46
LA NUTRACEUTICA DELL’OLIO EVO I benefici dell’extravergine STORIA DELL’AMIANTO Tra utilità e letalità NANOTECNOLOGIE E MEDICINA Dal drug-delivery ai MEMS OLIMIPIADI DELLA SCIENZA Conclusa la 6 a edizione Periodico quadrimestrale on-line d’informazione edito dal Consorzio Interuniversitario Nazionale “La Chimica per l’Ambiente” (INCA) anno VII - N.26 aprile 2012 - distribuzione gratuita green la Scienza al servizio dell’Uomo e dell’Ambiente www.green.incaweb.org Sfruttamento delle microalghe tra realtà e prospettive 26 APRILE 2012

la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

La nutraceutica deLL’oLio evo

I benefici dell’extravergine

Storia deLL’amianto

Tra utilità e letalità

nanotecnoLogie e medicina

Dal drug-delivery ai MEMS

oLimipiadi deLLa Scienza

Conclusa la 6a edizione

Perio

dico

qua

drim

estra

le o

n-lin

e d’

info

rmaz

ione

edi

to d

al C

onso

rzio

Inte

runi

vers

itario

Naz

iona

le “L

a Ch

imic

a pe

r l’A

mbi

ente

” (IN

CA) a

nno

VII -

N.2

6 ap

rile

2012

- di

strib

uzio

ne g

ratu

ita

green

green green

g

la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente

www.green.incaweb.org

Sfruttamentodelle microalghe

tra realtà e prospettive

26apriLe 2012

Page 2: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

EditorialEdi Fulvio Zecchini

Green 2.0EditorialE

http://incaweb.org/green/pgsVIIed/index.htm

PartEciPatE numErosi!

Cari lettori,

è primavera, tempo di rinascita, ed ec-coci qui a presentarvi il primo numero del nostro giornale realizzato con le nuove modalità che vi avevamo già anticipato. Innanzitutto ora viene realizzata la sola versione online in pdf, per questo potremmo parlare di Green 2.0, come fosse una sorta di nuova versione di un software open source, aperto a tutti sia a livello di consultazione che di con-tribuzione. Negli ultimi tempi abbia-mo ricevuto molte proposte di articoli attraverso il nostro sito, alcune delle quali hanno trovato spazio su questo numero. Chi fosse interessato può consultare la sezione “Collabora con noi” al link: http://incaweb.org/green/autori/index.htmLa periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita, tutta la rivista sarà scaricabile da www.green.incaweb.org A breve cominceremo a rendere di-sponibili online tutti gli articoli dei numeri pubblicati partendo dal 25 del dicembre 2011 per poi arrivare al n. 8 del settembre 2007, mentre per quelli dall’1 al 7 è già disponibile il downlo-ad libero di tutti i pezzi.

Per quanto c o n c e r n e l ’ i n s e r t o “accademico” di cui si parlava nel n. 25, esso appa-re già in questo nume-ro, ma è ben mimetizzato. Il segreto è presto svelato: trattasi del pezzo sulle proprie-tà nutraceutiche dell’olio extra-vergine d’oliva, il quale rappresenta un adattamento a Green della pub-blicazione dei risultati di alcuni studi dell’Unità di Ricerca Palermo 2 (chi-mica agraria) del Consorzio INCA, il nostro editore. Un altro contributo eccellente arriva dall’Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo svi-luppo economico sostenibile. Si parla dei possibili utilizzi delle microalghe a partire dal loro uso come integratori alimentari, passando per la mangimi-stica in acquacoltura, per arrivare alla produzione di energia. Quest’ultima potenziale applicazione attualmente è resa impossibile dallo svantaggioso costo tra rese e costi. Completano il numero un’interessante

pez-z o

sull’amian-to, molto utiliz-

zato in passato e oggi bandito per la sua perico-

losità, e una panoramica sull’in-trigante uso delle nanotecnologie in campo medico. Finiamo poi con il resoconto della cerimonia di premiazione della se-sta edizione delle Olimpiadi della Scienza - Premio Green Scuola (a.s. 2010/2011), col quale vogliamo anche rendere giusto merito all’impegno di tutti coloro che hanno inviato un pro-getto per la competizione, a tutti loro va il nostro sentito grazie. Cogliamo l’occasione per invitarvi a partecipa-re all’edizione in corso, anche se la scadenza per l’invio degli elaborati è molto vicina: il 31 maggio 2012.

Buona lettura

È aperto il bando della settima edizione delle Olimpiadi della Scienza - Premio Green Scuola (a.s. 2011/2012): “Prevenire è meglio che curare. La tutela dell’ambiente e della salute attraverso l’analisi del ciclo di vita dei composti chimici e dei processi produttivi”.Tutte le informazioni e la documentazione necessaria su:

Scadenza invio eleborati: 31 maggio 2012

Page 3: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente

periodico quadrimestrale on-line d’informazione

edito dal consorzio interuniversitario nazionale

“La chimica per l’ambiente” (inca)

in collaborazione con

la Società chimica italiana (Sci)

Direttore responsabileFulvio ZecchiniConsorzio INCA

Comitato scientificoAngelo Albini(Università di Pavia) Consiglio Scientifico del Consorzio INCA e Coordinatore del Gruppo Interdivisionale di Green Chemistry della SCI

Vincenzo bAROnE(Scuola Normale di Pisa) Presidente della SCI

Armandodoriano biAnCO(Università “La Sapienza” di Roma) Past-President della SCI sezione Lazio

Franco CECCHi(Università di Verona) Presidente del Consorzio INCA

Giovanni SARTORi(Università di Parma) Consiglio Scientifico del Consorzio INCA

Corrado SARZAnini(Università di Torino) Presidente della Divisione di Chimica dell’Ambiente e dei Beni Culturali della SCI

Ferruccio TRiFiRÒ (Università di Bologna) Direttore de “La Chimica e l’Industria” edita dalla SCI

luigi CAMPAnEllA (Università “La Sapienza” di Roma) Consulente esterno, Coordinatore del Consiglio Scientifico del Consorzio INCA

Direzione, redazione e amministrazione Rivista Green c/o Consorzio inCAVia delle industrie, 21/830175 Venezia - MargheraTel.: (+39) 041 532-1851 int. 101Fax: (+39) 041 259-7243Registrazione al Tribunale di Venezian° 20 del 15 luglio 2006

Progetto grafico e impaginazionePublileo [email protected]

Distribuzione gratuita

Per [email protected]: (+39) 041 259-7243

© Consorzio INCA, 2006 - 2012Tutti i diritti sono riservati.La presente pubblicazione, tutta o in parte, non può es-sere riprodotta o trasmessa in nessuna forma e con nes-sun mezzo, senza l’autorizzazione scritta dell’editore.l’editore, nell’ambito delle leggi sul copyright, è a di-sposizione degli aventi diritto che non si sono potuti rintracciare.

SOMMARIO

green

green green

g

Quando l’uomo migliora la naturaUn bellissimo cultivar di marghe-rita africana del genere Osteo-

spermum, denominato “Pink whirls”, spirali rosa. È un ecla-tante esempio di come l’uo-

mo modifichi fiori e piante per adeguarli ai propri scopi; una pratica di cui

oggi conosciamo non solo i benefici, ma an-che i potenziali pericoli

per l’ambiente e la salute. [Immagine: Jon Sullivan, Wikipedia Commons, 2003]

26apriLe 2012

La nutriceutica dell’olio evo 4Le proprietà nutrizionali e benefichedell’olio extravergine d’oliva

L’amianto, quando utilità 13fa rima con letalità La storia di un prodotto naturale di vasto impiegoche si è rivelato fatale

Sfruttamento delle microalghe: 19tra realtà e prospettiveI possibili usi delle microalghe,in particolare nel settore energetico

Nanotecnologie e medicina: 29dal drug delivery ai MEMSEcco alcune fra le più promettenti applicazioninanotech per la tutela della salute

Quando i giovani diventano 35amici della chimicaSi è conclusa l’edizione 2010/2011 delleOlimpiadi della Scienza - Premio Green Scuola

News - Futuro & Futuribile 44• E se il cioccolato ci aiutasse a restare in forma?• Il superlaser che accende la fusione

Page 4: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Xxxx Xxx

Le proprietà nutrizionali e benefiche dell’olio extravergine d’oliva

La nutraceutica dell’olio evo

di Gabriella butera e Anna Micalizzi

L’olio extravergine d’oliva, nelle ricette spesso abbreviato come olio evo (o EVO), rappresenta uno degli alimenti più antichi la cui preparazione consiste nella semplice spremitura del frutto della pianta Olea europaea originaria del medio Oriente. A partire dal 5000 a.C. e fino al 1400 a.C. circa, la coltivazione delle olive si è diffusa dal medio Oriente fino a Creta, alla Siria, alla Palestina e a Israele, per poi arrivare in tutti i paesi del Mediterraneo.In questo ultimo secolo all’olio extravergine d’oliva sono state attribuite in numero sempre crescente eccezionali proprietà nutritive che accompagnate dall’alta digeribilità e dalle comprovate proprietà salutistiche lo hanno eletto alimento principe della dieta mediterranea. In questo articolo discuteremo assieme come le nuove tecnologie della chimica analitica ci aiutano a descrivere le sue caratteristiche nutraceutiche in maniera sempre più completa e approfondita.

Page 5: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

La nutraceutica dell’olio evo I benefici dell’extravergine

I primi studi sulle proprietà nutraceutiche

Le indagini sulle proprietà nutraceutiche (vedi box) dell’olio extravergine d’oliva cominciano alla fine degli anni Cinquanta, quando il biologo e fisiologo statunitense Ancel Benjamin Keys (1904-2004) condusse uno studio comparativo dei regimi alimenta-ri in sette nazioni, intitolata semplicemente “Seven Countries Study” (Stati Uniti, Italia, Olanda, Grecia, Finlandia, Giappone ed ex Iugoslavia). Esso mise in luce che gli abitanti dell’isola di Creta (Grecia) erano quelli con il più basso indice di mortalità per malattie coronariche. Questo fenomeno venne mes-so in relazione con l’utilizzo - praticamente esclusivo - dell’olio extravergine d’oliva per la cottura e il condimento dei cibi, a discapito degli altri oli di origine vegetale e del burro, ampiamente usati nelle diete di altre popola-zioni come per esempio quella anglosassone.Ciò indusse ricercatori di tutto il mondo ad

ampliare le conoscenze per comprendere, in ogni loro aspetto, le eccezionali proprietà nutraceutiche dell’olio evo. Oggi la grande mole di risultati, ottenuta da rigorosi studi scientifici, conferma i suoi importanti bene-fici per la salute. Diverse proprietà sono ri-conducibili a specifici componenti dell’olio, ma alcune delle più importanti derivano dal consumo dell’alimento nella sua interezza.L’olio extravergine d’oliva contrasta l’in-vecchiamento cellulare, esercita una mode-sta azione preventiva sull’insorgenza della trombosi, inibisce la secrezione acida dello stomaco, stimola la secrezione pancreatica ed esercita un effetto colecistocinetico nel drenaggio della bile. Inoltre è molto impor-tante per la maturazione delle fibre nervose di nuova formazione e nella crescita del-le ossa lunghe. Infine gli è stata attribuita una discreta attività antiinfiammatoria, ri-conducibile a meccanismi che inibiscono la formazione di molecole con un’elevata attività immunologica e infiammatoria.

lA nuTRACEuTiCAIl termine nutraceutica, derivato dalla fusione di “nutrizione” e “farmaceutica”, è sta-to coniato nel 1989 dal Dr. Stephen L. DeFelice, fondatore e presidente della Founda-tion of Innovation Medicine (New Jersey, Usa) e si riferiva originariamente allo studio di alimenti che hanno una funzione benefica sulla salute umana. Oggi la definizione si riferisce a prodotti isolati e purificati dagli alimenti, solitamente venduti in forma farmaceutica/erboristica, con provati benefici per l’organismo o proprietà protettive contro l’insorgere di patologie croniche. Per estensione sono definiti nutraceutici quei cibi che associano certe caratteristiche nutrizionali a comprovate proprietà terapeuti-che di alcuni principi attivi in essi naturalmente contenuti.

Esempi di alimenti nutraceutici naturali sono l’olio extravergine d’oliva, grazie alla pre-senza di grassi insaturi e polifenoli, diversi tipi di frutti rossi, come i gelsi, che conten-gono antociani e polifenoli, i pomodori per il loro apporto di licopene. I polifenoli e le vitamine di questi vegetali hanno una potente attività antiossidante che protegge le nostre cellule dallo stress ossidativo dovuto ai radicali liberi. Esistono inoltre ortaggi ai quali negli ultimi anni è stato riconosciuto un ruolo chiave nella prevenzione di alcuni tipi di cancro; i più noti sono i membri della famiglia Cruciferae cui appartengono, tra gli altri, cavoli, broccoli e cavoletti di Bruxelles.

Tra gli alimenti di origine animale è opportuno citare il salmone e il pesce azzurro ricchi di acidi grassi omega-3 e omega-6. Questi ultimi vengono© definiti essenziali poiché non possono essere sintetizzati dall’organismo e devono necessariamente es-sere introdotti con la dieta.

Distribuzione dell’olivo nel baci-no del Mar Mediterraneo

Frutti in maturazione di Olea eu-ropea L.[Immagine: H. Zell, Wikipedia Commons, 2010]Frutti maturi di Olea europea L. [Immagine: H. Zell, Wikipedia Commons, 2011]

5 n.26 | aprile 2012

Page 6: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Composizione e caratteristiche

nutrizionaliOggi per l’importanza commerciale che ha assunto l’olio extravergine d’oliva e per garantire al consumatore la sua qualità e i benefici derivanti dal consumo, una serie di rigorose norme ne regola la produzione e le caratteristiche.Per essere definito tale, l’olio extravergine d’oliva deve essere estratto solo con mezzi meccanici (spremitura) e non deve subire manipolazioni o aggiunte di additivi chi-mici; in questo processo non deve essere soggetto a riscaldamento e il suo grado di acidità “libera” non deve superare il valore massimo di 0,8 g per 100 g di olio. Inoltre deve possedere alcuni requisiti di sapore e aroma a cui viene assegnato un punteggio

ai sensi dell’allegato XII del regolamento (CE) N. 640/2008 che riporta il metodo del consiglio oleicolo internazionale per la valutazione organolettica degli oli d’oliva vergini.L’olio evo è costituito da due componen-ti: una a concentrazione decisamente più elevata di natura lipidica apolare (circa il 99% del contenuto totale), l’altra di natura polare è rappresentata principalmente da

tocoferoli, polifenoli, carote-noidi, clorofilla e alcoli.La frazione lipidica è costi-tuita da trigliceridi e steroli. I trigliceridi sono formati dall’unione di un alcool a tre atomi di carbonio, il glicero-lo, e da acidi grassi in nume-ro variabile che differiscono per lunghezza e presenza o meno di doppi legami nella loro catena, in base alla quale vengono definiti rispettiva-mente insaturi e saturi. Que-sti possiedono caratteristiche

diverse, tra cui la consistenza e la digeri-bilità che dipende strettamente dall’incom-patibilità della loro natura idrofobica con

l’ambiente digestivo. Soltanto gli acidi grassi a catena corta riescono ad essere as-similati, all’allungarsi della catena aumen-ta l’idrofobia e l’assorbimento intestinale diminuisce.L’acido grasso più abbondante nell’olio extravergine d’oliva è l’acido oleico (mo-noinsaturo) che rappresenta più del 70% dell’intera frazione lipidica. Esso sembra avere un ruolo importante nel contrastare l’insorgenza dell’ischemia cardiovascola-re; studi recenti hanno messo in luce che un basso livello di acido oleico nelle piastrine circolanti è sempre associato a questa pato-logia. Seguono, in percentuali decrescenti di abbondanza, diversi acidi grassi saturi e polinsaturi: l’acido palmitico, l’acido stea-rico, l’acido linoleico e l’acido linolenico (vedi tabella qui sotto). Questi due ultimi acidi grassi appartengono rispettivamente alla categoria degli acidi omega-6 e ome-ga-3. Si tratta di composti che devono per-tanto essere obbligatoriamente assunti con la dieta, indispensabili per la produzione di energia, la formazione delle membrane cellulari e la sintesi di emoglobina. Inoltre, influenzano l’aggregazione piastrinica, la vasodilatazione, la costrizione delle arte-rie coronariche e la pressione del sangue. Infine l’acido linoleico e l’acido linolenico hanno un ruolo determinante per la funzio-ne delle prostaglandine, la produzione e il corretto equilibrio ormonale. La carenza di questi acidi produce astenia, pelle secca, deficit immunitario, ritardo della crescita, sterilità. L’alto contenuto in acidi grassi monoinsaturi nell’olio extravergine d’oliva è la principale caratteristica che lo differen-zia dagli altri grassi di origine vegetale.Gli steroli rappresentano la seconda com-ponente lipidica dell’olio extravergine d’oliva. Sono sintetizzati in natura a partire dallo squalene. Sono presenti in notevole quantità: da 110 a 265 mg per ogni 100 g di olio. Oltre il 94-97% degli steroli è rappresentato da β-sitosterolo; altri stero-li peculiari dell’olio extravergine d’oliva sono campesterolo e stigmasterolo. La loro analisi è fondamentale per l’individuazio-ne di frodi alimentari mediante tagli con oli diversi, la loro composizione permette

La nutraceutica dell’olio evo I benefici dell’extravergine

Schema esemplificativo della struttura di un ipotetico triglice-ride. La parte cerchiata in rosso a sinistra è il glicerolo da cui si dipartono tre catene di acidi grassi. Dall’alto in basso tro-viamo: acido palmitico, oleico e α -linolenico.

Principali acidi grassi dell’olio extravergine d’oliva e loro dige-ribilità

nome C:D* Presenza (%)

Digeribilità (%)

Acido oleico C18:1 70-83 84

Acido palmitico C16:0 5,7-18,6 48

Acido stearico C18:0 0,5-4,0 20

Acido linoleico C18:2 3,5-20,0 90

Acido linolenico C18:3 0,1-0,6 96

*: C:D indica il numero di atomi di carbonio seguito da quello dei doppi legami, questi ultimi sono assenti negli acidi grassi saturi

Infiorescenza di olivo della specie Olea europea L., Creta, Grecia. [Immagine: H. Zell, Wikipedia Commons, 2010]

6 n.26 | aprile 2012

Page 7: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

La nutraceutica dell’olio evo I benefici dell’extravergine

di individuare l’aggiunta di olio di colza o cartamo, mentre valori di β-sitosterolo inferiori a quelli caratteristici sono solitamente indice di miscelazione con oli di semi.

Fitosteroli e polifenoli:i paladini del benessere

Studi sperimentali ed epidemiologici han-no dimostrato che una dieta ricca di fito-steroli offre una buona protezione verso i tumori del colon, del seno e della prostata. Numerose ipotesi sono state avanzate sul meccanismo d’azione di queste moleco-le nei confronti della proliferazione delle cellule tumorali. In particolare, l’azione del β-sitosterolo sulle cellule neoplastiche sembra manifestarsi mediante un aumento

dell’apoptosi, cioè della morte program-mata della cellula. Negli ultimi anni è stato evidenziato anche il ruolo protettivo dei fitosteroli nei confronti delle malattie cardiovascolari, attraverso la riduzione dell’assorbimento intestinale del coleste-rolo. Infine, recentemente, è stata eviden-ziata una funzione di stimolo da parte del β-sitosterolo sul sistema immunitario, in particolare sulla proliferazione dei linfoci-ti, anche se ancora non è noto il meccani-smo d’azione.L’equilibrata composizione in acidi gras-si e la presenza di sostanze antiossidanti consentono all’olio extravergine d’oliva di mantenere una buona stabilità.I componenti minori dell’olio extravergine d’oliva svolgono un ruolo molto importan-te sia dal punto di vista nutraceutico che or-ganolettico. Inoltre rappresentano un pre-zioso riferimento analitico per il controllo di eventuali sofisticazioni a carico del pro-dotto. Il gruppo più importante in tal senso è sicuramente quello dei polifenoli.È stato dimostrato che la componente po-lifenolica, in cui sono stati individuati al-meno 36 composti, possiede importanti proprietà antimicrobiche, antiossidanti e antiinfiammatorie sia in vitro che in vivo, motivo per cui questi composti sono di grande interesse per la salute umana. La struttura e la concentrazione delle singole molecole dipendono da numerosi fattori quali il tipo di cultivar, la regione in cui gli alberi crescono, la tecnica agronomica utilizzata, il livello di maturità delle oli-ve al raccolto e la tecnica di produzione dell’olio.Un altro parametro importante, da prende-re in considerazione per valutare gli aspetti salutari dei vari tipi di olio evo, è la bio-disponibilità di questi composti, ovvero il loro grado di assorbimento, metabolizza-zione, distribuzione a livello dei tessuti ed eliminazione da parte del corpo umano. I due composti fenolici dei quali è stato di-mostrato un elevato livello di assorbimento (40-94%) da parte dell’ organismo umano sono l’idrossitirosolo e il tirosolo.La stabilità di queste molecole come - d’altra parte - quella degli acidi grassi, è strettamente dipendente dalle condizioni di conservazione dell’olio; quelle ottima-li prevedono basse temperature e ridotta esposizione alla luce e all’ossigeno. Il pe-riodo di conservazione, entro il quale la concentrazione dei polifenoli rimane stabi-le, è stato stimato sui 12-18 mesi.Molti di questi composti possiedono pro-prietà antimicrobiche, cioè inibiscono la crescita di determinati microorganismi. Tra di essi troviamo la carbossimetil oleuro-

Gli steroli peculiari dell’olio ex-travergine d’oliva: a) β- sitoste-rolo, b) stigmasterolo, c) campe-sterolo.

I composti fenolici dell’olio ex-travergine d’oliva più studiati in ambito nutraceutico: a) idrossiti-rosolo; b) tirosolo; c) oleocanta-le; d) oleuropeina aglicone. [Da Cicerale et al., Current Opinion in Biotechnology, 2011. 23:1-7]

a)

b)

c)

a) b)

c) d)

7 n.26 | aprile 2012

Page 8: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

peina aglicone e l’oleocanthal. L’idrossiti-rosolo e il tirosolo si sono rivelati potenti agenti in vitro contro numerosi ceppi bat-terici responsabili di infezioni intestinali e respiratorie, quali E.coli 0157:H7, Liste-ria monocytogenes, Salmonella enteriti-dis ed Helicobacter pylori. La presenza di quest’ultimo patogeno è associata all’in-sorgenza dell’ulcera peptica e allo sviluppo del cancro allo stomaco. Pare che la loro azione sia sinergica, cioè che si abbia una maggiore efficacia antimicrobica del loro insieme rispetto a quella delle singole mo-lecole.

ATTiViTÀ FenOLicA DeLL’OLiO eXTRAVeRGine D’OLiVA

Attività Target

Antimicrobica

Helicobacter pylori, Escherichia coli, Clostridium perfringens, Bacteroides spp, Streptococcus mutans, Staphylococcus aureus, Listeria monocytogenes, Yersinia spp, Salmonella enterica, Enterococcus faecium, Enterococcus faecalis, Shigella sonnei, Candida albicans

AntiossidanteAttività antiossidante totale del plasma, GSH, GSH-Px, ossidazio-ne delle cellule intestinali, renali e del sangue, ossidazione dei grassi, OxLDL, ROS, F2- isoprostanes, GSSG

Antiinfiammatoria Caspasi-3, p53 (Ser15), NFκB, COX, INOS, TNFα, IL-1β, p90rsk, ERK1/2

Fonte: Cicerale et al., Current Opinion in Biotechnology, 2011. 23:1-7

Da molti anni si studiano la proprietà an-tiossidanti esercitate dai polifenoli nei con-fronti dei radicali liberi responsabili dello stress ossidativo a carico di importanti molecole biologiche. Questo è indotto da uno squilibrio fra la produzione di specie chimiche altamente reattive, i radicali li-beri, e gli antiossidanti, le armi di difesa della fisiologia umana. Questo processo gioca un ruolo fondamentale nell’invec-chiamento ed è correlato all’insorgenza di malattie croniche, quali quelle malattie car-diovascolari e il diabete. Il danno cellulare inizia a livello della membrana lipidica, per poi condurre ad un’alterata formazione dell’adenosintrifosfato (ATP, la molecola

di riserva energetica cellulare per eccel-lenza), fino ad arrivare a modificazioni del Dna. Il danneggiamento ossidativo di quest’ultimo è alla base della cance-rogenesi. Le specie reattive dell’ossigeno (HO•, radicale idrossile; O2

-, anione superos-sido; H2O2 , perossido di idrogeno; 1O2, ossigeno singoletto) hanno un ruolo fondamentale nell’insorgenza del dan-no tissutale. Quello prodotto in mag-gior concentrazione è l’anione superos-sido, il quale reagisce con il perossido di idrogeno H2O2 (acqua ossigenata) per formare il potente radicale ossidrile (o idrossile), HO•. La formazione questi

composti è incrementata da diversi agenti endogeni ed esogeni, quali l’infiammazio-ne, lo stress psicofisico, il fumo di sigaretta, le radiazioni ultraviolette in genere, l’ele-vato consumo di alcool, l’esposizione ad ambienti inquinati, l’attività fisica intensa, una dieta eccessivamente ricca di proteine e di grassi animali e l’abuso di farmaci.L’organismo è fisiologicamente predispo-sto per fare fronte all’azione nociva dei radicali liberi, difendendosi con un proprio sistema anti-radicali. Questo prevede sia meccanismi enzimatici che l’intervento di sostanze attive che possono essere intro-

dotte con la dieta. Gli enzimi implicati in questo meccanismo sono la superossidodi-smutasi, la catalasi e il glutatione ridotto. Tra le sostanze attive vi sono la vitamina E, la vitamina C, i carotenoidi, i polifeno-li e le antocianine. Quando la quantità di radicali liberi (indicati genericamente con R•) prodotta è superiore a quella neutraliz-zabile dal nostro sistema antiossidante, si innesta lo stress ossidativo a carico delle cellule, che inizia con l’attacco da parte dei radicali liberi ai lipidi poliinsaturi presenti nelle membrane biologiche. Ciò determi-na l’avvio della perossidazione lipidica (vedi box), un processo di deterioramento ossigeno-dipendente che porta alla distru-zione delle membrane biologiche e alla formazione di lipoproteine ossidate, con produzione di perossidi lipidici e di sot-toprodotti come le aldeidi. Queste ultime molecole sono caratterizzate da elevate stabilità e reattività che le rendono dannose verso altri costituenti presenti nella cellula, come gli acidi nucleici e le proteine, alte-rando così la funzionalità cellulare. Il prin-cipale prodotto della perossidazione degli acidi grassi polinsaturi è la malondialdei-de, CH2(CHO)2, in grado di reagire con la deossiadenosina e deossiguanina nel Dna, formando composti mutageni, precursori della carcinogenesi.Diversi studi hanno dimostrato che nell’uo-

La nutraceutica dell’olio evo I benefici dell’extravergine

8 n.26 | aprile 2012

Page 9: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

La nutraceutica dell’olio evo I benefici dell’extravergine

mo l’assunzione di olio evo caratterizzato da una concentrazione fenolica superiore ai 592 mg/kg, determina in vivo una diminu-zione del danno ossidativo al Dna superio-re al 30%.Importanti effetti antiossidanti sono stati dimostrati anche nei confronti dei lipidi. L’ossidazione delle lipoproteine a bassa densità (LDL, low-density lipopotroteins, note anche come “colesterolo cattivo”, in contrasto con le HDL, high-density lipo-proteins, il “colesterolo buono”) è conside-rata uno dei maggiori fattori di rischio per lo sviluppo di malattie cronico-degenerative come l’aterosclerosi. Sono stati individuati diversi meccanismi con i quali i polifenoli legano le LDL, sottraendole all’ossidazio-ne da parte dei radicali liberi; inoltre studi in vivo condotti sull’uomo hanno dimostra-to un decremento nell’ossidazione delle LDL associato all’incremento dei consumi

di olio extravergine d’oliva. Vi sono, inol-tre, numerosi studi che sembrano mettere in luce anche un’attività antinfiammatoria da parte di questi composti (vedi tabella a pagina precedente).

Altri componentiTra i componenti polari dell’olio extraver-gine d’oliva troviamo i tocoferoli e gli al-coli. I primi sono antiossidanti naturali che inibiscono il processo di irrancidimento del prodotto. Sono presenti in diverse for-me; quella biologicamente più attiva, nota come vitamina E, costituisce circa il 90% del totale. Gli alcoli presenti nell’olio sono sia alifatici che triterpenici (i terpeni sono derivati dell’isoprene, idrocarburo naturale del metabolismo vegetale con cinque atomi di carbonio e due doppi legami, con formu-la bruta C5H8). Rivestono importanza ana-litica per la distinzione dei prodotti ottenuti mediante pressatura meccanica delle olive da quelli estratti con solventi.Una piccolissima frazione della compo-nente minoritaria dell’olio extravergine d’oliva è costituita da cere, aldeidi, esteri, chetoni e pigmenti colorati. Alcuni di essi sono composti coinvolti nella valutazione organolettica del prodotto, in quanto ne in-fluenzano la nota aromatica e l’aspetto.

Le frodi alimentariLa sofisticazione dell’olio extravergine d’oliva rappresenta oggi una delle princi-pali frodi alimentari a livello comunitario; oltre a comportare ingenti perdite econo-miche, espone i consumatori a gravi peri-coli per la salute. Esiste tutta una serie di caratteristiche chimico-fisiche la cui dif-formità dai valori di legge, rilevabili con opportune tecniche analitiche chimiche, è indice di sofisticazione. Il regolamento (CE) n. 2568/91 e succes-sive modifiche, relativo alle caratteristiche degli oli d’oliva e di sansa d’oliva, indivi-dua i parametri da misurare e i metodi di analisi ad essi attinenti, riportati nei vari allegati della normativa. Questi prevedono l’utilizzo di particolari tecniche analitiche, tra le quali le più utilizzate sono la spettro-fotometria UV e l’analisi gascromatografi-ca. La prima permette di rilevare la presen-za di composti con due (dieni, come l’1,3 butadiene, C4-H6), tre (trieni) o più legami doppi coniugati (cioè doppi legami tra car-boni separati da uno singolo: -C=C-C=C-), valutando la K232 e K270, rispettivamente l’assorbanza alla lunghezza d’onda di 232 e 270 nanometri che indica l’eventuale

lA PEROSSiDAZiOnE liPiDiCAI tre stadi della perossidazione lipidica e relativa inibizione ad opera degli agenti an-tiossidanti.

a) Nella fase di iniziazione un radicale libero (ROO•) agisce sul gruppo metilenico co-niugato ad un doppio legame nella catena dell’acido grasso insaturo (LH) staccando un atomo di idrogeno; come conseguenza sull’ atomo di carbonio corrispondente si forma un radicale (L•).

b) Nella fase di propagazione, i radicali L• reagiscono velocemente con l’ossigeno molecolare O2, originando i radicali perossidici LOO• che, a loro volta, sottraggono un atomo di idrogeno ad un’altra molecola di acido grasso insaturo per formare un idroperossido (LOOH) e un altro radicale L•.

c) In fase di terminazione, i radicali liberi prodotti durante il processo di perossidazio-ne reagiscono tra loro a formare prodotti non radicalici (PNR) inattivi.

d) È possibile inibire l’intero processo intervenendo nello stadio di propagazione con l’aggiunta di antiossidanti (IH) che vanno a reagire con i radicali perossidici LOO•, in-terrompendo le catene radicaliche. Un antiossidante, in genere, agisce donando ato-mi di idrogeno, con conseguente formazione di radicali liberi (I•) relativamente stabili.

9 n.26 | aprile 2012

Page 10: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

La nutraceutica dell’olio evo I benefici dell’extravergine

presenza di dieni e trie-ni a seguito di ossidazione

o raffinazione dell’olio. Un altro parametro da analizzare è il ΔK, l’entità dell’assorbanza a 270 nm rispetto alla cur-va di assorbanza UV, che risulta elevata negli oli raffinati.La spettrofotometria UV permette, quindi, di determinare se un olio d’oliva sia vergi-ne o provenga da un processo di raffinazio-ne. Nell’evo ottenuto dalla sola spremitura, i doppi legami degli acidi grassi insaturi non sono mai vicini, ovvero non ci sono doppi legami contigui; ma se si effettua un processo di raffinazione si possono verifi-care cambiamenti nella struttura dell’acido grasso. Per esempio nel processo di deaci-dificazione mediante l’aggiunta di idrossi-do di sodio (la comune soda, NaOH) si può verificare lo slittamento dei doppi legami. Nella decolorazione su terre attive di oli lampanti (acidità > 2,0%, inadatti al consu-mo umano) perossidati si ha la formazione di trieni coniugati e di composti chetoni-ci, la cui curva di assorbanza presenta tre massimi a K270. Lo slittamento dei doppi legami dovuto alla raffinazione comporta un assorbimento caratteristico all’ultravio-letto: il parametro K270 presenta un picco in presenza di olio rettificato per la presenza di dieni formatisi per slittamento dei doppi legami (olio di sansa e semi). L’individua-zione di caratteristici acidi grassi, quali il linoleico e il linolenico, è molto importante al fine di distinguere l’olio vergine da quel-lo raffinato, in quanto questi hanno assorbi-menti caratteristici all’UV dovuti rispetti-vamente ai due e tre doppi legami presenti.Altri trattamenti non soltanto danno un prodotto adulterato, ma anche deleterio per la salute umana. Nei trattamenti termici di deodorazione e di decolorazione con terre acidificate si verifica la conversione della configurazione degli acidi grassi, con for-mazione di isomeri trans.Le conseguenze per la salute umana di chi consuma un prodotto ricco di acidi grassi trans sono molteplici e negative; tra le più gravi vi è sicuramente l’alterazione delle proprietà fisiologiche delle membrane cel-lulari, con conseguente compromissione dei processi di trasporto e di fluidità. Non meno importante è la diminuzione di acidi grassi essenziali con effetti negativi sulla

produzione di prostaglandine. Queste ulti-me regolano il tono muscolare delle pareti arteriose, la pressione del sangue, le fun-zioni renali e giocano un ruolo importante contro i processi infiammatori. Inoltre gli acidi grassi trans causano alterazioni nelle dimensioni e nel numero delle cellule adi-pose, nella composizione degli altri acidi grassi e accrescono i livelli sierici delle LDL (il “colesterolo cattivo”).La tecnica analitica utilizzata per indivi-duare la presenza di isomeri trans negli oli extravergine d’oliva è la gascromatografia, cui si fa ricorso per la determinazione di eventuali contraffazioni che si rivelano a carico di diversi componenti dell’olio. L’analisi degli acidi grassi (trasformati nei relativi esteri metilici) permette di ottenere un cromatogramma con picchi ben visibili per tutti gli acidi grassi, anche per quelli presenti in tracce. Ciò è molto importante perché un olio extravergine d’oliva presen-ta un caratteristico profilo cromatografico e la sua eventuale variazione è indice di contraffazione del prodotto. Per esempio, la presenza di un picco associato all’acido elaidinico dopo quello oleico è indice di un olio prodotto non solo con spremitura mec-canica (un semplice processo fisico di pres-sione), ma anche tramite processi chimici partendo da esterificati o da oli rettificati.Al pari della spettrometria UV, anche l’analisi gascromatografica degli steroli permette l’individuazione di frodi alimen-tari dovute all’aggiunta di olio di colza o cartamo nell’olio extravergine d’oliva, così come valori più bassi di β-sitosterolo indi-cano la presenza di oli di semi.Un altro parametro utile per scoprire even-tuali frodi è il tenore di cere. Quando un olio d’oliva, venduto per extravergine, viene prodotto mediante processi di estra-zione delle sanse con esano (alcano line-are con formula C6H14), si sciolgono nel solvente le cere presenti nelle bucce delle olive che possono essere rilevate mediante gascromatografia. Per evitare ciò, talvol-ta si cerca di rimuoverle con acetone, ma questo processo rilascia sostanze caratte-ristiche nell’olio, le quali possono essere individuate con questa tecnica analitica, smascherando l’uso di questo trattamento vietato per legge.

Isomeria cis/trans delle moleco-le organiche con doppi legami. Non essendo in grado di ruota-re, il legame C=C presenta ge-ometria piana. Nelle molecole organiche come il 2-butadiene qui rappresentato, o negli acidi grassi oggetto della nostra di-scussione, possono formarsi due stereoisomeri, con caratteristiche chimico-fisiche talvolta molto di-verse: quelli dove i due sostituen-ti dell’idrogeno dei carboni 1 e 4 si trovano entrambi dallo stesso lato del legame, detti “cis” (in alto), e quelli dove sono sui lati opposti, “trans” (in basso).

10 n.26 | aprile 2012

Page 11: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Tecniche antifrode innovative:

la rilassometria FFC-NMRPer evidenziare le contraffazioni sempre più sofisticate degli oli d’oliva, da anni si studiano nuovi metodi analitici da affian-care a quelli ormai consolidati e previsti dalla normativa comunitaria per la lotta alle frodi alimentari. Tra le tecniche più innovative vi è la risonanza magnetica nu-cleare in rilassometria, la quale permette di ottenere informazioni diverse e comple-mentari rispetto alla spettroscopia in riso-nanza magnetica nucleare (NMR). Infatti, mentre la prima permette di conoscere la struttura delle molecole (vedi Green n. 20, pagg. 10-15 e n. 21, pagg. 32-37), la rilas-sometria NMR consente di conoscerne la dinamica. Per esempio, studi condotti con tecniche di rilassometria a ciclo di campo (FFC-NMR, vedi box alla pagina succes-siva) su oli extravergine d’oliva hanno individuato la presenza di aggregati supra-molecolari in cui i trigliceridi, i maggiori costituenti dell’olio extravergine d’oliva, sono disposti in micelle inverse, legati tra loro da deboli interazioni quali forze di van der Waals e legami a idrogeno (vedi figu-ra). Questi studi hanno messo in evidenza come le code apolari degli acidi grassi sia-no disposte verso l’esterno, mentre le teste polari dei trigliceridi siano rivolte verso l’interno della micella e siano coinvolte in legami a idrogeno con i componenti mino-ri dell’olio extravergine d’oliva di natura polare, quali i polifenoli, i carotenoidi e le clorofille. Proprio quest’ultimo tipo di le-game contribuisce significativamente alla stabilità della struttura supramolecolare.Questi risultati hanno aperto le porte a stu-di su altri oli vegetali, la cui struttura su-pramolecolare a micelle inverse è del tutto simile a quella dell’olio d’oliva, nel tenta-tivo di trovare applicazioni di questa tec-nica nella lotta alle frodi alimentari e nella valutazione della qualità degli alimenti. Per esempio, nel caso degli oli di pistac-

chio - molto usati nell’industria dolciaria - è stato possibile differenziare tra quelli ottenuti da cultivar differenti e, nell’ambito della stessa varietà, sono stati riconosciuti oli ottenuti da piante coltivate in condizioni pedoclimatiche differenti. La rilassometria FFC-NMR ha persino evidenziato diffe-renze nella dinamica molecolare di oli di pistacchio ricavati da semi seccati con tec-niche differenti: all’aria o in stufa, a diver-se temperature. Tali risultati suggeriscono che le proprietà dinamiche degli oli dipendono dalla visco-sità cinematica, la quale - a sua volta - è associata alle dimensioni degli aggregati dei componenti di tale matrice alimentare. Queste ultime, infine, dipendono dalle tec-niche di produzione, dalle cultivar e dalle condizioni pedoclimatiche.Sembra evidente, quindi, che la rilassome-tria FFC-NMR possa essere considerata uno strumento promettente per una rapida ed efficace valutazione della qualità degli oli alimentari, con l’enorme vantaggio di non richiedere lunghe e dispendiose proce-dure di estrazione e purificazione dei cam-pioni, in quanto essi vengono analizzati tal quali. Inoltre, questa tecnica potrebbe diventare un importante strumento di con-trollo nella verifica dei prodotti a marchio garantito (DOP, IGP ecc.).

Potenziali applicazioni dell’olio evo

Da quanto finora riportato, è evidente che la rilassometria FFC-NMR può essere molto importante per capire i processi di assorbi-mento degli alimenti e il loro metabolismo nel corpo umano. Potremmo in qualche modo comparare la struttura supramolecolare dell’olio alla struttura terziaria della proteina? La struttu-ra terziaria è la disposizione tridimensionale nello spazio della catena polipeptidica. Sono le sequenze amminoacidiche a differenziare una proteina dall’altra, ma un enzima non potrebbe mai svolgere la sua funzione se non fosse disposto spazialmente in un deter-minato modo, non potrebbe mai accogliere

Struttura delle micelle inverse, ti-piche degli oli vegetali, e loro in-versione per effetto dell’addizio-ne di acido acetico. A: aggregati supramolecolari di trigliceridi organizzati in micelle inverse. B: micelle di trigliceridi dopo addi-zione di acido acetico. C: compo-nenti idrofile (polari) degli oli. [Immagine: Conte et al., Fre-senius Environmental Bulletin, 2010, 19 (9b) 2077-2082, per gentile concessione degli autori]

La nutraceutica dell’olio evo I benefici dell’extravergine

11 n.26 | aprile 2012

Page 12: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

il suo ligando se la sua struttura terziaria non fosse rispettata. Le micelle inverse for-mate dai trigliceridi dell’olio evo, grazie alla loro particolare configurazione spazia-le, potrebbero trovare un uso ipotetico come “contenitore” per veicolare sostanze polari dentro una matrice lipidica. Si aprirebbero nuovi scenari per applicazioni farmaceuti-che e cosmetiche; l’extravergine, alimento nutraceutico per eccellenza, potrebbe essere addizionato con l’aggiunta di sostanze idro-solubili importanti per la salute umana, au-mentando ancora le sue proprietà benefiche. Naturalmente questa applicazione potrebbe essere estesa anche ad altri oli alimentari e trovare largo uso nel campo della cosme-tica. Le creme, infatti, sono generalmente costituite da emulsioni, ovvero miscele eterogenee di due liquidi immiscibili di cui uno (fase interna o dispersa) è disperso sot-

to forma di piccolissime gocce in un altro (fase esterna o disperdente), il tutto viene stabilizzato dall’aggiunta di opportuni ten-sioattivi o emulsionanti.Esistono due tipi di emulsioni: il tipo “olio in acqua” (O/A), in cui vi è una fase continua idrosolubile ed una o più fasi liposolubili di-sperse, e il tipo “acqua in olio” (A/O) in cui la fase continua è liposolubile e la fase dispersa è costituita da una o più fasi idrosolubili. Le creme cosmetiche sono generalmente costi-tuite da emulsioni A/O con una componente lipidica elevata, che le rende più affini all’olio per quanto riguarda la loro azione depuran-te ed emolliente e, data la loro consistenza cremosa, sono di più facile applicazione, e forniscono una protezione più elevata grazie al carattere idrofobico. Alla luce di quanto detto, appare evidente che in ambito cosme-tico e farmaceutico l’utilizzo di emulsioni è legato dall’esigenza di veicolare in un solo prodotto sia molecole polari che apolari, adattando nel contempo il pH alle condizioni fisiologiche della pelle (4,5-5,5), mediante aggiunta di acido lattico o acido citrico. Un esempio sono le vitamine, oggi largamente utilizzate nei prodotti cosmetici e farma-ceutici. Tra quelle liposolubili, le più usate sono le vitamine A, D, E e K; mentre l’aci-do ascorbico, la riboflavina, il pantenolo, la biotina, l’acido folico e la vitamina B12 sono le più utilizzate tra quelle idrosolubili (vedi Green n.18 pagg. 36-49).Poiché mezzi a base lipidica sono più ido-nei per la realizzazione di creme e pomate ad uso cosmetico, grazie alla miglior azio-ne depurante ed emolliente, potrebbe esse-re molto interessante provare a introdurre direttamente in oli con micelle invertite - come l’olio di mandorla dolce o di altri semi già largamente impiegati in ambito cosmeti-co - i principi attivi di diversa natura, evitan-do così l’uso di tensioattivi o emulsionanti.Un altro esempio di sostanze idrosolubili che potrebbero essere introdotte in lozio-ni oleose, quali per esempio quelle per la cura delle mani, sono i condensati di pro-teine (formati essenzialmente da miscele di proteine e basi detergenti) che proteggono la pelle dalle irritazioni dovute ad alcuni componenti di detersivi per stoviglie; essi inoltre stimolano la pelle a ricostituire i tessuti e gli aminoacidi dello strato corneo e sono meno aggressivi sulla cute, non pre-sentando un potere fortemente sgrassante come quello dei tensioattivi a base di sol-fati o solfonati.

Gabriella ButeraAnna Micalizzi

Unità di Ricerca Palermo-2 Consorzio INCA

La nutraceutica dell’olio evo I benefici dell’extravergine

Tipico profilo FFC-NMR di un olio extra vergine di oliva. Si riporta il valore della velocità di rilassamento longitudinale (ovvero dell’inverso del tempo di rilassamento longitudinale) in funzione dell’intensità del campo magnetico applicato. L’interpo-lazione dei punti sperimentali consente di ottenere il tempo di correlazione che viene definito come il tempo necessario per la ri-orientazione molecolare (ov-vero il tempo necessario a che una molecola ruoti di 1 rad o percorra una distanza pari alla sua lunghezza).

lE bASi TEORiCHE DEll’FFC-nMRLa rilassometria a ciclo di campo, abbreviata in rilassometria FFC-NMR dall’anglosas-sone fast field cycling NMR relaxometry, è una tecnica che ha trovato grande applica-zione nello studio della mobilità dei sistemi liquidi viscosi o confinati in mezzi porosi.

Le molecole che compongono i liquidi sono soggette a movimenti casuali influenzati dalle interazioni intermolecolari con altre molecole nello stato liquido o con le super-fici dei mezzi porosi in fase solida. La distribuzione delle frequenze del movimento delle molecole in fase liquida dipende dall’omogeneità e dalla forza con cui si modu-lano le interazioni appena citate. Per esempio, un liquido confinato in pori di piccola dimensione è più limitato nei movimenti di quello che si muove liberamente in spazi più ampi. Le distribuzioni dei campi magnetici (DCM) generati dalle fluttuazioni mo-lecolari sono responsabili della dispersione dei tempi di rilassamento longitudinale (detto anche rilassamento spin-lattice o spin-reticolo, T1) che si verifica quando ogni frequenza del DCM corrisponde alle frequenze di Larmor (ωL) dei nuclei osservati.

Il liquido, sia in fase liquida che assorbito nei mezzi porosi, può interagire anche con si-stemi paramagnetici. La modulazione del campo magnetico dipolare locale generato dal paramagnetismo contribuisce ulteriormente al rilassamento spin-lattice. In parti-colare, se una molecola è immobilizzata il suo rilassamento longitudinale risulterà più veloce rispetto a quello di una molecola analoga con un numero maggiore di gradi di libertà traslazionali e rotazionali.

12 n.26 | aprile 2012

Page 13: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Xxxx Xxx

La storia di un prodotto naturale di vasto impiego che si è rivelato fatale

di Carmen C. Piras

L’amianto, quando utilità fa rima con letalità

L’amianto (o asbesto, dal greco “incorruttibile”) è un minerale strutturato in forma di lunghe fibre, flessibili, morbide, adatte alla filatura e alla tessitura. È ignifugo e isolante, resistente al calore, agli agenti chimici, fisici e agli sforzi meccanici e, proprio in virtù di queste proprietà, è stato ampiamente utilizzato in passato, in differenti campi, per la realizzazione di oltre 3.500 prodotti. Oggi nella maggior parte dei Paesi è bandito, in quanto si è rivelato essere la causa di patologie respiratorie che hanno provocato la morte nei decenni scorsi di numerosi lavoratori esposti, soprattutto tra i minatori e gli addetti alla produzione dei manufatti contenenti asbesto: un altro caso in cui la natura non ci è stata amica.

Page 14: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Xxxx Xxx

Oltre 4.500 anni di storiaCon amianto, o asbesto, si indica una serie di minerali silicati di origine naturale (vedi tabella) che possono presentare struttura “asbestiforme”: cristalli in forma di lunghe fibre con rapporto spessore/lunghezza di circa 1:20. Il vasto utilizzo di questo ma-teriale nel recente passato per applicazioni civili e industriali si deve al suo assorbi-mento acustico, alla sua resistenza alla tra-zione, al fuoco, al calore, alla degradazione chimica, alle proprietà di isolante elettrico e termico e, non ultimo, al basso costo. Dall’antichità a oggi ci sono giunte nume-

r o s e testimonianze riguardanti l’uso

di questo materiale, che ha trovato stori-camente una vasta gamma di impieghi per le sue peculiari proprietà chimico-fsiche. Il primo utilizzo risale, infatti, al 2500 a.C. in Finlandia, dove l’amianto (antofillite) di un deposito locale veniva adoperato per rinforzare utensili di argilla e manufatti in ceramica.Anche gli antichi Romani e i Persiani, sep-pero sfruttare le proprietà di questo ma-teriale che veniva utilizzato per ottenere delle ceneri più pure e chiare con cui av-volgere i cadaveri da cremare.

Tra i vari impieghi, può vantare anche quelli per scopi terapeutici, il medico Boe-zio nel 1600 lo includeva nella formulazio-ne di unguenti per la cura delle ulcerazioni delle gambe, la scabbia e le vene varicose.Alla fine del diciassettesimo secolo, in Russia venne avviata la fabbricazione di sottili fogli di amianto (crisotilo) estratto dai Monti Urali e furono, inoltre, indivi-duati numerosi depositi in Sud Africa, Ca-nada e Russia.Proprio da questo periodo cominciò l’uti-lizzo industriale dell’asbesto su larga scala; negli Stati Uniti come isolante termico e in Italia per la produzione di tessuti.Nel 1901, grazie all’austriaco Ludwig

Hotschelk, nacque il cemento-amianto, ma-teriale che ha trovato applicazione in nume-rosi ambiti, forse più noto con il nome com-merciale di eternit® (dal latino “aeternitas”, eternità).La Seconda guerra mondiale aprì nuove strade all’uso dell’amianto che trovò mol-teplici applicazioni anche in ambito belli-co, grazie alle sue proprietà di materiale ignifugo e di isolante termico.Negli anni successivi, l’asbesto divenne via via sempre più diffuso come ignifugo e isolante termoacustico e per la realizza-zione di tegole, lastre ondulate o piane per coperture, serbatoi, silos, raccordi, gron-daie, canne fumarie, comignoli, condotte d’aria, rivestimenti di tubature, pavimen-

Storia dell’amianto Tra utilità e letalità

nome Formula chimica Origine del nome

Actinolite Ca2(Mg,Fe)5Si8O22(OH)2 dal greco: “pietra raggiata”

Amosite (Mg,Fe)7Si8O22(OH)2

dall’abbreviazione di “Asbestos Mines of South Africa”, nome commerciale dei minerali grunerite e cummingtonite

Antofillite (Mg,Fe)7Si8O22(OH)2 dal greco: “garofano”

Balangeroite (Mg,Fe3+,Fe2+,Mn2+)42Si16O54(OH)40da Balangero, località in Provincia di Torino, in cui veniva estratto

Crisotilo Mg3Si2O5(OH)4 dal greco: “fibra d’oro”

Crocidolite Na2Fe2+3Fe3+2Si8O22(OH)2dal greco: “fiocco di lana”, varietà fibrosa del minerale riebeckite

Tremolite Ca2Mg5Si8O22(OH)2 dal nome della Val Tremola, in SvizzeraFonte dati: Wikipedia (it)

Fibre ottenute dalla lavorazione dell’amianto.

Minerale di crisotilo estratto nel-lo Swaziland (Sud Africa); è il tipo di amianto più utilizzato per applicazioni civili e industriali.[Immagine: Aangelo, Wikipedia Commons, 2007]

14 n.26 | aprile 2012

Page 15: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Storia dell’amianto Tra utilità e letalità

ti, mezzi di trasporto (nelle frizioni, freni, guarnizioni e come rivestimento di treni, navi, autobus), quadri

elettrici, pareti, tetti, funi, corde, avvolgimenti, tes-suti, tute, grembiuli, guanti

protettivi (destinati a cate-gorie professionali esposte a

elevate temperature e aventi la possibilità di venire in contatto con

parti infuocate), coperte, tappezzerie, tap-peti, tende, materassi, imbottiture, vernici, mastici, carta, cartoni di rivestimento, filtri,

elettrodomestici (asciugacapelli, forni, stu-fe, ferri da stiro).

La pericolosità dell’amianto

La prima morte documentata dovuta all’uso di amianto risale al 1906. Fu però solo negli anni Sessanta che diversi studiosi comincia-rono a intravedere una relazione tra l’espo-sizione professionale a questo materiale e la comparsa di gravi patologie polmonari, in massima parte a carico dei minatori e degli addetti alla produzione dei manufatti che lo contengono. A dimostrarlo per la prima vol-ta il medico statunitense Irving J. Selikoff (1915-1992), che, dopo aver condotto uno studio su 17.800 lavoratori, riuscì a confer-mare l’ipotesi che l’esposizione all’asbesto provocasse l’insorgenza di patologie a ca-rico dell’apparato respiratorio. Oltre alla fibrosi interstiziale parenchimale (negli ani-mali il parenchima rappresenta i tessuti fun-zionali di un organo), o asbestosi, l’amianto può causare tumori con diverse localizza-zioni e, nei casi più gravi, mesotelioma (il mesotelio è uno strato cellulare con funzio-ne di epitelio che avvolge le grandi cavità sierose) e carcinoma polmonare.L’insidiosità delle patologie da amianto sta nel fatto che i primi sintomi compaiono solo circa 10 anni dopo la prima esposi-zione e diventano ben evidenti solo dopo 20, quando risulta difficile, se non addi-rittura impossibile, intervenire con terapie efficaci. I fattori principali responsabili del rischio associato all’esposizione a questo materiale sono: la concentrazione, la solu-bilità, la lunghezza, la forma e il diametro delle fibre inalate.Diversamente da quanto qualcuno possa pensare, il danno da amianto è di natura principalmente meccanica, fisica e non chimica. I vari tipi di amianto possono pre-sentare fibre con due differenti forme geo-metriche: troviamo i serpentini, che com-prendono il solo crisotilo (dal greco “fibra d’oro”), e gli anfiboli (dal latino “amphi-bolus”, ambiguo), a cui appartengono gli altri sei della tabella riportata ad inizio articolo. Questi ultimi sono decisamente meno diffusi rispetto al primo che rappre-senta la forma di amianto decisamente più utilizzata in passato dall’industria, ma sono i più pericolosi. Infatti, il crisotilo, avendo una struttura incurvata e meno rigida, rag-giunge più facilmente le vie aeree, dalle quali, però, viene più facilmente rimosso grazie all’apparato mucociliare. Invece, gli anfiboli, essendo meno flessibili, vengono rimossi con maggior difficoltà e, quindi,

PATOlOGiE POlMOnARi DA AMiAnTO L’asbestosi è una patologia respiratoria cronica caratterizzata da fibrosi interstiziale polmonare diffusa e dalla presenza dei cosiddetti corpi asbestosici, costituiti da fibre di asbesto ricoperte da materiale di natura proteica contenente ferro (probabilmente originato dalla ferritina dei macrofagi), i quali derivano dal tentativo dei globuli bian-chi di fagocitare le fibre di amianto.

Normalmente il processo di formazione della fibrosi inizia nelle vicinanze dei bron-chioli respiratori e dei dotti alveolari, per andare successivamente ad interessare alve-oli adiacenti. In questo modo viene alterata la normale architettura del polmone che, nelle zone interessate, assume un caratteristico aspetto a favo d’api. Da un punto di vista sintomatologico, una delle prime manifestazioni della patologia è la dispnea; ini-zialmente essa si presenta in seguito a sforzi o affaticamento, mentre - col progredire della malattia - appare anche a riposo. La patologia può poi restare stabile o evolversi, arrivando alla morte nei casi più gravi.

Il mesotelioma maligno è una patologia tumorale che interessa prevalentemente la pleura, la membrana sierosa di rivestimento dei polmoni, o il peritoneo, la membrana di rivestimento degli organi addominali. La sintomatologia è causata da una compres-sione dei visceri a contatto con la massa tumorale e si presenta con un versamento emorragico, affanno, tosse e febbre. Il decorso della malattia è molto rapido e con-duce inevitabilmente al decesso. Questa malattia è estremamente rara nella popola-zione generale ed è strettamente associata all’esposizione professionale all’asbesto.

Il carcinoma polmonare si manifesta principalmente in lavoratori di industrie mine-rarie di asbesto e il fumo di sigaretta ne amplifica notevolmente il rischio. Anche in questo caso, il decorso è rapido con esito, purtroppo, infausto.

Antofillite, il primo amianto uti-lizzato a scopo manufatturiero di cui esiste documentazione stori-ca. Fibre di viste al microscopio elettronico a scansione. [Immagine: United States Geolo-gical Survey, 2006]

Aspetto macroscopico di mi-nerale di antofillite ritrovato a Västmanland in Svezia.[Immagine: Didier Descouens, Wikipedia Commons, 2010]

15 n.26 | aprile 2012

Page 16: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Storia dell’amianto Tra utilità e letalità

possono depositarsi a livello polmonare, dove innescano una sequenza di eventi in-fiammatori e inducono, in alcuni casi, l’ini-ziazione del processo cancerogeno.Le fibre con diametro inferiore a 0,5 μm (micrometri) possono raggiungere gli alve-oli polmonari, dove causano l’attivazione del sistema immunitario locale e provoca-no una reazione infiammatoria da corpo estraneo. I macrofagi le fagocitano e sti-molano i fibroblasti a produrre tessuto con-nettivo, causando una fibrosi interstiziale. In maniera simile può essere danneggiata la pleura, la doppia membrana sierosa che ricopre i polmoni. Generalmente fibre di lunghezza di circa 2 μm possono provocare asbestosi; quelle lunghe 5 μm possono provocare mesote-lioma e fibre più lunghe di 10 μm, cancro polmonare; le più grandi sono lunghe fino a 50 μm circa.Normalmente le fibre di asbesto si depo-sitano a livello della biforcazione delle piccole vie aeree, dove viene stimolata la risposta del sistema immunitario. I macro-fagi, attivati da fattori chemiotattici e me-diatori fibrogenici, sono in grado di fago-citare completamente ed eliminare le fibre più corte, mentre quelle più lunghe vengo-no inglobate solo parzialmente. Questo fa sì che queste cellule dell’immunità, così danneggiate, non riescano più a lasciare gli alveoli polmonari, dove liberano mediatori

dell’infiammazione che attivano altre cel-lule immunocompetenti e stimolano la de-posizione di fibre collagene causando, infi-ne, infiammazione interstiziale polmonare generalizzata e fibrosi interstiziale.La pericolosità dell’asbesto è dovuta anche alla liberazione di specie radicaliche tos-siche che si generano durante il processo infiammatorio. A ciò, possono contribui-re ulteriormente sostanze potenzialmen-te nocive adsorbite sulle fibre di asbesto, quali, ad esempio, cancerogeni contenuti nel fumo di tabacco; il rischio di contrarre carcinoma polmonare in soggetti esposti congiuntamente ad amianto e fumo di siga-rette è aumentato di ben 55 volte, rispetto a individui esposti al solo amianto.La concentrazione di fibre inalate è un fat-tore determinante per il rischio di manife-stare le patologie sopra citate, specialmen-te se l’esposizione è prolungata nel tempo; tuttavia, teoricamente, una sola fibra di amianto può permettere l’instaurarsi di processi patologici polmonari.

La messa al bandoNonostante attualmente il rischio correla-to all’esposizione all’amianto sia perfet-tamente noto e diversi Paesi ne abbiano definitivamente bandito l’utilizzo (Unione europea, Arabia Saudita, Australia, Argen-tina, Cile, Giappone e molti altri), questo

Vecchia copertura ondulata per tetti in eternit.

16 n.26 | aprile 2012

Page 17: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Storia dell’amianto Tra utilità e letalità

minerale viene ancora estratto e utilizzato in diversi nazioni, prima tra tutte la Russia (con 925mila tonnellate prodotte nel 2005), Cina, Canada, India e Brasile.Inoltre, essendo stato lungamente impie-gato per una moltitudine di applicazioni, non stupisce la possibilità che l’asbesto sia tuttora presente, magari sotto forma di eter-nit, in edifici, impianti industriali, cantieri navali. In questi casi, la sua presenza non è di per sé pericolosa; lo diventa, però, in se-guito al possibile deterioramento del mate-riale, con conseguente liberazione nell’aria di fibre che possono essere inalate.Nei suoi numerosi impieghi, l’amianto è stato utilizzato in diverse forme, a cui è associato un diverso grado di rischio per la salute a seconda delle caratteristiche di friabilità del materiale:

• eternit, o cemento-amianto, impiegato specialmente per la realizzazione di tubi, tetti ondulati o piastre; contiene al massimo il 15% di amianto ed è un materiale compatto e poco friabile.

• amianto floccato, usato come materia-le ignifugo e isolante termoacustico; contiene amianto in percentuale va-riabile tra il 60% e il 100% e risulta essere friabile e poco compatto.

La friabilità, il cattivo stato di conservazio-ne, la facilità di accesso e la mancanza di rivestimenti e protezioni sono tra i princi-pali fattori che accrescono la probabilità di rilascio di fibre nell’ambiente.

Negli edifici in cui tuttora sia presente amianto, è possibile intervenire con oppor-tune procedure di bonifica. Il metodo da utilizzare viene stabilito in base a diversi fattori: friabilità, spessore, peso, localizza-zione del sito. Le procedure per la bonifica sono fondamentalmente tre:

- 1) Rimozione. È il metodo più sicuro, che permette di eliminare

ogni possibilità di suc-cessive esposizioni a tale materiale. Tut-tavia, questa pro-cedura è abbastanza

costosa e compor-ta la produzione di grosse quantità di

rifiuti tossici e poten-zialmente pericolosi. Si tratta, inoltre, di un

procedimento complesso che deve essere effettuato

da personale specializzato. Infatti, una rimozione non

corretta può causare un’ul-teriore dispersione di fibre

nell’aria e, quindi, aumentare le proba-bilità di contaminazione dell’ambiente e di contrarre patologie polmonari.

- 2) Confinamento. Viene effettuato mediante l’installazione di una bar-riera di separazione tra l’amianto e le aree occupate dell’edificio. Questo procedimento è utile nel caso in cui si possa accedere facilmente all’amian-to, ma comporta la necessità di con-trollare regolarmente l’integrità della struttura protettiva.

- 3) Incapsulamento. Questo metodo prevede il trattamento dell’asbesto con appositi materiali di rivestimento che inglobino le fibre evitandone la di-spersione. Generalmente viene utiliz-zato per materiali poco friabili. Anche in questo caso è necessario verificare periodicamente che l’incapsulamento rimanga in buono stato e non venga danneggiato, ad esempio da infiltra-zioni di acqua, le quali appesantiscono il rivestimento e ne facilitano il distac-co, o da altri fattori come le attrezzatu-re sportive installate nelle palestre.

La situazione in ItaliaL’Italia è uno dei Paesi più colpiti al mon-do da malattie da amianto, con un valore di mortalità che si aggira attorno a 4.000 all’anno; particolarmente elevati sono i de-cessi registrati nelle province di Genova, Gorizia, La Spezia, Livorno, Massa Carra-ra, Pistoia, Siracusa, Taranto, Trieste, sedi di porti e cantieri navali e, caso particola-re, Alessandria. Pur non essendo facciata sul mare, quest’ultima provincia ospitava nei pressi di Casale Monferrato una delle maggiori fabbriche produttrici di eternit, rimasta attiva per circa 80 anni. Purtrop-po, tenendo conto del fatto che le diverse patologie richiedono un lungo periodo di latenza prima di manifestarsi (nel caso dei tumori anche 25-50 anni), il picco massimo di mortalità non sembra ancora essere stato raggiunto.Fortunatamente il rischio legato all’esposi-zione all’amianto è stato riconosciuto dai nostri legislatori e il suo impiego è stato bandito nel 1992 (Legge n. 257/92, “Nor-me relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto”). Questa è stata la prima leg-ge emanata a tutela dei lavoratori e ha por-tato benefici sia per quelli impiegati nelle miniere, sia per altri operatori che aves-sero contratto le tipiche patologie dovute all’esposizione. A seguire sono state emesse altre norma-tive relative alla dismissione dell’amianto

Una semimaschera da lavoro con filtro HEPA, un filtro assoluto atto a rimuovere microrganismi e particolato.[Immagine: Haragayato, Wikipe-dia Commons, 2005]

17 n.26 | aprile 2012

Page 18: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

e alla tutela della salute. Tra queste il De-creto Ministeriale n. 248/04 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio (“Regolamento relativo alla determinazio-ne e alla disciplina delle attività di recupero dei prodotti e beni di amianto e contenenti amianto”), il D.M. 14 Dicembre 2004 del Ministero della Salute (“Divieto di instal-lazione di materiali contenenti amianto intenzionalmente aggiunto”) e il Decreto Legge 81 del 9 Aprile 2008 (“Attuazione dell’art.1 della Legge n°123 del 3 Ago-sto 2007 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”, con particolare riferimento al Capo III “Pro-tezione dai rischi connessi all’esposizione all’amianto”, art. da 246 a 265).Grazie al quadro normativo attuale, l’espo-sizione all’amianto rimane un problema perlopiù limitato ai lavoratori delle impre-se di demolizione e agli addetti alla rimo-zione dell’amianto. È fondamentale che questi lavoratori utilizzino appositi dispo-sitivi di protezione individuale, quali tute, galosce, guanti e maschere, sottoponendosi a controlli medici periodici.

Sostituire l’amiantoDopo la messa al bando dell’amianto si è cercato di introdurre nuovi materiali natu-rali e sintetici che lo potessero sostituire nelle sue innumerevoli applicazioni.Diversi tentativi sono stati fatti con ma-teriali quali fibre di vetro e lana di roccia (isolamenti termici e acustici in campo edi-le, mezzi di trasporto, filtri), fibre cerami-che (guarnizioni e tessuti antifiamma), ma-teriali composti da fibre di vetro e metalli, prodotti in fibre di cellulosa o polimeri sin-tetici quali polipropilene, poliacrilonitrile, polivinilcloruro.Tuttavia, non sempre questi materiali si sono rivelati efficaci quanto l’amianto e, in alcuni casi, i rischi derivati dall’esposizio-ne a lungo termine, ne hanno notevolmente limitato l’utilizzo come possibili sostituti dell’asbesto.

Carmen C. PirasChimico

Storia dell’amianto Tra utilità e letalità

Amianto anche nell’arte. Una scultura in eternit raffigurante una danzatrice attribuita ad Alexan-der Gonda (1967), conservata nei giardini della Casa di Eternit a Berlino.[Immagine: Rolf Nemitz, Wikipedia Commons, 2008].

18 n.26 | aprile 2012

Page 19: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Xxxx Xxx

I possibili usi delle microalghe,in particolare nel settore energetico

Sfruttamento delle microalghe:tra realtà e prospettive

di Fabio Barbato, Carlo Alberto Campiotti, Germina Giagnacovo, Vito Pignatelli, Dario Tumminelli, Corinna Viola, Estelle Silva Diorato

Nel panorama mondiale delle innovazioni più promettenti per il settore delle fonti

rinnovabili di energia, un ruolo di primo piano è ricoperto dalla valorizzazione a fini energetici delle microalghe, con numerosi gruppi di ricerca pubblici e

privati, impegnati a migliorare i processi produttivi connessi alla coltivazione di questa

categoria di microorganismi acquatici e al loro impiego per la produzione di energia e/o

biocombustibili.

Saline realizzate con bacini artificiali lungo la South Bay di San Francisco in California. Quando l’acqua evapora, microorganismi alofili di vario tipo possono diventare predominanti nelle varie vasche, variandone il colore. Il verde è determinato dalla presenza di microalghe della famiglia Ch-lorophyceae, il rosso da Dunaliella salina, membro della stessa famiglia, contenente elevate quantità di beta-carotene ad alto valore commerciale. [Immagine: Doc Searls, Wikipedia Commons, 2009]

Page 20: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Sfruttamento delle microalghe Tra realtà e prospettive

Le microalghe destano l’interesse di nu-merosi gruppi di ricerca (Garofalo, 2010) poiché presentano una serie di prerogative molto interessanti, le quali si accompagna-no, purtroppo, a diverse problematiche che hanno a tutt’oggi impedito uno sfruttamen-to adeguato del loro potenziale, nonostante diversi decenni di ricerca e sviluppo e la relativa pubblicazione di migliaia di lavori scientifici.

Fra i principali vantaggi vengono annove-rati:

• la velocità di crescita molto elevata; • la capacità di prosperare in acque ric-

che di nutrienti, e quindi di contribui-re a processi di depurazione di acque reflue;

• la proprietà di assorbire CO2 insufflata nel mezzo di coltura e di trasformarla in materia organica;

• la possibilità di crescita anche in climi caldi e in acqua salata, senza intacca-re le risorse di acqua dolce nelle zone dove queste sono limitate;

• la possibilità di essere coltivate in aree marginali senza sottrarre superfici alle colture agricole a fini alimentari o ad altre attività economiche già insediate nel territorio;

• la produzione di una biomassa omo-genea, non suddivisa in componenti con caratteristiche differenti, come per le piante terrestri (semi, frutti, foglie, fusto, radici).

Mentre le loro principali criticità sono:• la necessità di essere separate dalla

fase liquida, dove crescono con densi-tà piuttosto bassa;

• l’uso, per ora praticamente universa-le, di colture monospecifiche in cui va evitata la contaminazione da parte di altre specie microalgali indesiderate o di microrganismi, insetti e uccelli che se ne cibano o ne impediscono un cor-retto sviluppo;

• il contenuto energetico, che può non raggiungere livelli tali da superare le energie spese per la loro coltivazione e per i processi di lavorazione necessari per il successivo utilizzo;

• il fatto di richiedere diversi raccolti, quantitativamente ridotti, a brevi in-tervalli di tempo, piuttosto che uno più abbondante limitato a una o due volte l’anno.

Il presente articolo si prefigge di contribui-re alla conoscenza delle microalghe da par-te di un pubblico più vasto di quello degli “addetti ai lavori”, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti legati all’energia, con un approccio divulgativo e non eccessiva-mente tecnico. Verranno comunque affron-tati brevemente anche aspetti più generali, riguardanti le principali caratteristiche e funzionibiologiche, sia nell’ambiente natu-rale che in quello di coltivazione, per l’uti-lizzo nell’ambito di iniziative commerciali e di ricerca di vario genere. Inoltre, si riporterà una descrizione dell’at-tuale “stato dell’arte” del settore a livello globale e un quadro delle sfide future che attendono gli sforzi dei ricercatori e degli operatori economici interessati allo sfrutta-mento di questa risorsa.

Le microalgheLe microalghe, anche note come fitoplan-cton, sono organismi microscopici uni-cellulari che vivono singolarmente o in colonie (catene o altri tipi di aggregati), in acque dolci e salate. A seconda della spe-cie, le loro dimensioni individuali possono variare da pochi micrometri a qualche cen-tinaia (millesimi di millimetro, 10-6 m). La loro attività fotosintetica è fondamentale per la vita sulla Terra, in quanto si stima che producano il 30-50% dell’ossigeno atmo-sferico, assorbendo contemporaneamente anidride carbonica, il maggiore gas ad ef-fetto serra, per poter crescere e sintetizzare nuova sostanza organica (biomassa).La biodiversità delle microalghe è enor-me e rappresenta una risorsa poco studiata e sfruttata; solamente 35.000 specie sono state descritte rispetto a quelle esistenti, stimate essere fra 200.000 e 800.000, se-condo i dati della Wageningen University.Questi microrganismi producono comune-mente numerosissimi composti bioattivi come polisaccaridi, amido, proteine, acidi grassi, carotenoidi, antiossidanti, enzimi, polimeri, peptidi, tossine e steroli; costitu-iscono potenzialmente una rilevante fonte di geni per percorsi di biosintesi particola-

GRuPPO ClASSE ESEMPi (GEnERi PiÙ DiFFuSi)

Alghe azzurre (cianobatteri) Cyanophyceae

Arthrospira (meglio nota come Spirulina), Nostoc, Anabaena, Schizotrix, Microcystis

Diatomee BacillariophyceaeCyclotella, Coscinodiscus, Chaetoceros, Skeletonema, Nitzschia, Phaeodactylum

Alghe verdi Chlorophyceae Chlorella, Neochloris, Chlamydomonas, Scenedesmus, Dunaliella, Tetraselmis

Dinoflagellati Dinophyceae Ceratium, Gymnodinium, Peridinium, Gonyaulax

Alghe dorate Haptophyceae Pavlova, Isochrysis, Chrysochromulina, Prymnesium

20 n.26 | aprile 2012

Page 21: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Sfruttamento delle microalghe Tra realtà e prospettive

ri, a volte unici.Semplificando, senza addentrarsi troppo nella loro complessa sistematica, si può dire che le microalghe più utili apparten-gono a 5 o 6 classi principali, distinguibili per la loro morfologia, la loro pigmentazio-ne, il loro ciclo biologico e la loro struttura cellulare come descritto nella tabella della pagina precedente.

Potenzialità delle microalghe

Funzioni nell’ambiente naturaleLe microalghe fungono da fonte energetica primaria per buona parte degli ecosistemi marini, in quanto costituiscono il nutri-mento di numerosi animali, dal microsco-pico zooplancton ai molluschi e crostacei filtratori. Tali organismi rappresentano il successivo anello della catena alimentare e sono poi a loro volta predati. Al fitoplan-cton è stata attribuita addirittura la metà di tutta l’attività fotosintetica della Terra e, di conseguenza, la produzione di buona parte della nuova biomassa (sostanza organica), con conversione dell’energia della radia-zione solare in energia chimica che sta alla base delle reti trofiche. Da rimarcare la velocità di crescita di determinate specie microalgali, che le pongono ai vertici della produttività tra gli organismi fotosintetici. Questo aspetto è riscontrabile nelle cosid-dette fioriture algali, bloom fitoplanctonici, come nel caso dei dinoflagellati, tossici per gli animali acquatici e per l’uomo, sia per contatto diretto che per ingestione o inala-zione tramite aerosol.

Usi a scopi non energeticiLe microalghe del genere Spirulina, attual-mente Arthrospira, sono state utilizzate per secoli nell’alimentazione di alcune popola-zioni africane, del lago Ciad e del Centro America, ad esempio quelle del lago Tex-

coco in Messico (Hendrikson, 2009).L’interesse verso il loro uso a scopo ali-mentare si manifestò intorno agli anni Cin-quanta del secolo scorso, quando emerse la preoccupazione che l’aumento della popo-lazione mondiale potesse determinare una carenza alimentare e le microalghe sem-bravano poter rappresentare una fonte pro-teica a basso costo; questa pratica fu in se-guito abbandonata, visti i deludenti risultati

ottenuti dalle prime colture commerciali.Nel 1961, in Giappone la società Nihon Chlorella iniziò a coltivare microalghe su larga scala a fini commerciali, sfruttando soprattutto il genere Chlorella (Iwamoto H., 2004).Negli anni Ottanta, in Asia, erano presenti 46 fabbriche che producevano più di 1.000 chili di biomassa al mese, in maggior parte di Chlorella (Kawaguchi, 1980). Nel 1986 le strutture di produzione di Dunaliella salina installate in Australia, per ottene-re β-carotene, diventarono un altro polo dell’industria microalgale nel mondo. In seguito sono stati realizzati grandi impianti nel sudest asiatico, in California e alle Ha-waii, dedicati principalmente alla produ-zione di Spirulina.Agli inizi dello stesso decennio, in Giap-pone, nacque il concetto di cibo funzionale o alimento funzionale. Questo genere di alimenti riveste un ruolo protettivo per la salute del consumatore, contribuendo, in tal modo, alla riduzione dei costi sociali per difendere la salute di una popolazione sempre più numerosa e con una maggiore aspettativa di vita (Arai S., 1996).Oggi, dunque, non si pensa più alle mi-croalghe come alla soluzione per risolve-re i problemi della fame nel mondo; esse vengono, invece, studiate per applicazioni in diversi settori commerciali quali: pro-duzione di integratori alimentari, farmaci, cosmetici e mangimi.Per quanto concerne il consumo umano, la pasta microalgale secca, in polvere o in compresse, di alcune specie (es. Chlorel-

Alcune microalghe viste al mi-croscopio ottico (ingrandimento 400X circa).A: Diatomee di acqua dolce, in alto Pennales sp., più in basso a destra Centrales sp.B: Micractinium sp.C: Dictyosphaerium sp.

A b C

21 n.26 | aprile 2012

Page 22: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Sfruttamento delle microalghe Tra realtà e prospettive

la) contiene elevate quantità di carboidra-ti semplici e complessi, oltre a numerosi composti descritti di seguito. Tipici delle microalghe sono i beta glucani, in grado di potenziare la risposta del nostro siste-ma immunitario (Iwamoto, 2004). In altre specie (es. Arthrospira) è preponderante il contenuto in proteine, che le rende un in-tegratore indicato in stati di debilitazione organica o per gli sportivi.Dentifrici, lozioni, unguenti e alginati in creme assimilabili attraverso la pelle sono alcuni dei prodotti con sostanze di deri-vazione microalgale più comunemente commercializzati dalle industrie farma-ceutiche, principalmente in Giappone. In campo medico vengono sfruttate le loro proprietà antibatteriche, antivirali e antitu-morali (Iwamoto, 2004; Qiang Hu, 2004; Hendrickson, 2009).Le microalghe contengono quantità inte-ressanti di vitamine, tra cui la A, quelle del gruppo B inclusa la B12, la C, la D, la E, la K (Becker, W., 2004) che ne aumentano il valore nutrizionale. La quantità prodot-ta dipende strettamente dalle condizioni di crescita e da tutti i processi che vanno dalla raccolta al confezionamento della biomas-sa (Brown M.R. et al., 1999; Ben-Amotz et al., 2003).Fra i numerosi acidi grassi riscontrabili nel-le microalghe i più importanti sono l’acido docosaesanoico (DHA, 22:6n-3), l’acido arachidonico (ARA 20:4n-6), l’acido ei-cosapentaenoico (EPA 20:5n-3), l’acido gamma-linoleico e l’acido alfa-linolenico, collettivamente noti come PUFA, polyun-saturated fatty acids, gli acidi grassi poli-insaturi Omega-3 e Omega-6.Notevoli sono anche le proprietà antiossi-danti. Sono presenti svariate molecole at-tive in questo senso, tra cui i carotenoidi

astaxantina e beta carotene. Inoltre sono presenti oligominerali nella loro forma organica maggiormente assimilabile. Tali composti possono o essere estratti dalla biomassa algale prima di altre utilizzazioni (uso indiretto), o assorbiti consumando la pasta microalgale tal quale, umida o secca (uso diretto).Nella tabella qui sopra si evidenzia l’eleva-to contenuto in proteine, carboidrati e lipi-di di alcune specie di microalghe rispetto a quello di alcuni alimenti più comuni.Per contro, un fattore potenzialmente pre-occupante per il consumo umano è l’ele-vato contenuto in acidi nucleici di alcune specie di microalghe, che può favorire lo sviluppo di malattie del metabolismo quali gotta e calcolosi renali. Alcuni metodi di produzione, sopratutto in aree inquinate, hanno fornito derivati con livelli di tossi-cità non trascurabili per il consumo umano, con conseguente sospensione della lavora-zione, come avvenuto, ad esempio, presso il lago Texcoco. Consumi superiori ai 100 grammi al giorno di sostanza secca posso-no indurre in alcuni casi effetti negativi, quali dolori allo stomaco, nausea, vomito, costipazione (Becker, 2004).Le specie oggi maggiormente coltivate a fini commerciali appartengono ai generi: Arthrospira, Chlorella, Dunaliella, Hae-matococcus, Nannochloropsis, Nitzschia, Crypthecodinium, Schizochytrium, Tetra-selmis, Skeletonema, Isochrysis, Chaeto-ceros.In acquacoltura le microalghe vengono uti-lizzate nelle avannotterie, sia come alimen-to per lo zooplancton destinato a nutrire le larve di pesce, sia come elemento di sta-bilizzazione chimica nelle vasche (tecnica delle “acque verdi”). Inoltre vengono co-munemente impiegate anche negli schiu-

Contenuto nutrizionale di alcune specie di microalghe rispetto ad alimenti comuni

Materiale Proteine Carboidrati lipidi

Lievito per il pane 39 38 1

Carne 43 1 34

Latte 26 38 28

Riso 8 77 2

Soia 37 30 20

Chlorella vulgaris 51-58 12-17 14-22

Dunaliella salina 57 32 6

Porphyridium cruentum 28-38 40-57 9-14

Scenedesmus obliquus 50-56 10-17 12-14

Spirulina maxima 60-71 13-16 6-7

Synecochoccus sp. 63 15 11

Aphanizomenon flosaquae 62 23 4-7I contenuti sono espressi in percentuale sul peso secco. Fonte dati: Spolaore P. et al., 2006; Becker et al., 1994

22 n.26 | aprile 2012

Page 23: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Sfruttamento delle microalghe Tra realtà e prospettive

Specie di alghe usate come mangime Specie allevate

Famiglia: bacillariophyceae

Skeletonema costatum B, B, D

Thalassiospira pseudo nana B, A, D

Phaeodactylum tricornutum, C. muelleri B, A, D, C, F

Chaetoceros affinis, C. calcitrans B, A, D, F

Cylindrotheca closterium B

Bellerochea polymorpha D

Actinocyclus normanii D

Nitzschia closterium, N. paleacea F

Cyclotella nana F

Famiglia: Haptophyceae

Isochrysis affinis galbana, I. tahiti B, A, D, C, F

Pseudaisochrysis paradoxa A, D, C

Dicrateria sp. D

Cricosphaera elongata D

Coccolithus huxleyi D

Olisthodiscus luteus I

Pavlova lutheri, P. pinguis A, D, F, G

Famiglia: Chrysophyceae

Pyramimonas virginica A, D

Micromonas pussila D

Famiglia: Chryptophyceaea

Cryptomonas D

Rhodomonas salina A, D

Chroomonas salina D

Famiglia: Xanthopyceae

Olisthodiscus luteus D

Famiglia: Cyanophyceae

Spirulina (Arthrospira) platensis B, D, F, G

Famiglia: Chlorophyceae

Tetraselmis suecica B, A, D, E, F, G

Chlorella sp. A, C, F, G, I

Scenedesmus obliquus, S. quadricauda I, G, F

Dunaliella tertiolecta D, F, G

Chlamydomonas khaki A, D, I, G, I

Chlorococcum sp. D

Brachiomonas submarina D

Spongiococcum excentricum A

Famiglia: Eustigmatophyceae

Nannochloropsis oculata, N. gaditana D, G, H

Specie allevate:A, larve di molluschi bivalvi; B, larve di gamberi peneidi; C, larve di gambero d'acqua dolce ; D, postlarve di molluschi bivalvi; E, larve di abalone; F, artemia; G, rotiferi marini; H, copepodi marini; I, zooplancton d’acqua dolce.

Microalghe usate per la produzione di mangimi in acquacoltura [fonte dati: Becker 2004; De-Pauw & Persoone, 1988; Lavens & Sorgeloos, 1996].

ditoi di molluschi, combinate in miscele multispecifiche più o meno diversificate; questo per la loro diversa composizione specifica in proteine e acidi grassi essenzia-li, soprattutto quelli poliinsaturi (PUFA), al fine di fornire un alimento il più completo possibile (Kanazawa, 1985).

Microalghe ed energia rinnovabile

Biocombustibili di prima e di secon-da generazioneÈ ormai accertato dalla comunità scienti-fica internazionale che la continua emis-sione nell’atmosfera di anidride carbonica prodotta dalle attività umane, soprattutto da quelle basate su combustibili derivati dal petrolio, stia velocemente cambian-do l’intero ecosistema del pianeta Terra, modificando al rialzo gli equilibri termi-ci (IPCC). Pertanto da anni scienziati e ricercatori sono impegnati nella difficile ricerca di soluzioni in grado di risolvere concretamente tale problema. Tra queste di primaria importanza sono i tentativi di sostituire i combustibili di origine fossile con altri di origine vegetale, tendenti al bi-lancio neutro della CO2. Si assume, infatti, che la biomassa fotosintetica durante il suo accrescimento assorba la stessa quantità di anidride carbonica emessa quando viene infine combusta; tuttavia sono da conside-rare anche i processi per la trasformazione della biomassa, i quali possono influire ne-gativamente sul bilancio totale.Attualmente, la produzione di biocombu-stibili ricavati da piante edibili, cosiddetti di prima generazione, è ritenuta da più parti una pratica non sostenibile per la riduzione delle superfici agricole sfruttabili a fini ali-mentari e per l’incremento del prezzo delle materie prime (acqua, fertilizzanti ecc.), necessarie anche alla produzione di beni di prima necessità, quali frumento, mais, riso, canna da zucchero. Inoltre, l’uso dei suoli attualmente coltivati potrebbe non bastare a colmare la scarsità di cibo che colpisce buona parte della popolazione mondiale. Per questo motivo, oggi si punta all’uti-lizzo di biomasse non edibili per produrre biocombustibili, riducendo così la concor-renza per le risorse tra settore energetico e agroalimentare.Alla luce di questa situazione, in diversi Paesi sono state attivate linee di ricerca fi-nalizzate a sviluppare e a mettere a punto nuove tecnologie eco-sostenibili per la pro-duzione di energia pulita. Tali tecnologie utilizzano i cosiddetti biocombustibili di

23 n.26 | aprile 2012

Page 24: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Sfruttamento delle microalghe Tra realtà e prospettive

seconda o (di nuova) generazione, prodotti da fonti rinnovabili eco-compatibili.Da alcuni anni è stata presa in considera-zione anche nel nostro Paese la possibili-tà di usare a tale scopo le microalghe, in grado di produrre in modo sostenibile una quantità di energia decisamente maggiore per unità di superficie rispetto a quella otte-nuta dal mais o dalla soia e anche dalla pal-ma da olio tropicale (Benemann e Pedroni, 2007; Tredici, 2010). Le microalghe posso-no infatti essere considerate a pieno titolo una coltura energetica di seconda genera-zione, in grado di evitare impatti dannosi sul mercato agroalimentare e sulla biodi-versità terrestre; ciò in quanto coltivabili su terreni scarsamente produttivi altrimenti inutilizzabili, come le zone costiere aride e le zone paludose, con acque salmastre o marine. Per la loro crescita si potrebbero sfruttare acque eutrofiche, ovvero ricche di sali nutrienti di origine agricola o civile, ottenendo così anche la loro depurazione.Le microalghe sarebbero capaci di produr-re 30 volte l’equivalente in olio rispetto alla stessa area coltivata con specie terrestri convenzionali, quali mais, soia e altro. Il li-mite teorico di produttività, calcolato sulla base di considerazioni relative alla luce in-cidente e all’efficienza fotosintetica, indica valori di circa 280 tonnellate di biomassa secca per ettaro all’anno alle latitudini del sud della Spagna; ipotizzando un contenu-to lipidico estraibile del 40%, si ottengono valori di 115 m3 di olio per ettaro per anno (Wageningen University).Tuttavia esistono ancora diversi punti cri-tici prima di poter realizzare produzioni energetiche economiche che vadano oltre stime più o meno ottimistiche ottenute da esperienze realizzate su scala limitata o, peggio, solo da calcoli teorici. Su questi aspetti di ampliamento della scala operati-va si attendono ancora risultati consolidati

da parte del mondo della ricerca, anche in termini di definizione dei prodotti energeti-ci maggiormente convenienti.Di conseguenza, in un contesto come quel-lo italiano, puntare principalmente al bio-diesel come principale prodotto energetico derivante dalle microalghe può rivelarsi una scelta non priva di rischi. Infatti le ca-pacità produttive medie di biodiesel da par-te delle 19 raffinerie nazionali sono molto elevate, mediamente intorno alle 120.000 tonnellate/anno ad impianto, un valore rag-giungibile solo utilizzando colture microal-gali molto estese (100-200 km2). L’utilizzo di tali superfici è da considerarsi impropo-nibile per una prima fase di sviluppo, spe-cialmente in mancanza, a livello mondiale, di tecnologie consolidate su larga scala per produzioni intensive di biomassa micro-algale a basso costo. Nelle prime fasi, sa-rebbe probabilmente più opportuno consi-derare impianti su piccola/media scala per la produzione di microalghe da destinare alla produzione di biogas, i quali presente-rebbero i valori aggiunti della depurazione di acque eutrofiche/reflue (Schenk et al., 2008), dell’assorbimento di CO2 e della produzione di O2 durante le ore di luce, (Park et al., 2011). Questo rappresenta un obiettivo di prodotto energetico ottenibi-le con processi più semplici, minori input energetici e minori standard qualitativi del-la biomassa rispetto a quanto richiesto per il biodiesel (Barbato, 2011). Ovvio aspetto accessorio delle coltivazioni microalgali è il contributo alla riduzione delle emissioni di CO2, in quanto questa vie-ne assorbita dalle microalghe sia dall’aria atmosferica, sia nel caso in cui provenga da fonti quali fumi di combustione o biogas e venga insufflata appositamente nel mezzo di coltura. L’assorbimento avviene median-te conversione fotosintetica del carbonio in sostanza organica, attraverso una serie di percorsi metabolici che possono condurre a diversi composti di accumulo energetico nella cellula microalgale, tra cui riveste particolare interesse il bioolio, ovvero una sostanza oleosa con alta densità energetica che è possibile impiegare, oltre che per la produzione di biodiesel, anche direttamen-te per l’alimentazione di generatori elettrici diesel, anche di piccola taglia. La biomas-sa residua dopo l’estrazione dell’olio dalle microalghe può essere comunque usata per la produzione di biogas.Oltre al biodiesel, agli oli combustibili e al biogas, altri prodotti energetici possono essere ricavati dalle biomasse microalgali, sebbene con risultati operativi per ora meno consistenti rispetto a quelli menzionati in precedenza, come ad esempio idrogeno,

Metodologie produttive usate per ottenere composti commerciali dalle microalghe

Luce

Nutrienti

ALGHE

OpzionaliAcque reflueAcque salateCO2 da gas di scaricoTerreno degradato

FotobioreattoriVascheBacini

Estrazione / Transesterificazione

Fermentazione

DigestioneAnaerobica

Biodiesel

Bioetanolo

Metano

Idrogeno

Co-combustione,combustibili specifici

Cibo, mangimi

Biomolecole

Gassificazione/Bio-idorgeno

Essiccazione/Gassificazione

Essiccazione

Essiccazione/Estrazione

Input Coltivazione Down-stream Prodotti

24 n.26 | aprile 2012

Page 25: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Sfruttamento delle microalghe Tra realtà e prospettive

tramite la microalga Chlamydomonas sp. in particolari condizioni di coltura, o bioe-tanolo per via fermentativa della cellulosa e di altri carboidrati presenti nella biomas-sa di determinate specie microalgali.

Coltivare le microalgheColture di laboratorioOltre al mantenimento e alla caratterizza-zione delle specie e dei ceppi, le colture in laboratorio consentono la realizzazione della ricerca di base per definirne le pro-prietà funzionali. Quelle monospecifiche vengono avviate in provette da 10-50 ml, in condizioni ambientali controllate, in mezzi liquidi contenenti i nutrienti neces-sari alla crescita. Su scala di laboratorio il volume della col-tura è incrementabile mediante passaggi successivi fino a qualche decina di litri. A tal fine è possibile utilizzare capienti conte-nitori in PET trasparenti che devono essere sterilizzati per via chimica (Barbato e De Luca, 2011).

Colture massiveAnche in questo caso si prefe-risce aumentare gradualmente i volumi dei fotobioreattori, par-

tendo da 20-30 litri per passare a valori più grandi, fino ad arrivare in vasche o in veri e propri ba-cini di crescita. I passaggi ri-petuti permettono la riduzione dei tempi di crescita (le colture vengono a trovarsi sempre nella fase esponenziale), un controllo più accurato e uno sviluppo più facilmente programmabile. Una volta raggiunti i volumi di uti-lizzo, le colture possono essere mantenute in modo semi-conti-nuo, continuo o discontinuo.

Vasche aperte, open pondsOggi gran parte della produzione

mondiale avviene in vasche all’aper-to in zone tropicali e sub-tropicali, dove è possibile abbattere i costi utilizzando al me-glio la luce solare come sorgente di energia lungo tutto il corso dell’anno. Spesso per la coltivazione su larga scala vengono uti-lizzate vasche a rimescolamento poco pro-fonde, configurate a circuito (raceway) e dotate di agitatori elettromeccanici a pale.In molte regioni non tropicali gli impian-ti di colture algali all’aperto hanno spesso lo svantaggio di trovarsi in condizioni cli-matiche sfavorevoli, tali da non permette-re cicli di produzione lungo tutto il corso

dell’anno; in tali casi si è obbligati a massi-mizzare produzione e raccolta dell’alga nei periodi più caldi. I sistemi di coltivazione in vasche aperte non protette non garantiscono produzioni monospecifiche, pertanto sono utilizzati per un limitato numero di specie cosiddette “estremofile” come Arthrospira platensis (Spirulina) e Dunaliella salina, che cresco-no in condizioni selettive estreme, rispetti-vamente di elevato pH (maggiore o uguale

a 9) e di elevata salinità (oltre il 40‰). Ciò impedisce a buona parte delle potenziali specie contaminanti di proliferare. A tal fine le open ponds si possono proteggere dalla pioggia e da agenti contaminanti tra-mite teli plastici trasparenti o serre. Nei ba-cini in terra è spesso usato un rivestimento in telo plastico impermeabile per un mi-gliore controllo dei parametri biotici e per evitare possibili percolazioni.

FotobioreattoriL’uso di contenitori chiusi detti “fotobio-reattori” è stato per lungo tempo associato ad alti costi di gestione, soprattutto quando il funzionamento di tali sistemi era ancora totalmente dipendente da illuminazione e termostatazione artificiali. Recentemente è stata avviata la produzione su larga scala di una vasta gamma di specie algali quali Spirulina, Chlorella ed Haematococcus in sistemi chiusi, posti all’aperto o in serra, con cui è possibile ottenere biomassa alga-le di maggior purezza in alta concentrazio-ne, limitando nel contempo i costi grazie all’illuminazione e, ove possibile, al riscal-damento naturale.Nonostante le differenze tra le svariate ti-pologie, si può affermare che il criterio principale con cui viene ideato e realizzato un fotobioreattore è quello di permettere alla cellula fotosintetica di raggiungere la migliore efficienza nella conversione dell’energia luminosa, cercando di garan-tire una adeguata quantità di luce, sia essa artificiale o solare. Anche i metodi per mo-vimentare le colture e per ottimizzare gli

Vasca per la coltivazione delle microalghe di tipo “raceway”.[Immagine: JanB46, Wikipedia Commons, 2011]

Coltura di Scenedesmus dimor-phus in contenitore PET da cin-que litri.

25 n.26 | aprile 2012

Page 26: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Sfruttamento delle microalghe Tra realtà e prospettive

scambi gassosi sono importanti.Per altri versi, sono attualmente in corso studi per modificare geneticamente alcuni ceppi algali, in particolare di Chlamydomo-nas reinhardti, in modo da ottenere mag-giori efficienze fotosintetiche soprattutto ad alte densità cellulari. I risultati finora ot-tenuti mostrano, tuttavia, problemi nell’ot-tenimento di concentrazioni cellulari otti-mali da parte dei ceppi ingegnerizzati.Le tipologie esistenti per la produzione di alghe tramite fotobioreattori sono ricondu-cibili ai seguenti sistemi sia da esterno che da interno:

1) Sistemi a pannello, o flat panels;2) Sistemi a colonna con sistema a gor-

gogliamento d’aria, o bubble columns;3) Sistemi cilindrici orizzontali, o tubular

reactors.

Nell’ottica delle produzioni a fini energe-tici su vasta scala, i fotobioreattori posso-no essere utili per formare gli inoculi delle coltivazioni in vasche aperte, dove viene realizzata la fase finale di accrescimento, selezionando le specie algali in base al maggior contenuto energetico e alla loro adattabilità alle condizioni colturali e cli-matiche.

Raccolta e trattamentoSeparare la biomassa dalla fase acquosa in cui cresce può essere un compito difficile e costoso. Di fatto è uno dei maggiori impe-dimenti all’ampia diffusione delle colture microalgali su scala commerciale, special-mente a fini energetici. Molto dipende dal-la forma e dalle dimensioni della particola-

re microalga considerata, essendo le specie coloniali e filamentose quali la Spirulina le più facili da separare attraverso filtri in tela con maglie opportunamente dimensionate, mentre le forme unicellulari sferoidali di piccole dimensioni come Chlorella o Nan-nochloropsis sono quelle più difficilmente recuperabili dal mezzo di coltura.Laddove è possibile, la più conveniente tipologia di separazione è la semplice se-dimentazione, ovvero l’accumulazione per gravità della biomassa algale sul fondo del recipiente di coltura o di un contenitore di forme e dimensioni dedicate allo scopo. Il fattore critico in questo caso è il lungo tempo richiesto per la concentrazione della biomassa sul fondo, che può variare note-volmente a causa di una serie di fattori quali temperatura, illuminazione, stato fisiologi-co dell’alga, pH, salinità ecc. Esistono altre tecniche di separazione che fanno uso di flocculanti per addensare le singole cellule algali, facilitare e sveltire la sedimentazio-ne, con lo svantaggio però di trovare nella biomassa anche la sostanza flocculante, ol-tre al costo della stessa. Al contrario, esiste la possibilità, soprattutto per alghe ricche di lipidi, di tecniche di flotation, ovvero di concentrazione di biomassa per galleg-giamento, anche attraverso la creazione di schiume.Sono disponibili svariati sistemi elettro-meccanici piuttosto energivori, e quindi costosi, quali filtrazioni di vario genere e centrifugazioni.Una volta ottenuta la biomassa umida, si deve procedere in alcuni casi all’essicca-zione che può essere ottenuta con energia solare, magari con l’uso di una serra, in un forno o con il sistema spray drying che ha il vantaggio di non dover scaldare for-temente la biomassa, evitando il dannegg-giamento di composti termolabili, tra cui diverse vitamine.La biomassa algale essiccata spesso non è usata tal quale, solitamente si proce-de all’estrazione di sostanze di interesse commerciale. Nel caso della produzione di biodiesel, ad esempio, è necessario estrar-re i lipidi, passaggio questo che richiede infrastrutture apposite, solitamente utiliz-zate anche per altre materie prime natu-rali rinnovabili, che sono disponibili solo presso bioraffinerie ad elevata produttività. Sono in corso di sperimentazione sistemi di estrazione alternativi con tecniche di sonicazione, che usano gli ultrasuoni per rompere le cellule algali e liberare le goc-cioline oleose in esse contenute già nella fase finale della coltivazione, in modo da poter recuperare per semplice separazione di fase la componente oleosa.

Fotobioreattori cilindrici.[Immagine: Steve Jurvetson, Flickr, 2005]

26 n.26 | aprile 2012

Page 27: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Sfruttamento delle microalghe Tra realtà e prospettive

Le microalghe nel mondo

Vi sono attualmente molti importanti pro-duttori commerciali di microalghe, ope-ranti soprattutto in regioni asiatiche, del Pacifico e del Sud degli Stati Uniti, con impianti la cui produzione annua può rag-giungere circa 500 tonnellate. L’interesse del mercato per le microalghe è in rapida crescita da qualche anno a questa parte, so-prattutto per le prospettive di un loro utiliz-zo a livello energetico. Tuttavia, nonostan-te lo stanziamento di ingenti fondi pubblici e privati per la ricerca di settore da parte di nazioni quali gli Usa e la Cina, gli incre-menti di produttività sono trascurabili e il commercio rimane limitato al settore degli integratori e delle biomolecole. Ad oggi, ancora non esiste al mondo un impianto commerciale economicamente ri-levante dedito alla coltivazione di microal-ghe a fini energetici. Non di meno, diverse importanti organizzazioni pubbliche e pri-vate, tra cui alcune grandi società petrolife-re, stanno seguendo lo sviluppo e miglio-rando l’operatività di strutture di ricerca e pilota per affinare la qualità ed espandere

la quantità dei loro prodotti in ambito energetico a fini commerciali. Andrà stu-diato a fondo l’impatto ambientale di tali processi industriale per ottenere sistemi di produzione sostenibili e ecocompatibili. A tal fine si sta facendo sempre maggior uso delle metodologie che prendono in consi-derazione l’intero ciclo di vita del prodotto, la cosiddetta LCA, Life Cycle Assessment (Green n. 25, pagg. 36-43).Al fine di coordinare e favorire gli studi sulle microalghe, nonché la loro diffusione agli ambiti produttivi, sono state costitui-te diverse società di settore, tra si possono citare la EABA, European Algae Biomass Association, e la ABO, Algal Biomass Or-ganization negli Stati Uniti. Si sono rapi-damente moltiplicati da alcuni anni i con-vegni nazionali e internazionali su queste tematiche che attirano un pubblico assai numeroso, con ricadute economiche e oc-cupazionali non trascurabili.

ConclusioniLa ricerca sulle microalghe mostra ancora una serie di criticità da risolvere, prima di poter arrivare a poterle sfruttare commer-cialmente a scopo energetico, mentre negli altri settori di utilizzo si punta essenzial-mente ad un significativo aumento della produttività e della diffusione. Seguono alcuni temi che richiederanno un consi-stente sforzo da parte della ricerca a livello globale.

Selezione e caratterizzazione dei ceppi. Dovranno essere individuati quelli:

• robusti, ovvero in grado di resistere a condizioni ambientali non controllate, quali quelle di situazioni all’aperto in climi temperati e tropicali;

• produttivi, ovvero in grado di raggiun-gere densità elevate in breve tempo, con

L’oasi di Ca’ di Mezzo, Codevigo (Pd). Si tratta di un’area sogget-ta, in passato, ad eutrofizzazione e fioritura microalgale, oggi bo-nificata grazie a tecniche di fito-depurazione.

27 n.26 | aprile 2012

Page 28: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Sfruttamento delle microalghe Tra realtà e prospettive

alti contenuti di sostanze desiderate; • resistenti ai contaminanti, ovvero in

grado di mantenere la monospecificità o una netta prevalenza anche in vasche all’aperto;

• cosmopoliti o locali, in modo da non causare problematiche in caso di fuo-riuscite in ambienti naturali.

Uso e depurazione di acque reflue. Otti-mizzazione in laboratorio delle capacità dei ceppi di moltiplicarsi sfruttando i nu-trienti presenti nelle acque reflue; si può così ottenere la depurazione delle stesse.

Cattura attiva della CO2. Miglioramento della capacità di assorbire CO2 anche da gas esausti residuali da combustioni, con-tribuendo così alla riduzione delle emissio-ni di gas serra.

Miglioramento della resa energetica. In-dividuazione di prodotti energetici con i più favorevoli bilanci mediante studi col metodo LCA.

Tecniche di separazione. I metodi di recu-pero della biomassa dal liquido colturale e di trattamento successivo devono essere resi più efficienti e poco energivori, adat-tandoli agli specifici ceppi algali utilizzati.

Abbattimento dei costi. In generale devono essere abbattuti tutti i costi relativi alla pro-duzione, in relazione soprattutto all’indivi-duazione di opportune economie di scala e processi che garantiscano rese sufficiente-mente costanti nel tempo.

In conclusione, nonostante le grandi po-tenzialità di utilizzo della biomassa algale, c’è ancora bisogno di sperimentazione e sviluppo perché queste tecnologie possano diventare una realtà commerciale diffusa, specialmente in campo energetico. Pur-troppo, in questi tempi di grave crisi eco-nomica, la tendenza è quella di ridurre i fondi dedicati alla ricerca; le poche risorse disponibili devono essere dedicate ai setto-ri d’indagine più promettenti. Tra di essi si possono senz’altro annoverare, come si è cercato di mostrare nel presente articolo, le microalghe.

Fabio Barbato, Carlo Alberto Campiotti,Germina Giagnacovo, Vito Pignatelli,

Dario Tumminelli, Corinna ViolaENEA, Roma

Estelle Silva DioratoUniversidade Federal do Bahia, Brasile

RiFERiMEnTi bibliOGRAFiCi SElEZiOnATi• Arai S.,1996. Studies of Functional foods in Japan-State of the art. Biosci.,

Biotechnol., Biochem. 60, 9-15.• Barbato F., 2011. An integrated approach to microalgae culture in Italy.

IEA meeting on Biorefinery, Task 42, Tortona - Italy, 4 april 2011. http://www.iea-bioenergy.task42-biorefineries.com/publications/stakeholder-meetings/2011/

• Barbato F., De Luca E., 2011. Some methods to save energy, time and money in small scale microalgae culture. XIX ISAF International Symposium on alcohol fuels, 10-14 october 2011, Verona - Italy.

• Becker W., 2004. Nutritional Value of Microalgae for Aquaculture. In: Handbook of Microalgal Culture: Biotechnology and Applied Phycology. Ed. A. Richmond - Blackwell Science, pp. 380-391.

• Ben-Amotz A., Shaish A., Avron M., 2003. The biotechnology of cultivating Dunaliella for production of β-carotene rich algae. Bioresource Technology Volume 38, Issues 2-3, 1991, Pages 233-235.

• Benemann J. R., Pedroni P., 2007. Biofissazione di CO2 fossile mediante microalghe per l’abbattimento dei gas serra. In “Enciclopedia degli idrocarburi”, Ed. Treccani, pp. 837-861.

• Brown M.R., Mular M., Miller I., Farmer C., and Trenerry C. 1999. The vitamin content of microalgae used in aquaculture. J. Appl. Phicol., 11, 247-255.

• De Pauw, N. & Persoone, G., 1988. Microalgae for aquaculture. In: Micro-algal. Biotechnology (eds M.A. Borowitzka & L.J. Borowitzka), pp. 197-221. Cambridge University Press, Cambridge, UK.

• Garofalo R., coordinatore, 2010. Report on main stakeholders. Algae and aquatic biomass for a sustainable production of 2nd generation biofuels - Aquafuels project. p. 217. http://www.aquafuels.eu/attachments/079_D%201.3%20Report%20on%20main%20stakeholders.pdf

• Hendrikson, 2009. Earth Food Spirulina. Published by Ronore Enterprises, Hawaii, USA. pp.187.

• IPCC (2007) Intergovernmental Panel on Climate Change ‘AR4 Synthesis report’. www.ipcc.ch

• Iwamoto H., 2004- Industrial production of microalgal cell-mass and secondary products-major industrial species- Chlorella, p.225-263. In Richmond, A. (ed. ) Handbook of microalgal culture. Blackwell, Oxford, UK.

• Kawaguchi K., 1980. Microalgae production systems in Asia. In “Algae Biomass”, ed. Shelef and Soeder, Elsevier.

• Park J.B.K., Craggs R.J., Shilton A.N., 2011. Wastewater treatment high rate algal ponds for biofuel production. Bioresource Technology 102 (2011), pp. 35-42.

• Schenk P. M., Thomas-Hall S. R., Stephens E., Marx U. C., Mussgnug J. H., Posten C., Kruse O., Hankamer B., 2008. Second Generation Biofuels: High-Efficiency Microalgae for Biodiesel Production. Bioenerg. Res. (2008) 1:20-43.

• Spolaore P., Cassan J.,Duran E., Isambert A., 2006. Commercial Application of Microalgae. Journal of bioscience and Bioenginerering 101, 87-96.

• Tredici M., 2010. Photobiology of microalgae mass cultures: understanding the tools for the next green revolution. Biofuels 1(1), 143-162.

SiTOGRAFiA• Progetto Aquafuels: http://www.aquafuels.eu/• ABO, Algal Biomass Organization: http://www.algalbiomass.org/• EABA, European Algal Biomass Association: http://www.eaba-association.

eu/• WUR, Wageningen University, sito su microalgae: http://www.algae.wur.nl/

UK/

28 n.26 | aprile 2012

Page 29: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Xxxx Xxx

Ecco alcune fra le più promettenti applicazioni nanotech per la tutela della salute

Nanotecnologie e medicina:dal drug delivery ai MEMS

di Aldo Domenico Ficara

Chip microelettromeccanico, un tipo di lab-on-a-chip

Page 30: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

La nanomedicina oggiLa nanomedicina è ormai una grande indu-stria, il cui fatturato è arrivato a 6,8 miliardi di dollari nel 2004, con oltre 200 compa-gnie e 38 prodotti commercializzati nel mondo. Nell’aprile 2006, la rivista Nature Materials stimava che fossero stati svilup-pati circa 130 tra farmaci basati sulla na-notecnologia e sistemi di distribuzione di medicinali nell’organismo (drug delivery). La National Nanotechnology Initiative, un programma di ricerca statunitense, pro-spetta nuovi impieghi commerciali di tali tecnologie nel campo dell’industria far-maceutica che potranno includere sistemi avanzati di erogazione di farmaci, nuove terapie e miglioramenti nella diagnostica per immagini.Le possibili applicazioni di settore van-no dall’uso clinico dei nanomateriali, alla formulazione di nuovi sistemi per la som-ministrazione dei farmaci, ai biosensori nanotecnologici, al possibile utilizzo - nel medio periodo - della nanotecnologia mo-lecolare. Da pochi anni a questa parte la ricerca ha tra i suoi obiettivi quello di re-alizzare laboratori per sviluppare le tecno-logie in campo bio-medicale come il drug delivery e la diagnosi precoce dei tumori questi, grazie alla loro natura interdisci-plinare tra le scienze della vita (medicina, biologia, farmacia) e scienze esatte (fisica e chimica), avranno enormi potenzialità nel progettare lab-on-a-chip (LOC), per la cura farmacologica dei tumori. In particolare questi studi comprenderanno due fasi di sviluppo. La prima riguarda il trasporto mirato dei farmaci (drug delivery, letteralmente “consegna del farmaco”), in termini di studio delle proprietà strutturali, di dinamica a livello molecolare di alcune classi di sistemi nanostrutturati di interes-se, di studio del targeting (mira, bersaglia-mento) e di velocità di rilascio del farmaco

in vitro da parte del vettore, in relazione alla funzionalizzazione delle superfici e della struttura tridimensionale create me-diante la micro e nano fabbricazione. La seconda fase di sviluppo concerne la scel-ta dei dispositivi da progettare e realizza-re per una migliore diagnosi precoce dei tumori, come i LOC e i bioMEMS di cui parleremo più avanti.

Drug deliverySono molte le ricerche sperimentali per la produzione e la caratterizzazione di nano-particelle che, ricoperte con polimeri bio-compatibili, possano diventare dei vettori efficienti da utilizzare nel drug delivery, inteso come lo sviluppo di sistemi alter-nativi di distribuzione mirata dei farmaci nell’organismo. Ciò al fine di circoscrivere l’effetto biologico della terapia a una deter-minata tipologia di cellule, migliorandone l’efficacia e riducendone, nel contempo, la tossicità. Pertanto, esso rappresenta una delle tecniche alternative migliori per la somministrazione di medicinali ai malati cronici, i quali necessitano di trattamenti continuativi, solitamente con alti dosaggi, che comportano spesso significativi effet-ti collaterali. Questi nuovi sistemi, infatti, hanno il grande vantaggio di poter veico-lare i principi attivi direttamente e solo sul bersaglio, in un’unica dose che viene rila-sciata gradualmente.Tra i possibili carrier (vettori) da utilizza-re nei processi di drug delivery troviamo quelli realizzati con nanoparticelle di oro, di silice, o di ossidi di ferro coniugati con dendrimeri (molecole polimeriche molto ramificate) i quali mostrano grandi poten-zialità come sistemi multivalenti per un im-piego sia diagnostico che terapeutico.Il chiosano, ad esempio, è un polimero di origine naturale derivato per deacetilazio-

Nanotecnologie e medicina Dal drug delivery ai MEMS

In campo clinico e farmacologico le nanotecnologie si occupano delle applicazioni che sfruttano sistemi con dimensioni dell’ordine di grandezza dei nanometri per scopi terapeutici o diagnostici. La ricerca nel settore della nanomedicina offre numerose eclatanti prospettive, fino ad ipotizzare la futura creazione nano-macchine utilizzabili per riparare le cellule. In attesa di queste rivoluzionarie scoperte, discutiamo assieme delle tecnologie più promettenti attualmente in fase di sperimentazione: i nano-vettori per la distribuzione mirata dei farmaci (drug delivery), i lab-on-a-chip e altri tipi di MEMS, Micro Electro Mechanical Systems, utilizzabili a scopo diagnostico.

30 n.26 | aprile 2012

Page 31: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Nanotecnologie e medicina Dal drug delivery ai MEMS

ne (rimozione di uno o più gruppi acetile, -COCH3) alcalina dalla chitina, recente-mente proposto quale materiale per il ri-lascio controllato di farmaci attraverso le mucose. Altro esempio sono i globuli rossi, i quali - essendo cellule trasportatrici (di emoglobina) senza nucleo - potrebbero es-sere usati come carrier biologici. In alternativa si studiano le nanoshell (nano-gusci) multistrato, costituite da un nucleo di silice ricoperto da un sottile velo d’oro. La dimensione, la forma e la com-posizione delle nanoshell determinano in esse particolari proprietà ottiche che le fanno rispondere a specifiche lunghezze d’onda della radiazione elettromagnetica, permettendo di convertire la luce in calo-re, per distruggere selettivamente le cellu-le cancerose, senza intaccare i tessuti sani

adiacenti al tumore. In altre parole questi nano-gusci sono realizzati da un nocciolo sferico e da un dielettrico (isolante) di os-sido di silicio, aventi entrambi dimensioni dell’ordine dei nanometri. Il nocciolo è rac-chiuso in un guscio di oro che può essere progettato e costruito in modo da risuonare con la radiazione della luce incidente nella regione spettrale dell’infrarosso-vicino, as-solutamente innocua e capace di penetrare profondamente nei tessuti. Quest’ultima riscalda in modo selettivo le nanoshell irra-diate, provocando così l’ablazione termica del tessuto con il quale sono a contatto. L’indice terapeutico (TI) di un farmaco è il rapporto tra il suo beneficio per una data prescrizione e gli effetti collaterali indesi-

derati, rappresenta quindi un indice della validità del medicinale che aumenta in pro-porzione. Per questo i tecnologi farmaceu-tici, al fine di innalzare il valore di questo parametro, ipotizzano l’uso di questi vettori per strategie simultanee con bersagli diver-si, con un guadagno cumulativo in termini di selettività che, a sua volta, porta ad un au-mento del TI. In altri termini, le probabilità di localizzazione di una lesione attraverso meccanismi differenti sono additive, quindi il fatto che la progettazione di nanovettori possa trarre, contemporaneamente, vantag-gi da diversi meccanismi rende possibile una strategia terapeutica potenzialmente vantaggiosa.

Lab-on-a-chip e bioMEMS

Con lab-on-chip (LOC) si indica un dispo-sitivo, un laboratorio in miniatura, che in-tegra funzioni multiple su un singolo chip, con dimensioni variabili da pochi millime-tri a qualche centimetro quadrato. Si tratta in pratica di un microreattore (vedi Green n. 24, pagg. 26-33) capace di trattare volu-mi di fluidi estremamente piccoli inferiori all’ordine dei picolitri (un milionesimo di milionesimo di litro, 1 pl = 10-12 l). I LOC appartengono alla famiglia dei dispositivi MEMS, dall’inglese Micro Electro Mecha-nical Systems (microsistemi elettromecca-nici), indicati anche come µTAS, Micro Total Analysis Systems. Lavorando a livello di picolitri si en-tra nell’ambito della microfluidica, ter-mine generale che descrive anche di-spositivi di controllo di meccanica dei fluidi (pompe e valvole) o sensori, come flussometri e viscosimetri.Dopo la scoperta della microtecnologia, avvenuta attorno al 1954, per realizzare strutture integrate di semiconduttori per chip microelettronici, queste tecnologie basate sulla litografia elettronica furono applicate una ventina d’anni dopo per la fabbricazione di sensori di pressione nel campo manifatturiero. Tali nuovi sviluppi hanno portato alla progettazione di strut-ture meccaniche in silicio dell’ordine di grandezza dei micrometri o ancor più pic-cole, inizia così l’era dei MEMS microflu-idici, dispositivi che trasportano, erogano, combinano e/o separano fluidi a livello microscopico. I sistemi di spruzzamento, trasporto e misurazione di tale tipo rap-presentano un potenziale di innovazione tecnologica e produttiva che solo da poco le industrie hanno incominciato ad apprez-zare, realizzando che l’applicazione di que-

Azione delle nanoshell sul tumore mediante un particolare mecca-nismo detto “cavallo di Troia”. In questo caso esse vengono fa-gocitate dai macrofagi in seguito “reclutati” nella zona tumorale. A questo punto irradiando con raggi infrarossi (IR vicino) le nanoshell entrano in risonanza producendo calore che distrugge selettivamente le cellule malate.

Un lab-on-a-chip, un microre-attore in vetro con superficie di pochi centimetri quadrati. Si tratta di un dispositivo simile alle cartucce (cartridge) usate sul si-stema LOCAD-PTS della Nasa, rappresentato nelle immagini che seguono.

31 n.26 | aprile 2012

Page 32: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

sti dispositivi riesce a ridurre le quantità di liquidi impiegati, minimizzando gli scarti e consentendo di operare in serie o in paral-lelo su dispositivi multipli.Inizialmente i MEMS microfluidici sono stati utilizzati come valvole, pompe e siste-mi per getto d’inchiostro; in quest’ultimo caso servono per migliorare la risoluzione della stampa; grazie alla miniaturizzazio-ne permettono una maggiore densità degli ugelli, riducendo nel contempo il consumo di inchiostro, con un conseguente incre-

mento della vita media delle cartucce. Uno dei più avanzati centri di ricerca, sviluppo e produzione d’Europa in questo settore si trova in Valle d’Aosta e, precisamente, ad Arnad, nel polo tecnologico del Gruppo Olivetti Tecnost di proprietà della Telecom Italia. Il campionamento e l’analisi delle acque sono altre possibili applicazioni dei MEMS microfluidici, in questo caso, ad esempio, numerosi dispositivi possono essere collo-cati in punti strategici delle reti idriche per

Nanotecnologie e medicina Dal drug delivery ai MEMS

Il Lab-On-a-Chip Applications Development Portable Test Sy-stem (LOCAD-PTS) trasportato sulla Stazione spaziale interna-zionale (Iss) dallo Space Shuttle Discovery il 9 dicembre 2006. Il sistema serve per l’analisi di microrganismi prelevati tramite tamponi che vengono eluiti per poi distribuire il liquido nella cartuccia, il lab-on-a-chip vero e proprio, la quale viene poi “let-ta” dallo strumento.[Immagine: Nasa]

32 n.26 | aprile 2012

Page 33: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Nanotecnologie e medicina Dal drug delivery ai MEMS

misurare la qualità dell’acqua e l’eventuale presenza di sostanze tossiche. I bioMEMS, o bio-microsistemi, rappre-sentano un tipo particolare di dispositivi; sono progettati per trasportare, mescolare e/o separare liquidi a livello microscopico e presentano la caratteristica unica di poter trattare sia liquidi contenenti materiale bio-logico che fluidi biologici, come, ad esem-pio, il sangue. Si tratta di un gruppo molto vasto, comprendente apparecchiature in-tegrate e miniaturizzate utilizzabili per la ricerca e sviluppo in biologia e biochimica, nella diagnostica, nella terapia e nel moni-toraggio. Sono identificati con appellativi diversi a seconda delle loro caratteristiche e funzioni: biochip, bioMEMS, microar-ray, chip a Dna, cell-chip, micro-impianti.

Potenziali applicazioni con l’uso di Dna

Le possibilità di realizzare il trasporto mi-rato dei farmaci (drug delivery) con nano-

vettori e di creare dei microscopici lab-on-a-chip - interattivi a controllo remoto, in grado di raccogliere e trasmettere dati dall’interno del corpo del paziente - dimo-strano l’enorme potenziale delle nanotec-nologie in campo terapeutico, diagnostico e farmaceutico. Un recente comunicato stampa della Scuo-la Internazionale Superiore di Studi Avan-zati (SISSA) di Trieste, riportato dal nostro blog sulle nanotecnologie “Dieci alla meno nove” (http://chiacchieresulnano.blogspot.com/2011/05/forbici-molecolari-intrappo-late-in.html), apre nuove prospettive per la medicina molecolare di frontiera. Un team internazionale di ricerca ha scoperto un particolare meccanismo di interazione degli enzimi di restrizione all’interno di nanostrutture di Dna che apre a nuovi pos-sibili scenari per l’analisi di frammenti di tessuti, non realizzabile con le attuali tecni-che diagnostiche. Ciò potrebbe favorire lo sviluppo di nanotecnologie a basso costo, usando strutture composte da molecole di Dna, utili - per esempio - per l’analisi di

Descrizione delle biochimica alla base del funzionamento del LO-CAD-PTS della Nasa. Il sistema permette di analizzare i campioni per rilevare la presenza di batteri Gram-negativi (celeste), muffe e funghi (verde), batteri Gram-po-sitivi (rosso), grazie all’uso di tre diversi lab-on-a-chip che identifi-cano delle componenti cellulari specifiche, rispettivamente en-dotossine (LAL), glucano e acidi lipoteicoici (LTA). [Immagine: Jake Maule, NASA Marshall Space Flight Center]

33 n.26 | aprile 2012

Page 34: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Nanotecnologie e medicina Dal drug delivery ai MEMS

AlCunE TECniCHE Di FAbbRiCAZiOnE DEi MEMSLe principali tecniche attualmente usate per la produzione di MEMS, Micro Electro Mechanical Systems, sono: 1) la microlavorazione di volume (bulk micromachining); 2) la microlavorazione superficiale (surface micromachining); 3) le tecniche LIGA.

1) il bulk micromachining

È stata la prima tecnologia ad essere sviluppata per produrre microstrutture semplici. Prevede la realizzazione di strutture tridimensionali direttamente in substrati di silicio usando tecniche che comportano la rimozione di materiale (etching) tramite attacchi umidi o secchi, la deposizione di strati sottili, l’introduzione di impurità nel substrato per cambiarne le proprietà, il bonding del substrato, legandovi sopra particolari molecole o strutture

Le cosiddette tecniche di attacco cristallografico servono per la rimozione selettiva del substrato, permettendo - per così dire - di scolpirlo. Si sfrutta l’anisotropia della velocità di attacco ai diversi piani del wafer cristallino (etch rates), dovuta al loro diverso orientamento. Possono essere usate soluzioni isotrope o anisotrope, ma nel primo caso le geometrie ottenibili hanno solo forma emisferica, mentre nel secondo è possibile ottenere forme diverse e meglio definite, a scapito di costi più elevati e tempi più lunghi

2) il surface micromachining

Attualmente si può considerare la tecnica più diffusa per la realizzazione di dispositivi MEMS. Consiste nella deposizione di strati dielettrici (isolanti) e metallici sulla superficie di un wafer siliceo e la successiva realizzazione delle strutture tramite tecniche fotolitografiche. Questi sono poi attaccati in modo da creare strutture anche molto complesse sulla superficie del substrato.

Per la composizione degli strati si usano due tipi di materiali: “strutturale” e “sacrificale”. Dopo la deposizione ogni strato viene lavorato tramite attacchi secchi e infine lo strato sacrificale viene rimosso per liberare le strutture formate, un po’ come la cera viene rimossa da un calco di gesso.

3) La tecnica LiGA (Roentgen Lithography Galvanic Abformung)

Questa particolare tecnica fotolitografica, sviluppata in Germania, è indicata per la produzione di strutture spesse con pareti laterali pratica-mente verticali. Si parte da un substrato conduttivo che viene ricoperto da uno strato molto spesso di photoresist, una sostanza polimerica che ha la proprietà di poter essere rimossa facilmente dalla soda caustica nel caso venga impressionata dai raggi UV-A, mentre è molto resistente alla corrosione da parte del cloruro ferrico se non esposta alla radiazione. Per poter penetrare verticalmente tutto lo strato, la lito-grafia sfrutta la luce di sincrotrone, cioè la radiazione elettromagnetica generata da particelle cariche, solitamente elettroni o positroni, che viaggiano a velocità prossime alla velocità della luce su una traiettoria curva determinata da un campo magnetico.

Dopo lo sviluppo che elimina le porzioni non impressionate, il photoresist viene sottoposto a electroplating che va a coprire la struttura for-matasi con la fotoincisione; in seguito la placcatura viene accresciuta galvanicamente finché il metallo non supera il livello del photoresist che viene in fine viene rimosso, ottenendo uno stampo metallico che è utilizzato per produrre un numero illimitato di copie in plastica.

singole cellule tumorali circolanti nel san-gue, di micro-dissezioni ricavate da biop-sie, di biomolecole contenute in campioni biologici minuscoli. Parametri ad oggi difficilmente analizza-bili potrebbero essere facilmente misurati utilizzando sensori miniaturizzati, con di-mensioni più piccole di una singola cellula, capaci di interagire con le biomolecole e di studiarne le caratteristiche. Usando metodi di manipolazione molecolare, questi ricer-catori hanno studiato l’interazione degli enzimi di restrizione con la doppia elica del Dna, in condizioni particolarmente diverse da quelle esplorate finora. Hanno utilizzato corte molecole di acido desossiribonuclei-co, lunghe appena una decina di nanome-tri, per costruire delle matrici simili a dei boschetti, formati da una “distesa” di pa-letti verticali su una superficie liscia. Così hanno scoperto che, quando la densità dei “paletti” di Dna è sufficientemente alta da formare una struttura altamente ordinata, gli enzimi possono accedere alla matrice solo dai bordi laterali, mediante diffusione. All’interno, essi si muovono solo in piano

su due dimensioni, cioè viaggiano da un lato all’altro restando intrappolati, anche per centinaia di micrometri, coprendo di-stanze centinaia o decine di migliaia di vol-te maggiori del loro diametro. Dal punto di vista fisico questa scoperta è sorprendente per due ragioni: la prima è che finora non era mai stato osservato un meccanismo diffusivo bidimensionale di questo tipo.La seconda riguarda il fatto che la diffusio-ne avvenga spontaneamente, senza il biso-gno di forze esterne (e quindi di energia); come avviene, per esempio, nell’elettrofo-resi o nei LOC dove bisogna applicare un campo elettrico.

Aldo Domenico FicaraIngegnere elettrotecnico

Docente di elettrotecnica presso l’IIS di Furci Siculo (ME)

34 n.26 | aprile 2012

Page 35: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Xxxx Xxx

Si è conclusa l’edizione 2010/2011delle Olimpiadi della Scienza - Premio Green Scuola

Quando i giovani diventano amici della chimicaa cura di Pellegrino Conte e Fulvio Zecchini

L’Aula Magna dell’Università di Catania, sede della cerimonia di premiazione.

“Non ci sono molecole cattive, ci sono solo uomini malvagi”. Questa citazione del premio Nobel per la Chimica (1981) Sir Roald Hoffmann, già riportata su Green n. 22, ben rappresenta la filosofia che sta alla base della sesta edizione del concorso per le scuole secondarie di secondo grado - intitolata “Quando la chimica diventa amica dell’ambiente. Presente e futuro dei prodotti chimici puliti” - che si è conclusa con la cerimonia di premiazione tenutasi il 23 gennaio scorso a Catania. Una giornata di festa per studenti e professori di cui vogliamo rendervi conto nelle pagine successive.

Page 36: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Olimpiadi della Scienza Conclusa la 6a edizione

La sesta edizione delle Olimpiadi della Scienza - Premio Green Scuola (anno sco-lastico 2010/2011), intitolata “Quando la chimica diventa amica dell’ambiente - Pre-sente e futuro dei prodotti chimici puliti”, si è conclusa con la bella cerimonia tenu-tasi il 23 gennaio scorso presso l’Aula Ma-gna dell’Università di Catania, gentilmente messa a disposizione dal Magnifico Retto-re, professor Antonino Recca. Il concorso, rivolto alle scuole secondarie di secondo grado, è organizzato annual-mente dal Consorzio Interuniversitario Nazionale “La Chimica per l’Ambiente” (Consorzio INCA, l’ente di ricerca e alta formazione non-profit che rappresenta il nostro editore), in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca - Dipartimento Istruzio-ne, D.G. per gli Ordinamenti Scolastici e per l’Autonomia Scolastica, con la nostra rivista Green e con la partecipazione del-la SCI, la Società Chimica Italiana. Come per le ultime edizioni, il Presidente della Repubblica, on. Giorgio Napolitano, ha voluto concedere la sua pregevolissima adesione. Il premio è accreditato dal pro-gramma “Io Merito” di Valorizzazione delle Eccellenze scolastiche del Miur, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.Di seguito diamo spazio ai protagonisti della cerimonia, per poi proseguire illu-strando brevemente alcuni degli elaborati che, pur non avendo vinto, si sono dimo-strati essere di alta qualità e gradimento da parte della commissione di valutazione. Quest’ultima era formata dai professori Angelo Albini - Università di Pavia (Con-siglio Scientifico del Consorzio INCA; Coordinatore del Gruppo Interdivisionale

di Green Chemistry della SCI), Armando-doriano Bianco - Università “La Sapien-za” di Roma (Comitato Scientifico rivista “Green. La Scienza al Servizio dell’Uomo e dell’Ambiente), Giovanni Sartori - Uni-versità di Parma (Consiglio Scientifico del Consorzio INCA) e Corrado Sarzanini - Università di Torino (Presidente Divisione Ambiente e Beni Culturali della SCI).La graduatoria del concorso è consultabile sul sito della nostra rivista, al link: http://incaweb.org/green/pgsVIed/index.htm

Una giornata di festaSono le 11.00 del 23 gennaio 2012, a Cata-nia la giornata è soleggiata, quasi primave-rile. Un centinaio persone, gli studenti au-tori degli elaborati premiati - accompagnati da compagni e familiari e dai docenti che hanno coordinato i progetti -, assiepano l’Aula Magna dell’Università di Catania. Cominciano i lavori della cerimonia, pre-sieduti dal professor Leonardo Palmisano dell’Università di Palermo, vicepresidente del Consorzio INCA. Dopo i saluti di rito, egli spiega lo scopo del concorso: una sana competizione scolastica che intende au-mentare la consapevolezza dei giovani in merito al ruolo fondamentale che la scienza ha nella tutela della salute e dell’ambiente; sottolineando nel contempo l’importan-za della ricerca e della collaborazione tra scuola e università. Poi il vicepresidente descrive brevemente INCA e gli altri enti organizzatori del concorso, portando i sa-luti della SCI, il cui rappresentante, il pro-fessor Michele A. Floriano, non ha potuto presenziare per motivi di salute.Interviene il prorettore dell’Università di

Il professor. Leonardo Palmisa-no, vicepresidente del Consorzio INCA, avvia i lavori della ceri-monia di premiazione. Affianco a lui, da sinistra a destra troviamo il professor Guido De Guidi, rap-presentante dell’ateneo catanese nel Consiglio Direttivo INCA, la professoressa Maria Luisa Car-nazza, pro-rettore, e il professor Salvatore Indelicato, preside del “Cannizzaro”.

36 n.26 | aprile 2012

Page 37: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Olimpiadi della Scienza

Premio Green Scuola

Olimpiadi della Scienza Conclusa la 6a edizione

Catania, professoressa Maria Luisa Car-nazza, la quale parla a nome del Rettore, impossibilitato a partecipare. Dopo il ben-venuto alle scuole e agli organizzatori, ella sottolinea l’importanza della collaborazio-ne tra università e scuola e, più nello speci-fico, come questa edizione del concorso sia utile per introdurre la chimica, disciplina complicata quanto affascinante, ai giovani e farli innamorare di una scienza che tenta di spiegare la struttura e il comportamento della materia e di descrivere i processi che avvengono negli esseri viventi, meravi-gliose macchine biochimiche.

A seguire, intervengono prima il professor Guido De Guidi, rappresentante dell’Uni-versità di Catania nel Consiglio Direttivo del Consorzio INCA, e poi il professor Salvatore Indelicato, Direttore scolastico dell’ITIS “Stanislao Cannizzaro” di Cata-nia, primo classificato del concorso e or-ganizzatore della cerimonia. Dopo i saluti

e i ringraziamenti, entrambi ribadiscono l’importanza della chimica nel mondo mo-derno. Viene quindi il tempo di illustrare i progetti da parte degli studenti che li han-no realizzati, mentre i docenti coordinatori chiudono gli interventi dei propri istituti, parlando della didattica delle scienze e del-le attività scolastiche connesse alla tutela della salute e dell’ambiente.Parte il terzo classificato: l’Istituto Tecni-co Industriale Statale e Liceo Scientifico “Ettore Molinari” di Milano. Il progetto è ben presentato dagli autori Sara Iacopetti (5aA periti chimici) e Dario Renna (4aA periti chimici), si intitola “Materie plasti-che sostenibili. Il PLA: un polimero amico dell’ambiente”. I due descrivono dapprima la scoperta della plastica e la sua importan-za nel mondo moderno, quindi evidenziano i problemi ambientali legati al suo uso indi-scriminato. Infine, introducono il concetto di biopolimeri, come sostituti ecosostenibi-li grazie all’elevata biodegradabilità. L’og-getto specifico del lavoro è l’acido polilat-tico (PLA) che è utilizzato, tra l’altro, per la fabbricazione di flaconi, bottiglie e tes-suti. Si tratta di un polimero dell’acido lat-tico. Molecola, quest’ultima, di cui vengo-no illustrate sintesi e funzione negli esseri viventi, che viene prodotta a livello indu-striale per fermentazione microbica. Segue la descrizione dettagliata del meccanismo di polimerizzazione e della caratterizza-zione analitica del PLA mediante FT-IR, spettroscopia all’infrarosso in trasformata di Fourier. A seguire, il professor Mariano Calatozzolo illustra le attività didattiche del suo istituto e le varie collaborazioni ad attività di salvaguardia dell’ambiente, tra cui quella con Legambiente per il mo-nitoraggio del fiume Lambro. Egli ricorda anche che il “Molinari” ha già vinto il con-corso del Consorzio INCA nel 2008, con un progetto su biodiesel e biocombustibili.Tocca ora al secondo classificato, l’Istituto Tecnico Industriale Statale “Enrico Fermi” di Siracusa. Il progetto “Produzione bio-tecnologica di biocombustibili: il biodie-sel” viene illustrato dagli autori Christian Terra (5aA), Alessio Franzò (5aB), Arianna Miano (4aB) e Stefano Ippolito (4aA). Gli studenti illustrano con dovizia di particola-ri la problematica legata ai carburanti fossi-li, caratterizzata dal loro esaurimento in un futuro non molto lontano e dal significativo contributo all’aumento della concentrazio-ne della CO2 atmosferica. Passano, poi, alla descrizione dei processi di transesterifica-zione usati per la sintesi del diesel da bio-masse agricole di scarto. Il professor Fran-cesco Randone conclude l’intervento del “Fermi” descrivendo le attività didattiche

La consegna dei premi al “Mo-linari” di Milano, terzo classifi-cato.

La consegna dei premi al “Fer-mi” di Siracusa, secondo classi-ficato

1classificato

2classificato

3classificato

1classificato

2classificato

3classificato

37 n.26 | aprile 2012

Page 38: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Olimpiadi della Scienza Conclusa la 6a edizione

e le iniziative in merito a scienza, salute e ambiente.Infine, cinque dei 13 autori si incaricano

della presentazione del progetto vinci-tore del primo premio; sono tutti

studenti della 3aA dell’Istituto Tecnico Industriale Statale

“Stanislao Cannizzaro” di Catania. Il progetto, intitolato “Dagli agrumi di Sicilia solventi eco-compatibili”, muove dalla costatazione che ogni anno tonnellate di agrumi prodotti sul

territorio regionale ven-gono mandati al macero,

ciò si deve alla sovrappro-duzione e al basso costo che

impedisce il trasporto verso mercati lontani. Gli autori illu-

strano come questo surplus di agrumi può essere

sfruttato per l’estra-zione di oli essen-

z i a l i utilizza-

bili come solventi alter-

nativi ecocompatibili, ad esempio, nella produzione di coloranti e vernici. La professoressa Angela Per-colla illustra la didattica

della scienza al “Cannizzaro” e i numerosi premi vinti dai suoi allievi, tra cui un altro primo posto ottenuto alle Olimpiadi della Scienza del 2007.A conclusione della cerimonia, verso le 13.00, vengono consegnati premi e ricono-scimenti. Oltre all’ovvia soddisfazione di essersi imposti in una sana competizione tra scuole, gli istituti vincitori ricevono, tra scrosci di applausi e manifestazioni di gioia, l’attestato di premiazione, una tar-ga del Consorzio INCA e, non ultima, la pregiata medaglia del Presidente della Re-pubblica. Essendo il concorso accreditato dal programma “Io Merito” del Miur, gli studenti autori dei lavori vincitori saranno inclusi nell’apposito elenco delle eccellen-ze e riceveranno dal ministero un premio in denaro da destinarsi a scopi formativi.Dopo la cerimonia, un lauto pranzo, offerto dagli organizzatori, aumenta il buon umo-re di tutti e prepara alla parte ludica della giornata: studenti e docenti si riversano per le vie di Catania alla scoperta dei luoghi storici e artistici e di quelli più curiosi, con

I vincitori del concor-so “Cannizzaro” di Catania posano per le interviste da parte di giornali e televisioni locali.

Fronte e retro della medaglia del Presidente della Repubblica con-segnata ai tre vincitori.

Una delle targhe di premiazione consegnata dal Consorzio INCA ai vincitori

1classificato

2classificato

3classificato

38 n.26 | aprile 2012

Page 39: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Olimpiadi della Scienza Conclusa la 6a edizione

i colleghi del posto a far da cicerone. È la degna conclusione di una giornata di festa.

Vincitori e “vinti”Ci pare giusto fornire un’ampia sintesi de-gli elaborati vincitori; lo facciamo nei box di fine articolo. Prima dedichiamo un meri-tato spazio, forzatamente breve, a qualcuno dei “vinti”. Abbiamo usato questo termine

per indicare sinteticamente chi non è stato premiato, ma l’abbiamo scritto volutamente tra virgolette, perché per l’appunto i “vinti” non devono considerarsi tali, in quan-to la stessa partecipazione al con-corso è da considerarsi una vitto-ria per tutti, una dimostrazione del grande impegno profuso, un contributo fondamentale agli obiettivi degli organizzatori: aumentare la consapevolezza dei giovani, dei loro amici e familiari, e, di conseguenza della società tutta, riguardo al ruolo fondamentale della scienza nella vita quotidia-na; evidenziando nel con-tempo le realtà eccellenti nazionali nell’ambito delle scuole secondarie di se-condo grado.I premiati, purtroppo,

sono solo tre, ma la maggior parte degli elaborati era di buon livello e avrebbe me-ritato un riconoscimento, ma una scelta va pur fatta. Vogliamo, però, rendere omaggio almeno a qualcuno dei lavori non vincitori; perciò descriveremmo brevemente quelli maggiormente apprezzati dai singoli mem-bri della commissione di valutazione.

Molto bello il giornale progettato dagli stu-denti della classe 3aA dell’IIS “Majorana-Marconi” di Messina con la supervisione del Prof. Nicola Spanò, intitolato “Chimica verde e sostenibile. La chimica sono Io. Io rispetto l’ambiente” che approfondisce vari temi di questa disciplina, tra i quali: energie alternative, biocarburanti, materiali ecocompatibili, solventi verdi.Di ottimo livello la presentazione multime-diale “Diciamo no alla diossina!... Sì, ma come?” dell’IISS “Q.O. Flacco” di Castel-laneta in provincia di Taranto. L’elaborato, la cui realizzazione da parte degli allievi della 2aA (informatica) e della 2aB (elettro-nica e telecomunicazioni) è stata coordina-ta dalla professoressa Teresa Piccoli, tratta di uno scottante problema locale: quello delle elevate concentrazioni di diossina ritrovate in matrici ambientali e alimentari nel tarantino, dovute alle emissioni indu-striali soprattutto da parte delle acciaierie.Notevole anche il progetto “Le noci del sa-pone: detergente ecologico, efficace, eco-

Una diapositiva della presenta-zione del “Flacco” di Castella-neta (Taranto).

La copertina del giornale del “Majorana-Marconi” di Messina.

39 n.26 | aprile 2012

Page 40: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Olimpiadi della Scienza Conclusa la 6a edizione

nomico” dell’Istituto Tecnico per Attività sociali “Galileo Galilei” di Jesi (Ancona), realizzato dagli allievi dalla 5aC (indirizzo biologico), con la supervisione del pro-fessor Edgardo Catalani. Viene descritto in dettaglio il processo per sfruttare come detergenti e detersivi naturali le saponine contenute nei frutti dell’albero Sapindus mukorossi, una pianta appartenente alla fa-miglia delle Sapindaceae, tipica dell’India e della catena dell’Himalaya.Spicca per originalità la presentazione “È ora di risplendere” dell’Istituto Nautico “San Giorgio” di Genova, in cui gli allie-vi della 2aF (indirizzo trasporti e logistica) - con la guida della professoressa Teresa

Procopio - esplorano le possibilità di ridur-re l’uso di detergenti di sintesi. Per farlo partono dall’esperienza dei vecchi saggi, da interviste ai nonni e ai familiari più an-ziani, i quali da giovani hanno vissuto in un mondo in cui non esisteva la moltitudine di prodotti chimici oggi disponibili. Essi erano, quindi, costretti ad usare “metodi naturali”.Questi sono solo alcuni esempi dell’im-pegno di studenti e insegnanti che hanno partecipato con dedizione e interesse al concorso, con grande soddisfazione degli organizzatori: solo se i giovani diventano amici della chimica, questa può diventare davvero amica dell’ambiente!

“SOlVEnTi AllA FRuTTA DAGli AGRuMi Di SiCiliA, SOlVEnTi ECOCOMPATibili”

Scuola: Istituto Tecnico Industriale Statale “Stanislao Cannizzaro” di Catania

Allievi autori: Raissa Aurora, Fabrizio Cappadonna, Mario Colombo, Michela Di Nanno, Angela Finoc-chiaro, Marco Granata, Manuel Minerba, Graziella Mita, Fabrizio Pace, Michael Pavone, Dario Serini, Anella Sorrentino, Daniele Timpano (classe 3aA)

Docenti coordinatori: Angela Percolla, Maria Palermo e Salvatore Consoli

Sintesi dell’elaborato inviata dagli autori:Il progetto è rivolto agli allievi di una terza classe dell’Indirizzo Chimica dell’ITI “Cannizzaro” di Catania ed è inserito nel contesto delle iniziative legate alle attività di Educazione Ambientale e sensibilizza-zione dei giovani nei settori della produzione eco-innovativa e del consumo sostenibile. La classe IIIA Chimica, ha studiato e prodotto i terpeni di arancio e limone; estratti dagli oli essenziali, che possono es-sere utilizzati come solventi ecocompatibili in sostituzione ai solventi sintetici, dannosi per l’ambiente.

Dalle bucce di agrumi infatti, mediante estrazione si ottengono i terpeni che si distinguono dai solventi sintetici per la componente naturale e per il basso impatto ambientale nello smaltimento.

La progettazione e sperimentazione dell’attività didattica di tipo laboratoriale è stata portata avanti dai docenti di Analisi Chimica, Laboratorio di Analisi Chimica e Chimica Organica che hanno lavorato in equipe utilizzando il 20% del monte ore di laboratorio consentendo di integrare le attività curriculari del-la scuola e permettendo agli allievi del corso Chimica di approfondire le conoscenze relative all’Analisi e alla Chimica Organica.

Il progetto ha previsto l’acquisto di un distillatore in corrente di vapore per estrarre presso il laboratorio della scuola gli oli essenziali dalle bucce d’arancia, successivamente il lavoro è stato approfondito con una visita presso il C.R.A - Centro di ricerca per l’agrumicultura e le colture mediterranee di Acireale (CT) e successivamente con un’attività laboratoriale presso l’Istituto di Chimica Biomolecolare del CNR di Catania. Gli allievi hanno potuto arricchire le proprie conoscenze e competenze teorico-pratiche, svol-gendo importanti attività presso il laboratorio dell’Istituto di Chimica biomolecolare del CNR di Catania, specializzato in chimica delle sostanze naturali di interesse biologico; qui gli allievi oltre all’estrazione delle essenze dalle bucce degli agrumi. Hanno analizzato mediante gas cromatografia i componenti presenti negli oli essenziali tra i quali i terpeni, sostanze utilizzabili come vernici ecocompatibili.

Il lavoro si è articolato in quattro fasi:

1. produzione degli oli essenziali nei laboratori della scuola mediante distillazione in corrente di vapore;

2. visita al CRA Centro di ricerca per l’agrumicultura di Acireale (Ct) e studio dei terpeni;

3. attività di laboratorio presso l’ICB di Catania (produzione oli essenziali dalle bucce d’agrumi ed uso dell’idrodistillatore, estrazione dei terpeni ed analisi gas cromatografica);

4. elaborazione del lavoro svolto e produzione del documento di testo inviato al concorso.

1classificato

2classificato

3classificato

40 n.26 | aprile 2012

Page 41: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

La nuova edizione del concorso

Per finire, ringraziamo tutti coloro che hanno inviato i loro lavori per l’edizione 2010/2011 e li invitiamo – assieme a tut-te le scuole secondarie di secondo livello statali e parificate - a partecipare alla nuo-va, la settima (anno scolastico 2011/2012), che è stata bandita il 25 gennaio scorso ed è intitolata “Prevenire è meglio che curare. La tutela dell’ambiente e della salute attra-verso l’analisi del ciclo di vita dei composti chimici e dei processi produttivi”. La scadenza per l’invio degli elaborati è il

31 maggio 2012 Il bando e tutta la docu-mentazione necessaria per partecipare si possono scaricare dal link: http://incaweb.org/green/pgsVIIed/index.htm

Pellegrino ConteUnità di Ricerca Palermo 2

Consorzio INCAFulvio ZecchiniConsorzio INCA

Olimpiadi della Scienza Conclusa la 6a edizione

Le finalità del progetto sono:

• approfondire le tecniche di distillazione ed estrazione; approfondire lo studio sui solventi tradizio-nali e sui solventi verdi;

• individuare le risorse che il nostro territorio offre ai fini della produzione di solventi verdi;

• attivare interventi di sensibilizzazione dei ragazzi sull’uso di prodotti a minor impatto ambientale;

• approfondire il problema che fa riferimento alla necessità non più derogabile di un consumo “criti-co” degli alimenti (tonnellate di agrumi finiscono al macero senza utilizzarne i sottoprodotti);

• imparare a lavorare in team.

Page 42: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Xxxx Xxx

“PRODuZiOnE biOTECnOlOGiCA Di biOCOMbuSTibili: il biODiESEl”

Scuola: Istituto Tecnico Industriale Statale “Enrico Fermi” di Siracusa

Allievi autori: Christian Terra (5aA), Alessio Franzò (5aB), Arianna Miano (4aB) e Stefano Ippolito (4aA)

Docente coordinatore: Francesco Randone

Sintesi dell’elaborato inviata dagli autori:Lo sviluppo ecosostenibile è un tema ampiamente rivisitato nel nostro Istituto che vanta un’esperienza cinquantennale dall’istituzione dell’indirizzo Chimico dal 1958.

La riduzione del fabbisogno energetico e il relativo impatto ambientale trova il punto di collocamento nello studio delle fonti rinnovabili e dei biocombustibili.

Durante il corso dell’anno, nell’ambito delle attività didattiche, alcuni studenti della V e della IV clas-se di indirizzo Chimico hanno approntato uno studio che ha sintetizzato la produzione di biodiesel a partire dalle materie prime (olio di soia, alcool metilico) seguendo le diverse fasi del processo attraver-so la messa in esercizio di un impianto pilota di produzione, lo studio in laboratorio della reazione di transesterificazione e la caratterizzazione del prodotto finito attraverso le analisi di laboratorio esegui-te secondo le norme UNI o metodi standard.

Ciò ha permesso da una parte di raffermare la cultura della sperimentazione attraverso il potenziamen-to della didattica laboratoriale e la conoscenza dei meccanismi di implementazione e gestione dei pro-cessi chimici, dall’altra ha favorito la capacità di gestire gruppi di lavoro rafforzandone l’apprendimento delle discipline scientifiche e tecnologiche.

L’utilizzo dei supporti informatici ha permesso una rapida consultazione di una biblioteca multimediale ed applicare le tecnologie informatiche alla didattica delle discipline scientifiche.

1classificato

2classificato

3classificato

42 n.26 | aprile 2012

Page 43: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

“MATERiE PlASTiCHE SOSTEnibili - il PlA: un POliMERO AMiCO DEll’AMbiEnTE”

Scuola: Istituto Tecnico Industriale - Liceo Scientifico S.A. “Ettore Molinari” di Milano

Allievi autori: Sara Iacopetti (5aA) e Dario Renna (4aA)

Docente coordinatore: Mariano Calatozzolo

Sintesi dell’elaborato inviata dagli autori:Il progetto si inserisce nelle attività extracurriculari basate sulla didattica laboratoriale (Scuola aperta) realizzate dal nostro Istituto.

Prende l’avvio dal nostro interesse per indagare anche sperimentalmente la sostenibilità delle produ-zioni chimiche. In particolare ci siamo interessati alle problematiche legate allo smaltimento delle mate-rie plastiche, specie quelle utilizzate negli imballaggi.

Dopo una rapida indagine documentale sull’impatto ambientale legato alla sostanziale non biodegra-dabilità di gran parte delle materie plastiche attualmente utilizzate, ci si è interessati al recente sviluppo di manufatti in acido polilattico (PLA), materiale che può biodegradarsi. Di particolare interesse è la produzione di acido lattico, il monomero del PLA, che può ottenersi per fermentazione di biomasse contenenti carboidrati. Le biomasse potenzialmente utilizzabili sono alquanto diversificate e possono costituire sottoprodotti da smaltire di altre lavorazioni.

Si dispiega, per il PLA, uno scenario altamente virtuoso sul piano della sostenibilità, che va dall’utilizzo di materie prime “seconde” da fonti rinnovabili, a processi produttivi, come la

fermentazione, che non richiedono condizioni particolarmente drastiche, a un prodotto biodegradabile, che quindi non dovrebbe presentare quelle problematiche che carat-

terizzano oggi lo smaltimento di molti manufatti in materie plastiche, specie degli imballaggi.

L’interesse per il PLA ci ha portati a verificare la possibilità di sintetizzarlo nei nostri laboratori. Si è effettuata una ricerca documentale sia sulla produzione per fermen-tazione di acido lattico, sia sulla sua polimerizzazione a PLA.

La parte sperimentale ha riguardato la preparazione di acido lattico per fermenta-zione di un terreno contenente glucosio con un ceppo di Lactobacillus delbrueckii

bulgaricus e la policondensazione dell’acido lattico, con allontanamento dell’acqua, sia per distillazione azeotropica, sia per essiccamento del solvente su setacci molecolari. La

massa molare media del PLA ottenuto è stata valutata viscosimetricamente.

Con il presente elaborato si è voluto indagare sulle valenze ambientali del PLA e sulla possibilità di produrre nei nostri laboratori sia l’acido lattico, sia lo stesso PLA.

Il lavoro presentato si articola in due sezioni:

• presentazione, che illustra le valenze ambientali del PLA e le fasi salienti delle attività di laboratorio.

• report tecnico scientifico dell’indagine documentale e delle attività sperimentali.

1classificato

2classificato

3classificato

Prove di degradazione microbica con attinomiceti in vitro di lamine di PLA di 20x20 mm circa con spessore di 0,13 mm. Al test è stato sottoposto sia PLA tal quale, che addizionato col 5% di due diversi materiali nanostrutturati (Cloisite 30B e Nanofil 804).

43 n.26 | aprile 2012

Page 44: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Sul numero del 26 marzo 2012 di Archives of Internal Medicine sono stati pubblicati i risultati di un’indagine epidemiologica condotte da un gruppo di ricerca dell’Uni-versità della California, diretto da Beatrice A. Golomb, rispetto ai quali in prima bat-tuta è lecito pensare: “Troppo bello per es-sere vero”. Ebbene, non è così; lo studio è stato condotto con rigore scientifico e con-fermerebbe quanto emerso da esperimenti di laboratorio, concordando, inoltre, con diverse indicazioni sugli effetti benefici del cioccolato per il metabolismo riportate in letteratura scientifica.Per la loro indagine i medici di La Jolla hanno usato un campione di 1.018 cittadini di San Diego, equamente divisi tra maschi e femmine, soggetti sani con età variabile dai 20 agli 85 anni, sul quale sono state ri-levate le abitudini alimentari, l’assunzione giornaliera di calorie, l’attività fisica e il BMI, il Body Mass Index, cioè l’indice di massa corporea (peso in chilogrammi divi-so altezza in metri al quadrato), col quale si valuta l’obesità di un individuo.L’analisi statistica ha evidenziato che chi consuma frequentemente moderate quanti-tà di cioccolato presenta in media un valore di BMI inferiore di chi ne consuma meno. Da un punto di vista medico i vantaggi non si fermano qui e includerebbero anche un miglioramento dell’attività dell’insulina, della pressione sanguinea e del livello di colesterolo; diminuendo, in definitiva, il ri-schio di contrarre malattie cardiovascolari. Tutto ciò sarebbe dovuto principalmente al

contenuto in polifenoli ad azione antiossi-dante, tra cui le catechine. L’introduzione sperimentale di epicatechina nella dieta di alcune cavie di laboratorio ha mostrato di-versi effetti positivi sulla loro fisiologia, tra cui la biogenesi e la capillarità dei mitocon-dri, la performance muscolare, l’aumento di massa muscolare magra e la riduzione di peso senza variare le calorie apportate dalla dieta.Certo questo squisito alimento è ricco di zuccheri e di grassi, quindi il suo consumo, da un punto di vista meramente calorico, tende a far aumentare di peso. Sembra, però, che alcune molecole in esso contenu-te, come quelle sopra riportate, apportino benefici metabolici tali da sovvertire l’ef-fetto “ingrassante” delle calorie. Ovvia-mente, si parla di un consumo moderato, nessuno si aspetti di dimagrire mangiando chili di cioccolato al giorno. Queste indicazioni sono sicuramente in-triganti. I ricercatori di san Diego hanno adottato tutta una serie di strumenti statisti-ci per evitare l’interferenza di altri fattori, relegando a una percentuale decisamente bassa la probabilità che i risultati siano casuali. Essi indicano, però, una relazione tra i due aspetti - consumo di cioccolato e BMI - ma non provano necessariamente un rapporto di causa-effetto. Pertanto, prima di esultare definitivamente sarà meglio che i più golosi aspettino ulteriori conferme sperimentali.

R.G.

nEWsFuturo&FuturiBilE

E se il cioccolato ci aiutasse a restare

in forma?Per i golosi potrebbe

rappresentare la notizia dell’anno. Un’indagine

epidemiologica dell’Università della California (La Jolla, San Diego) indicherebbe che chi

consuma frequentemente moderate quantità di

cioccolato è in media più magro di chi ne consuma meno. Si confermerebbe,

così, quanto emerge da numerose indagini recenti: l’influenza della dieta sulla

forma fisica dipende non soltanto dalle calorie,

ma dalla composizione dei cibi che le apportano.

44 n.26 | aprile 2012

Page 45: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Quello dell’NIF, il Lawrence Livermore’s National Ignition Facility del Department of Energy statunitense, è il laser a ultra-violetti più potente del mondo. Per vince-re questa sfida tecnologica 192 raggi sono stati sparati con collimazione perfetta al centro della camera del combustibile, sca-ricandovi un’energia pari a 1,875 MJ (me-gajoule, cioè milioni di joule). Il combusti-bile nucleare - costituito da isotopi pesanti dell’idrogeno (si veda Green n. 21, pagg. 4-15) - in questo esperimento era assente. L’impulso di energia è durato solo 23 mi-liardesimi di secondo, ma ha generato ben 411 TW (terawatt, biliardi di watt) di po-tenza di picco, un valore pari a mille volte la potenza elettrica istantanea usata global-mente negli Usa.

“Questo evento rappresenta una pietra miliare nel cammino della National Igni-tion Campaign (campagna nazionale per l’accensione, ndt)” ha affermato Edward Moses, il direttore dell’NIF, il quale ha poi concluso sottolineando come questa sia la prima volta che un insieme di ben 192 rag-gi ha operato ad una tale energia.Inoltre, il fascio, prima di passare attraverso la strumentazione di misurazione e le lenti di collimazione finali, possedeva un’ener-gia di 2,03 MJ; quindi quello dell’NIF è diventato il primo laser a ultravioletti da 2 MJ al mondo, circa 100 volte più potente di tutti gli altri.Questo esperimento, pubblicato su Natu-re, è stato anche uno dei più precisi mai eseguiti dal centro di ricerca californiano: l’energia è stata concentrata sull’1,3% della superficie del bersaglio. Ciò è fon-damentale per ottenere un’implosione simmetrica nelle capsule contenenti il combustibile, un fattore chiave per rag-giungere i valori di pressione e tempera-tura necessari per l’accensione. Questo straordinario successo coincide con il terzo anniversario della struttura dell’NIF, inaugurata nel marzo 2009, quan-do fu ottenuto il primo obiettivo di livello energetico: 1 MJ. Da allora quest’ultimo è stato incrementato di circa un kilojoule al giorno per tre anni, fino a raggiungere i valori odierni. Il lavoro presso il centro di ricerca californiano, a cui accedono scien-ziati di tutto il mondo, continua. Per ottene-re, l’accensione ottimale del combustibile nucleare vi sono, infatti, diversi altri aspetti da ottimizzare, oltre all’ulteriore aumento di energia e potenza; ad esempio, quello dei costi di manutenzione del sistema otti-co che sono molto elevati, dovendo operare a energie così alte.

F.Z.

nEWsgreen

green green

gIl superlaser che accendela fusione

È il 15 marzo 2012 quando il laser del Lawrence Livermore’s National Ignition Facility (California) ottiene un risultato storico, vincendo una delle maggiori sfide della scienza moderna: accendere il combustibile della fusione nucleare, ottenendo nel contempo un guadagno netto in energia su scala di laboratorio. Si compie così un notevole passo verso la possibile applicazione della fusione nucleare, uno dei pochissimi sostituti dei combustibili fossili attualmente concepibile per l’utilizzo di massa.

Il contenitore metallico che con-tiene la capsula del combustibile nucleare, chiamato tecnicamente hohlraum, è alto circa 1-2 cen-timetri. Il sistema viene mante-nuto a temperature criogeniche (18 kelvin, circa -255 °C) per fa-vorire la reazione di fusione.[Immagine: Lawrence Livermore National Laboratory]

45 n.26 | aprile 2012

Page 46: la Scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente green green (72dpi).pdf · La periodicità è ora quadrimestrale (tre numeri all’anno) e la distribuzio-ne diventa gratuita,

Xxxx Xxx

Il candore di uno sguardo nuovo (quello della scienza lo è sempre)

può talvolta illuminare di luce nuova antichi problemi

Jacques Lucien Monod (Parigi, 1910 – Cannes, 1976)

biologo e filosofo francesepremio Nobel per la Medicina nel 1965

dalla prefazione de “il caso e la necessità: saggio sulla filosofia naturale della biologia contemporanea”, traduzione di anna Busi,

mondadori, milano 1970.