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L’allevatore di porci

L’allevatore di porci - BookSprint Edizioni · 2018. 3. 1. · L’ALLEVATORE DI PORCI romanzo. A mia madre ed a mio padre. (In loro memoria) 7 Pre dddd azione ... per sentito dire

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L’allevatore di porci

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Questo romanzo rappresenta la narrazione di alcuni eventivissuti; narrazione colorita con molta fantasia ma con un certofondamento di verità.

Naturalmente i nomi citati, i luoghi e gli avvenimenti noncorrispondono alla realtà ed ogni riferimento a persone o cosereali è puramente casuale ed accidentale e pure involontario e,se qualcuno dovesse ravvisare nel racconto un motivo di per-sonale disagio, me ne scuso subito, a priori.

Le contestazioni sociali o politiche e le lamentele riportatenei dialoghi, a volte espresse con la caratteristica ironia fioren-tina, dialettale e becera, non sono farina del mio sacco; in queicasi sono stato solo un cronista e, di conseguenza, ho riportatopari pari quello che ho sentito dire e che sento dire anch’oggi.

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Paolo Paolo Paolo Paolo NardiniNardiniNardiniNardini

L’ALLEVATORE DI PORCIL’ALLEVATORE DI PORCIL’ALLEVATORE DI PORCIL’ALLEVATORE DI PORCI

romanzo

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A mia madre eda mio padre.

(In loro memoria)

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Pre dddd azione

Ho volutamente dato inizio a questo mio elaboratocon quello che potrebbe sembrare a prima vista un erro-re di battitura: una “ d d d d ” al posto della “f ” nella consuetaprefazione. Un doppio senso.

E’ mio desiderio concentrare l’attenzione del lettoresul concetto di predazione, un vocabolo che difficilmen-te si può trovare nel dizionario della lingua italiana doveinvece spiccano i termini di: “predatore”, inteso in sensolato come il soggetto che vive di “prede” e “predare”,quale predicato verbale che indica l’azione dell’appropri-arsi della preda, o vittima, per assolvere ad una necessitàalimentare naturale. Ciò per quanto concerne gli animalima, per quanto invece riguarda gli umani, oltre che peristinto vitale, la predazione si attua per di più tramiteuna specifica volontà raziocinante spesso accompagnatada sentimenti egoistici di bramosia, d’ingordigia o turpi-tudine, e con violenta attuazione di soprusi quali adesempio: le liti, le discussioni e la prevaricazione intellet-tuale: tutti elementi da rifiutare con fermezza morale,ma quando constato che la vita stessa, nel suo grandemistero, esiste solo in virtù della predazione attuata lun-go la scala alimentare in seguito alla spinta egoistica disopravvivenza, ad ogni livello: vegetale, animale, umanoindividuale o sociale, allora un dubbio relativo alla suapresunta illegittimità mi assale.

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Ma che relazione intercorre tra questa sorta di prefa-zione ed il romanzo? Quale attinenza c’è?

Mah! sia il lettore a scoprirlo.

P.N.

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Una zanzara ed un leone erano nello stesso prato. “Tutti ti te-mono e ti giudicano invincibile perché con gli artigli ferisci ed uc-cidi le bestie della foresta siano esse agnelli o lupi, ma io non hopaura di te, io sono più forte di te e ti sfido!” Disse la zanzara.Quindi con il suo pungiglione iniziò a tormentare il leone pun-gendolo sul naso, sulle palpebre, sulle labbra e su altre parti delcorpo. Il leone reagiva a quegli attacchi con gli artigli, lacerandosila pelle e ferendosi ad ogni tentativo di schiacciare quel fastidiosoinsetto. Il combattimento durò fino a quando il leone cadde esau-sto ed avvilito e la zanzara, lieta e boriosa, dopo averlo preso ingiro se ne volò via vantandosi della vittoria conseguita, ma la mor-te era in agguato. S’imbatté in una tela di ragno tesa tra due ra-moscelli e, mentre il ragnetto la guardava leccandosi i baffi, dissetra sé: “Povera me, io che ho vinto il re della foresta trovo la mortead opera di un insignificante ragnetto, un insetto mio simile!”

Anonimo

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Il viaggio di trasferimentoIl viaggio di trasferimentoIl viaggio di trasferimentoIl viaggio di trasferimento

I maiali, o porci come si vogliano chiamare, bestieche a sua insaputa avrebbero trasformata positivamentela sua futura esistenza, ebbe modo di vederli per la pri-ma volta, quindi conoscerli e se vogliamo anche apprez-zarli, all’età di circa nove anni; era appena iniziata laprimavera dell’ormai lontano 1944. Prima di allora, purammettendo che tale conoscenza lo avesse potuto inqualche modo interessare, non aveva mai avuto tale for-tunata occasione. Del resto non aveva potuto né incon-trare né conoscere neanche altre specie di animali, se sifa esclusione di un unico gattaccio spelacchiato e tigno-so che le massaie del vicinato avevano soprannominatoAttila con evidente riferimento al terribile condottieropredatore, re di quel popolo barbarico dell’Asia di pro-babile etnia mongolica, chiamati Unni, che invaserol’occidente nel IV-V secolo d.C. il quale ogni tanto, perarraffare qualcosa di commestibile, entrava dalla fine-stra di cucina alta sopra i tetti cittadini che contornava-no quell’appartamentino, ove era nato, situato al quartopiano di un edificio simile ad una torre, sui quali quel-l’animale ladruncolo era solito passare le sue giornate davagabondo nella speranza di incappare in un piatto, ma-gari uno di quei rari piatti ricchi di carne lasciati al fre-sco notturno per mantenere un po’ più a lungo la lorofreschezza, arraffare qualcosa e portarsela al riparo di

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un comignolo per potersela trangugiare in tutta calma equindi dedicarsi ad un pisolino ristoratore lontano dagliimproperi della massaia, vittima di turno di quell’enne-simo furto.

Come dicevo, prima di quell’epoca non gli era statoproprio possibile conoscere i maiali di persona dato chenon era mai stato portato in campagna per il semplicefatto che la sua nascita era avvenuta in città e la sua vitainfantile vi si era svolta in maniera continuativa ben coc-colato da una madre la quale, strappata dal natio paeseal momento di un matrimonio riparatore perché rimastaincinta anzi tempo, vi era stata trascinata non con la for-za ma con le illusorie lusinghe di un marito che le avevapromesso una vita ricca di benessere.

Quel bimbo visse in quel piccolo appartamento urba-no per circa cinque anni fino al momento in cui suo pa-dre, fino ad allora impiegato in una ditta di importex-port, rimasto senza lavoro causa le ben note e tristi vi-cende di politica internazionale, non dovette chinare latesta al volere più saggio e perentorio della moglie disil-lusa delle vane aspettative e fu costretto, suo malgrado, atrasferire baracca e burattini nel paese che a lei avevadato i natali e dove ancora vivevano i di lei familiari: pa-dre, madre e due sorelle.

Quello dove andarono a risiedere era un tranquillopaese di provincia, situato nella valle del fiume Sieve,prossimo ad una campagna collinare ad economia pret-tamente pastorale ed agricola dove la vita scorreva mo-notona e dove il pover’uomo riuscì con non poca faticae, se vogliamo anche assistito da un po’ di fortuna, amettere su una botteguccia, sita nella piazza centrale eprossima al portone dell’abitazione, per intraprendervil’arte del parrucchiere che era sempre stata una sua na-scosta passione, una sorta di hobby, facendosi in breveuna consistente clientela sia paesana che campagnola edottenendo finalmente di mutare in meglio la malasorte

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in cui era incappata la sua famigliola. Esercitò quel mestiere fino ad un maledetto giorno in

cui inaspettatamente ricevette una piccola cartolina ro-sa, la seconda della sua vita, e fu obbligato ad andare inguerra, una guerra tremenda che lo condusse fino sulfronte russo da dove non fece più ritorno con le propriegambe.

Il ragazzino da allora visse in quel paesetto, vi crebbee vi trascorse i primi degli anni più belli della sua vitacoccolato dai due vecchi nonni fino alla loro triste dipar-tita dedicandosi, più tardi, da adulto, ad un’attività com-merciale che nel tempo risultò molto redditizia: l’alleva-mento in grande scala di suini, attività che in seguito lorese elogiato ed invidiato da tutto il paese, a seconda dichi traesse o no un proprio vantaggio dalla sua amicizia.

Oggi, a più di settant’anni suonati e com’è sua con-suetudine quotidiana, dopo aver trascorso qualche oradel primo mattino a girellare presso l’azienda la cui con-duzione ha oramai lasciata totalmente nelle mani del fi-glio venticinquenne, si trova riunito al bar con alcuniamici delle più svariate estrazioni, quasi tutti pensionatiche, a turno, stanno rievocando le loro infanzie pregnedi esperienze gioiose e dolorose. Per quanto vividi pos-sano essere i suoi ricordi egli, che di nome fa Sandro,narra a quel consesso di annoiati che quando ebbe mododi incontrare per la prima volta i maiali più che bestie gliparvero degli esseri umani; erano tre insieme: una fami-gliola simile alla sua, composta da padre, madre e figlio.In tale occasione, quelle bestie rotonde e grassocce cheper sentito dire nel corso dei racconti di sua nonna pen-sava dovessero presentarsi di un colore rosato più o me-no simile a quello degli uomini glabri, gli apparvero in-vece di un lucente colore scuro, un po’ perché mantene-vano ancora i tratti somatici dei loro antichi predecesso-ri autoctoni e molto di più perché erano ricoperte daun’indefinibile melma grigia che brillava sotto la luce di