pag. 26
5. Il Web 2.0 pag. 31 5.1. Caratteristiche pag.31 5.2. I social network e i programmi di messaggistica istantanea pag. 32 5.3. I blog didattici pag. 36 5.4. Gli hard disk virtuali (cloud storage) pag. 38 5.5. Gli oggetti d’apprendimento (learning objects) pag. 40 5.6. Una postilla: il Web 3.0 (e 4.0) pag. 42
6. Esempi di didattica con l’ausilio delle TIC pag. 45 6.1. Analisi di un testo narrativo pag. 45 6.2. Lavoro sul metodo di studio/1 pag. 46 6.3. Lavoro sul metodo di studio /2 pag. 47 6.4. Lavoro sul metodo di studio/3 pag. 49 6.5. Lavorare su una carta geografica muta pag. 50 6.6. Costruire una mappa concettuale partendo da un testo pag. 52 6.7. Spiegare con la LIM: utilizzo di una presentazione pag. 53 6.8. Grammatica con la LIM:analisi logica di una frase pag. 55 6.9. Analizzare un brano letterario ed una canzone ad esso ispirato pag. 56 6.10. Analisi di una canzone legata ad un argomento di Storia pag. 59 6.11. Podcast didattico di letteratura: analisi del “L’infinito” di Giacomo Leopardi pag. 60 6.12. Fare geografia utilizzando un oggetto di apprendimento (learning object) pag. 60 6.13. Fare grammatica utilizzando un oggetto di apprendimento pag. 63
7. Il questionario “Docenti e Nuove Tecnologie” pag. 66 8. Alcune riflessioni conclusive pag. 73 9. Appendice: Policultura 2012 pag. 77 10. Bibliografia e sitografia pag. 81
2
Premessa
Questo lavoro, ancorché in qualche
misura “coatto”, nasce dal mio
personale interesse per l’ambito delle
Nuove tecnologie (d’ora in avanti:
NT), altrimenti dette Tecnologie
dell’Informazione e della
Comunicazione (d’ora in avanti: TIC);
un interesse che è via via maturato
nel tempo e mi ha consentito di
passare dalla condizione di assoluto
analfabeta a quella di utente
sufficientemente esperto.
Un incentivo molto forte è venuto
dalla possibilità di misurarmi con la
LIM: dopo un “primo incontro”
nell’estate del 2005 (quando
partecipai – dietro invito e previa
“raccomandazione” del prof. Renato Cazzaniga – ad un corso regionale a Milano), ho poi
avuto concretamente a disposizione la “mia” prima LIM nell’anno scolastico 2009/2010,
presso la Scuola media di Bosisio Parini. Negli ultimi due anni, poi, la presenza nella sede
di Missaglia di questa strumentazione mi ha consentito di verificarne l’utilità.
Il lavoro procederà passando in rassegna quelle che – a mio personalissimo giudizio –
ritengo le più interessanti strumentazioni tecnologiche attualmente in uso, con una
riflessione sulle ricadute didattiche (effettive e ipotizzabili) di dette risorse; il tutto si
concluderà con la presentazione di alcune lezioni effettuate o effettuabili) con l’ausilio delle
NT e la descrizione del lavoro svolto nelle ore pomeridiane con la classe Seconda A di
Missaglia.
Figura 1 – E… è un po’ scomodo, ma è l’unico modo con cui ottenere un minimo di attenzione da parte dei ragazzi durante le spiegazioni.
3
Capitolo primo
Le Nuove tecnologie e la didattica: il punto della situazione
Quello tra le TIC e la didattica è un matrimonio che vanta una durata pluridecennale; già
negli anni Ottanta nelle aule italiane cominciava a fare la sua comparsa il computer, che si
affiancava agli altri strumenti audiovisivi come la lavagna luminosa, il televisore oppure il
videoregistratore. Un successo immediato, quello del PC, se è vero che dal 1989 al 1992 il
numero delle scuole medie che disponevano di computer per la didattica passava dal
47,9%1 all’82%2. Negli ultimi dieci anni, poi, ad un ritmo vertiginoso, hanno fatto la loro
comparsa nelle scuole strumenti come internet, i videoproiettori, la LIM; ed è di questi
ultimi anni il boom dei social network e dei programmi di messaggistica istantanea (con
relative domande su eventuali possibilità di utilizzo didattico); quasi tutte le scuole hanno
ormai un loro sito internet, mentre stanno prendendo sempre più piede strumenti come il
blog didattico ed il podcast; e già all’orizzonte si profila una nuova rivoluzione, quella di un
Web sempre più “intelligente” e interconnesso con gli altri strumenti tecnologici e con la
nostra vita (anche quella in classe).
Matrimonio felice, quindi, quello di cui stiamo per parlare? La risposta non può essere
molto positiva. Già nel 1993 così osservava Maria Ferraris, ricercatrice dell’Istituto
Tecnologie Didattiche del CNR di Genova:
Dalle esperienze autonome della scuola di base comincia a trasformarsi il ruolo del computer: non più la sede dell'informatica o il dominio delle materie scientifiche, ma uno strumento polivalente funzionale allo sviluppo di progetti e prodotti integrati nel normale lavoro scolastico. […] Un cammino che sembra evolvere in una direzione di più ampia integrazione del computer nella didattica. Tutto bene, dunque? Non ne sarei così certa e per una serie di ragioni. Intanto l'evoluzione descritta non è patrimonio comune di tutte le esperienze. […] In secondo luogo non è detto che questa evoluzione sia in sé positiva. Essa potrebbe essere una semplice conseguenza dell'evoluzione tecnologica e non il frutto di scelte didattiche più mature. Infine, ed è il punto chiave, le esperienze indicano che l'uso del computer, qualunque esso sia, eredita ed amplifica i pregi ed i difetti preesistenti in un certo ambito. Così c'è chi usa il Logo per attività di
1Caputo, A. M., Primi dati emergenti dalla ricerca IEA in education, Rapporto di ricerca CEDE, Villa
Falconieri, Frascati, 1990 2 Ott M., Trentin G., Scuola secondaria superiore: un'indagine sull'uso del software nella didattica, Annali
P.I., n. 3, 1992, Firenze, Le Monnier
4
problem-solving e di scoperta, ma v'è chi lo usa per sevizie informatiche (costruzione di programmi chilometrici per riprodurre cartine geografiche); c'é chi ricorre al word processor per esperienze di scrittura creativa e chi lo usa solo per far ricopiare in bella copia i pensierini scritti a mano; […]. Insomma non è il computer a trasformare la scuola; semmai è la scuola ad integrare il computer nella didattica che già pratica. Questo fenomeno è visibile perfino nella disposizione logistica dei mezzi. Basta guardare, per esempio, come è strutturata la maggioranza dei laboratori di informatica del biennio: un computer docente che, dalla cattedra, guarda tanti bei computer studenti diligentemente allineati in file, sui loro banchi. Per innovare davvero sembra che ci voglia qualcosa di più, o di diverso, da qualche computer. […] Secondo un'accezione, forse obsoleta, le TD si occuperebbero oltre che di computer anche di metodi. Metodi per la produzione di software didattico o per i criteri di impiego di tecnologie della comunicazione; ma anche metodi per la progettazione, realizzazione e gestione di interventi formativi, nei quali l'aspetto tecnologico non è dato dalla presenza di mezzi ma dalla sistematicità dell'approccio seguito3.
È vero che un’indagine ISTAT del 20084 ha rilevato come l’introduzione del computer a
scuola abbia consentito a riequilibrare, almeno in parte, il divario sociale tra i bambini con
genitori laureati e quelli i cui genitori hanno titoli di studio inferiori; ma questa indagine
veniva pubblicata proprio mentre la mannaia del binomio Tremonti-Gelmini si abbatteva
sulle scuole italiane (e tutti abbiamo un’idea, almeno vaga, di quanto costino le
strumentazioni tecnologiche); e appena quattro giorni prima della pubblicazione
dell’appena citata indagine ISTAT sul sito del Ministero, nell’area riservata alla FAQ (le
domande più ricorrenti) si poteva assistere a questo sconvolgente dialogo tra un genitore
ed un tecnico ministeriale: «Con il taglio delle compresenze, mio figlio potrà continuare a
fare il laboratorio di Informatica?». «La riduzione delle ore di compresenza comporterà
qualche riassetto organizzativo [...] Ci auguriamo che anche il laboratorio di informatica
possa trovare spazio tra le attività, anche se vorrà convenire che esso non costituisce,
soprattutto nella scuola primaria, un insegnamento prioritario5».
Questione-tagli a parte, risulta evidente a tutti come negli ultimi dieci anni il volto delle
nostre scuole sia stato profondamente rinnovato dall’introduzione delle strumentazioni
delle TIC: per restare nell’ambito delle nostre tre Scuole, da questo anno scolastico ogni
classe di Casatenovo, Missaglia e Monticello è dotata di una LIM; dal prossimo anno
scolastico i libri di testo adottati dovranno essere tutti in forma mista o scaricabile dalla
rete; d’altronde, i risultati del questionario distribuito ai docenti delle tre sedi permette di
3 Maria Ferraris, TD nella scuola italiana: se ci sei, batti un colpo, in TD n°1, Aprile 1993, pagg. 35-42.
4 Cittadini e nuove tecnologie (2008), pubblicata il 27 febbraio 2009.
5 http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/scuola_e_universita/servizi/scuola-2009-9/informatica-ridotta/
informatica-ridotta.html?ref=search
5
rilevare come diversi insegnanti abbiano dimestichezza con la LIM, consultino il sito,
conoscano i blog e i podcast.
Ma se osserviamo i dati di una recentissima ricerca IPSOS (pubblica sul quotidiano
Repubblica il 24 maggio 20126) sorgono ulteriori interrogativi. L’indagine è stata condotta
su un campione di 151 docenti (63% delle primarie, 37% delle secondarie di I grado), 300
genitori e 150 alunni delle secondarie di I grado.
Anzitutto, alla domanda “Quanto si ritiene esperto/a nell’uso del computer” queste sono
state le risposte dei docenti e degli studenti:
Molto Abbastanza Poco Per nulla
Autovalutazione dei docenti 55% 38% 6% 1%
Valutazione degli alunni sui prof 57% 43%
Valutazione dei genitori sui prof 41% 59%
Molto Abbastanza Poco Per nulla
Autovalutazione degli alunni 43% 42% 14% 1%
Valutazione dei docenti sugli alunni 66% 34%
Valutazione dei genitori sugli alunni 63% 37%
Relativamente all’uso delle NT in classe, queste le risposte date ad alcuni quesiti specifici:
Docenti Studenti Genitori
Lo studente è più coinvolto/Partecipa di più 94% 83% 92%
In generale piace di più della lezione normale 96% 93% 90%
La lezione diventa più interessante 95% 92% 95%
La lezione è più divertente 97% 97% 95%
Lo studente è più attento 89% 89% 91%
Lo studente capisce meglio le lezioni 88% 92% 95%
Riguardo ai libri misti, il 56% dei docenti di scuola secondaria li ha adottati, il 19% sa cosa
sono, ma non li ha ancora adottati (il 25%, quindi, non sa neppure cosa siano). Quanto
all’utilità di tali strumenti, solo il 9% dei docenti delle medie li ritiene efficaci, mentre
un’eguale percentuale li ritiene poco efficaci e sempre il 9% li considera inefficaci: il dato
più disarmante, però, è il fatto che la percentuale rimanente di insegnanti non sa
esprimere un’opinione al riguardo.
Andando oltre, si nota come il 68% dei docenti ed il 59% dei genitori concordi sul fatto che
si sentono tanti buoni propositi sull’uso delle NT a scuola, ma per la mancanza di fondi
non si realizzerà nulla; la stessa percentuale di docenti e genitori (61%) concorda sul fatto
che – senza negare l’utilità delle TIC – ciò che conta è la capacità didattica del professore;
il 57% del corpo docente ed il 60% dei genitori conferma che le NT, piacciano o no, sono
6 http://www.repubblica.it/scuola/2012/05/24/news/scuola_ricerca_ipsos-35795034/
6
indispensabili e chi non sa usarle si troverà sempre più in difficoltà; il 35% degli insegnanti
ammette di trovarsi spesso in difficoltà con le TIC (i genitori sono più clementi in questo
caso: solo il 30% di loro vede i docenti dei propri figli in difficoltà in questo campo); ed il
24% dei professori afferma di ritenere i propri alunni più preparati di loro in campo
tecnologico e di sentirsi in difficoltà di fronte ad essi (il 33% dei genitori la pensa così).
Cosa ci dicono questi dati? A mio giudizio, viene confermata l’importanza delle TIC nella
pratica didattica; ma, insieme ad essa, emerge forte la richiesta dei docenti (condivisa da
genitori e figli) di chiudere la stagione dei tagli e delle dichiarazioni di principio, per
passare ad una politica di reale e proficuo investimento sulla scuola.
Nei capitoli seguenti, passerò in rassegna alcune delle strumentazioni delle TIC: la scelta
sarà volutamente limitata, sia per non appesantire ulteriormente la mole – già non
indifferente – di questo lavoro, sia per cercare di dare un quadro che sia insieme
sufficientemente chiaro delle caratteristiche di tali mezzi e al contempo esemplificativo
delle – a mio giudizio rilevanti – possibilità di applicazione didattica delle NT.
Nel settimo capitolo di questo lavoro presenterò i risultati del questionario da me realizzato
ed inviato ai docenti della nostra Scuola; esso era composto di una dozzina di domande,
incentrate su alcuni degli strumenti tecnologici attualmente in uso (LIM, sito della scuola,
podcast, blog, social network) e sulla familiarità dei docenti delle tre sedi con tali strumenti.
Nel questionario era anche lasciato ampio spazio per riflessioni e suggerimenti dei
colleghi.
7
Capitolo secondo
La LIM
2.1 Caratteristiche tecniche
La LIM (Lavagna Interattiva Multimediale) è uno strumento che combina la tradizionale
lavagna di ardesia (anche nella sua versione “bianca”, che utilizza cioè i pennarelli
cancellabili in luogo del
gesso) con le TIC: si tratta
di uno strumento che,
grazie al fatto di essere
collegato ad un computer e
ad un videoproiettore,
consente di sfruttare le
potenzialità di tutti e tre gli
strumenti.
La sua prima comparsa
risale al 1982, presso
l’università di Toronto (in
Canada) e i laboratori Bell7. Inizialmente diffusa in ambito aziendale (anche a causa dei
costi decisamente elevati delle prime strumentazioni), è stata poi applicata anche in
ambito didattico (USA, Canada e Regno Unito gli antesignani di questo processo).
Nell’ultimo decennio, anche le scuole italiane hanno cominciato a conoscere ed utilizzare
questo tipo di lavagna; il Ministero dell’Istruzione nel 2007 ha promosso una campagna
triennale per la diffusione delle LIM presso le scuole di ogni ordine e grado, che ha viste
coinvolte prima le scuole secondarie di primo grado, poi le scuole primarie ed ora le scuole
secondarie di secondo grado8.
7 http://www.documental.com/v2/article_5191.php
8 L’iniziativa ministeriale forniva anche una serie di indicazioni precise: la scelta di una LIM fissa e non
mobile, l’obbligo di installare le LIM in classe e non in aule comuni o laboratori di informatica (è questo, a mio avviso, il punto qualificante della proposta ministeriale: la LIM in tal modo diventa strumento didattico a disposizione di tutti i docenti, non attrezzo esornativo o “per pochi”), l’obbligo di partecipare alle iniziative di formazione dell’ANSAS (ex INDIRE).
Figura 2 - Schema di funzionamento della LIM.
8
Esistono differenti tipologie di questo strumento, classificabili prendendo in considerazione
diversi aspetti, come ad esempio la tecnologia utilizzata oppure la modalità di
collocazione; secondo il primo punto di vista abbiamo diversi tipi di LIM9:
1) LIM analogico-resistiva: la superficie è ricoperta da due membrane sensibili, separate
da un piccolo strato di aria; al contatto con la penna (o le dita), la pressione genera un
segnale elettrico inviato al controller della lavagna; garantiscono buona velocità e
(come appena accennato) la possibilità di essere utilizzate anche senza la penna, ma
col semplice contatto delle dita, ma sono meno resistenti agli urti delle lavagne
elettromagnetiche; un esempio sono le Smartboard (in uso anche a Missaglia).
2) LIM ad induzione elettromagnetica: si utilizza una griglia elettromagnetica collocata
dietro la superficie esterna della LIM, che interagisce con la penna; garantiscono
velocità di traccia, resistenza agli urti, precisione, altra risoluzione, ma senza l’apposita
penna risultano inservibili; un esempio ne sono le lavagne Promethean in uso in un
paio di classi di Missaglia (tra cui la Seconda A).
3) LIM a triangolazione, a loro volta suddivise in alcune sotto-categorie:
a) ottica basata sull’infrarosso: una rete di raggi infrarossi intercetta il puntatore e ne
rileva la posizione;
b) laser: quattro sensori laser sono collocati ai vertici della lavagna e rilevano la
posizione della penna, dotata di una superficie riflettente;
c) ultrasonica: la posizione del puntatore è rilevata attraverso la triangolazione di
microfoni ad ultrasuoni.
Le lavagne a triangolazione presentano il grande vantaggio di poter essere utilizzate
anche senza il videoproiettore (come una lavagna tradizionale) e sono decisamente
resistenti ad urti, graffi, botte…
4) LIM basata su tecniche di riconoscimento delle immagini: utilizzano sistemi di
fotocamere digitali per il riconoscimento del puntatore utilizzato e della sua posizione.
Se invece ci soffermiamo sulle modalità di proiezione, abbiamo tre tipologie, che si
differenziano tra loro in base al sistema secondo cui l’immagine viene mostrata sulla
superficie dello schermo:
1) LIM a proiezione frontale: tipica delle prime LIM, con proiettore posizionabile
liberamente davanti alla lavagna stessa;
9 Vedremo più oltre come questa varietà di offerta presenta un neo: l’incompatibilità dei differenti software.
9
2) LIM a proiezione integrata: la tipica LIM
scolastica, consiste di un “braccio” montato sul
lato superiore della LIM nel quale è installato
un proiettore con tecnologia grandangolare,
adatto ricreare proiezioni di grandi dimensioni a
distanza ravvicinata;
3) LIM a retroproiezione, che presenta un
proiettore integrato nel retro della lavagna:
strumenti molto comodi, ma decisamente più
ingombranti e dal costo piuttosto elevato.
Le LIM, poi, possono essere sia fisse (come le
lavagne montate a Missaglia), cioè collocate su un
muro senza possibilità di essere spostate
all’interno della classe o della scuola,
oppure mobili, montate su un carrello.
Esiste un’ulteriore tipologia, quella delle
LIM portatili (come quella in figura 4): si
tratta di una tavoletta interattiva
elettromagnetica, collegata mediante
Bluetooth al videoproiettore, senza
necessità della “lavagna” (il che
consente il suo utilizzo in qualunque
luogo in cui si trovi una parete bianca o,
al limite, impiegando un semplice
schermo o un lenzuolo bianco).
2.2 Pro e contro la LIM
Contemporaneamente alla nascita e alla diffusione di questo strumento, anche (e
inizialmente soprattutto) al di fuori dell’ambito italiano, si è sviluppato un dibattito (a volte al
calor bianco10) tra fautori e critici di questo strumento. I favorevoli mettono in evidenza
tutta una serie di benefici garantiti dall’uso della LIM11.
10
Illuminante esempio in ambito nazionale di quanto sia agguerrito il fronte anti-LIM è l’articolo dal tono decisamente tranchant del linguista Raffaele Simone, uscito su Repubblica il 12 gennaio 2012, dal titolo eloquente “Se a scuola Internet rende stupidi”. L’esordio chiarisce ancora di più quale sia il pensiero dell’autore: «Due spettri s'aggirano per le scuole italiane: la lavagna interattiva e il tablet». Nel prosieguo
Figura 4- Una LIM portatile
Figura 3 – Una LIM a retroproiezione.
10
1) Si può salvare il lavoro svolto alla lavagna (ad esempio gli esercizi e le spiegazioni, gli
schemi…) per poterlo utilizzare in un secondo momento (anche in altre classi e in anni
scolastici successivi), evitando quindi la perdita di informazioni.
2) Il lavoro svolto in classe può essere non solo conservato, ma condiviso tra docenti
diversi o anche all’interno del gruppo classe
(ad esempio, può essere fornito agli alunni
mediante chiavetta o inviato via e-mail o
collocato sul sito della scuola o sul blog
didattico del docente…).
3) Non è necessario cancellare ogni volta la
lavagna, con innegabili vantaggi a livello di
economia di tempo (pensiamo, ad esempio,
agli esercizi alla lavagna di matematica…).
4) Non si parte ogni volta da zero, ma il lavoro
dell’articolo, Simone definisce la lavagna interattiva «un gadget inutile e fragilissimo. Il suo lavoro non è molto diverso da quello di una lavagna normale, quasi solo con la differenza che si può registrare quel che si è scritto». La colpa della scuola italiana sarebbe quella di inseguire (sempre in posizione di retroguardia) le novità d’oltreoceano, salvo poi fare retromarcia per correre dietro ad un’ulteriore novità. In questo senso, la LIM non farebbe eccezione. Senza appello la chiusa dell’articolo: «È cruciale domandarsi che cosa comporta l'introduzione massiccia della cultura digitale nella scuola. Risorsa formidabile in alcuni impieghi ma pericolosa in altri, è una potenzialità ambivalente che richiede in ogni caso un governo e una gestione fermi e consapevoli. Basta menzionare un rischio tipico: la cultura digitale è uno dei più temibili moventi di interruzione della concentrazione che si siano mai presentati nella storia, e si sa quanto la concentrazione sia cruciale nell'apprendimento». Al di là del rilievo sulla tendenza (ben radicata nel nostro Paese, e non solo in ambito pedagogico) di voler sempre e comunque cavalcare l’onda della novità, meglio ancora se d’importazione (basti pensare a quante “infatuazioni” la scuola italiana sia stata esposta negli ultimi decenni, dagli obiettivi didattici alle competenze… Oppure, su un altro versante, all’utilizzo spropositato – e spesso e volentieri fuori luogo – di termini inglesi quando esiste un analogo termine italiano, dal cooperative learning all’authority per la privacy, dal welfare all’election day e via discorrendo; oppure – peggio ancora – alla creazione di orribili neologismi, di origine inglese, come ad esempio “cerchiamo persone skillate” o “interfacciare” o altre simili amenità. Abbiamo molto da imparare da Paesi come Francia e Spagna, in questo campo, e non solo), nel pezzo – al di là della vibrante vis polemica – non c’è però molto spazio alle proposte concrete. Tra le tante voci che si sono levate contro l’articolo di Simone, riporto la posizione di Marco Campione, responsabile lombardo del Partito Democratico per la scuola (consultabile a questo link: http://www.partitodemocratico.it/doc/229255/internet-a-scuola-stupido-chi-lo-stupido-fa.htm), che (pur con abbondante dose di “pepe”) ha il pregio di mettere in evidenza la radicale diversità tra la LIM e le lavagne “tradizionali”: in fondo, afferma Campione, pure «il lavoro della lavagna di ardesia non è molto diverso da quello della sabbia su cui si scriveva con un legnetto "quasi solo con la differenza" che è posta in verticale e che il segno resta fino a quando non lo si cancella». Interessante, in particolare, la chiusa: «Si formino gli insegnanti in servizio e quelli ancora da assumere all'uso intelligente delle tecnologie, si spieghi loro che la LIM è esattamente il contrario di una semplice lavagna, un po' più cool: è uno strumento diverso, la cui introduzione cambia la didattica tanto quanto l'ha cambiata il passaggio dalla trasmissione orale del sapere a quella scritta. Si formino, quindi, e si selezionino i nuovi insegnanti anche in base alla loro capacità di preparare una lezione che possa, chessò, essere fruita sfruttando tutte le potenzialità di un tablet. Trovo che sia questa la migliore risposta alle teorie di Simone, perché se non altro sposta l'attenzione dal mezzo (tablet e LIM) e dal destinatario (lo studente "abbagliato" e "instupidito") al soggetto che in teoria dovrebbe condurre il gioco:l'insegnante. Purtroppo per alcuni, ma io dico per fortuna, sarà sempre lui a fare la differenza». 11
Per evitare di appesantire questa sezione con continue note a piè pagina, rimando alla bibliografia finale i riferimenti alla letteratura (cartacea e su Web) sull’argomento.
Figura 5 - Allora, chi ha nascosto il gesso? Il colpevole si faccia avanti!
11
svolto in precedenza (anche nell’anno scolastico precedente) può essere ripreso,
modificato, integrato, per adattarlo alle esigenze differenti della classe e correggerne
eventuali manchevolezze (anche grazie ai suggerimenti, a volte preziosi, degli alunni).
5) Si incrementano la flessibilità e la padronanza degli insegnanti rispetto alla materia (ad
esempio, consentendo di realizzare annotazioni immediate sugli oggetti proiettati,
come immagini, schemi, testi…,).
6) Viene messo in gioco il desiderio dei docenti di innovarsi, di aggiornare le proprie
competenze didattiche e non, di sperimentare strumenti e metodologie nuove, di non
restare ancorati al “ho sempre fatto così”.
7) La LIM è uno strumento flessibile, che può essere applicato a differenti modelli di
didattica (sia quella più tradizionale, frontale, sia a quella maggiormente dinamica e
creativa), adattandosi sia al lavoro individuale che a quello di gruppo.
8) La LIM aumenta la capacità di attenzione degli alunni, rendendo meno “barbose” e più
partecipate le ore di lezione, fomentando anche la possibilità di un dibattito “in diretta”;
9) È possibile “vedere” concretamente ciò di cui si sta parlando, superando il solo canale
verbale (ad esempio, quando si parla degli ambienti e dei paesaggi di una regione, di
uno Stato, di un continente, permette di visualizzarli o di cercare immediatamente
immagini o approfondimenti in rete).
10) Viene potenziata l’efficacia della spiegazione, soprattutto quando si ha a che fare con
concetti più complessi, che necessitano di schemi.
11) Aumenta la visibilità (visto le dimensioni dello schermo e la sua luminosità, anche gli
studenti in fondo all’aula
e non dotati di vista “da
aquila” possono seguire
meglio e vedere ciò che
viene scritto dal docente
e dai compagni).
12) La LIM favorisce lo
sviluppo del pensiero
critico da parte degli
alunni e la loro possibilità
di interagire col docente,
creando un proficuo scambio didattico-educativo.
Figura 6 - Una lezione con la LIM
12
13) È un ottimo strumento anche per la realizzazione di incontri in videoconferenza e, più
in generale, per una condivisione “in tempo reale” della didattica (ad esempio, per
classi parallele).
14) Si riduce la necessità di ricorrere a quantità industriali di fotocopie (con notevoli
benefici per il budget della scuola, per tacere dei vantaggi “ecologici”).
15) È possibile registrare tutto ciò che viene scritto, ad esempio, le diverse fasi di
risoluzione di un’equazione matematica: ciò consente di rivedere anche nell’immediato
quanto svolto e, per restare all’esempio citato, focalizzare l’attenzione sugli errori
compiuti, per aiutare la riflessione e l’apprendimento.
Altrettanto rilevante, però, risulta la mole dei rilievi critici mossi a questo strumento.
1) Anzitutto, il costo è decisamente elevato e comporta un investimento oneroso per le
scuole (già alle prese con cronici problemi di bilancio e tagli sempre più pesanti); il
costo riguarda non solamente l’acquisto, ma anche le periodiche operazioni di
manutenzione (come, ad esempio, la sostituzione della lampada del videoproiettore).
2) Molti dei benefici elencati sopra possono essere ottenuti semplicemente applicando un
videoproiettore ad un PC (o al computer portatile del docente).
3) Il risparmio di tempo è un concetto relativo: la preparazione delle lezioni mediante la
LIM (che vuol dire produrre materiale
multimediale, ricercando le
informazioni e – a volte – dovendole
digitalizzare mediante scanner) è un
processo che richiede parecchie ore di
lavoro, molto di più di una semplice
preparazione di una lezione mediante il
libro “tradizionale”. Così si esprime
François Deslauriers, insegnante
canadese, che ha postato sul suo blog
http://www.deslaure.com/blog un
articolo dal titolo “Voici pourquoi le
tableau blanc interactif est la plus
grande arnaque que le monde de
Figura 7 - La persona che sta utilizzando la lavagna proietta la sua ombra e rende difficoltosa la visione.
13
l'éducation ait connue à ce jour12” in cui in particolare si accanisce contro il presunto
“risparmio di tempo” garantito dalla LIM, mettendo in evidenza ulteriori « perdite di
tempo » causate dallo strumento.
À toutes les démonstrations et formations auxquelles j'ai participé, tous les enseignants, aussi qualifiés qu'ils étaient avec le TBI et cela presque sans exception, avaient de la difficulté à aisément manipuler le matériel. Il était fréquent qu'inopinément les outils ne répondent pas correctement aux commandes des utilisateurs ou encore qu'ils provoquent des réactions inattendues. De plus, certaines fonctionnalités du TBI offrent la possibilité d'écrire directement au tableau du texte à la main et de transformer ce même texte manuscrit en dactylographié. Le processus est quelconque, nécessite des manipulations logicielles supplémentaires, est chronophage et donne un résultat qui, dans la majorité des cas, demande à ce qu'il soit de toute façon corrigé à l'aide du clavier. Une vraie perte de temps et d'énergie! De plus, les problèmes reliés à la manipulation de l'outil feront en sorte de causer la perdre de l'attention de la classe plus facilement. Je doute que ce soit le désir des enseignants que d'avoir une source de problème de gestion dans sa classe! Y'en a qui peuvent être maso, mais quand même, il y a des limites!13.
4) Viene potenziato il ruolo “centrale” del docente e di una didattica tradizionale (arcaica,
secondo alcuni), eccessivamente frontale, basata sull’insegnamento e non
sull’apprendimento; così continua lo stesso Deslauriers nel succitato blog.
Ne sommes-nous pas à l'ère du paradigme de l'apprentissage et non de l'enseignement? Qu'est-ce qui est important: ce que l'on enseigne ou ce que nos élèves apprennent? Je crois que le TBI encourage le fait de donner un cours, ce qui est une méthode considérée comme dépassée
12
«Ecco perché la lavagna interattiva è il più grande bidone che il mondo dell’educazione abbia conosciuto sinora». 13 «In tutte le dimostrazioni e i corsi di formazione cui ho partecipato, tutti gli insegnanti, per quanto qualificati
fossero nell’uso della LIM, e praticamente senza eccezioni, avevano difficoltà a maneggiare con facilità il materiale. È frequente il caso che – senza motivo – gli strumenti non rispondano correttamente ai comandi degli utilizzatori o ancora che manifestino reazioni inaspettate. In più, certe funzionalità della LIM danno la possibilità di scrivere direttamente alla lavagna un testo manualmente e di trasformare questo medesimo testo manoscritto in un testo dattilografato. Il processo non è una cosa da niente, necessita delle manipolazioni informatiche supplementari, mangia un sacco di tempo e dà un risultato che, nella maggioranza dei casi, richiede comunque un’ulteriore correzione con l’aiuto della tastiera. Una vera perdita di tempo e di energie!. Come se non bastasse, i problemi legati alla manipolazione dello strumento finiranno facilmente per creare un calo di attenzione nella classe. De plus, les problèmes reliés à la manipulation de l'outil feront en sorte de causer la perdre de l'attention de la classe plus facilement. Dubito che sia desiderio degli insegnanti avere una fonte di problemi di gestione nella loro classe! Ci saranno alcune persone che potranno esser masochiste, ma ci sono dei limiti!». Si può condividere il rilievo riguardante il riconoscimento dei caratteri scritti a mano e la loro trasformazione mediante processo di OCR, perché anch’io, le poche volte che mi sono cimentato con questo aggeggio, ho rischiato di perdere il ben dell’intelletto... Non posso però esimermi dal rilevare il fatto che qualunque nuovo strumento, qualunque nuova procedura richiede del tempo per essere appreso e pienamente “digerito”; e come chiediamo ai nostri alunni di esercitarsi per affinare le loro abilità (di scrittura, di calcolo…) – e li massacriamo quando ci dicono che devono dedicare un sacco di tempo allo studio – allo stesso modo non possiamo sentirci esentati dal dovere di dedicare del tempo per affinare le nostre abilità (di qualunque genere, non necessariamente nell’uso della LIM).
14
et archaïque. L'interaction que l'élève a avec le TBI n'est qu'une version informatique de ce que le bon vieux tableau vert nous offre depuis des centaines d'années. Le TBI n'apporte donc pas d'amélioration réelle dans l'apprentissage chez les élèves, rien qu'un canon-projecteur ne puisse pas faire14.
Dello stesso avviso è un’altra voce critica, questa volta di ambito spagnolo: così si
esprime nel suo blog http://franherrera.com Fran Herrera, esperto di didattica e
formazione del personale docente sull’uso delle NTnelle ore di Spagnolo (che in
Spagna corrispondono, ovviamente, alle nostre ore di Italiano).
Tradicionalmente la pizarra ha sido un espacio cerrado cuyo uso se ha adjudicado de manera privativa al docente (aunque en contadas ocasiones el estudiante podía acceder a ella mediante invitación expresa de su “propietario”). De esta manera siempre se ha considerado una herramienta de enseñanza, no de aprendizaje. La digitalización de las pizarras no sólo no ha permitido echar abajo esta limitación, sino que por el contrario ha supuesto un grado aún más alto de privatización de su uso. Si antes era raro que el alumno usara la pizarra como un instrumento propio, ahora con su versión hipertecnologizada las posibilidades disminuyen. Cuando se usa la pizarra digital el rol del docente como fuente única de saber se ve reforzado, frente al trabajo cooperativo y la autonomía del aprendiz, que pierden presencia. Esta brecha se podría cerrar si tuviéramos un dispositivo que permitiera un acceso cómodo a la pizarra para todos los participantes, de manera que estos pudieran mostrar el contenido creado y gestionado por cada uno. De esta forma tendríamos una herramienta de input/output y no sólo un muestrario de modelos y estructuras. ¿Qué necesitamos para que esto sea así? Una opción sería que cada alumno tuviera su propio dispositivo de conexión a la red y hubiera un espacio para compartir contenidos e interactuar convirtiendo la pizarra en un monitor del aula. La otra opción es tener un acceso único a la red/pizarra, pero que se pudiera compartir cómodamente. Es decir, una tableta conectada de forma inalámbrica (vía bluetooth, por ejemplo). De este modo, cada alumno puede mostrar el post que ha escrito en el blog, reproducir un vídeo de YouTube, mostrar una galería fotos en Flickr o reseñar una conversación en Facebook15.
14 «Non siamo forse nell’era del paradigma dell’apprendimento e non dell’insegnamento? Che cosa è
importante: ciò che si insegna o quello che i nostri alunni imparano? Io credo che la LIM incoraggi il fatto di “fare una lezione”, il che è un metodo considerato ormai sorpassato ed arcaico. L’interazione che l’alunno ha con la LIM non è nient’altro che la versione informatica di quello che la buona vecchia lavagna di ardesia ci offre da centinaia di anni. La LIM non porta, dunque, all’alunno alcun miglioramento reale nell’apprendimento, niente che un videoproiettore non possa fare». 15
«Per tradizione la lavagna è stata uno spazio chiuso, il cui uso è stato riservato in modo esclusivo al docente (per quanto in limitate occasioni lo studente potesse accedere ad essa, dietro espresso invito del suo “proprietario). In questo modo, lao si è sempre considerato uno strumento di insegnamento, non di apprendimento. La digitalizzazione delle lavagne non solo non ha permesso di abbattere questa limitazione, ma al contrario ha ipotizzato un grado ancora più alto di privatizzazione del suo uso. Si prima era raro che l’alunno usasse la lavagna come uno strumento suo, ora, con la sua versione iper-tecnologica, le possibilità diminuiscono. Quando si usa la LIM, il ruolo del docente come fonte unica del sapere viene rafforzato, a scapito del lavoro cooperativo e dell’autonomia del discente, che perdono rilevanza. Questa falla si potrebbe chiudere se avessimo a disposizione un dispositivo che permettesse un accesso comodo alla lavagna per tutti i partecipanti, in modo che costoro potessero mostrare il contenuto creato e gestito da
15
5) Ci sono problemi tecnici piuttosto rilevanti, in particolare il cono d’ombra proiettato da
chi si trova davanti alla lavagna (interrompendo il fascio di proiezione), con evidenti
difficoltà a seguire la lezione e la necessità di collocarsi in posizione defilata rispetto
allo strumento (situazione piuttosto innaturale e faticosa per un docente).
6) La presenza del cosiddetto “punto caldo”, vale a dire di un riflesso molto luminoso che
infastidisce chi utilizza la LIM.
7) La questione (tutt’altro che irrilevante) dei diritti d’autore (sul software, ma anche su
quanto viene proiettato in classe).
8) La necessità di spegnere le luci e chiudere le finestre, a causa della poca luminosità di
molti modelli di LIM, per poter vedere bene quanto viene proiettato (con relativo effetto
“pennichella” per la classe e difficoltà a prendere appunti al buio o quasi).
9) La necessità di dover a volte calibrare di continuo la lavagna per poterla utilizzare
correttamente (ed evitare di puntare la penna o il dito in un punto e vedere ciò che si
sta scrivendo sfalsato di parecchi millimetri – o addirittura centimetri – rispetto a dove
dovrebbe essere).
10) Tutte le problematiche relative ai malfunzionamenti della strumentazione informatica (i
blocchi del sistema, i bachi presenti in alcuni programmi…).
11) Le problematiche relative allae ricerche effettuate in classe mediante i più comuni
motori di ricerca (un esempio per tutti, capitato al sottoscritto, per fortuna a casa sua:
mentre stavo cercando alcune immagini sulla Rivoluzione francese, ho digitato nella
pagina di ricerca di www.google.fr i termini “sans culottes”, pensando – ingenuamente
– di trovare immagini relative ai celeberrimi sanculotti che tanta parte ebbero negli
avvenimenti più importanti della Francia rivoluzionaria; la ricerca – nonostante avessi
impostato il massimo livello di protezione da contenuti “indesiderati” – mi ha dato tra i
primi risultati anche una serie di immagini ben poco “didattiche”, ma decisamente
“realistiche”, oserei dire “boccaccesche”):
Come risulta evidente da questa sintetica carrellata, fondate motivazioni stanno alla base
di entrambi gli atteggiamenti nei confronti della lavagna digitale. Senza volersi dilungare
ciascuno. In tal modo avremmo uno strumento di input/output e non solo un campionario modelli e strutture. Di cosa abbiamo bisogno perché ciò avvenga? Una opzione sarebbe che ogni alunno possedesse il suo personale dispositivo di connessione alla rete e avesse uno spazio per condividere contenuti ed interagire, trasformando la lavagna in un “monitor dell’aula”. L’altra opzione è di avere un accesso unico alla rete/lavagna, ma che si potesse condividere comodamente, cioè una tavoletta digitalizzatrice connessa in modalità wireless (via bluetooth, ad esempio). In questo modo, ogni alunno può mostrare il post che ha pubblicato nel blog, riprodurre un video di Youtube, mostrare una galleria di immagini su Flickr o recensire una conversazione su Facebook».
16
troppo nella questione, facendo leva sulla mia ancor giovane esperienza “sul campo”,
ritengo si possano fare alcune osservazioni.
1) La LIM non è il Santo Graal, né una sorta di strumento magico che rende
improvvisamente ottimo (o almeno passabile) un insegnante mediocre; non è la
medicina contro tutti i mali della scuola, né il salvagente che consenta a tutti gli alunni
in difficoltà di superare i propri limiti e raggiungere la sufficienza; non rende d’incanto
tutti gli alunni interessati e partecipi dell’attività didattica. Come tutti gli strumenti
tecnologici, non è un fine, ma un mezzo, il cui utilizzo deve rispondere a precise scelte
pedagogiche, non certo al desiderio di “stupire” la classe o di essere à la page.
2) È sacrosanta verità, difficilmente confutabile, che la LIM richieda ai docenti un
investimento a livello di tempo, di riflessione, di fatica, di prove e tentativi; ma forse che
la didattica “tradizionale” non richiede tempo? Può forse un insegnante degno di
questo nome pensare seriamente di poter fare a meno di dedicare del tempo alla sua
professione, per preparare le lezioni, per aggiornarsi, per cercare gli strumenti e i
metodi/mezzi più idonei a svolgere il proprio lavoro come Dio comanda?
3) La lavagna multimediale – rispetto al binomio videoproiettore+computer – dà al
docente la possibilità di uscire da dietro lo schermo del suo PC e di porsi direttamente
“in dialogo” con la classe, passando tra i banchi (magari mentre un compagno è alla
lavagna); l’optimum in questo senso è evidentemente la LIM portatile, grazie alla quale
il docente può contemporaneamente scrivere/proiettare/spiegare e girare per la classe,
comunicando più liberamente e senza essere legato alla sua cattedra.
4) Riflessione analoga si può fare riguardo al confronto tra la LIM e la tradizionale “aula di
informatica”. Quest’ultima, certo, garantisce a tutti gli alunni di poter “smanettare” col
proprio PC; ma ciascuno deve stare sempre incollato dietro al proprio schermo, senza
mai poterlo abbandonare, senza potersi realmente confrontare coi compagni e
partecipare alla costruzione del sapere; soprattutto, godendo di una sorta di libertà
selvaggia quanto a ciò che si può visualizzare (proviamo a pensare a quanto possa
essere facile per un alunno mediamente svogliato mettersi a “fare altro” mentre il
docente sta alla cattedra oppure si avvicina ad un compagno seduto a qualche
postazione di distanza).
5) La LIM – offrendo un ambiente ricco di potenzialità ed oggettivamente stimolante per
gli alunni – si adatta a diversi stili di apprendimento, favorendo una didattica inclusiva e
rispettosa delle diversità degli alunni. Sappiamo bene che c’è chi predilige uno stile
visivo-verbale, nutrito di parole, schemi; altri alunni, invece, si trovano più a loro agio
17
con una modalità visivo-non verbale (iconica, ad esempio: ed ecco entrare in gioco le
molteplici possibilità offerte dall’utilizzo/manipolazione delle immagini come cartine,
fotografie, dipinti…); altri hanno uno stile cinestesico (e per loro è essenziale la
possibilità di “toccare con mano”, di manipolare direttamente), altri ancora, infine, uno
stile uditivo (non dimentichiamo che le LIM, essendo collegate ad un PC dotato di
casse, permettono anche di effettuare esercitazioni e lezioni basate sull’ascolto). Essa
permette inoltre di valorizzare i diversi tipi di intelligenza di cui ciascuno di noi è dotato:
non solo quella linguistica e logico-matematica (/le “classiche” intelligenze scolastiche),
ma anche le altre individuate in particolare dallo psicologo statunitense Howard
Gardner16: quella spaziale, musicale, cinestetica, intrapersonale, relazionale,
naturalistica, esistenziale…
6) La lavagna interattiva si adatta anche a differenti esperienze didattiche: valorizza e
rende più efficace una didattica frontale svolta con l’ausilio di materiali multimediali;
può essere impiegata per interrogazioni; è ideale per svolgere esercitazioni alla
lavagna, consentendo a tutti di cimentarsi con essa; facilita la creazione di mappe
concettuali; coadiuva presentazione di ricerche ed elaborati da parte degli studenti…
7) Un problema correlato alla LIM è quello della connessione internet: oggettivamente,
una lavagna digitale senza collegamento alla rete risulta uno strumento monco, privato
di una delle sue potenzialità più importanti (la ricerca in tempo reale di materiali nel
Web). A Missaglia (ma, leggendo i questionari compilati dai colleghi, direi: non solo a
Missaglia) la connessione wireless è decisamente inaffidabile, tanto che solo due
classi, le più vicine all’aula di informatica, possono usufruirne, per le altre internet è un
miraggio.
8) Per quanto concerne il cono d’ombra proiettato dall’utilizzatore, anche applicando un
videoproiettore al computer si crea il medesimo effetto; va detto che le ultime LIM
utilizzano proiettori a focale corta, collocati in alto e vicino alla lavagna, il che
diminuisce la rilevanza di questo “difetto”.
9) La LIM favorisce l’opera corale, la condivisione del sapere e della didattica tra i docenti,
a diversi livelli. Anzitutto, per quanto concerne il semplice utilizzo della LIM (gli
insegnanti “esperti” possono fungere da stimolo o da supporto per i docenti “neofiti”);
ma anche oltre questo livello (che sarebbe un po’ autoreferenziale), la didattica
realizzata con la LIM (ad esempio una lezione in classe o un lavoro svolto dai ragazzi o
16
Ricordiamo ad esempio i volumi Formae mentis: Saggio sulla pluralità dell'intelligenza, Feltrinelli, Milano, 1987; Intelligenze multiple, Anabasi, Milano, 1994; Educazione e sviluppo della mente. Intelligenze multiple e apprendimento, Erickson, Trento, 2005
18
dal docente) può essere condivisa con gli altri docenti in modo quasi immediato
(utilizzando strumenti come i blog didattici o il sito scolastico o il cloud storage, di cui
parleremo più aventi, ma anche la semplice chiavetta).
10) Non ha senso una lavagna multimediale senza la possibilità degli alunni di utilizzarla
direttamente: essa, infatti, può incrementare la partecipazione degli alunni,
consentendo loro di uscire da dietro il banco e “manipolare” lo strumento, stimolandone
l’impegno, creando positive interazioni didattiche tra docente ed alunno; può creare
situazioni di “scoperta didattica condivisa” e di riflessione corale, in cui non ci si trova
tutti col testone basso e gli occhi al proprio foglio, ma l’intervento di uno è
immediatamente udito/visto da tutti e può essere discusso, rielaborato, fatto proprio,
migliorato…
11) Non sottovalutiamo le potenzialità della manipolazione tattile in certi ambiti (ad
esempio le figure piane): gli alunni in difficoltà, che mostrano lacune nelle
visualizzazione mentale dei concetti matematico-geometrici, possono trarre grandi
benefici non solo vedendo le figure, ma potendole toccare,m misurare, spostare,
confrontare… insomma, lavorando su esse e rendendole qualcosa di concreto e non
semplici concetti un po’ astratti.
2.3 I software
Parte integrante delle lavagne interattive sono i programmi installati su di esse. Nella
scuola di Missaglia esistono due tipologie di LIM, prodotte dalle case Promethean e Smart;
la prima utilizza il programma Active Inspire, la seconda Notebook. Come già accennato
prima, al di là della similarità di molte funzioni offerte (presenza di strumenti come
compasso, pentagramma, foglio di carta millimetrata, squadre; possibilità di intervenire a
diversi livelli sul testo: manipolazione delle forme, evidenziare, cambiare colori, modificare
la formattazione; riconoscimento OCR del carattere scritto “a mano” o delle forme
disegnate e loro trasformazione in forma/scrittura più “regolare”; correzione e aggiunta di
nuovo materiale; strumenti utili come il “faretto” o la “tendina”…), tali applicazioni
permettono di salvare il lavoro in un file, la cui estensione però è diversa: i lavori creati con
Active Inspire hanno estensione .flp oppure .flipchart, mentre quelli realizzati con
Notebook hanno estensione xbk. Le prime versioni di questi programmi non consentivano
la possibilità di leggere con Notebook un file didattico creato con Active Inspire, ma era
solo possibile salvare il lavoro in formato .pdf o come file immagine, perdendo però la
possibilità di “manipolare” il prodotto in seconda battuta su una lavagna diversa. Le
19
versioni più recenti di Notebook consentono (oltre che la esportazione in formato .ppt o
.html) anche di salvare il lavoro realizzato con l’estensione .cff (common file format),
comune a diverse tipologie di LIM17. Purtroppo, però, neppure questo nuovo formato ha
risolto totalmente il problema della compatibilità: è possibile leggere e proiettare file creati
da diverse LIM, ma non è possibile intervenire su di essi per modificarli18.
Un secondo genere di applicazioni sono tutti gli altri programmi che possono rivelarsi utili
durante l’attività didattica: elaboratori di testi, fogli di calcolo, programmi per presentazioni,
applicazioni per la lettura o la creazione di file PDF, programmi per l’ascolto e la visione di
oggetti multimediali (lettori audio/video, visualizzatori di immagini)… Qui si entra in un
campo per certi versi “minato. Il problema, in soldoni, è uno: la maggior parte di noi utilizza
programmi con Word, Excel, Powerpoint, che hanno un certo costo ed – essendo software
proprietario – richiedono una licenza (a pagamento) per poter essere utilizzati. Risulta
evidente come un’istituzione scolastica non possa realisticamente pensare – in questa
temperie – di investire (per citare un Ministro) “paccate” di soldi per acquistare tutte le
licenze necessarie ed obbligatorie; può essere interessante valutare la possibilità di
utilizzare i programmi open source, come ad esempio tutta la suite Openoffice (buon
surrogato di Office), oppure programmi come The Gimp per la manipolazione delle
immagini, Cuneiform per la digitalizzazione tramite scanner, e via discorrendo.
Esiste, però, un terzo livello di ragionamento: si tratta dei materiali forniti ai docenti
insieme ai libri adottati. Com’è noto, dal prossimo anno scolastico potranno essere adottati
solamente testi in forma mista o sfogliabili. Rimanendo all’interno delle mie materie di
insegnamento, il volume di antologia e quello di geografia hanno un DVD che contiene la
versione sfogliabile del libro di testo, il testo di grammatica sarà dotato di questo – a mio
giudizio – utilissimo (vedremo tra poco perché) strumento, il testo di storia non offre nulla
di tutto questo e si limita a fornire una piccola dotazione di materiali online (qualche mappa
interattiva identica a quelle del testo, alcuni esercizi – mi sia concesso – di una banalità
disarmante)19.
17
Negli ultimi tempi, si sta sviluppando il progetto BECTA (acronimo di British Educational Communications and Technology Agency), nel cui ambito si è ideato un formato unico e compatibile, il CFF appunto. 18
http://insegnamento.educa.ch/it/lim-%E2%80%93-interoperabilit%C3%A0 19
Nelle mie consuete scorribande in rete, ho scovato un interessantissimo sito, http://free.yudu.com/, che permette di creare libri sfogliabili a partire da file PDF. I testi vengono visualizzati online all’interno del sito (previa immissione delle credenziali di registrazione); si può scegliere se renderli pubblici e condividerli, oppure etichettarli come privati; si può stampare il lavoro realizzato, ma anche salvarlo per poterlo consultare offline (alla prima apertura del documento, è necessario immettere le credenziali del proprio account; una volta fatto, il file è perfettamente consultabile ed utilizzabile). Si potrebbe pensare (avendo molto molto tempo, magari suddividendosi il lavoro tra vari colleghi) di produrre un file dei libri di testo che non offrono la versione sfogliabile, per poterli proiettare in classe e svolgere attività come quelle presentate
20
Basandomi sulla mia esperienza e sulle tipologie di materiali che ho già potuto utilizzare o
di cui sono a conoscenza, l’utilità del libro sfogliabile si dispiega in una serie di attività20.
1) Soprattutto nei primi mesi di prima media, facilita la creazione di un efficace metodo di
studio: proiettare un testo sfogliabile alla LIM permette di individuare (sottolineandoli) i
concetti fondamentali e le parole-chiave, in modo tale da mostrare agli alunni come si
può sottolineare in modo proficuo un testo (per evitare quei guazzabugli pittoreschi di
colori tipici di tanti testi di nostri alunni, che si dilettano ad evidenziare – naturalmente
con una miriade di tinte – tutte-le-parole-tutte senza tralasciarne alcuna) e su questo
lavoro basare un serio metodo di studio; si possono aggiungere titoletti, si possono
costruire (insieme a loro) schemi e mappe concettuali, si possono confrontare tipologie
diverse di sottolineatura.
2) Un testo antologico (in prosa o poesia) può essere proiettato alla LIM per poterci
“lavorare sopra”, individuandone gli elementi fondamentali (sequenze, personaggi e
loro caratteristiche, luoghi, tempi…).
3) Si possono eseguire gli esercizi alla lavagna (alcuni sono interattivi, cioè l’alunno li può
eseguire davvero alla LIM) ed effettuare una correzione in tempo reale, mettendo in
evidenza le modalità con cui l’alunno è arrivato a formulare la risposta; nel caso di
risposta corretta si può riflettere su come l’alunno ci è arrivato, su quale ragionamento
ha compiuto, osservare se magari ha semplicemente tirato ad indovinare; se sono stati
commessi degli errori, si può tentare di scoprirne la genesi ed apprendere dall’errore
stesso.
4) Una carta geografica fisica come quella presente su testo di geografia può diventare lo
strumento su cui indicare (da parte dell’insegnante, ma anche da parte degli alunni) i
principali elementi (ad esempio il rilievo, i fiumi, le capitali…), aiutandone la
memorizzazione.
5) Ultima annotazione: avere a disposizione un testo sfogliabile (meglio ancora se a
disposizione dei ragazzi) potrebbe consentire di stampare a casa le pagine che il
docente presumibilmente spiegherà, riducendo il peso della cartella; oppure di poter
seguire comunque alla lavagna la lezione anche in mancanza del libro21.
in questo lavoro. Unico neo: una certa lentezza del sito. Nel DVD allego un esempio di mini-ebook realizzato su Yudu. 20
Nell’ultimo capitolo di questo lavoro sono contenute alcune esemplificazioni tratte da lezioni reali da me tenute in classe. 21
Va bene che esistono le dimenticanze, ma francamente trovo assurdo vedere i registri di classe pieni di annotazioni tipo “Ginetto terza dimenticanza di Storia”, “Pinuccia per la terza volta non ha portato il libro di Scienze”. Non sono rari i casi in cui capita di avere nel medesimo Istituto due fratelli, che ovviamente possiedono una sola copia dei testi, con la prevedibile conseguenza (verificatasi quest’anno ogni settimana)
21
Capitolo terzo
Il sito della scuola
Una risorsa decisamente interessante sono i siti delle istituzioni scolastiche. Esistono
diverse tipologie di siti scolastici; molte delle Scuole del nostro territorio, ad esempio,
impiegano una piattaforma comune, per cui tali siti hanno un aspetto (ed un
funzionamento) sostanzialmente simili (ad esempio, i siti degli Istituti comprensivi di
Oggiono, Molteno e Bosisio, dove ho insegnato prima di approdare a Missaglia).
Al di là di queste differenze (formali e sostanziali), preferisco incentrare la mia riflessione
sul sito della nostra Scuola, che sin dall’inizio ha suscitato la mia curiosità, soprattutto per
una sezione, quella dedicata alle pubblicazioni per gli studenti.
Figura 8 - L'homepage del sito della nostra scuola
Quando sono arrivato in questa Scuola, all’inizio del passato anno scolastico, ero reduce
da un anno passato tra Molteno e Bosisio Parini; in quest’ultima sede, in particolare, il
che magari nella medesima ora entrambi i fratelli necessitano di quel libro in classe. Sarebbe forse opportuno andare oltre la rigorosa applicazione di regole come queste e riflettere sulla reale necessità che tutti gli alunni abbiano sempre tutti i libri in cartella: un’azione didattica ben organizzata potrebbe anche prevedere, ad esempio, la condivisione del testo durante attività a coppie o di gruppo, oppure l’utilizzo del libro sfogliabile da parte del docente (o di un alunno alla lavagna) e del quaderno per gli alunni. Siamo flessibili!
22
gestore del sito mi aveva creato un’area “personale” (dal titolo “La zona rossa”…
semplicemente un gioco di parole legato al mio cognome) sulla quale caricavo alcuni
materiali didattici, affinché fossero a disposizione dei miei alunni. Ho potuto verificare
come i miei alunni consultassero periodicamente il sito della scuola, per scaricare i
materiali da me messi online.
Arrivando a Missaglia, ho potuto usufruire di un sito ancor più funzionale, che presentava
una sezione apposita dedicata alle pubblicazioni per gli studenti, suddivisa per classi. In
questi due anni scolastici, ho messo online una discreto numero di contributi, visionati non
solo dai miei studenti, ma anche (a quanto mi è stato riferito) da qualche collega di Lettere.
Figura 9 - La sezione del sito scolastico riservata alla IIA di Missaglia.
Questo fatto, insieme ad alcune “chiacchierate didattiche” con le colleghe Roberta Corno e
Sabina Coladonato di Missaglia ed Angela Sorrentino di Monticello, ha suscitato (in me e
nelle colleghe) una riflessione sulla possibilità di un ulteriore sviluppo del sito scolastico:
perché limitarsi alla pubblicazione dei materiali didattici per gli alunni e non pensare ad
un’area riservata ai docenti, in cui non si trovino solo le circolari o altri materiali
organizzativi e variamente “burocratici”, ma ove fosse possibile per ciascun docente
caricare presentazioni, schemi, materiali integrativi, affinché fossero a disposizione dei
colleghi, da loro liberamente fruibili e adattabili al proprio stile di didattica e alla realtà del
proprio gruppo-classe? Questo andrebbe nell’ottica di quella costruzione condivisa del
23
sapere che – come abbiamo visto prima – è anche uno dei punti di forza della LIM e, più in
generale, delle nuove tecnologie. A mio parere, è vitale per la crescita professionale dei
docenti (e, elemento non secondario, della nostra Scuola) che i docenti coltivino un
atteggiamento aperto al confronto ed alla condivisione; c’è spesso molto da imparare dal
lavoro altrui, dal dibattito libero e creativo sull’agire didattico, ma anche (perché no?) dagli
errori (immancabili) propri e di altri.
Mancano ormai pochissimi mesi alla conclusione della vicenda della nostra Scuola media,
così come è stata sinora strutturata; da settembre nasceranno due nuove realtà, due
Istituti comprensivi a Casatenovo e Missaglia. L’auspicio è che questa divisione non
comporti la fine dell’esperienza del nostro sito scolastico, perché verrebbe a mancare una
risorsa davvero fondamentale, capace di dispiegare ulteriori potenzialità.
24
Capitolo quarto
I Podcast didattici
4.1 Cosa sono
Qualche anno fa, ho “frequentato” virtualmente il Diploma di Specializzazione online DOL,
organizzato dal Politecnico di Milano. Nell’ambito di questa per me molto stimolante
esperienza, ho avuto la “fortuna” di seguire il corso dedicato a blog e podcast del
professor Marco Farè. È stata per me l’occasione di realizzare (nel contesto di una
esercitazione) il primo mini-podcast didattico e l’esperienza mi ha indotto a riflettere sulla
possibilità reale di un utilizzo di tale strumento (che su internet appare piuttosto presente)
nel mio ambito lavorativo.
Di che si tratta? Il termine è stato coniato da Ben Hammersley nel suo articolo Audible
Revolution, pubblicato il 12 febbraio 2004 sul quotidiano inglese The Guardian
(http://www.guardian.co.uk/media/2004/feb/12/broadcasting.digitalmedia). Esso nasce
dall’unione delle parole POD (personal on demand) + broadcasting (trasmissione
personale a richiesta), ed indica un file (audio oppure video) che può essere scaricato (in
modo spesso gratuito) da un programma chiamato “aggregatore” (uno dei più conosciuti è
iTunes della Apple). Per scaricare tali file basta avere una connessione internet, un
aggregatore ed un abbonamento presso un fornitore di podcast. La grande novità del
podcast rispetto alle normali trasmissioni oppure allo streaming (vale a dire la possibilità di
guardare, ad esempio, un programma televisivo online) è appunto il fatto che per fruirlo
basta averlo scaricato e lo si può ascoltare/vedere dovunque, a qualunque ora, anche
offline.
4.2 Due situazioni concrete
Quest’anno insegno in due classi, la Prima A e la Seconda A, rispettivamente 18 e 19
alunni, variamente animati da volontà di apprendimento, alcuni (soprattutto in Prima A, in
particolare il gruppo delle ragazze) molto svegli, decisamente desiderosi di partecipare alle
lezioni (tanto da rendere le ore di Storia e Geografia a volte una selva di mani alzate per
chiedere spiegazioni, chiarimenti, approfondimenti, esporre opinioni, ecc. ecc.).
In Prima A sono presenti due alunni con certificazione di DSA, mentre in Seconda A due
altri alunni stanno effettuando il percorso per verificare la presenza di un disturbo specifico
di apprendimento. In particolare, un alunno di Prima A (che chiamerò S.) è piuttosto
25
interessato e partecipe in classe (fa interventi, espone le sue idee, si “prenota” per
rispondere alle domande cui i compagni oppongono la tradizionale “scena muta”), ma ha
notevoli difficoltà ad utilizzare il libro di testo nello studio a casa. Nel corso del primo
quadrimestre ho utilizzato molto la LIM, sia per proiettare la versione “sfogliabile” del libro
di Geografia, che per utilizzare schemi, immagini, presentazioni Powerpoint… Ho messo a
disposizione (non solo di S, ma anche degli altri alunni che lo desiderassero) molti di
questi materiali, per aiutare la preparazione. Durante un colloquio con la madre, ho anche
detto che non vi era alcun problema da parte mia se S avesse voluto registrare le lezioni,
visto che il canale audio è un mezzo molto efficace (almeno per lui) per consentirgli di
essere preparato e conseguire le meritate soddisfazioni.
Negli ultimi due anni da me trascorsi presso la Scuola secondaria di Molteno, c’era
un’alunna, che chiamerò D, affetta da DDAI (Deficit Di Attenzione ed Iperattività); in buona
sostanza, D faceva una fatica esagerata a star attenta per più di cinque minuti (ok, mi si
dirà, quanti alunni stanno attenti più di cinque minuti? Quasi tutti, solo che lei aveva una
certificazione specifica in tal senso…), si disperdeva, guardava fuori dalla finestra,
lasciava cadere le biro; insomma, nel contesto della spiegazione perdeva spesso e
volentieri alcuni passaggi, per cui poi mi tempestava di domande (oppure sfruttava le
domande poste dagli altri per avere una sorta di “seconda spiegazione”). Bene, D mi
chiese di poter registrare le lezioni, in modo tale che a casa le potesse riascoltare e
recuperare, secondo i suoi ritmi, quanto perso in classe.
Una prima riflessione è questa: non so se e quanto S. e D abbiano davvero compiuto a
casa il lavoro di sbobinare le registrazioni effettuate in classe; in una mattinata ci sono
cinque ore di lezione, e le mattine di scuola sono sei; compiere questo esercizio per ogni
materia sarebbe come frequentare due volte la scuola. Anche limitando tale attività ad
alcune discipline e, in esse, ad alcuni precisi argomenti, si tratterebbe comunque di un
dispendio – a livello di energie e, molto più brutalmente, di ore impiegate – francamente
eccessivo, e tale da scoraggiare anche il più volenteroso degli alunni.
Il problema posto da S o da D, però, è un problema reale, e non coinvolge solamente gli
alunni con certificazione di DDAI o di DSA, ma, più in generale, ogni alunno che abbia una
qualche difficoltà di apprendimento; anziché far ricorso alla registrazione “fai da te” (che
comporta le problematiche di cui sopra), non sarebbe più pratico fornire a questi soggetti
uno strumento che assolva la medesima funzione, ma strutturato in modo tale da garantire
una fruizione più agile?
26
4.3 I podcast e la didattica
Abbiamo appena visto come i podcast didattici si rivelano molto utili per alunni che
manifestano difficoltà di apprendimento. Ma i vantaggi educativi offerti da questa risorsa
non sono certo circoscrivibili al mero campo della disabilità o dei disturbi specifici di
apprendimento. Teresa Piñeiro-Otero, nel suo articolo Los podcast en la educación
superior. Hacia un paradigma de formación intersticial, apparso sulla “Revista
Iberoamericana de Educación / Revista Ibero-americana de Educaçãon”, elenca ulteriori
ricadute positive in campo didattico:
Ventajas cognitivas. La utilización educativa de los podcast potencia las competencias de los estudiantes en comunicación y relación personal, aprendizaje colaborativo, así como en la interpretación, análisis, selección y difusión de contenidos. Implicación del estudiante. Realizar actividades con podcast favorece el aprendizaje autónomo. Es el estudiante quién decide cuándo, dónde y de qué manera va a hacer uso de estos contenidos didácticos de carácer asíncrono. Autogestión del estudiante. Los podcast contribuyen a que el estudiante planifique su trabajo, dada su esencia asíncrona, para su escucha fuera del aula, en tiempos muertos y de ocio. Disponer de las indicaciones del profesor. Los podcast permiten la escucha, en cualquier momento y lugar, de aclaraciones o explicaciones respecto al material de aula. Continuidad en el estudio. Los podcast pueden contribuir a la continuidad del estudiante, a gestionar y utilizar sus contenidos con cierta regularidad. Comprensión. Dada las posibilidades de repetición, los podcast facilitan la comprensión de determinados contenidos, al tiempo que refuerzan dicho aprendizaje. Reducción de la ansiedad. Los podcast pueden disminuir la ansiedad de los estudiantes ante la preocupación por los contenidos de una determinada materia o su evaluación, al poder revisarlos siempre y cuando quiera22.
22
«Vantaggi cognitivi. L’impiego educativo dei podcast potenzia le competenze degli studenti relativamente alla comunicazione e alla relazione personale, l’apprendimento cooperativo, così come per quanto concerne l’interpretazione, analisi, selezione e diffusione dei contenuti. Coinvolgimento dello studente. Realizzare attività con podcast favorisce l’apprendimento autonomo. È lo studente che decide quando, dove e in che modo farà uso di questi contenuti didattici di tipo asincrono. Autogestione dello studente. I podcast contribuiscono a far sì che lo studente pianifichi il suo lavoro, visto la sua natura asincrona, per il suo ascolto al di fuori dell’aula, nei tempi morti o di relax. Disporre delle indicazioni del professore. I podcast permettono l’ascolto, in qualsiasi momento e luogo, dei chiarimenti o delle spiegazioni riguardanti materiali utilizzati in classe. Continuità nello studio. I podcast possono contribuire alla costanza di apprendimento dello studente, a gestire e utilizzare i contenuti con una certa regolarità. Comprensione. In ragione della possibilità di essere riascoltati, i podcast facilitano la comprensione di determinati contenuti, rinforazno al tempo stesso l’apprendimento. Diminuzione dell’ansia. I podcast possono diminuire l’ansia degli studenti riguardo alla preoccupazione per i contenuti di una determinata materia o per la sua valutazione, per il fatto di poterli rivedere sempre e quando essi lo desiderino (Teresa Piñeiro-Otero, Los podcast en la educación superior. Hacia un paradigma de formación intersticial, in “Revista Iberoamericana de Educación / Revista Ibero-americana de Educaçãon” n.º 58/1, 15/01/12, pag. 4)».
27
E così aggiungono due autrici portoghesi, Adelina Moura e Ana Amélia Carvalho: «Outro
aspecto positivo prendese com o facto de permitir ao professor estar sincronizado com os
estudantes de hoje, os nado digitais23».
Presento qui alcuni esempi, che dovrebbero illustrare la possibile applicazione dei podcast
didattici.
1. Analisi (stilistica, contenutistica, lessicale, strutturale, retorica, ecc. ecc.) di brani
poetici, accompagnata magari dalla lettura dei medesimi da parte di qualcuno che sia
in grado di “farli vivere” alle orecchie dell’ascoltatore; l’alunno, tornato a casa, riascolta
lo schema di analisi della poesia (poniamo, L’infinito di Giacomo Leopardi),
ricontrollando nel contempo i propri appunti e il testo in adozione, rivedendo e, ove
necessario, correggendo e/o integrando quanto fatto in classe; si tratterebbe di podcast
della durata limitata (pochissimi minuti), in quanto depurati da tutto quanto compone la
mia lezione in classe (aspettare che tutti siano seduti e attenti, dire “prendete il libro
alla pagina x”, attendere che si ripiglino e arrivino tutti alla suddetta pagina, introdurre
la poesia, leggerla, parafrasarla, commentarla ecc. ecc.; il tutto, naturalmente,
ripetendo n volte i concetti perché qualcuno non capisce o capisce male o il vicino lo
ha disturbato; ascoltare le loro domande e osservazioni; fare qualche battuta per
sciogliere la tensione attentiva; aspettare che la piantino di ridacchiare; interrompere la
lezione ogni qual volta una bidella o un collega entra in classe per consegnare una
circolare o chiedermi qualcosa24; assegnare infine il compito per la lezione successiva,
quindi attendere che prendano il diario alla pagina giusta, e ripetere sei volte pagina e
compito…).
2. Schemi di analisi testuale; ad esempio, le fasi di analisi di un testo narrativo: un
podcast di pochissimi minuti, nel quale siano contenute le procedure per analizzare il
testo (individuazione personaggi e loro caratterizzazione, tempi e luoghi dell’azione,
tipologia di narratore, stile, tema e messaggio), con una rapida delucidazione di
ciascuna di esse.
3. Un abstract dei diversi contenuti affrontati nel corso dell’anno (ad esempio, un
riassunto di ognuno dei capitoli del libro di geografia, da utilizzare per avere un minimo
inquadramento dell’argomento oppure per ripassare i concetti essenziali).
23
«Altro aspetto positivo è il fatto di consentire al docente di essere “sincronizzato” con gli studenti di oggi, i “nativi digitali” (Adelina Moura e Ana Amélia Carvalho, Podcast: uma ferramenta para usar dentro e fora da sala de aula, in “Proceedings of the Conference on Mobile and Ubiquitous Systems“, Guimarães, Universidade do Minho, pagg. 155-158 (consultabile al link http://adelinamouravitae.com.sapo.pt/ ubiquitouspodcast.pdf)». 24
Negli anni in cui sono stato Vicepreside, in media questo avveniva almeno due o tre volte ad ogni ora di lezione…
28
4. La lettura di alcuni brani particolarmente significativi (ad esempio, qualche fonte
storica) o (sarebbe il massimo) dei brani antologici analizzati in classe.
5. Le fasi di lavoro per realizzare un compito (ad esempio come stendere una relazione,
come scrivere un testo argomentativo, come fare un riassunto, con tanto di esempi); in
questo caso il podcast conterrebbe quelle indicazioni (da me normalmente fornite in
fotocopia ad inizio anno), in base alle quali ideare, stendere, rivedere (per correggere
ed arricchire) il testo.
6. Creare un archivio digitale delle lezioni tenute in classe o di parti significative di esse in
tal modo gli studenti possono riascoltare alcune parti della lezione e magari capire
meglio quanto visto in classe; per l’insegnante c’è la possibilità di “rivedere”
criticamente la sua didattica, riflettere su cosa mantenere, cosa migliorare, cosa
eliminare (naturalmente, non si può pensare di svolgere questo lavoro su ogni lezione;
sarebbe sufficiente concentrarsi su una lezione “campione”, magari quella in cui
l’insegnante ha percepito che la classe era “altrove”, non partecipava, non era
attenta…).
Sorge immediata una serie di questioni: anzitutto, visto che fornisco già loro abbondante
materiale integrativo (presentazioni, schemi, approfondimenti, per lo più scaricabili dal sito
della scuola o altrimenti in fotocopia), cosa se ne fanno di un podcast? L’esperienza mi ha
fatto notare che la vita media di una fotocopia, eccezion fatta per i ragazzi volonterosi, è di
poche settimane, giorni in alcuni casi, dopodiché essa magicamente scompare secondo le
modalità più varie ed esilaranti; la chiavetta la portano solo se devono passarsi le canzoni
o altro materiale ben poco didattico; il sito della scuola non è al primo posto tra i “preferiti”.
Il loro lettore mp3, invece, o lo smart-phone, non lo dimenticano mai (nelle gite ce ne fosse
uno di loro che lo lascia a casa…); per cui, se, oltre a contenere le loro canzoni preferite,
fosse provvisto anche di alcuni file didattici, ci sarebbero più possibilità che essi avessero
una vita media molto più lunga della fotocopia stessa.
La questione più rilevante e, apparentemente, scoraggiante, è però un’altra: chi provvede
a realizzare tali file? Visto che il problema della registrazione delle lezioni in classe è la
loro difficile fruibilità, allora dovrà essere il docente a realizzare tali podcast “mirati”; ma
quanto tempo dovrebbe essere speso per tale operazione? Può un docente da solo
provvedere a ciò? Probabilmente no, a meno che non impieghi le ore notturne o i mesi
estivi (ipotesi che respingo recisamente: siamo professionisti – per quanto malpagati – non
crocerossine o volontari o missionari che lavorano per la gloria o per acquisire un posto in
prima fila nel Regno dei cieli). Potrebbe risultare più fattibile l’ipotesi di una sorta di
29
“consorzio di cervelli e ugole”, cioè una suddivisione di compiti tra diversi docenti disposti
a collaborare tra loro; l’analisi dei questionari distribuiti tra i colleghi autorizza molte
speranze in tal senso25.
Naturalmente, si tratterebbe di una produzione graduale, con l’obiettivo di individuare
anzitutto quei podcast di base utilizzabili da alunni di classi e di anni diversi; ad esempio,
restando all’ambito letterario, schemi di analisi testuale o di produzione scritta. Tali
strumenti hanno il vantaggio, rispetto, ad esempio, all’analisi di un singolo testo, di non
essere legati a questa o quella antologia: perché l’esperienza insegna che il medesimo
testo letterario viene analizzato in modo differente da ogni testo adottato, e i ragazzi sono
molto legati alle formulazioni dei loro libri, soprattutto alle scuola medie; per non parlare
poi dei testi di storia o geografia, che trattano ciascuno secondo modalità diversissime il
medesimo argomento.
Ma anche relativamente al testo di storia o geografia, o alle pagine di letteratura (almeno
per quanto concerne la miserella letteratura che si fa alle medie), sarebbe possibile
comunque individuare una serie di concetti fondamentali (ad esempio, le caratteristiche
dei climi, oppure lo schema secondo cui è avvenuta la “rinascita” economico-sociale-
demografica attorno all’anno Mille…) che aiutino gli alunni nello studio, qualunque sia il
testo adottato; questo garantirebbe una maggior durata negli anni del podcast.
Ove si realizzasse questa fortunata “congiura di ingegni”, nel giro di un paio d’anni
sarebbe prodotta una serie di file che costituirebbero, a mio giudizio, un ulteriore
strumento (anche compensativo, per certi alunni come quelli affetti da DDAI o con
certificazione di DSA) per qualificare la didattica e renderla insieme più efficace e, perché
no, accattivante26.
Ultima questione: come potrebbero ottenere i podcast gli alunni? Senza impelagarsi in un
vero e proprio servizio di abbonamento (come avviene, ad esempio, per gli utenti di
iTunes) , sul sito della scuola potrebbe essere prevista un’area download da cui i ragazzi
potrebbero scaricarsi il materiale di volta in volta necessario o scambiarselo tramite le
comode chiavette USB; oppure il docente titolare di un blog potrebbe caricarlo e metterlo a
disposizione degli alunni.
25
Si veda a tal proposito il capitolo settimo di questo lavoro. 26
È evidente che tutto questo resta affidato alla buona volontà e alla passione (tecnologica, oltre che didattica) dei docenti, che naturalmente continuerebbero ad avere i loro compiti (preparare la lezione, correggere le verifiche, aggiornarsi, occuparsi eventualmente delle loro funzioni aggiuntive…). Il tutto naturalmente senza possibilità di una reale gratificazione, almeno dal punto di vista economico (se mi è permessa una punta polemica, sarebbe ora che nel mondo della docenza si cominciasse davvero a discernere chi lavora di più e/o meglio, chi “fa solo il suo compitino” senza lode e senza infamia, chi sarebbe meglio che cambiasse mestiere).
30
L’esempio presentato riguarda le mie materie, ma naturalmente è applicabile anche ad
altre discipline.
31
Capitolo quinto
Il Web 2.0
5.1 Caratteristiche
In questi ultimi anni, il cosiddetto “Web 2.027”, vale a dire quello stadio evolutivo del Web
che amplifica la dimensione sociale della rete, permettendo una notevole interazione tra
l’utente e la pagina, sta assumendo le dimensioni di un reale fenomeno di massa e –
anche – di
costume; il Web
2.0 “non è […]
un’evoluzione
della tecnologia
TCP/IP alla
base della rete,
ma dei mezzi e
degli strumenti
che utilizzano
l’infrastruttura
tecnologica
sulla quale
poggia internet.
E' un nuovo
modo di
intendere la
rete, che pone
al centro i
contenuti, le
informazioni,
l'interazione28”.
27
Il termine è stato coniato nel 2004 da Tim O’Reilly, fondatore e CEO della casa editrice O’Reilly Media (fonte: http://www.microsoft.com/italy/pmi/marketing/internetmarketing/web20_tecnologie.mspx 28
Mario Montalto, Web 2.0: Internet volta pagina (http://www.microsoft.com/italy/pmi/marketing/ internetmarketing/web20.mspx)
Figura 10 - Lo schema mette in evidenza le differenze tra il Web tradizionale ed il "Web 2.0" (fonte http://blog.cozic.fr)
32
Il boom di social network come Myspace (http://www.myspace.com), Facebook (http://it-
it.facebook.com), Twitter (www.twitter.com) è solo un aspetto, forse il più
macroscopicamente percepibile dall’utenza media di internet, di quella che appare sempre
di più come una vera rivoluzione nel rapporto degli utenti con il Web. E, a chi non è
digiuno in questo campo, non è ignoto come l’esplosione del Web di seconda generazione
sia accompagnata da riflessioni critiche sui problemi ad esso correlati (ad esempio –
procedendo in modo cursorio – la proliferazione dei contatti: con quanti dei nostri contatti
siamo veramente “in contatto”? Quanti sono davvero i nostri amici? Quanto è “vero” ciò
che appare e viene “pubblicato”? Che spazio c’è per i sentimenti “sinceri “ e “reali”, per
guardarsi negli occhi davvero e non solo virtualmente?29).
In realtà, il social networking è solo una delle facce che assume questo “secondo stadio”
di internet; Windows Messenger, con tutte le sue applicazioni correlate (il programma di
gestione di posta elettronica Live Mail, il blog Windows Live Spaces, la possibilità di
salvare su un hard disk virtuale – Sky Drive – i propri file…) è un’applicazione molto nota
ed utilizzata in particolare dagli studenti con cui ho quotidianamente a che fare, alunni
della scuola secondaria di primo grado; ognuno dei “miei” alunni (naturalmente che sia
dotato di connessione ad Internet) ha visitato almeno una volta l’enciclopedia online
Wikipedia (http://it.wikipedia.org); io ed alcuni colleghi, poi, possediamo un indirizzo di
posta elettronica di Gmail (e anche qui è offerta un’ulteriore serie di possibilità, come la
chat, Google Calendar, che offre la possibilità di condividere i propri calendari, Google
Documents); e i colleghi più “informaticamente curiosi” conoscono cosa siano un blog o un
podcast, anche se la diffusione e l’utilizzo di questi strumenti, almeno per quanto concerne
il nostro ambito scolastico, è limitata alla mera conoscenza di cosa in effetti essi siano.
5.2 I social network e i programmi di messaggistica istantanea
Sono stato – in passato – un utente piuttosto assiduo di Facebook, e anche di MSN; per
quanto concerne questo ambito, alcuni anni fa, chiacchierando con la collega Margherita
D’Aversa – docente di lingua spagnola che, per inciso, sarebbe di lì a qualche anno
divenuta mia moglie – era emersa quella che allora ci pareva una interessante possibilità
di utilizzo a livello didattico della chat: la collega aveva acconsentito a fornire ai propri
alunni il suo contatto, ma li “costringeva” a chattare con lei in spagnolo; un modo molto
pratico per migliorare la loro competenza linguistica, in modo piacevole e divertente.
Parlando con alcuni alunni coinvolti in questo “progetto”, avevo potuto riscontrare come la
29
Interessante a questo proposito l’articolo di Wanna Granatelli, La tecnologia corre, i giovani la cavalcano e gli educatori?, “Bollettino salesiano”, Gennaio 2009
33
cosa fosse stata accolta in maniera molto favorevole dai ragazzi, che vivevano il tutto non
come un’imposizione, o un ulteriore e noioso compito a casa, quanto piuttosto come una
sfida, e un’occasione per migliorare – divertendosi – la propria capacità di esprimersi in
una lingua diversa dall’italiano. La collega, inoltre, ipotizzava la possibilità di creare (con
l’aiuto degli insegnanti) una sorta di “gemellaggio virtuale” con alunni stranieri,
scambiandosi i contatti ed aumentando così la possibilità di arricchire la propria
competenza linguistica (una riesumazione in stile Web 2.0 della buona vecchia abitudine
dei pen friend stranieri ben nota a chi ha qualche annetto in più come il sottoscritto…).
I dati dei questionari che allora avevo distribuito confermavano tale impressione positiva:
oltre la metà degli alunni – 86 su 149 – risultava interessata alla possibilità di chattare in
lingua straniera, e tale opportunità aveva conquistato ben 7 docenti su 18 (i docenti di
lingue straniere allora in servizio presso la Scuola media di Molteno – in cui io e
Margherita insegnavamo – erano solamente 4).
Devo dire che, col passare degli anni, ho sempre più diradato la mia presenza su
Facebook e su MSN, sia per motivi di tempo (nel frattempo, ho pensato bene di sposarmi
ed avere una figlia…), sia per una serie di riflessioni piuttosto critiche su questi strumenti.
In particolare, riflettendo ancora con Margherita su quell’idea di allora, la collega-moglie ha
rilevato come, per quanto la proposta avesse avuto risvolti positivi, offre comunque un
“tallone d’Achille”, essendo legata ad uno strumento come il social network che è un’arma
a doppio taglio30. Meglio sarebbe se esistesse una sorta di “Facebook didattico”, più
“filtrato”, che consentisse realmente di utilizzarne le potenzialità comunicative senza
incorrere nei rischi legati a questa piattaforma31.
Facebook ed MSN offrono una seconda prospettiva di utilizzo didattico: la possibilità di
condividere file, come i podcast di cui sopra, ad esempio nelle cartelle condivise di MSN.
Soprattutto in passato, mi è capitato piuttosto frequentemente di inviare ad alunni assenti
da scuola il materiale distribuito in classe, o uno schema di quanto spiegato durante la loro
assenza, o la copia elettronica di schede che loro avevano misteriosamente smarrito
(evento che chiunque bazzica in ambito scolastico sa essere altamente probabile), il che
30
L’età minima per accedervi sarebbe di 13 anni, ma basta dichiarare il falso ed il gioco è fatto. Internet, lo sappiamo tutti, è un mare magnum, dove non scorrazzano solo simpatici d innocui pesciolini multicolori, ma anche squali pericolosissimi, sempre a caccia di giovani ed inesperte prede da far cadere nelle proprie grinfie. Interessante e sconvolgente questo articolo, testimonianza di un’inchiesta condotta da Flavia Amabile, giornalista de “La Stampa”, che si è finta un’undicenne ed ha creato un profilo su FB. http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/tecnologia/grubrica.asp?ID_blog=30&ID_articolo=10414&ID_sezione=38 31
In questo senso, appare più interessante il progetto e-Twinning (www.etwinning.net), che consente ai docenti interessati (previa iscrizione) di realizzare progetti comuni con scuole di tutta Europa, utilizzando le varie possibilità offerte dalla tecnologia (tra cui, appunto, chat in lingua, lezioni comuni in videoconferenza, possibilità di scambiarsi lavori ed esperienze…).
34
consente anche di ridurre la spesa per le fotocopie a carico della scuola (in epoca di tagli,
tutto fa brodo…); ho potuto farlo in quanto tali alunni erano nella lista dei miei contatti di
Facebook e/o MSN.
Una terza opportunità offerta da MSN, FB e compagnia sarebbe anche quella di poter
utilizzare tali strumenti come ulteriore canale attraverso cui chiedere chiarimenti ai docenti
su argomenti di carattere scolastico. Qualche anno fa ho sottoposto tale eventualità – che
personalmente mi lascia un po’ perplesso, per le motivazioni che esporrò appena sotto –
al “giudizio” di alunni e colleghi; come, tutto sommato, mi attendevo, il gradimento è stato
massiccio da parte degli alunni (ben 100, quasi equamente suddivisi tra piuttosto e molto
entusiasti), più critico da parte dei colleghi: solo 6 ritenevano utile tale strumento, e solo 5
sarebbero stati disposti a concedere tale opportunità. Personalmente ritengo che siffatta
possibilità, seppure in alcuni casi molto utile (ad esempio per un alunno che è rimasto a
lungo assente da scuola, o per chi magari ha difficoltà ad esporsi in prima persona
alzando la mano in classe di fronte ai compagni), potrebbe ingenerare la falsa sensazione
di poter avere sempre (o quasi) a disposizione un docente “personale”, a cui fare ricorso in
modo massiccio; una collega (che pure era allora piuttosto presente su Facebook e aveva
dato il suo contatto ai suoi alunni, e che rispondeva anche alle loro domande di carattere
didattico) mi ha rivelato di aver avuto una discussione con un genitore, cui era stata
costretta a ribadire che la possibilità di contattarla su FB non esentava assolutamente
l’alunna a prestare la dovuta attenzione in classe, e che comunque un insegnante ha
anche la sua vita privata e non può essere presente sempre e comunque sul social
network, o non può essere “costretto” a controllare la posta o la bacheca di FB ogni due
minuti per vedere chi gli ha scritto.
Esiste un ulteriore livello di utilizzo di un sito come Facebook o di un’applicazione come
Messenger: sto parlando dell’ambito educativo-relazionale. Gli anni di insegnamento da
me accumulati (non tantissimi, una quindicina, suddivisi tra Formazione professionale,
Scuola superiore e Scuola media) mi hanno fatto osservare come gli alunni chiedano al
docente non solo di essere preparato, di conoscere la propria materia, di saperla spiegare
e farla vivere; essi chiedono anche – e a volte, in particolari situazioni, soprattutto – che
sia una persona che li tratti da persone, non da numeri di un registro; che si relazioni con
loro con la sua umanità; che dia loro ascolto. Questo naturalmente senza diventare un
“adolescemo” (sia detto simpaticamente) come loro, cioè senza porsi al loro livello, e
senza trasformarsi in un amicone, ma restando sempre e comunque un adulto, che si
rapporta con loro non spogliandosi del suo essere tale.
35
È molto vivo, a mio giudizio, il bisogno comunicativo dei ragazzi, la necessità di avere
rapporti umani coi docenti; il social network può essere un luogo in cui dare tempo (quello
che riteniamo opportuno, senza passarci per forza di cose ore ed ore) agli alunni, dedicare
loro spazio, ascoltarli, farli sentire persone, parlando di argomenti disparati, dal più frivolo
al più serio. Tanto più che, almeno per alcuni ragazzi, è più facile esporsi attraverso la
mediazione del computer piuttosto che affrontare il docente “in carne ed ossa”, per paura
di essere giudicati da lui o dai compagni, per difficoltà a trovare le parole (vergogna,
timidezza…).
C’è però un “ma”: la chat non può (né, credo, mai potrà) surrogare il rapporto vivo, faccia a
faccia, nell’ambito della classe, o se magari esistono particolari problemi, anche a
quattr’occhi. Nella nostra scuola esiste, ad esempio, la figura della psicologa, che può
offrire un aiuto in alcune situazioni di difficoltà; io stesso, poi, non ho mai impedito ai miei
alunni di espormi le loro problematiche e difficoltà (di studio, di metodo, di relazioni…),
magari durante le pause-mensa o gli intervalli. A mio giudizio, una chat o una e-mail non
può assolutamente sostituire un colloquio diretto, ma può essere al limite un’occasione per
gettare un ponte, creare una situazione di iniziale scambio, di fiducia, che poi possa
portare quel determinato alunno ad aprirsi con meno remore in un colloquio “dal vivo”.
Perché è bene ricordare (a noi stessi ed agli alunni) che esistono luoghi “ufficialmente”
deputati all’ascolto delle problematiche degli alunni (ad esempio lo sportello di ascolto
tenuto dalla psicologa), e che, come ho già detto sopra, un professore non può (né è
tenuto ad esserlo) essere a disposizione dei propri alunni 24 ore su 24.
C’è un altro aspetto, apparentemente laterale rispetto alla didattica, ma ugualmente
interessante. Prendo spunto da un evento realmente verificatosi qualche anno fa. Io e una
collega di Lettere avevamo “stretto amicizia32 virtuale” con alcune alunne della nostra
scuola; abbiamo osservato come sulle loro pagine personali comparissero immagini di loro
in costume da bagno (erano ragazze di terza media) e – a volte – in pose piuttosto
“ammiccanti”; qualche giorno dopo, ci hanno detto che un personaggio da loro accettato
come amico aveva fatto commenti su quelle foto, e aveva chiesto ad una di loro di
vedersi…
In questo caso, il rapporto di fiducia da noi instaurato (ben prima di Facebook) con queste
ragazze ha consentito di poter ragionare con loro sulle minime precauzioni sull’utilizzo di
FB, sull’attenzione che devono mettere quando decidono se accettare o meno un “amico”,
32
Uso il termine “amicizia” in senso assolutamente lato: su Facebook non esistono “contatti”, ma “amici”, di chiunque si tratti. È ben evidente che si tratta di un’accezione molto particolare, deprivata del suo reale significato.
36
e su un minimo di riservatezza che devono conservare. Resta però, in tutta la sua
rilevanza e drammaticità, la questione del proliferare di adesioni a Facebook da parte di
alunni della scuola dell’obbligo; in questo senso, il già citato articolo di Flavia Amabile offre
un panorama davvero disarmante: Cito solo l’esordio dell’articolo:
Tutti pazzi per Facebook, fin dalla quinta elementare se non hai il tuo profilo non sei abbastanza «figo». Se non posti le foto di tutta la tua vita e semmai anche quelle scattate in classe non sei di quelli giusti, capaci di sfidare regole e controlli e di fregarsene con un sonoro «Chissene» come ogni giorno fanno migliaia di ragazzi italiani, tutti beatamente irregolari in un social network che chiede almeno 13 anni di età ma che lascia a chiunque la possibilità di inserire l’età che preferisce e di dire «Chissene». Non è un mondo virtuale, è un mondo fotocopia di quello reale, il trionfo dell’aggiramento delle regole, dell’indifferenza verso ogni forma di avvertimento sui rischi che si corrono, della legge del più forte, della violenza verbale e psicologica33.
5.3 I blog didattici
Anche i blog stanno diventando uno strumento sempre più utilizzato da alunni e docenti,
naturalmente anche (e forse soprattutto) per scopi che esulano dall’ambito didattico (ma
basta effettuare una rapida ricerca inserendo le parole “blog didattico” o simili per rendersi
conto di quante risorse in tal senso siano disponibili in rete). Il blog (contrazione di web
log) ha una trentina d’anni di vita, ma in campo didattico la prima esperienza data al
200134. Da allora questo strumento ha conosciuto una crescita esponenziale di adesioni.
Quali sono le possibilità di un blog in campo didattico? In un convegno svoltosi nel 2004,
Anne Davis, docente alla Georgia State University con un ventennio di esperienza come
insegnante elementare, ha presentato una relazione dal titolo “Weblog: The possibilities
are limitless35”, nella quale così ha sintetizzato le molteplici possibilità offerte (già allora) ai
blog didattici36.
Teachers could develop a classroom blog to.......... post short current events articles to invite students thoughts, reactions,
and possible solutions create a literature circle
33
Flavia Amabile, Io, finta undicenne clandestina su Facebook, da “La Stampa” del 16/05/2012 (consultabile all’indirizzo riportato nella nota 20) 34
Peter Ford, docente alla alla British School of Amsterdam, creò un blog didattico per favorire l’apprendimento linguistico dei suoi alunni, che frequentavano una classe corrispondente alla nostra quinta elementare. L’indirizzo (non più raggiungibile) era http://class6f.manilasites.com/about. 35
«Weblog: le possibilità sono illimitate». 36
http://itc.blogs.com/necc2004/2004/05/what_are_the_po.html. L’elenco presentato dalla professoressa
Davis è lunghissimo: mi limito a citare alcuni degli spunti che ritengo più significativi, rinviando alla lettura completa dell’articolo chi volesse approfondire la questione.
37
foster book discussions in the form of an online book club encourage student writing to demonstrate learning communicate with another classroom react to teacher entries about what they are learning and make
connections to how this learning is relevant for them post quotes and have students write their interpretation and apply it to
something in their life invite one student a day to post a summary of and their reflections on
the day's learning develop new vocabulary by writing about the new word and having
students create sentences or a brief paragraph using new vocabulary enable students to post their ideas for the classroom or school let student write short reviews of books they are enjoying reading
Teachers could create an informational class blog to ...... post a daily/weekly synopsis of the curriculum taught homework assignments a birdseye view of the class for parents honor and celebrate class achievements list class-related information such as calendars, events, homework
assignments and other relevant class information examples of good student work and the teacher's response to it provide a day-by-day description of a specific teaching unit
Teachers could create a reflective, journal type blog to.......... share ideas for teaching activities to use in the classroom share classroom technology management techniques make reflections on each teaching day explore important teaching and learning issues tips for beginning teachers gems of wisdom from the students in their classroom on any number of
ideas how-to's on using specific technology programs in the curriculum a record of a new teaching project with what worked and what didn't37
37
«I docenti potrebbero sviluppare un blog di classe per: postare brevi articoli su eventi attuali per stimolare le opinioni degli studenti, le loro reazioni e possibili soluzioni; creare un circolo letterario; favorire discussioni su libri nella forma di un club del libro on-line; incoraggiare gli studenti a scrivere per mostrare il loro apprendimento; comunicare con un’altra classe; rispondere alle annotazioni degli insegnanti su ciò che stanno imparando e fare collegamenti su come questo apprendimento è rilevante per loro; postare citazioni e far scrivere agli studenti la loro interpretazione e applicarla a qualcosa nella loro vita; invitare uno studente al giorno a pubblicare una sintesi delle sue riflessioni sull'apprendimento del giorno; sviluppare un nuovo vocabolario scrivendo la nuova parola e far creare agli studenti frasi o un breve paragrafo usando il nuovo vocabolario; permettere agli studenti di inviare le loro idee per la classe o la scuola; lasciare che lo studente scrivere brevi recensioni di libri che stanno leggendo con piacere. Gli insegnanti possono creare un blog informativo di classe per: inviare una sinossi giornaliera / settimanale il curriculum d'insegnamento; assegnare dei compiti a casa; una panoramica della classe per i genitori; onorare e celebrare i successi di classe; elenco di classi di informazioni correlate, come calendari, eventi, compiti a casa e altre informazioni relativa classe; esempi di buon lavoro degli studenti e la risposta dell'insegnante ad esso; fornire una descrizione giornaliera di una unità didattica specifica. Gli insegnanti possono creare un blog di riflessioni, tipo diario per: condividere idee per le attività didattiche da utilizzare in classe; condivisione tecniche di gestione della tecnologia in aula; fare riflessioni su ogni giorno di insegnamento; esplorare importanti pubblicazioni su insegnamento e apprendimento; suggerimenti per gli insegnanti principianti; perle di saggezza create dagli studenti nella propria aula, su qualsiasi tipo di idee; procedure sull'utilizzo di programmi tecnologici specifici nel curriculum; registrazione di un nuovo progetto di insegnamento con indicazioni su cosa ha funzionato e cosa no». Ho omesso alcune parti, segnatamente quelle relative alla costruzione di un blog da parte degli stessi studenti, sia per non tediare eccessivamente i lettori, sia perché credo che sarebbe opportuno prima dedicare del tempo a quella che si chiama (con un curioso neologismo) la netiquette, vale a dire il galateo da osservare quando si naviga in rete. Troppi utenti credono che internet sia uno spazio libero sul quale dare
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Credo non si possa aggiungere molto altro alla ricca lista della professoressa Davis.
Personalmente, ho iniziato da pochissimo a tenere il mio blog didattico utilizzando la
piattaforma “Wordpress”; per ora mi sono limitato a pubblicare le indicazioni per i
famigerati compiti delle vacanze. È però una risorsa che mi piacerebbe sviluppare ed
utilizzare maggiormente a partire dal prossimo anno scolastico.
5.4 Gli hard disk virtuali (cloud storage)
Il cloud storage è un’alternativa piuttosto recente alle tradizionali modalità di archiviazione
dei dati: invece di salvarli nell’hard disk del proprio computer, essi possono essere
collocati online, utilizzando i servizi offerti da diversi provider.
Quali i vantaggi di questa
modalità di archiviazione?
Anzitutto, lo spazio remoto su
cui sono collocati i nostri dati
risulta facilmente accessibile, in
qualunque momento e da
qualsiasi postazione; in pratica
come se si avesse una
periferica removibile sempre a
portata di mouse. Ad esempio,
un docente potrebbe collocare
su questo hard disk virtuale il
proprio archivio di file didattici (o almeno quelli maggiormente rilevanti ed utilizzati) e
poterci accedere da scuola, senza la necessità di portarsi appresso il portatile. Secondo
vantaggio è il fatto che alcuni di questi servizi consentono di condividere file con altri
soggetti e sincronizzare facilmente il contenuto di un account con più PC in
contemporanea, generando cartelle locali speculari a quelle presenti in linea. Quando
vengono creati nuovi file o cartelle su uno qualsiasi dei computer che appartengono al
gruppo sincronizzato, in presenza di una connessione internet attiva, automaticamente
viene aggiornata la struttura remota online.
sfogo a qualunque pulsione, anche la più becera: ed ecco insulti, pubblicazione di foto senza autorizzazione e via discorrendo (il già citato articolo di Flavia Amabile offre un’interessante galleria al riguardo): si comportano da troll (termine del gergo informatico che designa appunto tali “buzzurri digitali”). Credo che la scuola abbia già tante cose da fare senza mettersi anche ad insegnare ai ragazzi a creare un loro blog…
Figura 11 – Schema di funzionamento del cloud storage
39
Quali i limiti di questo servizio? Anzitutto le dimensioni massime di stoccaggio dati: i
moderni computer ormai offrono hard disk che possono tranquillamente raggiungere o
addirittura superare un Terabyte; i servizi di cloud storage offrono spazi gratuiti molto più
limitati (paragonabili, in molti casi, a quelli di una normale chiavetta USB), ampliabili sì, ma
a pagamento. La tabella evidenzia le caratteristiche di alcuni dei servizi attualmente
disponibili.
Servizio Spazio gratuito Note
Windows Live Sky drive
25 GB Dimensione massima dei file: 100MB. Possibilità di creare direttamente online file di Office (Word, Excel, Powerpoint e Onenote)
Dropbox 2 GB Di semplice utilizzo. Offre la possibilità di lavorare offline sui documenti archiviati.
Asus Webstorage 2 GB Carica automaticamente sull’hard disk virtuale il lavoro eseguito offline (anche in caso di perdita di connessione, il caricamento riparte in automatico).
Google Drive 5 GB È l’ultimo nato38, che completa la vasta gamma di servizi offerti dalla società di Mountain View. Prezzi appetibili per le espansioni (25 Gb a 2,49 dollari al mese, 100 Gb per 4,99 dollari e 1 Tb per 49,99 dollari)
Apple iCloud 5 GB La musica, le app e i libri acquistati, oltre alle immagini dello Streaming foto, non vengono contati nei 5GB.
Amazon Cloud Drive
5 GB La musica acquistata nell’Amazon mp3 Store non viene calcolata nei 5 GB.
Seconda problematica (di non poco conto, soprattutto nel caso di dati sensibili) è la
sicurezza dei nostri file, che è affidata ai provider stessi (meglio, quindi, scegliere quelli più
affidabili e – in ogni caso – incrociare le dita…).
Quali le possibili applicazioni didattiche? Ad esempio, un docente potrebbe aver bisogno
di ricorrere ad un file del suo archivio per un’attività in classe (magari legata ad una
domanda posta da un alunno): basta avere a disposizione una connessione internet in
classe (integrata con la LIM, ad esempio) ed il gioco è fatto. Oppure, tre docenti di Lettere
che insegnano su classi parallele potrebbero utilizzare l’ora “buca” contemporanea per
38
«Lo storage messo a disposizione da Big G servirà per archiviare una vasta gamma di file; tra pdf, video, documenti e immagini se ne contano circa 30 diversi. Ma il vero valore aggiunto rispetto ai concorrenti è la possibilità di integrare Drive con tutta la miriade di applicazioni sviluppate dal colosso. Gmail, Google Plus e Docs sono solo alcune delle piattaforme che si sposano perfettamente con la nuova piattaforma regalando all’utente Google un’esperienza unica e senza pari. Utilizzando Google Docs all’interno di Drive sarà quindi possibile lavorare contemporaneamente con gli altri colleghi su documenti, fogli elettronici e presentazioni e dopo aver condiviso i contenuti si possono aggiungere commenti sui file ricevendo una notifica a quelli inviati dagli utenti abilitati. Si parla anche della possibilità di estendere le funzionalità di Drive con alcune web app presenti sul Chrome Store tra cui l’invio dei file via fax direttamente dalle pagine di gestione o il lavoro di editing dei video caricati sulla nuvola (Antonino Caffo http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/
tecnologia/grubrica.asp?ID_blog=30&ID_ articolo=10345&ID_sezione=38)».
40
realizzare una prova di verifica comune, oppure pensare ad un’attività didattica simile: con
la connessione internet, ciascuno può accedere al proprio hard disk virtuale e lavorare (ad
esempio) su verifiche già esistenti nel proprio archivio, per modificarle ed adattarle alla
concreta situazione didattica.
5.5 Gli oggetti d’apprendimento (learning objects)
Una piccola premessa linguistica: nelle righe che seguono utilizzerò prevalentemente
termini in lingua italiana, in luogo dei più diffusi – attualmente – vocaboli inglesi, non per
spocchia o preconcetta ostilità nei confronti della “perfida Albione”, ma per il semplice fatto
che la nostra lingua già contiene al suo interno la terminologia necessaria per definire i
concetti che sto per esporre, senza bisogno di ricorrere ad inutili prestiti inglesi, indizio – a
mio avviso – di quella povertà culturale, unita a scarsa coscienza della propria lingua, che
è uno degli elementi caratterizzanti la “cultura” – o sedicente tale – del nostro Paese39.
Detto questo, cosa sono gli oggetti d’apprendimento? SI tratta di risorse per
l’apprendimento digitale (il cosiddetto e-learning) riutilizzabili a piacimento nella pratica
didattica; ad esempio, immagini, video, giochi, simulazioni interattive (da soli oppure
combinati tra di loro) che possono essere impiegati dai docenti per realizzare un’attività
didattica e favorire l’apprendimento. Questi oggetti sono collocati in “depositi” (repository)
da cui il docente li può scaricare per utilizzarli ogni volta che lo ritiene opportuno. Fuori dal
contesto italiano si trovano quantità indescrivibili di siffatti oggetti e di loro depositi; anche
in Italia, soprattutto negli ultimi anni, si stanno diffondendo la produzione e la diffusione di
tali strumenti didattici.
Tra i depositi più interessanti cito solo i seguenti.
1) http://www.iprase.tn.it/iprase/ (Istituto provinciale per la ricerca e la sperimentazione
educativa di Trento): questo sito contiene copiosi ed interessanti giochi didattici per
italiano, matematica, geografia, musica ed educazione motoria. Nel capitolo cinque di
39
Un confronto con la situazione, ad esempio francese o spagnola è – come al solito – deprimente: in quei Paesi (rispetto ai quali non dovremmo provare nessun senso d’inferiorità, almeno in campo culturale, vista la ricca tradizione che potremmo vantare, da Roma in poi) esistono organismi come la Real Academia Española (fondata nel 1715) e l'Académie française (nata nel 1635) che hanno il compito di “vigilare” sulle rispettive lingue, frenando la diffusione di forestierismi non in senso acritico, ma quando essi non sono minimamente giustificati, stante la presenza nelle rispettive lingue di termini assolutamente vivi e largamente utilizzati. In Italia avremmo l’Accademia della Crusca (fondata addirittura nel 1583), ma la sua azione è resa inutile dal fondamentale disinteresse (io impiegherei il termine ignoranza) dell’opinione pubblica (che evidentemente ritiene più “economico” importare a piene mani termini oltre Manica) e dalla colpevole latitanza del potere politico (sul quale è opportuno stendere un pietoso velo). Per restare all’argomento di questo paragrafo, il termine inglese learning objets è tranquillamente tradotto in objetos de aprendizaje in Spagna e objets d’apprentissage in Francia.
41
questo lavoro vengono presentate due attività didattiche (una di geografia ed una di
italiano) realizzata mediante risorse scaricate da questo sito.
2) http://www.eniscuola.net: sito dell’ENI, ricco di risorse didattiche legate all’ambiente e
all’energia.
3) http://web.archive.org/web/20060526103349/http://elearning.utsa.edu/guides/LO-
repositories.htm: sito dell’Università del Texas (Istituzione che, ad esempio, offre
meravigliosi siti tematici dedicati a capolavori letterari come la Commedia di Dante o il
Cantar de mío Cid) che offre un elenco di depositi (con indicazione del Paese in cui
sono collocati) di oggetti d’apprendimento.
4) http://www.vedoque.com/: sito spagnolo ricchissimo di risorse per diverse discipline e
differenti livelli scolastici.
5) http://ares.cnice.mec.es/geografia/inicio.php: sito del Dipartimento regionale della
Navarra del Ministero dell’Educazione spagnolo, contenente un’interessante risorse
per lo studio della geografia (rilievo, clima, settori produttivi), con cartine mute
personalizzabili ed utilizzabili anche da utenti che non conoscono la lingua di
Cervantes.
Per definire l’utilità di tali oggetti, viene spesso usata la metafora del LEGO (chi non
conosce i meravigliosi mattoncini multicolori?), ad indicare che ognuna di queste risorse
costituisce certo un’entità a sé stante, ma che assume significato in unione ad altre unità,
insieme alle quali concorre a dar forma ciò che la nostra creatività (di costruttori in erba o,
fuor di metafora, di docenti) ci spinge a realizzare.
Appare evidente come anche questi strumenti non abbiano alcun valore se vengono
impiegati solo per rendere “accattivante” o “divertente” la lezione. Usando un’altra
metafora, si tratta di molecole che il docente, buon chimico, deve saper impiegare per
costruire un ambiente di apprendimento che sia significativo, che punti ad una reale
acquisizione di conoscenze e/o competenze, non solamente a far rimanere a bocca aperta
la classe. È essenziale, quindi, avere ben chiaro in mente quale obiettivo specifico si vuole
raggiungere, quali mezzi si intendono impiegare per conseguirlo, quali metodologie si
vuole mettere in atto e in che modo si sceglie di verificare che l’obiettivo sia stato centrato.
Il “piacere di apprendere” diventa, in tal modo, una conseguenza di un’attività didattica ben
strutturata, non il suo fine ultimo e – quasi – esclusivo40.
40
Così scrive Giorgio Israel, sul Messaggero del 2 aprile 2012: «È un atteggiamento da tempo diffuso: la scuola deve risolvere i problemi e non porli, garantire il successo formativo, la serenità dei ragazzi, deve essere un servizio per la famiglia giocoso e di intrattenimento. È una veduta che converge con quella di certa pedagogia secondo cui lo studio va ridotto a un’attività ludica. […] Anche un fautore dei “metodi attivi” come Lucio Lombardo Radice metteva in guardia contro l’idea di “una scuola in cui è sempre domenica”,
42
Rimando al capitolo quinto per l’esposizione di una paio di attività didattiche realizzabili
con gli oggetti d’apprendimento.
5.6 Una postilla: il Web 3.0 (e 4.0)
Come tutti ben sappiamo, la tecnologia corre calzando ai piedi gli stivali dalle sette leghe;
ciò che oggi appare fantascientifico, domani potrebbe essere già realtà, per passare nel
novero degli oggetti d’antiquariato nel giro di poco tempo. Anche il Web 2.0, novità del
primo decennio di questo secolo, appare già datato: negli ultimi anni è cresciuta la
riflessione su un’ulteriore evoluzione (chiamata, ovviamente, “Web 3.0”) e su un ulteriore
sviluppo (il “Web 4.0”).
Figura 12 - Dal PC a Web 4.0
Si tratta di una materia ancora magmatica, piena di zone d’ombra, sulla quale neppure gli
esperti si trovano concordi; detto in maniera estremamente sintetica, secondo alcuni è la
strada che porta all’Intelligenza Artificiale, ad un computer autonomamente dialogante con
l’utente e autonomamente interrogante il Web stesso. Senza addentrarci troppo entro
scenari per certi versi inquietanti, il Web 3.0 è il cosiddetto “Web semantico”: le tecnologie
ridotta “a escursione, esercitazione, libera ricerca, lettura occasionale” a scapito di “un momento non eliminabile, per un solido sviluppo intellettuale in una direzione quale che sia, per la acquisizione di un permanente patrimonio culturale comunque configurato: lo studio-lavoro, la lettura-riflessione, lo sforzo di comprensione tenace, l’applicazione disciplinata, organica, paziente, la faticosa organizzazione della propria mente e del proprio sapere”».
43
Web diventano capaci di contribuire alla costruzione e alla condivisione della conoscenza,
mettendo in connessione i contenuti presenti in rete attraverso ricerche e analisi
automatiche basate sul significato; per tradurre in parole povere, una ricerca effettuata nel
Web 3.0 non andrebbe svolta come si fa ora (immettendo singole parole o frasi nella
casella di ricerca dei vari motori), ma ponendo direttamente al Web una domanda in
linguaggio naturale (come ad esempio “Dove trovo una cartina muta dell’Italia?”).
Se il Web 3.0 punta a mettere in connessione tra loro i contenuti, suo “figlio”, il Web 4,0,
aspira a mettere in connessione le persone, in base alle attività che stanno svolgendo, al
fine di istituire una più profonda ed efficace collaborazione per raggiungere insieme scopi
condivisi; è la possibilità (miraggio? prospettiva? condanna?) dell’essere online sempre e
dovunque, sfruttando le tecnologie senza fili. Ubiquity, identity, connection è la tripletta di
termini proposta da Seth Godin in questo post del 2007 per definire il Web 4.0
(http://sethgodin.typepad.com/seths_blog/2007/01/web4.html). Così la spiega l’autore:
We need ubiquity to build Web4, because it is about activity, not just data, and most human activity takes place offline. We need identity to build Web4, because the deliverable is based on who you are and what you do and what you need. And we need connection to build Web4, because you're nothing without the rest of us41.
Poco più sotto, lo stesso autore presenta una serie di esempi su come dovrebbe
funzionare questo ulteriore stadio del Web:
1) I'm typing an e-mail to someone, and we're brainstorming about doing a business development deal with Apple. A little window pops up and lets me know that David over in our Tucson office is already having a similar conversation with Apple and perhaps we should coordinate. 2) I'm booked on a flight from Toledo to Seattle. It's cancelled. My phone knows that I'm on the flight, knows that it's cancelled and knows what flights I should consider instead. It uses semantic data but it also has permission to interrupt me and tell me about it. Much more important, it knows what my colleagues are doing in response to this event and tells me. 'Follow me' gets a lot easier. 3) Google watches what I search. It watches what other people like me search. Every day, it shows me things I ought to be searching for that I'm not. And it introduces me to people who are searching for what I'm searching for. 4) I'm late for a dinner. My GPS phone knows this (because it has my calendar, my location, and the traffic status). So, it tells me, and then it alerts the people who are waiting for me. 5) I visit a blog for the first time. My browser knows what sort of stories I am interested
41
Abbiamo bisogno di “ubiquità” per costruire il Web 4.0, poiché esso riguarda l’attività, non solamente I
data, e la maggioranza delle attività umane si svolge offline. Abbiamo bisogno di “identità” per costruire il Web 4.0, poiché tutto ciò che può essere “consegnato” è basato su ciò che siamo, su ciò che facciamo e su ciò di cui abbiamo bisogno. Ed abbiamo bisogno di “connessione” per costruire il Web 4.0, perché non siamo nulla senza gli altri
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in and shows me highlights of the new blog based on that history. 6) I'm about to buy something from a vendor (in a store with a smart card or online). At the last minute, Web4 jumps in and asks if I want it cheaper, or if I want it from a vendor with a better reputation42.
Un copione, quindi, ancora tutto da scrivere, del quale si conoscono solo i contorni
essenziali, ma certo portatore di una vera e propria rivoluzione nel nostro rapporto con le
nuove tecnologie. Un’occasione per potenziare le relazioni, come credono gli entusiasti di
questa prospettiva, o un alibi per disancorarci sempre di più dalla realtà vera e confinarci
nella gabbia (dorata finché si vuole) della virtualità?
Ragionando per puro piacere di immaginare, quali prospettive didattiche potrebbero
dispiegarsi grazie al Web 3.0 e 4.0? Non essendo assolutamente un esperto in questo
campo, mi verrebbe da dire che le ricerche di materiale in rete potrebbero diventare più “a
misura d’uomo”, più agevoli da realizzare (anche direttamente in classe), più rispondenti a
ciò che vogliamo veramente trovare (attualmente, ogni volta che si effettua una ricerca su
qualunque motore compaiono milioni di risultati, molti dei quali non hanno nulla a che fare
con ciò di cui davvero abbiamo bisogno e ci fanno solo perdere tempo prezioso).
Prevedibilmente, il Web 4.0 potrebbe rendere ancora più mirate e precise le ricerche e
potenziare la relazione del docente e della classe con gli strumenti tecnologici a
disposizione. Ad esempio, sto spiegando una poesia di Federico García Lorca con la LIM,
la quale immediatamente mi segnala che sarebbe disponibile un approfondimento online
su questo testo in lingua spagnola (la LIM scarta i materiali in lingua tedesca perché sa
che io non conosco questa lingua). E fermiamoci qui prima di lanciarci in voli pindarici
prematuri.
42
«1) Sto scrivendo una email a qualcuno, e stiamo avendo uno scambio di idee su un possibile accordo di business development con Apple. Si apre una piccola finestra, che mi informa che anche David, nel nostro ufficio di Tucson, h in corso una conversazione simile con la Apple and forse potremmo coordinare il tutto. 2) Ho prenotato un posto su un volo da Toledo a Seattle. Il volo viene cancellato. Il mio telefono sa che dovrei essere su quel volo, sa che è stato cancellato e sa pure quali voli sostitutivi potrei prendere in considerazione. Usa dati semantici, ma ha anche il permesso di interrompermi e comunicarmi il tutto. Fatto molto più importante, sa cosa i miei colleghi stanno facendo per far fronte a tale situazione e me lo comunica. Diventa molto più semplice essere raggiungibile ovunque. 3) Google osserva quello che sto cercando. Osserva anche ciò che alter persone come me cercano. Ogni giorno, mi mostra ciò che dovrei cercare e non ho ancora cercato. E mi fa conoscere persone che stanno cercando le stesse cose che sto cercando io. 4) Sono in ritardo per la cena. Il mio telefono GPS lo sa (ha il mio calendario, conosce la mia posizione e le condizioni del traffico). Pertanto, me lo comunica e avverte le persone che mi stanno aspettando. 5) Visito un blog per la prima volta. Il mio browser conosce quale genere di stories mi interessano e mi mostra highlights of the new blog based on that history. 6) Sto per acquistare qualcosa da un venditore (in un negozio dotato di lettore di smart card oppure online). All’ultimo momento, il Web4 mi interrompe e mi domanda se voglio quell’oggetto a minor prezzo oppure desidero comprarlo da un venditore con una reputazione migliore».
45
Capitolo sesto
Esempi di didattica con l’ausilio delle TIC
In questa sezione, proporrò alcuni esempi concreti di utilizzo didattico delle tecnologie
presentate nei quattro capitolo precedenti. Trattandosi di materiale in parte realizzato con
applicazioni diverse da Microsoft Word (ad esempio Powerpoint, ActiveInspire, Smart
Notebook), di file immagine, di file audio, rimando al DVD allegato per la visione completa
di tutta la documentazione.
Esempio 1
Utilizzo di una LIM e di un testo sfogliabile: l’analisi di un testo narrativo
(individuazione di personaggi, caratteristiche del testo, divisione in sequenze).
Dopo aver sinteticamente affrontato in classe (sempre mediante la LIM ed il libro
sfogliabile) le caratteristiche essenziali del romanzo/racconto fantasy, siamo passati alla
lettura di alcuni brani particolarmente significativi; il primo di essi è quello di cui si riporta
sotto l’inizio.
46
I riquadri colorati e le sottolineature del medesimo colore indicano i personaggi e le loro
caratteristiche.
I riquadri neri indicano le sequenze (con relativo numero progressivo nei riquadri a sfondo
rosso).
Le sottolineature di colore rosa indicano elementi caratteristici del genere fantasy (la
magia, i personaggi fantastici).
Tutto quanto osservato sopra (e messo in evidenza nell’immagine) è stato colto
direttamente dalla classe: io ho funto da “scrivano” di quanto i ragazzi hanno osservato.
Chi aveva un’idea, alzando la mano, la esponeva, sottoponendola al “giudizio” anzitutto
dei compagni (che potevano proporre correzioni e/o integrazioni oppure “approvare”
l’idea).
In particolare, per quanto concerne le famigerate sequenze, sono inizialmente sorte delle
discussioni: i ragazzi proponevano suddivisioni diverse, cercando di spiegare anche il
perché della loro scelta. Tutto questo tempo non è stato sprecato, ma è servito per far
riflettere sul fatto che la suddivisione in sequenze non è un fine, ma un mezzo per
raggiungere un obiettivo più alto: la comprensione del testo e la costruzione del riassunto.
Questo lavoro, incidentalmente ma non troppo, è stato anche l’occasione per un “ripasso”
sul metodo di studio, un suggerimento alla classe su come poteva essere affrontato
qualunque testo antologico (già a partire dalla spiegazione in classe, successivamente nel
lavoro “domestico”).
Esempio 2
Utilizzo di una LIM e di un testo sfogliabile: costruire il metodo di studio
Questa lezione si è tenuta ad inizio secondo quadrimestre (precisamente, il 17 febbraio
2012): oltre che affrontare l’argomento in oggetto (la climatologia, le caratteristiche del
tempo e del clima, i fattori e gli elementi costitutivi…) è stata l’occasione, ovviamente, non
per impostare il metodo di studio, ma per un ripasso/rinforzo di quanto era stato affrontato
ad inizio anno (vedasi appena sotto l’esempio 2/bis).
A differenza di altri anni (in cui fornivo alle mie classi una fotocopia riportante, in
particolare, i principali fattori ed elementi del clima, argomento spesso e volentieri trattato
in modo piuttosto cursorio dai testi), quest’anno ho utilizzato una presentazione di
Powerpoint (allegata nel DVD) ed il testo sfogliabile (che era già piuttosto ricco di
indicazioni).
47
Come si evince dall’immagine, le mie sottolineature volevano mettere in evidenza i punti
nodali della lezione, aiutando (grazie all’estrema icasticità dell’immagine) gli alunni a
costruirsi uno schema dei concetti imprescindibili presenti in questa pagina.
Le aggiunte “a penna” riguardano fattori ed elementi che sono stati presentati grazie alla
presentazione “Climi e biomi” contenuta nel DVD allegato.
Esempio 2/bis
Lavoro sul metodo di studio compiuto senza l’ausilio di un testo sfogliabile.
Riporto il lavoro svolto sul testo di Storia attualmente in uso nella nostra scuola (che, come
già accennato, risulta assolutamente insufficiente nella dotazione di materiali “2.0”): il
lavoro riportato sotto è stato effettuato ad inizio anno scolastico, nella Prima A di
Missaglia. Durante una delle prime lezioni di storia, ho utilizzato il testo per impostare un
primo lavoro sul metodo di studio. Non avendo a disposizione la versione sfogliabile, ho
dovuto preparare il lavoro a casa, il che mi ha richiesto una serie di operazioni:
1) acquisizione della pagina del testo cartaceo mediante scanner;
2) ritaglio del paragrafo in esame mediante Microsoft Office Picture Manger;
48
3) cinque diverse operazione di sottolineatura mediante il programma The Gimp.
Tutto questo si è tradotto in un’oretta buona di lavoro a casa, oltre al tempo dedicato in
classe: se il testo fosse stato dotato della versione sfogliabile, il lavoro in classe sarebbe
stato compiuto nel medesimo tempo, ma il lavoro a casa sarebbe stato molto più limitato.
1
2
3
4
5
6
49
Esempio 2/ter
Lavoro sul metodo di studio compiuto utilizzando il software Notebook
Il lavoro che qui presento è stato da me effettivamente realizzato nell’anno scolastico
2009/2010, nella classe Prima A della Scuola secondaria di I grado “Karol Woytjla” di
Bosisio Parini. Il testo in adozione non aveva la versione sfogliabile, ma in classe c’era
una LIM Smart; pertanto, ho preparato a casa due file Notebook43 (passando allo scanner
due paragrafi del libro di testo ed utilizzando le immagini così acquisite in maniera analoga
all’esempio 2/bis), che ho poi proiettato in classe nei primi giorni di scuola. In questo caso,
ho utilizzato la funzione “tendina” di Notebook, che consente di oscurare una parte dello
schermo e di aprirla (come se si stessero aprendo le tende del soggiorno) gradualmente.
Ecco come si presenta la pagina all’apertura: la zona grigia in alto è quella coperta dalla
“tendina”.
Ecco invece come appare la medesima pagina, dopo che la “tendina” è stata sollevata
(naturalmente, prima era stato letto il testo e gli alunni avevano proposto le loro ipotesi di
sottolineatura; non posso documentare questo lavoro perché non ho provveduto a
salvarlo):
43
Nel DVD si trova uno dei due file, dal nome “Metodo di studio Bosisio”.
50
Esempio 3
Utilizzo di una LIM, di un software LIM e di un testo sfogliabile (o di una carta
geografica in formato digitale): lavorare su una carta geografica muta, individuando
su di essa elementi come città, fiumi, laghi, rilievi…
È possibile lavorare contemporaneamente col DVD del libro sfogliabile e col programma in
uso sulla LIM (Notebook o Active Inspire). Si apre il DVD, ci si posiziona sulla pagina
desiderata, si apre il programma LIM e si può così lavorare sopra la cartina (che diventa
come un foglio da disegno).
Sono possibili diverse attività, ad esempio:
1) lavorare direttamente in classe con la cartina “vergine”, per indicare su di essa i fiumi
durante la spiegazione o il ripasso;
2) mandare alla LIM gli alunni e chiedere loro (in sede di verifica orale o di ripasso) di
individuare su di essa i fiumi, indicandone la posizione col pennarello;
3) (è la tipologia di attività che qui presento) preparare a casa (in questo caso di
Notebook) un file interattivo ricavato dal testo sfogliabile, che all’apertura del
programma si presenti in questo modo (nell’immagine si nota la finestra del programma
Notebook):
51
L’alunno può trascinare i nomi dei fiumi nella posizione corretta accanto alla freccia,
utilizzando il penarello o (più semplicemente) il dito. Così si presenta l’attività una volta
conclusa:
La scelta di impiegare la medesima cartina del libro di testo (invece che una diversa,
magari trovata su internet) può essere utile per mettere più a loro agio gli alunni, almeno
52
nella prima esercitazione con cui si cimentano; si può prevedere una serie di ripassi come
questo, utilizzando successivamente immagini differenti, per favorire il passaggio “dalla
conoscenza alla competenza”.
Esempio 4
Costruire una mappa concettuale partendo da un testo
Faccio riferimento al testo di geografia in adozione nella classe Seconda A. Il lavoro non è
stato effettivamente svolto in classe, ma potrebbe essere tranquillamente realizzato.
L’attività potrebbe partire proiettando alla LIM la pagina del testo (se esso è sfogliabile)
oppure una versione PDF realizzata dal docente oppure (come in questo caso) scaricata
dal sito dedicato al libro. Mentre il docente spiega, sottolinea le parole-chiave ed aggiunge
eventuali concetti che ritiene essenziali (come presentato nell’esempio 2). Si passa poi
alla realizzazione della mappa concettuale: essa potrebbe essere stata già preparata a
casa dallo stesso docente, oppure potrebbe essere costruita “in diretta” dai ragazzi (che
potrebbero andare alla LIM e proporre la loro mappa).
Questo tipo di attività può incrementare la comprensione del testo e favorire la costruzione
di un metodo di studio efficace; essa è inoltre funzionale a favorire il successo formativo
degli alunni che manifestano difficoltà di apprendimento (DA, DSA o non certificati).
Ecco come potrebbe presentarsi la mappa concettuale di questa pagina (potrebbe essere
realizzata in classe utilizzando programmi come C-map o Compendium):
53
Esempio 5
Spiegare con la LIM: utilizzo di una presentazione.
Le presentazioni di Powerpoint sono uno strumento da me utilizzato da molti anni, da
quando nella scuola in cui allora insegnavo (Molteno) venne acquistato un videoproiettore
(era l’anno scolastico 2004/2005, se non ricordo male). Da allora, ho realizzato decine di
presentazioni didattiche; anche i miei alunni hanno realizzato materiale di questo genere
(ad esempio per svolgere una relazione su un qualche argomento, come una regione
italiana, oppure da utilizzare come argomento a scelta e/o mappa concettuale per l’Esame
di Stato).
Le presentazioni de me realizzate hanno avuto forme e lunghezze diverse; nel DVD
allegato ho inserito le seguenti tipologie.
1) Presentazione di argomento grammaticale, realizzata l’anno scorso per illustrare (in
modo schematico) le proposizioni avverbiali (in particolare causali, finali, consecutive e
concessive).
54
2) Presentazione sulla vita nelle trincee della Prima Guerra Mondiale realizzata nel 2005
e successivamente modificata ed impiegata in diverse occasioni (ultima delle quali il
Laboratorio multimediale per la classe Terza A di Missaglia durante il corrente anno
scolastico).
3) Presentazione di argomento storico, legata al programma di quest’anno (la Rinascita
dell’anno Mille), utilizzata nella Prima A di Missaglia.
4) Serie di presentazioni di geografia sulla Spagna, utilizzate nella Seconda A di
Missaglia.
5) Un esempio di presentazione non lineare, vale a dire un testo che funzioni secondo la
logica dei siti internet, in cui non si naviga ordinatamente dalla pagina 1 alla pagina n,
ma in maniera libera, utilizzando i collegamenti ipertestuali presenti sulle diverse
pagine; presento un lavoro di Geografia sulla demografia compiuto nel Ii quadrimestre
in Prima A.
6) Presentazione utilizzata ad inizio anno scolastico in Prima A, nel corso di
un’esercitazione di Geografia sulle carte geografiche, per svolgere un ripasso delle
nozioni teoriche affrontate precedentemente.
7) Presentazione di Antologia sul romanzo e racconto giallo (utilizzata in Seconda A), per
organizzare i concetti fondamentali ed aiutare la comprensione in classe e lo studio a
casa.
8) Presentazione di Letteratura su Andreuccio da Perugia (Seconda A), che presenta le
caratteristiche essenziali della struttura della novella e del sistema dei personaggi e
delle forze in essa operanti.
9) Presentazione utilizzata per accompagnare la lettura/analisi di un testo antologico, per
sottolineare (sfruttando il potere evocativo delle immagini) i punti salienti del testo.
10) Due presentazioni di educazione alla convivenza civile e alla cittadinanza: riporto il file
utilizzato quest’anno, in occasione della giornata della memoria (ho scelto di utilizzare
una presentazione di Powerpoint per riflettere – in modo un po’ diverso dal solito –
sulla tragedia dell’Olocausto: mi sono soffermato sulla vicenda di un grandissimo
giocatore/allenatore del passato, Árpád Weisz) ed un contributo ispirato al fortunato
volume di Gianantonio Stella L’orda. Quando gli albanesi eravamo noi.
11) Presentazione sostitutiva di un testo fotocopiato; allego alcune diapositive utilizzate per
integrare il testo di Storia nella presentazione dell’Italia post-unitaria e dei suoi gravi
problemi (le schede sono tratte dal volume Il presente della storia di G. Giovannetti e
G. de Vecchi).
55
12) Presentazione per mettere in evidenza gli errori più significativi compiuti dagli alunni in
un tema e per suggerire proposte di correzione.
Esempio 6
Grammatica con la LIM: analisi logica di una frase.
Da questo punto di vista, l’uso della LIM apparentemente sembra non distaccarsi molto da
quanto potrebbe essere realizzato con una lavagna “tradizionale”; anche noi, quando
sedevamo “dall’altra parte della cattedra”, abbiamo sperimentato in varie occasioni
l’ebbrezza di dover scrivere una frase alla lavagna ed individuarne gli elementi costitutivi.
In realtà, la LIM consente una maggior dinamicità dell’esercizio: anzitutto possono essere
usati colori diversi per mettere in evidenza le differenti funzioni logiche (ad esempio: il
soggetto in verde, il PV in rosso, il PN in blu, il complemento oggetto in giallo e così via).
Avendo a disposizione un documento di testo contenente un certo numero di frasi, ci si
risparmia il disturbo di doverle riscrivere e si può così avere più tempo a disposizione per
l’esercizio vero e proprio (il che fa crescere il numero delle frasi analizzabili). Inoltre, si
evitano le questioni relative alla calligrafia (o presunta tale) di chi è alla lavagna (docente
compreso), migliorando la visibilità del testo per tutta la classe.
Questo tipo di esercizio è stato da me utilizzato una miriade di volte, non solo durante
quest’anno scolastico; riporto qui un esempio a mero titolo esemplificativo.
Pierre è a Damasco da due anni e ritornerà in patria l’anno prossimo.
Pierre Soggetto
è Predicato verbale
a Damasco Complemento di stato in luogo
da due anni Complemento di tempo continuato + Attributo
e ritornerà Predicato verbale
in patria Complemento di moto a luogo
l’anno prossimo. Complemento di tempo determinato + Attributo
L’alunno alla lavagna indica (secondo la modalità che preferisce: evidenziando coi colori,
sottolineando, indicando con la penna…) i diversi elementi della frase; i compagni al posto
fanno lo stesso (mentalmente o sul quaderno) e possono eventualmente proporre
interpretazioni alternative.
56
Il medesimo metodo è da me impiegato ogni volta che deve essere introdotto un nuovo
argomento grammaticale: gli esempi alla lavagna vengono presentati, a volte, anche
utilizzando la penna e scrivendo “a mano” (naturalmente, il sottoscritto cerca di scrivere
nel miglior modo possibile… Impresa non agevole, visto la pessima grafia che mi
ritrovo…).
Esempio 7
Analizzare un brano letterario ed una canzone ad esso ispirata.
Come è noto, vari testi letterari hanno offerto lo spunto a cantanti e cantautori (italiani e
non) per comporre una canzone ad esse ispirata. Gli esempi sarebbero centinaia: mi limito
qui ad indicare alcuni dei testi letterari che hanno avuto “riletture” in musica (con relativa
analisi in classe).
Testo letterario Canzone / LP
Il personaggio di Ulisse (Omero, Odissea;
Dante, Inferno XXVI; Saba, Ulisse; P. Levi,
l’episodio del “canto di Ulisse” in Se questo
è un uomo; Pascoli, Calypso…)
F. Guccini, Odysseus
L. Dalla, Itaca
E. Ruggeri, Ulisse
L’album Ulisse della PFM
E. L. Masters, Antologia di Spoon River L’album di F. De Andrè Non al denaro, non
all'amore né al cielo …
C. Angiolieri, S’i’ fosse foco F. De Andrè, S’io fossi foco
S. Francesco d’Assisi, Laudes creaturarum
A. Branduardi, Cantico delle creature
Donovan/C. Baglioni, Fratello Sole, sorella
Luna
Lorenzo de’ Medici, Il trionfo di Bacco e
Arianna A. Branduardi, Il trionfo di Bacco e Arianna
J. Prévert, Les enfants qui s’aiment Y. Montand, Les enfants qui s’aiment
L . Carboni, I ragazzi che si amano
In particolare, mi soffermerò sull’ultimo elemento, la lirica di Prévert e le sue “riletture” in
musica.
Il lavoro è stato svolto in questo modo:
1) Lettura sinottica del testo in francese e della traduzione riportata dall’antologia.
2) Messa in evidenza delle più rilevanti differenze della versione italiana dall’originale.
3) Ascolto della versione musicale di Y. Montand e succinta analisi.
57
4) Ascolto della versione di Luca Carboni e confronto con la lirica di Prévert.
5) Individuazione del messaggio della lirica, dei principali artifici poetici ed
analisi/interpretazione delle espressioni più significative.
Tutte le diverse fasi del lavoro sono state svolte dai ragazzi: chiunque avesse un
contributo da offrire alla classe alzava la mano; un’alunna alla LIM metteva in evidenza le
espressioni analizzate.
L’esito del lavoro è stato il seguente (per esigenze di impaginazione mostro prima la
canzone di Carboni):
I ragazzi che si amano, Luca Carboni I ragazzi che si amano
davanti allo specchio
si stanno facendo belli
lo puoi capire anche ascoltando
i programmi a dedica a richiesta
sulle radio private
I ragazzi che si amano
non hanno tempo
e non ci sono per nessuno
la vita è cambiata
c'è una nuova energia
che fa diventare importanti
anche le sciocchezze
si stanno amando, amando, amando,
amando, amando, amando,
stanno imitando l'amore
I ragazzi che si amano
si stanno baciando
sui pianerottoli della notte
e gesti un poco goffi
prima di toccare la confidenza
I ragazzi che si amano
si stanno spogliando
negli abitacoli della notte
brividi e voglia
e rumori nella pancia
e parole ascoltandosi la voce
Ci stiamo amando…
stiamo imitando l'amore
ci stiamo amando…
stiamo inventando l'amore
ci stiamo amando…
ma che sapore hai?
amando, amando, amando
amando, amando, amando
Les enfants qui s'aiment s'embrassent debout
Contre les portes de la nuit
Et les passants qui passent les désignent du doigt
Mais les enfants qui s'aiment
Ne sont là pour personne
I ragazzi che si amano si baciano
In piedi contro le porte della notte
I passanti che passano li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
58
Et c'est seulement leur ombre
Qui tremble dans la nuit
Excitant la rage des passants
Leur rage leur mépris leurs rires et leur envie
Les enfants qui s'aiment ne sont là pour personne
Ils sont ailleurs bien plus loin que la nuit
Bien plus haut que le jour
Dans l'éblouissante clarté de leur premier amour
E se qualcosa trema nella notte
Non sono loro ma la loro ombra
Per far rabbia ai passanti
Per far rabbia disprezzo invidia riso
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Sono altrove lontano più lontano della notte
Più in alto del giorno
Nella luce accecante del loro primo amore
Le espressioni evidenziate in giallo mettono in risalto le principali differenze tra il testo
originale di Prévert e la versione italiana riportata nell’antologia; tutte tali differenze sono
state individuate dalla classe (il mio contributo è stato quello di fornire una prima versione
“letterale” del testo francese per quelle espressioni che gli alunni trovavano difficili da
comprendere). In particolare, la classe ha messo in evidenza la differenza rilevante tra
l’espressione excitant la rage e la traduzione (assolutamente poco fedele, direi fuorviante)
per fare rabbia, che sembra quasi sottintendere un esplicito desiderio di “creare scandalo”,
mentre l’originale si limita ad osservare come la rabbia e gli altri sentimenti dei passanti
sono un effetto – preterintenzionale – di questo bacio “pubblico”.
È balzata immediatamente agli occhi della classe l’assenza di punteggiatura: i ragazzi, in
parte col mio aiuto, sono riusciti a cogliere come questa scelta di fatto lascia libertà al
lettore di interpretare in modo personale la lirica, di farla “propria”.
Per quanto concerne, poi, le due riletture in musica, gli alunni sono stati in grado di
riconoscere la perfetta aderenza del testo di Y. Montand alla lirica di Prévert; oltre a ciò,
hanno rilevato la struttura musicale del brano (non la classica successione strofa-
ritornello-strofa-ritornello…, ma qualcosa di più “libero”). Un alunno ha osservato come il
modo di cantare dell’autore gli sembrasse quasi “lirico”. Analogamente, la classe ha
individuato subito l’estrema libertà del testo di Luca Carboni (solo le espressioni
evidenziate in azzurro sono state desunte dalla lirica di Prévert), oltre alla canonica
alternanza di strofa e ritornello. In quest’ultimo brano, gli alunni hanno anche messo in
rilievo come – rispetto alla forza maggiormente evocativa (decisamente più poetica) della
lirica – il testo del cantautore bolognese è estremamente esplicito, perfino banale (le
espressioni evidenziate in verde rappresentano una sorta di variazione dell’espressione
Contre les portes de la nuit, ben più suggestiva).
Infine, i ragazzi hanno colto il significato della lirica, il messaggio dell’autore: l’amore come
un’esperienza totalizzante, che porta gli innamorati ad essere totalmente altrove rispetto a
59
tutto e a tutti, a volare alto sopra i commenti, le invidie, le paure della gente. Ci siamo
soffermati anche sull’espressione – a mio avviso – più poetica della lirica, le già citate
portes de la nuit: qui, dopo una breve discussione ed alcune riflessioni “ad alta voce”, i
ragazzi sono giunti a cogliere il senso metaforico delle parole (le “porte della notte”
sarebbero il tramonto, che prelude alla notte). Curiosamente (e, a mio modo di vedere,
fortunatamente), nessuno ha colto il significato oltremodo banale offerto dal testo
antologico: le porte della notte come i portoni al riparo dei quali i ragazzi, di notte, si
baciano.
Qual è stato il “valore aggiunto” garantito dalla LIM? Anzitutto la possibilità di gestire
mediante un unico strumento testi e musica, di poter passare rapidamente da una finestra
all’altra in modo rapido, senza quei tempi morti che fatalmente finiscono per far cadere la
tensione attentiva; inoltre, la possibilità di visualizzare immediatamente quanto viene detto,
mediante lo strumento evidenziatore di Word; in terzo luogo, la possibilità di giungere
all’analisi della poesia e a metterne in evidenza il messaggio evitando la canonica lezione
frontale, dimostrando ai ragazzi (che in queste settimane stanno vivendo un momento di
difficoltà a livello didattico) che erano in grado di tirare fuori le loro capacità, di realizzare
qualcosa di significativo; insomma, che erano molto meglio di quanto non avessero sinora
dimostrato. Il mio ruolo è stato quello di “vigile”, che assegnava la parola a turno e cercava
di evitare che il lavoro si trasformasse in uno starnazzare insignificante.
Esempio 8
Analisi di una canzone legata ad un argomento di Storia
L’esempio che presento nel DVD riguarda il testo di una canzone che ho intenzione di
analizzare nel corso del prossimo anno scolastico con la futura Terza A: si tratta di Al
bando vencido, un meraviglioso brano di uno dei miei cantautori preferiti, Ismael Serrano
(che ho conosciuto personalmente al termine di un suo concerto a Madrid nel maggio
2009). La canzone è una riflessione – vibrante ed insieme amara – sul dovere della
memoria, sull’imperativo morale di ricordare ciò che è stata la Guerra civile,
sull’impossibilità di tacere per un malinteso senso di pietà (come ricorda lo storico italiano
Sergio Luzzatto44 «quel che conta non è l’eguaglianza nella morte, ma la disuguaglianza
nella vita»; chi lottò per la libertà non può essere paragonato a chi scelse di stare dalla
parte della dittatura di Franco, alleato di Hitler e Mussolini).
44
Sergio Luzzatto, La crisi dell’antifascismo, Torino, Einaudi, 2004
60
Il testo è in spagnolo, ma viene presentata la traduzione in italiano (su cui mi baserò per
l’analisi del brano).
Esempio 9
Podcast didattico di Letteratura: analisi de L’infinito di Giacomo Leopardi.
L’esempio (che naturalmente non può essere riportato qui, ma si trova nel DVD allegato) è
frutto di un’esercitazione da me svolta durante la mia frequenza al DOL negli anni
scolastici 2006/2007 e 2007/2008. Per quanto si sia trattato di un’esercitazione, questi file
hanno comunque avuto un utilizzo didattico durante il passato anno scolastico: sono stati
infatti messi a disposizione dei miei alunni e condivisi mediante MSN.
Esempio 10
Fare geografia utilizzando un oggetto di apprendimento (learning object)
Un oggetto di apprendimento è una risorsa digitale utilizzabile a supporto
dell’insegnamento/apprendimento. Tecnicamente, questi oggetti sono alloggiati in un
“deposito” (chiamato spesso e volentieri, in ossequio alla deprimente esterofilia tipica di
molti Italiani, repository) da cui possono essere scaricati ed impiegati nella didattica.
Riporto – a mo’ di esempio di un utilizzo didattico di tali oggetti digitali – un estratto dalla
relazione da me realizzata durante il corso di formazione per neo-assunti, tenuto dal Prof.
Antonio Panizza.
Per la strutturazione dell’attività ho impiegato una risorsa che si trova sul sito
http://www.iprase.tn.it/iprase/, nella sezione dedicata alla geografia. Si tratta di un gioco
didattico, “Agenzia viaggi Europa”, scaricabile gratuitamente dal sito in due versioni (una
integrata nel browser e l’altra utilizzabile in ambiente Windows). Una volta scaricato e
“spacchettato” il file compresso, si accede (con un paio di clic) a questa schermata:
61
Si selezionano i due livelli e si inizia il gioco didattico. Sono presenti diverse schermate,
che si caricano in modo casuale ogni volta che si sceglie di iniziare un nuovo gioco. Ecco
un esempio:
Gli elementi geografici sono divisi in sette categorie; alcuni hanno a che fare con la
regione in oggetto, altri non c’entrano nulla. Se un elemento appartiene alla regione
(nell’esempio, i Monti Cantabrici), si clicca sopra di esso e, tenendo premuto il tasto destro
del mouse, lo si trascina entro la pagina virtuale a sinistra; se un elemento è estraneo alla
regione indicata (nell’esempio, la città di Oslo); lo si trascina nell’area in alto a destra. Alla
fine, se si è raggiunto un determinato punteggio, si vince un biglietto aereo (virtuale,
naturalmente) per la regione studiata.
62
Quale l’utilità di tale risorsa? Ad esempio alla conclusione dell’anno scolastico, dopo aver
affrontato le diverse Unità di apprendimento proposte dal testo di geografia: orografia,
idrografia, città.
Quale l’obiettivo che mi prefiggo? Valutare, a distanza anche di alcuni mesi da quando gli
alunni hanno affrontato lo studio delle Unità, quanto è rimasto impresso nella loro
63
memoria; quanto, cioè, è divenuto un reale patrimonio della loro “cultura”, radicato in
profondità e non spazzato via dal fluire temporale.
L’attività serve anche a me per verificare quanto può avere inciso la mia azione didattica,
quanto realmente ha contribuito a far sì che i concetti visti in classe diventassero uno
κτῆμα ἐς αἰεί (Ktêma es aiéi, possesso per sempre).
Il lavoro può essere svolto secondo due modalità:
1) In classe, utilizzando la LIM; a turno, ciascun ragazzo accede alla lavagna e si cimenta
col gioco; questa modalità la preferisco se l’attività ha un mero valore di ripasso, di
verifica formativa, auto valutativa; preferirei evitare di utilizzarlo per una vera e propria
verifica sommativa, per evitare l’effetto “stadio” nella classe (commenti, risatine,
suggerimenti e quant’altro).
2) In aula informatica: ciascun alunno si trova davanti al “proprio” computer e si cimenta
col gioco (naturalmente, ho disattivato il collegamento internet, in modo tale che
nessuno possa accedere a “risorse proibite”); al termine del lavoro, ciascuno vede il
proprio risultato, che viene copiato mediante la funzione di cattura della schermata
(cliccando sul tasto Stamp | R Sist del computer) ed incollato su un documento di testo,
che l’alunno salva col proprio nome. Naturalmente, questo comporta il fatto che il
docente non possa starsene beatamente incollato alla sua sedia, ma debba girare per
il laboratorio per evitare che l’alunno (fingendo di “riflettere” sui quiz) faccia
innumerevoli tentativi, iniziando ogni volta un nuovo gioco, finché non imbrocca la
“sequenza magica” che gli dà l’agognata sufficienza. In questo caso, la risorsa può
diventare uno strumento per una verifica sommativa, conclusiva dell’attività dell’anno
scolastico.
Essendo una risorsa liberamente scaricabile ed installabile nel proprio computer, anche i
ragazzi potrebbero utilizzarla a casa, per auto-valutare le proprie conoscenze in maniera
insieme efficace e divertente.
Nel DVD allego il software del gioco testé presentato.
Esempio 11
Fare grammatica utilizzando un oggetto di apprendimento
Anche in questo caso, si tratta di un’attività che non ho effettivamente svolto in classe, ma
che ho in animo di proporre nei prossimi anni scolastici. L’obiettivo concreto che intendo
conseguire è verificare e – se necessario – incrementare la padronanza di alcune
espressioni metaforiche molto in uso nella lingua italiana, analizzandone anche l’origine.
64
La risorsa impiegata è il gioco didattico (allegato nel DVD) “Il mostro marino”, scaricabile
dal sito http://www.iprase.tn.it/iprase/, nell’amplissima sezione dedicata all’italiano. La
pagina iniziale del gioco si presenta così:
Dopo la schermata iniziale, cliccando su “start” ha inizio il gioco: esso consiste
nell’indicare (per ogni modo di dire), l’elemento (generalmente un animale) ad esso
associato. L’esempio chiarisce il tutto.
65
Vengono proposti diversi modi di dire (ad esempio “versare lacrime da coccodrillo”, “avere
un cuore di leone”, “far ridere i polli”, “fare la civetta”, “essere veloce come un fulmine”).
L’esempio proposto mostra come, al di là della conoscenza di tali espressioni metaforiche,
si può ulteriormente condurre oltre il lavoro, osservando il perché di tali modi di dire.
Nell’esempio, “gridare al lupo” (in una classe prima) apre la strada alla lettura della favola
esopica: in tal modo i ragazzi prendono coscienza dell’origine del detto, che pertanto può
essere impiegato in modo ancora più conscio.
66
Capitolo settimo
Il questionario sulle NT
Come già accennato nel primo capitolo, nel mese di maggio ho inviato ai docenti delle tre
sedi un questionario incentrato su alcuni degli strumenti tecnologici presentati in questo
lavoro e sulla familiarità dei docenti con essi.
Dei 67 questionari inviati me ne sono stati restituiti 29: una percentuale piuttosto
significativa, che consente di tracciare un bilancio sufficientemente attendibile. Il fatto che
il questionario è stato inviato via email, in quanto l’infortunio mi ha impedito di poter
contattare direttamente i docenti, proponendo loro anche la forma cartacea (che
probabilmente avrebbe consentito di ottenere un maggior numero di risposte) ha
probabilmente contribuito a tenere al di sotto del 50% il numero dei questionari restituiti.
I grafici che seguono illustrano i risultati del sondaggio.
SUL SITO DELLA SCUOLA
3 5
12
9
Consulti/Usi il sito della scuola?
Sì, spesso
Sì, abbastanza spesso
Sì, ma solo in poche occasioni
No, mai o quasi mai
6
14
10
Per quali motivi?
Caricare materiale per gli alunni
Leggere circolari, comunicazioni…
Controllare le novità sulla Scuola
67
2
1 1 1
Non la uso perché…
Poche occasioni per i prof di sostegno
Non è presente nell'aula speciale
Troppo tempo per preparare lezioni
Troppe difficoltà tecniche
SULLA LIM
12
10
6
1
Con quale frequenza utilizzi la LIM in classe?
Sempre o quasi Spesso Non molto spesso Mai o quasi mai
15
8
3
13
8
5 5 4
La uso per…
Spiegazioni
Esercitazioni
Correzione
Video
CD/DVD allegati ai testi
Audio
Internet
Esporre lavori dei ragazzi
68
11 11 8 8
6 5 4 3 3 3
Punti di forza Più partecipazione/attenzione dei ragazzi
Internet
Multimedialità
Riusabilità dei materiali preparati
Versatilità
Facilita la didattica
Libri digitali
Piace ai ragazzi
Facilita la scrittura e il disegno
Utile per DA/DSA/stranieri
8 8
5 3 3 3
2
Punti di debolezza
Da ricalibrare spesso
Internet manca/dà problemi
Altri problemi tecnici
Distrae (soprattutto se non la si usa)
CD/DVD/materiali allegati ai libri migliorabili
Perdita manualità/abilità scrittura per i ragazzi
Richiede molto lavoro a casa
69
SUI PODCAST DIDATTICI
15
12
2
Saresti disposto a realizzare
podcast didattici coi colleghi?
Sì No Non risponde
4
8
0
1
2
Li ritieni utili?
Molto Abbastanza
Poco Per nulla
Non risponde
1 1
14 13
Ne hai mai sentito parlare?
Sì, ne ho anche realizzato qualcuno
Sì, ne ho anche utilizzato qualcuno
Sì, ma non li ho mai realizzati/utilizzati
No e non so cosa diavolo siano
2
17
2 5
3
Ritieni utile che gli alunni possano
scaricare podcast didattici?
Sarebbe molto utile
Sarebbe piuttosto utile
Sarebbe inutile
Non me ne può fregare di meno
Non risponde
70
SUI BLOG DIDATTICI
SOCIAL NETWORK E INSTANT MESSAGING
7
1 0 1 3
0 1
8
2
10
3
Utilizzo
FB MySpace
Netlog Twitter
MSN Yahoo Messenger
Google Talk Skype
Altri Nessuno
Non risponde
1
12 11
4
Ne hai mai sentito parlare?
Sì, ne tengo almeno uno
Sì, non ne ho ancora realizzato uno
Sì, non mi interessa tenerne uno
No e non so cosa diavolo siano
6
14
5
3
Ritieni utile realizzare un blog
didattico?
Sarebbe molto utile
Sarebbe piuttosto utile
Sarebbe inutile
Non me ne può fregare di meno
71
DISCIPLINE DI INSEGNAMENTO
4
13
9
1
Li ritieni utili dal punto di vista didattico?
Sì No Non ne ho idea Non risponde
11
7
4 4 3
Discipline insegnate
Lettere Matematica Lingue Educazioni Sostegno
72
Volendo tracciare un sintetico bilancio, si può osservare come il sito della scuola sia
ancora una risorsa poco utilizzata (solo 8 docenti lo utilizzano con una certa frequenza):
due docenti lamentano una mancanza di tempo, un altro docente lo ritiene privo di
informazioni realmente interessanti.
La LIM, invece, è una risorsa che appare ormai pienamente integrata nell’attività didattica
delle tre sedi: un solo docente non la utilizza in classe, ma non per sfiducia o per
problematiche di altro genere, ma per la semplice ragione che la lavagna interattiva non è
presente nell’aula speciale che il docente utilizza costantemente per le sue lezioni; ben 22
docenti, invece, utilizzano sempre o spesso la LIM. Le problematiche messe
maggiormente in evidenza sono anzitutto legate alla mancanza di internet (considerato un
punto di forza di questo strumento da ben 11 docenti) o alle difficoltà di connessione alla
rete, che limitano notevolmente le potenzialità della lavagna; altrettanto rilevanti appaiono i
problemi legati alla necessità (a volte piuttosto frequente) di dover orientare la LIM.
Molto poco conosciuti ed utilizzati sono i podcast ed i blog didattici: un solo docente (il
sottoscritto) ha provato a realizzare un podcast e tiene un blog. Di contro, però, appare
significativa la percentuale dei docenti che ritengono utili per la didattica tali strumenti: 19
docenti ritengono importante che gli alunni possano scaricare podcast didattici, 20
ritengono utile o piuttosto utile lo strumento del blog didattico. Inoltre, ben 15 insegnanti
delle tre sedi sarebbero disponibili a creare podcast didattici in collaborazione coi colleghi.
Molta poca fiducia viene invece concessa ai programmi di messaggistica istantanea e ai
social network: pochi i docenti, anche, che possiedono un account in uno o più di questi
strumenti.
73
Capitolo ottavo
Alcune riflessioni conclusive
Siamo ormai vicini alla conclusione di questo percorso esplorativo sulle NT applicate alla
didattica; è giunto il momento di tirare le fila del discorso ed addentrarci in alcune
riflessioni che spero non risultino inutili a chi leggerà queste pagine.
Una delle questioni più dibattute, alla quale non si è ancora riusciti (né, temo, mai si
riuscirà) a dare una risposta è la “madre di tutte le domande”: le TIC fanno bene o fanno
male all’apprendimento? Se solo si opera una ricerca su internet, si possono reperire
indagini (alcune autorevoli, altre meno) che ci conducono in due direzioni diametralmente
opposte.
Ad esempio, tra il 1999 ed il 2002 il Ministero dell’istruzione britannico ha condotto una
rilevazione condotta su un campione di 700 studenti, dalla quale risulta quanto segue:
Le rilevazioni hanno posto in luce che, nelle materie nelle quali l'uso del computer è più diffuso, il rendimento degli alunni in alcuni casi è addirittura calato rispetto a quanto accadeva in precedenza. Una tendenza che sarebbe confermata dai risultati invece più che positivi ottenuti in quelle materie, come le lingue straniere, dove l'informatica assume un ruolo secondario nella didattica. Da un'analisi che rapporta lo specifico delle materie e l'uso contestuale di computer emerge poi che i migliori progressi in materie scientifiche sono stati compiuti in quelle classi nelle quali minore è l'uso del PC45.
Sul medesimo versante si collocano anche le ricerche di Joshua Angrist, professore del
Massachussets Institute of Technology (MIT) e di Victor Lavy, docente dell'Università
ebraica di Gerusalemme, condotte in Israele nel 200246, confrontando tra loro i risultati
cognitivi ottenuti da alunni nelle cui scuole era stato introdotto “a tappeto” l’uso del
computer con quelli di altri istituti scolastici “di controllo”, nei quali, invece, si svolgeva una
didattica “tradizionale”: non appaiono scarti significativi tra i risultati degli studenti che
avevano sperimentato un processo di apprendimento basato sul computer e quelli degli
studenti di controllo. Addirittura, tra gli studenti di quarta elementare si riscontra una
correlazione negativa tra l’uso del computer e la performance nei test di matematica.
45 http://punto-informatico.it/253185/PI/Commenti/computer-scuola-fa-male.aspx, citato in Antonio Calvani,
Come cambiano i processi di apprendimento con l’uso delle TIC, Indire (scheda di approfondimento che si trova nei materiali a disposizone dei corsisti neo-assunti 2012). 46 http://economics.mit.edu/files/22
74
Superfluo aggiungere che tali ricerche sono state immediatamente contestate, ad
esempio, dalla già citata BECTA e dal NUT (National Union of Teachers, il sindacato
britannico dei docenti):
A non convincere i ricercatori britannici sarebbero i risultati di alcuni test condotti per realizzare lo studio sul rendimento degli alunni dotati di computer. Secondo questi test, infatti, alle elementari le capacità matematiche risulterebbero minori o comunque non migliori nei bambini che lavorano con il computer rispetto a quelli senza. Questi ed altri dati secondo gli autori del rapporto ora contestato mettono in luce l'inutilità di una forte spesa IT nella didattica. Secondo Becta, invece, "c'è una enorme quantità di prove che l'uso efficiente dei computer da insegnanti capaci stia aumentando gli standard qualitativi delle scuole britanniche. I dati derivanti dalle ispezioni Ofsted in 2.110 scuole elementari e i rest in inglese, matematica e scienze in queste scuole, evidenziano il vantaggio offerto dai computer". I responsabili dell'ente governativo inglese sostengono inoltre che "alunni di 11 anni in scuole con buone risorse informatiche mediamente ottengono nei test di inglese, matematica e scienza risultati migliori di quelli che si trovano in scuole che non dispongono delle medesime risorse47".
Ora, sarebbe esercizio francamente inutile stilare un elenco di opinioni in un senso o
nell’altro. Mi preme, però, sottolineare un fatto: ho già detto sopra (parlando della LIM),
che essa non è certo uno strumento magico capace da solo di rivoluzionare la didattica ed
aumentare le prestazioni dei nostri alunni. Lo stesso tipo di ragionamento si può estendere
a tutto l’ambito delle TIC. Non possiamo pretendere di applicare un’ottica deterministica
all’introduzione delle NT in campo didattico: non basta dotare tutte le scuole di una LIM
per ogni classe, di computer a bizzeffe, di un collegamento internet superveloce, si
macchine fotografiche digitali o videocamere o ogni altro genere di aggeggio tecnologico e
sperare che, magicamente, per il solo fatto che tali strumentazioni ci sono, ipso facto tutti i
voti degli alunni conosceranno una crescita esponenziale.
C’è un’altra osservazione che è necessario fare: qualunque processo di apprendimento
deve fare i conti col problema del sovraccarico e neppure le NT fanno eccezione. In altre
parole: un insegnante che entrasse in una classe di scuola secondaria di I grado e
pretendesse (in tre ore consecutive di spiegazione, situazione abbastanza frequente per
chi insegna Lettere) di affrontare – poniamo – cinque liriche leopardiane, con annessi
commento, parafrasi e analisi (e magari aggiungendo, per soprammercato, pure la vita
dell’’autore) sarebbe un pazzo furioso. Dopo la spiegazione del primo componimento già i
ragazzi comincerebbero a chiedere pietà, perché la loro mente non è un pozzo senza
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http://punto-informatico.it/232886/PI/News/computer-scuola-fan-bene-agli-alunni.aspx, citato sempre dallo stesso Calvani.
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fondo che si può riempire continuamente; l’attenzione calerebbe a vista d’occhio, con un
andamento esponenziale, ed insieme crollerebbe la capacità di comprensione, con
prevedibili atti di ribellione più o meno violenta contro o sprovveduto docente.
Il medesimo docente sarebbe ugualmente un allocco se pensasse di bypassare questo
problema presentando le poesie con attraverso la LIM, magari accompagnandole con
l’ascolto di un podcast in cui un grande attore (poniamo, un Gassman) legge L’infinito, con
una bella presentazione che metta in luce i nuclei fondamentali delle liriche, con una serie
di immagini raffiguranti il paesaggio recanatese e così via. La quantità di nozioni da capire
e memorizzare sarebbe la stessa, e ad essa si dovrebbe aggiungere l’attenzione
necessaria per fruire in modo decente dei materiali multimediali.
Tirando le fila del discorso, per rispondere alla domanda se le TIC fanno bene
all’apprendimento, potremmo utilizzare un’espressione apparentemente paradossale:
potenzialmente sì, probabilmente no. In potenza, LIM e compagnia cantante possono
essere utili; ma se le applichiamo male (senza conoscerne le caratteristiche, le
potenzialità, la “grammatica d’uso”), se le inseriamo in una scuola “vecchia” (che usa
ancora sempre e solo una didattica frontale, che si pone solo dal punto di vista del
docente e si disinteressa del discente, che ripete ossessivamente e rigidamente ogni anno
le medesime azioni didattiche senza tener conto del diverso profilo di ogni singola classe e
di ogni singolo alunno), allora probabilmente queste risorse – nella migliore delle ipotesi –
non modificheranno di un decimo le prestazioni degli alunni.
Che cosa fa la differenza, allora? A mio modo di vedere, è l’insegnante l’ingrediente
fondamentale, quello capace di trasformare le TIC da gadget carino, ma inutile a
strumento davvero positivo per una didattica efficace. Siamo noi docenti che dobbiamo
mettere in campo tutte le nostre doti, dalla conoscenza della materia alla padronanza dei
mezzi tecnologici, dall’osservazione delle differenze tra i diversi alunni alla chiarezza degli
obiettivi che si vogliono perseguire, il tutto condito dall’esperienza e dal sempre e ovunque
fondamentale atteggiamento critico, anche nei confronti di noi stessi.
È possibile sbagliare, anzi, direi che è certo che si commettano degli errori. Nella mia
esperienza, ricordo ad esempio le mie prime presentazioni di Powerpoint, nelle quali
realizzavo diapositive così piene di testo da rendere il lavoro illeggibile e – in sostanza –
inutile; oppure mi lasciavo pervadere dal gusto dell’estetica e sceglievo combinazioni di
colori certo molto carine a vedersi, ma poco funzionali alla fruibilità del lavoro.
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Ricordo anche i miei tre anni di insegnamento alle superiori: ero un docente trentenne, che
viveva in modo angosciato ed angosciante la paura del confronto coi colleghi più “anziani”,
rispetto ai quali mi sentivo totalmente inadeguato. La mia reazione fu quella di emulare
Stakanov, spiegando come un pazzo pagine su pagine, tanto che ad un certo punto una
mia alunna (nel questionario valutativo che consegnavo alle classi, chiedendo le loro
opinioni sul mio modo di essere insegnante) mi scrisse di essere terrorizzata all’idea di
come sarei diventato l’anno successivo: mi vedeva entrare in classe già col libro aperto,
spiegando all’impazzata il nuovo argomento senza neanche dire “Buongiorno, pollaio”
(che era l’espressione scherzosa con cui spesso e volentieri “salutavo” le mie ventidue
alunne).
L’esperienza, la riflessione (anche autocritica), i consigli altrui e l’aggiornamento mi hanno
portato a correggere errori come questi; oggi cerco di tenere maggiormente presente le
persone che ho di fronte, non vivo più come una sfida il rapporto coi colleghi, mi concentro
molto di più sulla qualità della didattica rispetto alla quantità. Ripenso a volte alle mie
classi “passate”, a quale ricordo di me abbiano i miei ex alunni, agli errori commessi ed
alle loro conseguenze; ma mi è di notevole conforto osservare come quella stessa alunna,
che allora – con notevole sincerità e coraggio – mi scrisse quelle righe, è ora una delle
amiche più care che io abbia.
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Appendice
Policultura 2012
Nel corso del corrente anno scolastico, la Seconda A della sede di Missaglia ha realizzato
(nelle ore pomeridiane del venerdì) una narrazione multimediale, con la quale ha
partecipato al concorso nazionale “Policultura 2012”, organizzato dal Politecnico di Milano.
Il lavoro è iniziato ad ottobre e si è concluso a metà aprile, al rientro dalle vacanze di
Pasqua. Tema scelto dai ragazzi: “Alla scoperta di Missaglia e dei suoi segreti”.
Gli alunni della Seconda A fanno parte di una classe a tempo prolungato, quindi è stato
possibile usufruire di uno spazio “dedicato” che non costringesse il sottoscritto, docente di
Lettere, ad impiegare un numero eccessivo di ore “curricolari” (personalmente adoro il
tempo prolungato proprio perché consente di unire le due “facce” della didattica,
l’insegnamento/apprendimento rigoroso, che fornisca solide basi per il proseguimento
degli studi e per la vita “fuori dalla scuola” e la didattica laboratoriale-progettuale, che
consenta anche qualche esplorazione estravagante, ma non per questo meno formativa):
c’è stato qualche lieve “sconfinamento” negli ultimi giorni, per poter completare la
narrazione (anche in ragione delle difficoltà “tecniche” di cui sotto).
Obiettivi del progetto
1. Conoscere o approfondire la conoscenza del proprio territorio e delle sue bellezze.
L’obiettivo ritengo sia stato pienamente raggiunto; ho potuto osservare come molti
degli alunni abbiano “scoperto” aspetti del loro paese che conoscevano ben poco (ad
esempio le diverse “glorie” locali).
2. Acquisire la consapevolezza delle molteplici possibilità fornite dalla tecnologia
moderna. Posso affermare che, essendo dei “nativi digitali”, i miei alunni già avessero
un’idea (spesso tutt’altro che vaga) delle possibilità offerte dalla tecnologia;
ciononostante, ho potuto notare un certo stupore in molti nel vedere il “prodotto finito”,
cioè come le diverse fasi (realizzate con l’ausilio di differenti strumenti tecnologici) si
fossero unite per dare il risultato finale.
3. Selezionare ed utilizzare le informazioni. L’obiettivo è stato raggiunto solo in parte:ç
diversi alunni hanno mostrato difficoltà a selezionare le informazioni dai testi utilizzati.
Ad onor del vero, alcuni di questi testi usavano un linguaggio decisamente difficile (o
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perché piuttosto datati o perché rivolti chiaramente ad un target ben diverso da dei
ragazzi di 13 anni).
4. Sviluppare la capacità di lavorare in gruppo in vista di un obiettivo comune. In questo
campo, molti alunni hanno preso coscienza di come fosse necessario “fare squadra”
e/o impegnarsi, perché si ottenesse un buon risultato; altri hanno vivacchiato
(qualcuno, pensando di essere intelligente, si è pure fatto beccare mentre tentava di
chattare in aula informatica su Facebook…). C’è da dire che anche alcuni elementi
della classe hanno espresso con chiarezza e senza molte perifrasi la propria
contrarietà nei confronti di coloro che lavoravano a regime ridotto, rimproverandoli di
compromettere le possibilità di vittoria (poi effettivamente non conseguita, ma per
ragioni indipendenti da quanto appena esposto).
5. Acquisire la consapevolezza dell’importanza di un lavoro metodico, preciso ed
accurato. Valgono le osservazioni fatte sopra: qualcuno ha mostrato maturità, qualcun
altro decisamente il contrario. Devo osservare che non sempre i più bravi nelle materie
di studio sono stati i migliori in questo lavoro. Posso dire che alcuni degli elementi più
attivi e volonterosi, veri trascinatori del gruppo, sono state persone che nelle mie
materie raggiungevano votazioni attorno alla sufficienza, ma in questo campo (più
pratico e forse più gratificante) hanno mostrato serietà ed impegno notevoli.
6. Utilizzare applicazioni di varia natura (videoscrittura, digitalizzazione/modifica
immagini, registrazione/gestione tracce audio). Obiettivo pienamente realizzato. I
ragazzi hanno lavorato con diverse strumentazioni: la macchina fotografica, lo scanner
per acquisire immagini o documenti, il microfono (poi guastatosi e rimpiazzato da vari
cellulari, tra cui la parte del leone è stata assegnata al mio…), il PC con relative
applicazioni.
Come si è svolta l’attività
In contemporanea con l’avvio del progetto, si è svolta una uscita didattica in Valle Santa
Croce con la collega di Scienze, alla scoperta dell’habitat del Parco del Curone.
L’occasione è stata propizia per raccogliere informazioni (che si sarebbero rivelati utili per
la stesura di un capitolo del lavoro) e per scattare numerose fotografie, successivamente
utilizzate per il lavoro.
Attraverso un brainstorming e successiva discussione in classe si è giunti alla scelta
dell’argomento: ciascuno poteva esprimere la propria opinione e non sono state
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necessarie lunghe discussioni, perché la decisione di parlare di Missaglia è stata
praticamente unanime.
Siamo quindi passati alla stesura di una prima scaletta di massima (mediante discussione
in classe), indicante i “pilastri” della nostra narrazione: il paese e le sue caratteristiche,
cenni storici, monumenti, personaggi illustri, cultura e tradizioni locali.
Chiariteci un minimo le idee su cosa si sarebbe dovuto fare, si è passati alla suddivisione
dei compiti di scrittura: a ciascuno il suo testo (con relativa ricerca di fonti).
Da febbraio in poi, quando cominciava a delinearsi sempre più chiaramente l’aspetto della
nostra narrazione, si è passati alla ricerca delle immagini, poi alla registrazione delle
tracce audio; nel frattempo, si è proceduto all’inserimento del materiale sul motore
“1001storia” secondo il principio anti-tayloristico “ciascuno – nei limiti del possibile – si
cimenta con le diverse fasi del lavoro”, senza identificare un esperto “fisso”.
La mia funzione
Mi sono ritagliato uno spazio in parte di osservatore del lavoro, in parte di correttore di
bozze; devo dire che alcuni dei testi prodotti erano piuttosto buoni e non necessitavano di
particolari correzioni, altri sono stati abbondantemente rimaneggiati e/o sforbiciati. Ho
provveduto personalmente (per velocizzare i tempi) ad inserire sul sito una parte dei
materiali, ma il grosso del lavoro è stato svolto dai ragazzi.
Problematiche riscontrate
Il problema più rilevante con cui ci siamo dovuti misurare è una questione squisitamente
“tecnica”: fino agli inizi di febbraio, infatti, nella nostra scuola non è stata disponibile la
connessione internet (a causa di problematiche tecniche di diversa natura e lavori sempre
in fieri e mai conclusi). Pertanto, non è stato accedere al motore “1001storia” se non a
secondo quadrimestre iniziato, con tutto ciò che consegue a livello di “sprint finale”.
Grado di soddisfacimento
Posso ritenermi piuttosto soddisfatto del lavoro svolto dalla classe: gli alunni si sono
mostrati sin dall’inizio coinvolti nel progetto, che è stato l’occasione per approfondire la
conoscenza del proprio territorio (e a volte scoprire aspetti sconosciuti anche a chi è
cittadino missagliese dalla nascita, uno tra tutti le tante “glorie” locali). La classe ha
lavorato con buon impegno ed interesse, anche se a volte in modo “esuberante” e a tratti
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quasi caotico, sia per il desiderio di contribuire al lavoro, sia per il rilevante tasso di
“entropia” presente in questo gruppo-classe.
Nel DVD è possibile prendere visione del lavoro svolto dai ragazzi.
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Bibliografia e sitografia
Trattandosi di un lavoro incentrato sulle Nuove tecnologie, i riferimenti sono
prevalentemente sitografici.
Sulle TIC in generale ed il loro rapporto con la didattica
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2) Calvani, Antonio, Come cambiano i processi di apprendimento con l’uso delle TIC
(saggio per il Corso neoassunti 2012, consultabile all’indirizzo http://www.chersi.it/
listing/neoassunti2008/5tecnologia_didat/1153.pdf.
3) Campione, Marco, Internet a scuola: stupido è chi lo stupido fa,
http://www.partitodemocratico.it/doc/229255/internet-a-scuola-stupido-chi-lo-stupido-
fa.htm.
4) Caputo, A. M., Primi dati emergenti dalla ricerca IEA in education, Rapporto di ricerca
CEDE, Villa Falconieri, Frascati, 1990.
5) Falcinelli, Floriana, ICT e scuola (http://l4allblog.blogspot.it/).
6) Ferraris, Maria, TD nella scuola italiana: se ci sei, batti un colpo, in “TD” n°1, Aprile
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7) Foer, Joshua, Se il computer ci ruba la memoria, in Corriere della Sera, 24/01/2012
(reperibile all’indirizzo http://www.corriere.it/cultura/12_gennaio_24/lecture_8fdc0244-
469c-11e1-90ee-63dee1b6b376.shtml).
8) Granatelli, Wanna, La tecnologia corre, i giovani la cavalcano e gli educatori?,
“Bollettino salesiano”, Gennaio 2009.
9) Jeunier, Benoît – Morcillo-Bareille, Agnès – Camps, Jean-François –Galy-Marié, Edith
– Tricot, André, Expertise relative aux usages du tableau blanc interactif en école
primaire, Institut Universitaire de Formation des maîtres, Toulouse 2005 (consultabile
anche all’indirizzo ftp://trf.education.gouv.fr/pub/educnet/chrgt/primaire/tbi/Etude_tbi_
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10) Materiali del corso “Il computer per insegnare ed apprendere”
(http://www.mediamente.rai.it/mediamentetv/learning/corsi/0002c4_1.asp).
82
11) Olimpo, Giorgio, Nascita e sviluppo delle tecnologie didattiche, in “TD. Tecnologie e
Didattiche”, n° 1, Aprile 1993, pagg. 23-34 (consultabile al link
http://www.tdmagazine.itd.cnr.it/files/pdfarticles/PDF01/Olimpo.pdf).
12) Ott M., Trentin G., Scuola secondaria superiore: un'indagine sull'uso del software nella
didattica, Annali P.I., n. 3, 1992, Firenze, Le Monnier.
13) Rapporto ISTAT “Cittadini e nuove tecnologie” (2008), pubblicatoa il 27 febbraio 2009.
14) Ricerca IPSOS “I nativi digitali e la scuola. Un confronto tra insegnanti, studenti e
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15) Senza autore, I computer a scuola fanno bene agli alunni, http://punto-
informatico.it/232886/PI/News/computer-scuola-fan-bene-agli-alunni.aspx.
16) Simone, Giorgio, Se a scuola Internet rende stupidi, in “Repubblica” del 22/01/2012
(consultabile al link http://www.repubblica.it/scuola/2012/01/22/news/dibattito_
tecnologie_scuola-28579710/).
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Sulla LIM
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arnaque que le monde de l'éducation ait connue à ce jour (http://www.deslaure.com/
blog/index.php?2010/11/14/716-pourquoi-le-tableau-blanc-interactif-est-la-plus-grande-
arnaque-que-le-systeme-scolaire-ait-connue-a-ce-jour.
2) Herrera, Fran, iPad y pizarra digital ¿amigos o enemigos? (http://franherrera.com/ipad-
y-pizarra-digital-%C2%BFamigos-o-enemigos/).
3) Jobin, Gilles, Le TBI est une baguette de chef d'orchestre (http://www.gilles-
jobin.org/jobineries/index.php?2010/11/07/1043-le-chef-d-orchestre).
4) Macedo-Rouet, Mônica, Enseigner et apprendre avec le tableau interactif, Ricerca
condotta dall’Agence des Usages TICE, 18/09/2006 (http://www.cndp.fr/agence-
usages-tice/que-dit-la-recherche/enseigner-et-apprendre-avec-le-tableau-interactif-
5.htm).
5) Marquès, Pere, La pizarra digital en el aula de clase: Propuestas didácticas de uso
(http://www.peremarques.net/pdigital/es/propuest.htm).
6) Maurois, André, Un tableau interactif dans ma classe. Bilan après un an d’utilisation
(http://andre.maurois.free.fr/tabblanc/jean/bilan.htm).
7) Nulli, G.– Parigi, L., La tecnologia LIM (saggio per il Corso neoassunti 2012)
83
8) Peigné, Sebastien, TBI: Très Bonne Idée ou Tout Bonnement Inutile?
(http://pedago2point0.net/forum/topics/tbi-tres-bonne-idee-ou-tout).
9) Ruffin, Claire, Quelques arguments en faveur du TBI (http://www.tableauxinteractifs.fr/
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10) Senza autore, La pizarra interactiva como recurso en el aula, Red.es, maggio 2006,
(reperibile su http://dim.pangea.org/docs/Redes_InformePizarrasInteractivas_
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11) Senza autore, Le tableau interactif: la classe! (http://www.documental.com/v2/
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12) Vayola, Patrizia, Posso cancellare? Riflessioni sull’uso della lavagna digitale (saggio
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13) Zambotti, Francesco, Didattica inclusiva con la LIM, Trento, Ericksson, 2009.
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84
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marketing/ internetmarketing/web20.mspx).