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La spada e la rosa
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Zhero
LA SPADA E LA ROSA
Elda Lenzi - Monica Tonzanu - Ermanna Ragonese - Paolo Scatragli
Maggio 2011
Al Tremore, al suo Dono
All’Amore
Ai Cavalieri dei Draghi
Al Leone che abita nel nostro Cuore
Zhero
LA SPADA E LA ROSA
(Storia vera ed onirica di amicizia, amore e tremore)
Genesi di una Piramide
Genesi di una poetessa
Testamento di un poeta fallito
Personaggi e Interpreti:
ELDA LENZI – Delta- Poetessa
ERMANNA RAGONESE – Omega- Poetessa
MONICA TONZANU- Beta- Poesia
PAOLO SCATRAGLI – Alfa- Autore del libro
Maggio 2011
INTRODUZIONE
di Paolo Scatragli
LA SPADA E LA ROSA
parte 1
Sognai una notte
spine rosse di sangue,
respirai piano
il profumo dei petali.
Vidi corvi nel cielo
e la lama lucente
del domani.
Su quella spada
stava tremando
il Sole.
Capitolo 1
ALLA LUCE DELLA PIOGGIA - 1
Parte prima, seconda e terza
Alfa Beta e Delta: la Dama in Nero
ALLA LUCE DELLA PIOGGIA
Parte Prima
Un uomo e due donne: Alfa, Beta e Delta
Alfa
Tirò una boccata di fumo contro il monitor, come a svegliarlo
dal sonno. Passò in rassegna l’e-mail rapidamente, quasi
cercando lì la novità che cercava ormai di continuo, da ogni
parte, per sbloccare la sua vita congelata nel vuoto. Non aveva
chiuso nessuna porta, ma non aveva più fede che nessuna porta
conducesse verso l’aria, fuori da quell’incubo. Continuando a
fumare accese il cellulare, distrattamente, controllando la
carica. L’odore del caffè ormai uscito, in cucina, lo distolse da
una foto che lo aveva incantato: una mano protesa attraverso un
filo spinato, in bianco e nero, di un autore ignoto.
Si alzò e si avviò verso la cucina; sorseggiò da seduto il caffè
forte del mattino, ascoltando attraverso la finestra i suoni della
campagna all’alba. Poi tornò al computer. Aprì la cartella dei
suoi documenti privati, poi un’altra cartella, criptata. Rilesse
alcune pagine, scritte proprio in quella stagione, due anni
prima. La tazza del caffè in mano cominciò a tremare, proprio
come allora, ma non era più l’umiliazione, il deperimento
fisico, l’alcool per riuscire a dormire o i farmaci, stavolta: era
solo la rabbia acerba e impotente di un ricordo, qualcosa che
era presente nella distruzione attuale in cui viveva, che da lì
aveva avuto origine e da li aveva trascinato la sua vita
nell’abisso.
Accese un’altra sigaretta.
Si versò dell’altro caffè.
Tirò una boccata, fece un sorriso beffardo e scrollò il capo.
Poi, come la lama della scure sul ceppo, premette il tasto
“canc”, distruggendolo per sempre.
Spense il computer, uscì di casa e mise in moto la macchina;
“Piove di nuovo, maledetto tempo”
Prese l’autostrada per Roma.
Presso l’incrocio, la Dama in Nero guardò l’auto che aspettava
da tutta la notte partire verso il viaggio. Con un sorriso
l’assassina mise in moto, si raccolse i capelli e mise gli occhiali
neri.
Poi, lo seguì sull’autostrada, senza mai perderlo di vista.
Aspettando il suo momento.
Beta
Una donna , un mattino diverso, deve tenerselo caro. Una
donna non ha molta varietà di scelte nell’inizio della sua
giornata, può solo sperare che cambi in seguito.
Guardò la luce attraverso la finestra. La pioggia, la pioggia
intrusa di quel Giugno assurdo, sperando che cadesse dritta,
verticale, ferma. Era così, per ora. Una donna che si alza in un
mattino diverso dagli altri spera che si mantenga diverso in
tutto, che “qualcosa” che non vuole non guasti la magia di quel
piccolo Natale, riportandola nel quotidiano di una prigione
invisibile, una maledizione incomprensibile agli altri e dagli
altri sottovalutata ma vitale per lei, come una spina sottile in un
piede. “Cadi dritta, pioggia, non tremare. Cadi a scroscio ma
stai ferma, ti prego, ferma, non ti muovere….”
Guardò nell’armadio, muovendosi velocemente per non dar
tempo al suo corpo di muoversi da solo, scelse un vestito. Un
vestito che fosse da festa, ma non visibile agli altri, come il suo
dolore. Quello, pensò, quello. Le ricordava una serata
importante, un ballo che nella sua vita aveva gettato un raggio
di sole. Per gli altri era un normale, elegantissimo tailleur.
Perfetto.
Poco trucco sul suo viso, un accenno di sorriso mentre si
metteva il rossetto. Sorrideva a quella donna dello specchio, al
suo sguardo, ai suoi artigli necessari a sopravvivere sopra le
dita vellutate.
Si strizzo l’occhiolino, sorrise a piene labbra, e prese le chiavi
in fretta. Avrebbe fatto colazione per strada, non importava
dove, ma in viaggio. In quel viaggio che era impaziente di
cominciare.
Chiuse la porta e si avviò verso la stazione. La pioggia fitta
faceva tremare l’asfalto della strada, mentre proseguiva veloce
. Scese dall’auto, chiuse e si diresse verso i binari, nella
stagione sempre grigia che vive dentro le stazioni.
Ogni treno che giungeva la faceva sussultare: la terra che
tremava, il vibrare del mondo intorno a lei. Poi la voce
nell’altoparlante le sollevò il cuore: “Intercity per Roma
Termini in arrivo sul quarto binario”.
L’assassina, dalla panchina di pietra, si sollevò e gettò il
giornale. Seguì Beta salire sul treno, poi salì sul vagone
seguente. Per le scale, il biglietto le scivolò di mano. Un
giovane, alto e prestante, si chinò e lo raccolse, poi lo porse
alla donna. Come la vide negli occhi, divenne pallido in viso.
“Il suo biglietto, Signora..” balbettò tremante. Senza nessuna
espressione, lo prese e si mise gli occhiali scuri. “Grazie
infinite”, rispose freddamente la Dama in nero.
Poi, scomparve tra la gente.
Delta
Si liberò delle lenzuola lentamente, stiracchiandosi sul letto.
Non aveva dormito che nelle ultime ore, ormai era un rito
quello di svegliarsi tra sonni leggeri, per sentire interrompere
dalla sveglia l’unico sonno profondo, quello del mattino,
quando ormai i fantasmi della notte sono andati a dormire. Si
guardò le mani e sorrise, scorrendone con lo sguardo le dita
affusolate. La luce lambiva la sua pelle perlacea, mentre
strizzava gli occhi al mattino luminoso della finestra
spalancata. Alcune gocce di pioggia penetrarono nella stanza,
bagnando la sua pelle profumata ancora di notte.
Aprì la doccia e chiuse gli occhi. Lasciò scorrere per lunghi
minuti l’acqua su di lei, abbandonandosi al massaggio della
doccia, assaporando il profumo intenso del suo sapone
preferito.
Si guardò ancora le mani, e ancora sorrise: no, non erano quelle
della sera prima. La doccia aveva lavato via la stanchezza dei
muscoli che per troppe ore si erano mossi fuori di ogni
controllo, adesso era ferma e presente nel mattino.
Assaporò il profumo del suo the, mettendo lentamente nella
borsa le sue cose. Gettò via i mozziconi della sera prima, poi si
scelse con cura la sua collana. Nuda, davanti allo specchio, aprì
il suo scrigno provandone alcune, finché quella “giusta” le
restò incollata addosso: sarebbe stato innaturale toglierla,
adesso.
Si vestì danzando, cantando si avvicinò alla porta, senza
smettere di danzare girò la chiave e si allontanò, con Roma già
chiusa dentro gli occhi prima ancora del viaggio.
Per strada la Dama in Nero le sembrò un viso conosciuto, e
sorrise frettolosamente. L’assassina rispose beffarda al sorriso,
seguendola con la coda dell’occhio “Non mi sfuggirai, Delta”,
sibilò,”non c’è nascondiglio dove ti possa rifugiare. Sono io
che ho creato i nascondigli, ogni tana sicura è la mia casa. Non
sfuggirai”
E divenne la sua ombra. Per tutto il viaggio.
Parte seconda
Roma
Alfa aveva lasciato l’auto in un garage, ed era tutto il
pomeriggio che si godeva a piedi le pietre antiche e misteriose
di quella città magica. Davanti alla statua dell’Estasi di Santa
Teresa, dove il Dolore diviene piacere supremo, aveva pregato
il Dio del Dolore, quello che aveva incontrato mille volte. Poi,
senza voler perdere nemmeno un fotogramma di quel film che
stava vivendo, si diresse verso il centro. “Roma, affascinante
sorella”, pensava,” poche volte ci sono stato ma ogni volta ha
segnato un momento importante nella mia vita. Qui la mia
gioventù spesa nell’arte ha trovato il suo frutto, qui ho scritto
un libro di poesie in due giorni, quasi vent’anni fa. Fiorivano
da sole, non avevo fatto nessuno sforzo. Roma, che scopri
l’anima e la metti a vivo”
I palazzi di travertino iniziarono ad imbrunirsi, e il cielo,
sgombrate alcune nuvole, scoprì la sua veste di indaco. Guardò
l’orologio e si diresse verso Piazza Navona.
***
Beta scherzò con la piccola zingara, mentre pagava la rosa
rossa che le aveva comperato. Aveva cercato il compagno di
Beta con lo sguardo, la piccola dalla pelle scura- generalmente
fanno così- e quando aveva veduto che il giovane che le
camminava quasi accanto era in compagnia di un’altra donna si
era ritirata. Beta l’aveva richiamata, ed aveva preso la rosa
dicendo “questa è per la donna che amo, la donna più bella e
viva del mondo, stasera”, sorridendo e mettendosi la rosa tra i
capelli raccolti. La piccola ricambiò il sorriso, e si allontano
correndo dietro la coppia di fidanzati. Beta si specchiò in una
vetrina, guardandosi con la rosa a incorniciare il suo viso. Ma
non era la rosa, resa ancora più rossa dalla luce del tramonto, la
sola cosa che rendeva il suo viso fiorito.
Erano i suoi occhi, davanti alla Fontana del Bernini. Mille
riflessi tremanti di attesa.
***
Delta dipingeva con lo sguardo il Giudizio, come se il colore
scaturisse dai suoi occhi sui disegni in bianco e nero di
Michelangelo. Il Dito di Dio che crea l’Uomo a sua immagine.
“Ma Dio non ha il dolore, la paura, la vergogna: l’uomo è solo
con sé stesso, in questo”, pensò. “La Donna, poi, non è forte
come l’uomo, tantomeno come Dio”. Questo pensiero le velò
gli occhi con poco pianto: poco, ma sempre troppo, per “quel”
giorno. Le mani accennarono a tremare. Rapidamente,
correndo, si riportò alla luce, fuori. Aveva bisogno di spazio
intorno a lei: il Colonnato di S.Pietro.
Dall’alto vide dietro di se la porta aperta. Stranamente non
c’era nessuno nella cattedrale, ed entrò. Seguì la luce rovente
del tramonto che la portò dritta davanti alla Pietà di
Michelangelo. La guardò, incantata.
“No, Delta, non è vero”, si disse.” Dio non ha abbandonato
l’Uomo al dolore, si è fatto Uomo proprio per condividerne il
dolore. E la Donna non è più debole dell’Uomo, e neppure di
Dio: la Donna è tanto forte da aver generato Dio, averlo portato
in grembo averlo veduto prima nascere e poi morire. Questa è
la donna: Dio l’Uomo lo ha creato. Dalla Donna, Dio si è fatto
creare”
A questo pensiero sentì la natura, il creato ed il creatore vivere
dentro di lei, pulsare, sbocciare. Si affrettò verso Piazza
Navona, alla Fontana del Bernini.
Il luogo dell’appuntamento con Alfa e Beta.
Parte terza
La Dama in Nero
Era calata la prima notte, quando Alfa, Beta e Delta, per la
prima volta, si incontrarono. Si riconobbero subito. La loro era
un’amicizia nata in rete, nel mondo virtuale, ma nessuno dei tre
erano tipi da lasciare chiuso in una scatola il calore che li aveva
uniti. La luce dei lampioni brillava sull’acqua della fontana,
frastagliando la notte con mille perle, quando i tre si
riconobbero e si abbracciarono.
Nell’angolo, l’assassina li vide. Li riconobbe. Appagata,
soddisfatta del suo lavoro si apprestò ad aggredirli: “Siete miei,
adesso. Non mi siete scappati, non fuggirete. Adesso siete in
mio potere, finalmente”.
Decisa, lentamente, si diresse verso di loro. Ad ogni suo passo,
la gente si allontanava. Scappando chi di fretta, chi lentamente
per darsi dignità, la piazza restò vuota. Solo lei ed i tre amici.
I tre amici videro la donna avvicinarsi, ma non le dettero peso.
Lei si insinuò in mezzo a loro, di nuovo loro si appartarono un
po’ più distanti, emozionati e felici per il loro incontro. La
Dama in Nero andò di nuovo presso di loro.
Tra una risata e l’altra, si voltarono a guardarla senza smettere
di ridere: “Ci conosciamo?” chiese uno dei tre, serenamente.
L’assassina restò gelata, incredula “Certo, che ci conosciamo,
cosa credevate?” disse beffarda. Sempre con il sorriso sulle
labbra, i tre la guardarono incuriositi.
A quel punto la Dama in Nero allibì: per tutta la vita li aveva
braccati, e loro non l’avevano neppure riconosciuta. Sgomenta,
balbettò una scusa: “No, scusate, devo essermi sbagliata. Credo
che stavo cercando qualcun altro. Scusatemi.”. E si allontanò
rapidamente.
Nel lungotevere, l’assassina camminava veloce. Tutto lo scopo
della sua vita era andato in frantumi. Già, si disse, se la Paura
nemmeno la riconoscono non può avere nessun potere. E se
non si trema davanti alla Paura, non ha nessun senso tremare.
Si trema quando si è soli, chi non è solo non trema”
La luna si specchiava sulle onde, mentre il buio della notte si
prese di nuovo sua figlia, la Paura, tra le sue braccia dentro il
silenzio del fiume. Per sempre.
Epilogo
Alla luce della pioggia
Con le mani strette tra di loro, nella luce che esiste solo a Roma
e nei sogni, Alfa Beta e Delta continuavano a condividere la
loro vita, con stupore e meraviglia. Poi come fosse la cosa più
naturale del mondo, iniziarono a danzare. Trascorse la notte,
fino alle ore tarde in cui il freddo si fa sentire anche d’estate,
ancora di più in questa estate che stenta ad arrivare. Non è
freddo, si dissero, forse ancora non c’è il sole che scalda la
terra, ma l’inverno non può più tornare, oramai.
“Ma ci siamo davvero, qui?” chiese una dei tre, “Non è tutto un
sogno?”
“Fa differenza?” rispose l’altro, “non siamo forse qui, a
condividere insieme la nostra vita? No, probabilmente è un
sogno, ma lo stiamo facendo tutti e tre insieme. Se non siamo
potuti venire a Roma, ciascuno di noi ha portato Roma e gli
altri due nel suo cuore, nella sua vita, nei suoi sogni. E se ci
siamo davvero, in fondo, è quel sogno-o ricordo- che resterà
dentro di noi a renderci vivi, uniti, grandi. Non dove lo viviamo
– a Roma o dentro di noi- ma il presente, questo tempo che
viviamo, è quello che resterà tra noi, che porteremo con noi
nella realtà. Noi esistiamo, noi siamo reali, adesso”
L’aurora li trovò ancora a parlare, ad unire la loro vita, sotto la
Fontana lucente. “Come stiamo bene, così, alla luce del
sole”..sorrise un amico “Forse direi alla luce della pioggia,
vista la stagione” scherzò l’altra. Non erano più soltanto amici,
adesso, ma tre arterie di un unico Cuore.
Tornò a piovere, ma nessuno aveva freddo. Nella luce che
filtrava la pioggia, l’arcobaleno si scompose nell’iride,
splendido e vibrante nell’acqua della fontana.
No, non tremava, quell’arcobaleno.
Danzava.
Paolo Scatragli, Giugno 2010.
Capitolo 2
LA SPADA E LA ROSA- Parte 1
Poesie di Paolo Scatragli
1
Pane di pietra, amore maledetto
che nutri gli occhi graffiandoli di sole
che vaghi come il lupo nella nebbia
sbranando gli attimi
e sputandone le ossa
nell’aurora
che fai germogliare il sonno
oltre la notte,
e rendi notte ogni attimo
mancato:
io sono qui, ti aspetto,
vieni ora, vieni a scuotere
il mio corpo.
Le mie labbra non si aprono
troppo sale le chiude
sale amaro,
l’illusione di raccontarsi
al vento che passa sui capelli,
come passa la gente
senza traccia.
Tra le mie mani
scorrono le perle misteriose
di una collana tremante
di immenso pane,
dell’Amore
che fa vivere e morire.
2
Sei violino nel Cielo
farfalla che vibri,
suoni la tua tristezza.
Attenta ai corvi, attenta,
non fermare il tuo volo
trema veloce.
Ho la tua mano, lo sai?
Stanotte ascolto
la musica di ali
lontanissime
chiusa tra le mie dita.
3
Lampi nella notte.
Fulmini di assenza aspra
ci ricoprono,
il silenzio è calato.
Dietro il sipario
di questo silenzio lurido
lo sciacallo divorava l’usignolo,
lentamente, con calma feroce,
ne assaporava il sangue.
Sognai la spada
che in un angolo da sempre
mi aspettava.
Mi risvegliai dal sogno
col sangue fresco già
nelle mie mani
sulla tagliente lama
dipinta dall’oro
dell’amore.
4
Il calice
di miele e di cicuta
era appoggiato oramai
alle tue labbra,
la tua mano tremante
ne stringeva lo stelo.
Bussando alle porte
della notte,
riempiendo le tue venerdì con il vento
ti risvegliasti.
Mille lucciole avvolsero
la farfalla
la notte d’estate ti rapì
nella tua mano
rossa di sangue, intrisa
di veleno,
brillò sotto la Luna
la tua Spada.
Lontano, nella notte,
dietro quel calice
oramai spezzato,
il mio sorriso
si addormentò cullato
dalla quiete.
5
Navighi l’azzurro
finalmente,
l’Airone e l’Aquila
vibrano con ali
di farfalla,
e il mare è un gioco,
il respiro del Passero
sorride.
Cielo e perle d’Amore
scorrono adesso
sul filo della Luce:
la tua collana
è Sposa e Regina
finalmente
al tuo Cuore che vive
al tuo Cuore che sogna
al tuo Cuore
che scrive a me, stanotte,
il tremante diario
della tua Vita ferma
come il sole.
Capitolo 3
ALLA LUCE DELLA PIOGGIA- 2
Parte Quarta
Omega: la Signora dai capelli d’oro
OMEGA
Scese dall’auto e cercò riparo dalla pioggia posandosi sulla
testa la rivista che aveva in mano. Omega raccolse la sua borsa,
chiusa in una giacca fuori stagione per quella stagione, e si
avviò verso l’ufficio.
Delta la incontrò e le sorrise come sempre, ma ogni volta
leggeva in quel sorriso qualcosa che le somigliava: era come se
avesse riconosciuto sul negozio di un rigattiere un vecchio
anello prezioso perduto tanti anni prima e oramai dimenticato,
e l’averlo visto adesso le riportava prepotente nella mente un
mondo che oramai credeva di avere sepolto nel passato per
sempre. Una sensazione che da un po’ di tempo si faceva ogni
volta più forte.
Aveva un appuntamento con lei quel fine settimana, una cena
come tante, in cui avrebbe conosciuto altre persone. Mentre
Omega pensava a quello, non sapeva perché ma le difficoltà le
sembravano vaghe, secondarie.
Il fine settimana arrivò, finalmente, una sera preparata e
spontanea, spontanea perché tra amici e preparata proprio
perché tra amici.
L’auto si fermò lungo la strada, Alfa scese dalla macchina e si
fece incontro nella festa, con una strana donna accanto. Una
signora, capelli raccolti, di età indefinibile. Delta spiegò ad
Omega che Alfa non si muoveva mai senza quella strana donna
al fianco.
La donna, capelli biondissimi, quasi impalpabili, aveva il viso
coperto di cicatrici, ma stranamente le cicatrici la rendevano
bella. Sorridente, senza parole, si sedette lentamente.
Omega esordì: “tu sei….” Delta fece le presentazioni,
precedendola: “Alfa, il mio amico Alfa”.
La donna strinse la mano a Delta, lei la accolse, “Noi ci
conosciamo già vero?”
“Certo carissima, come stai?” sorrise la donna. Delta non pensò
neppure di ricordare come dove e quando l’aveva conosciuta,
ebbe la precisa sensazione di conoscersi da sempre.
Per tutta la sera parlarono. La luce calò, il tramonto si spense e
infine si spensero pure i fuochi della festa, in quel piccolo
prezioso giardino. Alfa e Delta avevano parlato a lungo,
quando la notte era calata, tra gli altri, e Omega non aveva
perso un filo, una virgola, neppure un alito di quelle parole. Tra
di loro la Signora bionda era sempre stata presente,
sorridendo,come fosse la padrona, la vera padrona di casa.
Al termine della sera, nessuno si accorse che Alfa se n’era già
andato. Aveva salutato distrattamente, come al suo solito, ed
era sparito nella notte.
Ma la signora bionda era restata.
“Ti riaccompagno io” disse Omega, “Alfa…che testa matta!!!”
“ Alfa è una testa matta, ma non per questo, ha fatto solo quello
che gli ho chiesto” disse la donna sorridendo. “Andiamo,
Omega, ti do un passaggio io. Noi ci conosciamo vero, tanto”
“A dire il vero” rispose Omega“ si, da sempre ma non ricordo
come ti ho incontrata”
“Vedremo!”, disse la Signora, “andiamo, Omega?”
salirono sull’auto e partirono.
2- Le lettere di Alfa
Tra le sue carte, scorreva le mani nervosamente. Imprecando ad
alta voce, sbattendo le porte e cercando disperatamente una
sigaretta, Alfa nel suo studio stava cercando una vecchia
lettera. Poi trovò una cartella, finalmente, in un angolo dove
neppure lui si ricordava. Aprì la busta, sigillata con nastro
adesivo, pvc industriale color marrone,ventennale oramai. Da
dentro ne vennero fuori alcuno oggetti: un piccolo diario di tipo
artigianale, che gli ricordò il libretto dei debiti per la spesa di
sua madre; alcune lettere; una fotografia di una donna con i
sandali a Topolino, e un vecchio libro di poesie, scritto a
macchina, una macchina da scrivere che negli anni 90 era una
Ferrari, adesso solo un fossile del paleolitico. Ne scorse il titolo
come una preghiera, sillabando ogni lettera :
“l’-a-m-o-r-e c-o-m-e- g-l-i- a-i-r-o-n-i”
Lentamente, rilesse quel libro di vecchie poesie.
Lentamente, uscì di casa e mise in moto l’auto
Lentamente, comperò le sue sigarette al distributore
automatico.
Lentamente, guardò la luna piena, come venti anni prima.
Lentamente sorrise alla farfalla che si posò sul suo parabrezza.
Alfa entrò in casa, richiuse la busta, la baciò con tutto l’amore
che aveva nel cuore.
la chiuse per sempre
Poi, andò a letto, mentre la donna bionda sorridendo lo
osservava.
Alfa spense la luce, e sorrise al suo cuore ferito: “non ho
rimpianti. non rinnegherò mai di avere amato”
Lentamente, piangendo, si addormentò.
La donna bionda lo accarezzò nei capelli, oramai i capelli
semigrigi ma bianchissimi per lui, i capelli di chi si sente
vecchio e finito, e gli sussurrò, senza che lui potesse sentirlo: “
Dormi sereno, io sarò con te fino alla fine dei tuoi giorni”
Poi,uscì.
Per andare a casa di Omega.
3- La Signora dai capelli d’oro
Omega stava fumando, incazzatissima, sul piazzale davanti
casa sua: “ma come,” si diceva,”ha detto – torno solo tra un
attimo - e son due ore che mi lascia qui ad aspettare?!?”
Omega è una donna forte, concreta, con i piedi ben piantati a
terra: non le piacciono i giochetti.
“Eccomi” disse apparendo dalla strada la donna bionda,”
scusami tanto ma Alfa questa notte aveva bisogno di me, ci ha
messo più tempo del previsto”
Omega era allibita, pareva le avesse letto nel pensiero, quindi
rimediò con cordialità: “vieni dentro” le disse,”ti faccio vedere
la mia casa; scusami ma mi ero preoccupata”.Omega le mostrò
le stanze, poi ad un certo punto notò una cosa ed essendo una
donna molto diretta, glie la chiese appunto direttamente:
“Senti, io è come ti conoscessi da sempre, ma la cosa strana è
che mentre ti mostro la mia casa, ti presento la mia famiglia
eccetera tu ti comporti come se vivessi qui da dieci anni. Mi
sbaglio?”
“ Ti sbagli” disse la donna bionda, “in effetti non è da dieci
anni che io non conosco ma vivo qui, con te. E tu non l’hai mai
saputo”
Omega impallidì: “questa è pazza” pensò, “ma non è
pericolosa, vediamo dove vuole arrivare. Alfa, stramaledetta
testa matta, domani ti chiamo e mi senti! Perdio se mi senti!!!
Delta, idem, ma chi mi avete presentato, vi siete innamorati di
una matta?!?’”
La Donna bionda la prese per mano: “andiamo nel tuo studio:
prendi un foglio ed una penna”
Omega si lasciò prendere per mano. Entrarono nello studio.
Omega ubbidì.
Spense la luce e si sedette alla scrivania.
Guardò davanti a lei mentre la donna bionda le accarezzava i
corti capelli, e gli occhi di smeraldo scuro.
Vide nell’oscurità Delta che sorrideva
Prese la penna in mano.
Mentre la Donna Bionda le accarezzava il viso ed il
TREMORE oramai si era impossessato della sua mano, una
farfalla azzurra si posò sul suo foglio.
Il Dono era compiuto.
La Signora dai capelli d’oro accarezzava sul suo viso
bellissimo la sua nuova cicatrice, mentre Omega scriveva in
quel foglio di carta la sua prima Poesia.
Una lacrima caduta in quel foglio sciolse, per sempre,
l’inchiostro della parola “ieri”
Su quella prima Poesia che ricorderà per sempre.
E che per sempre cambierà ogni virgola della sua Vita.
Fuori dalla finestra, la luna piena sorride, accoglie, tace.
Paolo Scatragli, Maggio 2011
Capitolo 4
LA SPADA E LA ROSA- Parte 2
Poesie di Elda Lenzi e Ermanna Ragonese
LA VOCE DEL TREMORE
Vibrazione metallica è la tua voce.
Catturo la farfalla che porti sulle labbra.
Dalle tue alle mie
si rinnova il patto
si ricongiunge il tempo.
Linguaggio remoto ci possiede.
Chi eravamo. Chi siamo.
Liquido amniotico inghiotte le parole
sceglie la carne per sentiero.
Carne tremula espugnata.
Mi fermo a guardarmi vorrei ascoltarti.
Sangue pulsante di troppe domande
di troppe notti senza risposte.
Imprigionati assieme
in venature di ali ignote a molti.
Nei loro occhi interroganti e curiosi
intravedo ancora una sconfitta.
Domani
lo so
vedrò il nostro amore.
Elda
DOVE
Luna che mi guardi in questa notte di primavera
riesci a leggere i miei pensieri?
Riesci a passare attraverso le loro ombre
intricate e spinose senza ferirti?
Riesci a tracciare quella strada
a trovare quella via d’uscita
invisibile ai mie occhi
ormai stanchi di cercare?
Luna raccogli i pezzi che ho perso
bagnati di lacrime amare
giacciono inermi perduti
non c’è dolore che non ricordino
non c’è silenzio che non ascoltino
non c’è solitudine che non abbiano vissuto.
Portali via con te … lontano
dove niente è come prima
dove tutto è già stato
dove tutto deve ancora accadere.
Ermanna
AMATEVI
Nascondere la propria debolezza
tra parole cattive da dire a qualcuno
qualcuno che ama
ma l’amore è rispetto non dispetto
è gioire della gioia dell’altro
è sostenerlo e non sfiancarlo
è incoraggiarlo e non manipolarlo.
Allontanate dalle vostre vite
chi si comporta con la vostra così.
Trattenerlo è solo il vostro rifiuto alla Vita.
Amatevi
Elda
PASSATO E PRESENTE
Il mare di notte è come un nome astratto
solo il suono ripetitivo delle onde
che si muovono lente
ne rivelano la presenza.
Una leggera brezza si alza
mentre brividi di freddo si confondono
con la stanchezza di lunghe notti insonni.
Seduta sulla sabbia umida
corro con la mente indietro nel tempo
e rivedo con lentezza percorsi tortuosi
dove le orme dei miei passi
restano indelebili perché non dimentichi.
Il verso di un gabbiano mi distoglie dai pensieri
e ritorno ad oggi al mio presente
ancora legato a quel passato da cui voglio staccarmi.
Come le onde del mare
il passato e il presente si rincorrono uniti
in un legame che solo il tempo può sciogliere
ed io mi aggrappo per non ricadere
in quell’abisso da cui piano piano sto risalendo.
Ermanna
ZINGARI
Il mio viaggio non finirà
riesci a sentirlo nel cuore nella tua mano
tu non fai domande rimani al mio fianco
sfiori le mie solitudini gli incubi
sapendo di non dovere né potere far altro
presenza costante d’amore e sostegno
la vita è un soffio un dono
altro non sappiamo né cerchiamo
andando incontro al mistero al respiro alla luce
fianco a fianco
nel tempo e nel silenzio
liberi di appartenerci senza catene
tra le parole che dita tra le dita
pronunciano nel vento
nel tempo della Vita.
Elda
VOLO
Sono qui in questo angolo di cielo ascolto sensazioni nuove emozioni vere in un caldo abbraccio mi avvolgono. Così lontano sembra il mio ieri le mie ali chiuse aspettavano sapevano che c’era un momento che senza fretta sarebbe arrivato. Volo eterea vento leggero mi sospinge verso orizzonti invisibili ieri infiniti e palpabili oggi apro le ali … libera per andare là dove il tempo non esiste dove senza confini posso finalmente essere.
Ermanna
EPILOGO
Poesie di Paolo Scatragli
IL CANTO DI BETA
L’acqua del fiume scorre su di te
finalmente ti copre, sei lontana
delirante nera pantera assassina
sei lontana, Paura
Dama in Nero,
hai perduto.
Non sono più il tuo pasto
adesso è neve vera, ti raccoglie,
il pelo del fiume su di te
scinde la luna in mille
riflesse stelle,
sopra il tuo corpo inerme.
Mi chiudesti nel bozzolo,
quel giorno, mi chiudesti
in una oscura tremante
prigione. Respirai
la muffa dell’oblio
e del dolore.
Con le mie lacrime
ho bagnato ogni angolo,
con le mie unghie ho graffiato
ogni pietra.
Mi baciasti la bocca,
bestemmiandolo amore
ogni momento.
Alfa , Delta, Omega,
la pioggia danza ancora
nei nostri occhi: io vengo.
Adesso la mia carne è calda
finalmente pulsano le mie mani
di vivo sole.
Due lucciole riflesse
sui miei occhi
questa notte saranno
Vega e Antares,
le mie mani tremanti
spezzeranno questo bozzolo
al sogno di un’estate che verrà,
che chiusa nel mio petto già
respira,
tesseranno con la seta
di quel filo
le mie ali, ricamandole d’estate,
tremanti di musica, tremanti
dall’Amore
e nell’indaco misterioso
racchiuso dentro gli occhi
volerò .
LA SPADA E LA ROSA
parte 2
Piantai al mattino
la Spada e la Rosa
per chi un bacio
lo credeva Amore,
per chi credeva
non lo fosse
e chiuse gli occhi.
Per me
che amai
scappando via
lontano
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Le poesie di questo libro sono protette dalle vigenti leggi sul Copyright
Grazie a voi che avete reso Viva la mia Vita
Paolo “zhero”, eroe del nulla
Castiglion Fiorentino, Maggio 2011