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La questione della lingua nella letteratura italiana da Dante a Manzoni 5. Il Seicento

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La questione della lingua

nella letteratura italiana

da Dante a Manzoni5. Il Seicento

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La relativa compattezza stilistica qualche nuvola

dialettale le scienze naturali –

Galileo Galilei la volgarizzazione

delle poetiche la letteratura devota

dei Gesuiti l’italiano – una

lingua d’arte la rinascita di

esperienze regionali

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La guerriglia antifiorentina

Il Prissian da Milan de la parnonzia milanesa, 1606 Giovanni Francesco Negri: Tradottione della

Gierusalemme Liberata del Tasso in lingua Bolognese, 1628

Partenio Tosco: L’eccellenza della lingua napoletana con la maggioranza alla toscana, dopo 1640

Antonio Bumaldi: Vocabolista bolognese, 1660 Antonino Morella e Pio Mora: Discorso che fa la

lingua Vulgare dove si vede il suo nascimento essere siciliano, 1660

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Il trionfo del gusto barocco la decadenza di

Firenze la corte di Roma l’anticlassicismo la creatività la libertà innovatrice curiosi impasti

lessicali metafore artificiose costruzioni ardite concetti stupefacenti

Giambattista Marino (1569-1625)

saper le regole meglio che non le sanno i pedanti tutti insieme

la suprema regola è saper rompere i precetti tradizionali a tempo e luogo

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La prosa del Seicento Traiano Boccalini (1556-1613): Ragguagli di

Parnaso, 1613 Giovan Francesco Biondi (1572-1644):

L’Eromena, 1624 Francesco Pona (1595-1655): La Lucerna, 1625 i due problemi maggiori della seconda metà del

Cinquecento: l’uso antico e consacrato ↔ l’uso moderno e vivo il problema dell’esatta determinazione dell’uso tre correnti principali: a) il tipo cruscante del toscano trecentesco b) il toscano o fiorentino attuale c) un italiano pluriregionale

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La ribellione anticruscante Giacomo Pergamini: Trattato della lingua, 1613 Sforza Pallavicino: Avvertimenti grammaticali

per chi scrive in lingua italiana, 1661 Alessandro Tassoni (1565-1635): Considerazioni

sopra le rime del Petrarca, 1602 – 1609 contro lo stile imitativo e monotono dei

petrarchisti l’indipendenza del giudizio estetico una confusione tra la posizione di fondatori nel

tempo e di autorità nella qualità

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Tassoni Una gran parte, e forse la più autorevole di

coloro, che hanno professato lo studio di questa lingua, hanno chiamati autori del buon secolo quelli, che scrissono dal 1300 fino al 1400 o poco più oltre, tenendo per costante, che questo idioma, che noi chiamiamo volgare o toscano, allora fiorisse nella suprema sua purità; e che ora sia in buona parte corrotto e guasto. La quale opinione non ha, cred’io, fondamento migliore, che l’avere scritto in que’ tempi il Boccaccio, il Petrarca, Giovan Villani e Dante, che noi chiamiamo padri di questa lingua, per esser eglino stati i primi, che le diedono l’essere.

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Tassoni l’età antica imperfetta ed inferiore il volgare limato, ripulito e nobilitato Direi adunque, che chi preme nello stile e

nella bellezza del dire, dovesse affaticarsi in fare la scelta delle più belle voci e frasi, che si favellino e scrivano al presente, e non di quelle, che l’uso ha dismesse: peroché come i vestimenti antichi, benché di grande fattura e spesa, non piaciono, ma si conservano per memoria riposti; così delle parole antiche suole avvenire, che si conservano per memoria ne’ loro autori, ma non s’adoprano.

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Paolo Beni (1552-1625) L’Anticrusca, ovvero il Paragone dell’Italiana lingua:

nel qual si mostra chiaramente che l’Antica sia inculta e rozza: e la Moderna regolata e gentile, 1612

Bruno Migliorini: L’Antiboccaccio il particolarismo fiorentino – una casta pedantesca Sì che essendo il parlar Fiorentino e del Boccaccio

difettoso non solamente per tante e tante ragioni le quali si son poco avanti spiegate, e tuttavia s’andranno confermando et illustrando; ma ancora per la pronuncia e viva voce la quale è di tanta offesa all’orecchie, il Fiorentino per hora non sarà veramente quel buon cantore il quale si ricerca per dolce e leggiadramente cantare e risonar nell’altrui orecchie l’Italiane voci, sì che grate et amate divengano a gl’ascoltanti.

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I modelli Francesco Maria Molza: La

Ninfa Tiberina, 1545 Claudio Tolomei: Lettere,

1547 Bernardo Tasso: Lettere,

1549 Giovanni Guidiccioni:

Novella, 1547 Giovanni Della Casa: Il

Galateo, ovvero de’ costumi, 1558

Girolamo Ruscelli: Le imprese illustri con l’esposizioni e i discorsi, 1566

Giovanbattista Giraldi Cinzio: Gli Hecatommithi, 1565

Luca Contile: Dialoghi spirituali, 1543

Annibal Caro: Rettorica d’Aristotele fatta in lingua toscana, 1570; L’Eneide di Virgilio tradotta in versi sciolti, 1581

Ludovico Dolce: I quattro libri delle osservazioni sul volgare, 1550; Dialogo della pittura, 1557

Ludovico Domenichi: Facezie e motti arguti, 1548; La nobiltà della donna, 1549

Bernardino Tomitano: Quattro libri della lingua toscana, 1570

Paolo Paruta: Della perfezione della vita politica, 1579

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Beni – Boccalini Insomma se questi tali i quali tanto commendano e lo stil

del Boccaccio, e la lingua di quel secolo, che sprezzano lo stile de’ moderni Scrittori, intanto che lo stile e de’ Cari e de’ Tassi lor pute; havessero commendato quello per quanto concedeva quel rozzo secolo, con tacer o lasciar nel suo grado e merito il presente, io prenderei manco sdegno.

Ragguagli di Parnaso I.7: un povero letterato ‚che nell’étà sua molto matura mostrava aver gusto della poesia italiana’

I.53: la rissa pericolosissima, che per causa molto leggiera nacque tra i pedanti di Parnaso:

Questo disordine gravemente travagliò l’animo di Apollo, non solo per la viltà della cagione della rissa, ma perché Paolo Manuzio, che si crede che in quel rumore avesse le prime parti, con un sasso romano, nel quale consumptum era scritto con la lettera p, diede nel volto al Lambino, che ostinatamente teneva la parte contraria: al quale fracassò tutto il naso.

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Boccalini I.73: esprimere concetti filosofici in lingua

volgare Alessandro Piccolomini una parodia dell’Accademia della Crusca Columella: i 12 libri De re rustica [...] che la professione di cavar dei poemi altrui le

sole immondizie solo era mestiere da vili e fetenti scarabei, che nelle più puzzolenti sporcizie degli escrementi altrui con sommo gusto menavano la vita loro: cosa molto lontana dall’esercizio di quegli onorati letterati, che fruttuosamente pascono gli animi loro di cose virtuose [...]

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Scipione Errico (1592-1670) Le rivolte di Parnaso, 1625 L’occhiale appannato, 1629 Marino: Murtoleide (1619) e Adone (1623) Diodato Franzoni: L’Oracolo della lingua

d’Italia, 1641 Onde vediamo che molti lodatissimi Autori sono

sparsi in diverse parti d’Italia, e sono fioriti e fioriscono, non meno sulle sponde del Tebro, del Po, del Reno, del Tessino, del Metauro, dell’Adige, del Savio, della Brenta, della Nera, e d’altri famosi fiumi, di quello, che facciano in riva all’Arno. Concludo adunque, che la miglior lingua d’Italia sia quella, che da diverse città, e diverse Provincie di essa, et anche straniere, riceve il meglio.

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Benedetto Buonmattei (1581-1648) Delle cagioni della lingua Toscana, 1613 – 1643 Division morale dell’Inferno, 1638 Division morale del Purgatorio di Dante, 1640 una grammatica fondata sull’autorità degli scrittori

fiorentini e sugli esempi dei grandi scrittori antichi Carlo Roberto Dati (1619-76): Discorso dell’obbligo di

ben parlare la propria lingua, 1657 una grammatica basata sui grandi autori Prose fiorentine raccolte dallo Smarrito Accademico

della Crusca, 1661 Jacopo Sannazaro, Baldassare Castiglione, Girolamo

Muzio, Sperone Speroni, Galileo Galilei, Tommaso Campanella

Alessandro Tassoni, Gabriello Chiabrera e Fulvio Testi

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Tasso l’anticruscante ed

esecrato Torquato Tasso

Gerusalemme liberata l’alcoran barocco terza edizione del

Vocabolario degli Accademici della Crusca. Nuovamente corretto, e copiosamente accresciuto

tre volumi in folio, Firenze 1691

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Benedetto Fioretto (1579-1642) pseudonimo Udeno Nisiely Proginnasmi poetici, 1695 Tutto il mondo è ito sottosopra, tutte le

Accademie, tutte le città d’Italia son venute in gara, in questione, in guerra ostinatamente; se la nostra lingua si dee nominare Italiana, o Toscana, o Fiorentina. Se tu riguardi alla qualità della causa, delle persone, e del tumulto, dirai essere un nodo Gordiano, e un’opposizione inespugnabile. Ma se tu avrai ragionevol critica, e giudizio spassionato, vedrai esser decisione agevolissima, e stabilissima. Primieramente domando a tutta l’Italia, quando si vuol comporre regole grammaticali; a chi si fa capo? Certamente a Dante, al Petrarca, al Boccaccio. Questa è risposta indubitata. E questi onde furono? Di Firenze.

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Fioretto Adunque il parlar fiorentino sarà il più eccellente.

Più innanzi: fra tutte le città d’Italia chi meglio intende; e più naturalmente pronunzia e favella il parlar de’ predetti Autori? Firenze sicuramente; perché tanti Vocabolisti di altre città si sono abbagliati spessissimo in dare interpretazione a molte voci, stravagantissima; dove nessuno artigiano di Firenze non avrebbe potuto errare, sapendo per natura il significato di quelle parole. Adunque il favellar fiorentino si dee per migliore preporre a ciascun altro. Similmente qualunque scrittore del nostro secolo, sempremai od è venuto a dimorare in Firenze per apprendere più perfettamente la buona lingua, od ha fatto emendare i suoi scritti a persona fiorentina; siccom’è noto per iscritture, e per tradizioni. Adunque per ogni ragione Firenze tiene il principato del nostro idioma.

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Alla fine del Seicento

la realtà ‚italiana’ Italiana – la composizione geografica

del lessico Fiorentina – il centro autorevole Lorenzo Magalotti (1637-1712) l’esigenza di un rinnovamento del

lessico tradizionale la nascente rivoluzione filosofica e

scientifica