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LA TUTELA DELLA PRIVACY E LA RESPONSABILITÀ CIVILE

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LA TUTELA DELLA PRIVACY E LA RESPONSABILITÀ CIVILE

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GIULIO RAMACCIONI

LA TUTELA DELLA PRIVACY E LA RESPONSABILITÀ CIVILE

JOVENE EDITORE 2014

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DIRITTI D’AUTORE RISERVATI

© Copyright 2014

ISBN 978-88-243-2314-7

JOVENE EDITORE Via Mezzocannone 109 - 80134 NAPOLI NA - ITALIA Tel. (+39) 081 552 10 19 - Fax (+39) 081 552 06 87

web site: www.jovene.it e-mail: [email protected]

I diritti di riproduzione e di adattamento anche parziale della presente opera (compresi i microfilm, i CD e le fotocopie) sono riservati per tutti i Paesi. Le riproduzioni totali, o parziali che superino il 15% del volume, verranno perseguite in sede civile e in sede penale presso i produttori, i rivenditori, i distributori, nonché presso i singoli acquirenti, ai sensi della L. 18 agosto 2000 n. 248. È consentita la fotocopiatura ad uso personale di non oltre il 15% del volume successivamente al versamento alla SIAE di un compenso pari a quanto previsto dall’art. 68, co. 4, L. 22 aprile 1941 n. 633.

Printed in Italy Stampato in Italia

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INDICE

PARTE PRIMA

INTRODUZIONE

1. L’analisi dei problemi ...................................................................... p. 12. Piano della ricerca ........................................................................... » 8

PARTE SECONDA

IL DIRITTO ALLA PRIVACY: FONDAMENTO, ORIGINE ED EVOLUZIONE

CAPITOLO I

LA RILEVANZA GIURIDICA DELLA PERSONA

COME VALORE DELL’ORDINAMENTO: PROFILI STORICI-EVOLUTIVI

1. Premessa .......................................................................................... » 172. Il problema della persona nella dottrina giuridica ......................... » 193. Teorie ‘monista’ e ‘pluralista’ dei diritti della personalità .............. » 284. (Segue): Il formante giurisprudenziale fra applicazione della

teoria monista e della teoria pluralista ............................................

» 305. Lo studio di Giampiccolo ............................................................... » 346. (Segue): Il dibattito successivo ........................................................ » 36

CAPITOLO II

L’APERTURA DI UNA NUOVA FRONTIERA: IL DIRITTO ALLA PRIVACY. PROFILI COMPARATISTICI

1. Premessa .......................................................................................... » 412. Alle origini del concetto .................................................................. » 41

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INDICE VI

CAPITOLO III

IL DIRITTO ALLA PRIVACY NELL’ESPERIENZA ITALIANA:

ORIGINE ED EVOLUZIONE

1. La prima metà del Novecento ......................................................... p. 472. Gli anni Cinquanta e Sessanta: l’inizio della discussione sul tema

e il successivo sviluppo ....................................................................

» 483. (Segue): La rilevanza del formante giurisprudenziale: due casi

emblematici .....................................................................................

» 514. Gli anni Settanta: le tesi di Rodotà ed il caso Soraya ..................... » 555. (Segue): La ‘costituzionalizzazione’ della persona .......................... » 606. Gli anni Ottanta e Novanta: i progetti di legge e il varo della

prima disciplina normativa ..............................................................

» 637. Gli anni Duemila: il D.lgs. 30 giugno 2003, n. 196: (rinvio) .......... » 66

CAPITOLO IV

LE PROSPETTIVE DI REGOLAMENTAZIONE DA PARTE DELL’UNIONE EUROPEA

E DELLA CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO E DELLE LIBERTÀ FONDAMENTALI

1. I recenti sviluppi legislativi in Europa ............................................ » 672. Il diritto alla privacy e la giurisprudenza delle Corti europee ........ » 73 2.1. La Corte di Giustizia UE … .................................................... » 73 2.1.1. … e il recupero della formula del substantive due

process ...........................................................................

» 77 2.2. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ................................. » 80

CAPITOLO V

I DIRITTI DELLA PERSONALITÀ ED IL MODELLO DELLA PRIVACY:

TRE GENERAZIONI A CONFRONTO (CENNI GENERALI)

1. Privacy e diritti della personalità ..................................................... » 872. La prima generazione ...................................................................... » 883. La seconda generazione .................................................................. » 884. La terza generazione ........................................................................ » 89

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INDICE VII

PARTE TERZA

LA RISARCIBILITÀ DEL DANNO NON PATRIMONIALE DA ILLECITO TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

1. Premessa: qualche necessaria precisazione ..................................... p. 912. Impostazione dell’indagine ............................................................. » 92

CAPITOLO VI

IL D.LGS. 30 GIUGNO 2003, N. 196

E IL MODELLO DI TUTELA PROSPETTABILE CON RIGUARDO ALLA DISCIPLINA

SUL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

1. L’ambito applicativo del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n.196 ...................................................................................................

» 99

2. L’ottica della tutela .......................................................................... » 101

CAPITOLO VII

LA CONFIGURAZIONE DEL DANNO NON PATRIMONIALE

1. La configurazione del danno non patrimoniale: una questioneaperta ...............................................................................................

» 107

2. I mutamenti degli anni Sessanta ...................................................... » 1083. La Corte costituzionale dirige il dibattito sul danno non

patrimoniale. Le sentenze Dell’Andro e Mengoni .........................

» 1104. «Il diritto vivente» delineato da Cass. nn. 8827 e 8828 del 2003 e

da Corte cost. n. 233/2003 ..............................................................

» 1135. Cass., Sez. Un., nn. 26972-26973-26974-26975/2008 .................... » 1176. I limiti del rimedio risarcitorio nella vicenda del danno alla

persona e, in particolare, nella disciplina del trattamento dei datipersonali ..........................................................................................

» 121

CAPITOLO VIII

LA RISARCIBILITÀ DEL DANNO NON PATRIMONIALE NELLA DISCIPLINA DI CUI AL D.LGS. 30 GIUGNO 2003, N. 196

1. La risarcibilità del danno non patrimoniale ex art. 15 D.Lgs. 30

giugno 2003, n. 196 ..........................................................................

» 1272. Il danno non patrimoniale: le condizioni di risarcibilità e

l’effettività del pregiudizio ..............................................................

» 129

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INDICE VIII

3. Clausola di ingiustizia del danno e tipizzazione dei danni ‘tecnici’. Dal danno-conseguenza alla antigiuridicità della condotta: profili preventivi e sanzionatori della tutela ...................

p. 132 3.1. Il criterio di ingiustizia del danno ........................................... » 133 3.2. Il concetto di evento dannoso (in quanto effetto di una

condotta) ..................................................................................

» 136 3.3. Il contesto normativo e sistematico nel quale la disciplina sul

trattamento dei dati personali si inserisce ...............................

» 139 3.3.1 La fonte legale .............................................................. » 139 3.3.2. La fonte giudiziale ........................................................ » 1454. Alcune sintetiche conclusioni sul tema trattato in questo capitolo .. » 154

CAPITOLO IX

LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE

NELL’AMBITO DELLA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

1. La diffamazione on line ................................................................... » 1522. La cd. «raccolta occulta di dati» e i cd. «dati a raccolta palese» .... » 1643. La responsabilità dell’«internet service provider», del gestore dei

«motori di ricerca» e del «social network» .....................................

» 1714. La responsabilità nel caso di appropriazione indebita di «nomi a

dominio» (cd. «domain name grabbing» o «cybersquatting») .........

» 1835. Le responsabilità per truffe informatiche volte a sottrarre i dati

personali dell’utente (cd. «phishing») .............................................

» 1926. Un ulteriore possibile ambito di applicazione delle regole in tema

di responsabilità civile: l’adozione e il diritto a conoscere leproprie origini. Due recenti provvedimenti del Garante dellaprivacy ..............................................................................................

» 1957. Web 3.0: la «nuvola» e le altre frontiere tecnologiche ................... » 208

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PARTE PRIMA

INTRODUZIONE

«L’idea che gli altri vedevano in me uno che non ero io quale mi conoscevo; uno che essi soltanto potevano conoscere guardandomi da fuori con occhi che non erano i miei e che mi davano un aspetto destinato a restarmi sem-pre estraneo, pur essendo in me, pur essendo il mio per loro (un “mio” dunque che non era per me!); una vita nella quale, pur es-sendo la mia per loro, io non potevo pene-trare, quest’idea non mi diede piú requie». (L. Pirandello, Uno nessuno e centomila).

SOMMARIO: 1. L’analisi dei problemi. – 2. Piano della ricerca.

1. L’analisi dei problemi

Tra le notizie recenti apprese sul web e che, magari, sono sfuggite ai più, potrebbe esserci la legge approvata dal Senato su proposta del senatore Cirenga e riguardante lo stanziamento di 134 miliardi di euro per trovare un posto di lavoro ai parlamen-tari non rieletti. Questa decisione, sempre secondo quanto af-fermato su internet, è stata presa dal Senato con 257 voti favore-voli e 165 astensioni.

Immediato lo sdegno corale per l’improvvida iniziativa del senatore Cirenga. Un’ondata di proteste si è riversata on line. Ol-tre 36.000 persone hanno condiviso l’appello per denunciare Ci-renga e la sua pagina Facebook, con tanto di forum, è stata con-sultata con grande irritazione.

Peccato però che è tutto falso. Ed infatti, nessun senatore si chiama Cirenga, il sito del Se-

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PARTE PRIMA 2

nato non reca notizia della legge e la somma dei voti riportati nella notizia è 422, mentre i senatori sono 315 (oltre ai senatori a vita). Non solo, ma anche la cifra di 134 miliardi di euro è evi-dentemente manifestamente irreale (rappresentando circa un de-cimo del PIL italiano)1.

Ex falso sequitur quodlibet, verrebbe proprio da dire! Se-condo una dimensione che sembra uscita dagli scenari pre- conizzati da Philip K. Dick nei suoi racconti scritti tra gli anni ’50 e ’60 e confluiti nel libro Rapporto di minoranza e altri racconti2.

La ‘farlocca’ proposta di legge del Sen. Cirenga, scelta fra i tantissimi esempi che si potevano fare in materia, mostra plasti-camente come siamo difronte a trasformazioni tanto rapide, trai-nate dagli effetti di una rivoluzione tecnologica straordinaria-mente pervasiva, che ognuno di noi rischia di non starne al pas-so, di non capire il cambiamento, di perdersi nella confusione - che si trasforma in «quodlibet» - del vero e del falso, travolto dal venire meno di punti di riferimento una volta ritenuti stabili.

__________ 1 Questo esempio è emblematico di un pericolo reale. Secondo, infatti, una ri-

cerca del 2014, condotta dal World Economic Forum e curata dalla prof.ssa Farida Vis dell’Università di Sheffield, tra i dieci pericoli maggiori del nostro tempo c’è la «diffu-sione di false notizie», capaci di disorientare il dibattito politico dai temi reali, la Borsa e i mercati dall’economia reale

2 Philip K. Dick, Rapporto di minoranza e altri racconti, edizioni Fanucci, Roma, 2004. In questo bel libro, L’A. guarda a un futuro in cui la memoria viene falsificata così come lo stesso futuro. Un luogo in cui l’uomo confonde i propri simili con esseri artificiali ai quali lui stesso a contribuito a dar vita, creature capaci di scegliere la pro-pria strada, emancipate da ogni dominio, tuttavia inconsapevoli dei limiti che una na-tura troppo simile a quella umana può generare, ostacolando di fatto una evoluzione diversa da quella già intrapresa da altri. I personaggi creati dall’A. restano spesso so-spesi tra livelli di realtà che si fondono tra loro, relegando la coscienza di sé in un lim-bo profondo e trasmettendo al lettore un impalpabile dubbio circa il significato stesso di realtà. L’universo dickiano – che presenta analogie con quanto evidenziato da Kafka nel racconto intitolato Nella colonia penale – si basa in larga parte sul concetto di u-manità ‘eterodiretta’: tema di interesse per il giurista, quando le ‘meraviglie’ della tec-nica possono prendere direzioni incontrollate ed incontrollabili. Nella finzione, infatti, quello che poteva sembrare un modello perfetto di efficienza giuridica penale si tra-sformerà in un ‘incubo’ in cui verrà gettato il protagonista della vicenda.

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INTRODUZIONE 3

In questo senso la novità sicuramente più evidente e dirom-pente3 (che proprio per la sua natura consente la commistione fra notizie reali e non) è rappresentata da internet, cioè dalla rete telematica globale che, sfruttando la tecnologia digitale e quella telematica, oggi collega milioni di computer in grado di dialoga-re tra loro a distanza e permette agli utenti di ‘navigare’ in uno spazio virtuale comune.

La vita quotidiana di ciascuno di noi è infatti ormai, in ogni sua espressione e ambito, avvolta dalla informatica e sempre più la globalizzazione delle relazioni sociali, la necessità di semplifi-carle e nel contempo di renderle sicure, impone un massiccio utilizzo di internet.

Tale situazione ha condotto in un breve lasso di tempo ad un rapido aumento della circolazione e della utilizzazione delle informazioni personali, mediante raccolta, selezione e percezione di innumerevoli dati. Ciò ha reso maggiormente vulnerabile cia-scuno di noi, sempre più esposto al rischio concreto che la circo-lazione dei propri dati personali possa risolversi in un’opera di erosione delle prerogative della persona. Ed infatti l’avvento dell’era tecnologica e dei moderni sistemi di comunicazione, ol-tre ad aver trasformato la vita degli individui modificandone e condizionandone le abitudini, ha posto tutta una serie di nuovi problemi di rilevanza giuridica.

Uno di questi riguarda il tema della tutela della persona ri-spetto al trattamento dei dati personali. Vi è, infatti, la chiara e-sigenza di predisporre nuove forme di tutela a favore dell’in- dividuo, soprattutto quando vengono in considerazione suoi di-ritti essenziali quali quelli della personalità4.

__________ 3 Si utilizza tale termine in riferimento al fatto che il progresso tecnologico e

scientifico, nel porre sul tappeto nuovi e complessi problemi giuridici, mette a seria prova le ‘certezze’ del codice civile e le categorie concettuali intorno alle quali si è da sempre mosso il giurista.

4 Non tento in questa sede una ricostruzione delle vicende complesse e ricchis-sime che hanno riguardato la origine e la evoluzione della categoria dei ‘diritti della personalità’. Per tutto questo e per dare conto dell’intenso dibattito dottrinario v., in-fra, cap. I.

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PARTE PRIMA 4

Sono sotto gli occhi di tutti i diversi attentati ai diritti e alle libertà delle persone che vengono realizzati ogni giorno e non so-lo con lo strumento di internet: si pensi, ad esempio, all’invio di messaggi indesiderati di posta elettronica di contenuto commer-ciale, oppure alla ricezione di messaggi sul telefono cellulare (i cd. «SMS») o di casa (cd. «Spamming o Junk Trail»). A questa casistica si aggiungano fenomeni molto più subdoli di invasione della sfera di libertà delle persone perpetrati con mezzi più sofi-sticati, per ricostruire il profilo personale, ovvero per studiare le abitudini di vita, o di consumo (cd. «Clicktrail») o per finalità di controllo o per sottrarre l’identità informatica (cd. «Phishing»).

In questo quadro d’insieme la materia della privacy rappre-senta il banco di prova privilegiato sul quale verificare la effetti-vità della tutela che l’ordinamento appronta in favore della per-sona, evidenziando inoltre una forte correlazione con altri con-cetti cardine quali libertà e dignità.

Il diritto alla privacy può così essere certamente considerato come uno dei profili fondamentali della tutela della persona. An-zi, come è stato recentemente sostenuto, rappresenterebbe addi-rittura «il più fondamentale dei diritti fondamentali»5.

Inoltre, nella sua configurazione attuale la protezione della vita privata ha assunto ormai una struttura complessa.

a) in alcuni contesti la privacy si presenta come un elemento fondamentale della società dell’uguaglianza: senza, infatti, una forte tutela delle informazioni che riguardano le persone, queste rischiano sempre più d’essere discriminate per le loro opinioni, credenze religiose, condizioni di salute;

b) in altri ambiti la privacy diventa una condizione essenziale per essere inclusi nella società della partecipazione: senza, infatti, una forte tutela dei dati riguardanti le convinzioni politiche o l’appartenenza a partiti, sindacati, associazioni, i cittadini ri-schiano di essere esclusi dai processi democratici;

__________ 5 S. Rodotà, Il nuovo habeas corpus: la persona costituzionalizzata e la sua deter-

minazione, in Trattato di Biodiritto, S. Rodotà-P. Zatti (diretto da), tomo intitolato Ambito e fonti del biodiritto, S. Rodotà-M. Tallacchini (a cura di), Milano, 2010, 229.

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INTRODUZIONE 5

c) in altre situazioni la privacy diventa uno strumento neces-sario per difendere la società della libertà e per opporsi alle spin-te verso la costruzione di una società della sorveglianza6, della classificazione, della selezione sociale: senza, infatti, una forte tu-

__________ 6 La sorveglianza, come è noto, non è un concetto nuovo. Essa, infatti, si afferma

nella sua completezza con l’avvento dello Stato moderno e inizia a profilarsi in campo medico ove ai controlli sanitari di malattie ed epidemie si aggiungono, successivamen-te, il controllo militare dei disertori, il controllo delle tasse in commercio, la supervi-sione amministrativa dei medicinali, delle zioni alimentari e delle persone scomparse e decedute. Proprio questa prospettiva è adottata da M. Foucault quando ci illustra (si fa riferimento al lavoro, tradotto in italiano, Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, Torino, 1993, 64 ss.) come, nel momento di massima diffusione della peste, le ispezio-ni fossero continue, il controllo senza posa e come, ovunque, fosse possibile incontrare corpi di milizia e sentinelle appostate ad ogni angolo della città, organizzati in una vera e propria «architettura del controllo». L’ossessione della malattia e del contagio gene-ra di fatto la paura per ciò che è radicalmente ‘altro’, suscitando così il desiderio dell’ordine e facendo sviluppare veri e propri schemi disciplinari in grado di regolare il caos che si era originato. Ed è proprio su questo medesimo bisogno di controllo dell’ ‘altro’ che anche oggigiorno si fonda l’esigenza della pubblica autorità di sorvegliare e spiare colui che costituisce un possibile pericolo per la collettività. Da sempre, infatti, le istituzioni nazionali si sono poste il problema di garantire il controllo dei rischi, tra-endo dalla promessa di sicurezza la loro legittimazione. M. Foucault, in alcuni suoi scritti (cfr. Sécurité, territoire, population, Seuil/Gallimard, Paris, 2004 e Sorvegliare e punire, cit.), ebbe ad osservare come eventi epocali verificatisi nei secoli scorsi abbiano avuto un impatto dirompente negli ordinamenti costituzionali, condizionando l’evoluzione degli assetti e modelli politico-istituzionali del momento. L’A. si riferiva soprattutto ai problemi di sanità pubblica - primariamente a quelli creati dalla peste – che hanno contraddistinto i secoli passati, ma oggi si può osservare come accanto alle nuove e tragiche ‘pestilenze’ (quali AIDS, influenza aviaria, ecc.) vi siano nuovi e diffe-renti pericoli che minacciano la società, capaci anch’essi di innescare radicali modifi-cazioni degli ordinamenti positivi e tali da indurre a ripensare l’idea stessa di politica e il modo di intendere la sovranità nazionale degli Stati. Si tratta delle crisi ecologiche, di quelle finanziarie, della manipolazione genetica e del terrorismo internazionale: pe-ricoli, questi, di proporzioni tali da non consentirci quasi di prevedere il futuro nostro e delle generazioni a venire. Pertanto, nella contemporanea cd. «società del rischio» (utilizzando la nota espressione di U. Beck, La società del rischio. Verso una seconda modernità, trad. it., Roma, 2004, passim, ma spec., 64 ss., secondo cui il progetto nor-mativo che sta alla base della società del rischio e la spinge in avanti è la sicurezza e al posto del sistema dei valori della società «diseguale» subentra il sistema valoriale della società «insicura»), ove ad essere globali non sono solo i consumi e le economie ma anche i pericoli, torna attuale la necessità di intervento dello Stato al fine di garantire la sicurezza.

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PARTE PRIMA 6

tela dell’insieme delle informazioni raccolte sul nostro conto, la stessa libertà personale è in pericolo7.

Proprio per cercare di far fronte alle nuove e pressanti esi-genze di tutela dell’individuo è intervenuta la legge 31 dicembre 1996, n. 675 («Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali»).

Tale disciplina va collocata nell’arco di un lungo maturarsi di idee e di orientamenti giurisprudenziali che già in termini di diritto effettivo aveva visto negli anni ’70 la nascita nel nostro ordinamento del diritto alla riservatezza8 quale diritto della per-

__________ 7 In questo ambito è evidente come la privacy si specifica in una componente i-

neliminabile della società della dignità. Non bisogna mai perdere la memoria - e la lot-ta attuale al terrorismo è lì a ricordarcelo - di quel che è avvenuto nei regimi totalitari, dove violazioni profonde dei diritti fondamentali sono state possibili proprio grazie a massicce raccolte di informazioni che hanno consentito un controllo continuo, capilla-re e oppressivo della stessa vita quotidiana.

8 Sebbene privo di un riconoscimento di rango legislativo, la dottrina italiana più sensibile alle problematiche dei diritti della persona e consapevole della loro centralità nel sistema del diritto privato, lo aveva posto ad oggetto della propria analisi.

Nel 1984 si ha il primo studio con il quale veniva dato conto dell’iter parlamen-tare di una serie di progetti di legge in tema di riservatezza e dati personali dal titolo, I progetti di legge italiani sulla riservatezza dei dati personali, di M.G. Losano, in Dir. radiodiffusione, 1982, 275.

Mentre ancora negli anni ’50 non era raro imbattersi in circospette e spesso dubbiose riflessioni su un “preteso diritto alla riservatezza” (cfr., fra tutti, G. Pugliese, Il preteso diritto alla riservatezza e le indiscrezioni cinematografiche, in Foro it., 1954, 110 ss.), è della fine degli anni sessanta la prima serie di riflessioni sistematiche, sebbe-ne spesso interdisciplinari, su tale diritto.

Al riguardo non si può non partire dal saggio di S. Rodotà, Elaboratori elettroni-ci, strutture amministrative e garanzie della collettività, in Riv. trim. dir. pubbl., 1971, 1842 ss.; nonché dello stesso Autore, Elaboratori elettronici e controllo sociale, Bolo-gna, 1973; Id., Protezione dei dati e circolazione delle informazioni, in Riv. crit. dir. priv., 1984, 721 ss.; Id., Privacy e costruzione della sfera privata. Ipotesi e prospettive, in Pol. dir., 1991, 521 ss.; Id., Tecnologie e diritti, Bologna, 1995. Fra i moltissimi contri-buti in materia, fondamentale è altresì la consultazione di A. De Cupis, Riservatezza e segreto (Diritto a), in Noviss. Dig. it., 1969, 115 ss.; G. Alpa, Privacy e statuto dell’informazione, in Riv. dir. civ., 1979, 65 ss.; Id., La raccolta delle informazioni e l’accesso alle banche dei dati nell’esperienza italiana, in Resp. civ. prev., 1982, 103 ss.; G.B. Ferri, Privacy e identità personale, in Riv. dir. comm., 1981, 379 ss.; Id., Riserva-tezza e statuto dei lavoratori, in Quadrimestre, 1984, 239 ss.; Id., Privacy e libertà in-formatica, in Iust., 1984, 109 ss.; V. Roppo, Informatica, tutela della privacy e diritti di

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INTRODUZIONE 7

sona a non vedere esposta alla pubblica curiosità dati e vicende della propria vita intima; e ciò anche grazie alle influenze e con-taminazioni provenienti da sistemi giuridici stranieri, non solo di common law9.

Ancor prima la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre 1950, ra-tificata dalla Legge 4 agosto 1955, n. 848, aveva affermato il di-ritto di ciascuno al rispetto della sua vita privata e familiare (art. 8), ma l’affermazione era rimasta senza un’eco immediata. L’esigenza di tutela della riservatezza è poi andata assumendo una più vasta dimensione a fronte dell’impiego degli strumenti della tecnologia informatica idonei alla raccolta, pronta selezione e percezione di innumerevoli dati.

Con l’avvento della legge n. 675/96 si é cercato allora di ap-prontare uno strumentario organico a tutela della persona, attra-verso il quale il diritto alla riservatezza ha iniziato ad assumere tratti certamente meno sfocati. E ciò anche perché si era ormai realizzata una crescente esposizione dei privati al pregiudizio di schedature utilizzabili ai fini di controllo, di sfruttamento com-merciale10. __________

libertà, in Giur. it., 1984, 168 ss.; M. Dogliotti, Il diritto alla riservatezza in Italia e in Francia: orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, in Dir. informazione e informatica, 1985, 533 ss.; A. Cataudella, La tutela civile della vita privata, Milano, 1972; Id., Riser-vatezza (diritto alla) [Diritto civile], in Enc. giur., Roma, 1991; e, in prospettiva compa-ratistica, A. Cerri, Riservatezza (diritto alla) [Diritto civile], in Enc. giur., Roma, 1991. V. poi, per gli ulteriori approfondimenti, quanto evidenziato nel corso dei capitoli I e II.

9 Per la verifica più dettagliata di tali indicazioni si rimanda, infra, cap. II, in part. § 2. Una prima, ma efficace, panoramica del sistema di common law si può avere attraverso la lettura di V. Zeno Zencovich, Una lettura comparatistica della l. n. 675/96 sul trattamento dei dati personali, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1998, 733 ss.; Id., Recen-ti orientamenti giurisprudenziali americani in materia di privacy, in Il riserbo e la notizia (Atti Conv. Macerata 5 marzo 1982), Napoli, 1972, 279 ss.; G. Alpa e B.S. Markesinis, Il diritto alla privacy nella esperienza di common law e nella esperienza italiana, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1997, 417 ss.

10 Il problema del pregiudizio derivante dalla schedatura computerizzata del privato era stato evidenziato in Italia da S. Rodotà, Elaboratori elettronici e controllo sociale, Bologna, 1973 e V. Frosini, Privatezza, contratti elettronici, banche dati, in Ann. Enc. Scienza Tecn., Milano, 1974, 396 ss.; v. inoltre Privacy e banche dati, a cura di N.

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PARTE PRIMA 8

Si sono poi succeduti e sovrapposti ulteriori interventi legi-slativi che hanno in parte modificato ed in parte integrato il tes-suto normativo della Legge 676/96, determinando così una di-sciplina nel complesso farraginosa e spesso eccessivamente com-plicata.

Questa proliferazione legislativa ha reso necessaria un’opera di risistemazione complessiva della disciplina in materia di dati personali. Opera che è avvenuta da ultimo grazie alla emanazio-ne del Decreto Legislativo del 30 giugno 2003, n. 196 («Codice in materia di protezione dei dati personali»), con il quale sono sta-te raccolte in un unico testo le disposizioni in materia di tratta-mento dei dati personali succedutesi nel tempo11. Il D.Lgs. 196/2003, infatti, oltre ad aver riordinato la materia, ha portato una semplificazione delle disposizioni più complesse e posto un freno al dilagare delle norme.

Questo appena affermato, in modo necessariamente sinteti-co, è il quadro di riferimento generale relativo alla materia del trattamento dei dati personali che sarà dettagliamene trattato nel corso della presente ricerca, nel tentativo di verificare quali siano i problemi più significativi che l’evoluzione tecnologica dell’in- formazione e della comunicazione pongono nel campo della re-sponsabilità civile, in riferimento alle possibili aggressioni dei di-ritti della personalità.

2. Piano della ricerca

Questo studio non affronterà l’intera tematica dei diritti del-la persona. L’attenzione sarà, infatti, rivolta al problema del rap-__________

Matteucci, Bologna, 1981, ed ivi i saggi di S. Rodotà, V. Frosini, M.G. Losano ed altri. Di questa esigenza si era fatta portatrice anche la Convenzione di Strasburgo del 28 gennaio 1981, ratificata dalla Legge del 21 febbraio 1989, n. 98, sulla protezione della persona rispetto al trattamento automatizzato di dati.

11 Un commento ampio e dettagliato che offre davvero moltissimi spunti di ri-flessione e che ha costituito per chi scrive una solido basamento da cui partire per af-frontare l’analisi condotta con il presente studio, è rappresentato dal recente saggio di G. Marini, Diritto alla privacy, in Commentario del Codice Civile, E. Gabrielli (diretto da), parte dedicata a delle Persone (Leggi collegate), A. Barba-S. Pagliantini (a cura di), Torino, 2013, 200, ss.

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INTRODUZIONE 9

porto tra questi diritti e la responsabilità civile, con particolare riferimento alla materia del trattamento dei dati personali12.

La ricerca si articolerà in più parti. Nella prima verrà riper-corsa e indagata la vicenda della emersione e della evoluzione dei diritti della persona nel nostro ordinamento. In questo ambito di discussione si rivolgerà lo sguardo alle teorie che si sono disputa-te il campo per dare una definizione al problema della tutela del-la persona, che il codice del ’42 aveva confinato in ambiti molto ristretti: la teoria cd. “monista” e quella cd.“pluralista” dei diritti della persona. Quindi, in riferimento alle dette teorie, si darà un rapido sguardo alla esperienza applicativa, prendendo in esame il formante giurisprudenziale.

Successivamente, si dedicherà ampio spazio agli studi di Giampiccolo sulla persona, in considerazione della forte spinta in senso evolutivo che conferirono al dibattito dottrinario sui di-ritti della personalità. Si vedrà poi come la dottrina non attinse certo in maniera acritica alle tesi prospettate da Giampiccolo, in

__________ 12 Nell’analizzare la materia della privacy si adotterà, in modo prevalente, un ap-

proccio storicistico, volto ad analizzare l’origine del concetto e la sua evoluzione nel tempo. Questo metodo sarà utile, fin dalla elaborazione dell’indice, per cercare di con-ferire al lavoro monografico una struttura lineare e ordinata, e ciò anche in considera-zione della complessità e varietà delle tematiche trattate. Un siffatto modo di affronta-re questa ricerca non deve però trarre in inganno. Bisogna, infatti, sempre tenere in considerazione la preziosa indicazione metodologica offerta da M. Focault [cfr., in part., Nietzsche, la généalogie, l’histoire, hommage à Jean Hyppolite, Paris, P.U.F., coll. «Épiméthée», 1971, trad. it. Nietzsche, la genealogia, la storia, pubblicato in italiano per la prima volta in Id., Microfisica del potere. Interventi politici, A. Fontana - P. Pa-squino (a cura di), Torino, 1977, 29-54; ora anche in Il discorso, la storia, la verità. In-terventi 1969-1984, Torino, 2001], secondo cui gli eventi della storia sono spesso de-terminati da scosse, da sorprese, da astuzie, da vacillanti vittorie o sconfitte mal digeri-te, che non rendono lineare il percorso, ma lo rendono ricco di fratture e discontinui-tà. Se ben guardiamo, però, l’irriducibilità del molteplice sotto categorie astratte e, quindi, in un ‘sistema’, rappresentano, seppur in un diverso ambito, l’impianto meto-dologico di due delle più note opere di Kafka: Il Processo e Il Castello. Per Kafka, in-fatti, non vi è un ‘sistema’, ma innumerevoli percorsi, ciascuno caratterizzato da innu-merevoli e imprevedibili possibilità esegetiche. Non vi è, insomma, un principio unita-rio che possa ricomprendere il tutto, non vi è un ‘contesto’ (Il tema è approfondito, con spunti di grande interesse e non solo legati all’opera Kafkiana, da M. Cacciari in Icone della legge, IV ed., Milano, 2002).

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PARTE PRIMA 10

particolare alla scelta, concettualmente strategica, di vedere nella teoria dei beni e nelle categorie su cui essa si fonda il campo na-turale di riferimento per approntare adeguati strumenti di tutela alla persona umana13. Nel prosieguo del primo capitolo si analiz-zeranno le elaborazioni teoriche successive, le quali si sono svi-luppate secondo articolate e complesse direttrici di cui si cerche-rà di dare adeguato conto.

L’analisi, condotta secondo le linee argomentative sopra de-scritte, non intende risolversi in una semplice ricostruzione sul terreno storico degli avvenimenti e delle idee che, in tema di di-ritti della persona, si sono succedute nel tempo. La consapevo-lezza della importanza dei discorsi intorno alla persona induce, piuttosto, a concentrarsi sul significato delle originarie assunzio-ni metodologiche al fine di indagarne, in senso compiuto, l’evoluzione e le principali questioni teoriche ed applicative a-perte, soprattutto in riferimento al tema del trattamento dei dati personali ed a quelli ad esso connessi della responsabilità civile e del danno non patrimoniale.

All’esito dell’analisi si potrà constatare che tradizionalmente il problema più evidente che ha caratterizzato la materia è stato quello della forma di rilevanza della persona umana in quanto tale. Nel corso della ricognizione si potrà, inoltre, verificare co-me il contesto comunicativo che ha segnato, da un punto di vista dogmatico, la ricerca e la prospettazione di strumenti di tutela della persona sia rimasto per lungo tempo ancorato alla forma del diritto soggettivo, rimanendo così imbrigliato in una conno-tazione di stampo prevalentemente dominicale, legata al rappor-to soggetto/bene.

Nel secondo capitolo sarà esaminata, in prospettiva compa-ratistica, l’origine del contenuto del diritto e la sua evoluzione, con specifico riferimento alla esperienza degli Stati Uniti.

__________ 13 Con ciò verificando come intorno al problema costituito dalla incertezza sul

fatto che la categoria del diritto soggettivo costituisca o meno la forma di rilevanza de-gli interessi personalistici, è raggrumata la logica che presiede ai limiti ed alle forme della tutela della persona umana.

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INTRODUZIONE 11

Nel terzo capitolo l’attenzione verrà focalizzata sul percorso evolutivo che ha caratterizzato il diritto alla privacy nell’espe- rienza italiana.

Ci si soffermerà sulle diverse fasi in cui si articola l’evolu- zione del diritto alla privacy dalla prima metà del Novecento fino ad arrivare ai giorni nostri. Dapprima una versione legata al right to be let alone e, quindi espressione dell’anelito di solitude14 e se-crecy15, caratterizzata dal forte legame con la logica proprietaria ed esemplificata nella semplice garanzia di una sfera di intimità dalla quale escludere ogni forma di ingerenza dall’esterno sia ad opera dei singoli che dello Stato. A questa versione si sovrappor-rà, poi, una dimensione più marcatamente sociale o espressiva, in cui diventano centrali i diversi modi attraverso i quali si sviluppa la persona grazie alle relazioni che è possibile istaurare con gli altri all’interno della famiglia, delle associazioni e della società in genere. Si evidenzierà, inoltre, come tale prospettiva si mostri dotata di un maggior dinamismo ed ambisca a liberarsi dalla tra-dizionale afferenza al diritto di proprietà, configurandosi come espressione della libertà personale e del potere di autodetermi-nazione.

La costruzione della sfera privata, infine, troverà un suo ul-teriore e dinamico sviluppo nella terza generazione dei diritti della persona, in cui appare tutta la complessità della struttura che compone il diritto alla privacy. La caratteristica fondamenta-le di questi diritti della terza generazione è costituita dall’ascesa del potere di autodeterminazione soggettiva, visto come control-lo sulle modalità di costruzione della propria identità personale.

Ecco, dunque, disvelarsi il modo in cui prende corpo e for-ma, in questo quadro, la costruzione della sfera privata, il cui __________

14 R.A. Posner, Orwell Versus Huxley: Economics, Technology, Privacy, and Sat-ire, 24 Philosophy and Literature 1-2 (2000).

15 Buona parte della letteratura è comunque incline a ritenere che, sotto questo profilo, la formula ‘privacy’ sia un misnomer non scevro da insidie: v. ad es. D.R. Ortiz, Privacy, Autonomy and Consens, 12 Harv. J.L. & Pub. Pol’y 91, 91-92 («the term ‘pri-vacy’ itself is a misnomer because “privacy addresses not secrecy, but the scope and limits of individual autonomy»).

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PARTE PRIMA 12

nucleo costitutivo è ora rappresentato dal radicamento della per-sona all’interno di una complessa rete di relazioni e di conven-zioni sociali e dalla conseguente riattribuzione – necessaria, in questo contesto, all’individuo – di una serie di poteri che assicu-rino il controllo sui propri comportamenti, opinioni, preferenze ed informazioni personali. In tale ottica l’intervento statale non è allora più necessario soltanto per garantire il riconoscimento e la tutela di diritti che proteggono uno spazio di intimità che cir-conda l’individuo, come per i diritti della persona della prima generazione, né per garantirgli la libertà di cercare attraverso le relazioni che si intrattengono con gli altri le condizioni per lo svi-luppo della propria personalità come accade in quelle della se-conda generazione. Nei diritti della terza generazione, invece, l’intervento dello Stato diventa essenziale per consentire agli in-dividui di sottrarsi all’omologazione dei comportamenti e delle personalità individuali e resistere all’imposizione di identità dall’esterno, per poter valutare criticamente le proprie scelte esi-stenziali al riparo dalla stigmatizzazione sociale.

Inoltre, la riflessione cercherà anche di evidenziare come la tutela della privacy possa collocarsi su una pluralità di livelli, tutti con implicazioni assai divergenti. In questo quadro si potrà veri-ficare non solo come il concetto di privacy possa essere riempito con diversi significati, ma soprattutto come nella sua configura-zione attuale la protezione della vita privata abbia ormai assunto una struttura complessa: accanto ad una dimensione statica, al tradizionale diritto di escludere interferenze da parte di terzi nel-la propria sfera privata, è emersa sempre più frequentemente una dimensione dinamica, che assicura al singolo il potere di co-struire liberamente la propria sfera privata, di mantenere cioè il controllo sulla propria identità.

Si potrà cosi arrivare al quarto capitolo in cui si affronte-ranno le prospettive di regolamentazione della materia in ambito europeo, con particolare riferimento alla disciplina UE ed a alla CEDU.

Successivamente, nel capitolo quinto - preso atto del legame indissolubile intercorrente tra i diritti della persona ed il modello

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INTRODUZIONE 13

della privacy e ricostruita la trama delle varie generazioni dei di-ritti della personalità sopra sinteticamente descritte - si rifletterà, in particolare, sul loro evolversi nel tempo non attraverso una successione cronologica netta in cui, cioè, l’una prende il posto dell’altra, sostituendola, ma sulla base di una sedimentazione a carattere complesso.

Nella parte terza del lavoro saranno compiutamente analiz-zate le implicazioni delle nuove prospettive di tutela della perso-na in ordine alla materia dei dati personali, e con riferimento specifico ai temi del trattamento, della responsabilità e del danno non patrimoniale.

A tale scopo - dopo una breve introduzione volta a meglio specificare e delineare l’impostazione della indagine - verrà in-nanzitutto analizzata, nel capitolo sesto, la disciplina normativa rappresentata dal D.Lgs. 196/03, che ha abrogato e sostituito il precedente testo di legge rappresentato dalla L. 675/96. Dopo di ché, un confronto fra i modelli di tutela prospettabili (property rule, tutela aquiliana, ecc.) con riguardo alla disciplina sul trat-tamento dei dati personali, permetterà di constatare come la normativa vigente abbia inteso, nella sostanza, accentuare l’aspetto della tutela dei valori della persona non come essere isolato, bensì come membro di una comunità evoluta e tecnolo-gicizzata.

Analizzate nell’ottica della tutela le disposizioni normative in materia di privacy, sarà ripercorsa brevemente nel capitolo set-timo la vicenda generale del danno non patrimoniale (dai muta-menti degli anni ’60, passando per le sentenze Mengoni e Dell’Andro, fino ad arrivare ai fatti recenti, rappresentati dalle note sentenze del 2008 delle Sezioni Unite) e si rifletterà sul pro-cesso di mutamento e adattamento della responsabilità in riferi-mento alla tutela della persona.

In particolare, la riflessione verrà ad appuntarsi sui limiti in-siti nel rimedio risarcitorio sia nella vicenda complessiva del danno alla persona, sia in quella più specifica del trattamento dei dati personali. In tal modo sarà possibile individuare la difficoltà di una ricostruzione del danno non patrimoniale quale lesione di

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PARTE PRIMA 14

un bene giuridico, nonché della prestazione pecuniaria risarcito-ria identificata esclusivamente nella funzione ricostitutiva del va-lore leso e quindi riequilibrativa della ricchezza come valore di mercato.

Sulla base di queste premesse, nell’ambito della analisi del D.Lgs. 196/03, si esaminerà nel capitolo ottavo la disciplina spe-cifica del danno non patrimoniale. Dopo di ché – accertato che la normativa in materia realizza una significativa estensione dell’area di risarcibilità del danno non patrimoniale – si dediche-rà ampio spazio all’esame di quale sia l’evento dannoso preso in considerazione dall’art. 15 ai fini risarcitori. In tale prospettiva si cercherà di rispondere al seguente centrale quesito: se il danno non patrimoniale cagionato da illecito trattamento di dati, possa essere risarcito indipendentemente dal fatto che si sia in concre-to realizzata una lesione dell’interesse protetto dalla norma pro-cedimentale violata; o se, al contrario, anche in presenza di un’acclarata illiceità nelle modalità di trattamento dei dati, al fine di dichiarare la risarcibilità del danno non patrimoniale occorra recuperare un momento di necessaria verifica della reale consi-stenza del pregiudizio lamentato.

Infine, dopo aver discusso criticamente delle varie opzioni percorribili, si esporranno le ragioni di una ricostruzione della disciplina legislativa in senso sanzionatorio e deterrente. E cioè una soluzione, in altre parole, contraddistinta dalla identificazio-ne del concetto di danno nella stessa antigiuridicità della condot-ta ed in cui, conseguentemente, l’evento dannoso consiste nella stessa esplicazione di una condotta vietata.

Su tale ricostruzione si è attestata una forte attenzione da parte degli studiosi, interessati ad utilizzare il metodo rimediale come terreno teorico sul quale intraprendere, appunto, la co-struzione di un ambito semantico di assoluta novità rispetto alle teorie tradizionali. Attività questa resa necessaria in particolare dai tempi della modernità che mettono in crisi il vecchio concet-tualismo classificatorio della dottrina civilistica, come provano ampiamente le manifestazioni più recenti del diritto comunitario (i Principles of European Tort Law elaborati dallo European

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INTRODUZIONE 15

Group of Tort Law, ed i PEL Liab.Dam. elaborati dallo Study Group on a European Civil Code).

In tal senso, la valorizzazione dell’istituto della responsabi-lità civile come strumento di prevenzione dell’illecito rappresen-ta ormai un dato consolidato e difficilmente reversibile. Del re-sto, come si avrà diffusamente modo di analizzare, sembra evi-dente come in alcuni settori (e la materia del trattamento dei dati personali è fra questi) il danno non patrimoniale sia chiamato a realizzare una funzione deterrente, tanto da essere ritenuto risar-cibile addirittura quando chi lo pretende non abbia subito alcun pregiudizio ingiusto. E dette evoluzioni della esperienza giuridi-ca sembrano andare verso un recupero della categoria concettua-le dell’atto illecito; categoria che era stata ormai ‘sopraffatta’ da quella del danno ingiusto e della responsabilità.

Infine, nell’ultimo capitolo si darà conto di quelle che ap-paiono essere le nuove possibili aree di applicazione della re-sponsabilità civile nell’ambito della tutela dei dati personali.

Ovviamente la ricerca, oltre a cercare di dare un quadro il più chiaro possibile del dibattito dottrinario e degli interventi giurisprudenziali sulla materia, intende più che altro sollevare domande e porsi interrogativi. Vi è infatti la consapevolezza che i temi trattati coinvolgono questioni complesse e sottendono conflitti sociali non risolti e rispetto ai quali l’intervento giuridi-co rischia di essere tardivo e comunque insoddisfacente.

I segnali di mutamento sopra tratteggiati debbono allora es-sere adeguatamente interpretati ed organizzati ai fini di una ne-cessario ripensamento strutturale delle fattispecie che ruotano intorno all’istituto della responsabilità civile. E tale operazione deve essere condotta ben soppesando i diversi aspetti e le artico-late implicazioni delle tematiche complesse legate al mutamento, al fine di individuare i concetti e le categorie giuridiche più ido-nee a sopportare le sollecitazioni determinate da queste evolu-zioni, anche – perché no – attraverso una critica (produttiva) o, comunque, un ripensamento degli stessi concetti e delle catego-rie provenienti dalla dommatica e la costruzione di un terreno teorico di riferimento.

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PARTE PRIMA 16

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PARTE SECONDA

IL DIRITTO ALLA PRIVACY: FONDAMENTO, ORIGINE ED EVOLUZIONE

«L’impero è immortale, ma il singolo Impe-ratore cade e crolla, e persino intere dinastie finiscono col decadere e spirare in un sol rantolo. Di queste lotte e di questi dolori il popolo non saprà mai niente; come un grup-po di ritardatari o di forestieri esso si accalca allo sbocco di vie traverse consumando tran-quillamente le provviste portate con sé, mentre nella piazza stanno giustiziando il sovrano». (F. Kafka, La costruzione della grande muraglia cinese)

CAPITOLO I

LA RILEVANZA GIURIDICA DELLA PERSONA COME VALORE DELL’ ORDINAMENTO:

PROFILI STORICI-EVOLUTIVI

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Il problema della persona nella dottrina giuridi-ca. – 3. Teorie ‘monista’ e ‘pluralista’ dei diritti della personalità. – 4. (Segue): Il formante giurisprudenziale fra applicazione della teoria moni-sta e della teoria pluralista. – 5. Lo studio di Giampiccolo. – 6. (Segue): Il dibattito successivo.

1. Premessa

Una ricerca che abbia ad oggetto le problematiche relative alla tutela della persona, con particolare riferimento ai profili della responsabilità civile e della privacy, deve necessariamente dar conto di come il tema sia stato posto storicamente nell’ordi- namento giuridico.

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PARTE SECONDA – CAPITOLO I 18

I discorsi intorno alla privacy, infatti, si sono sempre anno-dati con le ricostruzioni teoriche e applicative riguardanti la per-sona ed i cd. diritti della personalità. Anzi, come analizzato nella parte introduttiva, si può affermare che la normativa in materia di trattamento dei dati personali é diventata, via via, uno degli strumenti più importanti di tutela della persona.

L’evoluzione di questo diritto ha però, da una parte, pro-gressivamente incrinato, in alcuni suoi elementi, la configurazio-ne tradizionale dei diritti della personalità, erodendo alcune cer-tezze ormai sedimentate; d’altra parte sembra anche aver auto-rizzato la ricerca di nuove strade per una ricostruzione sistemati-ca della disciplina a tutela della persona.

In questo quadro di riferimento, solo attraverso un’analisi attenta degli itinerari intrapresi dalla letteratura giuridica sull’argomento, si può pensare di provare1 a rileggere le catego-rie dogmatiche tradizionali al fine di sistematizzare il contingen-te, di rappresentare in modo quanto più nitido possibile le tema-tiche articolate, complesse e discontinue riguardanti la materia in esame.

Ripercorrere - attraverso una analisi retrospettiva - i mo-menti più significativi di questo itinerario si rivela un’operazione utile da più punti di vista: non serve solo a meglio inquadrare la fattispecie oggetto del presente studio, per comprenderne la fi-sionomia, ma sembra utile anche per poter formulare risposte coerenti alle domande che la modernità ci pone, in generale, sul versante della tutela della persona e, nello specifico, in ordine al-la materia del trattamento dei dati personali. __________

1 Nell’accingersi a compiere tale attività, sembra necessario ricordare le indica-zioni di metodo suggerite da D. Messinetti, Sapere complesso e tecniche giuridiche ri-mediali, in Europa e dir. priv., 2005, 605 e 606: «Oggi, siamo di fronte non solo a mate-rie complesse (com’è il diritto), ma soprattutto a una prassi sempre più complessa, ca-ratterizzata dal “primato della conoscenza scientifica”, che si dispiega come primato della tecnologia e, dunque, dei fini e dei mezzi. Sicché, l’approccio ad una tale realtà è, anch’esso, necessariamente complesso: Gli spazi su cui il giurista deve cimentarsi sono, dunque, molteplici e, anzitutto, quello dell’ermeneutica; ma non solo questo. Il sapere giuridico è il prodotto di una pluralità di rationes argomentative che si confrontano in diversi campi».

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LA RILEVANZA GIURIDICA DELLA PERSONA 19

Come si avrà modo di verificare nel dettaglio, i primi tenta-tivi di conferire tutela alla persona erano legati ad un approccio metodologico costruito sulla endiadi persona/bene. E ciò avve-niva in un contesto che aveva come modello assiologico di rife-rimento quello rappresentato dalla logica proprietaria e dallo strumento principe di realizzazione degli interessi privatistici: il diritto soggettivo2.

Il tema è stato poi lungamente dibattuto, tanto che, succes-sivamente, parte della dottrina ha constatato l’inadeguatezza del-la categoria del diritto soggettivo (e delle situazioni di apparte-nenza dalla stessa categoria evocate) ad approntare strumenti giuridici adeguati in tema di tutela della persona.

Di questo percorso evolutivo intrapreso dalla letteratura giuridica, dei tentativi da parte della dottrina di adeguare le pro-prie costruzioni concettuali ad una realtà sempre più complessa e cangiante sul piano sociale, si cercherà di dar conto nelle pagi-ne seguenti.

2. Il problema della persona nella dottrina giuridica

La disciplina del 2003 sul trattamento dei dati personali ha conferito alla categoria dei diritti della personalità, nell’ordina- mento italiano, una ulteriore e definitiva formalizzazione norma-tiva3.

__________ 2 Davvero fondamentale - anche per il suo carattere fortemente anticipatore - è

lo studio condotto ormai quasi 25 anni fa (ma di straordinaria attualità) da D. Messi-netti, voce Personalità (diritti della), Enc. Dir., XXXIII, Milano, 355 ss., attraverso il quale l’A. individua e articola una nuova prospettiva ricostruttiva in riferimento al te-ma della (tutela della) persona, individuando i limiti del modello proprietario quale stampo sul quale sono stati forgiati gli strumenti di tutela della persona. Nello stesso lavoro, la categoria del diritto soggettivo, quale schema per la tutela della personalità, viene sottoposta a revisione critica. In tema, cfr. anche O.T. Scozzafava, I beni e le forme giuridiche di appartenenza, Milano, 1982, 543 ss.

Cfr., inoltre, per ulteriori approfondimenti, le voci enciclopediche di P. Resci-gno, voce Personalità (diritti della), in Enc. giur., XXIII, Roma, 3 ss. e di V. Zeno Zen-covich, voce Personalità (diritti della), in Digesto IV, sez. civ., XXIII, Torino, 430 ss.

3 L’art. 60 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 dispone espressamente che «quan-do il trattamento concerne dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, il

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PARTE SECONDA – CAPITOLO I 20

Si tratta certamente di una innovazione significativa, e non soltanto sotto il profilo delle questioni e dei temi presi in esame dalla normativa.

Il fatto che la nozione di ‘diritti della personalità’ venga or-mai pacificamente recepita dalla disciplina normativa sembra ri-flettere il compimento di un percorso che ha progressivamente caratterizzato tutta la tradizione giuridica occidentale4. Un pro-cesso, quello della elaborazione e del consolidamento della cate-goria dei diritti della personalità - ormai affrancati dal modello proprietario che ne aveva originariamente scandito lo sviluppo - che appare in continua evoluzione5 ed al quale la recente formu-__________

trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutela-re con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell’interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro dirit-to o libertà fondamentale inviolabile». L’art. 24 della legge 31 maggio 1995, n. 218, intitolato proprio ai diritti della personalità, dispone al primo comma che «l’esistenza ed il contenuto dei diritti della personalità sono regolati dalla legge nazionale del sog-getto»; il secondo comma stabilisce inoltre che le conseguenze della violazione di tali diritti «sono regolate dalla legge applicabile alla responsabilità per fatti illeciti». Si trat-ta di una norma particolarmente innovativa che interviene a disciplinare una questione per lungo tempo dibattuta da parte della dottrina internazional-privatistica: per gli opportuni riferimenti cfr. F. Seatzu, Sulla tutela del nome e della personalità nel nuovo diritto internazionale privato italiano, in Dir. fam. pers., 1997, 375 ss.; U. Villani, voce Capacità e diritti delle persone fisiche (diritto internazionale privato), in Enc. dir., Agg., IV, Milano 2000, 173 ss.; per alcune notazioni di ordine generale v. anche F.D. Bu-snelli, Persone, famiglia e successioni nel nuovo diritto internazionale privato, in AA. VV., La riforma del sistema di diritto internazionale privato e processuale, Milano, 1996, 99 ss.

4 La storia dei diritti della personalità si presenta, infatti, da sempre come una storia d’incessante ed intensa circolazione di modelli giuridici. Questo dato emerge con chiarezza dai più importanti studi in materia, tra cui – per la dottrina straniera – si ritiene utile ricordare, fra i tanti, F. Rigaux, La protection de la vie privée et des autres bien de la personnalité, Bruxelles-Paris, 1990; e nella dottrina italiana V. Zeno Zenco-vich, voce Personalità (diritti della), cit.; A. De Vita, Sub art. 10, in A. Pizzorusso-R. Romboli-U. Breccia-A. De Vita, Delle persone fisiche, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Galgano (a cura di), (artt. 1-10), Bologna-Roma, 1988, 505 ss.; inoltre, per quanto concerne il rapporto tra il modello offerto dal diritto privato e quello pro-prio del diritto costituzionale, si rinvia a E. Roppo, I diritti della personalità, in A. Piz-zorusso-V. Varano (a cura di), L’influenza dei valori costituzionali sui sistemi giuridici contemporanei, I, Milano, 1985, 99 ss.

5 Cfr. G. Marini, La giuridificazione della persona. Ideologie e tecniche nei diritti

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LA RILEVANZA GIURIDICA DELLA PERSONA 21

lazione normativa viene ad apportare un ulteriore ed indicativo suggello formale6.

In questo quadro fortemente dinamico diventa un’opera- zione necessaria per le finalità che contrassegnano l’indagine che si sta conducendo, quella di ripercorrere i momenti maggior-mente significativi di questa evoluzione.

Storicamente il problema della rilevanza della dimensione dell’essere per l’ordinamento giuridico si è posto individuando nella persona il termine contrapposto ad un potere forte rappre-sentato dal potere statuale7.

__________

della personalità, in Riv. dir. civ., 2006, in part. §§ 5 e 6, nel quale l’A. ricostruisce e ripercorre l’evoluzione dei diritti della persona attraverso l’individuazione di tre distin-te generazioni, evidenziando - in prospettiva futura - «il delinearsi dei contorni di una futura evoluzione o addirittura il venire alla luce di una nuova ulteriore generazione di diritti della personalità: forse la quarta»; dello stesso A. si veda anche il lavoro di commento al Codice in materia di protezione dei dati personali, in Commentario del Codice Civile, E. Gabrielli (diretto da), parte dedicata a delle Persone (Leggi collegate), A. Barba-S. Pagliantini (a cura di), Torino, 2013, 200, ss.

6 È opportuno puntualizzare – anche se la circostanza è ben nota – che nella vi-cenda dei diritti della personalità il formante legale ha sempre assunto un’importanza minore rispetto ai formanti dottrinale e giurisprudenziale: basti sul punto rinviare a V. Zeno Zencovich, voce Personalità (diritti della), cit.; nonché Id., I diritti della persona-lità dopo la legge sulla tutela dei dati personali, in Studium iuris, 1997, 466, ove si riflet-te sull’impatto sistematico della prima disciplina organica in materia: la legge 675/1996.

7 Dal punto di vista storico, infatti, occorre considerare che nella esperienza eu-ropea, le garanzie di libertà dell’individuo sono nate proprio come privilegi concessi o riconosciuti dal potere sovrano. Da tale matrice storica, l’idea di persona che, succes-sivamente, ne scaturisce si traduce in un significato garantista. Si pone cioè in evidenza una concezione nella quale la sfera individuale viene considerata come contrapposta a quella dei poteri pubblici (statuali) e, in quanto tale, trova tutela in specifici modelli formali, volti appunto a garantirne l’autonomia. In questa prospettiva, che affonda le sue radici nelle teorie giusnaturalistiche, diventa centrale «l’esigenza di garantire l’autonomia (la signoria) della volontà dei singoli contro le interferenze del potere po-litico in tutte le loro possibili espressioni: in rapporto al godimento dei beni come in rapporto agli aspetti fondamentali della persona, in quanto tale e in quanto elemento di una comunità. Da una parte, l’assunzione degli ideali di giustizia, scaturenti dalla natura spirituale e razionale dell’uomo, accomunava tutte le istanze di liberà del singo-lo, tanto nei confronti degli altri consociati quanto nei confronti dello Stato (in questa rivendicazione fondamentale assumono - come è noto - rilievo i principi essenziali del liberalismo). Dall’altra, la configurazione dei diritti naturali come diritti soggettivi dei

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PARTE SECONDA – CAPITOLO I 22

L’idea di persona che ne derivava assumeva, pertanto, un evidente significato garantista. La sfera individuale - in quanto, come detto, contrapposta a quella dei poteri politici - doveva quindi trovare tutela in specifici modelli formali che ne garantis-sero l’autonomia.

E naturalmente in quest’opera di giuridificazione8 della per-sona il formante dottrinale ha utilizzato a piene mani le categorie giuridiche patrimoniali9. Ciò per una ragione semplice quanto __________

singoli, facendo leva appunto sul carattere di assolutezza e di esclusività del potere, rappresentava lo strumento teorico e pratico per definire l’intangibilità della sfera in-dividuale»: in questi termini D. Messinetti, voce Personalità (diritti della), cit., 358.

8 È ben noto, infatti, che quest’opera di giuridificazione assume una importanza determinante al fine di ricostruire le tecniche e le ideologie che innervano il ragiona-mento giuridico. In tal senso cfr. G. Marini, op. ult. cit., 364, la cui analisi mette effica-cemente ad esponente come «nessun campo e nessuna problematica meglio della giu-ridificazione della persona mostrano come se da una parte il diritto è uno strumento di possibile emancipazione, dall’altra è però invischiato nella costruzione del soggetto e del potere».

9 In particolare, la categoria dei diritti della personalità deve la sua prima elabo-razione teorica e la sua affermazione culturale, in modo incisivo, al pensiero giuridico tedesco della seconda metà dell’Ottocento. Sul punto cfr. D. Messinetti, voce Persona-lità (diritti della), cit., 355 ss.; V. Zeno Zencovich, voce Personalità (diritti della), cit., 430 ss., P. Rescigno, voce Personalità (diritti della), cit., in part. 9 ss.; A. De Vita, Sub art. 10, cit., 511; M. Dogliotti, Le persone fisiche, in Trattato di diretto privato, diretto da Rescigno, 2, t. 1, Persone e famiglia, 2° ed., Torino, 1999, 53 ss.; O.T. Scozzafava, Nuovi e vecchi problemi in tema di diritti della personalità, in Riv. crit. dir. priv., 1983, 207 ss.; Id., I beni e le forme giuridiche di appartenenza, Milano, 1982, 285 ss, 543 ss.; F. Rigaux, La protection de la vie privée et des autres biens de la personnalité, cit., 611 ss. La discussione sugli Individual o PersonlichKeitsrecht ed il modello teorico perfe-zionato dai giuristi tedeschi divenne poi oggetto di confronto, di imitazione e, in larga parte, di ricezione secondo il classico fenomeno della circolazione dei modelli giuridici (per una messa a punto del fenomeno e dei problemi connessi della diffusione, del trapianto e della mutazione dei modelli giuridici e, più in generale, sul ruolo della comparazione, si può vedere G. Gorla, voce Diritto comparato, in Enc. dir., XII, Mila-no, 1964, 928 ss.; A. Gambaro-P.G. Monateri-R. Sacco, voce Comparazione giuridica, in Digesto IV, sez. civ., III, Torino, 1988, 48 ss.; A Watson, Legal Transplant. An Ap-proach to Comparative Law, Edimburgo, 1974, tr. it., Il trapianto di norme giuridiche, Camerino, 1984; R. Sacco, Introduzione al diritto comparato, 5° edizione, Torino, 1992, in part. 132 ss.; Id., voce Circolazione e mutazione dei modelli giuridici, in Digesto IV, sez. civ., II, Torino, 1988, 365 ss. Anche gli antropologi si sono interessati al tema: N. Rouland, Anthropologie juridique, Parigi, 1988, trad. it., Antropologia giuridica, tr. A-luffi Beck-Peccoz, Milano, 1992. Sul tema, inoltre, per indicazioni bibliografiche più

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LA RILEVANZA GIURIDICA DELLA PERSONA 23

evidente: le costruzioni teoriche erano fortemente influenzate dal fatto che i codici illuministici e ottocenteschi avevano edificato modelli giuridici fondati soltanto sull’ ‘avere’ e sulla piena con-vergenza fra il cittadino e il borghese10. __________

ampie si rinvia a R. Sacco, op. ult. cit., nota 8, pag. 133). A ciò dovette senza dubbio contribuire il prestigio di cui ormai godeva la scuola tedesca, fonte negli altri sistemi di una vera e propria dominanza culturale (sul prestigio della scuola pandettistica e la circolazione dei modelli tedeschi in Italia cfr., fra i molti, R. Sacco, Modèles francais et modèles allemands dans le droit civil italien, in Rev. int. droit comp., 1976, 225 ss.; G. Alpa, La cultura delle regole. Storia del diritto civile italiano, Roma-Bari, 2000; P. Gros-si, Scienza giuridica italiana. Un profilo storico, 1860 - 1950, Milano, 2000; Id., La cul-tura del civilista italiano. Un profilo storico, Milano, 2002). Cfr. anche F. Degni, Le per-sone fisiche e i diritti della personalità, in Trattato di diritto civile diretto da F. Vassalli, Torino, 1939, 161 ss.

Interessante e suggestiva per l’indubbio rilievo che assume ai fini della presente indagine è la vicenda riguardante le diverse posizioni assunte da Puchta e Savigny sul problema. Il primo specificava il diritto sulla propria persona nel possesso e nel diritto della «personalità per sé medesimo» (G.F. Puchta, Corso delle istituzioni presso il po-polo romano, trad. it., III, Milano, 1958), il quale viene enucleato ricorrendo all’argo- mento che vuole ogni soggetto proprietario del proprio corpo, vale a dire ad un argo-mento che, come è noto, aveva avuto molta fortuna tra i giusnaturalisti e che in quel momento era stato ripreso da Kant. Tale ricostruzione teorica che Puchta dava ai dirit-ti della personalità lasciava però molto perplesso Savigny, il quale, infatti, riteneva che non fosse possibile ipotizzare l’esistenza di un diritto sopra la propria persona, per il semplice motivo che, altrimenti, sarebbe stato indispensabile riconoscere il diritto al suicidio. Ma ciò che è singolare è che Savigny, nella misura in cui rigettava una rico-struzione in chiave proprietaria dei diritti sulla propria persona, fosse poi costretto a negare la stessa possibilità di configurare tali diritti (F.C.V. Savigny, Sistema del diritto romano attuale, trad. it., Torino, 1886).

Il dibattito su tale categoria, anche se con una diversa impostazione, come ve-dremo, continuò durante tutta la pandettistica (Non è possibile dare, in questa sede, i ragguagli necessari su tale dibattito, ma un quadro esauriente lo fornisce A. Ravà, I diritti sulla propria persona, Torino, 1901). La vicenda appena esposta – in termini ne-cessariamente riassuntivi – è però estremamente significativa, in quanto essa rende e-vidente come la tematica dei diritti della personalità non solo è stata storicamente col-legata a quella della proprietà, ma, anzi, la stessa enucleazione di tale categoria è stata per lungo tempo subordinata ad una ricostruzione di tipo proprietario

10 Interessante, nell’ambito di operatività del Code civil, è l’interrogativo posto da M. Amiaud, Le droits de la personnalité. Rapport sur le problème en droit francais, in Travaux de l’association Henri Capitant, II, Paris, 1946, 292 ss., circa le ragioni per le quali «le Code civil francais, rédigé à une époque on un individualisme et meme un indi-vidualisme outrancier, dominait les conceptions philosophiques et économiques du mo-ment, n’ait pas fait mention del droits de la personnalité». Vi è anche da dire che il rap-

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PARTE SECONDA – CAPITOLO I 24

Il primo tentativo di configurare una tutela in forma giuridi-ca della persona nasce, infatti, proprio in questo periodo storico modulato su gerarchie assiologiche legate alla dimensione dell’avere. E lo schema logico-argomentativo adottato per porre in esponente il problema era il seguente: l’individuo pretende tu-tela per resistere contro i poteri statuali in quanto il soggetto è ‘proprietario’ dei suoi aspetti personali11. __________

porto tra l’individualismo liberale ed il code civil non è affatto incontroverso: cfr. per la letteratura italiana A. Cavanna, Mito e destini del Code Napoleon in Italia, in Eur. dir. priv., 2001, 85 ss.; e cfr. anche G. Tarello, Code civil e regola del gioco borghese, in Soc. dir., 1973, 143 ss. Al quesito sollevato da Amiaud si danno varie risposte. Alcune si ricollegano al fatto che la tutela della persona era tradizionalmente considerata un problema di pertinenza del diritto pubblico e penale in quanto attiene a soprattutto ai rapporti cittadino-stato (in tal senso v. M. Graziadei, Diritto soggettivo, potere, interes-se, in G. Alpa-M. Graziadei et al., Il diritto soggettivo, in Trattato di diritto civile, diret-to da R. Sacco, Torino, 2001, 35-36; A. De Vita, I valori costituzionali come valori giu-ridici superiori nel sistema francese (vicende e incognite di un processo in atto), in A. Pizzorusso-V. Varano (a cura di), L’influenza dei valori costituzionali sui sistemi giuri-dici contemporanei, Milano, 1985, 1159 ss. Altre evidenziano, invece, come il codice si presentava, essenzialmente, come il codice del patrimonio ed in particolare della pro-prietà, ma poiché nella proprietà stava la principale garanzia del libero sviluppo della persona, non era neanche avvertita la necessità di una autonoma considerazione degli interessi della personalità (cfr. A. De Vita, Sub art. 10, cit., 510).

11 Il topos del dominium sui era trascorso dal dibattito politico e filosofico alla ri-flessione prettamente giuridica, tanto da divenire un luogo comune nell’ambito della trattatistica: cfr., per alcuni esempi emblematici, L. Borsari, Commentario al Codice civile italiano, II, Torino, 1872, § 842, 130: «L’uomo ha delle proprietà naturali ed ac-quisite; e le acquisite sono interne od esterne. Le proprietà naturali ci sono date senza verun nostro sforzo o virtù dalla provvidenza suprema. Siamo proprietari delle nostre membra e della nostra intelligenza e ne abbiamo libero arbitrio; con vero diritto di proprietà naturale godiamo di tutti i beni (l’aria, la luce, ecc.), che sono necessari alla nostra fisica esistenza, in comune è vero con tutti gli altri esseri della nostra specie, ma con una identificazione personale che li identifica in noi stessi»; G. Galdi, Commenta-rio del codice civile, V, Dei beni, della proprietà e delle sue modificazioni, Napoli, 1876, 252-254: «Il corpo umano, preso genericamente, appartiene all’interna proprietà dell’uomo, quantunque sia esternamente visibile, esso forma la condizione essenziale dell’esistenza dell’uomo, quindi rappresenta la persona e con essa si immedesima. È perciò che la proprietà interna, a riguardo della sua origine, è da considerarsi come innata, imperciocché consiste in oggetti dalla natura stessa immediatamente congiunti con la persona al momento stesso della sua nascita o del suo ingresso in questo mondo fenomenico, e quindi si risolve propriamente nel diritto innato sulla propria persona e sulle parti di cui è composta»; F.S. Bianchi, Corso di codice civile italiano, IX, p. I, Dei

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LA RILEVANZA GIURIDICA DELLA PERSONA 25

Il richiamo al concetto di proprietà è evidente quanto scon-tato: come è noto, infatti, nel contesto in esame, il vero baricen-tro della discussione giuridica e culturale non era rappresentato dalla persona, quanto dalla proprietà. Lo schema proprietario veniva incessantemente invocato in riferimento ai temi appena elaborati riguardanti la persona, evidenziando così una fortissi-ma contiguità tra ‘logica’ dominicale e ‘situazioni’ della perso-na12.

Una proprietà che doveva apparire agli occhi dei contempo-ranei come la garanzia migliore per il perseguimento delle riven-dicazioni di autonomia e libertà13. In questo senso, il diritto di proprietà diventava lo schema ermeneutico pronto davvero ad

__________

beni, della proprietà e della comunione, Torino, 1895, 646: «… anche tutti i diritti (…) possono essere considerati come oggetto di proprietà; e fra gli altri, ed anzi primi fra tutti, i diritti di nazionalità e quelli attinenti alla libertà individuale, alle qualità e facol-tà personali (…) lo stesso nome proprio delle persone può dirsi proprietà di tutti i componenti la famiglia, che con quel nome si distingue dagli altri per tutti gli effetti relativi ai diritti ed agli obblighi civili».

Il convincimento secondo cui la persona umana viene tutelata in quanto è titola-re di un diritto di proprietà su sé medesima è stato per molto tempo diffuso tra la dot-trina civilistica. E ciò quanto meno fino alla comparsa del saggio di A. Ravà, I diritti sulla propria persona nella scienza e nella filosofia del diritto, Torino, 1901. Comunque, anche chi non riteneva che il soggetto avesse un diritto di proprietà su sé medesimo, era incline a pensare che ogni diritto della personalità avesse una struttura assimilabile a quella del diritto di proprietà.

12 Sul punto, significativa e ricchissima di riferimenti è la analisi dell’evoluzione della categoria dei diritti della personalità, offerta da G. Resta (Autonomia privata e diritti della personalità, Napoli, 2005, in part. capitolo I), nell’ambito di un ampio stu-dio teso a ricostruire il fenomeno della patrimonializzazione della persona ed a verifi-care il problema del rapporto tra i diritti della personalità e l’autonomia negoziale. Sempre in riferimento al medesimo tema meritano di essere attentamente meditate le pagine di P. Rescigno, Disciplina dei beni e situazioni della persona, in Quaderni Fio-rentini per la storia del pensiero giuridico, 1976-1977, t. 2, 861 ss.

13 In tema cfr. ovviamente P. Grossi, Tradizioni e modelli nella sistemazione post-unitaria della proprietà, in Id., Il dominio e le cose. Percezioni medievali e moderne dei diritti reali, Milano, 1992, 439 ss.; Id., La proprietà e le proprietà nell’officina dello sto-rico, ivi, 603 ss.; v. altresì i rilievi di S. Rodotà, La definizione della proprietà nella codi-ficazione napoleonica, ora in Id., Il terribile diritto. Studi sulla proprietà privata, 2° ed., Bologna, 1990, 75 ss.; A. De Vita, La proprietà nell’esperienza giuridica contemporanea, Milano, 1969; O.T. Scozzafava, I beni e le forme giuridiche di appartenenza, cit., 272.

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PARTE SECONDA – CAPITOLO I 26

ogni uso, con ciò influenzando chiaramente la discussione teori-ca in ordine alla protezione di alcuni beni strettamente inerenti alla persona, che veniva gioco-forza attratta all’interno dell’ottica proprietaria e indotta ad avvalersi in modo pressoché esclusivo dello strumentario teorico dominicale al fine di approntare effi-caci e già collaudati mezzi di tutela.

In un simile contesto, modulato sulla logica proprietaria, era il diritto soggettivo14 - quale massima espressione di tutela dell’individuo per la realizzazione di interessi privati15 - a rap-presentare il motore dell’ordinamento giuridico eretto dai codici ottocenteschi.

La mediazione della categoria del diritto soggettivo veniva allora percepita come un passaggio obbligato per poter appron-tare un armamentario efficace a tutela della persona. Attraverso questo approccio metodologico i modelli argomentativi radicati sul diritto soggettivo e sulla suggestione della sua matrice prima-ria fondata sull’ ‘avere’ venivano percepiti come percorsi dottri-nali necessari, senza i quali non si pensava neppure possibile fondare alcuna costruzione concettuale. Ed infatti, come si è già avuto modo di analizzare, quando divenne necessario precisare la struttura della situazione soggettiva in virtù della quale la per-sona rilevava sul piano giuridico, quale ‘bene’16, la soluzione più

__________ 14 I legami intercorrenti tra la teoria di diritti della personalità e la vicenda del

diritto soggettivo sono ben noti: in tema v. G. Pugliese, Aspetti civilistici della tutela del diritto della personalità nell’ordinamento italiano, in AA. VV., Alcuni problemi sul diritto della personalità, Milano, 1964; ulteriori spunti possono trarsi dalle pagine di R. Orestano, Diritti soggettivi e diritti senza soggetto, ora in Id., Azione. Diritti soggettivi. Persone giuridiche. Scienza del diritto e storia, Bologna, 1978; di M. Bessone, Diritto soggettivo e droits de la personnalité, in Saggi di diritto civile, Milano 1979; e più recen-temente di M. Graziadei, Diritto soggettivo, potere, interesse, in G. Alpa-M. Graziadei et. al., cit., 33 ss.

15 L’intero impianto del diritto privato veniva infatti concepito come strumento a tutela di interessi tipicamente patrimoniali, in una prospettiva di carattere spiccata-mente utilitarista.

16 Non vi è dubbio che la tematica dei diritti della personalità ha avuto uno stretto legame con le discussioni teoriche riguardanti l’oggetto dei diritti e la teoria dei beni.

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LA RILEVANZA GIURIDICA DELLA PERSONA 27

semplice sembrò proprio quella di ricondurre questo preteso concetto di qualificazione nel concetto di proprietà.

In definitiva, in questa fase17, il ricorso alla concettuologia proprietaria, sostenuto dalla tecnica argomentativa e d’azione del diritto soggettivo, appariva come la via più rapida per assicurare protezione agli interessi emergenti e per definire lo statuto teori-co di tutta una serie di posizioni giuridiche dalla incerta colloca-zione18. __________

Le problematiche riguardanti tali temi hanno occupato la dottrina per lungo tempo. Senza alcuna pretesa di completezza, stante la vastità degli argomenti, per ave-re una primo quadro del dibattito in materia e delle articolate e complesse implicazio-ni che ne possono derivare, si rinvia a R. Nicolò, Riflessioni sul tema dell’impresa e su talune esigenze di una moderna dottrina del diritto civile, in Riv. dir. comm., 1956, I, 179 ss. In tale saggio, dedicato ad un tema attinente all’oggetto del diritto, l’Autore afferma «che è mancato nella civilistica più recente quello sforzo di sostanziale rinno-vamento dei vecchi schemi, che avrebbe permesso di colmare lo hyatus tra le categorie concettuali (…) e la nuova realtà». Sempre Nicolò, in un altro lavoro, osserva che ta-luni nuovi beni non hanno ricevuto una adeguata considerazione, al momento dell’elaborazione del codice, benché essi avessero acquisito una rilevanza economica non trascurabile, proprio in quanto a quel tempo «non erano maturate le nuove idee» (cfr., voce Codice civile, in Enc. dir., VII, Milano, 1960, 248). Cfr., inoltre, D. Messi-netti, Oggettività giuridica delle cose incorporali, Milano, 1970, che evidenzia la necessi-tà di procedere ad una revisione critica della teoria dei beni; S. Rodotà, Le azioni civili-stiche, in Le azioni a tutela di interessi collettivi – Atti del Convegno di Studi (Pavia, 11-12 giugno 1974), Padova, 1976, 99 ss.; C. Salvi, Note sulla tutela civile della salute co-me interesse collettivo, in Tutela della salute e diritto privato, F.D. Busnelli-U. Breccia (a cura di), Milano, 1978, 477 ss.. Non si può infine prescindere dalla lettura di alcuni scritti di S. Pugliatti che ha dato importantissimi contributi sul tema problematico dei beni: cfr., fra i tanti, S. Pugliatti, voce Cosa (Teoria generale), in Enc. dir., XI, Milano, 1962, 19 ss.; Id., Istituzioni di diritto civile, IV, L’oggetto del diritto, Milano, 1937, 13 ss.

17 Ma tale tendenza caratterizzò anche i periodi successivi. 18 Sotto tale profilo è stato acutamente rilevato da A. Gambaro (Vicende della

codificazione civilistica in Italia, in A. Pizzorusso-S. Ferreri, Le fonti scritte, in Trattato di diritto civile (diretto da R. Sacco), Torino, 1998, 405 ss. e, in part., 416), come sia stato proprio il superamento, operato nel Code Napoleon e nel codice civile italiano del 1865, della distinzione tra beni incorporali e beni corporali, nonché l’assenza di una limitazione a quest’ultima tipologia di beni della disciplina della proprietà e dei diritti reali che ha sorretto l’impiego del paradigma proprietario ben al di là dei confini che il nuovo pensiero giuridico di stampo pandettistico sarebbe venuto di lì a poco ad im-porre. Per ulteriori puntuali notazioni di taglio comparatistico sull’esperienza francese, cfr. A. Candian, Propriété, in A. Candian-A. Gambaro-B. Pozzo, Property – Propriété –

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PARTE SECONDA – CAPITOLO I 28

Tale approccio19 al problema della persona - seppur con molteplici sfumature20 - scandì in modo netto gli studi successivi che si interessarono della materia, lasciando tracce profonde e durature nel dibattito culturale e giuridico sui diritti della perso-nalità21.

3. Teorie ‘monista’ e ‘pluralista’ dei diritti della personalità

Assunto come dato di partenza della discussione lo schema proprietario e la tecnica del diritto soggettivo, il dibattito e gli studi intorno alla persona si articolarono in molteplici direzioni.

Una di queste fu rappresentata dal tentativo di dare una forma compiuta e concreta di rilevanza alla persona umana, uni-tamente alla ricerca di adeguati e convincenti (sotto il profilo dogmatico e sistematico) strumenti di tutela. Per il perseguimen-to di tale obiettivo furono intraprese due diverse strade22. __________

Eigentum, Corso di diritto privato comparato, Padova, 1992, 187 ss.; nonché A. Gam-baro, voce Proprietà in diritto comparato, in Dig. IV, sez. civ., XV, Torino, 1997.

19 È opportuno specificare che tale approccio al problema ha la sua matrice sto-rica nelle teorie giusnaturaliste. Sul punto cfr. O.T. Scozzafava, I beni e le forme giuri-diche di appartenenza, Milano, 1982, 546; D. Messinetti, voce Personalità (diritti della), cit., 358, il quale afferma che: «l’influsso avuto sulle codificazioni moderne dalle varie correnti del giusnaturalismo ha trovato, infatti, sia nelle elaborazioni dottrinali sulla proprietà, sia nel modello teorico dell’istituto, il punto di riferimento più idoneo per l’affermazione di quei valori essenziali dell’individuo di cui esse rappresentavano l’ideologia».

20 Di cui non è possibile, nel presente lavoro, darne conto attraverso una ade-guata e puntuale trattazione. Per i necessari approfondimenti si rimanda al recente studio condotto da G. Resta, Autonomia privata e diritti della personalità, cit., in part. cap. I, nel quale l’Autore, offre un panorama dettagliato - anche in prospettiva compa-ratistica - della vicenda storica dei diritti della personalità.

21 È allora evidente come le costruzioni dottrinarie per poter perseguire le finali-tà di tutela dei diritti della persona e di tutela dei diritti patrimoniali abbiano adottato, in realtà, la stessa tecnica e lo stesso schema logico-giuridico (diritto soggetti-vo/azione). E ciò, con alcune differenziazioni che non mutano il quadro nella sostanza, ma che sono determinate dalla diversa natura degli interessi in gioco, dal fatto cioè che le forme di tutela tendono ad appuntarsi e conformarsi sulle caratteristiche specifiche dei diritti da proteggere.

22 L’espressione «diverse strade» deve essere compresa collocandola nel conte-sto applicativo di cui si discute, e cioè ponendola in relazione con le argomentazioni espresse nella nota successiva.

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LA RILEVANZA GIURIDICA DELLA PERSONA 29

Infatti, le teorie che si sono disputate il campo per dare una definizione al problema della tutela della persona - che, come vi-sto, il codice del ’42 aveva confinato in ambiti molto ristretti - si possono, in definitiva, far rientrare in due gruppi, solo apparen-temente contrapposti23: la teoria cd. ‘monista’ dei diritti della persona e quella, invece, cd. ‘pluralista’24.

Analizziamo quindi di seguito le due articolazioni dottrina-rie che hanno fortemente caratterizzato il dibattito teorico in ma-teria.

Vi era chi sottolineava come «la diversité des espèces ne con-tredit pas l’unité du genre»25, con ciò suggerendo una visione uni-taria e globale della persona e della sua tutela, direttamente deri-vata, da una parte, da tutto l’insieme delle leggi positive che ave-vano come scopo la conservazione e lo sviluppo del soggetto e, dall’altra, da norme e principi costituzionali che consentivano all’interprete di assicurare anche ad aspetti della personalità non ancora oggetto di normativa specifica, una tutela minima, gene-rale, senza la necessità di ricorrere al procedimento analogico, e al di là dei suoi limiti26.

Le implicazioni connaturate a questo approccio erano evi-denti e non di poco conto. Prima fra tutte è che, da questo mo-mento, nel campo della tutela della persona si deve parlare di un unico diritto della personalità (intesa come proiezione della per-

__________ 23 Tale indicazione non deve essere considerata in contrasto con il fatto che le

due teorie evidenziavano soluzioni fra loro diverse. Il punto sarà oggetto, più avanti nel corso della trattazione, di specifica analisi, basti per ora evidenziare che la prospet-tazione nell’uno o nell’altro senso non segnava – sotto un profilo strutturale – signifi-cative differenze.

24 In realtà, ad una attenta analisi degli argomenti offerti dagli studi sul tema, è possibile intravedere una ulteriore autonoma posizione dottrinaria di cui si darà conto, infra, nota 27.

25 Così, J. Dabin, Le droit subjectif, Paris, 1952, 175. 26 La teoria monista è sostenuta in particolare da G. Giampiccolo, La tutela giu-

ridica della personalità e il cd. Diritto alla riservatezza, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1958, 566 ss.; G.B. Ferri, Persona e privacy, in persona e formalismo giuridico, Rimini, 1985; Id., Oggetto del diritto della personalità e danno non patrimoniale, in Persona e formali-smo giuridico, cit.

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PARTE SECONDA – CAPITOLO I 30

sona). Non solo, ma dalla considerazione della unitarietà ed in-divisibilità della persona umana deriva anche l’affermazione dell’unitarietà della sua tutela, affidata ad un unico diritto della personalità, del quale rappresentano aspetti particolari quelli che per la teoria pluralistica sono invece autonomi diritti soggettivi.

Impostazione, questa appena descritta, che si differenziava da quella pluralista che tendenzialmente riconosceva tutela giu-ridica solo alle manifestazioni della persona oggetto di intervento legislativo specifico o, comunque, era costretta al ricorso alle re-gole della estensione analogica, ove applicabili, per attuare la protezione di valori diversi27.

Dal punto di vista pluralista si giungeva - conseguentemente - a conferire tutela ai singoli momenti e aspetti della persona solo in quanto vi fosse una specifica norma che tale tutela affermasse e disciplinasse (fermo restando il possibile ricorso alla interpre-tazione analogica).

4. (Segue): Il formante giurisprudenziale fra applicazione della teoria monista e della teoria pluralista

Sulla base delle linee ricostruttive appena descritte, la giuri-sprudenza non assunse mai, sul punto specifico, una posizione precisa e definitiva.

Una parte seguì la teoria monista. Esemplare, nel senso della possibilità (e necessità) della con-

figurazione di un unitario diritto della personalità direttamente riconosciuto dall’art. 2 della Costituzione, è una sentenza della

__________ 27 L’impostazione pluralista è sostenuta, fra gli altri, da A. de Cupis, I diritti del-

la personalità, in Trattato di dir. civ. e comm., (diretto da Cicu e Messineo), I, Milano, 1959; G. Pugliese, Il diritto alla “riservatezza” nel quadro dei diritti della personalità, in Riv. dir. civ., 1963, I, 605 ss. La analisi delle varie prospettive esegetiche sul tema evi-denzia una ulteriore posizione dottrinale, quella offerta dallo studio di O.T. Scozzafa-va, I beni e le forme giuridiche di appartenenza, Milano, 1982, 545, in cui l’Autore ritie-ne ininfluente pronunciarsi nell’un senso o nell’altro, poiché è prima di tutto «necessa-rio precisare la struttura della situazione soggettiva, in virtù della quale la persona rile-va, sul piano giuridico, quale bene».

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LA RILEVANZA GIURIDICA DELLA PERSONA 31

Corte di Appello di Napoli28 che reagiva decisamente nei con-fronti di quanto già affermato da una pronuncia resa dalla Cas-sazione nel 195629 e poi ripreso dalla conforme sentenza di pri-mo grado30. Si riporta di seguito un passo emblematico del deci-sum da cui emerge chiaramente l’impostazione adottata dalla Corte: «Esiste la persona umana, nella compiutezza dei suoi inte-ressi materiali e morali, la persona umana, cioè, come valore uni-tario, cui fa capo non una serie di diritti diversi ed autonomi, ma un solo diritto inscindibile e totale: il diritto della personalità, di cui i cosiddetti diritti singoli non sono che esplicazioni».

Successivamente, la teoria monista ‘fece breccia’ nella Su-prema Corte, la quale - seppur non riconoscendo nel caso di specie l’esistenza di un diritto alla riservatezza - con la sentenza

__________ 28 App. Napoli, 20.8.1958, in Giut. civ., 1959, I, 1811 ss., con nota di A. Scher-

mi, Considerazioni sulla tutela della riservatezza. 29 Cass. 22.12.1956, n. 4487, in Giust. civ., 1957, I, 5 ss., la quale si mostra molto

poco disponibile nella ricerca di spazi di tutela per l’interesse alla riservatezza, almeno al di là delle ipotesi già espressamente contemplate dal legislatore. Interessante sono gli argomenti portati dalla Suprema Corte a sostegno della propria decisione, che in maniera necessariamente breve ed analitica di seguito cercheremo di sunteggiare: (i) PREMESSA: negazione decisa della esistenza nell’ordinamento italiano di «un genera-le diritto alla riservatezza o privatezza»; (ii) MOTIVI: mentre le diverse norme che, in vari settori, assicurano tutela ai valori rappresentati dall’onore, dal decoro e dalla re-putazione dei singoli, possono essere considerate espressioni particolari di un princi-pio generale, per cui «ogni offesa ad essi costituisce damnum iniuria datum e dà luogo ad azione per far cessare l’abuso ed ottenere il risarcimento per fatto illecito a norma dell’art. 2043 c.c. e, nei casi di legge, dell’art. 2059 c.c.»; viceversa, le norme che ap-prestano tutela a particolari aspetti della vita privata della persona (immagine, nome, segreto epistolare, domicilio), esibendo «varietà della ratio» e «diversa estensione della tutela da ciascuna di esse accordata», non possono essere ricondotte ad una disciplina unitaria; (iii) CONSEGUENZE: dato che «nessuna disposizione di legge autorizza a ritenere che sia sancito come principio generale, il rispetto assoluto della intimità della vita privata», ne consegue necessariamente che «fuori dei limiti fissati, l’aspirazione alla privatezza non riceve protezione, salvo che l’operato dell’agente, offendendo l’onore o il decoro o la reputazione della persona, ricada nello schema generale del fatto illecito»; (iv) CONCLUSIONI: l’interesse al riserbo non è dunque considerato interesse giuridicamente tutelabile. Chiusura assoluta, pertanto, e conferma della im-postazione tradizionale: numero chiuso dei diritti della persona, quelli espressamente previsti dalla legge.

30 Trib. Napoli 28.6.1957, in Giust. civ., 1957, I, 2039 ss.

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PARTE SECONDA – CAPITOLO I 32

n. 990/196331 pose una pietra miliare nel, fino a quel momento, tortuoso cammino della giurisprudenza.

Anche in questo caso la lettura di un breve stralcio della motivazione, evidenzia, meglio di ogni chiosa, il revirement della Corte.

Preliminarmente, i giudici del Supremo Collegio sottolinea-no la necessità di mutare la propria giurisprudenza «di fronte al dissenso di gran parte della dottrina e agli inconvenienti che de-rivano da una assoluta esclusione di tutela giurisdizionale del ri-serbo della vita privata». Ed il riesame critico delle posizioni precedentemente assunte diventa particolarmente interessante e rilevante quando la Corte afferma che «ammettere soltanto l’esistenza di singoli concreti diritti esplicitamente riconosciuti», porta a «pretermettere a priori ogni indagine sull’esistenza di un diritto astratto che consenta di concretizzare, con la tutela ad es-so inerente, singole manifestazioni della personalità», pervenen-do «al risultato di frantumare una nozione che, per sua essenza è unica, inscindibile, come quella della personalità».

Tale impostazione venne poi adottata altre volte dalla Su-prema Corte in successive sentenze, la cui motivazione – in so-stanza – ribadiva, in maniera pressoché tralatizia, l’iter logico-giuridico adottato dalle decisioni analizzate.

L’interesse al tema è stato oggetto di attenzione anche in al-tre decisioni, nelle quali, tuttavia - sempre con riferimento alla questione della riservatezza - veniva percorsa una diversa strada: quella della individuazione di un autonomo diritto soggettivo al-la riservatezza da aggiungere a completamento del complesso si-stema dei diritti della persona.

Una delle prime decisioni al riguardo può farsi risalire ad una sentenza della Corte di appello di Milano32, in cui si affer-mava l’opportunità - dinnanzi a casi non previsti espressamente

__________ 31 Cass. 20.4.1963, n. 990, in Foro it., 1963, I, 877 ss., con cui veniva confermata

– correggendone la motivazione – App. Milano 26.8.1960, in Foro it., 1961, I, 43 ss. 32 App. Milano 5 dicembre 1958, in Giust. civ., 1959, I, 1811 ss.

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LA RILEVANZA GIURIDICA DELLA PERSONA 33

dal legislatore - di una applicazione analogica delle norme poste a tutela dei singoli aspetti della vita privata.

Nel caso di specie era la normativa relativa alla immagine a costituire l’oggetto di una interpretazione analogica: «se, dun-que, la tutela dell’immagine realizza una particolare forma di protezione del diritto alla riservatezza (…) non v’è motivo – ea-dem legis ratione – di negare, in via analogica, la medesima pro-tezione ad altri elementi e aspetti della personalità che, pur non essendo previsti dalla legge, esigono tuttavia una non meno e-nergica tutela contro ogni esterna invadenza»33.

La successiva esperienza applicativa vedrà più tardi la Corte di Cassazione riprendere autorevolmente la dottrina pluralista, con la sentenza n. 2129/197534, nella cui massima si afferma chiaramente che «il diritto alla riservatezza, oltre a trovare fon-damento in diverse norme del nostro ordinamento e ad essere in armonia con i vari principi costituzionali, è riconosciuto espres-samente da alcuni atti internazionali, tra i quali la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamen-tali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva con l. 4 agosto 1955 n. 848, il cui art. 8 par. 1 prevede che, “ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza” ed il cui art. 10 par. 2 con-sente di limitare la libertà di espressione del pensiero per pro-teggere “la reputazione o i diritti altrui” o per impedire “la di-vulgazione di informazioni confidenziali”».

__________ 33 In questo senso la stessa Corte di Appello di Milano (App. Milano 26 agosto

1960, in Foro it., 1961, I, 43 ss.), anni dopo, ribadì che «accanto al diritto al nome, al diritto alla propria immagine, al diritto morale d’autore, ecc., si pone (…) il diritto al riserbo, come facoltà giuridica di escludere ogni invadenza estranea dalla sfera della propria intimità personale e familiare». Aggiungendo, poi, che i vari interessi garantiti sono solo «manifestazioni particolari del più ampio diritto alla riservatezza».

34 Cass. 27 maggio 1975, n. 2129, in Giur. it, 1976, I, 970 ss. La decisione riveste particolare importanza in quanto sancisce, in via definitiva, l’ingresso del diritto alla riservatezza nel novero dei diritti della personalità.

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PARTE SECONDA – CAPITOLO I 34

5. Lo studio di Giampiccolo

In questo quadro di pronunce giurisprudenziali non certa-mente uniformi, gli studi sulla persona ebbero una spinta decisi-va35, in senso evolutivo, subito dopo la seconda metà del secolo scorso, grazie alla prolusione che Giorgio Giampiccolo tenne al-la Università di Macerata36, e che segnò uno dei passaggi nodali del dibattito sul tema.

La novità del discorso di Giampiccolo - che determinò co-me immediata conseguenza il prevalere della dottrina cd. moni-sta - può essere enunciativamente e sinteticamente così rappre-sentata: estendere alla tutela della persona lo schema argomenta-tivo utilizzato per ricostruire nel nostro sistema il diritto di pro-prietà.

Cerchiamo di spiegare meglio e più diffusamente il punto. La proprietà – come è noto – è un potere complesso, cioè

caratterizzato da molte facoltà, ognuna delle quali legittima di-versi comportamenti regolati dal codice (usare e abitare: artt. 1021 e 1022 c.c.; concedere in locazione: per i fondi urbani, artt. 1607 c.c. ss.; alienare: artt. 1470 c.c. ss.; ecc.). La proprietà per-tanto si manifesta esteriormente come un unico diritto che ha, però, nel suo contenuto, la possibilità di realizzarsi attraverso di-versi comportamenti, ciascuno dei quali corrisponde ad una fa-coltà. Facoltà che trovano tutte la loro legittimazione nell’unità __________

35 Ugualmente importanti sono le prese di posizione della letteratura giuridica e dei giudici supremi in terra di Germania convergenti – nella sostanza, pur nella diver-sità delle fonti e delle argomentazioni critico-ricostruttive – con il lavoro di Giampic-colo.

Tale impostazione aveva inoltre ricevuto poi un forte impulso a seguito del complessivo rinnovamento culturale che era seguito all’intuizione di Filippo Vassalli circa la possibile coesistenza dell’unità e della pluralità in un medesimo schema di si-tuazione giuridica soggettiva (cfr. gli scritti: Le riforme del codice civile in relazione alla proprietà fondiaria, in Studi giuridici, II, Milano, 1960, 319 ss.; Per una definizione legi-slativa del diritto di proprietà, ivi. 329 ss; Il diritto di proprietà, ivi; 415 ss. Un’intuizione che aveva trovato negli scritti di Salvatore Pugliatti sulla proprietà un conclamato suc-cesso (v. La proprietà nel nuovo diritto, Milano, 1954 (rist., 1964).

36 G. Giampiccolo, La tutela giuridica della persona umana e il c.d. diritto alla ri-servatezza, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1958, 458 ss.

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LA RILEVANZA GIURIDICA DELLA PERSONA 35

del diritto37. Tanto che, in quest’ambito, si può affermare che l’unicità del diritto di proprietà corrisponde ad una pluralità dei comportamenti che il proprietario può porre in essere.

L’intuizione di Giampiccolo è stata quella di avere esteso ta-le modello argomentativo alla tutela della persona: «a mio modo di vedere» – afferma quest’ultimo – «finché non si vorrà ricono-scere che la persona umana è un valore unitario, che i suoi inte-ressi relativi all’essere possono – sì – venire isolati concettual-mente, ma conservano quel comune punto di riferimento ogget-tivo e sono sostanzialmente solidali tra loro; finché non si vorrà ammettere che le varie norme disseminate nel codice penale, nel codice civile e in leggi speciali, non costituiscono il fondamento di tanti autonomi diritti della persona, ma piuttosto la disciplina specifica di alcuni aspetti particolari di sua tutela e non più che un concreto svolgimento di questa; la costruzione verrà sempre a poggiare su di una base effimera. Non esistono diritti della per-sonalità; esiste il diritto della personalità: un diritto unico, a con-tenuto indefinito e vario (come indefinito e vario è, in altro cam-po, il contenuto del dominio), che non si identifica con la somma delle molteplici sue esplicazioni singolarmente protette da norme particolari»38.

Attraverso tale ricostruzione si riusciva così a superare il di-scorso nominalistico secondo cui bisognava - al fine di poter ri-tenere meritevole di tutela giuridica una determinata manifesta-zione della persona - di volta in volta andare a ricercare nel dirit-to positivo la norma specifica, in una spasmodica rincorsa alla ricerca del distinto ed autonomo diritto soggettivo a cui far cor-rispondere le specifiche istanze della personalità che di volta in

__________ 37 Afferma, infatti, Giampiccolo (op. ult. cit., 469): «del proprietario di un fondo

non si pensa di certo che egli abbia un separato diritto alla integrità del bene, alla sua chiusura, alla sua libertà da vincoli pregiudizievoli, e via dicendo; né si postula dall’ordinamento una specifica norma a protezione di queste singole qualità, che nel complesso fanno essere la cosa medesima a se stessa e le consentono di servire alla propria funzione».

38 Così, G. Giampiccolo, op. ult. cit., 465-466.

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PARTE SECONDA – CAPITOLO I 36

volta affioravano39. In questo senso, la tutela della persona pote-va pertanto essere argomentata ed individuata in via sistematica, sulla base dei riscontri normativi esistenti evitando il rischio di un vacuo nominalismo40.

6. (Segue): Il dibattito successivo

Alle tesi prospettate – sicuramente di grande e decisiva a-pertura per i tempi in cui la discussione era relegata alla questio-ne della tipicità o meno delle tutele personali – non si attinse cer-to in maniera acritica.

__________ 39 È evidente, dietro questa ricostruzione, l’ispirazione del «diritto generale della

personalità» indicato in Germania con l’ampia formula della freie Entfaltung, la cui influenza è destinata a ripercuotersi anche su coloro che decisero di percorrere le più collaudate strade del diritto soggettivo (per una analisi più dettagliata del punto, v., infra, § 6), abbandonando l’idea di una pluralità di diritti della persona per aderire, invece, ad una visione unitaria. Altro percorso è quello che si seguiva aderendo alla visione del diritto soggettivo come interesse giuridicamente protetto [di un diritto ge-nerale della personalità che ha come suo punto di riferimento oggettivo la persona nel-le sue possibili esplicazioni, ha parlato G.B. Ferri, Persona e privacy, in Persona e for-malismo giuridico, Rimini, 1985, 281 ss., configurando come bene e, dunque, oggetto del diritto, non tanto l’interesse che il soggetto ha verso sé stesso, ma proprio quel ‘sé stesso’ come punto di riferimento oggettivo dell’interesse (così, Id., Oggetto del diritto della personalità e danno non patrimoniale, in Riv. dir. comm., 1984, 138). Una duplice rilevanza formale della persona, a seconda che la si consideri a parte subiecti o a parte obiecti, era già stata evidenziata da G. Giampiccolo, op. ult. cit., 466 ss.].

Doveva essere più tardi la Corte cost. tedesca, nel 1954, a creare l’allgemeines Persoenlichkeitsrecht. Trasposizione sul piano giuridico di un’istanza di libertà fonda-mentale, «il diritto generale della personalità» assume così una conformazione unita-ria, di cui si sentiranno le conseguenze non solo in Italia (come accadrà con le tesi pro-spettate da Giampiccolo), ma anche in area francese (v. Roubier, Droit subjectifs et situations juridiques, 1963, 365).

40 Il passo in avanti compiuto é evidente: quello di avere per la prima volta per-cepito - entro tale contesto - in maniera logicamente stringente, il rischio di un vacuo nominalismo in cui inevitabilmente si perderebbe ogni interprete e il legislatore stesso se ambissero a promuovere una barocca proliferazione di minuti diritti della persona umana, così da condannarsi, in realtà, alla chiusura ed alla incompletezza permanenti. Risultava, invece, necessaria un’opposta esigenza di permanente apertura del sistema, in base a parametri normativi capaci di porsi in costante rapporto con un ambiente multiforme e rapidamente cangiante.

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LA RILEVANZA GIURIDICA DELLA PERSONA 37

Successivamente, infatti, il dibattito dottrinario italiano non si smorzò e proseguì secondo articolate direttrici: una di queste, è stata caratterizzata dalle riflessioni sul tema/problema dell’utilizzo della figura del diritto soggettivo per la tutela delle manifestazioni di rilevanza della persona41.

Alcune elaborazioni teoriche42 hanno criticato, infatti, l’uso indiscriminato della categoria del diritto soggettivo per dare forma di rilevanza agli interessi personalistici.

In tale prospettiva, vengono sollevate forti perplessità al modo di risolvere il problema della rilevanza giuridica di un par-ticolare profilo della persona, legato alla mera aggiunzione di un nuovo diritto della personalità al catalogo di quelli già conosciu-ti43. Ciò che è messo in discussione è la soluzione prospettata da quelle teorie che usano la tecnica del diritto soggettivo quale schema fondamentale e unificante di tutte le possibili manifesta-zioni del privato, adottando come premessa del proprio ragio-namento il modello di appartenenza ed i caratteri (oggetto, bene, lesione, danno, risarcimento) propri del diritto patrimoniale.

La soluzione proposta si fonda dunque – sul piano logico-formale – sul seguente ragionamento: il valore giuridico della persona emerge attraverso un dovere di astensione, che impone __________

41 Ad un attento esame sembra infatti che la prospettiva adottata dal Giampicco-lo non sfugga alla concezione, all’epoca dominate, che riconduceva la tutela alla forma del diritto soggettivo e quindi del rapporto soggetto-bene.

42 Cfr. in particolare, D. Messinetti, voce Personalità (diritti della), cit., in part. 360, nel quale l’Autore evidenzia che: «Finché la situazione giuridica nella quale si ri-solve l’effetto predisposto dalla norma è definita sul modello del diritto soggettivo e il modello del diritto soggettivo, a sua volta, è costruito sullo schema esemplare del dirit-to di proprietà, fino a quando cioè il diritto soggettivo è configurato come un potere di azione, non vi è modo di identificare quel tipo peculiare di situazione giuridica me-diante la quale è tutelato il valore della persona»; Id., Recenti orientamenti sulla tutela della persona. La moltiplicazione dei diritti e dei danni, cit., 173 ss.; N. Lipari, Diritti fondamentali e categorie civilistiche, in Riv. dir. civ., 1997, 414 ss.

43 E questa sembra (come già evidenziato) proprio la tecnica adottata dal Giam-piccolo, il quale – nonostante la grande e decisiva apertura di prospettiva per i tempi in cui si discuteva di tipicità o meno delle tutele personali – sembra non sfuggire alla concezione, all’epoca dominante, che riconduceva la tutela alla forma del diritto sog-gettivo e quindi al rapporto soggetto-bene.

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PARTE SECONDA – CAPITOLO I 38

l’omissione dall’azione44; conseguentemente la tutela della per-sona si concretizza attraverso un momento sostanziale ed un momento formale assolutamente nuovi e diversi rispetto a quelli che caratterizzano le situazioni patrimoniali.

Sulla base di siffatta impostazione45 il concetto di persona diventa portatore di una logica diversa, che sollecita la creazione di categorie poste su basi concettualmente nuove46.

Altra parte della dottrina - con specifico riferimento al tema dell’utilizzo o meno del diritto soggettivo per predisporre ade-guati strumenti di tutela dell’individuo - ha ribadito, invece, che la categoria del diritto soggettivo è ancora «la più significativa

__________ 44 L’idea che caratterizza tale ragionamento è che la tutela sostanziale di un valo-

re della persona in quanto tale consiste essenzialmente negli effetti della azione inibito-ria, e cioè in un ripristino dell’altrui non facere e nella reintegrazione del comando giu-ridico.

45 Pare opportuno sottolineare che al medesimo paradigma si lascia ricondurre anche il sistema della responsabilità in tema di danno alla persona. Se, infatti, la per-sona è un valore giuridico rilevante dell’ordinamento nei termini appena indicati, tutto ciò comporta una priorità logica della qualificazione di antigiuridicità del comporta-mento rispetto alla nozione di danno, dal momento che si opera in una dimensione del tutto nuova, in cui l’evento dannoso consiste nella stessa esplicazione della condotta. In questo senso v. ancora D. Messinetti, I nuovi danni. Modernità, complessità della prassi, e pluralismo della nozione giuridica di danno, in Riv. crit. dir. priv., 2006, in part. §§ 3, 4, 5 e 6. Per gli ulteriori necessari approfondimenti e per la analisi delle conse-guenze di una impostazione che evidenzia - in particolari ambiti applicativi - la identi-ficazione tra il concetto di danno e quello di antigiuridicità della condotta, v., infra, cap. III e ss.

46 In questo senso, la conclusione cui arriva tale tesi è radicale: il diritto soggetti-vo rappresenterebbe una forma di tutela debole per le esigenze, forti, di rilevanza del valore giuridico della persona che è attuato da un dovere di astensione. Valore giuridi-co della persona che per essere attuato non esige la creazione di nuovi diritti, ma ri-chiede solo di essere compreso e costruito nelle sue proiezioni di rilevanza e di tutela. Ed infatti, viene posto l’accento sulla perdita complessiva di significato che il valore persona subisce una volta ‘reificato’ e frantumato in una miriade di interessi e diritti diversi corrispondenti a quelli che sono semplici ‘risultati funzionali di tutela’ (nello stesso senso, O.T. Scozzafava, Nuovi e vecchi problemi in tema di diritti della personali-tà, in Riv. crit. dir. priv., 1987, 207 ss.; ad essa aderisce ora anche A. Di Majo, La tutela civile dei diritti, Milano, 1993, 123, per il quale è nel momento della tutela che si «va-lorizza il riconoscimento giuridico della persona»).

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LA RILEVANZA GIURIDICA DELLA PERSONA 39

espressione di un’idea dell’uomo»47, non circoscritta all’avere, e utilizzabile per la tutela di situazioni esistenziali. E ciò in quanto tale categoria è in grado di giustificare non soltanto una analitica individuazione delle componenti della persona, ma anche la ri-conduzione di queste a «quell’unico e unitario bene che è (…) la stessa persona umana»48.

__________ 47 P. Rescigno, cit., 2. 48 Cfr. G.B. Ferri, Oggetto del diritto della personalità e danno non patrimoniale,

cit. Nel saggio citato l’Autore affronta in modo particolare il tema dell’oggetto del di-ritto della personalità, sollevando obiezioni a quelle teorie che giungono alla conclu-sione che per la tutela della personalità non vi è spazio per la rilevanza di una qualifi-cazione oggettiva, dal momento che il soggetto sarebbe un valore, protetto dagli stru-menti della tutela inibitoria e del risarcimento del danno (p. 147): «se si ammette (co-me ammettono le teorie cui, qui, si fa riferimento) la possibilità di una lesione riguar-dante la persona, ciò necessariamente implica la preesistenza di un interesse (giuridi-camente rilevante) suscettibile d’essere leso, perché, appunto, tutelato. Ma, se si am-mette ciò, necessariamente si deve anche ammettere, da un lato, un punto di riferi-mento oggettivo dell’interesse, dall’altro una forma di imputazione soggettiva della tutela. Si deve cioè ammettere l’esistenza di un bene (oggetto dell’interesse tutelato) e di una situazione soggettiva attiva». Successivamente l’Autore pone in evidenza come la discussione intorno allo specifico problema dell’oggetto del diritto della personalità non è di oggi (come dimostra lo scritto di A. Ravà, I diritti sulla propria persona, in Riv. it. sc. giur., 1901, 289 ss.; nonché lo splendido lavoro di F. Vassalli, Del jus in corpus del debitum coniugale della servitù d‘amore, ovverossia la dogmatica ludicra, Roma, 1944), «ma è un problema antico che affonda le sue radici nelle dottrine canonistiche medievali per poi assumere connotati a quelli che esso, attualmente possiede, a partire dal XVI sec.; ciò con riferimento, prevalentemente al tema della potestas in se ipsum e, dunque, se l’uomo abbia un diritto sul proprio corpo, o meglio, se il corpo umano possa assumere il ruolo di bene in senso giuridico». Il problema dei diritti personali nasce, quindi, come problema dell’ius in corpus suum (e dunque dell’ammissibilità di poter considerare come bene il corpo umano e la stessa vita) e tale rimane, almeno in parte, non soltanto nel secolo scorso, ma anche in tempi più recenti. Basti pensare al paradosso sottolineato dal Carnelutti, che proponeva di considerare la pena di morte come una espropriazione per pubblica utilità (F. Carnelutti, La pena di morte nel dirit-to pubblico, in Riv. dir. pubbl., 1931, 855). Soltanto agli inizi del secolo scorso il diritto della personalità ha assunto le attuali connotazioni e cioè si è arricchito di nuovi con-tenuti, finendo per ricomprendere non solo gli aspetti fisici della persona, ma anche quelli, per così dire, morali o ideali. Ciò è accaduto con Puchta che ha posto la distin-zione tra Mensch e Person (G.F. Puchta, Vorlesungen über das heutige römische recht, I, Leipzig, 1849). Di fronte a questo nuovo scenario gli studiosi furono costretti a muoversi in una diversa prospettiva in cui il diritto della personalità finisce per riguar-dare non più soltanto la persona, fisicamente intesa, ma il suo modo di essere: in que-

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PARTE SECONDA – CAPITOLO I 40

Le tesi delineate nelle linee essenziali inducono a riflettere sul rapporto tra diritti fondamentali, categorie civilistiche e ruolo della legge nel processo di creazione delle regole, ed il conse-guente dibattito che suscitano è molto articolato49.

In quest’ottica, uno dei temi maggiormente50 agitati e dibat-tuti riguarda certamente il ruolo assunto dalla responsabilità civi-le, con particolare riferimento alla funzione della attribuzione ri-sarcitoria quando si prospetta la lesione di un valore personale protetto dalla normativa in materia di privacy (art. 15 D.Lgs. 196/03).

Anche sotto tale profilo il dibattito dottrinale e le esperienze applicative sono tutt’altro che univoche. Di ciò si darà conto nel-la parte terza del presente lavoro (in part. cap. VI, VII e VIII), nella quale si cercherà di verificare quale sia la funzione risarci-toria insita nell’art. 15, comma 2, D.Lgs. 196/03, che disciplina la risarcibilità del danno non patrimoniale da illecito trattamento dei dati personali.

__________

sto senso i diritti della personalità sembrano sempre più diventare «un concept de l’esprit» (F. Gény, Science et technique en droit privé positif, III, Paris, 1922, 230).

49 Questo aspetto è ben evidenziato da G. Vettori, Privacy e diritti dell’inte- ressato, in Riv. civ. prev., 1998, II, 895.

50 L’altro tema nodale, quello dell’utilizzo o meno della categoria del diritto sog-gettivo per il riconoscimento del valore della persona, è già stato accennato nelle pagi-ne precedenti in modo necessariamente breve, non costituendo l’oggetto centrale del presente studio. Per avere un quadro più preciso delle tesi evidenziate si rinvia a A. Di Majo, La tutela civile dei diritti, 4° ed., Milano 2003; G.B. Ferri, Oggetto del diritto della personalità e danno non patrimoniale, cit., 137 ss.; D. Messinetti, voce Personalità (diritti della), cit.; id., Recenti orientamenti sulla tutela della persona. La moltiplicazione dei diritti e dei danni, cit.; N. Lipari, Diritti fondamentali e categorie civilistiche, cit.; P. Rescigno, voce Personalità (diritti della), cit.

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CAPITOLO II

L’APERTURA DI UNA NUOVA FRONTIERA: IL DIRITTO ALLA PRIVACY (PROFILI COMPARATISTICI)

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Alle origini del concetto.

1. Premessa

Tra i diritti della personalità il diritto alla privacy non è nato per primo. A lungo sullo sfondo, ha progressivamente conosciu-to un’evoluzione che ne ha modificato struttura e contenuto.

In questo processo, il diritto alla privacy è stato invocato sempre più spesso a tutela di interessi già protetti da altri diritti riguardanti l’individuo. Tra questi ha così acquistato un ruolo primario, diventando uno degli strumenti più importanti di tute-la della persona, sia nelle ricostruzioni teoriche che sul piano del-la applicazione pratica.

L’evoluzione di questo diritto ha inoltre progressivamente incrinato in alcuni suoi elementi la configurazione tradizionale dei diritti della personalità, determinando sul piano giuridico molti e non facili problemi.

Questo capitolo rivolgerà lo sguardo alla nascita e successi-va evoluzione del diritto alla privacy negli Stati Uniti.

2. Alle origini del concetto

Il legame con il progresso tecnologico spiega perché l’esi- stenza del problema della tutela della vita privata sia stato ini-zialmente avvertito nei paesi di lingua inglese.

Alla esperienza statunitense si deve infatti, principalmente, l’elaborazione di un diritto alla privacy, il quale non trovando, almeno inizialmente, espressa menzione in nessuna norma di di-

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PARTE SECONDA – CAPITOLO II 42

ritto positivo, è affiorato e si è sviluppato attraverso le articola-zioni del formante giurisprudenziale.

È noto che il vocabolo ‘privacy’ viene fatto risalire1 ad un ar-ticolo apparso sulla Harvard Law Review2, ormai due secoli fa (nel 1890), e intitolato The Right to Privacy.

La vicenda da cui nasce il saggio è anch’essa nota e riprodu-ce lo stereotipo dei tanti pettegolezzi che fanno la fortuna dei ro-tocalchi e che ormai costellano anche i quotidiani ed i principali notiziari televisivi. Riguarda la vita di Samuel D. Warren3, giova-ne avvocato di Boston, che maturò una personale sensibilità con-tro le intrusioni della stampa nella vita privata dell’individuo, in __________

1 Tale origine storica è messa in discussione da recenti indagini comparatistiche. Vi è infatti chi riconduce la nascita del dibattito sulla tutela della privacy alla prassi britannica. L’idea di fondo e la sua anticipazione verbale sarebbero apparse per la prima volta nel case Albert v. Strange (1849), in cui la regina Vittoria e il principe Al-berto si dolevano nei riguardi di un dipendente della casa reale per la riproduzione abusiva di alcuni quadretti raffiguranti i loro figli, con giudici di prima e seconda i-stanza disposti ad accogliere il ricorso, riscontrando la violazione dell’obbligo di riser-bo che sussiste nei rapporti tra dipendente e datore di lavoro (cfr., in tal senso, A. Cer-ri, Riservatezza (diritto alla), Diritto comparato e straniero, voce Enc. giur. Treccani, Roma, 1991, 1 ss.; Id., Riservatezza (diritto della), Diritto costituzionale, Id., Roma, 1995, 1 ss.; il primato della definizione di privacy è, da altri, attribuito a R. Stephen, con riferimento al volume Liberty, Equality, Fraternity, pubblicato nel 1873. Non si può inoltre trascurare l’anticipazione operata in Germania da Kohler, che si ritiene potesse essere nota a Brandeis, in ragione della sua educazione da giurista in quel di Lipsia (cfr. M. Bessone, Danno ingiusto e norme di création prétorienne: l’esperienza francese del diritto all’intimità della vita privata, in Nuovi saggi del diritto civile, Mila-no, 1980, 169, il quale mette ben in evidenza come del diritto individuale al segreto della vita privata scrivesse già Kholer nel suo Das Autorrecht, dieci anni prima del fa-moso studio pubblicato da Warren e Brandeis.

2 S.D. Warren-L.B. Brandeis, The Right to Privacy, 4 Harv. L.Rev. 193 (1890). 3 Nel 1870 Warren e Brandeis si iscrissero alla università di Harvard. Nel 1877

alla graduation Brandeis risultò primo del suo corso, Warren secondo. I due giovani studiosi, a partire dal 1879, lavorarono insieme come avvocati in uno studio fondato da Warren. Nel 1833 Warren sposò la figlia del senatore Bayard del Delaware, che in seguito diventerà Segretario di Stato. Nel 1887 Brandeis, con un gruppo di amici, fon-dò l’Harvard Law Review. In questa rivista i due studiosi scrissero alcuni articoli: e così ad esempio «The Watuppa pond cases» del 1888, e «The law of ponds» del 1889. Alla morte di Warren, avvenuta nel 1910, Brandeis curò personalmente gli affari della famiglia dell’amico e nel 1916 ottenne la nomina di giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, grazie anche alla spinta politica della famiglia di Warren.

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PROFILI COMPARATISTICI 43

ragione della attenzione che un giornale bostoniano aveva dedi-cato al suo tenore di vita, divenuto particolarmente mondano e dispendioso a seguito del suo matrimonio con la figlia di un fa-coltoso uomo politico, il senatore Bayard.

Infastidito dalla sovraesposizione della propria vita privata, Warren - insieme ad un suo compagno di studi universitari, Louis B. Brandeis - si risolse a denunciare l’atteggiamento della stampa, così eccessivamente ingerente nella propria vita privata. Si legge, infatti, nell’articolo, scritto proprio per far emergere il problema, che l’individuo così come è legittimato a difendere la sua proprietà, ha il diritto di tutelare la sua intimità e solitudine: in tal senso gli autori si proponevano l’introduzione di un nuovo apposito tort4 deputato ad arginare gli effetti di tale invadenza.

Successivamente - come già evidenziato - è stato sicuramen-te il formante giurisprudenziale a scandire i tempi dello sviluppo della tutela della privacy5. Vi è però da dire però che fino alla prima metà degli anni ’60, la tutela della vita privata, secondo l’opinione delle corti americane, veniva in sostanza riconosciuta solo quando strettamente connessa con il diritto di proprietà6. __________

4 A cui Warren e Brandeis sembrano imprimere una traiettoria particolare che si delinea attraverso le seguenti fasi: (i) dal controllo del modo in cui si esprimono e si riproducono le idee al controllo dei fatti e delle idee stesse; (ii) dal controllo sui risul-tati della propria attività intellettuale al controllo del modo in cui si produce il sogget-to stesso e la sua identità viene presentata al pubblico; (iii) la rivelazione non autoriz-zata ostacola l’espressione e lo sviluppo individuale, in quanto il pericolo di una rivela-zione non autorizzata può indurre l’individuo a tenere comportamenti conformistici; (iv) dal modello proprietario ad una struttura aperta (tort) che permette il bilancia-mento con altre esigenze che possono entrare in conflitto con esso.

5 Per una efficace ricostruzione storica delle prime decisioni della Corte Supre-ma degli Stati Uniti, v. E. Roppo, I diritti della personalità, in AA. VV., Banche dati, telematica e diritti della persona, Padova, 1984, 63. Per un ulteriore approfondimento sul ruolo e sulle oscillazioni della giurisprudenza statunitense, si rimanda a F. Rigaux, L’elaboration d’un right to privacy par la jurisprudence américaine, in Revue internatio-nale de droit comparé, XXXIII, 1980, 701-703.

6 Sul punto, cfr. quanto evidenziato, supra, cap. I, in particolare § 2. È evidente, inoltre, che questa situazione ebbe a verificarsi con molte sfumature e variazioni che però non fanno velo alla incontestabile connessione con il diritto di proprietà. Le mol-te variazioni sul tema vengono analizzate in maniera molto dettagliata da W.L. Pros-ser, Privacy, 48 Cal. L. Rev. 383 (1960).

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PARTE SECONDA – CAPITOLO II 44

Solo a partire dal 1965, con il caso Grinwold v. Connecti-cut7, si aprì la via ad un riconoscimento della privacy svincolata dal diritto di proprietà e vista, invece, come espressione di liber-tà e di autodeterminazione8.

Questa visuale andrà poi via via sviluppandosi finendo con il marcare la netta differenza tra un significato di privacy, quale sinonimo di autonomia decisionale e di libero sviluppo della per-sona, oppure, quale espressione dell’anelito di solitudine e segre-tezza che è proprio dell’individuo. Come si avrà modo di verifi-care più avanti nel dettaglio9, questa nuova dimensione10 in cui inquadrare la privacy rappresenterà uno dei momenti di svolta per il dibattito sul tema: il passaggio dal «right to be let alone» ad __________

7 Grinwold v. Connecticut 381 U.S. 479 (1965). 8 Nel caso Grinwold infatti la violazione che conduce alla declaratoria di incosti-

tuzionalità è costituita non tanto nella invasione della marital bedroom da parte della polizia – per fondare la cui garanzia sarebbe stato sufficiente richiamarsi al IV° emen-damento – ma dal tentativo di influenzare il modo in cui è possibile svolgere le proprie relazioni personali (nel caso di specie quella matrimoniale garantita da altre norme co-stituzionali) determinato dalle sanzioni previste dalla legislazione statuale. Ed infatti la disciplina normativa che imponeva la possibilità di intrattenere relazioni sessuali sol-tanto a scopo riproduttivo evidenziava, in modo lampante, il ruolo costitutivo che può avere l’intervento statuale, il modo in cui può contribuire a conformare l’identità indi-viduale. Interessante è inoltre il modo in cui la Corte Suprema riesce ad elaborare nuovi diritti della personalità non iscritti nella Costituzione, ma che sono ricollegabili all’alone di significato riconoscibile nel tessuto delle diverse clausole. In questo senso vanno anche le giustificazioni addotte dalla Corte al fine di dichiarare, ad esempio, che é ricavabile dalla «penumbra» del I°, III°, IV° e V° emendamento un diritto alla auto-nomia personale del cittadino in base al quale risultano incostituzionali leggi statali che proibivano il diritto alla contraccezione alle coppie non sposate [(Eisenstad v. Baiard 405 U.S. 438 (1972)] e che incriminavano indiscriminatamente l’aborto [(Roe v. Wade 410 U.S. 113 (1973). In ogni caso, sembra che tale spinta propulsiva verso una espansione del diritto alla privacy abbia subito una interruzione: cfr. in tal senso Bower v. Hardwich 478 U.S. 186 (1986)], in cui la Corte ha ritenuto costituzionalmente legit-tima una vecchia legge dello Stato della Georgia che rendeva un crimine qualunque atto di sodomia anche se posto in essere tra adulti consenzienti ed in luoghi privati.

9 V., infra, cap. III, in part. § 4. 10 Per una analisi dettagliata di tutto il percorso evolutivo che ha caratterizzato il

concetto di privacy negli Stati Uniti ed in Italia si rinvia a R. Pardolesi, Dalla riservatez-za alla protezione dei dati personali: una storia di evoluzione e discontinuità, in R. Par-dolesi (a cura di), Diritto alla riservatezza e circolazione dei dati personali, Milano, 2003, 1 ss.

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PROFILI COMPARATISTICI 45

una dimensione più marcatamente sociale o espressiva in cui di-ventano centrali i diversi modi con cui l’individuo sviluppa la propria personalità attraverso le relazioni che è possibile istaura-re con gli altri nella società11.

Gli stadi che caratterizzano questo percorso evolutivo de-vono però essere considerati non soltanto come momenti crono-logicamente successivi, in cui l’uno prende il posto dell’altro so-stituendolo. Le due anime – quella ‘statica’ e l’altra, invece, ‘di-namica’ che connotano tutta l’evoluzione del diritto di privacy – rimangono sempre sullo sfondo formando una sedimentazione complessa in cui spesso entrambe si trovano a operare congiun-tamente12.

__________ 11 Questo passaggio segna una significativa modifica nel contenuto e nella strut-

tura stessa dei diritti della personalità, determinando il superamento del modello pro-prietario.

12 Per l’analisi dettagliata di queste due ‘anime’, cfr., infra, cap. 5.

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PARTE SECONDA – CAPITOLO II 46

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CAPITOLO III

IL DIRITTO ALLA PRIVACY NELL’ESPERIENZA ITALIANA: ORIGINE ED EVOLUZIONE

SOMMARIO: 1. La prima metà del Novecento. – 2. Gli anni Cinquanta e Ses-santa: l’inizio e il successivo sviluppo della discussione sul tema. – 3. (Se-gue): La rilevanza del formante giurisprudenziale: due casi emblematici – 4. Gli anni Settanta: le tesi di Rodotà e il caso Soraya. - 5. (Segue): La ‘costituzionalizzazione’ della persona. – 6. Gli anni Ottanta e Novanta: i progetti di legge e il varo della prima disciplina normativa. – 7. Gli anni Duemila: il D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196: (rinvio).

1. La prima metà del Novecento

Cerchiamo ora di osservare le vicende della privacy nell’or- dinamento italiano, tentando di effettuare una periodizzazione delle stesse.

Preliminarmente è allora necessario evidenziare come il concetto di privacy abbia stentato non poco ad attecchire nel no-stro paese. Anzi, si può proprio dire che per lungo non si è av-vertito proprio il bisogno di discutere di tale tema. Ciò in parti-colare per la grande diversità del contesto culturale e socio-economico che caratterizzava gli Stati Uniti e l’Italia1.

Eccettuati infatti alcuni scritti pioneristici dell’inizio del se-colo scorso2, occorrerà attendere la seconda metà del ‘900 per-

__________ 1 In argomento v. ad esempio F. Ligi, La tutela dell’immagine nel diritto compa-

rato (Stati Uniti), in Riv. dir. comm., 1954, I, 67; M. Bessone, Segreto della vita privata e garanzie della persona, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1973, 1130 ss.; S. Rodotà, La “privacy” tra individuo e collettività, in Politica del dir., 1974, 545 ss.

2 Uno di questi, probabilmente il primo, è quello di M. Ferrara-Santamaria, Il diritto alla illesa intimità privata, in Riv. dir. priv., 1937, I, 168 ss. In questo scritto l’Autore definisce il diritto al riserbo come «Un diritto contro le indiscrezioni e curio-

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PARTE SECONDA – CAPITOLO III 48

ché la discussione sul tema inizi a prendere forma e sostanza. E, non a caso, i segni del cambiamento si manifestarono proprio in concomitanza con i primi sviluppi del progresso tecnologico ed economico che di lì a poco avrebbe completamente mutato il quadro di riferimento.

2. Gli anni Cinquanta e Sessanta: l’inizio e il successivo sviluppo della discussione sul tema

A partire dagli anni ’50 si sono avute le prime elaborazioni dottrinali su quello che venne denominato «diritto alla riserva-tezza»3.

__________

sità altrui; una specie di diritto all’inedito, applicato alla sfera d’intimità della persona, ed escludente in vario grado l’ingerenza di estranea conoscibilità e pubblicità, oltre i limiti imposti da ragioni di ordine pubblico».

3 E. Ondei, Esiste un diritto alla riservatezza?, in Rass. dir. cinema, 1955, 66 ss.; C.E. Traverso, Riservatezza e diritto al rispetto della vita privata, in Riv. dir. ind., 1963, II, 30 ss., in cui l’A. sostiene che «il diritto alla segretezza difende la persona contro le attività di terzi, rivolte a venire a conoscere, scoprire, violare la sfera della vita privata» mentre «il diritto alla riservatezza, al contrario, difende la persona dalla divulgazione di notizie sue private, legittimamente acquisite dal divulgatore». Definisce il diritto alla riservatezza come esigenza di rispetto del segreto della propria vita anche G.B. Fu-naioli, Diritto cinematografico e tutela della personalità, in Studi senesi in onore di O. Vannini, Milano, 1975, 398 ss.

Per quanto concerne il formante giurisprudenziale, i primi casi si sono avuti ne-gli anni ’50. Tra i molti v. ad esempio: Trib. Roma, 13.10.1950, in Foro it., 1951, I, 975 ss.; Pret. Roma, 19.11.1951, in Foro it., 1952, I, 149; Trib. Torino, 22.4.1953, in Giur. it., 1953, II, 286 ss. Tra i più noti si ricordano quelli che hanno riguardato la realizza-zione di films sulla vita del tenore Caruso ed una pubblicazione sulla vicenda di Cla-retta Petacci.

La controversia relativa al caso Caruso ha riguardato la realizzazione di due films, «Enrico Caruso leggenda di una voce» e «Il grande Caruso», che raccontavano la vita intima del tenore: v. al riguardo Trib. Roma, 14.9.1953, in Foro it., 1954, I, 115 ss.; App. Roma, 17.5.1955, in Foro it., 1956, I, 793 ss.; Cass. 22.12.1956, n. 4487, in Foro it., 1957, I, 4 ss. (v., infra, nel paragrafo, l’esame delle citate decisioni).

La controversia relativa al caso Petacci ha invece riguardato la pubblicazione della vicenda amorosa tra la Petacci e Mussolini su un periodico: v. al riguardo Trib. Milano, 24 settembre 1953, in Foro pad., 1953, I, 1341 ss.; App. Milano, 21.1.1955, in Foro it., 1955, I, 386 ss.; Trib. Milano, 12.11.1959, in Giur. it., 1960, I, 2, 4 ss.; App. Milano, 26.8.1960, in Foro it., 1961, I, 43 ss.; Cass. 20.4.1963, n. 990, in Foro it., 1963, I, 877 ss.

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DIRITTO ALLA PRIVACY IN ITALIA: ORIGINE ED EVOLUZIONE 49

Come già evidenziato tale cambiamento è stato sicuramente determinato dalla forte accelerazione dello sviluppo industriale e, quindi, tecnologico che stava caratterizzando in quegli anni il nostro paese. Senza dimenticare, inoltre, che, nel frattempo, un altro elemento era entrato nella scena a mutare le direttrici della discussione: la Costituzione repubblicana, in cui venivano chia-ramente evidenziate il riconoscimento e la garanzia di una sfera intangibile che circonda la persona umana4.

In questa fase la questione agitata principalmente riguarda-va l’esistenza stessa del diritto alla riservatezza. E il dibattito in materia è stato in larga parte caratterizzato da alcune, ormai ce-lebri, decisioni della Suprema Corte che hanno scandito le tappe di un cammino che va dalla negazione assoluta5 al riconoscimen-to esplicito6 di tale situazione soggettiva.

Si assistette, infatti, ad un lungo e graduale processo verso l’obiettivo della chiarificazione delle coordinate essenziali di questo nuovo interesse rappresentato dalla privacy7; e ciò sia al fine di individuare una appropriata sistemazione nell’ambito de-gli attributi della personalità giuridicamente rilevanti, sia per cercare di delimitare l’oggetto della tutela. L’obiettivo della chia-rificazione e della sistemazione era dovuto in buona parte alla constatazione che la tutela della privacy può collocarsi ad una pluralità di livelli, tutti con implicazioni assai divergenti.

Un conto è, infatti, proteggere una persona da incursioni, più o meno legittime, nella sua zona riservata o comunque impe-dire divulgazioni di fatti o immagini appartenenti alla sua sfera di intimità. Altra cosa è conferire al soggetto ampi e tendenzial-mente illimitati poteri decisionali circa l’impiego e la destinazio-ne del complesso delle informazioni che lo riguardano.

La prima forma di tutela è, in qualche misura da sempre presente nell’ordinamento; ne sono evidenti testimonianze le va-__________

4 V., infra, § 5. 5 Cass. 22.12.1956, n. 4487, in Foro it., 1957, I, 4 ss. 6 Cass. 27.5.1975, n. 2129, in Foro it., 1976, I, 2895 ss. 7 Interesse, peraltro, che - come ampiamente analizzato nel corso del primo ca-

pitolo - è assai difficile da ridurre entro gli schemi concettuali del diritto soggettivo.

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PARTE SECONDA – CAPITOLO III 50

rie norme presenti in ordine sparso nel codice ed in alcuni testi legislativi. Si possono citare le disposizioni codicistiche (art. 10 sull’abuso della immagine altrui), ovvero le norme inserite nella disciplina del diritto d’autore (artt. 93, 96 e 97 della legge 633/41, riguardanti, rispettivamente, i diritti relativi alla corri-spondenza epistolare8 ed i diritti relativi al ritratto).

Il catalogo degli interventi normativi che sembrano realizza-re la prima forma di tutela si è poi ulteriormente accresciuto9, ma in modo episodico e frammentario senza una effettiva armo-nia e senza trovare un reale momento di sintesi e di unificazione. Non si può poi certamente tacere della importanza delle delibe-razioni di carattere internazionale ed in particolare dell’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali10.

Un modo completamente diverso di impostare la discussio-ne intorno alla materia della privacy e delle forme di tutela della persona è rappresentato, invece, dal conferire al soggetto ampi e tendenzialmente illimitati poteri decisionali circa l’impiego e la destinazione del complesso delle informazioni che lo riguardano. __________

8 Sulla tutela della riservatezza epistolare, v. Trib. Milano, 5 marzo 1998, in Dir. informazione e informatica, 1999, 410 ss.; Trib. Milano, 30 giugno 1995, in Annali it. dir. autore, 1995, 702 ss.; Trib. Milano, 30 giugno 1994, in Dir. informazione e informa-tica, 1995, 626 ss.

9 In tal senso si può fare riferimento all’ingresso della riservatezza nei rapporti di lavoro ad opera dello statuto dei lavoratori; ma anche agli interventi del legislatore pe-nale che alle tradizionali figure criminose concernenti la violazione del domicilio e la segretezza della corrispondenza, ha affiancato il diritto di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis c.p.).

10 Secondo cui «1. Ogni persona ha il diritto al rispetto della vita privata e fami-liare, del suo domicilio e della sua corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza della pubblica autorità nell’esercizio di tale diritto se non in quanto tale ingerenza sia previ-sta dalla legge e in quanto costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l’ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezio-ne dei diritti e delle libertà altrui».

In merito a tale norma si è molto dibattuto sul fatto che abbia soltanto forza programmatica (in tal senso v. E. Ondei, Due licenze esegetiche: diritto alla riservatezza e diritto di cronaca, in Foro pad., 1961, I, 465 ss.), oppure precettiva (cfr. per tutti T.A. Auletta, Riservatezza e tutela della personalità, Milano, 1978, 51 ss.).

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DIRITTO ALLA PRIVACY IN ITALIA: ORIGINE ED EVOLUZIONE 51

In questa dimensione, il mutamento di prospettiva è evidente, e la privacy assume una forma molto più ampia in una logica di re-golamentazione e distribuzione dei diritti sul flusso di informa-zioni concernenti la persona.

3. (Segue): La rilevanza del formante giurisprudenziale: due casi emblematici

Tornando ora ad analizzare più direttamente le tappe in cui si è dipanato il dibattito intorno alla tutela della vita privata, dobbiamo subito evidenziare come sia stata la giurisprudenza, ricorrendo alle disposizioni costituzionali ed a quelle dei trattati internazionali, a favorire l’ingresso nel nostro ordinamento di un vero e proprio diritto alla privacy, sia pure attraverso denomina-zioni eterogenee come «diritto alla riservatezza», «diritto al ri-serbo», «diritto al segreto della vita privata», «diritto di essere lasciati soli»11.

Sebbene il codice del 1942 con il riconoscimento di alcuni diritti della personalità come il nome e l’immagine avesse fatto segnare un significativo avanzamento rispetto al quadro prece-dente, i tentativi di allargare - in via interpretativa - il quadro dei beni protetti hanno sempre incontrato la diffidenza, se non l’aperta ostilità della dottrina12. Confortata, in questo atteggia-mento, dalla chiusura rispetto al risarcimento dei danni non pa-trimoniali ai soli «casi previsti dalla legge» (art. 2059 c.c.), ossia, secondo l’interpretazione per lungo tempo dominante, alle fatti-specie di reato13.

__________ 11 Si veda, in proposito, G. Alpa, Privacy, in Id. (a cura di), I precedenti. La for-

mazione giurisprudenziale del diritto civile, Torino, 2000, 259 ss. 12 cfr. G. Pugliese, Il preteso diritto alla riservatezza e le indiscrezioni cinemato-

grafiche, in Foro it., 1954, I, 115; E. Ondei, Esiste un diritto alla riservatezza?, in Riv. dir. civ., 1955, 166. Favorevoli invece A. Musatti, Appunti sul diritto alla riservatezza, in Foro it., 1954, IV, 184 e A. De Cupis, I diritti della personalità, Milano, 1959, 47.

13 Sul dibattito, G.B. Ferri, Persona e privacy, in Id. a cura di, Persona e formali-smo giuridico. Saggi di diritto civile, Rimini, 1987, 241 ss. Ed ora T.M. Ubertazzi, Il diritto alla privacy natura e funzioni giuridiche, Padova, 2004, 49.

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PARTE SECONDA – CAPITOLO III 52

La giurisprudenza escludeva infatti qualunque cittadinanza del diritto alla privacy nel nostro ordinamento e quando riteneva necessario offrire tutela ai soggetti lesi, preferiva battere altre strade. Le Corti - soprattutto quelle di merito - ricorrevano al di-ritto al nome o al diritto all’onore e alla reputazione, e più avanti cercheranno di dedurre il diritto al riserbo dalla disciplina del diritto all’immagine.

Emblematici di questa tendenza sono due noti casi. Le relative pronunce, inoltre, mettono chiaramente in evi-

denza la connotazione ‘proprietaria’, tipica del modo in cui veni-vano considerati i diritti della persona. Nella giurisprudenza in-fatti le ‘vicende private’, i fatti relativi alla propria intimità per-sonale e familiare, ‘appartengono’ al singolo.

Nel primo caso è un film dedicato al famoso tenore Enrico Caruso a sollevare il problema. L’opera ‘romanzava’ una serie di fatti che riguardavano la sua vita privata, disegnando la figura del protagonista in modo da mettere in evidenza le sue umili ori-gini, il suo pessimo carattere, le difficoltà finanziarie che aveva incontrato nella sua giovinezza ed i problemi esistenziali che lo avrebbero portato addirittura ad un tentativo di suicidio.

In primo grado, il Tribunale di Roma non esita a riconosce-re che, nel nostro ordinamento, esiste un diritto alla riservatezza o privatezza in modo del tutto indipendente dalla lesione di altri diritti come l’onore, la reputazione ed il decoro14. Un diritto che mira a proteggere la sfera privata di una persona - identificata con tutti quei fatti o comportamenti personali che non sono pubblici per loro natura, né sono destinati alla pubblicità - nei confronti di ingerenze ed indiscrezioni da parte di terzi15.

Aderendo ad una concezione pluralistica dei diritti della personalità, i giudici rimani ritengono che il fondamento giuridi-__________

14 Trib. Roma 14.9.1953, Foro it., 1954, I, 115, con nota di G. Pugliese, Il preteso diritto alla riservatezza e le indiscrezioni cinematografiche, confermato da App. Roma 17.5.1955, in Foro it., 1956, I, 793.

15 Come in sede cautelare, Pret. Roma, ord. 19.11.1951, in Foro it., 1952, I, 149 con nota di A. De Cupis, Ancora in tema di offesa morale per mezzo della divulgazione cinematografica.

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DIRITTO ALLA PRIVACY IN ITALIA: ORIGINE ED EVOLUZIONE 53

co della tutela sia rintracciabile proprio in un’interpretazione a-nalogica dell’art. 9 c.c. che, proteggendo l’immagine, mira a rea-lizzare una più ampia protezione (del riserbo) della persona. È vero che la notorietà può talvolta giustificare il sacrificio del di-ritto, ma solo in ipotesi tassative, oggetto di stretta e rigorosa in-terpretazione, la presenza di un interesse pubblico può permet-tere la divulgazione di alcuni di questi fatti o comportamenti16.

Paradossalmente, però, lo sbarramento esistente nei con-fronti del danno non patrimoniale induce il tribunale ad optare per un risarcimento commisurato sulla «compromissione della possibilità di sfruttare a scopo di lucro la biografia del tenore»17.

Qualche anno più tardi la Cassazione esclude l’esistenza del diritto, negando che il legislatore abbia mai considerato il riserbo come un interesse giuridicamente rilevante, un interesse capace di opporsi addirittura alla libertà di creazione artistica18. Del re-sto, anche se fosse stato riconosciuto un diritto simile, la Corte ritiene che le persone celebri, ponendosi volontariamente sotto la luce dei riflettori, abbiano con ciò operato una «rinunzia im-plicita alla riservatezza».

La possibilità di una interpretazione estensiva o analogica degli artt. 96 e 97 della legge sul diritto d’autore, capace di af-fermare un principio generale di tutela della persona o un diritto all’intimità, si infrange contro la valenza costituzionale delle norme che proteggono il diritto di cronaca e di libertà di crea-zione artistica.

Nel secondo caso, invece, tocca alla Corte di appello di Mi-lano cercare di forzare lo sbarramento della Cassazione.

__________ 16 Merita di essere ricordata l’affermazione del Tribunale secondo la quale «La

limitazione che la notorietà impone al diritto alla riservatezza della persona celebre esige un equo contemperamento tra l’interesse generale e quello individuale, in modo che il primo non determini il totale ed ingiustificato sacrificio del secondo» (Trib. Roma 14.9.1953, in Foro it., cit.).

17 È significativo che ciò avvenga dopo aver escluso la titolarità in capo agli eredi di un «diritto alla utilizzazione economica degli attributi della sua personalità».

18 Cass. 22.12.1956, n. 4487, in Foro it., 1957, I, 4.

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PARTE SECONDA – CAPITOLO III 54

Questa volta è un libro che ricostruisce la figura di Claretta Petacci a suscitare la riprovazione della famiglia di lei a causa dei toni con i quali è descritta la sua personalità. La sentenza ribadi-sce la convinzione che esista nel nostro ordinamento un diritto alla riservatezza, inteso come «facoltà giuridica di escludere ogni invadenza estranea dalla sfera della propria intimità personale e familiare», diritto che trova soltanto «in ragioni di ordine pub-blico o di superiore interesse sociale» una possibile limitazione19. La corte precisa poi che «(…) persino quando si tratta di perso-ne appartenenti alla vita pubblica di un Paese il segreto della lo-ro vita intima deve essere rispettato: non si dà luogo, neppure in tal caso, alla facoltà delle indiscrezioni e alle invadenze della pubblica curiosità». Il fondamento giuridico di questo diritto che si troverebbe alla radice degli altri diritti della personalità, è collocato per la prima volta nell’art. 8 della Convenzione euro-pea dei diritti dell’uomo.

Nel tentativo di non compromettere il suo precedente o-rientamento, la Cassazione continua a negare l’esistenza di un di-ritto alla riservatezza ed accoglie il ricorso, delineando un «dirit-to alla libera autodeterminazione nello svolgimento della perso-nalità» che si può espandere nei limiti della solidarietà prevista dall’art. 2 Cost. La pronuncia però riconsidera la lettura dell’art. 2, secondo la quale l’articolo richiamerebbe soltanto altre posi-zioni costituzionalmente già protette, e ne offre una interpreta-zione ‘aperta’ che consente di assicurare rango costituzionale al nuovo diritto, collocandolo sullo stesso identico piano della li-bertà di manifestazione del pensiero20.

__________ 19 App. Milano 26.8.1960, in Foro it., 1961, I, 43. 20 Operazione che sarà compiuta, qualche anno più tardi dalla corte costituzio-

nale che, giudicando sulla possibilità di ottenere il sequestro preventivo a tutela dell’immagine, reputa che la faccino parte «dei diritti inviolabili dell’uomo, meritevoli di tutela rafforzata anche in relazione alla libertà di manifestazione del pensiero» (Cor-te Cost. 12.4.1973, n. 38, in Foro it., I, 1973, 170 , dove una sottile distinzione fra ma-teriale stampato e non, sulla stessa scia Corte Cost. 6.4.1973, n. 34 , in Foro it., 1973, I, 953 a proposito di intercettazioni telefoniche).

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DIRITTO ALLA PRIVACY IN ITALIA: ORIGINE ED EVOLUZIONE 55

La nuova prospettiva faceva fare un salto di qualità al nostro diritto, configurando «un diritto generale della personalità, di-stinto dal potere di autonomia inerente ai singoli concreti diritti e alle concrete manifestazioni»21, rendeva, inoltre, possibile de-durre dall’individuazione nel sistema di una serie di norme che attribuiscono tutela a vari profili della vita privata, non tanto il riconoscimento di singoli ‘beni’ protetti dall’ordinamento, bensì una forma di protezione specifica nei confronti di taluni aspetti della persona che presuppone alla sua base l’esistenza di una tu-tela del complesso delle sue possibili esplicazioni, dei suoi modi di ‘essere’, distinguendo da questi i suoi interessi relativi invece ‘all’avere’.

Sebbene si evitasse di configurare una vera e propria posi-zione di esclusiva sulle vicende private, nella sentenza il legame con la visione ‘proprietaria’ però non è chiarito del tutto. Nel quadro delineato infatti tende a riaffiorare l’idea che i fatti priva-ti, relativi alla propria intimità personale e familiare, ‘apparten-gano’ al singolo, il quale è l’unico a poter consentire alla loro di-vulgazione, «a meno che non esista un consenso anche implicito della persona, desunto dall’attività in concreto svolta, o data la natura dell’attività medesima e del fatto divulgato, non sussista un prevalente interesse pubblico di conoscenza».

4. Gli anni Settanta: le tesi di Rodotà ed il caso Soraya

L’impostazione appena accennata inizia a incrinarsi soltanto negli anni ’70.

In questo torno di anni si assistite, infatti, da parte della dot-trina al tentativo di ampliare il contenuto del diritto alla riserva-tezza: la tutela dell’interesse della persona a essere lasciata sola, proposta da Warren e Brandeis e riproposta in Italia da De Cu-

__________ 21 Cass. 20.4.1963, n. 990, in Giur. it., 1963, I, 1, 961 e in Foro it., 1963, I, 877,

1298, con nota di A. De Cupis, Riconoscimento sostanziale, ma non verbale, del diritto alla riservatezza. La concezione monistica verrà riaffermata poi in Cass. 7.2.1996, n. 978, Foro it., 1996, I, e in Cass. 10.5.2001, n. 6507, Giust. civ., 2001, I, 2644.

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PARTE SECONDA – CAPITOLO III 56

pis22, non soddisfa più l’esigenza di riserbo dell’individuo nella nuova era dell’informatica.

In questa nuova dimensione viene ad essere completamente ribaltata la visione della privacy, definita ora come la «possibilità di ciascuno di controllare l’uso delle informazioni che lo riguar-dano». Proprio con queste parole, contenute in un celebre sag-gio di Rodotà, intitolato La «privacy» tra individuo e collettività, viene data una scossa definitiva alla dimensione puramente indi-vidualistica e negativa in cui la privacy e le discussioni intorno ad essa erano state relegate per più di mezzo secolo, per approdare ad una impostazione collettiva e positiva23.

Tutto il dibattito successivo ha dovuto fare i conti con tale riflessione.

La dottrina italiana, infatti, da questo momento ha comin-ciato a considerare l’interesse dell’individuo alla riservatezza non più come rivolto ad essere lasciato solo e caratterizzato dall’at- teggiamento di ‘esclusione’ previsto dalle prime teorie, ma come ‘potere di controllo’ sui propri dati personali24. Più precisamen-__________

22 A. De Cupis, I diritti della personalità, in Trattato di diritto civile e commercia-le, (a cura di) Cicu-Messineo, Milano, 1982. L’Autore nel trattato (p. 326) definisce la riservatezza «come quel modo di essere della persona il quale consiste nella esclusione dell’altrui conoscenza di quanto ha a riferimento della persona medesima»; aggiun-gendo poi, in riferimento all’interesse della persona ad essere lasciata sola ed al corre-lato rifiuto di consentire la conoscenza di informazioni sul proprio conto, che ciò sod-disfa «quel bisogno di ordine spirituale che consiste nell’esigenza di isolamento mora-le» (p. 283). L’evoluzione del pensiero di De Cupis in materia di riservatezza emerge leggendo tra i suoi numerosissimi scritti: In tema di offesa morale per mezzo della divul-gazione cinematografica, nota a Trib. Napoli, 26.1.1949, in Foro it., 1949, I, 506 ss.; Id., Le persone celebri e il diritto alla riservatezza, nota a Trib. Milano, 24.9.1953, in Foro pad., 1953, I, 1341 ss.; Id., Divulgazione dell’immagine e divulgazione delle vicende, nota a Trib. Milano, 24.5.1956, in Foro it., 1956, I, 1203 ss.; Id., La persona umana nel diritto privato, in Foro it., 1956, IV, 77 ss.; Id., Diritto alla riservatezza, nota a Trib. Mi-lano, 12.11.1959, in Temi, 1960, 178 ss.; Id., Riconoscimento sostanziale ma non verba-le, del diritto alla riservatezza, nota a Cass., 20.4.1963, n. 960, in Foro it., 1963, I, 1298 ss.; Id., voce Riservatezza e segreto (diritto a), in Noviss. dig. it., Torino, 1969, XVI, 115 ss.; Id., I diritti della personalità, cit., 283 ss.

23 S. Rodotà, La “privacy” tra individuo e collettività, in Pol. dir., 1974, 545 ss. 24 In questo senso v. ad esempio C. Belvedere, Riservatezza e strumenti d’infor-

mazione, in Dizionario di diritto privato, N. Irti (a cura di), Milano, 1960, 727; G.B.

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DIRITTO ALLA PRIVACY IN ITALIA: ORIGINE ED EVOLUZIONE 57

te, come potere di vietare qualsiasi circolazione di informazioni ed anche di vigilare su di esse, e così in particolare di rettificare e all’occorrenza di cancellare i dati anche dopo la loro pubblica-zione25.

Anche la giurisprudenza risente di questo mutamento di prospettiva e si adegua al diverso quadro di riferimento com-plessivo venutosi a creare.

Ancora una volta è un personaggio noto, la principessa So-raya, a lamentarsi delle indiscrezioni pubblicate con fotografie da un settimanale26.

La questione, inizialmente presentata come lesione del dirit-to all’immagine, poiché la fotografia era stata scattata addirittura violando il domicilio della principessa, permetteva al convenuto di sollevare la questione della libertà di stampa e dell’interesse pubblico all’informazione.

La Cassazione interveniva decisa a riordinare il campo e mettere fine ai dubbi circa l’esistenza o meno del diritto nel no-

__________

Ferri, Persona e privacy, cit., 75; G. Alpa, Gli interessi tutelati e le tecniche di tutela ri-sarcitoria, in L’informazione e i diritti della persona, Napoli, 1984, 24 ss.; V. Frosini, Diritto alla riservatezza e calcolatori elettronici, in Banche dati telematica e diritti della persona, G. Alpa–M. Bessone (a cura di), Padova, 1984, 33 ss., il quale ha osservato che il diritto alla riservatezza «non viene più inteso in senso puramente negativo» ma «in un senso positivo, di affermazione della propria libertà e dignità della persona, di limitazione imposta dall’individuo sul potere informatico».

25 In questo senso cfr. G.B. Ferri, Privacy e libertà informatica, in Banche dati te-lematica e diritti della persona, G. Alpa-M. Bessone (a cura di), Padova, 1984, 47 ss., secondo cui il diritto alla riservatezza si caratterizza per: a) l’aspetto negativo che con-sente alla persona di impedire la raccolta di dati; b) l’aspetto positivo che consente «il potere, cioè del titolare del dato raccolto di conoscere, controllare l’uso, modificare, aggiornare». Dunque non più soltanto come potere di impedire la violazione della sfe-ra privata, ma anche come diritto di imporre una limitazione al potere informatico.

26 Cass. 27.5.1975, n. 2129, in Foro it., 1976, I, 2895. Anche la Corte costituzio-nale è intervenuta in materia, e con la sentenza del 12.4.1973, n. 38 (in Giur. it., 1973, 355 ss.), ha affermato l’esistenza nel nostro ordinamento di un diritto alla riservatezza. Più precisamente la Corte ha osservato che gli artt. 2, 3, comma 2, 13, comma 1, della Costituzione garantiscono i diritti inviolabili dell’uomo e tra questi certamente rien-trano la riservatezza, l’intimità e la reputazione «sanciti espressamente negli artt. 8 e 10 della Convenzione Europea sui diritti dell’uomo» e negli «artt. 10 c.c., 96 e 97 della l. 22 aprile 1941, n. 633».

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PARTE SECONDA – CAPITOLO III 58

stro ordinamento. La Corte puntualizza che la notorietà del per-sonaggio ritratto non può mai legittimare qualunque tipo di pubblicazione della foto, soprattutto quando, come nel caso in questione, la sua utilizzazione è a scopo di lucro27. Alla luce dell’art. 41, comma 2, Cost., lo scopo di lucro che accompagna la pubblicazione delle notizie non può mai tradursi in una lesione della dignità umana. Il giornale deve allora munirsi del consenso dell’interessato per poter procedere alla diffusione delle notizie.

La Corte ribadisce poi che l’esercizio del diritto di cronaca e, dunque, l’esercizio dell’attività giornalistica è giustificato sol-tanto «se funzionale al perseguimento di uno scopo informativo dotato di particolare rilevanza sociale», che ovviamente «non può identificarsi nella morbosa curiosità che parte del pubblico ha per le vicende piccanti o scandalose svoltesi nell’intimità della casa della persona assurta a notorietà».

Attraverso un significativo restatement della sua giurispru-denza, la Corte precisa anche i termini del bilanciamento degli interessi che casi del genere possono sollevare. Alla luce dell’art. 21 Cost., la libertà di manifestazione del pensiero deve esercitarsi nei limiti posti dalla verità del fatto esposto, dalla rispondenza ad un apprezzabile interesse sociale e dal rispetto della riservatezza e onorabilità della persona, di cui anche le persone notorie de-vono godere.

Nel determinare l’interesse del pubblico per l’informazione è possibile seguire due diversi itinerari: uno riguarda la posizione sociale dell’attore, il secondo invece il significato sociale dell’in- formazione.

La Corte delinea poi i confini di una sfera privata che il di-ritto protegge e ne trova il fondamento giuridico non solo nell’art. 2 Cost.28, ma anche nelle disposizioni degli artt. 3, 14, __________

27 Così già in Cass. 31.1.1959, n. 295, in Foro it., 1959, I, 200, con nota di A. De Cupis.

28 L’art. 2 è destinato ad assumere un ruolo chiave nella definizione dei diritti della personalità come chiarirà poi la stessa Corte di Cassazione, 22.6.1985, n. 3769, in Nuova giur. comm., 1985, 647: «Tale norma costituzionale non ha una funzione mera-mente riassuntiva dei diritti espressamente tutelati nel testo costituzionale od anche di

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DIRITTO ALLA PRIVACY IN ITALIA: ORIGINE ED EVOLUZIONE 59

15, 27, 29, 41 Cost. e nelle normative internazionali ed europee come l’art. 8 della Convenzione.

Al suo interno la Corte include l’intimità domestica, collega-ta alla tutela del domicilio e l’intimità personale, in certe manife-stazioni della vita di relazione, che pure si svolgono al di fuori delle mura domestiche. La tutela della sfera privata è così garan-tita anche «contro le ingerenze che, sia pure compiute con mezzi leciti, per scopi non esclusivamente speculativi e senza offesa per l’onore, la reputazione ed il decoro, non siano giustificate da in-teressi pubblici preminenti»29.

La sentenza avvia un lento processo di ‘deterritorializzazio-ne’ della privacy che apre la strada ad una tutela contro tutte le possibili interferenze con la sfera privata, con riferimento a «si-tuazioni e vicende strettamente personali e familiari le quali, an-che se verificatesi fuori del domicilio domestico, non hanno per i terzi un interesse socialmente apprezzabile»30.

Significativo è proprio il collegamento fra il diritto alla ri-servatezza e la dignità umana, la Cassazione infatti ritiene che sia proprio la dignità degli individui a rendere necessaria la tutela di una sfera privata in modo da permettere ai singoli di realizzare pienamente la propria personalità, di permettere all’individuo di definire la sua individualità fisica o la sua esperienza di vita so-__________

quelli inerenti alla persona umana previsti nel codice civile…essa costituisce una clau-sola aperta e generale di tutela del libero ed integrale svolgimento della persona umana ed è idonea di conseguenza ad abbracciare nel suo ambito nuovi interessi emergenti della persona umana purché essenziali della medesima».

29 Cass. 27.5.1975, n. 2129, in Giur. it. 1976, I, 1, 982. La giurisprudenza si è spesso affidata al principio della rilevanza sociale della notizia divulgata visto nella pro-spettiva dell' interesse generale della collettività all' informazione ha quindi potuto esclu-dere la diffusione di fatti privati se ciò avviene per scopo pubblicitario o di lucro o per altro motivo di semplice curiosità (cfr. Cass. 14.2.1984, n.1138, in Giust. civ. Mass,. 1984, fasc. 2 ; Cass. 5.4.1978, n.1557, in Foro padano 1979, I, 302, ma vedi, M. Dogliotti-S. Boccaccio, Il diritto alla riservatezza negli orientamenti della giurisprudenza, in N.G.C.C. 1989, 372 ss.).

30 Ancora Cass. 27.5.1975, n. 2129, cit. L’idea di «domicilio ideale» è ripresa da Cass. 9.6.1998, n. 5658, in Foro it. 1998, I, 2387 e in Danno e resp., 1998, con nota di A. Orestano, La riservatezza ancora una volta in Cassazione: fondamento, contenuto e limiti all’indomani dell’entrata in vigore della legge 675/96.

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PARTE SECONDA – CAPITOLO III 60

ciale o morale. Tale obiettivo è ribadito nel collegamento con la libertà protetta dall’art. 13 e si estende ora ben al di là degli spazi privati per assicurare al singolo l’esercizio della sua piena libertà morale.

5. (Segue): La ‘costituzionalizzazione’ della persona

Certamente i mutamenti degli anni ’70 sono stati resi possi-bili da una rilevantissima circostanza.

Come si è, infatti, avuto modo in precedenza di affermare, non dobbiamo dimenticarci che, nel frattempo, un altro elemen-to era entrato nella scena a mutare le direttrici della discussione: la Costituzione repubblicana, in cui venivano chiaramente evi-denziati il riconoscimento e la garanzia di una sfera intangibile che circonda la persona umana. E per ‘costituzionalizzazione della persona’ si intende proprio la trasposizione sul piano delle libertà costituzionali dei diritti della persona. Questo nuovo rife-rimento assiologico è stato in grado di delineare una significativa modifica del contenuto e della struttura stessa dei diritti della personalità, avviando il superamento del modello proprietario31. Modello che aveva resistito, con il solo cedimento nell’art. 5, an-che all’impatto di una visione marcatamente sociale come quella corporativa32.

In questa seconda versione però, ad una dimensione che si potrebbe definire individualistica o spaziale - in analogia con la __________

31 V., supra, quanto esposto al par. 2. Inoltre, Sul modello proprietario come stampo sul quale disegnare gli strumenti privatistici di garanzia contro tutte le possibili interferenze della sfera individuale cfr. D. Messinetti, Personalità (diritti della), cit., 355.

32 Nell’art. 5 infatti la prospettiva individualistica viene ribaltata, portando in esponente il profilo del ‘dovere sociale’, il corpo è costituito come strumento per il perseguimento di interessi pubblici e non come elemento fondamentale per l’identità individuale, fra i molti cfr. G. Resta, La disposizione del corpo. Regole di appartenenza e di circolazione, in S. Rodotà-M. Tallacchini (a cura di), Trattato di biodiritto, cit., 805. Nelle sue versioni estreme infatti il sociale preludeva alla subordinazione degli interes-si privati alle esigenze collettive ed alla risoluzione nel singolo nella comunità statuale alla quale sola veniva interamente delegata la sua difesa cfr. F.D. Busnelli, La persona alla ricerca dell’identità, in Riv. crit. dir. priv., 2010, 7.

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DIRITTO ALLA PRIVACY IN ITALIA: ORIGINE ED EVOLUZIONE 61

inviolabilità del domicilio e la segretezza della corrispondenza, ben esemplificata dalla privacy come right to be let alone, cioè della semplice garanzia di una sfera di intimità dalla quale esclu-dere ogni forma di ingerenza dall’esterno sia ad opera dei singoli che dello Stato - si sovrappone una dimensione più marcatamen-te sociale o espressiva, in cui diventano centrali i diversi modi con cui l’individuo sviluppa la propria personalità attraverso le relazioni che è possibile instaurare con gli altri nella società.

In tale prospettiva, infatti, il diritto alla privacy può segnare un confine - che assicura l’autonomia decisionale rispetto ad al-cune scelte esistenziali fondamentali, il rispetto della persona ed il controllo sul proprio corpo - di fronte al quale anche l’inter- vento statuale deve arrestarsi.

La Corte costituzionale italiana, a partire dagli anni ’80, si è mossa in una direzione simile, usando l’art. 2 Cost. per dare cor-po ad una garanzia costituzionale che non trovava alcun esplicito appiglio nel catalogo delle nostre libertà costituzionali. Pur evi-tando accuratamente di denominare la garanzia come diritto alla privacy e scegliendo invece formule più vaghe come «diritti in-violabili», «diritti fondamentali» o talora appunto «diritti della persona»33, la Corte ha gradualmente disegnato i contorni di una sfera privata che ha posto al riparo da interventi conformatori ad opera della legislazione statale34. Al suo interno insieme al diritto __________

33 In tema di diritto al nome, all’immagine, all’identità personale ed alla libertà di autodeterminazione nella sfera corporea, tra le molte, Corte cost. 3.2.1994, n. 13, in Rass. avv. Stato 1994, I, 24; Corte cost., 24.6. 2002, n. 268, in Foro it., 2003, I, 2933; Corte cost., 3.2. 1994, n. 13, in Foro it., 1994, I, 1668; Corte cost., 12.4.1973, n. 38, in Foro it., 1973, I, 1707; Corte cost., 24.5.1985, n. 161, in Foro it., 1985, I, 2162; Corte cost., 19.7.1996, n. 257, in Giust. civ., 1996, I, 2807; Corte cost., 9.7.1996, n. 238, in Giur. cost., 1996, 2142.

34 Emblematico il «vincolo alla riservatezza» che permette di reinterpretare e rafforzare le garanzie costituzionali presente in molte delle cd. ‘pronunce Baldassarre’ nelle quali la Corte cerca di rimuovere gli ostacoli al libero sviluppo delle coscienze individuali per reagire a forme diverse di isolamento, ostilità ed umiliazione (fra le al-tre, Corte cost. n. 184/1990; Corte cost. n. 108/1994; Corte cost. n. 81/1993). Tale ‘vincolo’ sembra però assumere le sembianze di un autonomo diritto, espressione del valore della dignità umana, nel caso dell’obiezione di coscienza per il servizio militare (Corte cost. n. 199/1989; Corte cost. n. 167/1991; Corte cost. n. 343/1993) e per

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PARTE SECONDA – CAPITOLO III 62

di mantenere la propria intimità, sono stati ricondotti altri diritti come il diritto di fare un uso libero del proprio corpo e della propria sessualità, il diritto di esprimersi idealmente, segnando una limite al potere statuale di vincolare scelte che attengono alla dimensione esistenziale dell’individuo35. __________

l’insegnamento della religione cattolica (Corte cost. n. 202/1989; Corte cost. n. 13/1991; Corte cost. n. 290/1992): il rispetto richiede ad alcuni soggetti di venir meno ad un obbligo religioso o morale attinente alla propria sfera di coscienza oppure inter-ferisce con le convinzioni dell’interessato (tutte le sentenze della Consulta citate in questa nota sono leggibili nel sito istituzionale della Corte http://www.cortecosti- tuzionale.it).

35 Questo si spinge a toccare anche interventi estetico-simbolici sul corpo, come tatuaggi e piercing o esibizione di simboli religiosi, esteso a regimi alimentari o prati-che terapeutiche (il tema dell’identità è ripreso ora anche in Cass. 16 ottobre 2007, n. 21748, (sul punto, F.G. Pizzetti, Sugli ultimi sviluppi del “caso Englaro”: limiti della legge e “progetto di vita”, in Pol.dir. 2009, 445).

L’idea che le garanzie costituzionali possano formare una ‘penumbra’ in cui spetti alla Corte scandagliare per individuare e dare corpo ad un diritto fondamentale del genere non è nuova. Risale quanto meno alla constitutional privacy delineata dalla Corte Suprema degli Stati Uniti e ne ripropone gran parte delle questioni fondamentali che ne hanno accompagnato lo sviluppo. Nella giurisprudenza della Corte emerge però chiaramente lo scrutinio, spesso spigoloso, al quale si può essere chiamati quando c’è da valutare quali siano le scelte esistenziali fondamentali «attraverso le quali le persone definisco-no il significato della propria esistenza», chi dovrebbe definirle ed in relazione a quali parametri.

Da noi ciò avviene, invece, prevalentemente all’interno di un compasso allarga-to, combinando cioè il «libero sviluppo della persona» con altri diritti fondamentali - come il diritto alla salute, l’integrità fisica e la libertà personale - insieme ai quali si è trovata ad operare congiuntamente, secondo la tecnica dei cd. «diritti trasversali» (co-sì, in particolare, prendendo le mosse dalla salute, si giunge alla tutela della persona nella sua integrità, garantendogli il diritto di autodeterminarsi attraverso il consenso informato: sul punto cfr. S. Rodotà, Il nuovo habeas corpus: la persona costituzionalizza-ta e la sua autodeterminazione cit., G. Marini, Il consenso, in S. Rodotà-M. Tallacchini (a cura di), Trattato di biodiritto, I, Milano, 2010, 361 ss. Sulla possibilità di individua-re nuovi diritti fondamentali diversi ed ulteriori rispetto a quelli previsti dalla Costitu-zione attraverso la clausola contenuta nell’art. 2, cfr. P. Grossi, Inviolabilità dei diritti, in Enc. Dir., XXII, Milano, 1972, 712; P. Barile, Diritti dell’uomo e libertà fondamenta-li, Bologna 1984; A. Baldassarre, Diritti inviolabili, in Enc.giur. XI, Roma 1989; A. Pa-ce, Problematica delle libertà costituzionali. Parte generale, Padova 1990 4. Svaluta il problema a causa dei numerosi diritti impliciti e strumentali ricavabili dal testo costi-tuzionale, F. Modugno, I “nuovi diritti” nella giurisprudenza costituzionale, Torino, 1995. Per l’impatto sul diritto privato, da ultimo, cfr. G. Pino, Il diritto all’identità per-sonale. Interpretazione costituzionale e creatività giurisprudenziale, Bologna 2003).

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DIRITTO ALLA PRIVACY IN ITALIA: ORIGINE ED EVOLUZIONE 63

6. Gli anni Ottanta e i primi anni Novanta: i progetti di legge e il varo della prima disciplina normativa

A fronte della situazione sopra tratteggiata, si faceva sempre più pressante l’esigenza di un intervento legislativo in grado di individuare un solido fondamento per la privacy e di meglio de-finirne i contorni. Anche perché, nel frattempo, alcuni stati dell’Europa occidentale cominciarono ad emanare leggi a tutela della privacy dell’individuo36.

__________

Oggi, il diritto all’autodeterminazione come diritto fondamentale pare stabil-mente collegato al diritto alla salute che, facendo leva sul comma 2 dell’art. 32 Cost. [in questo senso, Cass. 16.10.2007, n. 21748 (in Nuova giur. civ. comm., 2008, I, 83), confermata da Corte cost. n. 334/2008, con antecedenti in Corte cost. n. 471/1990 (che collega gli artt. 2 e 13 Cost.) e Corte cost. n. 332/2000 e anche Corte cost. 282/2002 (le sentenze della Consulta citate in questa nota sono leggibili nel sito istitu-zionale della Corte http://www.cortecostituzionale.it)], ha conquistato la scena, po-nendosi al centro del sistema. Il diritto alla salute, inteso come espressione del governo della vita, è diventato fondativo della tutela della persona; assicurando la ‘sovranità sul sé’ ha attratto anche molte espressioni dell’autodeterminazione (Cfr. P. Zatti, Principi e forme del “governo del corpo”, in S. Rodotà-P. Zatti (a cura di), Trattato di biodiritto II, Il governo del corpo, Milano, 2011,125).

36 Tra le numerose leggi v. ad esempio: (i) In Francia la Loi n. 78-17 du 6 janvier 1978 relative à l’informatique, aux fi-

chiers ex aux libertés che ha istituito la Commission nationale de l’informatique et des libertés, con compiti di vigilanza (Per un commento sulla legge si rinvia a M. Bessone, L’esperienza francese dl diritto alla “intimità” della vita privata, in Politica del dir., 1978, 335 ss.; Id., Diritti della personalità, segreto della vita privata e droit a l’image, in Dir. famiglia, 1978, 586 ss.; G. Alpa, Privacy e statuto dell’informazione, in Riv. dir. civ., 1979, I, 65.

(ii) Nel Regno Unito il Data protection act emanato nel 1984 (Per l’analisi detta-gliata della disciplina si rinvia a S. Chalton, Il Data Protection Act inglese, in Dir. in-formazione e informatica, 1986, 101 ss.; V. Zeno Zencovich, Profili comparati della nuova legislazione inglese sulla protezione dei dati personali elaborati elettronicamente, in Riv. dir. civ., 1986, I, 473 ss.

(iii) Negli Stati Uniti il principale intervento legislativo in materia si è avuto con il Privacy Act del 31 dicembre 1974, modificato dal Privacy Protection Act del 13 otto-bre 1980.

(iv) in Canada il 2 giugno 1977 è stato emanato il Canadian Human Rights Act – Loi canadienne sur les droits de la personne.

Vi è inoltre da dire che, per quanto riguarda i paesi europei, non sono solo state emanate dai singoli stati leggi a protezione dei dati personali ma nel 1980 è stata ap-provata la “Convenzione per la protezione delle persone rispetto al trattamento auto-

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PARTE SECONDA – CAPITOLO III 64

In Italia venne presentata una serie di proposte di legge mai approvate, che puntavano a regolare in maniera completa il dirit-to alla riservatezza37: in particolare si ricordano i progetti Acca-de38, Picano39, Mirabelli40, Martinazzoli41, Bozzi42, Mirabelli-bis43.

__________

matizzato dei dati di carattere personale” (via via ratificata da tutti i paesi europei). Sul punto cfr. M. Migliazza, Profili internazionali ed europei del diritto all’informazione e alla riservatezza, Milano, 2004.

Infine, una mappa cronologica degli interventi normativi in materia, aggiornata al 1985, si legge in M.G. Losano, Il diritto pubblico dell’informatica, cit., 54.; mentre una mappa aggiornata al 1997, si legge nella parte introduttiva del volume a cura di E. Giannantonio–M.G. Losano–V. Zeno Zencovich, La tutela dei dati personali. Com-mentario alla Legge 675/1996, Padova, 1997.

37 Per un’analisi di questi progetti di legge si rinvia a M.G. Losano, I progetti di legge italiani sulla riservatezza dei dati personali, in Il diritto delle radiodiffusioni e delle telecomunicazioni, 1983, 275 ss.; Id., I progetti di legge italiani sulla riservatezza dei dati personali, in Banche dati telematica e diritti della persona, G. Alpa–M. Bessone (a cura di), Padova, 1984, 150 ss.; G. Comandè, Trattamento automatizzato di dati di carattere personale: la ley Organica 5/1992 e le iniziative legislative italiane alla luce della propo-sta di direttiva Com (92) 422 del SYN 287 del 15 ottobre 1992, in Resp. civ., 1993, 734 ss.

38 È stato presentato il 21 aprile 1981; costituito da venti articoli contemplava criteri guida sulla tutela del diritto alla riservatezza. Il progetto prevedeva inoltre la possibilità di estendere la normativa alle persone giuridiche attraverso una legge ad hoc e demandava ad una legge successiva il compito di individuare le sanzioni da applicare in caso di inosservanza delle sue disposizioni.

39 È stato presentato il 24 febbraio 1982 e prevedeva l’istituzione di una autorità statale di controllo, detta “comitato nazionale per l’informatica e la libertà”, alle di-pendenze del Parlamento; si mostrava più completo rispetto al primo e contemplava sanzioni pecuniarie in caso di violazioni delle prescrizioni dell’autorità di controllo.

40 È stato presentato il 20 luglio 1982 e prevedeva – in 37 articoli – una discipli-na analitica a tutela del diritto alla riservatezza non solo delle persone fisiche ma anche delle persone giuridiche. Prevedeva inoltre l’istituzione di un ufficio di controllo (composto da giudici), che doveva essere alla dipendenze della Presidenza del Consi-glio dei Ministri. Veniva infine attribuito alla persona titolare dei dati un diritto di ac-cesso e di rettifica.

41 È stato presentato il 5 maggio 1984 e dettava una disciplina analoga al proget-to Mirabelli.

42 È stato presentato il 29 gennaio 1985 e prevedeva l’introduzione nella Costi-tuzione dell’art. 21-bis e 21-ter. In particolare l’art. 21-bis recitava che «nei limiti e nei modi stabiliti dalla legge, tutti hanno diritto di cercare, trasmettere e ricevere informa-zioni, nonché di accedere ai documenti e agli atti amministrativi che lo riguardano.

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DIRITTO ALLA PRIVACY IN ITALIA: ORIGINE ED EVOLUZIONE 65

Vi è da dire che i progetti appena citati non vennero mai approvati, ma contribuirono certamente a consolidare il conte-nuto del diritto alla riservatezza, ponendo sempre più in eviden-za la necessità di un controllo effettivo dell’individuo sui propri dati personali.

Sempre in questo periodo vennero inoltre emanate via via alcune leggi che regolavano direttamente o indirettamente alcuni aspetti del diritto alla riservatezza: è così ad esempio la legge 1° aprile 1981, n. 121, che ha introdotto una nuova disciplina dell’amministrazione di pubblica sicurezza; la legge 7 agosto 1990, n. 241 sull’accesso ai documenti amministrativi; l’art. 109, comma 9, del D.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309 in materia di accer-tamento della tossicodipendenza dei militari; l’art. 5, comma 1, della legge 5 giugno 1990, n. 135 in materia di aids44.

A partire dagli anni ’90, grazie all’espandersi di internet, le nuove forme di comunicazione subirono una evidente ulteriore accelerazione. In questo contesto segnato dall’avvento della cd. società della informazione si evidenziarono due dati di grande importanza e problematicità:

(a) il carattere di aggressività assunto dalle nuove tecnologie, informatiche e telematiche che lo caratterizzano;

(b) il fatto che tale evoluzione ha ingenerato nella vita dell’uomo una nuova morfologia delle informazioni intersogget-tive, quasi una nuova essenzialità dell’uomo, accanto ed oltre la dimensione della realtà quotidiana45. __________

Sono vietati la raccolta e l’uso di informazioni che implichino discriminazioni o lesione dei diritti fondamentali della persona».

43 Presentato nel 1989, definiva la libertà informatica come «libertà di adoperare senza vincoli ingiustificati i mezzi informatici per le proprie personali esigenze».

44 Anche tali dati normativi hanno contribuito ad un progressivo ampliamento in Italia del contenuto del diritto alla privacy. Vi è però da dire che in essi il riferimen-to alla privacy «figura non per proteggere il diritto alla non invasività delle condotte altrui, quanto per tutelare altri beni», così G. Buttarelli, Banche dati e tutela della riser-vatezza, Milano, 1997, 109.

45 F. Di Ciommo, Diritti della personalità tra media tradizionali ed avvento di internet, in G. Comandè, Persona e tutele giuridiche, Torino, 2003, in part., pagg. 5 e 6. Sempre in riferimento alle modifiche imposte dall’avvento della telematica, si è inol-

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PARTE SECONDA – CAPITOLO III 66

Da qui il problema fondamentale di approntare un adegua-to strumentario normativo a tutela della persona.

Pur fra mille difficoltà46, si è così arrivati al varo della legge 675 del 1996 che ebbe il merito di rappresentare il primo tenta-tivo di dare una organica regolamentazione alla materia.

7. Gli anni Duemila: il D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196: (rinvio)

Successivamente, a distanza di quasi dieci anni, viene ema-nato il D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (denominato «Codice della privacy»), il quale sembra sottolineare proprio la molteplicità di interessi sottesi alla materia, prendendo perciò atto della sua multidimensionalità. In questa prospettiva, la nuova disciplina normativa ha affiancato al diritto alla riservatezza ed al diritto all’identità personale, già riconosciuti dall’art. 1 della L. 675/1996, il diritto alla protezione dei dati personali.

Per l’esame specifico della disciplina normativa richiamata, si rinvia, infra, al capitolo VI.

__________

tre avuto modo di evidenziare come in questa società la persona «presenta connota-zioni nuove ed appare come un complesso di dati tradotti in algoritmi», così G. Alpa, Introduzione alla new economy e diritto nell’era della rivoluzione digitale, in La tutela del navigatore in internet, (a cura di) A. Palazzo-U. Ruffolo, Milano, 2002, 4. Per ulte-riori approfondimenti e spunti problematici, si rinvia al recente lavoro di A. Mantele-ro, Il costo della privacy tra valore della persona e ragione d’impresa, Milano, 2007. Per una visione d’insieme dei problemi che internet crea alla tutela della riservatezza della persona v. Filippi, Il trattamento dei dati personali, in Il diritto della nuova economia, F. Maschio (a cura di), Padova, 2002; L. Nivarra-V. Ricciuto (a cura di), Internet e il diritto dei privati, Torino, 2002; G. Corasaniti, Esperienza giuridica e sicurezza informa-tica, Milano, 2003. Inoltre, questi argomenti vengono compiutamente esposti da D. Messinetti, I nuovi danni. Modernità, complessità della prassi, e pluralismo della nozione giuridica di danno, in Riv. crit. dir. priv., 2006, 543 ss. In proposito particolarmente significativi risultano essere i §§ da 7 a 12, nei quali l’A. si sofferma sui problemi de-terminati dal carattere invasivo e conformativo della identità personale provocato da internet.

46 Cfr. sul punto le notazioni di G. Buttarelli, Banche dati e tutela della riserva-tezza, cit., 108, il quale prende atto che nel nostro paese non è emersa una domanda collettiva alla tutela della privacy, come invece era avvenuto in altri stati europei e che la legge del 1996 è stata approvata «in buona sostanza, per effetto degli impegni inter-nazionali assunti dall’Italia».

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CAPITOLO IV

LE PROSPETTIVE DI REGOLAMENTAZIONE DA PARTE DELL’UNIONE EUROPEA

E DELLA CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO E DELLE LIBERTA’ FONDAMENTALI

SOMMARIO: 1. I recenti sviluppi legislativi in Europa. – 2. Il diritto alla privacy e la giurisprudenza delle Corti europee. – 2.1. La Corte di Giustizia UE … . – 2.1.1. … e il recupero della formula del substantive due process. – 2.2. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

1. I recenti sviluppi legislativi in Europa

Come si è potuto verificare nelle pagine precedenti analiz-zando la situazione italiana negli ultimi anni, il diritto alla privacy è stato progressivamente oggetto dell’attenzione dei legislatori nazionali che, sulla spinta dell’Unione Europea1, sono intervenu-ti per disciplinare il complesso fenomeno della circolazione dei dati personali.

L’Unione Europea si è ripetutamente interessata del pro-blema al fine di rispondere alle novità tecnologiche ed alla diffu-sione globale della rete affiancando alla prima direttiva del 1995 diversi altri provvedimenti2. __________

1 La Commissione europea, intanto, continua il suo piano di revisione. All’inizio del 2012 ha proposto una riforma globale della normativa UE del 1995 in materia di protezione dei dati nell’intento di rafforzare i diritti della privacy, disponibile on line all’indirizzo http://www.garanteprivacy.it/documents/10160/2045741/Regolamento+com+ 2012+11.pdf, ribadendo che il progresso tecnologico e la globalizzazione hanno radi-calmente mutato il modo in cui sono raccolti, consultati e usati i dati personali. Ha sottolineato, inoltre, che i 27 Stati membri hanno attuato la normativa del 1995 diver-samente, con conseguenti divergenze sul piano dell’effettiva applicazione.

2 Questi riguardano la protezione dei dati nel mercato digitale. Una seconda di-rettiva relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel setto-

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PARTE SECONDA – CAPITOLO IV 68

Questa prima direttiva del 1995 (la 45/95) era stata adottata allo scopo di assicurare la libera circolazione dei dati personali fra gli Stati membri, eliminando le barriere dovute al diverso li-vello di tutela3, e di garantire la tutela (dei diritti fondamentali) delle persone fisiche4. La direttiva, che riprendeva i principi del-la Convezione del Consiglio di Europa sulla protezione delle persone con riferimento al trattamento automatizzato dei dati di carattere personale del 28 gennaio 1981, è stata poi progressiva-mente recepita da tutte le legislazioni europee (da noi con la L. n. 675/1996)5.

__________

re delle comunicazioni elettroniche (2002/58/CE), poi modificata con la direttiva 2006/24/CE sulla conservazione dei dati generati e trattati nell’ambito della fornitura di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico. È stata emanata anche la direttiva 2009/136/CE, che modifica ulteriormente le due precedenti, denominata Co-okie Law, perché una delle sue principali innovazioni è la previsione del consenso e-splicito da parte degli utenti per l’installazione di cookies sui loro terminali. Tale diret-tiva doveva essere attuata entro il 25.5.2011, ma dei 27 Stati membri dell’Unione Eu-ropea solo Estonia, Danimarca e Regno Unito hanno completato la procedura. La norma sui cookies ha sollevato diversi dubbi per le complicazioni tecniche che cree-rebbe alla navigazione e la diffidenza che potrebbe provocare verso i siti che per fun-zionare necessitano della loro installazione (Cfr. altresì, P. Lanois, Caught in the Clouds: The Web 2.0, Cloud Computing, and Privacy?, in 9 Nw. J. Tech. & Intell. Prop. 29, 2010-2011).

3 Comunicazione della Commissione Europea, «Un’agenda digitale europea» (considerando n. 7).

4 Comunicazione della Commissione Europea, «Un’agenda digitale europea» (considerando n.11 e n. 3).

5 I legislatori nazionali sono stati così indotti ad introdurre nuovi strumenti o aggiornare quelli vecchi in modo da poter rispondere a nuove e specifiche esigenze di tutela alle quali le varie giurisprudenze in passato difficilmente riuscivano a rispondere in modo efficace. Alcuni di loro hanno ritenuto addirittura di dover configurare un autonomo diritto alla protezione dei dati personali - che chiaramente allude alla di-mensione dinamica della privacy - ed hanno così arricchito il catalogo tradizionale dei diritti della personalità.

Come si è avuto modo di esaminare, il nuovo diritto è stato riconosciuto anche in Italia. Nel 2003 il Codice della privacy (art. 1 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196) ha af-fiancato al diritto alla riservatezza ed al diritto all’identità personale, già riconosciuti dall’art. 1 della L. 675/1996, il diritto alla protezione dei dati personali; l’art. 1 del Co-dice non definisce questi diritti, ma significativamente li colloca in una costellazione complessa che esige anche il «rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali, nonché della dignità delle persone fisiche».

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LE PROSPETTIVE DI REGOLAQMENTAZIONE 69

Proseguendo lungo il percorso segnato dalla disciplina normativa del 1995, la Commissione europea ha avviato - al fine di adeguarsi alle nuove modalità con cui sono raccolti, organiz-zati ed utilizzati i dati personali - già dal 20106, un piano di revi-sione che è sfociato proprio all’inizio del 2012 in una proposta di riforma complessiva della normativa europea in materia.

__________

In Germania infatti il Tribunale federale, facendo leva sulla freie Entfaltung in combinazione con l’intangibilità della dignità umana, ha da tempo utilizzato l’idea di Selbsbestimmungsrecht. L’autodeterminazione informativa è stata elevata al rango di vero e proprio diritto soggettivo da una nota sentenza della Corte costituzionale tede-sca del 15.12.1983 (Informationelle Selbstbestimmung nel censimento). Criticamente al riguardo, H. Ehmann, I principi del diritto tedesco in materia di trattamento dei dati personali con riguardo alla direttiva comunitaria del 24 ottobre 1995, in Contratto impr. Europa, 1998, 899, ma vedi anche, S. Rodotà, Tecnologia e diritti, Bologna, 1995. All’autodeterminazione informativa ha fatto riferimento il Garante nella sua prima de-cisione, in Cittadini e società dell’informazione. Bollettino, 1, 1997, 17 ss.; vedila anche in Corriere giur., 1997, 915 ss., con nota di V. Zeno-Zencovich, Il «consenso informa-to» e la «autodeterminazione informativa» nella prima decisione del Garante, e in Foro it., 1997, III, 317 ss., con annotazione di R. Pardolesi. Nelle più recenti costituzioni, alla tutela costituzionale della vita privata degli individui si aggiungono tutele specifi-che riguardanti le informazioni e l’utilizzazione dei dati personali nei testi delle Costi-tuzioni di ultima generazione (art. 13, 2 c., Cost. svizzera, che dispone che «ognuno ha diritto ad essere protetto da un impiego abusivo dei suoi dati personali»; art.10, 1 c., Cost. finlandese, che contempla il diritto al rispetto della vita privata, rimettendo alla legge ordinaria l’introduzione di regole più dettagliate circa la protezione dei dati per-sonali; art. 18, 4 c., Cost. spagnola, che stabilisce: «la legge limita l’utilizzazione dell’informatica al fine di garantire l’onore, l’intimità personale e familiare dei cittadini ed il pieno rispetto dei loro diritti»; art. 26, 2 c. e art. 35, Cost. Portoghese, che riman-dano alla legge le modalità con cui stabilire garanzie effettive contro l’utilizzazione a-busive o contraria alla dignità umana, di informazioni relative alle persone e alla fami-glia, regolando, inoltre, nel dettaglio, la fattispecie del trattamento automatizzato di dati personali; art. 1 del Grundrecht auf Datenschutz austriaco; art. 35, Cost. albanese, che prevede una dettagliata regolamentazione del fenomeno del trattamento dei dati personali: «Nessuno può essere obbligato a rendere noti i dati che lo riguardano per-sonalmente, esclusi i casi previsti dalla legge. La raccolta, l’uso e la diffusione dei dati concernenti la persona, può essere effettuata solo con il suo consenso, esclusi i casi previsti dalla legge. Ognuno ha diritto ad avere conoscenza dei dati raccolti sulla sua persona, esclusi i casi previsti dalla legge. Ognuno ha il diritto alla correzione o la can-cellazione dei dati falsi, non completi o raccolti in contrasto con la legge»).

6 Vedi la Comunicazione della Commissione Europea, intitolata «Un’agenda di-gitale europea», rilasciata nel 2010, con riferimento alle attività commerciali on line.

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PARTE SECONDA – CAPITOLO IV 70

Le valutazioni offerte dalla Commissione hanno evidenziato tre grandi problemi: Il primo, legato alla eccessiva frammenta-zione della disciplina giuridica nei 27 Stati europei, con costi i-nutili e oneri amministrativi per le imprese (stimati in 3 miliardi l’anno); il secondo per le difficoltà da parte delle persone fisiche di mantenere il controllo dei propri dati personali; il terzo per lacune e incoerenze per la protezione dei dati personali nel setto-re della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penali.

Conseguentemente, tre sono stati gli obiettivi individuati dalla Commissione:

- rafforzare la dimensione del mercato interno della prote-zione dei dati riducendo la frammentazione, aumentando la coe-renza e semplificando il quadro normativo, in modo da eliminare i costi inutili e diminuire l’onere amministrativo;

- rendere più effettivo il diritto fondamentale alla protezione dei dati e consentire alle persone fisiche di mantenere il control-lo dei loro dati;

- migliorare la coerenza del quadro dell’Unione sulla prote-zione dei dati, anche nel settore della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, tenendo in debito conto l’entrata in vigore del trattato di Lisbona.

Inoltre, un decisivo impulso a questo interessamento alla materia della privacy è sicuramente dovuto alla Carta dei diritti, approvata a Nizza nel 2001 e trasposta poi anche nella seconda parte della Costituzione europea (art. I-51). La Carta porta, in-fatti, a termine il processo di ‘costituzionalizzazione’ della perso-na, già iniziato e chiaramente delineato con la Legge fondamen-tale tedesca e la Costituzione italiana7.

In linea con l’affermazione del Preambolo, secondo la quale l’Unione «pone la persona umana al centro della sua azione», gli articoli che seguono completano un disegno complessivo che

__________ 7 Per verificare le conseguenze di questo processo di costituzionalizzazione della

persona in ambito europeo, v., infra, § 2.1.1. Inoltre, per ulteriori approfondimenti, cfr. S. Rodotà, Il nuovo habeas corpus: la persona costituzionalizzata e la sua autodeter-minazione in S. Rodotà-M.Tallacchini (a cura di), cit.

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LE PROSPETTIVE DI REGOLAQMENTAZIONE 71

chiarisce «le modalità con le quali la persona entra nella dimen-sione del diritto». Nel segno del rispetto della dignità dell’uomo, che costituisce il principio quadro entro il quale sono destinate a svolgersi le relazioni personali (art. 1), un profilo cruciale è attri-buito alla tutela del corpo umano alla cui complessa dimensione la Carta attribuisce pieno riconoscimento, assicurando agli indi-vidui la piena sovranità sulle decisioni che li riguardano nel con-testo dell’innovazione scientifica e tecnologica (art. 3) e soprat-tutto il potere di controllo sul corpo, inteso ora anche nella sua dimensione cd. ‘elettronica’ (art. 8)8.

L’inviolabilità della dignità della persona si realizza così at-traverso l’inviolabilità del corpo9. La dignità esalta il controllo del ‘corpo elettronico’, cioè l’insieme delle informazioni che co-struiscono la propria identità. L’identità infatti non deve essere sottomessa a poteri esterni che possono alterarla, falsificarla, in-somma «costruirla in forme coerenti ai bisogni della società della sorveglianza».

In questo quadro, informazioni personali, costruzione dell’identità e riconoscimento della persona vengono indissolu-bilmente collegati, attribuendo rilevanza al modo in cui l’insieme dei dati che riguardano la persona vengono raccolti, organizzati e trattati.

__________ 8 Viene, dunque, riportata la dimensione del ‘corpo’ al centro del sistema. È

questo uno degli effetti dell’avvento della terza generazione dei diritti della persona (v., infra, cap. V), che ha ribaltato la prospettiva astratta del soggetto giuridico come quella altrettanto disembodied della persona che talvolta veniva offerta in precedenza. Il corpo non appartiene all’individuo, ma è l’individuo stesso; il corpo è anche il sub-strato generatore della persona ed è attraverso il corpo che diventa possibile entrare in relazione con altri soggetti ed essere situati nella società. Se il corpo è il mezzo che consente alla persona di realizzarsi, il corpo è diventato anche l’obiettivo naturale dei processi di ‘normalizzazione’. Come tale la difesa della sovranità sul corpo costituisce l’ultimo baluardo nei confronti di ogni processo di conformazione della persona ad opera del diritto. D’altra parte il corpo è però diventato un ‘surplus’ poiché, essendo la persona stessa ridotta ad un insieme di informazioni (‘corpo elettronico’), è sempre possibile ricostruirla al di là dei confini naturali costituiti dal corpo: il confine è diven-tato mobile e non è più possibile sapere dov’è ‘situato’.

9 P. Zatti, Maschere del diritto volti della vita, Milano, 2009, 86.

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PARTE SECONDA – CAPITOLO IV 72

Nel capo che segue, dedicato alla libertà, la Carta riconosce così non solo un diritto fondamentale al «rispetto della propria vita privata e familiare» (art. 7), ma garantisce anche a ciascun individuo il diritto fondamentale «alla protezione dei dati di ca-rattere personale che lo riguardano», determina le modalità ed i limiti con cui il trattamento deve avvenire (comma 2) e prevede l’istituzione di un’autorità indipendente per il controllo (comma 3)10.

Il principio di dignità si congiunge con quello di libertà e di eguaglianza, per evitare discriminazioni o stigmatizzazioni sociali11.

Nella visione moderna la protezione della vita privata deve assicurare che la persona non perda la sua autonomia nella co-struzione della sua sfera privata e la sua identità rimanga così in balia di decisioni altrui. E con ciò ribadisce la centralità del- l’identità, un processo di costruzione dell’identità complesso e difficile. dal quale emerge una visione contingente e fluida dell’identità - mai interamente definita una volta per tutte - in grado di prendere in considerazione la molteplicità delle diffe-renti relazioni che ognuno di noi può intrattenere nella società e la loro naturale variabilità nel tempo12. __________

10 «Ogni persona ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che la riguardano. La legge o legge quadro europea stabilisce le norme relative alla protezio-ne delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e delle agenzie dell’Unione, e da parte degli Stati membri nell’esercizio di attività che rientrano nel campo di applicazione del diritto dell’Unione, e le norme relative alla libera circolazione di tali dati. Il rispetto di tali norme è soggetto al controllo di autorità indipendenti». Circa tali problemi da subito cfr. A. Di Martino, La protezione dei dati personali. Aspetti comparatistici e sviluppo di un modello europeo di tutela in S.P. Panunzio (a cura di), I diritti fondamentali e le cor-ti in Europa, Napoli, 2005.

11 S. Rodotà, Antropologia dell’homo dignus, in Rivista crit. dir. priv., 2010, 547 ss. La dignità integra gli altri principi fondamentali, imponendone «una reinterpreta-zione nella prospettiva dell’indivisibilità», sottolinea le modalità della libertà e dell’eguaglianza dell’uomo, dà evidenza al sistema di relazioni in cui si trovano i sog-getti. È l’ineliminabile associazione con la libertà che offre un senso alla dignità. La dignità è sociale nel senso di recuperare non l’uomo astratto, ma la persona sociale.

12 In linea con la descrizione della soggettività ad opera del postmoderno che en-fatizza gli elementi della eterocostruzione della soggettività, dell’identità come masche-ra e come flusso di informazioni. Per meglio comprendere la portata pratica di tale

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LE PROSPETTIVE DI REGOLAQMENTAZIONE 73

2. Il diritto alla privacy e la giurisprudenza delle Corti europee

La nuova configurazione del diritto alla privacy trova con-ferma nell’elaborazione della giurisprudenza europea. L’inter- vento delle due corti europee ha infatti contribuito gradualmen-te a disegnare un modello europeo, al cui interno ha riallineato le diverse giurisprudenze nazionali che non sempre avevano segui-to percorsi uniformi in materia di privacy.

2.1. La Corte di Giustizia UE … – La Corte di Lussemburgo ha, da tempo, delineato i contorni del modello europeo di tutela posto a protezione del trattamento dei dati personali13. Nella sua più recente giurisprudenza ha avuto modo di precisare che è la Carta di Nizza – in cui il diritto alla protezione dei dati personali (art. 8) è strettamente collegato al diritto al rispetto della vita privata (art. 7) ed è riferito ad ogni informazione relativa ad una

__________

aspetto basta analizzare quanto accaduto recentemente nella rete: Facebook ha rimosso le foto artistiche senza veli di una scrittrice, sospendendo il suo account per due giorni, in quanto ha ritenuto gli scatti postati un incitamento all’obesità (gli scatti fotografici ritraevano la scrittrice nuda nelle sue forme molto generose). Tutto questo perché il social network ha delle proprie regole che disciplinano l’accesso di account e contenuti, denominate «community standards». Regole conformative di una identità: la nudità cicciona viene oscurata considerandola una pubblicità per l’obesità, eppure a tante modelle, signore avvenenti o escort è consentito farsi fotografare nella stessa posizione. E nello stesso modo circolano liberamente in Facebook foto di adolescenti magrissime o in pose molto più scabrose di quelle postate dall’artista sospesa (sulla questione v. l’articolo apparso sulla prima pagina del quotidiano «Libero» il 22.3.2014, dal titolo «Grasse no, anoressiche si: perché? La strana ideologia di Facebook».

13 La Corte ha reso importanti decisioni anche in materia di riservatezza, così Corte di Giustizia UE 21.9.1989, Hoechst AG v. Commission, nelle cause C-46/87, C-227/88 e Corte di Giustizia UE 30.3.1993, Christos Konstantinidis v. Stadt Altensteig et al., C-168/91: leggibili nel sito internet della Corte http://www.curia.europa.eu. E, più recentemente, in materia di protezione dei dati personali, cfr. ad es. Corte di Giustizia UE 20.5.2003, nelle cause C-465/00, C-138/01, C-139/01, Rechnungshof (C-465/00) contro Österreichischer Rundfunk e altri e Christa Neukomm (C-138/01) e Joseph Lauermann (C-139/01) contro Österreichischer Rundfunk, in Foro it., 2003, IV, 310; Corte di Giustizia UE 6.11.2003, nella causa C-101/01, Bodil Lindqvist, in Foro it., 2004, IV, 57; Corte di Giustizia UE 9.10.2001, nella causa C-377/98, Regno dei Paesi Bassi contro Parlamento europeo e Consiglio dell'Unione europea, leggibile nel sito internet della Corte http://www.curia.europa.eu.

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PARTE SECONDA – CAPITOLO IV 74

persona fisica identificata o identificabile14 – a rappresentare il riferimento normativo e assiologico fondamentale.

A tale diritto, conformemente alla Carta, possono essere po-ste delle limitazioni, ma gli interventi non devono mai superare il quadro previsto dal legislatore comunitario, che segna i limiti massimi che le normative europee non possono superare.

Già dal caso Lindqvist, la Corte ha confermato l’ampia lati-tudine dell’espressione «dato personale»; ritenendo, infatti, di far rientrare in essa anche dati come nomi e recapiti telefonici e precisando che l’espressione «dati relativi alla salute» dovesse es-sere interpretata in maniera altrettanto ampia e tale da com-prendere informazioni riguardanti tutti gli aspetti, tanto fisici quanto psichici, della salute di una persona.

Nello stesso caso la Corte di Giustizia ha escluso che le di-sposizioni della direttiva del 1995 ponessero limiti incompatibili con il principio generale della libertà di espressione o con altre libertà e diritti vigenti all’interno dell’UE e che trovano corri-spondenza, in particolare, nel diritto sancito dall’art. 10 della CEDU, demandando al giudice nazionale, alla luce del principio di proporzionalità, il compito di considerare sempre tutte le cir-costanze del caso, in particolare la durata della violazione delle norme che attuano la direttiva, nonché la rilevanza per gli inte-ressati della tutela dei dati divulgati, in modo da realizzare il giu-sto equilibrio tra gli interessi che la direttiva è volta a realizzare e i diritti con essi confliggenti15.

__________ 14 Corte di Giustizia UE 9.11.2010, cause riunite C-92/09 e C-93/09, Volker und

Markus Schecke GbR (C-92/09) e Hartmut Eifert (C-93/09) contro Land Hessen, leggi-bile nel sito internet della Corte http://www.curia.europa.eu.

15 Con il caso Lindqvist (Corte di Giustizia UE 6.11.2003, nella causa C-101/01, cit.), un’aderente alla Chiesa protestante svedese era stata imputata penalmente per aver violato la normativa svedese sulla protezione dei dati personali, per aver pubblica-to in un sito Internet dati riguardanti persone che, come lei, lavoravano come volonta-ri in una parrocchia. Si trattava di informazioni quali nome e cognome, mansioni svol-te e hobby, di alcuni, inoltre, era stata descritta la situazione familiare ed erano indicati i recapiti telefonici ed infine si era fatto riferimento ad un congedo parziale per malat-tia di una collega ferita ad un piede. Non avendo ottenuto il consenso preventivo degli interessati, né chiesta l’autorizzazione all’autorità competente la signora era stata con-

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LE PROSPETTIVE DI REGOLAQMENTAZIONE 75

La direttiva, infatti, tendeva a realizzare attraverso la formu-lazione dei suoi principi guida, un complesso equilibrio fra diritti fondamentali e libera circolazione dei dati che non poteva essere alterato dai legislatori nazionali, neanche per rafforzare le difese individuali della privacy degli individui 16.

Gli Stati possono, dunque, in virtù del margine discreziona-le concessogli dall’art. 5 della direttiva, introdurre «delle linee direttrici» a fini del bilanciamento, soprattutto in relazione alle circostanze concrete ed eventualmente alle diverse tipologie di dati in gioco, ma sempre senza alterare o svuotare il quadro deli-neato dal legislatore comunitario17.

Altra pronuncia di notevole rilevanza è quella notissima del 201418, con cui i giudici del Lussemburgo sono intervenuti sul __________

dannata per aver violato le regole che riguardano la raccolta ed il trattamento dei dati, fra cui anche quelli sensibili ed aver trasferito verso paesi terzi dati trattati senza auto-rizzazione. A questo proposito la corte offre una definizione più restrittiva delle ipotesi di trasferimento dei dati all’estero, escludendo che possa costituirlo il semplice cari-camento sulla pagina Internet dei dati (a causa dell’intermediazione realizzata attraver-so l’infrastruttura informatica web hosting provider). Sulle inadeguatezze della direttiva rispetto alla circolazione internazionale dei dati, cfr., recentemente, S. Catanossi, La tutela della privacy nel mercato digitale europeo, in Diritto e processo, 2012, 25-54, pri-ma già R. Panetta, Trasferimento all’estero di dati personali e Internet: storia breve di una difficile coabitazione , in Eur. dir. priv., 2004, 1002; V. Grippo, Analisi dei dati per-sonali presenti su Internet. La l.675/96 e le reti telematiche, in Riv. crit. dir. priv., 1997, 639.

16 Tale impostazione è stata recentemente confermata dalla Corte che, a proposi-to di un ricorso contro la Spagna per aver aggiunto condizioni supplementari per la legittimità del trattamento dei dati rispetto a quelle previste dalla direttiva 95/46, , ha ribadito il principio operando una distinzione fra precisazioni, permesse secondo l’art. 5 e vere e proprie condizioni supplementari vietate. Così Corte di Giustizia UE 24.11.2011, C-468/10 e C-469/10, Asociación Nacional de Establecimientos Financieros de Crédito (ASNEF) (C-468/10) e Federación de Comercio Electrónico y Marketing Di-recto (FECEMD) (C-469/10) contro Administración del Estado, in Foro it., 2012, IV, 1, con riferimento alla normativa spagnola che permetteva il trattamento dei dati perso-nali in assenza di consenso dell’interessato nei casi in cui i dati figurino in fonti acces-sibili al pubblico, escludendo altre forme di trattamento (leggibili nel sito internet del-la Corte http://www.curia.europa.eu/).

17 Ciò lascia aperta, come in tutte le ipotesi di «armonizzazione massima», l’estensione solo in altri casi non previsti, Corte di Giustizia UE 9.10.2001, C-377/98, Regno dei Paesi Bassi c. Parlamento e Consiglio, in Foro it., 2002, IV, 25.

18 Corte di Giustizia UE 13.5.2014, C-131/12, Google Spain SL e Google Inc. c.

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PARTE SECONDA – CAPITOLO IV 76

tema della attività svolta dai motori di ricerca, chiarendo l’ap- plicabilità agli stessi della normativa europea sulla protezione dei dati personali.

Gli aspetti di particolare importanza sono essenzialmente due:

(i) il primo, che a giudizio della Corte l’attività dei motori di ricerca, ove abbia ad oggetto anche dati personali, deve essere qualificata come trattamento di dati personali ai sensi dell’art. 2, lettera b), della direttiva 95/46 CE del Parlamento e del Consi-glio del 24 ottobre del 1995.

(ii) il secondo, che il gestore del servizio deve essere consi-derato come responsabile del trattamento ai sensi del medesimo art. 2, lettera d).

In riferimento al primo punto, Google sosteneva che la sua attività non poteva essere considerata come un trattamento, in quanto si limitava a riprodurre nel loro insieme le informazioni già disponibili su internet, senza operare una selezione. La Corte ricorda, invece, che i motori di ricerca esplorano internet in mo-do automatizzato, costante e sistematico, alla ricerca delle infor-mazioni pubblicate sulle pagine web: essi estraggono, registrano e organizzano informazioni, anche personali, conservandole nei loro server e poi comunicandole o mettendole a disposizione sot-to forma di elenchi dei risultati delle ricerche. Tutte operazioni che, chiarisce la Corte, debbono essere ricondotte al concetto di trattamento.

Il secondo punto affrontato dai giudici di Lussemburgo ha riguardato la qualificazione del gestore del motore di ricerca come responsabile del trattamento dei dati personali. Si tratta, evidentemente, di una qualificazione di particolare importanza, perché definire il gestore del motore di ricerca come responsabi-le significa caricarlo di tutti gli obblighi tipici di questa figura, a cominciare dalla richiesta del consenso al trattamento ove neces-sario: aspetto, questo, del quale la Corte non fa cenno se non per __________

Agencia Española de Protección de Datos (AEPD) e Mario Costeja González, in Guida al dir., 2014, 24, 15 ss.

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LE PROSPETTIVE DI REGOLAQMENTAZIONE 77

dichiarare che il diritto alla cancellazione può fondarsi anche sull’esercizio del diritto al ritiro del consenso19.

2.1.1. … e il recupero della formula del substantive due pro-

cess. – Inoltre, la Corte è recentemente intervenuta in materia20, affermando un proprio incisivo potere di controllo sulla norma-tiva comunitaria, che l’ha portata a dichiarare l’invalidità della direttiva sulla conservazione dei dati personali21.

Il caso è questo: la High Court (Alta Corte, Irlanda) nonché il Verfassungsgerichtshof (Corte costituzionale, Austria) chiedono alla Corte di giustizia di esaminare la validità della direttiva, se-gnatamente alla luce di due diritti fondamentali garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ossia il dirit-to al rispetto della vita privata e il diritto alla protezione dei dati di carattere personale.

In prima battuta, la Corte rileva che i dati da conservare di cui alla direttiva esaminata, consentono, in particolare: 1) di sa-pere con quale persona e con quale mezzo un abbonato o un u-tente registrato ha comunicato; 2) di determinare il momento della comunicazione nonché il luogo da cui ha avuto origine; 3)

__________ 19 Nella vicenda che ha dato origine alla sentenza in commento, la richiesta

dell’interessato riguardava non la semplice rettifica o aggiornamento, ma la cancella-zione dei dati, evocando quindi un vero e proprio diritto all’oblio delle informazioni che lo riguardavano. La risposta della Corte va nel senso di non affermare un generico e generale diritto all’oblio rispetto ai dati personali pubblicati dai motori di ricerca, ma si limita a dichiarare, in linea di massima, prevalente il diritto fondamentale alla prote-zione dei dati su altri diritti in gioco rispetto all’attività dei motori di ricerca.

20 Corte di Giustizia UE 08.04.2014, C-293/12 e C-594/12, (domande di pro-nuncia pregiudiziale proposte dalla High Court of Ireland e dal Verfassungsgerichtshof) – Digital Rights Ireland Ltd (C-293/12), Kärntner Landesregierung, Michael Seitlinger, Christof Tschohl e a. (C-594/12) / Minister for Communications, Marine and Natural Resources, Minister for Justice, Equality and Law Reform, The Commissioner of the Garda Síochána, Ireland and the Attorney General (leggibile nel sito internet della Cor-te http://www.curia.europa.eu/).

21 Direttiva 2006/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15.03.2006, riguardante la conservazione dei dati generati o trattati nell’ambito della fornitura di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico o di reti pubbliche di co-municazione e che modifica la direttiva 2002/58/CE.

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PARTE SECONDA – CAPITOLO IV 78

di conoscere la frequenza delle comunicazioni dell’abbonato o dell’utente registrato con determinate persone in uno specifico periodo. Tali dati, considerati congiuntamente, possono fornire indicazioni assai precise sulla vita privata dei soggetti i cui dati sono conservati, come le abitudini quotidiane, i luoghi di sog-giorno permanente o temporaneo, gli spostamenti giornalieri o di diversa frequenza, le attività svolte, le relazioni sociali e gli ambienti sociali frequentati.

In questo quadro complessivo, la Corte ritiene che la diret-tiva, imponendo la conservazione di tali dati e consentendovi l’accesso alle autorità nazionali competenti, si ingerisca in modo particolarmente grave nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati di carattere personale. Inol-tre, il fatto che la conservazione ed il successivo utilizzo dei dati avvengono senza che l’abbonato o l’utente registrato ne siano in-formati, può ingenerare negli interessati la sensazione che la loro vita privata sia oggetto di costante sorveglianza.

La Corte passa poi ad esaminare se un’ingerenza siffatta nei diritti fondamentali in questione trovi una giustificazione. In questo ambito rileva che la conservazione dei dati imposta dalla direttiva non è idonea ad arrecare pregiudizio al contenuto es-senziale dei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e al-la protezione dei dati di carattere personale: la normativa, infatti, non consente di prendere conoscenza del contenuto delle comu-nicazioni elettroniche in quanto tale e prevede che i fornitori di servizi o di reti debbano rispettare determinati principi di prote-zione e di sicurezza dei dati. A ciò si aggiunga che la conserva-zione dei dati ai fini della loro eventuale trasmissione alle autori-tà nazionali competenti risponde effettivamente a un obiettivo di interesse generale, vale a dire la lotta alla criminalità grave non-ché, in definitiva, la pubblica sicurezza.

Ma la Corte non si ferma qui nell’analisi del testo. Utiliz-zando, infatti, il principio di proporzionalità, pone in essere un più penetrante controllo della disciplina, arrivando a ritenere violato il detto principio con l’adozione della direttiva sulla con-servazione dei dati.

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LE PROSPETTIVE DI REGOLAQMENTAZIONE 79

In proposito, i Giudici lussemburghesi aggiungono che in tale materia il potere discrezionale del legislatore dell’Unione ri-sulta ridotto e che occorre quindi procedere a un controllo rigo-roso. E ciò in considerazione, da un lato, dell’importante ruolo svolto dalla protezione dei dati personali nei confronti del diritto fondamentale al rispetto della vita privata e, dall’altro, della por-tata e della gravità dell’ingerenza in tale diritto che la direttiva comporta.

Percorrendo questo crinale interpretativo la Corte conclude nel senso che anche se la conservazione dei dati imposta dalla di-rettiva può essere considerata idonea a raggiungere l’obiettivo perseguito dalla medesima, l’ingerenza vasta e particolarmente grave di tale direttiva nei diritti fondamentali in parola non è suf-ficientemente regolamentata in modo da essere effettivamente limitata allo stretto necessario22.

__________ 22 In primo luogo, infatti, la direttiva trova applicazione generalizzata all’insieme

degli individui, dei mezzi di comunicazione elettronica e dei dati relativi al traffico, senza che venga operata alcuna differenziazione, limitazione o eccezione in ragione dell’obiettivo della lotta contro i reati gravi. In secondo luogo, la direttiva non prevede alcun criterio oggettivo che consenta di garantire che le autorità nazionali competenti abbiano accesso ai dati e possano utilizzarli solamente per prevenire, accertare e per-seguire penalmente reati che possano essere considerati, tenuto conto della portata e della gravità dell’ingerenza nei diritti fondamentali summenzionati, sufficientemente gravi da giustificare una simile ingerenza. Al contrario, la direttiva si limita a fare gene-rico rinvio ai «reati gravi» definiti da ciascuno Stato membro nella propria legislazione nazionale. Inoltre, la direttiva non stabilisce i presupposti materiali e procedurali che consentono alle autorità nazionali competenti di avere accesso ai dati e di farne succes-sivo uso. L’accesso ai dati, in particolare, non è subordinato al previo controllo di un giudice o di un ente amministrativo indipendente. In terzo luogo, quanto alla durata della conservazione dei dati, la direttiva impone che essa non sia inferiore a sei mesi, senza operare distinzioni tra le categorie di dati a seconda delle persone interessate o dell’eventuale utilità dei dati rispetto all’obiettivo perseguito. Inoltre, tale durata è compresa tra un minimo di sei ed un massimo di ventiquattro mesi, senza che la diret-tiva precisi i criteri oggettivi in base ai quali la durata della conservazione deve essere determinata, in modo da garantire la sua limitazione allo stretto necessario.

La Corte evidenzia, inoltre, che la direttiva non prevede garanzie sufficienti ad assicurare una protezione efficace dei dati contro i rischi di abusi e contro qualsiasi accesso e utilizzo illeciti dei dati. Essa rileva, tra l’altro, che la direttiva autorizza i for-nitori di servizi a tenere conto di considerazioni economiche in sede di determinazione

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PARTE SECONDA – CAPITOLO IV 80

Dall’analisi della decisione appena condotta, si ha la con-ferma della strategia adottata dalla Corte di Giustizia: affermare un proprio ampio margine di apprezzamento nella regolazione della materia del trattamento dei dati personali, in modo da arri-vare – attraverso il controllo di proporzionalità della legislazione nazionale – a stabilire essa stessa quali siano i presupposti per ri-tenere legittimo il singolo atto di regolazione e, quindi, incidere fortemente sul margine di apprezzamento dei singoli Stati.

2.2. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. – Anche la Cor-

te di Strasburgo rappresenta un significativo strumento di tutela offerto alle persone. Sulla base dell’art. 8 ha, infatti, da tempo e-laborato una nozione complessa di protezione della vita privata, di cui ha tracciato chiaramente le varie regole operazionali e nel-la quale ha ricompreso anche la versione dinamica della privacy.

La nozione di ‘vita privata’ accolta dalla Corte è così diven-tata amplissima, tanto da sfiorare l’ipertrofia23, e insuscettibile di una definizione esaustiva: è stata riconosciuta tutela a molteplici __________

del livello di sicurezza da applicare e non garantisce la distruzione irreversibile dei dati al termine della loro durata di conservazione.

La Corte censura, infine, il fatto che la direttiva non impone che i dati siano conservati sul territorio dell’Unione. La direttiva non garantisce, quindi, il pieno con-trollo da parte di un’autorità indipendente del rispetto delle esigenze di protezione e di sicurezza, come è invece espressamente richiesto dalla Carta. Orbene, un controllo siffatto, compiuto sulla base del diritto dell’Unione, costituisce un elemento essenziale del rispetto della protezione delle persone con riferimento al trattamento dei dati per-sonali.

23 Alla tutela della vita privata la Corte ha ricondotto il diritto di scegliere il pro-prio orientamento sessuale (CEDU 22.10.1981, n. 7525/76; CEDU 26.10.1988, n. 8225/78; CEDU 22.4.1993, n. 15070/89; CEDU 19.2.1997, nn. 21627/93, 21628/93, 21974/93 e, da ultimo, CEDU 17.2.2005, nn. 42758/98, 45558/99), la pro-tezione contro lesioni dell’integrità fisica (CEDU, 26.3.1985, n. 8978/80; CEDU 22.10.1996, nn. 22083/93, 22095/93), il diritto di mantenere i legami personali (CE-DU 7.8.1996, n. 21794/93), il diritto al nome (CEDU 22.2.1994, n.16213/90; CEDU 25.11.1994, n. 18131/91), il diritto ad evitare immissioni nocive (CEDU 9.12.1994, n. 16798/90), il diritto ad avere informazioni circa l’ambiente (CEDU 19.2.1998, n. 14967/89), la rimozione delle barriere architettoniche (CEDU 24.2.1998, n. 21439/93). Tutte le sentenze citate nella nota sono leggibili nel sito internet della Cor-te europea dei diritti dell’uomo http://www.echr.coe.int.

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LE PROSPETTIVE DI REGOLAQMENTAZIONE 81

diritti, partendo da quelli tradizionalmente riconosciuti alle per-sone come il nome, l’immagine, l’onore, la reputazione, l’identità sociale, professionale e commerciale, fino ad arrivare alla tutela dell’integrità fisica della persona, compresa la vita sessuale, il transessualismo, l’identità socio-sessuale24, il diritto a conoscere le proprie origini25, la procreazione medicalmente assistita26 e l’interruzione di gravidanza27.

Per quanto concerne più specificamente la privacy, all’in- terno della nozione di vita privata sono state ricondotte sia le ipotesi più classiche di tutela della privacy, sia – attraverso un’interpretazione dinamica – i problemi della raccolta e conser-vazione dei dati personali (che si sono fatti rientrare nell’ambito dell’art. 8, con alcune significative precisazioni)28.

Inoltre, rispetto alla versione classica o statica della privacy la Corte di Strasburgo ha provveduto a precisarne i con-torni, ridimensionando così le distanze, talvolta notevoli, fra le varie esperienze nazionali29. __________

24 CEDU 22.1.2008, n. 43546/02, leggibile nel sito internet della Corte europea dei diritti dell’uomo http://www.echr.coe.int.

25 CEDU 13.2.2003, n. 42326/98, leggibile nel sito internet della Corte europea dei diritti dell’uomo http://www.echr.coe.int.

26 CEDU 10.4.2007, n. 6339/05, leggibile nel sito internet della Corte europea dei diritti dell’uomo http://www.echr.coe.int.

27 CEDU 20.3.2007, n. 5410/03, leggibile nel sito internet della Corte europea dei diritti dell’uomo http://www.echr.coe.int.

28 CEDU 19.6.2012, n. 27306/07 (reportage dettagliato su di un giornale di un litigio tra due coniugi riguardante l’affidamento del figlio, con foto che ne rivelavano indiscutibilmente l’identità); CEDU 18.1.2011, n. 39401/04 (pubblicazione su un giornale inglese delle foto di una nota modella associate alla notizia che la stessa avesse intrapreso una cura per disintossicarsi dalla droga); CEDU 17.10.2006, n. 71678/01 (pubblicazione di foto su un giornale che associavano il ricorrente al furto del prezioso manoscritto di un famoso scrittore); CEDU 17.7.2003, n. 63737/00 (registrazione im-magini nella stazione di polizia); CEDU 4.5.2000, n. 28341/95 (file dei servizi segreti contenente dati inesatti). Le sentenze citate nella nota sono leggibili nel sito internet della Corte europea dei diritti dell’uomo http://www.echr.coe.int.

29Anche in Inghilterra sembrano definitivamente venute meno le barriere nei confronti di una configurazione ampia di questo diritto. Il termine privacy compare nel 1849, nel caso Prince Albert v. Strange, ove l’illegittimità della violazione della riserva-tezza altrui venne ricondotta alla doctrine del breach of confidence (41 ER 1171, 1 McN & G 2, [1849] EWHC Ch J20, (1849) 2 De Gex & Sim 652). Ora lo Human Rights Act

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PARTE SECONDA – CAPITOLO IV 82

La Corte ribadisce infatti che la vita privata si estende a tutti gli aspetti dell’identità personale, come il nome di una per-sona, le foto che la ritraggono, la sua integrità fisica e morale, e che l’art. 8 assicura lo sviluppo, senza interferenze esterne, della personalità di ciascun individuo nelle sue relazioni interpersonali.

L’immagine di una persona costituisce uno degli attributi principali della sua personalità, in quanto rivela caratteristiche uniche e distingue il soggetto rispetto ai suoi simili. Perciò, il di-ritto alla protezione della propria immagine presuppone il con-trollo da parte di ogni individuo sull’uso di tale immagine, com-presa la possibilità di rifiutare la pubblicazione.

I giudici di Strasburgo specificano che per ogni persona esi-ste un’area in cui l’interazione con gli altri, anche qualora avven-ga in un contesto pubblico, può ricadere nel concetto di vita pri-vata.

Nel caso della pubblicazione delle immagini di un tentativo di suicidio riprese da una televisione inglese la Corte ha condan-nato il Regno Unito, in quanto sebbene l’episodio fosse avvenuto in un luogo pubblico, per il carattere particolare l’evento rien-trava certamente nella vita privata e come tale esigeva che fosse evitata la rivelazione dell’identità del suo autore30.

__________

del 1998 attua una forma particolare di ‘incorporazione indiretta’ della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo29, circoscritta ad alcuni soltanto dei diritti da questa riconosciuti, tra cui, il diritto al rispetto della vita privata e familiare, alla libertà di pensiero, coscienza e religione, alla libertà d’espressione (cfr. A. De Vita, Strategia e complessità di un riscatto democratico: notazioni sullo Human Rights Act inglese (1998), in AA.VV., L’essenza della democrazia, Roma, 2010, 79 ss.; J.O. Frosini, Privacy nel Regno Unito e l’impatto dello Human Rights Act del 1998, in G.F. Ferrari (a cura di), La legge sulla privacy dieci anni dopo, Milano, 105 ss.).

30 La Corte aveva ritenuto che il diritto inglese attuasse una violazione degli arti-coli 8 e 13 della CEDU, non offrendo alcun rimedio per impedire la pubblicazione delle immagini (CEDU 28.1.2003, n. 44647/98, spec. par. 57, in cui si evidenzia che la rivelazione dell’identità da parte del servizio televisivo, la sua conoscenza da parte di membri della famiglia e degli amici, eccede qualunque possibile aspettativa di privacy che il soggetto avrebbe potuto avere; ma diversamente v. CEDU 31.10.1995, n. 15225/89). Le sentenze citate nella nota sono leggibili nel sito internet della Corte eu-ropea dei diritti dell’uomo http://www.echr.coe.int.

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LE PROSPETTIVE DI REGOLAQMENTAZIONE 83

La pubblicazione di una fotografia può rappresentare un’intrusione nella vita privata di una persona anche quando si tratti di un personaggio pubblico («public figure»). In alcune cir-costanze, infatti, anche una persona molto nota al pubblico, può nutrire una legittima aspettativa di protezione e rispetto della sua vita privata.

Nella serie di casi che hanno visto recentemente come protagonista la Principessa Carolina di Monaco, la Corte di Stra-sburgo, invece, ritiene che la limitazione della tutela della privacy sia eventualmente giustificabile per «i politici, nell’esercizio delle proprie funzioni», ma non per altri soggetti che, pur essendo no-ti, non esercitano funzioni ufficiali, e che il criterio dell’isola- mento spaziale adottato per i personaggi pubblici sia troppo ri-duttivo.

La Corte preferisce evitare la tipizzazione dei personaggio per mettere invece l’accento sul bilanciamento degli interessi. I giudici ritengono, infatti, che la libertà di manifestazione del pensiero possa prevalere soltanto se collegata all’interesse pub-blico della notizia, cioè al contributo che essa può portare al di-battito nella società, escludendolo in tutti i casi in cui la pubbli-cazione è stata fatta semplicemente «per soddisfare la curiosità di un particolare pubblico di lettori sui dettagli della vita priva-ta»31.

Successivamente, la Corte è tornata sulla sua giurispru-denza per precisare il ruolo importante di controllo pubblico che la stampa svolge nella propria funzione, chiarendo che il limite alla sua libertà, costituito dalla «necessità della divulgazione in una società democratica» posto dall’art. 10 CEDU, debba essere

__________ 31 CEDU 24.6.2004, n. 59320/00 (la sentenza è leggibile nel sito internet della

Corte europea dei diritti dell’uomo http://www.echr.coe.int). In seguito la Corte costi-tuzionale tedesca, alla luce della pronuncia della Corte di strasburgo, ha proceduto caso per caso applicando il principio e ritenendo presente l’interesse nel caso della fo-to che ritraeva Carolina in vacanza durante la malattia del padre (BGH, NJW 2007, 1981), o in relazione al suo acquisto di una casa in Kenya (BGH, NJW 2008, 3141), ma non nel caso della malattia di Carolina stessa (BGH, NJW 2009, 754) o del suo compagno (BGH, NJW 2009, 756).

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PARTE SECONDA – CAPITOLO IV 84

valutato alla luce della presenza di un’ «esigenza sociale pressan-te». Al tempo stesso la Corte ha riconosciuto alle giurisprudenze nazionali un certo margine di discrezionalità nel determinarlo, legandolo ancora una volta al principio di proporzionalità, cioè ad una verifica che le ragioni addotte dalle autorità nazionali per giustificare l’interferenza fossero «rilevanti e sufficienti» e se la misura adottata fosse «proporzionata ai fini legittimamente per-seguiti»32.

Così riequilibrato il rapporto fra i due poli del bilanciamen-to la Corte ha precisato anche alcune questioni legate al modo in cui il bilanciamento deve essere realizzato, cercando di chiarire il significato dell’«interesse generale». È stato infatti specificato che l’interesse del pubblico non si ferma a questioni che riguar-dano direttamente la politica o fatti criminali33, ma può com-prendere anche le vicende private dei personaggi pubblici se da esse dipende il modo in cui è esercitata tale funzione34. La Corte

__________ 32 Così CEDU 17.12.2004, n. 49017/99 (dove il limite è a tutela della reputazio-

ne); CEDU 16.11.2004, n. 53678/00. Leggibili entrambe nel sito internet della Corte europea dei diritti dell’uomo http://www.echr.coe.int.

33 CEDU 7.2.2012, nn. 40660/08 e 60641/08: leggibile nel sito internet della Corte europea dei diritti dell’uomo http://www.echr.coe.int.

34 CEDU 18.5.2004, n. 58148/00 (a proposito della malattia di un uomo politi-co) e CEDU 7.5.2010, n. 25711/04 (a proposito dell’identità della amante di un uomo politico: nella sentenza i giudici forniscono indicazioni interessanti in merito al bilan-ciamento tra privacy e libertà di espressione. La sentenza nasce dal ricorso di un gior-nalista, un direttore di giornale e un editore, condannati per violazione della privacy per aver pubblicato notizie concernenti la lite intercorsa tra un personaggio pubblico (A.), la sua amante (B.) e la moglie, nonché il suo seguito giudiziario. Nel sancire che la condanna costituisce violazione dell’art. 10, la CEDU afferma in particolare che cer-tamente B. è una privata cittadina coinvolta in un processo penale e questo ovviamente non può comportarne una limitazione nella tutela della sua privacy. Tuttavia, nono-stante il suo status, il fatto di essere stata coinvolta in una vicenda che riguardava an-che un personaggio pubblico e di essere stata soggetta poi a procedimento penale, in-duce la Corte a ritenere che B. sia entrata nella sfera del ‘dominio pubblico’. Inoltre, la rivelazione della sua identità aveva una correlazione diretta con una questione di pub-blico interesse, relativa segnatamente alla condotta di A. e alla sua idoneità a prosegui-re nell’esercizio del mandato istituzionale.). Entrambe le sentenze citate nella nota so-no leggibili nel sito internet della Corte europea dei diritti dell’uomo http://www.echr. coe.int.

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LE PROSPETTIVE DI REGOLAQMENTAZIONE 85

ha poi preso in considerazione la categoria dei personaggi noti al pubblico, la cui raffigurazione in scene di vita privata può essere ammissibile ma deve essere strettamente contenuta35 ed ha rico-nosciuto un’ulteriore categoria di persone, che si situa tra le «public figure» e il «private individual», e che comprende quegli individui che, sebbene privati cittadini, siano attratti nella sfera del «public domain» in virtù di relazioni particolarmente signifi-cative instaurate con personaggi pubblici36.

Nonostante il criterio che la Corte di Strasburgo ha utilizza-to ai fini del bilanciamento, e per valutare quindi la legittimità delle informazioni personali rese pubbliche, sia quello della pro-porzionalità e funzionalità della notizia rispetto alla finalità per-seguita dal giornalista (che si identifica con la necessità di ripor-tare con completezza fatti di interesse generale), la Corte non ha abbandonato del tutto la tendenza a modulare il grado di tutela da accordare alla privacy in base alla qualità della persona coin-volta.

__________ 35 CEDU 7.2.2012, nn. 40660/08 e 60641/08, cit. 36 CEDU 7.5.2010, n. 25711/04, cit.

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PARTE SECONDA – CAPITOLO IV 86

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CAPITOLO V

I DIRITTI DELLA PERSONALITÀ ED IL MODELLO DELLA PRIVACY:

TRE GENERAZIONI A CONFRONTO (CENNI GENERALI)

SOMMARIO: 1. Privacy e diritti della personalità. – 2. La prima generazione. – 3. La seconda generazione. – 4. La terza generazione.

1. Privacy e diritti della personalità

Come si è avuto modo di vedere il dibattito intorno al pro-blema di quale rilevanza possa avere la privacy nell’ordinamento italiano è inestricabilmente collegato con il tema dei diritti della personalità. Per comprendere, infatti, in maniera esaustiva le ar-ticolazioni del diritto alla privacy e le linee di sviluppo intraprese dalle discussioni intorno al tema, deve essere ben evidenziato il collegamento con i discorsi relativi alla persona di cui si è dato sinteticamente conto, supra, al cap. I.

In questo ambito una delle caratteristiche precipue è rap-presentata dal succedersi di modelli epistemologici che hanno conformato nel tempo la tutela della persona ed i diritti della personalità; modelli che, in tale percorso evolutivo, si sono - co-me detto - intrecciati indissolubilmente (fino quasi a confonder-si) con la nozione di privacy, così come sviluppatasi nel nostro ordinamento a partire dagli anni cinquanta.

Intorno a questa trama si possono allora ricostruire almeno tre generazioni dei diritti della persona, che si tenterà di indaga-re, seppure brevemente, nelle pagine che seguono.

Una avvertenza è però d’obbligo: le diverse generazioni che saranno di seguito brevemente e separatamente esaminate, for-mano, in realtà, una sedimentazione complessa in cui tutte e tre

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PARTE SECONDA – CAPITOLO V 88

gli stadi non debbono essere considerati soltanto come momenti cronologicamente successivi, in cui l’uno prende il posto dell’al- tro sostituendolo, perché possono trovarsi ancora ad operare tut-ti e tre insieme.

2. La prima generazione

La prima generazione viene fatta risalire alla fine dell’ Otto-cento.

Nell’ambito della esperienza giuridica angloamericana si de-lineò, come si è già avuto modo di indagare, un diritto alla riser-vatezza il cui significato rispondeva alla esigenza dell’individuo di starsene da solo, in piena pace e tranquillità, tenendo a bada le intrusioni e le invasioni che una società, già fortemente carat-terizzata da un crescente bisogno di informazioni e dalla diffu-sione della stampa quotidiana, poneva in atto rispetto alla intimi-tà della vita personale e domestica1. Siamo cioè in un momento in cui prevale una dimensione ‘statica’ della persona, in cui il modello dominante è certamente il paradigma proprietario.

In questa versione, che si potrebbe definire individualistica o spaziale, la privacy viene letta come right to be let alone, cioè come garanzia di una sfera di intimità dalla quale escludere ogni forma di ingerenza dall’esterno sia ad opera dei singoli che dello Stato2.

3. La seconda generazione

Successivamente, si assiste ad un mutamento radicale di prospettiva in cui si ricostruisce una nuova generazione dei dirit-ti della personalità che potremmo definire ‘dinamica’ ed il cui fulcro è costituito dal pieno sviluppo della persona realizzato at-

__________ 1 Così G. Conte, Diritti dell’interessato e obblighi di sicurezza, in La disciplina del

trattamento dei dati personali, V. Cuffaro–V. Ricciuto (a cura di), Torino, 1997, 227. 2 È già stato in precedenza evidenziato come il termine privacy abbia debuttato

nel dizionario del lessico giuridico poco più di un secolo fa. Il riferimento è ovviamen-te al saggio di S.D. Warren-L.D. Brandeis, The Right to Privacy, cit.

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I DIRITTI DELLA PERSONALITÀ E IL MODELLO DELLA PRIVAACY 89

traverso la costruzione di relazioni sociali costitutive della pro-pria identità3.

In questa dimensione è il modello proprietario a cedere il passo ad un altro modello, appunto fondato sul libero sviluppo della persona4 e di cui il par. 2 della Costituzione tedesca e l’art. 2 della Costituzione italiana ne rappresentano il formale ricono-scimento.

Siamo così giunta ad una seconda generazione dei diritti della persona che si presenta dotata di maggiore dinamismo e capace di candidarsi - proprio in forza della sua dimensione più marcatamente sociale in cui diventano centrali i modi in cui si sviluppa la propria personalità - ad occupare nuovi e più signifi-cativi spazi, molto spesso anche in concomitanza con gli altri di-ritti fondamentali insieme ai quali può venire a trovarsi ad ope-rare congiuntamente5.

È allora proprio intorno a questa trama – dapprima caratte-rizzata da una impostazione fondata sulla convinzione che il sin-golo fosse in grado di trovare, nel suo isolamento, le condizioni del pieno sviluppo e poi, invece, contrassegnata dalla idea della necessità per il singolo di realizzarsi attraverso la costruzione del-le relazioni sociali – che si costruisce l’ultima generazione dei di-ritti della persona: la terza6.

4. La terza generazione

La caratteristica fondamentale di questi diritti della terza generazione è costituita dalla ascesa del potere di autodetermi-__________

3 In questo senso G. Marini, La giuridificazione della persona, cit., 359 ss. 4 La tutela della persona offerta dalla privacy comincia, cioè, ad essere assicurata

non soltanto rispetto ad invasioni fisiche in uno spazio privato prevalentemente identi-ficato con il domicilio, ma anche in un contesto più ampio rispetto a tutte le altre pos-sibili interferenze con la sfera privata, anche quelle che non si svolgono al riparo degli occhi indiscreti del pubblico.

5 Cfr., supra, Cap. III, § 5, in part. note 34 e 35. 6 Quest’ultima si va ad aggiungere a quelle che l’hanno preceduta. Con le prece-

denti, la nuova generazione forma una sedimentazione complessa in cui tutti e tre gli stadi non debbono essere considerati come momenti cronologicamente successivi, in cui l’uno prende il posto dell’altro sostituendolo, perché possono spesso trovarsi ad operare tutti e tre insieme.

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PARTE SECONDA – CAPITOLO V 90

nazione7 soggettiva come potere attraverso cui controllare le modalità di costruzione della propria identità personale. In que-sto nuovo stadio i diritti sembrano animati da una logica diversa, quella della autonomia e della possibilità dell’individuo di auto-definirsi. E proprio in riferimento alla possibilità di una libera costruzione della sfera privata che i diritti della personalità ten-dono ad articolarsi e conformarsi, diventando una vera e propria forma di difesa e di garanzia dell’individuo in quanto centro di opposizione e resistenza nei confronti dei poteri forti.

L’avvento di questa terza generazione dei diritti della per-sona riporta anche la dimensione del corpo al centro del sistema, ribaltando la prospettiva astratta del soggetto giuridico e della persona che avevano dominato le generazioni precedenti. In questo contesto il corpo non ‘appartiene’ più all’individuo, ma ‘è’ l’individuo stesso8.

__________

7 In questo senso, ha certamente rappresentato un importante punto di riferi-mento la notissima pronuncia del 1983 con cui la Corte costituzionale tedesca, apren-do la strada alla BDSG del 1990, riconobbe un diritto fondamentale alla autodetermi-nazione informativa, inteso come «diritto del singolo di decidere, in via di principio, autonomamente sulla cessione e sull’impiego dei suoi dati personali». La sentenza fu occasionata dalla legge del 1982 istitutiva del censimento generale della popolazione tedesca, la quale non limitava in modo preciso la possibilità di utilizzazione dei dati: la vicenda è rievocata da E. Roppo, I diritti della personalità, in G. Alpa-M. Bessone (a cura di), Banche dati telematica e diritti della persona, 1984, Padova, 81 ss.; e da A. Bel-lavista, Società della sorveglianza, cit., 78 ss., il quale mette in relazione la sentenza con il peculiare atteggiamento tedesco di paura nei confronti dell’avvento di uno «Stato di sorveglianza».

Come già analizzato, anche le più recenti carte costituzionali quali quella spa-gnola (art. 18) e portoghese (art. 35), offrono spunti non equivoci per la costruzione di un diritto alla autodeterminazione informativa.

8 Il corpo diventa in questo modo il baluardo contro il quale è destinato a venire a contatto ogni processo di conformazione della persona ad opera del diritto: così, S. Rodotà, Per un nuovo statuto del corpo umano, in Bioetica, A. Di Meo–C. Mancina (a cura di), Bari, 1989, 41 ss. Sulla centralità dei problemi del corpo, fra molti cfr., A. Hyde, Bodies of Law, Princeton, 1997. Da noi l’enfasi riposta sul corpo è testimoniata dalla riscoperta recente del tema, cfr., G. Ferrando, Il principio di gratuità, biotecnolo-gie e “atti di disposizione del corpo”, in Europa e dir. priv., 2002, 761 ss.; R. Romboli, La “relatività” dei valori costituzionali per gli atti di disposizione del corpo, in Pol. dir., 1991, 565 ss.

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PARTE TERZA

LA RISARCIBILITÀ DEL DANNO NON PATRIMONIALE DA ILLECITO TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

«Ogni uomo ha dei ricordi che raccontereb-be solo agli amici. Ha anche delle cose in mente che non rivelerebbe neanche agli ami-ci, ma solo a se stesso, e in segreto. Ma ci so-no altre cose che un uomo ha paura di rive-lare persino a se stesso, e ogni uomo perbene ha un certo numero di cose del genere accan-tonate nella mente». (F.M. Dostoevskij, Memorie dal sottosuolo)

SOMMARIO: 1. Premessa: qualche necessaria precisazione. – 2. Impostazione dell’indagine.

1. Premessa: qualche necessaria precisazione

Il secolo da poco iniziato, così come quello appena trascor-so (e molto più che i precedenti), è caratterizzato da una fortis-sima accelerazione dello sviluppo tecnologico.

Tale evidente (e un po’ scontata) constatazione porta con sé, però, sotto il profilo giuridico, alcune rilevanti conseguenze.

Il dato normativo ed il pensiero giuridico si sono dovuti, in-fatti, necessariamente confrontare con questo multiforme e arti-colato quadro di riferimento, caratterizzato dall’affiorare – con una abbondanza ed una rapidità mai conosciute in passato – di nuove problematiche. In tale situazione l’ordinamento giuridico, nel suo complesso, ha evidenziato delle enormi difficoltà1 a fron-__________

1 Difficoltà che comunque - anche se con diversa intensità - hanno anche in pas-sato attraversato il pensiero giuridico: J. Carnbonnier notava, già sul finire degli anni

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PARTE TERZA 92

teggiare i nuovi fenomeni e le nuove esigenze. Le recenti tecno-logie imprimono infatti alla realtà uno sviluppo ed una comples-sità a cui il diritto spesso non riesce a far fronte2, ed anzi, din-nanzi ai quali sembra entrare in crisi3.

In questo senso, uno dei profili più delicati, dove l’impatto sociale delle innovazioni è in grado di determinare gli effetti più evidenti, è quello del danno alla persona. Le prospettive che la modernità ci pone davanti aumentano in maniera incisiva le oc-casioni di queste tipologie di danno, esponendo la persona al ri-schio di sempre nuove aggressioni.

Conseguentemente, alla luce di un siffatto contesto di rife-rimento, assume forte rilevanza il ruolo che la responsabilità civi-le è chiamata a svolgere, in modo particolare nell’ambito del trat-tamento dei dati personali.

2. Impostazione dell’indagine

I discorsi riguardanti la giuridificazione della persona e le sue forme di tutela, meritano un grande rilievo nel contesto at-tuale segnato dall’avvento della cd. società dell’informazione, co-sì significativamente caratterizzata - come già più volte evidenzia-to - dalla aggressività delle nuove tecnologie informatiche e te-lematiche.

__________

’50 dello scorso secolo, l’angoscia dell’uomo contemporaneo e, specificamente, del giurista, di fronte ai grandi e repentini cambiamenti che si erano verificati nei primi decenni del 1900 e di quelli che si andavano delineando all’orizzonte. In particolare, nel saggio Le incertezze del diritto, l’Autore francese scrive «potrebbe essere una carat-teristica della nostra epoca che il diritto, per una volta, partecipi all’angoscia storica» (lo scritto, apparso per la prima volta nel 1959 nel tomo XX dell’Encyclopédie francai-se. Le monde en divenir, Paris, è stato poi inserito nel volume Flexible droit. Pour une sociologie du droit sans rigueur, trad. it. a cura di A. De Vita, Flessibile diritto. Per una sociologia del diritto senza rigore, Milano, 1997).

2 In questo ambito, molto spesso, sono i legislatori nazionali a dimostrare ritardi e scarse competenze specifiche.

3 Parlare di ‘crisi’ dell’ordinamento giuridico è atteggiamento che periodicamen-te ritorna in dottrina. A riprova di ciò, si vedano le belle pagine di S. Pugliatti, Crisi della scienza giuridica, in Diritto civile. Metodo, teoria, pratica. Saggi, Milano, 1951, 691.

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DANNO NON PATRIMONIALE DA ILLECITO TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI 93

Nuovi e sempre più complessi problemi4 si sono posti di fronte al legislatore e al pensiero giuridico nel suo complesso, con particolare riferimento al tema del danno alla persona. __________

4 Problemi di estremo interesse attuale e di complicata soluzione, che si pongo-no con forza e di cui oggi molto si discute. Alcune vicende recentissime mettono ben in luce i risvolti pratici e problematici che le nuove tecnologie informatiche mettono sul tappeto ed i quesiti che pongono al giurista. Eccone dei brevi ma paradigmatici esempi: (i) la possibilità per il genitore non affidatario, di ‘visitare’ il figlio mediante collegamento in video-ripresa (sul tema specifico, cfr. Trib. Nicosia 15.4.2008, in Di-ritto dell’internet, 2008, 5, 451 ss.); (ii) i recenti casi dei cd. «furti di identità» caratte-rizzati dalla clonazione o dalla acquisizione illecita dei numeri di carte di credito o dei documenti personali; (iii) i problemi determinati dallo smaltimento dei computer, a causa dei dati personali che vi rimangono memorizzati (proprio per cercare di far fron-te a tale problema sempre più esteso, il Garante della protezione dei dati personali ha emanato un provvedimento, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 287 del 9.12.2008, dal titolo «fiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raae) e misure di sicurezza dei dati personali», che ha l’obiettivo di richiamare l’attenzione di tutti coloro che di-smettono apparecchiature elettroniche sulla necessità di adottare idonei accorgimenti e misure, anche con l’ausilio di terzi tecnicamente qualificati, volti a prevenire accessi non consentiti ai dati personali memorizzati; (iv) il caso deciso in Australia dalla Corte Suprema del Territorio della capitale Camberra, con cui sono state dichiarate valide, a tutti gli effetti, le notifiche effettuate attraverso facebook (l’intera vicenda può essere letta sul sito http://www.boingboing.net72008/12/15/australian-court-rul.html); (v) il caso Snowden, riguardante il tecnico della Central Intelligence Agency e collaboratore della Booz Allen Hamilton (azienda di tecnologia informatica consulente della NSA, la National Security Agency), è diventato noto per aver rivelato pubblicamente dettagli di diversi programmi di sorveglianza di massa del governo statunitense e britannico, fino ad allora tenuti segreti. Snowden ha, inoltre, rivelato diverse informazioni su pro-grammi di intelligence secretati, tra cui il programma di intercettazione telefonica tra Stati Uniti ed Unione Europea; (vi) il caso Wikileaks e cioè di un’organizzazione internazionale senza scopo di lucro che riceve in modo anonimo, grazie a un conteni-tore (drop box) protetto da un potente sistema di cifratura, documenti coperti da se-greto (segreto di Stato, segreto militare, segreto industriale, segreto bancario) e poi li carica sul proprio sito web. Wikileaks riceve, in genere, documenti di carattere gover-nativo o aziendale da fonti coperte dall’anonimato; (vii) Infine, di evidente interesse è il recentissimo provvedimento pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014 in materia di cookies, recante «Individuazione delle modalità semplificate per l’informativa e l’acquisizione del consenso per l’uso dei cookie», adottato dal Garante per la protezione dei dati personali a seguito di una consultazione pubblica avviata il 19 dicembre 2012. Queste regole saranno efficaci tra un anno. Il Provvedimento indi-vidua le modalità semplificate per rendere agli utenti l’informativa sull’uso dei cookies e fornisce precise indicazioni ai fini dell’acquisizione del consenso. Il Provvedimento in questione pare avere recepito molte delle indicazioni degli operatori del digital

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PARTE TERZA 94

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advertising e della editoria (con riferimento ai cookies dei terzi) e mostra indubbiamen-te un atteggiamento di apertura all’industry, accedendo ad una definizione non restrit-tiva del concetto di consenso espresso, richiesto dalla legge. Esso però al contempo prevede la necessità di compiere una serie di attività connesse all’utilizzo di cookies che avranno certamente un impatto oneroso per i titolari dei siti web. Infatti, il Garan-te – al fine di consentire agli utenti di manifestare un consenso espresso e specifico e di non creare disagi in termini di discontinuità nella navigazione di un sito web – ha pre-visto un sistema strutturato su due livelli:

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DANNO NON PATRIMONIALE DA ILLECITO TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI 95

In questa prospettiva, diventa allora rilevante, come visto, l’istituto della responsabilità civile e, in particolare, la funzione che dovrà svolgere5 a tutela della persona, e ciò, in modo specifi-co e per quel che interessa maggiormente questo studio, nell’ambito del trattamento dei dati personali. Considerato, inol-tre, che il settore nel quale la questione del valore giuridico della persona viene agitata con più forza è certamente quello del dan-no (anche in considerazione delle molteplici possibilità di lesione offerte dalle moderne tecnologie), l’indagine riguardante la re-sponsabilità per illecito trattamento dei dati personali, sulla qua-le si concentrerà l’attenzione nelle pagine seguenti, muoverà proprio dalla analisi del danno alla persona. __________

mento. Non si esclude l’eventualità che tali collegamenti con le terze parti siano rac-colti all’interno di un unico sito web gestito da un soggetto diverso, come nel caso dei concessionari; d) indicare la possibilità per l’utente di manifestare le proprie opzioni in merito all’uso dei cookies attraverso le impostazioni del browser, descrivendo almeno la procedura da eseguire per configurare tali impostazioni. Qualora le tecnologie uti-lizzate dal sito siano compatibili con la versione del browser utilizzata dall’utente, l’editore potrà predisporre un collegamento diretto con la sezione del browser dedica-ta alle impostazioni stesse. Si segnala la indicazione espressa, rivolta ai gestori di pagi-ne web, di ottenere le informazioni relative ai link alla informativa ed modulo per l'e-spressione al consenso relativi ai cookies di terze parti, già in fase contrattuale al mo-mento della stipula di accordi per la concessione di spazi.

5 È proprio, infatti, in un settore così vivo e concretamente storico come quello della responsabilità civile che meglio si realizzano e, quindi, si raccolgono e si com-prendono i segnali del mutamento, in un confronto incessante con il multiforme e ar-ticolato quadro di riferimento attuale caratterizzato dall’affiorare, con una abbondanza ed una rapidità mai viste in passato, di nuove problematiche alle quali il diritto è chiamato a far fronte recuperando, attraverso un ripensamento delle fonti, mobilità, elasticità e relatività: queste ed altre interessantissime riflessioni si trovano in un breve scritto - ricco di significati e di preziose indicazioni per il giurista moderno - di P. Grossi, Un impegno per il giurista di oggi: ripensare le fonti del diritto, Napoli, 2008, 44, nel quale viene riprodotta la lectio magistralis dal medesimo tenuta in occasione del conferimento della Laurea magistrale honoris causa in giurisprudenza da parte della Università degli Studi Suor Orsola Benincasa. Evidenzia i pericoli di un sistema delle fonti privo, ormai, di un ordine sistematico, G. Alpa, Fonti del diritto sempre meno organizzabili pregiudicano il principio di certezza, in Guida al dir., 2009, 4, 11 ss. Infine, molto utili per cercare di orientarsi sui temi in argomento, ma più in generale sui pro-blemi che la modernità e le profonde trasformazioni sociali in atto pongono alla politi-ca e al diritto, sono le fascinose e coltissime pagine di G. Zagrebelsky, La legge e la sua giustizia, Bologna, 2008.

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PARTE TERZA 96

La riflessione sarà inizialmente appuntata in particolare sul-la disciplina di cui al D.Lgs. n. 196/03, che nel nostro ordina-mento ha abrogato e sostituito la L. 675/96.

Quindi – una volta analizzati i modelli di tutela prospettabili in riferimento alla legislazione speciale in materia di trattamento dei dati personali e constatato come questa realizzi una significa-tiva estensione dell’area di risarcibilità del danno non patrimo-niale – si arriverà alla parte centrale dello studio.

Dapprima, al fine di dare un inquadramento storico e siste-matico alla analisi che si sta conducendo, si ripercorrerà breve-mente la vicenda generale del danno non patrimoniale anche alla luce delle recenti pronunce della Cassazione a Sezioni Unite nn. 26972-26973-26974-26975 del 2008 e, successivamente, saranno analizzati i limiti propri del rimedio risarcitorio in riferimento al danno alla persona e, in particolare, nella disciplina del tratta-mento dei dati personali.

In questo senso sarà verificata l’inadeguatezza della tutela giuridica per quanto riguarda i danni (non patrimoniali) che sfuggono ad una valutazione economica oggettiva, ovvero che sono fuori dalla stessa valutabilità economica; inadeguatezza de-terminata dalle carenze dell’approccio tradizionale, tutto incen-trato sulla nozione di danno come lesione di un bene giuridico. In tal modo sarà possibile chiarire la natura ‘simbolica’ o ‘sosti-tutiva’ della attribuzione patrimoniale conseguente alla lesione di un valore personale.

Seguendo poi le tracce del formante dottrinale che tratta dello specifico tema, si cercherà, in definitiva, di analizzare se - nell’ambito del danno non patrimoniale da illecito trattamento dei dati personali - si possa considerare sufficiente, per l’atti- vazione del rimedio risarcitorio, l’aver realizzato una condotta antigiuridica (lesiva della situazione soggettiva giuridicamente protetta6), o se, al contrario, anche in presenza di una acclarata

__________ 6 Secondo alcuni autori è possibile giungere alla equiparazione tra danno e le-

sione di un interesse giuridicamente protetto: G. Visintini, I fatti illeciti, Padova, 1987, I, XIX ss.; una tale equiparazione, a proposito del danno non patrimoniale, era già sta-

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DANNO NON PATRIMONIALE DA ILLECITO TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI 97

illiceità nelle modalità di trattamento dei dati, al fine di dichiara-re la risarcibilità del danno non patrimoniale, occorrerà recupe-rare un momento di necessaria verifica della reale consistenza del pregiudizio lamentato.

Insomma, percorrendo i sentieri tracciati da questo ragio-namento si potrà riflettere in merito ai diversi modelli funzionali assunti dalla responsabilità civile nel nostro sistema e nella disci-plina normativa in esame7.

Perché è proprio su questo che bisogna interrogarsi: se e in quale misura la figura rimediale prevista dall’art. 15 del D.Lgs. 196/03 possa essere ricostruita attraverso la valorizzazione e ac-centuazione della funzione sanzionatoria e preventiva, rispetto alla tipica e tradizionale funzione reintegrativa propria della re-sponsabilità civile.

Attraverso tale prospettiva, si potrà, inoltre, evidenziare il processo di mutamento/adattamento della responsabilità in rife-rimento alla tutela della persona e, in particolare, al processo di ‘oggettivizzazione’ del danno che caratterizzano il testo legislati-vo in materia di privacy, così come anche altre recenti disposi-zioni normative.

In conclusione - analizzate, nell’ambito della lettura dell’art. 15 del D.Lgs. 196/03, le questioni relative al criterio di ingiusti-zia del danno e al concetto di evento dannoso - il tema del danno alla persona sarà collocato e ricostruito, come proposto da auto-revole dottrina, nella dimensione della riprovevolezza in sé della condotta (la condotta antigiuridica, appunto), e quindi di un

__________

ta individuata da C. Salvi, Il danno extracontrattuale. Modelli e funzioni, Napoli, 1985, 116, il quale ritiene che in tali ipotesi il danno, come elemento della fattispecie, coinci-da con la lesione della situazione soggettiva protetta.

7 Sulle diverse funzioni della responsabilità civile, si rimanda ai fondamentali la-vori di C. Salvi: Il paradosso della responsabilità civile, in Riv. crit. dir. priv., 1983, 123 ss.; Il danno extracontrattuale, op. ult. cit.; voce Danno, in Digesto Disc. Priv., IV ed., Sez. civ., V, Torino, 1989, 66 ss.; La responsabilità civile, in Trattato di diritto privato, G. Iudica–P. Zatti (a cura di), Milano, 2° ed., 2005. Sul tema, cfr. anche le acute osser-vazioni di M. Barcellona, Funzione e struttura della responsabilità civile: considerazioni preliminari sul “concetto” di danno aquiliano, in Riv. crit. dir. priv., 2004, 211 ss.

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PARTE TERZA 98

modello di responsabilità improntato ad una funzione sanziona-toria e deterrente.

A tal fine, i temi emersi saranno valutati in una prospettiva di ordine sistematico, dando ampio risalto ai formanti legale e giurisprudenziale, le cui indicazioni in materia sembrano con-fermare l’impostazione sopra richiamata.

In conclusione, nel capitolo VIII si darà conto di quelle che appaiono essere le nuove possibili aree di applicazione della re-sponsabilità civile nell’ambito della tutela dei dati personali.

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CAPITOLO VI

Il D.LGS. 30 GIUGNO 2003, N. 196 E IL MODELLO DI TUTELA PROSPETTABILE

CON RIGUARDO ALLA DISCIPLINA SUL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

SOMMARIO: 1. L’ambito applicativo del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196. – 2. L’ottica della tutela.

1. L’ambito applicativo del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196 Per cercare di affrontare in maniera puntuale ed esaustiva le

questioni evidenziate, é necessario, in primo luogo, mettere in luce talune premesse teoriche senza le quali non è dato neanche di cogliere le linee essenziali del discorso che si intende intra-prendere.

L’art. 15 del D.Lgs. 196/03 denominato «Codice in materia di protezione dei dati personali», stabilisce che chiunque cagioni un danno per effetto del trattamento dei dati personali è obbli-gato al risarcimento ai sensi dell’art. 2050 c.c. Il secondo comma prevede, altresì, il risarcimento del danno non patrimoniale an-che nel caso di violazione delle modalità di trattamento dei dati ex art. 11.

La norma in commento - per quanto concerne la disciplina della responsabilità derivante da illecito trattamento dei dati per-sonali - riproduce il contenuto degli articoli della precedente normativa (artt. 18 e 29, comma 9, L. 675/96), anche se con qualche modifica; con ciò superando, attraverso la formulazione del citato art. 15, alcuni dubbi di carattere sistematico afferenti la L. 675/961. __________

1 Dubbi che riguardavano, ad esempio, la collocazione della disciplina del danno

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PARTE TERZA – CAPITOLO VI 100

Quest’ultima dichiarava sin dal suo incipit – e cioè dal pri-mo comma dell’art. 1, rubricato «Finalità e definizioni» – di vo-ler garantire «che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della di-gnità delle persone fisiche, con particolare riferimento alla riser-vatezza ed alla identità personale».

Dalla lettura della norma appena citata si ricava, dunque, che la legge non mirava soltanto alla tutela del diritto alla riserva-tezza, ma, più in generale, alla tutela dei diritti della personalità e di tutti gli altri diritti che possono essere incisi dal trattamento illecito dei dati personali.

Tale ambito applicativo è ora confermato dal D.Lgs. 196/03, il quale, dopo aver solennemente dichiarato all’art. 1 che «chiunque ha diritto alla protezione dei dati personali che lo ri-guardano», all’art. 2, rubricato «Finalità», riproduce il primo comma dell’art. 1 della legge 675/96, con l’aggiunta, però, di un’interessante novità letterale costituita dal richiamo alla «pro-tezione dei dati personali» tra i diritti2 che la legge vuole tutelare con particolare riguardo.

__________

patrimoniale e del danno non patrimoniale derivante dal trattamento illecito dei dati personali in due diversi contesti normativi (artt. 18 e 29, comma 9). Tali dubbi inter-pretativi sono stati, ora, definitivamente superati unificando nel nuovo art. 15 la disci-plina del regolamento risarcitorio. Per una analisi dei primi commenti sulla disciplina si rinvia a C.M. Bianca–F.D. Busnelli–A. Bellelli–F.P. Luiso–E. Navarretta–S. Patti–P.M. Vecchi, in Nuove leggi civ. comm., 1999, 2-3, 219 ss., e ora, in riferimento al nuo-vo testo legislativo, C.M. Bianca–F.D. Busnelli (a cura di), La protezione dei dati perso-nali, Commentario al D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (“Codice della privacy”), Padova, 2007; in particolare, per quel che interessa ai fini del presente studio, si rinvia ai pun-tuali e interessanti commenti di G. Comandè (pag. 362 ss.) e E. Bargelli (pag. 410 ss.); per ulteriori spunti e temi di discussione v,. anche, G. Ramaccioni, La tutela della per-sona il trattamento dei dati personali e la responsabilità civile, in Atti del X Incontro Na-zionale dei Dottorati di Ricerca in Diritto Privato, G. Collura (a cura di), Milano, 2009, 111 ss. e La risarcibilità del danno non patrimoniale da illecito trattamento dei dati per-sonali, in Studi in Onore di Davide Messinetti, F. Ruscello (a cura di), Napoli, 2009, T. 2, 243 ss.

2 Gli altri diritti sono, come nella precedente normativa, la «riservatezza» e «l’identità personale».

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IL D.LGS. 30 GIUGNO 2003, N. 196 101

2. L’ottica della tutela

Ed è proprio sulla questione della tutela dei diritti - quale connotazione trasversale che attraversa gran parte degli istituti di diritto privato3 - che si è molto dibattuto in dottrina. Il dibattito ha riguardato anche la materia oggetto del presente studio, ap-puntandosi, in particolare, sul modello di tutela prospettabile con riguardo alla disciplina sul trattamento dei dati personali.

Proviamo allora, vista la rilevanza ai nostri fini, a riassumer-lo, evidenziando gli orientamenti assunti dalla dottrina.

Da un lato4, si è escluso che in questo ambito il paradigma adottato sia quello di property rule5.

Ragionare in termini di tutela dominicale significherebbe, infatti, riconoscere all’interessato di essere l’arbitro del tratta-mento dei dati riguardanti la propria persona. Ciò, in altre paro-le, porterebbe ad escludere che altri possano trattare dati riguar-danti la persona senza il consenso dell’interessato6. __________

3 Per i necessari approfondimenti del tema si rinvia a A. Di Majo, La tutela civile dei diritti, 4° ed., Milano, 2003, nel quale l’Autore elabora un elenco di rimedi generali e speciali che attraversa in senso trasversale pressoché tutti gli istituti e le situazioni di diritto privato, consentendo di verificarne in concreto la funzionalità. Tale prospettiva sistematica è ormai condivisa da larga parte della dottrina: cfr. N. Lipari, Diritti fon-damentali e categorie civilistiche, in Riv. dir. civ., 1996, 425, il quale insiste sul supera-mento «dei modi di determinazione del contenuto di ciascuno dei nuovi diritti» per guardare alle tecniche di tutela e alla individuazione dell’autorità legittimata ad eserci-tarle.

4 Vedi in particolare la approfondita analisi sui vari modelli di tutela in astratto proponibili con riguardo alla materia del trattamento dei dati personali, formulata da A. Di Majo, Il trattamento dei dati personali tra diritto sostanziale e modelli di tutela, V. Cuffaro-V. Ricciuto (a cura di), Trattamento dei dati personali e tutela della persona, Milano, 1998, 226 ss., il quale esclude, tra gli altri, anche il modello di tutela fornito dalla cd. «legge di protezione» di marca tedesca (Schutzgesetz). Per una ricostruzione dettagliata del particolare modello di tutela rappresentato dalle «norme di protezione» e, in generale, della responsabilità aquiliana nell’ordinamento tedesco, si rimanda a C.A. Canaris, Norme di protezione, obblighi di traffico, doveri di protezione (Trad. ita-liana del saggio di Canaris, Schutzgesetze – Verkehrspflichten – Shutzpflichten), in Fe-stschrift fur Karl Larenz zum 80. Geburstang, Munchen, 1983, in Riv. crit. dir. priv., 1983, n. 3, 567 ss. e n. 4, 793 ss.

5 Secondo la ormai celeberrima griglia di G. Calabresi-D. Melamed, Property rules, liability rules and inalienability: on view of the cathedral, in 85 Harv. L. Rev. 1089 (1972).

6 Come è noto, secondo la nota formula di Calabresi, una «regola di responsabi-

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PARTE TERZA – CAPITOLO VI 102

In proposito, si è ulteriormente osservato che l’adozione di una prospettiva di tutela di stampo ‘proprietario’ determinereb-be come necessaria e logica conseguenza il riconoscimento che qualsiasi uso o trattamento dei dati, se non consentito dall’in- teressato, rappresenterebbe una lesione del diritto, senza alcuna necessità di altri requisiti, come ad esempio una violazione di legge o il pregiudizio che dall’uso (non consentito) potrebbe a-verne l’interessato: e ciò è esattamente l’opposto di quanto e-nunciato dal D.Lgs. 196/037.

Il discorso appena svolto può essere utilizzato anche in rife-rimento al modello di tutela aquilana.

Tale modello, rapportato alla materia della privacy, è carat-terizzato, come è noto, dal fatto di garantire un diritto dell’in- teressato sui propri dati, assicurando, però – in realtà – soltanto che, ove tale diritto venga leso con pregiudizio del titolare, una prestazione pecuniaria sostituisca il bene distrutto o l’utilità per-duta dal titolare8. Anche questa lettura si mostrerebbe però non

__________ lità» (liability rule) predica invece l’opposto: ci si può appropriare in definitiva di utili-tà o vantaggi altrui, purché si risarcisca il danno provocato. Il godimento dell’utilità trascorre così dal danneggiato al danneggiante (G. Calabresi-D. Melamed, op. ult. cit.). Con riferimento alla situazione nostrana, si rimanda a U. Mattei, Tutela inibitoria e tutela risarcitoria, Milano, 1987; il quale mette in evidenza come nella tradizione con-tinentale il concetto di diritto soggettivo assoluto ha consentito l’appiattimento di si-tuazioni profondamente diverse, quali la reazione aquiliana (liability rule) e quella rea-le (property rule). Inoltre, per ulteriori approfondimenti, si rinvia allo studio condotto da M.R. Marella, La riparazione del danno in forma specifica, Padova, 2000.

7 In questo senso F. Cafaggi, Qualche appunto su circolazione, appartenenza e riappropriazione nella disciplina dei dati personali, in Danno e resp., 1998, 613 ss., il quale - seppur in riferimento alla precedente disciplina di cui alla L. 675/96, ma il di-scorso vale anche per la nuova normativa – osserva che “con l’approvazione della L. n. 675/1996 emerge invece chiaramente la configurazione di un sistema di circolazione delle informazioni indipendenti ed autonome o comunque separabili dai soggetti od oggetti cui esse si riferiscono”. Per una analisi dettagliata dei motivi che portano ad escludere l’applicabilità dello schema della property privacy, si rimanda ad A. Di Majo, op. ult. cit., in part., da 228 a 233, l’Autore, nell’evidenziare i motivi che portano ad escludere la presenza di un tutela di tipo dominicale, afferma che: «È così indubbio che l’esistenza di doveri comportamentali di tal fatta e rilevanza non può non ridimen-sionare fortemente una logica dell’appartenenza, che sarebbe tautologicamente ridot-ta, nel suo nucleo, alla pretesa di far valere il rispetto di quei doveri».

8 Questo appena descritto è lo schema classico della responsabilità civile adotta-to dal nostro codice civile.

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IL D.LGS. 30 GIUGNO 2003, N. 196 103

soddisfacente in quanto ci costringerebbe ad interpretare la re-gola di responsabilità di cui all’art. 15 D.Lgs. 196/03 in chiave essenzialmente patrimonialistica, il che – anche in considerazio-ne di quanto sarà esaminato nel corso del presente capitolo – sembra non rientrare tra gli obiettivi principali della normativa. Infatti, gli interessi coinvolti nella legge non appaiono di natura patrimoniale, pur potendo avere, in caso di violazione, una evi-dente ricaduta patrimoniale9.

Su un altro versante, parte della dottrina, enfatizzando il ruolo del modello di tutela a carattere procedimentale, tende a disconoscere l’importanza delle regole di responsabilità civile contenute nelle normative europee ed italiane in materia di privacy10.

La consapevolezza che le informazioni relative alla persona circolano costantemente tra una molteplicità di soggetti e che questi flussi informativi non possono essere interrotti in quanto rispettosi delle regole procedimentali previste dalla normativa, ha - secondo tale linea interpretativa - comportato l’adozione di una logica preventiva11, per cui oggetto di tutela della legge sa-rebbe un diritto al controllo procedimentale sul trattamento12. __________

9 Anche per l’analisi dettagliata di tale modello di tutela si rimanda a A. Di Ma-jo, op. ult. cit., in part. da 236 a 240.

10 Cfr., fra i tanti, V. Colonna, Il sistema della responsabilità civile da trattamento dei dati personali, in R. Pardolesi (a cura di), Diritto alla riservatezza e circolazione dei dati personali, Milano, 2003, vol. II, 1 ss.; M. Ambrosoli, La tutela dei dati personali e la responsabilità civile, in Riv. dir. priv., 1998, 297; S. Sica, Commento sub art. 18, in E. Giannantonio-M.G. Losano–V. Zeno Zencovich (a cura di), La tutela dei dati persona-li. Commentario alla legge 675/96, Padova, 1997, 179; D. Carusi, La responsabilità, in V. Cuffaro–V. Ricciuto (a cura di), La disciplina del trattamento dei dati personali, To-rino, 1997, 351; F. Macario, La protezione dei dati personali nel diritto privato europeo, ibidem, 121.

11 Sembra poi che la stessa responsabilità civile si pieghi, in subiecta materia, ad una logica preventiva e sanzionatoria. Per una più dettagliata e approfondita analisi del punto si rinvia, infra, in part., capitoli 7 e 8.

12 All’intero di questa prospettiva, però, si riscontra una diversificazione delle elaborazioni dottrinali. Infatti, parte della dottrina - ammettendo che la normativa sul trattamento dei dati personali poggi in modo significativo su una tutela di tipo proce-dimentale - ritiene che tale tipo di tutela finisca «per acquisire forza e sostanza proprio in virtù del potere persuasivo o, viceversa, riequilibratore e riparatore che le regole di responsabilità esercitano con particolare vigore nel campo del trattamento dei dati personali». In questo senso, cfr. F. Di Ciommo, Il danno non patrimoniale da tratta-

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PARTE TERZA – CAPITOLO VI 104

Alla luce del quadro di riferimento sopra brevemente trat-teggiato nelle sue linee essenziali, è forse possibile una prima breve considerazione.

Si ha la netta impressione che con la normativa in commen-to il legislatore abbia inteso accentuare l’aspetto della tutela dei valori della persona non come essere isolato, bensì come mem-bro di una comunità evoluta e tecnologizzata. Da ciò può trarne alimento la tesi secondo cui la L. 675/96, prima, ed il D.Lgs. 196/03, poi, sono, nel fondo, normative sulla (tutela della) per-sona, non essendovi - a fronte della persona - una analoga posi-zione di pari od eguale dignità13.

L’analisi della struttura linguistica e logica dei dati normati-vi di riferimento sembra confermare tale assunto.

Come si è in precedenza avuto modo di verificare, l’art. 2 del D.Lgs. 196/03 si propone infatti, programmaticamente, di garantire «che il trattamento dei dati personali si svolga nel ri-spetto dei diritti, delle libertà fondamentali, nonché della dignità delle persone fisiche, con particolare riferimento alla riservatezza ed alla identità personale e al diritto alla protezione dei dati per-sonali», così pure dei diritti delle persone giuridiche e di ogni al-tro ente o associazione: pare cioè di capire che la legge non mira soltanto alla tutela del diritto alla riservatezza ma, più in genera-le, alla tutela dei diritti della personalità e di tutti gli altri diritti __________ mento dei dati personali, in G. Ponzanelli (a cura di), Il nuovo danno non patrimoniale, 2004, Padova, 261, il quale ritiene che nella prospettiva appena esposta debbano esse-re lette «le norme che, nella materia in esame, rendono operativo un regime di presun-zione di responsabilità con inversione dell’onere della prova a carico del responsabile del trattamento, ed inoltre riconoscono una piena ed incondizionata risarcibilità anche del danno non patrimoniale».

13 Questo appena riferito è il dilemma che caratterizza la dottrina, ove ad indi-rizzi tendenti ad accentuare la valenza in chiave di tutela della persona (v. ad esempio, G.B. Ferri, Il quale afferma l’ambiguità della legge italiana, perché, se da un lato cerca di mediare, dall’altro lato «si ha il fondato sospetto che la stessa legge abbia finito per delineare una sorta di vero e proprio statuto generale della persona», Privacy, libertà di stampa e dintorni, in Europa e dir. priv., I, 1998, 138), se ne sono contrapposti altri che hanno invece messo in evidenza l’aspetto del controllo (sociale) della circolazione delle informazioni (v., ad esempio, R. Pardolesi, Dalla riservatezza alla protezione dei dati personali: una storia di evoluzione e discontinuità, in R. Pardolesi (a cura di), Diritto alla riservatezza e circolazione dei dati personali, Milano, 2003, 1 ss.

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IL D.LGS. 30 GIUGNO 2003, N. 196 105

che possono essere incisi dal trattamento illecito dei dati perso-nali, e ciò attraverso un controllo procedimentale sul trattamen-to14. Tale circostanza è sicuramente di notevole importanza nell’ottica di un corretto inquadramento del danno derivante dal trattamento dei dati personali.

È opportuna, a questo punto, una ulteriore e conclusiva os-servazione.

Nell’impianto della normativa sulla privacy, si può notare una originalità nella protezione di interessi che in realtà erano già riconosciuti meritevoli di tutela nel nostro ordinamento. In particolare risulta chiaro come la disciplina legislativa in tema di privacy, rispetto a quella codicistica, non ponga l’accento sul tipo di danno arrecato e cioè sulla natura e la categoria dell’interesse leso, bensì sulle regole che devono essere rispettate da chi tratta dati altrui: riuscendo in tal modo ad arretrare la soglia dell’in- tervento regolativo al fine di anticipare il momento della tutela, che altrimenti incontrerebbe il limite di una apprezzabilità della violazione solo a posteriori, e cioè a seguito della valutazione contemperativa degli interessi concretamente in conflitto15. At-traverso tale ricostruzione la tutela della riservatezza, dell’iden- tità personale e dei dati personali, proclamata dall’art. 1 del D.Lgs. 196/03, viene oggettivizzata16, oltre che generalizzata e funzionalizzata17. __________

14 Tale struttura normativa è stata mantenuta dal D.Lgs. 196/03, come si avrà modo di verificare nel dettaglio più avanti.

15 Cfr. V. Colonna, Il sistema della responsabilità civile da trattamento dei dati personali, cit., in part. 21-23; e Id., Il danno da lesione della privacy, in Danno e resp., 2001, 75 ss.; M. Franzoni, Dati personali e responsabilità civile, in Resp. civ. prev., 1998, 908; F. Di Ciommo, Il danno non patrimoniale da trattamento dei dati personali, cit., 266.

16 Nel senso che viene utilizzata una tecnica di normazione fondata sulla antigiu-ridicità della condotta, e cioè indirizzata verso forme di tutela oggettive attraverso le quali il rimedio viene azionato per il fatto stesso che è stato posto in essere un compor-tamento antigiuridico e che, quindi, si è compiuta la lesione di un interesse (sul punto v., infra, in part., cap. 8).

17 Nel senso che la tutela della privacy approntata dal legislatore mira ad affer-mare i valori della persona non come essere isolato, bensì come membro di una comu-nità evoluta e tecnologica; per far ciò essa opera in modo funzionale alla realizzazione del difficile equilibrio tra l’interesse individuale di tutti i consociati a difendere la pro-pria riservatezza e l’analogo interesse, individuale o collettivo, a conoscere e trattare, a vari fini e con modalità di volta in volta diverse, dati personali altrui.

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PARTE TERZA – CAPITOLO VI 106

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CAPITOLO VII

LA CONFIGURAZIONE DEL DANNO NON PATRIMONIALE

SOMMARIO: 1. La configurazione del danno non patrimoniale: una questione aperta. – 2. I mutamenti degli anni Sessanta. – 3. La Corte costituzionale dirige il dibattito sul danno non patrimoniale. Le sentenze Dell’Andro e Mengoni. – 4. «Il diritto vivente» delineato da Cass. nn. 8827 e 8828 del 2003 e da Corte cost. n. 233/2003. – 5. Cass., Sez. Un., nn. 26972-26973-26974-26975/2008. – 6. I limiti del rimedio risarcitorio nella vi-cenda del danno alla persona e, in particolare, nella disciplina del trat-tamento dei dati personali.

1. La configurazione del danno non patrimoniale: una questione aperta

Analizzate nell’ottica della tutela le disposizioni della nor-mativa in materia di privacy, soffermiamo ora la nostra attenzio-ne sulla forma della tutela risarcitoria attuata dal D.Lgs. 196/03.

Attraverso un trattamento di dati personali, infatti, si pos-sono causare danni tanto patrimoniali quanto non patrimoniali, ed anzi considerata la particolare natura degli interessi coinvolti in tale ambito, spesso accade che il danno si manifesti esclusiva-mente nella sua componente non patrimoniale1. Proprio al fine di approntare una adeguata forma di tutela, l’art. 15 stabilisce che «Chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamen-

__________ 1 Confermano la natura prevalentemente non patrimoniale degli interessi coin-

volti, le poche sentenze in materia rinvenibili. Cfr. Trib. Milano 13.4.2000, in Danno e resp., 2001, 75 ss.; Trib. Biella 29.3.2003, in Dir. informazione e informatica, 2003, 538 ss.; Trib. Milano 8.8.2003, in Danno e resp., 2004, 303 ss., con nota di S. Di Paola: le quali tutte, in buona sostanza, dopo aver verificato l’assenza di un danno patrimoniale nei casi sottoposti alla decisione, affermano la risarcibilità del danno non patrimoniale causato dal trattamento contestato in giudizio e rivelatosi illecito.

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PARTE TERZA – CAPITOLO VII 108

to di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell’articolo 2050 del codice civile», mentre il successivo comma dispone che «il danno non patrimoniale è risarcibile anche in caso di viola-zione dell’art. 11», il quale, a sua volta prevede alcune regole ‘qualitative’ cui il trattamento deve attenersi.

Questo è il dato positivo con cui è necessario rapportarsi al fine di verificarne il significato e la portata applicativa. L’art. 15, infatti, alimenta e richiama il complesso e attualissimo dibattito sulla categoria del danno alla persona, nonché sulla vexata quaestio inerente l’ambito applicativo dell’art. 2059 c.c.

Conviene, pertanto, analizzare preliminarmente e più in particolare, seppur in modo necessariamente riassuntivo, la sto-ria recente del danno non patrimoniale, così densa di avveni-menti e così legata alla situazione politico-costituzionale e socio-logica, che ne fanno uno dei settori del diritto civile più vivi e concretamente storici.

2. I mutamenti degli anni Sessanta

Si tratta qui di riportare tesi e argomenti di discussione già noti2, ma senza i quali riteniamo sia estremamente difficile pro-vare a ordinare il presente, a dare le risposte giuste ai problemi nuovi e complessi che la modernità ci pone davanti3.

Il rinnovamento degli studi sulla responsabilità civile avven-ne in Italia nel corso degli anni ’604. __________

2 Per questo la trattazione sarà stringata e riguarderà esclusivamente alcuni mo-menti salienti che hanno caratterizzato il percorso evolutivo delle discussioni in tema di responsabilità civile.

3 A questo proposito torna utile e perfettamente pertinente l’ammonimento di D. Messinetti, Sapere complesso e tecniche giuridiche rimediali, in Europa e dir. priv., 2005, 22-23, «Allora per trovare risposte giuridicamente valide occorre interrogare il sistema con le domande ‘giuste’. Ma trovare le domande ‘giuste’ in relazione ad un problema, specie se ‘nuovo’, dipende dalla comprensione ad un livello argomentativo che consenta di proiettarle su di una realtà complessa ed in movimento».

4 Il riferimento è alla monografia di S. Rodotà, Il problema della responsabilità civile, Milano, 1964; e ai numerosi scritti di R. Scognamiglio (dei quali qui ricordiamo quelli sufficienti a dare un quadro delle posizioni dell’Autore) le voci del Novissimo DI., Illecito (diritto vigente), VIII, 1962, 164 ss.; Responsabilità civile, XV, 1968, 628

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LA CONFIGURAZIONE DEL DANNO NON PATRIMONIALE 109

Questo torno di anni è stato contrassegnato da un profondo processo ricostruttivo di molti istituti giuridici. La revisione delle nozioni di ingiustizia5 e di patrimonialità6 del danno; la critica del primato della colpa a favore della pari dignità formale di una pluralità di criteri di imputazione; la netta distinzione tra le cate-gorie di illecito e di fatto, concorrevano non ad un mero aggior-namento delle visioni correnti, ma ad un radicale capovolgimen-to di esse7. Ne ciò può stupire, perché la critica delle interpreta-zioni e delle costruzioni tradizionali si collocava consapevolmen-te in un segno unitario di rielaborazione dei dati normativi che emergevano dal codice civile, dalla Costituzione e dalla legisla-zione, portando ad un ribaltamento della funzione e del valore sociale di alcuni istituti8. __________

ss.; Responsabilità per fatto altrui, ivi, 691 ss.; Risarcimento del danno, XVI, 1969, 4 ss.; ed i saggi: Il danno morale (Contributo alla teoria del danno extracontrattuale), in Riv. dir. civ., 1957, I, 277 ss.; Responsabilità per colpa e responsabilità oggettiva, in Studi Torrente, Milano, 1968, II, 1113 ss.; Appunti sulla nozione di danno, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1969, 464 ss. Altrettanto significativi ed innovatori sono gli studi di P. Tri-marchi, Rischio e responsabilità oggettiva, Milano, 1961; Id., Causalità e danno, Milano, 1967; Id., Illecito (diritto privato), in Enc. dir., XX, 1970, 90 ss. L’opera di questo Au-tore si colloca in una prospettiva in larga misura differente dalle altre sopra citate e – anche per il suo carattere fortemente anticipatore – verrà sostanzialmente recepita solo nel decennio successivo. Infine, per avere una ricostruzione dettagliata e complessiva del percorso intrapreso dalla responsabilità civile nel corso degli anni ‘70, si rimanda al recente saggio di G. Marini, Gli anni settanta della responsabilità civile. Uno studio sul-la relazione pubblico/privato, in Riv. crit. dir. priv., 2008, 1 e 2, 23 ss.

5 Già avviata da R. Sacco, L’ingiustizia di cui all’art. 2043 cod. civ., in Foro it., 1960, I, 1420 ss.; e da P. Schlesinger, L’ingiustizia del danno nell’illecito civile, in Ius, 1969, 336 ss.

6 L’impostazione di Scognamiglio (risalente a citato saggio del 1957 sul danno morale) verrà peraltro ripresa solo nella seconda metà degli anni ’70.

7 Suscitando pertanto vivaci reazioni soprattutto dal più coerente e costante fau-tore della concezione tradizionale: A. De Cupis, Problemi e tendenze attuali della re-sponsabilità civile, in Riv. dir. comm., 1970, I, 95 ss.; Id., Tradizione e rinnovamento nella responsabilità civile, in Riv. dir. civ., II, 1979, 319 ss.; e – per l’organica esposi-zione e difesa di quella concezione – Id., Il danno. Teoria generale della responsabilità civile, 2 vv., Milano, 1979.

8 Emblematico in tal senso, seppur con riferimento all’istituto della proprietà, il lavoro condotto da S. Pugliatti, La proprietà nel nuovo diritto, Milano, 1954, in cui l’Autore riconosce la frantumazione sotto il profilo funzionale dell’istituto, ma ne con-serva l’unità strutturale. Attraverso tale impostazione metodologica si riesce così a

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PARTE TERZA – CAPITOLO VII 110

L’opera avviata in quegli anni non si è poi certamente fer-mata. Anzi, le strade aperte sono state percorse con grande pro-fondità ed in particolare il tema molto dibattuto del danno non patrimoniale ha subito le più evidenti e ‘traumatiche’ evoluzioni9.

3. La Corte costituzionale dirige il dibattito sul danno non pa-trimoniale: le sentenze Dell’Andro e Mengoni

Successivamente, a ben vedere, è stata la Corte costituziona-le a scandire i tempi ed i modi del dibattito intorno al danno non patrimoniale. In particolare si può affermare che a cavallo fra gli anni ’80 e ’90 emergono con chiarezza due opzioni ermeneutiche in riferimento agli artt. 2043 e 2059 c.c., che delineano due di-stinti orientamenti: il primo è contenuto nella sentenza n. 184 del 1986 che ha come estensore il giudice Dell’Andro; il secondo delineato, invece, dall’estensore Mengoni nella più recente pro-nuncia della Consulta n. 372 del 1994, poi ribadito nella succes-siva ordinanza n. 293 del 199610.

__________

consentire una più ampia penetrazione del ‘sociale’ e vengono poste le basi per un si-gnificativo cambiamento di segno rispetto all’epoca precedente. In tal modo la critica alle categorie tradizionali viene sviluppata fino in fondo, relativizzandone cioè i con-cetti e rendendoli «idonei a sopportare le sollecitazioni cui erano sottoposti da un’interpretazione teleologicamente finalizzata alla attuazione dei nuovi principi». Co-sì, R. Nicolo, voce Diritto civile, in Enc. dir., XII, Milano 1964, 71, che pone in eviden-za le caratteristiche particolari del formalismo pugliattiano. Inoltre, sotto un profilo di ordine sistematico, di grandissima importanza per comprendere le linee intraprese dal-la dottrina nella comprensione, elaborazione e sistemazione degli istituti del Codice civile, è l’opera di F. Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, 9° ed., Na-poli, 1986. Infine, per avere una ricostruzione completa di come i vari istituti del codi-ce civile siano stati, nel tempo, rielaborati e reinterpretati, subendo anche modifica-zioni radicali della loro funzione e del loro valore sociale, si rinvia alla fondamentale lavoro di P. Rescigno, Introduzione al Codice civile, 7° ed., Bari, 2001.

9 Tra le varie opere che descrivono ed analizzano i mutamenti a cui il sistema della responsabilità civile è stato sottoposto da più di un quarantennio, v., in particola-re, F.D. Busnelli, Nuove frontiere della responsabilità civile, in Jus, 1976, 41 ss.; F. Gal-gano, Le mobili frontiere del danno ingiusto, in Contr. e Impr., 1985, 1 ss.; M. Libertini, Le nuove frontiere del danno risarcibile, ibidem, 1987, 85 ss.; C. Castronovo, La nuova responsabilità, 3° ed., 2004.

10 Le pronunce richiamate nel testo sono state al centro di una ampia letteratura e di commenti su numerose riviste ai quali si rimanda per un più puntuale approfon-

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LA CONFIGURAZIONE DEL DANNO NON PATRIMONIALE 111

L’impostazione seguita da Dell’Andro, solo in parte riflet-tente l’orientamento dottrinario risalente a Scognamiglio11, ha inteso salvare la costituzionalità dell’art. 2059 c.c. e si è articolata in due momenti distinti.

In primo luogo identificando l’espressione «danno non pa-trimoniale» con quella di danno morale in senso stretto, ossia quel danno che si presenta sotto forma di patema, di sofferenza che il soggetto subisce soprattutto in occasione di gravi lesioni.

In secondo luogo, affermando, dapprima, l’erroneità del ri-chiamo all’art. 2059 c.c. in relazione al danno biologico (posto che quest’ultimo è diverso dal danno morale soggettivo), poi ri-solvendo positivamente la questione della tutela risarcitoria del danno biologico che, in quanto «danno evento»12 del fatto lesivo __________

dimento, ma che non è necessario in questa sede richiamare, ritenendo sufficiente in-dicare, per ciascun provvedimento, esclusivamente una delle riviste in cui può essere letto: Corte cost. 14.7.1986, n. 184, in Foro it., 1986, I, 2053 ss.; Corte cost. 27.10.1994, n. 372, in Giust. civ., 1994, I, 3029 ss.; Corte cost. ordinanza 22.7.1996, n. 293, in Foro it., 1996, I, 2963 ss.

11 Per questo rilievo v. G.B. Ferri, Il risarcimento del danno biologico nel sistema della responsabilità civile, in Giur. cost., 1986, 1716. La riflessione civilistica sulla nuo-va codificazione civile a proposito di danno non patrimoniale e di danno morale ha senza ombra di dubbio risentito della autorevole, quanto acuta, prospettazione rico-struttiva avanzata con lungimiranza da R. Scognamiglio nel lontano 1957, nell’ormai celebre saggio Il danno morale (Contributo alla teoria del danno extracontrattuale), cit. Invero, la lucida operazione culturale perseguita da questa dottrina era volta ad allar-gare le maglie della tutela risarcitoria riguardante la sfera della persona, in modo da rendere del tutto residuale, e dunque poco influente, la riserva di legge contenuta nell’art. 2059 c.c. L’avanzato equilibrio cui tendeva quella impostazione veniva consa-pevolmente fondato non solo sulla riduzione dell’area di operatività dell’art. 2059 c.c. al solo danno morale soggettivo, ma sostanzialmente sulla esclusione del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. (ridotto al solo danno morale), dall’area specifica del danno in senso giuridico. In questo modo, con la presa di distanza dal sistema binario, secondo il quale il danno giuridicamente rilevante si articolerebbe in danno patrimo-niale (affidato agli artt. 2043 ss., c.c.) e danno non patrimoniale (governato dall’art. 2059 c.c.), la nuova individuata figura costituita dal danno alla persona – quale danno certamente diverso tanto dal danno patrimoniale in senso stretto, quanto soprattutto dal danno morale preso in considerazione dall’art. 2059 c.c. – veniva sottratto dai limi-ti di operatività della riserva ex art. 2059 c.c. e ricondotto nell’alveo della risarcibilità di cui all’art. 2043 c.c.

12 Notissima è la dicotomia fra «danno evento» e «danno conseguenza» operata dalla sentenza: «Ed a tal fine va premessa la distinzione tra evento dannoso o pericolo-so, al quale appartiene il danno biologico, e danno conseguenza, al quale appartengo-

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PARTE TERZA – CAPITOLO VII 112

di un diritto costituzionalmente garantito come la salute, trove-rebbe tutela sulla base dell’art. 2043 c.c., ossia della disposizione destinata a fornire tutela generale ai danni patrimoniali13.

Nella successiva sentenza n. 372 del 1994, elaborata da Mengoni, si assiste, invece, ad una rilettura del sistema binario (danno patrimoniale-non patrimoniale) sensibilmente diversa dalla pronuncia del 1986; tale presa di distanza dalla sentenza Dell’Andro assume, poi, compiuta manifestazione nella successi-va ordinanza, a firma dello stesso Mengoni, adottata dalla Corte due anni dopo, ossia nel 1996.

La tesi proposta nei due provvedimenti è volta, in buona so-stanza, a ricondurre il danno biologico (discendente dalla lesione della salute) nella sfera del danno non patrimoniale di cui, in de-finitiva, si prospetta una configurazione diversa da quella fatta propria dalla sentenza elaborata da Dell’Andro. Il danno alla sa-lute viene incluso «nella categoria considerata dall’art. 2059», non già per via della sua identificazione col danno morale sog-gettivo, ma soltanto per via della «riconducibilità delle due figu-re, quali specie diverse, al genere del danno non patrimoniale». Una impostazione, quindi, diversa e distante da quella propu-gnata dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza del 1986.

Successivamente, gli indirizzi delineati nelle suddette pro-nunce sono stati al centro di un’ampia letteratura, trovando con-ferme e smentite nella dottrina e nella giurisprudenza.

__________

no il danno morale subiettivo ed il danno patrimoniale», il primo é momento statico del fatto costitutivo dell’illecito, il secondo rappresenta le conseguenze, in senso pro-prio, dell’intero fatto illecito.

13 E quindi risarcibile al di fuori dei limiti della riserva di legge prevista nell’art. 2059 c.c. A ben vedere, l’indirizzo accolto dalla sentenza n. 184 del 1986 ha trovato poi ulteriori conferme in altre successive decisioni della medesima Corte costituziona-le: il riferimento, in particolare, va alla sentenza 18.7.1991, n. 356 (in Foro it., 1992, I, 2340), che ha ribadito l’indirizzo favorevole a legare la tutela del diritto alla salute al combinato disposto di cui agli artt. 32 Costituzione e 2043 c.c. e, in definitiva, ad una interpretazione evolutiva di segno costituzionale nella lettura dell’art. 2043 nel senso che questa non riguarderebbe soltanto i beni patrimoniali, ma offrirebbe garanzia an-che a beni e valori personali.

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LA CONFIGURAZIONE DEL DANNO NON PATRIMONIALE 113

4. «Il diritto vivente»14 delineato da Cass. 8827 e 8828 del 2003 e da Corte cost. 233/2003

Arriviamo così a fatti più vicini nel tempo, in particolare ai mesi di maggio/luglio 2003.

Nel breve volgere di questi tre mesi si è assistito infatti ad una operazione esegetica di restyling15 dell’art. 2059 c.c. e di ri-forma del diritto vigente in tema di responsabilità civile, effettua-ta dalla III° sezione della Suprema Corte nelle due annotatissime sentenze del 31 maggio 2003, nn. 8827 e 8828, e successivamente confermata dalla Corte costituzionale con la sentenza 30 giugno-11 luglio 2003, n. 23316.

In estrema sintesi l’opera di rilettura sistematica del danno non patrimoniale da parte della Suprema Corte è consistita:

__________ 14 Utilizza testualmente più volte questa endiadi, Corte cost. 11.6.2003, n. 233,

riv. ult. cit., 2205 e 2206. Com’è noto, tale termine ha avuto una compiuta elaborazio-ne e teorizzazione scientifica e tecnica da L. Mengoni, il quale, in particolare, nel far emergere la distinzione tra diritto vivente e diritto vigente, afferma che «la teoria del diritto vivente supera la posizione, caratteristica del positivismo ottocentesco, che i-dentifica la norma col testo legale, e aderisce al principio ermeneutico che al testo ri-conosce solo un valore euristico per la ricerca della regola di decisione. Il testo è il da-to di avvio dell’elaborazione della norma, nella quale si esprime il significato ascritto dall’interprete al testo in vista dell’applicazione a un caso concreto», sottolineando inoltre che il diritto vivente «è la giurisprudenza consolidata, ma intesa in una accezio-ne più ampia di giurisprudenza costante, qualificata da una serie continua di pronunce uniformi», L. Mengoni, Il «diritto vivente» come categoria ermeneutica, in Ermeneutica e dogmatica giuridica – Saggi, Milano, 1996, 159 ss.; sul tema è utile far riferimento an-che ad un’opera precedente dello stesso Autore, Diritto vivente, in Dig. disc. priv., vol. VI, Torino, 1990, 445 ss. In ordine al problema del rapporto tra il formante giurispru-denziale ed il formante dottrinale, con particolare riferimento ai temi della responsabi-lità civile, si rinvia alle puntuali osservazioni di F. Galgano, La commedia della respon-sabilità civile, in Riv. crit. dir. priv., 1987, 191 e ss. e, di recente, alle belle pagine di M. Barcellona, Il danno non patrimoniale, 2008, in particolare pagg. 7 e 8.

15 In questo modo definita da P. Cendon, Anche se gli amanti si perdono l’amore non si perderà. Impressioni di lettura su Cass. 8828/2003, in Riv. crit. dir. priv., 2003, 385.

16 Cass. 31.5.2003, n. 8827, in Foro it., 2003, I, 2273 ss.; Cass. 31.5.2003, n. 8828, in Foro it., 2003, I, 2272 ss., con nota di E. Navarretta, Danni non patrimoniali: il dogma infranto e il nuovo diritto vivente; Corte cost. 11.6.2003, n. 233, in Foro it., 2003, I, 2201, ss.

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PARTE TERZA – CAPITOLO VII 114

a) nel superamento definitivo dell’orientamento giurispru-denziale tradizionale che faceva coincidere il danno non patri-moniale - previsto e regolato dall’art. 2059 c.c. - con il danno morale soggettivo, costituito dalla sofferenza contingente e dal turbamento dell’animo transeunte, determinati da fatti illeciti costituenti reato. Nel quadro di un sistema risarcitorio fondato sulla dicotomia (perfetta) tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale17, viene ora, infatti, prospettata una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. che consideri il rinvio ricettizio ai «casi previsti dalla legge», non soltanto relati-vo alla norma penale (art. 185 c.p.), quanto piuttosto, dopo l’entrata in vigore della Costituzione, ai diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Legge fondamentale;

b) nella nuova ‘etichettatura’ del danno biologico come danno non patrimoniale18: pertanto non più inserito sotto

__________ 17 In senso contrario alla ‘ermeneutica bipolare’ vedi Cass. 4.4.2001, n. 4970, in

Giust. civ. Mass., 2001, 4970; Cass. 5.7.2001, n. 9090, in Giust. civ. Mass., 2001, 1335; Cass. 10.2.2003, n. 1937, in Giust. civ. Mass., 2003, 289, e, per esteso, in DVD Rom Juris data maior, 2004, 1, che definiscono, nella sostanza, il danno alla persona ‘tripola-re’, nel senso che a fianco del danno patrimoniale vengono riconosciuti il danno mora-le (non patrimoniale) ed il danno biologico (tertium genus di danno). Sembrano, inve-ce, confermare la fiducia nel sistema bipolare, seppur con diverse sfumature, tra i tan-ti: G. Ponzanelli, Limiti del danno esistenziale, in Il danno esistenziale. Una nuova cate-goria della responsabilità civile, P. Cendon - P. Ziviz (a cura di), cit., 803 ss.; C. Salvi, voce Danno, in Digesto Disc. Priv., cit., dello stesso Autore, La responsabilità civile, in Trattato di diritto privato, cit. Evidenzia, invece, come la bipartizione danno patrimo-niale/danno non patrimoniale valga per il diritto vivente «come grande esemplifica-zione di categorie differenti che hanno perso, però, i loro contorni tradizionali», sotto-lineando inoltre proprio che il nostro diritto avrebbe sostituito ad una originaria pro-spettiva bipolare, una novella prospettiva tripolare, fondata sulle «categorie: danno patrimoniale, danno alla salute, danno morale», P.G. Monateri, La responsabilità civi-le, in Trattato di dir. civ., diretto da R. Sacco, vol. 3, Torino, 1998, 275 ss.

18 L’inserimento del danno biologico in ambito non patrimoniale è confermato da Cass. 19.8.2003, n. 12124, in Giust. civ. Mass., 2003, 7-8, e per esteso, in DVD Rom Juris data maior, 2004, 1, e Cass. 4.11.2003, n. 16525, in DVD Rom Juris data maior, 2004, 1; contra l’inserimento del danno biologico all’interno del danno non patrimo-niale, per tutte, Cass. 11.2.1985, n. 1130, in Giur. it., I, 786, ss.; Cass. 10.12.1991, n. 13292, in Resp. civ. prev., 1999, 222 ss.; Cass. 10.2.2003, n. 1937, in DVD Rom Juris data maior, 2004, 1.

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LA CONFIGURAZIONE DEL DANNO NON PATRIMONIALE 115

l’ambito della clausola generale dell’art. 2043 c.c., ma dislocato «per coerenza del sistema»19 sotto la tutela dell’art. 2059 c.c.20;

c) nella decisa qualificazione del danno non patrimoniale come danno-conseguenza21 che, pertanto, dovrà essere adegua-tamente allegato e provato; con la possibilità, però, di ricorrere, quali mezzi di prova, anche a valutazioni prognostiche e presun-zioni.

Poche settimane dopo il doppio intervento della Cassazione, la Corte Costituzionale - decidendo sulle questioni di incostitu-zionalità dell’art. 2059 c.c., sollevate dal Tribunale di Roma22 - ha mostrato di condividere pienamente l’operato della Suprema Corte sul 2059, recependo de plano l’interpretazione proveniente dalla III° sezione23.

Questo, in sostanza, il pensiero della Consulta: l’art. 2059 c.c. necessita di una interpretazione costituzionalmente orienta-ta, tale da ricomprendere nell’astratta previsione della norma in questione tutte le fattispecie di danno di natura non patrimoniale derivanti da lesioni di valori inerenti la persona. Per tale via ar-gomentativa, la Consulta giunge così ad individuare nominatim le singole voci di danno che fanno parte della ‘galassia’ del dan-no non patrimoniale, che sono:

1) il danno morale da reato, inteso come transeunte turba-mento dello stato d’animo della vittima, come ingiusta sofferenza contingente di ordine psicologico; __________

19 L’inciso fra virgolette è di Cass. 4.11.2003, n. 16525, in Giust. civ. Mass., 2003, 11, e, per esteso, in DVD Rom Juris data maior, 2004, 1.

20 Riprendendo così quanto l’impostazione suggerita da Mengoni con la senten-za n. 372/1994 e l’ordinanza n. 293/1996 della Corte costituzionale.

21 Viene così confermato l’orientamento di Corte Costituzionale 27.10.1994, n. 372 (in Foro it., 1994, I, 3297 ss.), la quale - nell’ambito della querelle danno conse-guenza / danno evento - aveva corretto il precedente costituito dal Corte Cost. n. 184/1986 (in Foro it., 1986, I, 2053 ss.), riconducendo il danno biologico, «quale mo-mento terminale di un processo patogeno originato dal medesimo turbamento dell’equilibrio psichico», a danno-conseguenza.

22 Il testo dell’ordinanza di remissione è riportato in Danno e resp., 2002, 856 ss. 23 Questo nuovo orientamento maturato dalla Cassazione e avallato dalla Corte

cost. è stato recentemente valutato e commentato - attraverso argomenti problematici e temi molto interessanti - da M. Barcellona, Il danno non patrimoniale, op. ult. cit., 50 ss.

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PARTE TERZA – CAPITOLO VII 116

2) il danno biologico, inteso come lesione dell’interesse co-stituzionalmente garantito alla integrità psicofisica della persona, conseguente ad un accertamento medico; svincolandolo così da quella che fino ad oggi era stata ritenuta la sua sedes materia: l’art. 2043 c.c.;

3) il danno esistenziale, derivante dalla lesione di interessi di rango costituzionale inerenti alla persona.

In tal modo viene realizzata dalla Corte Costituzionale una operazione classificatoria/tassonomica delle voci che compongo-no la struttura del danno non patrimoniale, individuando al suo interno tre sotto-categorie autonome e distinte: il danno biologi-co, morale, ed esistenziale24. __________

24 Questa categoria di danno ha avuto da subito un grande successo, suscitando un intenso ed ancora molto vivace dibattito tra ‘esistenzialisti’ e ‘non esistenzialisti’. Per una messa a punto dei temi in discussione e per la analisi delle due antitetiche po-sizioni assunte dalla dottrina si può far riferimento - per la posizione favorevole all’ingresso nel nostro sistema del danno esistenziale - a P. Cendon e P. Ziviz, Il risar-cimento del danno esistenziale, Milano, 2003 e - per la posizione - a G. Ponzanelli, Il risarcimento integrale senza il danno esistenziale, Padova, 2007. È opportuno ricordare come oggi la disputa ha registrato l’intervento delle Sezioni Unite della Cassazione, volto a dirimere (definitivamente?) il contrasto giurisprudenziale esistente (per l’esame della sentenza e dei temi discussi, cfr., infra, § 5).

Uno degli ambiti in cui il danno esistenziale è riuscito nel corso degli anni a ‘far-si largo’ con più intensità, è stato quello del diritto di famiglia. Con sempre maggiore frequenza si registrano infatti pronunce che aprono i rapporti familiari all’ingresso del-la responsabilità civile, con conseguente possibilità di richiedere (e, spesso, di ottene-re) la liquidazione proprio del danno esistenziale.

Una analisi ampia delle problematiche sottese alla incidenza, via via sempre più massiccia, del diritto comune, del diritto dei contratti e della responsabilità civile, nelle relazioni familiari, la si trova in M.R. Marella, Il diritto delle relazioni familiari fra stra-tificazioni e ‘resistenze’. Il lavoro domestico e la specialità del diritto di famiglia, in Riv. crit. dir. priv., 2010, 233-272. Dello stesso A., anche in una prospettiva di analisi com-parata delle problematiche concernenti il diritto di famiglia, si può far riferimento a tre ulteriori lavori: un saggio dal titolo Critical Family Law, in American University Journal of Gender, Social Policy & the Law, 2011, vol. 19, n. 2, 721-754; un altro sag-gio, scritto unitamente a G. Marini, dal titolo Famille, in M. Troper e D. Chagnollaud (a cura di), in Traité international de droit constitutionnel, 2012, t. 3, Dalloz; e, infine, un recentissimo lavoro monografico, scritto con G. Marini, Di cosa parliamo quando parliamo di famiglia. Le relazioni familiari nella globalizzazione del diritto, Bari, 2014.

Per un quadro aggiornato delle tesi dottrinarie a favore e contro l’ingresso della responsabilità civile in campo familiare e per una ricostruzione del formante giuri-

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LA CONFIGURAZIONE DEL DANNO NON PATRIMONIALE 117

5. Cass., Sez. Un., nn. 26972-26973-26974-26975/2008

Dopo le citate sentenze del 2003, che hanno inteso rimodel-lare il sistema complessivo del danno alla persona, ci si aspettava da parte di tutti gli operatori del diritto interventi di consolida-mento e chiarimento della operazione esegetica effettuata dalla Cassazione e dalla Corte costituzionale.

Così non è stato. Si è viceversa assistito, sia in dottrina che in giurisprudenza,

ad ulteriori ripiegamenti ed a reiterati (e non di rado preconcet-ti) arroccamenti su posizioni nuovamente contrapposte che face-vano riferimento più a questioni nominalistiche che sostanziali: vere e proprie dispute che anziché cercare di sviluppare i concet-ti elaborati dalle sentenze del 2003, hanno riguardato quasi e-sclusivamente il tema del danno esistenziale25, ponendosi nei confronti dell’argomento in maniera spesso acritica.

Proprio a causa della situazione di incertezza determinatasi nel corso degli anni in conseguenza di decisioni spesso discor-danti, nel febbraio 2008, la III° sezione della Suprema Corte (rel. Travaglino), ha depositato l’ordinanza interlocutoria n. 4712/ 2008, con la quale, gli atti del procedimento riguardante, in par-ticolare, la questione della configurabilità autonoma del danno esistenziale (ma, più in generale, la ridefinizione dell’intero setto-re del danno alla persona), sono stati rimessi al primo presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite26.

__________

sprudenziale, sia consentito il rinvio a G. Ramaccioni, I c.d. danni intrafamiliari: osser-vazioni critiche sul recente dibattito giurisprudenziale, in Riv. crit. dir. priv., 2006, 1, 175 ss.

25 Limitandoci, per quel che qui ci interessa, alla analisi del solo formante giuri-sprudenziale successivo alle sentenze del 2003, sostengono la tesi esistenzialista: Cass., sez. un., 24.3.2006, n. 6572, in Foro it., 2006, 5, 1343 ss.; Cass. 12.6.2006, n.13546, in Dir. famiglia, 2007, 1, 93 ss.; Cass. 2.2.2007, n. 2311, in Foro it., 2007, 3, 747 ss.; Cass. 12.2.2008, n. 3284, in Resp. civ. e prev., 2008, 5, 1057 ss. Sul fronte opposto, sostengo-no la tesi anti-esistenzialista: Cass. 15.7.2005, n. 15022, in Foro it., 2006, 5, 1344 ss.; Cass. 9.11.2006, n. 23918, in Giust. civ. Mass., 2006, 11; Cass. 20.4.2007, n. 9510, in Guida al dir., 2007, 19, 44 ss.; Cass. 27.6.2007, n. 14846, in Guida al dir., 2007, 39, 57 ss.

26 Il testo completo della ordinanza (Cass., ord. interlocutoria, 25.2.2008, n. 4712) si può leggere in Corr. giur., 2008, 5, 621 ss.; da leggere é anche, di seguito,

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PARTE TERZA – CAPITOLO VII 118

Successivamente, nel novembre 2008 le Sezioni unite, con quattro sentenza (le nn. 26972-73-74-75/2008)27, rispondendo ai quesiti posti dalla III° sezione28, hanno risolto il contrasto giuri-sprudenziale negando la autonomia funzionale della categoria del danno esistenziale: «Il danno non patrimoniale - scrivono i giudici della Corte - é categoria generale non suscettiva di suddi-visione in sottocategorie variamente etichettate. In particolare, non può farsi riferimento ad una generica sottocategoria deno-minata «danno esistenziale» perché attraverso questa si finisce per portare anche il danno non patrimoniale nell’atipicità in cui tuttavia confluiscono fattispecie non necessariamente previste dalla norma ai fini della risarcibilità di tale tipo di danno, mentre tale situazione non é voluta dal legislatore ordinario». In questo modo, chiarisce la Corte: «sono palesemente non meritevoli della tutela risarcitoria, invocata a titolo di danno esistenziale, i pre-__________

l’interessante commento di M. Franzoni, Prove di assetto per il danno non patrimonia-le: alcune suggestioni (pag. 626 ss.).

27 Cass., sez. un., 11.11.2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, in Guida al dir., 2008, 47, 18 ss.

Già dai primissimi commenti alla sentenza, la querelle intorno al danno esisten-ziale non sembra essersi sopita: per una valutazione favorevole della pronuncia, si rin-via a G. Comandé, Un’autentica estensione di tutela che cancella solo “diritti immagina-ri”, in Guida al dir., 2008, 47, 34 ss., e – per una valutazione contra – si rinvia a P. Cendon, L’urlo e la furia: commento a Cass. Sez. U. 26972/2008, in NGCC, 2009, n. 2, 71-80.

Le sentenze sono state poi oggetto di numerosissime annotazioni: una analisi ampia e dettagliata è quella di F.D. Busnelli, … e venne l’estate di san Martino, in Il danno non patrimoniale. Guida commentata alle decisioni delle S.U. 11 novembre 2008, nn. 26972/3/4/5, G. Ponzanelli-M. Bona (a cura di), Milano, 2009; sempre in riferi-mento a quest’ultimo lavoro curato da Ponzanelli e Bona, di particolare rilievo è l’indagine effettuata da S. Patti, Le Sezioni Unite e la parabola del danno esistenziale, 297 ss. Le suindicate decisioni delle Sezioni Unite e più in generale il tema del danno non patrimoniale è stato di recente oggetto di una approfondito studio da parte di F.D. Busnelli e S. Patti con il saggio, Danno e responsabilità civile, III ed., Torino, 2013 (cfr., in part., le sez. II e III, p. 59 ss.).

28 L’ordinanza di rinvio è infatti così strutturata: in 14 punti viene descritto lo stato di fatto del danno esistenziale attraverso la sua storia; in 8 ulteriori punti, che costituiscono l’ubi consistam dell’ordinanza, vengono posti altrettanti quesiti alle Se-zioni unite; nei conclusivi 9 punti, con cui si chiede alle medesime Sezioni unite di confermare o eventualmente modificare alcuni assunti.

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LA CONFIGURAZIONE DEL DANNO NON PATRIMONIALE 119

giudizi consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed in ogni altro tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita quotidiana che ciascuno conduce nel contesto sociale, ai quali ha prestato tutela la giustizia di prossimità». Pertanto, conclude la Cassazione, fuori dei casi stabiliti dalla legge ordina-ria, «solo la lesione di un diritto inviolabile della persona concre-tamente individuato é fonte di responsabilità risarcitoria non pa-trimoniale».

Viene quindi delineato un sistema bipolare dell’illecito e-xtracontrattuale, articolato in una fattispecie tipica ed una atipi-ca: a) In base all’articolo 2043 c.c. vanno risarciti tutti i danni pa-trimoniali subiti da un soggetto, senza predeterminazione di leg-ge (atipicità del danno patrimoniale). b) In base all’articolo 2059 c.c. devono essere risarciti tutti i danni non patrimoniali, ma solo se ed in quanto siano previsti dalla legge (tipicità del danno non patrimoniale).

In altre parole, il Supremo Collegio ha accolto l’idea di un danno non patrimoniale tipizzato e risarcibile esclusivamente nei casi di violazione di diritti costituzionalmente qualificati, elimi-nando le categorie concettuali, anche al fine di evitare duplica-zioni di voci risarcitorie nonché risarcimenti inerenti a danni cd. bagattellari. La sentenza, infatti, ribadisce e sottolinea che il danno non patrimoniale è risarcibile solo nei casi previsti dalla legge, i quali si dividono in due gruppi: (i) l’ipotesi in cui il fatto illecito integri gli estremo di reato; (ii) l’ipotesi in cui la risarcibi-lità del danno patrimoniale, pur non essendo prevista da una norma di legge ad hoc, deve ammettersi sulla base di una inter-pretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c.29.

__________ 29 Un primo dato problematico può essere il seguente: non è del tutto chiaro

quali siano tali diritti costituzionalmente qualificati; sul punto le Sezioni unite non pe-rimetrano tale nozione, lasciando spazio alle singole interpretazioni caso per caso, fermo restando l’ammissibilità di interpretazioni non rigorose per merito della clausola generale dell’art. 2 Cost. (i diritti inviolabili della persona non sono un numerus clau-sus). Il danno non patrimoniale è, pertanto, tipico nel senso che è necessario indivi-duare il referente costituzionale vulnerato, ma aperto ad interpretazioni estensive (co-me se si trattasse di una tipicità anomala, per certi versi). La nostra Carta ha infatti po-

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PARTE TERZA – CAPITOLO VII 120

Per tale via interpretativa, le Sezioni unite sono giunte ad af-fermare che il danno non patrimoniale costituisce una categoria ampia ed omnicomprensiva, all’interno della quale non è possi-bile ritagliare ulteriori sottocategorie, se non con valenza mera-mente descrittiva30. In questo senso, dalla lettura della sentenza si può riscontrare - nonostante la chiusura secca nei confronti del danno esistenziale (e non solo) - una rilevante apertura in fa-vore della persona umana e dei sui aspetti dinamico-relazionali, e ciò avviene attraverso una nuova sistemazione e definizione del danno alla persona: si è passati dal danno esistenziale, come ca-tegoria, all’ingiustizia costituzionalmente qualificata.

Quella che viene proposta è allora una visione prospettica diversa: non vi è più una categoria (o più categorie), ma una serie di danni relativi a lesioni di diritti inviolabili della persona uma-na, da verificare ed individuare di volta in volta, attraverso una lettura combinata dell’art. 2059 c.c. con la Grundnorm. La rilet-tura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., come norma deputata alla tutela risarcitoria del danno non patrimoniale inte-so nella sua più ampia accezione, riporta il sistema della respon-sabilità aquiliana nell’ambito della bipolarità che vede l’art. 2043

__________

che norme di immediata applicazione precettiva, ma le altre trovano applicazione nelle leggi, e nell’interpretazioni giurisprudenziali, o nelle opinioni dei dottori. E - soprat-tutto - il riconoscimento dei diritti inviolabili di cui all’art. 2 (che, come già evidenzia-to, non sono un numerus clausus), rimanda ad una realtà sociale in continua evoluzio-ne. E l’art. 2, in combinazione con il 3, diventa la fucina dei nuovi diritti: attraverso una lettura aperta, aggiornata ai tempi che corrono, dinamica della Costituzione. Co-stituzione che pertanto ci mostra diritti in divenire, al passo con i tempi, che richiedo-no tutela risarcitoria integrale: per cui questa (presunta) tipicità, come dire, non sem-brerebbe pura, ma relativa! Si veda, in proposito, M. Barcellona, Il danno non patri-moniale, op. ult. cit., 73.

30 Oltre a negare l’esistenza di una autonoma sottocategoria denominata danno esistenziale, le Sezioni unite - proprio con l’intento di ridefinire complessivamente la materia del danno alla persona - ha anche stabilito che è scorretto e non conforme al dettato normativo pretendere di distinguere il cd. danno morale soggettivo, inteso quale sofferenza psichica transeunte, dagli altri danni non patrimoniale, poiché la sof-ferenza morale non è che uno dei molteplici aspetti di cui il giudice deve tener conto nella liquidazione dell’unico ed unitario danno non patrimoniale, e non un pregiudizio a sé stante.

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LA CONFIGURAZIONE DEL DANNO NON PATRIMONIALE 121

c.c. demandato alla cura dei danni patrimoniali, l’art. 2059 c.c. ai danni non patrimoniali.

La risarcibilità del danno non patrimoniale postula, pertan-to, sul piano dell’ingiustizia del danno, la selezione degli interessi dalla cui lesione consegue il danno. Selezione che avviene a livel-lo normativo, negli specifici casi determinati dalla legge o, in via di interpretazione, da parte del giudice, chiamato ad individuare la sussistenza, alla stregua della Costituzione, di uno specifico di-ritto inviolabile della persona necessariamente presidiato dalla minima tutela risarcitoria31.

6. I limiti del rimedio risarcitorio nella vicenda del danno alla persona e, in particolare, nella disciplina del trattamento dei dati personali

Verificato il percorso evolutivo impresso al danno non pa-trimoniale dal formate giurisprudenziale e dottrinale, non rima-__________

31 Gli altri aspetti valutati dalle Sezioni unite - che sono di grande momento, ma meno rilevanti ai fini del discorso che si conduce con il presente scritto - sono, riassun-tivamente, la responsabilità contrattuale, la liquidazione del danno non patrimoniale e la prova del danno non patrimoniale: (i) per quanto riguarda la responsabilità contrat-tuale, viene precisato che, anche dall’inadempimento di una obbligazione contrattuale può derivare un danno non patrimoniale, che sarà risarcibile nei limiti ed alle condi-zioni già precisate (e, quindi, o nei casi espressamente previsti dalla legge o quando l’inadempimento abbia leso in modo grave un diritto alla persona tutelato dalla Costi-tuzione). Per arrivare a tale risultato esegetico la Corte esalta lo strumento normativo fornito dall’art. 1174 c.c. (relativo al c.d. interesse non patrimoniale a cui deve corri-spondere la prestazione oggetto della obbligazione). Interessante è inoltre l’appli- cazione dell’art. 1223 c.c. al danno non patrimoniale, con la conseguenza che dovrà essere risarcito non solo la perdita, ma anche il mancato guadagno: nell’ipotesi di dan-no biologico, ad esempio, non si dovrà tenere presente solo la perdita di una parte del corpo, ma anche le mancate utilità derivanti da tale perdita (rinunce forzate a stare con i figli, giocare con loro, oppure stare con la moglie, guidare, ecc.), purché individuate a livello costituzionale; accogliendo pure tesi estensive, per merito della clausola genera-le dell’art. 2 Cost.; (ii) per quanto concerne la liquidazione del danno, viene ribadito che il danno non patrimoniale - a prescindere dai tipi di pregiudizio che possono esse-re, per esigenze descrittive, in vario modo denominati - deve essere risarcito in modo integrale anche ricorrendo ad una valutazione equitativa ex art. 1226 c.c.; (iii) per quanto attiene alla prova del danno, viene ammesso che essa possa fornirsi anche con presunzioni semplici, fermo restando però l’onere del danneggiato di fornire gli ele-menti di fatto dai quali desumere l’entità di tale pregiudizio.

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PARTE TERZA – CAPITOLO VII 122

ne che analizzare la funzione del rimedio risarcitorio nel contesto dei diritti della persona e, più in particolare, nella materia del trattamento dei dati personali.

Cominciamo subito con il dire che l’utilizzazione dello strumento risarcitorio nella vicenda dei diritti della personalità ha subito molte critiche. Alcune attengono, da una parte, al ca-rattere non patrimoniale di questi ultimi, che rende disomogeneo lo strumento di ristoro con il tipo di pregiudizio subito dal dan-neggiato e, dall’altra, alle difficoltà relative alla prova dell’an del-la lesione e del quantum.

Fatta questa necessaria precisazione, sembra opportuno af-frontare – seppur in maniera sintetica, non costituendo l’oggetto precipuo della analisi che si sta conducendo – il problema con-cernente la determinazione effettiva del risarcimento32: ovvia conseguenza della difficoltà (rectius: impossibilità) di tradurre e rappresentare in una prestazione pecuniaria i valori della perso-na una volta che siano stati lesi; valori che per definizione non sono ricostruibili attraverso alcun enunciato risarcitorio, e per i quali non esiste nessun valore sostitutivo con funzione ricostitu-tiva33.

Sul piano della fattispecie il danno non patrimoniale, infatti, evidenzia, a prima vista, la grande difficoltà di agganciare l’obbligo risarcitorio ad un fattore che patrimoniale non é. In al-

__________ 32 È opportuno sottolineare come alcune difficoltà e problemi sotto il profilo

probatorio e processuale sembrerebbero risolti dall’art. 15 del D.Lgs. 196/03, il quale mira ad attenuare le difficoltà probatorie, traslando il relativo onere sul soggetto che svolge l’attività di trattamento. Anche se di ‘attività’ si tratta, è stato già detto che il rinvio all’art. 2050 c.c. deve intendersi come un modo infelice di conseguire i suddetti effetti processuali, piuttosto che una consapevole manifestazione di voluntas legis volta a considerare come intrinsecamente pericolose le attività consistenti in raccolta, deten-zione e manipolazione dei dati. In tal senso G. Comandè, Privacy informatica: prospet-tive e problemi, in Danno e resp., 1997, 148.

33 Sul piano dell’enunciato risarcitorio, infatti, l’art. 2043 c.c. sancisce la corri-spondenza del diritto originario a suo valore monetario e la intercambiabilità tra i due valori. Sul punto, si rimanda a M. Barcellona, Funzione e struttura della responsabilità civile: considerazioni preliminari sul “concetto” di danno aquiliano, in Riv. crit. dir. priv., 2004, 211-234.

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LA CONFIGURAZIONE DEL DANNO NON PATRIMONIALE 123

tre parole, la lesione di un valore della persona - in quanto tale non ricostruibile - determina conseguenze (non patrimoniali, appunto) che non possono essere misurate in denaro, se non con grandissima difficoltà e con un elevatissimo grado di arbitrarie-tà34.

Alla luce di queste prime osservazioni e di quanto analizzato nei paragrafi precedenti, è possibile formulare alcune considera-zioni che riassumono le elaborazioni di parte della dottrina e possono essere utili per meglio comprendere il problema e pro-seguire nella trattazione:

a) Il concetto di danno alla persona non si basa sullo stesso enunciato su cui si è costruita la nozione di danno come lesione di un bene giuridico35.

b) La funzione risarcitoria della responsabilità civile nella logica del nostro Codice è, sotto il profilo della strategia concet-tuale-sistematica adottata, riferita a valori economici36; ed infatti __________

34 Sul punto sono evidenti le difficoltà e gli imbarazzi della giurisprudenza. Tale situazione è puntualmente registrata da S. Chiarloni, Su taluni aspetti processuali del risarcimento del danno per lesione dei diritti della personalità, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1995, 1181 ss.

35 In tal senso, di particolare interesse, si mostra la riflessione di D. Messinetti, I nuovi danni. Modernità, complessità della prassi, e pluralismo della nozione giuridica di danno, in Riv. crit. dir. priv., 2006, 543 ss., il quale mette in luce la «la (…) capacità del concetto giuridico di persona a istituire un punto di vista omogeneo per la compren-sione sub specie juris di una fenomenologia del reale non riconducibile al paradigma utilitaristico proprio del mercato e governata dalle sue regole. Pertanto, questa signifi-catività assoluta ed escludente del concetto di persona non sta ad indicare soltanto che l’interesse ad essa sotteso è giuridicamente protetto, ma indica anche che la sua prote-zione si conforma ad una logica determinata, fortemente caratterizzata, diversa e di-stinta da quella propria del mercato».

36 Sul piano normativo, infatti, l’enunciazione della tutela risarcitoria presuppo-ne un doppio passaggio: attraverso la traduzione in un obbligo monetario, si produce in primo luogo l’esaurimento dell’enunciato originario e la conseguente estinzioni del diritto sul bene da un lato; mentre dall’altro lato la riducibilità del diritto originario al suo valore monetario, sancita in sede rimediale, determina la equivalenza e quindi la intercambiabilità tra i due valori. Questa prospettiva è efficacemente delineata e com-piutamente argomentata da D. Messinetti, Danno giuridico [voce aggiornata 1997], in Enc. dir., vol. I, 469, il quale evidenzia, inoltre, che in siffatta equivalenza (tra il diritto originario sul bene e valore monetario) sta l’essenza intima della funzione risarcitoria della responsabilità civile come componente ed elemento del mercato.

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PARTE TERZA – CAPITOLO VII 124

la patrimonialità degli interessi tutelati rende il risarcimento ri-medio idoneo a ricostituire in modo tendenzialmente perfetto posizioni giuridiche soggettive di stampo proprietario. È chiaro, allora, che quando si prospetta una lesione di un valore persona-le, l’attribuzione risarcitoria (ma il discorso vale anche per quella in forma specifica), tipica della responsabilità civile, non può es-sere efficacemente utilizzata, se non in modo indiretto e traslato. In tale contesto, infatti, una volta leso un valore della persona questo non potrà essere più ricostituito e quindi lo strumento di tutela rimediale di tipo reintegrativo, come previsto dal sistema approntato dagli artt. 2043 e 2058 c.c.37, si mostra evidentemen-te inadeguato38.

Conseguentemente, secondo le considerazioni sopra svolte, risulta evidente che la commisurazione dell’entità del danno in base alla sofferenza del danneggiato rappresenta un obiettivo il-lusorio; e ciò anche perché, nelle sue varie configurazioni, la ri-

__________ 37 Sul carattere simbolico della attribuzione risarcitoria nelle situazioni in cui si

concretizza un danno alla persona, si rinvia alle osservazioni di D. Messinetti, op. ult. cit., 549, il quale afferma «È chiaro che quando si prospetta la lesione di un valore per-sonale, l’attribuzione risarcitoria non può che avere solo un effetto simbolico o sostitu-tivo, in quanto tale effetto rimanda a qualcos’altro che non è compreso nella enuncia-tività tipica della funzione di una prestazione pecuniaria. È evidente infatti che, se rife-rito alla lesione di un valore intrinseco della persona, il significato potenziale della pre-stazione pecuniaria implica inevitabilmente una rielaborazione complessa dell’enunciato, che prescinde dalla funzione riequilibrativa della ricchezza come valore di mercato».

38 In questo senso, cfr. A. Di Majo, L’avventura del danno biologico: considera-zioni in punta di penna, in Riv. crit. dir. priv., 1997, 305, il quale ammonisce circa l’importanza, nel contesto del danno alla persona, di ridefinire l’identità funzionale della tutela risarcitoria. Nella citata direzione, tra i più recenti contributi, cfr. A. Ian-nnarelli, Il danno non patrimoniale: le fortune della “doppiezza”, in Danno e resp., 1999, 601 e 717, che, pur facendo salvo l’impianto fondato sulla dicotomia danno patrimo-niale/danno non patrimoniale, ne offre una aggiornata ricostruzione caratterizzata dal-la disarticolazione di una delle polarità (il danno non patrimoniale)”. Perviene, invece, ad una ‘decostruzione’ della distinzione fra danno non patrimoniale e danno patrimo-niale, la lettura del danno alla persona offerta da D. Messinetti, Danno giuridico [voce aggiornata 1997], cit., 469 ss. e da G. Marini, Una nuova lettura del danno alla persona, in Danno e resp., 1999, 588 ss.

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LA CONFIGURAZIONE DEL DANNO NON PATRIMONIALE 125

parazione del danno non patrimoniale ha ad oggetto un valore idiosincratico39.

Tale situazione è ancor più evidente all’interno del D.Lgs. 196/03, ove le formule aperte utilizzate per la stesura degli arti-coli indicano obblighi di condotta che rendono molto difficile valutare se vi sia stata la violazione e, quindi, il danno.

In conclusione, quanto appena esposto sembra confermare che – sul piano normativo – la tutela risarcitoria (artt. 2043 e 2058 c.c.) ha un campo di elaborazione funzionale completa-mento diverso da quello che caratterizza il danno alla persona: «qui l’enunciato riparatorio del danno, che è affidato alla fun-zionalità della prestazione monetaria, non può avere - e non ha - alcun ruolo nella struttura della formazione del campo rimediale e, quindi, resta estraneo alla stessa nozione di danno rilevante»40; ciò vale per tutta l’area dei diritti della persona ed è pertanto uti-lizzabile anche in riferimento al risarcimento del danno non pa-trimoniale previsto all’art. 15 della disciplina sul trattamento dei dati personali.

In questo quadro di riferimento, una volta constatata l’inadeguatezza del risarcimento monetario, è necessario, ai fini della nostro studio, verificare l’estensione dell’area di risarcibilità del danno non patrimoniale in materia di illecito trattamento dei dati personali.

__________ 39 Il punto è trattato da M. Granieri, Una proposta di lettura sulla tutela risarcito-

ria nella vicenda del trattamento dei dati personali, in Danno e resp., 1998, 221 ss. Cfr., inoltre, S. Sica, sub Art. 29, comma 9, cit., 285 ss.. Più in generale, in tema di quantifi-cazione del valore idiosincratico del bene leso, v. M.R. Marella–G. Marini, La costru-zione sociale del danno, ovvero l’importanza degli stereotipi nell’analisi giuridica, in Riv. crit. dir. priv., 1999, 3 ss., in part. da 16 a 20.

40 Così, D. Messinetti, I nuovi danni. Modernità, complessità della prassi, e plura-lismo della nozione giuridica di danno, cit., 550.

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PARTE TERZA – CAPITOLO VII 126

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CAPITOLO VIII

LA RISARCIBILITÀ DEL DANNO NON PATRIMONIALE NELLA DISCIPLINA DI CUI AL D.LGS. 30 GIUGNO 2003, N. 196

SOMMARIO: 1. La risarcibilità del danno non patrimoniale ex art. 15 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196. – 2. Il danno non patrimoniale: le condizioni di risarcibilità e l’effettività del pregiudizio. – 3. Clausola di ingiustizia del danno e tipizzazione dei danni ‘tecnici’. Dal danno-conseguenza alla an-tigiuridicità della condotta: profili preventivi e sanzionatori della tutela. – 3.1. Il criterio di ingiustizia del danno. – 3.2. Il concetto di evento dannoso (in quanto effetto di una condotta). – 3.3. Il contesto normati-vo e sistematico nel quale la disciplina sul trattamento dei dati personali si inserisce. – 3.3.1. La fonte legale. – 3.3.2. La fonte giudiziale. – 4. Al-cune sintetiche conclusioni sul tema trattato in questo capitolo.

1. La risarcibilità del danno non patrimoniale ex art. 15 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196

In tale ambito sembra proprio che la L. 675/96, prima, ed il D.Lgs. 196/03, poi, abbiano mostrato un’evidente intenzione di ampliare l’area di risarcibilità del danno non patrimoniale. Quest’ultimo, infatti, non solo viene espressamente dichiarato «risarcibile anche» fuori dalle ipotesi di reato previste o meno dalla normativa speciale; ma ne viene, altresì, marcata nettamen-te la differenza con il danno morale1, finendo, per tale via, a dare __________

1 La Corte costituzionale, con la sentenza 27.10.1994, n. 372, in Resp. civ. prev., 1994, 976 ss., con nota di E. Navarretta, aveva evidenziato la differenza tra la nozione di «danno morale» e quella di «danno non patrimoniale», sicché la scelta del legislato-re di non circoscrivere al solo danno morale la risarcibilità, nel caso di illecito tratta-mento dei dati personali da cui derivi un danno non patrimoniale, è da considerarsi frutto di una precisa valutazione di politica del diritto. La non coincidenza dei confini tra danno morale e danno non patrimoniale è ora confermata dalle sentenze della Su-prema Corte 31.5.2003, nn. 8827 e 8828, in Foro it, cit. e della Corte costituzionale

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PARTE TERZA – CAPITOLO VIII 128

rilevanza giuridica ad una pluralità di valori, la cui lesione è spesso priva di immediati risvolti patrimoniali2.

A fronte di tali considerazioni, il nodo problematico fon-damentale3 sembra diventare il seguente, così sintetizzabile: se il danno non patrimoniale cagionato da illecito trattamento di dati, sia risarcibile indipendentemente dal fatto che si sia in concreto realizzato un danno (ma solo per la mera commissione di un wrongful act), o se, al contrario, anche in presenza di un’accla- rata illiceità nelle modalità di trattamento dei dati, al fine di di-chiarare la risarcibilità del danno non patrimoniale occorra re-cuperare un momento di necessaria verifica della reale consi-stenza del pregiudizio lamentato4, sul solco del tradizionale mo-dello riparatorio, in cui solo le conseguenze pregiudizievoli pos-sono essere oggetto di risarcimento.

__________

30.6-11.7.2003, n. 233, in Foro it., cit., che hanno realizzato una vera e propria opera di rilettura sistematica del danno non patrimoniale.

2 In tal senso v. F. Di Ciommo, Il danno non patrimoniale da trattamento dei dati personali, cit., 271. Inoltre, in proposito, E. Navarretta, Commento sub art. 29, comma 9°, in C.M. Bianca – F.D. Busnelli (a cura di), Tutela della “privacy”, in Nuove leggi civ. comm., 1999, in part. 688, la quale osserva come «la ricostruzione […] che sembra ri-cavarsi su un piano meramente testuale è che l’art. 29, comma 9°, si affianchi agli altri casi di risarcibilità dei danni non patrimoniali previsti dalle norme penali e specifica-mente dagli artt. 34-37 della L. n. 675 del 1996 (…)», ed aggiunge: «L’interpretazione della nuova fattispecie deve essere, dunque, tale da preparare il terreno per un’evoluzione ermeneutica dell’intero art. 2059 c.c., traducendosi nella norma guida capace di incoraggiare lo sviluppo interpretativo della materia, con riguardo a tutti i diritti della personalità (…)».

3 Vale qui, ancora una volta, l’osservazione di A. Di Majo, L’avventura del danno biologico: considerazioni in punta di penna, in Riv. crit. dir. priv., 1997, 305, per cui l’interprete è chiamato ad affrontare non tanto il problema dell’allargamento dell’area dei danni risarcibili, quanto quello di ridefinire l’identità funzionale della tutela risarci-toria.

4 Contrari ad una lettura in chiave sanzionatoria del sistema della responsabilità civile operante in materia di privacy, si dichiarano P. Ziviz, Trattamento dei dati perso-nali e responsabilità civile: il regime previsto dalla legge 675/96, in Resp. civ., 1997, 1307 ss.; E. Navarretta, op. ult. cit., 693 ss.; M. Franzoni, Dati personali e responsabilità civile, in Resp. civ. prev., 1998, 908 ss.; V. Colonna, Il sistema della responsabilità civile da trattamento dei dati personali, in R. Pardolesi (a cura di), Diritto alla riservatezza e circolazione dei dati personali, Milano, 2003, in part. 69.

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LA RISARCIBILITÀ DEL DANNO NON PATRIMONIALE 129

Gli argomenti appena trattati rimarcano, ancora una volta, la necessità che qualsivoglia approccio al tema dei danni non pa-trimoniali - nello specifico, quelli riconducibili al trattamento dei dati personali - sia condotto mettendo ad esponente lo strumen-to risarcitorio (quale mezzo di riattribuzione di una ricchezza perduta, attuata attraverso il medium denaro5), al fine di indivi-duare la funzione che si vuole riconoscere alla responsabilità ci-vile in subiecta materia.

2. Il danno non patrimoniale: le condizioni di risarcibilità e l’effettività del pregiudizio

Siamo, infine, giunti a quello che può essere considerato come uno dei punti salienti della presente ricerca e che potrebbe essere efficacemente introdotto con il porsi una domanda: qual’è l’evento dannoso preso in considerazione dal D.Lgs. 196/03 ai fini risarcitori?

__________ 5 La felice definizione è data da D. Messinetti, Danno giuridico, cit., in part. 470,

il quale qualifica il «medium denaro» come «il mezzo di comunicazione della finalità risarcitoria». L’Autore, infatti, rifiuta, in quanto non dimostrabile, l’idea di «una neu-tralità» dell’obbligazione risarcitoria, ossia una sua indipendenza dalla razionalità si-stematica che è chiamata ad assolvere, a meno che non si accetti una logica che separi la forma e la sostanza dei concetti e dei sistemi in cui sono inseriti: «se il danno di cui il soggetto risponde è quello che costituisce il contenuto dell’ obbligazione, ciò significa che la forma assunta in tale struttura è quella che il sistema elabora, in conformità del-le regole giuridiche date, in vista e ai fini della funzione risarcitoria». In questo conte-sto, la funzione del denaro realizza un doppio risultato: a) «produce un effetto di as-similazione del concetto di danno (e della conseguente finalità riparatoria) alla funzio-nalità dei processi economici, della cui finalità, proprio in virtù del medium denaro, il concetto stesso funzionalmente partecipa, assorbendone il carattere di strumentalità»; b) «rende possibile la sostituzione di valori (il valore monetario si sostituisce a quello specificamente leso) per realizzare l’effetto riparatorio». Ed è proprio tale sostituzione di valori a consentire di cogliere «il senso dei processi che si attuano attraverso l’utilizzazione del denaro come mezzo di comunicazione della finalità risarcitoria»: essa implica infatti «un vero e proprio mutamento di prospettiva del contesto, dall’attività solitaria (dannosa) all’interazione sociale del concetto di danno, il quale in virtù delle strutture create dal denaro diventa elemento di rapporti intersoggettivi e, in quanto tale, è idoneo a produrre diritti e obblighi». Su alcuni di questi aspetti, v. an-che, da ultimo, A. Donati, Danno non patrimoniale e solidarietà, 2004, 42 ss.

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PARTE TERZA – CAPITOLO VIII 130

Questo sarà, dunque, il punto da utilizzare come tema cen-trale della discussione e su cui, pertanto, occorrerà soffermare l’attenzione.

Qui, come detto, le possibili opzioni sembrano essere due: 1) il danno quale conseguenza connaturata della mera viola-

zione delle regole sul trattamento dei dati, in una dimensione, quindi, in cui l’evento dannoso consiste nella stessa esplicazione di una condotta vietata (e, quindi, antigiuridica);

2) il danno che si concretizza in un pregiudizio reale ed ef-fettivo ad un bene oggetto di un interesse soggettivo giuridica-mente protetto.

È evidente come, in questa analisi, entrino in gioco temi e questioni che ci portano a riflettere in merito al modello funzio-nale assunto dalla responsabilità civile nel nostro sistema e, in particolare, nella disciplina in esame.

Qualora, infatti, si condivida la prima opzione ermeneutica, il sistema di responsabilità che così verrà a delinearsi, apparirà incentrato sull’accertamento della illiceità del trattamento, con la conseguenza che la selezione del danno risarcibile dovrà colle-garsi ad un comportamento specifico del soggetto, costruito se-condo una determinata forma (la condotta) prestabilita; con ciò portando ad una identificazione del concetto di danno nella stes-sa antigiuridicità della condotta e, quindi, nella lesione del bene protetto e non nel pregiudizio in concreto subito. Conseguente-mente, attraverso tale linea interpretativa, si verrà a determinare una obbligazione risarcitoria caratterizzata da una significativa accentuazione della funzione preventiva e sanzionatoria rispetto alla funzione riparatoria6.

__________ 6 Parte della dottrina evidenzia la propria contrarietà ad una lettura sanzionato-

ria del sistema di responsabilità civile in materia di privacy, cfr., per gli opportuni rife-rimenti bibliografici, supra, nota 69. Diversa appare la posizione di M. Granieri, Una proposta di lettura sulla tutela risarcitoria nella vicenda del trattamento dei dati persona-li, in Danno e resp., 1998, 221 ss.; S. Sica, “Danno” e “nocumento” nell’illecito tratta-mento dei dati personali, in Diritto informazione e informatica, 2004, 715 ss.; sul punto particolarmente significativi sono i rilievi di A. Procida Mirabelli di Lauro, il quale ha dedicato diversi studi alla critica della ermeneutica bipolare: cfr., ad esempio, L’art.

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LA RISARCIBILITÀ DEL DANNO NON PATRIMONIALE 131

Viceversa, aderendo alla seconda soluzione prospettata, do-vrà ammettersi che la obbligazione risarcitoria scatti soltanto in presenza di un pregiudizio che potrà essere di ordine patrimo-niale o non patrimoniale7 (in una logica aderente al tradizionale modello riparatorio proprio della responsabilità civile).

__________

2059 c.c. va in paradiso, in Danno e resp., 2003, 831 ss.; Il danno ingiusto (dall’ermeneutica “bipolare” alla teoria generale e “monocentrica” della responsabilità civile). Parte I – Ingiustizia, patrimonialità e risarcibilità del danno nel “law in action”, in Riv. crit. dir. priv., 2003, 53 ss. e Il danno ingiusto, cit., Parte II, 219 ss. In questi la-vori l’Autore evidenzia la propria preferenza per una lettura del sistema della respon-sabilità civile che poggi su criteri di tipo strutturale e funzionale, sì da attribuire all’art. 2043 c.c. la finalità di compensation di qualsiasi danno, compresi i danni c.d. neurolo-gico, psicologico, psichico ‘puro’ o riflesso, morali soggettivi, da morte, esistenziale, biologico, purché ingiusti e sempre che se ne accerti, in sede medico-legale o con qual-siasi altro mezzo di prova, la sussistenza; mentre all’art. 2059 c.c. la finalità satisfatto-ria-punitiva per riparare, ma «solo nei casi determinati dalla legge», quei danni che sono caratterizzati da una particolare antigiuridicità, in quanto arrecati sulla base di condotte illecite che integrino una fattispecie astratta di reato. Nell’ambito di una ri-cognizione complessiva del danno non patrimoniale, si rinvia anche alle interessanti note di A. Iannarelli, Il danno non patrimoniale: le fortune della “doppiezza”, in Danno e resp., 1999, in part. 610.

7 In chi aderisce a tale opzione ermeneutica si può riscontrare una ulteriore dif-ferenziazione. Infatti la dottrina che condivide tale orientamento, pur ammettendo l’esigenza di un criterio sulla base del quale decidere quando la violazione dei principi contenuti nell’art. 11 del D.Lgs. 196/03 comporti la risarcibilità del danno non patri-moniale – in quanto, altrimenti, si presterebbe il fianco ad eventuali azioni pretestuose che potrebbero assecondare un ricorso abusivo ai mezzi di tutela risarcitoria – indivi-dua, di fatto, criteri diversi: (a) per alcuni il criterio prescelto consiste nella «qualifica-zione dell’ingiustizia del danno in termini di una certa gravità dell’offesa che compen-si, nel caso dei danni non patrimoniali, l’impossibilità di dimostrare con certezza ed obiettività il pregiudizio», e si completa nella circostanza per cui «l’eventuale dimo-strazione aggiuntiva da parte dell’attore di una particolare gravità della colpa o addirit-tura del dolo nel trattamento illecito dei dati personali, gravità soggettiva eventual-mente desumibile dall’inosservanza dei provvedimenti giudiziali o del garante […], siano in qualche modo rilevanti nel giudizio sulla quantificazione dei danni non patri-moniali», così E. Navarretta, cit., 695. Simile la posizione di G. Vettori, Privacy e dirit-ti dell’interessato, in Resp. civ. prev., 1998, 898. (b) Per altri il discrimen per giungere ad una condanna al risarcimento del danno è «l’accertamento della concreta materia-lizzazione del danno inteso come lesione di un bene oggetto di un interesse tutelato», così. F. Di Ciommo, Il danno non patrimoniale da trattamento dei dati personali, cit., 274.

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PARTE TERZA – CAPITOLO VIII 132

Bisogna dire subito che il nodo problematico appena evi-denziato nella forma di una duplice opzione ermeneutica, può essere sciolto - attraverso tecniche esegetiche rigorose ed adegua-te - in entrambe le direzioni, determinando così le incertezze e le contraddizioni tipiche di qualunque situazione aporetica.

Sembra però, nel settore in esame, preferibile la soluzione per prima richiamata, quella cioè contraddistinta dalla identifi-cazione del concetto di danno nella stessa antigiuridicità della condotta; soluzione che apre la porta alla possibilità di ricostrui-re la figura rimediale prevista dall’art. 15 del D.Lgs. 196/03, at-traverso la valorizzazione e accentuazione della funzione sanzio-natoria e preventiva, rispetto alla tipica e tradizionale funzione reintegrativa propria della responsabilità civile8.

Vorremmo però evitare che tale approccio esegetico possa essere letto alla stregua di un semplice espediente retorico, inca-pace pertanto di cogliere l’effettiva sostanza del problema: oc-correrà allora - attraverso una accurata e dettagliata indagine - dimostrare che la disciplina del risarcimento del danno non pa-trimoniale prevista dalla normativa sulla privacy é strutturata in maniera tale da perseguire tali esiti sociali (funzione sanzionato-ria e dissuasiva) e che tali scopi siano incorporati nella regola al punto da determinarne il contenuto in tutto o in parte.

3. Clausola di ingiustizia del danno e tipizzazione dei danni ‘tecnici’. Dal danno-conseguenza alla antigiuridicità della condotta: profili preventivi e sanzionatori della tutela

Così G. Cian concludeva la parte introduttiva del suo noto lavoro monografico, pubblicato quasi cinquant’anni fa9: «Sotto __________

8 Non si può tacere del fatto che l’opzione ermeneutica a cui si intende aderire con il presente lavoro, trova un ampio fronte critico in dottrina, v. per tutti, Il danno non patrimoniale. Principi, regole e tabelle per la liquidazione, E. Navarretta (a cura di), Milano, 2010, in part. 294-295, riguardanti il lavoro di V. Calderai, Il danno non pa-trimoniale da lesione dell’identità e delle riservatezza e il trattamento illecito dei dati personali.

9 G. Cian, Antigiuridicità e colpevolezza. Saggio per una teoria dell’illecito civile, Padova, 1966.

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LA RISARCIBILITÀ DEL DANNO NON PATRIMONIALE 133

questo profilo, desidero chiarire fin d’ora il significato del mio lavoro: esso non mira ad affermare che tutta la disciplina della responsabilità si può fondare sulla figura dell’illecito, bensì a de-lineare quali ne siano i caratteri se e dove questa sia ritenuta co-stituire il presupposto del risarcimento. Sulla presenza, nel dirit-to civile, di una funzione anche preventiva e non soltanto ripara-toria delle lesioni, e sulla correlazione tra il principio della re-sponsabilità da illecito e il concetto di libertà di azione vorrei so-prattutto insistere, dal momento che responsabilità da illecito si-gnifica, secondo me, responsabilità che sorge per un atto di co-sciente violazione di norme. In tale prospettiva, credo sia in de-finitiva rispettato lo spirito più profondo di quanto forma l’essenza del diritto secondo il pensiero occidentale: il dovere concepire, cioè, la norma giuridica come regola di condotta per i singoli individui».

Cercando di far tesoro di questo illuminante monito e affin-ché la prospettiva sanzionatoria e preventiva, che sembra aver assunto, nel contesto in esame, la responsabilità civile, non ap-paia come il cedimento ad una suggestione, si rende necessario analizzare il quadro sistematico in cui si inserisce il D.Lgs. 196/03 e dar conto di ciò che si agita in seno ai vari formanti.

Per rendere l’analisi quanto più puntuale possibile e per meglio focalizzare lo sguardo sulla questione, è sembrato oppor-tuno utilizzare alcuni parametri di riferimento10, attraverso i qua-li verificare la razionalità della opzione esegetica in esame, quali:

(i) il criterio dell’ingiustizia del danno; (ii) il concetto di evento dannoso (in quanto effetto di una

condotta); (iii) il contesto normativo e sistematico nel quale la discipli-

na sul trattamento dei dati personali si inserisce. 3.1. Il criterio dell’ingiustizia del danno. – L’art. 15 del

D.Lgs. 196/03 non utilizza la clausola di ingiustizia quale criterio __________

10 I primi due parametri di riferimento sono stati individuati in quanto elementi fondamentali della fattispecie di responsabilità civile ex art. 2043 c.c.

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PARTE TERZA – CAPITOLO VIII 134

di selezione del danno (normativo) risarcibile11, sottraendo così al giudice ogni valutazione in tal senso.

Questa trasformazione - sicuramente notevole e non di poco conto - porta inevitabilmente, secondo un’autorevole dottrina, al mutamento della struttura dell’enunciato dannoso: dalla valuta-zione del danno in quanto effetto di una condotta (sulla scorta della ‘logica’ esplicitata dall’art. 2043 c.c.), si passa alla conside-razione della condotta in sé stessa12. Ciò, in altre parole, significa - sempre seguendo le strutture argomentative offerte da questa impostazione - che il concetto di danno viene ad identificarsi nella stessa antigiuridicità della condotta; in quello che è stato definito un vero e proprio processo di oggettivizzazione del dan-no13.

__________ 11 Come è noto la clausola di «ingiustizia» serve proprio a selezionare il danno

effettivamente risarcibile, il danno ingiusto appunto. Infatti nel nostro ordinamento non qualunque danno economico è risarcibile, ma soltanto quello ‘normativo’, cioè valutato alla luce del criterio della ingiustizia. Inoltre quando la tutela sub specie damni è espressa da tale clausola significa che vi è una bipartizione di competenze: da una parte il legislatore fissa, ex ante, il criterio secondo cui scrutinare l’effettiva risarcibilità delle lesioni, dall’altra, ex post, il giudice, formula, in sede applicativa e con ampio grado di discrezionalità, la valutazione di ingiustizia. Sul punto specifico v., inoltre, P.G. Monateri, La responsabilità civile, Trattato dir. civ. diretto da R. Sacco, Torino, 1998, 207, il quale ha evidenziato che dal punto di vista operazionale le formulazioni dottrinali fondate sul principio del neminem laedere comportano la devoluzione al giudice del compito di individuare di volta in volta il criterio di decisione. Gli è però che «demandare al giudice non è offrire un criterio; anzi, si demanda proprio perché non si è più in grado di indicargli la soluzione, e si fa, così, appello a locuzioni prive di significato empirico compiuto, come i “mutamenti storici” o la “coscienza sociale”».

12 Così, D. Messinetti, I nuovi danni. Modernità, complessità della prassi, e plura-lismo della nozione giuridica di danno, cit., 552, e più in generale sul tema trattato, §§ 5 e 6.

13 Nel senso che viene utilizzata una tecnica di normazione fondata sulla antigiu-ridicità della condotta, e cioè indirizzata verso forme di tutela oggettive attraverso le quali il rimedio viene azionato per il fatto stesso che é stato posto in essere un compor-tamento antigiuridico e che, quindi, si è compiuta la lesione di un interesse. In altre parole, in ordine alla tematica dei danni, viene così ad essere capovolta l’impostazione tradizionale: non è il comportamento vietato ad essere individuato per il tramite del suo risultato (danno ingiusto), ma è la condotta antigiuridica stessa a diventare il fon-damento del danno e a far acquisire rilevanza e meritevolezza di tutela risarcitoria a quest’ultimo.

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LA RISARCIBILITÀ DEL DANNO NON PATRIMONIALE 135

Questa sembra la novità della tecnica di normazione adotta-ta nella redazione dell’art. 15: l’individuazione di quelli che ven-gono definiti ‘danni tecnici’, con conseguente configurazione in senso oggettivo degli stessi.

Cerchiamo di chiarire il punto. Il nuovo schema che si viene prefigurando è intimamente

connesso con i processi evolutivi estremamente veloci e comples-si che caratterizzano la nostra esistenza. Infatti, in molti settori, l’avvento delle nuove tecnologie ha sicuramente aumentato le possibilità di ledere alcuni diritti fondamentali della persona. E ciò in quanto le nuove aggressioni14 possono essere attuate attra-verso condotte molto sofisticate, dove diventa difficile, se non impossibile, la prova della colpa (del danneggiante) da parte del danneggiato, con una evidente frustrazione delle possibilità di tutela15: ecco quindi come, in determinati ambiti operativi (e la disciplina del trattamento dei dati personali è uno di questi), una effettiva tutela della persona può essere raggiunta solo operando in una dimensione in cui le ipotesi di responsabilità non siano __________

14 Si pensi proprio alla attività di trattamento dei dati personali effettuata attra-verso strumenti informatici capaci, in brevissimo tempo, di archiviare, incrociare, scambiare, selezionare, modificare, aggiornare, diffondere, ecc. un numero potenzial-mente infinito di dati personali, con conseguenti illimitate possibilità di lesione dei diritti della persona. Si pensi poi ai problemi determinati in particolare dalle comuni-cazioni elettroniche (internet nello specifico) che hanno impresso a tali attività ed hai rapporti che si creano nella ‘rete’ una impressionante velocizzazione, con il conseguen-te indiscriminato aumento dei fenomeni di aggressione ai diritti della persona che non possono essere efficacemente controllati. Circa l’impatto che le nuove tecnologie tele-matiche hanno avuto sugli argomenti oggetto di questo studio, giova citare il conside-rando n. 6 della direttiva 2002/58/CE, del parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002 «relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche», nel quale si legge: «Internet ha sconvolto le tradizionali strutture del mercato fornendo un’infrastruttura globale comune per la fornitura di un’ampia serie di servizi di comunicazione elettronica. I servizi di comuni-cazione elettronica accessibili al pubblico attraverso internet aprono nuove possibilità agli utenti ma rappresentano anche nuovi pericoli per i loro dati personali e la loro vita privata».

15 La colpa ed il dolo sono dei criteri basati su valutazioni di carattere soggettivo che inevitabilmente limitano la tutela del danneggiato in quanto la condizionano a specifiche modalità del comportamento del danneggiante.

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PARTE TERZA – CAPITOLO VIII 136

condizionate dal criterio integrativo della ingiustizia e dal prin-cipio soggettivistico dolo/colpa, ma siano, invece, indirizzate verso altre forme di tutela, attraverso cui il rimedio risarcitorio può essere azionato per il fatto stesso che è stata posta in essere la condotta antigiuridica16.

3.2. Il concetto di evento dannoso (in quanto effetto di una

condotta). – La questione, come è evidente, sembra riecheggiare quella nota che riguarda la differenza tra «danno-evento» e «danno-conseguenza»17. Nella normativa sul trattamento dei dati personali - tuttavia - vi sono proprio degli indici che consentono di risolvere il problema in modo peculiare.

Si è già in precedenza analizzato come vi sia chi cerca di percorrere una strada diversa: ricostruire la disciplina in esame, sottolineando il fatto che si presenta caratterizzata da una sensi-bile trasformazione strutturale dell’enunciato dannoso. Con que-sta diversa prospettiva si passa dalla valutazione del danno in quanto effetto di una condotta (art. 2043 c.c.), alla considerazio-ne della condotta in sé stessa.

Inoltre, si è anche detto che la ricostruzione della fattispecie di responsabilità in riferimento alla mera commissione di un wrongful act, si evidenzia necessaria in quanto, nel contesto in esame, l’utilizzazione di una tecnica di normazione fondata sulla ricerca delle conseguenze dannose arretra inevitabilmente la so-glia di tutela18.

Questa cornice argomentativa di riferimento consente di ri-solvere il nodo problematico sopra evidenziato, spostando il di-__________

16 In questo senso D. Messinetti, op. ult. cit., 552, il quale a maggior chiarimento del proprio pensiero, afferma che: «la questione del danno alla persona, riportata alla riprovevolezza in sé della condotta, in considerazione della natura speciale del valore leso, ripropone la rilevanza del valore giuridico della persona nella sua dimensione più propria: la condotta antigiuridica».

17 La distinzione tra «danno evento» e «danno conseguenza» fu affermata nella nota sentenza della Corte costituzionale 14.7.1986, n. 184, in Foro it., cit.

18 In quanto si rimane imbrigliati nello schema tradizionale adottato per la re-sponsabilità civile e fondato sull’evento dannoso, del quale si deve dimostrare il nesso di causalità con la condotta.

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LA RISARCIBILITÀ DEL DANNO NON PATRIMONIALE 137

scorso relativo al danno, dall’enunciato linguistico e fattuale dell’ ‘evento dannoso’ alla antigiuridicità della condotta19. In tal senso il danno non sarebbe più configurato come effetto che si produ-ce a seguito della violazione della norma, ma verrebbe ad identi-ficarsi con il fatto stesso che l’enunciato normativo sia stato vio-lato20.

L’adozione di siffatta prospettiva rimediale comporta, per-tanto, che la forma di tutela prospettata ponga la propria atten-__________

19 Per la verità, il rapporto tra illecito civile e danno, negli ultimi due secoli, è stato al centro di un dibattito di cui giova ricostruire, sia pure in estrema sintesi, i tratti più significativi. La migliore dottrina del diciannovesimo secolo considerava l’illecito autonomo rispetto al danno ed infatti reputava quest’ultimo soltanto come una conse-guenza eventuale dell’illecito. Tra le posizione più note in proposito va certamente citata quella di Savigny, che nel suo System des heutigen Romischen Rechts, Berlino, 1840, formulò il concetto di Rechtsverletzung con riferimento esclusivo alla lesione del diritto soggettivo altrui, e dunque a prescindere dall’esistenza di un danno risarcibile. Tale impostazione, in quel periodo, era diffusa anche in Italia, malgrado qualche opi-nione contraria, tanto che il Venezian (Danno e risarcimento fuori dei contratti, in Scrit-ti giuridici, Roma, 1919, 16), reputando irrilevante la concreta realizzazione del danno al fine del perfezionamento del fatto illecito, rilevava come fosse più giusto, nel campo dell’illecito civile, parlare di ‘opposizione’ al diritto altrui, piuttosto che di ‘violazione’. In Italia l’inversione di tendenza cominciò quando, vigente il nuovo codice, F. Carne-lutti, nel suo Perseverare diabolicum (in Foro it., 1952, IV, 199 ss.), riprese con forza la tesi già espressa in Danno e il reato, Padova, 1952, per affermare che non vi è violazio-ne del diritto soggettivo altrui senza danno. La dottrina maggioritaria si spostò, così, sulla posizione che, prima di Carnelutti, avevano già espresso, tra gli altri, T. Brasiello, I limiti della responsabilità per danni, Milano, 1956 e R. Invrea, La nozione di torto, in Riv. dir. comm., 1929, I, 265 ss. Per una puntuale ricostruzione della vicenda si rinvia a A. Ravazzoni, La riparazione del danno non patrimoniale, Parma, 1962, il quale, tra l’altro, riporta un caso – considerato, sino agli anni cinquanta, di scuola – di illecito senza danno: la lettura di un libro effettuata, in assenza del proprietario, da una per-sona alla quale quest’ultimo aveva vietato tale utilizzazione. Il problema ha continuato a suscitare discussioni anche in tempi più recenti: per una ricostruzione del dibattito e delle impostazioni della dottrina si rinvia, oltre alle varie opere in materia contenute nei trattati, allo studio condotto da A. Cian, Antigiuridicità e colpevolezza, cit., ed a quello condotto da M. Franzoni, L’illecito, in Trattato della responsabilità civile, M. Franzoni (diretto da), Milano, 2004. In tema, è inoltre interessante notare come tale questione venga risolta in common law con la dicotomia tra interference torts e damage torts. La prima categoria di torts comprende infatti comportamenti ‘interferenti’ nella sfera giuridica altrui e, solo in quanto tali, illeciti (tort), mentre la seconda categoria accenna, in via primaria, all’evento dannoso (damage). Nell’un caso, un soggetto ha interferito in un diritto altrui, mentre nell’altro caso, ha arrecato un danno.

20 Così, D. Messinetti, op. ult. cit., 552.

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PARTE TERZA – CAPITOLO VIII 138

zione non alla produzione del danno (quale conseguenza della condotta), ma al comportamento antigiuridico concretamente posto in essere, che rappresenta, di per sé stesso, una lesione concreta ed effettiva della situazione giuridica protetta dalla norma; lesione che apre la porta alla tutela di tipo risarcitorio.

In conclusione, seguendo le linee ricostruttive appena de-scritte, si crea un quadro sistematico che sembra capace di con-ferire alla regola della responsabilità civile da trattamento illecito dei dati personali, consacrata nell’art. 15, una accentuata funzio-ne sanzionatoria di deterrenza21, abbandonando o, comunque, sfumando ogni profilo reintegrativo.

Cercheremo ora, nel prosieguo della trattazione, di verifica-re se la soluzione prospettata possa avere o meno un effettivo ri-scontro applicativo, alla luce di alcuni dati sistematici quali le re-gole legali e quelle giurisprudenziali. __________

21 L’accentuarsi di profili non esclusivamente riparatori della responsabilità civi-le, stimola inevitabilmente il civilista a riflessioni riguardanti la funzione e le tecniche di tutela. La considerazione sempre crescente per la funzione sanzionatoria, oltre che risarcitoria, della responsabilità civile è un dato di fatto che emerge dal sistema com-plessivo delle fonti e che ha innescato un dibattito molto articolato e complesso, del quale è quanto mai difficile poter dar conto esaustivamente in questa sede, anche per-ché moltissimi sono i contributi apparsi in dottrina. Posso allora soltanto riportare - in ordine sparso e senza pretesa di completezza - alcune delle letture attraverso le quali ho cercato di districarmi in questi difficili argomenti: dal lavoro curato da F.D. Busnel-li e G. Scalfi Le pene private, Milano, 1985 [con i contributi dei vari autori, fra i quali, in particolare: F.D. Busnelli, Verso una riscoperta delle pene private? (pag. 3 ss.); F. Bricola, La riscoperta delle “pene private” nell’ottica del penalista, (pag. 27 ss.); G.B. Ferri, Oggetto del diritto della personalità e danno non patrimoniale (pag. 131 ss.); P. Cendon, Responabilità civile e pena privata (pag. 293 ss.); C. Salvi, Risarcimento del danno extracontrattuale e “pena privata”, (pag. 325 ss.); G. Calabresi, Le pene private e il carattere misto della responsabilità civile (pag. 413 ss.)]; alle monografie di C. Salvi, Il danno extracontrattuale. Modelli e funzioni, cit., e P. Gallo, Pene private e responsabili-tà civile, Milano, 1996; alla voce “Pena privata” di G. Ponzanelli, in Enc. giur. Treccani, XXII, 1990; e, ancora, ad alcuni articoli di P.G. Monateri, Risarcimento e danno pre-sunto: verso una teoria dei general damages in diritto italiano?, in Quadr., 1990, 24 ss.; M. Barcellona, Funzione e struttura della responsabilità civile: considerazioni prelimina-ri sul “concetto” di danno aquiliano, cit., e di G. Ponzanelli, L’attualità del pensiero di Guido Calabresi: un ritorno alla deterrenza, in NGCC, 2006, 293 ss., e I danni punitivi, in NGCC, 2008, 25 ss.; infine, di grande aiuto è stata la lettura attenta e ripetuta di due note e ravvicinate sentenze della Corte costituzionale: 14.7.1986, n. 184, in Foro it., cit. e 30.12.1987, n. 651, in Foro it., 1988, I, 694 ss.

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LA RISARCIBILITÀ DEL DANNO NON PATRIMONIALE 139

3.3. Il contesto normativo e sistematico nel quale la disciplina sul trattamento dei dati personali si inserisce. – Nell’ambito del ragionamento che si sta conducendo appaiono, infine, decisive alcune ulteriori osservazioni che saranno appuntate sullo studio del formante legislativo (e qui oggetto della analisi non sarà sol-tanto il D.Lgs. 196/03, ma anche discipline di natura legislativa e non, che riguardano ambiti tematici diversi rispetto alla privacy) e del formante giurisprudenziale.

3.3.1. La fonte legale. – Vediamo quali sono i dati di prove-

nienza dal formante legale che sembrano dare piena conferma alla impostazione sopra delineata:

1) In primo luogo ci si rende conto di come, nel tessuto del-la normativa in esame, gli strumenti preventivi siano di gran lun-ga preferiti. Tra questi va considerata certamente la pregiudiziale conciliativa alla via di tutela amministrativa di fronte al Garante, la cui introduzione viene giustificata in base alla necessità di fa- vorire soluzioni consensuali e quindi, in buona misura, preventive.

2) In secondo luogo, è da evidenziare come uno dei punti ‘forti’ della tutela somministrata dal Garante sia l’inibitoria cau-telare che, in forza dell’ art. 150, comma 1, questo può concede-re – secondo una formula che lascia grande discrezionalità – quando la particolarità del caso lo richiede22. I poteri del Garan-te, in tal senso, sono assai ampi in quanto lo stesso può agire sia sul dato (o sui dati) che sulle operazioni di trattamento, preve-dendo o limitando la consumazione della condotta pregiudizie-vole.

3) Un forte contributo alla logica preventiva è riscontrabile anche nelle fattispecie penali introdotte dalla L. 675/96 e con-fermate dal D.Lgs. 196/03, ove prevale la scelta di qualificare come penalmente rilevanti alcune condotte di per sé non suscet-tibili di ledere i beni protetti e per il solo fatto che rappresentino __________

22 Cfr. sul punto, anche se in riferimento alla precedente disciplina legislativa, il commento di G. Arieta, sub Art. 29, commi 6, 7, 8, in M.G. Losano–E. Giannantonio–V. Zeno Zencovich (a cura di), La tutela dei dati personali, Commentario alla l. 675/1996, Padova, 1997, 277.

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PARTE TERZA – CAPITOLO VIII 140

un pericolo di aggressione e non l’aggressione in sé. Tanto ciò è vero che il danno, nel momento in cui si produce, viene assunto dalla norma (soltanto) come evento che aggrava la responsabili-tà23.

4) Non si può inoltre non evidenziare un ulteriore aspetto. L’europeizzazione del diritto privato, che ha preso le mosse dalla disciplina del contratto, è giunta ormai a lambire il territorio del-la responsabilità civile, come attestano fra l’altro i lavori dello European Group on Tort Law e dello Study Group on a European Civil Code. In tali opere la disciplina della responsabilità civile diventa oggetto di una riscrittura organica; ed una delle novità più evidenti di questo nuovo diritto della responsabilità civile consiste certamente nella valorizzazione dell’istituto come stru-mento di prevenzione dell’illecito.

5) Ancora in ambito comunitario, il Libro bianco della Commissione del 2 aprile 200824 ed il Libro verde del 19 dicem-bre 200525 evidenziano, per quanto riguarda la disciplina anti-trust, come lo strumento risarcitorio sia sempre più chiamato a realizzare una finalità deterrente.

6) Inoltre, si assiste in alcuni ordinamenti giuridici di civil law alla apertura nei confronti dei danni punitivi; danni che sono sempre stati fino ad oggi considerati incompatibili con la tradi-zione culturale e giuridica di tali sistemi. Questa direzione, nel modo più evidente, viene intrapresa dall’ordinamento francese, che nell’Avant Project de Réforme du Droit des Obligationes, af-ferma, con il nuovo art. 1371 c.c., la generale risarcibilità dei dommages-intérets punitifs.

7) Infine, non può passare sotto silenzio come numerosi in-terventi, recenti e non, realizzati in vari ambiti tematici dal legi-__________

23 Sul punto, cfr. P. Veneziani, Beni giuridici protetti e tecniche di tutela penale nella nuova legge sul trattamento dei dati personali: prime osservazioni, in Riv. trim. dir. pen. Economia, 1997, 137 ss.

24 White Paper on Damages Actions for Breach of the EC antitrust rules, Brux-elles, 2.4.2008, COM (2008) 165.

25 Green Paper on Damages Actions for Breach of the EC antitrust rules, Brux-elles, 19.12.2005, COM (2005) 672.

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LA RISARCIBILITÀ DEL DANNO NON PATRIMONIALE 141

slatore nostrano – guardando non solo alla posizione del dan-neggiato, ma anche a quella del danneggiante – hanno mostrato una sostanziale apertura verso l’operatività di strumenti rimediali in grado di garantire il duplice obiettivo di sanzionare l’autore dell’illecito e di dissuadere chicchessia dall’emulare tale condotta illegittima. Ci si riferisce, in particolare:

(a) al D.Lgs. 6 novembre 2007, n. 196 in tema di parità di trattamento di uomini e donne26, il cui art. 55-quinquies, comma 7, riconosce la possibilità del risarcimento del danno non patri-moniale, che deve essere liquidato dal giudice anche in conside-razione dei comportamenti di cui all’art. 55-ter, comma 7, posti eventualmente in essere dal convenuto: con ciò modulando la quantificazione del danno alla gravità del comportamento posto in essere dal danneggiante;

(b) al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 4, che ha aggiunto il comma 4 all’art. 385 c.p.c., ed a mente del quale «quando pro-nuncia sulle spese, anche nelle ipotesi di cui all’art. 375, la Corte, anche d’ufficio, condanna, altresì, la parte soccombente al pa-gamento, a favore della controparte, di una somma equitativa-mente determinata, non superiore al doppio dei massimi tariffa-ri, se ritiene che essa ha proposto il ricorso o vi ha resistito anche solo con colpa grave»27. Il cui ambito operativo è con evidenza caratterizzato da una accentuazione della funzione preventiva e sanzionatoria;

__________ 26 Rispondono alla stessa funzione sanzionatoria e preventiva anche gli ulteriori

interventi legislativi in tema di discriminazione: la L. 1.3.2006, n. 67 («tutela giudizia-ria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni»); il D.Lgs. 9.7.2003, n. 216 («parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione, dalle convin-zioni personali, dagli handicap, dall’età e dall’orientamento sessuale»); il D.Lgs. 25.7.1998, n. 286 («discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi»).

27 Sotto il profilo processuale, anche l’art. 96, c.p.c. (responsabilità aggravata) trova ora, da parte di un recente orientamento giurisprudenziale di merito, una inter-pretazione che fa ricomprendere al suo interno, accanto ai danni patrimoniali (i soli ad essere tradizionalmente risarciti in tale ambito), anche quelli non patrimoniali. Per l’analisi più approfondita di tale indirizzo, si rinvia a Trib. Milano 26.10.2006, in Dan-no e resp., 2007, 10, 1037 ss.

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PARTE TERZA – CAPITOLO VIII 142

(c) all’art. 2 della L. 8 febbraio 2006, n. 54, che ha intro-dotto l’art. 709-ter c.c. In particolare il 2° comma dell’articolo, che prevede, per il caso di gravi inadempienze o di atti che co-munque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corret-to svolgimento delle modalità dell’affidamento, che il giudice possa sia disporre il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore, sia il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro. Anche in tal caso non sembra estranea al tessuto normativo una finalità san-zionatoria e preventiva delle misure risarcitorie adottate28;

(d) alla L. 20 novembre 2006, n. 28129 sulle intercettazioni telefoniche, nella quale (all’art. 4) è stabilito un risarcimento, ge-nerale ed astratto, che scatta al momento della lesione subita, in una prospettiva rimediale in cui sembra che non si risarciscano le conseguenze concrete subite dal danneggiato, ma la semplice le-sione del bene protetto;

(e) al D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 (cd. «Codice della proprietà industriale») dove, all’art. 125, viene prevista la c.d. re-troversione degli utili, cioè uno strumento rimediale che misura il quantum del risarcimento in riferimento agli utili conseguiti dal contraffattore in violazione del diritto, privando quest’ultimo del guadagno in forza del quale ha realizzato la condotta antigiuridi-ca e determinando così un rafforzamento dello strumento rime-diale a carattere risarcitorio, attraverso cui appare possibile assi-curare una finalità di prevenzione dell’illecito e dell’eventuale ingiustificato arricchimento del danneggiante30; __________

28 Su questa linea interpretativa sembrano orientarsi i giudici di merito che per primi hanno affrontato la questione, cfr. Trib. Palermo 2.11.2007, in Juris data DVD, 2008, 5 e Trib. Messina 5.4.2007, in Dir famiglia, 2007, 4, 1795 ss. (in quest’ultima pronuncia, le ipotesi previste dall’art. 709-ter, nn. 2 e 3 vengono considerate di «natu-ra giuridica di pena privata»).

29 Si tratta della legge che ha convertito, con modificazioni, il D.L. 22.9.2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa italiana in tema di in-tercettazioni telefoniche.

30 Proprio l’art. 125 rappresenta una delle disposizioni più sofferte della disci-plina di cui al D.Lgs. 16.3.2006, n. 140, con cui si é provato a dare una risposta alle lacune ed alle inadeguatezze del nostro sistema rimediale. Il percorso legislativo di tale

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LA RISARCIBILITÀ DEL DANNO NON PATRIMONIALE 143

(f) alla L. 24 dicembre 2007, n. 244, che ha inserito nel Codice del consumo il nuovo art. 140-bis, introducendo così an-che nel nostro sistema l’azione collettiva risarcitoria a tutela dei consumatori. Anche tale norma è in grado di fornirci ulteriori indicazioni nel senso di una valorizzazione dell’istituto della re-sponsabilità civile quale strumento sanzionatorio e di prevenzio-ne dell’illecito;

(g) alla L. 24 marzo 2001, n. 89 (cd. «Legge Pinto»), il cui art. 2 prevede la risarcibilità anche del danno non patrimoniale subito a seguito della eccessiva durata del processo e stabilisce che nell’accertamento della violazione debba tenersi conto anche del comportamento tenuto dalle parti e dal giudice, oltre a pre-vedere che il danno non patrimoniale debba essere riparato sia con il pagamento di una somma di denaro che anche attraverso forme di pubblicità del decreto;

(h) all’art. 643 c.p.p., a mente del quale «chi è stato pro-sciolto in sede di revisione, se non ha dato causa per dolo o col-pa grave all’errore giudiziario, ha diritto ad una riparazione commisurata alla durata dell’eventuale espiazione della pena e alle conseguenze personali e familiari derivanti dalla condanna», evidenziando una funzione essenzialmente sanzionatoria della disciplina volta a colpire, più che altro, un comportamento ri-provevole e non a compensare la perdita o la diminuzione di un bene non suscettibile di valutazione economica;

(i) all’art. 18 della L. 8 luglio 1986, n. 349, istitutiva del Ministero dell’ambiente. Questo intervento legislativo - prima delle modifiche introdotte dal D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (cd. «Codice dell’Ambiente»), che ne hanno mutato alcuni aspetti es-senziali31 - si mostrava chiaramente orientato verso una funzione sanzionatoria e preventiva in grado di superare la mera logica ri-__________

strumento appare però ancora lontano dall’approdare ad una definitiva conclusione. Per una ricostruzione della vicenda legislativa e per le prime riflessioni critiche su di essa, si rinvia a P. Pardolesi, Un’innovazione in cerca d’identità, in Danno e resp., 2006, 1605 ss.; A. Vanzetti, La “restituzione degli utili” di cui all’art. 125, n. 3, C.P.I. nel dirit-to dei marchi, in Dir. ind., 2006, 323 ss.

31 Per l’esame di tali aspetti, si rimanda, infra, alla nota 96.

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PARTE TERZA – CAPITOLO VIII 144

sarcitoria del danno per garantire una piena apertura a «sanzioni afflittive con finalità disincentivanti»32. Tale orientamento trova-va puntuale conferma proprio nei criteri statuiti dal legislatore per provvedere alla quantificazione del danno (art. 18, comma sesto): «il giudice, ove non sia possibile una precisa quantifica-zione del danno, ne determina l’ammontare in via equitativa, te-nendo comunque conto della gravità della colpa individuale, del costo necessario per il ripristino e del profitto conseguito dal tra-sgressore in conseguenza del suo comportamento lesivo dei beni ambientali». Era evidente la traiettoria sanzionatoria intrapresa, che risultava chiaramente scandita da due aspetti essenziali: il criterio della colpa grave ed il riferimento al profitto conseguito dall’autore della condotta illecita33.

(j) e, seppur non recente, all’art. 12 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, il cui art. 12 così recita: «nel caso di diffamazione commessa col mezzo della stampa, la persona offesa può chiede-re, oltre al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 185 c.p., una somma a titolo di riparazione. La somma è determinata in rela-zione alla gravità dell’offesa e alla diffusione dello stampato»; con ciò collegando il diritto alla riparazione pecuniaria al realiz-zarsi di un comportamento riprovevole (antigiuridico) del diffa-mante, piuttosto che all’esistenza di un danno economico da ri-sarcire in capo al diffamante34. __________

32 Così si pronuncia P. Gallo, Pene private e responsabilità civile, cit. 33 Tale quadro risulta però ora drasticamente mutato a seguito della entrata in

vigore del D.Lgs. 3.4.2006, n. 152 (cd. «Codice dell’Ambiente»). Attraverso questo recentissimo intervento normativo il legislatore sembra, infatti, essere tornato sui pro-pri passi, escludendo ogni possibile interpretazione verso una finalità deterrente della disciplina. Per la piena conferma del renvirement legislativo basta andare a leggere il nuovo art. 311 riguardante il risarcimento del danno ambientale: è scomparso ogni riferimento – ai fini di una corretta quantificazione del danno ambientale – ai criteri della colpa grave e del profitto conseguito dal trasgressore. Con ciò evidenziando una chiara scelta del legislatore verso una soluzione più tradizionale (Sul punto, in ogni caso, si registrano voci discordanti: v. G. Greco, Il danno ambientale tra innovazioni legislative ed applicazioni giurisprudenziali, in Resp. civ. e prev., 2007, 1262 ss., in part. 1273 e 1274).

34 Va anche sottolineato come tale disciplina presenta alcune evidenti analogie con i danni punitivi di common law. Per una analisi di insieme dell’acceso dibattito

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LA RISARCIBILITÀ DEL DANNO NON PATRIMONIALE 145

3.3.2. La fonte giudiziale. – Verificato che l’evoluzione degli strumenti rimediali, evidenziata dalle discipline legislative e non sopra analizzate, pone in luce come sia possibile trovare nello strumento risarcitorio la necessaria flessibilità35 per una possibile nuova lettura in chiave sanzionatoria-deterrente36, sembra ora necessario valutare i dati che provengono dalle esperienze appli-cative.

Per la verità non è dato rinvenire nei repertori una abbon-danza di decisioni della autorità giudiziaria in materia di illecito trattamento dei dati personali e di conseguente risarcimento del danno non patrimoniale37, anzi, senza troppi giri di parole, si può affermare che le pronunce in materia sono davvero scarse. __________

avvenuto oltre oceano intorno ai punitive damages, cfr. la dettagliata bibliografia offer-ta da P. Pardolesi, Danni punitivi: frustrazione da “vorrei, ma non posso”?, in Riv. crit. dir. priv., 2007, 342, nota (3).

35 La logica risarcitoria, che a livello di scienza comparativa viene notoriamente riguardata come strumento dalle grandi capacità di adattamento, sembra tornare alle vivi luci della ribalta, sia pure in una veste tutta nuova e dai risvolti assai stimolanti. Per spunti sul tema, anche in prospettiva comparatistica, si rimanda a G. Alpa, Le frontiere attuali della responsabilità civile da atto illecito nel diritto comparato, in Eco-nomia dir. terziario, 1994, 903 ss.; in maniera problematica, C. Castronovo, Le frontie-re nobili della responsabilità civile, in Riv. crit. dir. priv., 1989, 539 ss.; per avere un quadro completo delle fondamentali riflessioni dello stesso Autore sul tema della re-sponsabilità civile e del danno non patrimoniale, si rinvia anche a La nuova responsabi-lità civile, Milano, 1997 e Danno biologico: un itinerario di diritto giurisprudenziale, Milano, 1998. Cfr., inoltre, U. Mattei, Ripensando il rapporto tra diritto inglese e diritto americano: l’esempio dei torts, in Quadrimestre, 1991, 556 ss.; G. Ponzanelli, La respon-sabilità civile. Profili di diritto comparato, Bologna, 1992.

36 Di recente, però, questa tendenza ha patito una brusca battuta d’arresto. La Corte di Cassazione, infatti, con la sentenza del 19.1.2007, n. 1183 ha rigettato l’istanza di delibazione di una sentenza di una sentenza di condanna ai danni punitivi resa da un giudice americano [(nella specie, la Corte distrettuale della Contea di Jef-ferson (Alabama)] per contrarietà all’ordine pubblico, in quanto il concetto di puni-zione-sanzione che caratterizza tale strumento rimediale, si porrebbe al di fuori delle funzioni prettamente riparatorie proprie della responsabilità civile. La sentenza può essere letta in Corr. Giur., 2007, 497 ss., con nota di P. Fava; si vedano inoltre gli inte-ressanti rilievi critici formulati da P. Pardolesi, Danni punitivi: frustrazione da “vorrei ma non posso”?, in Riv. crit. dir. priv., 2007, 341 ss.

37 Se si esclude Trib. Vercelli 4.1.2000, a quanto consta inedita (che ha rigettato l’azione risarcitoria proposta da chi lamentava l’illiceità del trattamento di dati sensibi-li relativi alla propria salute, in quanto, pur essendovi stata una violazione dell’art. 9

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PARTE TERZA – CAPITOLO VIII 146

Contrariamente però a quello che potrebbe ritenersi a segui-to della delineata situazione, le poche pronunce esistenti lasciano comunque intravedere delle interessanti linee di tendenza che confermano i risultati anzidetti e che proveremo a porre in evi-denza nel prosieguo della trattazione.

Le vicende giudiziarie sulle quali sarà concentrata l’atten- zione sono cinque38. __________

legge 675/96 a causa della inesattezza dei dati comunicati, non si era verificato alcun danno, nemmeno di carattere non patrimoniale), le decisioni pronunciate in contro-versie dirette a conseguire il risarcimento del danno hanno riguardato prevalentemen-te l’esercizio della attività giornalistica. Cfr. sulle domande di risarcimento di risarci-mento proposte invocando la responsabilità del convenuto per violazione delle norme sul trattamento dei dati personali: Trib. Napoli 26.6.2001, in Dir. informazione e in-formatica, 2001, 888 ss. (la pubblicazione dei dati personali di una lavoratrice dello spettacolo all’interno di un servizio giornalistico dedicato alla vita notturna di una città risponde a finalità informative e, quindi, ai sensi dell’art. 12, legge 31 dicembre 1996, n. 675, non richiede il consenso dell’interessato); Trib. Roma 24.1.2002, in Corr. Giur., 2002, 1073 ss. (non è necessario il previo consenso per l’utilizzazione dei dati personali nell’attività giornalistica ove ricorrano i presupposti per la necessarietà dell’uso dei dati al fine di una corretta informazione e della completezza della notizia). Per altre fattispecie v. Trib. Palermo 20.4.2001, in Foro it., 2001, I, 2982 ss. (rigetto della do-manda con cui un’associazione sindacale aveva chiesto il risarcimento del danno, la-mentando l’illiceità del trattamento di dati sensibili effettuato da un datore di lavoro cui si addebitava di aver inserito nei cedolini dello stipendio, consegnati ai dipendenti iscritti a tale sodalizio, l’indicazione nominativa del sindacato al quale erano destinate le trattenute); Giudice di Pace di Ceglie Messapica 26.10.2000, in Foro it., 2001, I, 2109 ss. (che ha annullato l’ingiunzione di pagamento concessa al gestore telefonico che, nel corso dell’istruttoria concernente l’opposizione all’ingiunzione, aveva docu-mentato le comunicazioni telefoniche addebitate all’abbonato al servizio indicando solo le prime tre cifre dei numeri selezionati, invocando la normativa in tema di trat-tamento dei dati personali per sostenere la liceità del proprio comportamento).

38 Si ritengono le sentenze evidenziate quelle più interessanti e che meglio chiari-scono alcuni aspetti di cui si discute. Nell’ambito però delle poche pronunce esistenti può essere utile indicare anche una ulteriore sentenza che ha ad oggetto il problema (molto attuale) dello spamming. Il Tribunale di Latina – Sezione Distaccata di Terra-cina ha accolto il ricorso di un utente del servizio di telefonia mobile il quale aveva inutilmente chiesto alla Wind Telecomunicazioni S.p.A. l’interruzione dell’invio di sms pubblicitari non desiderati. Anche in questo caso la sentenza si segnala in partico-lare per “l’automaticità” del risarcimento del danno non patrimoniale a fronte del comportamento negligente ed antigiuridico della convenuta. Danno che viene liquida-to in via equitativa in Euro 9.000,00, cioè nella misura di Euro 1.000,00 per ciascun messaggio ricevuto. La sentenza può essere letta in Diritto dell’internet, 2007, 1, 25 ss.

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LA RISARCIBILITÀ DEL DANNO NON PATRIMONIALE 147

Il primo caso39 è quello noto riguardante un magistrato ro-mano, il quale conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Mila-no la società editrice ed il direttore responsabile de «Il Corriere della Sera» in relazione ad una pubblicazione del quotidiano av-venuta nell’agosto 1997, in cui si dedicava una intera pagina ad una inchiesta giudiziaria avviata dalla Procura della Repubblica di Perugia, riportando una mappa della città di Roma, titolata «La Capitale dei Sospetti. Indirizzi da controllare secondo il rapporto dei ROS», ove insieme alle abitazioni di persone inda-gate veniva indicata anche la abitazione della ricorrente.

A fronte di tale situazione, veniva chiesto di accertare il ca-rattere diffamatorio dell’articolo (in particolare della mappa), nonché la lesività per la riservatezza del magistrato della divulga-zione del luogo della propria abitazione, con conseguente con-danna al risarcimento del danno anche non patrimoniale.

A conclusione del giudizio, il Tribunale di Milano ricono-sceva la legittimità delle pretese risarcitorie avanzate dalla attrice sotto vari profili: a) danno morale ex art. 2059 c.c.; b) sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 12 L. 8 febbraio 1948, n. 47; c) danno non patrimoniale ex art. 29, comma 9, L. 675/96.

Per quel che interessa ai fini della nostra ricerca, l’atten- zione deve essere concentrata sull’ultima parte della statuizione, quella appunto dove viene considerata applicabile la normativa in materia di privacy e ammesso il risarcimento del danno.

Due, in sintesi, sono i passaggi logici fondamentali del ra-gionamento del Giudice milanese:

1) il carattere di liceità e di correttezza che deve assumere ogni fase del trattamento dei dati personali – ivi compresa la co-municazione e diffusione di essi – ai sensi dell’art. 9, lett. a, L. 675/96, risulta nel caso di specie oggetto di concreta ed effettiva violazione e determina il diritto della attrice al risarcimento del danno;

__________ 39 Deciso da Trib. Milano 13.4.2000, in Danno e resp., 2001, 1, 75 ss., con nota

di V. Colonna.

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PARTE TERZA – CAPITOLO VIII 148

2) da tale premessa ne viene direttamente ricavata la conclu-sione che «nulla risultando sul piano della lesione patrimoniale (…) risulta risarcibile il solo danno morale»40.

È esattamente quest’ultimo il passaggio argomentativo cen-trale, dove il Tribunale - anche se non apertis verbis - sembra proprio riconoscere che il danno non patrimoniale risarcibile sia esistente per il solo fatto di aver accertato un trattamento illeci-tamente condotto, di per sé stesso lesivo della situazione giuridi-ca protetta dalla norma. Ed è evidente che la premessa logica e fondativa della prospettiva ermeneutica elaborata non può che essere la seguente: ritenere che una lesione giuridicamente rile-vante e la necessità della sua riparazione siano riconoscibili in presenza del solo dato formale della violazione dell’art. 941; e ciò in quanto si opera in una dimensione in cui il danno non è ciò che si è prodotto dopo la formulazione dell’enunciato, nel solco delle conseguenze che esso abbia provocato, ma il fatto stesso che si sia violato l’enunciato, in altre parole, la lesione del bene protetto.

Qualche anno più tardi, sempre il Tribunale meneghino, in un caso avente ancora ad oggetto la tutela dei dati personali42, non muta il proprio orientamento, confermando i parametri ar-gomentativi e le conclusioni della pronuncia già analizzata.

Questo il caso giudiziario.

__________ 40 Sono queste le parole usate da Trib. Milano, 13.4.2000, cit. 41 È opportuno evidenziare come la pronuncia in commento sia stata oggetto di

critiche incentrate sul fatto che una tale interpretazione porterebbe «due esiti abnor-mi: 1) sul piano teorico, lo snaturamento dello strumento risarcitorio, piegato al ruolo di mera sanzione pecuniaria di natura civilistica; 2) sul piano pratico, quella già paven-tata e prevedibile valanga risarcitoria che potrebbe essere innescata da un’interpretazione che obliterasse la verifica, condotta con il doveroso rigore tecnico e probatorio, della sussistenza di una concreta (e magari grave) lesione del bene interes-se, delle sue conseguenze negative patrimoniali e no, della sua connessione causale con il trattamento illecito e della sua imputabilità (per quanto attiene al danno non patri-moniale) secondo criteri non meramente oggettivi», così, V. Colonna, Tutela della privacy tra regole di mercato e poteri individuali, nota a Trib. Milano 13 aprile 2000, in Danno e resp., 2001, 1, 77.

42 Il caso è deciso da Trib. Milano 8.8.2003, in Giur. milanese, 2004, 8-9, 343 ss.

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LA RISARCIBILITÀ DEL DANNO NON PATRIMONIALE 149

In un particolare momento della vita familiare, un coniuge particolarmente attento alle condizioni psicofisiche del partner lo sollecita affinché, con l’aiuto di un sanitario, possa superare il momento di stanchezza accumulata; chi si sottopone alla visita medica si rende però conto di trovarsi davanti ad un neurologo e, dopo aver deciso di interrompere la seduta, comprende a di-stanza di qualche tempo che l’apparente interessamento al pro-prio stato di salute nascondeva, in realtà, intendimenti che nulla avevano a che vedere con il proprio stato fisico. Infatti, istaurato dal coniuge il giudizio di separazione personale, verificava che la richiesta di affidamento dei figli minori era fondata sulla produ-zione di un certificato ove si riferiva delle condizioni di salute fi-sico-psichica del soggetto visitato, descrivendo un quadro so-stanzialmente negativo in ordine alla capacità del paziente di percepire ed affrontare le necessità del nucleo familiare, espri-mendo inoltre valutazioni circa il possibile insorgere di patologie future, senza fare alcun riferimento ad accertamenti diagnostici.

Secondo il Tribunale tale comportamento del medico che aveva rilasciato la relazione inerente le condizioni di salute psi-chica della persona da lui visitata a soggetto diverso dall’in- teressato e senza il consenso di quest’ultimo, violava chiaramente le disposizioni in materia di trattamento e diffusione dei dati personali (in part. artt. 20 e 23 L. 675/96). Da tale accertamento derivava – sempre secondo la valutazione del Giudice milanese – l’obbligo del medico, ai sensi dell’ art. 29, comma 9, L. 675/96, di risarcire il danno non patrimoniale subito dalla ricorrente: «È, invece, certamente risarcibile, ex artt. 2059 c.c. e 29 legge 675/96, il danno “non patrimoniale”, sia in termini di lesione alla immagine (rimasta, peraltro, allo stato di mera potenzialità), sia – soprattutto – in termini di danno morale strettamente inteso, e cioè come sofferenza e turbamento dell’animo determinata dall’altrui illiceità, nella specie incidente su valori personali, qua-li la reputazione».

Anche tale pronuncia - in apparenza aderente alle tesi della nostra dottrina tradizionale - è attraversata da alcuni corridoi na-

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PARTE TERZA – CAPITOLO VIII 150

scosti, non perfettamente in sintonia con la funzione tipicamente reintegrativa della responsabilità civile. Nuovamente siamo di fronte all’accertamento di una lesione e non di un danno, in una dimensione in cui sembra prevalere una forte logica di tutela preventiva e sanzionatoria.

L’effettivo discredito della signora non fu né dimostrato, né discusso, né si ritenne necessario che dovesse essere provato. In questo caso fu, addirittura, l’assunzione di una potenziale lesio-ne43 che tenne luogo della prova del danno, «rimasta, peraltro, allo stato di mera potenzialità»: con ciò legittimando una rico-struzione della disciplina in senso preventivo e sanzionatorio. Qualificare, infatti, come risarcibile una lesione rimasta allo stato di «mera potenzialità» rimanda necessariamente l’interprete ad un giudizio di riprovevolezza della condotta posta in essere.

Ecco allora che viene ancora una volta confermata l’ipotesi esegetica da cui avevamo preso le mosse all’inizio del paragrafo: la struttura logica della sentenza e le conclusioni a cui giunge ri-sultano infatti orientate verso una lettura della responsabilità per illecito trattamento dei dati personali in funzione di una condot-ta riprovevole nella sua antigiuridicità e, quindi, con una forte connotazione sanzionatoria e preventiva.

L’altra pronuncia da analizzare è quella emessa dal Tribuna-le di Milano in data 27 giugno 200744.

I fatti salienti che precedono la vicenda giudiziaria si presta-no ad essere riassunti in poche righe.

Il quotidiano nazionale «Il Giornale» pubblica nel gennaio 2002 un articolo intitolato «Il partito dei giudici si ritrova in chat per condannare sempre il Cavaliere». L’articolo contiene stralci di messaggi di posta elettronica scambiati fra gli utenti di una mailing list, unitamente ad alcuni nomi dei magistrati autori di questi messaggi ed altri dettagli riguardanti la loro attività: quali la posizione ricoperta e la sede dell’ufficio. Di qui l’azione civile __________

43 È lo stesso Tribunale meneghino ad affermare che, nel caso di specie, la lesio-ne era «rimasta, peraltro, allo stato di mera potenzialità».

44 Trib. Milano 27.06.2007, n. 8037, in Guida al dir., 2007, 41, 56 ss.

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LA RISARCIBILITÀ DEL DANNO NON PATRIMONIALE 151

che vede contrapposto uno dei magistrati autori dei messaggi di posta elettronica pubblicati e la società editrice del quotidiano Il Giornale, il direttore responsabile e l’autore dell’articolo.

Le rispettive posizioni processuali sono le seguenti: la parte attrice chiede che venga accertata la violazione della riservatezza a seguito della pubblicazione di corrispondenza epistolare priva-ta, con conseguente diritto al risarcimento del danno ai sensi de-gli artt. 2043 e 2059 c.c. e della L. 675/96. Parte convenuta si oppone osservando, nella sostanza, che il contenuto dei messaggi in esame non era coperto dal segreto epistolare.

La sentenza accoglie le ragioni del magistrato, ritenendo che i messaggi di posta elettronica inviati ad una mailing list costitui-scono corrispondenza privata e, pertanto, sono caratterizzati dal-la segretezza e godono della tutela di cui agli artt. 15 Costituzio-ne, 616 e 618 c.p., nonché all’art. 13 Dpr. 513/1997.

Ciò che però rende meritevole di attenzione la sentenza so-no le argomentazioni utilizzate dal Tribunale milanese per acco-gliere la richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale e risolvere la questione sull’an del danno: «a tal proposito, attesa l’evidente difficoltà probatoria e la sicura potenzialità dannosa, nell’ambito anche lavorativo dell’attore, dell’avvenuta pubblica-zione, occorre procedere a liquidazione in via equitativa; a tale titolo, pertanto, tenuto conto della gravità e dell’estensione dell’illecito, nonché della diffusione del quotidiano il Giornale e delle ripercussioni negative a carico dell’attore, va liquidato l’importo di Euro 15.000,00».

Il richiamo espresso fatto dal Giudice ad argomenti quali la «potenzialità dannosa» del comportamento, la «gravità e l’esten- sione» dell’illecito, la «diffusione» del quotidiano, evidenziano, anche in questo caso, una valorizzazione del rimedio risarcitorio approntato dalla disciplina in materia di privacy, quale strumento di prevenzione dell’illecito, in cui il danno (e quindi la relativa quantificazione) è strettamente collegato alla oggettiva antigiuri-dicità del comportamento tenuto.

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PARTE TERZA – CAPITOLO VIII 152

Siamo così giunti al quarto caso da esaminare45. Una coppia di coniugi fa causa alla banca a cui aveva richie-

sto due finanziamenti, negati per la presenza di un pregresso fi-nanziamento insoluto.

Da accertamenti successivamente effettuati si scopre che si trattava di un finanziamento concesso in favore di un soggetto diverso e a loro erroneamente imputato per violazione, da parte della banca, degli obblighi di esatto e costante aggiornamento dei dati personali.

Il Tribunale e, infine, la Cassazione confermano la sussi-stenza di un danno non patrimoniale, evidenziando la necessità, per la sua quantificazione, di addivenire ad una liquidazione e-quitativa. La Suprema Corte ha anche modo di specificare che tale posta di danno viene concessa nonostante «l’atteggiamento processuale dei ricorrenti i quali si erano limitati a lamentare ge-nericamente la lesione della loro integrità e reputazione». Da ciò deriva che non era stata data prova dell’esistenza di un effettivo danno non patrimoniale da parte dei coniugi i quali, appunto, «si erano limitati a lamentare genericamente» un danno alla loro onorabilità.

Sembra, dunque, anche in questo caso, che i giudici, in am-bito risarcitorio, abbiano confermato la linea di tendenza espres-sa dalle decisioni in precedenza analizzate: la valorizzazione del carattere sanzionatorio della disciplina in materia di privacy.

Infine, si appunta alla attenzione del lettore una ulteriore sentenza che appare davvero paradigmatica del percorso inter-pretativo che si è delineato con le pronunce sopra esaminate: è la n. 9749/2012 del Tribunale di Milano46.

Si tratta di un noto caso sul quale sia per i soggetti coinvolti e sia per l’entità delle somme liquidate in via equitativa a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, si sono accesi i riflet-tori della cronaca.

__________ 45 Cass., 4.4.2014, n. 7901, in Diritto & Giustizia, 07.04.2014. 46 Trib. Milano 3.9.2012, n. 9749, in Danno e resp., 2013, 1, 51 ss.

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LA RISARCIBILITÀ DEL DANNO NON PATRIMONIALE 153

La fattispecie è la seguente: un noto giocatore professionista di una squadra di serie A, apprendeva dai giornali di avere avuto tutte le utenze telefoniche intercettate e controllate per anni. Ta-le attività risultava essere stata posta in essere da un dipendente di una società di telecomunicazioni, il quale agiva su commissio-ne della società sportiva alla quale, all’epoca dei fatti, l’attore era tesserato.

Il Tribunale di Milano, rigettate tutte le eccezioni avanzate dai convenuti ed accertata la sussistenza di attività illecite in danno dell’attore, accoglieva la domanda di risarcimento dei danni subiti, limitatamente però ai soli danni non patrimoniali da lesione del diritto alla privacy (rigettando le altre domande di risarcimento dei danni patrimoniali e dei danni non patrimoniali da lesione del bene salute).

Al riguardo (dei danni non patrimoniali in materia di prote-zione dei dati personali) il Tribunale ha evidenziato che pur mancando una esplicita domanda in tal senso, tale posta di dan-no deve comunque essere considerata risarcibile, dato che l’attore ha invocato l’applicazione dell’art. 15 del D.Lgs. n. 196/2003. Pertanto, la violazione della normativa in materia di protezione dei dati personali comporta il diritto del danneggiato al risarcimento del danno non patrimoniale.

Ma il punctum pruriens della sentenza è quello relativo alla prova del danno. Da una parte, infatti, il Tribunale milanese ha osservato che dai testi escussi in giudizio è emerso che l’apprendimento della notizia (di essere intercettato) da parte del calciatore aveva determinato nello stesso una indubbia sofferen-za e stati d’ansia, dall’altra ha ritenuto (e questo è il punto de-terminante ai fini del discorso che si sta conducendo) che «l’indebita intromissione nella propria sfera privata da parte di soggetti estranei, tanto più quando viene effettuata in modo subdolo e con modalità illecite ingenera nella vittima uno stato di sofferenza».

Sulla base di tali presupposti, il Tribunale di Milano ha pro-ceduto alla quantificazione equitativa del danno, giungendo a li-

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PARTE TERZA – CAPITOLO VIII 154

quidare la somma di Euro 1.000.000,00, sulla base dei seguenti criteri: la durata dell’attività illecita (quattro anni), e l’enorme clamore mediatico avuto dalla vicenda. Resta il fatto che la somma liquidata a titolo di risarcimento del danno non patrimo-niale da lesione della privacy è così elevata che, se parametrata alle tabelle del danno biologico elaborate proprio dal Tribunale di Milano, avrebbe significato l’esistenza in capo al danneggiato di un’invalidità del cento per cento.

Ne esce nuovamente confermata – e questa volta in modo chiaro e netto, dal momento che si prescinde totalmente dalla sussistenza di un danno biologico medicalmente accertabile e si liquida un risarcimento monetario elevatissimo del tutto disan-corato dalla lesione (non patrimoniale) subita – la lettura in chiave sanzionatoria (nei confronti del comportamento illecito tenuto dalla società sportiva, che aveva per anni abusivamente intercettato le telefonate del proprio giocatore) della disciplina di cui all’art. 15 del D.Lgs. n. 196/2003.

4. Alcune sintetiche conclusioni sul tema trattato nel capitolo

Le pronunce in commento confermano pienamente che il piano esegetico su cui rileva il danno non patrimoniale, con rife-rimento alla disciplina sul trattamento dei dati personali, è quello della condotta antigiuridica, in una prospettiva rimediale in cui non si risarciscono le conseguenze concrete subite dal danneg-giato, ma la lesione del bene protetto. Ciò viene sottolineato – seppur modulandolo in maniera diversa – in tutte e cinque le sentenze analizzate, nelle quali viene messo bene in luce come il danno non deve essere considerato nella dimensione delle con-seguenze che si producono a seguito della violazione dell’enun- ciato precettivo: nel campo dei valori della persona il danno è in-fatti rappresentato dal fatto stesso di aver violato l’enunciato.

Tale dato di fondo viene confermato non solo dalla discipli-na normativa esaminata, ma anche dai parametri sopra illustrati con cui è stata condotta una parte della indagine sulla prospetti-va rimediale adottata dal D.Lgs. 196/03.

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LA RISARCIBILITÀ DEL DANNO NON PATRIMONIALE 155

L’attenzione riposta sulla condotta antigiuridica emerge al-lora in maniera del tutto evidente. In questo modo, l’ingresso della antigiuridicità a fondamento della costruzione del modello risarcitorio determina una trasformazione della nozione di danno giuridico che, rispetto alla prospettiva tradizionale, è notevole per più di una ragione: da un lato si può operare un ampliamen-to delle fattispecie lesive, mentre, dall’altro, si viene ad accentua-re la funzione preventiva e sanzionatoria della responsabilità ci-vile rispetto alla sua funzione reintegrativa47.

È molto difficile sapere se tale discorso possa dirsi e farsi, in generale, per l’intera area della responsabilità civile; quello che emerge da questo studio, è che in certi settori (e la materia del trattamento dei dati personali è fra questi) ciò stia già avve-nendo. Ed infatti il formante legale in precedenza analizzato ha confermato come, in alcuni ambiti, sia possibile trovare nello strumento risarcitorio la necessaria flessibilità per una lettura in chiave sanzionatoria e deterrente.

Per quanto concerne la disciplina del trattamento dei dati personali, sembra proprio che la funzione sanzionatoria e dissua-siva sia insita nella regola stessa che prevede la risarcibilità dei danni non patrimoniali, al punto da determinarne il contenuto. Il che, a livello operativo, si realizza attraverso una significativa accentuazione del principio di antigiuridicità - in uno scenario non vincolato al criterio dell’ingiustizia - che può consentire di conseguire un duplice effetto: i) aprirsi consapevolmente verso nuovi orientamenti, in una dimensione caratterizzata dalla plura-lità di modelli risarcitori; ii) coltivare una prospettiva che sembra ancora l’unica che possa comprendersi nel quadro della persona in quanto tale, e cioè nel quadro di una evoluzione dell’ordina-

__________ 47 Ciò è sicuramente auspicabile in un ambito come quello del trattamento dei

dati personali, in cui la velocità dei cambiamenti e l’avvento di nuove e sofisticate tec-nologie aumenta continuamente le possibilità di ledere alcuni diritti fondamentali del-la persona.

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PARTE TERZA – CAPITOLO VIII 156

mento nella direzione di una logica binaria: di considerazione e tutela differenziata48 dell’ ‘essere’ oltre che dell’ ‘avere’49.

__________ 48 Sembra andare proprio in questa direzione una sentenza del Trib. Milano

18.12.2008, n. 12099 (in Guida al dir., 2009, 5, 19 ss.), che ha affrontato un tema assai particolare e complesso per la materia del danno alla persona, concernente, in primo luogo, la pienezza del diritto al ristoro del danno da parte dello straniero (non residen-te nel territorio dello Stato) vittima delle conseguenze dell’azione illecita del terzo e, secondariamente, la determinazione della misura del quantum risarcibile nella ipotesi in cui il danneggiato viva in aree geografiche che abbiano un regime socio-economico differente da quello italiano in base al quale sono stati elaborati i criteri risarcitori nella prassi giurisprudenziale. Tralasciando le valutazioni del Tribunale in ordine al primo profilo, davvero interessanti sono le considerazioni espresse in riferimento al secondo tema, in particolare la critica serrata e profonda all’orientamento delineato da Cass. n. 1637/00. In questa sentenza la Suprema Corte: a) rilevava che il pretium doloris assu-me sempre connotazioni di tipo economico; b) considerava che l’entità delle soddisfa-zioni compensative ritraibili dalla disponibilità di una somma di denaro è diversa a seconda dell’area nella quale il denaro è destinato ad essere speso; c) riteneva pertanto corretto che i giudici di merito rapportassero l’importo risarcibile alla realtà socio-economica della provincia del centro-sud d’Italia ove risiedevano i ricorrenti. Il Tribu-nale Milanese, invece, ha mostrato di non condividere in alcun modo tale prospettiva in quanto «giustificando differenti criteri di risarcimento per cittadini e per stranieri, in relazione al loro luogo di residenza, sembra proporre una sorta di gabbie risarcitorie del dolore, con effetti, oltre che di possibile sostanziale ingiustizia, di pericolosa incertezza sul complessivo piano giurisprudenziale», aggiungendo e sottolineando che «il luogo in cui vive il danneggiato resta circostanza irrilevante anche sul piano della personalizzazione del danno non patrimoniale, la cui entità deve tener conto dei profili, attinenti alla situa-zione personale e familiare del singolo danneggiato, che contribuiscono a delineare il quadro delle sofferenze dovute alla perdita».

49 In questi termini si esprime D. Messinetti, Pluralismo dei modelli risarcitori. Il criterio di ingiustizia “tradito”, in Riv. crit. dir. priv., 2007, 564.

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CAPITOLO IX

LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE

NELL’AMBITO DELLA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

SOMMARIO: 1. La diffamazione on line. – 2. La cd. «raccolta occulta di dati» e i cd. «dati a raccolta palese». – 3. La responsabilità dell’ «internet service provider», del «motore di ricerca» e del «social network». – 4. La re-sponsabilità nel caso di appropriazione indebita di «nomi a dominio» (cd. «domain name grabbing» o «cybersquatting»). – 5. Le responsabilità per truffe informatiche volte a sottrarre i dati personali dell’utente (cd. «phishing»). – 6. Un ulteriore possibile ambito di applicazione delle re-gole in tema di responsabilità civile: l’adozione e il diritto a conoscere le proprie origini. Due recenti provvedimenti del Garante della privacy. – 7. Web 3.0: la «nuvola» e le altre frontiere tecnologiche

1. La diffamazione on line

Uno dei settori ove si registra un’espansione crescente di il-leciti riguarda il danno da diffamazione consumato on line.

Si fa riferimento, in particolare, a quello provocato: a) me-diante l’invio di messaggi di posta elettronica a più destinatari; b) negli spazi di discussione su siti internet le cui pagine web siano consultabili telematicamente; c) nei «forum», nelle «chat-room» o «newsgroup», nei «social network», o attraverso i motori di ricer-ca o nell’ambito di un «domain name» o «link» corrispondente a quello di una persona fisica identificata con un sito o con un contenuto riprovevole.

Il primo problema che ci si è posti davanti, in questi casi, è quello del rapporto tra internet, radiotelevisione e stampa. In particolare si è soffermata l’attenzione sulla possibilità o meno di applicazione delle regole stabilite per la stampa e per l’attività giornalistica (L. n. 47/1948) o per la radiotelevisione (L. n.

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 158

330/1990), ai soggetti che gestiscono il servizio on line (cd. «internet service providers»), ai responsabili del server dei forum, delle chat-room o dei newsgroup ( i cd. «webmaster») o agli auto-ri delle comunicazioni denigratorie.

Un’altra questione che è stata messa sul tappeto, è quella di stabilire se tali soggetti possano invocare le scriminanti del dirit-to di cronaca, del diritto di critica, del diritto alla manifestazione del proprio pensiero e della libertà di comunicazione, ovvero se siano invocabili soltanto da chi realizza informazione professio-nalmente e quindi non dall’individuo come singolo.

Una parte della dottrina si è espressa in senso decisamente negativo all’applicazione delle regole stabilite sulla stampa e sulla radiotelevisione. Questo è avvenuto in forza di una interpreta-zione restrittiva della nozione di ‘stampa’ e per il divieto di ap-plicazione, in via analogica, dei reati di stampa o a mezzo stampa1.

Altri hanno sostenuto che le esimenti del diritto di cronaca, di critica e del diritto alla manifestazione del proprio pensiero sono riservati solo a chi svolge l’attività professionale del giorna-lista, con esclusione, quindi, di altri soggetti2.

Tali impostazioni hanno suscitato vivaci critiche, tutte pola-rizzate sul fatto che, adottando i suddetti parametri interpretati-vi, verrebbe a delinearsi una grave disparità di trattamento, in quanto uno strumento di diffusione di massa, quale è internet, sarebbe sottratto alla disciplina prevista per gli altri media, anche se rimarrebbe pur sempre applicabile il reato di diffamazione, con l’aggravante del mezzo di pubblicità (art. 595 c.p.).

Anche il formante giurisprudenziale, in particolare quello di merito, si è espresso al riguardo, anche se attraverso pronunce di indirizzo non univoco:

i) in alcune sentenze ha, infatti, riconosciuto l’applicabilità, per analogia, della L. n. 47/1948 ai siti internet3, giungendo a

__________ 1 Cfr. V. Zeno Zencovich, La pretesa estensione alla telematica del regime della

stampa: note critiche, in Dir. form., 1998, 15 ss. 2 Cfr. G. Cassano, La diffamazione on line, in Nuova giur. civ. comm., 2001, II,

189 ss. 3 Cfr. Trib Napoli 8.8.1997, in Dir. inf., 1997, 970 ss. e Trib. Napoli 26.2.2002,

in Dir. inf., 2002, 1005 ss.

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 159

sanzionare l’abuso del diritto di cronaca realizzato con il mezzo di internet e rilevando che il mezzo non modifica l’essenza del fatto, che mantiene la sua illiceità ed è sanzionabile alla stregua di tutte le condotte che comportano aggressione all’onore, al de-coro o alla reputazione4;

ii) in altri casi, ha ritenuto legittimo l’invio di un messaggio ad un newsgroup. La fattispecie - considerata rientrante nel dirit-to di critica - riguardava il racconto con cui una persona narrava la propria esperienza negativa con un noto istituto di credito 5;

iii) infine, non sono mancate sentenze che hanno escluso l’applicazione della disciplina sulla stampa e sulla radiotelevisio-ne a ipotesi diffamatorie contenute in un sito web6.

Nel contesto di questo dibattito e di decisioni è intervenuta, poi, la L. n. 62/2001 («Nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali»), che ha equiparato l’editoria elettronica alla stampa tradizionale, estendendo, tuttavia, solo gli obblighi di informa-zione e di registrazione per finalità di carattere amministrativo.

L’art. 1 della suddetta legge prevede, infatti, che per «pro-dotto editoriale» debba intendersi anche quello realizzato su supporto informatico «destinato alla pubblicazione o, comun-que, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico», a cui si applicano le sole norme stabi-lite agli artt. 2 e 5 della L. n. 47/1948.

Quindi, a parte queste norme, la disciplina della L. n. 47/1948, non è applicabile al «prodotto editoriale» pubblicato via internet7.

Alla luce di tali dati normativi è stata fornita un’inter- pretazione restrittiva della L. n. 62/2001 (art. 1), limitata alle sole tipologie di informazione in internet che abbiano le caratteristi-__________

4 Cfr. Trib. Teramo 11.12.1997, in Dir. inf., 1998, 594 ss. 5 Cfr. Trib. Roma 4.7.1998, in Dir. inf., 1998, 87 ss. 6 Cfr. App. Roma 11.1.2001, in Dir. inf., 2001, 22 ss. e Trib. Oristano 25.5.2000,

in Foro it., 2000, II, 670 ss. 7 Per alcuni rilievi critici, cfr. V. Zeno Zencovich, I prodotti editoriali elettronici

nella L. 7 marzo 2001, n. 62 e il preteso obbligo di registrazione, in Dir. inf., 2001, 155 ss.

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 160

che di testate giornalistiche o di giornali on line, o di libri tele-matici.

Nonostante il dato normativo contenuto nella normativa da ultimo citata, che sembra appunto escludere l’applicabilità della disciplina sulla stampa ai prodotti editoriali pubblicati on line, il confronto è proseguito. Ed infatti, sia in ambito dottrinario che giurisprudenziale si è dibattuto intorno al problema di stabilire se sia applicabile al direttore o al vice direttore del prodotto edi-toriale la responsabilità per omesso controllo ex art. 57 c.p., con conseguente condanna al risarcimento dei danni8.

Al riguardo, il formante giurisprudenziale ha offerto deci-sioni contrastanti: i) in alcune si è affermata la responsabilità in capo al direttore per aver omesso di esercitare la doverosa vigi-lanza sul giornale on line9, o in capo al gestore del blog assimilato alla figura del direttore del giornale10; ii) in altre, invece, si è e-scluso che alle dichiarazioni diffamatorie in un sito internet si applichi l’art. 13 della L. n. 47/1948, che punisce la diffamazione a mezzo stampa, e tanto meno l’art. 30, comma 4, della L. n. 223/1990, che punisce la diffamazione a mezzo radiotelevisione, potendo solo configurarsi il delitto di diffamazione aggravata, consistente nell’attribuzione di fatti determinati mediante altri mezzi di pubblicità11.

A dirimere la questione è intervenuta la Cassazione con la nota sentenza n. 35511/201012.

Questo il caso analizzato dalla Suprema corte. Si trattava della pubblicazione di una lettera diffamatoria

nei confronti del Ministro della Giustizia comparsa su di un giornale telematico: la Corte di Appello di Milano aveva ritenuto sussistere la responsabilità in capo al direttore del giornale tele-matico, anche se non si era poi proceduto nei confronti dell’im- __________

8 Sulla responsabilità per diffamazione a mezzo stampa, cfr., ad es., Cass., 19.9.1995, n. 9892, in Danno e resp., 1996, 1, 96 ss.

9 Trib. Firenze 13.2.2009, in Dir. inf., 2009, 911 ss. 10 Trib. Aosta 26.5.2006, in Dir. inf., 2006, 366 ss. 11 Trib. Oristano 25.5.2000, cit. 12 Cass. penale 16.7.2010, n. 35511, in Foro it., 2011, 4, II, 236 ss.

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 161

putato per intervenuta prescrizione, restando, tuttavia, ferme le statuizioni in punto di risarcimento in favore delle parti civili.

Esaminata la questione, la Suprema Corte ha sostenuto la inapplicabilità al direttore del giornale on line dell’art. 57 c.p. per omesso controllo, poiché «la lettera della legge e la sua ratio fanno riferimento al concetto di “stampa” nel quale non può es-sere ricompresa l’informazione on line».

Secondo la Corte non può neppure pensarsi a una interpre-tazione analogica, trattandosi evidentemente di interpretazione in mala partem.

A riprova di tale conclusione, la Cassazione - ricordando che sono state presentate diverse proposte di legge proprio allo scopo di estendere la portata dell’art. 57 c.p. anche al direttore di un giornale telematico - ha escluso, quindi, qualsiasi assimila-bilità del «prodotto editoriale» di internet al concetto di «stam-pato».

Fuori dei casi, quindi, di concorso da parte del direttore del giornale o da parte dei coordinatori dei blog o dei forum – allor-ché vi sia, ad esempio, l’accordo con l’autore della pubblicazione – non è ipotizzabile la responsabilità per omesso controllo in ca-po ad essi ex art. 57 c.p.

Secondo la Corte, il compito di vigilanza e di controllo in capo al Direttore della testata o al Webmaster, sarebbe comun-que gravoso e vano, posta la cd. «interattività di internet», che consente agli utenti di interferire sui testi.

Alla luce di tali considerazioni la Corte ha escluso la confi-gurabilità del fatto come reato.

La Cassazione si è, poi, espressa anche sulla efficacia scrimi-nante dell’esercizio del diritto di critica e di cronaca e del più generale diritto alla manifestazione del pensiero nei confronti di soggetti diversi dai giornalisti e, in particolare, nei confronti di tutti coloro che pubblicano notizie on line, i cui contenuti pos-sono avere una connotazione diffamatoria.

Nel caso «Vinavil»13, ad esempio, la Cassazione ha affronta-__________

13 Cass. pen 25.7.3.2008, n. 31392, in Dir. inf., 2008, 808 ss.

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 162

to la questione in rapporto a una notizia che una signora aveva pubblicato sul sito di Lega Ambiente, ove rappresentava, fra il resto, che la società «scarica cancerogeni nel lago».

In prima battuta, la sentenza premette che: «la diffamazione tramite internet costituisce certamente un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595 c.p., comma 3, in quanto commes-sa con altro (rispetto alla stampa) mezzo di pubblicità (…) Il giornale telematico sembrerebbe quasi costituire un tertium ge-nus tra la stampa e, appunto, gli altri mezzi di pubblicità».

Dopo questa premessa la Corte entra nel merito della que-stione, precisando che internet rappresenta un potente mezzo di diffusione di notizie, immagini e idee (almeno quanto la stampa, la radio e la televisione) e evidenzia come «attraverso di esso si estrinseca quel diritto di esprimere le proprie opinioni, diritto che costituisce uno dei cardini di una democrazia matura e che, per tale ragione, figura in posizione centrale nella vigente Carta costituzionale. I diritti di cronaca e di critica, in altre parole, di-scendono direttamente – e senza bisogno di mediazione alcuna – dall’art. 21 Cost. e non sono riservati solo ai giornalisti o a chi fa informazione professionalmente, ma fanno riferimento all’in- dividuo uti civis».

In questo contesto, pertanto, sempre secondo il giudizio della Suprema Corte: «Chiunque pertanto, e con qualsiasi mezzo (sia anche tramite internet), può riferire fatti e manifestare opi-nioni e chiunque – nei limiti dell’esercizio di tale diritto (limiti, da anni, messi a punto dalla giurisprudenza) – può produrre cri-tica e cronaca». Tuttavia, continua, la Corte, «la sfera di operati-vità della c.d. exceptio veritatis risulta notevolmente ridimensio-nata, atteso che, (…), la verità del fatto riferito costituisce co-munque presupposto del corretto esercizio del diritto di cronaca e, con le dovute precisazioni, anche di quello di critica».

Alla luce di ciò, la Corte ha cassato con rinvio la sentenza, poiché il giudice di appello avrebbe dovuto accertare se erano stati rispettati dalla imputata i parametri elaborati in materia dal-la giurisprudenza e, in particolare: se l’argomento fosse di rile-vanza sociale, se fosse stata fornita una informazione rispondente

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 163

alla verità obiettiva (nei limiti in cui ciò sia accertabile), se fosse-ro state usate «espressioni corrette» (o almeno tollerabili per i correnti livelli di «decenza espressiva», ovvero di «continenza» delle espressioni).

Altra problematica che affiora quando ci si pone davanti a tali figure di illeciti riguarda l’individuazione del soggetto re-sponsabile, resa talora, difficile dall’anonimato o dall’uso di so-prannomi (cd. «nickname»), che non consentono di identificare l’autore.

In caso di incertezza sull’identificazione dell’utente, i giudici fanno ricorso all’accertamento tecnico, attraverso il quale è pos-sibile stabilire:

a) il numero di identificazione sulla rete internet mondiale del computer che è assegnato in via esclusiva ad un determinato computer connesso (cd. indirizzo «IP»);

b) se un altro utente della rete abbia realizzato l’intromis- sione nell’indirizzo IP, conoscendo in dettaglio particolari di tempi e modalità della connessione dove intromettersi, verifi-cando la sussistenza di tracce dell’irregolare intervento invasi-vo14.

La collaborazione del provider sarà indispensabile per otte-nere la produzione della documentazione che indichi esattamen-te data, ora e indirizzo IP dell’utente che ha effettuato la connes-sione, l’eventuale nickname utilizzato e l’indirizzo di posta elet-tronica. Ciò comporta sostanzialmente che il provider metta a disposizione delle Autorità procedenti i cd. «files di log» che

__________ 14 Al riguardo, v. Cass. pen. 15.5.2008, n. 24018, in Guida al dir., 2008, 33, 105

(s.m.), dove si afferma che: «- a parte l’infecondo tentativo di estendere, in campo pe-nale, alla comunicazioni telematiche la normativa sulla stampa, specie in un caso come quello di specie, in cui il sito internet non risulti nemmeno soggetto a registrazione (…) – la corte territoriale avrebbe dovuto anzitutto dar conto, in modo effettivamente esauriente, del ragionamento in forza del quale era possibile affermare, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, che “il barbiere della sera” fosse un “blog”, nel quale occorreva avere una password per accedere al sito, in possesso esclusivo del ge-store, proprietario o titolare, cui spettava la confezione del titolo e la presentazione del pezzo inviato».

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 164

consentono di individuare i dati personali (ad es. indirizzo IP) e le tracce di tutte le sessioni di utilizzo del personal computer.

Al riguardo, si deve ricordare che gli artt. 14, 15 e 16 del D.Lgs. n. 70/2003, prevedono la possibilità da parte dell’autorità giudiziaria ed amministrativa di poter esigere direttamente dal provider, anche in via di urgenza, di attivarsi per impedire o por-re fine agli illeciti commessi dagli utenti.

In conclusione, in capo al direttore del giornale on line e all’autore della pubblicazione di contenuto diffamatorio rimane ferma la configurabilità di un illecito diffamatorio, che potrà es-sere valutato sulla base delle ordinarie regole di responsabilità civile ex art. 2043 c.c., derivante dal trattamento illecito di dati personali e per l’inosservanza delle regole in materia di misure di sicurezza (ex art. 15 del Codice in materia di protezione dei dati personali).

2. La cd. «raccolta occulta di dati» e i cd. «dati a raccolta palese»

Il modello di funzionamento offerto dai nuovi operatori del-la rete, tra cui spiccano oggi i Social media, non solo prescinde parzialmente dalla normativa a tutela dei dati personali, ma anzi, si basa soprattutto sull’utilizzo dei dati degli utenti al fine di fi-nanziare il sistema15.

Le ricadute pratiche di tale situazione possono comportare forti rischi per gli utenti, in particolare determinati da una disci-plina legislativa che non riesce a tenere il passo di un sistema in-formatico in continua evoluzione.

Analizziamo più da vicino il problema. Come si è avuto modo di verificare, in internet si possono

evidenziare molteplici costi d’invasione (ad es. lo spam via e-mail, la pubblicità postale spazzatura o, ancora, il telemarketing via te-lefono), rischi di discriminazione del prezzo, offerte selettive do-vute al profiling16 del consumatore e all’elaborazione di dati: tut-__________

15 Cfr. M. Viggiano, «Navigazione» in Internet e acquisizione occulta di dati per-sonali, in Dir. inf., 2007, 347 ss.

16 Sul tema si veda il provvedimento del Garante per la protezione dei dati per-

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 165

to ciò è finalizzato a offrire all’inserzionista un insieme di desti-natari che, per qualità omogenee, rispondano a precisi profili di marketing17.

Sembra, dunque, opportuno esaminare le modalità attraver-so cui viene effettuata questa attività di monitoraggio del nostro agire in rete, questa raccolta occulta di dati. Entrano allora in scena alcuni aspetti specifici della navigazione in internet: i «logs»18, i «cookies»19 e le tecnologie affini.

Attraverso i logs il gestore di un sito (content provider) può conoscere quanti siano i visitatori, quando arrivano, da dove vengono, quanto si fermano e quali pagine consultino, ma sem-pre in modo rigorosamente anonimo (il content provider, non a-vendo nessun rapporto contrattuale con il visitatore del sito, ac-quisirà informazioni anonime, in quanto non riferibili ad un utente identificabile).

Le informazioni registrate nei logs sono talmente dettagliate da consentire la ricostruzione precisa del profilo del navigatore: l’Internet access provider, infatti, in forza di tali registrazioni, è in grado di acquisire in modo invisibile informazioni sui propri clienti. Infatti, l’identificazione del singolo utente sarà per questo soggetto possibile, potendo associare l’indirizzo IP dell’host computer al proprio cliente, del quale possiede i dati, in forza del loro rapporto contrattuale20. __________

sonali del 25.6.2009, recante «Prescrizioni ai fornitori di servizi di comunicazione elet-tronica accessibili ai pubblico che svolgono attività di profilazione», in G.U. n.159 dell’11.7.2009.

17 L’utente nel corso della navigazione lascia varie tracce di sé dei propri gusti e le proprie abitudini e preferenze culturali, sessuali, ecc., e che è possibile aggregare tramite i più avanzati mezzi tecnologici, per sfruttarli spesso a scopi commerciali. E pur vero, però, che i suddetti meccanismi consente anche al soggetto utente di ricevere comunque dei benefici di navigazione e offerte mirate e personalizzate.

18 Un log è un file di testo in cui viene registrata e documentata l’attività di ap-plicazioni software presenti sul computer, che viene automaticamente generato presso il fornitore di accesso ad internet (il Provider), documentando così l’attività che il sin-golo IP ha svolto nella rete durante il collegamento.

19 Files di piccole dimensioni, che contengono informazioni di base relative ad un utente, in relazione ad un server.

20 Sul punto, v. le interessanti notazioni espresse da G. Pascuzzi, Il diritto

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 166

Veniamo ora ai cookies, che sono files di piccole dimensioni, che contengono informazioni di base relative ad un utente, in re-lazione ad un server. Attraverso questi files vengono effettuate delle registrazioni automatiche d’informazioni, trasmesse poi dal web server al computer dell’utente, al fine di agevolare l’identificazione di tale terminale al momento delle successive vi-site allo stesso sito web. Le informazioni contenute in un cookie consistono, generalmente, in dati relativi al login, even-tuali registrazioni, acquisti in linea e vengono utilizzate: a) per controllare con quale frequenza il navigatore acceda al sito, per personalizzare il sito; b) per evitare una nuova autenticazione e definire il profilo dell’utente in ragione delle pagine maggior-mente visitate. In questo modo altri fornitori di servizi - che si appoggiano alla pagina web da cui vengono tratte informazioni - agevoleranno l’accesso dell’utente21.

Pertanto, a differenza dei logs, memorizzandosi sull’hard disk del computer dell’utente, i cookies hanno una valenza mag-giormente lesiva della sfera privata. Comunque, in entrambi i ca-si, risulta applicabile la direttiva 95/46/CE (e, più specificamen-te, anche la 97/66/CE) e tutte le norme nazionali di recepimento. Nonostante ciò, la minaccia ai propri dati personali rappresenta-ta da tali meccanismi è fortissima e tutta la massa di fruitori di internet ne risulta esposta22. __________ dell’era digitale, Bologna, 2010, 66: in part. alla nota 52, l’A. precisa come questi stru-menti vengano utilizzati soprattutto per finalità commerciali in quanto consentono di indirizzare in modo mirato un determinato messaggio pubblicitario. I files logs sono stati anche oggetto di un’interessante pronuncia del Tribunale di Chieti del 30.5.2006 (in Dir. internet, 2006, 572, sempre citata in G. Pascuzzi), che ha valutato la rilevanza del file log in ambito penale. Il Tribunale ha affermato che «le attività di apprensione dei file log da parte della polizia giudiziaria devono essere accompagnate da un attento controllo circa le modalità di conservazione dei dati informatici, allo scopo di verifica-re l’assenza di manipolazioni e la conseguente genuinità delle evidenze digitali; in mancanza di tali adempimenti il file log costituisce un insufficiente materiale per fon-dare la responsabilità penale oltre ogni ragionevole dubbio».

21 V. G. Pascuzzi, op. ult. cit., 66-67; cfr. anche A. Putignani, voce Cookie, in Dig. disc. priv., Sez. civ, Agg., 2, t. I, 2003.

22 Sul punto, cfr. V. Caridi, La tutela dei dati personali in Internet: la questione dei logs e dei cookies alla luce delle dinamiche economiche dei dati personali, in Dir. inf., 2001, 763 ss.

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 167

Per quanto concerne l’utilizzo dei cookies il fattore di ri-schio maggiore è rappresentato dalla data di conservazione. Ap-pare del tutto evidente, infatti, che l’opzione relativa al periodo entro il quale il file con i dati dell’utente viene mantenuto nell’hard disk, potrebbe condurre alla violazione dell’art. 6 della Direttiva europea sui dati personali, che ne stabilisce la conser-vazione per un «tempo opportuno».

Sempre facendo riferimento alla medesima direttiva, occor-re sottolineare come imporrebbe, inoltre, di non trattare i dati se la persona cui essi si riferiscono non venga opportunamente in-formata. I cookies, invece, operano automaticamente, senza av-vertire l’utente, realizzando dei veri e propri meccanismi di rac-colta occulta dei dati23. Ma c’è di più, l’utente non viene avverti-to neppure nel momento in cui il cookie viene prelevato dal suo hard disk per essere trasferito al server che ne ha fatto richiesta.

In siffatto contesto viene del tutto compromesso il principio previsto dal D.Lgs. n. 196/2003, secondo cui vi deve sempre es-sere consenso al trattamento dei dati (art. 122 del D.Lgs. n. 196/2003).

Stesso discorso vale per i pixel e tecnologie simili (come i cd. «web bugs» o «web beacons», «1x1 gif e clear gif», «spywa-res»), che consentono di leggere e posizionare i cookies24. Tali __________

23 Il soggetto navigatore potrebbe impostare il browser in modo da essere avver-tito qualora da un server gli venga inviato un cookie, ma questo non significa che vi sia un automatico avviso nel trattamento dei dati, essendo necessaria un’autonoma presa di coscienza dell’utente. Accanto ad essi vi sono anche le cd. «finestrelle pop-up» che consentono agli utenti di respingere l’arrivo dei cookies (ma non di decidere se voglio-no condividerle con altri). In pratica, questi messaggi di avvertimento ci aiutano a por-re di limiti al nostro ricordo digitale, facendo in modo che alcune informazioni non rientrino neppure nelle nostre memorie digitali. In realtà però queste finestrelle non hanno un valore risolutivo del problema, ma piuttosto ci rendono costantemente con-sapevoli di questo rischio cookies. Consentono soltanto di accettare o meno d’inserire il cookie nella memoria digitale in quel momento, ma non consentono una gestione del dato memorizzato sul lungo periodo. In altre parole la decisione che viene offerta è secca: prendere o lasciare. Viene, pertanto, esclusa un’autonoma e totale gestione del cookie.

24 I «tag pixel» (chiamati anche «GIF» o semplicemente «pixel») sono piccoli blocchi di codice sulle pagine web che consentono ai siti web di svolgere attività come

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 168

tecnologie sono particolarmente insidiose perché possono essere inserite come programmi accessori nei social networks, nei moto-ri di ricerca e nei blogs, che si sostentano principalmente tramite inserzioni pubblicitarie25.

Questo vulnus del sistema di protezione dei dati personali è ancor più grave se si pone attenzione alla Direttiva 2009/136/ CE, che prevede, al considerando 66, un riferimento ai sistemi di tracciamento ed introduce la disposizione secondo cui gli Stati membri «assicurano che l’archiviazione di informazioni o l’accesso ad informazioni già archiviate nell’apparecchiatura terminale di un abbonato od un utente sia consentito unicamen-te a condizione che l’abbonato o l’utente in questione abbia pre-liminarmente espresso il proprio consenso, dopo essere stato in-formato in modo chiaro e completo, a norma della direttiva 65/46/CE, tra l’altro sugli scopi del trattamento. Ciò non vieta l’eventuale archiviazione tecnica o l’accesso al solo fine di effet-tuare la trasmissione di una comunicazione su una rete elettroni-ca, o nella misura strettamente necessaria al fornitore di un ser-

__________

leggere e posizionare cookie. La connessione risultante può includere informazioni come l’indirizzo IP della persona, l’ora di visualizzazione del pixel e il tipo di browser utilizzato. Si comprende bene l’importanza di queste tecnologie, se leggiamo l’informativa di Facebook in riferimento a chi usufruisce del proprio servizio: «(…)Usiamo i pixel su Facebook e al di fuori di esso, ad esempio, quando visiti il no-stro sito o uno di quelli dei nostri partner. I pixel ci consentono di leggere eventuali cookie di Facebook esistenti o di posizionare un nuovo cookie sul tuo browser o di-spositivo. Utilizziamo i tag pixel per personalizzare la tua esperienza e capire in che modo le persone utilizzano prodotti e servizi. Ad esempio, possiamo utilizzare i tag pixel per vedere che una persona con un determinato browser ha visualizzato un'in-serzione su Facebook e ha acquistato un prodotto dallo stesso inserzionista. Ciò ci consente di dimostrare agli inserzionisti che le loro inserzioni su Facebook sono effica-ci. Potremmo usare i pixel anche per mostrarti inserzioni rilevanti su Facebook e al di fuori di esso. Un partner, ad esempio, potrebbe usare un pixel per farci sapere quando hai visitato il suo sito, consentendoci così di mostrarti poi un'inserzione su Facebook in un secondo momento».

25 È notizia recente che Microsoft, Google e Facebook, stiano riorganizzando dei sistemi di tracciamento propri che prescindono dai cookies e che sfruttano i propri servizi di e-mail, browsing, ecc., per avere dei profili ancor più completi degli utenti e, soprattutto, del tutto esclusivi dell’azienda.

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 169

vizio della società dell’informazione esplicitamente richiesto dell’abbonato o dall’utente a erogare tale servizio»26.

In questo settore gli strumenti propri della responsabilità civile non sembrano offrire una adeguata tutela, per il semplice fatto che il danno si è già verificato (e spesso in tutta la sua am-piezza e gravità). E allora i mezzi di protezione più efficaci di-ventano quelli preventivi, attraverso cui l’individuo tende a pro-teggersi o rifiutando di fornire certi dati (con il rischio che gli venga negato il servizio) o avvalendosi di tecnologie, anche piut-tosto dispendiose, come la cd. «crittografia»27, senza la quale qualunque dato a noi riferibile, conservato su supporto informa-tico, rimane nella libera disponibilità di chiunque voglia28.

Altro problema è quello dei cd. «dati a raccolta palese». Esistono, infatti, tutta una serie di dati che lo stesso abbona-

__________ 26 Direttiva 2009/136/CE del 25.11.2009, in G.U. dell’Unione Europea, del

18.12.2009, L337/11 che va a sostituire l’art. 5 della Direttiva 2002/58/CE del 12.7.2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche. La Direttiva avrebbe dovuto essere recepita entro il maggio del 2011, ma gran parte degli Stati hanno omesso la sua adozione, comportando l’emissione di lettere di avviso da parte della Commissione, rimaste sen-za risposta. Detta direttiva è stata finalmente recepita in Italia a fine maggio 2012 e verrà modificata dal recente regolamento che la Commissione europea sta preparando e che vedrà la luce il prossimo anno.

27 la «crittografia» è quel processo attraverso cui si creano e decifrano comuni-cazioni segrete. Tramite tale procedimento, i dati personali «crittati» sono trasformati in codici non interpretabili senza una chiave segreta, proteggendoli sia qualora viaggi-no in internet, sia che siano custoditi nel computer dell’utente od in una banca dati. I rischi della crittografia sono da individuarsi nella possibilità che il soggetto ricevente non li accetti in tale forma, ma anche nella facilità di decriptazione da parte di abili informatici. Per la sicurezza dei dati e la protezione contro l’indebito accesso è possi-bile utilizzare chiavi logiche come codici identificativi personali e chiavi biometriche. Le chiavi logiche sono le cd. «password», in cui la parola si sostituisce alla serratura meccanica e alla chiave di metallo, ma sono sicure soltanto finché rimangono segrete; per questo entrano in gioco le cd. «chiavi biometriche», definite dall’art. 1 D.P.R. n. 513/1997 come «sequenza di codici informatici utilizzati nell’ambito di meccanismi di sicurezza che impiegano metodi di verifica dell’identità personale basati su caratteri-stiche fisiche specifiche dell’utente».

28 D’altro canto, è però vero che l’individuo può anche trarre benefici tangibili ed immediati dalla rivelazione d’informazioni personali, come sconti, premi, servizi personalizzati, navigazione più agevole e via dicendo.

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 170

to fornisce volontariamente al provider per poter avere accesso alla rete (cd. «transactional data»), come ad es. quelli relativi alle transazioni e comunicazioni operate dall’utente, agli indirizzi del protocollo internet, alle informazioni raccolte dai programmi in-formatici di browsing29, alle informazioni contenute nei messaggi di posta elettronica, fino a quelle presenti nei newsgroup o nei forum online.

Uno delle situazioni più diffuse in cui si realizza la fattispe-cie appena richiamata è quella che avviene quando l’utente vo-lontariamente si registra in un sito per ottenere un determinato servizio (es. utilizzo di posta elettronica, partecipazione a ne-wsgroup, scaricamento file, ecc.). In questo caso non ci sono par-ticolari problemi di estensione della disciplina vigente: sono ap-plicabili le disposizioni generali previste per il trattamento di da-ti personali, essendo comunque contemplata (e facilmente appli-cabile) la disciplina del consenso.

Il problema qui è un altro: per avere accesso ai servizi della rete, e quindi contribuire all’immissione di dati, è necessario, in-fatti, avvalersi di ‘mediatori della rete’: cioè i provider30, i quali operano nel campo delle infrastrutture di rete, erogando, solita-mente, servizi di vario genere.

__________ 29 I browser, ossia i programmi che rendono possibile la navigazione in rete e, tra

l’altro, la visualizzazione grafica e multimediale dei documenti disponibili su Internet. Ne abbiamo esempi in Internet Explorer, in Safari, in Google Chrome, in Modzilla Fire-fox, ecc. Questi programmi comunicano tra il PC dell’utente e l’elaboratore a distanza in cui sono memorizzate le informazioni e spesso trasmettono al Web-server, il compu-ter che gestisce il sito visitato, più informazioni di quelle strettamente necessarie per stabilire il collegamento e la comunicazione in rete e ciò senza che l’utente stesso se ne accorga, permettendogli, ad esempio, di conoscere il tipo e il linguaggio del browser, il nome degli altri programmi installati sul PC dell’utente ecc.

30 Provider in inglese significa ‘fornitore’ (di connettività): attraverso il provider si ha accesso alla rete. È il tramite tra l’utente e la rete ed è ovviamente fornito di un proprio computer denominato server (o host) e funzionante mediante un proprio sof-tware destinato a fornire servizi. Il client, invece, è il computer di cui deve disporre l’utente per collegarsi al server e richiedere ad esso un apposito servizio tramite un in-terfaccia detta client/server. Solitamente il contratto con il provider fornisce accesso alla rete ma anche un pacchetto di programmi che servono per la navigazione.

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 171

A questo punto del discorso, entra in gioco la problematica riguardante la responsabilità di questi soggetti; e sarà proprio questo il tema di indagine che sarà affrontato nel paragrafo se-guente.

3. La responsabilità dell’«internet service provider», del gestore dei «motori di ricerca» e del «social network»

Altro grande ambito operativo nel quale si registra un au-mento di contenzioso è quello riguardante la responsabilità dei Motori di Ricerca e degli Internet Service Providers e dei Social Networks31.

È questo un tema di grande attualità dove le Corti non han-no ancora raggiunto una uniformità di giudizio. Ed infatti, è sta-ta recentemente proposta una linea interpretativa che mette in discussione i punti di approdo cui era giunta la giurisprudenza dopo l’emanazione del D.Lgs. n. 70/2003, attuativo della Diret-tiva 31/2000/CE, e che porta a ripensare al tema della responsa-bilità degli internet service providers (d’ora in avanti, per brevità, «ISP») e dei motori di ricerca, in un’ottica di maggiore garanzia di tutela delle persone.

In sintesi, questo il percorso giurisprudenziale. La risposta fornita in un primo tempo dalla magistratura,

all’epoca in cui si era trovata a dover affrontare i primi casi in cui si chiedeva di esaminare la responsabilità dell’ISP, nel caso, ad esempio, di contenuti diffamatori e lesivi dei diritti delle persone pubblicati on line, era stata quella di equiparare il regime di re-sponsabilità a quello stabilito per l’editore e il direttore di un giornale o per il gestore di una radio o televisione32.

Successivamente, questo orientamento è stato totalmente superato e la giurisprudenza ha cercato di individuare la respon-sabilità degli ISP, sulla base del ruolo o delle modalità della con-__________

31 Sul tema della responsabilità civile degli internet service providers, dove i con-tributi in dottrina sono stati moltissimi, si può far riferimento al lavoro di L. Nivarra-V. Ricciuto, Internet e il diritto dei privati. Persona e proprietà intellettuale nelle reti telematiche, Torino, 2002.

32 Cfr., ad es., Trib. Napoli 8.8.1996, in Resp. civ. prev., 1998, 176 ss.

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 172

dotta assunta nelle circostanze concrete, negando, tuttavia, un criterio di imputazione oggettivo di responsabilità fondato su un assunto obbligo generale di controllo e di vigilanza in ordine ai contenuti illeciti immessi on line da terzi33.

In questo modo si è negata la responsabilità in vari casi. Ad esempio nell’ambito della violazione del diritto d’autore,

nel caso in cui l’ISP si sia limitato a concedere uno spazio all’utente sul web, non avendo contribuito alla pubblicazione e non avendo avuto consapevolezza dell’antigiuridicità della con-dotta svolta dall’utilizzatore34.

L’assenza di un obbligo di controllo e di vigilanza è stata stabilita dai giudici anche in un’altra fattispecie: quando sia stata accertata la responsabilità concorrente dell’ISP per la «conosci-bilità dell’illecito», costituito dall’apertura di un sito con un no-me a dominio corrispondente a un acronimo noto, appartenente ad un soggetto terzo (nella specie si trattava dell’acronimo: «I-NA»)35.

Dopo queste prime decisioni è intervenuto, come già evi-denziato, il legislatore con il D.Lgs. n. 70/2003, che ha attuato in Italia la Direttiva europea del 2011 sul commercio elettronico.

Oggi, la responsabilità dell’ISP è disciplinata dagli artt. 14-17, in modo sostanzialmente corrispondente ai contenuti degli artt. 12-15 della Direttiva: vengono, cioè, distinte tre tipologie di servizi svolti dall’intermediario definiti come: di «semplice tra-sporto» (cd. «Mere Conduit»), di «memorizzazione temporanea» (cd. «Caching»), e di «memorizzazione delle informazioni» (cd. «Hosting»).

Inoltre, l’art. 17 stabilisce il principio generale secondo cui l’ISP non ha un «obbligo generale di sorveglianza sulle informa-__________

33 Cfr. Trib. Cuneo 23.6.1997, in Giur. piem., 1997, 493 ss. 34 Cfr. Trib. Catania 29.6.2004, in Resp. civ. prev., 2005, 188; Trib. Roma

14.7.2007, in Riv. dir. ind., 2008, 4-5-, II, 330 (s.m.). 35 Cfr. Trib. Roma 22.3.1996, un Dir. inf., 2000, 66 ss.; ma v. anche, nello stesso

senso, Trib. Napoli 8.8.1997, in Dir. inf., 1997, 970 ss. e Trib. Napoli 26.2.2002, in Dir. inf., 2002, 1005 ss., dove i giudici hanno affermato la responsabilità dell’ISP per «rischio di impresa», in relazione al caso di registrazione e di uso di un domain name corrispondente ad un nome noto, che nel caso di specie era «Playboy»

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 173

zioni che trasmette o memorizza, né ha un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presen-za di condotte illecite».

Tale norma esclude, pertanto, sotto un profilo risarcitorio, la possibilità che l’ISP possa essere tenuto a rispondere in base ad un regime di responsabilità oggettiva fondato sull’art. 2050 o sull’art. 2051 C.C., bensì gli ISP saranno chiamati a rispondere in base alla regola contenuta nell’art. 2043 C.C., a titolo di colpa professionale.

Se si esaminano, infatti, le norme che disciplinano la re-sponsabilità dell’ISP nei diversi servizi che essi possono offrire all’utente, si individuano quale siano i comportamenti che essi debbano assumere, e in presenza dei quali è esclusa, in linea di principio, la loro responsabilità; ciò avviene attraverso la tipizza-zione dei caratteri della diligenza dell’ISP. Diversamente, qualora sia realizzato un illecito a danno di terzi, scatterà il meccanismo di responsabilità.

Nel caso del servizio di «semplice trasporto» (detto anche «mere conduit»), che consiste nel trasmettere, su una rete di co-municazione, informazioni fornite da un destinatario del servizio o nel fornire un accesso alla rete di comunicazione, viene previ-sto che l’ISP non sia responsabile delle informazioni trasmesse a condizione che (art.14): (i) non dia origine alla trasmissione; (ii) non selezioni il destinatario della trasmissione; (iii) non selezioni né modifichi le informazioni trasmesse.

Si tenga, inoltre, conto del fatto che le predette attività di trasmissione e fornitura di accesso includono la memorizzazione automatica, intermedia e transitoria delle informazioni trasmes-se, a condizione che questa serva solo alla trasmissione sulla rete di comunicazione e che la sua durata non ecceda il tempo ragio-nevolmente necessario a tale scopo (art. 14, comma 2).

Nel servizio di «memorizzazione temporanea automatica» (detto anche «Caching»36, l’ISP non è responsabile della memo-__________

36 Che consiste nel trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni for-nite da un destinatario del servizio.

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 174

rizzazione automatica, intermedia e temporanea, di tali informa-zioni, effettuata al solo scopo di rendere più efficaci il successivo inoltro ad altri destinatari a loro richiesta, a condizione che (art. 15): (a) non modifichi le informazioni; (b) si conformi alle condi-zioni di accesso alle informazioni; (c) si conformi alle norme di aggiornamento delle informazioni indicate in un modo ampia-mente riconosciuto e utilizzato dalle imprese del settore; (d) non interferisca con l’uso lecito di tecnologia ampiamente riconosciu-ta e utilizzata nel settore, per ottenere dati sull’impiego delle in-formazioni (cd. «log di sistema»); (e) agisca prontamente per ri-muovere le informazioni che ha memorizzato o per disabilitare l’accesso non appena venga effettivamente a conoscenza del fatto che le informazioni sono state rimosse dal luogo dove si trovava-no inizialmente sulla rete, o che l’accesso alle informazioni è sta-to disabilitato, oppure che un organo giurisdizionale o un’autorità amministrativa ne ha disposto la rimozione o la disa-bilitazione dell’accesso.

Nel servizio di «memorizzazione di informazioni richiesta dal destinatario» (detto anche «Hosting»)37, l’ISP non è respon-sabile delle informazioni memorizzate a richiesta del destinatario del servizio, a condizione che (art. 16): (a) non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione è illecita; (b) per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o circostanze che rendono manifesta l’illegalità dell’attività o dell’informazione; (c) non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità competenti, agisca immediatamen-te per rimuovere le informazioni o per disabilitare l’accesso.

L’esclusione della responsabilità dell’ISP nei servizi per ho-sting non si applica, se il destinatario del servizio agisce sotto l’autorità o il controllo del prestatore. Tale situazione comporta l’applicazione della responsabilità cd. «vicaria», al pari di quella prevista dall’art. 2049 C.C., secondo cui del fatto illecito com-messo dal soggetto preposto risponde il committente. __________

37 Che consiste nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio.

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 175

Con riferimento a tutte e tre le ipotesi di servizi appena de-scritte, l’autorità giudiziaria o quella amministrativa (il Garante per le telecomunicazioni) avente funzioni di vigilanza può esige-re, anche in via d’urgenza, che l’ISP impedisca o ponga fine alle violazioni commesse (v. art. 14, comma 3; art. 15, comma 2; art. 16, comma3)38.

Si prevede, altresì, la responsabilità civile in capo agli ISP nel caso in cui non provvedano ad impedire l’accesso imposto dall’autorità, ovvero, avendo avuto conoscenza del carattere ille-cito per un terzo del contenuto del servizio a cui assicurano l’accesso, non informino l’autorità competente (v. art. 17, com-ma 3).

Da quanto sopra evidenziato consegue che, dal punto di vi-sta probatorio, l’ ISP deve dimostrare: a) di non aver assunto un ruolo attivo; b) di non aver posto in essere la condotta e di aver esercitato, quindi, un’attività meramente tecnica, automatica e passiva, tale da non determinare il controllo e il contenuto delle informazioni trasmesse o memorizzate; c) di aver agito pronta-mente per porre fine ad eventuali condotte illecite su ordine dell’autorità.

Questa è stata anche l’interpretazione offerta dalla Corte di giustizia nel noto caso «Louis Vuitton»39. __________

38 V., ad es., il caso «BtJunkie» (ordinanza del Pubblico Ministero della Procura della Repubblica di Cagliari del 21.4.2011), ove è stata ordinata l’inibizione, per il tramite della Guardia di Finanza, dell’accesso nei confronti del sito www.BtJunkie.org, la maxi-piattaforma digitale per scaricare musica, films, libri e videogiochi in modo illegale. Altro caso noto è quello «Promusicae», che trae origine dall’iniziativa giudizia-ria dell’associazione spagnola a tutela degli interessi degli autori ed editori nei con-fronti del provider di telefonia, il quale si era opposto alla richiesta di fornire identità e indirizzo fisico degli utenti accusati di scaricare, con programmi «peer-to-peer», conte-nuti protetti, al fine di tutelarne la privacy. La Corte di Giustizia, interessata del caso, ha affermato che «la comunità non impone agli Stati membri l’obbligo di comunicare i dati personali degli utenti internet in caso di contenzioso civile (…) La comunicazione dei dati richiesti è autorizzata esclusivamente nell’ambito di un’indagine penale o per la tutela della pubblica sicurezza e della difesa nazionale» (Corte di Giustizia UE 29.1.2008, causa C-275/06, leggibile nel sito internet della Corte http://www.curia. europa.eu).

39 Corte di Giustizia UE 23.3.2010, C-236/08 e C-238/08, leggibile nel sito internet della Corte http://www.curia.europa.eu.

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 176

Analizziamolo più nel dettaglio. La società «Vuitton» aveva contestato che, utilizzando il

motore di ricerca di Google (con il sistema di ricerca denominato «AdWords»), mediante l’inserimento da parte degli utenti di internet dei termini costituenti i marchi caratterizzanti la propria impresa, apparivano nella rubrica, tra i link sponsorizzati, quelli di siti che offrivano imitazioni dei prodotti della Vuitton.

La Corte di Giustizia - esprimendo il proprio giudizio al ri-guardo - ha affermato che l’art. 14 della direttiva sul commercio elettronico deve essere interpretato nel senso che esso «si applica al prestatore di un servizio di posizionamento su internet qualora detto prestatore non abbia svolto un ruolo attivo atto a conferir-gli la conoscenza o il controllo dei dati memorizzati. Se non ha svolto un siffatto ruolo, detto prestatore non può essere ritenuto responsabile per i dati che egli ha memorizzato su richiesta di un inserzionista, salvo che, essendo venuto a conoscenza della natu-ra illecita di tali dati o di attività di tale inserzionista, egli abbia omesso di prontamente rimuovere tali dati o disabilitare l’ac- cesso agli stessi».

Tuttavia appare molto problematico stabilire quando l’ISP nel servizio di hosting abbia «effettiva conoscenza» che «l’attività o l’informazione è illecita» e «per quanto attiene ad azioni risar-citorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che rendano manifesta l’illiceità dell’attività o dell’informazione» (art. 16, comma 1, lett. a).

Al riguardo, in dottrina è stata tracciata la distinzione fra «effettiva conoscenza» da parte dell’hosting provider dell’attività o dell’informazione illecita, che avrebbe rilevanza solo in sede penale, e l’ipotesi di «conoscenza» di fatti che manifestano l’illiceità dell’attività o dell’informazione che ha, invece, rilevanza sul piano della responsabilità civile40. Secondo questa lettura, dunque, si ricaverebbe che solo nel primo caso scatti il meccani-

__________ 40 In tal senso, G. Facci, La responsabilità dei providers, in C. Rossello-G. Finoc-

chiaro-E. Tosi (a cura di), Il commercio elettronico, Trattato di dir. priv. diretto da M. Bessone, Torino, 2007, 245.

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 177

smo della responsabilità penale, mentre la mera conoscenza sa-rebbe fonte solo di responsabilità civile.

La questione è resa ancor più complicata dalla previsione normativa ulteriore secondo cui l’hosting provider deve rimuove-re le informazioni o impedire l’accesso ad esse su comunicazione dell’autorità giudiziaria (v. art. 16, lett. b). Sembrerebbe, quindi, che l’hosting provider, ai fini dell’esclusione della sua responsabi-lità in sede penale debba rimuovere le informazioni o negare l’accesso quando sia stato informato dall’autorità giudiziaria, mentre egli è esposto a responsabilità civile, anche qualora non si sia accorto di fatti dai quali avrebbe dovuto desumere l’illiceità della condotta.

Altra questione che si pone in rapporto a tutte le figure di ISP sopra analizzate (di hosting, di caching e di mere conduit), è il significato da assegnare alla nozione di «conoscenza del carattere illecito o pregiudizievole per un terzo del contenuto di un servi-zio al quale assicura l’accesso» (ex art. 17, comma 3). Al riguar-do, nonostante si concordi unanimemente sull’esclusione dell’obbligo di ricerca attiva da parte dell’ ISP, fatti salvi i casi in cui la richiesta non provenga da parte dell’autorità giudiziaria, non sono state offerte interpretazioni definitive41.

La giurisprudenza che si è occupata della questione ha, in alcuni casi, concentrato l’attenzione sulla necessità che il dan-

__________ 41 Sul punto, cfr. Corte di Giustizia UE 24.11.2011, C-70/10 (leggibile nel sito

internet della Corte http://www.curia.europa.eu), in cui si afferma: «è vietato dalle di-rettive comunitarie obbligare un provider a predisporre un costoso e complesso siste-ma informatico volto a controllare preventivamente il traffico in rete al fine di rilevare degli illeciti: c’è violazione della libertà di impresa, di informazione e della privacy». Ancora in tema di responsabilità imputabile agli ISP, la IX sezione civile del Tribunale di Roma, nell’ordinanza del 12 dicembre 2009 (caso FAPAV c. Telecom Italia, in cui FAPAV aveva richiesto a Telecom Italia di fornire i nominativi degli utenti che avesse-ro prelevato in modo illecito contenuti tutelati dal diritto d’autore, di oscurare l’accesso ai siti di file sharing e inviare avvisi a coloro che commettono violazioni al diritto d’autore), ha ritenuto che l’ISP, nello svolgere un’attività di intermediario, non può essere ritenuto responsabile del contenuto dei dati che trasporta e quindi non può rimuovere i contenuti illeciti o sospendere il servizio, se non in attuazione di un ordine dell’autorità giudiziaria.

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 178

neggiato presenti una denuncia analitica, e ciò anche in assenza di uno specifico ordine giudiziario o amministrativo.

In particolare nel caso «Yahoo Italia c. PFA Film»42, il Tri-bunale di Roma ha ritenuto necessario che al motore di ricerca fosse stata presentata dal danneggiato una denuncia analitica che consentisse di identificare precisamente: 1) la «Uniform Resource Locator (URL)» dei link a siti a contenuto illecito; 2) il diritto violato; 3) il titolo comprovante il diritto; 4) l’entità della viola-zione.

Con questa decisione il Tribunale romano ha mutato l’orientamento assunto nel caso «PFA Films c. Yahoo Italia»43, dove aveva accolto il ricorso presentato dalla PFA Films che la-mentava la violazione del diritto di sfruttamento economico di un’opera, sulla base della presentazione di una denuncia generi-ca da parte della stessa nei confronti del motore di ricerca Goo-gle, che aveva consentito, in qualità di gestore del servizio di «Web Search», l’indicizzazione a siti pirata, di un’opera cinema-tografica «About Elly», visionabile, mediante il collegamento realizzato sul motore di ricerca.

In altra decisione (Trib. Firenze, 25.5.2012)44, la conoscenza del fatto illecito è stata negata, poiché le diffide di parte, trattan-dosi di prospettazioni unilaterali, sono state ritenute insufficienti al fine di valutare se un ISP abbia avuto effettiva conoscenza, ri-sultando, invece, necessario che «un organo competente abbia dichiarato che i dati sono illeciti, oppure abbia ordinato la rimo-zione o la disabilitazione dell’accesso agli stessi, ovvero che sia stata dichiarata l’esistenza di un danno e che l’ISP stesso sia a conoscenza di una tale decisione dell’Autorità competente».

Questa impostazione sembra effettivamente la più ragione-vole, nel momento in cui afferma che debba essere un’autorità a ordinare la rimozione del materiale caricato on line o la disabili-tazione di un accesso al web e non sia sufficiente la diffida pre-

__________ 42 Cfr. Trib. Roma 11.7.2011, in Riv. dir. ind., 2012, 1, 44 ss. 43 Cfr. Trib. Roma 22.3.2011, in Dir. inf., 2011, 3, 532 ss. 44 Trib. Firenze 25.5.2012, in Dir. informatica, 2012, 6, 1210 (s.m.).

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 179

sentata da una parte, poiché laddove la diffida risultasse infonda-ta l’ISP si troverebbe esposto a responsabilità per aver rimosso illegittimamente i contenuti dal web.

In tal senso si è orientata la stessa Autorità Garante per le Telecomunicazioni nello schema di regolamento che ha proposto per disciplinare questo aspetto, richiedendo un contraddittorio fra le parti45. Si prevede, infatti, che la richiesta, ad esempio, di rimozione del materiale caricato su un sito, o indicizzato in un motore di ricerca venga portata a conoscenza dell’utente che ha caricato il materiale (il cd. «Counter Notice»), il quale può op-porsi alla selezione selettiva (v. art. 7 del regolamento). In tal modo l’Autorità fornisce lo strumento attraverso il quale si può stabilire l’effettiva conoscenza, con conseguente esonero da re-sponsabilità dell’ISP passivo in caso di rimozione.

Nel caso «RTI c. YouTube e Google»46, la società RTI aveva avviato un’azione cautelare avente ad oggetto l’upload di alcuni video del programma televisivo il «Grande Fratello» sulla piatta-forma di YouTube, chiedendone l’immediata rimozione dai Server e la conseguente immediata disabilitazione all’ accesso di tutti i contenuti riproducenti – in tutto o in parte – sequenze di immagini fisse o in movimento, relative al programma.

Il Tribunale di Roma ha accolto le richieste di RTI, ritenen-do che YouTube avesse una diretta responsabilità nella segmen-tazione delle clip, poiché, oltre a trarre vantaggio dalla pubblicità affiancata alle clip, era altresì, perfettamente consapevole del contenuto illecito di tale riproduzione, poste le numerose diffide presentate da RTI. Il Tribunale di Roma è giunto a tale decisio-ne, anche in riferimento alla policy aziendale di YouTube, la qua-le si riserva la possibilità di rimozione dei contenuti pedoporno-grafici e il diritto di controllare il contenuto delle clips (cd. «noti-ce and takedown»).

__________ 45 V. le delibere dell’Autorità Garante per le Telecomunicazioni del 17.12.2010,

n. 668/Cons. e del 6.7.2011, n. 398 (leggibili nel sito internet dell’Autorità Garante http://www.agcom.it).

46 Cfr. Trib. Roma 16.12.2009, in Resp. civ. prev., 2010, 7-8, 1568 (s.m.).

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 180

Molto rilevante ai fini della indagine che si sta conducendo, è una recente sentenza del Tribunale di Milano, che ha inaugura-to un nuovo indirizzo giurisprudenziale.

I giudici milanesi, pur non potendo mettere in discussione il principio legislativo dell’assenza in capo all’ISP di un preventivo obbligo di controllo, sono giunti, infatti, ad affermare la respon-sabilità nei confronti degli ISP, attraverso il richiamo ad altre norme, e in particolare, sulla base della disciplina contenuta nel Codice in materia di protezione dei dati personali.

Si tratta del noto caso giudiziario «Vividown c. Google»47, che è stato alla ribalta delle cronache giudiziarie ed ha riguardato un atto di cd. «cyber-bullismo», costituito dal caricamento (cd. «uploading») sul sito di Google di un video che mostrava un ra-gazzino affetto da sindrome di down, malmenato ed ingiuriato da alcuni coetanei.

Il Tribunale di Milano ha condannato gli amministratori di Google per trattamento illecito dei dati personali, in relazione al-la violazione dell’obbligo informativo (ex art.13) stabilito dal Codice in materia di protezione dei dati personali nei confronti degli utenti (i cd. «uploaders») e, in particolare, per non avere comunicato la necessità della raccolta del consenso in ordine alla diffusione delle informazioni da essi pubblicate in Google Video.

In questo quadro, è stata configurata in capo a Google la re-sponsabilità per aver omesso il corretto trattamento dei dati sen-sibili, consentendo il caricamento indiscriminato e il suo mante-nimento sul sito www.google video.it, al fine di trarre profitto e non soltanto per semplice noncuranza. __________

47 Trib. Milano 12.4.2010, in Dir. informatica, 2010, 3, 474 ss. Successivamente, il caso è arrivato prima in Corte di Appello a Milano e poi in Cassazione, la quale con una recente sentenza (Cass. penale, 3.2.2014, n. 5107, leggibile nel sito internet della Corte di Cassazione http://www.cortedicassazione.it), ha confermato l’assoluzione de-finitiva degli imputati pronunciata dalla Corte di Appello evidenziando che «all’esame delle norme emerge che in nessuna di esse sia prevista che in capo al provider, sia esso anche un hosting provider, un obbligo generale di sorveglianza dei dati immessi da ter-zi sul sito da lui gestito. Né sussiste in capo al provider alcun obbligo sanzionato pe-nalmente di informare il soggetto che ha immesso i dati dell’esistenza e della necessità di fare applicazione della normativa relativa al trattamento dei dati stessi».

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 181

Sembra evidente come il Tribunale di Milano - non potendo affermare la responsabilità di Google sulla base del D.Lgs. n. 70/2003, posto l’espresso esonero legislativo dall’obbligo di con-trollo preventivo - ha costruito la responsabilità per colpa dell’ISP, utilizzando il grimaldello interpretativo offerto dalle norme sulla privacy.

Negli stessi termini, è argomentata un’altra sentenza del Tribunale di Milano, riguardante il caso «RTI c. IOL», tra Reti televisive italiane S.p.a. e Italia Online S.r.l., proprietaria del por-tale libero.it48.

RTI contestava a IOL, l’illecita presenza, sulla piattaforma telematica di cui questa è titolare (il portale IOL) che consente l’upload e la condivisione di contenuti audiovisivi caricati dagli utenti, di numerosi filmati di proprietà di RTI, peraltro, associati a molteplici messaggi pubblicitari (cd. «link sponsorizzati»), mediante l’utilizzazione dei titoli dei programmi, quali parola-chiave.

Il Tribunale di Milano ha ritenuto che: «le modalità di pre-stazione di tale servizio, ormai del tutto comuni ai soggetti che svolgono attività analoghe, si sono distaccate dalla figura indivi-duata nella normativa comunitaria (la direttiva 2000/31/CE), mentre i servizi offerti si estendono ben al di là della predisposi-zione del solo processo tecnico che consente di attivare e fornire accesso ad una rete di comunicazione sulla quale sono trasmesse o temporaneamente memorizzate le informazioni messe a dispo-sizione da terzi al solo scopo di rendere più efficiente la trasmis-sione, finendo nell’individuare (se non un vero e proprio content provider, soggetto cioè che immette contenuti propri di terzi nel-la rete e che dunque risponde di essi secondo le regole comuni di responsabilità), una diversa figura di prestatore di servizi non completamente passivo e neutro rispetto all’organizzazione della gestione dei contenuti immessi dagli utenti (cd. Hosting attivo), organizzazione da cui trae anche sostegno finanziario in ragione

__________ 48 Trib. Milano 7.6.2011, in Dir. informatica, 2011, 4-5, 660.

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 182

dello sfruttamento pubblicitario connesso alla presentazione (or-ganizzazione) di tali contenuti».

I giudici milanesi hanno pertanto riconosciuto che la diffu-sione sulla sezione video del portale IOL di brani e di filmati tratti dai programmi televisivi di RTI costituisce violazione della legge sui diritti di autore, affermando la sua responsabilità, ini-bendo l’ulteriore diffusione e fissando, altresì, una sanzione pe-cuniaria.

Di uguale avviso si è mostrata la Corte di Giustizia, la quale è giunta, seppur per altre vie, ad affermare la responsabilità in capo agli ISP: ci riferiamo al caso «SGAE c. Padawan»49.

Nel giudizio proposto avanti alla Corte, la Sociedad General de Autores y Editores de Espana (SGAE), pretendeva dalla socie-tà Padawan, che commercializza Cd-R, Cd-Rw, Dvd-R, nonché apparecchi MP3, la corresponsione del «prelievo per copie pri-vate» per i supporti digitali da questa commercializzati nel pe-riodo compreso tra il 2002 e il 2004.

La Padawan si rifiutava di adempiere, ritenendo che l’applicazione di tale prelievo – indipendentemente dall’uso pri-vato, professionale o commerciale cui i supporti fossero destinati – fosse contraria alla menzionata direttiva.

La Corte ha stabilito che «il prelievo» dovesse essere consi-derato come contropartita del pregiudizio subito dall’autore per effetto della riproduzione non autorizzata della sua opera protet-ta, essendo necessario il mantenimento di un «giusto equilibrio» tra i titolari dei diritti e gli utenti dei materiali protetti.

Tuttavia, i giudici del Lussemburgo hanno rilevato che un sistema di «prelievo per copie private» risulta compatibile con detto «giusto equilibrio» solamente qualora le apparecchiature, i dispositivi e i supporti di riproduzione di cui trattasi possano es-sere utilizzati ai fini della realizzazione di copie private e, conse-guentemente, possano causare un pregiudizio all’autore dell’ope- ra protetta. __________

49 Corte di Giustizia UE 21.10.2010, C-467/08, leggibile nel sito internet della Corte http://www.curia.europa.eu.

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 183

In conclusione merita di essere considerata un’ultima deci-sione in cui ancora una volta il Tribunale di Milano50 giunge ad affermare la responsabilità in capo agli ISP, nel caso del «servizio Suggest/Autocomplete» offerto da Google51.

Sul motore di ricerca Google si era, infatti, creata un’asso- ciazione fra il nome di una persona (nella specie, un imprendito-re che pubblicizzava su internet la sua attività con il suo nome), e la parola «Truffa» e «Truffatore».

Accolto il ricorso in via cautelare proposto dall’impren- ditore, il Tribunale di Milano aveva rigettato il reclamo, confer-mando la decisione emessa nel giudizio cautelare circa la appli-cabilità diretta della responsabilità in capo al motore di ricerca, ex art. 2043 C.C., per la «scelta a monte e l’utilizzo di tale siste-ma e dei suoi particolari meccanismi di operatività» e per «i ri-sultati che il meccanismo così ideato produce eventualmente le-sivi determinati dal meccanismo di funzionamento di questo par-ticolare sistema di ricerca».

Risulta evidente come, in questa prospettiva, torna ad essere l’art. 2043 C.C., lo strumento normativo utilizzato per consentire ai soggetti interessati forme di tutela dei propri diritti.

4. La responsabilità nel caso di appropriazione indebita di «No-mi a Dominio» (cd. «Domain name grabbing» o «Cybersquat-ting»)

Altro settore in cui si registra un’evoluzione dei termini che caratterizzavano in passato il contenzioso riguarda i casi di ap-propriazione di «nomi a dominio» (cd. «Domain Name»), costi-tuiti da segni distintivi di impresa (ad esempio il marchio), ovve-ro dal nome di una persona famosa, ma anche non nota.

Il nome a dominio è costituito da una stringa di parole sud-divise in un «Top Level Domain» (TLD) che è indisponibile e __________

50 Trib. Milano 25.1.2011, in Riv. dir. ind., 2012, 1, II, 17 (s.m.). 51 Questo servizio consiste in un software messo a disposizione dell’utenza per

facilitare la ricerca degli utenti che consente, attraverso l’operatività di un algoritmo, di memorizzare delle stringhe di parole quale suggerimento per gli utenti della rete.

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 184

può riguardare un’area geografica (ad es. italia (it), francia (fr), ecc.) o un settore di attività (ad es. com, org, o eu) e in un «Se-cond Level Domain» (SLD), che è normalmente scelto dal- l’utente. L’insieme di questi due elementi costituisce l’indirizzo telematico52.

Per gli aspetti commerciali legati agli scambi sulla rete il domain name è divenuto sempre più il segno distintivo e di rico-noscimento dell’attività di impresa o professionale nel web, as-sumendo conseguentemente un importante valore economico.

Tale circostanza ha creato i presupposti per cui, a partire dal 1995 in Italia ed anche a livello internazionale, si sia afferma-to il fenomeno di accaparramento dei domain name (cd. «Do-main Name Grabbing» o «Cybersquatting») di marchi, di altri se-gni distintivi noti o di personaggi famosi. Fenomeno spessissimo determinato dall’intento speculativo di sottrarli al loro legittimo titolare ed eventualmente poi rivenderli.

È noto, infatti, che si può procedere alla registrazione dell’indirizzo telematico (il domain name) presso la Registration Authority, la quale non ha nessun obbligo di controllo, se non puramente tecnico. Oltre l’aspetto meramente tecnico, la Regi-stration Authority verifica che non vi sia un altro soggetto che abbia già registrato lo stesso nome a dominio, per quanto nelle regole di «naming» si affermi espressamente il divieto di acca-parramento e di cybersquatting dei nomi a dominio53.

L’assegnatario di un nome a dominio si assume, quindi, la piena responsabilità civile e penale dell’uso del nome a dominio stesso, attraverso una dichiarazione espressa di assunzione di re-sponsabilità da rendere alla Registration Authority (v. art. 13, par. 1, delle regole di naming)54. L’assegnazione di un nome a dominio avviene sulla base di un principio temporale a favore di chi la richiede per primo, secondo la regola cd. «First Come First Served».

__________ 52 Cfr. E. Tosi, Diritto privato dell’informatica e di internet, Milano 2006. 53 Per l’analisi di tali aspetti, cfr. Trib. Modena 7.9.2004, in Dir. inf., 2005, 2, 298. 54 Le regole di naming sono leggibili nel sito internet http://www.netregister.it.

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 185

In tale contesto, può accadere che la registrazione del do-main name, anche se correttamente effettuata da un punto di vi-sta tecnico, possa integrare gli estremi della contraffazione di marchio e un’ipotesi di concorrenza sleale o anche un caso di re-sponsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 c.c., a nulla rilevando la circostanza che il marchio sia stato registrato55.

Bisogna ricordare che in Italia si è posto il problema di sta-bilire se un nome a dominio assumesse le caratteristiche e la fun-zione di un vero e proprio segno distintivo e di quali norme ap-plicare per risolvere i conflitti prima dell’approvazione del Codi-ce sulla proprietà intellettuale (ad opera del D.Lgs. n. 30/2005).

In dottrina e giurisprudenza si sono registrate soluzioni so-stanzialmente uniformi, in cui è stata riconosciuta la capacità di-stintiva del nome a dominio che consente, come è noto, di iden-tificare l’utilizzatore del sito web ed i servizi di varia natura offer-ti al pubblico, con applicazione diretta della disciplina dei segni distintivi che era prima contenuta nella legge sui marchi56.

Ora, il Codice sulla proprietà intellettuale chiude definiti-vamente ogni diversa altra interpretazione, vietando espressa-mente l’utilizzo o la registrazione anche di un nome a dominio corrispondente ad un marchio altrui (artt. 2, comma 4, 12 e 22), e ciò anche se in dottrina e in giurisprudenza si continua a defi-nire il domain name come marchio atipico57.

__________ 55 In tal senso, cfr. Appello Firenze 9.9.2005, leggibile nel sito internet

http://www.iusexplorer.it. 56 Cfr., per quanto concerne il formante dottrinale, C. Galli, I domain names nel-

la giurisprudenza, Milano, 2001; P. Varì, La natura giuridica dei nomi a dominio, Pado-va, 2001; E. Tosi, op. ult. cit. Sul versante giurisprudenziale il riconoscimento della capacità distintiva del domain name si è realizzato attraverso una serie di decisioni dei giudici di merito: Trib. Napoli 26.2.2002, in Dir. inf., 2002, 1005 ss.; Trib. Milano (or-dinanza) 7.8.2001, in Riv. dir. ind., 2001, II, 444 ss.; Trib. Milano (ordinanza) 10.6.1997, in Foro it., 1997, 923 ss.; Trib. Roma (ordinanza) 2.8.1997, in Foro it., 1997, 923 ss.; Trib. Genova (ordinanza) 23.1.1997, in Giur. it., II, 501 ss.

57 Cfr. Trib. Teramo 13.10.2007, leggibile nel sito internet http://www. iusexplorer.it; v. anche E. Tosi, Contraffazione di marchi e concorrenza sleale in internet: dal classico «domain grabbing» all’innovativo «key-word» marketing confuso-rio, in Riv. dir. ind., 2009, 4-5, 387.

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 186

Il titolare di un marchio può, quindi, in base a questa disci-plina ottenere, in via cautelare, un provvedimento inibitorio dell’uso nell’attività economica del nome a dominio illegittima-mente registrato, ed eventualmente anche il trasferimento prov-visorio mediante pagamento di una cauzione (v. art. 133 Codice della proprietà intellettuale). Inoltre, in un ordinario giudizio, il titolare del marchio potrà chiedere: a) l’accertamento dell’illecito anche di concorrenza sleale ex art. 2598 C.C.; b) l’inibitoria all’uso del segno distintivo; c) la revoca della registrazione da parte della Registration Authority; d) la condanna al risarcimento dei danni e pubblicazione della sentenza.

Superata la questione della funzione da assegnare e delle norme da applicare al domain name, la giurisprudenza ha stabili-to i criteri per determinare la capacità distintiva del marchio e, conseguentemente, i parametri del giudizio di contraffazione e di confondibilità.

Un esempio paradigmatico è quello offerto dal Tribunale di Bari e relativo al marchio comunitario denominato «Burraco»58.

Il Giudice ha ritenuto il marchio privo di capacità distintiva, limitandosi a riprodurre la denominazione di un comune gioco. Il marchio «Burracoonline» è stato considerato debole e non confondibile con il marchio successivamente registrato «iburra-co», anche se entrambi i marchi avevano la funzione di indivi-duare due siti internet che operano nel settore del gioco on line del burraco, escludendo, pertanto, l’ammissibilità e la fondatezza dell’azione inibitoria.

Qualora il nome a dominio corrisponda ad un marchio non rinomato, la registrazione del domain name si considera illegitti-ma, quando vi sia la conoscenza delle seguenti condizioni: i) l’identità o somiglianza del marchio con il domain name; ii) l’identità o affinità dei prodotti o servizi offerti.

Tuttavia, anche nel caso in cui non sussista alcuna identità tra i settori merceologici del marchio non rinomato e del domain __________

58 Trib. Bari 13.1.2011, in Foro it., 2011, 3, I, 896; negli stessi termini, cfr. anche Trib. Torino 7.12.2005, leggibile nel sito internet http://www.iusexplorer.it.

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 187

name, se ricorra la mala fede del titolare che abbia registrato il nome a dominio allo scopo di lucrare, si ritiene sussistente la re-sponsabilità e, pertanto, legittima l’azione inibitoria.

L’attività di registrazione di un nome a dominio, anche al fine di rivendita, deve considerarsi, pertanto, in linea di princi-pio consentita; e ciò nei limiti in cui non interferisca con altri se-gni distintivi o denominazioni oggetto di privativa e non vi sia mala fede ovverosia l’intenzione di sviare la clientela o di sfrutta-re la notorietà del marchio59.

Sul punto, un caso interessante da analizzare è il seguente. Si tratta di un caso deciso dall’Arbitration and Mediation

Center (organo indipendente costituito in seno alla World Intel-lectual Property Organization - WIPO). Con la decisione del 2 febbraio 2012 ha accertato l’assenza di mala fede nel comporta-mento posto in essere dal sig. Madiba, che aveva acquistato all’asta il nome a dominio www.mediaset.com, la cui registrazio-ne da parte del Gruppo Mediaset era scaduta60. Il Collegio ha accertato che il dominio «mediaset.com», poiché composto da due parole comuni e generiche («media» e «set»), non aveva ca-pacità distintiva, né generava confusione con il noto gruppo di Mediaset. Il signor Didier Madiba restava, così, nella titolarità del nome a dominio, per la vendita di dispositivi elettronici che consentono di effettuare il backup di dati, definiti letteralmente «media set».

Vediamo ora un’altra fattispecie molto frequente nella pra-tica: la registrazione del nome di una persona nota.

In questi casi è consentita, in linea di principio, con il con-senso del titolare, mentre la registrazione del nome comune è possibile, salvo il pregiudizio alla fama, al decoro e al credito del-la persona.

Quando la giurisprudenza è stata chiamata a esprimersi sul-la fattispecie, si è orientata su un criterio di specialità, applican-__________

59 Cfr. Trib. Modena 7.9.2004, in Dir. inf., 2005, 2, 298 ss. 60 WIPO Arbitration and Mediation Center, Mediaset. S.p.A. v. Didier Madiba,

Fenicius LLC, Case No. D2011-1954, leggibile nel sito internet del World Intellectual Property Organization World Intellectual Property Organization http://www.wipo.int.

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 188

do la disciplina in materia di proprietà intellettuale e non l’art. 7 C.C. in materia di tutela del diritto al nome, ritenendo necessario l’accertamento della sussistenza di un pregiudizio in capo al sog-getto, per concedere il provvedimento inibitorio e il risarcimen-to61. Così, ad esempio, nel caso di un sito aperto con il nome di «Fido2» e pubblicizzato con un cagnolino, per offrire servizi di finanziamento, l’omonimo signore dal nome Fido aveva intenta-to un’azione respinta dal Tribunale per mancanza di pregiudizio.

In altro caso, la giurisprudenza ha applicato la disciplina in materia di protezione dei dati personali, ritenendo la sussistenza della responsabilità civile in capo a colui che aveva registrato il nome a dominio di un sito con quello di un personaggio noto, nella specie Alessia Mertz, che non aveva prestato il proprio con-senso62.

Altra parte del contenzioso che le corti si sono trovate a do-ver esaminare riguarda ipotesi di illeciti di concorrenza sleale e di contraffazione di marchio realizzati mediante l’utilizzo di tec-nologie più sofisticate costituite dalla registrazione dei cd. «Lin-king», «Framing» o «Meta Tag».

Il linking è costituito da un sistema che permette di saltare da una pagina all’altra dello stesso sito, ovvero da un sito ad un altro ed è utilizzato, ad esempio, per pratiche di concorrenza sle-ale volte all’accaparramento della clientela, mediante l’utilizzo di un marchio noto.

Attraverso il framing, invece, l’utente che si collega ad un dato sito e su di esso utilizza un link, verrà collegato ad una pa-gina di un altro sito, ma detta pagina, a differenza di quanto av-viene nel linking, verrà visualizzata all’interno della cornice (cd. «frame») del primo sito: in questo modo gli avvisi pubblicitari posti su questo continueranno a circondare la pagina agganciata ed ogni pagina successiva che gli utenti intenderanno visualizzare. __________

61 In tal senso, cfr. Trib. Torino 5.3.1998, in Dir. Inf., 1999, 893 ss., con nota di G. Resta, Nomen omen (sulla confondibilità di cognomi e marchi di prodotti).

62 Cfr. Trib. Torino, 9.2.2004, in Guida al dir., 2004, 17, 52 ss., che ha applicato la disciplina sulla privacy, riconoscendo il risarcimento del danno morale in suo favore, poiché era stato aperto un nome a dominio senza il suo consenso.

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 189

In tale ambito operativo sembra utile ricordare il caso Ap-ple, ove era stato registrato, come domain name, l’indirizzo www.ipods.com da parte di una società con sede nelle Bahamas.

Il domain name costituiva in realtà un redirect al sito www.mp3gold.com nel quale, sotto il titolo related searches, si trovava un elenco di link a siti web che proponevano in vendita sia IPOD, sia prodotti e/o servizi completamenti diversi.

L’Arbitration and Mediation Center, presso cui era sto por-tato il caso, ha proceduto alla verifica della sussistenza o meno, nel caso di specie, dei tre requisiti richiesti dalla Uniform Do-main Name Dispute Resolution Policy (UDRP) per la riassegna-zione del nome a dominio, ovvero che: a) il nome a dominio con-testato fosse identico o tale da indurre confusione rispetto ad un marchio o altro segno distintivo del ricorrente; b) il resistente non avesse alcun diritto o titolo in relazione al nome a dominio contestato; c) il nome a dominio contestato fosse stato registrato e venisse usato in mala fede.

Il Collegio arbitrale ha ritenuto sussistenti tali elementi e in-fatti evidente era la somiglianza del nome a dominio IPODS con il marchi e nome a dominio IPOD di Apple. Inoltre, la resistente non aveva registrato né era licenziataria del marchio, né era co-nosciuta con il segno IPODS. Ed ancora, il nome a dominio con-testato risultava intenzionalmente utilizzato per attrarre, a scopo di trarne profitto, utenti di internet, ingenerando confusione con il marchio della ricorrente come se questa fosse la fonte, ovvero lo sponsor o comunque avesse rapporti con il website www.mp3gold.com a cui tale dominio rimandava63.

All’esito del procedimento il Collegio arbitrale ha quindi di-sposto il trasferimento del domain name ad Apple.

Analogamente il Tribunale di Milano si è occupato di una vicenda in cui una ditta di noleggi, nell’intento di sviare i con-

__________ 63 Cfr. WIPO Arbitration and Mediation Center, Bank European Financial Group

SA v. Francesco Luongo, Case No. D2011-1593, leggibile nel sito internet del World Intellectual Property Organization World Intellectual Property Organization http:// www.wipo.int.

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 190

sumatori dal sito di una nota impresa concorrente (l’ «AVIS») al proprio, aveva indicato nel contratto di «Adwords», come parole chiavi i segni distintivi corrispondenti a marchi di cui la concor-rente era licenziataria64.

Il Giudice adito ha accertato la responsabilità per concor-renza sleale e violazione del marchio, condannando al risarci-mento dei danni.

Allo stesso modo, anche la Corte di Giustizia ha esaminato il caso di «Interflora» che gestisce, come è noto, una rete globale di distribuzione di fiori formata da fioristi indipendenti, presso i quali è possibile effettuare ordinazioni direttamente o attraverso i siti internet Interflora; essa è titolare del marchio «Interflora», che gode di grande rinomanza sostanziale in diversi stati dell’UE.

La Marks and Spencer, proprietaria di una delle maggiori ca-tene di grandi magazzini del Regno Unito, che vende e consegna fiori a domicilio ma non fa parte della rete interflora, aveva ac-quistato la parola chiave «Interflora», nonché alcune varianti del-la stessa all’interno del servizio di posizionamento adwords del motore di ricerca Google. Conseguentemente, quando un utente si inseriva su Google la parola interflora o una delle suddette va-rianti, sotto il titolo di link sponsorizzato appariva un annuncio pubblicitario della Marks and Spencer. Nell’annuncio pubblicita-rio visualizzato non compariva alcun riferimento a interflora.

Interflora aveva avviato un procedimento contro Marks and Spencer per violazione del marchi avanti a un Tribunale del Re-gno Unito. La High Court of Justice of England and Wales aveva in seguito sottoposto diverse questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia65.

I Giudici lussemburghesi hanno stabilito che il titolare di un marchio ha il diritto di vietare ad un concorrente l’uso del pro-prio marchio nell’ambito del «Key-Word Advertising», quando

__________ 64 Cfr. Trib. Milano 11.3.2009, in Riv. dir. ind., 2009, 4-5, 387. 65 Cfr. Corte di Giustizia UE 22.9.2011, Interflora Inc. e Interflora British Unit

contro Marks & Spencer plc e Flowers Direct Online Ltd., causa C-323/09, leggibile nel sito internet della Corte http://www.curia.europa.eu/.

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 191

tale uso è idoneo a violare una delle funzioni del marchio relative all’indicazione d’origine del marchio, di pubblicità e di investi-mento, richiamando i propri precedenti66.

Il titolare di un marchio che gode di notorietà ha il diritto di vietare a un concorrente l’uso del proprio marchio da un con-corrente di fare pubblicità a partire da una parola chiave (key-word advertising), qualora il concorrente, senza consenso, tragga così indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla no-torietà del marchio (parassitismo) oppure qualora tale pubblicità arrechi pregiudizio a detto carattere distintivo (diluizione) o a detta notorietà (corrosione).

Analoghe conclusioni si ritrovano nelle sentenze relative all’utilizzazione dei cd. «Meta Tag» nella misura in cui siano ca-paci di ingenerare confusione tra prodotti concorrenti con parti-colare riferimento alla violazione delle prerogative del marchio.

I meta Tag (letteralmente «meta-dati») sono parole chiave, codificate nella sorgente Html, e non visibili sulla pagina web, che numerosi motori di ricerca (come ad es. Yahoo, Altavista, Google) utilizzano per individuare ed indicizzare i vari siti pre-senti sulla rete. Attraverso i meta tag, dunque, il creatore di un sito può descrivere il contenuto ed il servizio offerto dal sito me-desimo e, ciò che è più importante, inserire parole chiave idonee a renderlo maggiormente visibile nelle ricerche tramite «Search Engine», ossia motori di ricerca.

Il Tribunale di Napoli ha ritenuto, ad esempio, la responsa-bilità di “Infostrada” per non aver impedito l’utilizzo di meta tag da parte di una società concorrente, riferiti ai marchi «Philips» e «Grundig»67.

__________ 66 Cfr. il precedente caso «Google» deciso dalla Corte di Giustizia UE 23.3.2010,

Google France SARL e Google Inc. contro Louis Vuitton Malletier SA (causa C-236/08), Google France SARL contro Viaticum SA e Luteciel SARL (causa C-237/08) e Google France SARL contro Centre national de recherche en relations humaines (CNRRH) SARL e altri (causa C-238/08), cause riunite C-236/08, C-237/08, C-238/08, leggibile nel sito internet della Corte http://www.curia.europa.eu.

67 Cfr. Trib. Napoli 28.12.2001, in Riv. dir. ind., 2003, 159 ss.

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 192

Il Tribunale di Ancona ha inibito ad una società di utilizzare il marchi di altra impresa quale meta tag per indirizzare utenti verso i propri web68.

Del pari, nel caso di «Genertel», il Tribunale ha ordinato ad una società concorrente di eliminare il riferimento Genertel dal codice sorgente della pagina HTML sita all’indirizzo http:// www.crowe.it/index.htm e da tutte le eventuali pagine web poste entro il dominio «crowe.it», ritenendo prevalente l’esigenza, tu-telata dall’ordinamento e segnatamente dall’art. 2598 c.c., che ciascun imprenditore nella lotta con i concorrenti per l’acqui- sizione di più favorevoli posizioni di mercato, si avvalga di mezzi suoi propri e non tragga invece vantaggio in maniera parassitaria, dall’effetto di «agganciamento» ai risultati dei mezzi impiegati da altri69.

5. La responsabilità per truffe informatiche volte a sottrarre i da-ti personali dell’utente (cd. «Phishing»)

Altra fattispecie illecita in continua crescita riguarda la sot-trazione dell’identità digitale su internet. È evidente come tali comportamenti rappresentino un pericolo grave per tutti gli u-tenti di internet.

Si tratta di diverse tipologie di illeciti: (i) quelli organizzati per sottrarre illecitamente denaro (i casi sicuramente più diffusi); (ii) oppure quelli posti in essere per ledere la reputazione (di cui si è sopra parlato); (iii) o, ancora, quelli realizzati per creare un account falso, attraverso il quale si costituisce un rapporto con-trattuale sotto falso nome e da cui, poi, si generano cartelle di pagamento o fatturazioni indebite.

Normalmente, l’utente è indotto a rivelare le proprie infor-mazioni personali (ad es. numeri di carte di credito, password di conti in banca, codice fiscale, ecc.), attraverso l’invio di e-mail __________

68 Trib. Ancona (ordinanza) 18.1.2001, in Responsabilità comunicazione e impre-sa, 2004, 199 ss.

69 Trib. Roma 18.1.2001, in Riv. dir. ind., 2002, II, 189; negli stessi termini, Trib. Milano 9.2.2002, in Danno e resp., 2002, 545.

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 193

fraudolente, che sembrano provenire da un’azienda nota e con la quale si cerca di attirare l’attenzione dell’utente annunciandogli che deve ricevere dei soldi, invitandolo a fornire i propri dati bancari, oppure, per esempio, che il suo conto corrente verrà bloccato se non effettua subito un accesso inserendo i codici personali.

Il Phishing è effettuato anche telefonicamente, o attraverso finestre di pop-up a siti web fraudolenti che sembrano sicuri, in quanto vengono riprodotte pagine identiche nel layout, logo e nome delle aziende imitate come ad esempio poste.it o la società di emissione della carta di credito.

Altra tecnica consiste nella diffusione di virus informatici (cd. «Trojan Banking») in grado di carpire le credenziali di ac-cesso ai servizi on line.

Il problema più delicato è quello dell’identificazione dei ‘pi-rati’ che preferiscono vendere i loro programmi sul mercato sen-za agire direttamente, ma indirettamente attraverso intermediari che sono talora ignari di essere diventati a loro volta vittime (i cd. «Mule»)70. Diventa, pertanto, rilevante stabilire i criteri per accertare e distribuire le responsabilità tra utenti della rete e o-peratori professionali.

Nel caso di utilizzo non autorizzato di strumenti di paga-mento, con particolare riguardo alle fattispecie di duplicazione, clonazione, furto e smarrimento di carte di pagamento (ad es. bancomat, carte di credito o assegni o di credenziali di autenti-cazione del sistema), la disciplina è contenuta, come si è già ri-cordato, nel D.Lgs., n. 11/2010, che recepisce la direttiva 2007/64/CE sui servizi di pagamento, comunemente denominata PSD («Payment Services Directive») e dal provvedimento di Ban-ca d’Italia del 5.7.2011 [di «Attuazione del Titolo II del Decreto

__________ 70 Sul punto, di grande interesse è il fascicolo di novembre 2008 della Rivista

«Le Scienze» (Edizione Italiana di Scientific American), dal titolo simbolico «La fine della privacy» dove si parla ampiamente di questi e altri problemi, evidenziando, tra l’altro, l’esistenza in questo campo di una significativa economia sommersa.

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 194

Legislativo n. 11 del 27 gennaio 2010 relativo ai servizi di paga-mento (Diritti ed obblighi delle parti)»]71.

In sintesi, in questa disciplina, il legislatore trova un equili-brio per ripartire le responsabilità tra utenti e prestatori di servi-zi, offrendo delle regole che possono essere prese in esame come modello per individuare quali siano i comportamenti da assume-re per evitare operazioni fraudolente, ed in particolare per la ge-stione dei codici di accesso per l’utilizzo di strumenti o di conti di pagamento.

Sull’utente e sull’intermediario gravano una serie di obblighi di condotta a seguito dell’emissione dello strumento di paga-mento, dovendo il primo utilizzare correttamente lo strumento e comunicarne tempestivamente eventuali utilizzi fraudolenti, e il secondo assicurare un livello di sicurezza tale da evitare frodi (cfr. artt. 7 e 8 D.Lgs. n. 1/2010). Qualora «l’utilizzatore abbia agito con dolo o colpa grave» è esclusa la responsabilità del- l’intermediario il quale, solo in tal caso, non risponde dei danni derivanti.

Nella relazione annuale sull’attività dell’Arbitro Bancario Finanziario della Banca d’Italia relativa all’anno 201172, sono sta-te evidenziate le condotte che costituiscono colpa grave, che si concretizzano in comportamenti di totale disinteresse verso le conseguenze dannose delle proprie azioni, equiparabili ad una condotta dolosa.

Sono state individuate le varie ipotesi tipiche di colpa ine-scusabile a carico del cliente in relazione al contenzioso esamina-to nel corso dell’anno 2011 della sua attività. Sono state conside-rate, così, condotte inescusabili:

a) la conservazione dello strumento di pagamento unitamen-te al PIN;

b) la mancata custodia della borsa o del portafogli in cui è conservato lo strumento di pagamento; __________

71 Il provvedimento è leggibile nel sito internet della Banca d’Italia http://www. bancaditalia.it.

72 La relazione annuale 2011 è leggibile nel sito internet della Banca d’Italia http://www.bancaditalia.it.

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 195

c) l’atteggiamento di trascuratezza del ricorrente tale da a-gevolare le operazioni fraudolente;

d) il ritardo della denuncia dello smarrimento, del furto o dell’utilizzo non autorizzato dello strumento di pagamento e il non tempestivo blocco della carta;

e) la mancata attivazione di sistemi di sicurezza messi a di-sposizione dalla banca;

f) il mancato blocco della carta in seguito alla spedizione del cd. sms alert;

g) la comunicazione delle credenziali e del pin a terzi. Dal punto di vista probatorio, è posto a carico del prestato-

re di servizi di pagamento la dimostrazione dell’utilizzo autoriz-zato dello strumento di pagamento da parte dell’utilizzatore, quando quest’ultimo neghi di aver autorizzato l’operazione.

La colpa grave del ricorrente non esclude, tuttavia, l’even- tuale colpa concorrente dell’intermediario, il quale è responsabi-le in caso di mancata adozione di sistemi di sicurezza più efficaci e affidabili.

In tema di clonazione, l’Arbitro Bancario Finanziario ha af-fermato, infine, che un simile evento può trovare causa nella pre-senza di falle del sistema di sicurezza, concludendo che nessuna mancanza può rimproverarsi al possessore dello strumento clo-nato, dal momento che la duplicazione avviene a sua totale insa-puta e del tutto indipendentemente dal modo in cui ha gestito la custodia dello strumento.

In tali casi è, dunque, l’operatore professionale a dover ri-spondere dell’illecito e, conseguentemente, a dover risarcire la vittima.

6. Un ulteriore possibile ambito di applicazione delle regole in tema di responsabilità civile: l’adozione e il diritto a conoscere le proprie origini. A proposito di due recenti provvedimenti del Garante della privacy

Con due recenti pronunce73, il Garante per la protezione __________

73 Si tratta del provvedimento del Garante dell’8.4.2010, Bollettino n. 115, e

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 196

dei dati personali, ha raccomandato alla Rai Radiotelevisione Ita-liana S.p.a., in qualità di titolare del trattamento dei dati, di assi-curare la dovuta osservanza delle disposizioni in materia di ado-zione e per il futuro «di astenersi dal diffondere, in relazione a storie di genitori biologici e figli adottivi, i nomi veri, le reali date di nascita, immagini e altre informazioni idonee a permettere l’identificazione delle persone oggetto di eventuale ricerca, così da compromettere il rispetto del diritto alla riservatezza e alla protezione dei dati personali, nonché gli specifici interessi tutela-ti dagli artt. 27 e 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (e sue succ. modifiche)»74.

Il caso sottoposto alla attenzione del Garante della Privacy ha riguardato la rubrica «Ti cerco», collocata all’interno del pro-gramma televisivo «Festa italiana», trasmesso da Rai Uno. In questa specifica parte del programma viene promossa la ricerca da parte di genitori naturali (o di fratelli e sorelle naturali) dei figli dati in adozione (ma divenuti maggiorenni) e viceversa. Tali ricerche vengono condotte diffondendo, inevitabilmente, il no-me di battesimo, l’età o la data di nascita esatta e, in alcuni casi, immagini della persona cercata.

Ad adire l’Autorità garante a causa delle suddette modalità di ricerca è stata l’Associazione nazionale famiglie adottive e af-fidatarie (ANFAA), seguita a ruota dalla Presidente del Tribuna-le per i minorenni di Genova75.

__________

provvedimento del 6.5.2010, Bollettino n. 116. I testi sono leggibili nel sito internet dell’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali http://www.garante privacy.it. Entrambi i provvedimenti sono stati oggetto di una approfondita analisi da parte di M. Di Masi, Trattamento dei dati personali e diritto a conoscere le proprie ori-gini: due recenti provvedimenti del Garante della «privacy», in Riv. crit. dir. priv., 2011, 1, 141 ss.

74 Provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali 8.4.2010, cit. 75 Nelle segnalazioni viene rappresentato il fatto che nella puntata del 10 marzo

2010 del programma «Festa Italiana» è stata ospitata e promossa «una ricerca, da par-te del genitore naturale, della figlia adottata con l’indicazione pubblica di elementi i-dentificanti quali il nome di battesimo e l’età esatta» e altresì che la citata trasmissione si occupa spesso di vicende adottive allo scopo di favorire la ricerca degli adottati da parte dei genitori naturali o viceversa. In una successiva segnalazione del 2 aprile,

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 197

Il Garante non ha avuto dubbi nel disporre, in via d’urgenza, nei confronti di Rai Radiotelevisione Italiana S.p.a., in qualità di titolare del trattamento, «la misura temporanea del blocco di ogni ulteriore trattamento - compresa l’eventuale dif-fusione on line - delle informazioni relative alle vicende adottive trattate nelle puntate del 30 marzo e 1° aprile 2010 della trasmis-sione televisiva di RAIUNO Festa Italiana»76; invitando, inoltre, la Rai Radiotelevisione Italiana S.p.a. ad «astenersi dal diffonde-re, in relazione a storie di genitori biologici e figli adottivi, i nomi veri, le reali date di nascita, immagini e altre informazioni idonee a permettere l’identificazione delle persone oggetto di eventuale ricerca, in contrasto con le garanzie di cui agli artt. 27 e 28 della citata legge 4 maggio 1983, n. 184 (e sue succ. modifiche)»77. Ed infatti, secondo il Garante i dati mandati in onda durante la tra-smissione sono oggetto di una speciale protezione prevista dalla L. n. 184/83 (artt. 28, commi 4 e 5, e 73, come modificati dalla L. n. 149/2001 e dal D.Lgs. n. 196/2003), che individua specifi-camente quali sono i presupposti affinché l’adottato possa acce-dere alle informazioni che riguardano la sua origine, «delineando un percorso preordinato a tutelare, attraverso particolari proce-dure e l’intervento dei soggetti e delle istituzioni competenti, la personalità dell’adottato – anche divenuto maggiorenne – e i contesti familiari interessati»78. Tale situazione non muta anche __________

l’ANFAA ha denunciato analoghe violazioni in relazione ad altre due successive pun-tate del programma e in particolare ha specificato che: a) nella puntata del 30 marzo era stato presentato il caso di una ragazza alla ricerca del fratello biologico e, a tal fine, con le modalità già segnalate per la puntata del 10 marzo, «in sovrimpressione scorre-va un appello in cui si invitava chiunque avesse informazioni utili a mettersi in contat-to con la redazione tramite il numero verde indicato»; b) nella puntata del 1° aprile, in un caso analogo di ricerca da parte di una donna adottata della sorella minore, anch’essa adottata, «oltre al solito appello nei sottotitoli, è stato anche mandato in on-da un filmato con le immagini della minore risalente al periodo precedente l’inserimento in famiglia adottiva».

76 Provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali 8.4.2010, cit. 77 Provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali 8.4.2010, cit. 78 Così il Garante della Privacy nel provvedimento del 6.5.2010. Ma in tal senso

si veda già il provvedimento del 28.9.2005, Bollettino n. 64, nel qual caso i dati idonei ad identificare il genitore biologico e il figlio adottato erano stati diffusi per mezzo

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 198

nei casi in cui sia la sorella a cercare il fratello, o il nonno il nipo-te: per il Garante vi è contrasto con la ratio degli artt. 27 e 28 della legge sull’adozione, così bilanciando la tutela dell’identità personale e della riservatezza dei soggetti coinvolti con quella predisposta per il trattamento dei dati personali.

Alla base delle suindicate decisioni vi è, come appena evi-denziato, il dictum dell’art. 27 della L. n. 184/1983 che, oltre ad attribuire all’adottato lo status di figlio legittimo e il cognome degli adottanti, all’ultimo comma prevede che con l’adozione cessano i rapporti dell’adottato verso la famiglia d’origine, salvi i divieti matrimoniali79.

È però da ritenere – e nel prosieguo del paragrafo si darà conto di tale affermazione – che tali specifiche indicazioni nor-mative debbano esser lette attraverso un diverso approccio in-terpretativo che, con particolare riferimento all’art. 27 della L. n. 184/1983, valorizzi i vincoli previsti dalla norma quali vincoli di natura meramente giuridica, e non anche affettivi ed amicali, per cui non è per nulla scontato che il bambino adottato sia celato, tenuto lontano dai genitori naturali, e che non possa conoscere i __________

stampa dal nonno desideroso di ritrovare il nipote. I testi sono leggibili nel sito internet dell’Autorità Garante http://www.garanteprivacy.it.

79 È stato efficacemente notato, con spirito critico, come l’adozione sembri in-terpretare la famiglia adottiva alla stregua di una «imitazione», minus quam perfecta, della famiglia biologica legittima, «la procedura stessa di adozione mimando il rappor-to naturale di filiazione. Di qui il ricorso ad un meccanismo di finzione giuridica che, quasi in analogia a quanto accade in tema di acquisto a titolo originario della proprie-tà, se il paragone è consentito, ri-assegna al minore lo status di figlio legittimo ma in un diverso contesto familiare e cancellando il passato (familiare) che lo ha riguardato», M.R. Marella, voce Adozione, in Dig. Disc. priv., sez. civ., Torino, aggiornamento 2000, 18-19. Alla base dell’adozione come imitatio naturae vi è la concezione tradizionale di famiglia - bigenitoriale, nucleare, eterosessuale -, oggi di fatto ampiamente superata, famiglia caratterizzata dall’esclusività: «per ciascun individuo essa è una sola, e nel no-stro caso essa è parificata agli effetti della famiglia fondata sul matrimonio» scriveva A. Trabucchi, voce Adozione I) In generale, in Enc. giur. Treccani, I, Roma, 1988, 30. In questo quadro, come osserva C. Shalev, (Nascere per contratto, Milano, 1992, 47 ss.) con l’adozione si attua una nuova ‘nascita giuridica’ del minore, mentre l’eliminazione dei nomi dei procreatori dal certificato di nascita determina la loro ‘morte giuridica’. Cfr. anche C. Restivo, L’art. 28 l. adoz. tra un nuovo modello d’adozione e diritto all’identità personale, in Familia, 2002, 692 ss.

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 199

propri procreatori. Eventualità questa che, d’altra parte, non si verifica in tutti quei numerosi casi in cui il minore venga adotta-to in età tale da aver conosciuto e ricordare i propri genitori bio-logici80.

In effetti è solo di recente, in seguito alla Convenzione eu-ropea sull’adozione di Strasburgo del 24 aprile 1967, ratificata con L. n. 357/1974, che si è affermato esplicitamente nel nostro ordinamento che sia l’adottato che i genitori adottivi non possa-no conoscere l’identità dei genitori biologici81.

A tal proposito è stato osservato che, sino alla L. n. 431/67 che disciplinava l’adozione ‘speciale’ (divenuta nel 1983 quella ‘ordinaria’ del minore), l’assunzione in figlio, che si realizzava tramite l’adozione, non ha mai comportato «l’estraneità fra la famiglia naturale e quella adottiva e la conseguente ignoranza da parte del figlio adottivo di chi fossero i suoi procreatori perché, anzi, il modello allora vigente di adozione consensuale compor-__________

80 Cfr., sul punto, le attente considerazioni (fondate anche su una analisi storico-comparatistica del tema) di M. Di Masi, op. ult. cit., paragrafo 2, 143 ss.

81 Ad ogni modo il quarto comma dell’art. 20 della Convenzione Europea sull’adozione dei minori richiama espressamente un interesse legittimo alla conoscenza del minore, quale deroga al principio della segretezza sulle origini dell’adottato. Peral-tro si veda (leggibile su http://conventions.coe.int) la nuova Convenzione europea sull’adozione dei minori del 27.11.2008, in attesa di essere firmata e ratifica dell’Italia, art. 22 rubricato «Access to and disclosure of information». In merito, M.R. Marella (voce Adozione, op. ult. cit.), nota che «[d]ietro al segreto sull’identità dei genitori na-turali dell’adottato, si cela, da una parte, l’ombra della loro inadeguatezza, della colpa dell’abbandono […], che li rende tabù, indegni di essere resi noti al figlio, dall’altra il bisogno che i genitori adottivi siano posti al riparo dalle conseguenze di un altro tipo di inadeguatezza, quella derivante dalla loro sterilità» 23. L’evoluzione dell’adozione con riguardo al diritto alla conoscenza delle proprie origini è ripercorso da A. Di Flo-rio, La ricerca della famiglia biologica, in P. Cendon (a cura di), Il diritto delle relazioni affettive, Padova, 931 ss. Si veda anche F. Palma, Il problema della valutazione degli atteggiamenti degli aspiranti genitori adottivi verso l’informazione all'adottando della sua adozione, in Dir. fam., 1989, 386, che già prima della novella del 2001 osservava che «l’adozione fa parte della storia reale dell’adottato, una storia che non si può can-cellare, di cui egli può apprendere l’esistenza in qualsiasi momento in modo brutale e traumatico, se non è stata adeguatamente rilevata in tempo dai genitori adottivi. Se prevale il silenzio e l’adottato lo apprende da estranei, le conseguenze possono essere negative, perché il figlio può sentirsi doppiamente ingannato: dai genitori naturali che lo hanno abbandonato, e dai genitori adottivi che gli hanno nascosto la verità».

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 200

tava che le due famiglie si trasmettessero direttamente il bambi-no come figlio e che perciò si conoscessero. Anche le forme di genitorialità sociali presenti in tutte le culture, per cui è genitore chi accoglie e cura un bambino come figlio, non presuppongono l’espulsione della figura e della presenza dei procreatori»82. In altre parole, la negazione di una qualsiasi relazione di diritto tra minore adottato e genitori naturali non esclude che – di fatto – tali rapporti possano esistere83, ed anzi la coesistenza di rapporti di fatto con i genitori biologici, quando possibile, non può che meglio coordinarsi con il diritto del fanciullo alla conoscenza delle proprie origini ed ad un sano sviluppo psicologico84. Ed anche il fatto che l’art. 28 della L. n. 184/1983 riconosce all’adottato un diritto alle proprie origini, significa ammettere che un legame tra lo stesso e la famiglia di origine sussiste anco-ra. Sul punto, inoltre, anche il formante giurisprudenziale si sta consolidando, almeno nelle decisioni di merito più recenti, nell’affermare che la segretezza dell’adozione non può spingersi sino a prevalere sull’interesse stesso del minore; così si è afferma-to che i «rapporti tra l’adottato e la sua famiglia di origine cessa-no di regola (oltre che di diritto) anche di fatto quando questo è possibile, come effetto dell’adozione. Ma non per questo deve escludersi la dichiarazione di adottabilità laddove sia noto alla

__________ 82 P. Pazè, La conoscenza delle origini, fino a che punto ..., in Minorigiustizia,

1997, 2, 9. 83 In giurisprudenza, prima della l. 149/2001 si veda Trib. min. Roma,

16.1.1999, Dir. fam., 2000, 146. 84 Di diverso avviso G. Arata, Minore adottato e famiglia d’origine in Italia e in

Inghilterra, in Dir. fam., 2001, 849 ss., secondo cui la cessazione di ogni rapporto è lo-gico presupposto per conferire alla nuova famiglia tanto la stessa dignità quanto l’esclusività tipiche di quella legittima, oltre ad essere uno strumento per evitare ripen-samenti e ricatti da parte dei genitori naturali. L’interesse del minore conduce altra dottrina a spostare lo sguardo verso forme di adozione ‘aperta’, volte a salvaguardare la condivisione di informazioni e i contatti personali tra procreatori e genitori adottivi quando risulti opportuno per l’interesse del minore: sul punto si veda M.R. Marella, voce Adozione, op. ult. cit., cui si rinvia per gli aspetti di diritto comparato; J. Long, Open records e open adoptions: due proposte dagli Stati Uniti per la regolazione dei rap-porti tra adottato, genitori adottivi e genitori biologici, in Minorigiustizia, 2001, 3-4, 101 ss.

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 201

famiglia di origine il luogo in cui si trova il minore adottando, se l’adozione risponda al suo superiore interesse»85.

In questo contesto, salvati i rapporti extragiuridici (di chiara natura socio-affettiva) dalle maglie dell’art. 27 L. n. 184/1983, allora, la ratio della norma deve essere rintracciata in primo luo-go nell’interesse del minore86; principio questo, che ha rivolu-zionato la prospettiva dell’adozione, spostando l’attenzione del legislatore dal diritto dei genitori al figlio al diritto del figlio ad una famiglia87. Ed allora il completo sradicamento giuridico dai genitori naturali sarà necessario solo per evitare che, durante lo sviluppo, il minore si trovi coinvolto in rivendicazioni genitoriali circa l’educazione, l’istruzione ed il mantenimento: in questo senso la norma mira in un certo qual modo a ‘blindare’ la genito-rialità per garantire una crescita serena ed il più equilibrata pos-sibile, attribuendo il munus genitoriale in capo a soggetti affida-bili ed impedendo pretese parentali da parte dei procreatori bio-logici che, per difficoltà di più svariato genere, si siano trovati costretti a non riconoscere il proprio figlio o a non prendersene cura in maniera adeguata88. __________

85 Trib. min. Milano 15.11.2004, in Fam. dir., 2005, 653. In dottrina, da ultimo, si veda E. Ceccarelli, Adozione e diritto del bambino di mantenere i pregressi rapporti significativi, in Fam. dir., 2010, 3, 317 ss.

86 Così M. Di Masi, op. ult. cit., 146. 87 Circa la clausola generale dell’interesse del fanciullo si rinvia a G. Ferrando,

Manuale di diritto di famiglia, Roma-Bari, 2005, 227 ss. Cfr., inoltre, S. Rodotà, Le clausole generali nel tempo del diritto flessibile, in A. di Majo, G. B. Ferri-E. Gabrielli-A. Gentili-R. Pardolesi-S. Rodotà, Lezioni sul contratto. Raccolte da Andrea Orestano, Torino, 2009, ove l’Autore torna ad analizza il ruolo fondamentale giocato oggi dalle clausole generali, che rendono omeostatico il diritto ad una società caratterizzata sem-pre più dalla diversità e dalla molteplicità di valori. Sul ruolo del best interest of the child nella prospettiva del diritto internazionale si veda G. Gioffredi, Il ruolo della Di-chiarazione universale nella protezione dell’infanzia: traguardo o premessa della tutela dei diritti del fanciullo?, in S. de Bellis (a cura di), Studi su diritti umani, Bari, 2010, 35 ss.

88 Cfr. M. R. Marella, Il diritto dell’adottato a conoscere le proprie origini biologi-che, cit., ove si afferma che se vi è una via per armonizzare il diritto del minore alle proprie radici con il modello dell’adozione piena, essa non passa per l’imitatio naturae come previsto dall’attuale disciplina, ma va cercata «nella valorizzazione della voca-zione più autentica del regime adozionale, direttamente riconducibile all’art. 30 Cost., e ravvisabile nella consapevolezza che il legame psicologico fra genitori e figli non è

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 202

Ulteriore profilo da analizzare con riferimento alle decisioni del Garante della Privacy riguarda il rapporto tra diritto alla co-noscenza delle proprie origini e diritto di cronaca89. In particola-__________

creato dalla discendenza di sangue, ma dall’attività sociale del prendersi cura […]. Su questa base, cui è evidentemente estranea la necessità di obliterare in termini assoluti l’esistenza della famiglia biologica dell’adottando, si costruisce quella genitorialità so-ciale, fondata sull’assunzione di responsabilità, diversa ma anche complementare a quella biologica, cui l’istituto dell’adozione conferisce il crisma della giuridicità» (1771). Interessante a tal proposito un parallelismo tra adozione e procreazione medi-calmente assistita, lì dove l’art. 9 della legge 40/2004 ‘blinda’ la genitorialità tanto della madre, che non può dichiarare la volontà di non essere nominata, ai sensi dell’articolo 30, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 no-vembre 2000, n. 396, quanto dell’uomo che abbia acconsentito contra legem all’inse- minazione eterologa, il quale non potrà cambiare idea esercitando l’azione di discono-scimento della paternità nei casi previsti dall’art. 235, primo comma, numeri 1) e 2), c.c., né l’impugnazione di cui all’articolo 263 c.c. Con una norma simile all’art. 27 del-la legge 184/83, poi, si prevede al terzo comma dell’art. 9 che, in caso di applicazione di tecniche di tipo eterologo in violazione del divieto, «il donatore di gameti non ac-quisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e non può far valere nei suoi confronti alcun diritto né essere titolare di obblighi». Nulla è detto, anche in tale ipo-tesi, della pur plausibile relazione socio-affettiva che potrebbe essere instaurata tra donatore e figlio; l’interprete dovrebbe ormai sapere che le relazioni umane possono spingersi ben oltre quelle giuridiche, come dimostra il caso di maternità surrogata concesso con ordinanza del Trib. Roma, 17.2.2000 (in Corr. giur., 2000, 483 ss., con nota di M. Sesta, La maternità surrogata tra deontologia, regole etiche e diritto giuri-sprudenziale, 488 ss.), ove la coppia committente si era impegnata a coinvolgere la ma-dre surrogata, amica di famiglia, nella crescita del bambino.

89 Per un’interessante rassegna casistica dell’attività del Garante sul rapporto tra diritto di cronaca e privacy si veda M. Paissan (a cura di), Privacy e giornalismo. Diritto di cronaca e diritti dei cittadini, edizione aggiornata al 2012, leggibile nel sito internet dell’Autorità Garante http://www.garanteprivacy.it. Rispetto alla direttiva europea 95/46/Ce del 24.10.1995 relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trat-tamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di questi dati, Paissan am-mette che «mentre la maggioranza dei paesi europei, approvando le discipline nazio-nali di protezione dei dati, non sono intervenuti (o sono intervenuti solo marginalmen-te) in materia di libertà di informazione, ciò non è successo in Italia. Da noi, in linea di massima, i principi di protezione dei dati trovano applicazione anche nel settore gior-nalistico. E il Garante svolge un ‘ruolo forte’ all’interno del complesso incontro-scontro tra libertà di informazione e diritti della persona». Sull’art. 21 Cost., il diritto di cronaca e i suoi rapporti col segreto e la riservatezza v., fra i tantissimi contributi, P. Barile, voce Libertà di manifestazione del pensiero, in Enc. dir., vol. XXIV, Milano, 1974, 424 ss.; P. Caretti, Diritto dell’informazione e della comunicazione. Stampa, radio-televisione, telecomunicazione, teatro e cinema, Bologna, Il Mulino, 2005, in part. 64-

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 203

re l’Autorità amministrativa indipendente rileva che «anche nell’esercizio del diritto di cronaca e di informazione in relazione a temi ritenuti di pubblico interesse, i dati personali relativi a vi-cende adottive devono essere trattati in modo lecito e per scopi legittimi, nel rispetto del diritto alla riservatezza, all’identità per-sonale e alla protezione dei dati personali (artt. 2, 11 e 137 del Codice in materia di protezione dei dati personali – D.Lgs n. 196/2003)»90. Il Garante ai sensi degli artt. 143, comma 1, lett. c) e 154, comma 1, lett. d) del Codice ha, difatti, il compito di vie-tare anche d’ufficio, in tutto o in parte, o di disporre il blocco se il trattamento risulta «illecito o non corretto (…) oppure quan-do, in considerazione della natura dei dati o, comunque, delle modalità del trattamento o degli effetti che esso può determina-re, vi è il concreto rischio del verificarsi di un pregiudizio rile-vante per uno o più interessati».

A questo punto si possono tirare le fila del discorso e prova-re ad argomentare qualche considerazione conclusiva.

Va dapprima rilevato che i dati diffusi dalla Rai sono dati personali noti alle persone che utilizzano il medium televisivo quale piattaforma comunicativa per effettuare una ricerca. Tali dati sono socialmente conosciuti in maniera lecita e legittima, os-sia senza violare in alcun modo né la L. n. 184/1983 né la L. n. 241/90 (artt. 22 e ss. sull’accesso ai documenti amministrativi); si tratta, in altre parole, di dati personali che, volenti o nolenti, so-

__________

67; A. Pace, Quel che il Garante della privacy non può vietare, leggibile on-line nel sito http://www.associazionedeicostituzionalisti.it; A. Palmieri, Personal Data Privacy nell’Information Age tra diritti, regole e mercato: spunti di riflessione, in Politeia, 2000, 59, 102 ss.; G.B. Ferri, Privacy, libertà di stampa e dintorni, in Eur. dir. priv., 1, 1998, 137 ss.

90 Provvedimento del Garante per la Protezione dei dati personali 8.4.2010, cit. Ma anche nel provvedimento del 28.9.2005 si rileva che il giornalista può «diffondere dati personali nei limiti dell’ essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico […] e che tale principio va rispettato con particolare rigore in presenza di dati e circostanze di natura particolarmente delicata per i quali l’ordinamento prevede speciali cautele come nel caso in esame» (leggibile nel sito internet del Garante per la Protezione dei Dati Personali http://www.garanteprivacy.it).

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 204

no di fatto comuni e noti agli appartenenti al ‘gruppo biologico’, quali dati storici, prescindendo dalla vicenda dell’adozione.

In seconda istanza risulta piuttosto difficile dubitare della liceità del trattamento dei dati da parte della Rai S.p.a., tanto più che ex art. 137 del Codice della Privacy possono essere trattati «i dati personali relativi a circostanze o fatti resi noti direttamente dagli interessati o attraverso loro comportamenti in pubblico», e il secondo comma dell’art. 5 del Codice deontologico dei giorna-listi91 specifica, circa questi ultimi dati, che «è fatto salvo il dirit-to di addurre successivamente motivi legittimi meritevoli di tute-la»; e la ricerca delle proprie origini da parte dei parenti biologi-ci sembra proprio costituire una valida motivazione giuridica. Né in questi casi vi sono di mezzo persone minori d’età, per le quali occorra «evitare spettacolarizzazioni e strumentalizzazioni che possano compromettere il loro processo di maturazione e il loro libero ed armonico sviluppo»92.

Venute meno le esigenze di tutela del minore, invero, non sembra di potersi rintracciare nei casi sopra analizzati una so-stanziale differenza dalle ipotesi di attività giornalistiche con connotati investigativi, quale ad esempio quelle dalla testata di

__________ 91 Provvedimento del Garante del 29.7.1998, leggibile nel sito internet del Ga-

rante per la Protezione dei Dati Personali http://www.garanteprivacy.it. Accanto all’art. 5 va inoltre menzionato il primo comma dell’art. 6 del codice deontologico (si-gnificativamente rubricato ‘Essenzialità dell’informazione’), secondo cui la «divulga-zione di notizie di rilevante interesse pubblico o sociale non contrasta con il rispetto della sfera privata quando l’informazione, anche dettagliata, sia indispensabile in ra-gione dell’originalità del fatto o della relativa descrizione dei modi particolari in cui è avvenuto, nonché della qualificazione dei protagonisti».

92 Così comunicato stampa del Garante, 28.11.2001 (leggibile nel sito internet del Garante per la Protezione dei Dati Personali http://www.garanteprivacy.it), dove viene affermato che risulta violata la normativa sulla privacy, il codice deontologico dei giornalisti, nonché il complesso delle norme in materia di adozione nella parte in cui tutelano il diritto del minore a vedere riconosciuta la propria identità e la nuova di-mensione affettiva, nel caso di una ingiustificata pubblicazione - da parte di un quoti-diano - di notizie riguardanti una minore della quale erano state riportati, in un artico-lo riguardante la sua presunta fuga da casa, oltre al nome, al cognome, all’indicazione della scuola frequentata, anche notizie riguardanti il suo stato di adozione e la sua ori-gine etnica.

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 205

Rai Tre «Chi l’ha visto?»93. Attività giornalistiche come le altre, ma secondo una recente Cassazione «espressione più alta e nobi-le dell’attività di informazione»94, per le quali, nel disposto dell’art. 137 del Codice della Privacy, è lecito trattare i dati anche senza il consenso dell’interessato.

Inoltre, è opportuno evidenziare: a) che in nessun modo i servizi mandati in onda ledono la dignità umana delle persone coinvolte. E solo in minima parte ledono il diritto alla riservatez-za, come è normale per tutte le attività giornalistiche ed a mag-gior ragione per quelle con connotati investigativi; b) che non si registrano lesioni dell’identità personale - quale proiezione au-tentica del sé nel sociale - dei ricercati95: i quali, essendo maggio-renni, si deve presumere essere già al corrente del loro stato di adottati e abbastanza maturi da poter gestire la situazione; c) che non avrebbe senso intraprendere una ricerca non potendo utiliz-__________

93 Della quale pure il Garante si è occupato in passato (provvedimenti del Ga-rante del 16.11.2004 e del 7.7.2005, rispettivamente Bollettino nn. 55 e 63, leggibili nel sito internet del Garante per la Protezione dei Dati Personali http://www.garante privacy.it), riconducendo l’attività giornalistica svolta da tale programma nell’alveo del giornalismo investigativo e osservando che è dovere dei giornalisti «raccogliere le in-formazioni nel rispetto dei principi di correttezza e di trasparenza, evitando artifici e pressioni indebite (art. 11, comma 1, lett. a) del Codice e art. 2 del codice di deontolo-gia), nonché astenendosi dal fornire notizie o pubblicare immagini o fotografie lesive della dignità della persona interessata (artt. 8 e 10 del codice di deontologia)». Nel ca-so di specie l’Authority ha disposto il blocco, prima, e il divieto di ulteriore diffusione dei dati trattati, dopo, relativamente al caso di un servizio giornalistico che ledeva la dignità di un clochard torinese.

94 Cass. 9.7.2010, n. 16236, in Giust. civ., 2011, 9, I, 2129. Nella sentenza si leg-ge: «l’art. 1, 2° comma, Cost., nell’affermare che “la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”, presuppone quale imprescindi-bile condizione per un pieno, legittimo e corretto esercizio di detta sovranità che la stessa si realizzi mediante tutti gli strumenti democratici (art. 1, 1° comma, Cost.), a tal fine predisposti dall’ordinamento, tra cui un posto e una funzione preminenti spettano all’attività di informazione in questione […]. Inoltre, non può non sottolinearsi che lo stesso legislatore ordinario […] ha ricondotto reputazione e “privacy” nell’alveo delle “eccezioni” rispetto al generale principio della tutela dell’informazione».

95 Interessanti le osservazioni di G. Cassano, I diritti della personalità e le aporie logico-dogmatiche di dottrina e giurisprudenza, in Dir. fam., 2000, 1401 ss., secondo cui il riconoscimento del diritto all’identità personale non comporta il pericolo di un’eccessiva limitazione della libertà accordata dall’art. 21 della Costituzione, ma al contrario la tutela appieno poiché garantisce la veridicità dei fatti affermati e la loro rispondenza alla realtà obiettiva.

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 206

zare i pochi dati a disposizione (nome del soggetto ricercato, età, immagini di tempi trascorsi), o, come raccomanda il Garante, u-tilizzando dati non veri: la veridicità dei dati costituisce elemento essenziale della ricerca stessa ed è funzionale alla finalità del trat-tamento; d) che, per di più, come visto, per molti parenti di san-gue degli adottati maggiorenni il ricorso ai mass media costitui-sce l’unica chance per cercare di riallacciare rapporti socio-affettivi con persone che, in un modo o nell’altro, fanno parte della propria vita, della propria biografia (oltre che della propria biologia), la cui mancanza incide sulla propria personalità. In tal senso la libertà di espressione e di pensiero, di cui l’attività gior-nalistica è manifestazione, può ben essere considerata funzionale al diritto alla conoscenza delle proprie radici e della propria di-scendenza, come dimostra uno dei casi per il quale il Garante ha disposto il divieto di ogni ulteriore trattamento: nella puntata del 13 aprile 2010 di «Festa italiana», infatti, viene documentato l’incontro tra la sorella (ricercatrice), la madre biologica e l’adottato che – evidentemente – ha prestato il proprio consenso a ciò, pur non avendo intrapreso l’artificioso iter previsto dall’art. 28 della legge sull’adozione.

In questo quadro complessivo, non si può trascurare che, per contro, il diritto alla conoscenza delle proprie radici non as-sicura ai titolari della situazione giuridica soggettiva, chiunque essi siano (l’adottato, i parenti naturali o il figlio nato da insemi-nazione eterologa), il diritto di stringere effettivamente rapporti socio-affettivi con i ricercati, i quali hanno comunque il diritto di essere lasciati soli, opponendo il proprio diritto alla riservatezza, all’oblio96: diritto che ben potrà sostanziarsi nell’ignorare l’appello televisivo, nel rifiuto di incontrare personalmente i pa-renti biologici o anche nell’inibire le ricerche, quando dovessero risultare sproporzionate, pressanti o non gradite.

Ragionando diversamente si finisce col costruire attorno all’adottato, divenuto adulto, una protezione eccessiva e non ne-cessaria, a scapito di altri soggetti potenzialmente egualmente __________

96 Così L. Lenti, cit., 235.

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 207

deboli: il consenso dell’interessato (ricercato tramite mass media) a riallacciare rapporti affettivi, di conseguenza, diventa metro i-nevitabile per calibrare ciascuna tutela e, nel caso, giustificare un posteriore intervento pubblico repressivo e censorio97.

In conclusione, è possibile formulare la seguente sintetica considerazione.

Nei casi sopra analizzati si ha l’impressione che sarebbe sta-to più opportuno rinunciare alla tutela preventiva tipicamente pubblicistica98, «lasciando ai rimedi privatistici (in forma specifi-ca e risarcitori) il loro compito tradizionale, successivo ed even-tuale, onde evitare di sacrificare in modo irragionevole e spro-porzionato – in nome di un incondizionato diritto alla protezio-ne dei dati personali – altri diritti fondamentali99».

Paradossalmente, difatti, sconfitti nel bilanciamento effet-tuato dal Garante nei provvedimenti in commento, ne esce non solo il diritto di cronaca (espressione della libera manifestazione del pensiero), ma anche il diritto alla conoscenza delle proprie origini, epifenomeno del più generale diritto all’identità persona-le100. __________

97 Spetterà solo all’adottato, messo di fronte ai parenti di sangue che lo cercano, eventualmente anche tramite i mass media, decidere se avvalersi o meno del proprio diritto to be let alone. In tal modo si evita di costruire lo status adottivo in maniera pa-ternalista e quale condizione di ‘diversità’ (come osservato da V. Pocar-P. Ronfani, La famiglia e il diritto, cit.), lasciando all’interessato la possibilità di autodeterminarsi. Cfr. G. Alpa, Status e capacità. La costruzione giuridica delle differenze individuali, Roma-Bari, 1993, allorché sostiene che il principio dell’«eguaglianza nella differenza […] deve essere completato da un corollario che si può esprimere nel modo seguente: le differenze non possono divenire giuridicamente rilevanti senza il consenso dell’interes- sato. […] In altri termini, la differenza si deve convertire in auto-differenziazione» (206-207).

98 La cd. ‘strategia giuridica integrata’, e cioè una tutela basata su un meccani-smo di interazione tra tecniche pubbliche e private, illustrata da S. Rodotà, Tecnologie e diritti, Bologna, 1995, 93 ss.; anche G. Resta, Il diritto alla protezione dei dati perso-nali, cit.

99 Queste sono le condivisibili conclusioni a cui giunge M. Di Masi, op. ult. cit., 160.

100 Sull’identità personale e gli altri diritti della personalità ampliamente G. Al-pa-G. Resta, La persona fisica e i diritti della personalità, in Trattato Sacco, Torino, 2006, in particolare, 99 ss.; cfr. inoltre G. Resta, Diritti della personalità: problemi e

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 208

7. Web 3.0: la ‘nuvola’ e le altre frontiere tecnologiche

Con il web 3.0 si apre un panorama molto complesso in cui entrano in gioco direttamente gli oggetti e gli strumenti tecnici attraverso i quali le informazioni ed i dati vengono raccolti. Que-sti apparati, infatti, non solo sono capaci di accumulare un con-siderevole flusso di informazioni riguardanti coloro che li utiliz-zano, ma riescono addirittura ad entrare in collegamento, in mo-do del tutto autonomo, con altri apparati e ad interagire fra di loro per scambiarsi ed aggiornare tutte le informazioni in loro possesso.

Questo ‘dialogo’ fra macchine schiude possibilità del tutto inedite, rende possibile infatti un processo continuo di elabora-zione e aggiornamento delle informazioni che conduce alla co-struzione di profili individuali sulla base dei quali è possibile giungere a ‘prendere decisioni’. Decisioni che, a loro volta, pos-sono essere il prodotto di un processo del tutto automatico («au-tonomic computing»).

Anche se i meccanismi di funzionamento sono ancora pre-disposti dalle persone, una quantità consistente di dati vengono ormai elaborati direttamente e in modo completo dalle macchi-ne, dalle quali dipende la costruzione dell’identità individuale101.

Fenomeni del genere implicano conseguenze complesse: se da una parte sembrano aumentare le possibilità dell’individuo di soddisfazione dei bisogni, dall’altra però possono ridurre la sua autonomia. Le singole identità, ricostruite in contesti diversi at-traverso l’autonomic computing – che è in grado, con la proiezio-ne statistica di quelle che sarebbero state le decisioni dell’in-

__________

prospettive, in Dir. inf., 2007, 1043 ss.; G. Marini, La giuridificazione della persona. I-deologie e tecniche nei diritti della personalità, in Riv. dir. civ., 2006, I, 359 ss.; G. Pino, Il diritto all’identità personale, Bologna, 2003; F. Di Ciommo, Diritti della personalità tra media tradizionali e avvento di Internet, in G. Comandé (a cura di), Persona e tutele giuridiche, Torino, 2003; V. Zeno-Zencovich, voce Personalità (diritti della), in Dig. Disc. priv., sez. civ., Torino, 1995; Id., voce Identità personale, ibidem, 1993.

101 Si veda, a tal proposito, S. Rodotà, Of Machine and men, in, M. Hildebrandt-A. Rouvroy (a cura di), Law, Human Agency and Autonomic Computing: The Philoso-phy of Law Meets the Philosophy of Technology, New York, 2011, 179 ss.

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 209

teressato (algoritmi), offrire risposte precise al manifestarsi di va-rie circostanze - possono ridurre, invece, la possibilità di un suo intervento consapevole, inducendo la deresponsabilizzazione e disincentivando il mutamento.

Partendo dall’osservazione, puramente statistica, di una se-rie di correlazioni rilevate in contesti del tutto eterogenei, diven-ta possibile arrivare a definire l’identità individuale per realizzare finalità del tutto diverse rispetto a quelle per le quali i dati sono stati raccolti. Con esiti preoccupanti e tali da incidere persino sulla libertà personale. Ed infatti, ciò sarà possibile nella misura in cui si metteranno i dati generati dalle macchine a disposizione anche di soggetti pubblici allo scopo di garantire la sicurezza e prevenire comportamenti sociali devianti102.

Di fronte a tali fenomeni anche la risposta presente nei pri-mi interventi legislativi, come il diritto di accesso che permette la cancellazione di dati falsi o illegittimamente raccolti e conservati oltre i termini previsti o la rettifica di quelli inesatti o l’integra- zione di quelli incompleti, può rivelarsi inefficace. La rapidissi-ma ed incontrollabile moltiplicazione delle sedi in cui i dati sono raccolti e trattati rende, infatti, impossibile realizzare un control-lo effettivo.

Ugualmente inefficace si rivela il ricorso al principio che vie-ta di sottoporre qualcuno ad una decisione che lo riguarda - che produca cioè effetti giuridici o abbia significativi effetti nei suoi confronti - se questa è fondata esclusivamente su un trattamento automatizzato di dati. Se il principio riflette l’esigenza fonda-mentale di sottrarre la persona alla dipendenza degli apparati e-lettronici quando si tratta di valutare aspetti della sua personali-tà, come il rendimento professionale, il credito, l’affidabilità, il comportamento, l’interpretazione restrittiva alla quale è stato sottoposto lavorando sul significato di ‘decisione’ da una parte e

__________ 102 Il criterio della ‘multifunzionalità’ tende a conquistare sempre maggiori spazi,

permettendo l’utilizzazione di informazioni anche per finalità diverse da quelle per la quali erano state raccolte a condizione che le finalità per le quali vengono utilizzate siano altrettanto importanti rispetto ad esse.

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 210

di ‘esclusivamente affidata’ dall’altra ne hanno ridotto le poten-zialità103.

Un altro problema è rappresentato dal «cloud computing»104 , cioè dalla creazione di strutture esterne in cui far affluire i pro-pri dati per averli sempre disponibili o per evitare forme di ge-stione diretta. La configurazione di un diritto all’integrità ed alla riservatezza dei sistemi informativi tecnologici sulla base del loro collegamento strutturale con la personalità dell’interessato, ope-rato da diverse corti, può essere utilizzato per assicurare la pro-tezione anche rispetto ad altri apparati tecnologici ai quali l’interessato abbia affidato i propri dati che, attraverso le inter-connessioni, sono in grado di provocare «interferenze in aspetti essenziali del modo di vivere di una persona» o qualche «aspetto significativo della sua personalità»105.

L’argomentazione secondo la quale l’affidamento consen-suale ad altri della gestione dei propri dati personali potrebbe recidere il legame strutturale fra persona e macchina, che quelle stesse corti hanno enfatizzato, sembra essere del tutto formale. L’osservazione infatti non considera assolutamente il modo in cui i rapporti con gli oggetti sono organizzati nella rete106.

__________ 103 Non potrebbero essere tali le decisioni automatiche poiché i loro processi sa-

rebbero determinati dai parametri di base, stabiliti dai programmatori attraverso il sof-tware e comunque tali da somigliare a quelli tipici della decisione umana [cfr. S. Para-shar-M. Hariri, Autonomic computing: an overview, in J.P. Banàtre (a cura di), Uncon-ventional Programming Paradigms, Berlin-Heidelberg, 2004, 247]; per una critica, A. Rouvoy, Privacy, Data Protection and the Unprecedented Challenges of the Ambient Intelligence, in Studies in Ethics, Law and Technology, 2008, 2, 1, 44.

104 Cfr. K. Ramachadran-T. Margoni-M. Perry, Clarifying Privacy in the Clouds, 1 ss.; D.J. Gervais-D.J. Hyndman, Cloud Control: Copyright, Global Memes and Pri-vacy, 10 J. Telecomm. & High Tech. Law 53, (2012).

105 Il Tribunale Federale tedesco ha fulminato di incostituzionalità per violazio-ne del diritto della personalità una legge che permetteva ai servizi di sicurezza di con-trollare «segretamente in ogni modo Internet, in particolare, intervenendo segretamen-te sugli strumenti di comunicazione adoperati e accedendo clandestinamente ai sistemi informativi tecnologici con qualsiasi modalità tecnica» (BVerf. 27 febbraio 2008, in 120 BVERFGE 274) in modo da assicurare tutela ad una ragionevole aspettativa di integrità e riservatezza.

106 S. Rodotà, Il diritto di avere diritti, cit., 333.

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 211

Un esempio di tale situazione è la recente decisione presa da Google di modificare la propria politica in tema di privacy per consentire la condivisione, da parte di tutte le sue applicazioni online, dei dati relativi agli utenti. A seguito di questa modifica, l’accesso ai diversi servizi (Gmail, Google Docs, YouTube, ecc.) è unico, i dati immessi dall’utente per accedere ad una di queste applicazioni, circolano così liberamente verso le altre, compor-tando un notevole abbassamento del grado di tutela della privacy107. La motivazione fornita dall’azienda statunitense è sta-ta la necessità di migliorare l’efficienza del sistema.

In realtà, il passaggio ad una struttura Cloud108, modifica radicalmente la conformazione della rete in relazione a quel dato servizio. Si passa, infatti, da una architettura a carattere orizzon-tale (del tutto identica all’internet delle origini), non priva di ri-schi per la tutela dei dati personali, ma con un rapporto di pote-re più equilibrato tra utenti e provider, ad una architettura verti-cale109, nella quale tale rapporto è sbilanciato a favore dei secon-di. I fornitori di servizi acquisiscono così una posizione predo-minante all’interno della rete, proprio in virtù della loro capacità di elaborare e conservare le informazioni e i dati immessi dagli utenti.

Come si vede, le nuove tecnologie hanno profondamente in-fluenzato i modi in cui l’identità individuale è costruita ed artico-__________

107 Il Garante della Privacy italiano ha aperto un’istruttoria nei confronti di Goo-gle, proprio in ragione di tale decisione dell’azienda statunitense, tanto che in data 20.6.2013 ha deciso un supplemento di istruttoria, chiedendo a Google maggiori e più puntuali dettagli su specifici aspetti delle modalità di trattamento dei dati degli utenti italiani: in particolare, riguardo all'informativa e al consenso all'uso dei dati, alla loro conservazione e al loro possibile incrocio, anche tra prodotti e servizi diversi.

108 Si veda sul tema generale della Cloud, D. Lametti, Cloud computing: verso il terzo Enclosures Movement? In Riv. crit. dir. priv., 3, 2012, 366 [la versione originale è stata pubblicata in inglese in 17 Virginia Journal of Law and Technology 3 (2012].

109 Come ha spiegato molto bene Lessig, citando il primo motto della EFF (Elec-tronic Frontier Foundation), «Architecture is politics», l’architettura della rete non è un elemento neutro e secondario della rete, ogni sua modifica comporta un riassetto dei rapporti di potere, un aumento o una diminuzione delle libertà e delle tutele per gli utenti (Cfr. L. Lessing, Code and Other Laws of the Cyberspace, New York, 1999, 243, n. 19).

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 212

lata. Ora l’identità individuale può essere scomposta e ricostruita a seconda dei vari contesti in cui si opera. Tutto ciò ha reso evi-dente che l’identità non è un dato preesistente, ma è il prodotto di un processo continuo di costruzione.

Questo carattere dinamico dell’identità è stato però esaspe-rato dalle nuove tecnologie oltre ogni limite, al punto tale che la raccolta delle informazioni è ormai in grado di produrre effetti addirittura senza bisogno di ulteriori interventi. Questa condi-zione tecnologica aumenta le possibilità di interferenza delle per-sone e degli apparati che vengono utilizzati sulle modalità di co-struzione della sfera privata.

Alla luce di quanto esposto nel corso della presente indagi-ne, è del tutto evidente come, in questo contesto di riferimento, il diritto alla privacy rappresenti la sintesi di quei poteri assicurati al soggetto per consentirgli il controllo dell’uso dei propri dati personali. Pertanto, questo diritto non è più unitario, ma tende oggi ad essere articolato in una serie di poteri che operano a li-velli diversi.

Da una parte è necessario infatti permettere all’interessato di controllare il flusso dei dati che lo riguardano, fino a consenti-re che disponga di strumenti atti ad impedire la sua tracciabilità nella rete ed a conoscere la ‘logica’ che presiede al funzionamen-to dei processi automatici. Dall’altra è imperativo restringere, al tempo stesso, il potere di chi raccoglie i dati, limitandolo soltan-to a quelli necessari, pertinenti e proporzionati alla finalità da raggiungere. Infine, è fondamentale ricorrere al principio di pre-cauzione o prevenzione, imponendo anche limiti al collegamento delle banche dati110.

La terza generazione dei diritti della persona, della quale il diritto alla privacy è emblematico, si trova dunque di fronte ad __________

110 Il diritto infatti di eliminare/correggere le informazioni inesatte o false può non essere sufficiente se le informazioni sono ormai entrate nel circuito della rete. Fra le altre possibilità vi sono: la creazione di un sito alternativo nel quale far confluire in-formazioni esatte in modo tale da rettificare l’identità che si è prodotta in rete o il do-vere dei responsabili delle banche dati di informare tutti gli interessati di eventuali ac-cessi illegittimi, anche se non si sono verificati furti di identità.

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LE NUOVE POSSIBILI AREE DI APPLICAZIONE DELLA RESPONSABILITAÀ CIVILE 213

un panorama complesso, in cui si intrecciano gli elementi delle generazioni che li hanno preceduti. Le nuove tecnologie tendo-no, infatti, a spingere ancora più avanti il processo di frantuma-zione dell’individuo astratto, avviato con la seconda generazione dei diritti della persona, allo scopo di porre la concretezza della persona, con tutte le sue qualità e condizioni materiali, alla base dell’esercizio dei diritti fondamentali.

L’esasperazione di questo processo ora produce, però, un effetto paradossale, in quanto il quadro che della persona ci vie-ne restituito può risultare, in questo modo, inesatto, parziale o addirittura falso. Tale rappresentazione allontana la persona dal-la realtà, facendola ripiombare nell’astrazione che caratterizzava la prima generazione.

Se però quell’astrattezza aveva avuto almeno il merito, com’è noto, di liberare la persona dai vincoli degli status e realiz-zare l’uguaglianza, l’astrattezza che oggi viene prodotta dalle macchine e dagli apparati tecnologici, attraverso la continua re-gistrazione e rielaborazione dei dati personali, ne limita invece l’autonomia «consegnando la persona interamente ai dispositivi tecnologici che, attraverso i profili, riescono a costruire una gab-bia ancora più resistente ed insidiosa di quella che producevano gli status»111.

__________ 111 S. Rodotà, Il diritto di avere diritti, cit., 340.

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PARTE TERZA – CAPITOLO IX 214

Finito di stampare nel luglio 2014

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