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LA SCENA DEL CRIMINE Daniele Bargnesi Matr. 3404012 Fac. di Sociologia, CDL in Scienze dei Fenomeni Sociali e dei Processi Organizzativi Corso di Criminologia Prof. E. U. Savona

La Scena Del Crimine

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LA SCENA

DEL

CRIMINE

Daniele Bargnesi Matr. 3404012 Fac. di Sociologia,

CDL in Scienze dei Fenomeni Sociali e dei Processi Organizzativi Corso di Criminologia Prof. E. U. Savona

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Le indagini La scena del crimine

In seguito alla notitia criminis, come descritto

dal procedimento penale, inizia l’iter del rito

penale con le indagini preliminari. Sul luogo,

la scena del crimine, si interviene con il

sopralluogo giudiziario coinvolgendo il reparto

di investigazioni scientifiche delle forze

dell’ordine che raccolgono le tracce e isolano

(congelano) la scena del crimine Nel caso in

cui sulla scena del crimine sia presente un

cadavere, interviene anche il medico legale

che analizza l’eventuale cadavere stabilendone ora del decesso e causa di morte; chiaramente la

valutazione che ne sortisce è di tipo sommaria, una versione definitiva può essere espressa solo

dopo l’autopsia. La storia del

sopralluogo giudiziario in Italia può

essere ricondotta al 1902, momento in

cui la procedura viene

istituzionalizzata, con la fondazione da

parte di Salvatore Ottolenghi della

Scuola di Polizia Scientifica. La

letteratura definisce l’Ottolenghi come

un “pioniere attuale”, poiché è lui a

fornire le definizioni e il protocollo al

quale tuttora ci si ispira. Il Sopralluogo

Giudiziario (SG) è previsto e

regolamentato dal cpp trattandosi di un

atto ufficiale di PG.

Il sopralluogo giudiziario consiste in quel complesso di attività a carattere scientifico, che ha come

fine la conservazione dello stato dei luoghi, la ricerca e l’assicurazione delle cose e delle tracce

pertinenti al reato, utili per l’identificazione del reo e/o della vittima, nonché per la compiuta

ricostruzione della dinamica dell’evento e per l’accertamento delle circostanze in cui esso si è

realizzato, anche in relazione al modus operandi dell’autore di reato.

Figura 1 Indagini della polizia scientifica in ambiente aperto.

Figura 2

(a) stemma dei RIS, divisione di indagini scientifiche del Corpo dei Carabinieri, in questo caso di Parma (oltre a questo esiste l’ufficio di Roma, Messina e Cagliari.

(b) Stemma del servizio di Polizia Scientifica della Polizia di Stato

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Le prove e i rilievi.

Le prove, quindi, vengono raccolte in maniera sistematica in un documento, tale atto è detto

“rilievo” che si compone di diverse attività.

Il rilievo planimetrico per documentare il luogo

fisico del delitto, il luogo del delitto viene

dapprima abbozzato con uno schizzo speditivo per

poi essere sviluppato in una vera e propria

planimetria come in figura 3. Queste verranno

utilizzate per poter mettere in relazione tutte le

tracce trovate sul luogo del delitto in maniera

geografica.

Il rilievo fotografico composto da foto sia delle

tracce che del cadavere che possiedono, in

entrambi i casi, un alto valore probatorio e

consente successivi ingrandimenti che possono

sottolineare dettagli sfuggiti nel momento del

sopralluogo. Le fotografie devono possedere una

sequenza logica ed essere scattate da più punti di

vista ricordandosi di annotare da quale punto di

osservazione si effettua lo scatto. Con questo

rilievo si va a comporre il fascicolo fotografico.

Il rilievo sulla persona è finalizzato all’individuazione di tracce che l’evento criminale ha

lasciato sulla persona o che la persona ha lasciato sul luogo del delitto. Gli ufficiali di PG

non possono effettuare tali rilievi se manca l’autorizzazione del PM ma, in particolari casi

(di urgenza per pericolo di alterazione, dispersione o modificazione della traccia) possono

agire anche senza l’autorizzazione del magistrato competente. Altro caso in cui è necessaria

l’autorizzazione del PM è quello in cui il rilievo sulla persona diventi ispezione personale

che, secondo la corte costituzionale, riguarda quegli atti che vanno ad intaccare la libertà

personale, tramite azioni invasive del corpo umano o su parti del corpo normalmente non

esposte (un prelievo di sangue oppure un prelievo di saliva possono essere eseguiti solo con

il consenso dell’interessato o in presenza di un documento del magistrato che lo obbliga a

sottoporsi all’atto di PG), possono comunque effettuarsi individuazioni di tipo visivo di

segni e/o tracce sul corpo esposto o sugli indumenti dell’indagato. Importante sottolineare

che il rilevamento di residui di polvere da sparo non è da considerarsi ispezione personale

Figura 3 Planimetria di un omicidio (fonte: slide prof. Armando Palmegiani, CEPIC, Centro Europeo Psicologia Investigazione Criminologia)

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poiché è un rilievo urgente, con questa pratica si può individuare se il soggetto ha fatto uso

di recente di un’arma da fuoco, il tipo di arma e la cartuccia utilizzate. La ragione per cui

tale pratica è ritenuta “urgente” è che i residui, principalmente sulle mani, ma da oggi si

possono rilevare anche tracce su altre superfici del corpo e degli indumenti, permangono

sulla superficie per non più di quattro ore, tempo che si riduce ulteriormente se diversi

fattori entrano in gioco come le contaminazioni dovute all’ambiente naturale (agenti

atmosferici), contatto con persone (stringere una mano), ecc… Il rilevamento può essere

effettuato con due sistemi: il guanto di paraffina, più antiquato e poco affidabile (molti falsi

positivi poiché la paraffina reagisce non solo con la polvere da sparo ma anche con urina e

residui di fumo), sostituito con il SEM/EDX che permette, come sopra si è detto, di

verificare la presenza di residui non solo sulla mano ma anche su altre parti del corpo.

Scanning Electron Microscopy (SEM) e Energy Dispersive X-ray Detection (EDX), questo

nuovo sistema permette quindi indagini più certe sulle parti del corpo esposte a polvere

pirica il cui funzionamento si basa sullo spettrografo di massa e sul principio di collisione di

due elettroni della stessa natura.

Il rilievo descrittivo, insieme a quello fotografico e planimetrico, va a costruire il ritratto

parlato della scena del crimine, la sua funzione è quella di fornire una rappresentazione

esatta dell’ambiente e del suo contenuto che consenta di rivivere il momento del sopralluogo

con più accostamento possibile alla realtà. Il rilievo descrittivo è bene che segua queste

quattro regole: dal generale si descriva il particolare, da destra verso sinistra, dal basso verso

l’alto e dall’avanti all’indietro.

Il repertamento consiste nell’atto di prelevare, conservare e trasmettere le prove ritenute rilevanti in

modo da non alterarle, manometterle o distruggerle affinché rimanga preservato il loro valore

probatorio.

Il sopralluogo può essere ritenuto efficace solo se si tengono a mente le fondamentali regole del

sopralluogo, che sono l’osservazione, l’individuazione e la raccolta delle tracce utili

all’inviduazione del colpevole o, in qualche caso, della vittima.

I rilievi e i reperti servono per rispondere a tre domande fondamentali per riuscire ad iniziare le

indagini: da dove è venuto il reo? Dove si è appostato? Da che parte se ne è andato? Le risposte

vengono date non solo dalla raccolta degli elementi che sono stati trovati sulla scena del crimine ma

soprattutto dalla combinazione di tutte le tracce poste a sistema.

Sono stati inventati sistemi di controllo informatizzati atti alla verifica dell’espletamento di tutti i

protocolli necessari per un buon andamento delle indagini. Uno di questi è il SART (Supporto

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Automatico per i Rilievi Tecnici) che altri non è che una workstation informatica che interagisce

con l’operatore e aiuta, come si diceva, a condurre le indagini anche con supporti multimediali.

Indubbiamente la tecnologia ha aiutato moltissimo gli investigatori. Il progresso porta le scienze

forensi a poter investigare su piccolissime tracce ad occhio nudo insignificanti. Tuttavia il buon

senso umano non può prescindere dalla sua intelligenza e intuito. Le “7 Golden W” sono da

ritenersi le pietre miliari: What happened? When? Where? With what? Wich manner? Why? Who?

Sono sette domande da porsi a cui si può rispondere solo con le prove trovate sulla scena del

crimine da posizionarsi nel posto giusto per trovare un filo logico che conduca all’obiettivo: WHO

= CHI.

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Il “Bloodstain Pattern Analysis” (BPA)

È l’analisi delle macchie di sangue rinvenute sul luogo del delitto, riguarda quindi l’analisi della

dinamica dell’evento criminoso attraverso la distribuzione, forma e dimensione di tali tracce.

Primi riscontri.

Un primo obiettivo è quello di individuare la natura della macchia: in primis accertare che la

macchia sia costituita da sangue e che si tratti effettivamente di sangue umano analizzando i globuli

rossi (negli umani differenti da quelli animali); stabilire a chi appartiene il sangue procedendo, per

esempio, per esclusione, verificando che il

gruppo sanguigno, tipizzazione e infine

l’infallibile prova del DNA, sia lo stesso della

vittima; controllare l’età della macchia con la

diagnosi cronologica dettata dall’analisi

enzimatica; individuare da quale parte del

corpo provenga con l’analisi regionale.

La morfologia delle macchie di sangue.

Preliminarmente va anche specificata la

differenza tra macchia e incrostazione che sono

due differenti caratteristiche dipendenti dal

substrato che riceve la goccia. Parleremo di macchia se la goccia cade su un substrato assorbente e

incrostazione se il substrato è impermeabile. La zona che è soggetta a tale imbrattamento deve

essere descritta e documentata fotograficamente. È importante analizzare anche le zone circostanti

al cadavere per poter rinvenire altre tracce come il trascinamento ed eventuali impronte lasciate

dall’aggressore.

Esistono diversi tipi di tracce ematiche: gocciolatura o colatura;

gora o pozza;

spruzzi o schizzi;

tracce secondarie o trasferite: da strisciamento o figurate.

Figura 4 Planimetria di un’ipotetica scena del crimine con l’annessione del Bloodstain Pattern Analysis

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Sperimentalmente è stato dimostrato che, per quanto riguarda la caduta delle gocce di sangue, le

macchie conseguenti possono assumere differenti morfologie che concernono con la quantità di

punte che la macchia va a formare sulla superficie su cui giace. Con una caduta da 30 cm della

goccia risulteranno sedici punte, numero che aumenta di due o tre punte per ogni centimetro in più

di caduta libera. Superando i 100 – 150 cm non si avranno più solo punte ma anche una serie di

macchioline satelliti intorno alla macchia.

Se la goccia cade su un substrato inclinato oppure se cade da un soggetto in movimento su un piano

orizzontale, assumerà una forma a clava che ci indica la direzione in cui il soggetto si stava

muovendo.

Con pozza si intende una traccia di sangue estesa, le cui dimensioni dipendono dalla sua origine. Se

ci troviamo in una situazione di substrato inclinato la pozza prende il nome di gora, poiché la pozza

di sangue subisce l’accelerazione del piano inclinato.

Spruzzi e schizzi sono il risultato di una proiezione del liquido ematico su una superficie.

Le tracce secondarie sono dovute non necessariamente per diretto contatto della superficie su cui

sono rinvenute con la fonte del sanguinamento ma per riporto delle tracce ematiche da altri mezzi.

Spesso qui si possono trovare tracce di impronte digitali e tracce di scarpe oppure è possibile

ricostruire l’eventuale trascinamento di un cadavere.

James ed Eckert distinguono tre tipi di categorie il cui discriminante è la forza impressa alla fonte di

sanguinamento.

Le tre categorie sono:

Impatto a bassa velocità: velocità massima (Vm) 1,5 m/s e diametro goccia d ≥ 3mm;

principalmente prodotte dalla forza di gravità o trascinamento.

Impatto a media velocità: 1,5 m/s ≤ Vm ≥ 7,6 m/s e 1 mm ≤ d ≥ 3 mm; tracce prodotte da

traumi contusivi o armi bianche.

Impatto ad alta velocità: 7,6 m/s ≤ Vm

≥ 30 m/s e d ≤ 1 mm; prodotte da

agenti balistici o esplosioni.

Nel caso in cui ci si dovesse trovare sulla

scena del crimine in cui le tracce sono state

cancellate dal reo o da qualsiasi altro agente

ambientale, è possibile, comunque,

ricostruire la presenza di tracce ematiche

attraverso la tecnologia fisica e chimica. Figura 5 Applicazione del Luminol

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Esiste un sistema, il Luminol, che permette, attraverso la reazione di un composto chimico, un

reagente appunto che, a contatto con l’emoglobina e sollecitato da una fonte di raggi UV, il crime-

scope (generatore di onde elettromagnetiche che copre lo spettro ultravioletti-infrarossi, una

lampada allo xenon a lunghezza d’onda variabile), assume una colorazione non visibile ad occhio

nudo di colore bianco-celeste per pochi istanti (cfr. figura 5), quindi da rilevare con riprese

fotografiche o video affinché tale pratica assuma un carattere probatorio. Per poter vedere questo

fenomeno è necessario oscurare la stanza. Applicare il sistema Luminol sul metallo o su superfici su

cui è stato versato del succo di frutta, può mostrare una falsa traccia ematica, il c.d. falso positivo.

Le impronte digitali

Un’impronta digitale (detta più correttamente dermatoglifo) può essere definita come lo schema

alternato di creste e valli che possono essere facilmente rilevate sulla superficie delle dita, in

particolar modo sull'ultima falange. Oltre alle dita anche il palmo della mano, la pianta dei piedi e le

dita dei piedi ne sono provviste ma non sono così facilmente rinvenibili come le prime. Sono un

segno distintivo di ogni individuo, una firma fisica.

Le impronte digitali sono rilevabili in due modi, a seconda che la superficie che si sta analizzando

sia porosa (carta, cartone, fibre,…) che non. In questo secondo caso è più semplice la rilevazione

poiché è necessaria una polvere magnetica o di alluminio, una volta cosparsa la superficie

interessata si procede fotografandola. Nel caso in cui si tratti di superficie porosa è necessario

utilizzare un reagente che a contatto con gli aminoacidi del sudore e sollecitato dal crime-scope

esalta l’impronta digitale che, come prima e nel caso del Luminol, deve essere fotografata per

essere repertata.

Figura 6

(a) Impronte digitali trattate con ninidrina e crime-scope

(b) Impronta digitale rilevata con DFO

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Il Medico Legale

Si pone in funzione ausiliaria alla PG, così come sancito dall’art. 348 del cpp, si occupa di

esprimere pareri circa lo stato del cadavere e in particolare sulle cause e l’epoca della morte. Ha il

compito di assicurare la veridicità delle fonti di prova.

E’ opportuno che il medico legale giunga sul luogo del delitto il più presto possibile, prima che

eventuali contaminazioni, che saranno esplicate più avanti, possano alterare il risultato della sua

valutazione.

Il ML compie sul luogo del ritrovamento, che non necessariamente coincide con il luogo del delitto,

la c.d. scena del crimine, l’esame esterno del cadavere che serve a rispondere a due domande

fondamentali: quando e come il soggetto sia morto.

Il ML con diverse operazioni (verifica dell’assenza delle funzioni vitali) constata la morte, si

accerta che non si tratti di morte apparente. Appurato ciò prosegue il suo lavoro tracciando una

cronologia della morte, cerca di individuare il momento del decesso.

Per poter dare una risposta, sull’ora della morte, il ML usa degli indicatori chiamati segni

tanatologici.

Il rigor mortis.

Un primo segno tanatologico, che può aiutare a dare una prima sommaria valutazione del

periodo della morte, è la presenza del rigor mortis che si verifica muovendo, in maniera

estremamente delicata, gli arti o le dita del soggetto per verificare che questa manifestazione

biologica sia o meno presente. Il rigor mortis è, come dice il termine stesso, l'indurimento

(rigor) delle articolazioni e dei muscoli del cadavere (“mortis”). Nel caso di verifica delle

dita o più in generale della mano si deve però, prima di tutto, procedere con

l’incappucciamento dell’arto con un sacchetto di cellophane per non alterare i residui

presenti sulla mano classificabili, potenzialmente, come tracce.

La temperatura corporea post mortem.

Forse è l’indicatore più importante tra tutti i segni tanatologici poiché da qui si può

ricostruire, più o meno precisamente, il momento della morte del soggetto. La temperatura

può essere misurata in due differenti modalità ma sempre in profondità (ossia cercare di

raggiungere una parte molto interna del corpo), con il termometro da laboratorio al mercurio

o con sonde digitali. Il termometro analogico al mercurio (molto sensibile e con portata

solitamente da –10° a 30°C) può provocare un’alterazione della scena del crimine poiché

implica, primo fra tutti, la necessità di togliere gli indumenti e, se il cadavere è rinvenuto in

posizione supina, anche la necessità di doverlo girare trattandosi di misurazione rettale.

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Tabella 1 fasi della migrazione delle ipostasi cadaveriche e tempo trascorso dalla morte.

Questo problema può essere ovviato con il termometro digitale a sonde che permette la

misurazione in qualsiasi posizione si trovi il soggetto potendo valutare la temperatura

principalmente dal naso, dall’orecchio e dal retto. Ma anche in altre zone del corpo purché la

sonda entri nel cadavere fino a

giungere un punto abbastanza interno

del corpo.

Il fisiologico raffreddamento di un

cadavere può essere alterato da

fisiche, sia intrinseche al cadavere

(prima della morte diverse patologie

portano ad un innalzamento della

temperatura) che estrinseche

(ambiente aperto o chiuso, fonti di

calore vicine al cadavere, ecc..).

La temperatura non è misurata solo

una volta ma l’operazione deve

essere ripetuta più volte ad intervalli

di tempo regolari per poter costruire

una curva di tendenza sull’andamento della temperatura del soggetto. Spesso si utilizza il

Monogramma di Henssge. Esistono differenti schemi che si scelgono in base alla

temperatura ambiente (che deve essere sempre misurata), questi diagrammi mettono in

funzione il peso del soggetto e la temperatura corporea da lì si ricava il tempo passato dalla

morte al ritrovamento.

Le ipostasi cadaveriche.

Sono delle chiazze ipostatiche di sangue

dotate di migrabilità. Il sangue tende a

fermarsi nelle zone più basse del cadavere,

nelle regione più prossime al terreno su cui

il cadavere giace ma non nella zona

adiacente al terreno. Come si diceva più

sopra, sono dotate di migrabilità, ossia

tendono a spostarsi con più o meno facilità in base al tempo trascorso dalla morte. Nella

prima fase sono molto mobili, nella seconda parzialmente mentre la terza è detta fase della

fissità. Chiaramente queste tre fasi sono rispettivamente più vicine al momento della morte,

migrazione totale prime 6- 8 ore dalla morte

migrazione parziale tra le 8- 12 ore dalla morte

fissità assoluta dopo la 15a ora dalla morte

Figura 6 Il monogramma di Henssge

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Figura 7 esempio di impressione del ricasso sulla vittima [Immagine di Todd Grey, MD, University of Utah]

mediamente vicine e lontane dal momento della morte. È importante, in fase di sopralluogo

fotografare tali macchie e verificare in che fase si trovino effettuando una leggera pressione

sulle macchie documentando questa operazione con fotografie.

La oftalmotanatologia

Attraverso questa branca della medicina legale si studiano gli occhi dei soggetti che possono

essere utili per stabilire la causa del decesso del soggetto.

Altra funzione del ML è quella di riconoscere, nella scena del crimine, eventuali medicinali presenti

nella zona circostante al cadavere per poter intravedere una probabile risposta sulle cause della

morte, proporre agli inquirenti delle ipotesi su cui indagare.

Sulla scena del crimine il ML effettua un primo esame, chiaramente esterno, della vittima.

Eventuali traumi presenti possono iniziare a spiegare o formulare delle ipotesi sulla causa del

decesso. Comunque una ipotesi scientificamente certa può essere espressa solo dopo l’esame

autoptico presso l’obitorio.

La traumatologia chiarifica non necessariamente la causa del decesso ma da questa è possibile

risalirvi, è lo studio dei traumi accorsi al soggetto e da una loro attenta analisi possiamo anche

ricostruire se le ferite sono state inferte prima,

dopo o durante il limine vitae.

Lacerazioni: sono dovute ad armi bianche le

cui lame vanno a lacerare tessuti ed organi.

Dalla direzione del taglio si ricostruisce la

traiettoria seguita dalla lama e quindi se si tratta

di ferite dovute allo strascinamento della lama

e quale tipo di filo ne ha provocato la

lacerazione. Nel caso di accoltellamento, se la

lama è stata inserita in tutta la sua lunghezza

nella vittima spesso sul corpo del soggetto si riconosce il ricasso della lama, cosi come in figura 7.

In questo caso la ricerca dell’arma del delitto è facilitata poiché dà un’ulteriore traccia della sua

forma.

I traumi derivanti dalle armi da fuoco possono essere principalmente di tre tipi a seconda della

distanza che intercorre tra arma da fuoco e bersaglio. A seconda della distanza troviamo diversi

effetti sul corpo della vittima. Se l’arma viene messa a contatto prima di far fuoco con la superficie

della pelle della vittima, sarà visibile un foro d’entrata dal contorno frastagliato a causa di una

estroflessione, e conseguente lacerazione della pelle della vittima, che provoca una contusione del

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Figura 10 Foro di uscita di un proiettile facilmente mal interpretabile. [Immagine della University of Utah]

soggetto contro il piano di volo dell’arma

imprimendo nella zona circostante al foro la

sagoma così come in figura 8.

Il colpo sparato vicino al bersaglio, ma non a

contatto con la vittima, crea un foro d’entrata

abbastanza regolare. La parte circostante al

foro d’entrata presenterà una serie di macchie

scure chiamate tatuaggio. L’area interessata

alla formazione di un tatuaggio è più o meno

estesa in base alla qualità e quantità della

polvere da sparo contenuta nella cartuccia.

Il colpo sparato, invece, da lunga distanza è

più semplice dei precedenti poiché si presenta

con un foro d’entrata regolare corrispondente

al calibro del proiettile, come in figura 9.

Saranno i calcoli balistici a stabilire il luogo

da cui si è sparato. Il foro d’uscita non

sempre è utile poiché non comunica né il

calibro né è garante di traiettoria del proiettile

perché può essere causato non

necessariamente dal proiettile ma anche da

schegge di osso o materiale che il proiettile

può incontrare durante la traversata del corpo

del soggetto. Spesso il foro d’uscita può

essere confuso per un trauma da arma bianca

come in figura 10.

Tutte queste operazioni, compiute

unicamente dal ML, sono da ritenersi solo un

primo approccio all’analisi medico-legale, l’anamnesi del cadavere, che deve essere molto meglio

eseguita in sede di autopsia presso gli obitori di medicina legale, strutture adibite allo studio del

corpo della vittima. Da qui saranno emesse corrispondenze sicuramente più accurate di quelle

preliminarmente espresse in sede di sopralluogo.

Figura 8 Colpo di arma da fuoco sparato a contatto con la pelle, si riconosce il piano di volo della pistola. [Immagine di Todd Grey, MD, University of Utah]

Figura 9 Colpo di arma da fuoco sparato lontano dal bersaglio. [Immagine della University of Utah]

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Il caso: omicidio di Samuele Lorenzi Per la redazione di questo capitolo si è scelto di utilizzare come fonte solo i documenti ufficiali

presentati alla Procura della Repubblica di Aosta e al Tribunale di Aosta e Torino. Solo per

riprendere il parere di diversi specialisti (psichiatri e psicologi) si è fatto riferimento ad una

rassegna stampa virtuale.

1. ORDINANZA DI APPLICAZIONE DELLA CUSTODIA CAUTELARE IN CARCERE

(Art. 292 c.p.p.), del 13. 3.2002 (GIP Dott. Fabrizio Gandini);

2. Relazione tecnica integrativa presentata alla procura della Repubblica di Aosta dal RIS dei

Carabinieri di Parma (17 settembre 2002);

3. Relazione tecnica definitiva presentata alla procura della Repubblica di Aosta dal RIS dei

Carabinieri di Parma;

4. Consulenza tecnica Medico-Legale di parte difesa sugli atti e sui reperti relativi al

procedimento a carico di Anna Maria Franzoni.

Si procederà completando lo schema “7 GOLDEN W”, rispondendo alle domande che lo stesso

propone per analizzare la scena del crimine.

1. What happened?

2. When?

3. Where?

4. With what?

5. Wich manner?

6. Why?

7. Who?

1- Cosa è successo (What happened).

Dal documento (1)

"30 GEN 2002, ORE 91.0 CIRCA IN Cogne (AO) frazione Montroz 4/a Franzoni Annamaria,

nata San Benedetto Val di Sambro (BO) 23.08.1971, residente citata località Habet rinvenuto

in camera letto propria abitazione, corpo figlio Lorenzi Samuele, nato Aosta 12.11.1998, con

trauma cranico con verosimilmente lesioni natura da determinare".

Così il fonogramma inviato alla procura della repubblica della Compagnia Carabinieri di

Aosta nel pomeriggio, dello stesso giorno.

[…] Alle ore 8:28:17 del 30.1.2002 Annamaria Franzoni chiama il 118 di Aosta dicendo

all’operatrice Nives Calipari che il proprio figlio vomita sangue dalla bocca. Alle ore 8:41

viene inviato un elicottero per prelevare il paziente; l’elicottero giunge in loco verso le ore

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8:51-8:52. Sul posto già si trovano – oltre alla madre di Samuele – la psichiatra Ada

Satragni, che ha tentato di prestare le prime cure al bambino, detergendo le ferite e

praticandogli una iniezione di cortisone, il suocero di questa Marco Savin, la vicina di casa

Daniela Ferrod ed alcune persone che si trovano a passare nei paraggi e che vengono attirate

dal movimento che turba la altrimenti tranquilla routine della frazione Montroz di Cogne. Il

medico di servizio a bordo dell’elicottero,Leonardo Iannizzi, trova il piccolo Samuele in

condizioni esiziali all’esterno dell’abitazione dei coniugi Lorenzi. Il suo corpo è stato portato

fuori dall’abitazione, dalla stessa Satragni, su precisa indicazione diAntonello Pifferi,

operatore al servizio del 118 di Aosta. All’esame obiettivo la situazione si presenta disperata.

Sul capo del bambino risulta con evidenza una profonda ferita dalla quale fuoriesce materia

cerebrale. Il bambino risulta in stato comatoso terminale. Il dott. Iannizzi tenta comunque le

pratiche di pronto soccorso inserendo una cannula nel cavo orale del piccolo Samuele onde

evitare la retroflessione della lingua e somministrandogli dell’ossigeno. Alle ore 9:19 il

bambino viene caricato sull’elicottero , dove continuano i tentativi di rianimazione. Il piccolo

Samuele giunge in Ospedale alle ore 9:47 in "codice GCS 3". Alle ore 9.55 il dott. Bellini del

Pronto Soccorso di Aosta ne constata il decesso per: "trauma cranico maggiore […] con

perdita di sostanza parenchimale cerebrale. […] La causa della morte viene quindi

determinata dal Prof. Viglino consulente tecnico del PM, in trauma cranico aperto con edema

cerebrale acuto.[…] La causa della morte in considerazione del numero della localizzazione e

della natura delle ferite può, senza alcuna ombra di dubbio, essere imputata all’azione dolosa

di un terzo. […] Samuele è morto, qualcuno l’ha ucciso.

Con questa prima parte del documento ricostruiamo il “what happened”, rispondiamo alla

prima domanda. La Notitia Criminis è data dal fonogramma inviato dai Carabinieri alla

Procura della Repubblica di Aosta in cui si comunica che, in circostanze ancora tutte da

valutare, un bambino di tre anni è deceduto in seguito a un trauma riportato sul cranio,

cagionato da ignoti.

Il GIP nella sua Ordinanza di custodia cautelare ripercorre, per sommi capi, tutte le indagini.

Non siamo ancora sulla scena del crimine, la si intravede nei racconti dei testimoni. La scena

del crimine entrerà successivamente nelle indagini quando si vorrà individuare il luogo del

delitto considerato che la vittima è morta in ospedale, il luogo del delitto non coincide con il

luogo del “ritrovamento” del cadavere. È quindi ragionevole pensare che le tracce presenti

sulla scena del crimine saranno fortemente compromesse.

Possiamo parlare di scena del crimine non perché il medico del pronto soccorso di Aosta

dichiara il decesso per “trauma cranico” ma perché il prof. Vaglino, consulente tecnico del

Page 15: La Scena Del Crimine

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PM, dichiara, in seguito all’esame autoptico che “senza alcuna ombra di dubbio, essere

imputata all’azione dolosa di un terzo”. In seguito a questa valutazione del medico legale si

procede con la ricostruzione dinamica dei fatti.

2- Quando (When).

Nel passo riportato nel punto precedente vengono esaminati, cronologicamente, tutti gli eventi

grazie al riscontro dei tabulati telefonici, i verbali (per esempio quello dell’eliambulanza) e la

presenza di numerosi testimoni intorno alla villetta dei Lorenzi (“alcune persone che si

trovano a passare nei paraggi e che vengono attirate dal movimento che turba la altrimenti

tranquilla routine della frazione Montroz di Cogne”).

Il primo sopralluogo viene effettuato alle ore 10.00 dello stesso giorno della morte del piccolo

Samuele.

3- Dove (Where).

Dal documento (1) ricostruiamo la location in si è consumato l’evento criminoso.

Dal generale al particolare viene descritto l’ambiente circostante alla villetta dandole una

posizione nella topografia del luogo; vengono descritte le strade che la circondano e come si

collegano alle vie di comunicazione del posto.

Una volta collocata nello spazio, la villa, viene descritta nella sua interezza senza specificare

tutte le stanze dove si trovino evitando di creare confusione, si accenna, quindi, ai quattro

livelli che la compongono, come sono ubicati e ognuno di questi che funzione svolge nella

vita familiare dei Lorenzi.

Per identificare in quale stanza sia stato ucciso il piccolo Lorenzi si fa riferimento alle

dichiarazioni di Anna Maria Franzoni e di altri due testimoni. Il bambino era, al momento

dell’arrivo dell’eliambulanza, nella camera da letto dei coniugi Lorenzi sita al livello

“seminterrato” dell’abitazione.

A prova di quanto da loro sostenuto abbiamo la tesi del prof. Viglino che non registra sul

corpo ipostasi cadaveriche e la prima relazione del RIS dei Carabinieri di Parma (qui

documento 2).

Sono state rinvenute tracce ematiche riconducibili alla vittima sia all’esterno che all’interno

dell’abitazione. All’esterno sono stati repertati dei ciottoli, dei pezzi di carta addirittura nel

barbecue e all’esterno del muro di cinta. All’interno della casa tracce ematiche sono state

rinvenute sulle scale e, più significative, sul muro di fronte alla porta, che al momento

dell’omicidio si trovava presumibilmente aperta, della camera da letto coniugale. Riporto qui

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di seguito uno stralcio del documento (2) che giustifica l’appartenenza del sangue rinvenuto

alla vittima:

Descrizione dei reperti Reperto n° 1: - sassolini più terriccio con traccia di presunta natura ematica; Reperto n° 2: - sassolino e relativo prelievo su carta, con tracce di presunta natura ematica; Reperto n° 3A e 3B: - sassolini con tracce di presunta natura ematica. Sul reperto 3A è stata rinvenuta una struttura pilifera classificata come reperto 3A-P; Reperto n° 4: - carta con tracce di presunta natura ematica repertate su un gradino; Reperto n° 5: - carta con tracce di presunta natura ematica repertate su un gradino; Reperto n° 6: - carta con tracce di presunta natura ematica prelevate dalla parete della prima rampa di scale, ubicata di fronte alla camera da letto ove è stato perpetrato il delitto; Reperto n° 10: - carta con tracce di presunta natura ematica repertate dal barbecue; Reperto n° 11: - carta con tracce di presunta natura ematica repertate sul primo gradino della seconda rampa di scale; Reperto n° 17: - carta con tracce di presunta natura ematica repertate sull'esterno del muro di cinta della villa. Risultati analitici Gli accertamenti condotti consentono di riferire quanto segue: 1. La diagnosi generica-orientativa di sangue (Comburtest) effettuata sui reperti in sequestro, ha fornito esito positivo per tutti i reperti testati (1, 2,3A,3B,4,5,6,10, 11 e 17). […] 3. La tipizzazione del DNA effettuata sul reperto 6 (traccia ematica prelevata dalla parete della prima rampa di scale, ubicata di fronte alla camera da letto ove è stato perpetrato il delitto), ha consentito di estrapolare un profilo genotipico di sesso maschile. Tale profilo, è risultato essere compatibile con quello ottenuto dal campione biologico di confronto (reperto 19-1) appartenente alla vittima Samuele Lorenzi. La probabilità statistica di compatibilita casuale è stata calcolata applicando la regola del prodotto alle frequenze genotipiche costituenti il profilo. Le frequenze genotipiche utilizzate per ciascun marcatore sono state ricavate da un campione della popolazione italiana di circa 4.300 individui, realizzato presso i laboratori del Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche. La probabilità casuale di individuare un altro soggetto con lo stesso profilo genotipico evidenziato dal reperto 6 (traccia ematica) e 19-1 (campione di confronto) è di 2,58*10-18, in altre parole circa un soggetto ogni 386 milioni di miliardi di individui scelti a caso nella popolazione di riferimento. Considerando che attualmente la popolazione mondiale si aggira sui 6 miliardi di persone, il profilo in parola può essere considerato, in effetti, unico.

Si può quindi concludere che l’omicidio è avvenuto nella camera da letto coniugale essendo il

luogo che presenta il maggior numero di tracce ematiche, di materiale cerebrale e ossee.

4- Con cosa (With What).

L’arma del delitto non è stata ancora ritrovata. Il medico che ne constata il decesso, si legge

nel documento (1), dott. Bellini, scrive sul suo referto: “trauma cranico maggiore con ferite di

verosimile natura da punta e taglio regione frontale destra”; il risultato dell’esame autoptico,

si legge sempre nel medesimo documento: “All’esame autoptico vengono rilevate 17 ferite

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lacero-contuse al capo, distribuite in regione fronto-parietale bilateralmente. La causa della

morte viene quindi determinata dal Prof. Viglino consulente tecnico del PM, in

trauma cranico aperto con edema cerebrale acuto”.

5- Come (Wich Manner)

Nel documento (2) possiamo trovare anche le modalità di valutazione del sangue rinvenuto

nella camera dei Lorenzi, il BPA. Per analizzare ogni singola goccia di sangue, il muro, su cui

è presente un’ingente numero di gocce di sangue, è stato dotato di un sistema di riferimento

cartesiano: sono costruiti dei reticolati con del filo che vanno a formare dei quadrati di 20 cm

x 20 cm, in questo modo in ogni piccolo quadrante è possibile calcolare, di ogni goccia di

sangue, la matematica traiettoria applicando le leggi della fisica meccanica. Questo

procedimento non viene applicato alla porta poiché, trattandosi essa stessa di un riferimento

perfettamente rettangolare, il calcolo ne è facilitato, anche per il numero esiguo (solo quattro)

di tracce ematiche.

Parete dietro al letto

Le macchie di sangue rinvenute sulla testiera del letto e sulla parete retrostante al letto sono

dislocate come uno sciame di schizzi convergente verso la zona sinistra del letto (per chi

guarda dal fondo) che indica la posizione esatta della testa del bambino; a controprova di

questa tesi si veda anche la chiazza di sangue sul materasso che si trova esattamente alla

partenza dello sciame di schizzi.

Il soffitto

Sul soffitto, in prossimità del lampadario in particolar modo, si trovano tracce ematiche che

spiegano il brandeggio, o meglio conosciuto come cast-off, ovvero il movimento del braccio

che impugnava l’arma del delitto. Mettendo in relazione questo elemento con il cono d’ombra

(ossia quella parte di superficie non sporcata da macchie di sangue) lasciato sulla coperta i

RIS sono riusciti a dimostrare che l’aggressore si trovava sul letto e colpiva la vittima

brandendo l’arma con il braccio destro.

6 e 7 - Perché (Why) e Chi (Who).

Riuscire ad intuire il movente di un’azione criminale può essere la chiave di volta per riuscire

a risolvere un caso, ossia trovare il colpevole.

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In seguito al giudizio espresso dal Tribunale di Torino, in secondo grado, il 27 aprile 2007

(sono passati 5 anni dal delitto) la Franzoni è ritenuta la responsabile dell’omicidio del figlio

per la seconda volta e condannata a 16 anni di reclusione. In primo grado fu condannata a 30.

Il movente è un capitolo aperto, diverse sono le teorie, tutte di carattere psichiatrico.

o “Sindrome del Nido”, secondo Ada Satragni, medico di base della Franzoni e

psichiatra, la prima a soccorrere il piccolo Samuele, Annamaria Franzoni soffriva di

questa particolare patologia. Le conseguenze della «sindrome del nido», vale a dire

quel senso di disagio non solo psicologico e mentale ma anche somatizzato

fisicamente, possono sfociare in uno stato ansioso. A giudizio della psichiatra

Annamaria si sentiva soffocare da un ambiente familiare troppo stretto.

(LA NAZIONE 20 MARZO 2002)

o Secondo lo psichiara Massimo Fagioli, docente di Psicologia clinica all'università di

Chieti, solo «la follia mostruosa della normalità razionale» può spiegare queste

tragedie. «L'omicidio - spiega - non è normalità umana, ma è malattia mentale, ossia

anaffettività, freddezza, lucidità e non solo disordine del comportamento». Di

conseguenza possono esserci persone che dietro un'apparente normalità «covano

deliri» e quindi possono «compiere atti mostruosi.

(AVVENIRE 15 MARZO 2003)

o MILANO - Se si potessero dividere i pazienti per tipologie, questa sarebbe la sua.

Persone non confuse, ma lucide. Non deliranti né allucinate, ma normali: lavorano,

studiano, fanno le mamme o i papà. Finché non accade qualcosa, «un black out, un

momento in cui il cervello non funziona più». Giovanni Battista Cassano, psichiatra

dell'Università di Pisa, ha studiato a lungo la malattia mentale e la depressione. Il caso

di Cogne gli ha creato molti dubbi. Premette: «Lo psichiatra è un mestiere che si fa con

il malato davanti: si può parlare di farmaci, terapie, clinica, ma interpretare un caso

non conoscendolo, mi mette in grande difficoltà». Ha paura di sbagliare? «La mia

paura è che eventi come questo possano essere identificati con la psichiatria,

criminalizzando tutta la malattia mentale. E siccome i malati di mente sono tantissimi,

è una cosa grave, un brutto marchio. Io non ho elementi per inserire il delitto di Cogne

nel contesto di una malattia». Se l’assassino non è malato, che cos’è? «Il normale per

noi psichiatri non esiste. Esiste la patologia, non l’assenza di patologia. Ma abbiamo

un criterio di soglia per la malattia mentale molto alto: dobbiamo essere confusi,

allucinati, deliranti per essere considerati malati di mente». Manca il movente.

«A noi sembra che il movente non ci sia, perché non lo conosciamo. Ma per

l’assassino c’è». La mamma di Samuele dice di essere innocente. E’ possibile che

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abbia rimosso l’omicidio? «Il nostro cervello, quando non funziona, può comportare

ogni tipo di manifestazione e di comportamento. Tutto è possibile». La mattina del 30

gennaio, all’alba, la mamma di Samuele venne visitata perché aveva un attacco di

panico. Può avere un’attinenza con quello che è successo dopo? «L’attacco di panico è

un disturbo diffusissimo. Guai ad associarlo a quanto è accaduto, ci vuole ben altro».

Che cosa? «I punti rilevanti di questo comportamento stanno nel nostro cervello.

Esistono dei black out , dei momenti in cui il nostro cervello non funziona. E se una

dimensione funzionale è alterata, può tradursi in un comportamento aberrante,

distorto». […]

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BIBLIOGRAFIA

o Il sopralluogo Giudiziario Medico Legale - Ozrem Carella Prada, Dino Mario Tancredi,

Società editrice Universo – Roma 2001

o Slide del prof. prof. Armando Palmegiani, CEPIC, Centro Europeo Psicologia

Investigazione Criminologia)

o Slide del prof. Laura de Fazio – Il “Blood Pattern Analysys”

o Slide della dott.ssa Raffaella Merafina – laboratorio di scienze forensi

o Manuale di Medicina Legale, Chiodi, Milano 1976

SERIGRAFIA

o library.med.utah.edu/ University of Utah, health sciences center, Salt Lake city, Utah

o digilander.libero.it/fadange Ass.ne naz. Medici INPS

o www.carabinieri.it

o www.poliziadistato.it

o www.bloodspatter.com/

o www.detcrime.com/fotoconfutazione.html

o www.forensicevidence.net/

o www.tcamb1.com/forensicscience.htm

o www.crime.net

o www.diritto.it

o www.misteriditalia.it

o www.consulta-salutementale.it/

INTERVISTE

o Dott. Alberto E. Germani, Medico Chirurgo, Specialista in Medicina Legale e delle

assicurazioni, Dirigente Medico Legale ASL Città di Milano, Responsabile di U. O. di

Medicina Legale, Risk Manager ASL Città di Milano.

- Per la sezione medico-legale