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Dopo i dati che avevano confermato come lo scioglimento dei ghiacci dell'Artico stia avvenendo molto più velocemente del previsto, ora, nuovi studi NASA hanno confermato che il riscaldamento del clima sta provocando una sempre maggiore perdita di ghiaccio anche in Groelandia e in Antartide. «Si tratta del primo studio che quantifica lo scioglimento della calotta antartica, il principale serbatoio di ghiaccio del pianeta con oltre il 90% del totale », ha spiegato Isabella Velicogna del CU-Boulder's Cooperative Institute for Research in Environmental Sciences, tra le principali autrici di una delle ricerche. Sul continente antartico sono conservate il 78% delle scorte della Terra. Inevitabilmente, lo scioglimento di questa enorme massa di ghiaccio ha i suoi effetti sul livello dei mari del pianeta che stanno crescendo ad un ritmo di circa 0,4 millimetri all'anno. L'osservazione effettuata dai satelliti contraddice le previsioni elaborate precedentemente dai ricercatori in merito alle conseguenze del riscaldamento del pianeta ed accolte all'interno del rapporto pubblicato nel 2001 dall'Intergovernamental Panel on Climate Change (IPCC). Questo rapporto infatti indicava che nel corso di questo secolo il riscaldamento delle temperature avrebbe causato un aumento delle precipitazioni atmosferiche sull'Antartide e quindi un ampliamento della sua copertura di ghiacci. Lo studio recente mostra al contrario che è in corso una significativa riduzione delle precipitazioni che non riescono a bilanciare la perdita di ghiaccio dovuta allo scioglimento. Un fenomeno esteso a tutto il continente ma che ha nel suo settore occidentale il suo epicentro. Il bilancio idrico della calotta antartica è stato elaborato attraverso l'analisi dei dati trasmessi dai satelliti della Nasa GRACE (Gravity Recovery and Climate Experiment) nel periodo compreso tra il mese di aprile del 2002 e agosto del 2005. I satelliti sono riusciti a misurare dettagliatamente la quantità di ghiaccio presente sulla calotta polare misurando le variazioni delle linee di forza della gravità terrestre. Lo scioglimento della calotta dell'Antartico sarebbe pari, negli ultimi 4 anni, ad una diminuzione di circa 152 km cubi l'anno, pari a circa 36 miglia cubiche di acqua. Per rendere l'idea, l'intera area metropolitana di Los Angeles in California consuma ogni anno 1,5 miglia cubiche di acqua. Dal 2002 al 2005 il livello globale del mare, secondo le stime di Velicogna e Wahr, è salito di 1,2 millimetri. Tutti segni del riscaldamento globale come predetto dai modelli computeristici.

La Verita' Del Ghiaccio

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Il WWF sottolinea che lo scioglimento accelerato dei ghiacci marini «avrà degli impatti considerevoli, come l’inondazione delle città costiere intorno al mondo, la perdita di habitat critici, l’estinzione di alcune specie, come l’orso polare, e la completa scomparsa della possibilità dei ghiacci di riflettere il calore dei raggi solari ultravioletti»...

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Dopo i dati che avevano confermato come lo scioglimento dei ghiacci dell'Artico stia avvenendo molto più velocemente del previsto, ora, nuovi studi NASA hanno confermato che il riscaldamento del clima sta provocando una sempre maggiore perdita di ghiaccio anche in Groelandia e in Antartide. «Si tratta del primo studio che quantifica lo scioglimento della calotta antartica, il principale serbatoio di ghiaccio del pianeta con oltre il 90% del totale», ha spiegato Isabella Velicogna del CU-Boulder's Cooperative Institute for Research in Environmental Sciences, tra le principali autrici di una delle ricerche.

Sul continente antartico sono conservate il 78% delle scorte della Terra. Inevitabilmente, lo scioglimento di questa enorme massa di ghiaccio ha i suoi effetti sul livello dei mari del pianeta che stanno crescendo ad un ritmo di circa 0,4 millimetri all'anno.

L'osservazione effettuata dai satelliti contraddice le previsioni elaborate precedentemente dai ricercatori in merito alle conseguenze del riscaldamento del pianeta ed accolte all'interno del rapporto pubblicato nel 2001 dall'Intergovernamental Panel on Climate Change (IPCC). Questo rapporto infatti indicava che nel corso di questo secolo il riscaldamento delle temperature avrebbe causato un aumento delle precipitazioni atmosferiche sull'Antartide e quindi un ampliamento della sua copertura di ghiacci. Lo studio recente mostra al contrario che è in corso una significativa riduzione delle precipitazioni che non riescono a bilanciare la perdita di

ghiaccio dovuta allo scioglimento. Un fenomeno esteso a tutto il continente ma che ha nel suo settore occidentale il suo epicentro.

Il bilancio idrico della calotta antartica è stato elaborato attraverso l'analisi dei dati trasmessi dai satelliti della Nasa GRACE (Gravity Recovery and Climate Experiment) nel periodo compreso tra il mese di aprile del 2002 e agosto del 2005. I satelliti sono riusciti a misurare dettagliatamente la quantità di ghiaccio presente sulla calotta polare misurando le variazioni delle linee di forza della gravità terrestre.

Lo scioglimento della calotta dell'Antartico sarebbe pari, negli ultimi 4 anni, ad una diminuzione di circa 152 km cubi l'anno, pari a circa 36 miglia cubiche di acqua. Per rendere l'idea, l'intera area metropolitana di Los Angeles in California consuma ogni anno 1,5 miglia cubiche di acqua. Dal 2002 al 2005 il livello globale del mare, secondo le stime di Velicogna e Wahr, è salito di 1,2 millimetri. Tutti segni del riscaldamento globale come predetto dai modelli computeristici.

Un altro rilevamento, pubblicato sul Journal of Glaciology, ha combinato nuove mappe delle calotte polari antartiche fornite da due satelliti dell'Agenzia Spaziale Europea con mappe precedenti della Groenlandia, determinando quanto velocemente stia cambiando lo spessore dei ghiacci. Secondo Jay Zwally, del NASA Goddard Space Flight Center, la situazione è cambiata in questi ultimissimi anni.

Gli scienziati NASA del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena hanno registrato una accelerazione del flusso verso il mare provocato dallo scioglimento dei ghiacciai della Groenlandia. “Per formare un blocco di ghiaccio e così pure per scioglierlo – ha sottolineato il dottor Eric Rignot del Jet Propulsion Laboratory – occorre sempre parecchio tempo. Se però la temperatura di superficie tende a salire, la reazione del ghiacciaio diventa

molto più rapida”. Rignot e il suo collega, il Dr. Pamir Kanagaratnam, del Center for Remote Sensing of Ice

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Sheets dell'università del Kansas, hanno documentato con foto riprese dall'alto dai satelliti della Nasa l'erosione impressionante dei ghiacciai della Groenlandia.

In una di queste foto, del maggio 2005, si vede il ghiacciaio sud-orientale di Helheim Gletscher, troncato da una profonda spaccatura verticale simile a quella rocciosa del Gran Canyon. Ai bordi dell'enorme blocco di ghiaccio che ricopre la maggior parte della Groenlandia, su un'area grande poco meno del Messico che si estende su 1.700.000 chilometri quadrati e raggiunge in alcuni punti i 3 chilometri di spessore, sempre più spesso la banchisa è spaccata e dai bordi si staccano in continuazione degli iceberg, che sprofondano con enorme fragore dentro l'Atlantico.

Facendo il conto totale dei guadagni e delle perdite relativi alle calotte di ghiaccio della Groenlandia e dell'Antartico, è risultata una grave perdita di ghiaccio confluito in mare. L'ammontare di acqua che si è aggiunta agli oceani è stata calcolata essere di circa 20 miliardi di tonnellate, equivalente al totale di acqua fresca usata nelle case, negli uffici e nelle fabbriche di New York, New Jersey e Virginia ogni anno.

“Lo studio indica che il contributo degli strati di ghiaccio al recente innalzamento del livello dei mari nelle decadi passate è stato molto minore, circa il 2%, rispetto a quello più recente, di quasi 3 millimetri all'anno”, ha detto Zwally. Ogni anno il disgelo continua a ritmi crescenti. Si è passati da una perdita annuale di 90 chilometri cubici di ghiaccio nel 1996 ai 224 km cubici del 2005. E lo scioglimento dei ghiacci in Groenlandia, dove la temperatura in vent'anni è salita di 3°C, a detta degli scienziati americani è responsabile per due terzi dell'aumento di livello dei mari, che ogni anno salgono in media di 3 millimetri.

Se il disgelo della Groenlandia continua ai ritmi attuali dell’8% a decennio, avvertono i climatologi, da qui al non lontanissimo 2060 è possibile che la Groenlandia si ritrovi senza ghiacciai, come era in epoche preistoriche e come fa capire d'altronde anche il suo nome, Greenland, che significa “terra verde”.

Ma le conseguenze, nel caso, non si faranno sentire solo nell'Artico. Rignot e Kanagaratnam spiegano infatti che, in caso di scioglimento totale dei ghiacciai della Groenlandia, il livello globale dei mari salirebbe di ben 7 metri: sarebbe inevitabilmente sommersa di nuovo la sfortunata New Orleans, ma non si salverebbero neppure Venezia, l'Olanda e gran parte di Londra e New York. In Italia, se questa previsione da Apocalisse dovesse verificarsi, finirebbe sott'acqua anche una buona parte di Roma, mentre la Padania si trasformerebbe in una grande palude.

La NASA continuerà a monitorare gli strati di ghiaccio polari con l'utilizzo di ICESat (Ice, Cloud and Land Elevation Satellite), lanciato nel gennaio del 2003, che sfrutta un fascio laser per misurare gli strati di ghiaccio con una accuratezza senza precedenti.

(pubblicato su Ecplanet, 13-03-2006)

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Antarctic Ice Sheet Losing Mass, According to CU-Boulder Study CIRES 02 marzo 2006

Antarctic and Greenland ice sheets are melting find new studies European Space Agency 17 marzo 2006

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La Groenlandia si scioglie, allarme catastrofi Corriere della Sera 20 febbraio 2006

ICESAT

Il riscaldamento globale in Antartide progredisce ad un ritmo tre volte maggiore rispetto alle altre zone della Terra. È la conclusione di uno studio britannico pubblicato su Science e basato sull'analisi dei dati meteorologici raccolti dai palloni sonda negli ultimi 30 anni sul continente antartico.

Si tratta di un riscaldamento di 0,7 °C per decennio, cioè di tre volte superiore a quello che sta succedendo nell'alta atmosfera del resto del mondo (circa 0,2 °C per decennio) e, addirittura, 10 volte superiore a quello medio globale a livello del suolo (circa 0,7 °C per secolo).

Le prime misure nell'atmosfera in quota sopra l'Antartide risalgono al 1957-1958 presso la stazione di Faraday/Vernadsk, una stazione installata sulla penisola Antartica nel 1947, ristrutturata nel 1953 dalla Gran Bretagna (con il nome di Faraday) e passata, poi, nel 1995 all'Ucraina (con il nome di Vernadsky). Questa stazione, tra l'altro, è una stazione pionieristica e storica, perché possiede la più lunga serie storica di dati meteo climatici mai registrati in Antartide.

(Credits: CU-Boulder National Snow and Ice Data Center)

Gli esperti del British Antartic Survey, coordinati da John Turner, hanno misurato l'andamento della temperatura nella fascia più bassa dell'atmosfera, quella a contatto con la superficie terrestre (troposfera) nella quale avviene lo scambio di calore fra la Terra e l'atmosfera. A fornire la mappa dell'andamento delle temperature negli inverni antartici degli ultimi 30 anni sono stati gli strumenti installati sui palloni per la raccolta di dati meteorologici lanciati fra il 1971 e il 2003. I dati relativi al riscaldamento del clima erano finora noti per particolari zone dell'Antartide, i nuovi dati analizzati dagli studiosi britannici hanno fornito ora la prima chiara indicazione di un cambiamento climatico su larga scala in atto nell'intero continente antartico.

“Il rapido riscaldamento superficiale della penisola antartica - osserva Turner - e i segnali dell'avanzare del riscaldamento globale nel continente mostrano la grande complessità dei cambiamenti climatici in atto. I gas responsabili dell'effetto serra potrebbero avere in Antartide un impatto ancora più grave di quello che hanno nel resto del pianeta e al momento non ne comprendiamo le cause. Non siamo in grado, al momento, di determinare il meccanismo che provoca il riscaldamento”.

I modelli attualmente utilizzati non sono, dunque, in grado di riprodurre una simulazione realistica dei sconvolgimenti climatici in Antartide e, di conseguenza, non sono attendibili nel ricostruire le possibili conseguenze del livello di riscaldamento effettivamente osservato nel continente dei ghiacci.

Ma perché sta succedendo tutto ciò? Il motivo di questo rapido ed inaspettato riscaldamento dell'atmosfera antartica non sembra trovare alcuna ragionevole spiegazione scientifica, se non in termini di un improvviso cambiamento climatico. Ma, anche un improvviso cambiamento climatico sembra strano perché riguarderebbe solo l'atmosfera in quota e non gli strati più bassi dell'atmosfera. Se questi ritmi drammatici di riscaldamento si fossero verificati al livello del suolo già buona parte dell'Antartide si sarebbe liquefatta.

Può darsi che sia cambiata la circolazione atmosferica sull'Antartide o può darsi che sia aumentata la concentrazione di gas serra (compresa l'umidità) negli strati più alti dell'atmosfera antartica, così da intrappolare più calore in quota che al suolo. O, forse, stanno intervenendo fattori “extra-scientifici”.

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Qualunque sia la causa, sarebbe il caso di smetterla di affidarsi ai modelli e concentrarsi su contro-misure reali, da adottare “qui e ora”.

(Pubblicato su Ecplanet 09-04-2006)

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Global Warming Signs Stronger in Antarctica LiveScience 30 marzo 2006

British Antarctic Survey

Secondo una recente analisi delle attuali temperature nella regione dell'Artico pubblicata sulla rivista Science, molte delle più importanti città del pianeta - tra le quali Bangkok, Londra, Miami e New York - rischiano seriamente di finire sott'acqua entro la fine del secolo. Allora, la temperatura media globale sarà di 3 gradi centigradi più alta di quella odierna - ovvero, farà lo stesso caldo che faceva 130mila anni fa, quando il livello degli oceani era dai 4 ai 6 metri più elevato.

“Con ogni probabilità, solo 5 anni fa le nostre stime circa la crescita dei livelli dei mari erano già troppo ridotte, troppo ottimistiche”, ha dichiarato Jonathan Overpeck, ricercatore della University of Arizona che ha contribuito attivamente a questo studio. Secondo il rapporto di Overpeck, le temperature sempre più alte stanno provocando lo scioglimento di gran parte del ghiaccio artico, Groenlandia inclusa, e il collasso di parte della più instabile calotta polare antartica. I nuovi dati dovrebbero far suonare l'allarme: le emissioni di diossido di carbonio nell'atmosfera devono essere ridotte.

“Più di 100 milioni di persone potrebbero essere colpite direttamente dall'innalzamento di un metro del livello dei mari”, ha detto Gary Griggs, direttore dell'Institute of Marine Sciences alla University of California di Santa Cruz. “Non esiste alcuna realistica speranza di salvare piccoli stati-isola come le Maldive”, ha dichiarato a Inter Press Service, “si tratta di una questione nuova ed enormemente importante”.

Le conseguenze di questo fenomeno sono un pericolo reale già in questo momento. Secondo il South Pacific Sea Level and Climate Monitoring Project, isole come Tonga e Tuvalu hanno registrato una crescita di 10 centrimetri solo nell'ultimo decennio. Lo scorso febbraio, nelle Isole Salomone, un'inondazione senza precedenti ha costretto all'evacuazione di 2mila persone. E non solo: la maggior parte della terra arabile delle isole è ora contaminata dal sale. Secondo Loti Yates, direttore del National Disaster Management Office delle Isole Salomone, negli ultimi 20 anni le bianche spiagge sabbiose di alcune delle isole sono state erose e spazzate via dalle correnti oceaniche, dalle forti mareggiate e dai livelli del mare sempre più alti.

Nel marzo scorso, maree record di 3 metri e mezzo di altezza hanno sommerso la maggior parte di Tuvalu, nazione composta da diversi atolli la cui altitudine massima è di 4,5 metri sul livello del mare. Molte delle spiagge costellate di palme sono svanite nel nulla e l'accresciuto livello del mare rende più disastroso l'impatto delle tempeste. Si sta discutendo del trasferimento dell'intera popolazione del paese, e diverse centinaia di persone hanno già lasciato la loro terra.

A 1200 chilometri di distanza, nelle Fiji - un arcipelago dalla superficie complessiva di 18,250 chilometri quadrati - il livello del mare è salito di 8 centimetri e aumenterà di altri 30 entro il 2050. Negli ultimi anni, le inondazioni sono state un problema in continua crescita, che è già costato parecchi milioni di dollari.

Spostandoci dall'altra parte del mondo, veniamo a sapere che - come sostiene John Shaw, ricercatore scientifico presso la Geological Survey of Canada - entro il 2030 buona parte della costa atlantica canadese verrà sommersa dall'oceano. A peggiorare la situazione, si aggiunge il fatto che la parte orientale del continente nordamericano sta progressivamente sprofondando, come risultato dell'ultima era glaciale. “Le tempeste marine hanno come conseguenza delle inondazioni da record”, continua Shaw, “inoltre, stanno

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erodendo le coste: si calcola che ogni tempesta porta la linea costiera 12 metri verso l'interno. Le linee costiere e le spiagge sono sempre in movimento, ma oggigiorno si stanno spostando più rapidamente che mai”.

“Sin dall'ultima era glaciale”, spiega Griggs, “il livello globale dei mari è cresciuto lentamente: e questo ha consentito alle zone costiere di svilupparsi senza troppe difficoltà. Tuttavia, negli ultimi decenni il fenomeno ha conosciuto una decisa accelerazione e questo ci costringe ad affrontare un guaio da miliardi di dollari: le linee costiere rinculano verso l'entroterra e le spiagge svaniscono”.

Secondo la previsione di Griggs, le città situate in aree costiere sotto il livello del mare dovranno fare i conti con gravi disastri causati dalle tempeste; poi ha aggiunto: “Non siamo assolutamente in grado di fronteggiare una situazione simile, né di escogitare un modo per venirne a capo”.

(pubblicato su Ecplanet 01-05-2006)

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Polar melting may raise sea level sooner than expected eurekalert 23 marzo 2006

Ecco a voi il Grande Scioglimento. Prima del previsto nuovimondi 11 aprile 2006

Al confine tra Congo ed Uganda, sulle leggendarie “montagne della luna”, nel cuore dell'Africa nera, si sta sciogliendo il ghiacciaio Renzuori.

Secondo i risultati delle ultime ricerche condotte dalla London College University, in collaborazione con i ricercatori della Makerere University dell'Uganda e con il Dipartimento di Gestione delle Risorse Idriche ugandese, a causa del riscaldamento climatico sparirà nel giro di 20 anni.

Tra i pochi ghiacciai presenti nella fascia equatoriale (gli altri sono quelli delle Ande, del Kilimangiaro e dell'Himalaya), Renzuori, appena un secolo fa, aveva una superficie di 6,5 km quadrati. Tra il 1987 ed il 2003 quest'area è diventata la metà, per arrivare a meno di 1 km quadrato di superficie rimasta.

Il ghiacciaio fornisce poca acqua, quindi la sua estinzione non sarà così drammatica per l'approvvigionamento idrico, ma significherà una grave perdita di biodiversità e risorse naturali, con un avanzamento della desertificazione. E sarà un trauma per la popolazione locale, i Bakonzo, per i quali “Nzururu”, che significa neve e ghiaccio, è anche il padre degli spiriti responsabili della vita.

(pubblicato su Ecplanet 24-05-2006)

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Equatorial African Icecaps Melting Away newswire 17 maggio 2006

L'uomo sta modificando la composizione dell'atmosfera a livelli e ad una velocità senza precedenti. È quanto ha stabilito un team di scienziati britannici da un'analisi delle bolle d'aria intrappolate nei ghiacci dell'Antartide: i livelli attuali di anidride carbonica e metano nell'atmosfera sono i più alti degli ultimi 800.000 anni. Gli studiosi britannici del British Antartic Survey (BAS) di Cambridge hanno scandagliato gli strati più profondi e antichi della calotta glaciale alla ricerca di bolle d'aria che potessero fornire informazioni sulla

trasformazione dell'atmosfera.

Negli strati che si accumulano ogni anno nel ghiaccio, si formano bolle d'aria “congelate” che contengono preziose informazioni chimiche, elettriche e isotopiche che possono essere decifrate per misurare il

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livello di metano e anidride carbonica presente in un dato periodo nell'atmosfera. È la cosiddetta “paleoclimatologia”.

Dalle analisi hanno scoperto che negli ultimi 800.000 anni vi sono stati otto cicli di cambiamenti atmosferici in cui la concentrazione di anidride carbonica e metano è stata accompagnata da aumenti della temperatura nei periodi associati alle ere inter-glaciali. “Tuttavia”, ha affermato Eric Wolf, uno degli studiosi che hanno preso parte alla spedizione, “mai come ora i livelli di Co2 e metano sono stati così alti”.

Dalle analisi degli studiosi è emerso infatti che la concentrazione di anidride carbonica negli ultimi 800.000 anni è oscillata tra le 180 parti per milione (ppm) e le 330 ppm, mentre oggi sta a 380ppm. Ancora più significativo l'aumento del metano, che non ha mai superato le 750 partti per miliardo, mentre negli ultimi 200 anni ha raggiunto le 1.780 parti per miliardo attuali.

Trattandosi di un aumento senza precedenti, ha sottolineato Wolf, è perciò impossibile utilizzare i cambiamenti climatici del passato come un modello per il futuro. “Un'analisi della calotta glaciale permette di scoprire i cambiamenti climatici che si sono susseguiti naturalmente sulla Terra negli ultimi 800.000 anni. Quando i livelli di anidride carbonica cambiavano, cambiava anche il clima. Negli ultimi 200 anni l'attività umana ha spinto la concentrazione di CO2 a livelli ben più alti di quelli raggiunti in maniera naturale e non abbiamo perciò un punto di riferimento di ciò che potrebbe accadere dopo”, ha detto lo studioso.

“Ci aspettiamo un riscaldamento globale a livello mondiale”. L'esperto dell'Istituto di inquinamento atmosferico del CNR, Antonello Pasini, ha risposto così all'allarme lanciato dai ricercatori britannici.

Pasini, autore del libro “Kyoto e dintorni; i cambiamenti climatici come problema globale”, ha quindi puntato il dito contro “la rapidità non naturale” con cui si è arrivati a questa concentrazione così elevata di uno dei maggiori imputati dell' effetto serra. “L'incremento dei gas serra degli ultimi decenni - ha detto Pasini - è stato non solo in termini assoluti ma anche in termini di rapidità. Una rapidità non naturale”.

La causa umana è quella preponderante per l'andamento così repentino dell'ultimo secolo. “Addirittura - sottolinea l'esperto del CNR - secondo un nostro studio, nel caso non vengano considerate cause antropiche, è impossibile ricostruire correttamente la temperatura degli ultimi 150 anni”.

(Pubblicato su Ecplanet 12-09-2006)

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Ice bubbles reveal biggest rise in CO2 for 800,000 years The Independent 05 settmbre 2006

Consiglio Nazionale delle Ricerche

Al largo delle coste neozelandesi sono stati avvistati, lungo le principali rotte di navigazione, un centinaio di iceberg alla deriva, che potrebbero essersi spinti verso Nord a causa di una forte tempesta nell'oceano meridionale. Il più grande misura 1,2 x 0.9 miglia ed è alto 128 metri. L'organizzazione scientifica neozelandese National Institute of Water and Atmospheric Research ha reso noto che gli iceberg potrebbero essersi frantumati dalla calotta antartica e si starebbero spostando più velocemente del previsto a causa di forti tempeste nell'area dell'oceano meridionale.

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Nel frattempo, si è aperta a Nairobi la dodicesima Conferenza Mondiale sui Cambiamenti Climatici. Nonostante ancora si sia lontani dalla piena applicazione el protocollo con cui a Kyoto nel 1992 si tentò di bloccare l'effetto serra, i delegati riuniti in Kenya sotto l'egida delle Nazioni Unite già parlano di cosa accadrà dopo il 2012, quanto scadrà il trattato.

«Il cambiamento climatico si sta rapidamente manifestando come una delle più gravi minacce che l'umanità abbia mai dovuto affrontare», ha dichiarato il vicepresidente del Kenya, Moody Awori, nell'aprire la conferenza. «Abbiamo una grande compito da affrontare», ha aggiunto Awori, particolarmente preoccupato degli effetti dell'aumento delle temperature nei paesi dell'Africa Sub-sahariana. Le economie di questi paesi «sono le più colpite», ha sottolineato, «oltre il 70%della nostra popolazione vive in aree rurali».

Un rapporto delle Nazioni Unite diffuso alla conferenza rivela che un terzo delle specie africane potrebbe perdere il suo habitat naturale entro il 2085 come conseguenza dei cambiamenti climatici, mentre in alcune zone l'innalzamento dei mari potrebbe portare alla distruzione del 30% delle infrastrutture costiere. Il direttore del Programma per l'ambiente dell'ONU, Achim Steiner, ha dichiarato: «il problema non è stato causato dal continente africano e ancora una volta è l'Africa a doversi adattare». Uno dei principali attivisti africani per l'ambiente, Grace Akumu, è stato più duro: «Si tratta delle emissioni di lusso degli Stati Uniti contro le nostre emissioni di sopravvivenza».

I 189 rappresentanti che sottoscrissero nel 1992 il trattato ONU sul clima sono oggi divisi in due gruppi: da una parte i 165 che hanno sottoscritto nel 1997 il Protocollo di Kyoto per la riduzione delle emissioni di gas serra, dall'altra i pochi altri che non hanno ratificato l'accordo, guidati degli Stati Uniti (che sono anche i maggiori inquinatori, ndr).

L'accordo di Kyoto obbliga 36 paesi industrializzati a ridurre entro il 2012 le proprie emissioni del 5% rispetto ai livelli registrati nel 1990. Ma nel 2001, il presidente George W. Bush si rifiutò di ratificare l'accordo, sostenendo che avrebbe danneggiato l'economia americana. In apertura della conferenza si è parlato anche del Rapporto Stern sui costi economici dei mutamenti climatici, secondo cui il surriscaldamento terrestre potrebbe costare tra il 5 e il 20% del Pil mondiale ogni anno, se non verranno adottate misure adeguate in tempi rapidi.

Per i rappresentanti italiani del WWF presenti a Nairobi, le previsioni sono nere. Stiamo andando incontro ad una catastrofe senza ritorno. Un prezzo che l'umanità, non può assolutamente permettersi. «Le società umane possono ancora evitare le conseguenze più disastrose e pericolose, ma le possibilità stanno rapidamente esaurendosi con il passare del tempo e la mancata azione», ha detto Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF Italia. «Con una vera leadership politica e a un'azione congiunta tra tutti i paesi del mondo - afferma Bologna - entro 10-15 anni potremo avviare una reale riduzione delle emissioni globali».

(Pubblicato su Ecplanet 23-11-2006)

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Iceberg Spotted from New Zealand Shore climatesci 18 novembre 2006

Climate change to hurt African economies and poor people most Rwanda News 07 novembre 2006

NIWA Group

Page 8: La Verita' Del Ghiaccio

Un'isola di ghiaccio grande come una cittadina - un maxi-iceberg della superficie di cento chilometri quadrati - è alla deriva nelle acque del Polo Nord dopo essersi staccata da uno dei maggiori ghiacciai dell'Artico canadese.

L'effetto serra è sul banco degli imputati per il distacco dalla Ellesmere Island, circa 700 chilometri a sud del Polo. Spessa 37 metri, la massa di ghiaccio si è staccata sedici mesi fa, il 13 agosto 2005, ma solo oggi gli scienziati hanno diffuso i particolari dell'evento dopo aver collegato immagini da satellite con le registrazioni dei sismografi che hanno avvertito l'impatto con l'acqua a oltre 200 chilometri di distanza.

L'isola Ellesmere fa parte della calotta polare Ayles, uno dei sei maggiori ghiacciai dell'Artico canadese. Un evento del genere non ha precedenti in 30 anni nella regione: il nuovo isolotto contiene ghiaccio vecchio tremila anni e secondo gli esperti il suo distacco rappresenta la prova, tangibile e drammatica, che il riscaldamento del pianeta si sta accelerando. “È un evento straordinariamente inquietante”, ha detto Warwick Vincent, un ricercatore della Laval University che studia le condizioni climatiche dell'Artico ed è da poco tornato da un sopralluogo nella regione. A suo parere “siamo arrivati a un guado in fatto di clima. Cambiamenti come questi sono il segnale che il cambiamento avviene sempre più in fretta”.

Secondo Vincent, le condizioni della calotta polare sono sempre più fragili a causa dell'effetto serra: i ghiacci dell'Artico canadese sono del 90% più piccoli rispetto a quando furono scoperti e misurati per la prima volta cento anni fa. Il nuovo isolotto alla deriva potrebbe rappresentare un pericolo per la navigazione e per l'industria estrattiva se in primavera continuerà a muoversi verso sud nel Mare di Beaufort. “Nei prossimi anni isole di ghiaccio come queste potrebbero spostarsi in rotte popolate”, ha messo in guardia Laurie Weir del Canadian Ice Service.

(Pubblicato su Ecplanet 09-02-2007)

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Maxi iceberg si stacca dall'Artico La Nuova Ecologia 04 gennaio 2007

Ellesmere Island's Ayles Ice Shelf Collapse sends chill CanWest News 30 dicembre 2006

Ayles Ice Shelf, Ellesmere Island NASA Earth Observatory

Ellesmere Island loses huge ice shelf

Jerry Kobalenko Extreme Journeys on Ellemere Island

Nuovi studi americani lanciano l'ennesimo preoccupante allarme sullo scioglimento dei ghiacci del Polo Nord. Anticipando di parecchio quanto già ipotizzato sui cambiamenti climatici, si prevede un completo scioglimento dei ghiacci dell'Artico già nell'estate del 2040.

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A fare questa ipotesi sono autorevoli scienziati del National Center for Atmospheric Research che hanno studiato i cambiamenti verificatisi nella coltre ghiacciata a partire dal 1870 fino ai nostri giorni. I dati emersi, attraverso simulazioni al computer e confermati dalle osservazioni dirette, rivelano che negli ultimi trent’anni si è verificato un marcato arretramento dei ghiacci. Successive simulazioni compiute per capire l'andamento dei prossimi anni mostrano che se le emissioni di CO2 persisteranno, i ghiacci attraverseranno periodi di relativa stabilità seguiti da improvvisi ritiri. Dai risultati ottenuti, gli studiosi ritengono che entro il 2040 il ghiaccio esisterà solo vicino alle coste settentrionali del Canada e della Groenlandia. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Geophisical Research Letters.

Nel frattempo, i ghiacciai del Tibet si stanno sciogliendo al ritmo di 131,4 chilometri quadrati all'anno. Il monito è arrivato dall'ultimo rapporto del China Geological Survey Bureau. Se non si interverrà drasticamente contro il riscaldamento del pianeta, avvertono gli esperti, altri 13 mila chilometri quadrati di ghiaccio potrebbero sciogliersi entro il 2050, alterando l'equilibrio idrico della regione. Dall'altopiano del Qinghai-Tibet, che ha un'estensione di 88.715 chilometri quadrati e un'altezza media di circa 4 mila metri, scendono infatti diversi grandi fiumi asiatici sulle cui sponde vivono centinaia di milioni di persone. La riduzione complessiva dell'acqua potrebbe avere grosse conseguenze ambientali ed economiche. Per questo gli studiosi auspicano che il rapporto possa spingere il governo cinese ad adottare speciali misure di protezione dell'area.

Per quanto riguarda l'Italia, invece, la glaciologa Augusta Cerutti ha reso noto che negli ultimi anni i ghiacciai del Monte Bianco si sono ritirati di circa 25-30 metri. L'esperta ha sottolineato che il massiccio del Monte Bianco “é meno sfortunato, per la sua altezza, di altre montagne in quanto vi sono maggiori possibilità di deposito della neve”. Ciò che desta maggiore preoccupazione è lo scioglimento del permafrost (la porzione di terreno che presenta per almeno due anni consecutivi una temperatura media annua inferiore a 0 gradi centigradi) sia in termini di effettiva presenza, sia in relazione ai processi di instabilità dei terreni e degli ammassi rocciosi che possono essere attivati in ragione del riscaldamento globale in atto.

Aumentando le temperature, il permafrost, che funge da “cemento” nelle fessure e nelle cavità delle montagne, si scioglie provocando così “i crolli delle rocce che non hanno più il “collante” che le tiene unite”. Se la temperatura aumenterà con i ritmi attuali, nel 2100 la Valle d'Aosta non avrà più ghiacciai.

Un'altro gruppo di scienziati europei del progetto DAMOCLES (Developing Arctic Modeling and Observing Capabilities for Long-term Environmental Studies), lo scorso dicembre, durante un meeting in Germania, aveva annunciato che, a causa del riscaldamento globale, i ghiacci dell'Oceano Artico potrebbero scomparire interamente entro il 2080.

(Pubblicato su Ecplanet 15-02-2007)

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North Pole Ice Sheet Could Disappear By 2040 Space Daily 11 dicembre 2006

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Glaciers on Qinghai-Tibet Plateau Melting Away Xinhua News 06 gennaio 2007

Monte Bianco: ghiacciai ritirati di circa 30 metri Corriere 07 gennaio 2007

Arctic ice field could melt by 2080: research ABC news 06 dicembre 2006

National Center for Atmospheric Research

DAMOCLES - Understanding climate change in the Arctic

Navi rompighiaccio ed elicotteri sono stati mobilitati a largo della costa orientale del Canada per portare in salvo 600 cacciatori di foche rimasti intrappolati da una settimana con le loro navi tra i ghiacci. Carburante, cibo e acqua potabile cominciano a scarseggiare a bordo delle circa 100 navi bloccate lungo la costa di Newfoundland, a sud del Labrador. Il ghiaccio minaccia di stritolare le imbarcazioni, 15 delle quali si trovano in estrema difficoltà, ha detto il portavoce della Guardia costiera canadese, capitano Brian Penney al quotidiano Globe and Mail. “Ho parlato con molti cacciatori, hanno delle falle nello scafo e stanno imbarcando acqua”, ha aggiunto Frank Pinhorn, direttore

dell’Associazione dei cacciatori di foche canadesi. Almeno un equipaggio è già stato costretto ad abbandonare la propria nave e ad accamparsi sul ghiaccio. I soccorsi sono resi difficili dalle stesse pesanti condizioni atmosferiche che hanno provocato questa situazione: anche una nave rompighiaccio mandata in aiuto è stata intrappolata nella banchisa.

LAV (Lega Anti Vivisezione) e IFAW (International Fund for Animal Welfare), “per sollecitare un atto urgente che trasformi in legge il decreto interministeriale che un anno fa in Italia ha introdotto un bando di fatto a import e commercializzazione di pellicce e derivati di foca”, hanno mostrato ad alcuni Parlamentari italiani, nella Sala Stampa del Senato, un nuovo scioccante video che documenta la strage delle foche in Canada, dove la caccia è ricominciata da poco più di due settimane per sterminare le 270.000 foche indicate dal Governo canadese come quota annuale da abbattere.

Il video, registrato al Golfo di San Lorenzo, mostra le foche isolate e in difficoltà su lastre di ghiaccio sottili a causa delle alte temperature che stanno sciogliendo i ghiacciai, ferite a colpi di fucile dai cacciatori e raccolte poi dalle navi sulle quali stazionano i cacciatori

impossibilitati a camminare sulle sottili e instabili lastre di ghiaccio. Neppure lo scioglimento dei ghiacciai, che nelle ultime settimane ha causato la morte di numerosi cuccioli di foca ancora incapaci di nuotare, ha persuaso il Governo canadese a fermare la caccia. Già nel 2002, lo scioglimento dei ghiacci provocò la morte prematura, per affogamento, del 75% dei cuccioli di foca: una percentuale che quest'anno si teme possa essere addirittura superata per l'innalzamento delle temperature.

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Negli ultimi tre anni, in Canada sono state uccise più di 1 milione di foche e negli ultimi 4 anni la quota massima di foche “cacciabili”, indicata dagli scienziati canadesi per non mettere a rischio la popolazione di foche, è sempre stata superata. Per il 2007, ad esempio, gli scienziati avevano suggerito di non superare la quota annuale di 165.000 animali da cacciare: il Governo canadese invece ha aumentato la quota a ben 270.000 foche. Il 98% delle foche uccise ha una età tra i 12 giorni e i 3 mesi di vita: sono quindi cuccioli a tutti gli effetti, considerato che questi mammiferi possono raggiungere i 30 anni d'età. “Facciamo appello alla sensibilità del ministro Pecoraro Scanio e sollecitiamo un urgente disegno di legge che metta fine a questo massacro, dando così attuazione alla recente mozione approvata dal Senato, alla dichiarazioni scritta del Parlamento Europeo e alla risoluzione del Consiglio d'Europa che invita i Governi nazionali a bandire il commercio di pelli di foca”, ha dichiarato Roberto Bennati. Appello accolto dal ministro che ha annunciato un disegno di legge per lo stop all'import di pelli di foca.

(Pubblicato su Ecplanet 03-05-2007)

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Canadian seal hunters trapped The Guardian 20 aprile 2007

LAV

International Fund for Animal Welfare

Il 5 giugno si festeggia in tutto il mondo la Giornata Mondiale per l'Ambiente, World Environment Day, istituita dall'ONU per ricordare la Conferenza di Stoccolma sull'Ambiente Umano del 1972, nel corso della quale prese forma il Programma Ambiente delle Nazioni Unite (United Nations Environment Programme) allo scopo di sensibilizzare sui temi ambientali l´opinione pubblica a livello mondiale e favorire l'azione e l'attenzione del mondo politico (fino ad oggi, un totale fallimento, ndr). Quest'anno, con lo slogan “Melting ice - a Hot Topic?”, proverà a concentrare l'attenzione sull'emergenza ghiacci, dal Polo Nord all´Everest, mentre l´UNEP rilancia l´iniziativa “Plant For Planet: Billion Tree Campaign”, che ha l'obiettivo di riuscire a piantare un miliardo di alberi nel mondo (a livello globale, la diffusione delle foreste sulla terra è diminuita di un terzo).

I ghiacciai, dall'Himalaya alle Alpi, si stanno ritirando, il permafrost, dall'Alaska alla Siberia, si sta riscaldando, le nevicate stanno diventando imprevedibili in molte regioni, si legge nello studio “Global Outlook for Ice and Snow”, scritto da più di 70 esperti del settore. Il 5 maggio scorso, l'ICIMOD (International Centre for Integrated Mountain Development), il Centro Internazionale con sede a Kathmandu che riunisce gli otto Paesi della regione himalayana, ha reso noto che anche l'Himalaya si sta sciogliendo: una grande porzione del ghiacciaio di Rongbuk, sul versante settentrionale del monte più alto del mondo, l'Everest, è sparita a causa del surriscaldamento dell'atmosfera (lo ha constatato una spedizione organizzata da Greenpeace, che ha visitato l'Everest nella prima metà di maggio). In generale, lo scioglimento dei ghiacciai è aumentato dell'1% annuo negli ultimi 35 anni.

Andreas Schild, direttore generale dell'ICIMOD, ha detto che le montagne sono minacciate dal cambiamento climatico quanto e probabilmente anche più delle zone costiere, per questo devono rientrare nelle priorità dei programmi internazionali tesi a controllare gli effetti del riscaldamento del pianeta. Dopo l'Antartide e l'Artico, l'Himalaya è la più grande riserva di

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ghiaccio del pianeta. Se lo scioglimento del ghiaccio proseguirà al ritmo attuale, la superficie totale dei ghiacciai della catena himalayana si ridurrà dell'80% in meno di trent'anni, e, con essa, moriranno i principali fiumi dell'Asia, tra cui il Gange, il Mekong e lo Yangtze, che nascono dai ghiacciai dell'Himalaya. Il 40% dei 6,5 miliardi di abitanti del pianeta dovranno affrontare le conseguenze dello scioglimento dei ghiacci in Asia (la neve e il ghiaccio dell'Himalaya contribuiscono a regolare i livelli d'acqua dei fiumi dalla Cina all'India). L'innalzamento di un metro del livello delle acque degli oceani, causato dallo scioglimento dei ghiacci, potrebbe causare 950 miliardi di dollari di danni e esporrebbe al rischio di inondazioni e valanghe145 milioni di persone.

Per promuovere gli studi sulla composizione dell'atmosfera ed i mutamenti climatici nella regione asiatica, è stato avviato da alcuni anni un progetto denominato Atmospheric Brown Clouds (ABC), promosso dall'UNEP in collaborazione con il Center for Clouds, Chemistry and Climate della Scripps Institution of Oceanography (C4/SIO). L'Italia partecipa a questo progetto attraverso il Comitato Ev-K²-CNR, con la stazione remota ABC-Pyramid realizzata a quota 5079 nella Valle del Khumbu. Dal febbraio 2006, la stazione di monitoraggio climatico più alta al mondo - progettata e realizzata dall'Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima del CNR (ISAC-CNR) di Bologna in collaborazione con il CNRS di Clérmont-Ferrand - fornisce dati, misure e informazioni visibili in tempo reale grazie ad un particolare sistema di trasmissione satellitare inserito nel programma AERONET (AErosol RObotic NETwork), una rete di monitoraggio della NASA costituita da più di un centinaio di fotometri sparsi in tutto il mondo.

(Pubblicato su Ecplanet 06-06-2007)

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World Environment Day focuses on melting ice enviromentalresearch 06 giugno 2007

The Himalayas are melting cicero

ICIMOD

AERONET

Comitato Everest-K2-CNR

Global Outlook for Ice and Snow

World Environment Day 2007 - UNEP

I ghiacci del Mare Artico, nell'emisfero nord, hanno raggiunto il livello più basso mai misurato: lo ha detto uno specialista amaericano, aggiungendo che è una conseguenza dello scioglimento dovuto al riscaldamento globale. Ha anche detto che le acque artiche quest'anno saranno esposte ad una luce solare più intensa, e

dunque ad un ancor maggiore riscaldamento.

William Chapman, esperto di metereologia artica al Department of Atmospheric Science della University of Illinois Champaign-Urbana, ha scritto sulla pubblicazione online The Cryosphere Today che il record negativo è stato raggiunto un mese esatto prima del minimo storico estivo, che di solito si tocca nella seconda settimana di settembre. "Ci sarà ancora un mese, o più, di scioglimento quest'anno",

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ha detto Chapman, "quasi certamente il precedente record negativo registrato nel 2005 sarà annichilito alla fine di questa estate".

Lo strato di ghiaccio dell'emisfero nord, secondo quanto dice Chapman, ha perso in media il 25-30% rispetto a 50 anni fa. Chapman ha chiamato in causa le gelate venute in ritardo e il disgelo venuto in anticipo: "La primavera anticipata ha aperto al sole molte più acque del normale", il ché ha accelerato lo scioglimento dei ghiacci. Inoltre, ha contribuito anche il più basso livello di nuvole: "L'estate finora è stata piuttosto chiara, non c'è stato il 90% di nuvoloso come di solito". La preoccupazione di Chapman è che l'Oceano Artico sta assorbendo una grossa quantità di calore.

Un'altra anomalia registrata da Chapman è che il calo del ghiaccio artico quest'anno è stato radicale rispetto agli anni precedenti, in cui era rimasto confinato in aree specifiche come il Nord Atlantico, il Mare di Bering e il Mare di Beaufort, per via dei venti prevalenti che soffiavano su queste aree. "Lo scioglimento avvenuto quest'anno è tanto unico quanto drammatico, e ha riguardato l'intero settore artico", ha concluso Chapman.

“Il dato più allarmante è la velocità a cui sta avvenendo il fenomeno '', ha commentato Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana, ''va considerato comunque che si parla di valore record da quando vengono utilizzati i satelliti, cioè dal '79 in poi, visto che l'estensione del ghiaccio marino artico veniva misurato dai militari durante la guerra fredda e poi il dato è stato reso pubblico per scopi scientifici''. Ciò non rende però il dato meno drammatico.

Secondo Mercalli, la prospettiva è che a settembre si registrerà un ulteriore record negativo, come previsto da Chapman. E, in qualche modo, questa ulteriore riduzione ''conferma le anticipazioni dei modelli matematici di previsione del clima, ancora incerti, ma che danno sempre le zone artiche come particolarmente sensibili".

(Pubblicato su Ecplanet 29-O8-2007)

Arctic sea ice 'lowest in recorded history' ABC 11 agosto 2007

Department of Atmospheric Sciences | University of Illinois

Bali, 11 dicembre 2007.

I ghiacciai si stanno sciogliendo sempre di più. Nel Bhutan, a una media di 20-30 metri all'anno. Nelle Ande peruviane, la calotta glaciale è scomparsa del tutto, causando il prosciugamento dei canali idrografici. Il riscaldamento globale porterà alla scomparsa dell'habitat naturale di diverse specie, conducendole all'estinzione.

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A rischio molte specie di pinguini dell'Antartide: si sta sciogliendo il ghiaccio sotto le loro zampe e potrebbero non avere più da mangiare. È il WWF a lanciare l'allarme da Bali, dove si sta svolgendo la conferenza ONU sui cambiamenti climatici. Il ghiaccio che si forma dall'acqua marina copre oggi un'area inferiore del 40% rispetto a 26 anni fa, dunque gli animali hanno meno terreno a disposizione per riprodursi e per sfamarsi. Non riconoscono più i luoghi senza il ghiaccio e depositano le uova dove il sole fa sciogliere troppo in fretta la crosta gelata, prima che si schiudano. Sono condannati all'estinzione.

Anche lo scioglimento dell’Artico procede a un ritmo più rapido del previsto: già dall’estate del 2013, il Polo Nord sarà completamente privo di ghiaccio. Quest’estate la calotta artica si è ridottai al livello più basso mai registrato: 4,13 milioni di chilometri quadri. Rispetto alla superficie media di 6,74 milioni chilometri quadri del periodo 1979-2000 se ne sono sciolti 2,61 milioni, un’area equivalente a Alaska e Texas messi insieme.

Il WWF sottolinea che lo scioglimento accelerato dei ghiacci marini «avrà degli impatti considerevoli, come l’inondazione delle città costiere intorno al mondo, la perdita di habitat critici, l’estinzione di alcune specie, come l’orso polare, e la completa scomparsa della possibilità dei ghiacci di riflettere il calore dei raggi solari ultravioletti».

Intanto, spiega il rapporto "Breaking Records in 2007 - Climate Change”, «gli incendi delle foreste hanno rilasciato milioni di tonnellate di carbonio nell’atmosfera, creando un pericoloso effetto di amplificazione, suscettibile di accelerare il riscaldamento del clima».

L'attore inglese Orlando Bloom, l'affascinante Legolas de "Il Signore Degli Anelli", ha dato vita, insieme al fotografo Sebastian Copeland, ad un articolato progetto fotografico per denunciare le conseguenze del riscaldamento globale. I duehanno realizzato un reportage naturalistico in Antartide dando vita ad un libro, "Antarctica: The Global Warning", ad una mostra (che attualmente si tiene a Los Angeles) e ad un film-documentario . 

Gli scatti ritraggono i devastanti effetti dell'aumento globale delle temperature e il conseguente scioglimento dei ghiacci.

(Pubblicato su Ecplanet 19-12-2007)

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Penguins in Peril as Climate Warms, Says WWF 11 dicembre 2007

Record breaking year for climate 03 dicembre 2007